Le Parole Dello Yoga

March 8, 2017 | Author: Nicole Zanoletti | Category: N/A
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TESTI SACRI E glossario di sanscriTo

PULSA Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

editore PULSA Srl LE PAROLE DELLO YOGA © 2012 PULSA Srl Illustrazioni di Adriana Farina e Luca Gelosa Si ringrazia l’Ente del Turismo Indiano per la gentile concessione delle foto Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm e altro, senza il permesso dell’Editore.

PULSA

INDICE

Introduzione Testi della tradizione

p. 6

di Gianni Da Re Lombardi

Baghavad Gita Yogasutra di Patabjali Hatha Yoga Pradipika Gheranda Samhita

p. 9 p. 13 p. 17 p. 25

Le parole dello Yoga

p. 35

a cura di Raffaella Turati

Bibliografia

p. 146

PIÙ SANSCRITO PER TUTTI Con questo piccolo manuale cerchiamo di venire incontro a un’esigenza diffusa tra i lettori e gli appassionati di yoga: un testo semplice, dall’intento divulgativo, per muovere i primi passi nel linguaggio e nella filosofia dello yoga. Spesso, infatti, la crescente attenzione che questa disciplina riscuote presso fasce di pubblico eterogenee per cultura, età e aspettative convive con la necessità di strumenti per approfondirne le basi. Coerentemente con la filosofia di Yoga Journal di rendere la pratica e lo stile di vita dello yoga alla portata di tutti nella vita quotidiana, il manuale si propone di dare spunti, indizi, orientamenti intorno a una materia complessa e articolata. Senza avere l’ambizione di poter essere esauriente riguardo alla raffinata disciplina dell’Indologia. Rispetto all’edizione da noi proposta alcuni anni fa, questa versione è stata ampliata con alcune voci e approfondita in base all’esperienza redazionale di Yoga Journal. È stata inoltre aggiunta una breve sinossi sui testi sacri più importanti della tradizione. Namastè Guido Gabrielli

In merito al sanscrito, è stato deciso di mantenere la grafia semplificata negli articoli divulgativi, mentre le parole sono state correttamente traslitterate nel glossario.

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TESTI SACRI

baghavad gita la battaglia è nell’animo Inizio della storia La Bhagavad Gita, titolo traducibile in “Il canto del beato” o “Il canto del glorioso signore”, è un vero e proprio manuale d’istruzioni di vita, scritto probabilmente nel II secolo a.C e proveniente da una tradizione orale precedente, secondo alcuni risalente a migliaia di anni prima. La storia è questa: il principe guerriero Arjuna, pronto a suonare la tromba per dare il via alla battaglia più importante della sua vita e della storia dell’India, è colto dai dubbi. Perché combattere? Perché uccidere i propri cugini e parenti che si trovano nell’esercito avversario? È proprio necessario? La risposta ai dubbi di Arjuna giunge dal suo cocchiere, Krishna, figura che rappresenta una delle tante discese sulla terra (avatara) di Vishnu, il dio della stabilità e dell’ordine morale nel mondo: «Colui che fa quello che deve fare senza curarsi del frutto del suo agire è un rinunciante e uno yogin, non già chi non accende il fuoco sacrificale, né chi non svolge nessuna attività» (VI 1, trad. Stefano Piano). Il messaggio nascosto Secondo l’ideologia della Bhagavad Gita, infatti, ognuno ha un suo dovere, un suo ruolo nel mondo e deve compierlo con la massima devozione, senza alcun attaccamento al risultato, ma semplicemente dedicando in modo sincero le sue azioni a Dio. Arjuna deve quindi lanciarsi nel combattimento senza preoccuparsi di chi vince o perde, combattendo al massimo delle proprie possibilità, con una buona presenza spirituale sul campo di battaglia, dedicando i frutti dell’azione a Dio. TESTI SACRI Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

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Il poema, per usare le parole di Gandhi, autore di un famoso commento al testo, «descrive la battaglia che sempre infuria tra gli infiniti Kaurava e Pandava che abitano dentro di noi. È una lotta tra le innumerevoli forze del bene e del male che si personificano in noi come vizi e virtù». La Bhagavad Gita è un coraggioso invito alla vita attiva, con alcune fondamentali istruzioni pratiche sullo yoga in quanto tecnica per imparare il controllo della mente e del corpo: «Lo yoga che pone fine alla sofferenza è per chi è misurato nel cibo e nel divertimento, è misurato nelle sue azioni, è misurato nel sonno e nella veglia» (VI 17, trad. Stefano Piano). La disciplina indiana rappresenta anche la ricerca del giusto mezzo fondamentale nella spiritualità e nella cultura orientale, laddove la tradizione religiosa occidentale condanna talvolta l’uomo alla ricerca di un bene assoluto impossibile e frustrante. Il dialogo divino La battaglia di Arjuna è anche, secondo Paramahansa Yogananda, che ha scritto un dettagliatissimo e approfondito commento alla Bhagavad Gita, una metafora del conflitto personale per raggiungere la liberazione. Seguendo questa lettura del testo, il campo di battaglia è il luogo dell’azione umana, in cui l’intelligenza dell’anima si contrappone ai capricci incontrollati della mente. Dal concepimento fino all’ultimo respiro, infatti, l’uomo combatte innumerevoli lotte, delle quali le più importanti sono quelle che compie contro sé stesso, contro, cioè, le inesauribili distrazioni che nascono dai pensieri e dall’ego. La via però non è la rinuncia all’azione, bensì la rinuncia ai risultati. L’azione deve invece essere quotidiana (fisica, mentale e spirituale) e condurre verso l’obiettivo della liberazione spirituale e dell’unione con Dio. Paramahansa Yogananda 10

ipotizza delle analogie fra la figura di Krishna, la cui storia viene narrata in capitoli precedenti del Mahabharata, e quella di Cristo: entrambi concepiti per intervento divino, nati in condizioni difficili (in prigione Krishna, in una stalla Cristo) ed entrambi minacciati da un decreto reale che imponeva l’uccisione di tutti i bambini maschi. Contraddizioni La Bhagavad Gita, come molte opere della tradizione orale elaborate e tramandate nel corso di secoli, è ricca di contrasti, sia per la sua lunga gestazione poetica, sia perché i pensieri filosofici a cui fa riferimento erano ancora in evoluzione. Le filosofie spirituali e religiose, soprattutto anticamente, cercavano dei criteri per comprendere l’universo e aiutare l’uomo a vivere in esso, ma non si ponevano l’obiettivo di creare dei sistemi di carattere logico-matematico esenti da dilemmi. Le contraddizioni di questo grande poema fanno sì che le interpretazioni possano essere molto varie, da quella nazionalista del grande pensatore indiano Aurobindo, che per un certo periodo vi lesse un invito alla liberazione rivoluzionaria dell’India, a quella totalmente non violenta di Gandhi, che forse ha voluto sintetizzare il messaggio di Krishna ad Arjuna con questa sua famosa citazione: «Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo». Solo i sassi e le pietre non compiono azioni e visto che, anche solo respirando, siamo costretti ad agire, sottintende Gandhi, dobbiamo fare in modo che le nostre opere siano buone. TESTI SACRI

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Yogasutra di Pata jali i 196 aforismi per far cessare il “turbinio dei pensieri” Gli Yogasutra di Patabjali sono il testo fondamentale dello Yoga. La datazione esatta non si conosce, e non si sa molto neanche del suo autore, salvo il fatto che forse è lo stesso Patabjali autore di un importante manuale di grammatica sanscrita e di un altrettanto importante manuale di medicina ayurvedica. Composto in quattro brevi capitoli per un totale di circa duecento aforismi, è un vero manuale pratico dello yoga scritto circa duemila anni fa. Il testo è composto da 196 sutra (il numero esatto dipende da come si contano), ovvero aforismi: brevi frasi molto sintetiche che esprimono concetti complessi. La parola sutra ha la stessa etimologia di sutura, che vuol dire cucitura in latino, ed è analoga a sura, i versetti del Corano. In pratica versetto vuol dire “filo, cucitura”, nel senso che diamo a “filo del discorso”, ciò che si intende è quindi che ogni sutra è un filo che lega insieme molti concetti. L’opera è divisa in quattro capitoli, chiamati pada (cioè piede, nel senso di misura, porzione, parte): Samadhi Pada (Unione meditativa); Sadhana Pada (Percorso pratico); Vibhuti Pada (Poteri straordinari); Kaivalya Pada (Indipendenza, o liberazione, assoluta). Nello yoga moderno fondamentali sono i primi due. Samadhi Pada, finalità dello yoga Il primo capitolo offre la più famosa definizione dello yoga come “cessazione del turbinio dei pensieri”. TESTI SACRI 13 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

Con qualche secolo di anticipo rispetto alla psicanalisi, Patabjali identifica la fonte di gran parte dei problemi umani negli stati mentali. I nostri problemi non sono ingigantiti dai pensieri, ma sono rappresentati dai pensieri stessi; per questa ragione è importante prendere coscienza del fatto che i pensieri sono solo una rappresentazione della realtà: sognare che una tigre ci mangia ci fa vivere l’esperienza angosciosa e anche il terrore dell’esperienza, ma la tigre che sogniamo è inesistente, pura fantasia. Quindi se riusciamo a dominare il pensiero, secondo Patabjali, possiamo liberarci da gran parte della sofferenza. Lo strumento dello yoga è la meditazione, l’obiettivo della meditazione è osservare un’immagine mentale o reale, un pensiero, una candela, uno stato d’animo, il respiro, con rilassata attenzione e distacco. Per raggiungere l’obiettivo occorre lunga disciplina e pratica. Il problema principale è la mente che, come le nuvole in una giornata ventosa, continua a presentarci nuovi pensieri che sono anche fonte di disturbo o di angoscia. Il punto quindi è che la mente percepisce dal mondo esterno una continua fonte di pericoli. Persino nel grembo materno possiamo essere sottoposti all’ansia, se la madre corre dei pericoli o viene disturbata. Questa ineliminabile condizione umana può essere superata con lo yoga, e Patabjali ce ne spiega la metodica. Il risultato della pratica dello yoga è una situazione di totale benessere e unione con lo spirito universale che viene definita Samadhi, di cui vengono descritti i diversi stati. 14

Sadhana Pada, il metodo pratico Il secondo capitolo, Sadhana Pada, descrive il percorso pratico, costituito da otto elementi, di cui i primi due sono premesse indispensabili, altri tre sono strumenti tecnici, mentre gli ultimi tre sono stadi successivi della meditazione che diventa sempre più raffinata: 1. Yama, prescrizioni etiche e sociali 2. Niyama, prescrizioni personali 3. Asana, postura 4. Pranayama, controllo del respiro e del flusso vitale 5. Pratyahara, ritrazione dei sensi 6. Dharana, concentrazione 7. Dhyana, meditazione 8. Samadhi, unione meditativa Questi otto elementi vengono raggruppati anche secondo altri criteri. Per esempio un criterio classico parla di Bahir Yoga e Antar Yoga. I primi cinque punti sono Bahir Yoga, yoga esterno o visibile, perché le diverse azioni, in un modo o nell’altro sono anche visibili esternamente. Gli ultimi tre vengono invece denominati Antar Yoga, yoga interno, perché tutto avviene all’interno della consapevolezza del praticante. In epoche seguenti sono fioriti numerosi commenti degli Yogasutra, finalizzati a spiegarli e chiarirne gli aspetti più misteriosi o meno comprensibili, talvolta con interpretazioni diverse a seconda del commentatore. Ecco perché gli Yogasutra, nella loro compattezza, sono una fonte inesauribile di interpretazioni, riflessione e possibilità di approfondimento. TESTI SACRI

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Hatha Yoga Pradipika manuale pratico alla base dello yoga moderno Fra i testi tradizionali indiani che hanno avuto diffusione in Occidente, è uno dei primi in cui si espongono in dettaglio le varie tecniche dello yoga: asana, pranayama, satkarman, mudra e bandha. Hatha Yoga Pradipika significa letteralmente “la lanterna dello Hatha Yoga”, ovvero «la guida indispensabile per muoversi nell’oscurità delle innumerevoli opinioni» (III verso). Il termine Hatha Yoga oggi indica lo stile generico e tradizionale, senza particolari connotazioni rispetto agli innumerevoli stili e contaminazioni germogliati nei secoli, ed è la base di tutti gli stili che pongono l’accento sulla pratica fisica. La parola Hatha è composta da ha che significa “sole” e tha che significa “luna”. Insieme vogliono dire anche forza, sforzo energico. Lo Hatha Yoga è, da un lato, lo yoga del sole e della luna, intesi anche come principio maschile e femminile; dall’altro è lo yoga della forza perché, anche se all’inizio non la richiede, sviluppa una prodezza fisica anche notevole. Si tratta di una pratica energica che contempla una serie di tecniche: • • • • •

Asana: posture che hanno lo scopo di rendere forte e flessibile il corpo Pranayama: esercizi di respirazione per controllo, distribuzione e assorbimento dell’energia vitale Satkarman: pratiche di purificazione psico-fisica Mudra: posizioni particolari di mani, corpo e lingua Samadhi: stato di totale benessere che si raggiunge dopo anni, o intere vite, di pratica TESTI SACRI

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Epoca e autore Come la maggior parte dei testi tradizionali indiani, è molto difficile dare una data precisa della sua stesura. Il testo originale probabilmente è stato scritto intorno al 1400, ma la redazione più antica di cui si è a conoscenza è del 1629. Del suo autore si sa solo il nome, Svatmarama, il fatto che forse suo padre si chiamava Sahajananda, e che si fregiava del titolo di Yogindra, ovvero “signore dello Yoga”. Svatmarama significa “colui che contempla il proprio spirito”, quindi qualcuno che, se il nome gli è stato attribuito in età adulta, dal punto di vista spirituale aveva raggiunto uno stato simile a quello della beatitudine cristiana, ovvero il supremo benessere (santità) derivante dalla vicinanza a Dio e dalla sua contemplazione. La beatitudine è infatti una condizione di cui si parla, con qualche differenza, in tutte le principali religioni. Legame con altri testi Dalla scrittura degli Yogasutra di Patabjali a quella della Hatha Yoga Pradipika passano oltre 1000 anni e le loro differenze dimostrano come la tradizione dello yoga non possa essere considerata un continuum. La differenza maggiore fra i due testi più antichi, gli Yogasutra e la Bhagavad Gita, e la Hatha Yoga Pradipika è il diverso peso dato all’esecuzione di asana e altre tecniche. Mentre nei primi due lo yoga è principalmente una pratica meditativa - in cui lo yogi dedica ogni giorno svariato tempo al pranayama e al flusso concentrazione-meditazione, in un’adeguata posizione seduta (asana, appunto) -, nella Hatha Yoga Pradipika gran parte del tempo della pratica viene dedicato all’esecuzione degli asana (nome attribuito alle 15 posizioni, non tutte sedute, descritte nel testo), alla purificazione fisica e fisiologica, e solo successivamente alla 18

meditazione che conduce al Samadhi. La contraddizione viene affrontata sin dal primo verso, dove si spiega che lo «Hatha Yoga è preparatorio e propedeutico al Raja Yoga» (quello meditativo). In altre parole, purificare e rinforzare il corpo fisico lo rende più adatto alla meditazione e al successivo raggiungimento del Samadhi. Ciò è spiegato nel primo verso: «Saluto a Siva, che ci ha insegnato la scienza dello Hatha Yoga, la via per chi aspira a raggiungere le sommità del Raja Yoga». Nessuno però sa se e quanto queste tecniche fossero praticate e conosciute anche dagli autori di Yogasutra e Bhagavad Gita e dai loro predecessori, ovvero quanto sia realmente antica la loro tradizione.

QUATTRO INSEGNAMENTI La Hatha Yoga Pradipika si divide in lezioni pratiche, ciascuna delle quali affronta, in successione, uno specifico argomento. 1 - Asana Nello Hatha Yoga il primo gradino è la preparazione fisica. Apprendere e praticare una serie di asana è indispensabile per fortificare il corpo in vista dell’evoluzione spirituale. Iniziare è facile (nel verso 64 viene detto esplicitamente: «Chiunque può praticare, giovane o vecchio, sano o malato»), il percorso è di irrobustimento fisico unito a un’adeguata alimentazione. Le 15 posizioni sono descritte tecnicamente e alcune vengono praticate identiche ancora oggi. A differenza del dualismo anima-corpo della tradizione TESTI SACRI

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spirituale occidentale – in cui l’anima è il fattore importante, mentre il corpo è considerato una specie di zavorra poco utile se non dannosa –, nella tradizione yoga corpo e spirito s’influenzano a vicenda. Un corpo forte, flessibile, disciplinato è la precondizione per uno spirito altrettanto sano, per questa ragione il pericolo per il praticante è quello di soffermarsi troppo su questo stadio, rendendo le prestazioni del corpo il fine principale. Fra i 15 asana descritti, troviamo anche Savasana, la posizione di rilassamento sdraiati sulla schiena, che rappresenta un aspetto importantissimo dello yoga, ma spesso trascurato in molte discipline psicofisiche. La necessità di alternare energia e rilassamento, sforzo annientatore e riposo rigenerante è fondamentale; oggi la fisiologia dimostra come l’intuizione yogica fosse corretta. Lo sviluppo sia di forza sia di destrezza non avviene durante l’esecuzione dell’esercizio, bensì nel recupero: pratica e riposo, energia e stasi, attività e passività sono entrambi indispensabili per progredire. 2 - Satkarman e pranayama Nella seconda lezione si affrontano una serie di tecniche di purificazione fisica, chiamate satkarman (letteralmente “sei azioni”), tecniche utili per liberare il corpo da tossine e impurità. Alcune di queste sono un po’ bizzarre, altre molto avanzate dal punto di vista medico-scientifico, e sono tendenzialmente utilizzate per rinforzare e pulire occhi, sistema respiratorio, stomaco, intestino tenue e crasso, influenzando positivamente anche il sistema nervoso. Nella stessa lezione si parla delle tecniche di pranayama, esercizi di respirazione per controllare e sviluppare il prana, la forza vitale di cui il corpo ha necessità per vivere e che viene assorbita dall’aria e dal cibo. 2 0 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777

rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

Questa lezione testimonia un’altra importante intuizione: la salute del corpo è conseguenza di un bilancio tra sostanze positive e negative, che oggi chiameremmo metabolismo: l’elaborazione di sostanze nutritive e l’eliminazione di scorie (che in eccesso diventano tossine per il corpo). Come per la combustione di una candela è necessario l’ossigeno e occorre che l’anidride carbonica non soffochi la fiamma, anche per il corpo è indispensabile facilitare il ricambio energetico e l’eliminazione delle tossine. 3 - Mudra e Bandha Questa lezione affronta una serie di esercizi fisici che completano sia la pratica di asana sia quella di pranayama e satkarman: si tratta delle mudra (termine tradotto con “gesti” o “sigilli”), che coinvolgono mani, lingua e in certi casi tutto il corpo (come in Maha Mudra e Viparita Karani Mudra). Alcune mudra sono veri e propri asana, mentre altre sono tecniche estreme, dall’efficacia non verificata, che probabilmente oggi nessuno pratica, almeno pubblicamente. I bandha (tradotto come “legami”), invece, sono contrazioni muscolari di determinate parti del corpo, da eseguire anche in associazione ad asana o pranayama. I tre più importanti sono Mula Bandha (contrazione del perineo), Uddyana Bandha (contrazione del diaframma) e Jalandhara Bandha (contrazione della gola). Dal punto di vista fisico questi bandha hanno la funzione di rinforzare e irrorare di sangue la zona interessata, migliorare la concentrazione e proteggere addome e cervello da sbalzi di pressione durante l’esecuzione degli asana. Con l’esperienza, la pratica dei bandha durante TESTI SACRI

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gli asana più impegnativi li rende più facili da eseguire, o rende possibile mantenerli per un tempo più lungo. 4 - Samadhi L’ultima lezione è la più mistica, motivo per cui è molto difficile descrivere il samadhi a parole. Secondo alcuni si tratta di momenti di visione dell’eternità e del principio divino, secondo altri si tratta di uno stato di rilassamento totale che genera estrema beatitudine. Il testo ne analizza tecniche e particolarità, ma mentre quasi tutto ciò che è contenuto nelle tre precedenti lezioni, salvo alcune pratiche estreme, può essere esaminato e compreso anche alla luce della normale fisiologia umana, fatta qualche concessione per il linguaggio metaforico e qualche iperbole poetica (“distruggere la morte”, “la vista divina”, “rendere simile a un dio”), qui si entra nell’area estremamente soggettiva, e molto difficile da indagare con metodi oggettivi, dell’introspezione spirituale. In 114 versi l’autore offre una serie di indicazioni tecniche sul samadhi e sui segni; fra gli aspetti più interessanti troviamo l’utilizzo dei suoni interni del corpo, come strumenti di meditazione e concentrazione. Si tratta di praticare in una stanza sufficientemente silenziosa, per riuscire a percepire fruscii di respirazione e circolazione: quando appaiono in tarda età, la medicina occidentale considera questi suoni patologici, ragione per cui possono spaventare il neofita. In realtà, la mancanza di confidenza con questi suoni è la spia della nostra non abitudine al silenzio. Infatti il livello di rumore a cui siamo sottoposti abitualmente (il traffico, gli elettrodomestici, motori elettrici) è tale che molto difficilmente siamo in una 22

condizione di silenzio tale che consenta sentire i suoni interni, cosa che fa sì che quando questo capita, in genere durante notti insonni, ci inquieta. Questi suoni possono invece essere utilizzati per raggiungere il samadhi, o almeno così è scritto nella Hatha Yoga Pradipika, la lanterna che illumina il percorso dello yoga.

TESTI SACRI

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Gheranda Samhita l’antica enciclopedia dello yoga La Gheranda Samhita può essere definita l’enciclopedia dello yoga del mondo antico, perché tra tutti i testi tradizionali è quello più ricco di posizioni e tecniche. Il suo titolo significa “La raccolta di Gheranda” e il testo comprende, in forma di dialogo, sette lezioni del saggio Gheranda al suo discepolo Candakapali, per trasferirgli la conoscenza dello yoga “che si pratica con il corpo”. Non si sa nulla dell’autore e non si hanno neppure indicazioni precise sull’epoca in cui l’opera è stata scritta. Il più antico manoscritto risale al 1802, ma secondo gli studiosi, la datazione più probabile è fra il XVII e il XVIII secolo. Il modo di presentare lo yoga della Gheranda Samhita è analogo a quello della Hatha Yoga Pradipika e, nonostante alcune differenze secondarie, le linee generali sono sempre le stesse: purificare il corpo, rinforzarlo, rendere flessibili articolazioni e spina dorsale, allo scopo di “sconfiggere la morte” (modo figurato ed enfatico per rappresentare una lunga vita in buona salute) e successivamente di raggiungere, l’elevazione spirituale, il samadhi. Il programma proposto da Gheranda è costituito da sette passi, divergendo così dalle otto membra dell’Astanga Yoga di Patabjali (Yama, Niyama, Asana, Pranayama, Pratyahara, Dharana, Dhyana, Samadhi) e dai sei elementi della Hatha Yoga Predipika (Asana, purificazione o Satkarman, Pranayama, Mudra, Bandha, Samadhi). Queste analogie e differenze fra testi tradizionali indicano chiaramente che, pur essendoci continuità fra lo Yoga Sutra di Patabjali e lo Hatha Yoga, non è esistita in passato, come non TESTI SACRI

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esiste oggi, un’unica linea ortodossa. Nel caso della Gheranda Samhita c’è una perfetta corrispondenza fra gli stadi della pratica e l’esposizione didattica, a ogni stadio corrisponde un capitolo. Nel libro si presume che il principiante inizialmente debba seguire questo schema: purificare il corpo, apprendere gli asana, approfondire con le mudra, evolversi verso il pratyahara (concentrazione), studiare il pranayama, addentrarsi nella meditazione (dhyana). Quando poi ha padroneggiato le varie tecniche, il principiante comincia a praticarle insieme, per poi perfezionarle e arrivare al samadhi. In tutti i casi chi comincia a praticare ha bisogno di un maestro per decifrare o completare istruzioni talvolta criptiche e altre volte troppo sintetiche. È quasi impossibile ricavare dalla Gheranda Samhita uno schema sistematico senza tradire il testo originale, perché è il frutto di interventi successivi. L’opera è quindi sia un manuale tecnico, sia una guida pratica di consultazione da esplorare e apprendere con l’aiuto di un maestro. 1 - Satkarman prima di tutto la purificazione Dopo una breve introduzione, nella Gheranda Samhita vengono spiegati gli scopi di ogni stadio: purificazione fisica con le tecniche di pulizia; forza attraverso gli asana; stabilità con le mudra; calma e quiete tramite il pratyahara; leggerezza con il pranayama; comprensione del sé con la meditazione; e infine liberazione e distacco dalle afflizioni umane attraverso il samadhi. La teoria alla base di questo primo capitolo è che la purificazione fisica è fondamentale per la pratica. Le sei tecniche di purificazione sono divise in tecniche e sottotecniche più specifiche: • Dhauti, pulizia del corpo, suddivisa in Antar Dhauti 26

(stomaco e intestino); Danta-Dhauti (denti e gengive); Hrd-Dhauti pulizia del torace interno (stomaco); Mula sodhana (tratto finale dell’intestino) • Basti, detersione e mobilitazione dell’intestino, in due tecniche molto diverse. La prima è una sorta di clistere da praticare stando seduti in un fiume, aspirandone l’acqua con una tecnica complicata; la seconda, praticando Paschimottanasana e Asvini-mudra, muovere in varie direzioni gli addominali • Neti, pulizia delle fosse nasali, qui descritta nella versione del cordino passato attraverso i seni nasali (manca la tecnica da praticare con acqua tiepida leggermente salata, utilizzando l’apposito contenitore, la neti) • Lauliki, scuotimento delle stomaco, tecnica oggi conosciuta come “isolamento del muscolo retto addominale” (descritta come Nauli nella Hatha Yoga Pradipika) • Trataka, tecnica di concentrazione che consiste nel fissare intensamente un punto o la fiamma di una candela. Metodologia oggi molto usata come introduzione e propedeutica al pratyahara e ai successivi stadi di dharana e dhyana • Kapalabhati, tecnica di respirazione per la pulizia delle fosse nasali e per la riossigenazione del cervello che scuole moderne di yoga considerano sia una tecnica di purificazione, sia una forma di pranayama Una nota importante: molte tecniche di pulizia esposte nella Gheranda Samhita sono state in parte criticate da alcuni grandi maestri, per questa ragione gli insegnamenti di Gheranda di questo primo capitolo vanno utilizzati con prudenza: alcune, TESTI SACRI 27 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

come la pulizia del naso e delle fosse nasali, sono sicuramente utili; altre oggi sono superate da nuove abitudini più moderne, oppure vanno considerate come provvedimenti occasionali. 2 - Asana, il fondamento della pratica Gheranda informa sul numero di posture esistenti, che sono tante quante le specie viventi. Gli asana conosciuti e insegnati da Shiva sono otto milioni e quattrocentomila; di questi, 84 sono importanti per gli esseri umani e 32 vengono spiegati in dettaglio nel testo. Fra questi ultimi, alcuni vengono praticati ancora oggi in modo identico, fra cui Siddhasana, Padmasana, Dhanurasana, Pascimottanasana, Salabhasana, Bhujangasana, Makarasana e Savasana. 3 - Mudra, gesti e sigilli per mani e corpo In questo capitolo vengono spiegate una serie di mudra (letteralmente “gesto o sigillo”) che riguardano le mani, parti del corpo specifiche o anche l’intero corpo. Le mudra vanno praticate da sole oppure eseguendo gli asana per migliorarne esperienza, qualità e durata. Nell’uso moderno, per mudra si intendono principalmente le posizioni delle mani svolte sia come esercizio specifico per le mani, sia come complemento stilistico, pratico e anche terapeutico degli asana. In questo capitolo vengono spiegati anche Mula Bandha, Jalandhara Bandha e Uddiyana Bandha. 4 - Pratyahara, un capitolo concentratissimo Il quarto capitolo è brevissimo e riguarda la ritrazione dei 28

sensi che precede e predispone il raggiungimento dei tre stati mentali di concentrazione, meditazione e samadhi. In questo capitolo Gheranda non spiega in dettaglio nessuna tecnica specifica, ma si limita a consigliare di ritrarre la mente. Curiosamente, il capitolo è stato posto prima del pranayama, laddove negli Yogasutra di Patabjali l’ordine è inverso. Nello yoga moderno sono considerate particolarmente importanti per la concentrazione le tecniche di Trataka (concentrazione dello sguardo) e Antar-Mouna (osservazione dei suoni interni ed esterni). 5 - Pranayama e molto altro In termini di benefici, qui si entra nel vivo, perché si parla delle “esatte norme del pranayama, con la cui sola pratica l’uomo diviene simile a un dio”. Il capitolo fornisce istruzioni dettagliate, tanto per il pranayama, quanto in generale per la pratica: luogo, stagione più indicata per iniziare (le mezze stagioni), raccomandazioni dietetiche (una dieta vegetariana moderata, ma nutriente, con l’indicazione di riempire lo stomaco per metà di cibo, un quarto di liquidi e un quarto d’aria), più istruzioni tecniche. Si raccomanda di partire con la purificazione delle nadi, che potrebbe alludere sia a una pulizia del naso con neti (la lavanda del naso con acqua salata, che però nel primo capitolo non viene spiegata) e kapalabhati (la respirazione a sbuffi descritta fra le tecniche di pulizia), sia alla tecnica chiamata Nadi Sodhana, la respirazione a narici alterne il cui nome significa appunto “purificazione delle nadi”. Le tecniche di pranayama spiegate sono quelle classiche e utilizzate ancora oggi, fra cui Surya Bhedana (respirazione solare), Ujjayi (una versione specifica), Sitali (la respirazione rinfrescante), Bhastrika TESTI SACRI

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(mantice), Bhramari (il ronzio dell’ape) più altre tecniche “esoteriche” spiegate in modo piuttosto oscuro (per esempio Murccha, cui accenneremo più avanti). Per approfondire la pratica del pranayama, oggi conviene affidarsi a manuali più moderni, seguendo le indicazioni di un insegnante esperto. 6 - Dhyana, la meditazione In questo capitolo Gheranda illustra alcune tecniche di meditazione, utilizzando principalmente la visualizzazione e distinguendo tre generi di dhyana: concreto, luminoso e sottile. Il dhyana concreto viene praticato visualizzando immagini della propria divinità di riferimento (una descrizione viene data all’inizio del capitolo, attraverso le visioni di un oceano di ambrosia, un’isola di gemme, fitti boschi, per arrivare a un tempio con l’immagine della propria divinità). Il dhyana luminoso viene praticato visualizzando una fiamma, mentre dhyana sottile visualizzando il bindu, termine che indica diverse cose: il punto in mezzo alle sopracciglia, il terzo occhio della sapienza, il seme virile simbolo di Siva all’interno della coppia divina, il simbolo della realtà assoluta come essenza di tutte le cose. È interessante notare la classifica finale: il dhyana luminoso è 100 volte superiore al dhyana concreto; il dhyana sottile è 100mila volte superiore a quello luminoso. 7 - Samadhi, l’illuminazione L’ultima parte del Gheranda Samhita approfondisce il samadhi, il “perfetto raccoglimento” che costituisce la meta dello yoga. Esso consiste in un assoluto isolamento, privo di moti e turbamenti mentali, in uno stato di calma e rilassamento 30

assoluti, in cui l’attenzione dello yogi non ha altro oggetto che se stessa, in totale ritrazione dei sensi. Si tratta di un argomento evanescente perché estremamente difficile da descrivere a parole, uno stato soggettivo di coscienza molto raro e ottenibile solo dopo una lunga pratica. Gheranda descrive sei tipi di samadhi, conseguibili con diversi mezzi: meditazione, pranayama, Khecari-Mudra (una particolare posizione della lingua che richiede un vero e proprio intervento chirurgico; si tratta quindi di una pratica non consigliabile), la “devozione” e infine il “deliquio” generato con un particolare pranayama (Murccha) che consiste nel trattenere il respiro fino ai limiti dello svenimento. Quest’ultimo metodo, decisamente sconsigliabile, dimostra come questi stati alterati di coscienza siano frutto di eventi fisiologici appresi con la pratica. In altre parole, praticando sistematicamente asana, pranayama, concentrazione e meditazione, si altera il funzionamento dei sistemi ormonale e nervoso, facilitando l’insorgere di stati di rilassamento molto profondi, alterazione della coscienza, esperienze autosuggestive molto potenti. Alcune delle metodiche esposte non sono consigliabili se non addirittura pericolose, come la ricerca del deliquio attraverso la sospensione estrema della respirazione. Altre tecniche, come pranayama, meditazione e concentrazione, possono offrire benefici in fatto di riduzione di stress, lievi patologie cardiocircolatorie e respiratorie, maggiore benessere generale. Si tratta di risultati documentati sia dall’esperienza aneddotica sia da alcune ricerche mediche su meditazione e rilassamento. Per quel che riguarda l’elevazione spirituale e la visione di Dio durante il samadhi, si tratta di un’esperienza da perseguire TESTI SACRI

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individualmente, e sulla quale nessuno (salvo antichi testi scritti da autori sconosciuti di cui resta solo il nome e poco altro) testimonia nulla di concreto o di impegnativo. Forse perché, semplicemente, nessuno è in grado di scrivere o riferire quello che non si può esprimere a parole.

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GLOSSARIO

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NOTA PER LA LETTURA DEI NOMI IN SANSCRITO TRASLITTERATI:

Forniamo di seguito la corrispondenza di pronuncia in italiano delle lettere che appaiono contrassegnate da segni diacritici:

il trattino indica la vocale lunga (da leggersi “aa” invece che “a”), su cui in genere cade l’accento della parola C, CH la c dinanzi a vocale è sempre dolce, come in “ciao” (es. cakra si legge “ciacra”) G, GH la g dinanzi a vocale è sempre dura, come in “gatto” (es. yogin si legge “ioghin”) J, JH corrisponde al suono italiano gi- di “giallo” (es. janu si legge “giaanu”) >, X corrispondono al suono italiano sci- di “scelta” (es. .irxa si legge “scirscia”) T, D t e d retroflesse, cioè pronunciate con la punta della lingua rovesciata all’indietro N, Ž, M™ si leggono come n e m nasali †, ‘ n retroflessa, cioè pronunciata con la punta della lingua rovesciata all’indietro Ñ n palatale, si legge come il suono italiano gn- di “ignobile” ” è una vocale, corrisponde al suono ri (es. ”g Veda si legge “Rig Veda”) A

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NOTA DELLE ABBREVIAZIONI: [pre as.] pre asana. Termini o particelle che, posti davanti ai nomi abituali degli asana, indicano una variante della posizione di base (es. supta + Triko‘asana: la posizione del triangolo si esegue distesi e non in piedi) [rif. mito] riferimento mitologico. Personaggi o termini della mitologia hindu da cui hanno origine i nomi di alcuni asana, o ricollegabili ad essi (es. la posizione del guerriero Virabhadrasana prende nome dal mito dell’eroe Virabhadra, creato dal dio >iva, vicenda in cui interviene anche la dea Sati) [G. S.]

Ghera‘da Sa…hita. Asana che fanno parte della lista delle 32 posizioni elencate nella Ghera‘da Sa…hita, testo di hatha yoga (XVII secolo)

[S. N.]

Surya Namaskar. Asana che fanno parte della sequenza di 12 posture del Surya Namaskar, il saluto al sole

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a

ABHAYA–MUDRA: gesto del non avere timore (da a + bhaya, “pa­ura”, quindi “non paura”), non aggressione verso l’al­tro. È­ uno dei mudra più ricorrenti nelle immagini del Buddha, con la palma aperta come invito ad accostarsi con fiducia. ABHYASA: pratica, esercizio.

ABHINIVE>A: timore della morte, attaccamento alla vita. È­ uno dei cinque kle.a (afflizioni) della vita: diminuisce la concentrazione e disturba la capacità di raggiungere la libertà spirituale. ACARYA: colui che conosce o insegna le acara (condotta, regola). Guida spirituale, insegnante. ADHARA–MUDRA: mudra del sostegno. Questi mudra riguardano la zona del perineo (includono anche le tecniche per l’utilizzo dell’energia sessuale) e convogliano il pra‘a dai centri inferiori del corpo al cervello. ADHO/ADHAS: [pre as.] in basso. L’asana tenderà a portare il corpo verso il pavimento, invece che verso l’alto. 38

ADHO MUKHA: [pre as.] dall’avverbio adhas, “in basso” e da mukha, “bocca, faccia”, significa letteralmente “a faccia in giù”. In un asana indica che la testa è rivolta verso il pavimento. ADHO MUKHA >VANASANA: [S. N.] adho mukha significa “a testa in giù”, .vana è cane. Nota come “posizione del cane che si stira”, rassomiglia ad un cane che si stira sulle zampe anteriori, con la testa abbassata e il bacino sollevato. Nella sequenza del Surya Namaskar è l’ottava posizione. (Approfondisci su yogajournal.it)

ADHO MUKHA >VANASANA

ADITI:

[rif. mito] illimitata. Figlia di Dakxa, sposò Ka.yapa da cui ebbe gli Aditya (dèi). È considerata la Dea Madre, simbolo dell’infinito e del cielo sconfinato: secondo alcuni testi sacri è madre di Indra e di Vix‘u.

ADITYA: [rif. mito] figli di Aditi, divinità celesti vediche. Tradizionalmente sono otto, tra cui Mitra, il sole, Indra e Varu‡a; spesso anche Dakxa è incluso nella lista. In alcuni testi se ne contano dodici, numero simbolico che li associa ai mesi solari. GLOSSARIO

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ADVAITA: non dualismo. Designa le scuole di pensiero hindu per cui l’atman, l’anima individuale, è in realtà una manifestazione del Brahman, l’Assoluto stesso, quindi l’uomo illuminato deve tendere all’identità con Esso. AGNI:

fuoco, dio del fuoco.

AHA„:

io (pronome personale). È un mantra che simboleggia l’Io universale, composto dalla prima e ultima lettera dell’alfabeto sanscrito (a + h nasalizzate).

AHI„SA: non violenza. È la pratica, comune a hinduismo, bud­ dhismo, jainismo, di non aggressione e rispetto per ogni forma di vita. AJÑA–CAKRA: cakra del comando. Sesto cakra, situato al centro delle sopracciglia. È il luogo della saggezza, in esso si risvegliano tutte le facoltà intellettive. AM”TA: nettare divino, elisir d’immortalità. È simile al concetto di “ambrosia”. Vedi soma. ANAHATA–CAKRA: cakra del suono non generato da percussione. È il quarto cakra, il luogo del suono cosmico (nada). Situato dietro lo sterno, all’altezza del cuore, regola respirazione e circolazione. È il centro dell’amore incondizionato. ANANDA: beatitudine, gioia. Indica la felicità pura, libera da ogni coinvolgimento terreno; infatti è eterna perché identica all’Assoluto stesso. Vedi saccidananda. ANANDAMAYA–KO>A: il corpo della beatitudine. È­uno dei cinque ko.a (strati) dell’essere umano. Traspare quando ci si 40

immerge nel momento presente, inducendo così una sensazione di interezza. Vedi ko.a. ANANTASANA: il termine ananta significa letteralmente “senza fine, infinito” (dal sanscrito anta, fine). È uno dei nomi del dio Vix‘u e del suo giaciglio, il serpente >exa sul quale il dio dorme, prima di dare il via alla creazione del mondo. Infatti la posizione si svolge distesi a terra su un fianco, come se si stesse riposando.

ANANTASANA

ANGA:

membro, parte, componente. Negli asana si riferisce alle parti del corpo; definisce anche gli otto stadi dello yoga tradizionale (yoga–anga).

ANNAMAYA–KO>A: il corpo fisico. È­uno dei cinque ko.a (strati) dell’essere umano. Rappresenta il “corpo materiale” composto da pelle, muscoli, ossa e organi. È­ la parte più tangibile che si può vedere, toccare e sentire. Vedi ko.a. ANTARA KUMBHAKA: atto del trattenere il respiro interno. Ritenzione controllata del respiro dopo l’inspirazione. Vedi kumbhaka. GLOSSARIO

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ANUSARA YOGA: è­una tecnica moderna, fondata dall’americano John Friend, considerato uno dei maestri più influenti al mondo. Si fonda sul movimento e sull’attenzione all’allineamento delle posizioni. Anusara infatti significa “fluire con grazia”. In ogni asana vengono applicati tre principi: attitudini, allineamento, azione; il tutto guidato dall’energia del respiro. Le posture riflettono così un creativo e profondo sentimento interiore. Ogni sessione può essere diversa dall’altra e la metodologia è molto apprezzata anche per i suoi effetti terapeutici. Le lezioni si articolano in modo creativo su un’ampia varietà di asana sviluppati in sintonia con il respiro, un allineamento curato e un’azione armoniosa. APANA: l’aria vitale che va verso il basso; è uno dei cinque pra‘a del pra‘amaya – ko.a. È sotto l’ombelico e fornisce energia a tutta l’area intestinale e genitale. ARDHA: [pre as.] metà. Indica un asana facilitato rispetto alla versione completa. ARDHA CANDRASANA: da ardha, “metà” e candra, la luna, il cui nome significa anche “scintillante”. Il corpo in posizione, nelle molte varianti esistenti, raffigura una mezzaluna. (Approfondisci su yogajournal.it)



ARDHA CANDRASANA

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ARDHA MATSYENDRASANA: [G. S.] ardha, “metà”, è la versione facilitata della posizione dedicata a Matsyendra o Matsyendranatha, nome di un maestro yoga. È un asana che si esegue seduti a terra e che implica una accentuata rotazione del busto. (Approfondisci su yogajournal.it)

ARDHA MATSYENDRASANA

ASANA: posizione, postura. Indica le posizioni dello yoga, in particolare nell’hatha yoga. È anche la denominazione del terzo stadio o yoganga dello yoga tradizionale, cioè il raggiungimento di una postura stabile e comoda senza più compiere uno sforzo: diventa un atto spontaneo del corpo, in cui la percezione della fisicità stessa scompare. ASMITA: identificazione eccessiva con il proprio ego. È uno dei cinque kle.a (afflizioni) della vita: impedisce di entrare in contatto con la propria anima, identificando la coscienza con le attività mentali. A>RAMA: casa di Rama. È il corrispettivo hindu del monastero: è il luogo in cui i brahma‘a si ritirano per studiare i testi sacri sotto la guida attenta di un maestro (acarya). AXTANGA YOGA: yoga delle otto membra (anga). È la definizione tradizionale del raja yoga di Patañjali, che prevede il compimento di otto (axtan) fasi successive per giungere all’unione con il Puruxa e all’uscita dal sa…sara. Gli GLOSSARIO

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otto anga sono: yama, niyama, asana, pra‘ayama, pratyahara, dhara‘a, dhyana e samadhi. Lo stile di Ashtanga yoga è stato sviluppato da Sri Krishna Pattabhi Jois (allievo di Sri Tirumalai Krishnamacharya). Il nome completo è “Ashtanga Vinyasa Yoga”. Si compone di diverse sequenze, dinamiche e fluide, crescenti per difficoltà, in cui è centrale sincronizzare il ritmo del respiro e l’utilizzo dei bandha.

AXTAVAKRA: [rif. mito] axtan significa “otto”, vakra è “piegato, ricurvo, deforme”. Axtavakra è un personaggio mitico a cui è dedicato un asana, Axtavakrasana in cui il corpo è piegato e mantenuto in equilibrio solo sulle mani. Nel Mahabharata si narra che egli, ancora nel ventre materno, riprese il padre Kahoda, bramano, per aver trascurato la madre in favore dei propri studi; secondo altri, corresse il padre nella lettura del ”g Veda. In entrambi i casi, l’impertinenza del figlio irritò il padre che lo maledisse, condannandolo a nascere deforme (da cui il nome “Axtavakra”, cioè con gli otto arti contorti). Kahoda fu poi sconfitto in una disputa filosofica dal saggio Va‘di, alla corte del re di Mithila e gettato nel fiume come gli altri perdenti. Axtavakra 12 anni dopo andò a vendicare il padre, vinse su Va‘di e ottenne in cambio la vita di Kahoda. Il padre allora lo benedisse e lo fece tornare normale. ATHARVAVEDA: Veda delle formule magiche. Quarto Veda, prende nome dai sacerdoti del fuoco Atharvan e Angiras, di magia bianca e nera: comprende più di 700 inni, tra cui vi sono speculazioni filosofiche, formule magiche, incantesimi, preghiere e riti per la vita quotidiana.

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ATMAN: il sé. Indica l’anima individuale, l’elemento spirituale intrinseco in ogni uomo, di natura immutabile ed eterna come il Brahman. Vedi advaita e dvaita. AVATARA: discesa. È l’apparizione di una divinità sulla Terra, in particolari momenti di pericolo per il mondo. Si riferisce specialmente al dio Vix‘u, le cui incarnazioni tradizionali sono dieci, tra cui Rama, K•x‘a, la tartaruga Kurma, il pesce Matsya, l’eroe Para.urama. AVIDYA: incapacità di vedere le cose per quello che sono. È uno dei cinque kle.a (afflizioni) della vita: porta a confondere questioni transitorie legate all’ego con la sfera più alta dell’anima. AYUR–VEDA: scienza (veda) della vita. È la medicina indiana esposta nei trattati di Caraka (II sec.) che unisce principi medici e filosofici, Su.ruta (IV-VI sec.) che si occupa di chirurgia e Vagbhata (VII sec.) che riassume i primi due. Considera l’uomo come un insieme di anima (atman) e corpo, quindi la malattia è una manifestazione di uno squilibrio tra le due componenti, curabile attraverso lo yoga, massaggi e medicinali di origine animale, vegetale e minerale.

GLOSSARIO

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b

BADDHA: [pre as.] contenuto, trattenuto. Variante di un asana con particolari allacciamenti o prese, dall’esecuzione più difficile. BADDHA KO†ASANA: baddha significa “trattenuto, contenuto”, ko‘a significa “angolo”. Le gambe sono piegate ben strette, in modo da formare un angolo acuto: in questa posizione sono soliti sedersi i ciabattini indiani. È molto simile a Bhadrasana. (Approfondisci su yogajournal.it)

BADDHA KO†ASANA

BAHYA KUMBHAKA: atto del trattenere il respiro esterno. Sospensione controllata del respiro a polmoni vuoti, dopo l’espirazione. Vedi kumbhaka. 4 6 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777

rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

BANDHA: legame, catena, sigillo. Nello yoga, la pratica dei bandha serve a rinchiudere i pra‘a in particolari aree del corpo per indirizzarne poi la corrente verso la suxumna (idealmente, la colonna vertebrale). Agiscono direttamente sui granthi. Sono quattro: jalandhara, mula, uddiyana, maha bandha. BANDHA–MUDRA: mudra del bandha. È una combinazione di mudra e bandha, serve a caricare il pra‘a nel corpo e a prepararlo per la ku‘dalini. BASTI:

lavacro intestinale. Uno degli xatkarman; tecniche per purificare l’intestino.

BHADRA: [rif. mito] prosperità. È anche il nome di alcuni per­ sonaggi mitologici femminili, tra cui la sposa del saggio Utathya, una principessa così bella che il dio delle ac­ que Varu‘a la rapì per portarla via con sé. Utathya pregò il dio di restituirgliela, e al suo rifiuto chiese alla dea Sarasvati, personificazione del fiume omonimo, di pro­ sciugare tutti i fiumi: la dea accolse il suo appello e l’ac­ qua scomparve perfino dall’oceano. Varu‘a dovette al­ lora riportare Bhadra dal marito per far scorrere di nuovo l’acqua nei suoi domini, ma di tutti i fiumi so­lo uno non si rianimò, proprio la Sarasvati. Vedi Bhadrasana. BHADRASANA: [G. S.] bhadra significa “prospero” o “prosperità”. In questa posizione le caviglie sono poste sotto ai genitali, e con le braccia incrociate dietro la schiena si afferrano gli alluci. Bhadra è il nome di alcune figure femminili mitologiche, tra cui la moglie del saggio Utathya, rapita dal dio Varu‘a. BHAGAVAD GITA: il canto del beato. Poema incluso nel GLOSSARIO

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Mahabharata (VI, 24 – 42), racchiude l’insegnamento di K•x‘a ad Arjuna che, esitante dinanzi alla battaglia e ad uccidere, gli chiede aiuto; K•x‘a gli espone una nuova dottrina del karman, spiegandogli che è importante agire in modo disinteressato, senza aspettarsi nulla in cambio. Vedi karma yoga. BHAKTI–YOGA: yoga della devozione. Nella Bhagavad Gita, è il cammino spirituale della devozione amorosa per la propria divinità, l’idea di unione col proprio Signore. BHARADVAJA: [rif. mito] nome di un •xi e dei suoi discendenti. Figlio di B•haspati, dio della preghiera e signore dei sacerdoti hindu, gli vengono attribuiti molti inni dei Veda. Secondo alcuni Bharadvaja nacque da una doppia gravidanza, da cui il nome “nato da due padri”. Nel Ramaya‘a offre ospitalità, nel suo eremo di Prayaga, a Rama e alla sua amata Sita. Al saggio Bharadvaja è dedicato un asana, Bharadvajasana, in cui la schiena è sottoposta a un’intensa torsione. BHRU:

nello yoga, corrisponde al punto ideale d’incontro tra le sopracciglia al centro della fronte.

BHUJANGASANA: [G. S.] bhujanga significa “serpente”, più specificatamente si riferisce al cobra che è simbolo di >iva, dio dell’ascesi che vive nella foresta, e che fa anche da ombrello a Vix‘u, riparandogli il capo. Si esegue sdraiati a terra a pancia in giù: è la posizione del serpente che solleva la testa, pronto a colpire. (Approfondisci su yogajournal.it) BHUJANGASANA

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BIJA–MANTRA: suono – seme. Sillabe mistiche usate come for­­ mule di preghiera, inscritte all’interno dei cakra e­­ collegate con i cinque elementi cosmici: durante l’e­­ secuzione di un asana si può evocare con la ri­pe­ti­ zione del bija mantra l’elemento corrispondente al cakra da attivare. BINDU: punto. Nello yoga corrisponde ad un punto sul retro del capo, bindu – visarga. È anche il centro della ruota del cakra. Nel tantra è simbolo della >akti, il suo stato contratto in cui è racchiuso il cosmo e interagisce con nada e kala. È il punto grafico di om™. BINDU–VISARGA: versare goccia a goccia. È un centro psichico, conosciuto anche come soma – cakra, dietro alla testa poco sopra il collo. È la sede del nada. BIKRAM YOGA: ideato e codificato da Bikram Choudhury (Calcutta 1946) questo stile si basa su una serie di sequenze da praticare in una stanza surriscaldata a 38°C e con il 60% di umidità. Per questo è definito anche “Hot Yoga”. Secondo la teoria di Bikram, la stanza surriscaldata riproduce il clima dell’India tropicale, culla dello yoga, che sarebbe quello ideale per praticare. A questa temperatura, infatti, muscoli e articolazioni si sciolgono e diventano molto più flessibili, stimolando anche la circolazione periferica e l’eliminazione delle tossine. La sequenza primaria è composta da 26 posizioni. BRAHMA: il creatore. Signore dell’origine del mondo, è il primo componente della trimurti. Domina la legge del karman ed è la personificazione del Brahman.

GLOSSARIO

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BRAHMA–GRANTHI: granthi di Brahma. È il primo granthi, associato ai primi due cakra. È legato a tutti i desideri o pensieri istintuali; quando viene sciolto questo nodo, la ku‘dalini è in grado di oltrepassare i primi due cakra senza essere respinta verso il basso dagli istinti primordiali del carattere. BRAHMA–NADI: nadi, canale di Brahma. È la più interna delle quattro guaine che formano la nadi centrale, cioè la suxumna. La brahma – nadi parte dal centro del muladhara cakra: da lì, si può spingere il pra‘a ad entrare e scorrere lungo la suxumna, attraverso lo sforzo congiunto dei tre bandha o contrazioni. BRAHMAN: ad un livello inferiore, il termine indica il potere divino, il sapere dei Veda, la formula rituale. Ad un livello superiore, il Brahman è il principio fondante del cosmo: tutto è manifestato e dipende da esso, ma esso non dipende da nulla, è eterno e immutabile, è l’Assoluto. BRAHMA†A: chi è dedito al Brahman, bramano. Nell’hinduismo, è l’appartenente alla casta sacerdotale, che si occupa dei rituali e che custodisce e conosce i Veda. BUDDHA: il risvegliato. Appellativo di Siddharta Gautama, principe degli >akya (560 – 480 a.C.). Integra nel buddhismo lo yoga come tecnica meditativa e via alla conoscenza. BUDDHI: intelligenza. È la conoscenza dell’illuminato, ottenuta alla fine di un cammino spirituale e di ascesi.

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c

CAKRA: centro, cerchio, ruota. Nello yoga tradizionale, sono i sei centri sedi dell’energia cosmica all’interno del corpo umano, corrispondenti ai sei plessi: muladhara, svadhixthana, ma‘ipura, anahata, vi.uddha, ajña più uno, sahasrara, sulla testa. Sono dislocati lungo la colonna vertebrale, cioè l’asse della suxumna. Lo scopo dello yoga è riattivare i cakra per accogliere il passaggio della ku‘dalini. Sono rappresentati graficamente come dei fiori di loto (vedi padma), ognuno con un suo particolare colore di riferimento e uno yantra al centro. 1° Cakra: Muladhara. Rosso. Alla base della colonna vertebrale. Governa il basso ventre e la formazione del sangue. Presiede alla vita. 2° Cakra: Svadhixthana. Arancio. Sotto l’ombelico. Governa apparato riproduttivo, vescica e reni. Centro dell’energia sessuale e creativa. 3° Cakra: Ma‘ipura. Giallo. All’altezza del plesso solare (stomaco). Governa digestione e metabolismo. Rappresenta l’individualità. GLOSSARIO

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4° Cakra: Anahata. Verde. Nella zona del cuore. Passaggio tra i cakra inferiori e superiori. Governa cuore, liquidi corporei e sentimenti. 5° Cakra: Vi.uddha. Azzurro. Nella gola. Governa l’apparato respiratorio. Riguarda comunicazione, arte e introspezione. 6° Cakra: Ajña. Indaco. Terzo occhio, situato in fronte. Collegato all’ipofisi. Centro di saggezza, intuizione e conoscenza spirituale. 7° Cakra: Sahasrara. Viola. Sul capo. In rapporto con l’epifisi. Rappresenta gli stati superiori di coscienza e di unità con il divino. CANDRA: luna. La falce lunare è anche simbolo di >iva (vedi kala). CATURANGA DA†DASANA: [S. N.] catur è il numero quattro, anga è parte, membro mentre da‘da è il bastone. Il corpo in questa posizione è diritto e rigido come un bastone, appunto, e si mantiene parallelo al pavimento appoggiandosi su mani e piedi (i quattro anga). È nota come “posizione del bastone a terra”. Nella sequenza del Surya Namaskar è la sesta posizione. (Approfondisci su yogajournal.it)

CATURANGA DADASANA

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CINTAMA†I: vero nome dell’autore del trattato Hatha Yoga Pradipika (Lucerna dello hatha yoga). Figlio di Sahajananda e allievo del maestro >rinatha, Cintama‘i prese poi il nome religioso di Svatmarama. CIT:

coscienza, percezione. È la pura coscienza. Corrisponde all’atman, ovvero l’anima individuale, soggetto della conoscenza umana. Vedi saccidananda.

CITRA/CITRI†I: eccellente, luminoso. Dopo la brahma – nadi, è la seconda delle quattro guaine che costituiscono la suxumna, la nadi centrale ovvero il canale attraverso il quale scorre il pra‘a lungo la colonna vertebrale. Ha uno spessore molto sottile ed è vuota per consentire il passaggio della ku‘dalini, dal muladhara cakra fino alla sommità del capo. Secondo la simbologia mistica dello yoga, citri‘i è associata alla luna e al principio di conservazione del cosmo.

GLOSSARIO 53 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

d

DAITYA: [rif. mito] figli di Diti, titani – demoni spesso in guerra con gli dèi. DAKXA: [rif. mito] significa “abile, pronto” ma anche “potere mentale, energia”. Figlio di Brahma, è considerato un Aditya. Secondo il Mahabharata, Dakxa nacque dal pollice destro di Brahma e la moglie dal pollice sinistro. Secondo i Pura‘a sua moglie è Prasuti, secondo i Veda è Asikni: ebbe un numero di figlie variabile, da 24 a 60, tra cui Vinata (madre di Garuda) e Sati. Dakxa fu istruito dal padre per creare gli esseri viventi e l’universo: infatti è un Prajapati, “Signore della creazione”, un progenitore dell’umanità. Vedi Virabhadra. DA†DA: [rif. mito] “scettro” o “bastone”. Simbolo del sa… nyasin, indica autorità e difesa dai pericoli. Si dice anche della ku‘dalini che, quando si risveglia, si innalza dritta come un bastone. Vedi Da‘dasana, Caturanga Da‘dasana. DA†DASANA: il corpo, in questo asana, deve essere rigido e inflessibile proprio come un pezzo di legno. 5 4 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777

rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

DADASANA

DAR>ANA: dalla radice del verbo sanscrito d•., “vedere”, let­te­ ral­mente significa visione, punto di vista. È il termine con cui vengono designate le sei scuole o sistemi del pensiero filosofico hindu: Vai.exika, Nyaya, Sa…khya, Yoga, Mima…sa e Vedanta. DEVA:

divinità, dio.

DEVADATTA: dato da dio; quarto degli upa – pra‡a. Induce il sonno e gli sbadigli. DEVI:

dea, divinità femminile. Indica in particolare la sposa di >iva. Nel tantra è l’energia femminile o >akti (a volte usato come sinonimo di devi) della coppia divina.

DHANAÑJAYA: che conquista il premio; quinto degli upa– pra‡a. Si protrae immediatamente dopo la morte ed è responsabile della decomposizione del corpo. DHANU/DHANUS: [rif. mito] arco. Nella mitologia hindu l’arco per eccellenza è quello dell’eroe Rama. Secondo il Ramaya‘a, il re Janaka chiamò Rama alla sua corte e gli offrì un arco di cui era in possesso, una volta appartenuto al dio >iva: Rama fu l’unico in grado di GLOSSARIO

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tendere l’arco divino e, proprio per questo, il re gli diede in sposa sua figlia Sita. Vedi Dhanurasana. DHANURASANA: [G. S.] Braccia e mani vengono usate come se fossero la corda di un arco, per spingere in su il resto del corpo: nella posizione finale il corpo assomiglia ad un arco in trazione, che sta per scagliare una freccia. (Approfondisci su yogajournal.it)

DHANURASANA

DHARA†A: concentrazione. È il sesto yoganga; il praticante, una volta isolata la mente dall’esterno, deve rivolgerla verso un punto di riferimento che favorisca la meditazione. La mente deve essere fissata su di un oggetto in particolare. DHARMA: legge. È l’ordine cosmico che mantiene stabile l’assetto della società e ne garantisce il funzionamento. Per non turbare tale ordine, ogni uomo deve seguire il proprio svadharma. DHAUTI: purificazione. È uno xatkarman. Include tre tipi di pulizia: interna (antara dhauti), della testa (.irxa dhauti) e del torace (h•d dhauti). Insieme purificano l’intero canale alimentare. DHYANA: attenzione. È il settimo yoganga. La meditazione, non più guidata in maniera forzata dalla mente (dhara‘a), diventa spontanea e senza sforzo. 56

DITI:

[rif. mito] limitata. Figlia di Dakxa e moglie di Ka.yapa, è madre dei Daitya (demoni) e secondo alcuni miti anche dei Marut, divinità della tempesta.

DOXA:

difetto. Termine che indica i tre umori presenti nel corpo umano, secondo la tradizione della medicina ayurvedica hindu: kapha, pitta, vata. Per l’hatha yoga, lo sbilanciamento dei tre doxa può causare malattia. Vedi xatkarman.

Vata

elemento: aria. Caratteristiche: fisico snello, pelle secca e fredda, capelli secchi, denti piccoli e con carie, occhi scuri, ossa sottili. Funzioni: sistema nervoso, respirazione, mobilità. Temperamento: attivo, creativo, vivace, intuitivo, insicuro, imprevedibile, irrequieto. Sintomi: ansia, costipazione, mal di schiena.

Pitta

elemento: fuoco. Caratteristiche: peso medio, traspirazione abbondante, pelle morbida e calda con nei e lentiggini, capelli setosi e sottili, denti medi, occhi penetranti. Funzioni: calore corporeo, metabolismo moderato. Temperamento: motivato, progettuale, ambizioso, intelligente, aperto a nuove idee, aggressivo, geloso. Sintomi: acne, diarrea.

Kapha

elemento: acqua, terra. Caratteristiche: sovrappeso, pelle grassa e fredda, capelli spessi e fitti, denti forti e bianchi, occhi grandi e attraenti, ossatura pesante. Funzioni: legate all’acqua, forza e massa. Temperamento: lento, calmo, tollerante, incline al perdono, riflessivo, stabile, predisposto all’attaccamento. Sintomi: sinusite, malattie respiratorie.

DURVASAS: [rif. mito] mal vestito, nudo. Nome di un •xi, secondo GLOSSARIO

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alcuni figlio o emanazione di >iva. Durvasas era un grande saggio la cui rabbia diventò proverbiale: molti caddero vittime delle sue maledizioni, tra cui persino il dio Indra, al quale Durvasas predisse che la sua sovranità sui tre mondi sarebbe venuta meno. Proprio per questo, gli dèi divennero deboli di fronte ai demoni e dovettero ricorrere a Vix‘u e al frullamento dell’oceano (vedi Kurma) per recuperare l’am•ta e trarne forza. Nel Mahabharata predisse a K•x‘a come sarebbe morto, poiché K•x‘a gli mancò di rispetto. A lui è dedicata una posizione dello yoga, Durvasasana. DVAITA: dualismo. Designa le scuole di pensiero hindu secondo cui atman e Brahman sono due entità separate e non due aspetti diversi dello stesso principio assoluto. DVEXA:

avversione per il dolore. È­ uno dei cinque kle.a (afflizioni) della vita: si fonda sul ricordo dei dispiaceri, creando un sentimento di rifiuto e una spirale di miseria che impediscono di elevarsi.

DVI:

[pre as.] due. Si trova ad esempio nell’espressione dvi pada, cioè “due gambe”, in cui indica che i movimenti di un asana coinvolgono entrambi gli arti inferiori.

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EKA:

e

[pre as.] uno. Ad esempio, nell’espressione eka pada, “una gamba”, indica un asana in cui il movimento si concentra su una sola gamba (come svolgere la posizione in equilibrio su una gamba).

EKAGRA: concentrato in un punto. La concentrazione in un punto, nello yoga, è la pratica che mira ad ottenere una condizione priva di distrazioni, una pratica meditativa intensa che porta alla liberazione, come in dhara‘a (sesto yoganga). EKATVA: singolarità, identità. Indica la condizione particolare che si raggiunge quando il principio cosciente o anima di ogni persona (jiva), si libera dei tratti che contraddistinguono l’identità personale (come il carattere) e si identifica, così, con il principio cosciente o anima universale, cioè l’atman. Non esiste più differenza tra la propria anima o jiva e le altre, ogni barriera col mondo è abbattuta.

GLOSSARIO

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g

GALAVA: [rif. mito] un saggio, allievo di Vi.vamitra. Secondo alcune fonti, egli era in realtà figlio di Vi.vamitra, il quale in un momento di grave difficoltà lo legò a una corda per venderlo, da cui il nome galava, da gala “corda”, quindi “legato a una corda”. Una posizione dello yoga è dedicata a lui, Galavasana. GARUDA: [rif. mito] aquila. È l’uccello sacro che trasporta sul suo dorso Vix‘u e Lakxmi. Figlio di Ka.yapa e di Vinata, può colpire e uccidere gli uomini malvagi con le sue ali. Viene rappresentato di solito con corpo e arti inferiori umani, ma con testa, coda e ali di aquila: ha il corpo dorato, il volto bianco e le ali rosse. Vedi Garudasana. (Approfondisci su yogajournal.it)

GARUDASANA

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GARUDASANA: [G. S.] Garuda è anche il re degli uccelli e uno dei veicoli del dio Vix‘u. In questo asana una gamba si attorciglia attorno all’altra e anche le braccia si intrecciano tra di loro. GAYATRI: da gayatra, “canto, inno”, è il nome del mantra più sacro dei Veda, composto da ventiquattro sillabe, personificato come moglie del dio Brahma e madre, essenza dei Veda. È il verso di ”g Veda 3, 62, 10 dedicato a Savit•, dio “stimolatore” del creato e simbolo della Luce suprema, del sole: per questo la Gayatri è detta anche Savitri e venerata come dea, perché luce della conoscenza che illumina il sapere dei Veda. È un mantra fondamentale per ogni hindu: viene recitato durante la cerimonia di iniziazione per diventare dvija, “due volte nato”, che consacra l’ingresso nell’hinduismo e viene ripetuto più volte nell’arco della giornata. La Gayatri va pronunciata, preceduta da altri mantra, per concentrarsi su diverse parti del corpo durante le tre fasi del pra‘ayama: inspirazione, ritenzione ed espirazione. GHERA†DA: [rif. mito] autore mitico della Ghera‘da Sa…hita, testo classico fondamentale di hatha yoga. All’interno della sua capanna, il maestro impartisce al suo discepolo Ca‘dakapali delle lezioni sulla pratica dello yoga fisico. A lui è dedicato un asana, Ghera‘dasana. GHERA†DA SA„HITA: la raccolta di Ghera‘da. Uno dei tre testi ba­se dello hatha yoga, datato attorno al XVII – XVIII se­co­lo, di epoca più tarda rispetto allo Hatha Yoga Pradipika (di cui riprende i concetti) e precedente alla >iva Sa…hita. Suddiviso in sette lezioni, il trattato GLOSSARIO

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pone co­me fine il raggiungimento della liberazione (mokxa) at­traverso lo yoga. È il testo classico più esauriente ­ri­guardo alle posizioni, in cui sono elencati e descritti 32 asana. GITA:

canto, inno sacro.

GOMUKHASANA: [G. S.] go significa “mucca”, l’animale sacro per eccellenza della cultura hindu, mukha è la “faccia”. Gomukha indica qualcuno la cui faccia assomiglia al muso di una mucca. In questa posizione, seduti e con le mani che si intrecciano dietro la schiena, la figura finale del busto con le braccia che sporgono dovrebbe richiamare il muso di una mucca. (Approfondisci su yogajournal.it)

GOMUKHASANA

GORAKH/GORAKXA: [rif. mito] appartenente ai Natha – yogin, allievo di Matsyendranatha. Il suo nome significa “protettore delle vacche”, forse dovuto a un’origine di bassa casta; originario dell’India del nord (XI – XII sec.), gli viene attribuita l’opera “Gorakxa – .ataka” (Centuria di Gorakxa) sullo hatha yoga. Vedi Gorakxasana. GORAKXASANA: [G. S.] l’asana, dedicato a Gorakxa, si effettua da seduti, con le gambe piegate e le mani, in­crociate, posate 62

sui talloni. Favorisce la meditazione e il flusso di apana dal basso verso i centri d’energia superiori.

GORAKXASANA

GRANTHI: nodo. Nello yoga, vi sono tre granthi che costituiscono dei blocchi psichici: rudra, brahma e vix‘u granthi. Sono un ostacolo al libero scorrere del pra‘a lungo la suxumna, quindi impediscono il risveglio dei cakra e l’ascesa della ku‘dalini. GU†A:

qualità. Nel Sa…khya, indica le tre modalità in cui si manifesta la natura (prak•ti): sattva, rajas e tamas.

GUPTASANA: [G. S.] gupta significa “protetto, nascosto”. Infatti la posizione implica che gli alluci vengano nascosti, inseriti nell’incavo del ginocchio opposto, con le gambe piegate a terra. GURU:

persona venerabile, saggio. Più in generale, maestro o guida spirituale.

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h

HALASANA: hala è l’aratro, infatti con questo asana il corpo assume una posizione che raffigura questo strumento. La schiena e tutti gli arti nella postura finale sono sottoposti ad uno stiramento molto profondo. (Approfondisci su yogajournal.it)

HALASANA

HA„SA: oca selvatica, cigno. Indica gli asceti mendicanti che vivono nella foresta e digiunano. HANUMAT/HANUMAN: [rif. mito] dalle mandibole possenti. Capo dell’esercito del re delle scimmie Sugriva, alleato di Rama. È figlio di Vayu, dio del vento, quindi ha la facoltà di volare e di compiere enormi balzi: nel Ramaya‘a, infatti, con un salto raggiunge Sita sull’isola di Lanka per annunciarle che Rama arriverà a salvarla. Col volto di scimmia e la lunga coda, è un personaggio GLOSSARIO

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molto popolare tra gli hindu. A lui è intitolato un asana, Hanumanasana. Vedi Setu Bandhasana. HANUMANASANA: da una posizione inginocchiata, estendere contemporaneamente le due gambe, una davanti al busto e l’altra dietro, finché non siano appoggiate del tutto a terra. Le braccia possono essere allungate verso l’alto, o piegate con le mani giunte in preghiera. (Approfondisci su yogajournal.it)

HANUMANASANA

HASTA:

[pre as.] mano. Si trova negli asana in cui mani e braccia hanno un ruolo fondamentale, ad esempio nel sorreggere o trattenere altre parti del corpo.

HASTA–MUDRA: mudra della mano. Sono gesti di meditazione: il pra‘a passa dal cervello alle dita e torna indietro, senza disperdersi all’esterno. HATHA–YOGA: yoga dello sforzo. È la principale forma di yoga ed è basato su una serie di posture fisiche (asana) e tecniche di respirazione (pra‘ayama) di origine antichissima, nonché di una parte dedicata alla meditazione. Una pratica costante delle posture dona flessibilità e forza muscolare, mantiene elastiche le articolazioni e scioglie le rigidità della colonna vertebrale. Inoltre, l’esecuzione degli asana e la particolare attenzione 66

data al respiro, donano maggiore consapevolezza del proprio corpo, creando una sensazione di benessere che porta al raggiungimento di un buon equilibrio psicofisico. HATHA–YOGA PRADIPIKA: la lucerna dello hatha yoga. È un trattato in quattro capitoli, il più antico testo sistematico sullo hatha yoga, attribuito a Svatmarama: la datazione si colloca attorno al XV secolo. Vengono esplicate tutte le pratiche di yoga, dagli asana (qui ne sono descritti solo 13) agli xatkarman, dalle varie tipologie di pra‘ayama alla samadhi. A questo testo si rifanno gli altri due trattati classici di hatha yoga: vedi Ghera‘da Sa…hita e >iva Sa…hita. H”DAYA: cuore. In corrispondenza ad esso si trova l’anahata–cakra.

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IDA:

i

è il nome della nadi emanata dal lato sinistro del muladhara – cakra, la quale risale la colonna vertebrale dal basso verso l’alto attraverso i cakra, terminando al lato sinistro dell’ ajña cakra. Rappresenta la parte passiva, introversa e femminile dell’animo umano, è nota anche come candra nadi (nadi della luna). Forza negativa, contrapposta a pingala.

IDDHI: potere. Termine in lingua pali che indica, nel buddhismo, poteri quasi sovrannaturali acquisiti tramite la pratica dello yoga, che trascendono le leggi della natura e del karman. Tra questi, la capacità di diventare invisibili, di passare attraverso le cose, di camminare sull’acqua e di volare. INDRA:

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[rif. mito] dio del cielo e della pioggia, nella tradizione vedica più antica è considerato signore degli dèi e spesso associato a Vayu, dio del vento. Regna sullo Svarga (cie-lo), il paradiso degli dèi e degli spiriti beati: è una delle divinità più potenti e temute del ”g Veda, insieme al dio Varu‘a e al dio del sole, Mitra. Indra cavalca nel

cielo su di un carro dorato, scortato dai suoi aiutanti, i Marut, con in mano la sua potente arma vajra, il fulmine. Il mito più ricorrente a cui è associato è l’uccisione del demone V•tra, una creatura dalla forma di serpente, che impediva alle piogge di ricadere sulla terra: Indra lo sconfisse con i suoi fulmini, facendo tornare l’acqua e la vita. La lotta contro V•tra simboleggia la vittoria sulla siccità e spiega l’origine della stagione delle piogge e del monsone. Vedi Vajrasana. INDRIYA: proprio del dio Indra. È il termine che indica gli organi di senso, le funzioni vitali con cui l’uomo percepisce e conosce la realtà circostante. I cinque sensi sono detti jñanendriya o “facoltà di percezione”, a cui si aggiungono cinque “facoltà di azione” o karmendriya, ovvero: camminare, parlare, afferrare, riprodursi, escrezione. Gli indriya fanno parte del corpo sottile o sukxma .arira (vedi .arira). I>VARA: Signore. È l’appellativo di >iva nello yoga, il quale è il principio cosciente (puruxa) non immerso nel mondo della materia (prak•ti), modello di perfezione a cui l’asceta deve tendere e che interviene per portarlo alla contemplazione dell’Assoluto. IYENGAR YOGA: B.K.S. Iyengar è tra gli yogi più autorevoli del nostro tempo. Allievo diretto di Sri Tirumalai Krishnamacharya, Iyengar ha rivisitato, con molta precisione, oltre 240 asana e innumerevoli tecniche di pra‘ayama. Il suo metodo comprende una serie di corsi e certificazioni molto rigorosi, rivolti agli insegnanti. La caratteristica specifica dello stile di Iyengar, rispetto ad altri, è la grande attenzione prestata agli allineamenti degli arti e al progressivo perfezionamento di ogni GLOSSARIO

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singola posizione. Tale precisione serve per creare spazio nelle zone chiuse e contratte, ma anche per portare la consapevolezza in tutto il corpo. Altra particolarità di questo stile è l’utilizzo di attrezzi (mattoni, cuscini, coperte, cinghie, panche, supporti mobili e supporti alla parete) allo scopo di mantenere a lungo la postura, godendone i benefici e gli effetti in modo profondo senza sottoporre i muscoli a sforzi eccessivi, ma anche per aiutare, chi non è in grado, ad assumere correttamente le posizioni.

j

JALANDHARA–BANDHA: contrazione della rete (delle nadi), cioè della gola. È associato al rudra–granthi. JANU:

[pre as.] ginocchio. Indica la variante di un asana che implica l’utilizzo del ginocchio, ad esempio come punto d’appoggio per la testa come in Janu >irxasana.

JANU >IRXASANA: janu è il ginocchio, .irxa è la testa. È una posizione in cui è fondamentale l’uso del ginocchio, sul quale nella fase finale viene appoggiata la testa per stirare al massimo la colonna vertebrale. (Approfondisci sul yogajournal.it)

JANU >IRXASANA

JAPA:

dal verbo jap, “borbottare” o “pronunciare a bassa voce”. Infatti japa è la ripetizione di preghiere, mantra

GLOSSARIO 71 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

o dei molteplici nomi di una divinità, sussurrati tra sé. Secondo il mantra yoga, la ripetizione di certi mantra conferisce facoltà sovrannaturali. JATHARA PARIVARTANASANA: jathara è lo stomaco, la pancia. Parivartana significa “che si volta, che gira”. Lo stomaco viene voltato dalla parte opposta rispetto al resto del corpo, in un movimento di rotazione che coinvolge le gambe mentre il busto resta fisso a terra.

JATHARA PARIVARTANASANA

JÑANA–YOGA: yoga della conoscenza. Nella Bhagavad Gita indica la via della conoscenza capace di condurre l’uomo alla liberazione, grazie alla consapevolezza della propria identità spirituale con il Signore. JÑANA–MUDRA: gesto della conoscenza. È il classico mudra delle mani che gli yogin adottano meditando, con il dito indice che tocca il pollice e le altre tre dita dirit­te e rilassate. JIVA:

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vivo, vivente. Nello hatha yoga, è l’atman individuale che caratterizza ogni essere umano, da cui ci si deve li­b e­rare per ricongiungersi all’atman universale.

k

KALA:

piccola parte. Sono le energie sottili periferiche dei cakra. In hatha yoga indica la falce lunare simbolo di >iva, che insieme al bindu costituisce il segno grafico di om™.

KALI:

la nera. Una delle devi e moglie di >iva. Kali incarna l’aspetto terrifico e distruttivo della divinità: viene spesso rappresentata con otto o dieci braccia, macchiata di sangue e con una collana di teschi al collo, simbolo dei demoni da lei combattuti e vinti.

KAMA:

desiderio. Indica la brama per il prodotto delle proprie azioni: è la spinta originaria di ogni azione umana e quindi la vera fonte di sofferenza per l’uomo. Lo yoga mira ad estirparlo dalla mente. Vedi phala.

KAPALABHATI: lucentezza del cranio. Uno degli xatkarman; tecnica di respirazione per purificare la regione frontale del cervello. KAPHA: flemma. È il muco, uno dei tre doxa. KAPILA: [rif. mito] bruno, rossastro. Nome di un grande saggio a cui viene attribuita la fondazione del Sa…khya, uno dei sei dar.ana. Considerato a volte l’incarnazione di Vix‘u GLOSSARIO

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o Agni. A lui è dedicato un asana, Kapilasana. KARMAN: azione, rito. Uno dei più importanti concetti della cultura indiana è karman, dalla radice kri “fare”, tradotto come “atto”. È un vocabolo di grande spessore e definisce l’insieme delle conseguenze delle azioni compiute, una parte delle quali viene fruita nell’esistenza presente, mentre l’altra costituisce una sorta di credito/debito che determina la qualità dell’esistenza futura. La positività e la negatività di questa vita sono dunque il frutto di quanto attuato nelle vite precedenti. Quanto abbiamo fatto, infatti, torna indietro, con modalità e tempi non evidenti e immediati. Tuttavia, benché non si possa sfuggire al retaggio del passato, si può costruire un’esistenza successiva migliore vivendo correttamente quella in corso. Il sa…sara (il continuo ritorno alla vita) diventa un ciclo da cui liberarsi. Per farlo è necessario bloccare il meccanismo del karman. Il karman ci ripropone di continuo le situazioni irrisolte da chiudere. E spesso fa precipitare nella crisi, ma il saperla trasformare dà un senso alla sofferenza e aiuta a crescere. Allora, il karman diviene un’ulteriore possibilità di riaffrontare quello che è rimasto irrisolto. KARMA–YOGA: yoga dell’azione. Lo insegna K•x‘a nella Bhagavad Gita: è il compimento scrupoloso del proprio dovere (svadharma), vissuto con totale distacco verso i risultati delle proprie opere, senza godere del loro frutto. Solo l’azione disinteressata non produce effetti karmici e permette di sfuggire al karman e al sa…sara. KAR†A: [pre as.] orecchio. Per esempio, può indicare un asana 74

in cui il piede va portato all’altezza dell’orecchio, come nell’espressione akar‘a posta davanti a un asana, nella quale il prefisso a- dà il senso di “vicino a”. KA>YAPA: [rif. mito] secondo la mitologia hindu, •xi autore di diversi inni dei Veda. È figlio di Marici e nipote di Brahma, è anche padre di Vivasvat (il sole), a sua volta padre di Manu. Si narra che Ka.yapa sposò tredici figlie di Dakxa, tra cui Aditi e Diti. Con le altre sorelle, Ka.yapa diede vita a numerose stirpi di esseri, come rettili, uccelli, ninfe delle costellazioni lunari: è anche padre di Surya, dio del sole. Per questo viene anche identificato con Prajapati, “Signore della creazione”. A lui è dedicato un asana, Ka.yapasana. KAU†DINYA: [rif. mito] nome di un saggio e grammatico, appartenente alla famiglia di Vasixtha. Egli offese >iva e si salvò dall’ira del dio solo grazie all’intervento di Vix‘u: perciò viene anche detto Vix‘u – gupta, “salvato (nascosto) da Vix‘u”. Un asana è dedicato a lui, Kau‘dinyasana. KAYA–MUDRA: mudra del corpo. Sono posture che combinano asana, pra‘a e dhara‘a. KEVALA KUMBHAKA: atto spontaneo del trattenere il respiro. Si ottiene solo dopo una certa pratica del pra‘ayama: i polmoni cessano la loro attività e si ottiene una visione superiore della realtà. Vedi kumbhaka. KLE>A:

miseria, dolore. Per estensione kle.a indica anche tutto ciò che contribuisce a causare le sofferenze dell’essere umano: ignoranza (avidya), egoismo (asmita), desiderio (raga), rabbia (dvexa), adesione alla vita e timore della morte (abhinive.a). Si tratta di crucci mentali e appannamenti GLOSSARIO

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emotivi che ci impediscono di vedere chiaramente la realtà e di interpretare correttamente le situazioni della vita. I kle.a possono presentarsi in due forme differenti: conscia e palese oppure inconscia e latente. KO>A:

corpo. I ko.a rappresentano i cinque strati dell’animo umano, sono i vari “involucri” che rivestono l’essenza spirituale dell’uomo (atman) e forniscono l’itinerario del viaggio all’interno di noi stessi: dagli strati più periferici del corpo fino al centro più profondo, l’anima. I ko.a sono al tempo stesso uno strumento concreto e contemplativo che può aiutare a rendere più reale la pratica e sviluppare la sensibilità verso energie vitali.

K”KARA: uccellino; terzo degli upa – pra‘a. Genera fame e sete, starnuti e tosse. K”X†A:

il nero. Ottavo avatara di Vix‘u; nella Bhagavad Gita è un principe, uno dei personaggi, ma di fatto è l’incarnazione dell’Assoluto che fornisce una nuova interpretazione del karman.

KRIYA:

azione, rito religioso. Nello yoga, atto purificatorio. Vedi xatkarman.

KRIYA YOGA: una pratica spirituale tesa all’incontro con il divino, all’appagamento di un bisogno che si risolve nel momento supremo del samadhi, ossia del contatto con l’Assoluto. La meditazione connessa a questo metodo prevede tecniche rigorose: si tratta di pratiche cognitive, trasmettibili soltanto da maestro ad allievo. Questo stile è stato tramandato dal maestro Babaji, per essere poi insegnato nel mondo occidentale da Paramahansa Yogananda verso la metà del XX secolo. 76

KRUÑCA: [rif. mito] airone. È il nome di un asana, Kruñcasana, ma è anche il nome di un monte nipote dell’Himalaya e di un passo tra le montagne, che sarebbe stato aperto in vari modi. Secondo una versione, l’avatara Para.urama avrebbe aperto un varco con le sue frecce per tracciare un passaggio dalla dimora di >iva verso sud. In un’altra versione, la montagna fu chiamata a testimoniare in una disputa tra Indra e Karttikeya, il dio della guerra: quest’ultimo la trafisse con la sua lancia poiché Kruñca diede ragione a Indra. KRUÑCASANA: in questo asana si parte seduti con le gambe allungate. Se ne flette una a fianco del bacino e si stende l’altra verso l’alto, afferrando il piede con le mani. (Approfondisci su yogajournal.it)

KRUÑCASANA

KUKKUTASANA: [G. S.] kukkuta è il gallo. In questo asana il corpo, con le gambe in Padmasana, viene sollevato da terra sostenendosi solo sulle braccia, come se fosse un galletto in piedi sulle zampe.

KUKKUTASANA GLOSSARIO

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KUMBHAKA: ritenzione del respiro. Seconda fase del pra‘ayama, durante la quale si trattiene il respiro. Può essere di tre tipi: antara, bahya, kevala kumbhaka. KU†DALINI: l’Avvolta. Secondo il tantra, è l’energia che giace sopita nel corpo umano, alla base della colonna vertebrale ed è visualizzata come un serpente attorcigliato attorno all’asse centrale del muladhara cakra; corrisponde alla >akti, l’energia della dea che va risvegliata tramite lo yoga e il tantra. La ku‘dalini latente impedisce il distacco dalla realtà e la consapevolezza dell’unione con l’Assoluto, alimentando l’illusione (maya); una volta smossa dalla sua sede, s’innalza lungo la colonna vertebrale e attraversa tutti i cakra fino ad arrivare al sahasrara, dove realizza l’unione mistica con >iva. L’immagine del serpente è associata all’acqua, quindi alla fertilità e alla Dea Madre; di fatto, secondo il tantra, la ku‘dalini o >akti è la forza femminile generatrice dell’universo. KU†DALINI–YOGA: yoga della ku‘dalini. Diffuso in Occidente da Yogi Bhajan (1929 - 2004), questo metodo mira a risvegliare l’energia spirituale che sta alla base della spina dorsale, visualizzata come un serpente arrotolato e sopito, chiamato appunto Kundalini. Detto anche “yoga della consapevolezza”, è uno stile che presta molta attenzione al potenziamento dell’energia, attraverso sequenze e tecniche di respirazione focalizzate sui sette cakra, indicate per raggiungere livelli superiori di coscienza. Le pratiche, fisiche e mentali, prevedono: sequenze di asana, movimenti ritmati del respiro, canti di mantra, meditazione, concentrazione e rilassamento. Una tecnica peculiare del Kundalini Yoga è il Sat Nam Rasayan, l’Arte della cura (che vuol dire “rilassamento 78

profondo nel nome del divino”). Si tratta di una pratica spirituale della tradizione Sikh tesa a curare attraverso forme di meditazione e l’espansione della coscienza. Esistono diverse interpretazioni e varianti dell’insegnamento di Yogi Bhajan, che hanno dato origine a varie scuole e tendenze. KURMA: Secondo la mitologia hindu, nel di­ lu­ vio universale erano andati persi molti tesori divini, tra­cui la preziosa am•ta con cui gli dèi preservano la loro giovinezza. Per recuperare i tesori, gli dèi decisero di rimestare le acque dell’oceano cosmico. Così Vix‘u si incarnò in una tartaruga per tuffarsi e raggiungere il fondo dell’oceano primordiale, portando sul suo dor­so il Monte Mandara che avrebbe fatto da bastone, a cui­era stato attorcigliato il serpente Vasuki come cor­da per far girare il bastone e smuovere le acque. Dal­l’o­ceano emersero dunque i tesori, le “quattordici cose da desiderare”, tra cui l’am•ta, il prezioso gioiello Kaustubha e la dea Lakxmi. Gli studiosi si riferiscono a­questo episodio come al “sommovimento dell’oceano”. Vedi Kurmasana. KURMASANA: [G. S.] kurma è la tartaruga, avatara del dio Vix‘u: proprio alla sua incarnazione è dedicato questo asana, non particolarmente facile. Richiede una buona elasticità delle articolazioni, si svolge da seduti e nella posizione finale la schiena sembra il dorso di una tartaruga, da cui fuoriescono le quattro zampe.

KURMASANA

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l

LAKXMI: dea della prosperità e della bellezza, consorte di Vix‘u e madre di Kama, il dio dell’amore. LAYA–YOGA: yoga della dissoluzione. Il fine ultimo è la dissoluzione della mente nel para – Brahman, la Realtà suprema; tale Realtà, come nel tantra, è intesa come unione di puruxa e prak•ti, rispettivamente alla sommità e alla base della colonna vertebrale. Vanno ricongiunti tramite l’ascesa della ku‘dalini. LILA:

gioco. Secondo alcune parti dei Veda, la creazione e la distruzione del mondo sono manifestazioni del gioco divino di Brahma; associato anche a K•x‘a che gioca con le gopi (pastorelle sue amanti), è una manifestazione di totale spontaneità, libera da condizionamenti.

LINGA: segno, emblema. Simbolo di >iva, è un simulacro di pietra levigata di forma fallica. Simboleggia la presenza del dio nel luogo in cui si trova, ma ha anche funzione complementare alla yoni poiché rappresenta il sesso maschile del dio: l’unione dei due principi è fondamentale nel tantra.

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m

MAHA–BANDHA: grande bandha. È il quarto bandha ed è una combinazione dei primi tre. MAHABHARATA: il poema sulla guerra tra i discendenti di Bharata. Uno dei due grandi poemi epici (insieme al Ramaya‘a) della mitologia hindu, costituito da materiale risalente a un periodo compreso tra il V sec. a.C. e il III sec. d.C. L’autore sarebbe il leggendario saggio Vyasa, a cui l’avrebbe dettato il dio Ga‘e.a. Narra della guerra tra i cugini Pa‘dava e Kaurava, sul campo di battaglia Kurukxetra, per il regno di Hastinapura. Vedi Bhagavad Gita. MAHE>VARA: maha I.vara, ovvero “grande I.vara”, grande Si­ gno­re. È un altro degli appellativi di >iva nello yoga, il Signore supremo con cui fondersi nella meditazione. MAKARA: [rif. mito] coccodrillo. Nome di un essere acquatico semidivino, un coccodrillo dalla coda a forma di loto, che è il veicolo su cui si muove il dio Varu‘a. È considerato fonte di vita perché reca l’acqua, simbolo di fertilità, a coloro che agiscono correttamente. Vedi Makarasana. 82

MAKARASANA: [G. S.] in questa postura, sdraiati a terra e con la testa sollevata tra le mani, si assomiglia ad un coccodrillo che tende il collo verso l’alto.

MAKARASANA

MANA–MUDRA: mudra della testa. Pratiche per gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua e le labbra; sono molto usati nel ku‘dalini – yoga. MA†DALA: cerchio. Il mandala è un diagramma circolare che può includere al suo interno varie altre forme geometriche e antropomorfe ed è composto da più parti tutte equidistanti dal centro. Costituisce una forma geometrica dell’universo ridotta all’essenziale. Lo scopo della meditazione su un mandala è la realizzazione di se stessi nel molteplice e del molteplice nell’individuo. Si rivive il processo di creazione e distruzione eterna della vita e del cosmo. MA†DUKASANA: [G. S.] ma‘duka è la rana, chiamata in hindi anche bheka. Questo asana, particolarmente difficile, implica un piegamento e uno stiramento delle gambe tali da far sembrare il corpo in posizione simile ad una rana seduta, con le zampe posteriori piegate. MA†IPURA–CAKRA: cakra della città dei gioielli. È il terzo cakra, posto dietro l’ombelico; è il plesso solare, centro del fuoco. È legato all’ambizione, all’auto – realizzazione. MANOMAYA–KO>A: corpo mentale. È uno dei cinque ko.a GLOSSARIO 83 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

(strati) dell’essere umano. Fa parte del “corpo sottile”. Corrisponde al sistema nervoso e si esprime sotto forma di onde di pensiero e consapevolezza. MANTRA: strumento per pensare, formula sacrificale, verso mi­ sti­­co. Formule polisillabiche o di una sola sillaba, evocatrici di forze cosmiche; servono come strumento di meditazione, tramite la loro ripetizione si entra in contatto con l’Assoluto. È importante il suono più che il senso. MANTRA–YOGA: yoga dei mantra. Si basa sull’uso delle formule sacre ed è più diffuso in ambiente tantrico. Viene af­ fiancato ad altre pratiche come hatha yoga e raja yoga. MANU:

[rif. mito] uomo. È l’uomo per eccellenza, il padre dell’umanità: sono quattordici i Manu progenitori, che regnano lungo le varie epoche. Quello attuale è detto Vaivasvata poiché figlio di Vivasvat (il sole) ed è collegato al mito del diluvio, in cui interviene l’avatara Matsya (il pesce).

MARICI: [rif. mito] uno dei •xi a cui furono rivelati i Veda, figlio di Brahma e padre di Ka.yapa. A lui è dedicato un asana, Maricyasana. (Approfondisci su yogajournal.it)

MARICYASANA

MARUT: [rif. mito] divinità della tempesta, aiutanti di Indra, a 84

volte identificati coi monsoni. Secondo il Ramaya‘a e i Pura‘a furono generati da Diti: Indra scagliò un fulmine su di un figlio non nato di Diti, che si frantumò in quarantanove parti a cui il dio diede vita col nome di Marut, dalla radice ma – rodih, “non piangere”. Per altri, la radice del nome potrebbe essere ma – rutah, “dal ritmico suono” o mahad – dru, “coloro che si muovono molto”. MATSYA: [rif. mito] pesce. Matsya è la prima delle incarnazioni (avatara) del dio Vix‘u. Nel diluvio universale che sommerse la terra durante l’età dell’oro o K•ta Yuga (la prima delle quattro epoche, o yuga, in cui la cosmologia hindu suddivide la storia dell’umanità) Vix‘u si incarnò in un pesciolino e apparve a Manu, consigliandogli di costruire una nave su cui accogliere tutti i •xi, le creature e i semi di ogni cosa. Manu obbedì e Matsya, trasformatosi in un pesce gigante, agganciò la nave col suo corno e la trasportò fin sulle cime dell’Himalaya, dove scampò al diluvio. Vedi Matsyasana. MATSYASANA: [G. S.] in questa posizione le gambe sono in Padmasana e la schiena riversa all’indietro: il corpo visto dall’alto assomiglia alla forma di un pesce. (Approfondisci su yogajournal.it)

MATSYASANA

GLOSSARIO

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MATSYENDRA/MATSYENDRANATHA: [rif. mito] fu il primo guru dei Natha – yogin e guru di Gorakh, originario del Bengala (XI sec. circa). Fu tra i primi a sostenere che, prima di intraprendere le pratiche di meditazione e di yoga, il corpo va purificato. La leggenda che lo riguarda, narra che il dio >iva andò un giorno su un’isola abbandonata per spiegare alla sua consorte Parvati i segreti dello yoga. Un pesce, vicino alla riva, ascoltò tutto con molta attenzione: >iva si rese conto che il pesce aveva imparato lo yoga, lo spruzzò con dell’acqua e il pesce prese la forma di Matsyendra, “Signore dei pesci”. Fu così che cominciò a diffondere lo yoga attraverso i suoi insegnamenti. A lui è dedicata una posizione dello yoga, Matsyendrasana: vedi Ardha Matsyendrasana. MAYA: letteralmente illusione, inganno. Che nella nostra quotidianità si traduce in “falsa percezione della realtà”. Nell’India antica maya interpretava la capacità degli dei di manifestarsi e trasformarsi in infinite forme, ma proprio per questo potere finiva per confondere gli uomini e celare loro la vera natura della realtà. Oggi, nel terzo millennio, maya è il nascondersi dietro le maschere, interpretando ruoli sociali non sentiti e opportunistici, il rincorrere modelli precostituiti. I rimorsi, i sensi di colpa, i rimpianti, le aspettative, sono i moderni aspetti di questa “illusione”. Combatterla significa non fermarsi alle apparenze, non aggrapparsi caparbiamente ai punti di vista, già definiti, ma avere il coraggio di vedersi e di vedere, di ascoltarsi e di ascoltare in maniera obiettiva, serena, non giudicante e accogliente, qui e ora, nel presente. Squarciare il velo di maya, oggi, è assumersi la responsabilità di essere ciò che siamo. 86

MIMA„SA: indagine, esegesi. È il dar.ana in cui si affronta una trattazione sistematica dei testi vedici, al fine di consentirne una interpretazione corretta e quindi l’efficace esecuzione dei riti sacrificali, e delle Upanixad. Fondato da Jaimini attorno al II secolo. MOKXA: liberazione dal sa…sara, fuoriuscita dal ciclo delle rina-scite, estinzione del karman. Viene raggiunta tramite il cammino spirituale che passa, in ultimo, attraverso la fase di sa…nyasin e l’illuminazione finale, ovvero la consapevolezza dell’unione con il principio assoluto o brahman. M”TASANA: [G. S.] posizione del morto (m•ta). Vedi >avasana. MUDRA: gesto, posa, sigillo. I mudra possono essere semplici gesti di una mano, o una complessa combinazione di asana, pra‘ayama e bandha. Sono posture fisse e ripetitive, che servono a creare delle barriere fisiche per dirigere il pra‘a verso i cakra, invece di disperderlo verso l’esterno. Sono divisi in cinque gruppi: hasta, mana, kaya, bandha, adhara mudra. MUKHA: [pre as.] bocca, faccia. MUKTA: [pre as.] libero. Negli asana si utilizza nel senso di “senza”, come nell’espressione mukta hasta che significa “senza mani” e indica un asana in cui viene meno il sostegno delle mani per la postura finale. MUKTASANA: [G. S.] mukta significa “libero”, in termini filosofici indica la liberazione dal sa…sara, l’ottenimento dell’illuminazione a cui contribuisce il corretto GLOSSARIO

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svolgimento della posizione. Questo asana si svolge stando seduti, con le caviglie poste sotto e sopra la zona pubica e la schiena ben diritta. MUKTI:

liberazione, beatitudine finale. Vedi mokxa.

MULA–BANDHA: contrazione della radice. È il bandha associato al brahma – granthi. MULADHARA–CAKRA: cakra del sostegno della radice. È il primo cakra, posto alla base della colonna vertebrale; è associato all’olfatto. È la sede della ku‘dalini dormiente.

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GLOSSARIO

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n

NABHI:

ombelico. Si trova in corrispondenza del ma‘ipura – cakra.

NADA:

forte suono. Sono risonanze vibranti che costituiscono i raggi del cakra. È il suono cosmico, inteso nel tantra come unione tra maschile e femminile; infatti, come simbolo di >iva, interagisce col bindu.

NADA YOGA: conosciuto anche come “Yoga del Suono”, è un’antica tecnica indiana di musicoterapia, portata in Occidente, a cominciare dagli anni ‘70, da Venu Mukunda. Il principio base è che ogni elemento (uomini, animali, vegetali, molecole e atomi) ha una propria vibrazione naturale detta “tonica”, le cui caratteristiche (timbro e altezza) possono variare a seconda delle emozioni e del livello di consapevolezza. Quando questo ritmo si altera, si crea uno stato di malessere che, in alcuni casi, può sfociare in un principio di malattia. Il Nada Yoga consiste nell’usare la voce e i suoni come strumenti di guarigione. Si eliminano così ansia e stress, favorendo rilassamento, pace interiore e autorealizzazione. Il Nada Yoga propone il mantra A-OUM in scala ascendente per collegare ombelico-cuoretesta. Lo scopo è quello di innalzare l’energia per rendere consapevolmente più “raffinata” e spirituale la grezza energia viscerale, passando attraverso il cuore. 90

NADI:

canale. Nello yoga indica i canali del corpo sottile, attraverso i quali passa il flusso energetico sprigionato dalla pratica dello yoga. Secondo l’hatha yoga, hanno origine nel kanda (bulbo), organo posto all’interno del muladhara cakra. Le tre nadi principali sono: ida, pingala, suxumna.

NAGA:

serpente; primo degli upa – pra‘a. Produce il singhiozzo e le emissioni di fiato dalla bocca.

NARASI„HA: [rif. mito] da nara, “uomo” e si…ha, “leone”, è l’uomo – leone, quarto avatara di Vix‘u. Secondo la mitologia hindu, il dio assunse i panni di Narasi…ha per combattere il re demone Hira‘yaka.ipu, al quale il dio Brahma aveva fatto una concessione: il demone non poteva essere ucciso né da un dio, né da un uomo, né da un animale e neppure avrebbe potuto essere ucciso dentro o fuori casa sua, per terra o per mare, di notte o di giorno. Credendosi così invincibile, Hira‘yaka.ipu tormentava sia gli dèi che gli esseri umani, persino il suo stesso figlio Prahlada, devoto di Vix‘u. Per porre fine alle sue angherie, Vix‘u emerse da un pilastro di pietra e si incarnò in una figura per metà uomo e metà bestia: all’alba, il momento in cui non è più notte e non ancora giorno, Narasi…ha sollevò in aria Hira‘yaka.ipu e lo uccise sulla soglia del suo palazzo. Vedi Si…hasana. NATARAJA: [rif. mito] re della danza. Epiteto di >iva, a cui è ispirata una posizione tra le più coreografiche dello yoga, Natarajasana. La postura imita appunto le raffigurazioni classiche della danza di >iva, chiamata Ta‘dava, con la quale il dio crea, mantiene o distrugge l’ordine cosmico: di solito viene rappresentato con un piede sollevato, che simbolizza lo stato ultraterreno e con un piede a terra, mentre schiaccia un demone simbolo di ignoranza e attaccamento alle cose materiali. GLOSSARIO

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NATARAJASANA: in piedi con le gambe unite, se ne solleva una flessa all’indietro e con entrambe le mani si afferra il piede. (Approfondisci su yogajournal.it)

NATARAJASANA

NATHA:

signore. È I.vara; il termine indica anche i nove maestri supremi di hatha yoga.

NATHA–YOGIN: nome dei seguaci di un tipo di yoga che si ritiene fosse stato rivelato da >iva stesso, è un movimento sorto attorno al XII sec. Ritiene fondamentale l’hatha yoga per purificare e perfezionare il corpo, strumento indispensabile per raggiungere la liberazione in vita. Vedi Gorakh, Matsyendranatha. NAULI:

è uno degli xatkarman, un metodo per massaggiare e rinforzare gli organi addominali.

NETI:

naso. Uno degli xatkarman: tecniche di pulizia e purificazione delle narici.

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NIRALAMBA: [pre as.] da nir, “lontano da, senza” e alamba, “sostegno, puntello”, niralamba significa “senza supporto”. Si trova davanti ad asana difficili, da realizzarsi senza il sostegno di nessuna parte del corpo. NIRVA†A: estinzione, cessazione. È il raggiungimento del fine ultimo, cioè la liberazione dalle rinascite, uno stato libero e incondizionato. NIYAMA: osservanza. È il secondo yoganga. Prevede la purificazione corporale, lo studio rigoroso dei testi, pratiche che avviano lo yogin al graduale distacco dalla vita quotidiana e dal corpo. NYAYA:

metodo, sillogismo. È uno dei sei dar.ana; si basa sulla logica e sulla sua applicazione alla conoscenza della realtà circostante. Tramite il ragionamento logico si giunge alla vera conoscenza, dunque alla liberazione. Fondato da Gotama (VI-III sec. a.C.).

GLOSSARIO

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Visita il sito www.yogajournal.it Yoga Journal è la prima rivista mensile italiana su cultura e pratiche dello yoga, benessere, salute, viaggi, alimentazione e bellezza.

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OM™:

o

sillaba sacra, suono primordiale. È la vocale lunga “u” nasale. I tre fonemi di cui è composta (a + u + m) simboleggiano la struttura dell’universo, suddiviso nei tre mondi (triloka): l’om™ è l’asse di collegamento tra di essi. Le tre componenti sono anche simbolo della trimurti, per cui “a” è Vix‘u, “u” è >iva e “m” è Brahma: l’unione dei tre porta all’Assoluto. È un mantra di meditazione, identificato con l’Assoluto stesso ed essenza di ogni cosa. Nello yoga, la mezzaluna (kala) posta sopra l’om™ è simbolo di >iva, mentre il punto (bindu) rappresenta lo stato contratto della >akti, la creazione prima di manifestarsi: è quindi l’unione dei due principi, infatti la ripetizione (japa) di questo mantra di per sé può risvegliare la ku‘dalini.

GLOSSARIO

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Infinito Verso lo stato ultimo Sonno senza sogni Sogno

Veglia

La grafica del sacro

La sillaba OM™ viene comunemente raffigurata tramite un simbolo grafico composto da tre linee ricurve, cui si sovrappongono un semicerchio, a forma di mezzaluna, e un punto. Curva inferiore. È la più grande e raffigura lo stato di veglia. Curva sulla destra. È il simbolo dello stato di sogno. Curva superiore. Evoca il sonno senza sogni. Il semicerchio. Sottolinea il salto dai tre stati precedenti al successivo, l’ultimo. Il punto. È il quarto stato di coscienza, quello ineffabile e infinito.

GLOSSARIO

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PADA:

p

[pre as.] gamba. Indica asana da svolgersi in piedi, o in cui le gambe sono protagoniste della postura finale o sottoposte a stiramento.

PADMA: loto. 1. Nome di un asana. 2. I cakra vengono rappresentati a forma di fiori di loto, il cui numero di petali è simbolico a seconda del numero di nadi e dell’elemento naturale a cui è associato. Il loto rappresenta, con la sua particolare natura di fiore che affonda le radici nel fango, i tre stadi spirituali attraverso i quali lo yogin deve passare: ignoranza, aspirazione e illuminazione. PADMASANA: [G. S.] da padma, “loto”, questo è l’asana più classico e rappresentativo dello yoga, ovvero la “posizione del loto”. Utile per la meditazione avanzata, per il perfetto controllo del respiro e del fluire dell’energia lungo la colonna vertebrale, in genere si sta seduti con le mani in jñana mudra. Secondo la Ghera‘da Sa…hita, le braccia si incrociano dietro la schiena per andare ad afferrare con le mani l’alluce corrispondente. 98

PADMASANA



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PARAMA–HA„SA: supremo ha…sa. È l’asceta che, attraverso lo yoga, ha ottenuto il completo controllo della mente. PARIPUR†A: [pre as.] pieno, completo. Indica un asana svolto per intero e non nelle versioni di base o facilitate. PARIPUR†A NAVASANA: paripur‘a significa “completo”, nava significa “nave”. Il corpo in questa posizione assomiglia ad una nave a remi e richiede molto equilibrio. Serve a tonificare i fianchi e a dare sollievo ai disturbi gastrici. (Approfondisci su yogajournal.it)

PARIPUR†A navasana

PARIV”TTA: [pre as.] ribaltato, girato all’indietro. Variante del­l’a­

GLOSSARIO

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sana di base, svolto voltando la schiena dal lato opposto in un movimento di rotazione.

PAR>VA: [pre as.] fianco, lato. L’asana viene eseguito poggiandosi su un fianco del corpo, oppure lateralmente. PAR>VOTTANASANA: par.va significa “fianco”, uttana indica un intenso stiramento, quindi in questa asana i fianchi verranno sottoposti ad uno sforzo intenso. Si esegue in piedi, con le gambe a triangolo e ci si piega sul fianco che viene così teso.

PAR>VOTTANASANA

PARVATI: dea della montagna. Figlia dell’Himalaya e sorella del Gange, è consorte di >iva e madre di Ga‘e.a, il dio dalla testa di elefante. PA>CIMOTTANASANA (o UGRASANA): [G. S.] pa.cima indica l’ovest, ma anche qualcosa che “sta dietro”. Nello yoga si riferisce infatti alla parte posteriore del corpo, dalla testa ai talloni: la parte frontale corrisponde all’est, la sommità del capo è la parte superiore, il nord, mentre i talloni e le piante dei piedi sono la parte inferiore, o sud, del corpo. Uttana significa “teso”: in questo asana il dorso del corpo viene sottoposto ad un intenso 100

stiramento, per estendere al massimo la colonna vertebrale. È conosciuto anche come Ugrasana, in cui ugra ha il significato di “potente, forte, violento”.

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PA>CIMOTTANASANA

PATAÑJALI: compilatore degli Yoga Sutra. È una figura avvolta nella leggenda della tradizione, per la mancanza di dati storici è difficile stabilire il periodo in cui sia vissuto: si presume sia tra il II e il IV–V secolo. PHALA:

frutto. È il frutto di ogni azione, ciò per cui l’uomo è spinto ad agire; il desiderio di tale frutto è alla base dell’attaccamento ai beni terreni.

PINCHA MAYURASANA: [G. S.] pincha significa “piuma”, o “mento”, mayura è il pavone. Quando arriva la stagione delle piogge, il pavone pratica la sua danza che comincia sollevando a ventaglio le piume variopinte della coda: in questo asana il busto e le gambe sono sollevate da terra e il corpo si bilancia sulle mani e sulla fronte, facendolo assomigliare ad un pavone sul punto di iniziare la sua danza. PINCHA MAYURASANA

GLOSSARIO

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PINGALA: è il nome della nadi emanata dal lato destro del muladhara cakra, la quale risale la colonna vertebrale verso l’alto in maniera opposta a ida, per terminare al lato destro dell’ ajña – cakra. Rappresenta il lato attivo, estroverso e maschile dell’animo umano ed è nota anche come surya nadi (nadi del sole). È una forza positiva. PITTA:

bile. È uno dei tre doxa.

PRAK”TI: natura primordiale. Indica la materia originaria di cui è composto l’universo, è la creazione stessa; nel Sa…khya è opposta al puruxa. Nel tantra, la >akti è la prak•ti, cioè l’elemento femminile dinamico che manifesta la creazione. PRA†A:

respiro, soffio vitale. 1. Una delle pratiche dello yoga è il controllo del respiro (pra‘ayama). 2. È il nome di uno dei cinque pra‘a del pra‘amaya ko.a, quello che presiede agli organi di respirazione e della parola. 3. I cinque pra‘a principali del pra‘amaya ko.a sono: pra‘a, apana, samana, udana, vyana.

PRA†AMAYA – KO>A: corpo dell’energia vitale. È uno dei cinque ko.a (strati) dell’essere umano. Fa parte del “corpo sottile”, in quanto non è visibile e non può essere toccato, ma ha effetto sul corpo fisico. Interessa i sistemi circolatorio e respiratorio. Vedi ko.a. PRA†AYAMA: controllo del soffio vitale. È il quarto yoganga, integra la disciplina degli asana; permette di controllare l’attività biologica dell’organismo e coadiuva lo svolgimento delle posizioni. Il controllo del respiro consente di rallentare circolazione sanguigna, battito cardiaco e funzioni vitali, favorendo un lento distacco dal corpo e dalla realtà 102

materiale circostante. Si suddivide in tre fasi: puraka, kumbhaka, recaka. Le varianti di pra‘ayama citate nei testi tradizionali sono: anuloma – viloma (prodotto in ordine inverso), bhastrika (mantice), bhramari (ape), murcha (deli-quio), plavini (galleggiante), .itali (rinfrescante), sitkari (emissione del suono sit), surya bhedana (perforazione del sole), ujjayi (che dà la vittoria). PRASARITA: [pre as.] tenuto in avanti, steso, teso. In un asana, indica uno stiramento particolarmente intenso. PRASARITA PADOTTANASANA: prasarita significa “esteso”, pada è gamba e uttana “teso”. È un asana che si svolge in piedi, in cui le gambe vengono tese e tirate intensamente e il peso del corpo si scarica su di esse.

PRASARITA PADOTTANASANA

PRATYAHARA: ritrazione dei sensi. È il quinto yoganga; segna l’inizio delle fasi spirituali dello yoga, l’interiorizzazione. La mente comincia a distaccarsi dagli stimoli esterni, materiali. PUJA:

adorazione, venerazione. È il rito di offerta agli dèi. GLOSSARIO

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PURAKA: corrente, effusione. È la prima fase del pra‘ayama, ovvero l’inspirazione. PURA†A: antico. È il termine con cui si definisce una letteratura che raccoglie leggende, usanze, tradizioni molto variegate e risalenti ad epoche diverse tra loro. I testi si suddividono tra Pura‘a maggiori e minori, redatti da autori diversi tra il VI e X secolo. Nascono dalla necessità popolare di dedicare scritti alla propria divinità di riferimento, frutto delle molte sette devote a Vix‘u, >iva e altri dèi. Contengono innumerevoli varianti dei principali miti hindu. PURUXA: uomo. 1. Nei Veda, è l’uomo cosmico dal cui sacrificio rituale sorse l’universo. 2. Nel Sa…khya è il principio di coscienza e intelligenza, eterno e immateriale, opposto alla prak•ti. 3. Nel tantra è il principio spirituale, maschile complementare alla >akti. PURVA: [pre as.] primo, precedente, oppure “ad est”. Negli asana indica la parte anteriore del corpo, dalla fronte fino alle dita dei piedi.

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GLOSSARIO

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RAGA:

r

fiamma del desiderio che rende schiavi del piacere. È uno dei cinque kle.a (afflizioni) della vita: impedisce di abbandonare le comodità per passare a uno stadio di maggiore elevazione.

RAJA–YOGA: yoga regale. È quello che si ispira in modo più sistematico agli “Yoga Sutra” di Patañjali. Questo metodo si pone come obiettivo la realizzazione della completa coscienza, raggiungibile solo attraverso la meditazione. Il Raja Yoga è anche lo yoga della purificazione mentale: non-violenza, consapevolezza, pranayama, meditazione, concentrazione e altri esercizi di consapevolezza mentale che portano al samadhi (lo stato alterato della coscienza in cui si prova la suprema beatitudine). Secondo l’interpretazione filosofica più elevata, sarebbe la fusione del sé individuale con il Sé supremo. Conduce alla quiete della realizzazione, definisce lo stato di coscienza integrale, cioè di consapevolezza pienamente sviluppata e incentrata sull’essenza della vita liberata da qualsiasi condizionamento. In questo stile non viene data 106

grande rilevanza alla parte più propriamente fisica dell’esecuzione degli asana. RAJAS:

emozione, desiderio. Uno dei tre gu‘a, elemento della passione, dell’irrequietezza.

RAMA:

il bello. Settima incarnazione o avatara di Vix‘u. Figlio di Da.aratha, re di Ayodhya, le sue gesta sono narrate nel poema epico Ramaya‘a. Insieme a K•x‘a, è una delle divinità oggetto di maggiore devozione da parte degli hindu. Rama e Sita sono l’emblema del marito e della moglie fedeli e innamorati.

RAMAYA†A: il più antico poema epico indiano scritto in sanscrito, il cui protagonista è Rama. La tradizione attribuisce il testo al poeta Valmiki (II sec. a.C.), il nucleo originario della storia è comunque molto più antico. Rama, primogenito del re di Ayodhya, viene usurpato del trono a causa della matrigna Kaikeyi in favore del fratellastro Bharata. L’eroe finisce in esilio nella foresta insieme alla moglie Sita e a un altro fratellastro, Lakxma‘a, ma Sita viene rapita dal demone Rava‘a e portata nella sua dimora sull’isola di Lanka. Solo dopo molte avventure e grazie all’aiuto di Hanuman e del suo esercito di scimmie, riesce a riscattare la moglie e a uccidere il demone. RASA:

succo, sapore. È uno dei cinque elementi sottili (tanmatra) che svolgono un’importante funzione nella percezione del mondo esterno da parte del corpo. Si troverebbe sotto forma di am•ta al centro del sahasrara; le tecniche di hatha yoga dovrebbero servire a bloccarne la fuoriuscita e a tenerlo lì concentrato, in modo da raggiungere l’immortalità con il suo assorbimento. GLOSSARIO

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RECAKA: che emette il respiro. È la terza fase del pra‘ayama, l’espirazione. ”GVEDA: Veda degli inni. È la parte più antica dei Veda, concluso attorno al 1000 a.C.; è una raccolta di 1028 inni dedicati alle divinità hindu, recitati da un bramano hot•. ”XI:

cantore di inni sacri, veggente, saggio. Indica anche i leggendari autori dei Veda, detti maha •xi (grandi •xi).

RUDRA–GRANTHI: granthi del dio Rudra. Terzo granthi, associato agli ultimi due cakra. Quando il nodo finale viene sciolto, l’ego scompare e lascia posto alla contemplazione dell’Assoluto. RUPA:

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forma. È la forma esteriore del divino e di ogni cosa materiale. Negli Yoga Sutra è la bellezza, una caratteristica della perfezione del corpo.

s

SACCIDANANDA: sat/cit/ananda, ente/coscienza/beatitudine. Queste tre parole sono le più ricorrenti nelle Upanixad per riferirsi all’Assoluto; per il Vedanta, sono gli strumenti a disposizione della mente umana per accostarsi al Supremo. SAHASRARA: mille. Considerato il settimo cakra, ha forma di loto dai mille petali; è il centro della coscienza suprema, situato in cima al capo. Qui avviene l’unione mistica di >iva e >akti, è il punto d’arrivo della ku‘dalini. SALAMBA: [pre as.] termine composto da sa, “con, insieme a” e da alamba, “puntello, sostegno”, salamba indica qualcosa che ha un appoggio. Negli asana, significa che per svolgere una posizione una parte del corpo fa da sostegno al resto, fornendo un aiuto per completare l’asana. SALAMBA SARVANGASANA: salamba significa “appoggiato, sostenuto”. In questo caso, sono le braccia a tenere in equilibrio il fisico durante l’esecuzione. Sarvanga è GLOSSARIO 109 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

com­posto da sarva, “tutto, intero” e da anga, “parte, membro”: infatti tutte le membra del corpo sono coinvolte nell’esercizio e beneficiano degli effetti della posizione.

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SALAMBA SARVANGASANA

SAMADHI: unione, perfetto raccoglimento. È l’ultimo yoganga, l’enstasi, il grado più elevato di contemplazione in cui la coscienza del praticante perde la nozione di dif­ ferenziazione tra sé e l’oggetto contemplato. A que­sto punto lo yogin è pronto per completare la sua ascesi. SAMANA: omogeneo, comune. Uno dei cinque pra‘a del pra‘amaya – ko.a; è situato tra cuore e ombelico e controlla il cuore e tutto il sistema digestivo e circolatorio. SAMAVEDA: Veda dei canti. È il secondo Veda; le strofe sono accompagnate da indicazioni musicali in modo da costituire dei canti liturgici per accompagnare la preparazione e l’offerta del soma. Il sacerdote addetto ai canti è l’udgat•. SANKATASANA: [G. S.] sankata significa “contratto, stretto”. In 110

questo asana infatti una delle due gambe si attorciglia intorno all’altra, stirandosi. SA„KHYA: calcolo, enumerazione. È uno dei sei dar.ana, il sistema della fisica hindu. Il Sa…khya si basa sulla distinzione fondamentale tra prak•ti, natura, materia primordiale e puruxa, spirito, essenza immateriale, i due principi alla base dell’esistenza. Fondato dal saggio Kapila attorno al VI sec. a.C., viene esposto nella “Sa…khya – karika” (karika significa “strofe”) di I.varak•x‘a (IV-V secolo). SA„NYASIN: rinunciante. È l’asceta per eccellenza, giunto allo stadio finale di distacco dalla società e dai bisogni del corpo, che ha rinunciato al mondo e ai beni terreni e vive come un mendicante. Pratica la meditazione per giungere al mokxa. SA„SARA: trasmigrazione, passaggio. Indica nell’hinduismo il ciclo delle rinascite di cui l’uomo è inconsapevolmente prigioniero. Per liberare l’atman dal sa…sara e far sì che si ricongiunga al Brahman, l’uomo deve svincolarsi dall’ignoranza che gli impedisce di conoscere l’Assoluto. È legato al concetto di karman. SA„SKARA: 1. Rito. 2. Stratificazioni. Indica le inclinazioni na­ sco­ste individuali che derivano dalle esperienze vissute nelle vite precedenti, residuo di karman che concorre a formare la coscienza dell’individuo nella rinascita seguente. SAT:

ciò che è, il reale. È il criterio fondamentale per di­stin­ guere il vero dal falso; verità è ciò che esiste realmente. È identificato con il Brahman. Vedi saccidananda. GLOSSARIO

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SATI:

[rif. mito] da sat, “vero, virtuoso”. Moglie di >iva e figlia di Dakxa. Il suo mito, legato alla creazione di Virabhadra, richiama la tradizione secondo cui la vedova, alla morte del marito, si lascia bruciare viva sulla pira funeraria del defunto, usanza nota col nome di sati, “sposa fedele”.

SATTVA: essenza, energia, luce. È uno dei tre gu‘a, portatore di serenità ed equilibrio. SETU BANDHA: [rif. mito] setu è il ponte, mentre setu bandha è la costruzione del ponte. Il termine ha un riferimento mitologico nelle vicende del quinto libro del Ramaya‘a: l’esercito di scimmie capitanate da Hanuman, in pochi giorni costruisce sotto la guida di Nala (figlio di Vi.vakarman, dio vedico creatore dell’universo) un ponte che collega l’India all’isola di Lanka (Ceylon, l’attuale Sri Lanka). L’eroe Rama può così oltrepassare il ponte per andare a riscattare la sua amata, Sita, prigioniera del demone Rava‘a, re dell’isola. Vedi Setu Bandhasana. SETU BANDHASANA: costruzione del ponte. È una delle posizioni più conosciute e praticate dello yoga: l’asana vede il corpo flettersi e formare un arco, come se fosse un ponte sotto cui scorre un fiume. Nella mitologia hindu ricorda il ponte costruito per Rama, tra la terraferma e l’isola di Lanka, dall’esercito di scimmie di Hanuman.

SETU BANDHAsana 112

>AKTI:

potenza, energia. Uno degli appellativi della dea (devi), sposa di >iva. Nel tantra è l’energia sprigionata dalla dea, l’aspetto dinamico della divinità come principio femminile attraverso il quale si manifesta la realtà materiale dell’universo. Tale energia deve riconciliarsi con il suo complementare maschile–spirituale e riassorbirsi nell’unità dell’Assoluto: nel tantra infatti anche il rapporto sessuale è considerato una pratica spirituale, in grado di ricomporre l’unione tra maschile e femminile, dio e dea, e di portare alla contemplazione del principio indifferenziato, il Brahman. Viene associata alla ku‘dalini.

>ALABHASANA: [G. S.] .alabha è la locusta. Questo asana si esegue sdraiati a terra, a pancia in giù: il corpo, muovendosi su e giù poggiando solo sull’addome, rassomiglia alla locusta quando cammina per terra. (Approfonsici su yogajournal.it)

>ALAbhAsana

>ANTI:

tranquillità, pace. Indica l’assenza di passioni, l’essere che non avverte più dolore né gioia e che ha raggiunto l’annullamento dei sensi, la pace del Brahman.

>ARIRA: altro termine per “corpo” (vedi ko.a). Secondo lo yoga, il corpo umano si suddivide in corpo materiale, sthula .arira, e corpo sottile o immateriale, sukxma .arira di cui fanno parte i cakra. Il pra‘a è il mezzo di collegamento tra i due corpi. GLOSSARIO

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>ASTRA: termine generico per testo, libro. Viene utilizzato per indicare i campi del sapere umano e quindi anche le opere che li esemplificano. È l’insieme dei libri sacri e delle scritture. XATCAKRA: sei cakra. È il sistema dei sei cakra. Il sahasrara non è incluso perché considerato su un piano superiore. XATCAKRA–BHEDA: perforazione dei sei cakra. È la ku‘dalini che, risvegliandosi, nella sua ascesa passa attraverso il centro di ogni cakra. XATCAKRA–NIRUPA†A: testo in cui è contenuta la definizione dei sei cakra. XATKARMAN: sei azioni. Nello yoga, sono sei gruppi di pratiche di purificazione del corpo, utilizzate anche per bilanciare i tre doxa: neti, dhauti, nauli, basti, kapalabhati, trataka. Vedi kriya. >AVASANA (o M”TASANA): .ava significa “cadavere”. Nella Ghera‘da Sa…hita questa posizione è chiamata M•tasana, da m•ta che significa “morto”. In questo asana il corpo giace a terra, immobile, come se fosse privo di vita: serve a rilassarsi e a fermare il flusso dei pensieri, pur restando vigili. In genere ci si riposa in >avasana alla fine di una sessione di asana. (Approfondisci su yogajournal.it)

>AVASANA 114

>EXA:

[rif. mito] il residuo. Secondo la mitologia hindu, è il nome del serpente dalle mille teste sulle cui spire il dio Vix‘u dorme tra un’era e l’altra, in mezzo all’oceano primordiale, prima di dare il via a una nuova creazione del mondo. Durante il sonno, dall’ombelico di Vix‘u sboccia un fiore di loto, da cui nasce il dio creatore Brahma che dà origine all’universo. Dopo la creazione, Vix‘u si sveglia per andare a regnare nelle sfere celesti, nel paradiso noto col nome di Vaiku‘tha. Le rappresentazioni di questo mito si possono trovare in molti templi indiani, ad esempio a Deogarh e Trivandrum (in Kerala). Vedi Anantasana.

>IRXASANA: .irxa è la testa, ovvero il perno su cui si svolge l’asana. È la classica posizione definita in genere “a candela”, inizialmente difficile da realizzare perché il ­­ peso dell’intero corpo grava sul cranio: si consiglia d­ i mettere sotto la testa un tappetino o una coperta ripiega­­ta per diminuire l’attrito col suolo e di provarla contro il muro le prime volte, al fine di imparare a stare in equilibrio senza cadere.

>IRXASANA GLOSSARIO

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>IVA:

il benigno. In >iva convivono l’aspetto benefico e quello terrifico, infatti è sia sommo asceta e Signore degli yogin, che dio portatore di morte e distruzio­ ne con la sua danza (vedi Nataraja). Tra le tante rap­ pre­sentazioni di >iva, quella più antica di Pa.upati (“Signore degli animali”) lo ritrae in mezzo alla foresta seduto in Padmasana. Il linga è simbolo di >iva. Nello yoga è venerato come I.vara o Mahe.vara, modello di contemplazione da seguire per gli asceti. Nel tantra egli è la for­za complementare della dea, della >akti. Fa parte della trimurti.

>IVA SA„HITA: la raccolta di >iva. È il terzo testo basilare di hatha yoga (vedi Hatha Yoga Pradipika e Ghera‘da Sa…hita), il più recente e di autore ignoto. È suddiviso in cinque sezioni e pone molto l’accento sull’importanza della conoscenza e sul risveglio della ku‘dalini. L’autore afferma l’esistenza di 84 asana, ma ne vengono descritti solo 4: Siddha, Padma, Ugra e Svastikasana. SIDDHA: perfetto. Indica l’asceta che, attraverso lo yoga, raggiunge la liberazione in vita. SIDDHASANA: [G. S.] siddha, cioè “perfetto”, è anche l’appellativo di saggi, veggenti con facoltà sovrannaturali (siddhi). È l’asana per eccellenza del perfetto yogin: portato al massimo della sua esecuzione, permette di raggiungere il quarto stadio dell’anima (dopo veglia, sogno e sonno profondo) o samadhi, una condizione di pura consapevolezza e di unione tra atman e Brahman. Si svolge da seduti e si basa sulla meditazione e la concentrazione dello sguardo verso il punto d’incontro tra le sopracciglia. 116



SIDDHASANA

SIDDHI: compimento, beatitudine. Indica particolari facoltà soprannaturali, come la chiaroveggenza, che si ottengono grazie alle pratiche ascetiche e allo yoga. SI„HASANA: [G. S.] si…ha è il leone. L’asana è dedicato a Narasiha (uomo – leone), quarto avatara di Vix‘u, che liberò il mondo dal demone Hira‘yaka.ipu. La posizione imita il ruggito di un leone, è un’ottima valvola di sfogo per liberare lo stress accumulato. (Approfondisci su yogajournal.it)

SI„HASANA

SOMA:

nettare degli dèi. Altro nome per “luna”. Vedi am•ta.

SUKHASANA: sukha significa “facile” ma anche “felice”. È un asana di base, molto semplice, che serve per la GLOSSARIO

117

meditazione: seduti a gambe incrociate, con le mani in grembo o in jñana mudra.

SUPTA: SURYA:

118

SUKHASANA

[pre as.] che dorme, che giace. Indica un asana che si esegue sdraiati a terra. [rif. mito] sole, il dio del sole. Nella mitologia vedica è uno dei tre dèi più importanti, insieme al dio del vento Vayu e al dio del fuoco Agni. Secondo alcune tradizioni è un Aditya, secondo altre è figlio di Brahma o di Dyaus (il cielo, dio–padre, che ha originato l’umanità insieme a P•thivi, la terra, dea–madre). Sua moglie, Sa…jña, creò una propria sosia, Chaya (l’ombra) per sfuggire al troppo calore emanato dal marito. Da frammenti della luminescenza di Surya furono creati il disco di Vix‘u, il tridente di >iva e altre armi degli dèi. Uno dei tanti nomi del dio Surya è Mitra, “amico”. Il culto del sole è uno dei più antichi sulla terra e anche in India gli sono dedicati molti templi. Il sole è simbolo del fuoco e della vita stessa, della luce del giorno che illumina e dà nutrimento alla terra: nello yoga, la sequenza del Surya Namaskar, il saluto al sole, secondo alcuni è un retaggio dell’ancestrale formula di adorazione verso questa divinità, fondamentale per la vita degli uomini e per l’equilibrio del cosmo. Vedi Surya Namaskar.

SURYA NAMASKAR: da surya, il sole e namaskar, la forma di saluto in hindi, significa letteralmente “saluto al sole”. La radice namas significa anche “inchinarsi, adorare” e infatti si ritiene che nella sequenza, di cui esistono molte varianti, sia sopravvissuta una antica forma di adorazione verso il Sole. La sequenza che prendiamo in considerazione consta di 12 posizioni che si alternano come segue: Tadasana, Urdhva Hastasana, Uttanasana, affondo, Utthita Padasana, Caturanga Da‘dasana, Urdhva Mukha >vanasana, Adho Mukha >vanasana, affondo, di nuovo Uttanasana, Urdhva Hastasana e si conclude con l’iniziale Tadasana.

SURYA NAMASKAR GLOSSARIO

119

SUXUMNA: è la nadi centrale, collocata al centro della spina dorsale. Sale dal perineo, alla base del muladhara – cakra, da cui ha origine nel kanda (bulbo) per poi finire in cima al capo, nel sahasrara. È l’asse centrale del flusso energetico che scorre attraverso i cakra, ai lati del quale risalgono ida e pingala: è detta anche madhya nadi, nadi centrale. È formata da quattro guaine concentriche, a partire da quella più interna o brahma – nadi, seguita da citri‘i, vajrini e suxumna che la riveste esternamente. La suxumna è anche associata alla Sarasvati, il fiume sotterraneo che si ricongiunge ad Allahabad con il Gange e la Yamuna: anche le tre nadi principali, come i tre fiumi sacri, si riuniscono all’interno del corpo. SUTRA:

filo, aforisma. Termine usato per definire uno stile della letteratura sanscrita, costituito da brevi aforismi in prosa, utile all’apprendimento mnemonico.

SVADHARMA: il proprio dharma, dovere. Secondo l’hinduismo indica il fine che ogni uomo, in base alla propria casta, deve perseguire per accumulare meriti per una migliore rinascita futura, per non intralciare il dharma che regola il mondo presente, passato e futuro. SVADHIXTHANA–CAKRA: cakra della propria dimora. È il secondo cakra, posto poco sopra il primo, dietro gli organi genitali ed è associato al gusto e al piacere sessuale. È la sede dei sa…skara primordiali, dei vari archetipi. SVASTIKA: [rif. mito] dal sanscrito, “che vi sia del bene”. È la croce uncinata con le punte che ruotano in senso orario, sim­ bo­lo del sole che diffonde i suoi raggi dal centro ver­so l’esterno, raffigurato nei templi hindu e ve­ne­rato da oltre tremila anni. È simbolo di fortuna. Vedi Svastikasana. 120

SVASTIKASANA: [G. S.] posizione della buona sorte o della croce. La svastica nella cultura indiana è un simbolo beneaugurante e simbolo del sole. Nella posizione della svastica descritta nella Ghera‘da Sa…hita si sta seduti per terra, con le gambe piegate e le piante dei piedi poste nell’incavo tra ginocchio e coscia, come a formare il disegno della svastica. Nell’esecuzione in uso corrente invece sono le braccia a piegarsi, una verso l’alto e l’altra verso il basso, in modo tale da riprodurre il disegno della croce. SVATMARAMA: colui che trae piacere dal proprio sé. È il nome da yogin di Cintama‘i (XV sec. circa), autore del trattato Hatha Yoga Pradipika (Lucerna dell’hatha yoga), in cui si evidenzia per prima l’importanza del corpo nello yoga, per passare all’autocontrollo e alla disciplina solo quando la mente ha ritrovato equilibrio e stabilità. Era devoto di >iva.

GLOSSARIO

121

t

TADASANA: [S. N.] tada è la montagna. È la “posizione della mon­ tagna” da cui si parte per iniziare la sequenza del Surya Namaskar e che la conclude. Si esegue in piedi, con le braccia lungo il corpo, fermi e stabili come una roccia. (Approfondisci su yogajournal.it)



TADASANA

GLOSSARIO

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TAMAS: buio, ignoranza, inerzia. Dei tre gu‘a, è il principio inferiore, che determina la passività e la negatività. TANMATRA: “solo quello”. Sono le particelle sottili che co­sti­ tuiscono il mondo fisico e materiale: rasa (il gusto), rupa (la forma), spar.a (contatto), .abda (la parola, suono) e gandha (odore). Formano anche i cinque elementi, ovvero acqua, fuoco, terra, aria e spazio. TANTRA: dottrina, o dal verbo sanscrito tan, “tendere” sia nel senso di “telaio, tessuto” che di “testo” o “trama”; anche “espandersi”. Indica i particolari testi dello .ivaismo, che trattano delle figure di >iva e della sua >akti, intesa come dea e come principio. Si tratta di opere che si innestano sull’hinduismo introducendo in esso il culto della dea, fino ad allora specifico di realtà locali popolari ed estraneo alla cultura vedica. Nello yoga, tantra indica la via alla liberazione e al raggiungimento dell’unione finale tra anima individuale e universale, al superamento del dualismo con la riunione dei due principi complementari della creazione (maschile e femminile, >akti e >iva, spirito e materia, prak•ti e puruxa). Tale unione si raggiunge attraverso lo yoga esposto nei testi sopra citati, ma anche con l’atto sessuale, come sublimazione della fusione tra i due principi. TAPAS:

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calore. È il fuoco, protagonista del sacrificio rituale che nello yoga viene interiorizzato: infatti è una pratica del niyama, secondo yoganga. Le pratiche ascetiche sviluppano calore all’interno del corpo, per cui lo yogin viene anche definito “signore del fuoco”: colui che governa questo elemento, ha pieno controllo di sé e del proprio potere.

TRATAKA: fissazione dello sguardo. Uno degli xatkarman: tecniche per fissare intensamente un punto o un oggetto per sviluppare la concentrazione. TRIANGA: [pre as.] tre parti o membra (anga). Significa che in un asana saranno tre le parti del corpo su cui andrà ad agire principalmente il movimento. TRIKA:

triplice. Il sistema del tantra si basa sulla triplicità: fuoco, sole e luna risiedono nei tre vertici di un ipotetico triangolo e simboleggiano, rispettivamente, il soggetto conoscente, la conoscenza e l’oggetto conosciuto (ma anche le tre nadi principali).

TRIKO†A: triangolo ( da tri + ko‘a, angolo). 1. È la raffigurazione grafica della yoni. Infatti nel tantra rappresenta la base del muladhara cakra che è al centro di due correnti (nadi) di senso inverso, esemplificato con un triangolo. 2. Nome di un asana dalle molteplici varianti. TRIMURTI: triplice forma. È la trinità hindu, costituita da tre divinità: il principio di emanazione del mondo, Brahma, il principio di conservazione, Vix‘u, il principio di distruzione, >iva.

GLOSSARIO

125

u

UBHAYA: [pre as.] entrambi. Riferito ad asana in cui intervengono parti del corpo a coppie, ad esempio i piedi o le gambe. UDANA: respirazione verso l’alto. Uno dei cinque pra‘a del pra‘amaya – ko.a; va dal collo in su, rende attivi i ricettori sensoriali (occhi, naso, orecchie) e coordina tra loro gli arti, i muscoli, il sistema nervoso. Coadiuva tutte le attività cerebrali. UDDIYANA–BANDHA: contrazione addominale. È associato al vix‘u – granthi. UGRASANA: posizione potente. Vedi Pa.cimottanasana. UMA:

una delle dee spose di >iva, figlia di Himavat, dio dell’Himalaya.

UPA–PRA†A: sono i cinque pra‘a minori (da upa, “vicino a”) del pra‘amaya – ko.a: naga, kurma, k•kara, devadatta, dhanañjaya. 126

UPANIXAD: termine sanscrito che indica l’atto di sedersi davanti al maestro e ascoltarne l’insegnamento. Testi sacri che costituiscono la parte finale dei Veda; il bramano non è più al centro del testo perché il rito scompare, viene interiorizzato in un cammino individuale di meditazione verso il mokxa. Sono i testi di riferimento per il sa…nyasin. UPAVIXTA: [pre as.] seduto. L’asana di base andrà svolto da seduti. URDHVA: [pre as.] su, all’insù. Indica un asana che fa tendere il corpo verso l’alto, invece che verso il pavimento. URDHVA HASTASANA: [S. N.] urdhva significa “su, verso l’alto” e hasta è la mano. In questa postura le braccia vengono stese al di sopra delle spalle, con le mani che puntano verso l’alto. Nota come “posizione eretta con braccia sollevate”. Nella sequenza del Surya Namaskar è la posizione numero due e undici.

URDHVA HASTASANA

GLOSSARIO

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URDHVA MUKHA: [pre as.] urdhva è “su”, mukha “volto”. L’asana sarà svolto col volto o la testa rivolti verso l’alto. URDHVA MUKHA >VANASANA: [S. N.] urdhva mukha significa “a faccia insù”, .vana è cane. Nota come “posizione del cane con la testa in su”, è la corrispondente di Adho Mukha >vanasana e nella sequenza del Surya Namaskar è la settima posizione. (Approfondisci su yogajournal.it)

URDHVA MUKHA >VANASANA

URDHVA PRASARITA PADASANA: urdhva significa “su, all’in­ sù”, prasarita è “teso” e pada è la gamba. In questo asa­na, da svolgersi in posizione supina, le gambe sono sottoposte ad uno stiramento profondo e vengono sollevate gradualmente verso l’alto.

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URDHVA PRASARITA PADASANA

UXTRASANA: [G. S.] uxtra è il cammello, la cui postura viene imitata in questo asana. La schiena si piega all’indietro e il corpo assume la forma della gobba di un cammello. (Approfondisci su yogajournal.it)

UXTRASANA

UTKATASANA: [G. S.] utkata significa “potente, feroce, im menso”. Questo asana è come stare assisi su di una sedia immaginaria, cioè con le gambe piegate come se si fosse seduti ma con il vuoto sotto: la difficoltà sta nel mantenere l’equilibrio. (Approfondisci su yogajournal.it)

UTKATASANA

UTTANA: [pre as.] teso. La particella ut enfatizza l’intensità dell’azione, tan è un verbo che significa “tendere, tirare”. Indica un profondo stiramento degli arti o del corpo. UTTANA KURMASANA: [G. S.] uttana, “teso”, indica in genere una variante di difficoltà superiore alla postura di base. GLOSSARIO 129 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

In questo caso l’asana porta il corpo ad assomigliare ad una tartaruga come in Kurmasana, partendo però da Kukkutasana: invece di usare le mani per sollevarsi da terra, si afferra il collo e la schiena si arcua come il guscio di una tartaruga. UTTANA MA†DUKASANA: [G. S.] uttana è “teso”, ma‘duka è la rana. È la versione di Ma‘dukasana con un grado di­ difficoltà maggiore: lo stiramento a cui è sottoposto il corpo è più intenso, per far sì che la testa venga po­ sizionata tra i go­mi­ti. UTTANASANA: [S. N.] uttana indica uno stiramento particolarmente intenso a cui si sottopongono gli arti o il corpo: è il “piegamento in avanti in piedi”, nella sequenza del Surya Namaskar è la posizione numero tre e dieci. (Approfondisci su yogajournal.it)

UTTANASANA

UTTHITA/UTTIHITA: [pre as.] esteso, tirato, sollevato. In un asana indica un particolare stiramento degli arti. UTTHITA HASTA PADANGUXTHASANA: utthita significa “e­­ steso”, hasta è la mano e padanguxtha è l’alluce. In piedi, in equilibrio su una gamba sola, con una mano si afferra l’alluce corrispondente per sollevare l’altra gamba. 130

UTTHITA HASTA PADANGUXTHASANA

UTTHITA PADASANA: [S. N.] utthita è “esteso, tirato” e pada è la gamba. Infatti le gambe vengono stirate molto profondamente con questa postura, nota come “posizione della sentinella”; nella sequenza del Surya Namaskar è la quinta posizione.

UTTHITA PADASANA

UTTHITA PAR>VAKO†ASANA: utthita è “esteso, teso”, par.va significa “lato, fianco” e ko‘a è l’angolo. Questo asana si sviluppa lateralmente su un fianco, mentre il corpo forma degli angoli con il pavimento nell’acquisire l’esatta postura: si esegue in piedi. GLOSSARIO

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UTTHITA PAR>VAKO†ASANA

UTTIHITA TRIKO†ASANA: uttihita significa “esteso, teso”, triko‘a è il triangolo. Le gambe sono disposte a triangolo e il corpo ne segue la postura, con un braccio teso verso l’alto. (Approfondisci su yogajournal.it)

UTTIHITA TRIKO†ASANA

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v

VAHANA: veicolo, cavalcatura di un dio. È un elemento dello yantra, una figura animale che simboleggia aspetti psichici caratteristici del cakra di riferimento. VAI>EXIKA: peculiare, caratteristico. È uno dei sei dar.ana, in cui il mondo fenomenico viene classificato secondo sei diverse categorie ed è costituito da atomi che danno vita alle mutevoli forme empiriche della realtà sotto controllo del brahman. Fondato da Ka‘ada, autore del Vai.exika Sutra, in data incerta fra il I secolo a.C. e il III sec. d.C. VAJRA: [rif. mito] fulmine. È l’arma dalle mille punte usata dal dio Indra, dio del cielo e della pioggia: fu forgiato da Tvaxt•, il dio artigiano hindu, paragonabile a Efesto – Vulcano della cultura greco-romana. Vedi Vajrasana. VAJRASANA: [G. S.] in questa posizione si sta seduti con le gambe piegate sotto di sé, ben tese e ferme come un fulmine pronto a colpire. GLOSSARIO

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VAJRASANA

VAJRI†I: da vajra, “fulmine”. È la terza delle quattro guaine che costituiscono la suxumna, la nadi centrale ovvero il canale attraverso il quale scorre il pra‘a lungo la colonna vertebrale. Secondo la simbologia mistica dello yoga, è associata al sole e al principio di distruzione del cosmo. VALAKHILYA: [rif. mito] aggiunto in coda. Il nome deriva da un gruppo di alcuni inni aggiunti tardivamente al ”g Veda. È il nome di un gruppo di spiriti celesti delle dimensioni di un pollice, nati dalla chioma del dio creatore Brahma: sono i guardiani del carro del sole e a loro è dedicato un asana molto difficile, Valakhilyasana. VAMADEVA: [rif. mito] è uno dei •xi autori degli inni del ”g Veda, a cui è dedicata la posizione Vamadevasana. Dotato di straordinarie capacità intellettive ancor prima di nascere, in uno dei suoi inni si narra che Vamadeva avesse deciso di essere partorito dal fianco della madre invece che nella maniera abituale (dalla sua storia prese spunto poi una leggenda similare sulla nascita di Buddha). VARU†A: [rif. mito] una delle divinità hindu più antiche, compare molto spesso nel ”g Veda insieme a Mitra, il sole, che presiede il giorno mentre Varu‘a presiede la notte. 134

Come dio vedico è “colui che abbraccia tutto”, signore del cielo e capo degli Aditya. Per questo è inizialmente assimilato alla figura del dio greco Urano, mentre più tardi verrà associato alle acque e quindi a Nettuno, in quanto signore di tutte le creature marine, che cavalca il coccodrillo Makara. Fu Varu‘a a rapire Bhadra, moglie del saggio Utathya che, per riavere la sua sposa, fece prosciugare tutti i fiumi fino ad ottenere la resa del dio. Vedi Makarasana, Bhadrasana. VASIXTHA: [rif. mito] molto ricco, prospero. È uno dei •xi a cui vengono attribuiti inni del ”g Veda; gli è dedicato un asana, Vasixthasana. Il suo nome gli deriva dal possesso di Kamadhenu, la vacca dell’abbondanza, uno dei gioielli emersi dal frullamento dell’oceano (vedi Kurma). È un bramano in perenne contrasto con Vi.vamitra, di casta guerriera: molte sono le storie mitiche che raccontano i loro conflitti. Ad esempio nel Mahabharata, a causa di Vi.vamitra, i cento figli di Vasixtha vengono divorati dal re Kalmaxapada e il padre, per il dolore, cerca di uccidersi in tutti i modi senza riuscirvi. Vedi Vi.vamitra. VASIXTHASANA: dalla posizione quadrupedica, si estende all’indietro una gamba e poi l’altra (vedi Utthita Padasana), quindi si ruota il corpo su un lato rimanendo in equilibrio su una mano e sul piede corrispondente. (Approfondisci su

yogajournal.it)

VASIXTHASANA GLOSSARIO

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VATA:

vento. È uno dei tre doxa.

VEDA:

scienza, sapere. Sono i testi sacri hindu composti dai •xi, i mitici veggenti. Frutto di ascolto interiore e di visione profonda, sono ripartiti in quattro grandi gruppi: ”g, Yajur, Sama e Atharva Veda, i primi tre riferiti a tre categorie di sacerdoti del sacrificio vedico, l’ultimo contenente formule magiche. Vengono ascritti al II millennio a.C.

VEDANTA: la fine dei Veda. È l’ultimo dei sei dar.ana, così denominato poiché si fonda sull’interpretazione dei testi vedici più tardi, le Upanixad. È contraddistinto dalla tensione verso l’Uno, il Brahman da cui l’essere discende e a cui deve infine tornare. Uno dei suoi esponenti più illustri è l’acarya >ankara, importante filosofo vissuto tra VIII e IX secolo. VIDYA:

conoscenza, insegnamento. La via spirituale al sapere è l’unica che, trascendendo i limiti della mente umana, può portare alla conoscenza dell’Assoluto e al mokxa.

VIJÑANAMAYA–KO>A: il corpo dell’intelligenza e della saggezza. È uno dei cinque ko.a (strati) dell’essere umano: si riferisce agli aspetti riflessivi della coscienza. VIPARITA: [pre as.] rovescio, opposto. Indica un asana invertito nello svolgimento rispetto alla posizione di base. VIRABHADRA: [rif. mito] eroe guerriero di forma mostruosa e dalla forza smisurata, emanazione del dio >iva. Si narra che il dio Dakxa non avesse invitato >iva e la sua sposa Sati, figlia di Dakxa, ad una grande cerimonia sacrificale che aveva organizzato in onore del dio 136

Vix‘u. Sati andò ugualmente a presenziare al rito, ma venne profondamente umiliata e, per la vergogna, si gettò nel fuoco. >iva allora, per vendicare la sua morte e il torto subito, si strappò un capello, lo gettò a terra e da esso nacque Virabhadra. Il dio mandò la creatura a distruggere il rito sacrificale di Dakxa e, oppresso dal dolore per la perdita della sua sposa, si ritirò a meditare nella propria dimora, il Kailasa, sulle montagne dell’Himalaya. Sati si reincarnò nella dea Uma – Parvati che riuscì a riconquistare il suo cuore. Vedi Virabhadrasana. VIRABHADRASANA: Virabhadra è un eroe mostruoso con mille braccia, gambe e occhi fiammeggianti, creato da un ca-pello del dio >iva per vendicarsi di Dakxa. Questo asana, conosciuto come la posizione del guerriero, si esegue in piedi e rafforza tutti gli arti, dando una sensazione di forza e vigore. (Approfondisci su yogajournal.it)

VIRABHADRASANA

VIRASANA: vira significa “uomo” (come il vìr latino) ma anche “eroe”. È una posizione indicata per la meditazione e per il controllo del respiro: si sta seduti tra le gambe divaricate e piegate, con le mani inizialmente in jñana mudra, per poi piegarsi in avanti e poggiare il mento sulle ginocchia. GLOSSARIO

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VIRASANA



(Approfondisci su yogajournal.it)

VIX†U:

il conservatore dell’universo. Nella trimurti è il dio che mantiene l’ordine cosmico, il guardiano del dharma. Quando l’equilibrio universale è in pericolo, egli invia sulla terra i suoi avatara o incarnazioni. La sua sposa è la dea Lakxmi.

VIX†U–GRANTHI: granthi di Vix‘u. Secondo granthi; è associato al terzo e quarto cakra. Quando questo nodo viene sciolto, l’energia utilizzata non è più interna, ma proviene dall’esterno. VI>UDDHA–CAKRA: cakra della purificazione. È il quinto cakra, situato dietro il collo, all’altezza del pomo d’Adamo e governa la gola. La corretta conoscenza sviluppata in esso porta ad abbandonarsi al flusso naturale della vita. VI>VAMITRA: [rif. mito] grande saggio di casta guerriera (kxatriya) a cui è dedicato un asana, Vi.vamitrasana. Un giorno egli capitò presso l’eremo di Vasixtha e vide la vacca dell’abbondanza: offrì di tutto al saggio in cambio della vacca, ma lui non cedette e nonostante il disappunto, Vi.vamitra fu così impressionato dalla volontà irremovibile di Vasixtha che decise di diventare un bramano egli stesso. La lotta con Vasixtha indica 138

il conflitto tra la casta reale e quella sacerdotale per impadronirsi del potere. Vedi Vasixtha. V”KXASANA: [G. S.] v•kx è l’albero. L’asana raffigura il corpo come se fosse un albero, la cui fronda sono le braccia e il tronco le gambe. Si svolge in piedi, in equilibrio su una sola gamba. (Approfondisci su yogajournal.it)

V”KXASANA

V”XASANA: [G. S.] v•xa significa “uomo, marito”. La traduzione del termine corrisponde a Virasana, ma la posizione di V•xasana descritta nella Ghera‘da Sa…hita è differente: in questo caso si pone una caviglia sotto i glutei, mentre l’altra gamba resta dritta e ruota su se stessa fino a che il piede è parallelo al pavimento. Vedi Virasana. VYANA: dal verbo sanscrito vyap, “pervadente”. Uno dei cinque pra‘a del pra‘amaya–ko.a; è il soffio vitale che pervade l’intero corpo, regolando ogni movimento e coordinando tra sé gli altri quattro pra‘a. GLOSSARIO

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YAJÑA:

y

sacrificio. Tutta la religione vedica si basa sul sacrificio rituale che, nello yoga e nelle pratiche ascetiche, viene interiorizzato. Per la Bhagavad Gita ogni azione compiuta è sacrificale, perché ne viene sacrificato il frutto che produce attaccamento all’io e ai beni terreni.

YAJURVEDA: Veda delle formule sacrificali. Terzo Veda, è una­ raccolta di preghiere pronunciate dal bramano adhvaryu durante la cerimonia; in esso si trovano anche le istruzioni necessarie per celebrare correttamente il sacrificio vedico. YAMA:

freno, autocontrollo. È il primo degli otto stadi dello yoga tradizionale, il primo passo verso il controllo di sé e dei propri limiti. È l’astinenza che non mira a proibire le azioni, bensì a inibire l’istinto che le genera in partenza.

YANTRA: strumento di rinforzo. È un disegno geometrico (quadrato, con triangoli e cerchi interni) contenuto all’interno del loto (padma) di ogni cakra e ne simboleggia l’elemento ad esso associato. Vi è inscritto GLOSSARIO 141 Licenza edgt-219-bmljb2xlemFub2xldHRpQGdtYWlsLmNvbQ__-174201500001777 rilasciata il 21 gennaio 2015 a [email protected]

il bija mantra e contiene inoltre una figura animale (vahana) e immagini di divinità legati a quel cakra specifico. È un diagramma mistico a scopo meditativo (vedi ma‘dala), o usato per il culto di una precisa divinità. YOGA:

dalla radice sanscrita yuj, “aggiogare, unire”. È uno dei sei dar.ana. È una dottrina di pratica e autodisciplina, il cui intento è quello di ottenere il controllo sulle forze psicofisiche dell’uomo per riunire l’anima individuale o atman con il principio originario o Brahman, qui identificato con il Puruxa.

YOGA–>ASTRA: trattato sullo yoga. È il termine generico con cui si indicano tutte le opere che si basano sullo yoga. YOGA RATNA: letteralmente “il gioiello dello yoga”. Integra differenti correnti della disciplina indiana, dalle scuole ortodosse a quelle più moderne, con una particolare rivisitazione del significato simbolico di asana, pra‘ayama, nidra (tecniche di rilassamento), mantra (ripetizioni di vibrazioni sonore), kriya (atti di purificazione), ayurveda (esercizi per la salute che vengono dall’antica medicina indiana e comprendono anche il massaggio e l’automassaggio), fino alle pratiche di dharana e dhyana (concentrazione e meditazione). In Italia lo stile è sviluppato da Gabriella Cella Al-Chamali e, probabilmente, è uno dei contributi più innovativi dello yoga di casa nostra. L’insegnante ha svolto un lavoro di rivisitazione delle tradizioni classiche della disciplina, sempre declinate al maschile, alla luce della fisiologia, psicologia ed esperienza femminile, creando numerosi nuovi asana, specifici proprio per le donne. 142

YOGA–SUTRA: aforismi sullo yoga. È un testo che sintetizza gli elementi fondamentali dello yoga, attribuito tra­ di­ zionalmente a Patañjali; la datazione è incerta, in genere si colloca il testo tra il II secolo a.C. e il VI secolo d.C. YOGANGA: parte, membro dello yoga. Patañjali nella sua opera enumera otto fasi o anga che culminano nel samadhi o contemplazione estatica. Vedi axtanga yoga. YOGANIDRA: [rif. mito] nidra significa “sonno”, yoganidra indica uno stato di coscienza intermedio tra il sonno e la veglia. È anche il termine con cui ci si riferisce al sonno del dio Vix‘u al termine di uno yuga, cioè al compimento di un’era del mondo (vedi >exa). La posizione Yoganidrasana aiuta il corpo a sviluppare calore ed è quindi utilizzata dagli yogin che vivono ad elevate altitudini, inoltre serve a tonificare tutti gli organi interni addominali. YOGANIDRASANA: si intrecciano le gambe dietro la nuca e le mani dietro la schiena che poggia sul pavimento. Le gambe formano il cuscino dello yogin e la schiena il suo giaciglio.



YOGANIDRASANA

YOGASANA: [G. S.] la posizione dello yoga, l’ultimo dei 32 asana descritti nella Ghera‘da Sa…hita. Seduti a gambe incrociate, coi piedi appoggiati sul ginocchio opposto GLOSSARIO

143

e le mani in grembo, si dice sia la migliore postura per uno yogin: favorisce la concentrazione sul respiro e la meditazione. YOGIN:

colui che pratica lo yoga. In genere il termine indica un maestro già esperto.

YONI:

matrice, grembo, vagina. È il simbolo del sesso della dea e del grembo materno, graficamente rappresentato da un triangolo equilatero col vertice rivolto verso il basso; funge da piedistallo al linga, simboleggiando l’unione dell’organo femminile con quello maschile. Viene venerata soprattutto nel tantra.

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GLOSSARIO

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il portale completo sul mondo dello yoga con ricerca di scuole ed eventi in Italia e all'estero, asana con foto, articoli specifici 148

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