Le Sfide Di Babele - Riassunto
February 16, 2017 | Author: Anita Pagano | Category: N/A
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http://www.docsity.com/documents/swf/2013/03/23/le_sfide_di_babele_pdf.pdf.swf Paolo E. Balboni
LE SFIDE DI BABELE INSEGNARE LE LINGUE NELLE SOCIETA' COMPLESSE Parte Prima – IL QUADRO DI RIFERIMENTO Capitolo Primo – Un secolo di insegnamento linguistico La didattica delle lingue attuale si fonda su quanto accaduto nel '900, sul piano delle teorie e dei metodi e sul piano istituzionale, da quando, nel 1967, il Consiglio d'Europa lanciò il Modern Language Project e, nel 1992, l'Unione Europea dichiarò il “diritto” dei cittadini di ricevere l'insegnamento dell'inglese e di un'altra lingua comunitaria. BOX 1 Uso del termine “glottodidattica” L'educazione linguistica è l'azione che mira a far emergere la facoltà di linguaggio (caratterizzante dell'homo loquens), cioè la capacità spontanea di acquisire lingue pienamente o parzialmente. La scienza che studia l'educazione linguistica, chiamata fino agli anni Settanta “pedagogia delle lingue” o “linguistica applicata”, ha in Italia varie denominazioni legate a universi epistemologici: “didattica delle lingue moderne”, “glottodidattica”, “linguistica educativa” o “didattologia delle lingue-culture”. Usiamo qui “glottodidattica” riferendoci però solo alle lingue straniere e non a tutte.
1.1
Lo strumento concettuale di fondo “approccio”, “metodo”, “metodologia”
La glottodidattica trae le sue conoscenze da varie aree scientifiche, organizzandole e gerarchizzandole. Schema basato su gerarchizzazione proposta da Anthony negli anni Sessanta: GRAFICO: a- la struttura: La glottodidattica è una scienza teoricopratica. Il grafico scinde: conoscenza teorica assunta dalle teorie di riferimento o elaborata in proprio / uso di tale conoscenza per operare nel mondo e nell'educazione linguistica (“metodo”). Frecce bidimensionali = scambio reciproco tra glottodidattica e mondi delle idee / dell'insegnamento. b- i termini: “Approccio”: filosofia di fondo, idea che si ha di lingua/ cultura/ comunicazione/ studente/ insegnate/ insegnamento (prima era definito tutto “metodo”). “Metodo”: approccio → procedure operative per organizzarlo e realizzarlo → metodo (non tecniche di classe ma strumenti di organizzazione dell'educazione linguistica). → spesso confuso con “metodologia”. c- il funzionamento del modello: data una dichiarazione teorica, dal mondo delle idee, ne conseguono due procedure specifiche della glottodidattica: approccio / metodo. 1
→ per trasformare il metodo in azione gli insegnanti selezionano tecniche didattiche adeguate al metodoe coerenti con l'approccio. BOX 2 Due nozioni dal cognitivismo: “dichiarazione” e “procedura” Il cognitivismo indica due tipi base di conoscenza, dichiarativa e procedurale: - una dichiarazione è espressa da una frase semplice; - una procedura è una struttura basata su “dichiarazioni”, secondo lo schema “se”... “allora”. → catene complesse → meccanismo più semplice, base del pensiero greco: sillogismo (deve esserci soggetto e predicato).
1.2
Le variabili in gioco
E' necessario dotarci di alcuni parametri per rendere comparabili i movimenti glottodidattici del XX e XXI secolo: a. teorie di riferimento: 4 ambiti: scienze del linguaggio e della comunicazione / della società e della cultura / della neuro-psicologia / dell'educazione; b. percoso: movimento deduttivo / induttivo; c. studente: tabula rasa da plasmare / protagonista del suo apprendimento; d. docente: ruolo totalitario / “regista”; e. lingua: insieme di regole / strumento di comunicazione (correttezza / efficacia / appropriatezza); f. cultura: letteraria, classica / quotidiana; g. strumenti operativi: curricolo basato su finalità / lista di contenuto; suddivisione della programmazione; h. tecniche didattiche: attività e esercizi; i. materiali: manuali tradizionali / materiale multimediale → non “autenticità” se usati a scopo didattico e non comunicativo; j. strumenti tecnologici: studente passivo / compartecipe.
1.3
Approcci e metodi della tradizione
• Mondo classico/ Medioevo / Rinascimento: insegnamento linguistico “comunicativo”, basato sull'uso prima che sulla forma, affidato all'interazione con un madrelingua, che aveva come modelli testi classici; • Secondo Rinascimento / Seicento: nascono centri che studiano la lingua come oggetto; primi dizionari e prime grammatiche; italiano e francese di affiancano al latino come strumenti di comunicazione internazionale; il latino rimane nel mondo ecclesiastico ed è fulcro dell'educazione linguistica delle scuole gestite da ecclesiastici, in cui l'insegnamento delle lingue moderne viene inserito con le modalità d'insegnamento del latino. → approccio formalistico: domina l'Italia dal Seicento agli anni Sessanta. 1.3.1 La tradizione formalistica e il metodo grammatico-traduttivo L'approccio formalistico focalizza l'attenzione sulla grammatica, con la fonologia concepita come “regole di pronuncia” ed il lessico appreso con liste. Le tracce di questo approccio sono ancor oggi presenti. Nel Seicento le regole erano ancora cercate nel testo letterario, ma nel Settecento esistono manuali con schemi grammaticali pronti, basati su un'intuitiva frequenza d'uso. Le regole sono considerate stabili, immutabili ed è condannata ogni variante regionale; l'unico registro è quello formale; i testi sono modello. Lo studente è una tabula rasa; lo studio è un dovere e non si discute il contenuto, il metodo o lo scopo; il docente è incontestabile; genere comunicativo: “lectio” dei monasteri e messe. Strumentazione metodologica duplice: dimensione orale → lettura di testi, dettati / dimensione scritta → lettura e traduzione di classici stranieri e traduzione di frasette dalla lingua madre. → il lavoro sulla lingua dotata di significato è limitato ai testi del passato o è eluso → eccezione: testi con traduzione interlineare. Fino ai primi anni Ottanta la base dell'insegnamento linguistico è stata grammatico-traduttiva, l'idea di grammatica/correttezza era formalistica → molte attività moderne sono riproposizioni con 2
“nuove” tecnologie di questo metodo. Metafora del pendolo: fino agli anni Settanta → tutto era grammatica → anni Ottanta-Novanta → per reazione, rifiuto grammatic, l'approccio comunicativo diventa comunicativismo spicciolo → delusione → ritorno di elementi grammaticalistici. BOX 3 Approccio formalistico, metodo grammatico-traduttivo Ha dominato le scuole italiane almeno fino agli anni Settanta-Ottanta, ancora domina molte università. Ha formato molti docenti attuali. TEORIE DI RIFERIMENTO: linguistica descrittiva tradizionale; educazione come rispetto delle regole; PERCORSO: deduttivo → si danno regole, si deducono comportamenti linguistici; STUDENTE: tabula rasa da “plasmare”; autoapprendimento affidato a libri con traduzione interlineare; DOCENTE: fonte d'informazione, modello, giudice insindacabile; LINGUA: insieme di regole e lessico per traduzione, anche senza significato rilevante; modello linguistico di riferimento: standard puristico che nega il valore della varietà; CULTURA: letteraria, classica, non atropologica; STRUMENTI OPERATIVI: curricolo: lista di regole di pronuncia e morfosintassi; insegnamento: lezioni centrate sulle varie regole; TECNICHE DIDATTICHE: traduzione, dettato, esercizi di manipolazione; MATERIALI: manuali a stampa; STRUMENTI TECNOLOGICI: nessuno.
1.3.2 Gli approcci “naturali” L'approccio formalistico viene messo in discussione nell'Ottocento negli Stati Uniti, dove la conoscenza linguistica deve rispondere ad una società multiculturale in rapida crescita: nei primi trent'anni del secolo Lorenzo Da Ponte tiene la cattedra di italiano alla Columbia University, insegnando a comprendere e parlare, allo stesso modo insegna il francese Henry W. Longfellow al Bowdoin College. Sulla base di queste ed altre esperienze George Ticknor, insegnate di Harvard, afferma che le lingue sono “vive e parlate” e il loro insegnamento deve considerare età, caratteristiche degli studenti e che il percorso deve essere induttivo. Nel 1872, il tedesco MaximillianBerlitz giunge a Rhode Island e fonda la prima scula di tedesco di quella che diventerà una catena mondiale basata sulla realizzazione dell'approccio naturale detto “metodo diretto”, caratterizzato dalla presenza di un docente madrelingua, sull'accentuazione delle abilità orali e di lettura e comprensione di testi (non parola per parola). Il mondo tedesco ha necessità linguistiche simili a quelle americane a causa dle commercio. Il grande interprete dell'approccio “naturale” è Wilhelm Vietor, che, nel 1894, fonda la prima rivista di glottodidattica (Die neurenSprachen). L'istanza di un insegnamento “vivo”, “naturale” delle lingue vienge anche dagli studi scientifici sulla lingua, soprattutto fonologici che riportano alla lingua parlata: negli stessi anni in cui Berlitz fonda la sua sede di Ginevra, base della branca europea della catena, nella stessa città Saussurediscute la dicotomia parole (lingua in atto) / langue (sistema astratto). A cavallo tra XIX e XX secolo i linguisti Henry Sweet, Otto Jespersen e Harold Palmer concordano sulla primarietà dell'oralità rispetto alla scrittura, sulla logica induttiva, sull'esclusione della traduzione come tecnica didattica e sull'uso di attività di riflessione linguistica. Queste teorie rimangono confinate in scuole d'èlite e a docenti impegnati nella riflessione sulla glottodidattica → non incidono sulla scuola. In Italia l'innovazione è portata dalle Belitz Schools, che sono però chiuse dal fascismo. Dopo il ventennio degli isolazionismi e totalitarismi, da queste riflessioni nascono l'ASTP dell'esercito americano (base rivoluzionaria negli anni Settanta) e alcuni aspetti dei metodi situazionali e dell'approccio “naturale” di Krashen. BOX 4 L'approccio naturale, il metodo Berlitz e altre sperimentazioni d'èlite Lingua: non più ornamento culturale ma strumento di comunicazione; attenzione sulla dimensione orale; approccio su situazioni d'èlite (non scuole), ma strumenti per evoluzione nel secondo Novecento. TEORIE DI RIFERIMENTO: fonetica, fonologia e nuova linguistica; dimensione psicologina nella glottodidattica; PERCORSO: prevalentemente induttivo, la grammatica và “scoperta”; studente molto autonomo e responsabile del suo apprendimento; STUDENTE: deve essere motivato; considerate età e caratteristiche personali;
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DOCENTE: madrelingua, usa poco la lingua degli studenti; “regista”, facilitatore; molto costoso, impatto limitato; LINGUA: viva, parlata, finalizzata a comunicare significati; CULTURA: “raccontata” dal docente o dalle letture ma non oggetto di didattica specifica pianificata; STRUMENTI OPERATIVI: sillabo → flessibile, riferimento, non guida; TECNICHE DIDATTICHE: conversazioni, lezioni tematiche, esercizio grammaticale secondario; MATERIALI: compendi grammaticali, eserciziari, conversazione con insegnante e materiali “autentici”; STRUMENTI TECNOLOGICI: nessuno.
1.3.3 Il “Reading Method” Dal 1914, per più di un trentennio, il mondo, integrato nell'Ottocento, si frammenta, grazie a isolazionismo, dittature e crisi economica (in Italia alla fine del Ventennio è perfino proibito l'insegnamento di lingue straniere). La lingua smette di essere viva, orale, comunicativa e diviene uno strumento per leggere opere straniere. Il “Reading Method” è un approccio perchè ha una filosofia precisa che lo rende unico nella glottodidattica. Esso, escludendo lo sviluppo di competenze orali, è il primo esempio di “reducedcompetencecourse”. La figura del docente è trasformata in una guida per la lettura di testi stranieri, che dà qualche schema grammaticale inteso come riferimento; è un facilitatore che ha scarso ruolo formativo, che segue il percorso del manuale di letture, graduate per difficoltà, e funge a lezione da dizionario e repertorio grammaticale per studenti autonomi e responsabili del loro apprendimento. BOX 5 Approccio della sola lettura o “Reading Method” Fiorito negli anni del Novecento di guerre, dittature e isolazionismo → poco uso orale → solo lettura di testi stranieri. TEORIE DI RIFERIMENTO: nessuna in particolare, solo filosofia della lettura; PERCORSO: strettamente induttivo; STUDENTE: molto autonomo; DOCENTE: mero facilitatore, dizionario e grammatica vivente; può cogliere spunti culturali dal testo; LINGUA: limitata alla dimensione scritta della lettura; CULTURA: “impigliata” nei testi, emerge solo per eventuali digressioni del docente; STRUMENTI, TECNICHE, MATERIALI E TECNOLOGIE: semplici materiali intuitivamente graduati, poi letture da materiali autentici.
1.4
La rivoluzione copernicana degli anni Sessanta
Nel mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale si creano tre grandi blocchi: “ovest”, “est” e “non allineati”. Nel primo l'inglese sostituisce il francese e, grazie alla potenza economica, militare e mediatica degli Stati Uniti, diviene lingua della globalizzazione dopo il crollo dell'“est” nel 1989: si creano due ambiti di insegnamento di lingue straniere, quello dell'inglese (“anglais d'hadicapés”) e quello delle lingue “altre”. 1.4.1 I prodromi: l'ASTP, la glottodidattica “scientifica” di Robert Lado, la diffusione dei dischi e del registratore audio La rivoluzione è preparata da eventi e riflessioni che avvengono durante la Guerra e nel primo dopoguerra: nel 1941, quando gli U.S.A. entrano in guerra, capiscono che l'isolazionismo e il Reading Method hanno privato l'America della padronanza “strategica” delle lingue vive. Gli U.S.A. Hanno quattro risorse disponibili per recuperare e le mettono in atto immediatamente: A- Il (neo)behaviorismo (o neocomportamentismo), psicologia dell'apprendimento degli anni Trenta secondo cui l'apprendimento è il risultato di una serie intensiva e ripetitiva di stimoli e risposte, seguite da conferma o correzione; il maggiore psicologo del tempo, Skinner, offre uno strumento psicodidattico all'ASTP (ArmySpecialized Training Program) che si avvierà nel 1943 (dopo un'anno nella Army'sCivil Affairs Training School); B- La teoria linguistica “tassonomica” → tende all'analisi delle componenti minime della linua, quindi adatta ad essere inserita in macrostrutture nella sequenza stimolo/risposta. Massimiesponenti: Whitney e Bloomfield (1942, “Outline Guide for the Practical Study of Foreign Languages” → “practical”: legame con approccionaturale; 4
C- Una notevole quantità di immigrati, che fornissero campioni di lingua autentica per i “pattern drill” (esercizi strutturali di Skinner) e lezioni del terzo di programma, detto “area studies”, dedicato alla dimensione culturale nell'insegnamento linguistico → viene introdotta la dimensione video (film girati nei paesi di cui si studia lingua e cultura); D- Uso del giradischi, e successivamente del registratore (→ nastro magnetico), per esercitarsi e confrontarsi con spezzoni di lingua di madrelingua con intonazione e pronuncia corretti registrati. Nascono i primi laboratori linguistici con nastri magnetici a due piste. La tecnologia entra così nella glottodidattica, diventandone poi “catalizzatore” (Giovanni Freddi: “uno strumento senza il quale non è possibile realizzare la “reazione chimica” tra una mente ed una lingua.”). Negli anni Cinquanta tutte le conoscenze ed esperienze derivate dall'ASTP, dall'insegnamento delle lingue orientali durante la guerra in Corea e dai corsi d'inglese L2 per gli immigrati postbellici confluirono nell'opera di Robert Lado, che fondò a Geoorgetown una Faculty of languages and linguistics, che per decenni organizzò il più grande evento di glottodidattica mondiale, la Annual Round Table. Il libro di Lado, “Language Teaching, a ScientificApproach”, è focalizzato sull'aggettivo “scientific”. Lado è anche uno dei maggiori esponenti della nuova branca della linguistica, quella “contrastiva” → sulla base di simmetrie e dissimmetrie tra lingua madre e lingua studiata cerca di predire zone di difficoltà per lo studente e trovare strategie e tecniche adeguate; anche gli “area studies” della ASTP vengono ripsresi da Lado nel libro “LinguisticsacrossCultures”; Lado è inoltre il fondatore della TESOL (Teaching English to Speakers of OtherLanguages), che raccoglie studiosi e insegnanti di tutto il mondo. Con queste basi gli approcci formalistici, diretti, di sola lettura e i metodi di ridotto impatto (“Basic English”, “Sent-Sit”) sono soppiantati per ragioni scientifiche ed economiche. 1.4.2 L'approccio strutturalistico Prende il suo nome dalle macrostrutture linguistiche bloomfieldiane, scelte anche considerando l'analisi contrastiva di Lato e altri studiosi (calate nei “pattern drill”). Il suo successo tramonta con gli anni Cinquanta a causa dell'attacco di Chomsky al modello skinneriano, (1957) che distrugge l'idea di apprendimento comportamentista, e dell'evoluzione del pensiero di Lato, anche ad opera della nascente sociolinguistica → le microstrutture hanno significato solo in una situazione sociale (contesto minimo della comunicazione). Esercizi strutturali (“pattern drill”) → serie di sequenze stimolo-risposta-conferma, con ritmo incalzante, per impedire la riflessione consapevole eprivilegiare la memorizzazione spontanea. Tipi: - sintagmatici: modificano la struttura del sintagma (“io mangio” → “io ho mangiato”); - paradigmatici: legano nella memoria, ad esempio, verbo + oggetto (“io mangio, mela” → “mangio la mela”); - combinati: presentano sequenze sempre più complesse (“io, mangio, pera, ieri” → “ieri ho mangiato una pera”). Sono esercizi che originariamente sono usati nel laboratorio linguistico; vengono utilizzati fino a tutti gli anni Settanta in ogni tipo di metodo basato sull'approccio strutturalistico, come l'”audiolingual” e “audiovisualapproach”, americani, privilegiano abilità orali, o la “méthodologiestructuroglobale audiovisuelle”, del croato Guberina, diffuso soprattutto nel mondo francofono, basato sull'uso intensivo di “diapofilm” (nuova tecnologia, diapositive unite in un'unica pellicola, semplice ed economico). Negli anni Settanta i “pattern drill” sono apparentemente accantonati (sono “vecchi”), ma in realtà rimangono mimetizzati, secondo modalità meno meccaniche, a causa dell'esperienza di docenti e autori di materiali didattici → non si impara una lingua se non si automatizzano alcuni processi, e l'automatizzazione richiede la ripetizione. Con i “pattern drill” erano state avviate ricerche sulla memoria, partendo da basi diverse da quelle di Skinner, che riprendono l'idea che la ripetizione (“rehearsal”) sia fondamentale per la memorizzazione, come confermano negli anni sessanta il “modello modale” (Atkinson e Scriffin) ed il “modello della profondità di codifica” (Craik e Lockart) che riduce la ripetizione a favore dell'elaborazione; le ricerche più recenti sui neuroni specchio rivalutano il ruolo della ripetizione di “rispecchiare” eventi avvenuti per predisporsi ad agire in eventi simili. L'idea di lingua sminuzzata e decontestualizzata e di studente “tabula rasa” tramonta del tutto. 5
BOX 6 Approccio strutturalistico Nasce dall'interazione di linguistica tassonomica, psicodidattica comportamentistica e nuove teconologie di registrazione degli anni Cinquanta-Sessanta. TEORIE DI RIFERIMENTO: psicologia skinneriana, inguisticabloomfieldiana, analisi contrastiva di Lado; PERCORSO: memorizzanione “forzata” di strutture e lessico che dovrebbero poi generare lingua spontaneamente; STUDENTE: tabula rasa, apprende per automatizzazione; DOCENTE: gestore di esercizi strutturali che seguono brevi introduzioni grammaticali; deve saper usare le tecnologie; LINGUA: serie di microstrutture; CULTURA: non rilevante; STRUMENTI OPERATIVI: programmazione progressiva (da strutture semplici a difficili, da frequenti a rare); TECNICHE DIDATTICHE: esercizi strutturali; MATERIALI: volumi con brevi spiegazioni grammaticali e molti esercizi strutturali; STRUMENTI TECNOLOGICI: dischi, registratore audio, laboratorio linguistico, diapositive su pellicola.
1.4.3 L'approccio comunicativo e la nozione di competenza comunicativa 1962:“How to Do Things with Words” di Austin ribadisce la necessità pragmatica della lingua. 1967: “Modern Language Project” del Consiglio d'Europa, coordinato dall'austiniano Trim; 1969: “Speech Acts” di Searle; 1972: Hymes propone la nozione di competenza comunicativa. → cambia l'idea di lingua/sapere una lingua. La natura pragmatica della lingua. Natura formale della lingua: complesso di elementi lessicali e regole di combinazione che realizzano la facoltà di linguaggio del homo sapiens. Sulla natura formale si è concentrata la riflessione linguistica da Aristotele (“Peri Ermehneias”) alla linguistica strutturale e a quella generativa (Novecentesche). Con Austin e Searle si riflette anche sulla funzione della lingua, e cioè compiere atti sociali e pragmatici, comunicare. Da millenni si classificano gli elementi della lingua in base a forma e funzione linguistica, in questo decennio si classificano gli scopi (“speechact”/“communicativefunction”). Austin e Searle danno spunto a Trim, Wilkins, Widdowson, Munby, Van Ek e altri che da questa riflessione costruiscono un progetto con duplice natura: a- creare un repertorio di “communicativefunction” con pretesa universale e poi vedere, per le varie lingue, quali “exponent” le realizzano; siccome nella lingua non tutto ha funzione pragmatica ma esistono anche altri elementi, si ricorre alla categoria di “notion” → metodo nozionale-funzionale. b- stabilire livelli di competenza comunicativa omogenei tra varie lingue, come il “Livello Soglia” (“Threshold Level”, che diverrà il B1) → il primo è del 1975 e in trent'anni sono stati creati 21 “Livelli Soglia”, cioè elenchi di funzioni e nozioni che rappresentano la soglia dell'autonomia, teoricamente omologhi nelle varie lingue, ma con una forte arbitrarietà. BOX 7 Sociolinguistica, pragmalinguistica, etnolinguistica SOCIOLINGUISTICA: JoshuaFishman, uno dei fondatori della sociolinguistica a metà Novecento, sistematizzò il campo d'analisi con le “4 Ws”: WhospeaksWhatlanguage to Whom and When → La sociolinguistica studia l'uso della lingua all'interno della situazione sociale in cui viene utilizzata. E' lo studio delle diverse varietà in cui si attualizza la lingua: lo “standard” e le varietà geografiche, di registro e legate al mezzo, e le microlingue s(cientifico-professionali, diacroniche, di età, eccetera). La sociolinguistica è una scienza del linguaggio, la sociologia del linguaggio invece è una branca della sociologia (descrive il ruolo sociale della lingua). Sul piano glottodidattico i parametri sociolinguistici mettono fine agli approcci grammaticalistici in favore di metodi situazionali. PRAGMALINGUISTICA: studia scopi e risultati della lingua come strumento d'azione all'interno di una situazione sociale. Si impone come scienza autonoma negli anni Settanta. Il suo oggetto sono gli atti linguistici e l'analisi del discorso nelle sue varie forme. Essa offre alla glottodidattica uno strumento concettuale: la “languagefunction” (atto comunicativo) su cui si fondano i “Livelli Soglia” e la glottodidattica dagli anni Settanta-Ottanta in poi. ETNOLINGUISTICA: analizza il rapporto lingua-cultura, dagli aspetti più semplici a quelli più “dirompenti”, come l'ipotesi di Sapir e Whorf secondo cui la cultura di appartenenza guida la visione della realtà, se non altro perchè varia il lessico per definirla, ed esso caratterizza il mondo differentemente. Hymes (creatore della nozione di competenza comunicativa) si definiva antropolinguista.
La competenza comunicativa L'approccio comunicativo è caratterizzato dalla nozione di “competenza comunicativa” e dalla dichiarazione “lo scopo dell'insegnamento della lingua è il raggiungimento di un livello x nella 6
lingua straniera”. Questa dichiarazione deve essere riferita ad un modello di competenza comunicativa, la cui nozione arriva nei primi anni Settanta dalla sociolinguistica americana, con forti componenti pragmalinguistiche e di etnometodologia della comunicazione. Hymes riprende la nozione chomskyana di “competenza” (sistema di regole in numero finito che permette di generare un numero infinito di enunciati), ma rileva che la competenza linguistica non garantisce la capacità comunicativa, che richiede anche componenti extralinguistiche e socioculturali. Ne nascono una serie di studi diversificati per tutti gli anni Settanta. In pochi anni l'attenzione si sposta dal concetto, al “mezzo” (metodo funzionale) per raggiungere la competenza comunicativa. Diagramma strutturale della competenza comunicativa (da uno studio iniziato negli anni Novanta): a. La competenza (competence) comunicativa è una realtà mentale che si realizza come esecuzione (performance) nel mondo, dove chi usa la lingua compie un'azione (dicotomia chomskyana); b. Nella mente ci sono tre nuclei di competenze che costituiscono il sapere la lingua: la competenza linguistica (capacità di comprendere e produrre enunciati corretti fonologicamente, morfologicamente, sintatticamente, lessicalmente e testualmente); le competenze extralinguistiche (competenza cinesica, prossemica, oggettemica e vestemica); il nucleo delle competenze contestuali della lingua in uso: competenza sociolinguistica, pragmalinguistica e (inter)culturale; c. Le competenze mentali si traducono in azione comunicativa, nel saper fare lingua, quando vengono utilizzate per comprendere, produrre, manipolare testi: si tratta delle quattro abilità di base, più quella interattiva (dialogo) e quelle manipolative → meccanismo di attuazione della competenza (“padronanza”); d. i testi orali e scritti prodotti attraverso il meccanismo di padronanza contribuiscono a eventi comunicativi, governati da regole sociali, pragmaiche, culturali: è il “saper fare con la lingua”. Si può anche tracciare un diagramma dinamico della competenza comunicativa: parte dal punto “zero” di competenza e rende visibile il progressivo aumento del valore complessivo. Il grafico è composto da cinque freccie che rappresentano le cinque componenti del modello strutturale: due sono visibili nella comunicazione (padronanza e pragmatica), le altre tre non sono visibili ma mentali (competenze); ci sono poi dei “tagli” che creano piramidi di volume sempre più larghe → l'azione glottodidattica allarga via via il volume spostando la base verso destra; se viene curata una sola faccia la piramide diventa squilibrata. BOX 8 Approccio comunicativo Non nuovo nella tradizione, ma innovativo nelle premesse scientifiche si sviluppa negli anni Settanta. Spesso “approccio comunicativo” è un “maquillage” per etichettare prassi poco comunicative. TEORIE DI RIFERIMENTO: pragmalinguistica, sociolinguistica, etnometodologia della comunicazione, comunicazione interculturale. Non ci sono riferimenti all'ambido pedagogico che però è centrale; PERCORSO: dimensione induttiva prevalente nelle varie realizzazioni dell'approccio; STUDENTE: ruolo centrale, con bisogni e interessi, i vari metodi accentuano diversamente centralità e autonomia; DOCENTE: gestisce l'input e guida lo studente, come facilitatore e regista; LINGUA: è primariamente uno strumento di azione sociale; CULTURA: nozioni indispensabili per efficacia e appropriatezza della comunicazione; STRUMENTI OPERATIVI: i Livelli Soglia, i sillabi nozionali-funzionali, la scelta di situazioni comunicative costituiscono strumenti inediti di questo approccio; TECNICHE DIDATTICHE: varie nei vari metodi, sono comuni forme di roleplay e di interazione simulata; MATERIALI: manuali con cassette o CD e video per mostrare interazioni autentiche o verosimili;
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STRUMENTI TECNOLOGICI: registratori audio e video, strumentazioni di comunicazione autentica.
1.4.4 I metodi situazionali a base sociolinguistica Tra gli anni Sessanta e Settanta, l'approccio strutturalistico puro cedette alle istanze di un'insegnamento comunicativo necessario all'apertura del mondo allo scambio di persone, merci e servizi. In America questa riforma fu promossa da Lado (continuatore dell'antropologia di Malinowsky e Firth, sull'importanza del contesto socio-culturale nella comunicazione, e amico di Fishman, che aveva dato status alla sociolinguistica). In Europa, nel 1965 e 1966 si tengono, a Besancon e Frascati, importanti seminari a cui prtecipano i primi glottodidatti italiani che si occupano delle lingue straniere (Arcaini, Freddi, Cambiaghi, Titone). Vengono tendenzialmente conservati elementi dell'approccio strutturalistico per le esercitazioni, ma le strutture e il lessico sono contestualizzate in “situazioni” (metodo situazionale), definite sulla base di cordinate spaziotemporali, del ruolo dei partecipanti e dei loro scopi. Il tipico manuale situazionale si basa su unità didattiche formate da: a. un buon paratesto: già negli anni Settanta: foto del manuale e diapofilm; l'insegnante lo esplora con gli studenti per fare ipotesi e indicare parole chiave; b. un dialogo registrato su bobina, disponibile in audiocassetta allegata al manuale, con una serie di domande di comprensione; c. una versione segmentata del dialogo, per ripeterlo e fissare intonazione e pronuncia; in laboratorio è possibile risentirlo; gli studenti drammatizzano i dialoghi eventualmente sostituendo qualche elemento (soprattutto variazione formale-informale); d. alcuni pattern drill ed esercizi di morfosintassi, lessico e fonetica (coppie minime); e. una sezione di grammatica esplicita con esercizi, gli insegnanti aggiungono spesso la traduzione di frasi; f. letture di civiltà, solitamente basate su stereotipi e notiziole, con qualche domanda di comprensine e la richiesta di riassumere e eventualmente scrivere un componimento inerente. Questa logica è detta dagli inglesi “3 P's” (Presentation, Practice, Production) ancora molto usata. La teorizzazione piena di questo metodo è in “Metodologia e didattica delle lingue straniere” di Freddi (1970). BOX 9 Approccio (proto)comunicativo: Metodo situazionale Non ancora teorizzato, ma di fatto necessario dagli anni Sessanta; stabilisce una modalità operativa d'insegnamento orientato alla comunicazione; tutt'oggi alla base di molti corsi di lingua. TEORIE DI RIFERIMENTO: sociolinguistica, attenzione alla fonetica, attenuata psicologia comportamentistica; PERCORSO: in teoria induttivo, in realtà prevalentemente deduttivo; sequenza “presentation, practice, production”; STUDENTE: sul piano psico-didattico tabula rasa, ma viene valorizzata la conoscenza del mondo; DOCENTE: fulcro dell'attività didattica, per l'input si affida ai testi registrati; LINGUA: non più monolitica, si offrono varietà (di registo, ma si accenna ad altre); CULTURA: via via più importante, riceve attenzione ma con stereotipi; STRUMENTI OPERATIVI: nelle situazioni is includono gli elementi linguistici e culturali; TECNICHE DIDATTICHE: attività propedeutiche, di comprensione, di drammatizzazione e di ascolto; esercizi strutturali e di manipolazione linguistica; MATERIALI: manuali divisi in unità, con audiocassette e talvolta diapofilm; STRUMENTI TECNOLOGICI: registratori audio, laboratorio linguistico, diapofilm.
1.4.5 I metodi funzionali a base pragmalinguistica Modern Language Project → nucleo britannico (Trim, Wilkins, Widdowson); si aggiunge il gruppo francese (con a capo Coste) → glottodidatti che agiscono su un doppio binario, per rivoluzionare l'insegnamento: binario politico (appoggio del Consiglio d'Europa) / binario editoriale (Longman, nel 1975 pubblica la collana “Strategies”). L'inglese assume il ruolo che era stato del francese. L'insegnamento linguistico europeo dispone di: a. strumenti concettuali teorici → collane glottodidattiche (anche per nuovi materiali didattici); b. strumenti di progettazione curricolare → “Thresold Level” e affini per le altre lingue; c. il metodo “nozionale-funzionale” → base metodologica; d. manuali didattici prodotto con molti mezzi da editori internazionali; e. per l'Italia: “Progetto Speciale Lingue Straniere, che produce più di 300 “super-insegnanti” 8
formati all'estero, che formano i loro colleghi → coincolte: l'”Associazione Nazionale degli Insegnanti di Lingue Straniere (ANILS)”, “Lingua e Nuova Didattica (LEND)” e le varie associazioni monolingui. Questo cambiamento sconvolge l'insegnamento linguistico ma non è del tutto assorbito: l'approccio grammaticale è riproposto come integrazione dagli insegnanti; rimangono gli esercizi strutturali; l'impianto dei manuali rimane legato alla sequenza “3 P's” (cambiano le metodologie); per stimolare la comunicazione si impostano attività di “problemsolving” o di esecuzione di un progetto, affidandosi al “peer tutoring” (collaborazione tra studenti). La cultura è ridotta a quotidiana e materiale, ciò anche grazie all'affermarsi di manuali “universali”. La traduzione viene bandita, anche nei livelli più avanzati. BOX 10 Approccio comunicativo: Metodo nozionale-funzionale Metodo più diffuso per realizzare l'approccio comunicativo: fonde “nozione” e “atto comunicativo”, con la struttura metodologica del metodo situazionale. E' il metodo che, rivisitato, è usato dai manuali attuali. TEORIE DI RIFERIMENTO: pragmalinguistica e sociolinguistica, psicodidattica di natura sociale; PERCORSO: in teoria induttivo, in realtà deduttivo; la sequenza rimane quella delle “3 P's”; STUDENTE: sul piano psicodidattico è tabula rasa, ne è valorizzata la conoscenza dle mondo e dei meccanismi pragmatici di comunicazione, si usa la metodologia a mediazione sociale; DOCENTE: fulcro dell'attività didattica, per l'input si affida ai testi registrati; LINGUA: vista dal punto di vista pragmatico; si offrono varietà; CULTURA: importanza regole socio-culturali quotidiane, si evitano gli stereotipi, si attenua la riflessione sui valori; STRUMENTI OPERATIVI: curricolo situazionale e pragmatico, unità basate sulle “3 P's”; TECNICHE DIDATTICHE: attività propedeutiche, di comprensione, di drammatizzazione; attività tra studenti. MATERIALI: manuali divisi in unità, con audiocassette e talvolta video; STRUMENTI TECNOLOGICI: registratori audio e video.
1.4.6 La glottodidattica “umanistica” Negli anni Settanta-Ottanta la psicologia è sempre più rilevante in glottodidattica → in Italia: soprattutto psico/neurolinguistica / negli U.S.A. (nuovo ruolo dominante in glottodidattica): soprattutto psicologia umanistica → testi: “Toward a Theory of Instruction” di Bruner (1966); “Freedom to Learn” di Rogers (1969); “Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences” di Gardner (1983); “Descartes' Error” di Damasio (1994); “Emotional Intelligence” di Goleman (1995); “The Neurobiology of Affect in Language” e “ “The Neurobiology of Learning. Perspectives from Second Language Acquisition” di Shumann (1997 e 2004). Il tema principale di queste opere è il ruolo dell'emozionalità nell'apprendimento. Negli anni Ottanta-Novanta inoltre si studiano i diversi stili cognitivi e d'apprendimento degli esseri umani. In sintesi il contributo di psicologia e psicod umanistica nell'insegnamento linguistico: a) il cervello umano è funzionalmente diviso in due emisferi: conoscenza olistica, globale, intuitiva / analitica, logica, razionale → l'insegnamento deve comprenderle entrambe → l'elaborazione dell'input è prima globale che analitica, e la riflessione è l'atto conclusivo del processo; b) la dimensione emozionale di fatto diviene spesso prevalente (soprattutto in bambini e adolescenti); c) la mente umana segue sue procedure, che vanno rispettate: tra le scienze che si sviluppano prevale la linguistica acquisizionale, che studia le sequenze di acquisizione in una data lingua → l'idea che esista un “ordine naturale di acquisizione” entra nella glottodidattica umanistica con Krashen; d) l'accentuazione del fatto che per essere interiorizzato l'apprendimento deve essere “significativo” (definizione di Novak), chi impara deve farsi carico della propria costruzione di significato; ciò significa che l'apprendimento deve anche avvenire in una “relazione significativa” (Bruner) docente-studente, con attenzione “esplicita” dell'insegnante ai bisogni dello studente e negoziazione “esplicita” sulle modalità d'insegnamento (lo studio di una seconda lingua rispetto all'inglese normalmente appare meno significativo per uno studente); e) l'idea che la conoscenza venga costruita dallo studente nella sua mente, e ciò sia più rapido, complesso e solido attraverso il lavoro di gruppo guidato dall'insegnate come tutor. La psicodidattica ha elaborato una serie di “metodologie a mediazione sociale” (soprattutto per i 9
punti “d” e “e”), che molta glottodidattica, soprattutto britannica e americana (dove è forte la tradizione del lavoro di gruppo), ha fatto proprie, come ambiente naturale dello studio di lingue straniere, in cui il focus è l'uso “significativo della lingua”. In Italia queste metodologie ricevono due obiezioni dagli insegnati: gli errori non vengono corretti / gli studenti non sanno abbastanza lingua MA → l'interlingua, imperfetta secondo il parametro giusto/sbagliato, è comunque utile secondo la “rule of forgetting” di Krashen (si impara di più la lingua quando si dimentica che la si usa). Nel 1980 Stevick pubblicò “TeachingLanguages: A Way and Ways” e si videro le linee della “glottodidattica umanistica”, sviluppatasi negli anni Settanta-Ottanta con la “Second Language AcquisitionTheory” di Krashen; in Italia essa trova terreno soprattutto per le componenti neuropsico-linguistiche e cognitivistiche legate a tre idee: a) gli esseri umani sono differenti per caratteristiche cognitive, personalità, storia personale e motivazioni; b) gli esseri umani affrontano gli input dal mondo esterno secondo la direzione neurologica globalità → analisi → sintesi; c) gli esseri umani sono bidimensionali, emozionali e razionali, e disolito prevale la prima caratteristica sulla seconda; la psicologia umanistica studia le emozioni, soprattutto piacere/dispiacere nell'acquisizione di una lingua. BOX 11 Neurolinguistica, psicolinguistica, psicologia dell'apprendimento, psicodidattica NEUROLINGUISTICA: studio del funzionamento del cervello in ordine al linguaggio. Usata soprattutto per i disturbi del linguaggio,in glottodidattica ha indicato il ruolo diverso dei due emisferi cerebrali, rivelando che essi cooperano alla produzione e comprensione linguistica (prima operazioni globali poi analitiche); PSICOLINGUISTICA: all'inizio del Novecento è psicologia del linguaggio, poi si rende autonoma e negli anni Cinquanta si evolve in una scienza del linguaggio, che studia principalmente l'acquisizione del linguaggio ed i meccanismi di codifica e decodifica; un aspetto particolare riguarda l'ipotesi di una Grammatica Universale come parte del patrimonio genetico dell'homo sapiens; PSICOLOGIA DELL'APPRENDIMENTO e PSICODIDATTICA: studiano i meccanismi mentali che presiedono all'acquisizione linguistica e non. Si basano in parte sulle neuroscienze, in parte sulle ricerche sulla memoria, che dagli anni Sessanta sono uno dei focus della psicologia cognitiva, e in particolare studiano gli stili cognitivi e quelli dell'apprendimento; in particolare per quanto riguarda la formazione scolastica, si interessano anche di motivazione e del ruolo della relazione studente-docente.
1.4.7 La teoria di Krashen Chomsky ha ipotizzato l'esistenza di un “LanguaceAcquisition Device”, studiandone soprattutto l'aspetto sintattico; da qui Krashen partì per elaborare la SLAT (Second Language AcquisitionTheory) e in particolare l'opposizione tra acquisition e learning (riprende knowing/cognising). Acquisizione, apprendimento, monitor L'acquisizione è un processo inconscio che sfrutta le strategie globali dell'emisfero destro del crevello e quelle analitiche dell'emisfero sinistro; quanto viene acquisito entra a far parte stabile della competenza della persona, entra nella memoria a lungo termine. L'apprendimento è un processo razionale, governato dall'emisfero sinistro, non produce acquisizione stabile, nella comunicazione reale non vi si può fare ricorso, se non come “monitor”. Alla base della SLAT è l'idea che l'insegnante debba lavorare per produrre “acquisizione”, non “apprendimento”. Krashen individua altri tre principi su come produrre acquisizione anzicchè apprendimento: Input comprensibile L'acquisizione avviene quando l'allievo concentra l'attenzione sul significato dell'input e non sulla sua forma; se ad una persona si fornisce un input reso coprensibile (Language AcquisitionSupportSistem), allora il Language Acquisition Device si mette autonomamente in moto e procede all'acquisizione, purchè si verifichino determinate condizioni. Ordine naturale i + 1, “zona di sviluppo potenziale”, interlingua La prima delle condizioni perchè l'input venga acquisito è che esso sia collocato al gradino dell'ordine naturale immediatamente successivo all'input acquisito fino a quel momento → 10
applicazione krasheniana di una nozione psicologica che Vygotskij chiama “area di sviluppo prossimale” (Bruner: “zone of proximaldevelopment”) è la distanza tra la parte di un compito che una persona è già in grado di eseguire e il livello potenziale cui può giungere nel tentativo di compiere la parte restante del compito, da solo o con una guida. Nella formula krasheniana “i + 1”: – i = la parte del compito linguistico o comunicativo che si è già in grado di eseguire sulla base della competenza “acquisita”; – + 1 = l'area di sviluppo potenziale. Krasheninsersce i vari scalini i + 1 lungo “l'ordine naturale d'acquisizione” (successione degli elementi linguistici nelle sequenze di acquisizione come emergono dagli studi di linguistica acquisizionale). Le conseguenze possibili sono due: a. se prendiamo un elemento a caso nella sequenza, tutti i precedenti sono “condizione necessaria” per acquisirlo, sono la “i”; b. se il punto i + 1 compare nell'input reso comprensibile, il fatto di aver acquisito si elementi precedenti è “condizione sufficiente” perchè l'acquisizione avvenga, purchè il “filtro affettivo” sia aperto. Filtro affettivo Se il filtro affettivo non è attivo, i + 1 rimane nella memoria a breve termine, non viene acquisito. Ciò è dato da precisi stimoli chimici: in stato di serenità l'adrenalina si trasforma in noradrenalina, un neurotrasmettitore che facilita la memorizzazione, mentre in casi di paura e stress si produce uno steroide che blocca la noradrenalina e fa andare in conflitto l'amigdala (ghiandola “emotiva” che vuole difendere la mente da eventi spiacevoli) e l'ippocampo, la ghiandola che invece ha un ruolo attivo nell'attivare i lobi frontali e iniziare la memorizzazione. Il filtro affettivo è dunque un meccanismo di autodifesa, che viene inserito da: – stati d'ansia; – attività che pongono a rischio l'immagine di sé che lo studente vuole offrire al resto della classe; – attività che minano l'autostima; – attività che provocano la sensazione di non essere in grado di apprendere. BOX 12 Approccio comunicativo: il metodo naturale di Krashen Kradhen (neurolinguista californiano) riprende il nome dell'approccio di Berlitz, e ipotizza che l'apprendimento delle seconde lingue segua il percorso dell'acquisizione della lingua materna, pur con gli interventi di un “Language AcquisitionSupport System”. TEORIE DI RIFERIMENTO: psicologia umanistica; studi sull'intelligenza emotiva e sull'acquisizione linguistica in età precoce; ricerche sull'ordine naturale di acquisizione della lingua e sull'interlingua; PERCORSO: fortemente induttivo; STUDENTE: protagonista del suo apprendere, fulcro emotivo e razionale del processo; DOCENTE: guida, regista, punto di riferimento; LINGUA: strumento pragmatico di comunicazione, in cui la correttezza formale è secondaria, come importanza e tempo d'acquisizione; il lessico prevale sulla morfosintassi; CULTURA: tenuta in considerazione perchè può creare problemi comunicativi; STRUMENTI OPERATIVI: curricolo basato sull'ordine di acquisizione della lingua; input situazionalizzato che l'insegnante cerca di rendere comprensibile (riprendendo il metodo di Berlitz); TECNICHE DIDATTICHE: legate alla comprensione dei testi e all'interazione; MATERIALI: di varia natura, possibilmente autentici, graduati accuratamente sulla base dell'ordine naturale; STRUMENTI TECNOLOGICI: non molto presenti, se non come strumenti per la presentazione di alcuni dei testi.
1.4.8 I metodi “clinici” a base psicologica Psicologia umanistica = maggior contributo delle scienze della mente all'insegnamento linguistico → passaggio da “linguistica applicata” a “psicolinguistica applicata” → proposte degli anni Sessanta-Settanta, soprattutto in America, caratterizzate da una forte componente psicologica, definite da Titone (“Glottodidattica, un profilo storico”, 1982) “metodi clinici”, perchè riprendono modalità della psicoterapia (rapporto psicologo-paziente). Alcuni (influenti in glottodidattica): a) “Total PhysicalResponse”, di Asher (anni Sessanta): l'insegnate dà ordini e indicazioni sempre più complessi, inducendo gli studenti ad usare spontaneamente la lingua (molto usato nella 11
scuola primaria, soprattutto per insegnare l'italiano agli immigrati); b) “Community Language Learning”, di Curran, psicologo gesuita, (fine anni Sessanta): modelli della seduta psicoterapeutica → insegnante = “counselor”; affettività = componente più rilevante MA tecniche dell'approccio formalistico (poco impatto in Italia); c) “Silent Way” del pedagogista svizzero Gattegno: l'insegnante dà un modello poi tace, gli studenti lo ripetono e lo riutalizzano in situazioni che lui presenta con bastoncini colorati, per le correzioni usa gesti e codici con le dita (in Italia si è diffuso l'uso di oggetti); d) “Suggestopedia” di Lozanov (Bulgaria, anni Sessanta-Settanta, si afferma in URSS e poi si diffonde in USA e Germania): simile a psicoterapia di gruppo → training autogeno a inizio e fine; musica barocca; i testi vanno ripresi prima di dormire e appena alzati → versione “pura” / versioni integrate da americani e tedeschi → (poco diffusa per difficoltà tecniche). BOX 13 Approccio comunicativo: metodi “clinici” metodi che ricalcano la psicoterapia e in cui la dimensione didattica prevale su quella linguistica. TEORIE DI RIFERIMENTO: teorie di psicodidattica e psicologia relazionale; studi sull'inteligenza emotiva e il ruolo del filtro affettivo; letteratura sull'acquisizione linguistica in età precoce; studi sulla suggestione. PERCORSO: fortemente induttivo; STUDENTE: protagonista del suo apprendere (fulcro emotivo e razionale); DOCENTE: guida, consigliere, “psicoterapeuta”, molto defilato, appare solo come suggeritore; LINGUA: strumento pragmatico di comunicazione, la correttezza formale è secondaria; CULTURA: non riceve attenzione specifica; STRUMENTI OPERATIVI, TECNICHE DIDATTICHE, MATERIALI: non c'è curricolo o progettazione, ci si basa su testi graduati (“facilità” intuitiva), ogni metodo ha un'attività caratterizzante; STRUMENTI TECNOLOGICI: registratori per musica di sottofondo, ascolto di testi orali.
1.4.9 La teoria dell'interlingua e la linguistica acquisizionale La linguistica acquisizionale studia l'”interlingua”, cioè la lingua usata da una persona che sta apprendendo una lingua e che rappresenta una porzione dell'intero sistema linguistico posseduto da un nativo. Dato che non si può acquisire direttamente un livello linguistico intermedio, si deve partire dal punto 0, costruendo la propria competenza secondo sequenze d'azione, studiate dalla linguistica acquisizionale, dette “implicazionali”, perchè l'acquisizione di ogni elemento implica la presenza di altri elementi acquisiti; perciò alcuni errore sono propri di alcuni stadi dell'interlingua e quindi “spie” dello stadio di uno studente, l'esecuzione corretta arriverà in uno stadio successivo. Secondo Selinker (che ha coniato il termine), l'interlingua è un sistema a sé (con struttura e meccanismi), per quanto parziale: non è casuale ma ha le sue basi nella grammatica universale, nella lingua materna e in quella che si sta apprendendo. Come aiutare il progredire di una interlingua verso quella di un madrelingua? Per i chomskyani, il processo è guidato dalla grammatica universale, in maniera quasi automatica, e i risultati insoddisfacenti derivano o dalla casualità o dalla limitatezza di memoria, come per la lingua materna. L'esperienza didattica invece concorda con i cognitivisti sul fatto che l'apprendimento della lingua materna è spontaneo mentre quello di una seconda lingua coinvolge persone che già cosa vuol dire sapere una lingua e sanno di imparare una lingua. L'errore nell'ottica dell'interlingua: lo studente ha il “diritto di sbagliare” ciò che non può ancora aver acquisito, senza che il docente applichi subito il parametro “giusto/sbagliato”, limititandosi eventualmente ha riproporre la formulazione giusta. La “i” della formula non è una variabile individuale, ma è legata alla struttura della lingua (alle sequenze d'acquisizione). Inoltre c'è una variabile cognitiva, studiata dalla teoria della processualità di Pienemann (1998): la mente è disponibile ad imparare per prime le cose che richiedono meno sforzo cognitivo, più “facili” da osservare nell'input, più evidenti in quello stadio dello sviluppo interlinguistico, più utili per poter comunicare efficacemente. Gli autori dei materiali didattici devono considerare le sequenze acquisizionali e la processualità dell'input, ma molti manuali sono ancora basati sulle esperienze di generazioni di insegnanti. L'insegnante può migliorare la sua qualità: a) studiando la dimensione acquisizionale della lingua che insegna; b) evitando il parametro “giusto/sbagliato” in relazione alla lingua, ma piuttosto in relazione 12
all'interlingua che l'allievo dovrebbe possedere in quel momento; c) chiedendosi in caso di difficoltà se qualcosa sia processabile, cioè spinga la mente ad acquisire, o se invece lo studente non ne abbia ancora individuato l'importanza e la “facilità”, per cui non la inserisce nella memoria stabile. 1.4.10 Il Quadro Comune Europeo e il Portfolio Europeo delle Lingue Il “Modern Language Project”, del Consiglio d'Europa, che aveva elaborato i “Livelli Soglia”, negli anni Novanta si evolve e produce il “Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue: Apprendimento, Insegnamento, Valutazione” e poi il “Portfolio Europeo delle lingue”, che dà degli indicatori adottati dai 51 paesi del Consiglio d'Europa per indicare la competenza comunicativa di qualcuno secondo sei livelli (da A1 a C2, B1 = Livello Soglia). Il “Quadro” è un testo politico: ribadisce che la conoscenza delle lingue comunitarie riguarda tutti e che la società della conoscenza si costruisce conoscendo anche le altre lingue oltre all'inglese (“lingua franca”). Già nell'art. 126 del Trattato di Maastricht (1992, istituisce l'Unione Europea) era indicato il diritto dei cittadini europei all'insegnamento della lingua materna, dell'inglese e di un'altra lingua comunitaria → nel 2000 viene reso obbligatorio l'isegnamento della seconda lingua straniera dalle medie (nel 2009 la Gelmini lo rende facoltativo). Il “Quadro” si pone come una riflessione sul ruolo delle lingue in Europa, sulla natura della conoscenza di una lingua, sulle componenti neuropsicologiche, sociali, culturali dell'insegnamento/apprendimento linguistico, ma non entra nella dimensione metodologica, in nome del valore della differenza e della libertà d'insegnamento. BOX 14 La struttura del Quadro (capitoli centrali) Capitolo 4 – L'uso della lingua e chi la utilizza e l'apprende 4.1 Il contesto d'uso della lingua → 4.1.1-5 Domini, Situazioni, Condizioni e vincoli, Il contesto mentale di chi usa/apprende la lingua, Il contesto mentale dell'interlocutore (o degli interlocutori) 4.2 Temi della comunicazione 4.3 Compiti comunicativi e scopi della comunicazione 4.4 Attività e strategie di comunicazione linguistica → 4.4.1-4 Attività e strategie di produzione, Attività e strategie di ricezione, Attività e strategie interattive 4.5 Processi della comunicazione linguistica → 4.5.1-6 Pianificazione, Esecuzione, Controllo, Azioni pratiche, Comportamento paralinguistico, Tratti paratestuali 4.6 I testi → 4.6.1-2 I Canali (media), Generi e tipi di testo Capitolo 5 – Le competenze di chi apprende e usa la lingua 5.1 Competenze generali → 5.1.1-4 Conoscenze dichiarative (sapere), Abilità e saper fare (savoirfaire), Competenza “esistenziale” (saper essere), Capacità di imparare (saper apprendere) 5.2 Competenze linguistico-comunicative → 5.2.1-3 Competenze linguistiche, Competenza sociolinguistica, Competenze pragmatiche Portfolio (1996), articola la competenza comunicativa in sei livelli: A1 Livelli di contatto (Breakthrough); A2 Livello di sopravvivenza (Waystage); B1 Livello soglia (Threshold Level); B2 Livello progresso (Vantage); C1 Livello dell'efficacia (EffectiveOperationalProficiency); C2 Livello di padronanza (Mastery).
Per ciascun livello c'è una serie di indicatori da osservare per verificare il livello di competenza, e in quasi tutti i casi si tratta di “saper fare con la lingua”. Il “Portfolio”, secondo il Consiglio d'Europa include tre tipi di documentazione: a) il “Passaporto linguistico” (include certificazioni e attestazioni di competenza linguistica); b) la “Biografia di Apprendimento” (racconta il percorso di apprendimento della lingua); c) il “Dossier” (in cui lo studente raccoglie documenti personali). Il “Quadro” ed il “Portfolio” hanno ricevuto molte critiche. I livelli del “Portfolio” e le indicazioni del “Quadro” (QECR) sono alla base dell'organizzazione di tutti e i corsi e i manuali di lingue straniere e hanno anche un valore legale. 1.4.11 L'impatto delle nuove tecnologie negli anni Novanta Le innovazioni tecnologiche hanno reso possibili alcuni metodi svolgendo la funzione di “catalizzatori”. La rilevanza delle “glottotecnologie”, come parte integrante e spesso come condizione necessaria per l'insegnamento delle lingue straniere, è tale che è nata una branca della glottodidattica che le studia (in Italia: Porcelli, Di Sparti, Dolci e altri). La tecnologia è stata un 13
motore d'innovazione per la glottodidattica dapprima attraverso strumenti separati, poi attraverso il computer, visto come fusione delle funzioni dei precedenti mezzi tecnologici, oggi attraverso la rete. Sono fondamentali nella glottodidattica le TCI (tecnologie della comunicazione e dell'informazione), chi apprende ora è “nativo” del mondo digitale, e gli insegnanti vi “immigrano” con difficoltà.
1.5
Le tendenze attuali, tra certezze crescenti e mode passeggere
“Certezza crescente” / “Moda passeggera” → realizzazioni didattiche estreme basati solo su metodologie a mediazione sociale o ludiche; gran parte dei metodi clinici. Alcune “certezze crescenti”: a. la metodologia “Content and Language Integrated Learning” (CLIL): uso veicolare della lingua straniera per insegnare un'altra disciplina, sostenuto dal Consiglio d'Europa, dall'Unione Europea e dalla Riforma Gelmini (per il liceo); b. l'intercomprensione tra lingue vicine: ancora rara in scuole ed università; l'Unione Europea ha finanziato progetti pilota di intercomprensione tra lingue romanze, tra lingue germaniche e baltiche, tra lingue slave, queste ricerche, basate dell'esperienza diretta e comune di comprensibilità reciproca tra parlanti di diverse lingue appartenenti allo stesso ceppo (ognuno nella propria lingua madre), hanno portato alla creazione di manuali e corsi per migliorare la qualità dell'intercomprensione: – a livello di strategie cognitive; – evidenziando alcuni elementi linguistici che possono avere una funzione chiave; – con alcune riflessioni di storia delle lingue. c. la tendenza ad una glottodidattica d'Arlecchino: in media l'esperienza scolastica di un'insegnante rispetto a quella dei suoi alunni risale ad un quarto di secolo prima, quindi gli insegnanti di oggi mancano dell'esperienza come studenti, riferimento inconsapevole, difficile da abbandonare in favore della novità, degli ultimi trent'anni di glottodidattica. Gli editori, consapevoli di ciò grazie a sondaggi, producono manuali come “vestiti di Arlecchino”, che affiancano elementi derivati da tutta la tradizione glottodidattica, mirati a non scontentare nessuno; il manuale governa molto la didattica, arricchito dall'insegnante che, mettendoci del suo, aggiunge all'Arlecchino.
Capitolo Secondo – La conoscenza e l'etica nell'insegnamento delle lingue 2.1
Il paradigma della complessità
La società attuale è “complessa”, è una rete in uno spazio tridimensionale, non più bidimensionale come in passato. Scomparsi i blocchi contrapposti del Novecento (U.S.A. / U.R.S.S.), ogni stato è una sfera nello spazio e ha relazioni con tutte le altre sfere; ciascuna sfera è composta di sfere tradizionali (es. regioni, città...) e sfere che si creano e si modificano di continuo (es. juventini, medici, studenti Erasmus...); ciascuna microsfera si relaziona con microsfere omologhe, e ogni persona entra a far parte di molte di esse; ciascuna sfera ha il suo stile linguistico, distintivo per i membri di essa, ciascuna usa lingue franche, diverse da quelle native dei membri. Una società complessa richiede “Une pensée complexe” (Edgar Morin), un pensiero flessibile, divergente, multiplo; le lingue sono uno strumento essenziale, ma sapere una lingua è divenuto a sua volta un concetto flessibile. La glottodidattica che ne deriva deve quindi essere fondata sui “processi”, di comprensione, produzione, interazione, deve fornire gli strumenti per un “lifelonglanguagelearning”, chiave di volta per realizzare i progetti e le intenzioni di vita delle persone. Per questo la glottodidattica è fortemente transdisciplinare: è un'entità autonoma rispetto a tutte le aree da cui trae conoscenza e che trasforma queste conoscenze in un sistema compatto, coeso, coerente, “où tout se tient” avendo come scopo la formazione di persone che padroneggiano in vari modi e a vari livelli lingue non native per vivere al meglio.
2.2
Una glottodidattica transdisciplinare
Nelle società complesse serve una glottodidattica complessa, che parta dalla considerazione che le persone con cui opera a) devono usare la lingua per comunicare (componente di scienze del linguaggio e della 14
comunicazione); b) devono comunicare all’interno di culture o tra culture (componente antropologica e sociologica); c) vogliono far entrare una lingua non nativa nella loro mente (componente neuro-psicologica e riflessione su psicologgia dell’apprendimento e della motivazione); d) apprendono per lo più in ambienti finalizzati all’educazione quindi in situazioni di educazione formale, usando materiali e tecnologie, sotto la guida di un docente in gruppi. La glottodidattica di Arlecchino, e molti approcci e metodi, pescano da alcuni di questi ambiti e ne ignorano altri. Facendo un diagramma (freccie bidirezionali = interscambio continuo): Che cosa/1:scienze che studiano la facoltà di linguaggio e il Che cosa/2: scienze che studiano l’uso della lingua nel suo prodotto, la lingua anche la “didactologiedeslangues-cultures” di Gallisoncontesto socioculturale Con percorsi autonomi, e Puren è giunta ad Scienza dell’educazione un modello simile: Come: scienze dell’educazione, delle linguistica Chi, la persona che acquisisce: scienze del cervello e della Lo schema dell’insegnamento, francese aggiunge il tecnologie didattiche mente Domaine de la Didactologie des Langues-Cultures et Sous-domaines livello didattico e quello della EducatifCognitifCulturelLangagier
- Philosophie - Psychologie - Pèdagogie
- Neurologie - Sciencescognitives - Psycholinguistique
- Histoire, gèographie, èconomie etc. - Sociologie - Anthropologieculturelle
- Sociolinguistique - Linguistuque - Grammaire
Didacticien Enseignant-apprenant
2.3
reazione insegnante-allievo. (- Approccio = “Domaine de la didactologiedeslanguescultures”; - Metodo = “Didacticien”; - Mondo delle tecniche metodologiche = “Enseignantapprenant”.
Modelli teorici e procedure operative
Alcune delle scienze sono scienze “hard”, cioè portano a conoscenze certe, come la matematica, la fisica, la linguistica, ecc. ; sono scienze “soft”, o “Sciences de l’imprécis” (Moles), dalla psicologia all’antropologia alle scienze dell’educazione. Una scienza che studia l’educazione linguistica è una scienza “umana”; per diminuire “l’imprecisione”, studiosi e insegnanti devono dotarsi di modelli di riferimento. Alcuni modelli epistemologici: a. il modello transdisciplinare della glottodidattica; b. il modello dell’organizzazione di tali conseguenze in due categorie: approcci e metodi; inoltre ci sono alcuni modelli che possono rendere “hard” il nostro discorso: c. il modello di competenza comunicativa, che stabilisce le finalità dell’educazione linguistica; d. il modello di motivazione (ci possono essere modelli complementari); e. il modello di spazio dell’interazione didattica; f. il modello tripolare delle relazioni umane; g. altri modelli minori. Se i modelli sono strutture potenzialmente vere sempre e ovunque, allora non esistono “modelli operativi”, bensì solo “procedure”, “schemi”, “format” operativi; l’operatività deve adeguarsi a una data situazione socio-culturale ed educativa, usa gli strumenti che ha a disposizione, persegue obiettivi adatti ai bisogni specifici di certi gruppi – le procedure, cambiando, possono evitare di diventare procedure di Arlecchino se rimangono fedeli ai modelli di riferimento.
2.4
Etica e insegnamento/apprendimento linguistico
Il pensiero occidentale ha sempre cercato di definire “il vero”, “il bene”, “il bello”; cercheremo di accennare alla dimensione etica (più che morale), tenendo conto del “pensiero complesso” menzionato da Morin. La riflessione etico coinvolge varie figure impegnate nell’insegnamento linguistico. a) L’etica dello studioso che scrive un manuale come questo Lo studioso che forma i docenti, da un lato ricerca il “vero”, dall’altro deve tradurre questo “vero” in un discorso rivolto a essi, con un linguaggio chiaro e semplice, ma non banalizzante (es. di scelta etica: paragrafi di verifica a fine capitolo); b) L’etica del progettista di curricoli, di sillabi, di manuali in ordine alle finalità 15
dell’insegnamento della lingua straniera Chi progetta un corso deve porsi il problema delle finalità ultime del suo corso, non solo degli obiettivi strumentali; una possibile risposta è in “Metodologia didattica delle lingue straniere” di Giovanni Freddi (1970), che faceva scaturire le finalità e le mete generali dell’educazione linguistica dal modello che individua le tre relazioni base degli esseri umani: Relazione di ogni persona
ne deriva una finalità educativa:
Io e il mondo, gli “altri”
culturizzazione
Io e i vari “tu” con cui convivo, collaboro e con-sento Io con me stesso
socializzazione autorealizzazione, “autopromozione”
ne deriva un insegnamento linguistico che consenta alla persona di: essere accettata in gruppi linguistico-culturali non nativi vive. stabilire rapporti e perseguire i suoi fini e senza problemi linguistico-comunicativi. mirare all’autopromozione, senza che la lingua sia un’ostacolo.
c) L’etica del progettista di curricoli, di sillabi, di manuali in ordine agli obiettivi e ai contenuti dell’insegnamento della lingua straniera La competenza comunicaztiva, il cui sviluppo è l’obiettivo in un approccio comunicativo, comprende oltre alle competenze linguistiche delle competenze extralinguistiche, anche se normalmente è data poca importanza nei manuali a questi fattori. d) L’etica dell’insegnante di lingua come educatore L’insegnate di lingua straniera, in quanto tale, svolge anche un ruolo educativo per alcuni aspetti; uno particolare, in cui le responsabilità di insegnante e studente si intersecano, è quello della facilitazione, che ha come agente l’insegnante ma si riflette sullo studente, l’atto di facilitare può: rafforzare lo studente / viziare lo studente / illudere lo studente.
Parte Seconda – GLI ATTORI DEL PROCESSO DI ACQUISIZIONE E INSEGNAMENTO Capitolo Terzo – Il soggetto dell’acquisizione linguistica: lo studente 3.1 L’hardware dell’acquisizione linguistica: il cervello La neurolinguistica descrive il funzionamento del cervello, “hardware” e la psicolinguistica quello del “software”, il Language Acquisition Device (LAD, Chomsky), dandoci indicazioni precise utili alla glottodidattica. La neurologia descrive il fenomeno della lateralizzazione, cioè il funzionamento differenziato e specializzato dei due emisferi cerebrali, che la psicologia descrive: all’emisfero sinistro sono affidati i compiti di natura analitica, sequenziale, logica; a quello destro quelli di natura globalistica, simultanea, analogica (la psicologia studia anche la memoria). La neurolinguistica individua nell’emisfero sinistro le due aree in cui avviene l’elaborazione del linguaggio e si arricchisce dellle ricerche neurosemiotiche, che indicano come i diversi tipi di messaggio vengano elaborati in realtà attraverso una sequenza di operazioni interrelate tra i due emisferi.
3.2 Il software dell’acquisizione linguistica: il LAD Dagli anni Novanta è tramontata la corrente di pensiero che attribuiva lo sviluppo del linguaggio alla pressione dell’ambiente (creazione di “mentalhabit”); la psicolinguistica ritiene che esista una facoltà innata di linguaggio nella nostra specie, infatti: lo sviluppo del linguaggio di un bambino segue percorsi simili in diversi ambienti; “l’ordine naturale” vale anche per l’acquisizione spontanea di altre lingue; esiste una “grammatica universale” (meccanismi comuni a tutte le lingue). Lo studente di lingua straniera è un soggetto attivo con un meccanismo di acquisizione linguistica (LAD) che và supportato, con il LASS (Language AcquisitionSupport System (Bruner). Il processo di acquisizione ha cinque fasi: a. osservazione dell’input linguistico-comunicativo che ci circonda individuando correlazioni 16
b. c. d. e.
pragmatiche e formali; creazione di ipotesi sul funzionamento di quel meccanismo; verifica dell’ipotesi attraverso la conferma o correzione dagli adulti; fissazione attraverso attività di “rehearsal” (ripetizione); riflessione guidata da adulti e insegnanti.
3.3 Il problema dell’ “attitudine” alla lingua Non tutti concordano sull’esistenza di un’attitudine alla lingua, ma probabilmente alcune combinazioni di caratteristiche personali favoriscono o meno l’apprendimento linguistico, ma la capacità di apprendere le lingue è anche probabilmente migliorabile. La variabile primaria è la dominanza emisferica cerebrale (modalità “destre” o “sinistre”); l’insegnante dovrebbe operare con consapevolezza del fatto che una classe comprende studenti “analitici” (attitudine per la riflessione sulla lingua) e “olistici” (attitudine all’uso della lingua). 3.3.1 Le intelligenze multiple La teoria delle intelligenze multiple di Gardner individua sette (o nove) tipi di intelligenza, presenti in ogni persona in combinazioni e dominanze diverse. Esse sono: a. l’intelligenza linguistica (capacità di cogliere sfumature di significato e scegliere parole opportune, abilità nell’esprimersi, nel farsi comprendere e comprendere); b. l’intelligenza logico-matematica (elabora il pensiero analitico e complesso, nella lingua guida la riflessione formale “grammaticale”); c. l’intelligenza spaziale (abilità di ricostruire o modificare mentalmente la disposizione degli oggetti nello spazio); d. l’intelligenza musicale; e. le intelligenze intra- ed interpersonali (capacità di autoanalisi / immedesimazione con altri). Ci sono altri tipi di intelligenza meno rilevanti nell’apprendimento linguistico. 3.3.2 Stili cognitivi e d’apprendimento a. Stile analitico/globale; b. Stile ideativo/esecutivo; c. in/tolleranza per l’ambiguità; d. in/dipendenza dal campo; e. capacità/difficoltà di prevedere i contenuti del testo sulla base del contesto; f. tendenza/difficoltà ad apprendere dai propri errori; g. autonomia/dipendenza nei processi di studio. Il rischio per un’insegnante è di premiare studenti che hanno una personalità simile alla sua e penalizzare gli altri. 3.3.3 Tratti della personalità Si intende il “carattere” di una persona, le cui caratteristiche intervengono nel disegnare il profilo individuale di uno studente: a. cooperazione/competizione; b. introversione/estroversione; c. ottimismo/pessimismo. Queste caratteristiche personali influiscono su ogni percorso didattico, non sono i diversi LAD individuali a fare la differenza.
3.4 La memoria Lo studente deve “acquisire” e poi saper recuperare ciò che ha memorizzato in modo da poterlo usare. La struttura della memoria Le informazioni vengono elaborate dalla “memoria di lavoro”, che ha una persistenza molto limitata nel tempo e nella quantità, da cui deriva la necessità di organizzare l’input in “chunks” (frammenti significativi) che contano come unità di significato e non come numero di singole parole; quanto elaborato da essa viene collocato nella “memoria a breve termine”, che elabora la struttura di superficie, mentre le strutture profonde e le interpretazioni rimandano alla memoria semantica. La 17
memoria a breve termine ha due problemi: dimentica facilemente e accomoda le nuove informazioni sulla base di quelle già possedute, mettendo così le premesse dell’interferenza. Il terzo livello è la “memoria a lungo termine”, che include la nostra conoscenza dle mondo (“enciclopedia”) e la “memoria semantica” (interpreta e memoriazza la lingua). Il funzionamento della memoria Secondo Aristotele: “associazionismo” (memoria per somiglianza/contrasto) -> utile solo se le associazioni sono create per sforzo deliberato dello studente. Si immette nella memoria solo quello che si vuole immettere, apprendere è un progetto: a una maggiore riflessione corrisponde una maggiore memorizzazione, la codifica profonda è a livello semantico più che sintattico e lessicale più che grammaticale, l’immagine visiva è meno efficace di quella sonora. E’ ancora più complesso il recupero del lessico dalla mente, organizzato in “schemi” di esperienze e “copioni” comportamentali. Il filtro affettivo In una piacevole sfida l’organismo rilascia neurotrasmettitore (es. noradrenalina) fondamentali per fissare “tracce mnesiche”. / Con lo stress negativo l’organismo rilascia uno steroide che lo prepara a fronteggiare il pericolo: l’amigdala (ghiandola al centro del cervello) rileva il pericolo e richiede lo steroide, ma l’ipocampo (ghiandola chiave per la memoria a lungo termine) comprende che non è un pericolo reale, smettendo di occuparsi delle informazioni. Dunque: le attività didattiche stressanti non si traducono in acquisizione; questa “lotta ghiandolare” rallenta l’attività dell’area neo-frontale del cervello, che ospita la memoria di lavoro, e lo studente và in “tilt”.
3.5 L’energia che mette in moto hardware e software: la motivazione La mente deve “accomodare” in memoria le nuove informazioni, ridisegnando le sinapsi; l’energia per fare questo è costituita dalla motivazione. Il modello egodinamico Secondo Titone (uno dei padri della glottodidattica italiana), ogni persona, cioè il suo “ego”, ha un progetto di sé più o meno consapevole ed esplicito; se questo progetto richiede la conoscenza di una lingua, la persona individua una “strategia”, quindi subentra il momento “tattico” (del contatto reale con lo studio della lingua), se i risultati sono soddisfacenti si rinforza la strategia, che invia un feedback positivo all’ego, che continua a dare energia motivando il lavoro; se il feedback è invece negativo, si inserisce il filtro affettivo e il progetto di imparare la lingua decade. Il modello tripolare Teoria della motivazione applicata al marketing -> modello motivazionale, che individua tre cause dell’agire umano: - dovere, ma, a meno che esso non diventi “senso del dovere” (quindi motivazione) le informazioni apprese vengono perse in breve; - bisogno (emisfero cerebrale sinistro) MA: deve essere percepito/funziona fino a che lo studente ritiene di aver soddisfatto il bisogno; - piacere (emisfero destro, diventa potentissimo se coinvolge il sinistro): piacere di apprendere (annullato dal fallimento); piacere della varietà; piacere della novità, dell’imprevisto, dell’insolito; piacere della sfida; piacere della sistematizzazione; piacere di rispondere al proprio senso del dovere. Secondo Schumann il cervello coglie gli stimoli e procede a un “appraisal” che è “valutazione” e “apprezzamento”, dunque decide se accettare l’input (seleziona quello che vuole selezionare) sulla base di cinque motivazioni: novità, attrattiva, funzionalità, realizzabilità, sicurezza psicologica e sociale.
3.6 Lo studente bambino Ai bambini non si ''insegna'',li si guida verso un''eveilaulanguage''. Si cerca di far capire loro che la lingua materna è solo una ''tra le tante possibili'', che le lingue straniere si possono imparare, come ha fatto l'insegnante,e che imparare una lingua può essere un gioco.La “polis” in cui vivranno i bambini di oggi non sarà più l'Italia, ma l' Unione Europea; l'identità sociale si forma nei primi 10 anni di vita, quindi la ragione per cui vogliamo far accostare un bambino al bilinguismo è politica 18
(Trattato di Maastricht). Progetto politico: passaggio da “bilinguismo” (dato sociale) a “bilinguità” (condizione personale di coloro che hanno sviluppato una “personalità bilingue”). 3.6.1 Il periodo critico L’introduzione precoce delle lingue straniere è legata alla nozione di “spazio neurologico”: la presenza di due lingue nel cervello porta a un arricchimento cerebrale: l’organizzazione del linguaggio del cervello di un bilingue sembra essere più bilaterale; l’emisfero destro svolge un ruolo principale nella rappresentazione cerebrale dei due codici; la dominanza cerebrale tende ad essere meno rigida. L'ipotesi dei“periodi critici'' (Legata allo studio di Lennenberg sui fondamenti biologici del linguaggio)Nei primi anni di vita l'acquisizione linguistica è al suo massimo, e decade alla soglia della pubertà. Ipotesi successive hanno dimostrato che a decadere è solo la perfetta acquisizione fonetica. Il vantaggio del bambimo sta nella rapidità d’acquisizione e nella sensibilità fonetica. Chi ha imparato soltanto una lingua tenderà ad applicare strategie fonologiche e sintattiche di quella lingua su tutte le altre. La ricerca più recente divide il “periodo critico” in: periodi critici in cui si possono acquisire lingue raggiungendo la competenza di un madrelingua: periodi critici: fino a 3 anni (pronuncia e sviluppo abilità linguistiche) e tra 4 e 8 anni (pronuncia ma maggiore sforzo comunicativo); / periodo sensibile: da 8 a 20-22 anni: ancora forti potenzialità neurologiche. Il principio di interdipendenza linguistica JimCummins afferma che lo studio di una lingua si riflette positivamente su tutto il repertorio linguistico ->metafora dell'iceberg:se un iceberg ha 3 picchi che emergono dall'acqua, emergeranno come iceberg isolati,ma la struttura che li sorregge sott'acqua è la stessa; più ghiaccio si crea in questa zona,più l'intero iceberg della comunicazione si innalza, e con se si solleva non solo la lingua madre,ma anche quella straniera. 3.6.2 Caratteristiche dell’insegnamento ai bambini Recente per la fascia 3-7 anni / anni Novanta: lavoro per la fascia 8-10 anni -> capisaldi didattici: a. integrazione tra lingua straniera e resto del curricolo (sul piano della progettazione e permeando di lingua straniera attività di altri settori); b. flessibilità di approccio, di metodo, di tecniche (ogni bambino ha uno stile cognitivo e uno stile d’apprendimento, tempi e ritmi personali, esperienze di vita non condivise); c. sensorialità (uso di tutte le facoltà sensoriali dell’uomo); d. motricità (adatta alla natura pragmatica e funzionale della lingua); e. ludicità (atteggiamento di “play”). La mente del bambino apprende continuamente; si creano più sinapsi al giorno intorno agli 8 anni (fornire LASS al LAD; l’insegnate deve essere “catalizzatore”).
3.7 Lo studente adolescente e il “giovane adulto” Problemi legati all’età e alla struttura scolastica (passaggio da “ambiti” delle elementari alle “discipline” e introduzione della seconda lingua straniera). 3.7.1 L’aspetto relazionale Mentre il bambino aveva identificato nella sua insegnante i suoi genitori e lavorava per ottenere la sua approvazione (rapporto verticale),l'adolescente sostituisce questo rapporto con quello coi compagni (orizzontale) e cerca la loro approvazione(quindi il filtro affettivo ha cambiato natura); egli non accetta più come “naturale” l'essere corretto dall'adulto e si sviluppa un certo accordo non detto coi compagni che tende a privilegiare “l'aurea mediocritas”, non più l'eccellenza; egli si ritiene adulto,quindi è più difficile utilizzare tecniche didattiche che gli risultano infantili a meno che non sia discussa con lo studente la natura psicologica e cognitiva delle attività; egli si addentra nel modo degli adulti sempre di più, quindi, per l’insegnamento dell'inglese la motivazione cresce (ma bisogna dare all’adolescente la misura del loro livello),per le altre lingue straniere, invece, la motivazione deve nascere da un innamoramento per il paese di origine della lingua (a differenza dell’inglese le alte lingue sono legate a culture). 3.7.2 L’aspetto cognitivo 19
Il processo di lateralizzazione bimodale del cervello si assesta. Le capacità di analisi e di definizione metalinguistiche maturano e rendono possibile un attività di riflessione sulla lingua e sulla comunicazione più profonda e sistematica; le conoscenze “dichiarative” maturano in conoscenze “procedurali”. L’approccio comunicativo non è più fondato su intuizioni e associazioni ma su riflessione, catalogazione, definizione metalinguistica; alla competenza d’uso della lingua si affianca la competenza sull’uso della lingua; proseguire con un’approccio naturale significa offendere la maturità cognitiva dello studente e rinunciare alle potenzialità di una mente in grado di spiegare e realizzare la propria capacità linguistica. BOX 15 Rappresentazioni mentali e mappe concettuali La mente crea “rappresentazioni” per conservare in memoria le informazioni che seleziona tra quelle che riceve con i sensi: la “teoria della doppia codifica” le distingue in “logogenetiche” (lessicali e valenziali) e “immageniche” (immagini visive, tattiche, olfattive, gustative). Le immagini mentali possono essere viste dalla persona come “mappe mentali”, che preparano anche ad un’attività di comprensione e produzione linguistica e riflessione sulla lingua.
3.7.3 L’introduzione della seconda lingua straniera La scuola media introduce lo studente allo studio di una seconda lingua straniera; l’UE ha voluto affiancare all’inglese, lingua del “fare”, una lingua dell’”essere”, del “sentirsi”, scelta. L’inglese è sempre più parte dell’istruzione e meno parte dell’educazione, ruolo che assume la seconda lingua, che, al contrario dell’inglese, è una lingua-e-cultura. Se la seconda lingua è insegnata in modo isolato si creano problemi per lo studente che ha già esperienza nell’apprendimento linguistico e apprende da due professori di lingua (inglese e italiano), con le loro metodologie; questi tre professori devono dunque agire in modo coordinato ed integrato. 3.7.4 Il giovane adulto Definito così perchè nelle Università è meno avvertito che nello studio personale di un adulto. La differenza tra l'apprendimento in Università e quello per ragioni professionali sta nel rapporto col docente:l'adulto del mondo del lavoro è padrone di se,dei suoi soldi,si prende la responsabilirà del risultato del corso e l'obbiettivo è il ''lifelonglearning''(impianto andragogico); lo studente universitario si pone ancora in posizione di inferiorità verso l'insegnante “magister” (impianto pedagogico), che deve tuttavia rendere più autonomi i suoi studenti.
3.8 Lo studente adulto Ha il progetto del “lifelonglearning” e progetti di questo tipo hanno sempre una lingua straniera tra i componenti di base. Alcune delle sue caratteristiche sono: 1)vuole decidere autonomamente e può assumersi le responsabilità delle proprie decisioni; 2)il rapporto docente studente non è più educativo, ma istruttivo; il docente non “forma”; 3)paga il corso e gli applica il principio di ''value for money''; esso non si segue per piacere, ma per determinati risultati; 4) i risultati devono essere raggiunti nel minor tempo possibile (“time ismoney” ed è la società a dettare i tempi); 5)i metodi vanno spiegati all'adulto in maniera esplicita; 6)rapidità e stabiltà dell'acquisizione diminuiscono con l'avanzamento dell'età, questo va spiegato per evitare demotivazione; 7) necessità metalinguistica superiore; Le tecniche didattiche ottimali sono quelle che pongono l’allievo di fronte alla propria competenza, in autonomia, da evitare sono invece le attività che lo portano a interagire coi compagni e soprattutto le attività che lo pongono a confronto diretto con l'insegnante-giudice. BOX 15 Andragogia Si occupa dell’adulto; formalizzata in termini odierni negli anni Sessanta da Knowles; secondo Rogers l’adulto è restio a mettere in discussione le suo conoscenze e il suo status quindi l’insegnamento può avvenire solo per sua volontà nel rispetto della sua autonomia di “pari” dell’insegnante. Un’approccioanragogico è caratterizzato da: particolare ruolo della motivazione; disponibilità esplicità a modificare conoscenze autonomia dello studente; ruolo dell’insegnante di “facilitatore” dell’apprendimento.
BOX 17 Lifelonglearning e educazione permanente o continua Da tempo esisteva il concetto di “educazione permanente” o “formazione continua”, negli anni Novanta si è imposto il
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concetto di “lifelonglearning”: l’educazione permanente è essenzialmente legata alla volontarietà di chi ne fruisce; l’aggettivo lifelong rimanda invece alla realtà esterna della globalizzazione che rende una lingua necessaria alla sopravvivenza sui mercati mondiali, la differenza è quindi nella motivazione (piacere o bisogno).
3.9 Il gruppo di studenti Meglio vedere un gruppo di studenti non come compagni,ma come colleghi che inseguono lo stesso obbiettivo,in un processo di apprendimento cooperativo. Molti insegnanti sono contrari alla cooperazione tra studenti inquanto essi non sono ancora esperti nella lingua e darebbero al compagno un modello sbagliato,è un rischio che vale la pena di correre difronte ai vantaggi dell'azione cooperativa:più menti che esplorano la stessa lingua hanno maggiori possibilità di riuscita.Un modo di gestire un gruppo disomogeneo di studenti e quello di spezzare periodicamente la classe (per livello) e dedicare del tempo separatamente a sottogruppi con attività differenziate, oppure svolgere attività sequenziate per difficoltà. BOX 18 L’apprendimento cooperativo Il tipo di didattica del genere del “cooperationlearning” si è molto diffuso nella formazione aziendale, soprattutto sul modello americano, ma è poco applicata all’insegnamento linguistico, che è spesso considerato un processo più individuale, in realtà il lavoro in piccoli gruppi dovrebbe essere una prassi favorita.
Capitolo Quarto - Il regista dell'acquisizione linguistica: l'insegnante (e i progettisti del corso) 4.1 L’insegnante come regista dello “spazio d’azione didattica” L'attività di insegnamento è chiamata “azione didattica”,e lo “spazio dell'azione didattica” viene spesso tradotto graficamente con un triangolo: (modelli di: competenzacomunicativa, di comunicazione interculturale, (modelli: di memorizzazione, motivazionali competenza letteraria e di competenza microlinguistica.)gestaltici, d’acquisizione, acquisizionali linguistici.)
Lingua
Studente
Docente (Ha a disposizione: schemi curricolari, schemi per la programmazione, procedure didattiche e modelli di conoscenza.) Il docente sta sullo sfondo e aiuta gli altri due poli a mettersi in relazione,agendo da regista mantenendo il tutto in equilibrio.
4.2 L’insegnante come facilitatore dell’acquisizione Il vecchio professore dei licei pensati da Gentile e De Sanctis era una guida morale e spirituale che operava come tradizionale ''pedagogus'', ''magister'', e none ra necessariamente un didatta. La seconda metà del xx sec. ha cancellato l'insegnante Gentiliano per farne un esperto in didattica disciplinare. Dagli anni Settanta l'insegnante è stato visto come : 1) facilitatore (“Facilitating Language Learning”); 2)consigliere (gesuita Curran); 3)maieuta (“silent way”); 4)tutore (anni Novanta); 5) regista (concezione freddiana). L'insegnante non è piu il maestro onnisciente onnipotente ma una figura di servizio, punto di riferimento.La comunicazione è una chiave di volta per un insegnamento di qualità; meno il docente parla, più parlano, dunque acquisiscono, gli studenti ->Insegnamento di Confucio: Dimmi, mostrami, fammi fare: e io dimentico, e io ricordo, e io imparo. La scelta della lingua in classe:usare la lingua straniera è una retorica sbagliata, la lingua va scelta in base ai fini che un atto comunicativo si propone. La tradizione di ha dato due generi comunicativi: conversazione maieutica (dei filosofi classici, si sforzava di far maturare l’autonomia critica e cognitiva dell’allievo; oggi funziona per dottorati di ricerca, nell’insegnamento dell’italiano a piccoli gruppi di stranieri, nell’acquisizione della lingua di un bambino da una babysitter straniera) / lezione “ex cathedra” (la “lectio” tipica dell'istruzione religiosa: obbiettivo al centro dell'attenzione (testo sacro), che, tramite il sacerdote-maestro, viene 21
comunicato in maniera frontale e diretta agli allievi; posizione molto gratificante per l'insegnante,perciò, malgrado tale modello sia improduttivo sopravvive anche nell'istruzione laica.) Box 19 Foreigner’s talk, teacher’s talk, teacher’s talking time Foreigner’s talk:tentative di un madrelingua di farsi capire da un “forestiero”; lingua non autentica; Teacher’s talk: “forestierese” usato dall’insegnante nel tentativedi farsi capire più facilmente dallo studente (sintassi paratattica, lessico ridotto, selezionato per l’origine latina, dimesione fonetica: rallentamento dell’eloquio, iperdifferenziazione tra fonemi difficili per gli studenti); uso che và limitato ai primissimi passi; TTT, Teacher’sTalking Time: percentuale di tempo della lezione usata dal docente.
4.3 I progettisti del curricolo e gli autori dei materiali didattici La progettazione è riconosciuta nelle situazioni didattiche extrascolastiche, nelle scuole è ancora difficile abbandonare la vecchia logica del piano di studi e del programma (“indicazioni programmatiche”). Il progettista di un corso deve svolgere alcune funzioni essenziali: a. definire il ruolo del corso di lingua straniera nell'ambito dell'intero percorso formativo dello studente (Ministero); b. analizzare i bisogni degli studenti per definire gli scopi del corso (Ministero); c. definire quali risorse siano necessarie per soddisfare quei bisogni (Consiglio d’Istituto); d. definire quale tipo d'insegnante serva per quel corso (Ministero / singoli insegnanti); e. definire il curricolo di lingua straniera secondo uno dei modelli disponibili (manuale / insegnante); f. indicare il tipo di materiale didattico adeguato (insegnante); Il materiale didattico, non è più solo il libro di testo, ma oggi è più complesso e include: un manuale di base, materiali di rinforzo per il recupero, materiali audio, un ampliamento in rete, una sezione di adattamento del materiale alle necessità linguistiche degli studenti, video, guida didattica, un sito. E’ delegata all’insegnante l’integrazione del materiale didattico con materiale originariamente non pensato per la didattica. Box 20 Curricolo, programma, sillabo Curricolo: piano di studi, passi, obiettivi e contenuti di un corso di studi; indica anche il monte orario e la distribuzione delle ore negli anni di studio; è il percorso di studio di solito articolato nelle varie discipline; Programma: termine non più usato istituzionalmente (oggi “indicazioni programmatiche perché le scuole hanno una certa autonomia) ma presente nella scuola, indica l’insieme di contenuti di un corso e gli obiettivi da raggiungere; Sillabo: elenca i contenuti di un corso (spesso suddiviso per classi o livelli di competenza).
Parte Terza – I CONTENUTI DELL’INSEGNAMENTO LINGUISTICO Capitolo Quinto – La lingua e i linguaggi non verbali 5.1 La comunicazione “(Insegnare a) comunicare significa (insegnare a) scambiare messaggi efficaci”. Scambiare:lo studente deve rendersi conto che impara una lingua per uno scambio di significati; Messaggi:lo studente deve comprendere che apprenderà a creare messaggi, non frasi, in una lingua; Efficaci:la comunicazione è normalmente volta all’ottenimento di uno scopo (convincere, ottenere, vietare, ecc.) e la sua efficacia si valuta sul risultato. La comunicazione si situa in un evento comunicativo, in cui ciascun fattore influisce sulla comunicazione. Il modello canonico per l'analisi di un evento canonico comunicativo è quello di Dell Hymes rappresentato dall'acronimo SPEAKING: “S”: “setting” (luogo fisico nell'interazione); “S”:“scena culturale”; “P”: “partecipanti” (importante ruolo sociale tra i partecipanti); “E”: “ends” (scopi per cui si comunica); “A”:“atti” (azioni conpiute per raggiungere gli scopi); 22
“K”:“key” (“chiave psicologica”, dimensione psicologica dei partecipanti); “I”:“instruments” (verbali e non, anche strumenti di trasmissione); “N”:“norme” di interazione e di interpretazione (dei messaggi); “G”:“genere comunicativo” ->la società sta aggiungendo molti generi comunicativi, che gli studenti di lingue straniere hanno bisogno di padroneggiare. Box 21 Lingua, linguaggio Linguaggi: sistemi di segni con cui l’uomo comunica. / Lingue: linguaggi verbali. Ci sono tre classi di strumenti di significazione: sintomi (prodotti dalla natura delle cose); segnali (prodotti geneticamente, inevitabilmente, da animali e piante); segni (unione di significato e significante). Alcuni ambiti ristretti della lingua sono chiamati linguaggi. Una caratteristica della lingua, rispetto agli altri linguaggi, è la “doppia articolazione” (duplice livello di suddivisione in unità più piccole delle parole): in lessema/morfema e fonemi.
5.2 Lingua seconda, straniera, etnica, franca Lingua straniera:quella studiata dove è presente solo nella scuola; l'input è fornito dall'insegnante; Lingua Seconda: quella che lo studente trova fuori dalla scuola; l'input è extrascolastico; Lingua Etnica: lingua della comunità di origine pur non essendo la lingua materna; Lingua Franca: lo fu il latino e ora lo è l'inglese; è la lingua usata in maniera semplificata per aiutare la comunicazione internazionale; la trasformazione dell'inglese in lingua franca ne ha cambiato la natura dell'insegnamento che da educativo sta diventando istruttivo.
5.3 La lingua come codice: la competenza linguistica La lingua, vista come contenuto dell'insegnamento linguistico,può essere vista come: -mezzo per raggiungere scopi (pragmalinguistica); -indicatore di appartenenza a un gruppo (sociolinguistica); - forma: sonora (fonologia), scritta (grafemica), insieme di forme (morfologia) e di relazioni (sintassi), corpus di parole (lessico), testo (linguistica testuale) -> “grammatiche” che costituiscono la competenza linguistica*; -espressione di una cultura e strumento per tramandarla (etnolinguistica); - strumento del pensiero (diverse forme di concettualizzazione con la lingua); -strumento di espressione(lingua usata per scopi estetici oltre che comunicativi). * in una grammatica “pedagogica” (non “descrittiva”): non tutte le grammatiche possono essere inserite nel curricolo e non di tutte si darà una visione completa; esse si affronteranno secondo la successione della linguistica acquisizionale con un procedimento a spirale; esse non hanno scopo descrittivo (ma consentono di generare messaggi).
5.4 I linguaggi non verbali: la competenza extralinguistica Accanto alla competenza linguistica è necessario accostare la competenza extralinguistica, che include: -la competenza cinesica(gesti ed espressioni del viso e del corpo); - la competenza prossemica (relativa alla vicinanza e al contatto con l’interlocutore); -la competenza vestemica (padroneggiare il sistema della moda); -la competenza oggettuale (uso di oggetti come strumenti per la comunicazione). Per decidere il ruolo di queste grammatiche nella didattica bisogna considerare la motivazione dello studio linguistico, e avvalersi di due risorse didattiche: video e contatto reale.
5.5 La lingua in uso: la competenza socio-pragmatica Funzionalisti (Buhler, Jakobson, Halliday)/ Pragmatici (Austin, Searle); per descrivere la competenza socio-pragmatica prendiamo le mosse dal modello antropologico delle relazioni umane, che potenzialmente rendono tutti i possibili atti comunicativi, esistono poi generi comunicativi a seconda delle funzioni, e atti comunicativi propri di ogni funzione: Funzione personale(contatto con“io”) : quando lo studente rivela la propria soggettività e manifesta la sua personalità e interiorità; 23
Funzione interpersonale (contatto con altri, “io e te”): quando la lingua serve in un rapporto di interazione (orale e scritta); Funzione regolativo-strumentale ( contatto tra “io e il mondo”): usare la lingua per agire sugli altri; Funzione referenziale( contatto tra “io e il mondo”): lingua usata per descrivere o spiegare la realtà; Funzione metalinguistica (contatto con “il mondo della lingua”): ci si serve della lingua straniera per riflettere sulla lingua stessa o per risolvere problemi comunicativi tipici dell’interazione in lingua straniera; Funzione poetico-immaginativa( contatto tra “io e il mondo”): si usa la lingua per produrre particolari effetti o per creare situazioni e mondi immaginari. Box 22 La linguistica funzionale di Jakobson e Halliday Jakobson: visione “ontogenetica”, che descrive un modello astratto di comunicazione basandosi su: funzione personale o espressiva (focalizzata sull’emittente), funzione conativa (focalizzata sul destinatario), funzione referenziale (focalizzata sull’argomento), funzione fàtica (per mantenere vivo il canale), funzione metalinguistica (sulla lingua), funzione poetica (focalizzata su caratteristiche semantiche e formali della lingua). Halliday: visione “filogenetica”, che descrive lo sviluppo funzionale nell’acquisizione della lingua in macrofunzioni: funzione ideativa o significativa (lingua che veicola informazioni), funzione interpersonale (gestisce relazioni tra locutori), funzione testuale (governa la struttura del discorso).
5.6 Dalla competenza alla padronanza: le abilità linguistiche Il complesso di competenze che abbiamo visto costituisce la parte mentale della componente comunicativa. La trasformazione delle rappresentazioni mentali in comunicazione avviene attraverso la padronanza delle abilità linguistiche che hanno duplice dimensione : - Cognitiva: processi di comprensione e di selezione delle info - Semiotica: nel momento in cui questi gesti si realizzano attraverso la lingua i gesti o i grafici. Le abilità di base sono quattro : ascolto, monologo, lettura, scrittura. A cui si aggiunge il dialogo anche se esso coinvolge due abilità. Si dividono in ricettive/produttive o orali/scritte. Esiste poi un gruppo di abilità di trasformazione linguistica che è a cavallo tra vari ruoli e modalità: il dettato, il riassunto, la parafrasi, la traduzione, la raccolta di appunti (usate professionalmente o a scuola).
5.7 Le microlingue disciplinari La lingua quotidiana una parole polisemiche e veicola una visione approssimativa del mondo, le microlingue specifiche di alcuni settori invece richiedono una metalingua esatta, realizzano solo le funzioni referenziale, regolativa e talvolta metalinguistica e hanno due principali scopi: vogliono evitare ambiguità (usano termini monosemici) e servono come strumento di riconoscimento dell’appartenenza ad un dato settore; ciò si realizza attraverso scelte stilistiche precise in tutti gli aspetti della lingua, quali: la dimensione testuale (struttura di testi, paragrafi, eccetera), la dimensione sintattica (elisione di articoli e preposizioni, nominalizzazione, eliminazione delle frasi relative, premodificazione, spersonalizzazione, passivizzazione), la dimensione lessicale (termini monoreferenziali e privi di sinonimi, creazione di lessico), la dimensione fonologica, la dimensione socio-pragmatica. L’insegnante che insegna una microlingua scientifico-professionale affronta dei problemi: l’insegnamento microlinguistico è etero-referenziale, l’insegnante non sa la microlingua, l’insegnamento di essa si rivolge allo studente specialistico che ne conosce i contenuti; studente e docente diventano dunque parie complementari. Box 23 Le varietà diafasiche legate all’argomento e la scelta del termine “microlingua”
5.8 Il testo letterario Un testo è letterario perchè è incluso nelle varie storie della letteratura: si delega al critico o all'editore la scelta di cosa sia letterario o non. Al contrario la capacita di individuare un testo letterario all'interno di una serie di testi è un elemento costitutivo della competenza testuale. Le caratteristiche che rendono letterario un testo sono: l'attenzione dell'emittente si focalizza 24
sull'aspetto formale (Jakobson); vi è ciò che spesso è pensato ma mai cosi ben espresso (Pope), caratterizzado dadeviazioni volontarie e consapevoli rispetto alla lingua della quotidianità.Insegnare a leggere testi letterari significa insegnare a individuare queste caratteristiche formali. L' educazione letteraria deve mirare a far scoprire: -il piacere della letteratura:piacere di evasione nella trama e di esorcizzare le proprie paure vedendole rappresentate sulla scena o sullo schermo; -il bisogno della letteratura: emerge il bisogno di comprendere vari aspetti della vita; lo studente spesso non sa ancora di aver bisogno della letteratura. Ma i piaceri e le risposte ai bisogni possono essere di qualità diversa,bisogna infatti come meta primaria dell'educazione letteraria,sviluppare il senso critico. Box 24 La lingua della letteratura
Capitolo Sesto-La dimensione (inter)culturale 6.1 La prospettiva antropologica e sociolinguistica Il ruolo della componente culturale nell’insegnamento della lingua straniera è mutato nel XX sec., evolvendosi in maniera differenziale. Negli anni Trenta e Quaranta, Malinowsky e Firth individuavano la cultura come componente della situazione in cui avviene la comunicazione; negli anni Cinquanta e Sessanta, invece, Lado la descrive come problema sia situazionale che comunicativo; questa prospettiva prende forma negli anni Settanta con Hymes, i sociolinguisti e gli etnografi della comunicazione. Il contesto culturale è fondamentale per lo studio di una lingua nella società complessa e senza culturizzazione non vi sono socializzazione ed autopromozione. Box 25 Cultura, civiltà, modello culturale “Cultura” nelle scienze antropologiche indica il modo in cui si risponde a bisogni di natura; in molte lingue troviamo anche termini derivati da “civilitas”; l’unità minima della cultura è il “modello culturale”, cioè la risposta a un problema. Oggi i modelli culturali variano rapidamente e si contagiano imprevedibilmente, quindi si deve educare alla differenza e variabilità delle culture ed insegnare ad osservare una cultura.
6.2 La prospettiva interculturale Nella seconda metà degli anni Ottanta emerge una nuova prospettiva:secondo la metafora di Hofstede, ogni persona ha un ''software of the mind''che include tra i vari “file” anche quelli della competenza comunicativa.Il problema è che questa competenza non si può insegnare,ma si può insegnare ad osservarla attraverso un modello: -software of the mind (fattori culturali che influenzano la comunicazione) (competence); -software di comunicazione (tutti i codici che usiamo) (competence); -software di contesto (socio-pragmatico della comunicazione) (performance). Alcuni problemi tra i “software of the mind”: Il concetto di tempo Diversi concetti di tempo (in diverse culture) provocano problemi relazionali, quindi comunicativi: - concetto di puntualità; - “time ismoney” (più in alcune culture che in altre); -orrore del tempo “vuoto” (in alcune culture i silenzi sono motivo di imbarazzo); - il tempo strutturato (ha diversa importanza rispettarlo o meno). I concetti di gerarchia, status, rispetto La gerarchia è la concretizzazione di un idea di potere; lo status gerarchico va guadagnato. Con persone di diverso status si comunica diversamente; per mantenere uno status non si può perdere la faccia. I codici non verbali Le neuroscienze ci dicono che si siamo prima visti e poi ascoltati. Le parti del corpo comunicano e 25
interferiscono con quanto diciamo: - la testa (bocca e occhi); - mani e braccia; - odori e rumori. Le differenze di significato di espressioni e gesti nelle diverse culture portano rischi comunicativi. Altre forme di comunicazione del corpo sono: - vestiti; - la distanza (tra interlocutori). (Piccoli errori possono creare imbarazzo, creando conflitto tra amigdala e ippocampo, riducendo così la capacità di parlare in lingua straniera.) Lingua e comunicazione interculturale I modi di parlare nelle diverse culture inseriscono turbative alla comunicazione; anche il modo in cui il testo procede dal punto di partenza alla conclusione è rilevante (es. costruzione testuale lineare anglosassone / costruzione testuale latina basata sulla subordinazione / costruzione testuale orientale a spirale). Aspetti socio-pragmatici - Alcuni “atti comunicativi” rimandano a diverse valutazioni dei rapporti interpersonali; - Alcune “mosse comunicative” sono permesse solo in alcune culture. Sul piano socio-culturale i maggiori problemi sono quelli legati all’opposizione formale/informale. Un altro problema è nella presentazione delle persone, quindi nell’uso dei “titoli”, dei “titoli prenominativi” e “appellativi”. L'insegnante che vuole creare una competenza comunicativa interculturale deve: -rendere consapevoli le persone dei problemi che derivano dalle differenze comunicative interculturali (diversi software mentali); -offrire strumenti concettuali (semplici e chiari) per osservare la comunicazione; -far notare che nelle società complesse la realtà muta ogni giorno e le culture interagiscono tra loro; - insegnare ad osservare video e film in cui gli attori si sforzano di sembrare “naturali” simulando elementi della conversazione quotidiana ma rendendoli facilmente osservabili.
Parte Quarta – STRUMENTI METODOLOGICI Capitolo Settimo – L’organizzazione del materiale didattico 7.1 L’unità di acquisizione La psicologia della Gestalt descrive la percezione come una sequenza di tre fasi:una globale, una analitica e una conclusiva in cui si attua una sintesi,spontanea o consapevole, che trasforma ciò che è percepito in elementi recepiti ed acquisiti. Tre momenti di questa “molecola matetica”: - “percezione globale” (dell’evento comunicativo o testo), coinvolge principalmente l’emisfero cerebrale destro e si basa su: sfruttamento massimo della ridondanza (informazioni contestuali e co-testuali), formazione di ipotesi socio-pragmatiche (su quanto potrà avvenire in quel contesto), formazione di ipotesi linguistiche, elaborazione di metafore, verifica globale e approssimativa delle ipotesi (skimming) o dei singoli elementi (scanning), ricerca di analogie con eventi noti. - “focalizzazione modale” (comprensione più dettagliata) fondata più sull’emisfero cerebrale sinistro, basata su sequenze di analisi->sintesi spontanea->riflessione guidata relative a: ciascun atto comunicativo che si vuole far acquisire gli aspetti linguistici,i temi culturali,i linguaggi non verbali. Questo processo, che porta dalla percezione alla ricezione,è il processo “naturale” di acquisizione.
7.2 L’unità didattica come rete di unità d’acquisizione 26
Un’unità di acquisizione ha durata varia(pochi minuti o un’ora e più) ed è l'unità di misura secondo la quale lo studente percepisce il suo apprendimento.Un’unità didattica invece è una tranche linguistico-comunicativa,più complessa,realizzata mettendo insiemeelementi del contesto situazionale; dura 6-10 ore e anche più ed è di solito basata su un tema situazionale/culturale come: unità di lingua generale (temi quotidiani), unità didattica di letteratura, unità di microlingua(eventi complessi). L’unità didattica ha una sua struttura, che trova le sue prime definizioni nell’attivismo americano degli anni Trenta ed è stata applicata all’insegnamento delle lingue negli anni Sessanta:
Box 26 La pedagogia attivistica e l’unità didattica L’attivismo pedagogico (Dewey) è sintetizzato dal motto “learning by doing”; le prime sperimentazioni di unità didattiche avvengono negli anni Trenta per l’integrazione di immigrati in America, ed erano proposte in maniera sequenziale con elementi autonomi; le sperimentazioni portano al modello “threeP’s” (presentation, practice, production), coltivato dal metodo situazionale; dopo il Duemila compare materiale che vuole individuare le unità d’acquisizione nelle unità didattiche.
7.3 Il modulo E’ sempre più necessario accreditare conoscenze parziali e segmentare la struttura tradizionale in ulteriori “moduli” (sezioni, porzioni, sottoinsiemi del corpus curricolare). Esso deve essere: autosufficiente (concluso in sé stesso) e valutabile nel suo complesso (in modo da poter essere accreditato nel CV dello studente). Il modulo è quindi un blocco tematico concluso in se',autosufficiente,significativo,si articola in una serie di unità didattiche,ciascuna basata su una rete di unità di acquisizione.E’ possibile avere un’efficiente modularizzazione delle dimensioni letteraria e microlinguistica dell’insegnamento delle lingue.
Capitolo Ottavo – Lo sviluppo delle attività 8.1 Le abilità ricettive: ascolto e lettura La comprensione è il processo che sottostà all'attività di ascolto e lettura; la differenza tra queste due abilità è a livello di decodifica dei segnali sonori e visivi (livello percettivo). Goodman(anni ’70) definì la comprensione come un “psycholinguisticguessing game”:essa non procede dagli stimoli che rileviamo dall'esterno, ma da processi cognitivi che costituiscono “la grammatica dell'anticipazione” (“expectancygrammar”). La conoscenza del mondo (spesso detta “enciclopedia”) E’ organizzata in “schemi” che ci consentono di ordinare la nostra esperienza, quali: - la “frame systemtheory” (la cornice è una rete di relazione tra elementi che costituiscono “reparti” del magazzino mnemonico); - la teoria degli “script” (copioni o scenari in cui le situazioni tipiche della vita vengono viste 27
come il frutto di grammatiche pragmatico-comportamentali). Quindi: capiamo meglio un testo,se esso è prevedibile all'interno di un paradigma limitato di possibilità (ruolo essenziale della conoscenza del mondo nel processo di comprensione). La comprensione avviene attraverso: - processi logici: contribuiscono a “costruire” la comprensione; legano la fonte esterna di informazioni con la realtà psichica di chi comprende; principale processo: “preposizionale” (costruire il senso della preposizione con predicato e argomenti); altri processi sono di base: sintattica, di coerenza o coesione testuale, di natura inferenziale, di genere testuale; - processi analogici: di comprenzione (prevalente emisfero cerebrale destro); ad esempio la competenza metaforica. Insegnare a comprendere una lingua straniera significa anzitutto affinare le strategie di comprensione (ruolo della creazione di ipotesi come chiave per la comprensione). 8.1.1 Tecniche e attività per lo sviluppo delle abilità di comprensione -Cloze: inserire le parole mancanti in un testo, per farlo bisogna cercare di avere una comprensione globale del testo (cloze “a crescere”, cloze facilitato, cloze orale, cloze realizzati con strumenti statistici). -Attività di incastro:si tratta di puzzle che richiedono di ricomporre un testo frammentato. Solo dopo costruita la comprensione globale del significato,si procede ad analizzare i singoli segmenti, per ricondurre tutto alla sintesi finale (incastro tra battute di un dialogo, incastro tra fumetti, incastro tra paragrafi, incastro tra testi, incastro tra frasi, incastro tra spezzoni di frasi, incastro tra le parole di una frase). 8.1.2 Tecniche per guidare e verificare l’abilità di comprensione - Domanda Aperta; - Griglia; - Scelta multipla; -Transcodificazione (passaggio da un codice ad un altro) - Accoppiamento termine definizione. 8.1.3 Il contributo delle glottotecnologie Mentre la lettura non richiede tecnologie particolari,la comprensione orale può essere sviluppata solo attraverso registrazioni audio e video. Il registratore audio è affidabile e semplice, ed è usato per ascoltare e riascoltare (registrazioni delle performance degli studenti).Più completo comunicativamente, ma più difficile da realizzare in classe è il materiale videoregistrato, che emana messaggi audiovisivi, in cui le immagini assumono significato solo dopo che la lingua ha isolato un significato tra tutti quelli possibili (“ancrage”)o in cui lingua e immagine si intrecciano e interagiscono(“relais”). Esistono glottotecnologie per la comprensione di testi letterari, come l’ascolto di poesie o la visone di testi teatrali (elementi fondamentali).
8.2 Le abilità produttive: monologo e scrittura La produzione orale e scritta si dipana secondo un percorso lineare:concettualizzazione(individuale o di gruppo con un diagramma a ragno / braistorming); progettazione(trasformazione delle idee,delle associazioni,in una scaletta concettuale che fornirà il filo del discorso); realizzazione(può essere orale o scritta e ci sono varie procedure di attuazione). 8.2.1 Tecniche per sviluppare la produzione orale (monologo) Problema: solo in piccoli gruppi si può tenere costante la motivazione -> diventa un’attività di ascolto o si forma una serie di monologhi successivi creando una “detective story” collettiva o facendo descrivere un fumetto in successione. 8.2.2 Tecniche per sviluppare la produzione scritta Esistono tante forme di composizione quanti sono i tipi ed i generi testuali scritti, si possono comporre: descrizioni, relazioni, narrazioni, lettere, testi regolativi, definizioni, eccetera… Nella composizione scritta intervengono: una componente cognitiva, il possesso di specifiche informazioni e la padronanza linguistica (per contributo linguistico: anticipare argomento e scopo); per la correzione bisogna separare gli aspetti. 28
8.2.3 Il contributo delle glottotecnologie Per il monologo (demotivante da eseguiree ascoltare) la tecnologia può venire in aiuto: può essere creata a casa una registrazione video, da discutere in classe (il prodotto è emozionalmente staccato dallo studente che lo ha realizzato). Per la composizione scritta, il computer (utilizzabile in gruppetti di studenti) sul piano operativo:evidenzia gli errori grammaticali,permette di spostare blocchi di testo facilmente, consente di partire direttamente dalla scaletta procedendo per espansioni successive, non richiede ricopiatura in calligrafia e in ordine; la correzione è inoltre più semplice ed esplicita. Si possono inoltre realizzare “videolettere” per comunicare con studenti stranieri.
8.3 Le abilità di interazione: il dialogo Per dialogare è necessario: conoscere i copioni situazionali (bar,scuola ecc..); saper definire il proprio ruolo all'interno della situazione sociale; prepararsi a comunicare le proprie intenzioni; cercare di interpretare le intenzioni; negoziare i significati quando essi non sono chiari. 8.3.1 Attività per lo sviluppo dell’abilità del dialogo Per sviluppare l'abilità di dialogo esistono varie tecniche: drammatizzazione; dialogo a catena; dialogo aperto; role-talking, role-making, roleplay; interviste impossibili (daloghi ad esempio tra personaggi della letteratura); scenario e talk show; dialogo su chatline (uso della scrittura, possibilità di salvare). 8.3.2 Il contributo delle glottotecnologie La tecnologia offre due tipi di contributo diverso allo sviluppo delle abilità interazionale:lo scambio linguistico sincrono su Skype e la metodologia tandem (tra studenti di nazionalità diverse che studiano le reciproche lingue e le usano entrambe) e la possibilità di videoregistrare le performance simulative.
8.4 Le abilità di trasformazione di testi Vengono sviluppate nella lingua madre, in tutte le discipline scolastiche, e la lingua straniera può dare un contributo. 8.4.1 Dettato Tecnica di trasformazione di un testo orale in un testo scritto. Affinchè esso porti all'acquisizione è necessario che non provochi ansia e l'autocorrezione è ottima per non far interferire il filtro affettivo. 8.4.2 Stesura di appunti E’ una forma molto personalizzata di riassunto basata su un testo orale o scritto. Nell' insegnamento delle lingue straniere, la stesura di appunti può essere utile in quanto sviluppa l'autonomia; è lo studente che decide come prendere appunti, verifica e stabilisce se essi funzionano o no. 8.4.3 Riassunto Dato un testo,l'allievo deve produrne un altro,che ne riprenda i nuclei informativi essenziali,e li disponga secondo una sequenza perciò questa tecnica è utile perchè richiede la comprensione dei nuclei informativi e la loro gerarchizzazione. 8.4.4 Parafrasi Si realizza producendo un testo in prosa con stessa struttura e significato del testo di partenza,ma che si differenzia sul piano lessicale,soprattutto a causa dell'eliminazione del discorso diretto.Lo sviluppo di questa abilità consente anche di parafrasare il proprio pensiero anzichè tradurlo in lingua straniera e creare perifrasi per le parole che non si conoscono. 8.4.5 La traduzione Rappresenta uno dei momenti più complessi della glottodidattica,perchè è un punto d'arrivo e non una tecnica d'apprendimento. Serve come strumento di metacompetenza linguistica e riflessione interculturale ma è anche strumento di riflessione induttiva della lingua straniera. La direzione normale è dalla lingua straniera alla lingua madre.
Capitolo Nono – Scoperta, fissazione, riutilizzo delle “regole” e del lessico 9.1 Grammatica implicita e grammatica esplicita 29
Uno dei temi cardinali della grammatica pedagogica riguarda il modo in cui conosciamo le regole: dicotomia chomskianaknow/cognize, in glottodidattica conoscenza linguistica implicita/esplicita, per Krashen acquisizione/apprendimento, competenza d’uso/uso della lingua. L'insegnamento della lingua (quindi delle sue regole) deve portare alla conoscenza linguistica implicita (comprensione e produzione),quindi mirare sia alla competenza d'uso sia a quella sull'uso della lingua (la competenza precede la metacompetenza).
9.2 Riflessione sulla lingua e insegnamento della grammatica (Dicotomia presente nei programmi della scuola italiana dal 1979.) (La riflessione sulla lingua rimanda alla “inventionalgrammar” di Otto Jespersen.) Riflessione sulla lingua: il soggetto che riflette è lo studente sotto la guida dell'insegnante,fino a raggiungere l'autonomia. Si riflette su quanto acquisito in precedenza,quindi costituisce sempre un punto d'arrivo. Le “regole” sono intese come meccanismi di funzionamento della lingua. Lo scopo è prima di creare rappresentazioni esplicite, poi di ''imparare a imparare'' e diventare autonomi. La riflessione avviene in uno “schema aperto”,il cui completamento guida la riflessione. Insegnamento della grammatica: il soggetto è l'insegnante che riversa la sua conoscenza sullo studente (tabula rasa). E ' il punto di partenza, l'insegnante presenta la descrizione grammaticale allo studente e si attende che attraverso attività di fissazione essa venga appresa dallo studente. Le “regole” sono intese come norme da applicare per produrre lingua. Sono descritti i meccanismi linguistici per farli applicare, sperando che attraverso la ripetizione vengano acquisiti. Le regole vengono date in “schemi pieni” predisposti dall'insegnante per far risparmiare tempo e per evitare conclusioni sbagliate. Box 27 Grammatica e grammatiche Una “grammatica è l’insieme di regole che regolano uno dei vari sistemi della lingua; con “regole” si indica una regolarità di funzionamento di un meccanismo. Esiste una grammatica mentale (“competenza”), una descrittiva ed una pedagogica. Nel Medioevo la grammatica era, una delle arti del Trivio, con retorica e dialettica.
9.3 Una metodologia per favorire l’acquisizione delle “regole” Come aiutare gli allievi a riflettere sulla lingua in modo da costruire rappresentazioni adeguate partendo dalle loro conoscenze dichiarative? -Tecniche di inclusione in due insiemi: processo cognitivo di categorizzazione e di analogia; -Tecniche di esclusione da un insieme: opposto della categorizzazione; -Seriazione: riordino di un insieme caotico in base a un parametro; - Tecniche di manipolazione: mirano ad applicare le regole piuttosto che indurre ad una riflessione; -Tecniche di esplicitazione: riguardano sintassi e lessico (sinonimi, iponimi, pronomi); -Esercizi strutturali: i pattern drill(anni '50-'60) e altre forme elaborate in ambito comunicativo; -Correzione fonetica: distinzione di “coppie minime” -L'intonazione: attraverso ripetizione di modelli ritmici, per esercitarsi e notare l’intonazione; -Aspetto grafemico: attraverso copiatura (a memoria) ci si concentra sull’ortografia; -Attività ludiche per l'esercitazione grammaticale:la motivazione basata sul piacere è estremamente produttiva e spesso il piacere è legato al gioco,in cui si sfrutta lo spirito agonistico dei giocatori. Il gioco è poco utilizzato in classe a causa di pregiudizi quali: è tempo perso, è infantile, distrae. Tra le forme di gioco utilizzabili, con domande relative ad ogni aspetto della lingua ci sono quelle basate: i dadi, il tris o filetto, i giochi su schema (gioco dell’oca, snakes and ladders, battaglia navale) , giochi di squadra. Nei giochi glottodidattici l’attenzione non è posta sulla lingua ma sul gioco, sul piacere, e l’acquisizione ne trae vantaggio. Box 28 Fonetica, fonologia; tratti segmentali e sovrasegmentali; ortoepia Fonetica: studio dei suoni di una lingua. / Fonologia: studio del valore che i suoni assumono in una lingua. La catena fonica prodotta da chi parla ha sia tratti segmentali, cioè fonemi, chesovrasegmentali, quali l’intonazione. La correzione fonetica quindi riguarda la corretta pronuncia dei fonemi e dell’intonazione, ai fini di una ortopeia, cioè pronuncia il più vicina possibile allo standard.
Box 29 Competenza grafemica, ortografia, alfabeto GRAFEMI: caratteri o gruppi di caratteri che traducono un fonema in forma scritta; la competenza grafemica riguarda
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la capacità di scrivere i fonemi di una lingua; ORTOGRAFIA: riguarda la correttezza grafemica; ALFABETO: segni grafici disponibili per creare i grafemi (lettere dell’alfabeto, segni di punteggiatura e diacritici).
9.4 L’acquisizione del lessico Serra Borneto inizia il suo studio sull’ “approccio lessicale” citando una frase di Krashen: “Quando si viaggia non si portano appresso le grammatiche,piuttosto si portano appresso un dizionario”. L'aspetto lessicale è stato spesso trascurato,ma negli anni Novanta Willis e Lewis lanciano il cosiddetto ''LexicalApproach''.Ma cosa vuol dire ''acquisire lessico''?Percepire una parola o un item lessicale e accomodarli nella nostra memoria semantica per poterli poi andare a recuperare in pochi millisecondi (psicolinguistica). Relativamente al lessico vi è il problema della memoria e quello legato alla grammatica della formazione lessicale che ha delle irregolarità; si risolvono attraverso l'abilità di fare “perifrasi”. Ci sono alcune tecniche per facilitare l'acquisizione del lessico: -accoppiare la memoria verbale con quella visiva(combinando una parola e l’immagine del suo significato); -accoppiare la memoria verbale a quella cinestetica(legando lessico e movimenti); - accoppiare la memoria verbale a quella musicale (memorizzando ad esempio una canzone) -creare delle reti semantiche (è necessario lavorare su campi lessicali,visto che si memorizzano complessi di parole interrelate a un “significato chiave”, con: diagrammi a ragno di connotazione, diagrammi a ragno di polisemia mappe semantico-grammaticali, poster situazionale, forme di inclusione/esclusione di parole da insiemi, creazione di poesie su un tema). Box 30 Lessico, parola, termine; dizionario, vocabolario, terminologia LESSICO: l’insieme delle parole e delle locuzioni di una lingua, può essere visto nella sua completezza o per sezioni sincroniche; nessun parlante possiede l’intero lessico della sua lingua (raccolto nei DIZIONARI), ma una parte, il suo VOCABOLARIO. L’insieme delle parole e delle locuzioni che, sula base del “lessico di frequenza” (rilevazione statistica delle parole più usate), si ritiene copra il livello soglia della comunicazione in una lingua è il “lessico fondamentale o di base”, che include anche il “lessico ad alta disponibilità” (parole che comunque devono essere incluse in un sillabo). PAROLA: intuitivamente, quella compresa tra due spazi, in realtà abbiamo “parole piene” (con significato intrinseco), “parole vuote” (con significato funzionale) e “locuzioni” (gruppi di parole che veicolano un significato unitario), diverse dalle “collocazioni” (parole spesso collocate insieme, a volte ordinate diversamente nelle varie lingue). Le parole sono solitamente polisemiche, nelle microlingue sono solitamente monosemiche e sono dette TERMINI, raccolti nella TERMINOLOGIA di un dato ambito scientifico-professionale.
9.5 Il contributo delle glottotecnologie Per la riflessione su una lingua,il computer è la strumentazione migliore,poichè esso dispone di : - siti di approfondimento relativi a un materiale didattico; - materiali di supporto e recupero individualizzato (esercizi allegati ai manuali didattici ecc.; disponibili sempre, forniscono una correzione puntuale); - creazione di una grammatica di riferimento (banca dati, soprattutto grammatica, “fai da te” con creazione personalizzata, chiara per l’utente).
Capitolo Decimo – La metodologia CLIL 10.1 L’uso veicolare della lingua straniera per insegnare altre discipline CLIL (Content and Language Integrated Learning) / spagnolo AICLE (AprendizajeIntegrado de Contenidos y LenguasExtrangeras) / francese EMILE (Einegnement de Matieres par Integration d'une Langue Etrangere) / tedesco vari nomi. Nella scuola primaria la lingua straniera può essere usata come veicolo per lavorare sui colori,le parti del corpo la geografia ecc., l'insegnante di inglese è infatti anche insegnante di tutte le altre discipline. Ma è tra gli anni 11 e 18 che il CLIL può avere un ruolo essenziale legato alla maggiore padronanza della lingua da parte degli studenti (in realtà usato principalmente per la letteratura straniera). Con questo metodo,l'insegnante oltre ad insegnare la lingua,la promuove, e lo studente oltre ad imparare ad usare la lingua,usa la lingua. 31
Lo scopo della lingua veicolare è quindi quello di migliorare i tempi e la qualità dell'apprendimento,e questo incremento si attua attraverso una serie di fattori: -un incremento di esposizione alla lingua straniera; -una maggiore autenticità della lingua; -una maggiore autenticità delle attività; -sono le conoscenze extralinguistiche a rendere comprensibile l'input; -spostamento dell'attenzione dalla forma ai contenuti; - è la lingua straniera che si piega alla logica disciplinare. ( L’insegnamento delle lingue straniere diviene “significativo”, non più uno strumento che verrà utilizzato in futuro.) Box 31 CLIL in Italia e in Europa La possibilità di effettuare “percorsi formativi che coinvolgano più discipline e attività, nonché in lingua straniera” era prevista fin dal decreto 275/99 sull’autonomia scolastica; con la Riforma Gelmini del 2010 il CLIL entra obbligatoriamente nella scuola italiana (superiore), mentre ne resto d’Europa è opzionale. L’aspetto critico sta nel fatto che l’insegnante di lingua straniera è escluso da queste esperienze (ma può collaborare nelle sue ore), condotte dagli insegnanti delle altre discipline con livello C1 di una lingua straniera.
10.2 L’organizzazione di esperienze di uso veicolare della lingua Per organizzare esperienze di uso veicolare della lingua è necessario tenere presente che non tutte le attività di lingue relative a una disciplina e non tutto l’insegnamento di una disciplina in lingua straniera è CLIL. La modalità migliore è quella in cui entrambi i docenti sono impegnati nel programmare l’esperienza di lingua veicolare. Nei casi in cui una delle due materie domina: laddove la prevalenza và alla disciplina, l’insegnante di lingua straniera deve limitarsi a creare delle condizioni per cui i contenuti della disciplina vengano acquisiti senza che a lingua rappresenti un ostacolo; laddove prevale la lingua straniera, i contenuti scientifici sono già stati acquisiti e ora vengono semplicemente applicati e il tutto viene svolto in lingua straniera.
10.3 Metodologia per l’uso veicolare della lingua Indipendentemente dal fatto che gli insegnanti di lingue lavorino da soli o in compresenza o programmazione congiunta, ci sono tre considerazioni da tenere presenti: 1- l'attività di uso veicolare deve portare all'acquisizione dei contenuti disciplinari e al miglioramento dell'acquisizione linguistica (altrimenti non è“integratedlearning”); 2- il grande ostacolo è la limitata competenza degli studenti nella lingua straniera; 3- se si vuole raggiungere '1' malgrado '2' l'attività va accuratamente preparata in modo che l'insegnante di lingua possa fornire agli studenti alcuni strumenti essenziali e che il collega disciplinarista usi attenzione da glottodidattanello svolgimento delle lezioni. Tipo di progettazione necessaria per lezioni con metodologia CLIL: a. far avere agli studenti la scaletta della lezione; b. leggere insieme lo schema (in modo da affiancare il suono allo scritto e rispondere a domande); c. fornire l'input in maniera ridondante (con forte supporto di elementi non linguistici); d. illustrare gli elementi astratti con esempi o riferiti concreti; e. evidenziare i marcatori (di ordine logico,temporale, causa effetto, ecc.); f. far proprie le attenzioni glottodidattiche (tipiche di un insegnante di lingue); g. far lavorare gli studenti in coppie o gruppi (interrompendo le sequenze frontali); h. chiedere di fare una sintesi (a fine lezione, prima di procedere al punto successivo); i. intervenire sugli errori solo quando questi impediscono la comprensione, ripetendo solo la forma corretta (uso della lingua non discorso sulla lingua); j. nelle ore di lingua straniera chiedere agli studenti di riferire quanto appreso e applicarvi attività proprie dell’insegnamento linguistico.
Capitolo Undicesimo – La valutazione e il recupero 11.1 La verifica E'una raccolta di dati per misurare il raggiungimento di alcuni obbiettivi o di un dato livello. 32
Problemi: - processo/prodotto e competenza/esecuzione: l'insegnante può giungere a conoscere dei prodotti linguistici,delle esecuzioni comunicative,ma non può penetrare nella mente dell'allievo e individuare i lineamenti autentici della sua competenza comunicativa e i processi che sottostanno alla realizzazione delle abilità linguistiche (non conosce dati ma ipotesi su dati); - non possiamo sapere se ciò che l'allievo produce è frutto di acquisizione definitiva o di apprendimento razionale. Punti chiari e consolidati: - oggetto: si verificano “sapere la lingua”, “saper fare lingua” e “saper fare con la lingua”; ci si concentra sugli elementi presenti nell’unità che la verifica riguarda; è verificato ciò che si presume dovrebbe essere acquisito in quel momento,e la capacità di “cavarsela” all'ignoto rientra nell'ambito della valutazione e della certificazione (non della verifica); - strumenti: le tecniche usate per la verifica sono le stesse usate per l'insegnamento; -parametri:le diverse abilitàvengono verificate secondo parametri specifici -> ricettive: valutare comprensione estensiva/intensiva, testo/significati impliciti (parametri più utilizzati: comprensione “fallita”, “parziale”, “completa”) / produttive e interattive: abilità di veicolare significati, scorrevolezza, precisione lessicale, accuratezza formale (parametri più utilizzati: “poca”, “sufficiente”, “buona”). Per la padronanza delle regole si può valutare la competenza d’uso e quella sull’uso; - modalità: due di base -> “feedback” o “testing diffuso” (i dati vengono annotati in una scheda durante le normali attività didattiche) / il “testing formale” (gli studenti sanno di essere sottoposti a verifica). Box 32 Verifica e valutazione, achievement e proficiency
11.2 La valutazione Ottenuti dei dati attraverso la verifica,bisogna valutarli secondo parametri ben chiari allo studente; la valutazione viene condotta dall’insegnante o più raramente dagli studenti; questa operazione di “scoring” è la base per poter definire per ogni studente: punteggio ottenuto rispetto al massimo, posizione rispetto al gruppo, miglioramento o peggioramento rispetto alle verifiche precedenti. La valutazione si realizza appieno quando l'insegnante e lo studente riflettono sulle ragioni che hanno portato a quei risultati, sulle difficoltà e sugli errori. La valutazione per essere produttiva deve essere discussa con tutta la classe sugli errori più diffusi,e con il singolo studente su altri errori seguendo una logica terapeutica. La valutazione riguarda anche l’insegnante e i suoi metodi.
11.3 Il recupero In un analisi statistica dei risultati della verifica,la maggioranza degli studenti si dispone secondo una forma “a campana” (“curva di Gauss”):la grande massa si situa nella zona centrale, mentre la minoranze si collocano verso l'eccellenza o verso il fallimento. Distinguendo tra chi ha problemi relativi all’unità didattica appena conclusa, e chi ha carenze generali, si proporrà ai primi un rinforzo, ai secondi un recupero “ad hoc” per il singolo (spingendo il suo meccanismo affettivo a percepire il lavoro supplementare come un contratto psicologico personale con l'insegnante, non come una punizione). Due modalità di recupero: - il recupero continuo: un allievo con problemi generali (“i” pieno di lacune), non riesce a innescare l’input (+1), e non si può agire in maniera mirata, ma si deve offrire un input supplementare, reso comprensibile. Ciò si realizza in due tipi di attività: attività estemporanee e attività domestiche parallele. Al lavoro extra dell’allievo corrisponde un lavoro extra dell’insegnante. - il recupero intensivo: dedicato a gruppetti di studenti con lacune specifiche e mira a garantire riflessione e esercizio su alcune specifiche strutture (morfosintattiche, testuali o lessicali). Lavorando per “generare” uno schema, anziché osservarne uno preconfezionato lo studente colma le sue lacune (apprendimento consapevole). 33
11.4 L’eccellenza Nella scuola tradizionale l’attenzione è focalizzata sui meno bravi, considerati “svantaggiati”, a discapito degli studenti con forti potenzialità e buoni risultati, considerati “privilegiati”; ciò impoverisce la classe, la società e la motivazione degli studenti migliori. In una prospettiva di sempre maggiore ricorso all’autoformazione è possibile guidarli in un percorso per sostenere l’eccellenza (ad esempio con attività parallele al computer, di guida della classe, su materiale supplementare, con lavoro in gruppi di livello).
11.5 La certificazione Il Language Portfolio ad opera del Consiglio d'Europa,certifica la competenza linguistica suddividendola in sei livelli, con funzione di certificazione formativa (non pedagogica) e senza riferimento a programmi di dati ambienti di studio: A1- Comprende e usa espressioni di uso quotidiano e frasi basilari tese a soddisfare bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/a e gli altri ed è in grado di fare domande e rispondere su particolari personali come dove abita, le persone che conosce e le cose che possiede. Interagisce in modo semplice, purché l’altra persona parli lentamente e chiaramente e sia disposta a collaborare. A2- Comprende frasi ed espressioni usate frequentemente relative ad ambiti di immediata rilevanza (es. informazioni personali e familiari di base, fare la spesa, la geografia locale, l'occupazione). Comunica in attività semplici e di abitudine che richiedono un semplice scambio di informazioni su argomenti familiari e comuni. Sa descrivere in termini semplici aspetti della sua vita, dell’ambiente circostante; sa esprimere bisogni immediati. B1 Livello soglia - Comprende i punti chiave di argomenti familiari che riguardano la scuola, il tempo libero ecc. Sa muoversi con disinvoltura in situazioni che possono verificarsi mentre viaggia nel paese di cui parla la lingua. È in grado di produrre un testo semplice relativo ad argomenti che siano familiari o di interesse personale. È in grado di esprimere esperienze ed avvenimenti, sogni, speranze e ambizioni e di spiegare brevemente le ragioni delle sue opinioni e dei suoi progetti. B2- Comprende le idee principali di testi complessi su argomenti sia concreti che astratti, comprese le discussioni tecniche sul suo campo di specializzazione. È in grado di interagire con una certa scioltezza e spontaneità che rendono possibile una interazione naturale con i parlanti nativi senza sforzo per l'interlocutore. Sa produrre un testo chiaro e dettagliato su un'ampia gamma di argomenti e spiegare un punto di vista su un argomento fornendo i pro e i contro delle varie opzioni. C1- Comprende un'ampia gamma di testi complessi e lunghi e ne sa riconoscere il significato implicito. Si esprime con scioltezza e naturalezza. Usa la lingua in modo flessibile ed efficace per scopi sociali, professionali ed accademici. Riesce a produrre testi chiari, ben costruiti, dettagliati su argomenti complessi, mostrando un sicuro controllo della struttura testuale, dei connettori e degli elementi di coesione. C2- Comprende con facilità praticamente tutto ciò che sente e legge. Sa riassumere informazioni provenienti da diverse fonti sia parlate che scritte, ristrutturando gli argomenti in una presentazione coerente. Sa esprimersi spontaneamente, in modo molto scorrevole e preciso, individuando le più sottili sfumature di significato in situazioni complesse.
Capitolo Dodicesimo – La lingua seconda (Italiano L2) 12.1 Lingua straniera e lingua seconda Presenza nell’ambiente Selezione e graduazione dell’input Figura del docente
Lingua straniera, LS
Lingua seconda, L2
Non è presente nell’ambiente in cui viene studiata.
La L2 è presente nell’ambiente.
L’insegnante governa questo settore; solo nell’inglese LS c’è dell’input che circola nei mass media.
Il discente vive immerso nella L2, quindi il docente non ha il controllo dell’input né di quanto appreso dal discente nella vita quotidiana.
L’insegnante rappresenta la figura modello di parlante della LS (quando presenta altri modelli rimane la figura viva di riferimento).
L’insegnante non è il modello di parlante di LS per il discente, anzi, spesso usa una lingua troppo “corretta”, inappropriata e formale, priva di una serie di registri, per i bisogni nei situazionali del discente.
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Tipo di attività didattiche Curricolo e programmazione didattica Testing e valutazione Uso della tecnologia
In molti casi le tecniche di classe sono dei falsi pragmatici. L’insegnante e i materiali didattici che usa seguono scrupolosamente un curricolo. L’insegnante sa quel che ha presentato, gli obiettivi minimi prefissati, quanto è o dovrebbe essere stato acquisito precedentemente, quindi sa cosa verificare e ha parametri per la valutazione La tecnologia è fondamentale, come complemento ai modelli linguistici del docente, per presentare materiale autentico.
Ci possono essere simulazioni ma l’insegnante fa soprattutto domande vere che rimandano alla vita reale. (La L2 è l’unica condivisa dagli studenti). L’insegnante deve avere un curricolo di riferimento, ma lo studente porta in aula problemi in cui si è trovato di cui chiede spiegazione. Molti aspetti della L2 sono stati acquisiti spontaneamente dagli studenti, che non possono inseriti in una verifica collettiva. Non riveste ruoli particolari.
12.2 Coordinate Strumenti concettuali: dimensione socio-antropologica: “cultura” / “civiltà”; società “molticulturale”/”interculturale”; dimensione pedagogica: coinvolgimento delle famiglie immigrate; curricoli interculturali; dimensione glottodidattica: padronanza strumentale dell’italiano di base / padronanza dell’italiano dello studio; tema della “comunicazione” interculturale; contributo della linguistica acquisizionale. Box 33 Facilitazione linguistica e mediazione interculturale -
Si occupano dell’integrazione di alunni migranti: il facilitatore linguistico (italiano che aiuta lo studente ad acquisire la lingua) ed il mediatore culturale (cittadino straniero che conosce la realtà italiana, o viceversa).
12.3 Procedure operative Individuare delle procedure operative per la L2 è più complesso che per la LS, perché: in ogni gruppo sono presenti allievi di diversa provenienza; gli allievi hanno livelli di competenza completamente diversi; le motivazioni e i bisogni linguistici e comunicativi di cui sono consapevoli sono molto diversificati; - le situazioni in cui avviene l’insegnamento sono estremamente diversificate. Per programmare interventi didattici, non hanno senso il modulo e l’unita didattica, ma bisogna “giocare di rimessa”, procedendo essenzialmente per unità di acquisizione, le cui caratteristiche specifiche sono “differenziazione” e “stratificazione”. Box 34 Tipologia linguistica -
Le lingue possono essere raggruppate in diversi tipi (linguistica tipologica), i proncipali sono: lingue isolanti o analitiche, lingue agglutinanti e lingue flessive.
12.4 Il Laboratorio di Italiano L2 L’organizzazione didattica è qualificante nella L2; spesso le scuole integrano le attività svolte in classe con attività di laboratorio e/o un periodo di classe/gruppo “ponte”. La didattica laboratoriale si presta particolarmente alla “pedagogia ecologica” che, oltre allo studente, considera “microsistema”, “mesosistema” ed “ecosistema”. Ci sono alcune metodologie specifiche per questo contesto: - il laboratorio di Ital2 e l’apprendimento cooperativo e costruttivo; - il laboratorio di italiano L2 e la didattica personalizzata; - il laboratorio di Ital2 e la metodologia ludica; - la classe o il gruppo “ponte” per lo studente neoarrivato.
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