La Pipa
February 11, 2023 | Author: Anonymous | Category: N/A
Short Description
Download La Pipa...
Description
1 - LA PIPA 1.1 - Prefazione Non è la luna, non è una gemma misteriosa e affascinante non è una fabbrica di sogni. Non è neppure un pezzo di legno, né una macchina a vapore. E' una pipa. Cioè il miglior modo di fumare. Il più bello, sano, naturale, intelligente, genuino, semplice modo di fumare. Poi la pipa diventa quello che volete, quello che sarete capaci di chiederle, perché la vostra pipa siete voi. Cominciare è facile. L'esempio di un amico, la preoccupazione per le troppe sigarette, anche l'indubbio fascino di quell'oggetto elegante, essenziale o bizzarro, ed eccovi nel negozio, modesta tabaccheria o sofisticato salotto in cui si riuniscono gli iniziati. E' bello avere una pipa fra le mani, le buste di tabacco sono colorate e invitanti. Sì, cominciare è facile. Difficile è continuare. Forse perché si può fumare la pipa solo se si è predestinati? Perché ci vuole un'attitudine speciale? Perché ci sono insormontabili difficoltà tecniche? Niente di tutto questo, chiunque può fumare la pipa con soddisfazione. Occorre soltanto un briciolo (ma un briciolo) di pazienza iniziale, di applicazione, di fantasia. E le poche, semplici regole che qui illustriamo. Modeste attenzioni, piccoli sforzi che poi saranno ripagati a mille. Se non con le celestiali beatitudini di cui favoleggiano i poeti della pipa, con oneste e placide fumate, con pause serene, con tranquilli momenti di distensione Interrogate un fumatore di pipa e questi vi confermerà che fumare la pipa è una delle abitudini più deliziose e raffinate della vita, fumare la pipa non è solo fonte di massimo piacere ma persino un'arte. Una pipa non si lascia trattare con indifferenza. E' abbastanza esigente nei confronti del sto proprietario, ma in modo piacevole: richiede ri chiede conoscenza, pazienza, perseveranza e soprattutto amore. Il fumatore principiante dovrà entrare in sintonia con il carattere peculiare della sua pipa; per contro, il fumatore che ha già acquisito una certa maestria in quest'arte cercherà di ampliare e raffinare il suo passatempo all'infinito. E proprio in questo consiste il piacere e l'avventura che l'arte di fumare la pipa offre ai suoi cultori. In queste schede troverete molte informazioni di cui avrete bisogno: le informazioni di base necessarie per un primo contatto con la pipa e un buon numero di consigli e di spunti interessanti per i fumatori un po' più esperti che desiderano approfondire e perfezionare le proprie conoscenze.
1.2 - La pipa dalle origini ai nostri giorni Da sempre il fumo ha esercitato sull'uomo un fascino particolare, a partire dai riti preistorici quando si bruciavano erbe aromatiche o inebrianti sulle braci per propiziarsi gli spiriti e per ottenerne i favori. La pianta del tabacco era considerata sacra; semi e foglie di tabacco sono state trovate recentemente durante i restauri di una mummia egizia. Semi di tabacco erano usati dai cinesi oltre 3 mila anni fa quali antifecondativi.
Tribù pellerossa fumavano in occasioni eccezionali: per accogliere degnamente l'ospite importante e per onorare il Grande Spirito, la loro pipa era il Calumet, e il rito era il seguente: ciascuno tirava quattro sbuffate verso i 4 punti cardinali.
Una strana pipa a forma di cilindro è stata scoperta a Mossul (odierna Siria); si stima che risalga a migliaia di anni fa. Pipe d'epoca preistorica furono trovate in tutta l'America del Nord, nel Mississippi Superiore nel Missouri, nell'Ohio, sui fianchi dei Monti Alleghanis, sulle rive del Lago Ontario e nella regione del Saint-Laurent. Nell'America Centrale e nel Sud America la coltivazione e l'uso del tabacco risalgono a millenni. Pipe Gallo-Romane in ferro sono state trovate nel sud della Francia e in Valle d'Aosta. La pipa compare in Europa, con il tabacco nei primi anni dei '500. Sono pipe in terracotta; piccole, semplici, ma già funzionali. Il loro basso costo, la facilità di fabbricazione, l'estetica sempre accattivante, invogliavano a farne uso, anche se la durata era piuttosto limitata a causa della fragilità del materiale. Questo inconveniente ha fatto sì che siano ormai rarissime quelle sicuramente antiche. Tutte pipe piccole, agli inizi, perché il tabacco è raro e costoso. Le si vedono nella bocca di marinai spagnoli e portoghesi, successivamente in quella degli inglesi ed è proprio in Inghilterra che la pipa ha la sua prima affermazione (Sir Walter Raleigh la introduce persino alla corte britannica). Il suo uso è osteggiato in vari paesi, ma la guerra dei Trent'anni diffonde la pipe in tutta Europa. Artigiani inglesi esportano nei Paesi Bassi la produzione delle pipe di terracotta e gli olandesi diventeranno presto i più grandi produttori di "pipe di gesso" (in realtà di argilla bianca) che ancora oggi si usano e che hanno la loro capitale, con relativo museo, a Gouda. Altri centri attrezzati per questa produzione erano in Francia, Belgio, Nord e Sud Italia e Spagna. Addirittura imponente la produzione della Gambier di Parigi che dal 1850 al 1926 ha sfornato qualcosa come 1.940.400.000 pipe. Ma questo fu un caso unico di "industrializzazione" applicata a questa tipologia di pipa. Dopo la nascita di questo prodotto "terra-terra", a seguito della richiesta di fumatori più pretenziosi ed esigenti, si studiarono pipe fabbricate nei più svariati materiali, sempre più nuovi, resistenti, pregiati. Metalli come bronzo, ottone, argento, avorio; legni come bosso, palissandro, ulivo, betulla, olmo, quercia, ciliegio. Anche le forme del fornello e del bocchino subirono parecchie trasformazioni alla ricerca continua della migliore funzionalità prima di arrivare alle forme attuali. Accanto alle pipe di argilla (che, secondo la terra usata e i sistemi di cottura, possono essere bianche, rosse o anche nere) hanno un loro spazio le pipe di legno, genere in cui diventeranno famose quelle tedesche di Ulm. Tedesche e austriache sono le pipe di porcellana che compaiono verso la fine del '600. Sono grosse, vistosamente dipinte, con un coperchio di metallo, m etallo, spesso legate a un'appartenenza militare; hanno ancora oggi una certa diffusione nei due paesi, soprattutto a fini decorativi. In varie città europee si aprono locali per fumare in pace e in compagnia; Federico I di Prussia fonda addirittura un'Accademia di pipatori. Nel '700 la pipa deve fare i conti con il propagarsi, specie nelle classi più elevate, della voga del fiuto che dà origine alla produzione di oggetti spesso di pregio artistico (si pensi alle tabacchiere) e a un vero e proprio rito sociale. La pipa, a sua volta, si impreziosisce e si differenzia nelle forme e nella materia prima: metalli più o meno nobili e persino vetro (ricercata specialità, questa, di Bristol e di Venezia). Ma è l'uso di una nuova materia, la schiuma; a segnare un'ulteriore epoca di trionfi.
Si deve arrivare verso il 1700 per vedere prodotte le prime pipe in "schiuma di mare", ancor oggi considerate assai pregiate e ricercate nella loro pur sempre limitata produzione, sia nelle forme classiche che in quelle scolpite nelle forme più fantasiose, a volte di dimensioni eccezionali. Q Questo uesto minerale è chimicamente denominato "silicato di magnesio" e, almeno nella specie più pregiata, si trova solo in Anatolia (Turchia) nel sottosuolo argilloso. La schiuma ebbe il suo periodo di maggior splendore dal 1800 al 1900; le migliori erano fabbricate a Vienna. Di pipe in questo materiale ne vengono tuttora prodotte soprattutto in Turchia. Verso il 1850-60, con l'impiego di un nuovo legno durissimo e dalla venatura particolare, la Radica (Erica Arborea un arbusto che cresce c resce solo sulle sponde del Mediterraneo) la pipa venne prodotta industrialmente con torni e macchine all'uopo fabbricate. I primi furono i francesi a Saint-Claude nel Jura; poi subito gli italiani. Val la pena di ricordare la Fabbrica Rossi di Molina di Barasso (Varese) che arrivò, nel periodo del suo massimo splendore, a produrre oltre 50.000 pezzi al giorno impiegando circa 800 operai. Si era attorno al 1900. Un primato mai superato nel mondo. Di pipe in radica se ne producono oggi in vari stati d'Europa, ma l'ltalia vanta il primato delle cosiddette "pipe fatte a mano" prodotte da validi ed insuperabili artigiani. Molto conosciute sono anche le classiche pipe inglesi richieste dai più snob, le tradizionali pipe francesi e le avveniristiche danesi.
Collezionisti di pipe esistono in tutte le parti del mondo: già nel 1910 un membro della famiglia Imperiale russa dei Romanoff collezionava pipe rare, e si dice ne possedesse addirittura 27.000. Attualmente questa passione si è diffusa e in certi casi è diventata addirittura maniacale; solo in America si contano collezionisti a migliaia. In Italia collezionare vecchie pipe è di attualità. Le più importanti case d'aste hanno già battuto pipe pregevoli, e non sono pochi gli antiquari che hanno riservato nelle loro botteghe un angolo per i collezionisti di oggetti da fumo, con in bella mostra tabacchiere in argento, oro, avorio, smalti, armadietti o mobiletti per la custodia delle pipe, bocchini fumasigari e naturalmente pipe di tutte le epoche e provenienze. Esistono anche Musei ben frequentati, in Inghilterra, Francia, Germania, Danimarca, Olanda, Stati Uniti. L'Italia vanta l'unico Museo al mondo che può mostrare, oltre ad una collezione di oltre 30.000 pezzi di pipe, gli utensili originali e tutta le serie dei vecchi torni a pedale e altre macchine per la fabbricazione artigianale delle pipe: è il Museo della pipa di Gavirate anche sede della "Académie Internationale de la pipe.
1.3 - Il fumatore di pipa Chi fuma la pipa compie tutta una serie di gesti che non sono richiesti ai semplici fumatori di sigarette. Si tratta per i primi di un vero e proprio rituale che permette loro di offrire all'interlocutore un'immagine di sé quali persone calme, pazienti, meticolose, riflessive, perfino sagge. In realtà colui che fuma la pipa approfitta del lungo rituale dell'accensione per guadagnare tempo! Tempo che gli è necessario per riflettere e quindi preparare le sue risposte. Sono sempre più numerose le persone che utilizzano u tilizzano la pipa quale strumento, come se si trattasse di un prolungamento della mano. Si può brandire la pipa dirigendola verso l'interlocutore nel momento in cui si intende dare più forza a un ragionamento; si può utilizzare la pipa per indicare un oggetto lontano; se poi il fumatore si strofina la guancia con la mano che regge la pipe
accentuerà in tal modo la propria espressione dubitativa. Quando si tiene la pipa fra i denti risulta ovviamente difficile parlare, si tratta quindi di un ulteriore trucco per prendere tempo e riflettere meglio. Certi fumatori di pipa sanno giocare bene con questo accessorio tanto che esso diventa uno strumento di comunicazione, una vera e propria appendice del corpo. In base alle osservazioni cui sono stati sottoposti gli adepti della pipa e quelli delle sigarette, sembrerebbe persino che queste due categorie di persone siano caratterizzate da due tipi diversi di intelligenza. I primi sarebbero dunque dotati di un intelligenza astratta, vale a dire di una capacità di vedere il proprio pensiero proiettato nel tempo e nello spazio, mentre i secondi avrebbero un'intelligenza concreta, sentirebbero cioè il desiderio costante di ricollegare il proprio pensiero a situazioni reali per attribuirgli concretezza. Questa particolarità non può che contraddistinguere personalità diverse. I fumatori di pipa sono abili nel coinvolgere e affascinare l'interlocutore ancor prima di avere esposto per esteso le loro idee i dee mentre i secondi si soffermano a lungo su minuziose spiegazioni prima di passare al punto seguente della loro esposizione.
1.4 - Fumatori di tutti i tempi
"L'ultima sigaretta". L'estremo desiderio del condannato a morte; un gesto che abbiamo visto ripetere centinaia di volte al cinema e in televisione. Un gesto che nella sua semplicità raccoglieva di volta in volta il godimento della raccolta in pochi istanti di tutta una vita, il piacere di assaporare un ricordo avvolto nel fumo, la sensazione di pace interiore prima della morte del corpo. Il fumo ha accomunato in vita personaggi noti in tutti i settori della cultura, dell'arte della storia. Tra i condottieri, Pietro il Grande e Federico il Grande, primo collezionista di scatole da tabacco. E poi Napoleone, la cui tabacchiera era la fida compagna sui campi di battaglia. Napoleone III e Guglielmo II non disdegnavano la sigaretta. Stalin invece preferiva la pipa, Churchill non si mostrava mai in pubblico senza l'adorato sigaro. Mao era così dipendente dalla sigaretta che dopo la Lunga Marcia, coltivò personalmente il tabacco. "Fumare tutto il giorno e non fare moto" era la ricetta di Joseph Chamberlain per aver successo in politica. Il concetto che la riflessione sarebbe impossibile senza l'aiuto di uno stimolante artificiale quale il tabacco, ha preso talmente l'umanità che non ci sogneremmo di leggere un'avventura di Sherlock Holmes dove egli non fumasse in modo talmente assiduo da far uscire dalle pagine del libro l'odore stesso del tabacco. E cosa dire del mondo dello spettacolo? Oscar Wilde, Hemingway, Charlie Chaplin (solo in tarda età diventò un convinto non fumatore a causa dei danni che il tabacco poteva arrecare). Chi non ricorda nel film "Casablanca", Humphrey Bogart con l'eterna sigaretta tra le labbra noncuranti? Ed il commissario Maigret, sempre occupato a pulire ed a ricaricare la pipa? L'eccesso nell'uso del tabacco fu la causa del cancro alla bocca che condusse alla tomba Freud. Darwin imparò a fumare dai gauchos quando cavalcava con loro nelle pampas; dopo un mese di astinenza confessò di sentirsi "estremamente letargico, ottuso e malinconico".
E tra i musicisti famosa era la pipa di Händel mentre Bach ha dedicato al fumo persino un poema. Mozart non abbandonava mai la scatola del tabacco da fiuto ma detestava gli ambienti impregnati di fumo.
Beethoven prediligeva la pipa, mentre Wagner, impegnato a suonare il piano per alcuni alc uni amici, avendo terminato il tabacco da fiuto, esclamò: "Niente più tabacco, niente più musica".
1.5 - Anatomia della pipa (1) Una pipa è composta da un certo numero di parti, ciascuna con un nome ed una funzione specifica ben definita. Per quanto diverse possano essere le forme della pipa, vi ritroverete sempre i seguenti elementi:
1 Nella testa è ricavato il fornello, in cui viene caricato il tabacco. 2 Il cannello, ricavato dal ciocco tutt'uno t utt'uno con la testa, serve a trasmettere il fumo al bocchino. 3 Il bocchino è la parte amovibile della pipa e deve combaciare ermeticamente con il cannello. 4 L'innesto è la parte del bocchino che connette lo stesso con il cannello; è una delle parti più vulnerabili della pipa perché è relativamente fragile. 5 L'imboccatura è l'estremità del bocchino che c he viene stretta Ira i denti. 6 Nel fornello o camera di combustione viene caricata la pipa e vi brucia il tabacco. 7 Le pareti del fornello sono ricoperte da uno strato di carbone disposto con regolarità, questo strato si forma fumando; oggi lo si applica anche artificialmente. 8 Il condotto lascia passare il fumo dalla testa, attraverso il cannello, sino all'imboccatura.
9 Nel condotto vi può essere inserito o meno un sistema o dispositivo, sia esso una spirale metallica, un tubetto o altro, che consente di regolare il flusso del fumo, filtrandolo.
1.6 - Anatomia della pipa (2)
ITALIANO
INGLESE FRANCESE A testa / vaso bowl B
spessore
tête
thickness of bowl
épaisseur
C
fornello / focolaio
bore of bowl
foyer
D
fondo del fornello
heel
E
cannello
F
perno del bocchino
G
bocchino
mouthpiece (amer. stem)
H
imboccatura
bite
I
dente del bocchino
J K
foro del bocchino bore of mouthpiece camera di condensazione bore of stem
perçage de la lentille chambre de condensation
L
sistema / filtro filter trap / moisture trap
système/filtre
M
coperchietto
vind cap / wind screen couvercle
N
vera / ghiera
band / mount bague / virole
pied de la pipe
hanks (americano stem) peg (amer. tenon)
tige floc tuyau
bec de la lentille lip
lentille
1.7 - I modelli Oggi, il numero dei modelli di pipa è molto grande. Negli ultimi tempi, soprattutto, sono state create molte forme nuove, disegnate spesso con gusto e fantasia, ma quasi sempre derivate dalle indistruttibili e immutabili forme classiche. In linea di massima le pipe sono di forma dritta, curva o ricurva, con la testa sferica o cilindrica. In tutto il mondo sono conosciute nella classica nomenclatura inglese.
1.8 - I modelli fondamentali Billiard Il modello più famoso e popolare del mondo. E' una pipa dritta fornita di una ben equilibrata testa cilindrica con pareti verticali. Apple Ha una testa sferica-ovale. Quando la si prende nel palmo della mano dà l'impressione di stringere una mela; da cui il nome. Pot Può essere considerata una lontana parente della Billiard. la sua testa, dritta, è più bassa e le pareti più spesse. Un modello più pesante e meno slanciato. Canadian Della stessa famiglia della Billiard, ma con cannello lungo e bocchino curvo.
Bulldog Una pipa robusta. Sulla parte più larga della testa vi è una scannellatura al di sopra della quale la testa si restringe.
Bent E' una pipa curva (halfbent) o ricurva (fullbent); la testa può variare o può essere uno degli altri modelli, per esempio una "bent billiard". Forme varie o a fantasia Non hanno una dizione ufficiale; sono riconducibili a combinazioni varie dei modelli principali. Freehands Sono pipe fatte a mano; pezzi unici artigianali, prodotti fuori serie.
1.9 - Le specialità Dalla grandissima diversità di pipe e dalla varietà dei materiali usati risulta ben evidente che la pipa è presente in tutte le culture del mondo. Ogni paese, ogni cultura ha prodotto, accanto ai tipi universalmente conosciuti, modelli e tipi particolari. Pipe di porcellana Non sono nate per essere usate. Sono testimonianza di un gusto artistico, spesso particolare, con decorazioni rustiche o raffinate, ma sempre belle. Sono oggetti preziosi per i collezionisti di porcellane, di arte popolare o di curiosità. Ma sono e rimangono oggetti soltanto da ammirare. Pipe ad acqua Sono peculiari della cultura orientale. Il principio è semplice. Tra la testa ed il cannello il fumo viene filtrato e rinfrescato per mezzo dell'acqua pura o profumata contenuta nella bottiglia. La si fumava prima ancora della scoperta del tabacco, venendo caricata con varie specie di erbe aromatiche e medicinali od anche di droghe. Oggi solo qualche hobbista fa ancora uso della pipa ad acqua. Pipe di pannocchia Le sue qualità sono molto discusse. Viene ricavata dalla pannocchia di una specie di granturco americano dalla fibra dura che cresce nel Missouri (USA). C'è chi la trova mediocre e chi la considera ottima; ma c'è unanimità nel non considerarla la pipa migliore del mondo. E' innegabile che tali pipe non siano costose e che producano, grazie alla loro porosità un fumo molto fresco. Svantaggio notevole è che "la pannocchia" si satura molto presto per cui alla lunga il tabacco acquista un retrogusto. Inoltre, a causa del calore, le pareti si forano facilmente. Le Calabash ( pipe di zucca ) Sono pipe molto speciali. Il fornello esterno, in pratica un contenitore o camera di condensazione, è dato dal frutto di una zucca esotica di origine africana. Nell'interno viene alloggiato il vero e proprio fornello di schiuma, tenuto in sito da una guarnizione di sughero. Fra i due materiali rimane un piccolo spazio che serve per il raffreddamento del fumo. Di linea molto elegante si trovano soltanto da qualche specialista. Danno luogo ad una fumata asciutta e gradevole procurando al fumatore un inatteso senso di piacere.
1.10 - Pipe con particolari sistemi Il sistema é un dispositivo speciale che, inserito nel condotto di molte pipe, ha lo scopo di regolare o di rafforzare il flusso d'aria o di fermare il liquido prodotto dalla combustione del tabacco. Sono tali accorgimenti necessari o meno? E' questa una domanda che sarà probabilmente sempre causa di molte polemiche. L'esperto fumatore li considererà come un qualcosa di superfluo. Ed è probabile che vi sia una parte di verità. Ma e indubbio che alcuni particolari sistemi possono rendere il fumo molto più piacevole e confortevole, e più facile l'accostamento al principiante. In ogni caso sono la soluzione per chi è alla ricerca di un modo di fumare pulito e facile. Esistono vari sistemi: Sistema refrigerante Consiste in un tubetto metallico che ha la funzione di allungare il "corso del fumo". Si ottiene così un raffreddamento della temperatura sì che il fumo una volta in bocca ha una temperatura più piacevole. Sistema refrigerante anticatrame E' un sistema refrigerante perfezionato. Può consistere, per esempio, in un tubetto a forma di spirale, che oltre a raffreddare il fumo, riesce a trattenere in parte l'umidità e i residui della combustione. Filtri assorbenti Rientrano in tale categoria sia i filtri costituiti da cilindri di carta assorbente speciale, sia il funzionalissimo filtro a base di materiali m ateriali assorbenti speciali, quali la schiuma di mare. Questi filtri assolvono completamente la funzione di assorbire i liquidi condensati dal fumo assicurando una piacevole fumata asciutta e purificata. Il loro uso è molto facile. Diversi
In questa categoria rientrano, per esempio, quelle pipe nelle quali il sistema refrigeratore è alloggiato in tutto il cannello, pipe con la testa svitabile o pipe con uno speciale dispositivo di regolazione dell'aria, con un'apertura regolabile, quali le Pipe Personalizzate Anphora con A.R.S.
1.11 - I bocchini E' la parte della pipa più soggetta a rotture. Nell'acquistare una pipa spesso non si pone molta attenzione al bocchino, benché questo ne sia una parte essenziale. Un bocchino non soddisfacente irrita; un bocchino buono è piacevole, funzionale, forte e resistente. Non è forse la parte della pipa che si tiene tra le labbra? I bocchini possono essere di ebanite, metacrilato, osso, corno, ambra, etc. Le pipe a prezzi più bassi hanno spesso bocchini di plastica che si deteriorano presto.
Più solidi risultano i bocchini in metacrilato. Fatti a macchina, non sono costosi, non danno retrogusto, sono resistenti al morso e non scoloriscono per il calore. Senza dubbio migliori e più durevoli sono quelli prodotti in ebanite. L'ebanite è il prodotto di un processo di vulcanizzazione di una miscela di caucciù ed altri componenti. L'ebanite è piacevole e durevole. Un suo fattore negativo, è che sottoposta ai raggi del sole tende a scolorire, divenendo di uno sgradevole color giallastro, con effetti spiacevoli anche di retrogusto. Nonostante ciò, i bocchini di ebanite sono da preferire. Anche l'ambra, l'osso ed il corno vengono usati per i bocchini, ma sono troppo costosi e rari. Le imboccature La varietà dei bocchini non si realizza soltanto nei materiali usati, ma anche nelle forme dell'imboccatura. Due sono le forme fondamentali: la coda di pesce, la più usata con estremità rettangolari. Il fumo finisce direttamente sulla lingua. L'imboccatura a labbra ha la parte superiore a semicerchio mentre l'inferiore è piatta. L'apertura del bocchino si trova spesso sopra la convessità, sì che quando si aspira il fumo ha uno sbocco obliquo verso l'alto, toccando per primo il palato. Ai fumatori che talvolta provano fastidio alla lingua è da consigliare senz'altro questo tipo di bocchino. Per chi ha problemi di bocca (dentiere) esiste il dental bit, che fornisce un appoggio supplementare grazie al suo riltevo spiccato. Generalità I bocchini possono essere forniti di una apertura circolare - round bore - o piatta - wide bore -. Esiste anche un tipo con apertura ramificata - twin bore - in cui il fumo fuoriesce da due fori, ha un flusso meno forte per cui si espande su tutta la lingua. Il bocchino nel suo totale si può dividere in due tipi principali: Il modello di forma conica, semplice e rettilinea e il tipo sella dove la linea del bocchino viene interrotta da un restringimento a forma di sella.
1.12 - Tipi di sezione di cannello
1 - Round stem 2 - Oval stem
3 - Vertical oval stem
4 - Square stem
5 - Square stem
6-
10 - Exagonal stem
11 -
Triangular stem 7 - Triangular stem
8 - Oval square stem
Octagonal stem 12 1 2 - Round square stem
1.13 - I materiali
9 - Vertical oval square stem
Le pipe possono essere fatte in un gran numero di materiali; ma parlando di pipe pensiamo anzitutto alle pipe realizzate in legno, terracotta o in schiuma. Le pipe in radica La radica e il materiale classico per le pipe in legno. Si usano le parti bulbose o le radici del l'erica arborea. Tale arbusto, che può raggiungere un'altezza sino a quattro metri, cresce soltanto nelle regioni mediterranee, quali Sardegna, Corsica, Calabria, Sicilia, Grecia, Tunisia, Algeria e Marocco. Nonostante i molti tentativi in materia non si è mai riusciti a coltivarla domesticamente; la pianta è "testarda" e non cresce altro che selvatica. Le più belle e le più pregiate pipe in radica hanno una nervatura parallela e regolare partendo dal fondo verso l'orlo. Tali pipe, dette "fiammate", sono molto esclusive. Sono rare anche l' "occhio "occ hio di pernice" caratterizzate da nervature ovali disposte trasversalmente. Comunque il disegno della nervatura determina solo in parte la qualità di una pipa. Vantaggi e svantaggi La radica è un Legno durissimo ed estremamente resistente cd calore, grazie ad un'alta percentuale di acido silicico. E' leggera, respira, e per la pipa è un materiale meravigliosamente "vivo". Uno svantaggio è che il legno non è di sapore neutro; nella maggior parte dei casi però, ciò dà al tabacco un aroma tutto particolare, per niente sgradevole. Le pipe di schiuma (di mare). Perle pipe di schiuma viene utilizzato il silicato idrato di magnesio, che si trova in giacimenti in Asia Minore (Turchia) e in Tanzania. I blocchi di schiuma originari della Turchia sono di color bianco candido e molto leggeri, quella proveniente dalla Tanzania è un po' più pesante, di struttura più grossa e di minor purezza. Accanto alle predette due qualità si trovano in commercio prodotti ottenuti con cascami di schiuma ridotti in polvere e poi impastati. Di qualità nettamente inferiore, per il non conoscitore e difficile distinguerli dalla schiuma pura. Risultano più pesanti e meno lucidi. Vantaggi e svantaggi Le pipe di schiuma non richiedono rodaggio. Sono leggere e, per la porosità del materiale con cui sono fatte, assicurano una fumata fresca e leggera. Vi sono dei fumatori che le prediligono per la caratteristica di colorarsi man mano con un imbrunimento progressivo, considerato affascinante e da ottenere con ccura ura particolare. Sono molto fragili e costose. L apipa calda può spaccarsi per il gelo o se viene appoggiata su una superficie fredda. Le pipe di terracotta, Fumare la tradizionale pipa di terracotta è diventato raro. Benché siano gradevoli a vedersi e brucino molto bene, non vengono quasi più prodotte. Sono estremamente fragili e non durano molto in quanto la terracotta tende a saturarsi di condensati. co ndensati. Attualmente, anche se non molto diffuse, si usano pipe di terracotta fusa. Ve ne sono due tipi: a parete semplice e a parete doppia. La seconda è la più popolare e brucia ottimamente. Loro caratteristica è il vuoto tra le pareti del fornello e quello esterno. Quando la si fuma, il fumo e la condensa del tabacco si raccolgono nello spazio esistente fra le due pareti, dove l'umidità viene assorbita ed iill fumo si rapprende. Vantaggi e svantaggi
Le pipe di terracotta assicurano a ssicurano una fumata asciutta e leggera, assorbendo l'umidità, sono fragilissime e si riscaldano durante il fumo.
1.14 - La materia prima La pipa in legno che conosciamo oggi è in radica, "briar" in inglese, "bruyère" in francese. La materia prima, affascinante ed un poco misteriosa, con cui sono fatte le nostre pipe è il ciocco, un'escrescenza che deriva dall'arbusto che i botanici chiamano "Erica Arborea". Noi la chiameremo più semplicemente Erica, in quanto quest'arbusto appartiene alla famiglia delle Ericacee; se ne contano 1350 specie diffuse in tutto il mondo. Quella usata per le pipe viene dal bacino del Mediterraneo: Italia, Francia, Spagna, ma anche Albania, Grecia, Turchia europea, Algeria. Per gli italiani, la migliore italiana; per i francesi, quella della Corsica. Noi siamo liberi di scegliere a nostro giudizio. E' risaputo che le piante crescono prontamente sotto abbondanti piogge. Ma l'Erica più adatta alla pipa è quella che deve lottare per la sua sopravvivenza dove il terreno è arido e roccioso, la pioggia scarsa e le condizioni di vita fra le peggiori. lì vento impetuoso e il terreno roccioso non impediscono alla nostra Erica di svilupparsi, con un sistema di radici che s'insinuano nelle più piccole fessure, forzando il terreno e la roccia. Nello sforzo di trovar poco a poco posto nell'arido terreno sul quale cresce, la nostra Erica sviluppa un duro nodo di legno granuloso appena sopra le radici, nel cosiddetto colletto, giusto appena sotto terra. Questa grossa protuberanza è il ciocco, la materia prima con la quale si fa la pipa. Il ciocco non ha nulla d'attraente: è un ingrossamento della radice, spesso pieno di nodi e di bernoccoli, non di rado con qualche sasso incorporato. Ma dov'è il lato misterioso della faccenda, di cui si diceva all'inizio. Il mistero è dato dal fatto che nessuno sa ancora perché l'Erica sviluppa siffatta escrescenza che chiamiamo ciocco. Il ciocco giunge al massimo al mezzo metro di diametro; ha scorza sottile, scabra, rugosa e friabile, di color rosso bruno o nerastro, con un legno pesante, di colore che varia dal giallastro al grigiastro, di fenditura difficile, compatto, bizzarramente macchiato, fiammato, o venato; fiamme e venature che poi ritroveremo nelle pipe finite, dando loro prestigio particolare e... costo maggiore. Il maggior pregio del legno del ciocco è la sua relativa incombustibilità il che spiega il successo della radica quale materiale per la costruzione della pipa, rispetto ad altri materiali usati in passato. La scoperta della radica d'Erica è merito dei francesi. Un tale che si trovava in viaggio in Corsica aveva perduto la sua preziosa pipa in schiuma: s'era alla metà dell'8OO. Chiese perciò a un contadino di trovargli un legno molto duro nel quale scavarvi una pipa e costui, a conoscenza che il ciocco dell'Erica è sempre stato ricercato come legna da fuoco perché brucia lentissimamente, con un elevato potere calorico (ma questo non ci interessa), gliene fece una con siffatto materiale. Quel tale (purtroppo non è passato alla storia!) la trovò davvero ottima e la raccomandò ad amici e conoscenti. Una volta dissotterrato il ciocco, pulendolo dalle radici, dai sassi, dal marcio, dal tarlo, lo si porta in segheria dove viene tagliato, ricavandone 3 tipi d'abbozzo: il "rilevato" (che servirà per le pipe curve) e due "marsigliesi", grande e piccolo (che serviranno per le pipe dritte). Dopo la prova del ferro, quella del fuoco: l'abbozzo viene bollito per 12 ore di seguito in grandi caldaie di rame. L'acqua bollente scioglie succhi,
resine e tannino contenuti nel legno che cambia colore, assumendo dapprima un rosso bruno che poi, asciugando, diventerà marrone chiaro e più tardi, stagionando, marrone scuro. La stagionatura dura almeno un anno, massimo 2-3 anni. Dieci e più anni, come pubblicizzano taluni, sono soltanto frottole.
1.15 - Occhio ai difetti Intanto diciamocelo subito: la pipe perfetta è praticamente introvabile, più unica che rara e naturalmente il prezzo è conseguente, prossimo al migliaio di franchi, anche oltre! Ma per dieci volte meno è possibile trovare pipe eccellenti, ottime sotto ogni profilo: estetico, ma soprattutto nella fumata Dicevo che la pipa perfetta è praticamente introvabile: non è un aforisma gratuito, è la cruda realtà. Il ciocco, come già detto, può contenere un sacco d'impurità estranee alla radica. Gli scarti cominciano in segheria e continuano in raffineria, come viene chiamata la fabbrica di pipe. Le fabbriche più importanti, che hanno un nome da difendere e quindi puntano sul massimo di qualità, non lavorano gli scarti ma li cedono a sottomarche o ai fabbricanti di pipe dozzinali. Fino a pochi anni fa c'era, a Londra, il più antico "tobacconist" del mondo: Freyburg. & Treyer, ora chiuso, che una settimana all'anno svendeva i suoi "reject" (scarti). I collezionisti vi accorrevano da tutto il mondo. Vantare quest'oggi un "reject" targato F&T, nel mondo dei patiti della pipa, è come poter sfoggiare una Testarossa nel campo delle quattroruàte lì problema non è tanto il punto nero che si può stuccare, la piccola fessura che si elimina nelle scanalature rendendo la pipa rugosa, insistendo con la carta abrasiva rendendo la pipa più piccola. Al limite, se il difetto è esterno al fornello e non profondo, niente male; se è dentro il fornello; il buon fumatore sopperisce con un buqn rodaggio e conseguente strato di carbone. Anche un piccolo difetto nel cannello non influisce sulla bontà del fumo; purché la stuccatura non stia nel punto in cui si innesta la spina del bocchino, altrimenti è troppo fragile e può rompersi con facilità. Dicevamo delle pipe rugose, sabbiate: grazie a questo metodo di lavorazione della radica, di fatto si nascondono molti difetti del legno. Oltre ai difetti del legno più o meno visibili bisogna avere occhio ben attento ad altri difetti talvolta meno appariscenti, ma non meno importanti, come quelli della lavorazione: intanto un fornello ben centrato nella testa della pipa, con precisa profondità, pr ofondità, corretta proporzione con lo spessore delle pareti ed il peso della pipa; altrettanto dicasi per il cannello, che sia diritto, con un foro sufficientemente grande da farvi passare lo scovolino perla regolare pulizia della pipa. Ancora un paio di parole sulle pipe "fatte a mano". Salvo casi rarissimi, di artigiani che fanno tutto a mano, anche le cosiddette pipe fatte a mano subiscono almeno 3 operazioni ottenute con la macchina: la svasatura, grazie alla quale l'"abbozzo" uscito dalla segheria diventa una "testa"; la tornitura e la fresatura con te quali si lavora la canna, si arrotonda la base del fornello, si eliminano i "corretti" rimasti al punto di congiunzione tra fornello e cannello, si fora quest'ultimo. In fondo tutte le pipe sono fatte a mano perché, se si considera che una pipa richiede da 30 a 70 operazioni diverse e che soltanto 3-12 operazioni o perazioni avvengono meccanicamente, il grosso della fabbricazione della pipa avviene manualmente. Occhio ai difetti, dunque, ma senza esagerazioni a meno dli poter sborsare una cifra consistente, nel qua caso si ha diritto al meglio del meglio.
1.16 - Fiammata o ad occhio di pernice Si dice che su una cinquantina d'abbozzi, in media uno solo è di qualità superiore. Difatti, ogni cicco c icco d'erica è un insieme con le strutture lignee più diverse. Tenuto perciò conto di quel che nel ciocco può essere contenuto, venature (le cosiddette pipe fiammate) dritte o con disegno regolare, visibili nella pipa ultimata, va da sé costituiscono l'eccezione. Se dunque in una pipa la "fiamma" è un fatto raro, l'"occhio di pernice" addirittura è rarissimo. Se tale fatti rari rispettivamente rarissimi s'uniscono, ecco il fior fiore della pipa, sia per estetica (l'occhio vuol la sua parte), sia per la resa del fumo, anche se talora capitano pipe bellissime praticamente infumabili. Il prezzo naturalmente è conseguenziale: tanto per la rarità del disegno, quanto per il pregio della fumata, se quella pipa oltre che bella è davvero buona. La fiamma regolare, dritta e verticale, dalle venature uniformi e ravvicinate, una combinazione di disegno molto rara, vien denominata in "straight grain" ma pure "flame grain", usiamo l'inglese che, col francese, sono le lingue ufficiali della pipa. Del resto, sono soprattutto gli inglesi che fanno follie per le pipe fiammate: l'apprezzamento Made in Great Britain di tali "straight grain" ne ha fatto un po' una moda snobistica e gli sfizi, si sa, si pagano cari. Poi c'è il "birds-eye", che abbiamo italianizzato in "occhio di pernice", ossia un tipo di marezzatura della radica, vaddassè pregiatissimo. Di solito è visibile v isibile sui due lati del fornello, rarissimamente tutt'intorno. In fondo è soltanto una fiamma tagliata di traverso. In altre parole, valga la regola seguente: ogni venatura regolare è rara, quindi cara. Ora v'immagino mentre rimirate la vostra o te vostre pipe, rigirandovele fra le dita: e fiammata? C'è l'occhio di pernice? Se non ci fosse né l'una né l'altro, ma quella pipa fuma in modo superlativo, non gettatela! Per la qualità della pipa, ciò che conta, più del disegno in assoluto è la natura stessa della "grana", che dev'essere comunque il più possibilmente regolare, serrata, dando un'impressione d'omogeneità cioè di compattezza. Difatti1 soprattutto queste sono le qualità che caratterizzano una buona testa di pipa, in quanto ci possono. essere venature regolari che però sono troppo.. larghe,. il che tradisce peraltro un legno poco resistente, ciò che indurrà a diffidare dalle teste di pipa che presentano largh~e superfici non venate; sono quel che si chiama il "liscio"> ossia teste tagliate in un. legno tenero, in genere nella zona di innesto tra ciocco e tronco, se non addirittura in radici vere e proprie. Peraltro vi sono pipatori che la loro pipa la preferiscono "nodulata", con un dis6gno che si presenta sotto forma di fasci di fibre che si dipartono dalla base del fornello e da essi sfuggono verso ltalto, simili a bolle, ossia miriadi di piccoli nodi; in altre pipe, la base del fornello è come un semenzaio di nodi dai quali germogliano le fibre, slanciate verso l'alto. E' tutto un linguaggio di geroglifici che soltanto t'amatore può comprendere e~ciò spiega e conferma che una bella pipa è tale soltanto se se la sceglie chi dovrà fumarla, perché a chi l'offre l 'offre in regalo sarà piaciuta un mondo, ma può lasciar del tutto indifferente chi la riceve. Fibre, fiamme, fascetti, nodi sono soltanto l'immagine, l'istantanea della vita intima della pianta dal cui legno essi provengono; sono dunque l'aspetto vivente del legno, del ciocco dell'erica arborea, dal modo col quale il ciocco s'è sviluppato, giacché non c'è un ciocco eguale all'altro in quanto chà ognuno cresce a modo suo.
Conclusione?. Ci vogliono tre quintali di radica per ottenere dodici dozzine d'abbozzi; di questi 144, soltanto un paio forse tre possono essere di qualità
1.17 - Le finiture Una pipa, quale ci appare nel suo assetto finale, può essere · naturale · verniciata · sabbiata · rusticata Mentre i primi due termini si spiegano da soli (naturale è la pipe soggetta a una semplice pulitura e trattata con olio speciale o con cera carnauba; verniciata è la pipe cui viene data una colorazione), i termini sabbiata e rusticata necessitano di una spiegazione, anche perché sono spesso confusi tra loro. La pipa rusticata o zigrinata è raramente una pipa di pregio, anche se perfettamente funzionante e magari gradevole. La sua rugosità si ottiene usando piccole frese che, scalfendo irregolarmente la superficie del legno, confondono i difetti più o meno vistosi e consentono di utilizzare le teste che altrimenti sarebbero da eliminare. Per questo motivo può essere messa in commercio a prezzi abbastanza modesti. La pipa sabbiata è invece quella sottoposta a un fortissimo getto di sabbia finissima, che rivela in sottili costure le vene orizzontali e verticali già esistenti nel legno, dando alla pipa una rugosità che rispecchia esattamente la vena naturale. La vena tenera del legno è erosa dalla sabbia, mentre la parte dura emerge, conferendo leggerezza alla pipa e una maggior facilità al "raffreddamento", poiché la rugosità ne moltiplica la superficie esterna. Non è quindi vero, come spesso si dice, che si sabbiano le pipe difettate, allo scopo di mascherare con la sabbia alcune cavità che renderebbero il fornello inutilizzabile, così come non è vero che si possono sabbiare pipe assolutamente lisce, ottenute dalla parte meno pregiata pr egiata del ciocco, cioè il ramo, poiché la sabbiatura non potrebbe mettere in risalto una venatura che non esiste, ma ne deformerebbe anzi la superficie. Le stuccature La radica è un legno, e come tutti i legni può aver dei difetti più o meno vistosi, che vanno da nodi a piccole a "camolature", o punti neri. Questo spiega perché i pezzi assolutamente perfetti sono molto rari e molto costosi. Quando si sia accertato che tali difetti sono puramente estetici e non incidono sulla qualità della pipa, si procede alla stuccatura. Operai, ma più frequentemente operaie, con abilità da miniaturisti, provvedono a otturare i microscopici forellini con un impasto di mastice e polvere di radica, rendendo così omogenea la superficie. Il venditore intelligente e onesto o nesto non tacerà la presenza di queste stuccature (visibili peraltro con una lente se non coperte da strati di vernice), ma chiarirà al cliente inesperto che esse non hanno alcuna influenza sulla buona resa della pipa, mentre gli consentono di effettuare l'acquisto a un prezzo molto minore. Generalmente, durante l'uso, la pipa stuccata non presenta alcun inconveniente. Può accadere, ma raramente, che dopo un uso prolungato la stuccatura cada, mettendo a nudo il forellino. Ma anche in questo caso sarà l'estetica a soffrirne, mai il funzionamento: se la pipa è di buona radica, ben
stagionata, rimarrà sempre una buona pipa e potrà facilmente essere stuccata di nuovo. Più grave invece se lo stucco nasconde un buco "passante", cioè se la radica del fornello è forata da parte a parte. Ma i fabbricanti seri questi fornelli li buttano via.
1.18 - "Pipa" e "Tabacco da pipa" nelle diverse lingue Pipa
Tabacco da pipa
Inglese pipe
pipe tobacco
Francese pipe tabac pour la pipe Spagnolo pipa tobaco para la pipa Portoghese cachimbo tabaco para cachimbo Rumeno pipa
tutun de pipa
Tedesco pfeife pfeifentabak Olandese pijp pijptabak Svedese
pipan piptobak
Danese piben pibetobak Norvegese pipen pipetobakk Russo
trubka tabak diya trubky
Polacco faika tyton do fajki Ceco
dymka dymkovoy tabak
Serbo-Croato
lula duvana za lulu
Bulgaro lula-ta tyutyun za lula Ungherese
a pipa pipadohanyt
Finnico piippu piipputupakkaa Estone piip piibutabakat Lituano pypke tabako pypkei Greco
pipa kapnon tis pipas
Albanese
Ilulla duhan llulle
Turco
pipo pipo tutunu
Arabo
el-biba tabak alashan el-biba
Esperanto
2 - IL TABACCO
la pipo piptabakon
2.1 - Il tabacco Il tabacco appartiene ad un genere molto vario, alla famiglia delle Solanacee, di cui tra l'altro fanno parte anche il pomodoro ed il peperone. La denominazione ufficiale del tabacco è "Nicotiana tabacum", Il tabacco è una pianta a ciclo annuo e cresce di preferenza nei climi caldi e tropicali, soprattutto nelle zone tropicali e sub-tropicali. Ma viene coltivato anche nelle zone temperate della Polonia, della Francia e del Canada. Si può affermare che non esiste nazione ove non venga coltivato. E' una cultura che richiede molte cure e attenzione se si vuol produrre foglie sane e di qualità superiore. Solo le foglie migliori vengono selezionate per la produzione dei trinciati da pipa. Il tipo di seme utilizzato, la qualità del terreno, il clima della zona di coltivazione e della regione di origine del tabacco, il modo in cui le foglie vengono essiccate: tutto contribuisce a determinare il pregio, l'aroma e la qualità del tabacco. Le centinaia di specie coltivate in tutto il mondo, ognuna con caratteristiche diverse, possono essere raggruppate in quattro famiglie principali: Virginia, Kentucky; Burley ed Orientali. Una volta tali aggettivi si riferivano ai paesi di origine. Oggi i vari Virginia, Burley, Kentucky ed Orientali non vengono più coltivati esclusivamente in quelle regioni, ma sono diffusi in tutto il mondo. Così il Virginia non proviene più esclusivamente dallo Stato della Virginia negli Stati Uniti, ma dal Malawi, dallo Zimbabwe, etc. Il Kentuckv non viene coltivato esclusivamente nello Stato omonimo, ma in numerosi paesi africani ed europei. Virginia I tabacchi Virginia, definiti dagli specialisti "flue-cured", vengono essiccati in capannoni chiusi con correnti di aria calda prodotte da un sistema di riscaldamento centralizzato. Le foglie Virginia, generalmente di bell'aspetto e di colore giallo paglierino, hanno un profumo non molto marcato e bruciano lentamente. Kentucky I tabacchi Kentuckv, o"fire-cured", vengono essiccati sulla brace di legna. Di colore co lore brunito, sono caratterizzati da un aroma "affumicato" molto particolare. Bruciano lentamente ed hanno un gusto pieno e rotondo. Burley I tabacchi "Burlev" o "air-cured" vengono appesi per parecchie settimane in capannoni esposti all'aria aperta. Il loro colore copre varie tonalità del marrone fino al testa di moro. Bruciano piuttosto rapidamente e sono caratterizzate da un aroma di cioccolato, che viene spesso evidenziato con un procedimento definito toasting, durante il quale il tabacco viene riscaldato. I tabacchi Burlev assorbono facilmente gli aromatizzanti. Orientali I tabacchi orientali o "sun-cured'' vengono essiccati al sole all'aperto. Per loro natura hanno un aroma molto forte, caratteristica questa che si riscontra anche nel sapore spiccatamente esotico.
Per queste loro peculiarità vengono utilizzati nelle miscele solo in piccole quantità, il che è sufficiente a far loro acquisire un gusto sorprendente e delizioso). Hanno un colore giallo verdastro e bruciano lentamente, essendo le foglie un po' più spesse che in altre varietà di tabacco. Quanto più alti ci si trova nella pianta tanto più solida è la foglia, tanto più lenta la infiammabilità e tanto più forte il sapore. Così le "primings" (foglie basilari) per esempio si usano di più per i tipi "baai" che bruciano veloci e per i "mixtures" (miscele) si impiegano più le foglie mediane. Le L e "mixtures" bruciano un po' più lente. E' il compito del miscelatore trovare una combinazione che darà una bella miscela gustosa equilibrata. Importanza del posto di origine della foglia di tabacco sulla pianta. Le foglie di tabacco hanno in generale la caratteristica di aumentare di consistenza man mano che si procede dal basso della pianta verso l'alto: per cui più in alto è posta la foglia e più è spessa, più marcato il suo sapore e più lenta la sua combustione.
2.2 - Quando il tabacco arrivò in Europa Alberto Paronelli è in possesso di una interessante documentazione che rivoluziona la storia dell'introduzione del tabacco in Europa. Non occorre rifarsi né a Sir Walter Raleigh R aleigh né a Jean Nicot - a quanto pare - ma a una semplice suora spagnola che lo portò in Italia, ed esattamente in un convento del Piemonte, nel 1517. Il giorno 12 ottobre dell'anno 1492 l'Ammiraglio Cristoforo Colombo scopre il Nuovo Mondo. Il giorno 28 ottobre 1492 sulla costa orientale dell'isola di Cuba allora battezzata Hispaniola, Colombo con due marinai (Luis de Torres e Rodrigo de Jerez) videro in un villaggio degli indigeni che fumavano erbe secche arrotolate dentro un'altra foglia pure secca: era Tabacco. Sebbene esso fosse già di uso comune in Brasile e in Messico (chiamato "Tabaco") ci atteniamo alla documentazione della scoperta di Colombo. Il seme del Tabacco fu portato in Europa dal monaco spagnolo Ramon Pane che accompagnò Colombo nel suo secondo viaggio alle Indie Occidentali. Furono gli spagnoli i primi in Europa a seminarIo e a farne uso. Nel medesimo periodo i semi vennero portati in Sardegna, in Italia, in Francia e in Austria. In Sardegna veniva coltivato nelle zone di Alghero e di Castelsardo. Le prime notizie di coltivazione di tabacco netta penisola italiana risalgono all'anno 1517. Nel vecchio Castello di Agliè in Piemonte Pi emonte (risale al 1400) - del quale tuttora non rimangono che alcuni ruderi e dove nel 1774 venne costruito il nuovo e attuale Castello (uno dei più belli del Piemonte) - il conte S. Martino di Agliè usava fumare tabacco in pipe di terracotta, e tabacco con pipe veniva offerto agli ospiti del Castello. Le piante di Tabacco erano coltivate nell'orto annesso al Convento delle suore di Santa Maria della Rotonda in località di Agliè a circa 5 chilometri dal paese, in collina. Il vecchio convento esiste ancora (risale all'anno 1000); la chiesa si chiama dell'Addolorata. Il seme del tabacco venne portato ad Agliè ai primi del '500 da una monaca spagnola superiora al convento; pare che il nome fosse Maria Ferrer O.H.P. Il tabacco coltivato nell'orto del convento era riservato esclusivamente ai nobili e all'alto clero. Ogni anno sia a Torino che nel Castello di Agliè veniva organizzata una Festa con balletti in onore del Tabacco; le due più famose furono quelle di Agliè Capodanno del 1575 e Torino, Carnevale 1650.
E' tempo ora di sfatare la leggenda che sia il francese Jean Nicot che l'inglese Sir Walter Raleigh abbiano portato per primi il tabacco in Francia e in Inghilterra. Jean Nicot nacque nel 1530 e morì nel 1600. Secondo la storia presentò nei 1560 al Cardinale di Lorena foglie di tabacco; lo stesso Cardinale offrì nel 1561 il tabacco alla Regina Caterina de' Medici come rimedio alle violente emicranie alle quali la Regina era soggetta. Sir Walter Raleigh (1552-1618), favorito della Regina d'Inghilterra Elisabetta I, nel 1584 finanziò una spedizione verso l'America; nel 1586 portò il tabacco alla Corte di Londra e impose la moda mod a della pipa, ambedue quasi sconosciuti (solo qualche marinaio usava tabacco e pipa avendone appreso i pregi negli scali di porti europei: italiani, francesi, spagnoli). Il dottor Mattioli Pietro Andrea (1500-1577), senese, era considerato uno dei più valenti medici del suo tempo; stava lavorando in Boemia su un trattato di Botanica, quando ricevette dall'Italia delle piantine o semi di "Nicotiana Rustica". Mattioli inserì nella seconda edizione della sua opera, che vide la luce a Praga nel 1563, "Neu Krauterbuch" studi sugli effetti dell'uso del tabacco. Un cenno particolare per noi italiani: il Cardinale Prospero di Santa Croce (1513-1589) fu con Nicolò Tornabuoni uno dei divulgatori del tabacco in Italia. Per le sue qualità era chiamato: "Erba Santa", "Herba Sacra", "Herba Divina". Prese definitivamente, e lo tenne per secoli in Italia e all'estero, il nome di "Erba di Santa Croce". Questo appellativo calza bene per il tabacco, perché le prime quattro foglie della pianticella formano in effetti il disegno della Croce. Il nome del Cardinale è ora scomparso, sostituito universalmente dalla parola "Tabacco", ma la piccola croce che formava "l'Herba Santa" sì è perpetuata nella sigla del Monopolio dei tabacchi italiani. Ecco un esempio di utilizzo del tabacco in medicina tratto da: Del compendio de' secreti rationali Dell'Eccell. Dottore, e Cavaliero M. Leonardo Fioravanti - Bolognefe - Libri cinque (1600) Unguento provato per qualsivoglia piaga. Recipe - Sugo di herba della Regina detto tabacco libre trè, oglio antico libre quattro, trementina di Venetia once sette, cera vergine oncie nove; storace liquida once due, e meza, cinabrio in pietra polverizzato oncie quattro, oglio d'ipericon composto oncie due, rosmarino manipoli due, fa bollire il sugo di tabacco, e il rosmarino con li ogli fino che è consumato il sugo, di poi cola per tela, e dissolvi la cera, di poi agiongi la storace, e trementina, e levato dal fuoco mezo freddo agiongi il cinaprio polverizzato, e consetualo per il bisogno.
2.3 - Pocahontas Erano gli inizi del XVII secolo e l'lnghilterra preparava spedizioni verso il Nuovo Mondo per accaparrarsi una parte del ricco bottino che le terre conquistate promettevano. Terre "inospitali" (i concetti di "rispetto dell'ambiente" e delle "culture locali" erano ancora di là da venire) ed i primi bianchi subirono sulla propria pelle il "benvenuto" delle tribù di indigeni. Durante una di queste spedizioni, lungo il fiume denominato James River (e Jamestown la città nascente, in onore di re.Giacomo I di Inghilterra), un uomo già in avanti con gli anni, ma di grossa esperienza e forte personalità, certo John Smith di 47 anni, prese il comando dei coloni, tentando di stabilire con le popolazioni locali un rapporto quanto più possibile pacifico. Le tribù avevano come re Powhatan, i cui figli, Nantaquam e Pocahontas fecero subito amicizia con i nuovi venuti. John Smith tentò di stabilire anche rapporti commerciali, con scambio di mais e maiali, contro accette ed altro. Tutti i momenti di contatto tra i due gruppi erano suggellati dal cerimoniale del tabacco, cerimoniale
divenuto famoso tra noi occidentali grazie ai film "western" e alle riunioni intorno ai fuochi dei capi indiani con i mitici calumet di tabacco. Intanto la bellissima Pocahontas, pur nella sua giovane età (10 anni), si era innamorata dell'anziano condottiero e questa amore le diede la forza di rischiare la propria vita pur di non vedere morire John Smith: catturato dagli indiani, il re Powhatan aveva deciso per la sua morte, ma la candida Pocahontas si frappose fra il suo amato ed il carnefice salvandogli la vita. Dopo qualche tempo John Smith tornò in Inghilterra; Pocahontas non avvertita di questa sua decisione improvvisa, credette che fosse morto in mare. Dopo qualche anno una nuova spedizione comandata da John Rolfe raggiunse quei posti della Virginia. Questi era un buon fumatore, tuttavia il tabacco coltivato dagli indiani era della varietà Nicotiana rustica, tabacco povero e di gusto amaro, e quindi non interessante commercialmente. Ebbe l'intuizione, tuttavia, di provare a coltivare il "tabacco spagnolo" la Nicotiana tabacum nelle terre sabbiose della Virginia. Fu un successo e da allora ebbe inizio la fortuna di questa terra. Il desiderio di nuovi spazi dei coloni cozzava inevitabilmente con la volontà degli indiani di rimanere sui proprio territorio. Pocahontas fu perfino fatta prigioniera e solo il matrimonio fra la bella rapita e l'opportunista John Rolfe pose fine al contrasto. co ntrasto. Nel 1616 Rolfe decise di tornare a Londra con la moglie ed il loro figlioletto appena nato. Doveva assolutamente far conoscere ai mercanti inglesi la nuova varietà di tabacco sorta in Virginia. Qui giunto, tuttavia, alcune difficoltà economiche gli impedivano di proporsi a Corte come si conveniva. A questo punto riapparve John Smith che, memore dell'aiuto avuto anni prima da Pocahontas, ccercò ercò di contraccambiarla facendo consegnare in modo anonimo a Rolfe del denaro. Pocahontas fu presentata a Corte ed ebbe gli onori dei suo rango di principessa. Dopo qualche tempo John Smith decise di presentarsi ai Rolfe. Pocahontas rimase fortemente impressionata di aver rivisto il suo antico amore, che riteneva morto. Quasi non credeva ai suoi occhi. Dopo pochi giorni si ammalò e mori. Alcuni dicono a causa della cattiva aria di Londra. Ma molti propendono più per la tesi della profonda disperazione sentimentale. La Virginia deve la sua esistenza unicamente al tabacco ed al tentativo di Rolfe di provare la coltivazione di una nuova varietà in quelle terre. La coltivazione si estese in altre regioni del Nord America: Kentucky, Tennessee, Maryland, Connecticut, Indiana, lllinois, Missouri, Florida e Texas. Annate di sovrapproduzione si alternavano a momenti di crisi e i piantatori s'indebitavano sempre più con i commercianti inglesi tanto che Thomas Jefferson, anch'egli piantatore e futuro presidente degli Stati Uniti, scriveva: "...i debiti venivano ereditati di padre in figlio, al punto che il piantatore era diventato un vero e proprio bene annesso".
2.4 - L'arte del tabacco Tabacco: una etimologia incerta. Le origini della parola tabacco che, sia pure con qualche diversa sfumatura, identifica in tutto il mondo la celebre pianta, sono piuttosto controverse. C'è chi la fa risalire all'isola di Tobago (dove Daniel Defoe fece approdare Robinson Crusoe) e chi la fa risalire alla provincia messicana di Tabasco.
C'è poi chi lega il nome a un errore dei due marinai di Colombo che, dopo la loro scoperta, sco perta, cercando di approfondire il problema, avrebbero confuso il termine Taboca, che indicava la pipa con cui gli indiani fumavano, con il nome delle foglie fumate. Un anonimo studioso del Settecento ha anche anc he avanzato un'ipotesi assai affascinante anche se poco credibile: per costui la parola deriva da tre parole dell'ebraico antico e cioè tob, ach, a. La traduzione? E' buono il fumo di questa pianta. Il tabacco, per dare origine a un buon prodotto industriale, richiede molte cure e infinita pazienza sin dal momento della semina. Infatti i semi di questa pianta, che pure produce foglie enormi lunghe fino a settantacinque centimetri, sono fra i più piccoli del mondo vegetale: ne occorrono circa dodicimila per fare un grammo, e diciottomila riempiono un ditale da cucito. Questi sono sufficienti a seminare un metro quadro di semenzaio dove nascono circa circ a cinquecento piantine. Quando le foglie hanno raggiunto la dimensione di un centimetro, le piantine vengono trapiantate in vivaio e solo due o tre mesi dopo, con cinque o sei foglie, vengono trasferite nel campo. Non un campo qualsiasi, però, perché la scelta del terreno è fondamentale: un terreno povero di potassio, per esempio, rischia di dare una foglia con scarsa combustibilità e quindi difficile da fumare. Per i tabacchi occidentali viene quindi il momento. della cimatura, un'operazione che impedisce la fioritura per favorire lo scopo finale della pianta coltivata: produrre foglie. I tabacchi orientali non sono invece sottoposti a questa operazione in quanto la presenza del fiore conferisce alle foglie una particolare gentilezza del tessuto e un sapore più dolce, a scapito però della dimensione. Quando finalmente le foglie giungono a maturazione appaiono delle macchie gialle, e i bordi e le punte si incurvano. La raccolta, ancora a mano, va fatta nelle ore calde del giorno per evitare che l'umidità rovini le foglie, e ogni paese ha le sue tecniche. Comincia così la lavorazione industriale, che si divide in tre fasi: la "cura" che trasforma la foglia in tabacco greggio; la "fermentazione" che affina il tabacco greggio; la "stagionatura" che perfeziona e rende uniformi le qualità organolettiche del prodotto. Senza queste lavorazioni il tabacco avrebbe scarso profumo, brucerebbe difficilmente e sarebbe sgradevole al gusto. La cura consiste nell'essiccazione vera e propria che porta alla morte la foglia. Questa fase può durare anni da quando la foglia viene staccata dalla pianta e l'abilità del tabacchicultore consiste nel pilotare correttamente questo processo in funzione del tipo di tabacco greggio che vuole ottenere. Tabacchi diversi richiedono differenti cure per esaltarne le caratteristiche originate dal clima e dal terreno in cui la pianta è cresciuta La fermentazione, o concia, consiste invece nell'ammassare le foglie in balle o cumuli di diversa grandezza. Quando si innesca la fermentazione, la temperatura sale vertiginosamente, in modo naturale, fino ad arrivare anche a sessanta gradi centigradi. Anche in questo caso l'abilità nella lavorazione è fondamentale: bisogna mantenere la giusta temperatura bagnando più o meno le foglie fino a quando il prodotto non è pronto per la successiva lavorazione, la stagionatura. Ancora una volta i tempi di lavorazione sono in funzione delle caratteristiche originali del prodotto e delle qualità organolettiche che si vogliono ottenere. Da questo momento il tabacco è pronto per essere immesso sul mercato e lavorato per ottenerne sigarette, sigari o trinciato da pipa.
2.5 - I tabacchi più usati per i trinciati da pipa Burlev Tabaccò di gusto neutro, si mescola bene con ogni altro, assorbe facilmente additivi e aromatizzanti, nelle miscele esercita azione equilibratrice. Curato ad aria, è blando nel carattere ma pieno nel corpo, brucia bene e lentamente. Il tipo White, oggi il più diffuso, è più leggero e dolce. La qualità migliore ha colore oro ramato. Kentucky E' sostanzialmente un Burley curato a fuoco diretto, quindi più scuro. Non molto pregiato, nelle miscele serve a dare corpo e robustezza. Quello coltivato in ltalia e opportunamente fermentato è la materia prima del Toscano. Marvland Poco usato nei trinciati. Curato all'aria ha colore giallo-ocra chiaro, gusto caratteristico ma discreto, sapore neutro e leggero, eccellenti qualità di combustione. Orientali o Turchi o Levantini Molti i tipi, sono impiegati nelle miscele in proporzioni raramente superiori al venti per cento come aromatizzanti naturali. Si associano bene con i Virginia. Tra i tipi più pregiati: Xanthi, Smirne (lzmir), Mahalia, Samsum (Maaden), Giubek (speziato). Sono curati al sole. Virginia Il più famoso e il più usato, coltivato un po' dovunque. Ha tasso elevato di zucchero e di oli essenziali che gli conferiscono sapore zuccherino e notevole profumo. E' "flue cured" (cioè ( cioè essiccato con riscaldamento per mezzo di tubazioni), fermenta in botti e ha stagionatura di due-tre anni. Considerato "dolce" può essere piccante e attaccare in gola. Oggi si usa soprattutto il Virginia Bright, color giallo limone. Latakia Si coltiva in Siria e a Cipro. Curato con co n il fumo di piante ed erbe aromatiche, acquista un colore quasi nero, aspetto untuoso. Infumabile da solo, è il tipico condimento usabile fino a un massimo del 15 per cento. Ora però che la qualità generale g enerale è scaduta le percentuali possono essere aumentate. Perique Altro tabacco-condimento, preparato esclusivamente in Louisiana con caratteristico procedimento di fermentazione. Tipico sapore speziato. Si usa nelle miscele in proporzioni dal 5 al 20 per cento. Tabacchi di tipo inglese
Se ne producono anche fuori del Regno Unito, United Kingdom. Quelli originali godono di grande reputazione. Non sono "facili", nel senso che costituiscono un punto d'arrivo, vogliono un palato esercitato. Questo non significa che siano più "forti". Sono in genere privi di sostanze aromatizzanti o ne hanno modeste quantità. La base della mixture inglese classica è formata da Virginia di vari gradi e con diverse maturazioni, con l'aggiunta di Orientali; il condimento è dato dal Latakia (più raramente dal Perique). Diffusi, per il consumo interno, i tipi flake. Si possono assimilare agli inglesi i trinciati scozzesi e Irlandesi. Cavendish Non è un tipo di tabacco, ma un procedimento di lavorazione, basato su pressione e calore. E' adottato con modalità diverse da produttori di vari paesi, specie olandesi e inglesi. I trinciati riconducibili a questo gruppo sono leggeri, abboccati, morbidi, molto adatti a chi comincia e a chi si converte dalla sigaretta alla pipa (e fa bene). Tabacchi di tipo olandese I più diffusi nel mondo. Molto elaborati, i più tipici sono anche sensibilmente aromatizzati. Leggeri, adatti per principianti (consigliabili i meno profumati), fumabili tutto il giorno. Oltre ai tabacchi già ricordati, molto usato in queste miscele il Giava, tabacco orientale dolce, saporito e leggero; ma anche foglie africane e brasiliane. Assimilabili agli olandesi (ma in Olanda si fa di tutto e si lavora molto anche "per conto") i trinciati danesi, bene affermati, e quelli tedeschi. Tabacchi di tipo americano Miscele a base di Virginia e Burley, notevolmente aromatizzate generose e dolci, di taglio piuttosto grosso, con larga diffusione del granulare. Tabacchi di tipo naturale Tipici i trinciati francesi. Uso di tabacchi scuri, nessuna aromatizzazione, in qualche caso torrefazione spinta.
2.6 - Il taglio E', dopo il colore, l'aspetto più evidente di un trinciato. E' anche importante perché esalta alcune sostanziali qualità e determina la velocità di combustione. Si ottiene con strumenti rotanti o a ghigliottina secondo i casi. Molto sommariamente abbiamo provato a raggrupparli. Taglio a striscioline o filamenti. Operazione su foglia singola o temporaneamente premuta con altre foglie. E' 'largo" quando supera il millimetro (si arriva fino a sei per tipi speciali). Il "fine", al di sotto di 0,6 millimetri, è usato solo per sigarette. Più il taglio è sottile, più in fretta brucia il trinciato. Va caricato in scioltezza. Rientrano in questo gruppo Shags, Plain Virginias, le classiche Mixtures inglesi, Ribbon Cut, parte del Cavendish Cut.
Con taglio vero e proprio o con una specie di battitura si ottengono frammenti, pezzetti di forma più o meno regolare. Tipici il granulated americano e il picadura. Termine generico: trinciato a scaglie. Tabacco pressato e affettato: tipico il flake inglese (in America sliced plug o plug cut). Ce ne sono in commercio anche con "fette" parzialmente sciolte, e alcuni sono ready-rubbed, vale a dire già completamente sciolti e pronti per la pipa. Il Navy Cut di oggi rientra nel gruppo, con fettuccia lunga e spessore medio di un millimetro e mezzo. I pressati conservano a lungo la freschezza e hanno minore velocità di combustione. Per gli inglesi: tabacco che brucia lento, fumo più fresco. Granulare fatto con foglie pressate. Procedimento di cross cut. Varianti: cubecut e roughcut (termine che i vari produttori usano anche per altri tagli). Gruppo poco numeroso: i tabacchi lavorati a corda o a treccia. Si S i affetta e si ottengono i dischetti: Curly cut o Spun cut. In commercio ci sono anche i vari Twist, Roll e Negrohead, venduti in piccoli rotoli o in pezzi avvolti in tela. Non tutti i produttori usano gli stessi termini. In qualche caso, nello stesso trinciato coesistono tagli diversi, con lo scopo di ottenere particolari risultati.
2.7 - Glossario del tabacco I parametri fondamentali nella degustazione sono il gusto e l'aroma del tabacco in particolare l'aroma è percepito soprattutto attraverso l'olfatto e perciò viene avvertito più dagli altri che dal pipatore, per il quale la saturazione del senso è molto veloce. Mentre il gusto è la fonte principale del giudizio, l'aroma vi contribuisce solo in parte. Il GUSTO (l'AROMA) può essere: pieno: quando un intervallo di gusto è investito in maniera decisa; ampio: quando l'intervallo investito è largo; leggero: quando è scarso ma non per questo indeciso; aggressivo: quando aggredisce i sensi; fresco: ne è il contrario; pregnante: quando tende a saturare i sensi; pulito: quando ha caratteristiche decise e ben definite; fragrante: quando stuzzica i sensi senza saturare. rotondo (o armonico): quando i componenti del tabacco si fondono gradevolmente e non si avverte separazione fra gusto e corpo; ruvido (o spigoloso): ne è il contrario; liquoroso: quando richiama quella scorrevolezza tipica dei vini del Sud o de liquori a bassa gradazione; robusto: quando alla caratteristica "pieno" si accompagni una forza "full".
Inoltre, con ovvio significato, il gusto può rivelarsi: dolce, piccante, speziato, pepato, asprigno, amarognolo, acidulo, fruttato, salino, ed altro.
La FORZA discrimina i momenti della giornata adatti ad un particolare par ticolare tabacco è riconducibile agli effetti del fumo sullo stomaco e sul cervello; si divide in mild, medium e full, con tutte le possibilità comprese. Per esempio, intenderemo con mild-mediurn una forza che è più mild che medium, oppure con full-medium una forza che tende più al full che al medium, e così via. Le possibili gradazioni sono perciò sette. Abbiamo preferito dare questa definizione di forza benché contrasti co ntrasti molto spesso con quella data dai produttori ai propri tabacchi per eliminare gli interrogativi e le contraddizioni che nascono dagli aggettivi che si trovano impressi sulle scatole. Si sa che spesso "mild" indica dolce o che "full" indica ricco di gusto oppure che "medium" vuol dire regolare, con caratteristiche medie. Il CORPO indica il carattere del tabacco: è quel componente del fumo che "sostiene" il gusto e di solito tanto più appagante risulta essere la fumata quanto più è elevato Il tabacco può essere: unto: quando è visibile o rilevabile la presenza di sostanze oleose; grasso: quando permette una veloce incrostazione della pipa; sporco: quando lascia depositi catramosi in rilevanza. Il RETROGUSTO è il gusto che si avverte a volte alla fine di una boccata espirata e molto spesso alla fine della pipata; è descritto dagli stessi aggettivi che caratterizzano il gusto. Il GRADO DI UMIDITA' è un parametro che ha carattere soggettivo. Ha importanza la sua variazione nel tempo, dipendente anche dal metodo di conservazione. Daremo perciò un nostro giudizio sull'umidità del tabacco appena aperta la scatola. Infine il PROFUMO è l'odore che il tabacco sprigiona quando si apre la confezione.
2.8 - La lingua del tabacco E' l'inglese. In genere Lo adottano anche i produttori di altri paesi. Elenchiamo qui di seguito, tentando di spiegarle alcune espressioni che si leggono su scatole e buste. Qualche termine ha un preciso significato, altre sono pure e semplici aggettivazioni aggetti vazioni pubblicitarie. La stessa espressione può essere usata con significati diversi dai vari produttori. Anche se oramai nel settore dominano le multinazionali e si produce dove è più conveniente (in Olanda si fanno ottime mixture m ixture inglesi), può essere interessante sapere il luogo di produzione di un certo trinciato: bisogna cercare molto attentamente, perché in genere l'indicazione è scritta in piccolo e seminascosta. Added aggiunto Aged stagionato Black nero Blend termine inglese generico per indicare miscela Blended Miscelato Biender lo specialista miscelatore Brown bruno (colore) Cake è il "pane" di tabacchi compressi da cui si tagliano le "fette" o flakes
Choice tobaccos tabacchi scelti Cool smoking fumo fresco Curly cut taglio a spirale, a rondelle Cut taglio, tagliato Dappled chiazzato Dark scuro Double fermented doppiamente fermentato Dutch olandese Flake fetta Elavour (americano flavor ) per i vocabolari vuol dire gusto, fragranza, aroma, sapore. E in effetti è termine che unisce varie sensazioni gustative e olfattive. Si avvicina al bouquet riferito ai vini Flavoured aromatizzato. Ci sono trinciati flavoured con liquori come apricot, mirabelle, gin rum, brand, champagne, cherry , whisky e così via Fragrant fragrante Free from all scent or addet flavour privo di ogni profumo o additivo aromatizzante Full pieno, corposo; ma anche intenso in flavour Fully matured pienamente maturato, stagionato Granulated granulare, tipico taglio americano Heather erica Hint accenno, tocco Honey miele Honeydew conciato. con melassa In broken flake form a fette sciolte (vedi ready rubbed) lrish irlandese Leaf foglia Long cut taglio lungo Long lasting di lunga durata Maple acero (lo zucchero d'acero è usato come dolcificante specialmente dagli americani) Matured maturato, stagionato Mead idromèle Mellow maturo, amabile, pastoso, succoso Mild leggero, blando (non "dolce" come c ome molti credono) Mildly aromatic leggermente aromatico Mixture è la classica miscela inglese, generalmente a base di Virginia e Orientali con l'aggiunta di Latakia Navy cut originariamente "taglio marino", oggi è del tipo pressato e poi sciolto rima dell'impacchettamento Old vecchio Packed confezionato Pleasant piacevole, gradevole Plug letteralmente tavoletta di tabacco compresso; pezzo di tabacco da masticare Put it in your pipe and smoke it letteralmente "mettilo nella tua pipa e fumalo". Ma non si riferisce mai a tabacco. Vuoi dire: prendi e porta a casa. Ready-rubbed il flake è là stato sciolto ed è pronto per la carica Red rosso Ribbon nastro, fettuccia Rich Ricco (di aroma, di sapore) Ripe maturo, stagionato
Rough grossolano (in genere riferito al taglio) Round taste gusto rotondo Rub out each whirl in your hand sciogliete con le mani ogni rondella Satisfying appagante Scent profumo Scottish scozzese Selected quality qualità selezionata Shag taglio fine, in genere per sigarette Sliced affettato Smooth omogeneo, armonico, uniforme Soft morbido Spiey speziato Spun filato, a corda Sweet dolce Sweetwess dolcezza Taste gusto Tasteful raffinato, di buon gusto Tawny Tanè, bruno fulvo Toasted tostato Twist attorcigliato, ritorto, a treccia Vintage vendemmia, nel senso di buona annata
3 - FUMARE 3.1 - Come caricare La carica della pipa merita tanta attenzione quanto l'acquisto stesso della pipa e la scelta del tabacco più idoneo al gusto ed alla peculiarità del fumatore. Una pipa mal caricata, per esempio premendo troppo il tabacco, richiede che si aspiri forte, il fuoco al posto di bruciare liberamente cova e fumare non dà piacere ma stanca. Una pipa invece caricata troppo leggermente, tira troppo divenendo troppo calda con deterioramento dell'aroma del tabacco. Ciò non significa che caricare una pipa sia assolutamente difficile. Occorre, per prima cosa, sfilacciare ben bene il tabacco per renderlo più arioso e quindi caricarne pizzico per pizzico nella pipa. I primi pizzichi dovranno essere pressati molto leggermente nel fornello, aumentando quindi la pressione, progressivamente man mano che la vostra pipa sarà carica Occorre, infatti, che la densità del tabacco all'interno del fornello aumenti con regolarità dal basso verso l'alto. Il tabacco con fibra lunga dovrà essere caricato con un movimento a spirale. la pipa sarà considerata caricata nel modo giusto quando sotto la pressione del indice si sente ancora un po' di elasticità. Va da sé che si caricherà più o meno la pipa a seconda del gusto del fumatore. Occorre però non riempire una pipa sino all'orlo. Una delle caratteristiche, infatti del tabacco da pipa è che bruciando aumenti un po' di volume arricciandosi. Se seguirete puntualmente questi consigli vi accorgerete che per caricare bene la vostra pipa occorre soltanto un po' di destrezza e di esercizio. Se la pipa sarà stata riempita bene e se userete l'accortezza di aspirare lentamente e tranquillamente, potrete sentire sino alla fine del tabacco una piacevole leggera resistenza.
3.2 - Come accendere e fumare Il mezzo migliore per accendere la pipa è sempre ed ancora il fiammifero. Il fiammifero non dà retrogusto ed il suo uso è semplice. C'è chi dice che accendere un fiammifero ril rilassi. assi. Naturalmente chi preferisce l'accendino può usare quelli a gas. Ve ne sono degli ottimi in circolazione, speciali per la pipa con un particolare tipo di fiamma. Consigliamo, però, di non usare mai accendini a benzina; i vapori di benzina influiscono negativamente sull'aroma del tabacco. Nell'accendere la pipa bisogna procedere con un movimento rotatorio, calmo della mano, in modo che bruci tutta la superficie; se brucia solo parzialmente, si rischia che il fuoco proceda obliquamente nella pipa sino a che non tarderà a spegnersi, lasciando pane del tabacco incombusto ed inutilizzato. Siccome il tabacco si solleva, arricciandosi, una volta che bruci su tutta la superficie, occorrerà pressarlo cautamente con il premibacco, dopo di che spesso occorre riaccendere la pipa. La vostra pipa così preparata brucerà tranquillamente e regolarmente. Ma non credere mai al fumatore di pipa che sostiene di riuscire a fumarla tutta senza che si spenga. Ogni pipa si spegne almeno una o due volte mentre la fumate, cioè dopo che si sono consumati 1/3 e 2/3 del tabacco. Un fumatore di pipa esperto può aver bisogno di quattro o sei fiammiferi per fumata. Se la vostra pipa si è spenta, niente di irreparabile, rimuovete con cura la cenere e riaccendetela. Aspirate sempre, con regolarità, tranquillamente senza mordere troppo il bocchino, in quanto ciò stimola una maggiore secrezione salivare con conseguenti effetti negativi. Ma se nonostante tutto un po'di liquido sarà entrato nel condotto, potrete rimuoverlo co con n uno scovolino. Se seguirete questi accorgimenti siamo sicuri che riuscirete a gustare sino in fondo la vostra pipa traendone il massimo piacere.
3.3 - Il rodaggio Una pipa di radica, che non abbia subito un preliminare trattamento speciale, dovrà all'inizio, usando un gergo automobilistico essere rodata. Soltanto dopo questo periodo, e se si adotteranno dei semplici accorgimenti, essa procurerà al suo proprietario un piacere ottimale. Sul come effettuare questo rodaggio se ne sentono tante; ognuno ha il proprio metodo sicuro, talvolta molto complicato, quasi magico. In realtà si trattata di un'operazione molto semplice consistente nell'abituare gradualmènte la pipa al calore e a far formare, con la combustione del tabacco, all'interno del fornello, quella crosta di carbone che ha la duplice funzione di proteggere il legno dal calore ed assorbire il liquido di combustione, rendendo più rotondo e gradevole il fumo. Caricate pertanto la vostra pipa nuova dapprima per 1/3, fumandola sino all'ultimo e così per tre, quattro volte. Quindi aumentate la quantità di tabacco usato sino a riempire per 2/3 la pipa, mantenendo anche questa dose per tre, quattro volte. Avendo l'accortezza di fumare lentamente, a boccate corte ma non troppo frequenti in modo che il fornello non si surriscaldi, otterrete una magnifica crosta uniforme: la vostra pipa e pronta a soddisfarvi pienamente.
Parecchi fabbricanti di pipe, fra cui la Amphora, usano rivestire l'interno del fornello con uno strato artificiale di carbone per evitare ai loro clienti la necessità del rodaggio. Ma per chi si accosta per la prima volta al mondo della pipa, anche usando una pipa prerodata, è consigliabile attenersi alle precedenti istruzioni, sia per meglio imparare a fumare la pipa stessa sia perché una pipa nuova è sempre un oggetto o ggetto che anch'esso dovrà abituarsi all alle e abitudini del fumatore,
3.4 - Il famigerato rodaggio Una buona pipa non ha bisogno di "preparazione". La si pulisce (gli igienisti disinfettano il bocchino, magari con una buona grappa di alta gradazione) e la si fuma. Il rodaggio? Ma sì, in un primo periodo la pipa vuole qualche precauzione, chiede di essere trattata con un po' di riguardo; ma niente di complicato. Se si vuole, per le prime quattro-sei volte si fa una carica parziale. Ma non è indispensabile. Si può caricare tutto il fornello, purché in scioltezza. Fumare con molta calma, meglio se in luogo tranquillo e riparato, cercando (ma senza drammi) di arrivare fino in fondo. Riposi un po', più lunghi per una pipa nuova: diciamo un paio di fumate (con intervallo) e poi la si riprende il giorno dopo. Tabacco di taglio più grosso che fine, medio di corpo e di aroma. Tra gli scopi del rodaggio, quello di avviare la formazione della "camicia" di carbone all'interno del fornello. Questa incrostazione, che si forma a poco a poco, serve a conservare la pipa e a proteggerla dalle bruciature, ad assorbire umidità, ad ammorbidire il fumo. Gli esperti fanno in modo che cominci a formarsi sul fondo e Poi, via via, salga uniformemente lungo tutta la parete del forneflo. Perciò si raccomanda di "portare in fondo" le prime fumate in una pipe nuova. Ma questo non deve diventare un'ossessione, né indurre a insistere fino al rischio del disgusto o delta bruciatura del fornello. La crosta è dunque utile, ma se è in misura eccessiva può diventare pericolosa e causare incrinature nel fornello. Bisogna lasciarne lo spessore di un millimetro o poco più, intervenendo, se necessario, con gli alesatori che si trovano in commercio. L'operazione di raschiatura è delicata, occorre ottenere una superficie il più possibile uniforme.
3.5 - Per una buona fumata 1. Usare solo pipa asciutta e pulita. 2. Caricare il tabacco - ben sciolto e a giusto grado di umidità - a piccoli pizzichi: i primi appena deposti in fondo al fornello, gli altri via via sempre più premuti. Carica accurata significa buon tiraggio (e buon tiraggio vuoi dire evitare boccate a mantice e quindi evitare che la pipa scotti, che la lingua bruci e che si formi troppa umidità: vedere punti successivi). Pareggiare con colpi di pollice la superficie del tabacco, eliminare i filamenti che escono dal bordo del fornello. 3. Accendere in modo uniforme su tutta la superficie aspirando con frequenza ma dolcemente. Usare fiammiferi di legno o accendini a gas. Gli accendini a benzina e i cerini appestano il tabacco. 4. Riaccendere. E' quasi sempre necessario. il primo contatto con il fuoco fa sollevare il tabacco. Bisogna allora premere (è il famoso colpo di pollice tra i due fiammiferi; ma conviene usare il pigino), pareggiare la superficie del tabacco e riaccendere definitivamente.
5. Fumare con boccate lente, ritmate, tranquille, distanziate (da sei a dieci al minuto) in modo che il fumo si veda appena. Chi ha l'abitudine alla sigaretta pensi che deve fare proprio tutto il contrario. Tirare forte e in fretta provoca tutti gli inconvenienti che inducono ad abbandonare la pipa: calore eccessivo, acquerugiola, lingua irritata. Il giusto (placido) ritmo della pipe si acquista poco alla volta. Di tanto in tanto, premere il tabacco in combustione per ristabilire il tiraggio ottimale. Se la pipa si spegne, si riaccende, niente di tragico. La cenere collabora a una combustione regolare e tranquilla: prima di riaccendere, se mai, si può eliminare quella che esce spontaneamente capovolgendo la pipa. 6. Il fumo della pipa (come quello del sigaro) non si aspira, non si manda giù (dove andrebbe a flnire, altrimenti, la superiorità sulla sigaretta e il minor danno fisico?). Lo si assapora tra palato e naso. Il fumatore di pipa non brucia tabacco, lo gusta. 7. Si può riaccendere anche più volte, ma non conviene ostinarsi a fumare il fondiglio umido e compatto che a volte può formarsi nel fornello. In questi casi, meglio buttare che rischiare il disgusto. 8. A fumata finita, svuotare il fornello servendosi del curapipe e lavorando con delicatezza. Eliminare cenere e residui di tabacco. Mai battere la pipa contro una superficie dura, neppure il tacco della scarpa. Al limite contro il palmo della mano. 9. Soffiare energicamente nel bocchino e quindi passare due o tre volte, con movimento di vai e vieni, lo scovolino. Naturalmente, senza aprire la pipa, operazione o perazione pericolosissima a pipa calda perché può rompersi. 10. E così vi siete preparata anche la prossima buona pipata.
3.6 - Alcuni particolari inconvenienti Tutti i fumatori, siano essi principianti o esperti, talvolta vanno incontro a degli inconvenienti dei quali i principali sono: fumo troppo caldo (il fumo brucia la lingua), fumata umida (gorgogliare), ma ambedue possono essere risolti senza troppa fatica. Come evitare il fumo troppo caldo La prima possibilità è che si usi una pipa non adatta a quel particolare tipo di tabacco: ad esempio un "mixture't non va usato con una pipa dal fornello molto grande. Altra ipotesi èche la pipa sia stata caricata troppo leggermente per cui tira troppa aria e di conseguenza scalda troppo. Ma può anche dipendere dal fumatore; un fumatore troppo nervoso che tiri a scatti. Una pipa richiede calma e regolarità, se la si vuole gustare nel migliore dei modi e si vuole evitare che scaldi troppo. Infine può dipendere da particolari condizioni ambientari, quali il vento o correnti d'aria (per esempio di un finestrino d'auto) che ravvivano il fuoco. La causa principale di una lingua dolorante per i fumatori principianti dipende proprio o da una pipa troppo calda o troppo sporca; la pipa va ripulita radicalmente. Come evitare una fumata umida
E' questo un inconveniente che ha fatto dubitare mòlti principianti circa l'opportunità di proseguire nel tentativo di gustare appieno il loro nuovo hobby e se questo sia quello giusto. E' un vero peccato perchà i rimedi per ovviare a simili problemi esistono e sono molto semplici; basta individuarne la causa. La pipa può inumidirsi, pòr esempio1 se si ha l'abitudine di stringerla troppo forte, e in modo convulso, fra i denti. Tale azione, infatti, stimola le ghiandole salivari con immissione di saliva nel condotto del fumo. Può accadere inoltre che il tabacco sia stato pigiato un po' troppo nel fornello, sicchà occorre o ccorre tirare di più. Oppure può dipendere da uno degli inconvenienti di cui al precedente paragrafo. Una pipa "troppo calda" è sempre una pipa 1'umida11. Una temperatura molto atta favorisce infatti la condensazione di liquido nel condotto fumano. Ecco, dunque, cinque semplici regole d'oro per gustarsi appieno la propria pipa senza problemi. 1. fumare sempre una pipa pulita; 2. mantenere lo strato di carbone lungo le pareti del fornello allo spessore giusto; 3. non riutilizzare mai la stessa pipe appena spenta; 4. fumare con calma, rilassati e con tirate regolari; 5. utilizzare la giusta miscela per la pipe giusta.
4 - LA MANUTENZIONE 4.1 - Cura e manutenzione Cosa fare per prolungare più a lungo possibile la vita della vostra pipa preferita? Semplice. Trattarla nel modo giusto seguendo delle regole molto elementari. Trattamento e cura Per prima cosa fate sempre bene attenzione a non cercare di eliminare i residui di tabacco, battendo la pipa contro un oggetto duro.. Fumando la pipa si riscalda dilatandosi; evitate pertanto accuratamente di smontare la vostra pipa finché è calda, potreste provocare la lesione del cannello. Non riutilizzate la pipa finché è calda; lasciatela raffreddare prima di riaccenderla perché una pipa calda falsa il gusto del vostro tabacco. Smontate e ripulite la vostra pipa soltanto quando siete ben sicuri che si è raffreddata. Soltanto allora potrete svitare il bocchino avendo l'accortezza di ruotarlo sempre in senso orario. Dopo aver fumato riponete la pipa, sempre, con la testa in basso e la canna verso l'alto. E' buona norma lasciarvi dentro un po' di cenere. I liquidi che si trovano ancora nella canna potranno rifluire così nel fornello dove verranno assorbiti dalla cenere. Quando la pipa si sarà freddata eliminate i residui con un nettapipe, senza lasciarveli troppo a lungo: occorre infatti che la pipa si asciughi e si aerei bene. Manutenzione giornaliera e pulizia intensa Una pipa va pulita ogni giorno; il mezzo più idoneo è lo scovolino. Ripulire bocchino e cannello con lo scovolino è senz'altro facile I resti di cenere del fornello vanno invece rimossi con un nettapipe.
Scovolino e nettapipe sono attributi indispensabili per ogni fumatore di pipa. LLa a frequenza invece della pulizia straordinaria intensa dipende molto dall'uso stesso della pipa in senso orario. Anche in questo caso si puliranno bocchino e cannello con uno scovolino che in precedenza, pero, sarà stato imbevuto di alcool. L'operazione va ripetuta finché non vi sarà alcuna traccia di sporco sugli scovolini, badando a non imbrattare l'esterno della pipa con l'alcool, che macchia la radica. Se poi la vostra pipa è dotata di un sistema (di filtraggio), potrete ripulirlo con uno spazzolino imbevuto di alcool, avendo cura poi di sciacquarlo con acqua fredda e quindi di asciugarlo bene. Per quanto concerne lo strato di carbone ungo le pareti del fornello, non dovrà mai superare lo spessore di due millimetri. Per ridurre lo strato di carbone allo spessore giusto utilizzate il vostro nettapipe. Tale operazione va fatta con cura e regolarità. Tutte queste precauzioni contribuiranno a rendere quanto più piacevole l'uso della vostra pipa. Una pipa, infatti, che non è ben curata e pulita, sarà dopo un po' di tempo causa di inconvenienti come cattivo odore e retrogusto. Una pipa ben curata, invece, diviene col passare del tempo sempre più buona e gradevole.
4.2 - Consigli sulla pipa La pipa com' è noto, richiede un minimo di cura ed attenzione. Di conseguenza ci sono alcune cose che non devono essere fatte mai. Infatti, spesso alcuni pensano che, c he, essendo costituita da legno, quindi un materiale duro, la pipa sia indistruttibile e che comunque sopporti ogni tipo di maltrattamento. Nulla di più falso e, a titolo di esempio, basta ricordare che durante la sua vita le fibre della radica vengono, seppure lentamente, inesorabilmente indebolite dai calore sviluppato dal tabacco che brucia; Di conseguenza, una delle cose da non fare mai è tentare di svuotare il tabacco rimasto incombusto o gli eventuali cenere e carbone, insomma il cosiddetto "fondiglio" sbattendo il fornello nel portacenere, o contro il tacco della scarpa o contro qualsiasi superficie compresa quella appositamente studiata all'uopo, il sughero al centro di alcuni portacenere. La pipa mal sopporta questi colpi che indeboliscono la sua struttura, ma soprattutto rischiano seriamente di causare la rottura del cannello, generalmente all'altezza del perno del bocchino. E poi sono dolori, perché, per quanto potrà essere riparata, quella pipa non sarà mai più la stessa. La pipa dunque va svuotata con l'apposito strumento detto curapipe, può seguire un lieve colpetto contro il palmo della mano, ma molto lieve, deve seguire un'energica soffiata ed obbligatoriamente deve seguire il passaggio dello scovolino che porti via frammenti di tabacco, cenere e soprattutto umidità. Inoltre se con i colpi ricevuti la pipa non si spezza, sicuramente però la radica si "sbecca" èd è un peccato visti anche i prezzi di alcune pipe. A proposito di fondiglio, c'è un'altra cosa che è opportuno non fare mai: lasciare che il fondiglio stesso rimanga a lungo (magari per giorni) all'interno della pipa. Questa trascuratezza comporta alcune conseguenze negative. Innanzi tutto, a lungo andare la pipa diventa maleodorante con influenze nefaste sulle future fumate secondariamente il fondiglio a lungo andare può intasare il foro che permette di aspirare il fumo; come terza conseguenza infine, causa un continuo ristagnamento dell'umidità con conseguenze negative sul gusto e l'aroma del tabacco e sulla durata della vita della pipa. Infine, c'è un'ultima cosa da evitare, sempre collegata al discorso dell'umidità: quella di riporre al chiuso la pipa al termine della fumata.
La pipa richiede aria e riposo, hanno inventato perciò le apposite rastrelliere (sconsigliabili infatti quelle a vetrina che si chiudono): mettere la pipa in un cassetto significa non permetterle di asciugarsi all'aria e quell'umidità ristagna oggi, ristagna domani, provocherà cattivi odori e renderà la pipa acida, tutto il contrario di quello che ci si aspetta. E poi, perché nascondere in un cassetto questi oggetti il cui costo, spesso e anche determinato proprio da un fattore estetico? Le pipe in bella bell a mostra fanno un bell'effetto ed è un peccato relegarle alla rinfusa disordinatamente al chiuso.
4.3 - I consigli di G. BOZZINI: LA MANUTENZIONE Svuotare e pulire Se caricata e fumata secondo le regole (e con un po' di fortuna), la pipa si svuota con il semplice rovesciamento del fornello. Qualche piccolo colpo contro il palmo della mano e la cenere (la mitica cenere) se ne esce. la pipa nuova si svuota meglio di una vecchia, perché il carbone "trattiene". Il più delle volte non c'è soltanto cenere, ma anche frammenti di carbone bruciato o addirittura un po' di fondiglio, e l'operazione è meno facile, anche perché l'aspirazione ha quasi sempre fatto entrare un po' del fondiglio nell'orifizio del cannello Non si deve svuotare la pipa dando colpi contro un oggetto duro. Se anche non si rompe subito, alla lunga i colpi faranno il loro effetto. dannoso. Anche quelli dati contro il tacco della scarpa - è un sistema classico - hanno il loro pencolo specie nei confronti del perno del bocchino. Si impugna i mpugna normalmente il medesimo, con ovvia azione di leva La radica, poi, è dura ma fragile e può fessurarsi lunga i nodi e le venature. Io ho paura persino a picchiare la pipa contro il grosso bottone di sughero o di gomma che sta.al centro dei posacenere speciali in commercio. Penso che siamo un po' tutti portati a trattare la radica con una disinvoltura eccessiva, senza i riguardi che merita. Ogni colpo o urto lascia il segno: è anche una questione estetica. Dunque, si svuoti la pipa dell'eventuale fondiglio col cucchiaino (o lama arrotondata) del curapipe o con un qualunque oggetto non troppo appuntito (quante volte mi è servita la matita che avevo sottomano); anche col mignolo, utilissimo (se il calibro del fornello lo permette). Poi - e meglio a fornello rivolto in basso energica soffiata attraverso il bocchino. (Con pensiero alla moglie: ricordate tappeti e moquette?). A questo punto entra in azione lo scovolino. Ho già detto della mia abitudine (che è quella di tanti fumatori più bravi e saggi di me) di passarlo ripetutamente nella pipa per pulirla e asciugarla dopo ogni fumata. Esagerazione? A parte gli utili effetti sulle fumate successive e sulla vita complessiva della pipa, penso che noi fumatori dobbiamo cercare di non renderci "ostici" agli altri permettendo che le nostre pipe puzzino. Oltre tutto il cattivo odore impregna i nostri abiti, gli oggetti che ci stanno abitualmente vicini, i tappeti, la casa. Bisogna dirlo, il liquido di cui si riempie il cannello, c annello, raffreddato riscaldato raffreddato ripetutament ripetutamente e ha un odore davvero ripugnante. L'odore si fa particolarmente acre a caldo. Si eviterà dunque parte del cattivo odore astenendosi dal fumare la pipa quando è ancora calda per una precedente fumata (questa pratica è del resto negativa anche agli effetti della buona combustione); e lo si eviterà del tutto con pulizie regolari. Quella dello scovolino è già una; delle altre si parlerà. Il riposo Si è già detto dell'assoluta necessità di alternare periodi di attività a periodi di riposo. E' il riposo che permette alla pipa di riguadagnare il suo equilibrio fisico e chimico. Quanto deve riposare? Dipende soprattutto dal grado di umidità, perché il primo risultato da ottenere è che la pipa si asciughi per bene. Ci
sono pipe che, opportunamente alternate, possono essere fumate per due o tre giorni di fila; altre a ltre che devono essere messe a riposo dopo un paio di fumate. Alcune asciugano perfettamente in due o tre giorni, altre richiedono una settimana e anche più. Come già detto, le pipe curve esigono riposi più lunghi delle dritte. Anche se non sto a far calcoli, tendo a concedere riposi abbondanti. Come e dove si conservano le pipe a riposo. Rispondere dove e come capita sarebbe oltre tutto andare contro la forma mentale del buon fumatore, in genere. portato a un certo ordine. Ma sarebbe principalmente una vile scappatoia per non affrontare un.altro dei tanti dilemmi che la pipa comporta: testa in su o testa in giù? Coraggio e affrontiamolo. Prima, però, una raccomandazione: mai riporre la pipa appena fumata in una scatola o in un cassetto chiusi. Per asciugare la pipa vuole aria; non necessariamente all'aperto, ma aria. E veniamo al problema Ammesso che la pipa - la cui posizione normale nell'atto del fumare è quella quasi orizzontale - debba invece star dritta quando è a riposo, in questa posizione quasi verticale è meglio che il fornello stia in alto o in basso? Ho svolto una piccola indagine tra i migliori fumatori che conosco e ne sintetizzo le opinioni: · Fornello in alto, che diamine, perché è la parte "capitale" della pipa, come per l'uomo il capo, la testa. · Fornello in basso: altrimenti la nicotina e le altre porcherie scivolano per il bocchino e formano una goccia all'imboccatura, goccia che si solidifica lentamente sotto l'azione dell'aria. Quando si rimette in bocca la pipa, basta il contatto delle labbra perché la goccia indurita si sciolga e avveleni il sapore del fumo. · A testa in giù c'è una penetrazione supplementare di nicotina e catrami nella grana dei legno dilatato dal calore. Il ristagno di queste sostanze in una parte tanto importante della pipa le porta un grave pregiudizio. · La porcheria nel cannello e nel bocchino si elimina facilmente col nettapipe; quella rimasta nel fondo del fornello scivolerebbe giù se il fornello stesso restasse in alto, con il risultato che si renderebbe necessaria una seconda pulizia prima di riprendere la pipa. · L'aria ha tendenza a circolare verso l'alto; se il fornello è in basso, l'aria può entrare e asciugare il carbone mentre sfugge attraverso il cannello. La circolazione di aria, poi, è più rapida. · La posizione migliore è orizzontale, la stessa del fumare. · Le fabbriche di pipe fanno le rastrelliere per conservare le pipe a testa in giù. Avranno i loro buoni motivi, no? Infatti in questa posizione la pipa si asciuga più rapidamente. L'umidità che scivola nel cannello e nel bocchino impiega molto più tempo a seccarsi. · In teoria è meglio che l'umidità si concentri nella parte più spessa del legno. Ma in pratica? · Nelle vetrine, nelle mostre, le pipe sono messe a testa in giù per ragioni estetiche: stanno meglio, figurano di più. D'altro canto noi siamo abituati a vedere tutti gli oggetti con la parte più grossa sotto e la piccola in alto per cui ogni altra sistemazione ci sembra innaturale. Per le pipe, ci siamo abituati a vederle così, ma la posizione non è determinante agli effetti della bontà. Ecco - qui intervengo io - non è determinante se si è fatta la famosa pulizia alla fine della fumata. Un pignolo di mia conoscenza ha voluto compiere una prova: due pipe conservate (per mesi) a testa in giù, due pipe a testa in su, tutte trattate allo stesso modo: non ci ha sentito nessuna differenza. La prova non è
decisiva, troppi elementi (e troppo diversi) dovrebbero essere presi in considerazione. Sono del parere che sempre a condizione che la pipa sia sottoposta al passaggio dello scovolino dopo ogni fumata - qualche non piccolo punto giochi a favore della posizione con fornello in basso, del resto voluta dalla stragrande maggioranza delle rastrelliere. Tutte sott'occhio E parliamo di queste rastrelliere o portapipe. Le consiglio, decisamente. Intanto per motivi d'ordine, ma anche per ragioni "tecniche". Conservare le pipe alla rinfusa in scatole e cassetti è un errore: non prendono aria, non asciugano, finiscono per puzzare. Poi è giusto che la pipa si veda, nella casa di un fumatore, per ragioni affettive, ma anche perché è un oggetto bello, ha una funzione ornamentale indubbia. Infine, è facilitata la scelta. Pescare al buio in una scatola, o frugare alla ricerca di quella tale pipa non è simpatico. Lo schieramento nella rastrelliera consente la scelta dell'eletta a un solo colpo d'occhio; e consente un amoroso "passaggio in rivista", quasi una carezza collettiva. E solo questa presa di contatto rende possibile quella "chiamata" di cui si è già detto, quella "scelta reciproca", quell'offerta alla quale si può naturalmente anche non credere. A parte questo, siccome la scelta di una data pipa per un dato momento risponde anche a considerazioni pratiche, è chiaro che è facilitata dallo schieramento in bell'ordine di tutta la disponibilità. Vorrei precisare che questo schieramento è possibile anche con poca spesa. Parlando di rastrelliera, non ho inteso riferirmi a certi costosi monumenti che si trovano nei negozi di lusso; anzi, alcuni sono troppo arzigogolati e decisamente di cattivo gusto, non li vorrei neanche regalati. Ma ce ne sono di economici, semplici, funzionali; e c'è persino la elementare possibilità che il fumatore fabbrichi da sé la sistemazione per le sue pipe. E' un campo senza limiti, l'importante è che le pipe non stiano al chiuso (ecco perché non mi vanno le rastrelliere-vetrinette) e che si possa contemplare, riunita, la propria collezione, piacere non meno intenso e importante di quello procurato da una buona fumata.
4.4 - I consigli di G. BOZZINI: GLI ACCESSORI Il discorso sulla rastrelliera introduce nel vasto e curioso campo degli accessori. E' un po' come per l'automobile: ci sono quelli indispensabili, quelli soltanto utili, i superflui. Il primo fra gli indispensabili è il curapipe. L'ho chiamato più volte anche pigino o calcatoio riferendomi a quella che considero la sua funzione più importante: regolatore del tiraggio. Funzione che io ho spesso distrattamente affidato a un dito (anulare della mano destra, non chiedetemi il perché), col risultato che alle prime vesciche è poi subentrata una rispettabile callosità. Attenzione perché ci sono pipe che fregano, quelle in cui si forma poca o niente cenere: uno infila il dito e il con tatto diretto con la brace ha i suoi effetti in frazioni di secondo. Il curapipe è normalmente composto di tre elementi: il premitabacco, appunto, o pigino, calcatoio, calchino; l'ago o stiletto; il cucchiaino (che sempre più spesso è sostituito da una lama o raschietto). Del premitabacco si è detto tutto. Si può aggiungere che va usato con cura, badando a pigiare il tabacco in modo uniforme, senza trascurare i bordi. L'ago ha due impieghi essenziali: interventi sul tabacco per renderlo più sciolto e dargli aria quando è troppo compatto e così aiutare la combustione; eliminazione di residui e grumi che intasino i vari condotti e fori. Il cucchiaino serve soprattutto per lo svuotamento del focolaio; quando è a lama può essere usato per raschiare le pareti e, con molta cautela, per pulire l'orlo del fornello dalla roba appiccicosa di cui si è parlato.
Le tre parti costitutive del curapipe sono riunite in vario modo, con o senza contenitore; in qualche caso sono addirittura "fuse" in un unico aggeggio. La fantasia dei costruttori si sbizzarrisce, i modelli sono decine, alcuni decisamente belli nel disegno. Consiglio di stare al semplice e di non spendere grosse somme, anche perché è l'oggetto più facile da perdere che io conosca. Con la stessa somma è meglio averne più d'uno. C'è chi proclama. uno in ogni tasca e in ogni stanza. Direi che il minimo è due: uno tascabile; l'altro da casa, con giuste misure. Ci sono per esempio cucchiaini che non arrivano al fondo del fornello, aghi che non potrebbero mai sgombrare il foro del medesimo perché non lo raggiungono passando dal cannello. In generale trovo che l'ago o stiletto è sempre troppo grosso e troppo corto. Per fortuna ho scoperto. che i fermagli da ufficio (quelli "giganti") opportunamente raddrizzati sono efficacissimi per interventi su lunghe canadesi e su curve prosperose. Stare assolutamente lontani dai curapipe che pretendono di servire anche da curamani, con forbicine e limetta per unghie. Secondo accessorio in ordine di importanza (e di frequenza d'uso): lo scovolino. Una busta di scovolini è il classico omaggio che accompagna l'acquisto di una pipa. Un filo metallico attorcigliato rivestito di cotone o di ciniglia: ecco gli scovolini. Ce ne sono con l'anima di filo di ferro o di filo d'acciaio, questi ovviamente più pregiati e soprattutto più robusti quando si tratta di spingerli attraverso bocchini dal foro molto stretto. Differenze esistono anche nella qualità del rivestimento, che può avere a vere maggiore o minore potere assorbente. C'è uno scovolino di forma detta conica che ha più cotone ad un'estremità e quindi riesce meglio ad asciugare anche i cannelli più larghi. Un altro tipo t ipo ha, mescolate al cotone, piccole setole di nailon: ne risulta maggiore rigidità e capacità di raschiare oltre che di asciugare. Gli scovolini in commercio sono lunghi sui sedici centimetri, poco per le pipe lunghe e poco anche per chi ha l'abitudine di spingere lo scovolino attraverso occhino e cannello e toglierlo poi dall'altra parte "pescando" nel fornello. I fumatori di canadesi e di churchwarden attorcigliano le estremità di due scovolini per avere la lunghezza sufficiente ai loro chilometrici cannelli. Non mi risulta venduto in Italia un tipo di scovolino "a rotolo", direi a metratura, dal quale uno può tagliare il pezzo della misura che gli serve. Lo scovolino si può usare prima della fumata, durante (cosa consigliabile ai principianti per eliminare gli eccessi di umidità) e dopo; subito dopo, anzi, si deve usarlo come ho già detto. Tre o quattro sfregatine, su è giù; la parte che si va a filare nel fondo del focolaio risulterà molto più sporca, quella che si tiene in mano ovviamente resterà pulita. Con questa estremità si può dare una ripassatina all'imboccatura del bocchino. Per evitare che lo scovolino si pieghi, tenerlo con le dita molto vicine all'imboccatura; se incontra resistenza, provare a ruotarlo. Quando la pipa è fredda, e si possono quindi staccare le due parti, la pulizia del cannello si può fare con uno scovolino piegato a metà e quindi raddoppiato nella grossezza. Avere sempre scovolini a disposizione, pure quando si è in giro, è importante: anche per poter intervenire in caso di deprecato intasamento. Il surrogato di un asticciola di legno, di un filo di saggina strappato a una scopa, di penne di gallinacei, è infatti più difficile ancora da procurarsi. Gli scovolini sono in genere bianchi, ma se ne vendono di tutti i colori, anche a mazzi variopinti. A tale riguardo non ci sono problemi "tecnici", è solo questione di gusti. Oltre agli scovolini ci sono veri e propri spazzolini (fili metallici e setole), utili per interventi sui cannelli. Per quella spicciola e quotidiana si raccomanda con gli scovolini, un pezzo di pelle scamosciata: una passatina sulla testa e sul bocchino fa durare più a lungo il lucido. Ha fatto il giro del mondo, un po' d'anni fa, la notizia che una signora inglese aveva chiesto il divorzio dal marito perché lui la costringeva a "prestargli" il naso per la più semplice e corrente operazione di lucidatura del fornello. La pelle delle narici, come si sa, è sempre piuttosto ricca di grasso, basta dunque passarci sopra la pipa calda e il lucido si ravviva immediatamente. Per questa cura non è però obbligatorio ricorrere al naso della moglie, c'è anche quello del fumatore. Dare un'occhiata, dopo, perché la pipa può lasciare qualche segno.
Ma la moglie viene abitualmente sfruttata anche in altro modo: la sua borsetta, spesso capace, finisce per accogliere pipe, tabacco e ammennicoli vari del marito fumatore. La diffusione del borsello ha fallo un po' diminuire questo sfruttamento. Esistono buste e borse portapipe di varie fogge, alcune bellissime e costosissime, classico regalo per un lui che fumi la pipa e che "abbia già tutto", come usa dire. Con qualche eccezione, non sono un miracolo di comodità. Ho un paio di eleganti portapipe da viaggio, ma li uso raramente; se la scorta delle beneamate è grossa, perché il viaggio è lungo, preferisco metterle ciascuna in un sacchetto singolo, quello col quale di solito ci viene venduta Si distribuiscono meglio nella valigia. Il sacchetto è comodo (e protegge) anche per l'uso quotidiano fuori di casa, quando si esce senza borsello o portacarte. Ma torniamo agli accessori veri e propri, non potendo considerare tali il naso e la borsetta della moglie. Sono sempre più rare le pipe con coperchio, una volta classico coronamento di ogni rispettabile curva; non parliamo di quelle di porcellana, per le quali il coperchio era ed è obbligatorio, spesso più bello della stessa pipa. Oggi però sono in commercio vari tipi di coperchietti mobili, vale a dire applicabili di volta in volta, secondo la pipa e la necessità. Ce ne sono a graffette fisse, e allora ci vuole la misura giusta per il fornello da coprire, e a graffette adattabili che vanno bene per quasi tulle le pipe. Sono naturalmente forati e ce n'è uno che lascia passare l'aria attraverso una specie di molla a spirale con un bottone al centro: lo trovo molto comodo, perché il bottone si può schiacciare e funge cosi anche da premitabacco. Il coperchietto è utile in zone molto ventose, alla guida di veicoli scoperti, per favorire una più uniforme combustione ed evitare la dispersione di ceneri e scintille. E' utile anche nelle case dove regnino mogli apprensive e ricche di broccati e tappeti. Un paio di coperchietti insoliti che ho visto: uno è fatto di radica (ovviamente forata), si sposta lateralmente ruotando su un perno, può essere facilmente faci lmente asportato, l'altro è meglio che asportato non sia, trattandosi di oro finemente cesellato. Sono sincero: il coperchio non mi entusiasma, mi sembra che guasti la linea bella e pulita della pipa moderna, però ne ho un paio di adattabili ai quali faccio ricorso in giornate particolarmente ventose, al mare e in montagna. I vecchi draghi della pipa disdegnano queste diavolerie moderne: o coperchio fisso, e allora che si veda bene, sia magari anche un po' monumentale, o niente, tanto loro sanno fumare in qualunque condizione. Ultimo accessorio: il grattapipe. Se ne è già fatto cenno, serve per alleggerire il fornello della crosta in eccesso. I tipi consigliabili, a fresa, sono essenzialmente due. Il modello fisso comporta che se ne acquistino due o anche tre, per avere le misure adatte ai vari calibri del fornello. Di quelli a tipo regolabile, invece, ne basta uno, perché le lame si adattano appunto alle diverse misure delle pipe da disincrostare. Di sistemi per allargare le lame e poi fissarle alla misura voluta ne conosco un paio. Quel che conta è che le lame siano ben taglienti, con filo uniforme e "dolce", sagomate opportunamente .Tutto sommato, lavoro più tranquillo con il tipo fisso, al quale riconosco il solo inconveniente di non arrivare sul fondo dei fornelli più alti. Quando si manovra il grattapipe bisogna badare a quel che si fa: è facile raschiare anche il legno, è facile tenere lo strumento inclinato, col risultato che si lascia uno strato di carbone non uniforme (rischio di bruciature). Per fortuna la crosta si forma lentamente, non è necessario intervenire spesso, non è da grattare tutti i momenti.
4.5 - I consigli di G.BOZZINI: LE GRANDI PULIZIE C'è chi, saggiamente, ha adottato una cadenza settimanale. Io le faccio, queste grandi pulizie, quanto ho tempo e voglia, quando ci penso. Gli strumenti sono i soliti:
curapipe (in questo caso è più proprio nettapipe, come molti lo chiamano; ma è la tessa cosa e scovolini. In più, quelli che l'inventiva di ciascuno riesce escogitare. Per queste pulizie la pipa si apre, cioè viene scomposta nei suoi due elementi che chiedono c hiedono operazioni diverse. Per il bocchino, niente di complicato, scovolino e liquido. Quale? In commercio ci sono solventi del catrame e della nicotina, leggermente profumati (ma il profumo è molto volatile), a mia esperienza abbastanza efficaci. Hanno anche funzione deodorante. Si intinge lo scovolino, lo si passa varie volte nel bocchino, si guarda in controluce nel foro per controllare che il condotto sia ben netto, si passa uno scovolino asciutto. Con il solvente in confezione spray (c'è anche quello), basta spruzzare nel bocchino e poi far scorrere lo scovolino asciutto. Controllare bene l'imboccatura, dove può esserci qualcosa da rimuovere con la punta dell'ago per poi asciugare bene con scovolino o straccetto pulito. Un punto di solito molto sporco è il perno. Io uso passarlo, strofinarlo su un pezzo di carta bianca, steso sul tavolo; e poi lo pulisco con uno straccetto, se necessario inumidito c'on solvente. L'ebanite del bocchino, nella zona a contatto con la saliva, può rivestirsi di una patina giallastra che tende a incrostarsi. Si può rimuoverla con una speciale pasta abrasiva, che dovrebbe anche ridare il nero lucido ai bocchini che hanno assunto un'opaca colorazione giallo verdastra. Questi guai sono provocati dallo zolfo che si ossida. Lo zolfo è un ccomponente omponente essenziale, serve a dare brillantezza ed elasticità; anzi mi hanno assicurato (e io riferisco) che l'ebanite di qualità scadente, di gomma rigenerata e così via, questo contenuto di zolfo ce l'ha in misura molto ridotta. I risultati che ottengo con la pasta abrasiva non sono mai - è il caso di dirlo - molto brillanti. Forse occo occorrono rrono strofinature energiche che sono al di là della mia forza e della mia pazienza. E poi, per la verità, chi c hi ti vende la pasta raccomanda di usarla subito e con regolarità. Per fortuna, molti negozi sono organizzati per rimettere a nuovo i bocchini (e anche per lucidare le teste). E non è poi un dramma farseli sostituire, anche se bisogna aspettare il viaggio di andata e ritorno in fabbrica. Perché non ne tengono una scorta, di varie var ie misure, nei negozi? Per la semplice ragione che il bocchino va perfettamente adattato e ogni pipa deve avere il "suo". Un'industria italiana ha brevettato di recente una macchinetta, molto sofisticata, che tra i vari impieghi pipari (serve, ad esempio, per eliminare il carbone in eccesso) ha anche quello di pulire e lucidare i bocchini. Non l'ho provata perché con le macchine in genere mi do del lei e poi perché il costo ovviamente non è trascurabile. Prendiamo ora in considerazione focolaio e cannello. Qualche passaggio di scovolino inumidito nel solvente è utile, purché segua subito la scovolinatura (si può dire?) asciutta. Abbiamo a che fare con le zone più normalmente umide, non dimentichiamolo. Se si usa il liquido spray, spruzzare dai cannello tenendo il focolaio verso l'alto, in modo che il liquido rifluisca dal cannello stesso (e fermarsi subito appena il liquido esce chiaro). Anche qui, immediato passaggio di scovolini asciutti. E' spesso necessario usare scovolini piegati in due, per ottenere un maggiore sfregamento. contro le pareti del cannello. Cura particolare all'imboccatura di questo, dove c'è l'alloggiamento del perno del bocchino. Qui bisogna prima lavorare di lama e di ago del nettapipe per eliminare depositi e poltiglie maleodoranti; poi intervenire energicamente con lo scovolino. Qualche volta liquidi e scovolini non sono sufficienti per liberare il cannello dai depositi. L'ago del curapipe è in genere troppo corto e troppo grosso. Allora si interviene con uno stecchetto o con un'asticciola metallica: senza forzare, senza scalfire il legno si spinge la poltiglia fino al fondo del fornello, dove si formerà una specie di pallottolina che non è difficile estrarre. Insisto: operazione da eseguire con cautela (e che non dovrebbe essere necessaria se si curassero le pulizie quotidiane). Nel fornello (la crosta la diamo per sistemata) si può passare leggermente il raschietto per eliminare briciole e frammenti; se necessario, un intervento con finissima carta vetrata. Anche sul fondo una raschiatina (ma con mano molto leggera) per togliere eventuali residui di fondiglio. Lo strato appiccicoso che si forma sull'orlo può essere affrontato con
il raschietto (molto leggero!) e con la carta di giornale; quando se ne va la porcheria, però, quasi sempre se ne va anche il lucido. In tutte le operazioni avere molta cura del legno esterno, che non si bagni, che non si macchi. Alla A lla fine, una bella lucidata con flanella o panno scamosciato. Ci sono, come per il bocchino, panni preparati, imbevuti di speciali sostanze lucidanti. I giapponesi hanno avuto l'ultima trovata: una busta di foglietti di carta speciale (sul tipo di quella che si usa per pulire gli occhiali, per intenderci) per lucidare la testa della pipa. Li ho provati, qualcosa fanno. La vera e propria lucidatura si fa con cere e manteche apposite che si trovano nei negozi specializzati. Alcune devono essere applicate, in strati sottilissimi, a pipa calda; quando sono asciutte, si lucida con panno di lana. Non consigliabili le normali cere lucidanti per mobili, quasi sempre profumate. La pulizia totale ha come naturale seguito anche l'asciugatura totale: io lascio le pipe smontate all'aria per almeno ventiquattrore, se posso anche di più; Che cosa fumo nel frattempo? Diamine, faccio i turni di pulizia, metà pipe una volta e metà l'altra. Attenzione nel rimontaggio. Ma avrei dovuto dire la stessa cosa per lo smontaggio. Sono due momenti molto delicati. Conviene impugnare il bocchino a mano intera e girare sempre nello stesso senso, quello orario, mentre si sfila o si infila. E' dolorosissimo veder crepare iill cannello durante queste operazioni. Il problema non si pone nei bocchini con innesto a floc. Adesso chiudiamo l'argomento grandi pulizie con quattro risate. Intanto, per molti fumatori l'unico liquido solvente è l'alcool; e persino denaturato, con quel suo piacevole e persistente odore! Altri si servono di alcolici bevibili, dalla grappa al rhum. Due sistemi che ho visto usare, proprio col rhum. Niente smontaggio della pipa si prende in bocca un sorso, si resiste alla tentazione di inghiottirlo e lo si insuffla invece con forza nel bocchino, in modo che il liquido esca dal fornello (ovviamente) rovesciato. Si può anche, seguendo Io stesso procedimento, far gorgogliare il liquido nel fondo del fornello (ovviamente questa volta non rovesciato) soffiando delicatamente nèl bocchino. In questo caso, bisogna evitare che gli spruzzi dell'alcool escano e vadano a macchiare l'esterno della pipa. Fatta quest'operazione alcolica, si lascia asciugare e si passa uno scovolino prima di fumare di nuovo. Conosco fumatori che usano acqua pura, mentre fra i tedeschi è molto diffuso l'impiego dell'acqua di colonia e della lavanda. L'ho dello: ci facciamo quattro risate. Ecco l'ultima. Fumatori che conosco e stimo (ma che non ho mai avuto il coraggio di imitare), raschiata e pulita la pipa con i soliti sistemi mettono un cucchiaino raso di bicarbonato nel fornello. Aggiungono un po' di aceto e subito tappano il fornello con il pollice. E' un'operazione da fare sul lavandino, perché la reazione dell'aceto con la so soda da è piuttosto "esplosiva" e la soluzione è spinta attraverso il cannello e il bocchino con notevole forza. Finita la reazione, si asciuga la pipa e la si lascia a riposo per qualche giorno. Sembra un metodo piuttosto brutale; eppure giura chi l'ha provato - rende la pipa dolce e buona. Se qualche lettore vuol tentare, lo faccia. A suo rischio, però. Le crisi La pipa si ammala? Molti appassionati sono propensi a crederlo. A parte piccoli disturbi individuabili e ben localizzati, la "malattia" di cui potrebbe soffrire una pipa è quella di fumare male. Le cause? Cattiva qualità del legno, rodaggio mal fatto, uso scorretto. Ma sono anche possibili altre eventualità: pipa buona che si mette improvvisamente a fumare male; pipa cattiva che diventa buona, di colpo, oppure dopo un periodo di abbandono; pipa di ottima qualità e trattata con tutti i riguardi che non diventa buona mai. Questo è un incurabile vizio congenito, un peccato originale che niente può salvare. Ma prendiamo in considerazione il caso di una pipa di ottima e stagionata radica, sapientemente rodata, tenuta con ogni cura, che fumi bene per un certo periodo e poi cambi e peggiori. peggiori . Ecco: la "malattia". Che
può misteriosamente andarsene come è misteriosamente venuta. E' esperienza abbastanza comune che una pipa abbandonata con disgusto e dispetto, ripresa per caso a distanza di tempo si riveli meravigliosa, quasi a voler far pentire chi l'ha abbandonata. Capita anche il contrario, naturalmente. In questa malaugurata eventualità, non tento diagnosi, non tento cure. La pipa resterà lì, nella rastrelliera, "oggetto" davvero questa volta, e io la guarderò di tanto in tanto, pensando con malinconia a quel che c he poteva essere e non è stato. Ho già detto di barbare "cure" praticate con il fuoco. Ce ne sono di più blande. Per esempio, far passare vapore attraverso la pipa (gli inglesi usano la teiera). Il sistema è impiegato (non da me) anche a nche per la pulizia: una bolla di vetro con cannula ripiegata (quasi un alambicco), un manicotto di gomma per raccordare cannula e bocchino, fuoco sotto la bolla riempita d'acqua. Altri tentativi di "cura". Cambiare il tipo di tabacco. Dopo accurata pulizia, inumidire a varie riprese l'interno del fornello con una soluzione di due terzi di miele e uno d'acqua: rifare quindi il rodaggio. Un pizzico di sale nel fornello inzuppato aiuta ad asciugare la pipa; il sale è ovviamente igroscopico, ma tende anche a neutralizzare gli acidi e quindi "addolcisce" la pipa (mai provato: e il legno che ne pensa dell'azione del sale? ). Lavorarci Grandi pulizie e interventi curativi rientrano nella manutenzione straordinaria, in quell'attività di bricolage, di fatelo da voi che la pipa, come già detto, sa suscitare. La scala è infinita, si può arrivare all'ebanisteria, all 'ebanisteria, o all'elettronica. Qualche esempio facile, tanto per divertirsi. · Pipa che cade in acqua fredda, non marina. Nessun intervento, basta lasciarla asciugare a lungo. · Cannello che si fende, si spacca: anellino di un bimbo a mo' di ghiera. · Perno del bocchino che sforza. Primo: non spingere. Secondo: mai usare olii o lubrificanti che possono influire sul fumo, basta la grafite di una matita tenera, sì, come scarabocchiarci sopra. Se non è sufficiente, carta abrasiva; oppure riscaldarlo un po' e infilarlo con cautela mentre è caldo. · Perno del bocchino che "balla". Può capitare dopo un riposo troppo lungo, con pipa diventata molto secca: basta fumare qualche volta e tutto torna normale. Ma ci possono essere altri motivi. Rimedio: passare ripetutamente il perno sopra una piccola fiamma e battere sul fondo con un martelletto fino ad ottenere, dall'ebanite così ammorbidita, lo spessore desiderato. Rimedio migliore: immergere il perno in acqua bollente, premerlo col dito finché abbia preso la giusta dimensione; poi, tenendolo sempre premuto, immergerlo (con dito e tutto) in acqua fredda. Perché l'operazione riesca, occorre infatti far raffreddare bruscamente l'ebanite proprio nel momento in cui ha preso la forma voluta; se si lascia raffreddare lentamente, dopo la dilatazione dovuta al calore l'ebanite torna alla dimensione di prima. L'operazione può essere ripetuta, nel caso non improbabile di un insuccesso. Sarà bene precisare una cosa. Il fatto che un bocchino balli o sforzi è quasi sempre questione di centesimi di mi millimetro. llimetro. Pensate che nelle fabbriche più attrezzate si tiene un igrometro per decidere di fare il montaggio (così si chiama l'operazione di unire testa e bocchino) più o meno serrato secondo il grado di umidità. · Bocchino troppo grosso all'imboccatura. Per appiattirlo un po' e renderlo più adatto al proprio morso, carta smeriglio, poi carta seppia e infine pasta abrasiva per lucidare.
· Bordo superiore del fornello scurito e incrostato. Porre sul tavolo un foglio di carta vetrata molto fine e passare la testa contro la carta con movimenti circolari e premendo solo leggermente. C'è chi sostiene che l'inconveniente si può evitare con un semplice accorgimento: passare il polpastrello di un dito sulla narice e quindi usarlo per ungere leggermente l'orlo del fornello. In caso di orlo ruvido, si può tentare una pulitura con uno spazzolino appena bagnato d'olio (testa capovolta perché l'olio non entri): il catrame si scioglie e può essere asportato facilmente con un batuffolo di cotone. · Graffi qua e là sul fornello. Non si tolgono. Chi tocca con carta vetrata combina solo guai. · Piccole bruciature all'interno del fornello. Se sono allo stadio iniziale (intaccatura grigiastra, principio di fessurazione) si può intervenire. A pipa calda spalmare sulla zona un po' di miele, facendolo penetrare per bene col manico tondeggiante di un coltello. Riposo per cinque giorni, poi caricare la pipa lasciando il tabacco molto soffice. A fumata finita (e pipa ancora calda) comprimere quel poco di tabacco incombusto che è rimasto attaccato al miele, schiacciando bene contro l'intaccatura, quindi applicare altro miele. Ripetere per due o tre volte. Residui di tabacco e miele aderiscono sempre più intimamente alla radica formandoci sopra una crosta protettiva. Per fessure più grandi e bruciature più profonde si può provare lo stesso procedimento; con miele scaldato e impastato con cenere impalpabile di tabacco. Stuccare con forza a pipa calda e dopo il raffreddamento versare sulla zona altra cenere che si cementerà con il resto. Fumata breve con tabacco sciolto e ripetizione dell'operazione come detto prima. Come vedete, qui siamo saliti a interventi un po' più complessi; ma ancora senza necessità di strumenti. Mi fermo qui, l'intenzione era di dare solo so lo qualche esempio. Il massimo, naturalmente, è rappresentato da chi si fa le pipe da sé, partendo da abbozzi che si vendono in qualche negozio specializzato. Ne è nato un vero e proprio artigianato domestico che, con il nome di pipa hobby (o viceversa), ha i suoi cultori, i concorsi, le mostre. In gran parte questi "artigiani della domenica" lavorano per sé e per gli amici; qualcuno ha compiuto il salto e si è messo a fornire negozianti ben lieti di poter vendere "pezzi unici", liberi nelle forme e nei prezzi. Ma questa è un'altra faccenda. A conclusione di tutto il discorso su pulizia e manutenzione, vorrei dire che se si ama la pipa è istintivo di curarla. Non è un'operazione "a parte". Cos non si comincia a fumare una pipa senza averla esaminata, "tastata"; non la si abbandona dopo l'uso senza averle prodigato qualche attenzione.
5 - VARIE 5.1 - Un esempio di pipe storiche: le pipe dello Zar Nicola II Nel gennaio del 1904 l'ambasciata russa di Parigi si metteva in contatto con una manifattura di Saint Claude (Giura Francese), località celebre per la lavorazione e scultura del legno (ebano in particolare), nonché per la produzione di pipe e per l'intaglio di pietre dure ed avorio. A questa ditta veniva passata una ordinazione di 3.000 pipe che dovevano essere fabbricate in ebano secondo un modello unico che è caratteristica principale delta pipa tradizionale russa ed in particolare di quella in uso nella marina imperiale. Il modello prevedeva la fabbricazione monoblocco tipicamente russa in quanto sembra che il punto di congiunzione che trovasi fra il bocchino realizzato in materiale diverso ed il corpo pipa in legno costituisse una zona di fragilità troppo elevata per poter sopportare senza spezzarsi le bassissime temperature della steppa.
Poco più tardi, il 6 febbraio 1904, a causa della continua penetrazione russa in Manciuria, scoppiava fra la stessa Russia ed il Giappone un conflitto che ben presto assumeva l'aspetto di una vera e propria guerra guerreggiata. Uno dei punti focali del conflitto divenne subito la città fortificata di Port Arthur, oggi Lushun posta sulla punta estrema della penisola di LiaoTung che, nèl Mar Giallo, delimita il golfo omonimo. La città era difesa da 35.000 soldati russi e dalla flotta russa del Pacifico costituita da 18 navi da battaglia e 40 navi ausiliarie di diverso tipo. Nella notte fra l'8 ed il 9 febbraio l'ammiraglio giapponese Heihakiro Togo (1847-1934), capo dello stato maggiore del Sol Levante, con una audacissima azione della sua squadra navale riuscì a distruggere molte navi nemiche ed a porre il blocco alla città. Le poche navi russe superstiti ripararono a Vladivostok. La guerra proseguì in Manciuria con Port Arthur sempre assediata. Nell'ottobre 1904 lo Zar Nicola II Romanov, visto che la guarnigione di Port Arthur non riusciva ad infrangere il blocco decise di inviare in soccorso della città assediata la flotta del Baltico. E qui inizia anche l'avventura delle nuove pipe. Il governo di Sua Maestà Imperiale aveva fornito al fabbricante francese le barre d'ebano necessarie e questi, alla fine di giugno consegnò le pipe ordinate, che più tardi furono tutte distribuite ai marinai ed ufficiali della flotta di stanza a Leningrado. La flotta, forte di oltre cinquanta navi fra cui 5 navi di linea moderne, una quindicina di vecchio modello ed il resto composto da torpediniere e naviglio ausiliario, salpò alla fine di ottobre al comando dell'Ammiraglio Z. P. Rozestvenskij diretta in estremo oriente. Il viaggio fu disastroso, costellato di incidenti, ritardi ed ostacoli di ogni genere tanto che la flotta raggiunse il Mar della Cina soltanto so ltanto il 20 maggio 1905. Poiché nel frattempo Port Arthur era caduta, Rozestvenskij decise di forzare il passaggio fra la Corea ed il Giappone per poter raggiungere Vladivostok e ricongiungersi con i resti della flotta scampati alle navi di Togo. L'Ammiraglio Togo, che era al corrente della rotta delle navi russe, e che aveva nel frattempo riunito la sua flotta controllando assiduamente lo stretto di Corea fra l'isola di Tsushima e la penisola di Corea, attaccò di sorpresa la flotta russa. La squadra giapponese che constava di 4 corazzate e sei incrociatori pesanti più un rilevante numero di siluranti, era iinferiore nferiore numericamente a quella russa ma molto più moderna e con equipaggi addestratissimi e fanaticamente fedeli al Tenno. Inoltre la qualità dei suoi proiettili e la caratteristica elevata rapidità di fuoco le conferivano una rimarchevole superiorità Il 27 maggio i Giapponesi, avvistate le navi russe, attaccarono di sorpresa e, sfruttando la loro maggior velocità, ebbero ben presto ragione dei russi. Le migliori corazzate russe fra ccui ui l'ammiraglia Suvorov furono messe fuori combattimento dal terribile fuoco delle navi di linea giapponesi e finite dalle siluranti, mentre il naviglio leggero e ausiliario veniva affondato. Il mattino seguente la retroguardia russa, al comando dell'Ammiraglio Nebogatov, con le vecchie corazzate e poche torpediniere, fra cui quella su cui era imbarcato l'ammiraglio Rosetsvenskij gravemente ferito, riuscì a riprendere la navigazione verso Vladivostok ma poco dopo, all'altezza dell'isola di Matsushima, incappò nuovamente nelle navi di Togo. Fu la fine. Il resto della flotta Russa fu distrutto o si arrese. Soltanto tre piccole unità riuscirono a fuggire ed a raggiungere Vladivostok. Le nuove pipe, appena distribuite finirono tutte in fondo al Mar della Cina. La battaglia di Tsushima segnò praticamente la totale sconfitta della Russia, ufficializzata il 5 settembre 1905 con la pace di Portsmouth Come sempre succede, il fabbricante di Saint Claude aveva prodotto qualche esemplare in più delle preziose pipe d'ebano russo di cui tuttavia si era persa allora ogni traccia. Alcuni anni or sono, nella soffitta dell'abitazione del proprietario della vecchia fabbrica di Saint Claude, ne vennero rinvenuti 17 esemplari. Questi preziosi cimeli sono ora in possesso di Alberto Paronelli che gelosamente li conserva nel suo "Museo della pipa" di Gavirate.
5.2 - Il miracolo di S. Andrea Come risaputo, dal giorno della sua morte nel I Secolo d. C., l'Apostolo Andrea ha avuto dal Cristo la facoltà di tornare una volta all'anno sulla terra esattamente il giorno 30 di Novembre, per compiere un miracolo. Questo si è verificato puntualmente nei secoli passati, e si ripeterà nei secoli a venire. Ciò che sorprende nei miracoli di Andrea é la semplicità e l'umanità delle sue scelte, come d'altronde aveva imparato dal suo Maestro. Il giorno 30 Novembre 1974, riprese Andrea le sue sembianze umane, discese su questa terra alle 11 del mattino, precisamente a Parigi Vestiva dimessamente come un povero comune mortale, un po' infreddolito data la l a stagione avanzata e s'incamminò verso Nôtre-Dame. Era dai tempi di Luigi XV che non rivedeva Parigi e trovò la città alquanto cambiata. Girovagò per le vie senza una meta precisa, aveva a disposizione la giornata intera! Si soffermò a un'edicola, lesse i titoli dei giornali esposti: Guerra in Palestina, il suo paese, e in altre contrade, l'uomo sulla luna, elezione del Presidente, P residente, Inflazione, la Bomba Atomica ecc. Tutto normale dunque, pensò con un velo di malinconia. Prosegui il suo cammino, e si trovò in Place du Parvis Notre~Datne. Fece la Rue d'Arcole, girò a destra, osservò il mercato dei fiori sul lungosenna che costeggiò confuso tra la folla. Suonarono le campane del mezzogiorno, si appoggiò alta spalletta del Ponte St. Louis e osservò il lento scorrere della Senna; l'acqua gli ricordava qualcosa di particolare della sua vita, di suo fratello Pietro, del Battista, ora ricordava chiaramente: era stato pescatore. Sotto l'arcata del ponte il suo sguardo si fissò su un uomo seduto, miseramente vestito, intento a levare dal suo sacco un involto di giornale che allungò al suolo erano avanzi di cibo, l'uomo si apprestava a mangiare. Andrea si accorse allora che lui pure avéva appetito, era anche un po' stanco, e decise di fare compagnia al mendicante. Attraversò il ponte, discese sul bordo della Senna e gli si avvicinò. L'uomo sollevò la testa dal misero pasto, fissò il nuovo venuto pure lui dimessamente vestito, sicuramente pensò che apparteneva alla categoria dei poveri - Buon appetito a te - disse Andrea. - Grazie amico mio, se posso offrirti..." - Grazie. Andrea accettò l'invito, gli si sedette vicino, il cartoccio degli avanzi in mezzo e con un "Buon appetito" iniziò a rosicchiare quel che restava di una coscia di pollo. - Da dove vieni? - Da un paese senza frontiere. - Come ti chiami? - Andrea è il mio nome, e tu? - Mi chiamo Simone, vivo qui da anni, solo, sono contento Andrea si ricordò che Simone era pure il nome di suo fratello Pietro, apostolo come lui, e il pensiero lo commosse. Un assortimento di avanzi di cibo, pezzi di pane raffermo, carni, verdure, croste di formaggio e una mezza bottiglia di vino coronò quella singolare unione di due diseredati. Eppure Andrea si sentiva contento. Terminato il pasto Simone cavò da una tasca dell'unto pastrano una pipa, consumata dall'uso e in condizioni pietose, la mostrò all'ospite che a malapena riuscì a decifrare le parole "Bruyère Garantie", e disse:
- Mi spiace non poterti offrire una boccata con la mia pipa, ma non ho tabacco, il tabacco è l'unica cosa che mi manca sempre eppure lo desidero tanto - Dimmi Simone cosa desidereresti dalla vita? - Andrea, è una cosa impossibile il mio desiderio, vorrei che la mia pipa fosse sempre carica, e che non si vuotasse mai, essa è la compagna della mia solitudine. Andrea si commosse ancora, era una creatura molto sensibile. Rivolse il pensiero al suo Dio, e lentamente con l'indice della mano destra tracciò la sua croce, la croce di St. Andrea, sulla fronte del compagno. - Simone, quello che tu desideri l'avrai, la tua pipa sarà sempre carica. Simone si chinò, con meraviglia e stupore vide che il fornello della pipa era pieno fino all'orlo di un buon tabacco bruno, forte e profumato, proprio quello che piaceva a lui. Accese a pipa, tirò due o tre lunghe buffate, e beato soffiò il fumo verso il cielo. Si voltò per ringraziare Andrea ma il suo compagno non c'era più. Il miracolo aveva avuto inizio, ma la storia non finisce qui. Il mendicante Simone era felice; nulla gli mancava dalla vita, per le sue necessità di nutrimento la società gli dava la possibilità di trovare sempre nei bidoni dei rifiuti un assortimento di quanto veniva sciupato dalla civiltà dei consumi. Per il suo desiderio maggiore: la pipa con un buon tabacco, Andrea era stato di parola, la sua pipa, nonostante che oramai la fumasse quasi in continuità, era sempre carica. Passarono così i mesi, gli anni, si giunse all'inverno 1982, Simone sempre rifugiato sotto l'arcata del suo ponte … una sera sentì un brivido di freddo, vide avvicinarsi una triste figura in nero che si confondeva con
la nebbia che saliva dalla Senna. - Chi sei tu? - chiese Simone. - E' giunto il tuo momento, preparati Simone, sono la morte. - Lascia che termini questa pipata e sarò pronto. - Sta bene - disse la morte. - Fa presto! La morte attese cinque, dieci minuti, mezz'ora, un'ora, due ore, ma Simone calmo continuava a emettere volute di fumo. - Fa presto Simone, ho gia perso più di due ore, la mia lista di visite v isite si allunga sempre di più. Si stancò alfine la morte, e delusa dalla inutile attesa s'allontanò. Simone continuando beato a fumare sentì allora voci lontane che in una lingua a lui sconosciuta dicevano: - Sancte Andreae intercede pro eo. Simone è ancora là, sotto il ponte di Saint Louis, con la sua inseparabile pipa sempre accesa.
View more...
Comments