la persuasione nella comunicazione politica

March 27, 2017 | Author: Assonnata Niewyspana | Category: N/A
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comunicazione politica, persuasione...

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Kamila Miłkowska-Samul

LA PERSUASIONE NELLA COMUNICAZIONE

POLITICA IN ITALIA E IN POLONIA

Recenzent naukowy: dr hab. prof. UW Elżbieta Jamrozik Korekta językowa: Karolina Gruszka

© Copyright for the text by Kamila Miłkowska-Samul, 2011

Producent wydawniczy: Marek Jannasz Projekt okładki: Magdalena Wójcik Opracowanie graficzne: Igor Nowaczyk Wydawnictwo Lingo sp.j. www.WydawnictwoLingo.pl

ISBN 978-83-63165-48-2 Warszawa 2011 Wszelkie prawa zastrzeżone Książka ukazała się nakładem Szkoły Wyższej Psychologii Społecznej w Warszawie

La persuasione nella comunicazione politica in Italia e in Polonia

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Indice Premessa ................................................................................................................. 7 Note. Corpus di testi ............................................................................................... 9 Capitolo 1. Comunicazione politica – background ................................................11 1. 1. Che cosa è la politica? ...............................................................................13 1. 2. La scena politica in Italia. Sommario storico ..........................................18 1. 3. La scena politica in Polonia. Sommario storico ...................................... 25 1. 4. La comunicazione politica e i mass media ...............................................31 1. 5. Le ricerche sulla lingua della politica in Italia e in Polonia .................... 42 1. 5. 1. Le ricerche italiane ....................................................................... 45 1. 5. 2. Le ricerche polacche .................................................................... 52 Capitolo 2. Definizione del campo d’analisi ......................................................... 63 2. 1. Discorso politico ...................................................................................... 64 2. 2. “Linguaggio” versus “lingua” ................................................................. 67 2. 3. Le varietà della lingua ............................................................................. 69 2. 4. La diversificazione interna del concetto della lingua politica ................ 83 2. 5. Come delimitare l’ambito della ricerca ................................................... 88 2. 5. 1. Il primo livello di analisi .............................................................. 90 2. 5. 2. Il secondo livello di analisi .......................................................... 93 Capitolo 3. La persuasione .................................................................................... 95 3. 1. La persuasione e le funzioni del linguaggio............................................ 97 3. 2. La persuasione e la teoria degli atti linguistici di J. L. Austin ............. 100 3. 3. Persuasione versus manipolazione .........................................................108 3. 4. Persuasione e retorica .............................................................................112 3. 5. La persuasione – riassunto .....................................................................116

4 Capitolo 4. La pragmatica della persuasione politica ..........................................121 4. 1. Ingratiation .............................................................................................130 4. 1. 1. Atti di elogio della propria persona.............................................131 4. 1. 2. Promessa .....................................................................................144 4. 1. 3. Ricetta per il successo .................................................................147 4. 1. 4. Proposta/offerta ...........................................................................149 4. 1. 5. Appello/richiesta .........................................................................151 4. 1. 6. Adulazione .................................................................................153 4. 1. 7. Gli atti che mirano a spaventare ed avvertire .............................158 4. 2. Deprezzamento dell’avversario ..............................................................162 4. 2. 1. Offesa ..........................................................................................164 4. 2. 2. Critica..........................................................................................173 4. 2. 3. Accusa .........................................................................................180 4. 2. 4. Discredito ....................................................................................184 4. 2. 5. Ammonimento ............................................................................186 4. 2. 6. Derisione .....................................................................................188 Capitolo 5. Elocutio – mezzi persuasivi nella lingua dei politici ........................195 5. 1. Colloquialità ...........................................................................................198 5. 1. 1. Sintassi colloquiale come mezzo di persuasione ....................... 204 5. 1. 2. Lessico colloquiale come mezzo di persuasione ........................212 5. 1. 2. 1. Parole passe-partout ....................................................214 5. 1. 2. 2. Lessemi valutativi .......................................................216 5. 1. 2. 3. Fraseologia.................................................................. 220 5. 1. 2. 4. Forestierismi ............................................................... 226 5. 1. 3. Persuasività della colloquialità .................................................. 229 5. 2. La cura della forma. Retorica .................................................................231 5. 2. 1. Figure di parole ...........................................................................233 5. 2. 2. Figure di pensiero .......................................................................243 5. 2. 3. Tropi ............................................................................................252 5. 2. 3. 1. Ironia ...........................................................................253

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5. 2. 3. 2. Iperbole....................................................................... 256 5. 2. 3. 3. Metafora ..................................................................... 258 Conclusioni ..........................................................................................................281 Bibliografia ......................................................................................................... 287 Le fonti del corpus ...............................................................................................315 Streszczenie. Perswazja w komunikacji politycznej w Polsce i we Włoszech ... 317 Abstract. Persuasion in political communication in Italy and in Poland ............319

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Premessa Fare politica è parlare. Parlare per convincere e ottenere l’assenso. In questo modo si guadagnano i voti degli elettori e si conquista il potere. Da queste osservazioni nasce il seguente lavoro. L’oggetto del presente studio è la persuasione politica che si manifesta al livello della lingua. Partendo dal presupposto che sia proprio la funzione conativa a predominare nella comunicazione politica, intendiamo coglierne le caratteristiche salienti. L’analisi linguistica dell’agire politico che offriremo mette in rilievo il suo aspetto pragmatico nonché esamina i testi elaborati dai politici in chiave retorica. Lo studio dei mezzi persuasivi nel linguaggio politico si poggia sul materiale italiano e polacco (il corpus è descritto più dettagliatamente in seguito). Tale impostazione della ricerca è dovuta al nostro obiettivo di individuare i caratteri universali della persuasività ed evidenziare le affinità tra le due realtà linguistiche e politiche: la realtà polacca e quella italiana. Con questa pubblicazione è nostro intento contribuire a mettere a fuoco e commentare i meccanismi della comunicazione politica e indagare come l’intento persuasivo governi le scelte linguistiche dell’uomo politico. Il presente lavoro si articola in cinque capitoli. Il primo capitolo ha carattere introduttivo, in quanto traccia una mappa sommaria dei fenomeni che vogliamo esaminare: prova a definire il dominio della politica nonché illustra alcuni avvenimenti della politica contemporanea in Italia e in Polonia che consideriamo significativi nell’analisi linguistica. Inoltre, il primo capitolo indaga la problematica dell’interdipendenza tra la comunicazione politica e i mass media. Infine uno spazio è dedicato alla presentazione delle ricerche sul linguaggio politico svolte finora in Italia e in Polonia. Il secondo capitolo discute in dettaglio la questione dei confini del campo di analisi e ne propone una definizione. L’ambito della ricerca è notevolmente circoscritto, viene anche presentata la terminologia assunta. Il terzo capitolo mira ad approfondire le tematiche inerenti al tratto fondamentale del linguaggio politico cioè la sua funzione persuasiva. Essa viene compresa ed ana-

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Premessa

lizzata nei termini della teoria pragmalinguistica di John Langshaw Austin, sviluppata da John Searle. Aggiungiamo anche un commento relativo alla distinzione fra la persuasione e la manipolazione, due fenomeni assai affini che suscitano aspre polemiche. I capitoli quarto e quinto rappresentano uno studio delle strutture pragmatiche e linguistico – retoriche finalizzate a guadagnare il consenso degli elettori. Avvalendosi delle considerazioni riguardanti le modalità messe in atto per conquistare il favore degli altri, denominate ingratiation, presentate dallo psicologo sociale E. E. Jones dividiamo gli atti linguistici utilizzati ai fini persuasivi in due categorie: quelli mirati a ingraziarsi l’uditorio attraverso una presentazione positiva di sé e quelli che screditano l’avversario politico e rovinano la sua immagine. Quanto alle strutture linguistiche e retoriche, si adopera il concetto classico di elocutio per comprendere i vari fenomeni che si manifestano a tutti i livelli della lingua. Innanzitutto, nel paragrafo 5.1. useremo la nozione di colloquialità per descrivere uno dei volti della persuasione politica. Il paragrafo 5.2. invece è interamente dedicato ai mezzi retorici (figure e tropi) che certamente abbelliscono il discorso, ma anche svolgono un importante ruolo persuasivo. Questo studio è teso a dare una descrizione ed interpretazione dei mezzi linguistici impiegati nella persuasione politica nonché individuarne le tendenze che si potrebbero defi nire universali o almeno comuni per la comunicazione politica in Italia e in Polonia. Attraverso l’esame degli espedienti persuasivi questo lavoro dovrebbe fornire i mezzi per capire come funzioni il linguaggio politico e come “disarmarlo”. Il presente volume costituisce una versione modificata della mia tesi di dottorato La persuasione politica in Italia e in Polonia. Per un’analisi pragmatico – retorica scritta sotto la guida della Prof.ssa Elżbieta Jamrozik dell’Università di Varsavia. Desidero cogliere questa opportunità per esprimere un sincero ringraziamento alla Prof.ssa Elżbieta Jamrozik per i preziosi consigli che hanno contribuito al miglioramento della mia tesi nonché per la disponibilità e l’aiuto che mi ha sempre offerto. Ringrazio anche i correlatori del mio dottorato: la Prof.ssa Anna Mańkowska dell’Università di Varsavia e il Prof. Stanisław Widłak dell’Università Jagellonica per i loro suggerimenti. Inoltre, un sentito grazie va a tutta la mia famiglia per il loro affetto e per il costante sostegno.

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Note. Corpus di testi Al fine di tracciare un ritratto possibilmente completo del fenomeno della persuasione nella comunicazione politica abbiamo cercato di assicurare l’eterogeneità dei testi da analizzare. Il criterio della diversificazione che abbiamo adoperato si esprime nella scelta del materiale prodotto dai numerosi politici di vari schieramenti nonché nella diversità tipologica dei testi. La tipologia dei testi comprende dibattiti televisivi, interviste rilasciate a giornali e settimanali, chat, discorsi congressuali, interventi parlamentari, brevi citazioni (di solito, battute spiritose trasmesse volentieri dai mass media e in Internet). Il materiale è stato raccolto nel periodo compreso tra settembre 2005 e novembre 2006. In questo arco cronologico si è dato particolare spazio ad alcuni momenti caratteristici relativi alle elezioni politiche in Italia e quelle parlamentari e presidenziali in Polonia. Talvolta nel corso dell’analisi sono stati aggiunti alcuni esempi fuori dal corpus al fine di approfondire e rendere completa la ricerca. La fonte da cui è stato ricavato il materiale è stato soprattutto Internet, in particolare i siti dei partiti, politici o movimenti politici. Abbiamo sfruttato la varietà dei testi pubblicati sui siti Internet dai politici stessi, ma abbiamo anche deciso di arricchire il corpus aggiungendo trascrizioni dei dibattiti televisivi. Abbiamo utilizzato le trascrizioni dei dibattiti elettorali pubblicati su wybory.tvn24.pl/debatywyborcze.html nonché alcuni dibattiti nel programma Co z tą Polską? sul canale Polsat: www.tomaszlis.wp.pl. Quanto al materiale italiano, abbiamo effettuato la trascrizione dei dibattiti elettorali trasmessi su Rai Uno il 14 marzo 2006, il 3 aprile 2006 nonché il 29 marzo 2006. Gli esempi tratti dal corpus sono stati numerati e seguiti dal numero da 1 a 40 (tra parentesi) che corrisponde alla fonte del materiale a seconda dell’elenco nella sezione Bibliografia. Gli eventuali tagli effettuati sono evidenziati dal segno (...).

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Capitolo 1. Comunicazione politica – background Volendo occuparsi della lingua politica, non ci si può esimere dalla necessità di sistemare il campo della ricerca. Il primo passo a questo fine sarebbe la definizione della differentia specifica della lingua politica, cioè proprio il suo carattere politico. Nel presente capitolo tenteremo di rispondere alla domanda che cosa è la politica, raffinando almeno parzialmente il campo di interesse di questa analisi attraverso la distinzione della comunicazione politica da altri suoi tipi. Stabilita la peculiarità della comunicazione politica, vorremmo proseguire a mettere in evidenza un insieme di interazioni che la formano, vale a dire legami che intercorrono tra gli attori della comunicazione politica, in particolare i politici e i cittadini, e la realtà sociale vista in prospettiva storica e culturale. Va sottolineata la convinzione sulla quale si poggia questo studio che la lingua politica non può essere analizzata al di fuori del contesto storico e socio-culturale in cui funziona: la lingua, la storia e la cultura in generale sono inscindibilmente correlate tra loro. La lingua politica, oggetto principale di questo lavoro, non è libera né da parte degli influssi degli avvenimenti politici della storia contemporanea né dalle tendenze nell’ambito sociale e culturale. Per questo motivo giudichiamo indispensabile offrire uno sguardo ai più rilevanti fenomeni storici e culturali che incidono sulla presente forma della lingua politica in Italia e in Polonia. Queste considerazioni aiuteranno a confrontare l’universo linguistico polacco e italiano, cogliendo le somiglianze e le particolarità della comunicazione politica in ambedue i paesi. Di conseguenza, dedichiamo i capitoli successivi alla breve descrizione degli eventi storici che hanno marcato l’ultimo ventennio in Polonia e in Italia fi no al novembre 2006 per comprendere il periodo in cui è stato raccolto il nostro corpus. Non miriamo ad offrirne un resoconto completo, riteniamo comunque utile presentare, pur a grandi linee, i momenti di svolta che hanno influenzato anche le abitudini linguistiche degli attori politici.

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Capitolo 1. Comunicazione politica – background

Inoltre, ci proponiamo di mettere in evidenza quanto avviene nella cultura di oggi, in particolare gli effetti predominanti dei mass media sulla comunicazione politica. Infine, nel capitolo 1.5 illustriamo la produzione scientifica in Italia e in Polonia al riguardo della comunicazione politica, specialmente il suo aspetto linguistico.

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1. 1. Che cosa è la politica? Il concetto della politica appartiene alla categoria dei termini che, pur usati frequentemente sia nella lingua comune sia negli scritti scientifici, sono segnati da una forte polisemia ed ambiguità. La genesi del concetto della politica risale all’antichità, almeno a Platone ed Aristotele. Con la constatazione famosa di Aristotele che l’uomo è per natura un animale politico1, vuol dire un animale che deve vivere insieme ad altri in una comunità organizzata e strutturata, incomincia la riflessione teorica sul fenomeno. Secondo il filosofo di Stagira, l’uomo non è autosufficiente, perciò si forma spontaneamente l’organizzazione sociale e politica – la polis. È costitutivo della natura umana vivere nella società, che risulta una formazione legata alla natura dell’uomo. La politica, invece, viene intesa come arte di governare lo stato per il bene comune. Nella politologia contemporanea la politica assume accezioni molto differenti, che si estendono dalla politica in quanto conquista e mantenimento del potere fino alla politica come arte del negoziare e del controllo degli interessi di diversi gruppi sociali2. Per di più, la questione della definizione della politica viene frequentemente tralasciata o addirittura evitata nella letteratura politologica, nonché si constata una notevole confusione ontologica e terminologica a questo riguardo3. Ciò fa sì che nell’ambito della politologia (o scienza politica) rientrino tematiche così ampie e diversificate come la riflessione filosofica sullo stato, governo e potere, la storia del pensiero politico, la sistematica delle forme di governo, la classificazione dei sistemi politici, sistemi elettorali, istituzioni del potere, gruppi di interesse, partecipazione politica, sistemi di partiti, ecc. Talvolta si sostiene perfino che il postmodernismo abbia contribuito alla scomparsa dei confi ni della politica nonché abbia causato l’impossibilità di darne una definizione4. Invece della politica vengono usate le sue parafrasi: in questo riguardo 1. Arystoteles (2004). 2. Per più informazioni cfr. Cotta, M., Della Porta, D., Morlino, L. (2004); Pasquino, G. (2004); Ryszka, F. (1992); Ryszka, F. (1984); Szahaj, A., Jakubowski, M. (2005); Żyro, T. (2004); Wojtaszak, A., Wybranowski, D. (a cura di) (2002); Szmulik, B., Żmigrodzki, M. (2006) e anche la selezione dei testi di vari filosofi compresa nel volume Współczesna filozofia polityki, a cura di D. Pietrzyk-Reeves e B. Szlachta, (2003), Kraków, Wydawnictwo Dante. 3. Su questo cfr. Opara, S. (2005) pp. 41-43. 4. cfr. Wróbel, S. (2006) p. 41 e p. 44: “(...) we współczesnych dyskursach politologicznych nie ma już dziś miejsca na pojęcie «polityki»”.

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1. 1. Che cosa è la politica?

va accennato, ad esempio, Slavoj Žižek, un filosofo sloveno, autore dei termini: archepolitica, parapolitica, metapolitica e ultrapolitica5. Fra i fattori che impediscono la definizione della politica Wróbel nomina il sempre calante potere e ruolo dello stato nazionale (finora soggetto del potere), il carattere d’intrattenimento del linguaggio della politica contemporanea6 nonché il fatto che realmente non si è in grado di dire che cosa sia la politica7. Presentiamo sommariamente alcune linee di tendenza nel comprendere l’essenza della politica al fine di tracciare il campo della ricerca. Si potrebbe descrivere la politica in quanto un insieme delle attività intraprese dalle persone che svolgono il ruolo sociale di politici8, però tale proposta sembrerebbe imprecisa e limitata. Va sottolineato il fatto che dietro ogni prova di definizione si nasconde sempre una determinata visione del mondo, una ideologia o un dato approccio filosofico e per questo una definizione unica non è possibile. A questo punto riteniamo utile segnalare una differenza particolarmente vistosa nel concettualizzare la politica, vuol dire il suo carattere pubblico. Tradizionalmente che la politica abbia la natura pubblica è ampiamente accettato e il termine si riferisce alle attività che vanno oltre le microstrutture sociali. Di conseguenza, la politica può essere definita come l’insieme di pubbliche interazioni sociali9. Comunque, questo orientamento è stato fortemente criticato e contrastato dal femminismo che sostiene proprio che il personale è politico10. Nel pensiero femminista, la divisione pubblico / personale (o privato) è concepito come l’effetto del sistema patriarcale in cui la vita pubblica, politica è propria degli uomini

5. Žižek, S. (1999). 6. Wróbel, S. (2006) p. 44: “Aby panowanie zostało włączone w codzienne czynności i wypoczynek obywateli, symbole polityki muszą stać się symbolami biznesu i rozrywki”. 7. Ivi, p. 45: “Wydaje się, że dyskurs na temat granic polityczności miałby sens wówczas, gdybyśmy dysponowali wiarygodną odpowiedzią na pytanie: czym jest polityka we właściwym jej sensie? Mówiąc wprost, uważam, że nie dysponujemy taką odpowiedzią i co ważniejsze nie możemy nią dysponować”. 8. Chmielewski, A. (2002) p. 295. 9. Cfr. la lemma “polityka” in Encyklopedia socjologii (2000) pp. 135 – 139. Ivi, p. 136: “Politykę można też rozumieć jako ogół publicznych interakcji społecznych, w wyniku których podejmowane są decyzje obowiązujące nie tylko tych, którzy byli zwolennikami określonej decyzji, ale także tych, którzy byli oponentami. Polityka zatem to skomplikowany proces podejmowania decyzji przez aktorów życia politycznego (czyli przez podmioty działania, czynniki sprawcze interakcji, zarówno indywidualne, np. wybitnych charyzmatycznych przywódców, jak i zbiorowe, np. parlamenty, partie polityczne, ruchy społeczne)”. 10. Lo slogan “the personal is political” è stato usato per la prima volta da Carol Hanish nel libro Notes From The Second Year (1970).

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in quanto cittadini; questo movimento elimina la distinzione fra il pubblico e il privato nel defi nire la politica11. Come si è detto, il modo in cui viene percepita la sostanza della politica dipende notevolmente dalla prospettiva teorica assunta. A titolo illustrativo12, indichiamo alcuni metodi molto diversi tra di loro nell’affrontare la questione della politica: ad esempio, l’approccio istituzionalistico mette in rilievo lo studio delle istituzioni dello stato, delle strutture del potere – la politica viene esaminata come attività entro una cornice istituzionale. Il funzionalismo di Talcott Parsons, invece, non parla dello stato, introducendo la categoria del sistema inteso come struttura di fondo della società in cui ogni parte svolge una funzione importante per l’intero sistema. In questa ottica la politica comprende l’insieme di interazioni legate all’organizzazione e mobilitazione delle risorse, dirette a realizzare gli scopi collettivi, sistemici13. Molto sviluppato è anche l’orientamento che vede la politica in termini di conflitto, rappresentato tra l’altro da Ralf Dahrendorf. Qui la politica diventa la sfera della vita sociale concentrata sulla rivalità, sulla lotta per la dominanza e l’influenza, perché solo in questa maniera è possibile risolvere gli interessi conflittuali14. Come si può vedere, non tutte le teorie vedono la politica come inscindibilmente legata al potere istituzionale dello stato. In particolare la corrente comportamentista nella politologia stacca la questione della politica dal concetto dello stato, trasferendola anche ad altre organizzazioni15. Si tratta soprattutto della scuola di Chicago, rappresentata da Charles Merriam, Arthur Bentley e Harold Lasswell. Proprio Lasswell formula la sostanza della politica domandando “chi ottiene che cosa, come e quando”16. Fra le definizioni che collegano la politica solamente allo stato e quelle che la intendono in termini del potere e conflitto in generale si colloca la teoria di David

11. Cfr. Stoker, G., Marsh, D. (2006) pp. 109-130. 12. Per una descrizione piì dettagliata dei diversi approcci alla teoria della politica si veda Nocoń, J., Laska, A. (2005) pp. 41-101. 13. Nocoń, J., Laska, A. (2005) p. 52. 14. Ivi, p. 62. 15. Jabłoński, A. W. (1998), p. 10, in particolare: le definizioni della politica di Robert A. Dahl e Berrnard Crick. 16. Ivi, p.10.

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1. 1. Che cosa è la politica?

Easton17, in cui si sottolinea la funzione della politica che consiste nell’allocazione imperativa di valori (materiali e immateriali) nell’ambito di una comunità. Nella riflessione teorica sulla politica spicca la problematica del suo legame con il potere in quanto sostanza dell’attività politica. Talvolta si sostiene che la politica non va trattata meccanicamente come arte di ottenere e mantenere il potere, una pura tecnica di governare lo stato, ma bisogna tenere presente il suo aspetto assiologico18. Secondo alcuni studiosi, il potere non costituisce l’essenza della politica e troppa attenzione rivolta al suo ottenimento e mantenimento è una grave aberrazione. Da questo punto di vista, il potere è meramente un mezzo e non il fine della politica, perché il suo obiettivo vero e proprio sarebbe il bene comune, il benessere dell’intera società19. Nella presente analisi, comunque, siamo propensi ad assumere la classica definizione di Max Weber, che malgrado il passare degli anni è sempre attuale e anche nella riflessione politologica contemporanea continua ad essere fonte di ispirazione20. Per lo studioso la politica è l’aspirazione a partecipare al potere o ad influire sulla ripartizione del potere, sia tra gli stati, sia all’interno di uno stato tra gruppi di persone che ne fanno parte 21. Consideriamo essenziale il tratto della politica messo in rilievo da Weber, cioè il perseguimento del potere che si può esprimere nella partecipazione attiva al potere oppure nell’influsso sulla distribuzione di esso. Questa ricerca del potere può essere motivata da vari fattori: chi fa politica può trattarlo come mezzo per raggiungere un certo obiettivo (ideale o egoistico) oppure ambire il potere solo per il prestigio che esso conferisce. Comunque, il politico deve necessariamente provare il piacere del potere ed essere pronto a lottare per ottenerlo22. 17. Ivi, p.12. 18. Encyklopedia socjologii (2000) p. 137: “Polityki nie można zredukować do samych tylko stosunków władzy. Zawiera ona bowiem potężny ładunek aksjologiczny – istotna jej część to wartościujące defi niowanie rzeczywistości społecznej i nadawanie (a w ustrojach niedemokratycznych –narzucanie) sensu działaniom zbiorowym, wywoływanie takich działań czy zachowań zbiorowych, a także proponowanie krótkofalowych i długofalowych celów, wokół których mógłby być zorganizowany wysiłek zbiorowy” e ibid.: “Aksjologiczny aspekt polityki to, innymi słowy, idee, ideologie i doktryny polityczne, które porządkują ogląd świata społecznego z pewnej szczególnej perspektywy, a ponadto ustalają kierunek, a niekiedy nawet sposób działania zwolenników określonej idei, ideologii czy doktryny”. 19. Cfr. Opara, S. (2005) p. 45: “Polityka to dążenie do realizacji celów społecznych z wykorzystaniem (lub dążeniem do wykorzystania) instrumentarium i autorytetu państwa”. 20. Cfr. Ryszka, F. (1984) p. 9: “Polityka – pojęcie stare jak dzieje naszej kultury – odnosi się do tej części stosunków międzyludzkich, których treścią jest panowanie, rządzenie, władza – narzucanie i egzekwowanie decyzji jednego człowieka lub grupy ludzi – innym”. 21. Weber, M. (2004) pp. 48-49. 22. Ibid.

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La definizione della politica in quanto attività di un gruppo sociale, un partito oppure un individuo svolta al fine di ottenere e mantenere la posizione di supremazia nell’ambito delle istituzioni dello Stato mette in risalto il processo che porta al potere, il modo in cui questo obiettivo viene raggiunto. Crediamo che sia la lingua ad avere un ruolo di innegabile importanza in questo rispetto e proprio al modo in cui essa viene utilizzata con lo scopo di vincere consenso dedichiamo questa ricerca.

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1. 2. La scena politica in Italia. Sommario storico L’oggetto di questo capitolo sarà lo sfondo generale su cui analizzeremo gli interventi dei politici, cioè l’ultima storia dell’Italia e della Polonia. Intendiamo mettere in rilievo solamente gli eventi più significativi, quelli che hanno cambiato la scena politica in Polonia e in Italia, contribuendo al cambiamento della lingua usata in questa sfera. Siamo dell’opinione che il mutamento di natura politica incida sulla lingua usata nella politica e anche nel discorso pubblico sensu largo e per questo è utile rilevare i fattori extralinguistici che condizionano i fenomeni lessicali, retorici e pragmatici come, ad esempio, la comparsa di nuove parole, nuove regole di comunicazione, ecc. All’inizio presenteremo sommariamente i fatti più rilevanti della storia recente d’Italia23: Dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, in conseguenza del referendum del 1946, l’Italia diventò una repubblica, il che fu confermato dalla nuova costituzione entrata in vigore nel 1948. Il governo dell’Italia restò dal 1946 fino al 1980 nelle mani della Democrazia Cristiana (DC), appoggiata da altri partiti24. Nei primi anni Ottanta cominciò il periodo del cosiddetto pentapartito, vale a dire, il governo delle coalizioni composte da cinque partiti: Partito Socialista Italiano, Partito Repubblicano Italiano, Partito Liberale Italiano, Partito Socialista Democratico Italiano e Democrazia Cristiana, guidate prevalentemente dall’ultima25. Gli anni 1978-1993 furono chiamati dal famoso giornalista italiano Indro Montanelli “anni di fango”, analogamente agli anni Settanta denominati sovente-

23. Per un quadro più dettagliato si veda Gierowski, J.A. (2003); Mammarella, G. (1993); Colarizi, S. (2007), Galli, G. (2001), Ginsborg, P. (2007), Vespa, B. (2007). 24. Bokszczanin, I. (2004) pp. 161-194. 25. Sul pentapartito cfr. Prospero, M. (1999), p. 191.

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mente “anni di piombo” – segnati dalla lotta armata del terrorismo rosso26. L’autore spiega così la scelta di questa denominazione: Alcuni lettori ci hanno rimproverato di aver titolato quest’ultima nostra fatica «L’Italia degli anni di fango». Anzitutto, dicono, perché il fango non invita all’ottimismo, anzi rappresenta un giudizio di condanna senza possibilità di appello. (...) Per quanto riguarda l’ottimismo, non è colpa nostra, di Cervi e mia, se quest’ultimo decennio ne offre pochi pretesti. Noi scriviamo, o almeno presumiamo di scrivere di Storia, e dobbiamo stare a ciò che la Storia ci offre, nel bene e nel male. I pochi memorialisti che ci hanno tramandato le cronache del crollo dell’Impero Romano le intonarono concordemente al Miserere. Oggi crolla soltanto un sistema politico, ma anche questo offre pochi spiragli alla speranza. Quanto alla prematurità del “ fango”, che effettivamente ha incominciato a dilagare solo agli inizi degli anni Novanta, a parte il fatto che il nostro volume ingloba anche questi, se il fango ha cominciato a tracimare solo a questo punto, è perché solo a questo punto si sono scoperchiati i tombini. Sotto di essi il fango si accumulava da lunga data, e specialmente nell’ultimo decennio.27 Come vediamo dal brano riportato sopra, la valutazione decisamente negativa dell’autore riguarda non solo gli anni Ottanta e Novanta, di cui tratta il suo libro, ma accentua l’accumularsi dei fenomeni nocivi allo Stato da anni. L’inizio degli anni Novanta vide approfondirsi drammaticamente la crisi dello Stato italiano e le sue istituzioni.28 Sono numerose e complesse le cause di tale situazione: il bagaglio storico, ragioni economiche, politiche e sociali.29 La crisi delle

26. L’episodio più vistoso degli anni di piombo fu il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro nel 1978, effettuato dalle Brigate Rosse. Vi sono ancora numerosi punti oscuri e dubbi riguardanti questo tragico evento, soprattutto la questione se la morte di Moro potesse essere evitata. Esistono anche speculazioni riguardanti il coinvolgimento della loggia massonica P2, anche il KGB russo, l’infiltrazione dell’intelligence americana nelle Brigate Rosse. Comunque, l’assassinio di Aldo Moro ebbe gravi ripercussioni politici: il Ministro dell’Interno Francesco Cossiga dovette dimettersi e cadde l’idea del cosiddetto compromesso storico, cioè la strategia formulata da Enrico Berlinguer (Partito Comunista Italiano) secondo la quale si cercava una collaborazione fra tre grandi partiti popolari (Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano, Partito Socialista Italiano) per prevenire tendenze autoritarie. Si confronti Galli, G. (1993). 27. Prefazione al libro Italia degli anni di fango http://www.liberonweb.com/asp/libro.asp?ISBN=8817427292 (31.03.2006). 28. Bokszczanin, I. (2004), Carusi, P. (2001). 29. Bokszczanin, I. (2004) pp. 17-35.

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1. 2. La scena politica in Italia. Sommario storico

finanze dello Stato e il crescente indebitamento pubblico30, l’instabilità dei governi e l’inefficienza della burocrazia contribuirono a peggiorare la situazione. Bisogna tener presente anche l’esistente divisione economico-culturale tra il Sud e il Nord d’Italia nonché altri fenomeni sociali caratteristici per l’Italia, soprattutto la mafia con i suoi legami con il mondo dei politici31. Fra i fenomeni nell’ambito politico che danneggiarono le strutture democratiche e il funzionamento dello Stato italiano nonché resero impossibile per anni lo scambio delle elite politiche bisogna nominare il trasformismo, il clientelismo e la lottizzazione32. Pur non essendo una pratica esclusivamente italiana, il clientelismo in Italia assunse dimensioni abbastanza inquietanti. È un sistema di rapporti tra persone, basato sul favoritismo e sul soddisfacimento di interessi particolari, a scapito di esigenze pubbliche. Consiste nell’ottenere risorse, benefici o posti di prestigio attraverso i favori alle persone appartenenti ad un gruppo di potere e, vice versa, nell’ottenere l’appoggio politico tramite la distribuzione dei benefici del potere (la ricerca di voti politici in cambio di “favori”). Va sottolineato che il modello clientelare della Repubblica si distingue per il fatto che i benefici da distribuire sono a disposizione dello stato e non del patrono privato: “uomo politico o funzionario statale che fosse, si comportava come una sorta di dispensiere in grado di distribuire risorse pubbliche (posti di lavoro, pensioni, licenze, ecc.) a clienti, amici e parenti in cambio di fedeltà, sia personale sia elettorale”.33 Il sistema clientelare importato nel mondo politico causò la disorganizzazione, l’immobilismo e la degenerazione della classe politica, abituando l’intera società all’illegalità34.

30. Intensificati dall’ideologia dello Stato protettivo della Democrazia Cristiana e dei socialisti di Bettino Craxi. Cfr. Gierowski, J. (2003) p. 599. 31. Ivi, p. 600: “Jednocześnie z rozwojem gospodarczym kraju następował bowiem wzrost podziemnej, czy jak kto woli “czarnej” ekonomiki, w której dominowały układy mafijne. Zarazem obok strategii generalnej, realizowanej przez rząd, partie polityczne usiłowały wyciągać jak największe korzyści ze swej pozycji, zapewniając różne synekury swym członkom i klientom. Dotyczyło to zarówno znajdujących się przy władzy chadeków i socjalistów, jak i reprezentujących przynajmniej formalnie opozycję komunistów. Tego typu uzależnienia i powiązania nie były niczym nowym w życiu politycznym Włoch i obejmowały wszystkie partie, komunistycznej nie wyłączając; prowadziły one przecież coraz wyraźniej do podporządkowywania istotnych decyzji na szczeblu ogólnopaństwowym czy samorządowym różnym tajnym, jeśli nie przestępczym organizacjom”. 32. A questo proposito rimandiamo ai volumi seguenti: Salvadori, M. (1994), Carusi, P. (1999); Murialdi, P. (1997) pp. 7-11; Tullio Altan, C. (1986), Graziano, L. (1985). 33. Ginsborg, P. (2007) p. 193 34. Ivi, p.194

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Al fenomeno di clientelismo è strettamente legato un altro meccanismo che segnò la politica italiana, vale a dire, il trasformismo35 consistente in generale nel formare maggioranze parlamentari da uomini politici e gruppi di orientamenti diversi, ignorando differenze ideologiche a favore di interessi particolaristici. Il trasformismo, che la storiografia fa risalire a un discorso elettorale del 1876 di Agostino Depretis36, annulla le tradizionali differenze fra partiti politici, mette in risalto lo scambio di favori a scapito di una vera e propria vita politica. Il trasformismo assunse una connotazione univocamente negativa in quanto legato a fenomeni di corruzione, degrado morale e mancanza di coinvolgimento dei cittadini nella vita politica. Un altro fenomeno caratteristico della politica italiana è la lottizzazione37, cioè una sorta di spartizione del potere fra i partiti politici. La lottizzazione è la pratica di distribuire funzioni e cariche nell’ambito economico presso enti pubblici formalmente indipendenti dall’amministrazione pubblica ma di fatto sotto il controllo del governo, secondo criteri politici e non professionali. La lottizzazione avviene soprattutto nelle grandi imprese, come per esempio l’azienda di produzione di energia elettrica Enel. Già negli anni sessanta il democristiano Vitantonio Di Cagno diventa presidente di questa società e il socialista Luigi Grassini vice – presidente38. Non c’è comunque dubbio che l’impresa più lottizzata nell’opinione comune è la RAI che, pur essendo un servizio pubblico e presumibilmente il quarto potere indipendente dai politici, ha sempre subito e subisce ancora fortissimi influssi politici. In seguito ai lavori della commissione parlamentare di vigilanza RAI istituita nel 1975 il servizio d’informazione fornito dallo Stato non è più controllato dal Governo, ma dall’intero Parlamento, il che permette anche la rappresentanza dell’opposizione. Ciò non toglie

35. Bokszczanin, I. (2004) p. 23. 36. cfr. Musella, L. (2003). 37. Il termine «lottizzazione» nel contesto politico è stato usato per la prima volta da Alberto Ronchey, un rinomato giornalista e commentatore italiano, nel suo libro Accadde in Italia: 1968-1973, Milano, Garzanti, 1977. 38. Caruso, E. (1999): “(...) con la nomina a presidente dell’Enel del democristiano Vitantonio Di Cagno e a vice-presidente del socialista Luigi Grassini, inizia ufficialmente l’era delle lottizzazioni e dei boiardi nel sistema energetico nazionale. La lottizzazione all’Enel ha caratteristiche precise; il consiglio diamministrazione è composto da soggetti espressione dei partiti di governo e di opposizione”.

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1. 2. La scena politica in Italia. Sommario storico

che le accuse di lottizzazione continuano a essere pronunciate, in particolare dagli stessi politici.39 I fattori che abbiamo appena descritto danneggiarono il funzionamento delle istituzioni dello Stato e influenzarono il metodo di “fare” la politica in Italia. Tra l’altro, portarono a mettere in secondo piano gli aspetti etici ed ideologici, favorendo la pragmatica del potere, i profitti immediati, spesso espressi in legami informali con dei notabili locali, la mafia e nella corruzione. I legami tra la criminalità organizzata e la classe politica in Italia hanno una lunga storia, in particolare in Sicilia, e negli anni ’70 e ’80 si vide l’esplosione generale di questo fenomeno in tutta l’Italia40. Le garanzie dell’appoggio elettorale in cambio per favori economici (ad esempio, gli appalti e licenze edilizie) e protezione degli interessi (controllo del territorio) segnano la storia italiana. Fra i personaggi sospettati dei rapporti con la mafia si trovano i politici così noti come Giulio Andreotti, uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana41. Andreotti è stato sottoposto a giudizio per l’associazione per delinquere e per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, però per mancanza di prove e per prescrizione è stato assolto dalle accuse42. Vari fattori, compresi quelli accennati sopra, contribuirono al totale degrado delle istituzioni politiche e dell’apparato statale in Italia all’inizio degli anni Novanta43, il che risultò in una grave crisi della Repubblica: Invece, a partire dalle elezioni nazionali dell’aprile 1992, l’Italia precipitò in una crisi drammatica e profonda, che non solo liquidò i vecchi partiti e le vecchie élites politiche, ma gettò su di essi un ignominioso discredito. La crisi fu di natura complessa e spesso contraddittoria. Non si trattò, come nel 1968, di una rivolta unificatrice dal basso, di una contestazione del potere e della politica di una generazione da parte di quella successiva. Né la crisis ebbe al suo centro un’unica classe, o partito, o forza sociale che la scatenasse, la governasse e ne raccogliesse

39. Cfr. Hanretty, Ch. (s.a.). 40. Cfr. Ginsborg, P. (2007) p. 374. 41. Ivi, pp. 383-387. 42. Il legame tra Andreotti e la mafia continua a suscitare grande interesse, non solo scientifico, e controversie. A titolo d’esempio riportiamo il sito http://digilander.libero.it/infoprc/mafia.html, ricco di riferimenti bibliografici. 43. Cfr. Ginsborg, P. (2007) pp. 471-538.

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i benefici. Essa non restò confinata a un’unica sfera o a un solo settore della vita del Paese, né a un teatro esclusivamente nazionale.44 A seconda dal punto di vista la crisi assunse diverse facce: la corruzione e il calo dell’autorità della legge, il potere mafioso, l’indebitamento dell’economia italiana, la rivolta contro il governo centrale a Roma, la dissoluzione delle élites – tutte interrelate tra di loro. In modo più vistoso questa situazione negativa si espresse nello scandalo di corruzione, la cosiddetta Tangentopoli, e l’azione Mani Pulite – un’indagine giudiziaria contro la corruzione del mondo politico cominciata da Antonio Di Pietro. Il nome Tangentopoli – città delle tangenti – fu usato dalla stampa per descrivere Milano all’inizio della serie di inchieste per corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti cominciata nel 1992. La denominazione poi si estese generalmente all’intero sistema basato sulla corruzione che caratterizzò la cosiddetta Prima Repubblica, cioè l’epoca della storia d’Italia fino alle inchieste. Le inchieste coinvolsero anche altre città, soprattutto Roma, e la scoperta che alcuni di politici erano accusati di corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti provocò una profonda crisi dello Stato e lo scioglimento di alcuni partiti (Democrazia Cristiana, Partito Socialista Italiano). Molti politici e uomini d’affari furono arrestati, alcuni commisero il suicidio dopo che furono rese pubbliche le accuse contro di loro. Alla forza con la quale l’inchiesta di Mani Pulite scosse l’Italia viene associata la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, assassinati in attentati mafiosi, a cui è comunemente attribuita la motivazione politica45. L’indagine Mani Pulite segna l’inizio della cosiddetta “Seconda Repubblica”. Nel 1993 fu modificata la legge elettorale che introdusse il sistema maggioritario, forzando i partiti a formare nuove coalizioni. Il periodo della crisi politica favorì la formazione di un nuovo partito, Forza Italia, fondato dal magnate televisivo e imprenditore edile Silvio Berlusconi, che ottenne il potere nel 1994, assieme alla Lega Nord, Alleanza Nazionale e Centro Cristiano Democratico. Nel 1995 Berlusconi dovette dimettersi da Presidente del 44. Ivi, p. 471. 45. Su questa tematica cfr. Barbacetto, G., Gomez, P., Travaglio, M. (2002); Di Pietro, A. (2001), Monti, G. (1996); Rizza, S., Lo Bianco, G. (2007).

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1. 2. La scena politica in Italia. Sommario storico

Consiglio in seguito alla defezione della Lega Nord. Dopo un periodo di governo provvisorio, vinse le elezioni la coalizione di centrosinistra L’Ulivo, guidata da Romano Prodi. Il presente periodo, definito “Seconda Repubblica”, si caratterizza per il bipolarismo, cioè il raggrupparsi di forze politiche intorno a due blocchi contrapposti e l’alternanza fra i governi del centrosinistra e il centrodestra. Dal 1994 fino al 2004 i maggiori partiti del centrosinistra formano una coalizione chiamata L’Ulivo. Poi, nell’ottobre 2005 viene fondata una nuova coalizione L’Unione come proseguimento dell’esperienza dell’Ulivo allargato a nuove adesioni e guidato da Romano Prodi. Il centrodestra, invece, si concentra intorno al leader Silvio Berlusconi, formando dal 2000 una coalizione chiamata Casa Delle Libertà. Nelle elezioni politiche dell’aprile 2006 vince L’Unione capeggiata da Romano Prodi, che forma il governo. Comunque, l’esito delle elezioni ha suscitato alcune controversie perché si è concluso con una leggera prevalenza a favore del centrosinistra; la coalizione di Silvio Berlusconi ha perfino parlato di un quasi pareggio, contestando il risultato e richiedendo verifiche delle schede elettorali. Di conseguenza, la scarsa maggioranza nonché l’eterogeneità della coalizione rendono difficile il funzionamento del governo Prodi che dura fino al maggio 200846. Rendendoci conto del carattere sommario di questa presentazione, abbiamo comunque cercato di rilevare alcuni momenti significativi dell’ultima storia d’Italia nonché segnalare certi fenomeni che hanno inciso sul funzionamento della classe politica italiana. Siamo convinti che la consapevolezza di questi fatti sia indispensabile per l’analisi del linguaggio di cui si servono i politici.

46. Per più informazioni sull’attualità politica in Italia si consulti Vespa, B. (2003); Vespa, B. (2005); Vespa, B. (2006); Lazar, M. (2007); D’Arcais, P. F. (2006); Calise, M. (2006).

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1. 3. La scena politica in Polonia. Sommario storico Codesta sezione mira a dimostrare brevemente gli avvenimenti più significanti della storia polacca che hanno influenzato la situazione odierna. La situazione contemporanea sulla scena politica polacca nonché i problemi e le controversie legate ad essa in gran parte risultano dalla sorte tortuosa del Paese. La storia polacca è marcata dai lunghi periodi di lotta per ottenere, mantenere e riguadagnare la libertà e l’indipendenza del Paese. Dopo gli anni di spartizione la Polonia finalmente riacquistò l’indipendenza nel 1918, comunque l’inizio della seconda guerra mondiale con l’invasione della Germania e Unione Sovietica segnò la fine della seconda repubblica polacca. Dopo la guerra la Polonia si ritrovò nella zona d’influenza dell’Unione Sovietica, il che portò nel paese un governo comunista. Nel 1952 fu proclamata Polska Rzeczpospolita Ludowa (PRL – la Repubblica Popolare di Polonia). La storia della PRL si caratterizza per i periodi successivi di indebolimento e rafforzamento del regime comunista47. Il carattere oppressivo del sistema nonché l’aumento dei prezzi, l’inflazione e i proverbiali scaffali vuoti dei negozi portarono più volte agli scioperi degli operai, in particolare: nel 1956 a Poznań, nel 1970 a Gdańsk, Gdynia e Szczecin, nel 1971 a Łódź, nel 1976 a Radom, Ursus, Płock48. A seguito della brutale repressione degli scioperi ci furono dei morti e feriti. Finalmente gli scioperi degli operai nel 1980 portarono alla formazione di “Solidarność” – un sindacato indipendente e una forza politica che contribuì a rovesciare il regime49. Il 1989 segnò la fine del sistema comunista in Polonia e con i negoziati della cosiddetta “Tavola Rotonda” (i rappresentanti del vecchio sistema e dell’opposizione democratica), le elezioni presidenziali in cui vinse Lech Wałęsa nel 1990 iniziò la Terza Repubblica. 47. cfr. Kuroń, J., Żakowski, J. (1995). 48. Su questo tema cfr.: Jastrząb, Ł. (2006); Balbus, T., Kamiński, Ł. (2000); Eisler, J. (2000); Kula, H. M. (2000); Morgan, D. (2004). 49. Cfr. Borowski, A. (2005).

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1. 3. La scena politica in Polonia. Sommario storico

Il cambiamento politico comportò anche un’immensa trasformazione nell’ambito economico; il programma di riforma preparato da Leszek Balcerowicz nei primi anni 1990 fu una terapia shock che portò i standard neoliberali all’economia polacca, ma allo stesso tempo scoraggiò molta gente alla nuova realtà. L’inflazione, la crescente disoccupazione divennero uno dei problemi principali e riportarono al potere i rappresentanti della sinistra – continuatori del partito comunista dell’epoca passata. Nel 1993 vinse le elezioni parlamentari SLD (Sojusz Lewicy Demokratycznej – Alleanza della Sinistra Democratica) che nel 1997 venne sconfitto dall’alleanza della destra AWS (Akcja Wyborcza Solidarność – Azione Elettorale Solidarietà) per ritornare al potere nel 2001. I primi anni dell’indipendenza della Polonia si contraddistinsero per divisioni nel campo della opposizione democratica, litigi tra i leader di Solidarność e la risultante instabilità dei governi del centrodestra. Si formò una moltitudine di partiti caratterizzati dall’impossibilità di stringere accordi duraturi, per cui pochi presidenti del consiglio rimasero in carica fino alla scadenza naturale del loro mandato. Questi fattori, insieme alla delusione della gente per gli effetti della trasformazione, permisero alle forze della sinistra di riguadagnare il potere nelle elezioni del 1997 e del 2001. Inoltre, questa tendenza fu confermata nel 1995 e nel 2000 con la vittoria di Aleksander Kwaśniewski nelle elezioni presidenziali. La riflessione sul periodo nella politica polacca dopo il 1989 non può tralasciare il problema della “dekomunizacja” (“decomunizzazione”), cioè il postulato avanzato più volte dai partiti anticomunisti di rompere tutte le relazioni con il passato comunista facendo i conti con i leader politici di questo periodo e introducendo una legge che proibisse ai rappresentanti del vecchio establishment di svolgere funzioni pubbliche. Una delle più drammatiche incarnazioni dell’idea di “dekomunizacja” fu la cosiddetta “noc teczek” (la notte delle cartelle50) del 4 / 5 giugno 1992 quando Antoni Macierewicz, allora Ministro dell’Interno, fece pubblicare la cosiddetta “lista Macierewicza” (La Lista di Macierewicz), chiamata anche la lista degli agenti. Questo

50. Teczka (cartella) in questo contesto significa documenti a riguardo di una persona, raccolti da SB (servizio di sicurezza comunista).

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documento costituì un elenco dei politici accusati di presunta collaborazione con i servizi di sicurezza della PRL (La Repubblica popolare della Polonia) con Lech Wałęsa come agente “Bolek” al primo posto. Ciò provocò una grave crisi politica e portò alla caduta immediata del governo di Jan Olszewski51. L’idea della “dekomunizacja” non solo compromise la stabilità politica ma anche rafforzò la divisione nel campo anticomunista e quello postcomunista. Comunque, le elezioni del 1997 e del 2001 dimostrarono l’esistenza di un elettorato fedele della sinistra, anche quella postcomunista. Il suo status stabile fu distrutto, tuttavia, dai numerosi scandali che portarono alla sconfitta nelle elezioni del 2005 quando l’SLD ottenne il risultato peggiore da 16 anni. Fra gli scandali che danneggiarono la sinistra bisogna ricordare soprattutto la cosiddetta “Afera Olina” (Scandalo di Olin) del 1995 nonché gli eventi abbastanza recenti: “Afera Rywina” (Scandalo di Rywin) e la “Afera starachowicka” (Scandalo di Starachowice). Nel 1995 scoppiò lo scandalo di Olin, quando Andrzej Milczanowski, Ministro dell’Interno, accusò dalla tribuna parlamentare il presidente del consiglio di allora Józef Oleksy, di collaborazione con gli agenti del servizio segreto russo KGB Ałganow e Jakimiszyn. Oleksy fu costretto a dimettersi, e sebbene l’inchiesta fosse archiviata, la sua carriera politica fu gravemente intaccata. Lo scandalo di Rywin52, invece, detto anche Rywingate (analogamente allo scandalo Watergate), iniziò nel dicembre 2002 con la pubblicazione in Gazeta Wyborcza dell’articolo Ustawa za łapówkę czyli przychodzi Rywin do Michnika (Una legge in cambio di una tangente ovvero viene Rywin da Michnik). L’articolo trattava della proposta corruttiva di Lew Rywin (un noto produttore cinematografico), che a nome di un non ben definito “gruppo detentore del potere” propose una modifica della legge sulla radiofonia e televisione in cambio di una tangente di 17 500 000 dollari. Questo scandalo scosse l’intera scena politica polacca: parallelamente all’inchiesta della Procura fu costituita una commissione parlamentare per chiarire la vicenda e anche se non tutto fu spiegato “afera Rywina” colpì gravemente l’SLD e segnò la fine della carriera di alcuni politici.

51. Cfr. Kurski, J., Semka, P. (1993). 52. Cfr. Rymanowski, B., Siennicki, P. (2004).

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1. 3. La scena politica in Polonia. Sommario storico

Anche lo scandalo di Starachowice del 2003 riguardava i politici dell’SLD e la fuga di notizie dal Ministero dell’Interno relative al pianificato arresto di alcuni sospetti. Tre politici della sinistra furono arrestati e riconosciuti colpevoli. Nelle elezioni parlamentari e presidenziali del 2005 vince il partito Prawo i Sprawiedliwość (Legge e Giustizia), al secondo posto si piazza Platforma Obywatelska (Piattaforma Civica). Nel parlamento entrano anche Samoobrona (Autodifesa), SLD (Alleanza della Sinistra Democratica), Liga Polskich Rodzin (Lega delle Famiglie Polacche) e Polskie Stronnictwo Ludowe (Partito Popolare Polacco). Con il governo del PiS nasce l’idea della “Quarta Repubblica”53 – il cambiamento politico, culturale ed etico della Polonia, in particolare all’insegna della lotta alla corruzione e alla criminalità. Lo sforzo principale del governo di Jarosław Kaczyński è diretto contro il cosiddetto “układ”, “la rete grigia”, cioè il sistema delle relazioni illecite tra i politici (specialmente quelli dell’opposizione), gli uomini d’affari corrotti, agenti dei servizi segreti e forse anche alcuni giornalisti. Come se non ci fosse stata in Polonia la trasformazione democratica, Kaczyński parla della “riconquista del Paese” e cancellazione della terza Repubblica che fu un “compromesso putrido”. Nella sua missione di rinnovare moralmente il Paese, il governo di Kaczyński è disposto a formare una coalizione con il partito populista Samoobrona e il partito conservatore cattolico Liga Polskich Rodzin, nonché a indicare nemici fra i funzionari del proprio governo (pensiamo qui all’arresto del ministro dell’Interno Janusz Kaczmarek nell’agosto 2007 con l’accusa assai poco specificata di aver intralciato la giustizia). La relativa instabilità sulla scena politica risulta nelle elezioni anticipate nell’ottobre 2007 in cui il partito di Kaczyński perde il potere e Donald Tusk, leader della PO, forma il nuovo governo nel novembre 200754. La rapida descrizione delle vicende politiche in Italia e in Polonia concent rata sull’ultimo ventennio che abbiamo riportato sopra ha come scopo la presentazione dei fattori più rilevanti che hanno formato la scena politica polacca e italiana. Siamo convinti che si possano notare somiglianze a volte inaspettate tra la situazione polacca e quella italiana55, e gli agenti che hanno formato ambedue le scene poli-

53. Janicki, M., Władyka, W. (2007). 54. Per un quadro generale dell’ultima storia della Polonia si veda Roszkowski, W. (2007). 55. Cfr. Il resoconto della conferenza “Seminarium na temat wniosków dla Polski wynikających z włoskich doświadczeń walki z korupcją” organizzata da Fundacja Batorego nel 2005: http://www.batory.org.pl/korupcja/ seminar.htm (6.04.2006).

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tiche hanno anche contribuito al mutamento nell’ambito della lingua la quale evolve nel tempo. Tra i fenomeni che vanno sottolineati possiamo elencare: il passato difficile marcato dal regime rispettivamente comunista e fascista, l’instabilità politica dovuta ai motivi storici e alla continua riorganizzazione della scena politica, la corruzione che si manifesta a tutti i livelli economici, sociali e politici nonché sospetti riguardanti legami tra il mondo della politica e quello della delinquenza. Codesto lavoro nasce dalla convinzione che la realtà extralinguistica, in questo caso gli avvenimenti politici nonché le regole del funzionamento del regime democratico (in particolare, il sistema di partiti e le libere elezioni), influisca fortemente la lingua e determini le tendenze di sviluppo di essa. Basti pensare alla sfera del lessico, in cui questi influssi sono più visibili. Intendiamo qui soprattutto i neologismi che arricchiscono il sistema lessicale in modo duraturo nonché gli occasionalismi – parole coniate ad hoc dalla vita più o meno corta legate a un determinato contesto – di cui abbonda il linguaggio politico (e anche quello del giornalismo politico). A titolo illustrativo, riportiamo l’esempio polacco falandyzacja (dal cognome di Lech Falandysz, avvocato del presidente Lech Wałęsa, noto della sua capacità di trovare scappatoie per aggirare le leggi) e quello italiano – celodurismo (ideologia di chi esalta l’atteggiamento maschilista e virtù virili; coniato da Umberto Bossi): Di occasionalismi abbondano le cronache politiche. Tipico caso è il celodurismo che i giornalisti hanno ricavato da uno slogan dell’onorevole Bossi («La Lega ce l’ha duro»), parola onnipresente nelle cronache politiche del 1993-1994, ma oggi praticamente morta.56 Gli eventi della realtà extralinguistica non si riflettono semplicemente nella lingua, ma vengono da essa filtrati e incorporati nel sistema linguistico. L’influsso della realtà politica sulla lingua è motivato soprattutto dalla funzione attribuita alla lingua utilizzata in questa sfera: la funzione persuasiva (si veda cap. 3). Crediamo che per motivi di persuasione alcune strutture pragmatiche, sintattiche, lessicali e retoriche siano privilegiate nella comunicazione politica e proprio a questa tematica vorremmo dedicare questo contributo. Ci occuperemo soprattutto del modo in cui la lotta politica quotidiana e il continuo perseguimento del potere, intensificato 56. Rossi, L., Marongiu, P. (2005) p. 21.

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1. 3. La scena politica in Polonia. Sommario storico

nei periodi delle elezioni, incidono sulle scelte linguistiche dei politici nonché quali possibilità offerte dal sistema linguistico vengono messe in atto al fine di realizzare il fondamentale intento persuasivo.

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1. 4. La comunicazione politica e i mass media Come si è voluto dimostrare prima, la lingua in generale, e la lingua politica in particolare, subisce una miriade di influssi di vario carattere: abbiamo già accennato ad avvenimenti storico-politici che si sono impressi sulla materia linguistica dell’italiano e del polacco e adesso intendiamo indicare alcuni effetti che la cultura di oggi dominata dai mass media ha sulla lingua della politica. In questo modo entriamo in un’area di interesse scientifico molto vasta che comprende tra l’altro la riflessione riguardante i mass media e il loro funzionamento, la comunicazione di massa e la cultura di massa che ne sono prodotto. Ovviamente, si tratta dei fenomeni pluridimensionali i cui meccanismi si possono esaminare da diversi punti di vista: sociologico, antropologico, comunicativo o politologico; per questo motivo in questa sede siamo costretti a indicare solo i principali effetti che i media hanno sulla comunicazione in generale57, e sulla comunicazione politica in particolare. Vorremmo tracciare a grandi linee i fenomeni della cultura contemporanea legati all’inedita espansione dei media di massa che contribuiscono a plasmare la forma della lingua politica. La parola chiave all’interpretazione dei fenomeni della cultura contemporanea è lo sviluppo tecnologico che, acceleratosi fortemente nella seconda metà del XX secolo, è penetrato in tutte le sfere della vita ed ha cambiato tutto: modi di pensare e di percepire, modelli di interazione, forme di comunicazione58. La rivoluzione tecnologica a cui assistiamo e che trasforma la cultura consiste sia nella sempre maggiore diffusione e più facile accesso ai mezzi di comunicazione di massa “tradizionali” come stampa, radio, televisione sia nell’espansione dei nuovi media, soprattutto Internet, che sono l’effetto dello sviluppo dell’informatica e delle nuove tecnologie59. 57. Per un approfondimento della tematica della comunicazione e l’influsso dei media, cfr. Spantigati, F. (2001); Bentivegna, S. (2005); Godzic, W. (2001); Cheli, E. (2004); Gensini, S. (2004); Livolsi, M. (2007). 58. Su questo tema cfr. Hopfi nger, M. (2003); Postman, N. (1993); McLuhan, M. (2004); Loska, K. (2001); Godzic, W. (2002); Burszta, W. J., Kuligowski, W. (1999); Nurczyńska-Fidelska, E. (2001); Krzemień-Ojak, S. (1997). 59. Schulz, W. (2006) p. 5.

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1. 4. La comunicazione politica e i mass media

Grazie alle tecnologie digitali si osserva un altro processo che non rimarrà senza conseguenze per la cultura, cioè la convergenza dei media60. La convergenza dei media si esprime nella scomparsa dei confini tra i vari media e nella loro fusione: sebbene si tratti di un fenomeno in corso, è già possibile vedere un telegiornale oppure una puntata della sit-com preferita sullo schermo del telefonino oppure telefonare via computer. Non c’è dubbio che il principale stimolo di questo processo è Internet, che provoca un’evoluzione dei media tradizionali. Anche se pare ancora troppo presto per avanzare giudizi ragionati e completi sull’effetto della convergenza dei media sulla cultura e sulle forme di comunicazione, è interessante osservare come cambiano i modi di fruizione dei media, come cambia l’individuo quando grazie a Internet può accedere alle risorse di cui ha bisogno in qualsiasi momento, in qualsiasi posto. La continua evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa permette all’utente non solo un più facile accesso ma anche una maggiore scelta dei contenuti relativi all’informazione nonché all’intrattenimento61. Anche la sfera della comunicazione, del contatto, dell’interazione è sottoposta a una notevole intensificazione62 e ciò riguarda anche l’ambito politico: i mass media offrono agli uomini politici sempre più opportunità di contatto con l’uditorio quasi illimitato grazie alla continua presenza della tematica politica nei media. Il rapporto tra i media e la comunicazione politica ha raggiunto un livello di interdipendenza senza precedenti: per i media la politica rappresenta una materia di cui si alimentano, invece la comunicazione politica grazie alle nuove tecnologie si è sviluppata notevolmente, assumendo nuove forme e ruoli63. Soprattutto grazie alla televisione è cambiato il rapporto, e più precisamente il contatto, tra il politico e il cittadino. La comunicazione mediata dalla tecnologia annulla l’esistenza di tutti i confini spaziali, permette di trasmettere messaggi a un 60. Baran S., Davis, D. K (2007) p. 3. 61. Ibid. 62. Cfr. Hopfi nger, M. (2003) p. 33: “Społeczna przestrzeń komunikacyjna staje się bardziej dynamiczna, osiąga niespotykaną poprzednio intensyfi kację”. 63. Gaudiano, L., Pira, F. (2004) pp. 19-20: “La diffusione del mezzo della televisione, negli anni Cinquanta e Sessanta, è riuscita a imprimere una fortissima accelerazione allo sviluppo della comunicazione politica (...)” e Mazzoleni, G. (2004) p. 22: “Con l’avvento della televisione, e sopratutto dal momento del suo connubio con la politica, collocabile nei paesi industriali avanzati intorno agli anni ’60, è esplosa una vera rivoluzione nelle rispettive arene politiche. La letteratura, non solo scientifica, è piena di analisi e testimonianze dei cambiamenti: nella vita istituzionale, nei modelli di interazione tra soggetti politici, nelle dinamiche di formazione dell’opinione pubblica, nelle forme di comunicazione, nella mappa degli equilibri di potere”.

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gruppo numeroso di persone disperse, rende possibile l’ampliarsi del pubblico oltre i limiti fisici. Cambia anche la distanza tra il politico e l’elettore: il politico è sempre presente nei media, è più accessibile e per questo diventa più “umano”, vicino, ben conosciuto. In questo riguardo va sottolineato il ruolo attribuito ai nuovi media nella comunicazione politica64: i politici scoprono non solo i vantaggi della radio o della televisione, ma anche il potere della Rete. Internet viene considerato un importante canale di contatto con i cittadini-elettori, un apprezzabile strumento della democrazia. La sua velocità, capacità e accessibilità lo rendono un utile medium per la rinascita della democrazia diretta e per lo sviluppo della sfera pubblica internazionale65. L’espansione dei mass media e il loro influsso culturale si esprime nell’introdurre il modello audiovisuale della cultura, in cui l’unione tra il suono e l’immagine diventa lo strumento principale per orientarsi nel mondo66. La tendenza audiovisuale nella cultura67, provocata in gran parte dall’avvento della televisione e consolidata dai nuovi media, cambia i modi di ragionare, percepire e funzionare. Hopfinger, descrivendo la cultura di oggi, usa la formula: “elettronica audiovisualità mediale”68. L’onnipresenza dei media nonché il primato del modello audiovisuale incidono sulla forma della comunicazione politica: in un certo senso il politico diventa la vittima della cultura audiovisuale. Non può quasi mai sottrarsi al microfono, all’occhio della telecamera o addirittura alla camera del telefonino. Ciò mette in rilievo l’importanza dell’aspetto visuale del politico nella creazione della sua immagine e, conseguentemente, nel guadagnare il consenso degli elettori69. Il perfetto esempio di questa ten64. Cfr. Ociepka, B. (1999). 65. Ibid., p. 162: “Jedna z koncepcji rozwoju demokracji mówi o powrocie do jej formy bezpośredniej dzięki telematyce”. 66. Hopfi nger, M. (2002) p. 9: “W miarę upływu czasu zmieniał się stopniowo typ kultury zdominowany przez słowo i druk w audiowizualny typ kultury, w którym ważną rolę odgrywają nowe media. Są one bowiem nie tylko powszechnie, często i chętnie używane przez uczestników kultury, ale także wpływają na ich sposób percepcji, postrzeganie i rozumienie świata; powodują kształtowanie się integralnego mechanizmu odbiorczego, który scala w spójną całość znaczeniową informacje audialne i wizualne informacje. Audiowizualność staje się dla ludzi XX w dominującym sposobem orientacji w kulturze”. 67. Per approfondire la tematica della cultura audiovisuale cfr.: Hopfi nger, M. (2003); Kletowski, P., Wrona, M. (1999); Banaszkiewicz, K. (2000); Pułka, L. (2004); Chyła, W. (1999). 68. “elektroniczna audiowizualność medialna” in Hopfi nger, M. (2003) p. 30. 69. Sul ruolo dei media nel formare l’immagine del politico cfr. Schulz, W. (2006) pp. 34-35 che rinvia in particolare ai seguenti studi: Lang, G., Lang, K.(1968) Politics and television, Chicago; Lang, G., Lang, K.(1984) Politics and television re-viewed, Beverly Hills; Baggaley, J., Feguson, M., Brooks, P. (1980) Psychology of the TV image, Farnborough: Gower.

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denza rimane il famoso dibattito presidenziale tra Richard Nixon e John Fitzgerald Kennedy nel 1960, che rese evidente il potere dell’immagine e della televisione come strumento elettorale: rilassato e abbronzato, Kennedy sconfisse facilmente Nixon che appariva teso, stanco e mal rasato70. Con la crescente influenza dell’immagine pubblica e dell’autopresentazione sulla percezione dei politici, la comunicazione politica in qualche senso diviene prodotto, merce e comincia ad essere trattata così71. La televisione rivela le affinità fra la comunicazione politica e la pubblicità, che non si limitano solamente all’obiettivo di influenzare le opinioni e i comportamenti dei destinatari. Anche gli strumenti adoperati in ambedue le sfere, in gran parte l’uso specifico del linguaggio, si assomigliano stranamente: A dieci anni dall’invenzione di Forza Italia e dello stile comunicativo suo e del suo leader, si può facilmente rispondere che, in verità, non esiste concettualmente alcuna differenza tra la vendita di un prodotto e la vendita di un candidato, di un programma di governo o di un partito politico. In effetti, nell’ultimo decennio abbiamo assistito a una sorta di accelerazione nel processo di avvicinamento tra comunicazione politica e comunicazione commerciale, dove la prima si è spesse volte ridotta semplicemente a mutuare concetti e strumenti dalla seconda senza operare alcuna sua propria originale rielaborazione.72 Non sorprende, dunque, il crescente interesse da parte dei politici stessi per gli sviluppi del marketing politico73. Trattando la politica come merce da vendere, questo ramo di scienza relativamente nuovo applica gli strumenti e le strategie del classico marketing economico per migliorare la posizione di un politico, e viene peculiarmente spesso impiegato nei periodi di campagne elettorali. Essendo il principale mezzo di diffusione della comunicazione politica, i mass media diventano strumento di “mediazione” tra l’emittente e il destinatario e rappresentano un elemento importante del processo politico. Per questo motivo è lecito par-

70. Cfr. Szalkiewicz, W. K. (2003). 71. Greco, G. (2004) pp. 46-47: “Le tecniche pubblicitarie svolgono, così, la stessa funzione sia nel mondo degli affari che in quello del «mercato politico»”. 72. Gaudiano, L., Pira, F. (2004) p. 23. 73. Per approfondire la tematica del marketing politico cfr. Jabłoński, A. W., Sobkowiak, L. (2002); Kolczyński, M. (2003); Jeziński, M.(2004); Szalkiewicz, W. K. (2005), Cattaneo, A., Zanetto, P. (2003); Foglio, A. (1999),

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lare della mediatizzazione della politica74, dovuta al fatto che i mass media non fungono meramente da trasmettitore, da filtro neutro che veicola i messaggi così come sono75, ma costituiscono un soggetto attivo della comunicazione politica: selezionano informazioni, le strutturano e solo allora le propongono al pubblico. In questo processo un ruolo preponderante è svolto da audience, numero di spettatori raggiunto da un programma televisivo in un determinato periodo, che si traduce in successo o sconfitta di natura commerciale, finanziaria. I media, preoccupati degli indici di ascolto che decidono della loro esistenza e benessere economico, accolgono e trasformano le notizie politiche così che esse diventino un mezzo efficace per catturare l’attenzione degli spettatori. Si rivela che non solo i politici si servono dei media, ma si assiste a un processo inverso dove il discorso politico, plasmato appositamente, è atto a suscitare l’interesse dei media. Condividiamo, quindi, l’opinione di Mazzoleni che parla della mediatizzazione della politica, secondo la quale oggi l’azione politica pubblica avviene all’interno dello spazio mediale o dipende in misura rilevante dall’azione dei media76 . Si può giungere alla conclusione, non del tutto sbagliata, che non esiste la comunicazione politica fuori dall’ambito mediale e, infatti, ogni discorso politico risulta filtrato, adeguato alle esigenze dei media. I politici sono costretti a negoziare le modalità della loro presenza nei media e adattarsi alle finalità tipiche dei media, soprattutto quelle d’intrattenimento77. Il fenomeno della mediatizzazione comprende una gamma molto vasta di attività attraverso cui si effettua l’influsso dei media sulla politica. Principalmente si tratta della raccolta e selezione delle informazioni politiche che avviene a secondo delle regole proprie dei media. Le informazioni selezionate diventano poi molto spesso l’unica base su cui si poggiano le decisioni politiche dei cittadini e politici stessi. Inoltre, i media possono influire sul ruolo e capacità persuasive dei determinati attori politici, decidendo del loro accesso alla sfera pubblica, cioè proprio ai media. Un altro livello della mediatizzazione della politica riguarda l’interpretazione e il giudizio dei correnti avve-

74. Mazzoleni, G. (2004) p. 22, Greco, G. (2004) p. 43. 75. Schulz, W. (2006) p. 33 76. Mazzoleni, G. (2004) p. 22. 77. Greco, G. (2004) p. 43.

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nimenti politici effettuati dai media nonché la loro capacità di creare una realtà fittizia di “pseudo – avvenimenti”, minimizzando certi eventi reali e amplificando gli altri78. Alla luce di queste considerazioni vorremmo indicare alcuni effetti dell’affermarsi del fenomeno della mediatizzazione nella comunicazione politica osservabili nella forma della lingua politica. Al livello della tecnica della produzione televisiva bisogna porre l’accento sul fenomeno della frammentazione del messaggio, in questo caso frammentazione del discorso politico. La televisione per la sua natura tende a favorire brevità, concisione che corrispondono alla necessità di velocità e variabilità del messaggio televisivo finalizzato ad attirare l’attenzione dello spettatore79. Il discorso politico subisce frammentazione nel senso che è soggetto al montaggio televisivo, dove il giornalista sceglie adeguati “soundbites”, cioè battute, brevi citazioni, pezzetti di interventi, e ne crea un servizio. I motivi che lo guidano probabilmente variano dalla ricerca di informazione accurata fino alla caccia allo scandalo e divertimento. La frammentazione si evidenzia anche al momento della pianificazione e produzione del messaggio: molto spesso i politici più esperti formulano i propri interventi così che essi soddisfacciano le esigenze della tecnica televisiva. Di conseguenza, il linguaggio politico è propenso alla brevità, lapidarietà e una certa superficialità. La forma linguistica della comunicazione politica è fortemente legata alle funzioni che i media svolgono nella società di oggi80. Fondamentalmente, si distinguono due finalità principali, cioè la funzione di informare e quella di intrattenere,

78. Schulz, W. (2006) p.30: “Środki masowego przekazu mediatyzują politykę, są ważną, często wręcz niezbędną, instancją pośredniczącą w procesach politycznych. Pojęcie mediatyzacji określa w formie hasłowej różne rodzaje działań pośredniczących: – środki masowego przekazu zbierają i selekcjonują informacje polityczne zgodnie z właściwymi im regułami, specyficznymi dla mediów, a następnie rozpowszechniają je wśród szerokiej, w zasadzie nieograniczonej, publiczności; informacja medialna jest często wyłączną przesłanką podejmowania działań przez obywateli i elity polityczne, a jednocześnie jest warunkiem powstania politycznej sfery publicznej; – na podstawie właściwych sobie kryteriów ważności media decydują o dostępie aktorów politycznych do sfery publicznej i określają w ten sposób zakres ich działania oraz wywieranego wpływu; – w specyficzny dla siebie sposób media interpretują i oceniają bieg wydarzeń na scenie politycznej (...); – poprzez przekaz dotyczący bieżących wydarzeń politycznych wywierają na nie wpływ i w ten sposób tworzą “pseudowydarzenia” oraz fikcyjną rzeczywistość, która z kolei staje się podstawą działań politycznych”. 79. Mazzoleni, G. (2004) p. 101: “Un altro effetto mediatico più volte discusso dalla ricerca sulla comunicazione politica è la riduzione del dibattito pubblico e politico ai minimi termini, imposta dalle esigenze e dai vincoli produttivi dell’industria mediale”. 80. Cfr. Pisarek, W. (2007) pp. 39 – 46, Greco, G. (2004) p. 13 – 15.

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per cui la società contemporanea si configura come una società dell’informazione e dello spettacolo81. Ambedue le funzioni si fondono, dando vita alla tendenza che si presenta fortemente nei mass media di oggi denominata infotainment, i cui inizi risalgono già agli anni Ottanta. Per capire il significato del concetto occorre analizzare i componenti di questa parola macedonia, vale a dire: information (informazione) e entertainment (intrattenimento). L’ “infotainment” traccia una nuova direzione in cui vanno i mass media, sempre più concentrati sull’audience, dove la sola funzione informativa dei servizi non basta e per soddisfare tutte le aspettative deve essere arricchita dall’elemento di svago. I messaggi trasmessi sono costretti a informare e divertire allo stesso tempo. L’ “infotainment” contribuisce a rafforzare la dimensione teatrale della realtà, anche la realtà politica, trasmessa dai media. Il solo fatto della mediazione da parte della TV rende il messaggio iperreale e tutto diventa uno show piuttosto che una realtà. L’idea di percepire la realtà sociale nei termini del teatro non è del tutto nuova; basti pensare al sociologo Erving Goffman, il quale analizza scrupolosamente tutti gli elementi della metafora teatrale applicata alla società e considera tutti i comportamenti umani una parte dello spettacolo82. Anche la comunicazione politica trasmessa dai media di massa assume questa dimensione teatrale, per cui ogni intervento politico è sottoposto alla “spettacolarizzazione”. Lo spettacolo della politica, mirato a suscitare e catturare l’attenzione dell’uditorio, è inevitabilmente legato all’aspetto commerciale dei media e la loro lotta per gli indici d’ascolto: le competizioni elettorali cominciano a combattersi a colpi di eventi inscenati ad uso e consumo della vasta platea delle audience televisive, secondo codici tipici dello spettacolo, volti a sollecitare le reazioni emotive degli spettatori al fine di tenerli inchiodati davanti al teleschermo fino alla conclusione, magari a sorpresa. L’arena elettorale assume, così, i connotati di un palcoscenico dove si esibiscono i candidati, improvvisati attori i quali, per sostenere la parte con successo, devono imparare a recitare.83 81. Greco, G. (2004) p. 15 82. Goffman, E. (2000). 83. Greco, G. (2004) p. 45.

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Di conseguenza, i politici – attori devono adattarsi a queste regole del gioco, offrendo contenuti divertenti e sensazionali in una forma ugualmente attraente84. Il fenomeno della spettacolarizzazione deve perciò influire anche sull’aspetto linguistico dei discorsi politici: l’uomo politico più o meno consapevolmente ricorre a strategie comunicative che garantiscono l’attenzione dei media, in particolare si tratta di modulare il suo messaggio sugli schemi linguistici preferiti (e di maggior successo) dalla comunicazione di massa, che sono appunto quelli dell’intrattenimento, dello spettacolo e della pubblicità, ai quali si sta sempre più omologando anche l’informazione 85. Le conseguenze linguistiche della mediatizzazione e della spettacolarizzazione della comunicazione politica si esprimono in maniere diverse, di cui segnaliamo le più evidenti. Innanzitutto, le modalità della produzione dei servizi nei media di massa richiedono non solo la brevità del messaggio, ma anche una forma accattivante o divertente di esso86. Da questo risulta una notevole inclinazione alla ludicità87 ed emotività nella comunicazione: i politici solo per apparire nei media sono pronti ad adattarsi alle pratiche d’intrattenimento, il che si manifesta sotto forma di battute, barzellette, metafore vivaci, o d’altra parte tramite lessico emozionale, aggressivo o perfino invettivo. Non possiamo sottovalutare neanche l’influenza della lingua dei mass media sulle abitudini linguistiche dei politici. Ovviamente, non è possibile parlare di una sola varietà in questo caso, però si possono individuare certe qualità più o meno generali che caratterizzano la lingua dei media88. Siamo convinti che le pratiche linguistiche dei media e dei giornalisti individuali impongono un certo modello della comunicazione, anche ai politici. In questa sede consideriamo utile segnalare soprattutto la diversità delle lingue dei mass media nonché la loro propensione all’oralità e all’uso informale (su questi fenomeni nella comunicazione politica cfr. capitolo 5.1.)

84. Mazzoleni, G. (2004) p. 99. 85. Ibid. 86. Sulla necessità di “trattenere” gli spettatori e aumentare il numero di ascolti in quanto la finalità principale dei media cfr. Bonomi, I. (2005) p. 69. 87. Mazzoleni, G. (2004) p. 101. 88. Sulla tematica delle lingue dei media cfr. Pisarek, W. (2007); Bralczyk, J., Mosiołek-Kłosińska, K. (2000); Menduni, E. (2006); Bonomi, I. (2002); Bonomi, I., Masini, A., Morgana, S. (2005).

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I politici che si avvalgono dei mass media si trovano nella loro stessa situazione, cioè si rivolgono a un pubblico illimitato, anonimo, indifferenziato dal punto di vista culturale e sociale(...) 89. La divaricazione del pubblico e, in seguito, di contenuti, impone un’enorme varietà di scelte linguistiche90 (alcuni parlano addirittura di un crogiolo linguistico91) che dai media di massa si rispecchia nel parlare politico. Il linguaggio dei media è multiforme e comprende diverse varietà diastratiche, diatopiche e diafasiche che si intrecciano: questo fenomeno è peculiarmente visibile nel caso della televisione, ma con il processo di convergenza in vista, queste considerazioni sembrano applicabili a tutti i media: Effettivamente la televisione è, oggi più che mai, un contenitore, uno specchio delle innumerevoli realtà linguistiche contemporanee: varietà regionali, registri, codici e sottocodici di diversa natura si alternano sullo schermo (...) 92 . L’altra proprietà del linguaggio dei media, di particolare importanza per la riflessione sulla comunicazione politica, è il predominio del parlato, rilevabile in tutti i media93. Questa oralità di ritorno è dovuta naturalmente allo sviluppo tecnologico che ha reso possibile la comunicazione a distanza attraverso telefono, radio, televisione94 e adesso Internet. Uno degli effetti della prevalenza dell’oralità è la svolta verso uno stile consapevolmente informale95 anche nelle situazioni comunicative finora considerate formali, ufficiali, pubbliche, il che si osserva frequentemente nel parlare politico. Indagando la tematica del rapporto tra i mass media e la comunicazione politica, dobbiamo per forza segnalare, pur brevemente, il fenomeno della globalizzazione96, i cui effetti si risentono in tutte le sfere della vita. Anche se più spesso si affronta la problematica della globalizzazione dalla prospettiva economica, non si possono tralasciare altri suoi aspetti: politico (basti pensare alle organizzazioni internazionali come, ad

89. Bonomi, I. (2005) p. 13. 90. Ivi, p. 14. 91. Gajda, S. (2000). 92. Bonomi, I. (2005) p. 77. 93. Cfr. Bonomi, I. (2005) p. 19: “Il parlato pervade del resto – ed è una novità diacronica che si può risalire all’ultimo quarto del secolo XX – anche il più antico fra i mass media, il giornale quotidiano”. 94. Ivi, p. 38. 95. Ibid. 96. Sul tema della globalizzazione cfr. Bauman, Z. (2000); Giddens, A. (2006) pp. 72-99; Baran S., Davis, D. K (2007) pp. 427 – 432.

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esempio, l’ONU) e culturale. In tutte queste accezioni con il termine globalizzazione si vuole rilevare il fatto che tutti oggi viviamo nello stesso mondo97 e siamo collegati dai rapporti e scambi al livello internazionale che sono sempre in crescita. La libera circolazione del capitale economico, facilitata dalle nuove tecnologie, e il risultante avvento del mercato globale lasciano impronte anche sull’ambito culturale. Soprattutto in seguito all’espansione dei mezzi di comunicazione di massa e allo sviluppo di grandi imprese, si assiste alla diffusione dei prodotti culturali al livello mondiale, il che, secondo alcuni98, comporta molti pericoli come commercializzazione della cultura, consumismo, “mcdonaldizzazione”. Quanto alla comunicazione politica, anche essa, crediamo, è marcata dalla globalizzazione o considerata l’egemonia economica e politica degli USA, dall’americanizzazione. Ciò si esprime nella propagazione dei simili modelli comunicativi e tecniche di persuasione oltre i confini nazionali, il che appare di eccezionale rilievo per le finalità di questo contributo in cui vorremmo mettere a confronto la realtà italiana e polacca, evidenziandone le affinità. Al fine di illustrare meglio il cambiamento avvenuto nell’ambito della comunicazione politica e dovuto alla diffusione del modello americano, riportiamo l’elenco delle caratteristiche dominanti della comunicazione elettorale, elaborato da Winfried Schulz99. Lo studioso segnala diversi fenomeni legati all’influsso dei mass media e all’americanizzazione, che si riscontrano nella comunicazione politica in diversi paesi: ■ personalizzazione – il primato di un candidato individuale nel gioco politico piuttosto che del partito nonché l’importanza dell’immagine, ■ rivalità fra due candidati, rafforzata dal potere del sondaggio; ■ campagna negativa – utilizzo di diverse tecniche dello screditare il rivale, ■ professionalizzazione – si assumono degli esperti di public relations, marketing politico, stilisti, ecc., ■ approccio di marketing – campagna elettorale viene trattata come campagna pubblicitaria, ■ gestione degli eventi e dei temi – il politico “crea” gli eventi che i media devono trasmettere, organizzando conferenze stampa, pronunciando discorsi, rilasciando interviste.

97. Giddens, A. (2006) p. 74. 98. Klein, N. (2001); Ritzer, G. (1997). 99. Schulz, W. (2006) pp. 141-146.

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Come vedremo, le tendenze identificate da Schulz sono percepibili anche nella comunicazione politica in Italia e in Polonia, visto che ambedue i paesi partecipano al mercato globale nel senso sia economico sia culturale. I riflessi linguistici di questi processi saranno oggetto dei capitoli seguenti. In questo capitolo, invece, abbiamo voluto indicare la complessità di interazioni tra la comunicazione politica, anche in ottica linguistica, e il sistema culturale di oggi dominato dai media di massa. Tenendo conto del processo della covergenza dei media abbiamo preferito parlare dei media di massa in toto, non contraddistinguendo tra la radio, la tv o Internet. Data la velocità dello sviluppo informatico e digitale, diremmo che è Internet ad avere sempre più importanza nella comunicazione di massa, specialmente adesso che la radio, la stampa e anche la televisione sono disponibili online. Per il pubblico più conservatore rimangono sempre i media tradizionali. Siamo, comunque, dell’opinione che i meccanismi principali della comunicazione politica siano sottoposti alle stesse regole introdotte dalla TV e adesso creativamente elaborate dai media che stanno cambiando e in Rete. Crediamo che le considerazioni teoriche avanzate fin qui troveranno conferma negli esempi tratti dal corpus di testi politici nonché aiuteranno a interpretare correttamente i fenomeni linguistici osservati.

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1. 5. Le ricerche sulla lingua della politica in Italia e in Polonia In questo capitolo e’ nostra intenzione passare in rassegna i più importanti studi sulla lingua della politica svolti in Italia e in Polonia. Siamo consapevoli che questa diventa a un certo punto una selezione arbitraria, ma comunque abbiamo mirato alla più grande completezza possibile. Crediamo che sia addirittura irrealizzabile offrire una bibliografia esaustiva sul linguaggio politico, visto il numero sempre crescente dei volumi su questa tematica. Essendo una componente essenziale della vita sociale, la politica ha sempre suscitato molte emozioni nonché interessi di natura scientifica. Le analisi riguardanti questa materia molto estesa si avvalgono dell’apparato teorico di diverse discipline come sociologia, psicologia, politologia, scienze di comunicazione, ecc. Visto, comunque, il fine primario di questo contributo, cioè lo studio dell’aspetto linguistico della politica nella sua dimensione persuasiva, in questa sede siamo costretti (pur tenendo presente la ricca letteratura su questo argomento) a limitare la presentazione delle ricerche svolte nell’ambito della politica, o piuttosto della comunicazione politica, alle indagini riguardanti soprattutto la sfera della lingua con il particolare rilievo dato a quelle italiane e polacche. Non possiamo, comunque, esimerci dal menzionare alcuni nomi illustri e classici che ricorrono in pressoché tutti gli studi sul linguaggio politico e costituiscono pietre miliari e punti di riferimento per le ulteriori ricerche. Intendiamo qui innanzitutto Aristotele ed altri filosofi dell’antichità, Victor Klemperer e George Orwell. Le origini della riflessione sulla lingua politica, come pressoché di tutti i fenomeni della nostra cultura, risalgono all’antichità. In quel periodo tale analisi della lingua rientrava nell’ambito della retorica, cioè, secondo la definizione di Quintiliano, ars bene dicendi100. Il termine “retorica”, che oggi spesso si connota spregiativamente come uso della lingua eccessivamente ampolloso e allo stesso tempo privo di una vera e propria carica intellettuale, si riferisce nella tradizione antica all’arte o tecnica della per100. Per approfondire la tematica della retorica cfr. Korolko, M. (1990); Ziomek, J. (1990), Reboul, O. (2002).

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suasione. Gli antichi, nonostante già tra loro esistesse discordia relativa all’aspetto morale e filosofico della retorica, elaborarono regole che permettessero di esprimere proprie opinioni in modo voluto, funzionale e bello. Un grande merito spetta in questo riguardo ai sofisti, maestri greci del V secolo A.C., fra i quali spiccano i nomi di Protagora e Gorgia, che preparavano i cittadini all’attività politica: il punto centrale del loro insegnamento fu l’arte della persuasione. La retorica si arricchì notevolmente grazie ai contributi della sofistica, tra cui, ad esempio, l’antilogia101. L’apporto dei sofisti fu minato dalla critica da parte di Platone che condannò la retorica sofista in quanto lontana dalla virtù di verità, vuota e ingannevole anche se incantante. Un importante passo nello sviluppo teorico e pratico della retorica costituì l’opera di Aristotele, in particolare la sua Téchne rhetorikè. La Retorica si divide in tre parti dedicate rispettivamente alla natura delle argomentazioni da utilizzare, all’aspetto psicologico della retorica cioè i modi di suscitare determinate emozioni e reazioni dell’uditorio e allo stile. Aristotele sistematizzò la disciplina, individuandone tre generi: deliberativo, giudiziario ed epidittico nonché quattro componenti del discorso: inventio, dispositio, elocutio, actio, e offrì una descrizione dettagliata di essi. La distinzione di tre generi nell’ambito della retorica dipende dal tipo del destinatario a cui l’oratore si rivolge: ■ il genere deliberativo è indirizzato ai membri dell’assemblea politica che decidono degli avvenimenti futuri, del buono e del nocivo per la società, ■ il genere giudiziario è indirizzato ai giudici che nei processi decidono degli eventi del passato, del giusto e dell’ingiusto, ■ il genere epidittico è indirizzato al pubblico che decide della bravura dell’oratore, del bello e del brutto. Tra le figure più importanti della retorica romana va ricordato soprattutto Cicerone, grazie a cui essa rafforzò la sua posizione. Nelle sue opere, particolarmente De inventione, Orator e il dialogo De oratore, Cicerone presenta una dettagliata codificazione e descrizione delle singole parti della retorica, della preparazione e educazione dell’oratore.

101. L’antilogia consiste nel preparare discorsci sia di difesa sia di accusa relativamente allo stesso problema, il che permette di praticare e dimostrare la propria abilità come oratore.

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1. 5. Le ricerche sulla lingua della politica in Italia e in Polonia

Sebbene non rientri nell’ambito dei nostri interessi analizzare minuziosamente la storia del pensiero retorico antico, abbiamo ritenuto utile richiamare i filosofi antichi che iniziarono la riflessione sul parlare bene e sull’argomentare politico, tanto più che tale approccio non è estraneo alla riflessione moderna che si ispira al pensiero antico nell’analisi di tecniche retoriche. In questo riguardo vale menzionare Arthur Schopenhauer che elabora un elenco di tecniche eristiche utilizzate al fine di ottenere ragione102, oppure Chaim Perelman che studia la teoria dell’argomentazione103. Victor Klemperer, un filologo tedesco di origini ebree, è l’autore dell’opera LTI: la lingua del Terzo Reich: taccuino di un filologo, pubblicata originariamente nel 1947. È un’affascinante analisi della lingua del regime nazista nel Terzo Reich (Tertium Imperium – di cui il titolo: Lingua Tertii Imperii) basata sull’esperienza dell’autore, sulla lettura della stampa e delle pubblicazioni ufficiali nazisti. Klemperer ha saputo dimostrare come la lingua può diventare uno strumento, un’arma potente della propaganda, in questo caso nazista, come il regime attraverso la lingua può dominare le menti. I mutamenti nell’ambito della lingua accompagnarono i cambiamenti politici e l’hitlerismo si rifletté nella lingua in modi diversi: apparvero parole nuove, quelle esistenti assunsero altri significati e le parole chiave come: sangue, terra, eroe, duce assunsero un valore particolare. Klemperer è riuscito a cogliere l’essenza del nazismo attraverso l’analisi del suo lessico nonché rivelò i meccanismi validi per la lingua totalitaria in generale. Stranamente simile nella sua funzione alla lingua descritta da Klemperer è la creazione artificiale di “newspeak” (neolingua) ideata dall’autore del romanzo 1984. George Orwell inventa una lingua totalitaria che sostituisca la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali e, attraverso una forma linguistica semplificata, limiti l’espressione individuale e la libertà di pensiero. La neolingua priva di parole inutili, ricostruita, che elimina totalmente la possibilità di esprimere un’opinione diversa da quella del “partito” costituisce un “tipo ideale” della lingua di un regime totalitario nel senso weberiano. Avendo segnalato la vastezza della tematica della comunicazione politica con le sue radici antiche ed alcuni esponenti già considerati classici, passiamo alla rassegna più particolare delle ricerche in questo campo svolte in Italia e in Polonia.

102. Schopenhauer, A. (2005). 103. Perelman, Ch. (2004).

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1. 5. 1. Le ricerche italiane In questa sede vorremmo proporre una rassegna dei più rimarchevoli studi italiani sulla lingua politica, limitandoci alle ricerche contemporanee di carattere prevalentemente linguistico. Non va comunque, completamente taciuta la presenza di numerose analisi del fenomeno della lingua politica dal punto di vista di altre discipline umanistiche, tra le quali intendiamo qui soprattutto pubblicazioni del campo di sociologia sensu lato, politologia, marketing politico. Anch’esse non sono libere da considerazioni linguistiche, essendo la lingua, una colonna fondamentale della cultura, un elemento congiungente le scienze umanistiche. Per quanto riguarda gli studi italiani, in primo luogo dobbiamo tener presente il fatto che la riflessione sulla lingua politica non può fare a meno delle considerazioni sul fascismo, sulla lingua nonché la politica linguistica dell’epoca. Il linguaggio fascista, identificato nella maggior parte dei casi con il peculiare modo di parlare di Mussolini, è diventato oggetto di numerosi studi, fra cui vorremmo nominare soprattutto l’opera di E. Leso et al. 104 come fonte sia di informazioni sia di riferimenti bibliografici. Questi ultimi si trovano anche in un articolo di E. Leso105. Nonostante si tratti del fenomeno storico, non mancano studi contemporanei su questo periodo: tra le opere più recenti indichiamo il volume di Enzo Golino106 e quello di Augusto Simonini107. La rassegna esauriente di ricerche contemporanee sul linguaggio politico si verifica quasi impossibile visto il crescente interesse per la materia. Proponiamo di classificare le opere esistenti in tre gruppi, ognuno dei quali offre una prospettiva diversa sul problema del linguaggio politico: 1. la comunicazione politica in generale; 2. lo status della lingua politica e i suoi tratti generali; 3. gli studi sul linguaggio dei singoli uomini politici.

104. Leso, E. et al. (1977) La lingua italiana e il fascismo, Bologna, Consorzio Provinciale Pubblica Lettura. 105. Leso, E. (1994) “Momenti di storia del linguaggio politico” in: Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P. Trifone, II, Scritto e parlato, Torino, Einaudi, pp. 703-755. 106. Golino, E. (1994) Parola di Duce. Il linguaggio del fascismo, Milano, Rizzoli. 107. Simonini, A. (1978 e 2004) Il linguaggio di Mussolini, Bompiani.

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1. 5. 1. Le ricerche italiane

1. Dati i cambiamenti di natura politica nel corso degli ultimi anni (v. cap. 1.2.) e anche quelli culturali si osserva una proliferazione di volumi relativi ai mutamenti nell’ambito della comunicazione politica, alle modificazioni che essa ha subito in accordo con la professionalizzazione e mediatizzazione dell’attività politica. Al primo posto vorremmo menzionare il volume curato da Jader Jacobelli108. È una raccolta di saggi di vario carattere offerti da autori rappresentanti diverse discipline e professioni. Anche se non si tratta di un’opera recente, riteniamo utile la lettura di questo libro, con particolare attenzione all’articolo di Gian Luigi Beccaria “Parole della politica” (op.cit. pp. 23-28) che discute la defi nizione e le caratteristiche del linguaggio politico. Per un quadro riassuntivo della comunicazione politica di oggi in Italia nonché una ricca bibliografia vale la pena rivolgersi al volume di Giampietro Mazzoleni109. L’autore propone un’analisi del fenomeno in quanto una risultante dell’interazione vista come un processo complesso e multidimensionale tra i tre attori: il sistema politico, il sistema dei media e il cittadino – elettore. Prima di trattare i tre componenti della comunicazione politica, Mazzoleni ne discute i confini epistemologici di essa, in altri capitoli, invece, approfondisce gli argomenti del linguaggio politico, della campagna elettorale e del marketing politico. Viene anche trattata la comunicazione di natura propagandistica nonché del vero influsso della comunicazione politica sull’agire del cittadino – elettore. Altri volumi dedicati alla simile problematica sono quello di Sara Bentivegna110 e il manuale di Francesco Amoretti111, che illustrano le tecniche e gli effetti della comunicazione politica. Va consigliato anche il volume di Luca Gaudiano e Francesco Pira112, dedicato alla trasformazione della comunicazione politica in Italia a partire dagli anni 90. Gli autori illustrano i mutamenti avvenuti in Italia: la crisi delle ideologie e dei partiti tradizionali, gli scandali giudiziari, lo sviluppo e la crescente influenza dei media 108. Jacobelli, J. (1989) (a cura di) La comunicazione poltica in Italia, Roma, Laterza. 109. Mazzoleni, G. (2004) La comunicazione politica, Bologna, il Mulino. 110. Bentivegna, S. (2001) Comunicare in Politica, Roma, Carocci. 111. Amoretti, F. (1997) La comunicazione politica, Roma, La nuova Italia Scientifica. 112. Gaudiano, L., Pira, F. (2004) La nuova comunicazione politica. Riflessioni sull’evoluzione delle teorie e degli strumenti in Italia, Milano, Franco Angeli.

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e delle tecniche del marketing commerciale nonché cercano di far notare le conseguenze di questi nell’ambito politico. Alcuni capitoli affrontano l’analisi delle problematiche più specifiche come la campagna elettorale nelle elezioni regionali del 2003, l’impegno politico dei giovani oppure il ruolo delle nuove tecnologie (particolarmente Internet) nella comunicazione politica adesso e in futuro. Marino Livolsi e Ugo Volli113 offrono una raccolta di saggi, la cui tematica è organizzata intorno al quesito: come ‘comunicare la politica’utilizzando i media in Italia dopo la ‘Tangentopoli’. I contributi, anche se indagano aspetti differenti della comunicazione politica, si focalizzano sul ruolo dei media: TV, stampa, Internet114. Una ricchissima fonte di riferimenti bibliografici costituisce l’articolo di Donatella Campus “La comunicazione politica di Berlusconi. Percorsi di lettura”115. Nel suo intervento, l’autrice divide la produzione scientifica sul fenomeno Berlusconi e Forza Italia in tre categorie principali: il loro contributo alla trasformazione della comunicazione politica italiana, gli effetti della comunicazione di Berlusconi sugli elettori e il linguaggio di Berlusconi. È un’abbondante rassegna di materiale e comprende sia monografie sia saggi e articoli apparsi in volumi collettanei e in riviste. Per uno sguardo alla comunicazione politica dal punto di vista filosofico–politologico ci si può riferire all’opera di Lorella Cedroni e Tommaso Dell’Era116. Il punto di forza del libro sta nella particolareggiata presentazione della ricerca nell’ambito dell’analisi concettuale e descrittiva del linguaggio politico, in Italia e all’estero. Gli autori prendono in esame gli stili del linguaggio politico e le loro funzioni e cercano di dimostrare il coinvolgimento del linguaggio nell’ideologia, nei processi di legittimazione e di formazione del consenso. 2. Quanto allo status della lingua politica e i suoi tratti generali, sembrano mancare opere incentrate su questo aspetto. Questa scarsità viene compensata, almeno 113. Livolsi, M., Volli, U. (1996) La comunicazione politica tra prima e seconda Repubblica, Milano, Franco Angeli. 114. Citiamo alcuni titoli del volume: “Motivazioni di voto e comunicazione politica: il ruolo dei media”, “Analisi dell’offerta e del consumo di trasmissioni politiche televisive in periodo elettorale”, “Sorrisi e Canzoni in TV. I messaggi televisivi di Berlusconi visti dalla stampa”. 115. Campus, D. (2004) “La comunicazione politica di Berlusconi. Percorsi di lettura”, Comunicazione Politica vol. V n.1, pp. 179-186. 116. Cedroni, L., Dell’Era, T. (2002) Il linguaggio politico, Roma, Carocci.

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parzialmente, da saggi, articoli oppure capitoli compresi in volumi di più ampia portata. Va soprattutto segnalato il volume curato da A. A. Sobrero117, in particolare il capitolo “Lingue speciali” (op.cit. pp. 237-277). Inoltre, vale la pena di far notare il capitolo “Linguaggi settoriali e lingua comune” nel volume curato da Gian Luigi Beccaria118. 3. La terza area tematica relativa alla ricerca sulla comunicazione politica in Italia racchiuderebbe opere che affrontano l’analisi di taglio linguistico, includendo studi sul modo di parlare di politici concreti. In questo rispetto al primo posto, per motivi piuttosto evidenti, saltano i volumi dedicati a Silvio Berlusconi e Forza Italia. Il talento di comunicatore di Berlusconi è stato messo in evidenza da Francesco Amadori119. Ambedue i volumi, ispirati inizialmente dall’analisi della pubblicazione “Una storia italiana” inviata ai cittadini italiani da Berlusconi, indagano sul linguaggio e la comunicazione con il tentativo di capire il fenomeno di questo politico. È un’analisi dei discorsi ed interventi di Berlusconi e altri leader politici italiani che intende palesare in chiave piuttosto psicologica i meccanismi e le strategie attraverso i quali essi conquistano e mantengono il potere. Il terzo libro di Amadori120, invece, confronta le strategie discorsive dei due più importanti personaggi della scena politica italiana di oggi, tratta del linguaggio in quanto arma potente di propaganda politica e di come quest’arma viene adoperata dal centrodestra e il centrosinistra.

117. Sobrero, A. A. (1996) (a cura di) Introduzione all’italiano contemporaneo: la variazione e gli usi, Roma, Laterza. 118. Beccaria, G. L. (1973) “Linguaggi settoriali e lingua comune” in I linguaggi settoriali in Italia, Milano, Bompiani, pp. 7-59. 119. Amadori, A. (2002) Mi consenta. Metafore, messaggi e simboli. Come Silvio Berlusconi ha conquistato il consenso degli italiani, quarta edizione, Milano, Libri Scheiwiller; Amadori, A. (2003) Mi consenta. Episodio II. Silvio Berlusconi e l’esercito dei cloni, Milano, Libri Scheiwiller. 120. Amadori, A. (2005) Avanti miei Prodi! Il professore e il cavaliere verso la sfida finale, Milano, Libri Scheiwiller.

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Un altro volume dedicato interamente a Berlusconi, l’offre Amedeo Benedetti121. L’autore mette in rilievo la rivoluzione nell’uso della lingua verificatasi con l’avvento di Berlusconi, la quale, diversamente dal politichese tradizionale, è diventata diretta, facile da capire, semplificante. Questi tratti, nonché altri aspetti retorici della comunicazione di Berlusconi, sono oggetto di studio di questo volume. Vorremmo segnalare anche un altro libro riguardante il linguaggio di Silvio Berlusconi proposto da Sergio Bolasco, Luca Giuliano e Nora Galli de’Paratesi122, in cui gli autori mirano ad esaminare linguisticamente i discorsi ufficiali e informali di Berlusconi, svelando una notevole carica mistificatoria celata nell’apparente chiarezza. Un altro personaggio sulla scena politica che gode di un particolare interesse da parte dei linguisti è il leader della Lega Nord, Umberto Bossi. Ci limitiamo ad enumerare in questo tema due interventi di Paola Desideri123 nonché quello di Andrea Sarubbi124. Tra le opere di carattere più generale riguardanti il linguaggio politico in quanto tale possiamo nominare il volume curato da Carla Ciseri Montemagno125, il quale costituisce una raccolta degli Atti di un Convegno del Giscel-Toscana (Firenze, 15 III 1994). I contributi compresi nel volume prendono in esame il linguaggio politico nel periodo di campagna elettorale e lo analizzano dalla prospettiva educativa. Tra gli autori si possono nominare studiosi come, ad esempio: Nicoletta Maraschio con l’articolo riguardante il lessico politico, Leonardo M. Savoia che offre riflessioni sul linguaggio politico oppure Patrizia Bellucci che elabora 10 regole della buona argomentazione politica. Nel 1999 è apparso il libro di Paola Cella Ristaino e Danilo Di Termini126 che si concentra sui termini come ‘linguaggio’, ‘discorso’, ‘comunicazione’, ‘politica’e ne

121. Benedetti, A. (2004) Il linguaggio e la retorica della nuova politica italiana: Silvio Berlusconi e Forza Italia, Genova, Erga Edizioni. 122. Bolasco, S., Giuliano, L., Galli de’Paratesi, N. (2006) Parole in libertà. Un’analisi statistica e linguistica dei discorsi di Berlusconi, Roma, Manifestolibri. 123. Desideri, P. (1993) “L’italiano della Lega/1” in: Italiano e oltre, VIII, pp. 281-285. Desideri, P. (1994) “L’italiano della Lega/2” in: Italiano e oltre, IX, pp. 22-28. 124. Sarubbi, A. (1995) La Lega qualunque: dal populismo di Giannini a quello di Bossi, Roma, Armando. 125. Ciseri Montemagno, C. (1995) (a cura di), Linguaggio e politica, Firenze, Le Monnier. 126. Cella Ristaino, P., Di Termini D. (1998) Politica e comunicazione: schemi lessicali e analisi del linguaggio, Genova, Name.

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propone un quadro riassuntivo. L’opera, partendo dalla constatazione che non esiste un settore scientifico dedicato allo studio del linguaggio politico, presenta diverse “scuole di analisi” o “chiavi di lettura” che funzionano in Italia e all’estero. Vengono descritti gli approcci come l’analisi americana del contenuto (content analysis), la scuola francese dell’analisi del discorso, l’orientamento del neoempirismo logico e del neopositivismo nonché quello pragmatico e cognitivo. Gli autori si soffermano anche sulle problematiche del pubblico e del privato nella comunicazione politica, della libertà di stampa nonché della spettacolarizzazione della politica. Un interessantissimo studio sul linguaggio politico in generale con speciale riguardo al lessico è dovuto a Maria Vittoria Dell’Anna e Pierpaolo Lala127. Il loro interesse è focalizzato sulla lingua usata dai politici della cosiddetta “Seconda Repubblica”, particolarmente sui tratti lessicali, semantici, retorici e sintatticotestuali, e offre una ricca documentazione di neologismi in forma di un glossario di 72 parole più diffuse. Sono proprio le innovazioni lessicali a costituire l’elemento distintivo di questo volume, con molta attenzione dedicata alla loro analisi dal punto di vista del sistema della lingua italiana nonché del contesto storico-politico. Alla comunicazione politica degli ultimi anni e ai mutamenti avvenuti rispetto al vecchio politichese è dedicato il volume di Riccardo Gualdo e Maria Vittoria Dell’Anna128. Gli autori, oltre a rilevare in chiave linguistica le forme della comunicazione e della retorica politica, forniscono un’antologia di vari testi prodotti dai politici nell’ultimo decennio con un commento linguistico. L’abbondante corpus serve a far notare i nuovi fenomeni nell’ambito della comunicazione politica come personalizzazione e leaderismo, mediatizzazione, spettacolarizzazione e marketing politico, uso dei nuovi media con uno sguardo alle vicende storico–politiche che li hanno portati. Il capitolo di Dell’Anna tratta della forza retorica dei testi politici, esaminando le figure retoriche che caratterizzano la lingua politica di oggi. Anche per Francesca Santulli129 i testi dei politici come, ad esempio, i discorsi pre-elettorali di Silvio Berlusconi, i discorsi di presentazione alle Camere del go127. Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004) Mi consenta un girotondo: lingua e lessico della Seconda Repubblica, Galatina, Mario Congedo Editore. 128. Gualdo, R., Dell’Anna M. V. (2004) La faconda Repubblica. La lingua della politica italiana (1993-2004), Lecce, Manni. 129. Santulli, F. (2005) Le parole del potere, il potere delle parole. Retorica e discorso politico., Milano, Franco Angeli.

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verno Prodi e del governo Berlusconi costituiscono il corpus sul quale si poggia la sua ricerca. La studiosa indaga il materiale linguistico in chiave discorsiva, descrivendo le particolarità dei linguaggi politici e dimostrando la loro potenza retorica nel conquistare e mantenere il potere politico. Santulli vede la parola in quanto una forma di potere, perciò ogni interazione linguistica comporta l’esercizio di questo potere. L’autrice riferisce vari modelli d’analisi ed approcci teorici inerenti al discorso politico e ne fa uso nel proprio studio, prevalentemente linguistico. Tra i libri meno recenti, pur sempre degni di nota, si deve nominare l’opera di Paola Desideri130 nonché le monografie di Francesca Rigotti sull’uso della metafora nella comunicazione politica131.

130. Desideri, P. (1984) Teoria e prassi del discorso politico, Roma, Bulzoni Editore. 131. Rigotti, F. (1989) Metafore della politica, Bologna, Il Mulino; Rigotti, F. (1992) Il potere e le sue metafore, Milano, Feltrinelli.

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1. 5. 2. Le ricerche polacche In primo luogo vorremmo ribadire quanto detto a proposito della rassegna di ricerche italiane, siccome questa premessa è valida anche per il capitolo seguente: cercheremo di presentare il quadro più completo possibile delle ricerche nel campo della lingua politica, comunque, visto l’interesse crescente per la materia, la compiutezza di questo lavoro pare praticamente irraggiungibile. A questo punto miriamo a presentare un resoconto di lavori più interessanti e significativi per la riflessione sulla lingua politica in Polonia. Anche in questo caso abbiamo provato a classificare le opere esistenti in quest’ambito, individuando quattro aree tematiche: 1. studi sulla “nowomowa”, cioè la neolingua del periodo di PRL (della Repubblica Popolare di Polonia); 2. monografie di carattere linguistico; 3. studi sulla comunicazione politica in generale; 4. saggi e articoli sulla lingua politica compresi in volumi collettanei. 1. Sebbene la nostra sia una ricerca di carattere sincronico e si poggi sul materiale linguistico recente, non possiamo sorvolare sulla questione della lingua politica del periodo passato, vale a dire quella di PRL (della Repubblica Popolare di Polonia), nonché sulle indagini svolte in quest’ambito, visto che essa può servire sia come contesto storico per la produzione linguistica contemporanea sia come contrapposizione. Per quanto riguarda la comunicazione politica di PRL viene comunemente adoperato il termine di ‘nowomowa’, vale a dire la neolingua, un particolare modo di parlare dell’epoca comunista distinto per i suoi tratti caratteristici inconfondibili. Questo linguaggio specifico è diventato oggetto di due opere fondamentali per la riflessione linguistica sulla lingua politica in generale: quella di Michał Głowiński132 e quella di Jerzy Bralczyk133.

132. Głowiński, M. (1991a) Nowomowa po polsku, Warszawa, Wydawnictwo PEN. 133. Bralczyk, J. (2001) O języku polskiej propagandy politycznej lat siedemdziesiątych, Warszawa, Trio.

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Il volume di Głowiński è composto da 12 capitoli che costituiscono saggi separati pertinenti per vari aspetti del fenomeno di “nowomowa”: sia le sue caratteristiche generali sia analisi concrete della lingua usata in circostanze particolari. Una speciale attenzione va diretta ai capitoli introduttivi: “Nowomowa (Rekonesans)” e “Nowomowa – rekonesansu ciąg dalszy” che trattano la problematica di proprietà costitutive della neolingua che permettano di distinguerla da altri linguaggi. Come tali vengono nominate le seguenti qualità: una valorizzazione univoca e un’interpretazione semplificata della realtà sociale, la ritualità, l’arbitrarietà e il carattere magico. Głowiński rileva il fatto che il linguaggio di questa epoca si distingue per la presenza delle stesse formule fisse che, pronunciate continuamente, hanno effetto simile all’incantesimo. Queste espressioni dalla forza ormai magica contribuirono a creare una particolare – desiderata dal regime – visione della realtà, soprattutto perché il significato attribuito a loro era in gran parte arbitrario, in particolare il suo carico valutativo. La neolingua viene concepita come una “quasi lingua” che domina tutti i livelli della lingua vera, limita la possibilità di scelta fra le forme linguistiche imponendo una selezione di formule fisse, espressioni schematiche e perciò tende a distruggere la lingua nel senso classico. Oltre a questi articoli di natura teorica e generale, il volume contiene anche capitoli relativi alla questione della letteratura di fronte alla ‘nowomowa’, la propaganda del marzo 68’ nonché la descrizione del pellegrinaggio del Papa nel 1979. Per analisi più dettagliate della lingua politica dei determinati periodi dell’epoca comunista in Polonia rimandiamo ad altre opere di Michał Głowiński134. La monografia di Bralczyk, invece, è dedicata alla propaganda comunista nella versione polacca nel periodo del suo grande sviluppo. Scritto nel 1985, il libro non ha ottenuto allora l’autorizzazione per la stampa, perciò la sua prima edizione completa è stata possibile solo nel 2003. La monografia esamina il fenomeno della ‘nowomowa’polacca nella sua interezza, basando osservazioni teoriche su numerosi esempi. Gran parte del libro è stato dedicato all’analisi delle funzioni dei testi di propaganda che sono fondamentalmente tre: informativa, rituale e persuasiva nonché allo studio di come esse si manifestano nella lingua. L’altra parte dell’opera approfondisce l’argomento della forma linguistica del mondo della propaganda, cioè 134. Głowiński, M. (1991b) Marcowe gadanie: komentarze do słów 1966-1971, Warszawa; Głowiński, M. (1993) Peereliada: komentarze do słów 1976-1981, Warszawa; Głowiński, M. (1996) Mowa w stanie oblężenia: 1982-1985, Warszawa; Głowiński, M. (1999) Końcówka: (czerwiec 1985 – styczeń 1989), Kraków.

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1. 5. 2. Le ricerche polacche

in che modo le sue proprietà e le caratteristiche dell’emittente e del destinatario si palesano al livello linguistico. A questo scopo vengono applicate le categorie d’importanza, vicinanza, necessità, giustezza, coerenza, progresso e durabilità intorno a cui si organizzano gli adeguati espedienti linguistici. Diventata ormai fatto storico, anche adesso la lingua dell’epoca comunista in Polonia gode di un costante interesse da parte degli studiosi. In questo contesto occorre menzionare il lavoro di Agata Małyska135 che sviluppa l’argomento del rituale linguistico, in particolare del comportamento linguistico ritualizzato nei dibattiti parlamentari. È un’analisi comparativa dei rituali linguistici nei due periodi indicati nel titolo che punta a rispondere alla domanda come in seguito ai cambiamenti politici cambiano anche i rituali linguistici. Inoltre, l’autrice vuole dimostrare come le regole e le norme formali a cui è sottoposta la comunicazione pubblica portano alla convenzionalizzazione del linguaggio, alla schematicità dei mezzi linguistici usati. Un altro volume che illustra il fenomeno della neolingua comunista, in particolare quella degli anni 50’, è il libro di Paweł Nowak136. Questo studio esamina la principale categoria intorno a cui è organizzato il linguaggio dei media e della politica di allora, cioè l’opposizione noi /altri. L’indagine di carattere semantico– pragmatico che tenta di esporre i mezzi linguistici adoperati dal mittente al fine di persuadere il destinatario all’ideologia socialista nonché di individuare schemi e formule tipici è basata su un ricco materiale che comprende articoli tratti da giornali e riviste più letti di quel tempo. Igor Borkowski137, invece, cerca di cogliere il momento di cambiamento della lingua e del sistema di propaganda in quel periodo. Il volume discute la problematica della propaganda, persuasione, manipolazione e neolingua in teoria, sviluppandola con numerosi esempi. La parte descrittiva concerne i mutamenti nella sfera storica, politica, sociale e il loro influsso sulla lingua della pubblicistica politica. Contiene anche un’analisi del lessico e delle metafore visti in prospettiva diacro-

135. Małyska, A. (2003) Rytuały sejmowe w latach 1980-1982 i 1991-1993, Lublin, Wydawnictwo UMCS. 136. Nowak, P. (2002) Swoi i obcy w językowym obrazie świata: język publicystyki polskiej z pierwszej połowy lat pięćdziesiątych, Lublin, Wydawnictwo UMCS. 137. Borkowski, I. (2003) Świt wolnego słowa: język propagandy politycznej 1981-1995, Wrocław, Wydaw. Uniwersytetu Wrocławskiego.

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nica, il che permette di evidenziare il processo del declino di ‘nowomowa’e della nascita del discorso democratico. 2. In questa sede presenteremo opere riguardanti la comunicazione politica contemporanea in Polonia in ottica linguistica. Al primo posto va menzionato il volume 11 della serie Język a Kultura curato da Janusz Anusiewicz e Bogdan Siciński138. È una raccolta di saggi di vari autori, fra cui possiamo nominare, ad esempio, i seguenti: Irena Kamińska-Szmaj, Aleksy Awdiejew, Grażyna Habrajska, Marek Kochan ecc. Gli articoli affrontano diversi aspetti della lingua politica, ma in generale si concentrano sulla tematica del linguaggio politico in relazione alla cultura politica contemporanea. Fra gli argomenti trattati vi sono le domande seguenti: che cosa è la cultura politica, che cosa è la lingua politica, quali mezzi linguistici ed extralinguistici vengono adoperati dai politici, quali sono i modelli fondamentali del comportamento linguistico nell’ambito politico, in che cosa consiste la manipolazione linguistica. Di particolare attenzione sembra degno il saggio di Bogdan Walczak139 che discute lo status e la definizione della lingua politica in chiave sociolinguistica (cfr. cap. 2.). Vale la pena accennare anche all’analisi della fraseologia e della metaforica nei testi politici dei primi anni 90’ offerta da Maria Frankowska140 e allo studio sugli autoritratti dei partiti politici negli slogan elettorali di Iwona Bartoszewicz141. Parlando delle opere riguardanti la lingua politica contemporanea, non si può tralasciare un altro volume importante di Jerzy Bralczyk142, che in qualche modo costituisce il seguito del volume soprammenzionato relativo alla propaganda degli anni 70’. I saggi compresi in questa raccolta affrontano la tematica delle strategie nella propaganda degli anni 80’, del linguaggio di alcuni politici (Lech Wałęsa, Ta-

138. Anusiewicz, J., Siciński, B. (1994) (a cura di) Język a Kultura. vol. 11: Język polityki a współczesna kultura polityczna., Wrocław. 139. Walczak, B. (1994) “Co to jest język polityki” in: op. cit., pp. 15-20. 140. Frankowska, M. (1994) “Frazeologia i metaforyka w tekstach politycznych lat 1989 – 1993” in: op. cit., pp. 21-48. 141. Bartoszewicz, I. (1994) “Autoportret partii politycznych na podstawie sloganów wyborczych użytych w kampanii przed wyborami do Sejmu i Senatu RP w 1991 r.” in: op. cit., pp. 91-96. 142. Bralczyk, J. (2003) O języku polskiej polityki lat osiemdziesiątych i dziewięćdziesiątych, Warszawa, Trio.

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1. 5. 2. Le ricerche polacche

deusz Mazowiecki), degli slogan nelle elezioni del 1989; trattano anche della lingua politica recente con le sue peculiarità e il rapporto con i mass media. Un altro studioso polacco, Stanisław Dubisz offre uno studio sul rapporto tra lingua e politica dal Cinquecento ad oggi143. Le prime due parti del lavoro: “Wśród oratorów staropolskich” e “W służbie dla sprawy narodowej” illustrano in modo estensivo la tradizione retorica in Polonia, esponendo l’interazione tra lingua e politica attraverso la storia. Vengono presentate le figure dei più rilevanti oratori polacchi (per esempio Piotr Skarga, Jan Chryzostom Pasek) nonché analizzati i testi poetici coinvolti negli avvenimenti storico-politici (come Rota di Maria Konopnicka). La terza parte del volume “Język – narzędziem myślenia i działania” è dedicata alle questioni contemporanee relative alla funzione della lingua nell’ambito politico. L’autore indaga la tematica delle funzioni sociali della lingua nazionale, dello status della lingua politica tra le varietà linguistiche e della cultura della lingua politica; si sofferma anche sullo stile della propaganda. Nell’ultimo capitolo Dubisz propone una tipologia degli interventi politici individuati a seconda del contenuto e spiega come dovrebbe essere strutturato, preparato ed eseguito un buon intervento politico dal punto di vista retorico. Una tematica più leggera, pur sempre in chiave scientifica, viene affrontata da Irena Kamińska-Szmaj144. Questo studio sulla lingua politica nella nuova realtà, tra l’altro, si sofferma tra l’altro sull’umorismo nella vita politica e sulle barzellette politiche, il loro carattere e meccanismi, arricchendo le considerazioni linguistiche con molti esempi divertenti. L’autrice paragona la lingua dei politici e il discorso giornalistico di diversi quotidiani: Gazeta Wyborcza, Gazeta Polska, Nie e alla fine allega un glossario di invettive politiche. Questo glossario comprende lessemi come, ad esempio: olszewik, oszołom, lewogłowie che, nonostante abbiano spesso carattere di occasionalismi, meritano di essere registrati siccome sono rappresentativi per il periodo dell’inizio della libertà di parola dell’epoca post-comunista. La polonista Magdalena Trysińska145 si è occupata della lingua dei politici nel volume Jak politycy komunikują się ze swoimi wyborcami?: analiza języka polityków

143. Dubisz, S. (1992) Język i polityka: szkice z historii stylu retorycznego, Warszawa. 144. Kamińska-Szmaj, I. (2001) Słowa na wolności: język polityki po 1989 roku: wypowiedzi, dowcip polityczny, słownik inwektyw, Wrocław. 145. Trysińska, M. (2004) Jak politycy komunikują się ze swoimi wyborcami?: analiza języka polityków na przykładzie rozmów prowadzonych w telewizji polskiej oraz internecie, Warszawa, Elipsa.

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na przykładzie rozmów prowadzonych w telewizji polskiej oraz internecie, scegliendo come oggetto della ricerca una sezione particolare di comunicazione politica, cioè quella mediata dalla TV e da Internet. L’intento principale di questo lavoro è la descrizione dei modi in cui i politici polacchi comunicano con il destinatario collettivo attraverso nuove tecnologie, come si adeguano a questa situazione comunicativa specifica. In particolare, viene esaminata la presa di contatto con il destinatario collettivo e vari modi per attirarlo tramite mezzi linguistici e tecniche conversazionali. La problematica della persuasione nell’ambito della comunicazione politica viene affrontata anche da Aneta Banasik146. Questo lavoro offre precisazioni terminologiche in base alle ricerche polacche nonché una breve rassegna di pubblicazioni riguardanti il linguaggio politico. Il volume tratta essenzialmente dei metodi di modellare comportamento elettorale dei cittadini attraverso un uso speciale della lingua, in particolare modifiche sintattiche e lessicali, figure retoriche e argomentazione. Alla tematica della lingua durante campagne elettorali è dedicato il volume di Kazimierz Ożóg147 che analizza i meccanismi retorici dei testi elettorali. Inoltre, Ożóg individua gli influssi che esercitano sulla lingua dei politici lo stile della pubblicità, lo stile cancelleresco, colloquiale o anche quello artistico e non esita di presentare alcuni giudizi negativi riguardanti la cultura politica di oggi. Per un quadro strettamente linguistico, vale a dire riguardante la sfera della creatività lessicale nel discorso politico va consultato il volume di Barbara Kudra148. Questo lavoro fornisce una dettagliata analisi dei meccanismi di creazione lessicale nel linguaggio politico, accompagnata da numerosi esempi tratti dalla stampa polacca. Una specifica versione della lingua politica, vale a dire la lingua nel parlamento, è diventata oggetto di studio nel volume di Elżbieta Laskowska149. La linguista sottopone all’esame in approccio comunicativo i testi prodotti dai parlamentari di due legislature: quella degli anni 1997-2001 e la successiva. La stessa autrice ha curato 146. Banasik, A. (2002) Jak uwodzą politycy? Język marketingu politycznego w kampanii wyborczej 97’, Katowice, Wydawnictwo Uniwersytetu Śląskiego. 147. Ożóg, K. (2004) Język w służbie polityki. Językowy kształt kampanii wyborczych, Rzeszów. 148. Kudra, B. (2001) Kreatywność leksykalna w dyskursie politycznym polskiej prasy lat osiemdziesiątych i dziewięćdziesiątych, Łódź. 149. Laskowska, E. (2004) Dyskurs parlamentarny w ujęciu komunikacyjnym, Bydgoszcz.

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un volume riguardante il periodo della comunicazione politica polacca recente150, il quale raccoglie i testi presentati al convegno tenutosi a Bydgoszcz nel 1997. 3. Per completare il quadro del fenomeno, intendiamo presentare rapidamente opere inerenti la comunicazione politica che, seppur non strettamente linguistiche, attingono ad altre discipline umanistiche. Si possono menzionare i lavori riguardanti la natura ingannevole, per così dire, della comunicazione politica: l’opera di Piotr Pawełczyk e Dorota Piontek 151 riguardante la socio-tecnica nonché lo studio di Bogusława Dobek–Ostrowska, Janina Fras e Beata Ociepka sulla propaganda politica152. Marek Kochan invece è un altro studioso che si occupa della persuasione e della retorica nell’ambito politico e di cui vorremmo presentare due opere. Il primo libro Slogany w reklamie i polityce 153 esamina gli slogan in quanto forma specifica della comunicazione politica, mettendo in rilievo il legame e la somiglianza in questo rispetto tra politica e pubblicità. Kochan fornisce la definizione nonché la tipologia delle funzioni e caratteristiche di slogan. Cercando una ricetta per uno slogan efficiente, il linguista propone un elenco di tecniche utili per la sua costruzione e mette alla luce diversi mezzi linguistici applicati a questo scopo, illustrando la riflessione teorica attraverso un’abbondante esemplificazione tratta dalla pubblicità e comunicazioni politiche recenti. L’altro lavoro di Marek Kochan a cui vale la pena accennare è Pojedynek na słowa. Techniki erystyczne w publicznych sporach154, che può essere considerato un manuale di tecniche eristiche rivolto soprattutto ai politici, giornalisti ed elettori affinché si possano difendere l’uno dall’altro. Il libro sottopone all’esame i diversi metodi eristici, basati sulla riflessione antica nonché quella più moderna155. Il volume comprende molti consigli pratici per identificare determinate tecniche eristiche e suggerisce efficaci 150. Laskowska, E. (1999) Skuteczność słowa w działaniach politycznych i społecznych. Materiały konferencyjne, Bydgoszcz 3 – 5 kwietnia 1997, Bydgoszcz. 151. Pawełczyk, P., Piontek, D. (1999) Socjotechnika w komunikowaniu politycznym, Poznań. 152. Dobek-Ostrowska, B., Fras, J., Ociepka, B. (1997) Teoria i praktyka propagandy, Wrocław, Wydawnictwo Uniwersytetu Wrocławskiego. 153. Kochan, M. (2003) Slogany w reklamie i polityce, Warszawa, Trio. 154. Kochan, M. (2005) Pojedynek na słowa: techniki erystyczne w publicznych sporach, Kraków, Znak. 155. Schopenhauer, A. (2005).

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metodi di difesa, ma nell’ottica linguistica particolarmente degni di nota sono gli ampi brani tratti dai dibattiti politici recenti (per esempio il dibattito Lepper – Rokita in Radio Zet), sviscerati dall’autore dal punto di vista eristico. Il fenomeno della comunicazione politica viene esaminato in chiave psicologica da Krystyna Skarżyńska che ha curato il volume Psychologia polityczna156 nonché presentato parecchi contributi in cui affronta anche la questione della lingua della politica157. Un interessante studio del discorso pubblico in cui si racchiude la comunicazione politica appare nel volume Rytualny chaos: studium dyskursu publicznego158 . È una raccolta di saggi che si collocano tra la sociologia della lingua e la linguistica applicata e si concentrano sia sul contenuto sia sulla forma del discorso pubblico. Gli autori si propongono di dimostrare come l’aspetto comunicativo influenzi il processo della costruzione della realtà sociale, nonché rilevare le tendenze presenti nel discorso pubblico polacco, combinando nozioni linguistiche con analisi sociologiche in cui appaiono concetti come identità collettiva, libertà, legge morale, estremismo. Come si è voluto dimostrare prima (cfr. cap. 1. 4.) la comunicazione politica non può essere analizzata al di fuori del contesto mediatico, separata dai processi di comunicazione di massa in cui i media come la televisione ed Internet svolgono un ruolo primordiale. Perciò non va omesso un lavoro che discute diverse teorie riguardanti questo fenomeno Media i komunikowanie masowe: teorie i analizy prasy, radia, telewizji i Internetu di Tomasz Goban-Klas159. 4. Per concludere vorremmo segnalare brevemente altri contributi che, sotto la forma di saggi e articoli raccolti in volumi di più ampia portata, trattano della lingua politica.

156. Skarżyńska, K. (1999) (a cura di) Psychologia polityczna, Poznań, Zysk i S-ka. 157. Ci limitiamo a enumerare alcuni articoli compresi in volumi collettanei: “Język polityki, wielość perspektyw i nieostrość” in Handke K., Dalewska-Greń H. (a cura di), Polszczyzna a/i Polacy u schyłku XX wieku, Warszawa 1994; “Jak porozumiewają się politycy: język ostrych kategoryzacji; psychologiczne przyczyny i konsekwencje” in Bralczyk J., Mosiołek-Kłosińska K. (a cura di), Zmiany w publicznych zwyczajach językowych, Warszawa 2001. 158. Czyżewski, M., Kowalski, S., Piotrowski A., (1997) (a cura di) Rytualny chaos: studium dyskursu publicznego, Kraków, Aureus. 159. Goban-Klas, T. (2004) Media i komunikowanie masowe: teorie i analizy prasy, radia, telewizji i Internetu, Warszawa – Kraków, PWN.

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1. 5. 2. Le ricerche polacche

Particolare attenzione merita l’opera curata da Jerzy Bralczyk e Katarzyna Mosiołek-Kłosińska Zmiany w publicznych zwyczajach językowych160, che in modo generale tratta del mutamento linguistico nel decennio passato. Tra l’altro, vi si trovano saggi “O sejmowej antyetykiecie” di Sergiusz Kowalski e “Zwyczaje nominacyjne w polityce – autoidentyfikacja i stygmatyzacja” di Jerzy Bralczyk e Katarzyna Mosiołek-Kłosińska. I contributi di Jerzy Bralczyk, probabilmente il più importante linguista polacco ad occuparsi della lingua politica, sono compresi anche in altri volumi quali “O używaniu języka w polskiej polityce w latach dziwięćdziesiątych” nel volume curato da Walery Pisarek161 oppure “Język polityki i polityków” nel tomo a cura di Jan Miodek162. Il saggio intitolato “O populizmie językowym”163 Bralczyk tratta della parola e del fenomeno del populismo nella lingua intrinsecamente legato alla comunicazione politica, discutendo gli espedienti linguistici che servono a questo scopo. Nel medesimo volume si riscontra l’articolo di Katarzyna Mosiołek-Kłosińska “Ślady polskich przemian po 1989 roku w słownictwie ogólnym”164, che cerca di cogliere il legame tra il cambiamento politico e la lingua e dipinge un quadro generico delle tendenze presenti nella lingua nei primi anni Novanta. La stessa autrice nel saggio “Z Polską na sztandarze. O posługiwaniu się słowem Polska w autoprezentacjach polskich partii politycznych (na podstawie deklaracji ideowych współczesnych partii politycznych)”165 discute l’utilizzo della parola “Polonia” e “polacco” nelle dichiarazioni ideologiche dei partiti politici.

160. Bralczyk, J., Mosiołek-Kłosińska, K. (2001) (a cura di) Zmiany w publicznych zwyczajach językowych, Warszawa. 161. Bralczyk, J. (1999b) “O używaniu języka w polskiej polityce w latach dziewięćdziesiątych” in Polszczyzna 2000: orędzie o stanie języka na przełomie tysiącleci a cura di W. Pisarek, Kraków, pp. 218-226. 162. Bralczyk, J. (1996) “Język polityki i polityków” in O zagrożeniach i bogactwie polszczyzny a cura di J. Miodek, Wrocław, pp. 121-134. 163. Bralczyk, J. (1999a) “O populizmie językowym” in Polszczyzna w komunikowaniu publicznym a cura di J. Bralczyk, W. Gruszczyński, G. Majkowska, Warszawa, pp. 79-86. 164. Mosiołek-Kłosińska, K. (1999) “Ślady polskich przemian po 1989 roku w słownictwie ogólnym” in Polszczyzna w komunikowaniu publicznym a cura di J. Bralczyk, W. Gruszczyński, G. Majkowska, Warszawa, pp. 37-62. 165. Mosiołek-Kłosińska, K. (2002) “Z Polską na sztandarze. O posługiwaniu się słowem Polska w autoprezentacjach polskich partii politycznych (na podstawie deklaracji ideowych współczesnych partii politycznych)” in Język narzędziem myślenia i działania a cura di W. Gruszczyński, Warszawa, pp. 119-130.

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Per ultimo, segnaliamo un intero capitolo dedicato alla lingua politica – “Język polityki” – di Janina Fras166. In questo capitolo abbiamo provato a tracciare, almeno sommariamente, uno sfondo generico su cui esaminare la materia della comunicazione politica. Abbiamo proposto un riassunto dei tentativi di definire la politica stessa ed alcune considerazioni riguardanti la complessa relazione tra la politica e i mass media. In seguito, abbiamo tentato di offrire una breve sintesi degli eventi della storia recente che possa facilitare l’interpretazione dei fenomeni linguistici avvenuti. Inoltre, abbiamo mirato a presentare un quadro delle ricerche, in particolare quelle italiane e polacche, svolte sul linguaggio politico e dei politici. Ci rendiamo conto del fatto che queste riflessioni rischino di essere incomplete e la scelta della materia trattata sia di carattere arbitrario. Visto, in particolare, il sempre crescente numero delle pubblicazioni italiane e polacche a proposito del linguaggio politico, ammettiamo che non si tratti di una bibliografia esaustiva dell’argomento. A nostro avviso, tale completezza è difficilmente raggiungibile, perciò abbiamo cercato di presentare le ricerche più rilevanti, che possano essere d’aiuto nella nostra analisi.

166. Fras J. (2001) “Język polityki” in Najnowsze dzieje języków słowiańskich. Język polski a cura di S. Gajda, Opole, pp. 318-350.

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Capitolo 2. Definizione del campo d’analisi Il capitolo seguente tratterà il tema della diversità tipologica e terminologica riguardante il fenomeno esaminato, presentando dalla prospettiva teorica i concetti essenziali per poi proporre una definizione del linguaggio politico adottata nel presente lavoro. Riteniamo indispensabile introdurre alcune precisazioni terminologiche prima di entrare nel merito dell’analisi di testi concreti affinché esse aiutino a delimitare meglio il campo della ricerca e assicurino la chiarezza del ragionamento e l’accuratezza delle conclusioni tratte. A questo scopo ci avvarremo degli studi sia italiani sia polacchi, che nonostante dimostrino delle differenze, presentano addirittura somiglianze nel modo di collocare la lingua/ il linguaggio politico nel sistema linguistico. Non intendiamo proporre un resoconto completo di teorie e approcci a proposito, in quanto quasi ineffettuabile e, peraltro, non indispensabile per questo lavoro. Constatare che per parlare del modo di comunicare nel mondo della politica si usi una moltitudine di termini diversi è banale, ma nondimeno vero e pregno di conseguenze di natura tipologica. Non esiste univocità per quanto riguarda la terminologia adoperata, anche se non si dubita piuttosto della esistenza e particolarità stessa del fenomeno, confermata appunto dall’interesse di linguisti e dalla numerosità di termini coniati167. Cercheremo di dissipare i dubbi terminologici e, nel contempo, proporre il nostro punto di vista. La varietà di denominazioni adottate comprende, tra l’altro, i termini successivi: lingua politica, linguaggio politico, lingua dei politici, discorso politico. Nonostante le differenze possano sembrare sottili, impongono ottiche diverse.

167. Cfr. Bralczyk, J. (2003) p. 7: “(...) o tym, że język polityki istnieje, są przekonani wszyscy” nonché Walczak, B. (1994).

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2. 1. Discorso politico Come prima vorremmo trattare la questione del termine “discorso politico”, il quale, pur utilizzato volentieri in molti studi riguardanti la sfera della comunicazione politica, si verifica talmente plurivoco da oscurare i metodi di indagine. Il termine “discorso” sembra comprendere una vasta gamma di approcci teoretici, la cui base comune si limita alla constatazione che bisogna ampliare il campo di ricerca oltre all’enunciato stesso. Nell’introduzione all’edizione polacca del libro di Teun van Dijk leggiamo che tutti questi studi hanno in comune il desiderio di cogliere i rapporti tra l’enunciato e il suo contesto situazionale, sociale e culturale, considerano il testo come una struttura particolare e irriducibile nonché si concentrano sull’uso e sulla forza creatrice del testo in contatti interpersonali.168 Non si può fare a meno di osservare che tale impostazione del problema di discorso è insufficiente. Le denominazioni “discorso” e “linguaggio”, particolarmente nel caso della comunicazione politica, vengono usate intercambiabilmente: Il concetto di discorso politico è invece molto contiguo con quello di linguaggio, da cui deriva. Il riferimento principale, tuttavia, nel caso del discorso è alle particolari declinazioni grammaticali, testuali, contestuali o stilistiche espresse nell’uso del linguaggio.169 L’introduzione del termine “discorso” come unità superiore dell’organizzazione della comunicazione non pare indispensabile, perché, come speriamo di dimostrare nei capitoli seguenti, l’apparato teoretico della linguistica si verifica soddisfacente. Inoltre, non è che ci si possa facilmente distanziare da altre accezioni e sfumature che il termine “discorso” assume in varie scienze umane. È già passato dalla sociologia all’uso comune il significato del “discorso” in quanto una categoria nella

168. Cfr. van Dijk, T. (2001) p. 5: “Można jednak wskazać pewne wspólne postawy i ogólne założenia przyjmowane przez większość badaczy zajmujących się tzw. ‘analizą dyskursu’: chęć uchwycenia związków miedzy wypowiedzią a jej kontekstem sytuacyjnym, społecznym i kulturowym, całościowe spojrzenie na tekst jako na swoistą nieredukowalną strukturę, przesunięcie wagi od zjawisk kodowych do konkretnych sposobów użycia języka, a także położenie nacisku na sprawczą rolę języka w kontaktach międzyludzkich”. 169. Mazzoleni, G. (2004) p. 112.

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sfera della comunicazione pubblica individuata in base al criterio tematico, ideologico, ad esempio: discorso neoliberale, femministico ecc. La popolarità del termine “discorso” nelle scienze sociali ha contribuito all’erosione dei confini della sua definizione e, in seguito, ogni suo uso richiede precisazioni e indicazione della scuola di pensiero a cui ci si riferisce. Infatti, le diverse scuole dell’analisi del discorso nonché dell’analisi critica del discorso170 sviluppatasi negli anni Novanta del Novecento assumono vari approcci e metodologie in quanto costituiscono nuovi orientamenti contrassegnati dalla natura interdisciplinare. Per questo motivo chiamano in causa i modelli e strumenti analitici non solo della linguistica (per esempio, la teoria degli atti linguistici, l’analisi della conversazione, la grammatica testuale), ma anche della sociologia, psicologia sociale, semiotica, etnometodologia. Fra i rappresentanti dell’analisi del discorso vengono ricondotti, tra l’altro, i studiosi come Robert de Beaugrande, Jan Blommaert, Malcolm Coulthard, Michael Halliday, William Labov, George Lakoff, Stephen H. Levinsohn, Harvey Sacks, Deborah Tannen. Per quanto riguarda l’analisi critica del discorso, che si è concentrata in particolare sulle relazioni tra lingua, potere ed ideologia, si sottolineano, fra molti altri, due nomi fondamentali: Teun van Dijk e Norman Fairclough171. Al fine di illustrare meglio l’ampia portata dell’analisi del discorso, riportiamo alcune considerazioni di Teun van Dijk che gettano più luce a questo orientamento come disciplina di confine. Innanzitutto, il discorso, secondo van Dijk, va concepito come “struttura”, cioè un insieme di enunciati le cui caratteristiche vengono studiate e, al tempo stesso, come “processo”, in cui gli enunciati stessi sono visti come azioni fi nalizzate al raggiungimento di scopi specifici, sociali e culturali172. Di conseguenza, il campo dell’analisi del discorso si articola in tre dimensioni inseparabilmente legate: ■ l’uso della lingua ■ la trasmissione delle idee ■ l’interazione in situazioni sociali173

170. Su questo cfr. Santulli, F. (2005) pp. 56-59. 171. Sulle scuole diverse dell’analisi del discorso cfr. Bazzanella, C. (2005) pp. 191-198. 172. Santulli, F. (2005) p. 13. 173. van Dijk, T. (2001) p. 10: “Już przy tej pierwszej próbie przybliżenia omawianego pojęcia napotkaliśmy trzy główne wymiary dyskursu: a) użycie języka b) przekazywanie idei oraz c) interakcję w sytuacjach społecznych”.

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2. 1. Discorso politico

In particolare, l’analisi critica del discorso pone molta attenzione ai rapporti tra lingua e società, all’interrelazione fra testo, contesto politico e culturale ed esercizio di potere. Il riconoscimento del potere delle parole nell’espressione e riproduzione delle convinzioni ideologiche serve a capire meglio i processi sociopolitici come gli abusi di potere ed ineguaglianza sociale. Mazzoleni rileva che in questa prospettiva il discorso è considerato non solo come insieme di retoriche, ma anche come sistema di pratiche linguistiche, (...) come costruzione sociale della realtà e forma della conoscenza174 . L’analisi del discorso si presenta, dunque, come un progetto molto complesso, nell’ambito del quale i singoli scienziati possono svolgere ricerche molto diverse poiché si riferiscono ai vari livelli del discorso: linguistico, comunicativo, cognitivo, internazionale175. Non è nostra intenzione presentare un quadro completo dell’analisi del discorso, il che va oltre il campo d’interesse del presente lavoro. Abbiamo solo voluto dimostrare le varie accezioni in cui il termine stesso “discorso” viene usato e speriamo che le osservazioni proposte rivelino la complessità di questo approccio. L’analisi del discorso, anche quello politico, deve necessariamente attingere dalla sociologia, psicologia sociale e studiare la comunicazione politica in quanto un evento sociale. Gli aspetti linguistici valgono solo in quanto riflessi dell’interazione sociale, della formazione della realtà sociale. Siccome abbiamo deciso di collocare la nostra ricerca nell’ambito della linguistica che fornisce strumenti di analisi sufficienti, non riteniamo indispensabile adottare il termine “discorso” e benché gli aspetti di carattere sociologico, ideologico o conoscitivo paiano interessanti, essi costituiscono un punto di partenza per un tutt’altro lavoro.

174. Mazzoleni, G. (2004) p. 121. 175. van Dijk, T. (2001) p. 14.

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2. 2. “Linguaggio” versus “lingua” Stabilita la prospettiva linguistica che guiderà la presente ricerca, vorremmo procedere a delineare il quadro terminologico all’interno del quale condurremo l’analisi, anche esso non esente da polisemia e fraintendimenti. Il primo dubbio terminologico da sciogliere, a nostro parere, sarebbe la differenza tra “lingua” e “linguaggio”, due termini adoperati per parlare del modo di comunicare politico. Al fine di cogliere la distinzione fra “lingua” e “linguaggio” vorremmo richiamarci alla definizione data da Serianni176, il quale intende “lingua” come codice verbale posseduto esclusivamente dagli esseri umani, mentre “linguaggio” viene concepito come tipi di comunicazione verbali o non verbali, impiegati non solo dagli esseri umani, ma anche animali. Per questo motivo è lecito parlare del linguaggio gestuale, quello dei sordomuti o addirittura il linguaggio delle api o scimmie. Serianni tende a usare il termine “linguaggio”, osservando che oltre al codice verbale alcuni linguaggi settoriali (tra i quali nomina il linguaggio politico) dispongono anche di un codice non verbale , ad esempio, in forma di numeri o simboli. Un diverso approccio terminologico viene adottato da Sobrero, che dice: (...) ogni varietà si realizza attraverso il linguaggio verbale. Eventuali utilizzazioni di linguaggi non verbali (uso di formule, simboli, fotografie, ecc.) sono accessorie, e ricorrono solo in alcune sottovarietà: non sono, comunque, centrali nella prospettiva di questo lavoro. Non parliamo, perciò, di «linguaggi» ma di «lingue».177 Siccome nel polacco non esistono equivalenti esatti di “lingua” e “linguaggio”, in ambedue i casi si tende ad usare il termine “język”. Di conseguenza, ad esempio, anche “ il linguaggio del corpo” diventa “język ciała” (a volte in questo caso viene usato anche il termine “mowa”: “mowa ciała”). Negli studi polacchi riguardanti la sfera della comunicazione politica si nota la propensione al termine “język” (ad esempio: “język polityki”) che si avvale della

176. Serianni, L. (2003) p. 79. 177. Sobrero, A. A. (1996) pp. 238-239.

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2. 2. “Linguaggio” versus “lingua”

polisemia di questo termine. Come accuratamente spiega Walczak, la “lingua” non è ovviamente concepita in questo contesto come una lingua nazionale in generale e neppure metaforicamente come mezzo espressivo tipo “linguaggio dei fiori”. Il termine “lingua” utilizzato nel contesto della comunicazione politica significa semplicemente una varietà di lingua178 (la questione delle varietà di lingua sarà trattata nel capitolo successivo). Considerati questi orientamenti diversi, vorremmo rilevare che nel presente lavoro utilizzeremo il termine “lingua” per parlare del fenomeno che ci interessa, perché nella nostra analisi ci concentreremo sull’aspetto linguistico dei messaggi politici, escludendone altri codici di comunicazione come, per esempio, il linguaggio del corpo, il linguaggio gestuale, la mimica.

178. Cfr. Walczak, B. (1994) p. 15: “Ograniczając do absolutnego minimum stronę terminologiczną naszego wywodu stwierdzimy tylko, iż w wyrażeniu język polityki język nie oznacza oczywiście ani języka w ogóle (jako dwuklasowego systemu znaków arbitralnych o charakterze fonemowym), ani języka narodowego (etnicznego, etnolektu). W grę nie wchodzi też użycie wyraźnie metaforyczne w rodzaju język (czy mowa) kwiatów. A zatem język w wyrażeniu język polityki może oznaczać tylko jedno: odmianę językową (...)”.

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2. 3. Le varietà della lingua Il concetto di varietà a cui abbiamo appena accennato è fondamentale per il quadro completo dell’italiano e del polacco d’oggi. Ogni lingua, sviluppatasi nel tempo e nello spazio, dispone di un ampio inventario di realizzazioni del proprio sistema che si differenziano a seconda di una serie di variabili (assi di variazione) di cui parleremo in seguito. La lingua non è un sistema immutabile, un monolito, ma cambia di continuo, subendo influssi diversi; basti nominare solo alcuni fenomeni che hanno contribuito e continuano a contribuire al cambiamento linguistico: la scolarizzazione, l’urbanizzazione, l’emigrazione, la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa. Sembra opportuno delineare brevemente la tipologia (abbastanza unanimamente assunta tra linguisti sia italiani sia polacchi179) di varietà individuate a seconda degli assi di variazione, per poter successivamente collocare su questo sfondo la lingua politica. Ricorrendo soprattutto allo schema classico di Berruto180 e alla classificazione di Wilkoń181, tracceremo le dimensioni della variazione di lingua e proveremo a verificare se gli assi di variazione sono utili per l’individuazione della lingua politica. È indubbio che tra le variabili da cui dipende la lingua la posizione primaria spetti al tempo. Di conseguenza il sistema linguistico può essere analizzato dalla prospettiva diacronica, considerando la sua evoluzione e sviluppo, oppure dalla prospettiva sincronica che significa lo studio di elementi coesistenti. In questo lavoro adotteremo principalmente l’approccio sincronico, esaminando il materiale contemporaneo; non è, comunque, possibile evitare del tutto riferimenti di carattere storico. Nell’ambito della variazione sincronica della lingua si distinguono principalmente le varietà individuate in base ai seguenti assi di variazione:

179. Bazzanella, C. (2005), Berruto, G. (2001), Walczak, B. (1994), Wilkoń, A. (2000). 180. Berruto, G. (1996a) p. 12. 181. Wilkoń, A. (2000) raccoglie, descrive ed esamina le classificazioni finora esistenti nella linguistica polacca per presentare in seguito una proposta propria. È uno studio da non sopravvalutare come fonte di informazioni complete sull’argomento delle varietà linguistiche nel polacco e rimandiamo ad esso per un approfondimento delle classificazioni non trattati in questo lavoro per motivi di spazio: quelle di Klemensiewicz, Urbańczyk, Furdal, Skubalanka e Gajda.

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2. 3. Le varietà della lingua

■ l’area geografica, ■ lo strato sociale dei parlanti, ■ la situazione comunicativa. Così si ottengono le varietà diatopiche, diastratiche, e diafasiche (dette anche funzionali-contestuali) 182. Non va neanche dimenticato il canale – il mezzo della trasmissione del messaggio in qualità del quarto asse di variazione, dall’applicazione del quale risultano varietà diamesiche. Le varietà diamesiche (dette a volte strutturali) si dividono sostanzialmente in varietà orali e scritte. Ad esse viene aggiunta un’altra varietà: il trasmesso, comprendente sia il parlato a distanza (televisione, radio, telefono) sia lo scritto mediato dai nuovi mezzi di comunicazione (Internet, posta elettronica, messaggini telefonici) 183. Rendendoci conto del fatto che: la distinzione fra parlato e scritto ha una posizione particolare nella variazione linguistica, in quanto non si tratta propriamente di una dimensione accanto alle altre, bensì di un’opposizione che percorre le altre dimensioni di variazione e allo stesso tempo ne è attraversata184 dobbiamo constatare che questo asse non è funzionale per isolare e descrivere i tratti costitutivi della lingua politica. Sia l’analisi del corpus raccolto sia l’esperienza quotidiana dimostrano la presenza di ambedue le varietà nell’ambito della comunicazione politica. Naturalmente, le varietà sopraelencate costituiscono una classificazione di carattere piuttosto schematico. Come sottolinea Berruto: Le quattro dimensioni di variazione suddette costituiscono degli assi di riferimento lungo i quali si possono ordinare le varietà compresenti nello spazio di variazione dell’italiano contemporaneo. Ciascun asse si può concepire come un continuum che unisce due varietà contrapposte come poli estremi fra cui si collocano varietà intermedie. 185

182. Cfr. D’Achille, P. (2003) pp. 28-32, Berruto, G. (1996b), Walczak, B. (1994). 183. D’Achille, P. (2003) p. 29. 184. Berruto, G. (2001) p. 37. 185. Berruto, G. (2001) p. 9.

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Seguendo il ragionamento di Walczak186, proviamo ad adoperare questa tipologia delle varietà di lingua al fine di individuare la posizione della lingua politica, situarla in uno dei gruppi. Non c’è dubbio che la lingua della comunicazione politica non rappresenti una varietà geografica.187 Riteniamo che si possa escludere anche il criterio sociale e non considerare la lingua politica una varietà sociale nello stesso senso come il linguaggio giovanile o il gergo dei ladri. Magari sarebbe possibile isolare un gruppo sociale che usi la lingua politica, in cui rientrerebbero soprattutto i politici, secondo alcuni linguisti anche i giornalisti specializzati nella tematica politica, gli esperti di marketing politico, i portavoce. Tale categoria sembra però abbastanza eterogenea e vaga dal punto di vista del mittente188, per cui non la consideriamo utile nella nostra analisi. Se il criterio del mittente non pare sufficiente nel percepire la lingua politica in quanto una varietà sociale, non lo è neanche, come rileva Walczak, quello del destinatario. L’autore sottolinea che le varietà sociali vengono utilizzate soprattutto per la comunicazione all’interno del gruppo, servono come un codice, spesso criptico ed ermetico, grazie al quale i membri del gruppo si riconoscono e comunicano189. Nel caso della comunicazione politica, la categoria del destinatario si estende indubbiamente oltre alla classe politica e tende a racchiudere effettivamente tutti gli utenti della lingua. I messaggi politici mirano a guadagnare il maggior consenso possibile, perciò sono indirizzati a tutti gli elettori potenziali. L’oscurità e il carattere enigmatico, dunque, sarebbero un errore per quando riguarda la funzione e il fine del messaggio politico. Alla luce di queste riflessioni si può constatare che la lingua politica non dispone dei requisiti necessari per essere ritenuta una varietà sociale. È, quindi, una varietà diafasica? La risposta univoca pare difficile, dato che nelle svariate tipologie delle varietà della lingua non si ritrova la categoria della lingua politica in quanto tale.

186. La defi nizione della lingua politica proposta da Walczak, B. (1994) viene ampiamente accolta negli studi sulla comunicazione politica e costituisce il punto di riferimento fondamentale per molti studiosi: cfr. Borkowski, I. (2003), Dobek-Ostrowska, B., Fras, J., Ociepka, B. (1997), Małyska, A. (2003), SiewierskaChmaj, A. (2006), Trysińska, M. (2004). 187. Walczak, B. (1994) p. 15: “Jest sprawą oczywistą, że język polityki nie jest odmianą terytorialną. W tym miejscu jednak oczywistość się kończy”. 188. Walczak, B. (1994) p. 16. 189. Ibidem: “Posługiwanie się nimi jest oznaką przynależności do grupy i – przynajmniej w pewnym stopniu – przejawem izolacji w stosunku do innych grup. Jest – mówiąc najkrócej – znakiem i wyrazem pewnego wtajemniczenia łączącego członków grupy i odróżniającego ich od profanów”.

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2. 3. Le varietà della lingua

Poiché non è scopo del presente capitolo fornire una descrizione dettagliata delle tipologie di varietà linguistiche, ci limiteremo ad illustrare il problema della lingua politica, in particolare come varietà diafasica, con degli esempi prescelti che meglio colgano la sua complessità nel contesto della lingua politica. Naturalmente, bisogna tenere in mente il fatto che ogni classificazione costituisca una semplificazione riguardo alla realtà e non illustra la sua natura multiforme. A titolo esemplificativo presentiamo due schemi proposti da linguisti polacchi, il primo elaborato da Buttler190, il secondo da Wilkoń191, che ci aiuteranno a illustrare le difficoltà di posizionare la lingua politica nelle tipologie linguistiche. Język ogólny (literacki) typ pisany

typ mówiony

styl artystyczny podtyp oficjalny

podtyp obiegowy (standardowy)

styl publicystyczno-dziennikarski styl naukowy

styl retoryczny1 styl publicystyczny2

styl informacyjno-bytowy

styl potoczny

gwary profesjonalne

gwary5 koleżeńskie

styl urzędowy

styl naukowy3 styl urzędowy4

Fig. 1. Lo schema delle varietà del polacco di Danuta Buttler (tratto da Wilkoń, A. (2000) p.19).

Nella tipologia proposta da Buttler maggior rilievo viene dato alla lingua parlata e la varietà scritta risulta limitata a quattro stili funzionali: artistico, giornalistico, scientifico e burocratico. Siccome la lingua politica non rientra in nessuna di queste categorie, si può giungere alla conclusione errata che questa varietà non si manifesti nello scritto. Inoltre,

190. Wilkoń, A. (2000) p.19. 191. Ivi, p. 106.

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tra i diversi stili funzionali individuati nell’ambito del registro formale del parlato (retorico, pubblicistico, scientifico, burocratico) non si nota quello politico. Di seguito, nel parlato la linguista distingue il sottotipo standard che racchiude lo stile informativo (sotto forma di gerghi professionali) e quello comune, colloquiale (come, ad esempio, linguaggio giovanile). Vorremmo dare risalto non solo all’assenza in questa tipologia di varietà politica, che solo parzialmente coincide con lo stile retorico (come può avvenire nel caso dei formali discorsi pubblici), ma soprattutto alla difficoltà che incontriamo volendo aggiungere tale categoria a questo schema. Vista la natura eclettica della comunicazione politica, non è possibile classificarla così semplicemente: parlato /scritto, formale/informale. La questione della classificazione della lingua politica si presenta in modo analogo anche nella tipologia di Wilkoń che la tralascia ugualmente. I.

język ogólny

gwary ludowe języki mieszane

II. mówiony

pisany

mówione

mówione

III.

IV.

V.

potoczny

potoczne

potoczne

artystyczny język folkloru

nacechowany

kulturalny

naturalny

retoryczny

oficjalny

kancelaryjny

artystyczny naukowy

odmiany regionalne socjolekty profesjolekty biolekty psycholekty idiolekty pisane i mówione

Fig. 2. Lo schema delle varietà del polacco di Aleksander Wilkoń (tratto da Wilkoń, A. (2000) p. 106).

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2. 3. Le varietà della lingua

Lo schema elaborato da Wilkoń si presenta come più complesso e dettagliato siccome prende in considerazione più variabili sul piano diamesico, diafasico o diatopico. In questa tipologia la lingua politica, non concepita come una varietà diafasica separata, potrebbe essere compresa nella categoria di “język oficjalny” (lingua formale), cioè lingua più curata e corretta, caratterizzata dal distacco tra gli interlocutori. Wilkoń distingue due varietà della lingua formale: il linguaggio burocratico-amministrativo che si manifesta soprattutto in lettere ufficiali, moduli, rapporti, verbali, annunci, testi della legge, ecc. e il linguaggio retorico, ideologico, contenente elementi persuasivi192. Secondo lo studioso, la lingua politica può essere inclusa nella categoria del linguaggio retorico, però tale classificazione è valida riguardo alla lingua politica fino al 1989. Wilkoń segna una netta cesura fra la lingua della comunicazione politica degli anni 1945-1989 e quella dopo la trasformazioni politiche, economiche e sociali avvenute negli anni Novanta (cfr. cap. 1.3.). Pur non essendo uniforme193, la lingua dell’epoca comunista, la detta “neolingua”, costituisce un fenomeno piuttosto facilmente individuabile e descrivibile: basti richiamare gli studi di Głowiński e Bralczyk (cfr. cap. 1.5.2.). Dopo il 1989, invece, i cambiamenti democratici hanno favorito nuove tendenze nella comunicazione politica come risultato del pluralismo politico e libertà di parola. Il crescente numero dei partiti e dei personaggi attivi nel campo politico, le differenze ideologiche e i nuovi canali di contatto con gli elettori hanno reso possibile la rinascita della polemica e del dialogo nel parlare pubblico, l’utilizzo dei nuovi concetti (ad esempio, “valori cristiani”) e soprattutto un’enorme diversificazione riguardante sia il contenuto sia la forma dei comunicati politici. Wilkoń rileva anche gli aspetti meno positivi di questa trasformazione, cioè l’aggressione e la brutalizzazione della lingua formale194.

192. Wilkoń, A. (2000) pp. 57-58: “W warunkach polskich w latach 1945-1989 język oficjalny występował w dwu zasadniczych wersjach: 1. W postaci języka urzędowego, kancelaryjnego, mającego – jak wiadomo – bardzo stare, bo czasów średniowiecza sięgające, tradycje.(...) 2. W postaci języka retorycznego, urzędowoideologicznego, wprowadzającego elementy perswazyjne, wartościujące, wkomponowane w sprawozdawczo-informacyjny lub programowy trzon tekstu. Jest to język przemówień i sprawozdań, oficjalnych komentarzy i komunikatów, uchwał i programów; występuje on zarówno w wersji pisanej, jak i mówionej”. 193. Wilkoń, A. (2000) p. 62: “Różne były fazy rozwojowe oficjalnego języka komunistycznego. Można tu wyodrębnić dwa okresy szczególne: lata 1949-1955 (okres stalinowskiego upartyjnienia polszczyzny), okolice roku 1968, kiedy to język “czysto” ideologiczny zmieniał się w język nacjonalistycznych haseł i sloganów, utrzymujących się już – przy pewnych retuszach – właściwie do 1980 roku. W latach 1980-1989 dostrzega się wyraźne próby zmiany oficjalnego języka, tym bardziej że nie dało się już utrzymać, w próbach nawiązania dialogu ze społeczeństwem, dotychczasowego systemu komunikowania”. 194. Wilkoń, A. (2000) pp. 62-63.

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Adesso, come sottolinea Wilkoń, la situazione nell’ambito del comunicazione pubblico-formale può essere descritta come la “Torre di Babele”195: la diversità ideologica e sociologica (età, sesso, livello di istruzione, provenienza) dei partecipanti alla vita politica contribuisce alla diversificazione della stessa lingua politica e perciò essa risulta quasi impossibile da classificare. La lingua politica, marcata anche dagli idioletti dei singoli politici, attinge ai diversi livelli della variazione linguistica: in prospettiva diamesica i testi politici possono essere parlati, scritti, trasmessi nonché si osservano forme miste (come testi orali preparati in precedenza in forma scritta, ad esempio, discorsi). La lingua politica utilizza anche spesso elementi di tutte le varietà diafasiche, a titolo esemplificativo riportiamo l’ampio uso del lessico di economia e marketing da parte dei politici. Le due tipologie che abbiamo presentato esemplificano le difficoltà nel classificare la lingua politica come varietà separata. Ritenendo valida la sua distinzione, desideriamo segnalare ancora in questo riguardo due approcci assai simili che, pur non offrendo una tipologia completa delle varietà linguistiche, considerano la lingua politica degna di essere trattata autonomamente. In primo luogo, vorremmo rilevare l’approccio assunto dal linguista polacco Dubisz che rileva l’ampia portata del termine “lingua politica” e ne propone un’interpretazione propria196. Dubisz tende a concepire la lingua politica in quanto varietà diafasica sensu largo che non si distingue per una particolare funzione nel processo di comunicazione (come accade nel caso degli stili funzionali), ma per un campo di riferimento specifico: la sfera della vita sociale legata all’attività politica197. La posizione della lingua politica non appare del tutto chiara e Dubisz la colloca tra le principali varietà della lingua, cioè lo scritto e il parlato da un lato, e gli stili funzionali dell’altro198. Finalmente, considerata l’eterogeneità interna del termine (innanzitutto

195. Ibid. 196. Dubisz, S. (1992) pp. 148-157. 197. Ivi p. 153: “Właściwe, jak się wydaje, jest zastosowanie przy defi niowaniu języka polityki tych kryteriów, które są wykorzystywane przy omawianiu stylów funkcjonalnych polszczyzny ogólnej z tą jednak różnicą, że style wyodrębnia się przede wszystkim ze względu na ich wyspecjalizowane funkcje w procesach porozumiewania się, natomiast język polityki wyróżniamy przede wszystkim ze względu na jego płaszczyznę odniesienia, którą są sfery życia społeczeństwa, mające wiele wspólnego z faktami politycznymi i działalnością polityczną”. 198. Ibid.: “W takiej sytuacji język polityki zajmuje w klasyfi kacji jak gdyby miejsce pośrednie między językiem ogólnopolskim i jego głównymi odmianami(mówioną i pisaną) a stylami funkcjonalnymi”.

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2. 3. Le varietà della lingua

dal punto di vista diamesico e diastratico) lo studioso propone di trattare la lingua politica come “wariant przedmiotowy” (“varietà tematica”), che significa un insieme di mezzi linguistici usati nei testi riguardanti la tematica politica, prodotti dai rappresentanti di diversi gruppi sociali che influiscono sulla vita politica del paese199. Inoltre, ricorriamo alla definizione offerta da Walczak e affermiamo che sia giustificato ritenere la lingua politica una varietà diafasica separata. Walczak sostiene che la lingua politica costituisca un uso della lingua a un particolare fine: comunicare su questioni pertinenti alla politica, perciò deve essere considerata innanzitutto una varietà funzionale200. Assumendo una serie di criteri per distinguere varietà funzionali (soprattutto: la tematica, la funzione dominante) Walczak propone una definizione della lingua politica201 che distingue la lingua politica come una varietà diafasica in base ai seguenti fattori: ■ i testi vengono prodotti da un ambiente possibile da individuare, composto da politici, giornalisti, specialisti di politica, marketing politico, propaganda elettorale; ■ i testi sono mirati a tutti gli utenti della lingua nazionale; ■ i testi trattano della sfera politica; ■ i testi spiccano per la dominante funzione persuasiva. Presentate le difficoltà tipologiche riguardanti la posizione della lingua politica nel sistema linguistico del polacco, riteniamo utile confrontarle con le classificazioni italiane delle varietà diafasiche, in particolare lo schema di Berruto, molto diffuso nella letteratura. Il nostro obiettivo è dimostrare differenze concettuali e terminologiche ed allo stesso tempo ritrovare denominazioni più pertinenti per il fenomeno della lingua politica.

199. Ibid. 200. Walczak, B. (1994) p. 19: “Jeżeli zgodzimy się z tezą, że język polityki jest użyciem języka ogólnego (prymarnie w jego wariancie oficjalnym) do komunikowania (w szerokim tego słowa rozumieniu, nie wyłączającym ekspresji, perswazji itp.) o sprawach politycznych (a więc w określonym celu) – musimy się w konsekwencji zgodzić z wnioskiem, że jest on odmianą jednak przede wszystkim funkcjonalną”. 201. Walczak, B. (1994) p. 20: “Przyjęcie tych założeń pozwoli na określenie języka polityki jako funkcjonalnej odmiany języka ogólnego (prymarnie w jego wariancie oficjalnym), stosowanej w tekstach, które: 1) są wytwarzane przez środowisko polityków i ludzi z nimi związanych (doradców, rzeczników prasowych, pozostających na usługach polityków specjalistów z dziedziny socjotechniki, propagandy, reklamy itp.) oraz dziennikarzy specjalizujących się w problematyce politycznej, 2) są adresowane intencjonalnie do wszystkich użytkowników języka ogólnego, 3) dotyczą sfery polityki i 4) odznaczają się dominacją funkcji perswazyjnej (przy obecności – w różnych tekstach tej odmiany w bardzo różnym stopniu, w tym również zerowym – także innych funkcji, takich jak informacyjna, ekspresywna czy autoteliczna)”.

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Osserviamo il modello tridimensionale di Berruto, che unisce la diamesia, diastratia e diafasia facendo palese il carattere oscillante della lingua. Non è fattibile racchiuderla in una sola categoria, la lingua varia lungo i tre assi contemporaneamente, perciò ogni classificazione è un atto semplificativo. Le singole dimensioni della variazione si intersecano, nonché i fattori che delimitano una varietà dall’altra sono di natura graduale, perciò gli assi di variazione hanno forma di continuum compreso fra due estremità.

7. ital. formale aulico 8. it. tecnicoscientifico 9. ital. burocratico 1. it. standard letterario

D I A S T R A T I A

2. it. neostandard DIAMESIA 3. italiano parlato colloquiale D

I

A F

S

A

IA

4. ital. (regionale) popolare

5. it. informale trascurato 6. italiano gergale

Fig. 3. Lo schema delle varietà linguistiche di Gaetano Berruto (tratto da Berruto, G. (1996a) p. 12).

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2. 3. Le varietà della lingua

Come nel caso delle tipologie polacche presentate sopra, non ci pare possibile collocare con precisione il fenomeno della lingua politica sullo schema di Berruto. Condizionata da molti fattori sociolinguistici, la lingua politica, pur basandosi principalmente sull’italiano standard e l’italiano neostandard collocati nel centro del diagramma, si avvale significativamente di proprietà presenti in altre varietà. Similmente alle classificazioni dei linguisti polacchi, Berruto ritiene che la lingua politica appartiene fondamentalmente alla dimensione diafasica202. L’eterogeneità terminologica riguardante la variazione diafasica comunque necessita alcune spiegazioni. Berruto divide le varietà diafasiche essenzialmente in “registri” e “sottocodici” (oppure “lingue speciali”). I registri dipendono dal carattere dell’interazione e dal ruolo reciproco assunto da parlante (o scrivente) e destinatario, mentre le lingue speciali vengono determinate soprattutto dall’argomento del discorso e dall’ambito esperienziale di riferimento203. Similmente Sobrero intende le lingue speciali: sono utilizzate per comunicare determinati argomenti, legati a particolari attività lavorative e professionali, come ad esempio la matematica, la biologia, la linguistica, la musica, lo sport. La caratteristica principale dei sottocodici/ lingue speciali è quella di avere un lessico specialistico204. Il concetto di registro che dipende dal grado di formalità o informalità della situazione comunicativa (soprattutto del rapporto tra il mittente e il destinatario) sembra difficile da cogliere e descrivere in termini inequivocabili e, ovviamente, non basta per individuare la lingua politica. Quanto al termine “lingue speciali”, esso apre un’estesa discussione riguardante l’uso delle denominazioni come: sottocodici, microlingue, lingue/ linguaggi speciali, settoriali, specialistiche (-ci), con valenze diverse per descrivere vari aspetti della variazione diafasica. Il disaccordo terminologico non risulta solamente dal-

202. Berruto, G. (1996a) p.10. 203. Berruto, G. (1996b) p. 70. 204. Sobrero, A. A. (1996) p.237.

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la confusione a livello della nomenclatura, ma anche dalla percezione diversa del campo d’analisi205. Proviamo a sistemare il quadro terminologico nonché verificare se sia possibile adoperare la terminologia esistente per cogliere l’essenza e le caratteristiche della lingua usata nella comunicazione politica. Per primo, ricorriamo alle definizioni fornite dall’Accademia della Crusca206, la quale nell’ambito delle lingue speciali distingue due categorie: lingue specialistiche e lingue settoriali. Le lingue specialistiche sono caratterizzate da un lessico specifico, tecnico, costituito maggiormente da termini univoci, comprensibili soprattutto per specialisti. Come esempio si possono nominare la lingua della medicina, dell’economia, della fisica. Le lingue settoriali, invece, sono quegli usi linguistici che appartengono a gruppi sociali e cerchie professionali riconoscibili, usi caratterizzati anche da termini ricorrenti, ma facilmente esportabili nell’uso comune, e comunque inseriti in una struttura testuale più libera 207, come, ad esempio, il linguaggio sportivo o quello politico. Il problema delle lingue speciali viene analogamente concepito da Sobrero che adotta il criterio della specializzazione (sia della disciplina sia della sua nomenclatura) per eseguire la stessa divisione della categoria in lingue specialistiche e lingue settoriali. Sotto l’etichetta delle lingue speciali si intendono sia le lingue ad alto grado di specializzazione (cioè lingue specialistiche come la lingua della chimica o dell’informatica) sia quelle che riguardano settori, ambiti di lavoro meno specia-

205. Ivi, p. 238: “D’altra parte, una volta individuato il fenomeno, la stessa terminologia che si usa per designarlo non è affatto univoca. Quelle che Berruto chiama «lingue speciali» per altri sono «linguaggi speciali», «linguaggi specialistici», «microlingue», «linguaggi settoriali». Non è facile decidere quale denominazione adottare, perché ognuna di queste espressioni ha qualche controindicazione: «linguaggi settoriali» è piuttosto vago; «lingue/ linguaggi specialistici» si riferisce elettivamente all’uso di queste varietà da parte di specialisti che si rivolgono ad altri specialisti – un linguista che parla ad altri linguisti, un fisico ad altri fisici, e dunque esclude altre circostanze d’uso – un professore di linguistica che parla a studenti universitari, un fisico che tiene una conferenza stampa -; «microlingue» implica limitazioni o semplificazioni rispetto alla lingua comune, che non si riscontrano nella realtà; ecc” e in seguito: “Ma i problemi di definizione del campo e di terminologia sono numerosi. L’elenco delle «lingue speciali» (d’ora in avanti: LS) è aperto, e praticamente indelimitabile, soprattutto nel territorio di confine con la lingua comune. Per citare qualche problema aperto: la lingua dei critici d’arte è una lingua speciale? E la lingua delle riviste di moda? C’è un’unica LS dello sport, o ce ne sono tante quante sono le attività sportive?(...)”. 206. Il sito web dell’Accademia http://www.accademiadellacrusca.it/lingue_settoriali.shtml (9.03.2006). 207. Ibidem.

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2. 3. Le varietà della lingua

listici, cioè lingue settoriali, come, ad esempio, la lingua dei giornali, della televisione, della politica, della pubblicità208. Le lingue speciali vengono similmente divise da Cortelazzo209, anche se lo studioso non applica la stessa nomenclatura. In ognuna delle tipologie presentate il lessico diventa il criterio principale con cui si effettua la categorizzazione, prima isolando le lingue speciali dalla lingua comune, e in seguito conducendo ulteriori divisioni più sottili210. Il carattere specialistico del lessico (parallelo al livello di specializzazione del settore della realtà a cui si riferisce) si esprime in esistenza di termini precisamente defi niti, comprensibili quasi esclusivamente a specialisti, presenza di neologismi, forestierismi, sigle, acronimi e limitata e “mirata” circolazione dei messaggi211. Come si è visto, la defi nizione della categoria “lingue settoriali”, nella quale sarebbe inclusa la lingua politica secondo molti linguisti, appare vaga e fluttuante. Comunque, se si considerano solo le caratteristiche più spesso menzionate al fine di distinguere lingue settoriali, si nota subito che la lingua politica non le possiede tutte212, perciò può essere definita “settoriale” solo in senso largo. Attingendo alle osservazioni di Serianni213, cercheremo di svelare i punti deboli dell’approccio alla lingua politica come una lingua settoriale. In primo luogo, le lingue settoriali sono effetto delle necessità comunicative specifiche per un dato campo lavorativo e professionale; così sono strettamente legate a particolari argomenti ed attività caratteristici per un dato settore. Essenzialmente servono come mezzo di comunicazione, più o meno specialistica, tra un gruppo ristretto di addetti ai lavori. Al contrario, la lingua della politica non può limitarsi ad argomenti prescelti; oltre ai temi direttamente connessi al funzionamento del governo o del parlamento, la lingua politica serve a parlare proprio di tutto, siccome

208. Sobrero, A. A. (1996) pp. 238-239. 209. Cortelazzo, M. A. (2000) p. 29: “a) veri e propri sottocodici con un lessico particolare (spesso organizzato in rigidi sistemi di nomenclatura) ed eventualmente tratti morfosintatticie testuali caratteristici;b) lingue speciali in senso lato, senza un esteso lessico specialistico, ma comunque legate ad aree particolari di impiego, e caratterizzate da determinate scelte lessicali e da formule sintattiche e testuali ricorrenti”. 210. Cfr. Cortelazzo, M. A. (1994) pp. 5-9, Serianni, L. (2003) p. 80, Sobrero, A. A. (1996) p. 239. 211. Sobrero, A. A. (1996) p. 239. 212. Serianni, L. (2003) p. 88. 213. Ibid.

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la comunicazione politica non è rivolta unicamente alla cerchia ristretta dei politici, ma a tutta la società, tutti gli elettori. L’obiettivo della lingua politica non è quello di comunicare contenuti molto specifici, tecnico-scientifici attraverso l’uso di un lessico almeno in parte specialistico. L’intento principale sarebbe piuttosto la persuasione, una prova di convincere il numero più grande di elettori. In tale caso il ricorso a termini specialistici, poco chiari, sarebbe controproducente; la lingua della politica, al contrario di altre lingue settoriali, deve essere comprensibile a tutti. Inoltre, è difficile parlare di un lessico caratteristico anche per il fatto che la politica in qualche modo attraversa tutte le sfere della vita sociale. Citiamo l’opinione di Beccaria in questa materia: (...) non esiste un linguaggio politico definito a priori dal suo significato: tutte le parole possono diventare termini politici se usate in una situazione politica. (...) Quasi tutte le parole della politica sono parole comuni o termini non specifici che nel settore si convenzionalizzano diventando espressioni chiaramente distintive (....) 214. Un altro tratto caratteristico di lingue settoriali come lingue della tecnica, del commercio, dell’industria giuridiche, burocratico-amministrative215, ma assente nel caso della lingua politica è, senza dubbio, la neutralità emotiva216. Nel suo intento persuasivo la lingua politica semplicemente deve contenere un carico emotivo per rafforzare propria influenza. Concepita in termini generici, la lingua politica non corrisponde ai requisiti di una lingua settoriale. Comunque, bisogna tener ben presente il fatto che la lingua politica è un fenomeno composto e multiforme, perciò essa stessa è sottoposta a ulteriori spartizioni. A titolo illustrativo, riportiamo la classificazione della lingua politica proposta da Paola Cella Ristaino che nell’ambito del linguaggio politico distingue tre principali campi d’indagine: il linguaggio della prassi politica, il linguaggio della ricerca politica e il linguaggio della teoria politica217. Mentre le ultime due categorie possono essere considerate settoriali in quanto dotate di un lessico specifico, regole formali da rispettare tipiche dei testi scientifici, il linguaggio della prassi politica

214. Beccaria, G. L. (1989) p. 23. 215. Cfr. http://www.accademiadellacrusca.it/lingue_settoriali.shtml (9.03.2006). 216. Cfr. Serianni, L. (2003) p. 80: “(...) un tratto che stacca nettamente i linguaggi settoriali dalla lingua comune (e da quella poetica): la neutralità emotiva”. 217. Cella Ristaino, P., Di Termini D. (1998) p. 27.

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2. 3. Le varietà della lingua

invece è lingua settoriale solo in senso lato, perché è pressoché priva di lessico specialistico, ed è ricca di ambiguità, di reticenze, di polisemie218 . Codesto lavoro si concentrerà solamente sulla lingua dei politici, con cui il termine “lingua politica” si associa intuitivamente, lasciando da parte la lingua degli studiosi in quanto esempio di lingua settoriale tecnico-scientifica.

218. Cfr. Sobrero, A. A. (1996) p. 263, Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004) p. 23.

La persuasione nella comunicazione politica in Italia e in Polonia

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2. 4. La diversificazione interna del concetto della lingua politica Appare pressoché irrealizzabile collocare univocamente la lingua politica nello schema delle varietà della lingua. La lingua politica, intesa come quella dei politici, si diversifica lungo l’asse diastratica, diatopica, diamesica e diafasica allo stesso tempo e inoltre i singoli esempi di essa sono realizzazioni diverse di queste variabili. A volte si cerca di risolvere il problema della variazione interna della lingua politica individuandone varianti diverse. Così rifiutando l’opinione estrema che la lingua politica non esiste affatto, si promuove la tesi che vi siano più lingue politiche. Tale distinzione viene attuata solitamente in base ai criteri diversi da quelli puramente linguistici come l’utilizzo di diversi registri, mezzi stilistici, figure e tropi. Prevalgono piuttosto i fattori che oltrepassano il livello del sistema linguistico e prendono in considerazione gli elementi come emittente, destinatario, argomentazione, funzione, contesto storico, ideologia. Tale approccio contribuisce a rilevare la necessità di interdisciplinarità negli studi sul linguaggio politico, che per la sua diversità motivata da vari fattori non si presta facilmente alle definizioni e classificazioni. A questo riguardo vorremmo presentare alcune tipologie della lingua politica che tengono conto della sua diversificazione interna e la distinzione si poggia piuttosto sui criteri ideologici o politologici che linguistici. La prima classificazione che riteniamo opportuno presentare è quella elaborata da Murray Edelman219, riportata ampiamente nella letteratura italiana sul linguaggio politico. La peculiarità dell’approccio di Edelman consiste nel suo tono caloroso e il vistoso intento demistificante. L’autore costruisce la tipologia con il chiaro obiettivo di rivelare la natura manipolatrice della lingua politica. Come se volesse avvertire, constata che il linguaggio può diventare una sequenza di stimoli pavloviani piuttosto che uno strumento per l’argomentazione ragionata220. Non si riferisce solo al lessico, la sua tipologia eccede la dimensione puramente linguistica poi-

219. Edelman, M., (1997). 220. Ivi, p. 182.

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2. 4. La diversificazione interna del concetto della lingua politica

ché la lingua viene concepita come mezzo dell’allocazione di valori, della creazione e diffusione di valutazioni che strutturano poi l’intero processo politico. La lingua non è politica perché usata dai politici, ma perché è il linguaggio del potere221. Accentuando la dimensione simbolica del linguaggio politico in quanto strumento di potere, Edelman distingue quattro tipi attraverso cui si realizza la lingua politica: ■ il linguaggio esortativo ■ il linguaggio giuridico ■ il linguaggio amministrativo ■ il linguaggio della contrattazione. Nel suo intento di svelare la forza manipolatrice del linguaggio del potere, nell’ambito del linguaggio politico Edelman colloca anche le varietà che nelle tipologie tradizionali costituirebbero entità a sé stanti. Ad esempio, il linguaggio giuridico e quello amministrativo dal punto di vista della variazione della lingua vengono considerate varietà separate: linguaggi settoriali. Secondo Edelman invece la politica va intesa in modo molto largo, costituisce un fenomeno di natura trasversale in quanto è presente in tutte le sfere dell’attività umana. Di conseguenza, nell’ambito della politica rientrano non solo gli attori e contesti tipicamente politici, ma anche le istituzioni come tribunali, sindacati, l’amministrazione pubblica che sono considerati rappresentati del potere. Per questo motivo il linguaggio usato in queste situazioni viene automaticamente ritenuto politico. Osserviamo come Edelman descrive le categorie individuate. Il linguaggio esortativo rappresenta un’ampia categoria che comprende la maggior parte della comunicazione denominata politica, vale a dire, il linguaggio delle campagne elettorali, udienze, dibattiti parlamentari. Esso si indirizza a un pubblico di massa per ottenere l’appoggio politico, per persuadere che le scelte politiche proposte dovrebbero essere universalmente accettate222 . Si caratterizza per una forte emotività, a volte travestita da ragionamento razionale. Il linguaggio giuridico è uno stile adottato nella comunicazione di tipo istituzionale, con esso sono stilate le costituzioni, i trattati, le norme, i contratti, i progetti

221. Mazzoleni, G. (2004) p. 116. 222. Edelman, M., (1997) p. 202.

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di legge223. Si contraddistingue per la poca comprensibilità che, comunque, deve dare un’illusione di grande precisione. Il linguaggio amministrativo è sostanzialmente simile a quello giuridico, se ne serve l’amministrazione dello stato. In questo linguaggio vengono formulate le norme, i regolamenti e i promemoria amministrativi. Il linguaggio della contrattazione, invece, racchiude una vasta gamma di comunicazioni tipici per questa sfera della politica che preferibilmente viene taciuta, cioè la sfera di negoziati, patteggiamenti segreti, compromessi, perfino corruzione nascosti dall’occhio pubblico. Secondo alcuni, è proprio questo il vero linguaggio della politica che mira all’accordo e scambio di concessioni per proteggere lo status quo dei politici. Un’altra classificazione tenente conto della diversificazione all’interno del linguaggio politico che desidereremmo avanzare è stata formulata da studiosi italiani: Lorella Cedroni e Tommaso Dell’Era224 che, in base all’ideologia, al contesto e al referente individuano tre tipi di linguaggi politici: ■ linguaggi rivoluzionari ■ linguaggi totalitari ■ linguaggi della crisi Nell’ambito di linguaggi rivoluzionari rientrano i linguaggi che servono come strumento di cambiamento politico e sociale225 aiutando a creare una nuova realtà. I linguaggi totalitari, invece, rafforzano e stabiliscono il cambiamento: compaiono entro contesti definiti da ideologie determinate e indicano un referente nella realtà politica sia come denotazione sia come indirizzo programmatico (esplicitano quindi la loro forza perlocutiva) 226 . Definendolo chiaramente, la caratteristica principale dei linguaggi della crisi sta nel rovesciare il contenuto delle parole vecchie e creare la crisi. Questa tipologia mette in rilievo le varie funzioni che il linguaggio politico possa svolgere rispetto alla re-

223. Ivi, p.210. 224. Cedroni, L., Dell’Era, T. (2002) p. 125. 225. Ibidem. 226. Ivi, p.132.

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2. 4. La diversificazione interna del concetto della lingua politica

altà extralinguistica e viene concepito innanzitutto come strumento di cambiamento o stabilizzazione politica. Finalmente, vorremmo proporre la tipologia del linguista polacco Jerzy Bralczyk, il quale nella sfera della comunicazione pubblica distingue tre modelli elementari227, cioè: ■ il linguaggio conservativo ■ il linguaggio liberale ■ il linguaggio socialista. Questi tipi della comunicazione politica sono individuati in base alle scelte ideologiche che rappresentano. Bralczyk elenca alcuni tratti tipici per questi linguaggi, così il linguaggio conservativo tenderebbe all’uso del pathos, di etichette negative per avversari, nonché alla lingua forte, emotiva; il linguaggio liberale si caratterizzerebbe per la propensione alla terminologia, razionalità e political correctness. Invece la natura aperta, l’inclinazione al dialogo e anche l’accettazione di elementi che vanno oltre la norma linguistica (come l’umorismo o l’invettiva) contraddistinguerebbero il linguaggio socialista. Come abbiamo potuto osservare, i modelli riportati sopra, nonostante si riferiscano praticamente allo stesso fenomeno, lo concepiscono diversamente. Il linguaggio politico si presenta come un’area molto ampia e fluttuante, differenziata a seconda dei criteri diversi che, anche nel caso degli studi tipicamente linguistici di Bralczyk, eccedono la dimensione della lingua e coinvolgono i fattori sociopolitici come ideologia, sistema sociale. Tale impostazione del problema del linguaggio politico, pur interessante, non sembra pertinente alla nostra ricerca. Soprattutto non siamo sicuri se i tipi individuati in ognuna di queste classificazioni esauriscano il fenomeno di lingua politica, magari sarebbe possibile aggiungercene altri. Se consideriamo, ad esempio, la tipologia di Bralczyk, può sorprendere l’assenza di altre ideologie in quanto criterio dell’individuazione dei linguaggi separati: quella comunista, femminista, nazionalista, “verde”, ecc. che danno vita a numerosi partiti politici e probabilmente costituiscono forme di comunicazione diverse. Quanto alla classificazione di Cedroni e Dell’Era colpisce la mancanza del linguaggio della stabilizzazione politica, che, crediamo, possa essere individuato in contrapposizione alla crisi, rivoluzione e totalitarismo. 227. Bralczyk, J. (1999b) p. 203.

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Distinguendo i tipi della lingua politica in quanto varianti separate, gli autori delle classificazioni presentate tralasciano la questione della lingua politica in quanto tale, mentre nel presente lavoro assumiamo e vogliamo difendere la tesi che valga la pena trattare la lingua politica come un’unica, pur molteplice, entità e che sia fattibile distinguerne le qualità costitutive.

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2. 5. Come delimitare l’ambito della ricerca Vista la dissonanza terminologica e le difficoltà nell’inquadrare la lingua della comunicazione politica nello schema delle varietà della lingua si può giungere non solo alla conclusione che ci siano tante lingue politiche, ma perfino possiamo mettere in dubbio l’esistenza stessa della lingua politica. Tale approccio, piuttosto radicale e assurdo a primo sguardo, significa solamente che non è legittimo parlare della lingua politica come un’entità omogenea228, perciò esaminandola bisogna precisare ogni volta il campo della ricerca. Fatto questo, sarà possibile scegliere gli strumenti linguistici più giusti per l’analisi del fenomeno. Riteniamo dunque indispensabile stabilire certi confini ed estrarre una parte della realtà che diventerà oggetto del nostro studio. Nel presente lavoro ci basiamo sull’assunzione che la realizzazione vera e propria della lingua politica è la lingua dei politici. Dobbiamo sottolineare che siamo dell’opinione che la lingua politica non sia un entità puramente teoretica, ipotetica che non trovi conferma nella realtà. La lingua politica, intesa come lingua utilizzata dai politici indubbiamente esiste. Comunque, non si può negare che sia difficile cogliere i suoi tratti tipici, visto che i suoi utenti approfittano dell’intero repertorio di varietà, forme e stili offerti dal sistema linguistico229. Per definire ed isolare il campo della ricerca vorremmo avvalerci dell’approccio metodologico proposto da Bralczyk 230. Lo studioso afferma che esistano due me228. Ivi, p. 198: “Przede wszystkim sam status obecnie (hipotetycznie) wyodrębnianej odmiany języka polityki jest problematyczny i dla potwierdzenia jej odrębności przywołuje się niekiedy starą zasadę wnioskowania z istnienia pojęcia o istnieniu rzeczy. Wyraźnie wyodrębnione są tu tylko cechy zewnątrzjęzykowe, cechy zaś wewnątrzjęzykowe są zmienne i trudne do przypisania jednej tylko odmianie. O ile tamta odmiana [tzn. nowomowa] miała wiele cech języków ‘zamkniętych’, jakimi są języki specjalistyczne, obecna, co naturalne w warunkach pluralizmu demokratycznego, ma wiele cech języków ‘otwartych’, nastawionych na pozyskiwanie odbiorców, z jawnie zaznaczoną funkcją perswazyjną”. 229. Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004) p. 23: “La lingua dei politici, che sarà l’oggetto del nostro esame, ha come destinatari tendenzialmente tutti e come intenzioni quelle di informare, comunicare idee e progetti, suscitare partecipazione e consenso emotivo. Tale forma comunicativa, pur fondandosi sul lessico politologico tradizionale, si apre a comprendere anche il lessico quotidiano e i diversi lessici propriamente settoriali, costituendo un’entità linguistica eterogenea che dispone di un ventaglio lessicale e contenutistico estremamente diversificato”. 230. Bralczyk, J. (2001) p. 11: “Ustalenie, czy mamy do czynienia z dobrze funkcjonalnie wyodrębnionym typem tekstu, może zostać dokonane zasadniczo dwoma sposobami: po pierwsze, przez wyróżnienie technik językowych, charakterystycznych dla danego zbioru tekstów; po drugie, przez wyróżnienie specyficznej natury kategorii zewnątrzjęzykowych (czyli pragmatycznych) temu zbiorowi właściwych”.

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todi utilizzati per controllare se sia giustificato parlare di un dato tipo di testi, una data varietà linguistica: il primo consiste nell’individuare un complesso di mezzi linguistici tipici per un dato insieme di testi; nel secondo metodo ci si riferisce alla specificità delle categorie pragmatiche proprie di questo tipo. In questa analisi riteniamo funzionale applicare prima il secondo dei due metodi proposti da Bralczyk, vale a dire, descrivere l’atto della comunicazione politica dal punto di vista delle categorie pragmatiche. Dopo aver stabilito i confini della ricerca, desidereremmo fornire una descrizione delle caratteristiche che si manifestano all’interno della lingua, cioè al livello lessicale, fraseologico, morfo-sintattico231. È una procedura suggerita dallo stesso Bralczyk 232.

231. Bralczyk, J. (1999b) p. 199: “W opisie zjawisk wewnątrzjęzykowych z natury rzeczy główne miejsce przypada leksyce, słowotwórstwu i frazeologii”. 232. Bralczyk, J. (2001) p. 12: “Dlatego też słusznym wydaje się wybór drogi prowadzącej od określenia sposobu funkcjonowania wyróżnionego, początkowo hipotetycznie, typu tekstu, do stwierdzenia charakterystycznych cech językowych w danym typie występujących, a tym funkcjom przyporządkowanych”.

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2. 5. 1. Il primo livello di analisi – le caratteristiche pragmatiche della lingua politica La descrizione delle componenti pragmatiche dell’atto comunicativo implica la necessità di adottare un modello della comunicazione a cui rivolgersi. In codesto lavoro intendiamo la comunicazione come un processo di trasmissione dei messaggi da un emittente ad un destinatario attraverso un canale, nel quale giocano un ruolo importante un codice (linguistico) e un contesto in cui avviene l’atto comunicativo, vale a dire, ci riferiamo allo schema classico di Roman Jakobson. CONTESTO MITTENTE

MESSAGIO

DESTINATARIO

CANALE CODICE Fig. 4. Lo schema di Roman Jakobson.

Reputiamo più che soddisfacente il modello dell’atto comunicativo di Jakobson affinché si possa individuare le componenti del processo comunicativo e descriverle, il che permetterà la caratteristica del concetto della lingua politica. Procediamo all’analisi degli elementi summenzionati al fine di stabilire la natura della lingua politica: 1. Il mittente. In codesta analisi nella categoria del mittente rientrano solamente i politici. Al contrario di alcuni linguisti, da cui consapevolmente escludiamo giornalisti, esperti di propaganda e marketing ecc. che, a nostro parere, si servono di questa lingua in maniera secondaria, la riproducono in un certo senso. I veri e propri autori dei messaggi in questo caso sono i politici, perciò il termine “la lingua politica” verrà usato intercambiabilmente con “la lingua dei politici”. Ci rendiamo conto di una certa vaghezza del termine “politici”, vi rinchiudiamo membri del parlamento, del

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governo, anche persone che prendono parte attiva alla vita politica del paese, pur non avendo cariche ufficiali. Come si vede, è una categoria molto diversificata, costituita da persone che si differenziano tra loro a seconda delle variabili di natura sociologica: età, sesso, grado di istruzione, occupazione precedente, provenienza, e ciò lascerà impronte sul codice (la lingua) da loro usato. 2. Il destinatario. È un’ampia categoria nella quale nel caso della lingua politica sarebbero inclusi tutti i cittadini, un’intera collettività. Particolarmente ci riferiamo all’insieme di eventuali elettori a cui primariamente è indirizzato un messaggio politico con lo scopo di guadagnare consenso e voti. Non vanno dimenticate altre classi di persone che sono comprese nella categoria dei destinatari di tale messaggio: altri politici contro i quali si lotta, o giornalisti di cui si dovrebbe suscitare l’interesse. 3. Il messaggio. Nel caso della lingua politica il messaggio significa tutti gli enunciati prodotti dai politici quando svolgono la loro funzione pubblica. Non ci interessano i loro interventi nelle discussioni famigliari, private. Anche la tematica dei messaggi svolge una funzione di minore rilievo, poiché, facendo politica, i politici comunicano contenuti che riguardano pressoché tutte le aree dell’attività umana. 4. Il codice. Il codice deve essere comune al mittente e il destinatario per rendere possibile la decodifica del messaggio. Come si è detto prima (v. cap.2.1.) il codice è stato limitato alla sua realizzazione verbale, tralasciando altre forme come il linguaggio dei gesti, la mimica, ad esempio. Il codice è composto dall’intero sistema linguistico (qui: il polacco e l’italiano) con tutte le sue varietà ed è la competenza comunicativa del mittente, cioè la padronanza della lingua e l’abilità di adattare la forma linguistica ad un pubblico concreto, a decidere della forma che un dato testo politico assume. 5. Il canale (il contatto). Per rendere possibile la comunicazione le due parti, mittente e destinatario, devono avere un contatto attraverso un canale. Il canale che consente di iniziare e mantenere la comunicazione è il mezzo, anche materiale, tramite cui accade la comunicazione. Nel caso esaminato il canale sarebbe la carta della stampa, le onde della voce oppure le onde radiotelevisive.

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2. 5. 1. Il primo livello di analisi

6. Il contesto. Il contesto è la realtà extralinguistica a cui si riferisce il messaggio e in cui avviene la comunicazione. Questo termine comprende la situazione concreta con tutte le circostanze dell’atto comunicativo, ma, a un livello più generale, anche la situazione storica, politica, culturale in cui è inserito l’evento comunicativo. Non va trascurato anche lo sfondo ideologico del messaggio, le convinzioni politiche del mittente, siccome: Il punto di vista, il gruppo politico che parla, è determinante, si capisce, per la decodifica dell’enunciato 233. Quanto alle funzioni individuate da Jakobson: referenziale, emotiva, conativa, poetica, fatica e metalinguistica, dobbiamo rilevare che esse non compaiono mai separatamente, di solito nell’atto comunicativo se ne riscontrano almeno alcune. Si può comunque azzardare l’ipotesi che sia possibile distinguere sempre una funzione dominante. Di solito, il messaggio viene prodotto a uno scopo ben definito, perciò una delle funzioni prevale. Siamo convinti che è la funzione persuasiva (conativa) a predominare nella comunicazione politica. A nostro supporto citiamo le parole di Beccaria: La parola politica ha come caratteristica principale quella di mettere in evidenza una delle principali funzioni della lingua, la funzione conativa (o persuasiva). La parola politica è al servizio della persuasione. Deve convincere, dare comandi suggestivi. Vuole suscitare nel destinatario, tramite il linguaggio prescelto, un’emozione tale da persuaderlo ad agire nel modo voluto. 234

233. Beccaria, G. L. (1989) p.24. 234. Ivi, p.2.

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2. 5. 2. Il secondo livello di analisi – le caratteristiche linguistiche della lingua politica Trattati tutti gli elementi costitutivi della comunicazione, si vede che essi aiutano a delimitare il campo d’analisi in modo tecnico. Permettono di stabilire approssimativamente i confi ni e ritagliare il frammento interessante della realtà, ma allo stesso tempo non ne forniscono automaticamente una caratteristica coerente. La realtà politica è talmente ricca che si esprime attraverso un larghissimo ventaglio di forme e di conseguenza la lingua sfugge alle descrizioni più precise. Comunque, partiamo dalla convinzione che sia possibile distinguere nonché analizzare le qualità linguistiche della comunicazione politica e proprio a questo scopo saranno dedicati i capitoli seguenti del presente lavoro. Le proprietà presenti all’interno della comunicazione politica evidentemente non sono esclusive per essa e da sole non permettono di distinguere la lingua politica in sé, però costituiscono un aggregato specifico di tratti che, con intensità diversa, appare nella comunicazione politica. Tenteremo di evidenziare questo aggregato e mettere in luce il suo funzionamento. Abbiamo stabilito che è la funzione persuasiva a prevalere nella comunicazione politica, riteniamo dunque che sia opportuno svelare i mezzi linguistici che vengono utilizzati a questo scopo. Cercheremo di dimostrare che gli esponenti della persuasione non si limitano alle scelte lessicali oppure morfosintattiche, ma in gran parte si realizzano al livello pragmatico della comunicazione. Ci occuperemo anche dei fenomeni linguistici caratteristici per la lingua politica che entrano nell’uso quotidiano della lingua, sanciti dal fine persuasivo, ma costituiscono un allontanamento dalla norma linguistica vigente. Intendiamo qui una visibile tendenza all’aggressione e brutalizzazione della lingua in contesti pubblici. Vorremmo dimostrare come tale uso legittima queste tendenze e le rafforza. Facendo uno studio comparativo tra il polacco e l’italiano, speriamo di evidenziare in particolare le affinità fra ambedue le lingue, nonché dimostrare l’esistenza dei tratti universali della lingua politica.

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2. 5. 2. Il secondo livello di analisi

Ricapitolando, indichiamo i fattori principali impiegati in questa analisi per distinguere la lingua politica: ■ è usata dai politici in situazioni quando “fanno la politica”; ■ i messaggi sono rivolti all’intera società, particolarmente i possibili elettori; ■ vi domina la funzione persuasiva. Questa definizione ci consentirà di circoscrivere l’ambito della ricerca e selezionare il corpus che costituisce l’oggetto dello studio nei seguenti capitoli.

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Capitolo 3. La persuasione Le riflessioni contenute nei capitoli precedenti ci hanno portato a individuare la funzione persuasiva in quanto uno degli elementi distintivi della comunicazione politica, e, più precisamente, della lingua politica. Pare addirittura banale constatare l’onnipresenza dell’intento persuasivo nelle comunicazioni dei politici, sebbene in pratica troppo spesso questo fatto venga dimenticato. La persuasione, non sempre vistosa ed insistente, è celata sia nel contenuto sia nella forma del messaggio e nel caso della lingua dei politici si può parlare della persuasione in quanto una funzione superiore, dominante, pur a volte celata. Il concetto della persuasione, sebbene chiaro ed evidente al primo sguardo, richiede qualche commento e di ciò vorremmo occuparci in questo capitolo. La riflessione sulla persuasione in quanto tale occorrerà per ulteriori analisi degli esempi inclusi nel corpus, in particolare si vorrebbe capire come l’intento persuasivo governa le scelte linguistiche e come si manifesta al livello linguistico. Tale approccio in qualche modo restringe la riflessione sul fenomeno quasi esclusivamente all’aspetto linguistico. Ci si rende conto che l’analisi della persuasione vista in chiave, ad esempio, psicologica arricchirebbe sicuramente la ricerca, comunque questo eccederebbe sostanziosamente il campo di questo studio, perciò ci limitiamo alla sfera linguistica, aggiungendo solo a volte commenti attinti da altre discipline umanistiche. Infatti, bisogna tener presente il fatto che la politica e perciò la sua lingua non sono enti indipendenti, sospesi nel nulla, ma costituiscono una parte dell’attività umana, del mondo complicato e multidimensionale, il quale nei suoi dettagli può essere spiegato solo grazie alla fusione di diverse discipline. Alcune scelte linguistiche si possono interpretare solo come una risultante di diversi influssi culturali, sociali e psicologici. Come si è detto, la persuasione si iscrive inscindibilmente nella comunicazione politica e all’interrogativo se possa esistere una comunicazione politica non persuasiva dovremmo dare una risposta negativa. Evidentemente nell’arco dei secoli il

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Capitolo 3. La persuasione

rapporto persuasione – politica ha assunto varie forme ed ha subito diverse modifiche. Avvalendoci delle esperienze storiche polacche ed italiane dell’ultimo secolo, intendiamo qui soprattutto l’epoca della dittatura fascista in Italia e la fase del socialismo reale in Polonia. Nei periodi menzionati si è particolarmente risentita la subordinazione della lingua ai fini della persuasione forzata, la lingua è stata strumentalizzata per suscitare e far durare il sostegno del regime fascista o comunista o almeno creare l’illusione di tale sostegno. Queste esperienze storiche hanno probabilmente distorto l’interesse e l’approccio dei ricercatori, anche linguisti, dirigendo la loro attenzione verso lo studio della persuasione nella lingua politica in quanto strumento del potere autoritario e della manipolazione235. Lo sviluppo della cultura di massa, invece, ha fatto nascere un altro ramo della riflessione sulla persuasione nella lingua, cioè quello legato al fenomeno della pubblicità, nell’analisi della quale si dedica molta attenzione ai rischi che essa porta. Come constata Dorota Zdunkiewicz, le ricerche contemporanee sui meccanismi persuasivi si concentrano sullo svelare l’impiego manipolatorio della lingua al fine di mettere in risalto i pericoli che esso comporta per la libertà di pensiero e di parola nonché per la vita pubblica in generale. Pertanto la maggior parte degli studi è dedicata all’analisi delle tecniche di propaganda politica e di pubblicità, mentre mancano quelli di carattere più universale, incentrati sulla persuasione nella pedagogia, omiletica o conversazioni quotidiani236. Siamo convinti che, cambiata la situazione storico-politica, emerge un forte bisogno di studi che considerassero la questione dei meccanismi persuasivi nella lingua, anche politica, senza il peso della storia e in maniera non ideologizzata. Per la definizione della persuasione, anche nella lingua politica, in chiave linguistica ci si riferisce prevalentemente alla teoria delle funzioni del linguaggio elaborata da Roman Jakobson (cfr. cap.2.) e alla teoria degli atti linguistici di John L. Austin, continuata e sviluppata poi da Searle, Grice ed altri. 235. Per un approfondimento bibliografico su questo tema si veda il cap. 1.5. 236. Zdunkiewicz-Jedynak, D. (1991) p. 149: “Są one wymierzone przeciw manipulacyjnemu wykorzystywaniu języka jako instrumentu autorytaryzmu władzy. Są wyrazem świadomości moralnych niebezpieczeństw płynących ze stosowanych technik paraliżowania aktywności i samodzielności w myśleniu – niebezpieczeństw zagrażających osobie ludzkiej i życiu publicznemu. O ile więc doczekały się dość gruntownego opisu techniki perswazyjne w propagandzie politycznej i reklamie, o tyle brakuje ogólniejszego, bardziej uniwersalnego ich opracowania, uwzględniającego materiał językowy wzbogacony o teksty potocznej konwersacji, pedagogiki i homiletyki”.

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3. 1. La persuasione e le funzioni del linguaggio Nonostante alcune mancanze e imprecisioni237 lo schema di Jakobson costituisce anche qui un punto di partenza per la riflessione sulla persuasione nella comunicazione politica, poiché vede la persuasione come una delle funzioni essenziali del testo, anche se non risulta chiaro se costituisce una caratteristica di tutti i testi, visto che ogni testo in qualche modo influenza il destinatario, oppure se è riservata solo per un certo tipo di testi, il cui scopo specifico sarebbe l’influsso sul destinatario. Nel nostro caso, la funzione persuasiva, diretta al destinatariocittadino–elettore, si dimostra di particolare rilievo e predomina nei testi prodotti dai politici. Un’interessante rielaborazione dello schema jakobsoniano, arricchita da elementi attinti dalla teoria di J. L. Austin, viene presentata da Renata Grzegorczykowa238. La studiosa rileva che il concetto d’illocuzione e forze illocutive nonché la nozione di implicatura conversazionale modificano l’interpretazione delle funzioni dell’enunciato, soprattutto nel senso che scoprire della vera intenzione di chi parla diventa cruciale per una corretta decodificazione delle funzioni del testo239. Grzegorczykowa propone la seguente sistemazione delle funzioni dell’enunciato, cioè un registro di intenzioni:

237. Cfr. Grzegorczykowa, R. (1991) pp. 12-14. 238. Ivi, p.23. 239. Ivi, p. 18: “W sumie więc dla problemu funkcji wypowiedzi istotne jest wykrycie typów intencji komunikatywnych (typów zachowań językowych człowieka). Część tych intencji będzie wyrażana za pomocą środków systemowych, inne być może będą należały do pewnego uzusu, który z czasem może ustabilizować się i przekształcić w wykładniki konwencjonalne. Będą wreszcie wypowiedzi, których intencje odczytywane są całkowicie sytuacyjnie, w sposób indywidualny”.

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3. 1. La persuasione e le funzioni del linguaggio

Typy funkcji (intencji) wypowiedzi

przekaz informacji (f. komunikatywna w węższym sensie)

f. informacyjna opisowa

cele pozainformacyjne

f. informacyjna oceniającopostulatywna J. powinien (był) pojechać [2]

konstatacje J. przyjechał

hipotezy J. chyba przyjechał [1]

f. sprawcza

na mocy wiary ludowe rytuały np. klątwa

akty sakramentalne [3]

f. nakłaniająca (impresywna) nacisk na odb.

na mocy konwencji społecznej: Obiecuję Dziękuję Witam [4]

f. ekspresywna (wyraz emocji, woli i sądów) [9]

w celu wywołania działań

pytania

dyrektywy

[5]

[6]

f. kreatywna (tworzenie działa sztuki, tworzenie wizji świata) [10]

w celu wpływania na stan mentalny odb.

działanie na świadomość (perswazja) [7]

działanie bez świadomości odb. (manipulacja) [8]

Fig. 5. Lo schema di funzioni dell’enunciato di Renata Grzegorczykowa (tratto da Grzegorczykowa, R. (1991) p. 23).

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Il frammento dello schema riportato sopra che più interessa in questa sede è ovviamente quello che si concentra sulla funzione denominata qui impressiva e il fatto che risalta è la sua diversità interna. La differenziazione della pressione esercitata sul destinatario dipende dallo scopo principale del mittente; il registro delle intenzioni comprende: 1. provocare un certo comportamento (verbale o meno): a tale fine servono domande e atti direttivi tipo: minacce, richieste, ordini, ecc. 2. influire sullo stato mentale del destinatario – in modo diretto attraverso la persuasione (consigli, ecc) oppure di nascosto (la manipolazione) Applicando questa classificazione alla comunicazione politica, arriviamo alla conclusione che la funzione persuasiva si realizza il più pienamente nella forma del punto [7], cioè come pressione il cui scopo costituisce il cambiamento delle opinioni ed emozioni del destinatario tramite l’influsso sulla sua coscienza. La studiosa stessa constata che l’intenzione persuasiva può penetrare ogni enunciato; anche un enunciato che deve principalmente informare a un livello più profondo può servire la persuasione (la selezione di informazioni è già un tentativo di formare la realtà), perciò Grzegorczykowa prende in considerazione solo le intenzioni immediate, lasciando da parte quelle a lunga portata. Lo schema di Grzegorczykowa svela altri aspetti interessanti della persuasione nella comunicazione politica come la distinzione tra essa ed i direttivi (soprattutto sotto la forma del modo imperativo) che dovrebbero influire sul comportamento e non necessariamente sulle opinioni del ricevente nonché espone la ben nota controversia a riguardo del confine tra la persuasione e la manipolazione. Questi argomenti, comunque, saranno sviluppati più dettagliatamente nel prossimo capitolo alla luce della teoria degli atti linguistici di Austin.

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3. 2. La persuasione e la teoria degli atti linguistici di J. L. Austin In questo studio del fenomeno della comunicazione politica decidiamo di adoperare la teoria degli atti linguistici di J. L. Austin, sviluppata poi da J. R. Searle e altri studiosi, come una cornice teorica generale in cui inscrivere successive analisi più particolareggiate. La motivazione di tale scelta è essenzialmente legata alla possibilità di cogliere alcuni aspetti peculiari della comunicazione persuasiva dei politici, che potrebbero sfuggire all’indagine basata su un approccio metodologico e teorico diverso. La teoria di Austin permette di catturare e mettere in risalto certi tratti specifici della comunicazione politica. Non è qui la sede per un’approfondita presentazione della teoria dell’autore di How to do things with words, accenniamo solo a questi suoi elementi che la rendono utile ai nostri fini240. La teoria di Austin, rappresentante per eccellenza del ramo pragmatico nella linguistica, studia l’uso della lingua come azione241. Già il titolo della raccolta delle conferenze di Austin a Harvard – How to do things with words (come compiere azioni con le parole) – espone l’idea principale dello studioso, cioè l’analisi della lingua nell’uso e l’analisi degli scopi per cui essa serve. Tale orientamento mette in evidenza il ruolo

240. Vorremmo sottolineare il fatto che siamo consapevoli dell’esistenza di un’ampia bibliografia di riferimento sulla pragmatica che per motivi di spazio e dello scopo di questa dissertazione non siamo stati in grado di riportare. Segnaliamo qui tra l’altro Levinson, S. C. (1983); fra gli autori italiani: Bazzanella, C. (2005), Bertuccelli Papi, M. (1993) e in particolare Marina Sbisà (si cfr. il sito web http://www2.units. it/~sbisama/it [10.02.2008] per la bibliografia ed alcune pubblicazioni di Sbisà disponibili online). Non si può nemmeno sottacere l’importanza degli studiosi francesi che fi n dagli anni 70’ hanno contribuito notevolmente a sviluppare questo ramo di linguistica, indagando la tematica di presupposizioni, dell’implicito o dell’argomentazione. Intendiamo qui gli autori come O. Ducrot, J.C. Anscombre, F. Récanati, C. KerbratOrecchioni e il linguista svizzero A. Berrendonner (cfr. Ducrot, O. (1972), (1973), (1980); Anscombre, J.C., Ducrot, O. (1983); Récanati, F. (1981); Kerbrat-Orecchioni, C. (1986); Berrendonner, A. (1982). 241. Cfr. Austin, J. L. (1962) pp. 5-6: “In these examples it seems clear that to utter the sentence (in, of course, the appropriate circumstances) is not to describe my doing of what I should be said in so uttering to be doing or to state that I am doing it: it is to do it”; la stessa idea viene poi sviluppata da Searle, J. R. (1987) p. 29: “Mówienie językiem jest wykonywaniem czynności mowy, takich jak wygłaszanie twierdzeń, wydawanie rozkazów, zadawanie pytań, składanie obietnic itd., a mówiąc bardziej abstrakcyjnie, takich czynności, jak odnoszenie się do czegoś i orzekanie; po drugie zaś, czynności te są w ogólności możliwe dzięki regułom użycia składników języka i wykonywane zgodnie z tego regułami”.

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del contesto242, concepito come un’insieme di fattori extralinguistici: psicologici, sociali, culturali che contribuiscono a definire la situazione in cui si svolge la comunicazione e i quali influiscono considerevolmente sulla comprensione e interpretazione dell’enunciato. Nello studio sulla lingua dei politici, in particolare sul suo aspetto persuasivo, basato sul materiale autentico, per lo più parlato, non è possibile sottovalutare l’importanza del contesto, senza di cui l’enunciato smette di significare come l’ha voluto il mittente243. Individuando l’aspetto persuasivo della comunicazione politica come uno dei suoi tratti caratteristici vorremmo indicare la rilevanza del risultato di tale persuasione per la vita politica del paese in generale. Sebbene l’influsso reale della comunicazione dei politici sulle decisioni degli elettori sia difficile da afferrare e misurare, non lo vogliamo assolutamente minimizzare. Adoperiamo, quindi, la teoria di Austin che offre un metodo di analisi sia dell’enunciato e del suo vero intento sia dei suoi effetti. Questo obiettivo viene raggiunto tramite la distinzione di tre livelli di cui consta un atto linguistico: ■ locuzione (ciò che si dice) ■ illocuzione (lo scopo) ■ perlocuzione (l’effetto, la conseguenza)244. La maggior parte degli enunciati, secondo Austin, non si limita a constatare dei fatti al riguardo della realtà extralinguistica, ma serve a costruirla e ciò si riflette nei vari livelli dell’atto linguistico. Il paradigma austiniano propone una tale strutturazione dell’analisi che consideri i condizionamenti extralinguistici dell’enunciato, le sue funzioni, a volte nascoste, nonché gli effetti, l’influsso esercitato245. 242. Sulla nozione di contesto cfr. Bazzanella, C. (2005) pp. 120-146. 243. Austin, J. L. (1962) p. 8: “Speaking generally, it is always necessary that the circumstances in which the words are uttered should be in some way, or ways, appropriate, and it is very commonly necessary that either the speaker himself or other persons should also perform certain other actions, whether ‘physical’or ‘mental’actions or even acts of uttering further words. Thus, for naming the ship, it is essential that I should be the person appointed to name her (…)”. 244. Austin, J. L. (1962) pp. 100-102 e p. 108: “We fi rst distinguished a group of things we do in saying something, which together we summed up by saying we perform a locutionary act, which is roughly equivalent to uttering a certain sentence with a certain sense and reference, which again is roughly equivalent to ‘meaning’in the traditional sense. Second, we said that we also perform illocutionary acts such as informing, ordering, warning, undertaking etc, i. e. utterances which have a certain (conventional) force. Thirdly, we may also perform perlocutionary acts: what we bring about or achieve by saying something, such as convincing persuading, deterring, and even, say, surprising or misleading”. 245. Austin, J. L. (1962) p. 120: “Thus we distinguished the locutionary act (...) which has a meaning; the illocutionary act which has a certain force in saying something; the perlocutionary act which is the achieving of certain effects by saying something”.

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3. 2. La persuasione e la teoria degli atti linguistici di J. L. Austin

L’atto della comunicazione politica come costrutto ipotetico ideale comprende tutti e tre i livelli di analisi, vale a dire: quello che è stato detto nel senso di una concreta selezione tra le possibilità offerte dal sistema linguistico in quanto tale, la funzione più che altro persuasiva dell’enunciato e l’effetto che l’atto ha avuto sul cittadino-elettore. La teoria di Austin rielaborata dal suo grande continuatore John R. Searle non solo presume che dicendo si compiono certe azioni, ma anche propone una tipologia degli atti linguistici a seconda dell’effetto che mirano ad ottenere. Tale classificazione permette di capire il carattere e la complessità dei modi di persuadere attraverso il ricorso ai diversi atti linguistici. Non dimenticando l’apporto pionieristico di Austin per la disciplina, siamo propensi piuttosto a riportare la classificazione degli atti linguistici effettuata da Searle246 che sembra più adeguata nel nostro caso. Naturalmente, Searle condivide l’idea di Austin che esista un stretto rapporto tra linguaggio ed azione, ma percepisce la lingua come strumento di comunicazione247 e la sua tipologia risulta più precisa e dettagliata: 1. assertivi (sostenere, constatare, comunicare) – il parlante formula un enunciato che può si sottopone alla categoria del vero e falso: The simplest test of an assertive is this: can you literally charaterize it (inter alia) as true or false248; 2. commissivi (promettere, offrire) – il parlante si impegna a un’azione futura: Commissives then are those illocutionary acts whose point is to commit the speaker (again in varying degrees) to some future course of action.249; 3. direttivi (ordinare, pregare, consigliare) – il parlante induce l’interlocutore a una certa azione o reazione: (...) they are attempts (...) by the speaker to get the hearer to do something.250; 4. espressivi (congratularsi con qualcuno, ringraziare, giustificarsi, augurare, salutare) – il parlante esprime il suo atteggiamento psichico verso il contenuto dell’atto: The illocutionary point of this class is to express the psychological state specified

246. Searle, J. R. (1986) pp. 12-20. 247. Bazzanella, C. (2005) p. 156. 248. Searle, J. R. (1986), p. 13. 249. Ivi, p. 14. 250. Ivi, p.13.

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in the sincerity condition about a state of affairs specified in the propositional content.251; 5. dichiarativi (nominare, battezzare, rilasciare) – il parlante attraverso l’enunciato crea determinati fatti, provoca cambiamenti nell’ambito istituzionale. It is the defining characteristic of this class that the successful performance of one of its members brings about the correspondence between the propositional content and reality, successful performance guarantees that the propositional content corresponds to the world: if I successfully perform the act of appointing you chairman, then you are chairman; if I successfully perform the act of nominating you as candidate, then you are a candidate; if I successfully perform the act of declaring a state of war, then war is on, if I successfully perform the act of marrying you, then you are married 252. L’approccio pragmatico risulta utile anche grazie all’introduzione del concetto di atto indiretto, ossia quello in cui non si dice esplicitamente quello che si intende dire, perciò il vero scopo dell’enunciato, vale a dire la sua forza illocutoria, va inferito dal contesto. L’esempio più evidente dell’atto indiretto è quello della metafora, insinuazione, allusione o ironia, dove la discrepanza fra l’intenzione del parlante e quello che dice è particolarmente vistosa. Illustriamo questa nozione con un esempio proposto dallo stesso Searle: For example, a speaker may utter the sentence ‘Can you reach the salt?’and mean it not merely as a question but as a request to pass the salt253. L’atto indiretto è eseguito per mezzo di un altro atto linguistico, però il suo vero e proprio scopo illocutorio deve essere dedotto ad un livello più alto254. È interessante anche per la nostra ricerca riguardante la persuasione la risposta che Searle dà all’interrogativo: come mai è possibile che il destinatario riesca a capire un atto indiretto anche se la frase che sente pare di significare qualcos’altro? Lo studioso sottolinea che per una comunicazione ben riuscita ci vuole più che la cono-

251. Ivi, p. 15. 252. Ivi, p. 17. 253. Ivi, p. 30. 254. Ivi, p. 31: “The cases we will be discussing are indirect speech acts, cases in which one illocutionary act is performed indirectly by way of performing another”.

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3. 2. La persuasione e la teoria degli atti linguistici di J. L. Austin

scenza della lingua, occorre soprattutto un bagaglio di informazioni ed esperienze condivise nonché l’abilità di ragionamento logico255. Queste osservazioni si applicano perfettamente alla persuasione; come proveremo a dimostrare nel capitolo successivo l’atto della persuasione è infatti un atto indiretto che al livello superficiale può assumere una forma di qualsiasi altro atto illocutivo. Nel contesto della persuasione intesa in quanto atto linguistico indiretto appare alla luce diversa il problema del destinatario della comunicazione politica256. Come si è stabilito nel capitolo 2, il destinatario finale che costituisce un elemento costitutivo della comunicazione politica è il cittadino-elettore. Comunque, prendendo in esame testi come interviste nei giornali o in TV, dibattiti televisivi si nota subito che in apparenza il posto del destinatario viene occupato da un giornalista oppure un altro politico. Questa ambiguità trova una soluzione convincente proprio in base al concetto dell’atto linguistico indiretto. Infatti, a seconda del livello di analisi dell’atto indiretto che viene ponderato si può concludere che abbiamo a che fare con due destinatari: al livello superficiale che serve come una sorta di maschera si tratta di un giornalista o un altro politico, mentre il destinatario reale, ovvero quello a cui è mirata la forza persuasiva, è il cittadino-elettore. Si può dire che la persuasione nella lingua si caratterizza per il fatto che assume la forma degli atti linguistici indiretti 257, dove l’intenzione persuasiva reale passa, più o meno efficacemente, sotto la forma di un altro atto locutorio. Da questa considerazione nasce una questione molto discussa in linguistica (e non solo) che riguarda il grado in cui le vere intenzioni del mittente (politico) vengono nascoste e fino a che punto il destinatario riesce a decodificarle258. Questa controversia può essere riformulata nei seguenti termini: dove è il confine tra la persuasione e la ma255. Ivi, p. 32: “In indirect speech acts the speaker communicates to the hearer more than he actually says by way of relying on their mutually shared background information, both linguistic and nonlinguistic, together with the general powers of rationality and inference on the part of the hearer. To be more specific, the apparatus necessary to explain the indirect part of indirect speech acts includes a theory of speech acts, certain general principles of cooperative conversation (some of which have been discussed by Grice (1975)), and mutually shared factual background information of the speaker and the hearer, together with an ability on the part of the hearer to make inferences”. Sulle massime conversazionali elaborate da Paul Grice cfr.: Grice, H. P. (1980), Bazzanella, C. (2005) pp.168-189. 256. Sulla nozione di atti indiretti cfr. Andorno, C. (2005) pp. 71-73, Bazzanella, C. (2005) pp. 163-164, Bianchi, C. (2003) pp.67-68, Galasiński, D. (1992) pp. 17-18. 257. Cfr. Galasiński, D. (1992) pp. 30-41. 258. Cfr. Mosiołek-Kłosińska, K., Zgółka, T., (2003), Galasiński, D. (1992), Krzyżanowski, P., Nowak, P. (2004).

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nipolazione? Intendiamo sviluppare questo problema nei prossimi paragrafi, invece qui vorremmo indicarne alcuni aspetti direttamente legati alla teoria di Austin. Si potrebbe porre il problema se l’atto persuasivo sia veramente un atto locutorio indiretto (o meglio: composto da due atti locutori)? Questo dubbio risulta dal fatto che la felicità dell’atto locutorio presuppone la possibilità di scoprire la vera intenzione del parlante, mentre, secondo alcuni, la persuasione è tanto più efficace quanto meno vistosa259. A nostro parere, la comunicazione politica si svolge in condizioni abbastanza specifiche, dove il fatto che i politici tentano continuamente di convincere gli elettori e guadagnare consenso è di dominio pubblico, perciò è infattibile celare l’intenzione persuasiva del mittente. La comunicazione politica è per eccellenza persuasiva, è una sorta di gioco tra il politico e l’elettore. Non si può, quindi, parlare di intenzioni che vanno tenute segrete. Grazie alla conoscenza della lingua e le sue regole d’uso nonché un elementare bagaglio di informazioni extralinguistiche il destinatario–cittadino-elettore può e deve intendere, più o meno correttamente, il messaggio inviato dal mittente-politico. Nell’ambito della teoria degli atti linguistici si inserisce naturalmente la questione della relazione reciproca tra la persuasione e gli atti direttivi. Sembrerebbe logico porre un segno d’uguaglianza tra i direttivi e la persuasione, visto che il fine di entrambi è quello di ottenere il risultato desiderato dal parlante. Comunque qui finiscono le somiglianze, la persuasione e i direttivi si dimostrano dei fenomeni del diverso livello d’analisi. Non siamo d’accordo con l’approccio di Galasiński che riconosce il grado di segretezza dell’intenzione del mittente in quanto criterio distintivo fra la persuasione e i direttivi260. Nel caso dei direttivi il mittente cercherebbe di rendere il proprio intento più palese possibile, mentre il riconoscimento di questa intenzione negli atti persuasivi pregiudicherebbe il loro fallimento.

259. Pisarek, W. (2003) p.14: “Nie od dziś wiadomo, że przekonywaniu służą najlepiej teksty, w których intencja perswazyjna nie rzuca się w oczy”. 260. Galasiński, D. (1992) p. 22: “(...) różnica pomiędzy wypowiedziami perswazyjnymi i dyrektywnymi polega na dążeniu nadawcy wypowiedzi dyrektywnej do rozpoznania jego intencji zamierzonej. (...) Całkowicie inaczej rzecz się ma w przypadku aktów perswazyjnych. Nierozpoznanie intencji zamierzonej (...) jest jednym z głównych warunków udatności aktów mowy tego typu. Rozpoznanie tej intencji łączy się bądź z niepowodzeniem aktu (osłabieniem jego mocy perswazyjnej), bądź z negatywnym wartościowaniem nadawcy (lub z oboma równocześnie)”.

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3. 2. La persuasione e la teoria degli atti linguistici di J. L. Austin

Più convincente appare invece la distinzione effettuata da Bralczyk261 il quale divide l’intenzione globale di convincere in due gruppi di comportamenti verbali: quello che viene denominato “dyrektywność” (direttività) e quello che chiama “persuasione”. Rispettivamente, si tratta di comportamenti che costituiscono un incoraggiamento ad agire, a compiere azioni desiderate dal punto di vista del mittente e di enunciati che influiscono sugli atteggiamenti del destinatario. Una linea di divisione simile viene tracciata da Grzegorczykowa, il che risulta chiaramente dal suo schema riportato sopra (cfr. Fig. 5). I direttivi rientrano nella categoria dei comportamenti verbali la cui funzione consiste nello stimolare le azioni, mentre nella persuasione si tratta di influire sulle opinioni, emozioni e convinzioni dell’interlocutore, e solo questo può modificare il suo comportamento e adeguarlo alle aspettative del mittente. Bisogna tener presente un altro aspetto che differenzia la persuasione dagli direttivi, cioè gli effetti del mancato eseguimento dell’ordine o suggerimento del mittente. Nel caso della persuasione non si osservano particolari conseguenze dell’infelicità dell’atto persuasivo, tranne una certa delusione o frustrazione del mittente. Il fallimento dell’atto direttivo invece comporta ripercussioni più gravi, creando una situazione socialmente conflittuale. Da una parte, l’infelicità del direttivo minaccia la posizione del mittente, mettendo in dubbio il suo potere di dare ordini e pretendere certi comportamenti da altri262. D’altronde, il direttivo si caratterizza anche per il potere delle sanzioni che spettano a chi non si adegua. L’atto direttivo che riesce infelice perché il destinatario non si sottomette alla sua forza locutoria provoca una sanzione, una pena di carattere istituzionale o risultante dalla dominanza (ad esempio, fisica) del mittente. Quanto alla comunicazione politica, credo che risulti ovvio, che nell’ambito di uno stato democratico dove vale la legge e si opta per una società civile e pluralistica è semplicemente impensabile incontrare 261. Bralczyk, J. (2001) p. 69: “(...) słusznym wydaje się rozróżnienie dwóch aspektów nakłaniania, które tu umownie zostaną nazwane dyrektywnością i perswazją. Odpowiednio można wyróżnić dyrektywne i perswazyjne zachowania językowe. Za dyrektywne uznamy wezwania do zachowań aktywnych (nawet wezwania pośrednie), za perswazyjne – wypowiedzi stymulujące postawy, które z kolei powinny sprzyjać pożądanym zachowaniom”. 262. Galasiński, D. (1992) p. 18: “Dodać tu jeszcze warto, że niewykonanie (bez uzasadnienia) przez odbiorcę dyrektywnego aktu mowy czynności wskazanej przezeń wywołuje sytuację konfliktową społecznie. Powoduje to nie tylko nieudatność aktu mowy, ale kwestionuje także (szczególnie ostro w wypadku rozkazu) status samego nadawcy”.

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direttivi nel discorso politico. Non ci può essere una sanzione per il comportamento discrepante da quello desiderato da un politico o da un altro. L’atto persuasivo, dunque, è ben diverso dal direttivo, e di ciò bisogna rendersi conto poiché nel discorso politico non mancano enunciati che assumono la forma del direttivo (tipo: vota X, wybierz Y). Tali formule sono direttivi apparenti, in realtà non comportano nessuna sanzione e devono essere interpretate come atti indiretti: atti persuasivi nel senso globale che utilizzano la forza illocutoria del direttivo al livello più superficiale. La scelta del direttivo come un atto attraverso il quale si cerca di realizzare la reale intenzione persuasiva consiste nella sua forza di provocare reazioni quasi automatiche (come in ordini militari: Padnij! Powstań!), prive di intervento della volontà.

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3. 3. Persuasione versus manipolazione Le osservazioni precedenti riguardanti l’impostazione della persuasione politica nella prospettiva della teoria degli atti linguistici non riescono ad esaurire la tematica della persuasione. In particolare, il summenzionato schema delle funzioni linguistiche di Grzegorczykowa basato sulla teoria di Austin ci induce a trattare un tema che provoca sempre controversie e dubbi teorici, cioè la distinzione tra due fenomeni abbastanza vicini, ossia la persuasione e la manipolazione. Deliberatamente escludiamo dalla nostra analisi altri termini affini come: propaganda, pubblicità, agitazione, marketing politico per non oscurare le conclusioni finali. Tracciando un confine tra la persuasione e la manipolazione263 cercheremo di caratterizzare la comunicazione politica di oggigiorno. Vorremmo sottolineare il fatto che entrambi i concetti vengono esaminati come termini scientifici, malgrado il loro uso frequente nella lingua comune, anche nella comunicazione politica, in accezioni differenti. Ci distacchiamo dalle valenze poco neutrali che assumono questi termini, in particolare per il carico negativo di “manipolazione”264. In quanto termini scientifici, li riteniamo oggettivi e spassionati e così proveremo a chiarire e precisare il loro significato. Sia l’uso comune sia la situazione storica265 hanno contribuito a distorcere il significato di “persuasione” e “manipolazione” nonché offuscare la differenza tra di loro. Lo dimostra la definizione della persuasione presentata da Barańczak (citata in moltissimi studi polacchi) che percepisce la funzione persuasiva dell’enunciato in quanto una varietà della funzione conativa che mira ad ottenere un influsso reale

263. Su questo argomento cfr. Baravelli, A. (2005), Fras, J. (2005), Gili, G. (2004), Habrajska, G. (2007), Hogan, K. (2000), Krzyżanowski, P., Nowak, P. (2004), Mosiołek-Kłosińska, K., Zgółka, T., (2003). 264. Cfr. la voce “manipolazione” su www.garzantilinguistica.it: 1 il manipolare, l’essere manipolato (anche fig.): manipolazione di sostanze farmaceutiche; manipolazione di dati, di notizie | manipolazione delle coscienze, forma di controllo sociale che consiste nell’indurre idee, bisogni ecc. attraverso i mezzi di comunicazione di massa | manipolazione del patrimonio genetico, (biol.) intervento con mezzi chimico-biologici atto a produrre modificazioni nei caratteri ereditari 2 ( fig.) intrigo, imbroglio. 265. Mazzoleni, G. (2004) p. 15: “Tra le due guerre mondiali e negli anni della guerra fredda, lo sviluppo della comunicazione politica ha conosciuto una drammatica battuta d’arresto. La propaganda e la manipolazione hanno avuto il sopravvento sulla dialettica democratica e sulla libera informazione, soprattutto nei paesi sotto i regimi fascisti e comunisti”.

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sul modo di pensare e agire del ricevente, però non tramite ordini, ma in modo nascosto ed indiretto266. Questa defi nizione della persuasione, diventata ormai “classica”, comprende l’influsso sia sul comportamento sia sulle convinzioni dell’interlocutore, ma sopratutto sottolinea la segretezza e il carattere indiretto dei metodi della persuasione e in un certo senso suggerisce intenzioni ignobili di tale azione. Marcata dalla situazione storica, cioè l’epoca del PRL in Polonia, questa formula, a nostro parere, annulla la differenza tra la persuasione e la manipolazione, confondendone le caratteristiche. Ci distanziamo dal punto di vista di Barańczak, perciò presenteremo un altro approccio a questa tematica. Non solo nella lingua comune ma anche negli studi scientifici il termine “manipolazione” non è libero dal carico di giudizi e emozioni negative, perciò sorgono dubbi se sia applicabile in quanto termine scientifico. Il suo uso immediatamente implica un giudizio sul mittente, inoltre la scelta stessa del termine può essere motivata dalle premesse non del tutto innocue, cioè dalle convinzioni ideologiche di chi parla267. Uno degli aspetti fondamentali che permette di distinguere la manipolazione dalla persuasione è la segretezza delle intenzioni del parlante. Non condividiamo le opinioni che sostengono che ogni enunciato persuasivo sia segnato dalla prova di tener nascosto il vero obiettivo del mittente268. È proprio la caratteristica della manipolazione che vuole celare e mascherare i suoi fini. La manipolazione agisce così che il destinatario ne rimanga inconsapevole e si lasci imporre determinate opinioni e comportamenti. Non si rende conto

266. Bralczyk in Galasiński, D. (1992) p.15: “Funkcja perswazyjna wypowiedzi jest to szczególna odmiana funkcji konatywnej polegająca na usiłowaniu uzyskania realnego wpływu na sposób myślenia lub postępowania odbiorcy, jednakże nie drogą bezpośredniego rozkazu, lecz metodą utajoną i pośrednią, tak iż w wypowiedzi dominuje z pozoru inna niż konatywna funkcja językowa (np. funkcja estetyczna, emotywna, itp.)”. 267. Krzyżanowski, P., Nowak, P. (2004) p. 23: “Nieostrość znaczenia wyrazu manipulacja oraz negatywne nacechowanie emocjonalne tego leksemu sprawiają, że użycie go w konkretnych wypowiedziach opisujących działania polityków często uzależnione jest od punktu widzenia osoby oceniającej te działania, od jej upodobań ideologicznych, uwarunkowań instytucjonalnych”. 268. Galasiński, D. (1992) p. 23: “nadawca wypowiedzi perswazyjnej będzie zawsze dążył do ukrycia swej intencji zamierzonej”.

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3. 3. Persuasione versus manipolazione

del fatto che l’attività del mittente condizioni i suoi affetti, le sue scelte, tutto ciò succede a sua insaputa269. A differenza della manipolazione, l’attività persuasiva non necessita la segretezza, anzi, preferisce non occultare i propri scopi, così che l’interlocutore abbia coscienza dei tentativi del mittente che mirano a influenzarlo. La persuasione magari non si ostenta, ma certamente è un’attività palese, di cui l’interlocutore si rende conto270. Il problema della segretezza rientra in una problematica più ampia e fa emergere le questioni assiologiche relative al fenomeno della persuasione e, in particolare, della manipolazione. Si può dire che l’aspetto assiologico, inteso come l’onestà oppure disonestà delle intenzioni del parlante, costituisca, almeno per alcuni studiosi271, un criterio su cui si basa tale distinzione. La summenzionata onestà / disonestà non è un concetto del tutto preciso, comunque qui per il comportamento onesto si comprende un comportamento verso il ricevente che non gli arrechi nessun danno e non lo induca in errore – tale defi nizione si applicherebbe alla persuasione. La manipolazione, invece, potrebbe essere defi nita come una deliberata prova di esercitare un influsso disonesto, che comporterebbe conseguenze negative per il destinatario. Il mittente–manipolatore convince coscientemente il destinatario ad accettare opinioni fuorvianti e, di seguito, azioni dannosi. Vale adesso la pena porre il problema se la manipolazione e la persuasione si differenziano per quanto riguarda le condizioni della felicità di tali atti. Certamente, si osserverebbe di preferenza un’azione, un effetto fisico che confermerebbe la felicità della persuasione o manipolazione; più spesso, tuttavia, l’effetto perlocutorio consiste in certe reazioni psichiche nel destinatario (come cambiamento di opinioni) che risultano difficilmente misurabili. Visto che le intenzioni del parlante sono chiare, la felicità dell’atto persuasivo dipende soprattutto dalle sue abilità di convincere l’interlocutore, mentre nel caso dell’atto manipolatorio le condizioni della felicità si complicano e moltiplicano. L’effettiva forza

269. Krzyżanowski, P., Nowak, P. (2004) p. 93: “Manipulacja to (...) ukryty, zakamuflowany sposób narzucania poglądów, postaw, wartości i decyzji jednostce, który pozbawia ją świadomości tego narzucania, nie daje możliwości innych rozwiązań danego problemu czy też swobodnego wyboru – przez wywieranie określonej (np.: psychicznej, społecznej) presji”. 270. Ivi, p. 95: “[perswazja] Jest to także oddziaływanie na odbiorcę, ale oddziaływanie jawne, którego głównym celem jest pozyskanie akceptacji lub przychylności odbiorcy dla przedstawianych mu poglądów”. 271. Puzynina, J. (1992) pp. 203-233, Grodziński, E. (1983), Bralczyk, J. (2000).

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manipolatoria dell’atto linguistico, determinata chiaramente dalle intenzioni e capacità del mittente, dipende dall’intera situazione comunicativa. In particolare vale mettere in risalto la competenza comunicativa e conoscenze extralinguistiche che il ricevente ha a disposizione nel processo di decifrazione del messaggio. In effetti, lo stesso atto linguistico, a seconda del destinatario, può essere manipolatorio o meno272.

272. Krzyżanowski, P., Nowak, P. (2004) p.68: “Ten sam tekst w jednym przypadku okazuje się ewidentnym przykładem zabiegów manipulatorskich nadawcy, kiedy indziej jedynie nieudaną próbą manipulowania odbiorcą, może być wreszcie, nolens volens, wolny od zabiegów manipulacyjnych. O manipulacji możemy mówić jedynie wówczas, gdy w dynamicznym akcie komunikacji językowej oceny komunikatu dokonuje się z uwzględnieniem możliwie pełnej wiedzy o intencjach nadawcy oraz o postawach, potrzebach, charakterze i sposobach kategoryzowania świata przez odbiorcę”.

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3. 4. Persuasione e retorica La riflessione sul fenomeno della persuasione non può fare a meno del riferimento alla tradizione antica della retorica, riemersa dall’oblio a metà del XX secolo. Si è già riconosciuta l’importanza del pensiero classico per lo studio della comunicazione politica (cfr. cap. 1. 5.); inoltre riteniamo indispensabile dedicare spazio a questa tematica nella prospettiva delle analisi successive del corpus (cfr. cap. 5.). Non vogliamo presentare in questi paragrafi un ritratto storico della disciplina che conobbe sia periodi di sviluppo ed espansione sia quelli di declino273. Preferiremmo dimostrare alcuni concetti della retorica già presenti nel pensiero antico che riteniamo sempre utili per lo studio della persuasione politica di oggi. La retorica classica è di grande rilievo in prospettiva teorica come una delle prime formalizzazioni del dibattito civico274, ma anche nel senso più pratico in quanto un repertorio di mezzi usati nel determinare la qualità e la direzione dei rapporti di forza e della lotta per il potere nella società275. L’importanza della retorica nello studio della politica si evidenzia perfettamente nella sua definizione. A titolo esemplificativo riportiamo la formula proposta da Reboul: la retorica è l’arte di persuadere attraverso il discorso276 che, a nostro avviso, coglie l’essenza di questa disciplina. Da un lato sottolinea il fatto che la retorica si fonda sulla nozione della persuasione e dall’altro mette in rilievo lo strumento di cui essa si avvale, cioè la lingua (ogni produzione verbale, scritta o orale, costituita da una frase o da una sequenza di frasi, che abbia un inizio e una fine, e che presenti una certa unità di senso277). La persuasione effettuata at273. Intendiamo qui soprattutto il ruolo centrale della retorica nella riflessione sulla politica e sulla comunicazione fino al XIX secolo, che segnò il suo degradamento, e in seguito la riscoperta di questa disciplina negli anni Sessanta del XX secolo. La rinascita della retorica è avvenuta in due direzioni assai differenti: da una parte si tratta della teoria dell’argomentazione elaborata da Perelman e Olbrecht-Tyteca (Traité de l’argumentation. La nouvelle rhetorique, Paris, 1958; traduzione italiana Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica. Torino, Einaudi, 1956), dall’altra vanno segnalati gli studi svolti da parte del Gruppo μ – i teorici di Liegi che si sono concentrati sullo stile, sulle figure dell’elocutio. Per un approfondimento di questa tematica si consulti Reboul, O. (2002) pp. 19-97, Piazza, F. (2004), Pennacini, A. (1993). 274. Ivi, p. 130. 275. Mazzoleni, G. (2004) p. 13. 276. Reboul, O. (2002), p. 20, cfr. anche Ziomek, J. (1990) p. 7, pp. 14-15, Mortara Garavelli, B. (1992), Lausberg, H. (2002). 277. Reboul, O. (2002), p.20.

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traverso la retorica consiste nei termini più generici nell’indurre qualcuno a credere qualcosa278, il che può portare al comportamento del destinatario desiderato dal mittente. In questo contesto vale richiamare un importante concetto della retorica classica, cioè captatio benevolentiae che non si limita a denotare una fase della preparazione del discorso, ma anche ha un significato più ampio che si riferisce alle finalità più globali della retorica: captatio benevolentiae si fonda sull’accattivarsi le simpatie dell’uditorio, attirare la sua attenzione e disporlo favorevolmente nei suoi confronti279. Questo termine latino risulterà molto utile nelle analisi del linguaggio politico di oggi (cfr. cap. 4.). Crediamo che l’effetto persuasivo rappresenti lo scopo principale della retorica, ma come questo fine si realizza nei testi concreti dipende dagli impieghi particolari dell’arte oratoria. Visto che gli inizi della disciplina risalgono alla sfera giudiziaria e all’attività di Corace e Tisia nella Sicilia del V secolo a.C.280, lo scopo primario della retorica comprendeva soprattutto fornire ai cittadini un mezzo per difendere la propria causa davanti al tribunale e perciò aveva un valore molto pratico. Non c’è dubbio che nell’ambito giudiziario fu il potenziale persuasivo del retore a costituire il nucleo di questa materia. In seguito, con altri retori come Gorgia, Protagora, Isocrate e finalmente Aristotele l’arte oratoria assunse una dimensione più letteraria281 con sempre più attenzione alla forma, ma rimane sempre una tecnica di convincere un pubblico attraverso l’argomentazione e l’uso delle figure retoriche. Secondo Aristotele il dominio della retorica comprende diversi ambiti: giudiziario, politico ed epidittico; adesso, a nostro avviso, le sfere in cui si potrebbe osservare l’importanza della retorica sono la comunicazione politica, la pubblicità e la predicazione282 – il loro scopo fondamentale consiste nel convincere il pubblico. Come si è detto, la retorica cerca di conseguire il proprio fine attraverso il discorso – i vari mezzi offerti dalla lingua. Va sottolineato che sia l’uso delle minacce sia l’uso del denaro sono in contrasto con l’idea della persuasione. Siamo convinti che lo studio delle tecniche retoriche elaborate nell’antichità possa ancora gettare 278. Ibidem. 279. Ziomek, J. (1990) p. 8: “(...) retoryka szeroko zajmuje się problemem tzw. captatio benevolentiae, czyli zabiegania o przychylność audytorium (...)”. 280. Reboul, O. (2002) p. 30 281. Ivi, p. 32. 282. Ivi, p. 60.

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3. 4. Persuasione e retorica

luce alle forme diverse del parlare politico. Riteniamo valido richiamare i tre tipi della persuasione a disposizione dell’oratore: ethos, pathos e logos283 individuati da Aristotele. L’ethos si riferisce direttamente all’oratore e potrebbe essere definito a grandi linee come “carattere”, insieme delle qualità che il retore dovrebbe avere per suscitare fiducia, rispetto e simpatia dell’uditorio. Il pathos invece fa ricorso alla sfera emozionale e significa i sentimenti e le passioni ispirati dall’oratore nel pubblico grazie al discorso. Infatti, le tecniche del pathos esigono una buona conoscenza delle reazioni umani al fine di suscitare emozioni adeguate e predisporre il pubblico nel modo voluto e in questo assomigliano alquanto alla materia trattata attualmente dalla psicologia sociale. Il logos è invece di carattere razionale e riguarda la sfera dell’argomentazione contenuta nel discorso. I mezzi linguistici adoperati da questi tre tipi di persuasione possono essere divisi in due categorie: quelli razionali (legati al logos), cioè gli argomenti nonché quelli affettivi (relativi al ethos e pathos). In altre parole la funzione persuasiva nella retorica si manifesta su due livelli: uno argomentativo e l’altro oratorio284. Apparentemente evidente, tale distinzione non è sempre facile da operare in pratica: I gesti dell’oratore, il suo tono e le sue inflessioni di voce sono puramente oratori. Ma che dire delle figure di stile, quelle famose figure alle quali alcuni vogliono ridurre l’intera retorica? Una metafora, un’iperbole, un’antitesi sono oratorie in quanto contribuiscono a piacere o a commuovere, e tuttavia sono anche argomentative in quanto esprimono un argomento condensandolo, rendendolo più atto a creare stupore285. Nell’analisi seguente del corpus raccolto speriamo di dimostrare come queste nozioni, a volte formulate diversamente, possano essere applicate alla comunicazione politica contemporanea. Basandoci sull’idea del captatio benevolentiae come cornice generale nonché del pathos intendiamo palesare quanto rilevanti siano le emozioni nella persuasione politica e con quali mezzi questi sentimenti vengono ispirati (cfr. cap. 4 e 5).

283. Reboul, O. (2002) p. 67-68, Ziomek, J. (1990) p. 31, 36. 284. Reboul, O. (2002) p. 23. 285. Ibidem.

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Un altro concetto dalle radici antiche che ci permetterà di organizzare meglio la nostra ricerca è l’elocutio. Questo termine rientra nel gruppo di concetti che designano le fasi della composizione del discorso: inventio, dispositio, elocutio, actio, poi anche memoria286 . Anche oggi un buon oratore dovrebbe rendersi conto di queste tappe nella preparazione del discorso al fine di ottenere risultati desiderati. Comunque, per quanto sia realizzabile applicare le indicazioni aristoteliche al discorso di un prete oppure un avvocato, nel caso della comunicazione politica – spesso spontanea, piena di discorsi estemporanei – non sembra possibile. Eppure, le questioni appartenenti all’elocutio, all’aspetto stilistico o anche poetico287 dei testi, rimangono di grande rilievo anche oggi in quanto l’antichità è una fonte fondamentale delle informazioni utili nel preparare ed interpretare i discorsi di vario tipo, anche o forse soprattutto quelli politici. Il pensiero di Aristotele continua a costituire la base di ogni riflessione sul potere delle parole e sulle modalità di usarle. Nell’ambito dell’elocutio rientrano tematiche diverse riguardanti la redazione del discorso. Per gli antichi la correttezza e la bellezza di lingua erano inseparabili ed a questo scopo servì la scelta di parole adatte, la composizione delle frasi nonché la regola superiore dell’adeguatezza dello stile, del soggetto e dell’uditorio. La cura della forma che si esprime nell’elocutio comprende l’utilizzo di varie figure retoriche e tropi; questi argomenti saranno trattati in dettaglio nel capitolo 5.2.

286. Cfr. Reboul, O. (2002) pp. 63-84, Ziomek, J. (1990) pp. 78-303. 287. Piazza, F. (2004) pp. 83-113.

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3. 5. La persuasione – riassunto Parlando della sempre attuale eredità della retorica classica abbiamo menzionato certi aspetti della persuasione trattati da questa disciplina che vanno oltre l’approccio linguistico o logico. Intendiamo qui innanzitutto le riflessioni di Aristotele sul pathos, che mettono in rilievo l’importanza della conoscenza dei fondamentali meccanismi psicologici da parte dell’oratore. Al fine di destare il sentimento desiderato, il retore deve sapere quali mezzi (linguistici e non solo) usare per controllare e guidare le reazioni del pubblico. Inoltre, lo stesso concetto dell’ethos che sottolinea la rilevanza del carattere dell’oratore può essere considerato precursore della tendenza contemporanea alla costruzione o anzi alla manipolazione della propria immagine. Queste osservazioni ci portano a segnalare, pur in breve, la rilevanza di una disciplina assai recente, cioè la psicologia sociale, nello studio della persuasione. La psicologia sociale si occupa in generale delle relazioni complesse che intercorrono tra l’individuale e il sociale, specialmente delle modalità tramite cui gli altri, cioè la società, diversi gruppi sociali oppure i suoi rappresentanti modificano le emozioni e il comportamento dell’individuo. Essendo un ramo della psicologia, la psicologia sociale mette in risalto i processi e meccanismi psicologici che avvengono nella mente di un essere umano influenzato dall’ambiente sociale sensu lato. Fra gli argomenti più considerevoli affrontati dalla psicologia sociale possiamo menzionare: conformismo sociale, relazioni all’interno e fra i gruppi, influenza del gruppo su un individuo, percezione e valutazione degli altri, stereotipi e pregiudizi nonché la comunicazione persuasiva (anche in politica e pubblicità)288. Non è possibile presentare un quadro sufficientemente esteso delle ricerche svolte nell’ambito della psicologia sociale sulla persuasione, perciò ci limitiamo a menzionare solo alcuni nomi e tendenze prominenti della disciplina289. L’inizio delle ricerche sul fenomeno risale agli anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo, quando negli Stati Uniti K. Lewin comincia gli studi sul cambiamento delle abitudini alimentari dovuto all’influenza del gruppo e persuasione autogenerata, invece Carl Hovland di 288. Cavazza, N. (2006) p. 7: “I processi persuasivi e il modo in cui opinioni, atteggiamenti e comportamenti degli attori sociali possono essere modificati rappresentano uno degli argomenti chiave della psicologia sociale”. 289. Per approfondimento cfr. Cavazza, N. (2006).

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Yale indaga le modalità di cambiamento di atteggiamenti dell’opinione pubblica. Fra gli altri psicologi sociali di grande rilievo bisogna nominare S. Asch, L. Festinger, P. F. Lazarsfeld, W. J. McGuire, E. Aronson. Negli ultimi anni con lo sviluppo dei mass media e del marketing (sia commerciale sia politico) si osserva un crescente interesse per la tematica della psicologia sociale di taglio divulgativo che comprende soprattutto vari volumi riguardanti le tecniche fondamentali dell’influenza sociale e le strategie persuasive. Vale indicare qui ad esempio Kevin Hogan, psicologo ed esperto pratico della persuasione di grande popolarità nonché migliaia di autori sconosciuti dei manuali di vendita, autopromozione e persuasione. Anche i libri degli psicologi sociali rinomati come R. Cialdini, E. Aronson oppure P. Zimbardo godono di grande interesse, dovuto sia alla tematica sia al loro stile chiaro e comprensibile. Per la nostra ricerca è interessante notare come la prospettiva della psicologia sociale sia affine all’approccio linguistico rappresentato ad esempio da Jakobson ed altri linguisti che puntano sull’aspetto comunicativo. Nell’analisi della persuasione in quanto metodo di influenza che cerca di modificare e plasmare atteggiamenti e comportamenti delle persone, la psicologia sociale si concentra su certe variabili che assomigliano allo schema classico di Jakobson. Intendiamo qui le categorie seguenti: il pubblico (cioè il ricevente), il messaggio (con particolare attenzione all’organizzazione del contenuto, argomentazione, ordine di presentazione e la fonte (cioè il mittente e la sua credibilità, esperienza, aspetto fisico). Ci rendiamo conto del fatto che la psicologia sociale dispone di una propria metodologia e strumenti di analisi che richiederebbero uno studio separato, comunque siamo convinti che alcune delle riflessioni offerte da questa disciplina possano trovare applicazione nella nostra ricerca. Innanzitutto siamo d’opinione che questo approccio sarà utile nell’individuazione ed interpretazione degli atti linguistici adoperati nella persuasione politica, di cui ci occuperemo nel capitolo 4. Certi concetti elaborati dagli psicologi sociali (ad esempio, ingratiation) costituiranno una base per le ulteriori analisi. Vorremmo anche sottolineare il ruolo cruciale delle emozioni considerati dalla psicologia sociale uno strumento importante del processo di cambiamento di atteggiamenti e che si riflettono perfettamente al livello linguistico. Speriamo di dimostrare il potere dell’emotività nei mezzi linguistici nel capitolo 4 e 5.

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3. 5. La persuasione – riassunto

Presentati questi condizionamenti interdisciplinari della persuasione, ricapitoliamo in breve come viene concepito questo fenomeno nel presente lavoro. Parlando dell’influenza esercitata sul ricevente si intende ovviamente solo l’influenza voluta dal mittente. La felicità dell’atto persuasivo presume l’ottenimento dello scopo premeditato e desiderato dal parlante e non qualsiasi altro290. Come si è detto, la forza perlocutiva degli atti nell’ambito della comunicazione politica sembra difficile da misurare, se solo parzialmente da sondaggi e risultati finali delle elezioni, che tuttavia in minimo grado indicano l’efficienza linguistica del politico. Di conseguenza, ci concentriamo su quello che il mittente, in questo caso il politico, ha programmato di dire, piuttosto che su come il messaggio è stato ricevuto e inteso dall’elettore. Vorremmo mettere in risalto il fatto dimostrato dallo schema di Grzegorczykowa che la persuasione concerne primariamente la sfera delle opinioni e convinzioni e non delle azioni. Attraverso la persuasione non si può far fare qualcosa a qualcuno, ma solamente tentare di convincerlo e far credere. Chiaramente, il parlante vuole far credere al fi ne di far fare, comunque il comportamento desiderato è di natura secondaria. L’influsso sulle azioni (sopratutto decisioni elettorali) risulta dal successo nel persuadere, cioè nel cambiare delle opinioni e atteggiamenti del ricevente. Solo la modifica del modo di pensare può concludersi in un comportamento desiderato. Ulteriormente, va sottolineato il tratto della persuasione che non prevede una pena o ritorsioni nel caso di mancato eseguimento della suggestione del mittente. La persuasione è priva di sanzioni, violenza o coercizione, però dispone di un notevole numero dei metodi d’influsso sul destinatario. A questo fine vengono usati espedienti molto diversi, che sostanzialmente si dividono in due categorie: i metodi che si appellano alla ragione e quelli che riguardano le emozioni. Non è qui la sede per giudicare quale procedimento in questo riguardo sia giusto, non vorremmo valutare i due approcci, tanto più che è quasi irrealizzabile separare nettamente la persuasione razionale da quella emozionale, per il fatto che si mescolano spesso in un unico enunciato. Sia l’influenza che adopera il ragionamento logico sia quella che assume una forma emozionale possono servire agli scopi meritevoli o meno; il 290. Pisarek, W. (2003) p. 9.

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metodo di argomentazione non decide dell’onestà o della demagogia dell’enunciato, poiché queste categorie riguardano piuttosto il contenuto del messaggio e l’approccio del mittente visto in prospettiva assiologica. Ipoteticamente, e lo vorremmo verificare in seguito, assumiamo che nella comunicazione politica, dato che è una sfera che provoca sempre molte controversie, predominerà la persuasione emozionale. Inoltre, teniamo presente il fatto che nel caso della comunicazione politica l’unità d’analisi della persuasione non è un enunciato unico, bensì una sequenza di più elementi. La persuasione non prende esclusivamente la forma di un singolo atto espresso ogni tanto nel corso dell’attività politica, in realtà l’attività politica in quanto tale consiste in una serie di atti persuasivi. La persuasione rappresenta la particolarità dell’intera relazione comunicativa fra il politico e il cittadino291. Desiderando sintetizzare e riassumere queste considerazioni teoriche relative alla portata del termine “persuasione” e alla natura del fenomeno, proponiamo di ricorrere alla definizione di Walery Pisarek. Il linguista concepisce la persuasione in quanto metodo di esercitare l’influenza sulle convinzioni, opinioni, atteggiamenti, stato d’animo e, di seguito, comportamento del destinatario non attraverso la coercizione, ma tramite messaggi (verbali e meno). Il potere persuasivo del messaggio consiste nell’argomentazione razionale ed emozionale che risulta da un’adeguata selezione di forme e contenuti292. Finalmente, riteniamo necessario sollevare l’argomento dei mezzi di cui si serve la persuasione, il quale senza dubbio influirà sulla selezione del materiale da analizzare. Abbiamo già menzionato il duplice carattere della persuasione evidenziando la sfera del ragionamento logico e quella dell’argomentazione emozionale, però qui vorremmo far notare l’aspetto del canale, per usare la terminologia jakobsoniana, attraverso cui avviene la persuasione. Non sorprende la constatazione che 291. Pisarek, W. (2003) p. 11 “Działania perswazyjne mogą się ograniczać do jednego aktu mowy, mogą się składać z dłuższych (ale określonych czasowo) ciągów różnych perswazyjnych aktów mowy (jak w kampaniach wyborczych), mogą wreszcie stanowić stały wyróżnik relacji komunikacyjnej jednego podmiotu (nadawcy) do indywidualnych odbiorców i ich zbiorowości. W tym ostatnim wypadku mówimy raczej o procesie lub programie wychowawczym, polityce informacyjnej czy kulturalnej, nazywanej – jeśli razi nas jej jednostronność i natarczywość – indoktrynacją”. 292. Pisarek, W. (2003) p. 15: “W ten sposób dochodzę do głównej idei mojej wypowiedzi o perswazji rozumianej jako starania o wywarcie bez przymusu, za pomocą przekazów (słownych i pozasłownych) i zawartej w nich argumentacji (racjonalnej i emocjonalnej), stanowiącej wynik selekcji treści i form, wpływu na przekonania, opinie, postawy, nastroje, a co za tym idzie i na zachowania adresata/ adresatów tych przekazów”.

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3. 5. La persuasione – riassunto

la persuasione possa servirsi della lingua e dei mezzi extralinguistici, tuttavia qui focalizziamo il nostro interesse sulla sfera linguistica, lasciando da parte l’aspetto visuale o audiovisuale dei messaggi politici (per esempio, fotografie, logo dei partiti o la parte grafica dei billboard elettorali). Nonostante questa restrizione, sosteniamo che tutti i componenti dell’enunciato siano portatori dell’intento persuasivo; si tratta di elementi di carattere morfologico, sintattico e semantico. Siamo dell’opinione che non si possa separare la forma dal contenuto, perciò entrambi i componenti dell’enunciato saranno sottoposti all’analisi293.

293. Pisarek, W. (2003) p. 11: “Tradycyjnie wszystkie elementy wypowiedzi, mające w zamierzeniu nadawcy sprzyjać przekonaniu odbiorcy, traktowane są w literaturze jako nośniki perswazji”.

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Capitolo 4. La pragmatica della persuasione politica Avendo chiarificato e commentato nei capitoli precedenti alcuni dubbi pertinenti sia alla natura e caratteristiche formali della lingua politica sia all’apparato terminologico adeguato nonché avendo identificato la funzione persuasiva in quanto un tratto predominante di questa varietà linguistica, vorremmo procedere a presentare l’analisi del corpus finalizzata a mettere in rilievo mezzi linguistici al servizio della persuasione. Questo capitolo mira a illustrare l’essenza del parlare politico, cioè come alcuni meccanismi persuasivi vengono messi in atto al livello linguistico. Tale studio deve per forza combinare l’approccio linguistico con contributi offerti dalla psicologia sociale, visto che la produzione linguistica è tutt’altro che indipendente dal contesto sociale e dalla psiche. Come abbiamo segnalato nel capitolo precedente, di particolare rilievo paiono le ricerche riguardanti i meccanismi sfruttati nel processo persuasivo, come le regole dell’organizzazione del contenuto, la credibilità del mittente, l’elaborazione delle informazioni da parte del destinatario294. Bisogna ponderare soprattutto i meccanismi automatici di scelta e di comportamento che gli individui utilizzano inconsciamente nella vita quotidiana295. Queste risposte automatiche di cui un individuo non si rende conto vengono sovente sfruttate nei messaggi persuasivi, non solo quelli commerciali, ma anche politici per indurre il destinatario a un comportamento desiderato. Le interrelazioni indagate dalla psicologia sociale evidenziano un fatto di grande rilevanza per questo lavoro, vale a dire l’importanza della forma e del modo in cui avviene la persuasione, l’effettiva supremazia di come si compiono gli atti persuasivi attraverso il vero contenuto del messaggio296. 294. Cfr. Cavazza, N. (2006), Cialdini, R. (2000), Pratkanis, A., Aronson, E. (2003). 295. Intendiamo qui soprattutto i meccanismi descritti tra l’altro da Cialdini, R. (2000) e Aronson, E. (1995) come la regola della reciprocità, della simpatia, dell’autorità, della scarsità. 296. Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004) p. 23: “Le scelte linguistiche riguardano allora non tanto il contenuto della comunicazione, quanto le modalità con cui esso viene presentato e le strategie comunicative messe in atto per catturare il consenso(...)”.

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Capitolo 4. La pragmatica della persuasione politica

Riteniamo funzionale condurre questa indagine in base al materiale italiano e polacco, non tanto per confrontare i due universi politici e culturali, ma soprattutto per far risaltare i tratti in comune, i meccanismi universali della persuasione. All’origine di questo studio vi è la convinzione che esista un nucleo di strategie linguistiche persuasive comunemente condiviso (almeno nella cultura occidentale). Non è questa la sede per giudicare autoritariamente quali sarebbero le cause di questa presunta universalità di mezzi persuasivi. Tra le possibili spiegazioni azzarderemmo a menzionare un bagaglio culturale in comune, con il patrimonio della Grecia antica in particolare, i condizionamenti storici (cfr. cap. 1) e la natura umana in generale. Poi, si potrebbe percepire il contributo dei mass media e le nuove tecnologie nella globalizzazione297, intesa come fattore di omogeneizzazione nonché il fatto che la globalizzazione viene spesso intercambiata con l’americanizzazione298. L’universalità dei mezzi persuasivi può essere legata alla sempre più notevole importanza e influenza del marketing politico, proveniente anche questo dagli USA. L’uomo politico, indipendentemente dal paese o dalle preferenze ideologiche, viene percepito come oggetto da ‘vendere’e sottoposto a procedimenti simili a quelli del marketing commerciale. Grazie agli spin doctors299 un uomo politico è armato di diverse tecniche e trucchi di marketing, rischiando allo stesso tempo di diventare un altro prodotto in una simile confezione, ma senza tratti originali. È interessante notare come la lingua politica in Italia e in Polonia, pur partendo dai condizionamenti storici assai differenti (cfr. cap. 1), ha fatto una strada simile. L’accusa che la gente rivolgeva più spesso ai politici della cosiddetta Prima Repubblica era di usare un linguaggio oscuro, fumoso, incomprensibile; un linguaggio che li accomunava ben al di là delle appartenenze ideologiche, e che fu definito politichese, cioè gergo tipico dei politici300 .

297. Cfr. i cosiddetti format, cioè programmi televisivi già realizzati e reproducibili in altri paesi, per esempio diversi talk show, reality show, sit com nonché altri fenomeni della cultura popolare tipo industria disco – e cinematografica. 298. Ritzer, G. (1997). 299. Spin doctor – esperto di comunicazione politica, consigliere che cura l’immagine del politico, analizza e pianifica interventi, la campagna elettorale; inteso spesso come professionista nel distorcere i fatti e abbellire la realtà. 300. Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004) p. 24.

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Queste parole riguardanti un periodo nella storia politica italiana potrebbero descrivere le qualità di “nowomowa” dell’era comunista in Polonia, in cui caso all’oscurità e scarsa comprensibilità si aggiungerebbe una certa rigidità e vuotezza di significato che nascondevano la realtà301. Sia la lingua politica italiana sia quella polacca hanno subito significative modifiche, andando in direzione di una più grande comprensibilità, colloquialità ed emotività. Bisogna sottolineare il fatto che adesso la lingua non è solamente un rituale che sostiene un’immagine della realtà fossilizzata, fittizia, ma nei paesi democratici svolge una vera e propria funzione persuasiva essendone probabilmente il mezzo più potente302. Per questo motivo è innegabile l’importanza di indagare le strategie ed i meccanismi linguistici messi in atto nei processi persuasivi. Crediamo che sia utile ed istruttivo esplorare i mezzi linguistici utilizzati per modificare opinioni, atteggiamenti e comportamenti dei cittadini, vista l’importanza di ciò per la vita di tutti i giorni, la sfera politica e anche quella economica. Il repertorio dei mezzi persuasivi forniti dalla lingua è praticamente illimitato e inesauribile, almeno in teoria. Certi tratti del sistema linguistico rendono possibile quasi innumerevoli combinazioni di parole, creazione di parole nuove, neosemantismi, prestiti, l’uso creativo di fraseologia con le sue modifiche più o meno corrette, per non menzionare un ampio ventaglio di figure retoriche. Tutti questi meccanismi ed espedienti sono potenzialmente disponibili per rendere più vivo ed efficace ogni discorso. Naturalmente, in realtà appaiono determinate limitazioni che sono grosso modo riconducibili alle variabili sociolinguistiche come età, livello d’istruzione, provenienza sociale, ecc. L’intersezione e l’interferenza di questi fattori, determinante la competenza linguistica dei partecipanti all’atto comunicativo, abbinate al contesto extralinguistico in qualche modo restringono le quasi infinite possibilità di espressione messe a disposizione dal sistema della lingua. Le limitazioni menzionate concernono ambedue le parti della comunicazione, cioè sia il mittente sia il destinatario. Il repertorio dei mezzi persuasivi dipende quindi non solo

301. Cfr. Bralczyk, J. (2001), Głowiński, M. (1991a). 302. Cfr. Cavazza, N. (2006) p. 163: “D’altro canto la forma democratica di governo prevede che la persuasione dei cittadini sostituisca la coercizione dei sudditi. La persuasione dunque pervade in ogni atomo i processi politici moderni”.

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Capitolo 4. La pragmatica della persuasione politica

dalla competenza del parlante, ma in maniera notevole dalle capacità linguistiche del ricevente303. Considerata la vastezza del potenziale campo d’analisi, dobbiamo necessariamente porci alcuni limiti. Non ci proponiamo l’obiettivo tanto ambizioso quanto irrealizzabile di notare, prendere in considerazione ed esaminare tutte le manifestazioni dell’intento persuasivo nella lingua politica rappresentata dal nostro corpus. Lo scopo a cui miriamo è piuttosto quello di coglierne gli aspetti salienti, mettere in luce linee di tendenza e meccanismi universali della persuasione politica. L’obiettivo principale che desidereremmo ottenere è quello di rispondere alla alquanto modificata domanda di Austin: how to persuade people with words – come persuadere la gente con le parole. Vorremmo dimostrare che cosa s i f a attraverso un uso adeguato della lingua al fine di persuadere i potenziali elettori e quali espedienti linguistici vengono impiegati a questo scopo. Di conseguenza, l’analisi del corpus si spacca in due parti complementari: la prima costituisce uno studio degli atti linguistici adoperati ai fi ni persuasivi, mentre la seconda si concentra sulle strutture grammaticali, lessicali e retoriche selezionate per influire sul ricevente. In realtà, ambedue le parti dell’analisi riguardano lo stesso fenomeno, cioè la persuasione nella comunicazione politica, però lo fanno in ottiche diverse: l’analisi degli atti linguistici è come uno sguardo dall’esterno, che tocca la relazione tra l’enunciato e l’utente della lingua, mentre l’esame dei mezzi linguistici costituisce una prospettiva dall’interno, concentrata sul potenziale persuasivo del sistema linguistico. In parole semplici, questa indagine si propone di dimostrare c h e c o s a e c o m e s i f a per guadagnare il consenso politico. Mentre i mezzi linguistici utilizzati ai fi ni persuasivi saranno oggetto di riflessione nei capitoli seguenti, in questa sede intendiamo trattare il tema degli atti linguistici nella comunicazione politica. A delimitare più precisamente il campo di indagine desidereremmo adottare alcuni concetti elaborati da psicologi sociali, e in particolare Edward E. Jones – un importante teorico della presentazione di sé, autore del libro Ingratiation: a social psychological analysis., Appleton-Century-Crofts, New York 1964. Jones si

303. Dobek-Ostrowska, B., Fras, J., Ociepka, B. (1997) p. 91: “Ponadto dobór językowych środków wyrazu zależy coraz bardziej od jak najlepszego poznania możliwości percepcyjnych odbiorcy”.

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concentra sulla ricerca riguardante modi di comportarsi per piacere agli altri, per creare una determinata – positiva – impressione di sé. Jones introduce il termine ingratiation304 per comprendere strategie e metodi che le persone usano per ingraziarsi gli altri305. Le osservazioni di E. E. Jones sembrano illuminanti e più che opportune per lo studio della comunicazione politica: nella persuasione politica il fine di suscitare e mantenere consenso viene sovente raggiunto tramite diversi meccanismi che mirano a creare un atteggiamento positivo verso l’uomo politico e incrementare la sua attrattiva. Jones individua in generale tre classi di tecniche di ingratiation306: a) quando il parlante si ingrazia il partner tramite una valutazione positiva di esso, trasmette informazioni che il partner viene percepito in modo favorevole. Ciò può essere eseguito attraverso complimenti, lusinghe, ecc; b) quando il parlante dimostra conformismo rispetto alle opinioni, giudizi e comportamenti del partner o quelli socialmente prevalenti; c) quando il parlante si presenta in buona luce, cioè la presentazione di sé. Nel caso della persuasione politica tutte e tre le tecniche di ingraziarsi gli altri sembrano trovare applicazione. La prima tecnica consiste nell’esprimere apprezzamento per alcune qualità dei cittadini-elettori, il che può assumere talvolta una forma poco convenzionale: [1] Ho troppa stima per l’intelligenza degli italiani per credere che ci possono essere in giro tanti coglioni che votano per il proprio disinteresse. (4) Il conformismo307, invece, può essere rivelato al livello del contenuto quando il politico esprime opinioni e atteggiamenti che, come si aspetta, condividono i suoi

304. Per la mancanza di un adeguato equivalente italiano decidiamo di usare la forma originale ingratiation. Nella letteratura polacca viene usato il termine ingracjacja. Vorremmo segnalare anche una certa somiglianza del concetto di ingratiation alla nozione della retorica classica di captatio benevolentiae (cfr. cap. 3.3.). In ambedue i casi si tratta di destare nel destinatario delle emozioni e degli atteggiamenti positivi al fi ne di ottenere effetti persuasivi. Ingratiation punta innanzitutto sull’aspetto psicologico, su una positiva relazione interpersonale (si confrontino ulteriori informazioni sulla teoria di E. E. Jones), mentre captatio benevolentiae sembra un termine di più ampia portata. 305. Lis-Turlejska, M. (1980) p. 325: “tendencja do wytworzenia w drugiej osobie pozytywnej postawy wobec podmiotu (...) zwiększenie własnej atrakcyjności”. 306. Ivi, p. 329. 307. Ivi, p.332: “Podobieństwo w zakresie opinii, postaw i przekonań stanowi istotny warunek kształtowania się pozytywnych ustosunkowań wobec partnera interakcji”.

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Capitolo 4. La pragmatica della persuasione politica

potenziali elettori oppure al livello della forma linguistica, quando il parlante adegua il proprio linguaggio a quello usato dall’elettorato, per esempio: [2] Dlaczego ja mam dyskutować z artykułem, którego autor skłamał jak bura suka? (40). L’ultima tecnica, quella di presentazione di sé, è frequentemente adoperata nel linguaggio politico e si manifesta evidentemente in atti di elogio della propria persona, in cui si sottolineano proprie qualità, potere, importanza, ecc. L’uomo politico punta a plasmare la sua immagine pubblica in tale modo da mettere in risalto il suo lato positivo e così ottenere appoggio308: [3] Perché noi non ci riempiamo la bocca parlando “della gente”. Noi abbiamo la serietà e la consapevolezza di essere gente tra la gente (14). La teoria di ingratiation si concentra sulle tecniche di carattere positivo utilizzate per raggiungere propri scopi e trarre determinati vantaggi, ingraziandosi il partner. Fa risaltare i metodi che sfruttano valutazioni favorevoli concernenti il partner, sé stesso oppure convinzioni comunemente condivise. Comunque, pur implicitamente e per reticenza, la teoria di Jones richiama l’altro lato della medaglia, vale a dire l’influenza che si serve di tecniche negative come critiche, aggressione verbale, calunnie, diffamazioni, ecc. Questi meccanismi che si basano su atteggiamenti sfavorevoli, se non ostili, verso gli altri attori sociali sono ugualmente interessanti ed efficaci dal punto di vista linguistico. Va notato che queste tecniche negative, che proporremmo di denominare tecniche di deprezzamento, in contesto politico sono impiegate nei confronti degli avversari, cioè altri uomini politici, quasi mai, invece, nei riguardi del partner – potenziale elettore. Siamo dell’opinione e cercheremo di dimostrare che le summenzionate tecniche di deprezzamento siano anche un caso, pur perverso e negativo, di ingratiation: criticando e svalutando l’avversario si cerca di rafforzare la propria immagine positiva.

308. Cfr. ivi, p. 334: “Stosowanie tej techniki polega na wywoływaniu pozytywnej postawy partnera poprzez przekazywanie mu odpowiednich informacji o sobie, czyli przez odpowiednie manipulowanie własnym obrazem. Zależnie od sytuacji i od cech partnera może to polegać albo na podkreślaniu swoich zalet, siły, znaczenia, bądź też na podkreślaniu wad i słabości”.

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Adoperando la teoria di E. E. Jones ai bisogni del presente studio, intendiamo categorizzare i fenomeni persuasivi manifestantisi al livello pragmalinguistico nei testi politici inclusi nel corpus in due classi: ■ ingratiation ■ deprezzamento dell’avversario. Prima di sviluppare in un’ottica linguistica le questioni di ingratiation e deprezzamento dell’avversario riteniamo utile soffermarci ancora su un altro problema inscindibilmente legato alla persuasione nella lingua, cioè la valutazione309 celata nella lingua. Che esista un legame inscindibile tra persuasione e valutazione non sembra essere messo in dubbio310. È indiscutibile che all’intento di convincere sono necessariamente collegate certe opinioni che si devono avere dell’oggetto della persuasione in precedenza e che guidano i tentativi di modificare convinzioni e comportamenti altrui. L’atteggiamento indifferente, neutrale, blando del parlante tronca sul nascere qualunque azione persuasiva: La valutazione intesa come espressione del giudizio del parlante implica l’assunzione di un punto di vista soggettivo, l’espressione di opinioni311. Per questa ragione nell’analisi dei mezzi persuasivi si deve palesare e sottolineare la loro forza valutativa. Talvolta la valutazione viene considerata il fondamentale meccanismo persuasivo312. A questo punto pare opportuno precisare che cosa in effetti intendiamo con il termine valutazione. In generale, valutazioni vengono considerate agglomerati di opinioni, atteggiamenti e giudizi positivi o negativi formulati su qualcosa o qualcuno. In questo riguardo ci richiamiamo a Puzynina313 e Santulli per cui il termine

309. Nella letteratura polacca viene impiegato il termine wartościowanie. 310. Cfr. Galasiński, D. (1992), Wieczorek, U. (1999), Laskowska, E. (2000) p. 342: “podobnie nie kwestionowany jest związek pomiędzy funkcją wartościującą a funkcją nakłaniającą wypowiedzi”. 311. Santulli, F. (2005) p. 86. 312. Galasiński, D. (1992) p. 23: “W perspektywie teorii perswazji jest to najważniejsza, moim zdaniem, cecha wypowiedzi perswazyjnych – muszą one zawierać w swej strukturze element wartościujący, wartościowanie jest tym mechanizmem, na którym opiera się perswazja”. 313. Puzynina, J. in: Bartmiński, J. (2003) p. 27: “Czym jest wartościowanie? Najogólniej jest ono rozumiane jako (porównawcze lub przynajmniej bezpośrednio niezależne od porównań) uznawanie czegoś za (w jakimś stopniu i pod jakimś względem) dobre lub (w jakimś stopniu i pod jakimś względem) złe”.

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Capitolo 4. La pragmatica della persuasione politica

valutazione serve a indicare la posizione o l’atteggiamento del parlante, il suo punto di vista o il suo coinvolgimento emotivo nei confronti di ciò di cui parla (Thompson & Hunston 2000:4)314. Le valutazioni comprese in tale modo mettono in primo piano la figura del mittente che esprime e impone i propri giudizi ed opinioni, presentandoli come interpretazioni oggettive e giuste della realtà. In quest’ottica appaiono ragionevoli gli approcci che attribuiscono il ruolo centrale alle intenzioni del parlante315: l’intento del mittente è il fondamentale criterio dell’interpretazione corretta del giudizio valutativo racchiuso nel messaggio. Evidentemente, esso può essere più o meno facile a seconda dei mezzi linguistici utilizzati ai fini valutativi. Sostanzialmente si possono individuare modi di valutare le cose direttamente – più palesi – e indirettamente – meno evidenti. Nel primo gruppo rientrerebbero mezzi come il lessico esplicitamente valutativo, nell’altro invece le forme più stimolanti, tipo ad esempio allusione, ironia, presupposizioni. I giudizi espressi attraverso la lingua fanno uso delle diverse possibilità offerte dal sistema linguistico: si tratta degli espedienti lessicali, ma anche quelli grammaticali: morfologici, perfino fonetici316. Intendiamo sviluppare questi argomenti nei capitoli successivi. Già parlando delle tecniche di ingraziarsi gli altri abbiamo notato che questi modi sfruttano per lo più aspetti positivi e presentano l’emittente nella miglior luce possibile, mentre il valore opposto è riservato per l’avversario. Come si vede, le tecniche di ingratiation e di deprezzamento si basano su valutazioni fortemente dicotomiche. Nella persuasione politica le valutazioni, sempre in tonalità bianco – nero, riguardano soprattutto gli attori politici: uomini politici e i loro rivali, le loro decisioni e azioni317. Infine, vorremmo ribadire che nel contesto politico le valutazioni, che costituiscono sempre un’interpretazione unilaterale della realtà, servono a creare l’impressione, o piuttosto la convinzione, che rappresentino l’unica immagine vera ed oggettiva. Im-

314. Santulli, F. (2005) p. 85. 315. Cfr. Wieczorek, U. (1999) p.49: “Najważniejszym kryterium, które pozwala na uznanie jakiejś wypowiedzi za ewaluatywną jest intencja nadawcy”. 316. Cfr. Bartmiński, J. (2003) p. 65 e p. 67. 317. Cfr. Wieczorek, U. (1999) p. 80: “Wartościowaniu podlega po pierwsze osoba kandydata, jego przeciwnicy polityczni lub wyborcy, którzy są odbiorcami działań perswazyjnych, dalej czynności, których agensem są wyżej wymienione podmioty wartościowania. Ponadto pojawiają się rzeczy lub stany rzeczy z nimi związane, odnoszące się do przeszłości, teraźniejszości lub przyszłości”.

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porre la propria visione della realtà (politica, sociale, culturale) è lo scopo principale della persuasione politica318. Lo studio delle tecniche di ingratiation e deprezzamento che presentiamo in seguito si basa sull’analisi dell’intero corpus di testi, ma comunque solo alcuni brani sono stati selezionati in quanto illustrazione dei mezzi descritti. Inoltre, sovente risulta difficile classificare univocamente un dato frammento, il che è dovuto all’intrecciarsi di diversi fenomeni linguistici in un singolo brano. Alcuni di essi saranno utilizzati più volte, in certi casi sarebbe concepibile anche un’interpretazione più approfondita.

318. Cfr. Barańczak, S. (1983), Bralczyk, J. (2001).

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4. 1. Ingratiation Le tecniche di ingratiation, come si è già detto, comprendono soprattutto diversi meccanismi sia di presentazione di sé sia di elogio delle qualità dell’interlocutore–elettore. Per l’analisi di queste tecniche ricorriamo alla teoria degli atti linguistici, soprattutto alla sua versione searliana (cfr. cap. 3). La consideriamo un metodo giusto ed efficiente che permette di unire il lato pragmatico alla ricerca linguistica e ottenere un inventario di atti linguistici impiegati nell’ingratiation. Individuando particolari tipi di atti, abbiamo oltrepassato la tassonomia searliana servendosi anche dell’elenco proposto da Wierzbicka319. Teniamo ben presenti le riflessioni contenute nel capitolo 3 riguardanti il carattere indiretto dell’atto persuasivo, l’impiego di una pluralità di atti a un livello superficiale per compiere in realtà un atto persuasivo i suoi diversi condizionamenti. Infine, sono emerse nove categorie dominanti di atti linguistici impiegati a guadagnare il consenso politico che adesso vorremmo commentare.

319. Cfr. Wierzbicka, A. (1983) p. 127. Wierzbicka fa riferimento al concetto di genre di Michail Bachtin, constatando che questo è più adeguato nell’analisi delle unità più grandi, siccome il termine ‘atto’suggerisce un breve enunciato, preferibilmente composto di una frase. Comunque, il criterio di base nella tipologia di Wierzbicka rimane sempre la forza illocutiva, ovvero l’intenzione del parlante. Wierzbicka distingue tra l’altro i seguenti tipi: domanda, richiesta, ordine, minaccia, avvertimento, permesso, ringraziamento, congratulazioni, condoglianze, scusa, complimento, rimostranza, spiegazione, scherzo, ecc.

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4. 1. 1. Atti di elogio della propria persona La categoria degli atti persuasivi mirati all’ingratiation decisamente più ampia comprende una pluralità di atti di elogio della propria persona. È una categoria assai composta sia dal punto di vista quantitativo sia perché il vanto assume una varietà di forme. Il grandissimo numero degli atti di elogio della propria persona osservati nel corpus potrebbe stupire visto il peso del tabù culturale legato al vanto. Nella cultura europea la vanteria è considerata scortese e costituisce una violazione delle regole di etichetta320. È purtroppo alquanto difficile tracciare il confine tra una vanteria, una lode di sé troppo ostentata e un riconoscimento giustificato dei propri meriti e capacità, indispensabile in alcune situazioni come, per esempio, una campagna elettorale. Secondo il nostro parere, la comunicazione politica come tale neutralizza la ricezione negativa degli atti di elogio della propria persona, accettandoli come un’arma fondamentale della lotta politica. Perciò, non dobbiamo vederli come un errore imponderato, una contravvenzione alle norme pragmalinguistiche, ma un mezzo persuasivo ampiamente approvato. Gli atti di elogio della propria persona approfittano di vari metodi di trasmettere valutazioni e informazioni positive sul mittente. Come primo, abbiamo individuato l’atto di elogio dei propri successi, in cui il mittente enumera i successi propri o quelli del suo partito. Osserviamo i seguenti brani: [4] (...) noi abbiamo ridotto le tasse, le abbiamo ridotte alle famiglie meno agiate, sono oggi dieci milioni in più i contribuenti italiani che non devono neppure fare la dichiarazione dei redditi, (...)abbiamo anche introdotto una serie di deduzioni per i figli (...) (1) [5] [il governo] ha dato una mano alle famiglie più disagiate, soprattutto agli anziani, ha aumentato le pensioni a un milione e 851 mila pensionati a cui le por-

320. Galasiński, D. (1992) p. 31: “Powszechność chwalenia się łączy się jednak z pewnymi bardzo ostrymi restrykcjami kulturowymi nakładanymi na zachowania tego typu”.

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4. 1. 1. Atti di elogio della propria persona

terà prossimamente a 800 euro con la nuova legislatura, ha aumentato ai collaboratori dello stato, ai dipendenti pubblici, al di là della inflazione il loro stipendio, ha creato molti posti di lavoro, sono 22 milioni e 600 mila gli italiani, è un record storico anche questo che oggi sono al lavoro. (1) [6] io sono riuscito in mezzo all’ironia di tutta la sinistra italiana a far modificare il trattato di Maastricht (1) [7] Ma abbiamo tenuto fede a tutte le promesse che avevamo fatto (...) Abbiamo cambiato il sistema degli studi di settore facendoli dal basso su sede provinciale. Abbiamo chiamato i comuni a dare una collaborazione per gli accertamenti presso i vari contribuenti. Abbiamo anche introdotto un sistema di convenienza per certi privati a dichiarare certe spese che normalmente, invece, venivano fatte con la fattura. (2) [8] Devo ammettere che speravo nella vittoria ma in un trionfo così imponente no.(7) [9] In questa legislatura noi abbiamo garantito la stabilità di governo. (10) [10] Zwiększyliśmy nakłady na współpracę z organizacjami pozarządowymi kilka razy w ciągu ostatnich lat. W tym roku – również. To jest kilkukrotne zwiększenie. Znów w budżecie na rok 2007 mamy znów dalej idące zwiększenie środków finansowych na współpracę z organizacjami pozarządowymi.(32) [11] W obecnej kadencji Senatu RP udało się nam uchwalić aż 899 ustaw, również nie tylko zgłosić poprawkę, ale przedstawić 26 własnych ustaw zainicjowanych przez Senat. (38) [12] Dotrzymaliśmy słowa wprowadzając Polskę do Unii Europejskiej na możliwie najlepszych warunkach. Zwiększyliśmy tempo rozwoju gospodarczego. Zatrzymaliśmy wzrost bezrobocia. Nie straciliśmy miliona miejsc pracy, jak to uczyniła rządząca przed nami prawica. Wprowadziliśmy w życie programy utrzymania i tworzenia miejsc pracy (np. Stocznia Szczecińska). Rozwinęliśmy programy pomocowe dla ludzi młodych,

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wspomagaliśmy absolwentów szkół wyższych. Rozszerzyliśmy system stypendialny na studentów zaocznych, zapewniliśmy dożywianie dzieci w szkołach.(38) [13] To ja z Brukseli ostatnio przywiozłem prawie pół miliarda złotych po to, żeby (...)(39). Gli atti di elogio dei propri successi approfittano di vari espedienti per esercitare influsso. Si notino gli esempi che devono impressionare proprio per l’accumulazione dei dettagli che a volte sembrano pure superflui (es. [4],[5]). Alcuni atti, invece, possono avvicinarsi alla banalità (es. [12]) per il loro carattere molto generale. Privi di prove concrete e tangibili, gli atti linguistici che mirano a sottolineare i successi del mittente, sembrano piuttosto un’interpretazione della realtà in cui il parlante cerca a tutti i costi di attribuirsi il merito di qualcosa (es. [9], [12]). Dal punto di vista grammaticale, il mittente si manifesta come “io”, usando la prima persona singolare oppure “noi” (il partito, il governo) attraverso l’uso della prima persona plurale. Facendo risaltare se stessi e i propri meriti (es. [6], [8], [13]) si cerca probabilmente di rafforzare la propria posizione di leader politico, nonché di far sembrare più straordinario il successo compiuto da solo. L’uso del plurale, invece, mira ad indicare che non è un singolo individuo ad essere autore del successo menzionato, ma un gruppo di persone competenti e capaci (es. [7], [9], [12]). Gli atti di elogio della propria persona in cui il parlante si vanta dei propri successi paiono un metodo efficiente, perché facendo uso dei fatti, di esempi concreti rendono difficile la loro negazione: bisognerebbe accusare il parlante di mentire nonché dimostrare il falso delle sue affermazioni. L’elenco di successi dovrebbe costituire una prova decisiva delle capacità del parlante. Inoltre, è un esempio di valutazione indiretta, dove la valutazione positiva dei successi viene poi trasferita sul politico. Un effetto simile viene ottenuto tramite l’atto di constatare delle “verità oggettive”, cioè presentare certe informazioni e fatti come se non ci fosse alcun dubbio quanto alla loro oggettività o la loro origine. Osserviamo i seguenti esempi: [14] L’anno scorso l’inflazione per esempio si è fermata ad un livello storicamente molto basso all’1,9%. (1)

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4. 1. 1. Atti di elogio della propria persona

[15] La Finanziaria è un miracolo. Essere riusciti a fare una manovra da 33 miliardi di euro, nella situazione in cui ci trovavamo, è un risultato straordinario. (11) [16] Wielokrotnie wątpiono w sens mojej wizyty w USA, wskazując, że ekstradycja nie zostanie uruchomiona. Po pierwsze, została uruchomiona. Po drugie, Mazur został zatrzymany w areszcie, a po trzecie, nie opuści aresztu do czasu rozstrzygnięcia sprawy ekstradycyjnej. (33) Si tratta qui degli atti assertivi che mirano ad affermare alcuni fatti apparentemente oggettivi, ma che in verità vogliono plasmare la realtà così che il parlante si presenti in buona luce. Dai fatti asseriti e dal modo in cui vengono presentati (presenza dei lessemi valutativi tipo miracolo, straordinario da una parte e forme impersonali come essere riusciti dall’altra), il destinatario deve dedurre il ruolo del parlante nel raggiungere il successo. Inoltre, l’enunciato non deve neanche contenere un elemento valutativo ([16]), il giudizio implicito si poggia piuttosto sulle conoscenze del destinatario e il suo riconoscimento della situazione. Il ricorso all’apparente oggettività aumenta la forza di auto-elogio. Un altro tipo di atto linguistico impiegato al servizio dell’ingratiation è l’atto di elogio delle proprie qualità. A questo scopo vengono adoperati soprattutto atti assertivi che comportano un notevole carico valutativo (diretto o meno) nel riguardo dei tratti caratteriali di un dato uomo politico. Le caratteristiche accentuate si limitano, naturalmente, alle qualità comunemente apprezzate, visto che anche in questo contesto funziona la regola di conformismo sociale, fenomeno studiato molto dalla psicologia sociale (si veda E. E. Jones, E. Aronson e altri). Il parlante, nel tentativo di accattivarsi l’uditorio, dimostra conformismo rispetto ai giudizi e preferenze del pubblico e attribuisce a se stesso le caratteristiche socialmente desiderate. Per questo motivo abbondano i lessemi che denotano tratti positivi321: [17]Credo che noi siamo più credibili, perché abbiamo sempre tenuto la stessa posizione. (2)

321. Dobek-Ostrowska, B., Fras, J., Ociepka, B. (1997) p. 99: “Kształtowaniu ocen pozytywnych, zjednywaniu przychylności odbiorcy, sprzyja przede wszystkim posługiwanie się nacechowanym dodatnio słownictwem”.

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[18](...) quindi credo che noi siamo credibili(...) (2) [19](...) siamo una forza responsabile.(11) [20]Jestem wstrzemięźliwy w słowach i ostrożny co do sądów. (33) [21]Ja jestem bardzo dowcipnym człowiekiem (...) (33) [22] Znaczy, ja przede wszystkim jestem w tej sprawie konsekwentny przynajmniej od 1992 roku.(33) Osserviamo la propensione all’impiego del predicato nominale in quanto mezzo più semplice ed efficace di lodarsi. Sia in italiano sia in polacco il verbo copula (essere, być) è accompagnato da un aggettivo (es.: responsabile, konsekwentny) che direttamente introduce ed impone la valutazione positiva del soggetto. Non mancano neanche atti di elogio delle proprie qualità in cui il tratto positivo non è nominato esplicitamente. È, tuttavia, spesso facile effettuare un’inferenza desiderata dal parlante come in questo caso: [23] Ho sempre portato a termine quello che ho cominciato (10). Non c’è dubbio che il mittente vuole far capire al proprio uditorio che è una persona per bene, affidabile e lo può provare grazie all’esperienza precedente. Abbiamo rilevato nel corpus, però, anche atti linguistici meno chiari, richiedenti più sforzo da parte del destinatario che deve intuire di che qualità il parlante si vanta. Osserviamo i seguenti esempi che esigono un’interpretazione più elaborata: [24] Io, invece, soffro da morire a fare il presidente del Consiglio. Soffro dalla mattina alla sera. E anche di notte. Per loro il potere è il sogno di una vita, per me fare il presidente del Consiglio è una condizione esistenziale peggiore di quello che potrei avere se non avessi questo ruolo. (10) [25] Ja jestem do swoich najbliższych – zaczynając od mamy, a kończąc na wnuczce, no i nie omijając brata – bardzo przywiązany; no i to po prostu tyle. Ja myślę też, że jestem bardzo mocno przywiązany do Polski, do kraju. Na każdym sukcesie

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4. 1. 1. Atti di elogio della propria persona

Polski, żeby on nie wiem w jakiej był dziedzinie – od sportu do rozwoju gospodarczego – niezwykle mi na tym zależy i niezwykłą przyjemność mi to sprawia, jak takie sukcesy są; także jak coś pozytywnego w historii Polski wyczytam, bo się bardzo historią interesuję.(35) I brani citati sopra, seppur implicitamente, mirano a evidenziare le qualità caratteriali ed emozionali del parlante, desiderate ed apprezzate nell’uomo politico, come impegno, dedizione, responsabilità. Analizziamo come queste qualità vengono implicate e trasmesse nell’atto linguistico. A questo scopo ricorriamo alla teoria formulata da Paul Grice322 riguardante le regole conversazionali. Siamo dell’opinione che gli esempi analizzati costituiscono un’infrazione di queste massime che governano gli scambi linguistici dal punto di vista della qualità, quantità, modo e relazione. La violazione di queste regole spinge il destinatario a cercare un’ulteriore interpretazione dell’enunciato. In questa ottica questi atti possono essere considerati implicature conversazionali, poiché da quello che si dice alla lettera si ricava un altro senso. I frammenti [24] e [25] avviano un meccanismo inferenziale, che permette di svelare quello che si fa intendere tramite la violazione delle massime di quantità e modo. Il contributo dei parlanti sembra molto elaborato e più informativo di quanto richiesto nonché il modo di esprimersi pare prolungato e assai complicato. In questo caso vengono implicate qualità come consistenza, responsabilità, sensibilità, patriottismo, devozione per i valori tradizionali, che il destinatario deve ricavare. Lo stesso meccanismo viene sfruttato in un’altra variazione dell’atto di vantarsi delle proprie qualità, vale a dire l’atto di mostrarsi una persona di valore malgrado le avversità. Questo tipo di atto si distingue per una particolare vivacità espressiva, grazie a cui crea una certa immagine della realtà che mira a far nascere nel destinatario un ritratto positivo dell’uomo politico: [26] Intanto, già in questi cinque anni, l’opposizione nei nostri confronti ha tenuto un comportamento assolutamente negativo e di grande, fortissimo contrasto, con insulti, calunnie, barricate in Parlamento, eccetera (2) 322. Grice, H. P. (1980), Bazzanella, C. (2005) pp. 168-189, Bianchi, C. (2003) pp. 66-90.

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[27] Io stesso ho avuto trentanove minacce di morte, alcune delle quali serissime. (10) [28] Prawo i Sprawiedliwość przeżyło bardzo twardą próbę ogniową. (33) [29] My mamy przeciwko sobie front i partyjny, jak dzisiaj widać bardzo szeroki, bo Platforma plus SLD plus PSL (tak dziwnie to wszystko wygląda, ale tak to dzisiaj jest), a z drugiej strony mamy jeszcze także potężne media, które, niestety, zmieniają się dzisiaj w ośrodki polityczne. Mówię przede wszystkim o telewizjach prywatnych. (33) La tecnica sfruttata negli esempi sopra consiste nell’enumerare e descrivere le avversità e disgrazie che il parlante ha dovuto affrontare e con cui, nel sottinteso, ha lottato con successo. Creando una visione di contrarietà o pericolo si implicano le virtù straordinarie indispensabili per far fronte a queste difficoltà, di cui, ovviamente, il politico o anche l’intero partito dispone. ‘Sono bravi, resistenti, coraggiosi e irremovibili.’– è la conclusione a cui deve arrivare il destinatario-elettore. L’altro lato della medaglia rappresenta l’atto di distaccarsi dalle qualità negative, dove l’elogio delle proprie qualità avviene indirettamente attraverso il dissociarsi dal vizio e imperfezione: [30]Perché noi non ci riempiamo la bocca parlando “della gente”. Noi abbiamo la serietà e la consapevolezza di essere gente tra la gente. (14) [31] Noi non siamo né pessimisti né catastrofisti.(3) [32] No, ja akurat cenię sobie swoje słowa i nie chcę tutaj publicznie podejmować pewnego zobowiązania, że coś powiedziałem, a potem to jest niedotrzymane. (32) [33] Ja nie jestem człowiekiem konfliktowym. (32) Volendo creare una favorevole immagine di sé, il politico si distacca dai comportamenti e caratteristiche riprovevoli conformemente alle aspettative sociali: si presenta come una persona concreta che desidera agire e non solo parlare, non vuole fare promesse che non potrebbe mantenere e cerca di evitare conflitti. Gli stessi

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enunciati implicano di più: l’uomo politico suggerisce di possedere qualità opposte, cioè quelle riconosciute positive e desiderate. L’atto di distaccarsi dalle qualità negative assume anche la forma di un paragone tra il politico e il suo avversario (anche in termini collettivi, cioè un paragone tra due partiti o movimenti): [34] Quando c’era la sinistra al governo c’era un’immigrazione clandestina preoccupante, siamo arrivati noi, abbiamo saputo (...) ridurre del 51% l’immigrazione clandestina. (1) [35] Significa che noi abbiamo fatto esattamente dieci volte quello che hanno fatto i governi della sinistra. (1) [36] Per il Mezzogiorno noi abbiamo fatto moltissimo, perché contrariamente a quello che è successo nel passato nel piano delle grandi opere, che è uno dei nostri orgogli e che, tra l’altro – voglio insistere – dimostra la nostra capacità operativa rispetto ai governi della sinistra. (2) [37]Nessuno dei governi che ci hanno preceduto ha fatto meglio. (10) [38]E a differenza della Destra, noi ci presentiamo alle elezioni con un programma di governo che oggi sottoscriviamo e a cui ci riteniamo vincolati. (14) [39]Bardzo dziękuję za to dobre przygotowanie, ale nie jest Pan prawnikiem i na tym polega problem. Zresztą ja sądzę, że to jest pewna przewaga po mojej stronie jako kandydata na prezydenta. (33) [40] Ja myślę, że pod tym względem wykazujemy znacznie większą konsekwencję, panie Donaldzie, niż wykazuje Platforma Obywatelska. (33) Qui, i tratti negativi da cui l’uomo politico decide di dissociarsi vengono incarnati dall’avversario-portatore di difetti. Questa tecnica di auto-elogio comporta la valutazione dicotomica, dove non esistono gradi intermedi tra due poli estremi: il mittente mette in risalto i propri successi e capacità in confronto al fallimento

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e mancanze dell’antagonista politico. In questo tipo di atti si vuole esporre con tutta schiettezza e brutalità le debolezze altrui e le proprie qualità e, seppur sembri un metodo poco raffinato, viene adoperato volentieri. Un’altra tecnica di ingratiation che abbiamo individuato consiste nell’elogio delle proprie competenze. Accanto all’elogio dei propri successi e delle proprie qualità caratteriali costituisce uno dei mezzi più potenti dell’ingratiation. Abbiamo suddiviso gli atti di elogio delle proprie competenze in seguenti classi: a) presentarsi come partecipante alle situazioni o ruoli sociali che richiedono certe competenze comunemente apprezzate323: [41] Pracowałem jako prezes Najwyższej Izby Kontroli, jako minister sprawiedliwości, w końcu jako prezydent Warszawy. Mam też wielkie doświadczenie w pracy społecznej, z Solidarności. (33) [42] Nasi eksperci są przygotowani i musimy rozpocząć rozmowy na ten temat. (39) Osserviamo di nuovo l’impiego della valutazione indiretta, poggiata sulle conoscenze del ricevente in quanto i brani citati non nominano esplicitamente i tratti posseduti dal mittente, ma i pregi sono indicati in forma dell’implicatura: il fatto di essere stato ministro o sindaco [33] suggerisce la competenza del parlante, anche se in modo non tanto preciso. Comunque, una certa ambiguità aumenta la forza persuasiva dell’enunciato. b) mostrarsi esperto citando cifre ed informazioni particolareggiate: [43] Quindi noi abbiamo cambiato il trattato, abbiamo sostenuto l’economia con un’immissione maggiore di risorse nell’economia, siamo andati oggi al 4,1 e abbiamo il 2006 che è già positivo per gli acquisti che si stanno muovendo in Italia, l’IVA è più al 6% l’immatricolazione di auto eccetera con tutti i grandi organismi internazionali che pronosticano per il 2006 una crescita che va dal 1,2 al 2,1, diciamo che la media tra centri di ricerca e organismi internazionali è all’1.8, quindi credo che dobbiamo guardare in avanti con ottimismo. (1)

323. Cfr. Galasiński, D. (1992) p. 47.

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[44] oggi, nonostante ci sia stata per le famiglie meno agiate una forte diminuzione di ciò che devono pagare, dieci milioni non le pagano più, ma anche chi guadagna 15.000 euro ha il 55% di sconto, chi guadagna 20.000 euro ha il 24% di sconto, chi guadagna 25.000 euro ha il 14% di sconto rispetto al passato, ad alcuni quozienti familiari succederà questa cosa, che se un singolo guadagna 100 ed un padre di famiglia guadagna 100, oggi pagano la stessa cifra. Domani, invece, si calcolerà il peso che il padre di famiglie deve sostenere per la moglie e si aggiungerà un uno. Si aggiungerà un mezzo punto per ogni figlio, e quindi il padre di famiglia si troverà a pagare circa il 30% di meno sullo stesso stipendio rispetto al singolo. Credo che sia una cosa assolutamente importante. Naturalmente, abbiamo introdotto tantissime altre situazioni di supporto per le famiglie, per le coppie giovani abbiamo un fondo per i mutui per l’acquisto della casa, per le famiglie che non possono abbiamo un fondo per aiutarle nel pagare le locazioni, abbiamo introdotto degli aiuti per un bambino che nasce, abbiamo introdotto i libri gratuiti(...) (2) [45] Liberałowie spod znaku lewicy i prawicy, przy wsparciu liberalnych środków przekazu doprowadzili do: – zadłużenia zagranicznego, które w 1989 roku wynosiło ok. 48 mld USD, a w 2005 roku ok. 130 mld USD, – olbrzymiego długu wewnętrznego, – rozgrabili 75% majątku narodowego, – oddali 85% banków w obce ręce (...) – 1/3 dzieci idzie do szkoły bez śniadania, – 2 mln dzieci jest niedożywionych, – 1/3 chorych nie wykupuje lekarstw, – 60% społeczeństwa żyje poniżej minimum socjalnego, – 30% społeczeństwa żyje w ubóstwie, – 5 mln ludzi nie ma pracy. (39) Abbiamo deciso di citare dei frammenti assai lunghi per illustrare meglio la peculiarità di questo tipo di atto, principalmente un diluvio di cifre, dettagli, statistiche e percentuali. Il senso vero e proprio di queste informazioni pare decisamente

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meno importante della loro accumulazione. Infatti, esse possono sembrare una raccolta di asserzioni totalmente arbitrarie ([45]), sia per l’attendibilità dei dati sia per la loro selezione e confronto. Nei brani citati si nota una giustapposizione dei fatti tratti da sfere ben diverse (es.: bambini che non fanno colazione e il debito interno in [45]) nonché la cura dell’accuratezza e verosimiglianza delle cifre. Il ricorso ai numeri viene defi nito da Bralczyk come uwiarygodnienie przez manifestowanie kompetencji, scjentyfikację324, cioè un modo per rafforzare la propria credibilità dimostrando la competenza e accrescendo la scientificità del discorso. L’uso del linguaggio più tecnico serve a distanziarsi dagli avversari al fine di sembrare esperto e affidabile. Adesso passiamo ad un altro tipo degli atti di elogio della propria persona che intendiamo presentare – gli atti di constatare una verità inconveniente in apparenza. Comprendono una varietà di atti il cui tratto in comune sarebbe una sorta di autocritica ( ma solo apparente) da parte del politico, che si decide a svelare un certo suo difetto o insuccesso. È indubbio che in realtà non si tratti di dare giudizi sfavorevoli su sé stessi, poiché sarebbe controproducente per l’ingratiation. Analizziamo: [46] Saremo pure all’antica, ma per noi la serietà politica fa premio sulle ambizioni dei singoli. (11) [47] Ammetto, ho sbagliato a non fare campagna elettorale in prima persona. Ma, per vincere le prossime elezioni, punto tutto sul partito unico del centrodestra che metta insieme i nostri alleati. (10) [48] Le differenze, quando si sono palesate – ed era inevitabile per l’ampiezza della nostra Alleanza – sono state affrontate con il dialogo, con spirito costruttivo, con rispetto reciproco, fino a trovare la soluzione condivisa. (14) [49] Porażką dla nas było odrzucenie przez Sejm ustawy o równym statusie kobiet i mężczyzn, bo trzeba otwarcie powiedzieć – mimo konstytucyjnego zapisu o równości kobiet i mężczyzn, to jednak zjawisko dyskryminacji kobiet w różnych zawodach, w różnych dziedzinach ma w Polsce miejsce. (38) 324. Bralczyk, J. (2003) p. 18.

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[50] Samoobrona jest klubem wokół programu. Programu ciężkiego, niełatwego. Programu, który się przebija bardzo wolno. (39) Come si è detto, le parole di autocritica sono soltanto un’apparenza, dietro la quale si nasconde un’altra interpretazione. L’elenco dei propri difetti e mancanze è un metodo astuto per avvicinarsi al destinatario: il politico che svela la propria natura imperfetta si presenta come una persona sincera, aperta ed affidabile. Il mittente sembra dire: ‘Non ho niente da nascondere’e in questo modo può conquistare più facilmente la fiducia degli elettori. Inoltre, gli errori che il politico ammette nel discorso si trasformano in pregi: essere all’antica viene associato alla responsabilità politica [46], un possibile errore significa una cooperazione costruttiva (molto stimata dall’elettorato) [47], le differenze sono state superate [48], un insuccesso legislativo indica un’attività in questo campo [49], mentre il programma politico che è difficile e impopolare [50] deve essere per forza buono ed efficiente e quelli che tentano di realizzarlo sono competenti e coraggiosi. Le verità ammesse sono inconvenienti solo apparentemente, in realtà sono un’altra tecnica di auto-elogio. Finalmente, presentiamo l’ultimo tipo degli atti di elogio della propria persona riscontrabile nella lingua politica, cioè l’atto di vantarsi delle proprie conoscenze e contatti. Crediamo che questa tecnica di ingratiation assomigli al fenomeno noto in psicologia sociale come BIRGing (Basking in Reflected Glory)325, cioè “brillare di luce riflessa”. Si tratta del metodo di migliorare la propria immagine (e aumentare la propria autostima) attraverso i contatti con le persone di successo, famose, potenti. Osserviamo questo meccanismo nei brani selezionati: [51] (...) ho avuto modo di parlare con tutti gli altri leader politici, recentemente soprattutto con il presidente Vladimir Putin (...) (1) [52] Io per George, Tony e Vladimir sono un tycoon che ha fatto tante cose, come Murdoch. Mi dicono: quando non avremo più incarichi ci assumi tu? (10) [53] (...) jeżeli chodzi o Lecha Wałęsę, to mogę powiedzieć jasno: w chwilach trudnych, bardzo trudnych ja byłem z nim, przez bardzo wiele lat i bardzo blisko.(33) 325. Cialdini, RB, Borden RJ, Thorne, A, Walker, MR, Freeman, S, e Sloan, LR (1976). Basking in reflected glory: Three football field studies. Journal of Personality and Social Psychology, 34, 366-375. http://www. getcited.org/pub/103372602 del 29.05.2007.

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[54] (...)jeżeli ja dzisiaj słyszę słowa poparcia ze strony Lecha Wałęsy – to jestem z tego dumny.(33) In generale, questo tipo di atto di elogio della propria persona consiste nel mettere in luce gli elementi che accomunano il politico ad altri individui o gruppi valutati positivamente dalla maggioranza dell’elettorato, così che le qualità degli altri si distendano sull’uomo politico. Essere in grado di darsi del tu con i più importanti politici del mondo ([52]) oppure godere dell’appoggio di uno dei più famosi polacchi, vincitore del premio Nobel ([53], [54]) permette in un certo senso di brillare della loro fama, autorità e influenza.

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4. 1. 2. Promessa L’atto della promessa è un tipico esempio nel gruppo degli atti commissivi (cfr. cap. 3), tramite cui il parlante si impegna a fare qualcosa in futuro. L’impegno assunto dal parlante deve essere vantaggioso in senso materiale o meno per il ricevente, in quanto la visione dei vantaggi futuri descritta nella promessa aiuta il politico ad accattivarsi i destinatari e guadagnare i loro voti. Non sorprende, dunque, il frequente ricorso a questi atti linguistici. [55] Sull’Iraq la dottrina nostra è chiara: se vinciamo le elezioni l’attueremo. Ritireremo le truppe. (14) [56] No, su questo possiamo essere tranquilli, non si aumentano le imposte per diminuire il cuneo fiscale.(1) [57] Le nostre riforme (...) ridurranno il costo dello Stato e libereranno risorse che destineremo al taglio delle tasse. (10) [58] Noi non tasseremo né bot né cct. (...) (14) [59] Tutti i Paesi hanno questa legge e noi no. Ora va fatta. Sarà realizzata in modo non punitivo, ma come ce l’hanno tutti i Paesi democratici.(14) [60] Jeżeli ja wygram te wybory, to sprawy dotyczące służb specjalnych i ich udziału w życiu politycznym, które tak fatalnie się zapisały w III Rzeczypospolitej, zostaną do końca wyjaśnione. (33) [61] Ja będę szukał z braćmi Kaczyńskimi pewnego modelu, w którym znikną biurokratyczne instytucje (...). (33) [62] Jeśli zostanę prezydentem, ustawy, które chcą polską służbę zdrowia doprowadzić do kompletnego chaosu będą kompletnie zawetowane. (33)

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[63] i będę namawiał i sądzę, że skutecznie posłów, żeby pieniądze, które ja zaoszczędzę, poprzez radykalne cięcia w kosztach na biurokrację, pieniądze, żeby te pieniądze trafiły na bezpieczeństwo obywateli (...) (33) [64] Bo dzisiaj w Polsce można dużo zdziałać i jeżeli będzie spokój, to my na pewno zdziałamy bardzo dużo. (33) [65] Sojusz w przyszłym Sejmie zaproponuje rozwiązania związane z poprawą sytuacji na rynku pracy, edukacją, nauką. (38) [66] Nasza polityka jest bardzo klarowna – my będziemy (...) twardą opozycją, konsekwentnie będziemy pokazywać, w czym koalicja rządowa sobie nie radzi, będziemy wskazywać błędy i będziemy robić wszystko, żeby te błędy eliminować na poziomie Parlamentu.(37) [67] My dotrzymamy słowa (..). (39) [68] (...) będziemy przeciwko, będziemy torpedować tego typu projekty.(32) Nell’atto della promessa il parlante determina il comportamento e le decisioni futuri e si obbliga a mantenere la propria parola. L’uomo politico cerca di sondare l’opinione pubblica per poi adattare le promesse alle aspettative degli elettori e in ciò consiste la dimensione persuasiva di questi atti. L’atto della promessa può comprendere impegni di vario tipo: sia concreti ([55], [58]) sia assai generali ([64], [65], [67]). Frequentemente riguardano la sfera finanziaria, in particolare la politica fiscale ([56], [57], [58]), i costi burocratici ([61]. [63]), che per il destinatario si traducono in profitti o spese tangibili. L’oggetto della promessa, però, non deve necessariamente riferirsi all’aspetto materiale: si tratta piuttosto di impegnarsi a creare una situazione vantaggiosa sensu largo. Nei frammenti citati appaiono riferimenti alla giustizia e all’armonia pubblica [60], a migliori soluzioni legislative [59], [62] oppure alla coerenza e consistenza nell’attività politica [66]. Dal punto di vista grammaticale negli atti della promessa prevale il tempo futuro, molto spesso la prima persona plurale, anche se non sempre, come nell’esempio [56], dove la forma

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4. 1. 2. Promessa

impersonale del presente serve a fare una promessa meno diretta e perciò meno vincolante. Nell’analisi delle promesse326, Searle elenca nove condizioni di felicità di questo tipo di atti commissivi, fra cui la sincerità del parlante, la sua intenzione di mantenere la parola. Nel contesto della comunicazione politica potrebbero sorgere alcuni dubbi al riguardo di questa condizione, tanto più che non esistono infatti metodi scientifici per verificare il suo vero soddisfacimento. Perciò l’atto della promessa va considerato piuttosto come una sorta di gioco tra il mittente che non deve fare promesse irrealizzabili e il ricevente che non può aspettarsi troppo. Teniamo conto del fatto che la promessa si inscrive nella più vasta intenzione persuasiva finalizzata a guadagnare consenso, e la promessa è solo una delle tecniche di ingratiation.

326. Searle, J. R. (1969) pp. 54-71.

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4. 1. 3. Ricetta per il successo Questa categoria di atti linguistici che mirano a ingraziarsi il destinatario sfugge alle tassonomie classiche, ma ad ogni modo ci sembra abbastanza caratteristica e degna di nota. Abbiamo deciso di darle il nome di “ricetta per il successo”. In breve, sono gli atti in cui il parlante fa una diagnosi della situazione (politica, economica, ecc.) e nello stesso tempo offre una soluzione al problema, proponendo un elenco di azioni indispensabili per ottenere il successo. Esaminiamo i seguenti esempi: [69] C’è un lavoro quotidiano di taglio nell’Amministrazione pubblica e presso le istituzioni pubbliche di privilegi, di sperperi, di inefficienze, e questo si fa e si deve fare sempre di più. C’è da fare una grande operazione di informatizzazione della pubblica amministrazione(...). C’è da fare un intervento sull’evasione (...) (2) [70] Ecco allora quello che noi dobbiamo fare adesso, fare capire che è necessario ripristinare una etica del dovere per tutti i cittadini italiani (1) [71] Allora noi dobbiamo aumentare il costo del lavoro precario, diminuire il costo dell’ora lavorata (...); ecco queste sono tra l’altro le correzioni che dobbiamo fare (...) (1) [72] Questa è una politica demagogica che deve finire, ci vuole serietà, se si progetta un’opera pubblica la si decide ci vogliono anche i soldi per metterla in atto. Ecco quella che è la strategia della Unione. (1) [73] Noi dobbiamo accelerare non solo il discorso delle pene, non solo il discorso della giustizia rapida ma anche il senso della sicurezza nelle nostre città.(2) [74] Potrzebny jest wielki program dla kraju, ale także pewien zestaw przedsięwzięć, który pociągnie za sobą polską inteligencję techniczną(...) (33) [75] Platforma musi mówić jednym głosem, musi być czytelna i wyrazista. (37)

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4. 1. 3. Ricetta per il successo

[76] Jak to osiągną? Tylko z udziałem nas wszystkich. Tylko dzięki Tobie, Twojemu zapałowi, umiejętnościom i doświadczeniu. Tylko dzięki Tobie przekonanemu, że w takiej właśnie Polsce warto żyć. (38) [77] Czyli trzeba niesamowicie dbać o dochody, trzeba nakręcać koniunkturę w Warszawie, tworzyć nowe miejsca pracy i dzięki temu, oczywiście, będzie, co dzielić.(32) Gli atti analizzati appartengono alla classe degli assertivi327, perché constatano un dato stato di cose, sostengono certi fatti (cfr. cap. 3), ma tuttavia non c’è dubbio che non siano privi di un elemento valutativo. La valutazione riguarda soprattutto la proposizione e si esprime nell’uso di un adeguato predicato. La valutazione avviene principalmente grazie alla presenza di un predicato modale di tipo dovere, volerci in italiano o musieć, trzeba in polacco, per cui questi atti assertivi si distinguono. Oltre ai predicati modali, vanno rilevate anche altre espressioni che si collegano al dovere, al modo di soddisfare il bisogno come: c’è ...da fare, ...jest potrzebny. La valutazione riguardante la proposizione, cioè di solito il giudizio positivo sui progetti e riforme da implementare, viene in qualche senso trasferita al parlante come autore di queste idee. Le costruzioni con espressioni modali comunicano l’atteggiamento del parlante verso lo stato di cose enunciato e il fatto che egli considera opportuna una certa azione. Informano che una data decisione è desiderata, mentre la sua mancanza è valutata negativamente. Attraverso questo gruppo di atti il politico si presenta come competente, ben preparato, un uomo provvidenziale che sa che cosa bisogna fare per evitare sfortune e ottenere successi. Di nuovo, la “ricetta per il successo” può includere soluzioni di diverso grado di generalità: dalle decisioni (almeno apparentemente) concrete e univoche ([69], [71] ) a quelle decisamente più vaghe ([74], [76]). Ciononostante, gli atti denominati “ricetta per il successo” contribuiscono a rafforzare l’immagine positiva di un politico e per questo svolgono un notevole ruolo persuasivo.

327. Wieczorek, U. (1999) p. 37.

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4. 1. 4. Proposta/offerta Alla categoria precedente si avvicinano in un certo senso gli atti di proposta/offerta, dal momento che anche questi costituiscono una presentazione di idee, programmi, soluzioni che il politico ha da offrire. Si differenziano per il grado in cui il parlante palesa le sue intenzioni: qui l’uso dei verbi come offrire, proporre, oferować, proponować rivela l’obiettivo del mittente. Gli atti di proposta e di offerta vengono studiati insieme per via della loro somiglianza: in ogni caso il mittente ha qualcosa da consigliare direttamente al ricevente come buono, utile, opportuno, e quest’ultimo può accettarlo o meno: [78] Noi proponiamo, invece, che la tassazione sui depositi bancari e depositi postali che oggi è al 27% scenda al 20%. Quindi proponiamo la riduzione di 7 punti di tassazione (...). (3) [79] Noi, la nostra coalizione offre una squadra di governo coesa, unita, forte. (2) [80] Le misure che propongo sono riforme di cui tutti hanno bisogno. (14) [81] Oferuję dla regionu lubuskiego, tak jak dla całej Polski miejsca pracy, pobudzenie eksportu, zmianę warunków życia najbiedniejszych i zamknięcie okresu wstydliwego dla Polski, jakim jest stan obecny (...). Oferuję i gwarantuję, że po zwycięstwie Samoobrony ten wstydliwy dla Polski okres musi się skończyć. (39) [82] Otóż, Platforma Obywatelska proponuje coś innego: niech nikt nikomu władzy nie wydziera, tylko oddajmy werdykt narodowi. (32) L’atto di proposta / offerta presenta in modo diretto l’intenzione del parlante che offre al destinatario qualcosa di positivo: il programma [78], [80], [81], la rappresentanza [79] o la soluzione [82] in cambio dell’appoggio elettorale. La relazione fra le due parti sembra più equilibrata che nel caso dell’atto “ricetta per il successo”,

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4. 1. 4. Proposta/offerta

dove il parlante risulta più competente, consapevole, ecc. Qui, il destinatario pare di avere maggiore autonomia in quanto le idee del politico vengono presentate in modo meno insistente e il profitto sembra reciproco: un voto per il politico e un vantaggio per l’elettore.

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4. 1. 5. Appello/richiesta Gli atti di appello e di richiesta, anche questi molto simili tra di loro, sono utilizzati molto volentieri a fini persuasivi. Secondo la classificazione searliana, rappresentano la categoria di atti direttivi, il cui obiettivo principale è produrre un certo stato di cose, provocare una determinata reazione328. In realtà questi atti che assumono la forma di direttivi, prima di tutto intendono plasmare l’opinione e l’atteggiamento del destinatario per poter in seguito incoraggiarlo a comportarsi in un determinato modo. Non essendoci alcuna sanzione o autorità reale, l’atto direttivo rimane solo un espediente della persuasione. Riteniamo quasi uguali gli atti di appello e di richiesta nel contesto della comunicazione politica, e per questa ragione li studiamo assieme. Siamo dell’opinione che l’appello e la richiesta si differenzino minimamente, visto che non è possibile misurare e classificare il carico emozionale compreso in essi. La presenza, invece, delle forme verbali di tipo faccio appello / apeluję, vi chiedo / proszę che potrebbero chiarire la forza illocutiva degli enunciati è relativamente rara. A nostro avviso l’appello ha un carattere più solenne e formale329, mentre la richiesta si distinguerebbe per un tono più personale ed emozionale. L’uso del verbo prosić (chiedere) indebolisce un po’il tono ingiuntivo imposto dall’utilizzo del modo imperativo e a volte del punto esclamativo. Paragoniamo i seguenti brani: [83] Allora voglio dire, cerchiamo invece di fare polemiche, di avere come obiettivo comune quello di rendere il nostro Paese più efficiente, di renderlo più concorrenziale, di far spazio al merito, (...) (1) [84] Quindi, andate a votare e, ovviamente, guardatevi attorno. (3) [85] Dobbiamo svegliarci. (14)

328. Per una presentazione più dettagliata del rapporto tra la persuasione e gli atti direttivi cfr cap.3.2. 329. Cfr. Wieczorek, U. (1999) p.87.

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4. 1. 5. Appello/richiesta

[86] Mówię do Was, ale tak jak bym mówił do każdego z Was z osobna, tak jak bym był u Was w domu: idźcie głosować w niedzielę. I proszę was: potraktujcie poważnie to głosowanie jako naszą wspólną szansę. To jest naprawdę szansa na Polskę, o której wy marzycie i ja. Proszę Was o ten głos! (33) [87] Razem budujmy państwo, które sprzyja gospodarce, nie czyni tego jednak kosztem najuboższych. Razem twórzmy wartości, które przetrwają zmiany polityczne, ponieważ dotyczą rzeczy podstawowych – ludzkiej solidarności, walki z wykluczeniem społecznym, bezrobociem i brakiem perspektyw. Nie jesteśmy skazani na dobroczynność bogatych! Jesteśmy bogaci pasją zmieniania świata na lepsze! Nie bójmy się szukać rozwiązań, uznawanych za niemożliwe! (38) [88] Poprawę odczujemy wszyscy już w pierwszym półroczu 2006 roku, tylko proszę, nie oddajmy liberałom Polski walkowerem. Pójdźmy do urn wyborczych. Liberałowie policzyli, i są przekonani, że 60% wyborców zostanie w domach. Już ogłaszają swoje zwycięstwo. Pokażcie im gdzie ich miejsce. Podziękujcie im za 14 lat rządzenia. Dajcie sobie szansę. Postawcie na III Drogę. (39) È l’uso dell’imperativo che costituisce la caratteristica principale di questo tipo di atti linguistici. Pare interessante osservare il gioco con la forza illocutoria dell’atto svolto attraverso l’impiego di una data persona grammaticale: ‘noi’oppure ‘voi’. La seconda persona plurale comporta una forma più diretta dell’incitamento ad agire, costituisce un’indicazione più che evidente di ciò che si aspetta dal destinatario: andate a votare [84], idźcie głosować [86], Pokażcie im gdzie ich miejsce. Podziękujcie im za 14 lat rządzenia. Dajcie sobie szansę. Postawcie na III Drogę [88]. L’uso di questa forma grammaticale permette all’appello di sfruttare la forza impressiva di solito riservata agli ordini. La prima persona plurale dell’imperativo, invece, punta sulla cooperazione tra il parlante e il destinatario, contribuisce a creare un’aria di comunità, similarità. Il parlante vuole creare l’impressione che lo sforzo comune, le azioni a cui stimola siano vantaggiosi e proficui anche per il ricevente [85], [88].

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4. 1. 6. Adulazione L’atto linguistico che vorremmo esaminare in questo paragrafo ricorre direttamente a una delle tecniche fondamentali di ingratiation di E. E. Jones che abbiamo discusso in precedenza, cioè la valutazione positiva del partner. Questo atto, denominato qui come atto di adulazione330, consiste semplicemente nell’ingraziarsi il destinatario tramite vari mezzi miranti a suscitare nel ricevente la convinzione di essere percepito in modo favorevole. Lo scopo del mittente-politico è che il ricevente-elettore si senta valutato positivamente, apprezzato e considerato un partner intelligente e degno di stima. Questo tipo di atti nella loro versione più diretta assume la forma di complimenti, elogi e lusinghe. È un metodo assai semplice, ma non sempre efficiente dato che dal punto di vista della cultura le parole di lode appaiono sospette331: è nella natura umana cercare motivazione interessata negli elogi. Se il destinatario conclude che la lode è stata proferita per interesse e vantaggi personali, giudicherà il mittente in modo negativo. Per questa ragione nell’atto di adulazione l’elogio del ricevente avviene in modo più raffinato e nascosto, dove la valutazione positiva viene implicata e non espressa direttamente. Analizzando alcuni brani cercheremo di dimostrare quali meccanismi vengono sfruttati in questi atti a fi ni persuasivi, soprattutto intendiamo qui l’implicazione logica e la presupposizione332. Con il termine “presupposizione” intendiamo ciò che si deve assumere, o dare per scontato, per un uso appropriato di un enunciato333 come nel frequentemente citato esempio Il re di Francia è calvo la frase presuppone: ‘esiste un re di Francia’.

330. Abbiamo deciso di scegliere in questo contesto il termine “adulazione” dal momento che “elogio” oppure “lusinga” sembrano troppo deboli per esprimere l’essenza di questo atto che presuppone una lode eccessiva e spesso insincera, proferita a fi ni personali ed utilitari. 331. Sulla dimensione manipolatoria dei complimenti in ottica pragmatica cfr. Drabik, B. (2004), in particolare il cap. 3. 332. Sulla presupposizione si veda Andorno, C. (2005) pp.85-91, Bazzanella, C. (2005) pp. 178-180, Bianchi, C. (2003) pp.85-90, Sbisà, M. (1998), Sbisà, M. (1999), Ducrot, O. (1972). 333. Bianchi, C. (2003) p. 86.

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4. 1. 6. Adulazione

La miriade di proposizioni che non sono esplicitamente asserite, ma vengono postulate nell’implicito e la cui verità deve essere assunta come garantita334 fa sì che la presupposizione stessa diventi utile mezzo di persuasione335. La sua forza persuasiva deriva dal fatto che, come constata Sbisà, le presupposizioni non devono essere considerate assunzioni condivise, comuni sia al parlante sia al destinatario, ma piuttosto assunzioni che dovrebbero essere condivise, assumptions which ought to be shared336. Tale approccio permette all’enunciato di trasmettere e imporre implicitamente o quasi inconsciamente al destinatario certe opinioni, convinzioni, ideologie in quanto egli deve accettarle come date per scontato se non vuole compromettere la relazione comunicativa con il parlante337. Consideriamo i seguenti brani e analizziamo i meccanismi più o meno diretti che vengono messi in atto al fine di elogiare il destinatario e in questo modo conquistare la sua simpatia (e il suo voto). [89] Faccio un esempio molto semplice che i nostri amici che sono di fronte alla televisione possono capire bene. (1) [90] Questa è una domanda a cui il governo deve rispondere, perché gli italiani sanno benissimo di chi è la responsabilità (...). (1) [91] Se noi dovessimo arrivare, e non credo proprio, proprio perché sono sicuro, sono sereno e confido troppo nel buonsenso e nell’intelligenza degli italiani, che non hanno mai dato la maggioranza ai comunisti e alla sinistra in sessant’anni di storia repubblicana (...). (2)

334. Sbisà, M. (1998): “But presuppositions are not fully explicit either: they do not present themselves as explicit claims, as assertions, evaluations or arguments. These would be verdictive illocutionary acts, therefore liable to be submitted to a truth/falsity, correctness/incorrectness judgement. Presuppositions avoid exposure to such a challenge by requiring the audience to take them for granted in order to keep on communicating”. 335. Cfr. Sbisà, M. (1998) e Bazzanella, C. (2005) p. 179-180: “La presupposizione può essere usata come arma più o meno occulta di persuasione e di manipolazione ed è ampiamente sfruttata ad esempio nella propaganda politica o negli interrogatori (...)”. 336. Sbisà, M. (1998). 337. Ivi: “(...) the speaker is required to take them for granted, unless he or she wants to challenge the author’s reliability and thus the communicative relationship”.

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[92] Sì, perché gli italiani sanno che la sinistra vuole riportare a zero le ventiquattro riforme che abbiamo fatto (...). (10) [93] Non credo che gli italiani vorranno tornare indietro, azzerare tutto.(10) [94] Gli italiani sapranno riconoscere l’incompetenza e la malafede. (14) [95] (...) perché gli elettori hanno testa e giudicano: sanno che oggi magistratura, giornali e scuole sono in mano alla sinistra. (10) [96] Noi abbiamo un patrimonio prezioso, che è costituito da milioni di elettori che ci hanno dato costantemente fiducia dal 1994 ad oggi (...). (26) [97] Ja nie mówię arogancko o ludziach, którzy głosują, bo to są wyborcy, to są obywatele i ja ich bardzo szanuje. (32) [98] I co widziałem? Widziałem, że wszyscy, kiedy ze mną rozmawiacie, wierzycie dokładnie w to samo co ja (...) (33) [99] I moim zdaniem, dla mnie najważniejszy jest dzisiaj werdykt ludzi, którzy codziennie chodzą do sklepów i naprawdę widzą, jak bardzo podrożały wszystkie podstawowe artykuły (37) [100] Chciałem podziękować wszystkim tym, którzy głosowali na kandydatów Platformy Obywatelskiej. Wierzę, że to jest głos na lepszą Polskę. (37) [101] Bo mówimy prawdę, mówimy głośno to, co Wy mówicie w domu, w pracy, w szkole, na targach, bazarach itd. (39) [102] Polska jest krajem ludzi zdolnych, mądrych i pracowitych.(39) In generale, l’efficienza dell’adulazione si basa su una semplice legge psicologica osservabile facilmente nella vita di ogni giorno: vogliamo bene a quelli che ci voglio-

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4. 1. 6. Adulazione

no bene338. Esprimendo l’approvazione per le caratteristiche del destinatario, il mittente tenta di accattivarsi la sua simpatia, e di conseguenza il suo voto. Non ci dovrebbe sorgere alcun dubbio quanto alle intenzioni del politico e alla vera funzione delle sue parole: i complimenti rivolti al destinatario non sono innocui, sono piuttosto delle lusinghe pronunciate per interesse. L’adulazione dell’elettore ambisce a destare in lui una maggiore stima di sé, renderlo più sicuro e contento e poiché tutti amiamo quelli che ci fanno complimenti, è quasi automatico contraccambiare la simpatia ricevuta. I frammenti citati illustrano le varie forme in cui si realizzano gli atti miranti ad adulare il destinatario, in particolare per quanto riguarda la trasparenza dell’intenzione del parlante. Possiamo individuare quelli che cercano di realizzare questo scopo in modo diretto, come nell’esempio [97] dove il politico esprime esplicitamente il proprio rispetto per gli elettori in forma dell’atto assertivo oppure in [95] che implica un potenziale intelletuale dei destinatari. Solo un po’più complicati sembrano gli atti che si avvalgono di una semplice e ovvia implicazione logica. La conclusione che il destinatario deve ricavare da quanto detto è evidentemente adulatoria. Analizziamo più attentamente l’esempio [102]. Le premesse del ragionamento da effettuare sono seguenti: 1. La Polonia è un Paese di persone capaci, intelligenti e laboriose, 2. (non proferita in quanto ovvia) Gli elettori sono polacchi, dunque arriviamo alla conclusione che gli elettori sono capaci, intelligenti e laboriosi. Similmente nel frammento [96], dalle premesse che: 1. Il partito ha un patrimonio prezioso 2. Questo patrimonio è costituito da elettori segue chiaramente che gli elettori sono considerati preziosi: apprezzati e stimati. Frequentemente l’adulazione avviene attraverso presupposizioni più o meno sottili. Ciò che si fa intendere deve trasmettere la valutazione positiva del destinatario da parte del mittente e predisporlo favorevolmente nei suoi confronti. Se il politico dice che i nostri amici che sono di fronte alla televisione possono capire bene qualcosa [89] presuppone che i telespettatori sono suoi amici; siccome “amico” comporta solo connotazioni positive, i potenziali elettori possono sentirsi eccezionali, apprezzati. Similmente, l’enunciato che il governo deve rispondere a una 338. Cfr. Aronson, E. (1997), in particolare il capitolo X riguardante l’attrazione interpersonale.

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certa domanda, perché gli italiani sanno qualcosa (come in [90] e [92]) presuppone una certa conoscenza da parte degli elettori, quindi implica che gli italiani sono ben informati, consapevoli di certi fatti. L’elogio della competenza intellettuale è compresa anche in altri esempi di presupposizione [91], [93], [94]: se il politico confida nel buonsenso e nell’intelligenza degli italiani vuol dire che presuppone l’esistenza di queste doti di cui si fida, analogamente in [94]. È interessante notare che tra le qualità più spesso elogiate ritroviamo soprattutto le capacità intellettuali dell’elettore: intelligenza, conoscenza della realtà e buonsenso: [89], [90], [91], [92], [98], [99]. Il parlante esprime innanzitutto la propria fiducia che le abilità complimentate consentiranno al ricevente di prendere la decisione elettorale giusta. Fra gli esempi riportati sopra se ne ritrovano alcuni che inizialmente non sembrano a proposito, però crediamo che possano essere considerati una varietà di adulazione sensu largo. Intendiamo qui gli atti in cui la valutazione positiva del destinatario viene espressa attraverso la sua inclusione nello stesso gruppo del mittente, che in breve vuol dire: “se sei uno di noi, sei bravo”. Instaurando un senso di comunità e solidarietà, nonché di comprensione reciproca e di concordia nel modo di pensare e di agire, il parlante trasferisce il giudizio positivo che ha su sé stesso al ricevente, il che, a sua volta, permette all’elettore stesso di sentirsi apprezzato. I brani [98], [100], [101] sottolineano la somiglianza tra il politico e l’elettore; visto che il parlante deve per forza essere convinto del proprio valore, il fatto di evidenziare queste affinità serve ad accattivarsi l’interlocutore in modo indiretto ed implicito339. Siccome a ognuno piace essere trattato in modo individuale ed essere notato in mezzo agli altri, negli atti di adulazione si riscontrano spesso espressioni che individuano un determinato gruppo: italiani, i nostri amici che sono di fronte alla televisione [89], ludzie, którzy codziennie chodzą do sklepów [99], wy [którzy] mówicie w domu, w pracy, w szkole, na targach, bazarach [101]. Così il destinatario può sentire che il comunicato è indirizzato proprio a lui, può sentirsi più stimato, più importante, perciò tanto più volentieri contraccambierà con il suo voto. 339. Si cfr. a questo proposito Brown, P., Levinson, S. (1987) pp. 101-124 che, esaminando il fenomeno della cortesia, sottolineano l’importanza delle strategie che mirano ad affermare l’esistenza di idee e opinioni simili, argomenti su cui si è d’accordo, accentuare interesse, approvazione e simpatia per l’interlocutore, cercare accordo. Crediamo che queste tecniche non si limitino alla cortesia, ma aiutano a capire anche i meccanismi attraverso cui i politici si ingraziano gli elettori (come la varietà di adulazione descritta sopra).

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4. 1. 7. Gli atti che mirano a spaventare ed avvertire L’ultimo tipo degli atti adoperati per ingraziarsi il destinatario che desideriamo esaminare si distingue dai generi precedenti per l’impiego delle emozioni negative come mezzo di ingratiation. Fin qui tutti i tipi si richiamavano alla valutazione positiva del parlante, del ricevente o di certi eventi o stati della realtà extralinguistica; invece nel caso degli atti che mirano a spaventare ed avvertire allo scopo di accattivarsi il destinatario si fa piuttosto ricorso alla sfera di emozioni, giudizi e opinioni negativi o sfavorevoli. Le valutazioni negative adoperate a fini persuasivi non riguardano, ovviamente, né il mittente né il ricevente, ma soprattutto la realtà extralinguistica, in particolare la situazione politica, sociale ed economica del Paese. Gli atti che mirano a spaventare ed avvertire cercano, in generale, di suscitare nel destinatario il senso di pericolo imminente a cui solo il politico costituisce il rimedio. Sia l’atto che mira a spaventare sia quello che mira ad avvertire si poggiano sul medesimo meccanismo. Comunque, per una maggiore chiarezza del discorso, presentiamo separatamente le due varietà. Il funzionamento dell’atto che mira a spaventare si basa sulla sua efficacia nell’intimorire il ricevente per costringerlo a votare in modo desiderato. A questo scopo si ricorre spesso alla diagnosi della situazione corrente, che è sempre negativa: [103] Siamo estremamente indietro rispetto agli altri Paesi (…). (2) [104] A livello politico siamo i penultimi in Europa. (2) [105] No, ma sono molto preoccupato per il futuro: abbiamo partecipazioni diffusissime straniere nelle nostre imprese mentre le nostre aziende non ne hanno altrettante all’estero. (14) [106] Perché noi non ci rassegniamo certo al declino, come non ci rassegniamo a una società in cui le diseguaglianze crescono, la forbice dei redditi si allarga,

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l’area della vecchia e nuova povertà si estende, la qualità della vita per le famiglie si deteriora. (14) [107] Siamo stati dei gran signori nel non denunciare quel che ci ha lasciato il centrodestra. (30) [108] Te problemy schodzą na plan dalszy, niestety. No bo przecież pamiętajmy o tym, że budżet jest bardzo kontrowersyjny, nie do zaakceptowania w takim kształcie – nie tylko przez dwie partie opozycyjne, ale przecież też i Andrzej Lepper mówił, że wychodzi z koalicji, bo ten budżet mu się nie podoba. Dzisiaj wszystko idzie w zapomnienie tylko i wyłącznie po to, żeby zapewnić trwanie dla tego układu. (32) [109] My się nie spieszymy, tylko szkoda Polski, panie ministrze, na tym polega problem, że Polska na tym traci. (32) [110] Poprawienia w Polsce wymaga prawie wszystko (33) [111] Ja strategiczną sytuację Polski oceniam teraz jako no niewyraźną w każdym razie. (33) La diagnosi, sempre sfavorevole e talvolta terrificante, viene espressa innanzitutto attraverso atti assertivi che constatano certi fatti ritenuti o presentati come oggettivi. Grazie all’uso degli assertivi le affermazioni fatte sembrano indubitabili e il parlante tenta di presentare una data visione della realtà in termini apparentemente oggettivi e indiscutibili: [103], [104], [108], [109], [110]. La forza dell’atto che mira a spaventare consiste nel creare l’impressione di un totale disastro, dei problemi gravissimi per cui il Paese va in rovina. Questo effetto viene raggiunto anche tramite l’uso di presupposizioni, come per esempio in [106]: il fatto che noi non ci rassegniamo certo al declino presuppone che ‘il declino ha avuto luogo’. In questo modo il parlante impone come ovvia e condivisa una certa diagnosi della situazione, rafforzata dall’uso di termini molto espressivi. Un altro modo di spaventare il ricevente consiste nel manifestare la preoccupazione da parte del politico

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4. 1. 7. Gli atti che mirano a spaventare ed avvertire

per la realtà che va di male in peggio ([105], [109]). Allo stesso tempo, il politico riesce a presentarsi come una persona consapevole delle difficoltà, competente, che ha il coraggio di dire verità inconvenienti. Mentre gli atti che mirano a spaventare si concentrano sul lato negativo della situazione presente, gli avvertimenti si indirizzano piuttosto verso il futuro. Nell’atto che mira ad avvertire il politico assume il dovere di informare l’elettore dei problemi futuri o delle conseguenze delle decisioni sbagliate: [112] Noi con le risorse umane che stiamo preparando non ce la faremo a svilupparci al livello degli altri Paesi.(2) [113] (...) ma io voglio darvi tre concretissime ragioni in più per determinare il vostro voto. La prima: la sinistra vuole ripristinare l’imposta sulle donazioni e sulle successioni, anche per piccoli patrimoni, come ad esempio un appartamento di 80 metri quadrati in una periferia. Con noi queste imposte sono state cancellate e resteranno cancellate. La seconda ragione: la sinistra vuole aumentare al 22% la tassazione dei BOT, dei CCT, dei dividendi azionari, cioè del vostro risparmio. Noi vogliamo, invece, mantenere l’attuale imposta del 12,5% ed anzi ridurre anche il prelievo fiscale sui conti correnti bancari al 12,5%. La terza ragione: la sinistra vuole aumentare i valori catastali degli immobili per triplicare le tasse sulle case. Per noi la prima casa è sacra, come è sacra la famiglia.(2) [114] Adesso basta con le corporazioni, adesso comincia l’interesse del Paese. Se tutti difendono l’interesse particolare, ancorchè legittimo siamo finiti. (14) [115] I nostri figli rischiano pensioni da fame e tanti anziani non superano gli 800 euro al mese. (30) [116] Vorrei ricordare proprio con estrema semplicità che non troveremo mai i soldi per ridurre il cuneo fiscale se la spesa pubblica continuerà a crescere senza controllo come è stato in questi anni. (1) [117] Nie dajmy się dłużej oszukiwać. Ja ostrzegam – wyciągnijcie z tego wnioski, abyście później nie płakali nad rozlanym mlekiem. (39)

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[118] Tak, bardzo bym chciał, żeby Polska była bogatym państwem i bardzo bym chciał, żeby jak najmniej biedy było w Polsce. Pan Lech Kaczyński jedno gwarantuje: że ta bieda będzie nadal trwała. (34) [119] Liberałowie wysyłają naszą młodzież za granicę. Z tytułami magistrów i inżynierów wykonują oni najgorsze prace. Za rządów liberałów nic się nie zmieni! (39) Frequentemente l’avvertimento fa ricorso a termini e formule assai generici e vaghi per descrivere pericoli e sciagure futuri, limitandosi a dipingere un quadro poco concreto e semplificato, che non prende in considerazione diversi condizionamenti ed eventualità. Questa indeterminatezza, che favorisce la demagogia, serve ad amplificare il timore e destare nel destinatario un atteggiamento favorevole verso il politico. Gli atti che mirano ad avvertire si diversificano per quanto riguarda il grado in cui gli avversari politici vengono incolpati dello stato delle cose. Vi sono quelli meno chiari che non indicano direttamente i colpevoli e semplicemente constatano che se la situazione corrente continua, l’esito sarà deleterio: [112], [114], [115], [116]. Non mancano, d’altra parte, gli atti che avvertono di persone o partiti concreti: [113], [118], [119] e segnalano i rischi e i danni che essi comporteranno. È evidente che gli atti che mirano a spaventare ed avvertire non esistono di per sé, ma sono una forma attraverso cui si esprime l’intento persuasivo della comunicazione politica. Al livello più profondo costituiscono una realizzazzione degli atti persuasivi: fornendo una diagnosi della situazione o mettendo l’elettore in guardia contro determinati politici cercano di creare un’atmosfera di paura e disastro imminente, e il parlante appare l’unico competente che si accorge di questi problemi. L’uomo politico si presenta come una persona responsabile, preoccupata per il bene comune e capace di rimediare: ciò indiscutibilmente aiuta a conquistare la simpatia degli elettori.

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4. 2. Deprezzamento dell’avversario Come si è già constatato, le tecniche di ingraziarsi gli elettori attraverso una favorevole presentazione di sé costituiscono soltanto una delle strategie persuasive, fra cui un ruolo di uguale rilievo svolgono anche i metodi con i quali si rovina l’immagine positiva dell’avversario, denominati qui tecniche di deprezzamento. Anche il loro repertorio appare pressoché illimitato. Tuttavia, l’obiettivo che noi ci poniamo è di estrarne i metodi predominanti, caratteristici per ambedue le realtà linguistiche: italiana e polacca340. È un lavoro difficile soprattutto perché, ed è ormai un luogo comune, l’intento del locutore non è mai unico e univoco. Visto che in ogni enunciato si incrociano intenzioni diverse, ciascuna tipologia equivale a una semplificazione: l’abbiamo potuto osservare nel caso dell’ultimo genere degli atti linguistici di ingratiation, cioè l’atto che mira ad avvertire. Abbiamo arbitrariamente deciso di inserirlo nella classificazione degli atti mirati a ingraziarsi il ricevente, considerando l’intento elogiativo (elogio di sé stesso, ovviamente) prevalente sullo scopo spregiativo. Siamo consapevoli, comunque, del fatto che nell’avvertimento sono riscontrabili certi elementi che suggerirebbero una classificazione diversa di questo atto come una delle tecniche di deprezzamento messa in atto per screditare l’avversario politico. Desidereremmo sottolineare ancora una volta la somiglianza tra i meccanismi di ingratiation e quelli di deprezzamento, in quanto costituiscono due facce del medesimo fenomeno – la persuasione, in generale. Entrambi si fondano sulla valutazione (di cui sopra): un giudizio univoco e incontestabile su una delle parti della comunicazione. Nell’ambito del deprezzamento, l’opinione espressa sull’avversario politico è assolutamente negativa, indipendentemente dal fatto se si ricorre a espedienti più espliciti o meno. Grazie al deprezzamento dell’avversario, il politico di-

340. Analizzando il fenomeno dell’aggressione verbale, Peisert, M. (2004) p. 25 osserva: “zdolność do agresywnych zachowań jest u człowieka, podobnie jak mowa, wrodzoną zdolnością, składnikiem wyposażenia genetycznego, ale formy agresywnych zachowań są wyuczone i wchodzą w skład kompetencji kulturowojęzykowej członków konkretnej grupy ludzi”. Crediamo che queste osservazioni siano valide anche per quanto riguarda il fenomeno, a nostro avviso più ampio dell’aggressione stessa, cioè il deprezzamento. Su questa tematica cfr. anche Kamińska-Szmaj, I. (2007) e Karwat, M. (2006).

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mostra comprensione e compassione per i problemi degli elettori, spesso attribuiti a decisioni erronee di altri politici, creando in qualche modo un senso di comunità. Nel presente studio il deprezzamento viene concepito come un insieme di tecniche verbali finalizzate a distruggere il ritratto positivo dell’avversario, sostituendolo con una presentazione negativa. Lo scopo di queste azioni è privare l’antagonista politico del consenso elettorale e, preferibilmente, intercettare i voti dei cittadini. Un interessante approccio al problema del deprezzamento viene presentato da Majewska, che ne individua due varietà: verticale e orizzontale341. Il deprezzamento verticale (deprecjacja wertykalna) comprenderebbe le strategie tramite cui il mittente si colloca in una posizione superiore nei confronti del destinatario342, mentre grazie al deprezzamento orizzontale (deprecjacja horyzontalna) il mittente si allontana dal ricevente, creando un certo distacco tra di loro343. Nella nostra analisi del deprezzamento ricorriamo alla teoria degli atti linguistici, prendendo come punto di partenza i tipi isolati da Searle. Ci pare cruciale il fatto che questa teoria metta in primo piano l’intenzione del parlante, dato che l’effetto perlocutorio, cioè l’effettiva produzione di conseguenze extralinguistiche, è difficilmente misurabile. Pertanto abbiamo tentato una descrizione più particolareggiata delle azioni che si compiono per sminuire il valore di un altro politico e proponiamo una lista di atti più spesso utilizzati nel deprezzamento.

341. Majewska, M. (2005) pp. 59-90. 342. Ibidem,: “taki dobór strategii umniejszających, dzięki którym nadawca sytuuje siebie względem odbiorcy w pozycji asymetrycznej, uzurpując sobie w tej relacji pozycję wyższą”. 343. Ivi, p. 61: “[nadawca] Może też oddali się od odbiorcy, odciąć się od niego czy jego problemów.(...) Ów dystans polega na zwiększeniu odległości na scenie zdarzenia językowego między nadawcą i odbiorcą, jego znajomymi czy problemami”.

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4. 2. 1. Offesa Il modo più facile e naturale di dimostrare il proprio disprezzo per qualcuno sembrerebbe umiliarlo, offenderlo pubblicamente sia con la forma sia con il contenuto del messaggio. In questa sede vorremmo verificare se effettivamente è così. Il campo semantico a cui appartiene l’offesa è molto ampio sia in italiano sia in polacco. Si trovano lessemi come ad esempio: insulto, affronto, oltraggio, invettiva, obraza, zniewaga, obelga, inwektywa, che si differenziano minimamente magari per il grado di espressività344. Esaminando i meccanismi di deprezzamento adottiamo il termine offesa, in quanto il più universale. Nell’atto di offendere si cerca di arrecare danno all’onore, al prestigio, alla reputazione di qualcuno, nel caso della comunicazione politica del proprio antagonista, con parole ingiuriose, sprezzanti. La forza illocutiva dell’atto di offendere consta di due componenti ugualmente importanti: verbalizzare insieme l’atteggiamento e le emozioni negativi del locutore verso il suo rivale, nonché umiliarlo, mortificarlo in pubblico. Così le valutazioni svantaggiose possono essere trasmesse attraverso ciò che viene detto e come viene detto. L’intenzione di offendere deve necessariamente essere palese per l’interlocutore, come anche il carico valutativo e emozionale del messaggio. Nella nostra analisi degli atti di offesa ci limitiamo agli insulti espliciti, effettuati con un lessico più o meno oltraggioso. Altre tecniche, meno evidenti come l’ironia, saranno trattate in capitoli seguenti. La forma linguistica dell’offesa dipende da vari fattori: situazione comunicativa, competenza linguistica e sensibilità del locutore e del destinatario. Peisert osserva che l’uso delle parole volgari e grossolane non è necessario per offendere l’interlo-

344. Cfr. Kołodziejek, E. (1994) p. 70: “Ubliżanie w polszczyźnie współczesnej nazywane jest przez następujące czasowniki: obrażać, ubliżać, lżyć, znieważać, zniesławiać, uwłaczać, wymyślać, wyzywać, szkalować i rzucać inwektywy. Trudno jest wytyczyć dokładne granice między tymi aktami mowy”, cfr. anche Kamińska-Szmaj, I. (2007), Zimnowoda, J. (2005) e in generale Dąbrowska, A., Nowakowska, A. (2005).

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cutore e che il modo in cui il parlante raggiunge questo fine dipende in gran parte dalla sua competenza culturale345. Come abbiamo rilevato, una delle condizioni di felicità dell’offesa è l’evidenza dell’intento denigratorio. Secondo Peisert, il metodo più economico per raggiungere tale obiettivo pare il ricorso al lessico ingiurioso e ai volgarismi346. La studiosa collega strettamente il carattere offensivo di certe parole alla trasgressione del tabù culturale o religioso347. La lingua, costituendo la riflessione della cultura di una data comunità, è sottoposta alle sue norme, perciò i termini offensivi sono spesso legati alla sfera di sacrum, profanum, sesso, escrezione. L’uso delle parole che sono oggetto di interdizione comporta un forte effetto oltraggiante. Cercando di presentare la topica del lessico ingiurioso, Peisert sottolinea la sua relatività culturale. La diversità dei campi semantici compresi dal tabù e la forza espressiva dei determinati lessemi subiscono notevoli mutamenti sia nel tempo sia nello spazio348. Tuttavia, basandoci sulla lista elaborata da Peisert349, enumeriamo certi campi semantici universalmente sfruttati nell’insulto. Questi comprendono tra l’altro: mondo della natura, procreazione e sessualità, scatologia, debolezze del corpo e della mente, provenienza sociale, etnia, religione. Conseguentemente, nella comunicazione politica ci aspetteremmo una marea di enunciati come: X è cretino, X è ladro, X to świnia, X to Żyd. Invece, gli atti di offendere tramite lessemi esplicitamente valutativi e ingiuriosi non sono affatto predominanti. Nel corpus polacco mancano addirittura esempi come il famoso “Pan jest zerem” di Leszek Miller, detto in un passato non troppo lontano350. Vi troviamo solo: [120] (...) ten Sejm sięgnął bruku. To jest żenujące. (38) Il materiale italiano offre i seguenti esempi:

345. Peisert, M. (2004) p. 41: “Rodzaj obelgi i sposób jej użycia zależy przecież także, a może przede wszystkim, od kompetencji kulturowej użytkownika języka. Co prawda tzw. nieprzyzwoitość używanych środków językowych wzmacnia efekt zniewagi, ale i bardzo elegancka pod względem językowym obelga może by nośnikiem niezwykle obraźliwych treści”. 346. Ivi, p. 29: “Jednak spośród bardzo wielu językowych i parajęzykowych środków i sposobów uzewnętrzniania negatywnych emocji najbardziej ekonomicznym środkiem jest nieskodyfikowane słownictwo znieważające, objęte tabu, które pojawia się w dyskursie”. 347. Ivi, pp. 41-45. 348. Ivi, p.46 Peisert illustra questa tesi confrontando le offese nelle opere della Grecia antica, il canone medievale e quello tradizionale polacco. 349. Ivi, pp. 47-109. 350. Aprile 2003, la seduta della commissione parlamentare d’inchiesta sullo scandalo di Lew Rywin.

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4. 2. 1. Offesa

[121] Calderoli è un irresponsabile. Di fronte a una città che vive un dramma, in questo momento non dico che ci si aspetta generosità, ma nemmeno uno sciacallaggio. (5) [122] Certo qualche imbecille c’è, e d’altronde lo vediamo giornalmente che qualche imbecille nel centrodestra c’è. (5) [123] Casini è un imbroglione. (5) Osserviamo che solo in [121] e [123] l’offesa è contenuta esplicitamente nel lessema valutativo: imbroglione, irresponsabile ed è rivolta a una persona concreta. È un caso di insulto effettuato attraverso l’esclusione dalla comunità di “gente normale, gente per bene”351 per alcuni difetti caratteriali, morali. L’esclusione a causa della deficienza intellettuale avviene in [122], comunque il lessema imbecille non è diretto a nessuno in particolare, ma nel sottinteso possiamo capire che i politici del centrodestra in generale, secondo il parlante, non sono intellettualmente abili. Un metodo un po’più raffi nato rappresenta lo scambio di invettive tra Prodi e Berlusconi nella campagna elettorale del 2006: [124] A me sembra che il Presidente del Consiglio si affidi ai numeri, un po’come gli ubriachi si attaccano ai lampioni, non per farsi illuminare... (2) [125] Ricambio “l’ubriaco” del signor Prodi dicendogli se non si vergogna davvero di svolgere oggi, lui, nei confronti dei partiti comunisti della sua coalizione, il ruolo che fu definito storicamente “dell’utile idiota”, cioè di colui che i partiti comunisti nelle democrazie proletarie, popolari mettevano a capo del partito dei contadini per fare finta che il governo non fosse del partito comunista. (2) I lessemi che sono stati usati, cioè ubriaco e utile idiota, sono fortemente spregiativi e comportano una valutazione univocamente negativa. Il loro influsso potrebbe essere attenuato dal fatto che sono citazioni e questa informazione viene rilevata nella discussione: È Bernard Shaw che dice che spesso ci si affida ai numeri, come gli ubriachi si attaccano ai lampioni, non per farsi illuminare, ma per farsi 351. Cfr. Majewska, M. (2005), p. 62.

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sostenere. Non mi sembra un insulto di nessun tipo. Ciononostante, consideriamo questi enunciati esempi di offesa: in primo luogo, mettono a disagio il partner che, giudicando dalla reazione e dalla risposta, non conosce probabilmente tale detto, palesando le sue lacune. Inoltre, la maggioranza del pubblico non lo riconosce neanche, il che rafforza il carico offensivo dell’enunciato. Malgrado siano citazioni, le connotazioni e le valutazioni legate alle parole usate in qualche modo lasciano l’impronta e macchiano l’immagine del politico. La citazione funziona come una sorta di cortina di fumo: apparentemente non si dice niente di sprezzante, mentre in realtà si riesce a insultare. Dalle riflessioni sulla natura dell’offesa e sugli esempi citati sopra emerge una domanda: perché l’atto di offendere non esercita una totale supremazia nel discorso politico? Con questo, non vogliamo affermare una totale scomparsa delle invettive dal linguaggio politico, perché sarebbe una constatazione infondata: l’insulto è sempre riscontrabile nei discorsi politici. Assenti nel corpus prescelto, gli insulti più o meno volgari spiccano nei discorsi politici di ogni giorno – basti pensare a “spieprzaj, dziadu!” e “małpa w czerwonym”352 di Lech Kaczyński, “kobietony”353 di Jacek Kurski, “mamy durnia za prezydenta”354 di Lech Wałęsa, “niepełnosprawny intelektualnie”355 di Jerzy Szmajdziński o, addirittura, “una bella gnocca”356 di Silvio Berlusconi. La loro brutalità e volgarità sono indiscutibili. Comunque, pur abbassando il livello del dibattito pubblico, non lo distruggono completamente visto che sono ampiamente biasimate e suscitano indignazione. Vorremmo confrontare queste osservazioni con alcuni studi riguardanti l’aggressione verbale e le invettive nella comunicazione politica polacca degli anni Novanta. Molti studiosi357 rilevano la presenza di questi fenomeni in quanto uno dei tratti caratteristici della comunicazione politica quale la lingua di cui si servono i politici viene percepita come abbondante di insulti, parole grossolane e offensive358. È veramente così o anche 352. http://serwisy.gazeta.pl/kraj/1,34317,4222679.html. 353. http://wiadomosci.gazeta.pl/wiadomosci/1,53600,3764039.html. 354. http://serwisy.gazeta.pl/kraj/1,34397,3924363.html. 355. http://serwisy.gazeta.pl/kraj/1,34317,4298147.html. 356. http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2007/07_Luglio/06/berlusconi_nyokka.shtml 357. Cfr. Bralczyk, J. (2003) p. 74 e 81, Kołodziejek, E. (1994). 358. Kołodziejek, E. (1994) p. 69: “Aby przeforsować swe stanowisko, wszystkie środki są dozwolone. Dla przeciętnego czterdziestolatka wychowanego na szablonowym języku propagandy socjalistycznej absolutną nowością jest nasycenie języka najnowszych tekstów politycznych inwektywami, zniewagami, obelgami”.

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peggio? Per fornire una risposta affidabile ed esauriente ci vorrebbero ricerche più dettagliate, in particolare statistiche, e ancora il tempo che aggiusta la prospettiva. Eppure riteniamo che tali constatazioni siano esagerate nei confronti della comunicazione politica di oggi. Soprattutto, va indicata la coincidenza tra la comparsa dell’aggressione verbale come mezzo della comunicazione politica e le trasformazioni politiche, economiche e sociali nella Polonia degli anni ‚90. Le aspre divisioni politiche si sono spostate anche a livello linguistico. Inoltre, il pluralismo politico ha comportato una molteplicità dei modi di esprimere opinioni e credenze politiche, ideologiche e religiose, e l’indipendenza politica si è riflessa nella libertà di parola, magari a volte eccessiva. Supponiamo che, almeno in Polonia, con lo stabilizzarsi della scena politica democratica il grado di aggressione verbale e insulti non continui ad aumentare ad infinitum. Contrariamente a quanto profetizzano i mass media359 o anche alcuni linguisti360, crediamo che l’imbarbarimento e la brutalizzazione della comunicazione politica non procederanno, ma, stigmatizzati, rimarranno fermi allo stesso livello. D’altra parte, ricordiamo che l’uso di insulti, invettive e parolacce comporta parecchi rischi per il locutore. Soprattutto, va considerata l’influenza nociva del linguaggio aggressivo e oltraggioso sull’immagine positiva del mittente stesso. Majewska indica che l’utilizzo di tale linguaggio svela completamente le intenzioni del parlante, nonché lo mette in cattiva luce: il mittente si presenta come una persona scortese, aggressiva e maleducata361. Così, un insulto esplicito può ritorcersi contro chi lo usa e, invece di indebolire la posizione dell’avversario, danneggiare la reputazione del parlante. Probabilmente gli elettori non si aspettano troppa raffinatezza linguistica, ma neanche la rozzezza e la maleducazione vengono apprezzate.

359. Cfr. “Roman, przestań pieprzyć – burza w szklance wody?” 13.06.2007 http://wiadomosci.gazeta.pl/ Wiadomosci/1,80269,4222679.html. 360. Cfr. L’opinione di Andrzej Markowski espressa nella discussione organizzata dal settimanale Polityka n. 27 del 07. 07. 2007. 361. Majewska, M. (2005) p. 60: “Po pierwsze nadawca może użyć leksemów nacechowanych pejoratywnie i powiedzieć do odbiorcy: Jesteś totalnym idiotą. Jednak taka strategia jest zawsze ryzykowna, bo choć bezpośrednio zagraża twarzy odbiorcy, to zbyt jawnie jednak przekazuje intencje nadawcy. Oznacza to, że wprawdzie cel deprecjacji zostaje osiągnięty przez nazwanie odbiorcy głupkiem, idiotą czy pomówieniem go o nieuczciwość, nieudolność itd., lecz nadawca sam ryzykuje swoją twarz. Naraża się bowiem na opinię człowieka niekulturalnego, niegrzecznego, agresywnego, niewyrobionego towarzysko”.

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Decisamente più sicuro è rivolgere parole acute non nei confronti di una persona, ma contro i suoi comportamenti e decisioni. In questo caso l’atto di offendere avviene in modo meno diretto, perciò più accettabile socialmente: [126] “La sinistra ha inventato l’Irap, una tassa demenziale che colpisce l’utile, il costo del lavoro e il costo del denaro. Solo un pazzo poteva introdurla”. (4) [127] Berlusconi ieri ha anche compiuto l’errore di inondare gli ascoltatori di cifre che per la maggior parte erano inventate. (5) [128] Le dichiarazioni di Fassino sono l’esempio di una singolare capacità dei comunisti – ex, post o neo non importa – di adottare tutte le posizioni politiche in base alla loro convenienza. Nel loro opportunismo non c’è nessuna convinzione sincera (…). (10) [129] Bo pan opowiadasz bzdury, no po prostu. (32) [130] To znaczy, w tej sprawie jest tak, że metoda pozyskiwania ludzi do wsparcia władzy, stała się metodą knajacką. Znaczy, stała się metodą lumpenproletariatu. (32) [131] Panie ministrze, to, co pan tutaj opowiada, to jest po prostu nieprawda. Zwyczajna… Zwyczajna nieprawda. (32) [132] Ja chcę uczciwej debaty, nie chcę debaty, w której co chwila mój przeciwnik mija się z prawdą. (33) Negli esempi sopra il parlante evita di usare la struttura più ovvia e offensiva allo stesso tempo tipo X è stupido, ma si concentra piuttosto su azioni e decisioni dell’avversario. Invece di dire X è bugiardo, pazzo, stupido, disonesto il mittente preferisce dire: I suoi metodi sono disonesti [130], Lei sta mentendo [131], Lei sta dicendo ssciocchezze [32]. In questo modo il contenuto implicito, cioè l’offesa, non riguarda l’avversario politico come persona ma quello che lui fa, perciò diventa meno aggressivo, ma d’altro canto l’insulto trasmesso implicitamente sembra più fondato, sostenuto da un esempio concreto362. 362. Cfr. anche Caffi, C. (1990).

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4. 2. 1. Offesa

La valutazione negativa espressa attraverso lessemi deliberatamente offensivi come ad esempio: pazzo, demenziale, knajacka insieme al lessico colloquiale [129] mira a deprezzare l’antagonista politico, contestando il valore delle sue azioni. Comunque, la forza perlocutoria di questi insulti e anche quelli che prendono la forma di, per esempio, accuse di menzogna ([127], [131], [132]) o di fiacchezza intellettuale [129] dipende in gran parte dalla sensibilità sia linguistica sia emozionale dell’avversario a cui sono rivolte tali parole nonché dalla sensibilità del destinatario finale, cioè l’elettore. Distruggere l’immagine positiva e allo stesso tempo non presentarsi come una persona villana senza tatto è l’obiettivo fondamentale degli atti di offesa nella comunicazione politica. Gli insulti più o meno espliciti che abbiamo appena discusso non garantiscono il successo a questo riguardo, perciò si vuole mettere in rilievo un metodo più raffinato di offendere, cioè: etichettare363. L’atto di etichettare364 nella comunicazione politica consiste nel denominare o usare nomi nei riguardi dell’avversario politico con l’intento persuasivo. I nomi usati come etichette non devono, come vedremo infra, essere per forza semanticamente offensivi, ma il loro impiego in un dato contesto li rende un potente mezzo d’insulto. Attraverso un’etichetta il parlante presuppone l’appartenenza del destinatario a un determinato gruppo e lo stesso fatto comporta il giudizio negativo della persona. Il carattere persuasivo delle etichette si esprime nell’attribuire all’avversario certi giudizi e valutazioni contenuti nelle denominazioni secondo il mittente365. Va ricordato il fatto che dare un nome vuol dire formare la realtà extralinguistica – lo conferma Edelman: I termini con cui denominiamo un oggetto o ne parliamo non si limitano a designarlo: lo collocano in una classe di oggetti e, perciò, indicano ciò con cui andrà paragonato e valutato, delineando, in questo modo, la prospettiva dalla quale l’oggetto verrà considerato ed interpretato.366 Queste osservazioni ci portano a sottolineare la prevalenza della connotazione sulla denotazione dei nomi impiegati nei discorsi politici367. La persuasività delle etichette consta nel mettere in primo piano gli attributi implicati da un nome piuttosto 363. in polacco: etykietkowanie, in inglese: labelling 364. Cfr. Cedroni, L., Dell’Era, T. (2002) p. 160, Bralczyk, J. (2001), Kochan, M. in: Anusiewicz, J., Siciński, B. (1994) (a cura di) pp. 85-89. 365. Cfr. Schopenhauer, A. (2005) p.73 e 101. 366. Edelman, M., (1997) p. 200. 367. Cfr. Bralczyk, J. (2003) p.77.

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che la mera funzione referenziale. Tramite una data denominazione si cerca di far risaltare alcune caratteristiche della persona, negligendone altre e plasmando così la sua immagine nel modo desiderato. Ogni nome, ogni etichetta porta una traccia di arbitrarietà e una notevole semplificazione, favorendo la persuasione. Bralczyk sottolinea che ogni atto di denominazione significa una determinata costruzione della realtà, perciò le etichette, plasmando la percezione del mondo in modo semplificato, contribuiscono a far nascere stereotipi. L’etichetta riduce la complessità dei fenomeni, il che può portare a certi abusi nonché ad una visione della realtà senza alternative e senza alcuna riflessione368. La differenza tra le etichette e le offese si fonderebbe, tra l’altro, sulla frequenza con cui le prime devono essere usate per essere comprensibili o entrare nel vocabolario comune. Inoltre, gli insulti si basano, come abbiamo rilevato, sui lessemi apertamente offensivi e considerati tali all’interno del sistema linguistico, mentre questo non deve essere necessariamente il caso per le etichette. Le etichette costituiscono una sorta di gioco con la connotazione che viene sfruttata così com’è (nel caso dei nomi apertamente offensivi, tipo: X è un ladro) oppure aggiustata nell’uso alle esigenze persuasive del mittente. In quest’ultimo caso le valutazioni e i giudizi attribuiti all’avversario tramite un dato nome dipendono dall’ideologia e dai principi politici del parlante. Lo possiamo osservare nei casi di cui sotto. Nel corpus analizzato abbiamo rilevato due etichette per eccellenza: comunisti ([1], [2]) e liberałowie ([32], [34], [35], [39]). Questi nomi spiccano sia per la frequenza nei discorsi di certi politici sia per i processi a cui sono stati sottoposti. I politici non li adoperano per condurre una discussione a livello ideologico-dottrinale, non si riferiscono affatto ai loro significati primari. Questi termini sono diventati etichette che devono comportare soprattutto determinate valutazioni, già esistenti nella loro connotazione oppure costruite dall’utente della lingua. L’uso ripetuto di tali etichette fa sì che esse perdano gradualmente il proprio significato principale e divengano epiteti spregiativi. Nella ricezione comune comunista o liberał può alla

368. Ivi, p. 66: “Nazywając – tworzy się też rzeczywistość. Dlatego etykietki często współdziałają w tworzeniu stereotypów. Przez symplifi kację wartości prowadzą do owych potępianych przez semantykę ogólną nadużyć. Mogą (a często mają) wywoływać zunifikowany, bezalternatywny, bezrefleksyjny odbiór. Działają – czy raczej działać mają – magicznie, dyskwalifikując (zazwyczaj) czy też wywyższając (rzadziej) obiekt w potocznej świadomości”.

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4. 2. 1. Offesa

fine equipararsi a truffatore, bugiardo, ladro e ciò è proprio la vera funzione delle etichette. Le etichette assumono talvolta la forma dei neologismi. Essi possono rassomigliare ai termini neutrali, ad esempio di taglio politologico: cattopacifista (10) e cattocomunista (10) oppure essere marcati espressivamente, come nel caso di SLD-ówek (36) – una modificazione schernitore del nome di un partito attraverso un suffisso. Rispetto agli insulti, possono essere più efficienti anche perché spesso mantengono le apparenze di oggettività, particolarmente quando si servono di parole neutrali, mentre in verità costituiscono un’interpretazione e valutazione della realtà. Le etichette, che variano a seconda dei partiti e degli uomini politici, fi ngono di descrivere in termini obiettivi i partecipanti al discorso politico, ma difatto sono finalizzate a danneggiare la reputazione dell’avversario.

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4. 2. 2. Critica L’atto linguistico che vorremmo trattare in questa sede spicca per una frequenza particolare nel corpus esaminato. L’atto di critica di cui parliamo appare un potente mezzo persuasivo al servizio del deprezzamento. In generale, la critica è considerata un utile mezzo regolativo della vita sociale, poiché costituisce una reazione alle infrazioni delle norme che uniscono un dato gruppo e gli garantiscono un funzionamento sicuro369. I comportamenti che contestano le regole culturali, religiose nell’ambito del gruppo vengono indicati e giudicati negativamente, e la critica verbale, il rimprovero è un metodo frequente. La critica risulta uno strumento molto utile nella comunicazione politica, ma il suo obiettivo principale non è quello di indicare gli errori altrui al fine di proteggere l’ordine sociale: la difesa delle norme costituisce solamente un pretesto che maschera la vera intenzione di indebolire il rivale. Il giudizio sfavorevole, malevolo mira a demolire l’immagine positiva dell’antagonista politico e rafforzare così la posizione del parlante. Per questo motivo il fenomeno della critica costruttiva che dovrebbe aiutare la persona biasimata a migliorare è assente nel contesto politico, non esiste nessun motivo per aiutare l’avversario a correggere i propri difetti, perché in realtà lo si vuole abbattere ed eliminare dalla scena politica370. Si potrebbe dire che l’atto di critica costituisca l’atto di elogio della propria persona al rovescio. Mentre il secondo viene utilizzato per esporre le qualità del politico e spiegare all’elettore “perché sono migliore” (cfr. Cap. 4.1.1), l’atto di critica mira a dimostrare “perché loro sono peggiori” e scoraggiare l’elettore dal sostenerli con il voto. Dall’analisi del corpus emergono alcuni motivi universali ricorrenti negli atti di critica. La varietà più forte di critica sembrano gli atti che in tono perentorio annunciano la sconfitta totale dell’avversario e lo sollecitano a presentare le dimissioni: 369. Cfr. Peisert, M. (2004) p. 111: “W społecznościach ludzkich obowiązuje system norm prawnych, religijnych, obyczajowych, które spełniają funkcję spajającą daną grupę i regulującą kontakty między członkami. Naruszenie tych norm podlega różnorodnym sankcjom, także słownym”. 370. Peisert, M. (2004) p.112: “Agresywna krytyka jest często narzędziem walki politycznej, kiedy politykowi lub grupie politycznej nie chodzi o dobro wspólne, lecz o zniszczenie przeciwnika w celu uzyskania własnych korzyści”.

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4. 2. 2. Critica

[133] Prodi ha fallito. Il suo governo affonda nel ridicolo. Ormai siamo agli ultimi colpi di coda. La maggioranza è nel caos. (7) [134] Per fare davvero l’interesse del Paese, Prodi ha una sola possibilità: rassegnare le dimissioni. La sua è una squadra che sostanzialmente non c’è, divisa in due anime assolutamente inconciliabili. (7) [135] [questo governo] Ha i giorni contati dopo questa Finanziaria delle tasse che metterà al tappeto la nostra economia, impoverendo tutti gli italiani. (7) [136] Proszę pana, ja przypuszczam, że pół roku – do roku tak daleko się zbłaźnią, że nie będą się mogli nigdzie pokazać i będzie to ewidentne zakończenie niepoważnych ludzi na poważnych stanowiskach. (32) [137] Również wicepremier Lepper powinien podać się do dymisji. (38) [138] (...) na pewno przegrała koalicja rządowa, bo ma dużo mniejsze wpływy w samorządach niż miała przedtem. (37) Questo genere di critica trae la sua forza dal tono sicuro e categorico che si esprime nell’uso degli assertivi che apparentemente descrivono la realtà in modo oggettivo, ma in verità la plasmano, la creano [133], [135], [138]. Tali asserzioni tendono a destare nel destinatario l’impressione di certezza e indiscutibilità dei fatti sostenuti. Inoltre, constatare il fallimento o prevedere la disfatta del rivale in un futuro prossimo vuol dire mettere in dubbio tutti i suoi successi, negare le sue virtù e minare seriamente la sua reputazione. Un’altra forma di critica riguarda gli aspetti pragmatici del governare, a cui il politico antagonista risulta inadatto. Semplicemente, questi atti intendono mostrare che l’avversario (individuale o collettivo) fallisce nei propri tentativi di risolvere i problemi dello Stato e tendono a esibire la sua inettitudine. Di nuovo, osserviamo un uso fequente degli assertivi: [139] Il morto ammazzato di via Foria, come le montagne d’immondizia in via dei Mille sono la faccia di uno Stato che sta perdendo e di una politica debolissima. Que-

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sto governo nazionale e i governi locali non sono in grado di affrontare una crisi così profonda, che allarga ancora di più il solco, già profondo, tra cittadini e politica. (7) [140] L’ennesima prova che l’Unione resta solo un cartello elettorale, una non maggioranza che non è in grado di affrontare i problemi del Paese. (7) [141]… otóż, panie ministrze, pan wygłasza te mowy, kiedy cała Polska widzi, że to wam nie idzie. Wam się nie udaje dobre rządzenie. Kiedy wy wyrzucacie po kolei różnych wicepremierów, potem ich z powrotem przyjmujecie, kiedy cała Polska widzi korupcję polityczną, która jest uprawiana i przez ministrów rządu PiS-owskiego. Więc to wy macie kłopoty, a wy nas chcecie pouczać, żebyśmy my nie spieszyli się do władzy. (32) La critica riguardante l’incapacità di governare bene può anche essere rivolta verso il futuro. Ecco alcuni esempi che prevedono effetti negativi dovuti all’incompetenza o altri difetti che impediscono il buon governo: [142] La sinistra farà esattamente il contrario, non andrà al governo, non vincerà le elezioni, ma se per sfortuna dell’Italia dovesse vincere le elezioni, non potrà fare nulla perchè si troverà a dover fare con quel 20% della sua coalizione che è costituito da Rifondazione Comunista, dai Comunisti Italiani, dai Verdi dai no global, dai centri civici eccetera, dai centri sociali eccetera, i quali sono pregiudizialmente contro tutte le opere di modernizzazione del Paese (…). (1) [143] Quindi la sinistra una volta che fosse al governo si troverebbe nelle situazioni in cui si è trovata sempre con un no di una sua parte importante che non lascerebbe operare. (1) [144] (…) jeżeli nie doprowadzimy do przedterminowych wyborów, to dalej to, co miało miejsce przez ostatni rok, będzie miało miejsce przez kolejne trzy lata. A na to Polski nie stać. (32) [145] Otóż, trzeba dziś powiedzieć jasno i wyraźnie: to, co wyprawiacie, trzeba z tym jak najszybciej skończyć, bo to jest szkodliwe dla Polski. (32)

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4. 2. 2. Critica

Allo scopo di palesare l’incapacità dell’avversario, il parlante ricorre anche ad altri mezzi linguistici mirati a rafforzare il carattere oggettivo dei fatti presentati. Segnaliamo qui l’impiego di certi lessemi che impongono una determinata interpretazione della situazione nonché mantengono l’apparenza di un ragionamento logico, come ad esempio: prova [140], cała Polska widzi [141], trzeba dziś powiedzieć jasno i wyraźnie [144]. Osserviamo anche l’uso dell’implicazione logica (come in [139], [141], [143]), potenziata da particelle e congiunzioni come otóż, więc, quindi, di cui il locutore si avvale per rinforzare l’attendibilità della critica. L’incompetenza o, in generale, l’inabilità a governare bene che danneggia lo stato del Paese e può avere gravi conseguenze nel futuro non è l’unico oggetto di critica. Degni di nota appaiono in particolare gli atti di critica che concernono i tratti del carattere dell’avversario o i suoi metodi di fare politica. Ci limitiamo a darne solo alcuni esempi, selezionando tipi di critica più frequenti o caratteristici. Il campo di critica presente costantemente nei discorsi politici è la “politicità” delle decisioni prese, vale a dire il fatto che le decisioni vengono determinate dai fattori personali e non da quelli razionali. La critica risulta dal fatto che è rimproverabile, in quanto probabilmente contro l’interesse comune, compiere le proprie scelte e disposizioni in base alle esigenze della politica corrente, a motivi di carattere temporaneo e non universale. Osserviamo i seguenti brani: [146] Era una buona idea che noi abbiamo raccolto, ma la sinistra ora la rinnega per rimarcare il suo sterile ruolo di opposizione. È francamente sconfortante. (10) [147] Osoby zwolnione przez Lecha Kaczyńskiego znalazły pracę w Brukseli, czyli były kompetentne, ale były politycznie wyrzucone. (32) [148] Jakby pan został prezydentem, to pan by to wszystko zamiatał pod dywan i nic by pan bez zgody Lecha Kaczyńskiego nie zrobił…(32) Un altro argomento impiegato di frequente negli atti di critica è il desiderio del potere in quanto unico motivo che spinge il rivale verso la politica: [149] La sinistra italiana è rossa dalla voglia di tornare al potere. Senza potere e senza governo soffrono. (10)

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[150] Il nostro fine è quello di cambiare l’Italia realizzando il nostro programma. Il fine della sinistra è sempre e soltanto, lo ripeto, quello di conquistare e di gestire il potere. (10) [151] A sinistra invece noi ci troviamo di fronte a una coalizione che ha nei partiti che vengono da una vecchia ideologia, partiti che si sono riverniciati, riciclati ma che ancora sono gli eredi di una ideologia che guarda allo stato come a un potere, che pensa che i cittadini siano al servizio dello stato, che ancora pratica la politica con la stessa mentalità che riconoscevamo allora, con personaggi che sono sempre gli stessi che non sono mai cambiati, che in è più oggi, bocciati dalla storia hanno perso ogni idealità e direi fanno politica senza passione, senza entusiasmo, ma soltanto perché è il mestiere che si sono scelti e che guardano alla conquista del governo come alla conquista del potere. Vedono nel governo un centro di potere per favorire se stessi, le loro clientele, i loro amici e per colpire, penalizzare gli altri (…). (1) [152] To dzisiaj PiS walczy o nagą władzę, za wszelką cenę, za cenę złamania obietnic danych przez Jarosława Kaczyńskiego w Stoczni Gdańskiej, za wszelką cenę z powrotem dogadujecie się z Andrzejem Lepperem i z Samoobroną – tylko po to, żeby utrzymać władzę. Otóż, władza jest rzeczą normalną – o nią się walczy w polityce, tylko pytanie jest: czy warto mieć władze za cenę permanentnego kryzysu w Polsce? (32) Questa varietà degli atti di critica è finalizzata a presentare l’avversario come un egoista privo di ideali, concentrato solo sui propri bisogni e ambizioni, che non bada all’interesse del Paese e della società. La visione di un individuo il cui unico obiettivo è perseguire il potere ad ogni costo deve funzionare come un deterrente per i potenziali elettori. Mentre nella campagna elettorale volentieri si fanno numerose promesse, il quotidiano post-elettorale le verifica drasticamente e, di conseguenza, molte non vengono mai mantenute. Questo fatto viene spesso sfruttato negli atti di critica: [153] Ci avevano promesso che avremmo eletto insieme, maggioranza e opposizione, il Presidente della Repubblica. Poi s’è visto come è andata. Ci avevano promesso che la Costituzione l’avremmo scritta insieme. Che le presidenze delle

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4. 2. 2. Critica

Camere si sarebbero discusse con l’opposizione... Come si fa a parlare di coerenza dove esistono soltanto lingue biforcute? (20) [154] Ta obietnica podniesienia jakości moralnej polityki była chyba najważniejszą obietnicą poprzedniego roku. Z niej, oczywiście, nie wyszło nic. (32) Non ci sono dubbi che le persone per bene non mancano alle promesse fatte, perciò ogni infrazione di questa norma sociale deve essere biasimata. La critica rivela la debolezza dell’avversario e indirettamente suggerisce che anche altri impegni assunti nei confronti degli elettori non verranno mantenuti. Adesso vorremmo riportare alcuni esempi tratti dal corpus che dimostrano l’eterogeneità degli atti di critica. Ecco alcune caratteristiche sottoposte alla critica: ■ il modo di governare: [155] Ohydnie kierują krajem, ohydnie wyglądamy, patrząc z zewnątrz, z Europy, ze świata. Że aż wstydzę się wyjeżdżać, pokazywać w świecie za to, co się dzieje w Polsce pod rządami Kaczyńskich…(32)

■ bugiardaggine: [156] Tak, ten rok – rok rządów PiS-u, niestety, staje pod znakiem kłamstwa, szantażu, korupcji politycznej. (32) [157] Ale co można dodać do konfuzji, którą odczuwamy wszyscy, gdy do życia publicznego wdziera się agresja i kłamstwo? (35)

■ pessimismo: [158] Io non lo so come si possa andare a pensare di poter governare con questa mentalità, per cui tutto va male, tutto è a pezzi, tutto è al disastro, l’università di qui, la scuola di là. (2) ■ separazione dalla realtà: [159] Ringraziamo il collega Giacomelli per le sue dichiarazioni che denotano la reiterata arroganza e il distacco dalla realtà che regnano nell’Unione: e questo i cittadini lo hanno ben compreso. (7)

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■ litigiosità: [160] Myślę, że Polacy, którzy o tym słyszą, którzy to czytają widza czarno na białym, że premier chce tylko i wyłącznie jątrzyć (37) Anche questi esempi illustrano i meccanismi di cui si avvale l’atto di critica descritti sopra. In primo luogo sottolineiamo la presenza degli assertivi che sono finalizzati ad imporre al ricevente l’impressione di oggettività dei fatti constatati. Questo effetto viene rinforzato dal lessico che comporta valutazioni forti e univocamente negative. Indichiamo qui l’avverbio ohydnie [155] usato per descrivere il modo in cui governa il partito antagonista, i nomi agresja i kłamstwo [157], arroganza [159]. Come si vede, i politici non evitano di usare il lessico primariamente valutativo, dove il giudizio è predeterminato dal sistema linguistico. Inoltre, si possono osservare altre tecniche per rinforzare la valutazione negativa, come ad esempio quelle che mirano ad accentuare l’universalità di tale giudizio. Segnaliamo qui soprattutto l’uso del quantificatore universale (cfr. anche cap. 5.2.3.2) come wszyscy [157], tutto [158] e avverbi widzą czarno na białym, tylko i wyłącznie [160], sempre e soltanto [150]. Sono mezzi indirizzati a rinforzare il carico valutativo, presupponendo che tale giudizio negativo è comune almeno a una gran parte di elettori. Gli atti di critica che abbiamo citato in questo capitolo puntano a illustrare la molteplicità delle forme che la critica può assumere. La caratteristica che essi hanno in comune è la presenza del rimprovero per infrazioni delle norme, alcune anche poco definite. Il rimprovero, tuttavia, è sempre forte, affinché danneggi l’immagine positiva dell’avversario. L’obiettivo finale è di far vedere all’opinione pubblica che il rivale non è adatto a nulla e nell’interesse pubblico dovrebbe scomparire dalla scena politica, distruggendo così la sua reputazione.

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4. 2. 3. Accusa Il metodo di deprezzare l’avversario che vorremmo presentare in questo paragrafo pare più definito e concreto degli atti descritti precedentemente, in quanto si basa, o almeno sostiene di basarsi, sui fatti. Nell’atto di accusa il mittente utilizza la conoscenza, oppure la propria interpretazione, della situazione per distruggere pubblicamente la reputazione del rivale. Questa tecnica consiste nell’attribuire al politico antagonista una mancanza, un errore, un abuso, una drastica trasgressione di regole. L’emittente incolpa il proprio rivale di una data situazione o avvenimento, lo considera come causa. Le accuse risultano molto produttive nel deprezzare l’avversario, in quanto comportano un carico valutativo univocamente negativo. La forza espressiva ed impressiva allo stesso tempo, legata a giudizi e valutazioni trasmessi, è intrinseca nella natura di questo tipo di atto linguistico. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere l’impiego frequente delle accuse nella comunicazione politica, particolarmente durante le campagne elettorali371. Chiaramente, gli atti di accusa, essendo una sorta di giudizio e controllo dell’attività svolta dal rivale, si orientano verso il passato. È interessante osservare che le accuse riguardano ciò che effettivamente è stato fatto nonché la mancata esecuzione di alcuni doveri. Vorremmo illustrare i motivi prevalenti negli atti di accusa con degli esempi selezionati. Tra le accuse più frequenti vanno rilevate quelle che potrebbero essere riformulate così: “loro hanno danneggiato l’interesse del Paese e della società” In questa area rientra una pluralità di accuse diverse tra le quali spiccano comunque quelle inerenti alla sfera economica. I politici si accusano volentieri di incapacità di gestire le risorse e le attività economiche, il che ha provocato una drammatica situazione del Paese. Nella loro visione l’economia e la situazione dei cittadini è disastrosa per colpa dei partiti concorrenti. L’abbiamo già visto nell’esempio [45] e lo evidenziano anche i seguenti brani: 371. Peisert, M. (2004) p.137: “Współcześnie ten rodzaj agresji językowej jest często stosowany przez polityków, którzy formułują wobec siebie różne rodzaje oskarżeń, np. o niekompetencję. Nasila się to szczególnie w okresach kampanii wyborczej czy kryzysu”.

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[161] Il mio obiettivo è rendere evidente ai rappresentanti del mondo economico e produttivo qual è la missione di questa Finanziaria: fare uscire l’Italia dalla stagnazione, dall’immobilismo cui è stata ridotta dal centrodestra. (28) [162] Io voglio ricordare che i conti disastrati li abbiamo ereditati noi dai governi della sinistra, quando nel 2001 siamo andati al governo abbiamo trovato un buco di 37 mila miliardi. (1) [163] Come è successo in questi ultimi anni: crescita zero, deficit e debito alle stelle. L’Italia che ci ha lasciato Berlusconi è un’Italia con il livello di crescita più basso in Europa, in cui il lavoro è diventato precario, le imprese in affanno competitivo. E i conti pubblici, in rosso. Un’eredità pesantissima. Serve uno sforzo straordinario. (28) [164] (...) kiedy obejmowaliśmy władzę, było sto stanowisk “erki”. Wie pan, ile stworzono, żeby kumpli ulokować? – sto trzydzieści już jest “erki” w tej chwili i jeszcze jest mało i jak komuś brakuje stanowiska, to w kancelarii się tworzy stanowisko “erki”, u premiera. I takie to jest to tanie państwo. Takie to jest to oszczędne państwo. (32) Le accuse di aver distrutto l’economia, di sperperi enormi e di mancanza di responsabilità per il Paese da una parte sono utili nello screditare l’avversario, dall’altra potranno essere sfruttate come scusa per i propri insuccessi nel futuro: il colpevole è sempre il rivale. Accanto alle accuse di natura economica appaiono quelle di carattere etico. L’avversario viene accusato di condotta immorale, di azioni e comportamenti riprovevoli che lo squalificano come candidato al potere, come ad esempio la disonestà denotata dai lessemi come oszukać, zły, przestepstwo: [165] Jan Rokita jest w tej grupie (działaczy PO), która trzy razy oszukała wyborców. (38)

■ o la violazione della legge: [166] O politykach LPR źle świadczy dodatkowo bierne przyglądanie się temu, co miało miejsce w Młodzieży Wszechpolskiej. Cały czas mamy do czynienia z sy-

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4. 2. 3. Accusa

tuacją, kiedy wokół tej organizacji dzieje się wiele złego i ludzie kojarzeni, bądź wywodzący się z tej organizacji, popełniają przestępstwa. (38) Poi, osserviamo gli atti di accusa che riguardano quello che non è stato realizzato. L’avversario viene accusato di aver perso tempo e occasione per raggiungere qualcosa, il che deteriora la condizione dello Stato e dei cittadini: [167] É vero, le donne sono sempre più insicure, hanno paura. C’è una paura diffusa. Io credo che si siano perduti molti anni per dare il senso della sicurezza ai nostri cittadini. (2) [168] Tak, dokładnie jest tak: odsunąć od władzy tych, którzy Polskę kompromitują na zewnątrz, a przez te ostatnie dwanaście miesięcy zmarnowali bezcenny czas dla Polski, najważniejszy być może czas dla Polski… I nie jestem w tym odosobniony. (32) [169] Questo Governo non ha contrastato il declino o perché non ha compreso la natura strutturale della crisi che viviamo, del venire a maturazione con velocità accelerata di un insieme di problemi che certo hanno avuto una protratta incubazione, ma proprio in questi anni hanno raggiunto la massa critica, o perché non ha avuto la capacità, la voglia, la forza di affrontarne le principali manifestazioni con politiche appropriate. (14) [170] Problem tej kampanii polega na tym, że wielu kandydatom, także panu Lechowi Kaczyńskiemu każda obietnica przejdzie przez gardło. (...) Miał pan okazję w Warszawie, jako prezydent Warszawy, wykazać się tego typu szczodrobliwością, a jakoś tak się dziwnie dzieje, że Warszawie w hospicjach nie ma pieniędzy, jest mniej dzięki pańskim rządom i żeby nie było wątpliwości, że chodzi o jeden przypadek. (33) Negli atti di accusa che abbiamo presentato va notato in particolare il modo di trasmettere valutazioni che decide della loro forza nel deprezzare l’avversario politico. Essi non si astengono dai giudizi evidenti, a volte esagerati; “è colpa loro!” – comunicano. Valutazioni univocamente bianco–nere, un’aura di pericolo e un tono patetico,

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combinate al richiamo ai valori supremi, rafforzano le accuse. Chi ha messo in pericolo il bene dello Stato e della società si merita una pena. Siccome l’accusa implica sempre una proposta di sanzione, nella comunicazione politica la punizione più dura sarebbe una sconfitta elettorale e proprio questo è l’obiettivo finale di tali atti.

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4. 2. 4. Discredito Al fine di distruggere l’immagine positiva dell’avversario i politici provano a danneggiare il suo nome e rovinare la sua reputazione attraverso informazioni imbarazzanti, errori e debolezze posti in rilievo, che il politico preferirebbe non rivelare372. Occorre notare che questo tipo di atto assomiglia agli atti di critica e accusa, e comunque si concentra piuttosto a compromettere la persona dell’antagonista politico tramite dettagli vergognosi, spesso di carattere personale, privato. Nell’atto di discredito viene aggredita la reputazione, le qualità per cui il politico gode di stima e rispetto. Osserviamo: [171] (…) il professor Prodi non sa che la commissione di giustizia ha bocciato l’Irap proprio oggi (…) (1) [172] il professore non sa probabilmente che oggi l’Ecofin ha approvato i nostri conti del 2006. (1) [173] Non è vero che gli sbarchi siano diminuiti. I dati del Ministero dell’Interno dimostrano che gli sbarchi non sono diminuiti, anzi abbiamo avuto un incremento nel corso del 2005 degli sbarchi clandestini. (3) [174] Proszę pana, pan w ogóle nie wie, o co tam chodzi, co się tam dzieje na tym Rynku. Pan jest z Krakowa, ale pan chyba tam rzadko bywa… (32) [175] Proszę pana, widzę, że pan wie, co pan mówi i pan jest bardzo pewny tego, co pan mówi, tylko nie wie pan o tym, że o zbrodni archeologicznej mówiłem nie ja, tylko cytowałem pana profesora Zina – wybitną postać Krakowa oraz, między innymi, odwoływałem się do listów protestacyjnych pani Wisławy Szymborskiej, wielu wybitnych profesorów miasta Krakowa, którzy właśnie w ten sposób określili to, co działo się… (32)

372. Peisert, M. (2004) p. 137: “(...) agresor ujawnia publicznie te niedyskrecje z życia odbiorcy, o których wie, że nie mają społecznej akceptacji”.

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Tutti gli esempi di questo genere ricavati dal corpus hanno in comune il fatto che, al fine di mettere il politico in cattiva luce, si cerca di dimostrare la sua ignoranza. Osserviamo quanto spesso i parlanti ricorrono all’asserzione: X non sa (X nie wie) [171, 172, 174, 175]. L’avversario viene presentato come quello che non conosce le ultime notizie, non è al corrente e non si intende di dettagli della materia. In più, può essere accusato di distorcere i fatti o addirittura mentire [173]: il parlante riesce a far sembrare il proprio rivale non solo incompetente, ma anche menzognero. In questo modo, il locutore espone il destinatario al rischio di perdere faccia e prestigio e, di conseguenza, perdere il consenso degli elettori.

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4. 2. 5. Ammonimento Per raggiungere simili scopi, il locutore può ricorrere all’atto di ammonimento, che sarebbe un esempio ideale del deprezzamento verticale di Majewska (cfr. cap.4.2). L’ammonimento viene concepito qui come un atto in cui il mittente dà dei consigli al destinatario, spesso severi e autorevoli, riguardanti il modo di comportamento desiderato e le decisioni giuste da prendere. Suggerisce quali azioni il ricevente dovrebbe compiere e che cosa bisogna evitare. Tuttavia, è trasparente che non lo fa in buonafede, con la sincera intenzione di aiutare l’altro politico a diventare migliore. Il vero intento non si limita a: “te lo dico perché voglio che tu lo sappia”, ma è più ampio: dicendo all’interlocutore come dovrebbe comportarsi o che cosa dovrebbe fare, il politico tratta il rivale con condiscendenza e mira a dimostrarsi più competente, beneducato, esperto. L’atto di ammonimento costituisce un disturbo dell’equilibrio nel rapporto tra il mittente e il destinatario, in cui il primo usurpa la posizione superiore. Le mancanze che vengono scoperte nell’atto di ammonimento concernono sfere diverse e, di conseguenza, i suggerimenti ed i rimproveri contenuti nel corpus riguardano ambiti differenti come: ■ buona educazione e cortesia: [176] Di questo veramente il professor Prodi dovrebbe chiedere scusa a Giulio Tremonti e a tutti noi. (2) [177] Se c’è qualcuno che, invece, è andato fuori da ciò che è giusto è la sinistra. Ultimamente, anche il candidato della sinistra si è rivolto a noi con una espressione francamente inaccettabile. (2) [178] Jeżeliby każdy o wszystko się gniewał w polityce, to słabych ludzi nam nie potrzeba w polityce. A takich, którzy obrażają się za jedno czy dwa słowa powiedziane mocniej, to niech idą do perfumerii, a nie zajmują się polityką. (39)

■ comportamento giusto e adeguato nell’ottica del parlante: [179] Il centrosinistra la deve finire di raccontare favole sul governo Berlusconi. (7)

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[180] alla sinistra conviene tacere. (10) [181] Ci hanno lasciato un Paese allo stremo, e adesso gridano allo scandalo perché noi, ancora una volta, lo risaniamo. Vergogna! (11)

■ competenza professionale: [182] Panie marszałku Komorowski, skoro jest pan wicemarszałkiem Sejmu, to powinien pan znać dobrze konstytucję (...). I to powoduje – jeżeli pan nie widzi różnicy między tymi instytucjami, to powinien pan sięgnąć…

■ decisioni appropriate nell’ambito politico e professionale: [183] to niech pan się zajmie tym, co pan rozpętał, no… (32) [184] Więc niech minister Giertych tylko karze tych awanturników, tych chuliganów i łobuzów szkolnych, ale niech też pozwoli szkole wspierać rodziców w wychowaniu. (...) Niech minister przeprowadza pewien program naprawy, ale nie wbrew środowisku szkolnemu. (38) Come si vede, l’ammonimento consiste nel trasmettere il messaggio: “tu non lo sai, io so meglio” e in questo modo implica l’ignoranza e l’incompetenza dell’avversario politico, deprezzandolo agli occhi degli elettori.

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4. 2. 6. Derisione Il riso malintenzionato è un’arma potente nelle mani dell’avversario, malgrado sembri un mezzo più leggero, meno serio. Questo tipo di deprezzamento adopera tecniche differenti dagli atti descritti precedentemente, ma ugualmente efficaci. Tra i vari lessemi che denotano questo fenomeno si evidenziano tra l’altro: scherno, beffa, derisione, irrisione, dileggio, in polacco abbiamo anche una gamma abbastanza vasta di lessemi pressoché sinonimici: kpina, szyderstwo, drwina, wyśmiewanie, ośmieszanie. I comportamenti denotati dalle voci citate si differenziano magari per l’intensità, però il loro meccanismo è simile, perciò useremo il termine derisione per riferirsi a tutte le sfumature del fenomeno. L’atto di derisione consta, in generale, nell’umiliare la persona diventata oggetto di scherno – l’antagonista politico, presentandolo come un individuo poco affidabile, ridicolo373. Il riso mina l’autorità e la stima della persona schernita, può essere segno di mancanza di rispetto, di ostilità374. Vorremmo sottolineare la difficoltà quasi insuperabile che trova il destinatario volendo difendersi da questo atto di deprezzamento. Visto che la derisione impiega l’ironia e l’umorismo per aggredire l’immagine positiva della persona, blocca abilmente la semplice negazione dell’enunciato e rende più difficile la replica (cfr. anche cap. 5.2.3.1). Osserviamo questo atto di derisione: [185] Prodi è come una piuma, è talmente leggero che prima di cadere a volte gli è sufficiente un refolo, uno spiffero perché si rialzi. (5). Non ha né senso né effetto rispondere alla derisione ironica o umoristica dicendo: No, Prodi non è come una piuma. La semplice negazione rivelerebbe solamente l’incompetenza comunicativa del destinatario che non ha compreso il carico umoristico dell’enunciato, inoltre tale risposta non ha la stessa forza della battuta originale e appare completamente inadeguata. 373. Cfr. Karwat, M. (2006) pp. 324-343, Peisert, M. (2004) p. 140. 374. Ibidem: “Śmiech, negatywny humor, skierowany przeciw osobie oponenta, może być więc rodzajem silnej broni, wyrazem braku szacunku, wrogości lub pogardy wobec odbiorcy, przed czym trudno jest mu się obronić”. Sul riso e comicità cfr. Bergson, H. (1977).

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La derisione riesce a ferire il destinatario senza offenderlo apparentemente. A prima vista, le asserzioni poste spesso in tono leggero, umoristico non paiono troppo gravi. In realtà, è il contrario: quando si ricorre all’insulto, si tratta l’avversario in modo serio, come uguale a sé stesso; l’uso della derisione, invece, indica automaticamente uno squilibrio tra il destinatario e il mittente che assume un’aria di superiorità. Per spiegare meglio il meccanismo sottostante gli atti di derisione, occorre richiamarsi alla teoria del sociologo americano Erving Goffman presentata nell’opera Interaction Ritual. Essays on Face−to−Face Behavior., Chicago 1967, Aldine Pub. Co375 e poi sviluppata da altri studiosi376. Goffman introduce il concetto di faccia377, intesa come una certa immagine di sé formata da una serie di qualità socialmente approvate e, inoltre, altri termini collegati come la perdita della faccia e le tecniche di salvare la faccia. Per la riflessione sulla derisione, particolarmente utile sembra la nozione della perdita della faccia, che accade quando l’identità che dimostra la persona non è conforme alle aspettative di un dato pubblico oppure quando l’individuo viene in qualche modo svergognato378. Il politico che vuole far perdere la faccia all’avversario, cerca frequentemente di metterlo in imbarazzo, screditarlo affinché provi vergogna. Di conseguenza, il rivale diventa oggetto di derisione, che rientra nella categoria di face-threatening acts (FTA) di Brown e Levinson379. Gli atti di derisione possono riguardare diversi aspetti dell’immagine della persona nonché i mezzi linguistici impiegati a questo scopo variano notevolmente. Frequentemente, sono il carattere e la personalità dell’avversario che diventano oggetto di beffa. In modo ironico vengono sottolineate alcune qualità prescelte del politico al fi ne di renderlo ridicolo agli occhi del pubblico. Questo scopo viene 375. l’edizione italiana: Goffman E., Il rituale dell’interazione, il Mulino, 1988; l’edizione polacca: Goffman E., Rytuał interakcyjny, Wydawnictwo Naukowe PWN, 2006. 376. Intendiamo qui soprattutto: Brown, P., Levinson, S. (1987). 377. Cfr. Goffman, E. (2006) p. 6: “Pojęcie twarzy można zdefi niować jako pozytywną wartość społeczną przypisywaną osobie w danej sytuacji spotkania, gdy inni przyjmą, że trzyma się ona określonej roli. Twarz jest obrazem własnego ‘ja’naszkicowanym w kategoriach uznanych atrybutów społecznych (...)”. 378. Cfr. Goffman, E. (2006) pp. 8-9. 379. Brown, P., Levinson, S. (1987) pp. 61-68, Tomiczek, E. (1991) p.21: “W interakcji jednakże zaistnieć może zawsze niebezpieczeństwo, iż owa “twarz” może zostać zagrożona, a nawet poszkodowana. Takie działanie nazywają autorzy [Brown i Levinson] “aktami zagrożenia twarzy” (“face threatening acts” = FTA)”.

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4. 2. 6. Derisione

spesso raggiunto attraverso comparazioni sarcastiche e maliziose che mirano a distruggere l’immagine seria dell’avversario: [186] Ieri abbiamo assistito ad un confronto fra un uomo di stato come Prodi e la Vanna Marchi della politica. Il premier mi sembra come Totò che voleva vendere la Fontana di Trevi... Non riesco a prenderlo sul serio (4) [187] Diamo atto a questo governo che quando si tratta di far ridere, non è secondo a nessuno, neanche a Pozzetto e Villaggio! (5) [188] Podzielam tę opinię tych złośliwców, którzy mówią, że – w jakimś sensie – Jarosław Kaczyński okazał się genialnym strategiem. A powiedziałbym nawet raczej: genialnym sztukmistrzem, magikiem. David Copperfield może zazdrościć Jarosławowi Kaczyńskiemu. (32) Vorremmo far notare come negli esempi sopra viene raggiunto l’effetto derisorio attraverso un meccanismo non puramente linguistico, cioè tramite riferimenti culturali, intertestuali. I parlanti paragonano i propri antagonisti ai noti personaggi della cultura, principalmente quella di massa, come Totò (celebre attore comico), Pozzetto e Villaggio (attori, registi, cabarettisti), Vanna Marchi (conduttrice televisiva, televenditrice) o David Copperfield (illusionista), ottenendo così un effetto umoristico. Questo metodo sfrutta le connotazioni, gli stereotipi, i giudizi correnti ed i valori che vigono in una data comunità, e solo la conoscenza del contesto, della realtà extralinguistica permette di comprendere l’intenzione del locutore380. Anche l’ironia viene adoperata per mettere in risalto certe caratteristiche negative del rivale politico in modo meno diretto: [189] Pan chciałby być jedną nogą w lewicy, drugą w PO, a w PiS-ie tylko, kiedy trzeba, tak? (32) [190] Po pierwsze, słuchając pana marszałka Borowskiego, mam nieodparte wrażenie, że pan Marek Borowski liczy na bardzo krótką pamięć widzów, Polaków. (32)

380. Sulle valutazioni trasmesse attraverso la connotazione e riferimenti intertestuali cfr. Kamińska-Szmaj, I. (2007) p. 63-64.

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[191] Ja sądzę, że być może to jest jakaś różnica głębsza, ale przynajmniej na potrzeby tej kampanii, proponowałbym, żeby ją zakończyć w tonie pokojowym, nie mówić o “niegodziwościach” i nie mówić bez przerwy o swojej moralnej przewadze – bo trudno bez przerwy mówić o czymś, czego nie ma. (35) Il tono sarcastico contenuto in alcune espressioni (liczyć na czyjąś krótka pamięć [190], trudno bez przerwy mówić o czymś, czego nie ma [191]) usate in un contesto serio è indirizzato a scoprire i difetti del rivale, evidenziarli e così danneggiare la sua immagine. Oltre alla persona dell’avversario, gli atti di derisione sono diretti contro il suo programma e l’attività politica. Anche qui il loro obiettivo è quello di ridicolizzare l’avversario, presentandolo come incompetente, irresponsabile e, generalmente, incapace di governare il Paese: [192] Prima mi consenta peraltro di dare una risposta al candidato della sinistra, perché ha parlato del suo programma come di qualcosa di serio. Ora, nel suo programma è tutto così vago, per cui l’unico numero contenuto nel programma sono i numeri delle pagine. (2) [193] La parola più presente nelle 280 pagine del programma dell’Unione è “tuttavia”. (5) [194] Sesso, droga e rock and roll. Ecco il programma del Prc. Povera Italia: deve affrontare problemi seri e una forza determinante del centrosinistra pensa di risolverli con un carnevale continuo. (5) [195] Finalmente gli italiani possono comprendere cos’è la felicità per Romano Prodi. Oltre che più tasse per tutti, ora ci saranno anche più spinelli per tutti. (7) La derisione, così come anche gli altri atti di deprezzamento, non deve necessariamente concernere il nocciolo vero dell’attività politica, obiettivi e metodi di governare bene il Paese, ma si concentra su questioni secondarie, spesso personali, irrilevanti. Per questo motivo i politici ricorrono volentieri al deprezzamento del modo di discutere dell’avversario, invece della critica sostanziale che riguardi i problemi reali. In modo

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4. 2. 6. Derisione

derisorio, si riferiscono a come parla il rivale per colpire la sua immagine tramite una sorta di maliziosi commenti metalinguistici: [196] Ancora una volta il Presidente parla come se fosse il leader dell’opposizione. (2) [197] Ho spiegato dove trovo i 10 miliardi di euro. Non riesco assolutamente a capire dove trova lui i 35 miliardi di euro. Glielo abbiamo chiesto e invece di rispondere a questo ha detto che cosa farà per gli anziani, per i giovani. Va benissimo, ma la domanda era completamente diversa (…). (2). [198] …ja panu nie przeszkadzałem. Jeden wykład pan już wygłosił… Jeden wykład pan wygłosił i niech pan teraz łaskawie posłucha. (32) Gli esempi selezionati non riflettono, ovviamente, tutti gli aspetti dell’immagine del politico che possono divenire oggetto di derisione, ma ne sono solamente un campione. L’efficacia dell’atto di derisione si fonda sul tono umoristico e malizioso che viene adoperato e una certa esagerazione, a volte assurda, che comporta. Questi due fattori vogliono provocare il riso o almeno il sorriso dei destinatari-elettori, che aiuti a guadagnare il loro consenso. Il riso, specialmente quello maligno, punta a creare o rafforzare la complicità e l’intesa tra il mittente e il destinatario, presupposta e desiderata dal politico. D’altra parte, l’atto di derisione in cui l’avversario viene ridicolizzato non è più un duello tra pari contendenti, ma il locutore si mette in posizione superiore e cerca ad ogni costo di far perdere la faccia al rivale. In questo modo, la derisione si rivela un utile mezzo di deprezzamento, nonché atto a istituire una desiderata gerarchia nel gruppo sociale e rinforzare la propria posizione. Riassumendo, nel presente capitolo abbiamo dato ampio spazio all’aspetto pragmatico della comunicazione politica, cercando di scoprire quali azioni vengono compiute tramite l’uso della lingua al fine di persuadere, di conquistare consenso. Nel tentativo di sistemare il campo della ricerca abbiamo applicato all’analisi degli atti linguistici alcuni concetti attinti dalla psicologia sociale, in particolare la nozione di ingratiation di E. E. Jones. Ciò ci ha consentito di classificare gli atti individuati in due categorie principali: gli atti che mirano ad accattivarsi il destinatario sostenendo l’immagine positiva del politico nonché quelli diretti a deprezzare

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l’avversario. Nel primo gruppo rientrano gli atti come elogio della propria persona, promessa, ricetta per il successo, proposta/offerta, appello/richiesta, adulazione, avvertimento, mentre il secondo gruppo comprende gli atti seguenti: offesa, critica, accusa, discredito, ammonimento, derisione. Ci rendiamo conto del fatto che questo elenco potrebbe essere ampliato, comunque in base al corpus raccolto abbiamo deciso di mettere in rilievo gli atti predominanti. Avendo esaminato l’aspetto pragmatico della persuasione politica, possiamo concludere che tutte le azioni eseguite tramite la lingua si possono ricondurre a due obiettivi dicotomici e complementari: elogiare sé stessi e distruggere il rivale. I mezzi linguistici di cui gli uomini politici si avvalgono a questo scopo come linguaggio colloquiale, figure e tropi retorici saranno l’oggetto del capitolo successivo.

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Capitolo 5. Elocutio – mezzi persuasivi nella lingua dei politici Come abbiamo già affermato, l’obiettivo principale che perseguiamo in questo lavoro è di capire e far vedere quali azioni si compiono con le parole al fine di convincere, nonché come si parla per raggiungere il fine persuasivo voluto nell’ambito della comunicazione politica; in altre parole: che cosa si dice e come per acquisire il consenso elettorale. Allo studio delle azioni eseguite attraverso la lingua, concepite come atti linguistici nell’ottica di Austin ed i suoi successori, è stato dedicato il capitolo precedente; qui, invece, intendiamo occuparci dei mezzi persuasivi nella lingua della comunicazione politica in Italia e in Polonia e provare a rispondere al quesito: come parlano i politici per convincere i propri elettori? Il problema dei mezzi persuasivi nelle comunicazioni politiche appare posto in termini troppo generici e la sua vastezza impedisce che sia esaminato in maniera esauriente nell’ambito di questo contributo. Per questo motivo siamo costretti a porre certi limiti all’analisi linguistica e cogliere solamente le più importanti, a nostro avviso, linee di tendenza nella comunicazione politica polacca e italiana, estraendone soprattutto le somiglianze. Pur essendo consapevoli che tale approccio rischi di apparire selettivo e incompleto, confidiamo che la tematica qui trascurata possa diventare spunto per ulteriori indagini più dettagliate. Nel quadro di queste considerazioni, vorremmo tracciare i confini entro cui saranno analizzati gli aspetti selezionati della lingua dei politici, non dimenticando, ovviamente, i concetti sottostanti, cioè quelli della pragmalinguistica. Ogni scelta linguistica verrà trattata in quanto emanazione delle intenzioni del parlante intese come forza illocutoria dell’enunciato. Riteniamo utile inquadrare le riflessioni sui mezzi linguistici impiegati ai fini persuasivi che vorremmo proporre nell’ambito del termine classico di elocutio. Ancora una volta ritorniamo al sapere antico che risulta molto produttivo nello studio

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Capitolo 5. Elocutio – mezzi persuasivi nella lingua dei politici

della lingua di oggi. La retorica che nel ‘900 viene di nuovo apprezzata nell’umanistica381 si serve delle sue tradizioni dalle radici antiche. Qui facciamo riferimento alla divisione della retorica classica in cinque parti: inventio, dispositio, elocutio, memoria, pronuntiatio che segnano le tappe della preparazione di orazioni382. Mentre le prime due riguardano la scelta di argomenti da trattare e la loro distribuzione nell’orazione, memoria e pronuntiatio invece si riferiscono all’arte di tenere a mente i discorsi ed eseguirli, allorché l’elocutio, compresa nel titolo del presente capitolo, interessa la forma linguistica dell’intervento, lo stile383. Questo termine riguarda la selezione delle parole e delle espressioni adeguate al contenuto, la bellezza del discorso. Talvolta appaiono delle opinioni secondo cui l’eccessiva concentrazione sulla forma ricercata e gradevole ha portato nel XIX secolo al declino della retorica, separata dall’arte di argomentazione384, e la stessa elocuzione non è più degna di ricerca scientifica. A nostro parere, tuttavia, l’elocutio, intesa come elaborazione linguistica del discorso tale che lo renda attraente, capace di catturare l’attenzione degli ascoltatori, svolge un ruolo di grande rilievo nella persuasione politica e per questo è sempre produttivo studiarla. L’adeguato “confezionamento” del messaggio politico, la cura della forma, difficilmente può essere sopravvalutato. La scelta dei mezzi come figure retoriche, tono colloquiale, ecc. serve ad abbellire il messaggio, lo rende più gradevole, affabile e facile da capire, deviando l’attenzione dell’ascoltatore dal contenuto verso il lato estetico, a volte con intenzioni manipolatorie385. Va sottolineato il fatto che il locutore che vuole avvantaggiarsi della forma linguistica per influire sulle opinioni del destinatario ha a disposizione un intero sistema linguistico, i cui vari livelli, sintattico, semantico, morfologico, offrono migliaia di possibilità, un pressoché infinito repertorio di strumenti linguistici. Il nostro obiet-

381. In questo contesto occorre richiamare almeno alcuni di coloro che hanno contribuito allo sviluppo della retorica ai nostri giorni: Perelman e Olbrechts-Tyteca, i rappresentanti del gruppo di Liegi: Genette, Cohen, Morier. Cfr. Reboul, O. (2002) p. 19. 382. Ziomek, J. (1990), Korolko, M. (1990). 383. Sullo studio dell’elocutio in quanto studio dello stile cfr. Ziomek, J. (1990) p. 126. 384. Mazzoleni, G. (2004) p. 130. 385. Cfr. Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004) p. 31: “Più che alla struttura logica dell’esposizione, l’uomo politico è attento a un altro livello dell’organizzazione argomentativa, quello dei procedimenti linguistici che rendono attraente il discorso: per richiamare l’attenzione del destinatario e suscitarne l’assenso è importante non tanto la scelta degli argomenti (che comunque devono essere molteplici e variegati, adeguati a un pubblico composito), quanto la loro forma e la loro veste linguistica, il lessico, le forma retoriche e gli accorgimenti pragmatici e testuali adottati”.

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tivo è selezionare gli elementi più ricorrenti, caratteristici e pertinenti sia alla realtà italiana sia a quella polacca. L’analisi del corpus nonché l’esperienza quotidiana appoggiate dagli studi già svolti sul fenomeno della lingua dei politici (cfr. cap. 1. 5.) dimostrano che è possibile distinguere certe qualità caratteristiche, linee di tendenza stabili, alcune presenti nel parlare politico da secoli nonostante ciascun uomo politico abbia un proprio stile espressivo, proprie abitudini linguistiche. Per queste ragioni, il corpus raccolto viene trattato come illustrazione dei fenomeni linguistici osservati, piuttosto che come un’entità a sé stante, oggetto di ricerca separata. L’elocutio, la cura della forma linguistica, che può aumentare la forza persuasiva del discorso a seconda delle aspettative del locutore, consente di raccogliere i fenomeni di diversi livelli della lingua così che compongano un ritratto più o meno coeso della lingua esaminata. I mezzi linguistici che indaghiamo comprendono non solo le classiche figure retoriche, ma anche altri espedienti grammaticali, lessicali, pragmatici di grande effetto sull’uditorio. Dividiamo la presente analisi in due parti che, sebbene separate e apparentemente opposte, si completano a vicenda, avendo lo stesso scopo: attirare l’attenzione e aquisire il consenso del destinatario. Da una parte, osserviamo una forte tendenza alla sempre più colloquiale impostazione dei discorsi politici, il che si palesa in modi molto diversi; dall’altra va notato il ricorso alla forma più curata, elaborata che deve attrarre il ricevente per la sua raffinatezza, l’approccio creativo alla lingua che può essere visto in termini della retorica. Queste tendenze che, a nostro avviso, non si escludono, anzi, coesistono nella comunicazione politica di oggi saranno indagate successivamente e illustrate con gli esempi tratti dal corpus.

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5. 1. Colloquialità Abbiamo deciso di adottare liberamente il termine “colloquialità” al fine di inscrivervi diversi fenomeni linguistici che si collocano all’incrocio degli assi formale / informale, parlato / scritto, ufficiale / privato. Prima di fornire più riflessioni teoriche a questo proposito, ci serviamo dell’accezione comune che coglie sufficientemente l’essenza del fenomeno. Nel dizionario DeMauro on line la colloquialità viene spiegata come: modo di esprimersi che adotta un registro colloquiale 386, dove “colloquiale” vuol dire: proprio del linguaggio corrente, meno formale, prevalente nell’uso parlato387. In ottica linguistica, la questione di colloquialità si inserisce nella problematica di varietà della lingua, a cui abbiamo accennato cercando di isolare in teoria la lingua politica. Non volendo ripetere il ragionamento già presentato, rinviamo al cap.2, in particolare agli schemi delle varietà della lingua (Fig.1, 2, 3) che riflettono meglio le complicazioni relative a tale classificazione. La colloquialità, compresa come varietà oppure stile, si posiziona di solito nell’ambito del sottotipo comune del parlato. Spesso la colloquialità viene presentata come manifestazione del registro informale della lingua, cioè una varietà diafasica388. Le divagazioni teoriche, pur interessantissime, non costituiscono l’oggetto di questo capitolo, perciò non ci azzardiamo a decidere se parlando di colloquialità si intenda una varietà, un registro o uno stile (nella letteratura polacca, addirittura, questi termini si moltiplicano: oltre a odmiana, rejestr, styl, vi è ancora mowa, język). Occorre precisare, comunque, il termine colloquialità per renderlo operativo ai fini di questa ricerca389. Innanzitutto, ci distacchiamo dalla frequente propensione a collegare la colloquialità alla variabile diamesica390. È innegabile che i tratti colloquiali si riscontrano più spesso nella varietà parlata, conversazionale, Tuttavia, porre un segno di uguaglianza tra i due fenomeni sarebbe una grave semplificazione. Inoltre, le varietà legate al mezzo

386. http://www.demauroparavia.it/24279. 387. http://www.demauroparavia.it/24277. 388. D’Achille, P. (2003) p. 32. 389. Nella letteratura polacca il termine di colloquialità corrisponderebbe a “odmiana potoczna”, cfr. Trysińska, M. (2004) pp. 23-30; il termine stesso di potoczność viene concepito in maniere diverse, cfr. Anusiewicz, J., Nieckula, F. (1992). 390. Cfr. Klemensiewicz, Z. (1953), Skubalanka, T. (1976), Buttler, D. (1982).

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grazie a cui avviene la comunicazione non si esaurisono nella banale divisione parlato / scritto. Già Giovanni Nencioni391 ha messo in rilievo l’esistenza del continuum tra parlato e scritto, differenziando, tra l’altro, il parlato spontaneo da quello che, pur destinato ad essere trasmesso oralmente, è costruito in forma scritta. Con lo sviluppo tecnologico avvenuto in particolare nella seconda metà del Novecento, a quelli tradizionali si sono aggiunti altri canali di comunicazione: telefono, radio, televisione, cinema e Internet (siti Internet, e-mail, chat, blog, forum, gruppi di discussione). I nuovi mezzi di trasmissione hanno dato spunto alla nascita di un’altra varietà – il trasmesso392, che comprende sia il parlato sia lo scritto, però a distanza. Alla luce di questi cenni teorici riguardanti la variazione diamesica, risulta chiaro che la colloquialità non è intrinseca al parlato, né vice versa. Possiamo facilmente pensare a un testo scritto (ad esempio, un contributo nel blog) che non si caratterizza affatto per un’elevata formalità e correttezza, ma al contrario presenta molti tratti colloquiali (per esempio: neologismi, espressioni ad alto tasso emotivo, parolacce). Sul versante opposto si collocherebbe un discorso oralesenza alcune caratteristiche colloquiali, caratterizzato da una grande cura a livello fonetico, sintattico e lessicale393. 391. Cfr. Nencioni, G. (1983). 392. Cfr. D’Achille, P. (2003) pp. 209-220. 393. Il problema del parlato e in particolare della relazione fra la diamesia e il grado di informalità viene affrontato in modo molto interessante dagli autori del corpus LIP (De Mauro, T., Mancini, F., Vedovelli, M., Voghera, M. (1993)) che, avendo messo in rilievo la distanza che separa l’italiano parlato oggi dall’italiano descritto nelle grammatiche, constatano: “La distinzione tra scritto e parlato si è così parzialmente sovrapposta a quella tra italiano standard e varietà non standard dell’italiano: il primo associato alla scrittura, le seconde alla comunicazione orale” (Ivi, p.32). I linguisti sostengono che tale approccio costituisce una grave semplificazione, perché considerando il parlato un sinonimo di popolare o informale si perde di vista la differenziazione interna al parlato. Gli autori del LIP credono che “il parlato si caratterizzi primariamente come modalità di trasmissione fisica e semiotica e solo secondariamente per la presenza di particolari paradigmi linguistici” (Ivi, p. 33) e per preservare la validità della ricerca considerano parlato ogni produzione fonica e spontanea, che non si basi sull’esecuzione di un testo scritto precostituito (Ivi, p. 34). Di conseguenza adottano “il criterio del maggiore o minore grado di improvvisazione o progettazione dei discorsi” (Ivi, p. 26) per la classificazione dei testi analizzati. Non si limitano alla conversazione ma delineano un continuum, una scala ideale di almeno cinque gradi su cui vanno disposte le varie situazioni comunicative a seconda della loro naturalezza. Questa scala comprende: 1. scambio bidirezionale faccia a faccia con presa di parola libera (conversazione in tutte le sue possibili forme); 2. scambio bidirezionale non faccia a faccia con presa di parola libera (conversazioni telefoniche); 3. scambio bidirezionale faccia a faccia con presa di parola non libera (dibattiti, interviste, interrogazioni ecc.); 4. scambio unidirezionale in presenza di destinatario/i (lezioni, conferenze, omelie, comizi ecc.); 5. scambio unidirezionale o bidirezionale a distanza (trasmissioni radiofoniche e televisive) (Ivi, p.35). Tale approccio permette di salvaguardare la spontaneità e la naturalezza dei testi analizzati e la validità dei dati dell’italiano parlato. Comunque per lo studio degli elementi colloquiali, informali nella comunicazione politica sarebbe troppo restrittivo. Per la completezza della nostra analisi bisogna prendere in considerazione non solo i testi spontanei, ma anche quelli più pianificati, come interviste, discorsi, comunicazioni in Internet, ecc.

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5. 1. Colloquialità

Nel corpus analizzato sono presenti tutte le possibili varietà diamesiche e gli elementi colloquiali concepiti come sopra si riscontrano in tutti i testi. Avendo segnalato che la colloquialità non può esssere immedesimata con la varietà parlata, passiamo a considerare la variabile diafasica, cioè quella situazionale – funzionale, come un’importante covariante degli elementi colloquiali. È fuori dubbio che la situazione comunicativa, che può variare dall’ambito familiare alla sfera professionale, determini la scelta di una data alternativa linguistica dal repertorio. A seconda del contesto situazionale un individuo seleziona un’appropriata forma linguistica, conforme alle norme sociolinguistiche vigenti. Tra i fattori che influenzano tale scelta vanno menzionati: a) il grado di formalità della situazione, che dipende dal luogo in cui si svolge l’atto comunicativo (ad esempio, il discorso pronunciato in chiesa si differenzia per forza da una chiacchierata in un bar); b) il grado di formalità della relazione con l’interlocutore (logicamente, si parla in maniera diversa con un totale estraneo che con un’amica intima); c) l’argomento dell’interazione verbale (ovviamente, la questione, ad esempio, dell’immigrazione clandestina esige un uso diverso della lingua che l’acquisto di un nuovo vestito in un negozio). Da questi fattori deriva la scelta linguistica che si situa da qualche parte tra le due polarità di estremamente formale e massimamente informale394. Il contesto situazionale in cui avviene la comunicazione politica (ad esempio, un intervento in parlamento oppure un dibattito elettorale in televisione) implica un certo grado di formalità395, visto che si tratta sempre di situazioni pubbliche, perciò più formali e ufficiali rispetto ad occasioni private. Il contesto, quindi, comporta, o almeno così ci aspetteremmo, la scelta delle alternative impersonali, formali, più curate e cortesi dal repertorio linguistico del politico. Il parlante dovrebbe adeguarsi alle norme dell’uso della lingua vigenti in situazioni ufficiali, nella sfera pubblica, il che esclude l’utilizzo delle forme colloquiali, informali. In realtà, le tendenze osservabili sia nel corpus sia nei discorsi politici di ogni giorno contrastano con tale visione teorica della lingua ufficiale. I politici non si 394. Per i tratti caratteristci di diverse varietà diafasiche consulta: Berruto, G. (1996b) pp. 70-81, Wilkoń, A. (2000) pp. 48-85. 395. Sulla categoria di formalità (kategoria oficjalności) cfr. Dunaj, B. (1994).

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astengono dall’impiego di forme più che informali, anzi, sembrano prediligere i toni colloquiali: Si potrebbe parlare di reality show della politica: siamo ormai abituati ai gesti plateali e alle risse nei luoghi di dibattito istituzionale, al progressivo inasprimento delle polemiche e alle aggressioni personali; è diventato sempre più normale l’uso di metafore vivaci e di sarcasmo di grana grossa396. Non è che si voglia dire che sia un’inclinazione valida esclusivamente per il parlare politico; al contrario, si tratta di una vasta tendenza che penetra tutti gli usi, anche pubblici e ufficiali, della lingua. Dardano lo conferma così: La novità riguarda anche le situazioni comunicative e i contenuti del parlare e dello scrivere: infatti il giudizio su quello che si deve o non si deve dire in pubblico ha seguito il mutamento dei costumi e delle abitudini. Linguisti e sociologi hanno descritto i nuovi rapporti sociolingusitici che si sono affermati mediante nuovi usi della lingua; usi che, anche quando sono ispirati a una certa formalità, dimostrano, rispetto al passato, una valutazione positiva nei riguardi dei toni colloquiali e del parlato397. Di conseguenza, si può constatare che i mutamenti nell’ambito del parlare politico relativi alla propensione verso i toni colloquiali vanno di pari passo, o anche un po’più velocemente, con i cambiamenti osservati nella lingua in generale, e ciò vale sia per l’italiano che per il polacco. Non volendo entrare in troppi dettagli non indispensabili per i fini di questa ricerca, segnaliamo soltanto uno stretto rapporto tra ciò che abbiamo denominato “colloquialità” e la questione della norma linguistica (benché anche essa risulti un problema complesso, visto che non esiste in linguistica un’unica defi nizione di questo termine)398. Sia nella complessa realtà linguistica

396. Gualdo, R., Dell’Anna M. V. (2004) p. 25. 397. Dardano, M. (1996) p. 324. 398. Sul problema della norma lingustica nella lingua italiana cfr. Beszterda, I. (2007). La linguista affronta non solo la questione della defi nizione del termine “norma”, ma illustra anche l’interdipendenza tra la norma e la variabilità diatopica, diastratica, diafasica e diamesica della lingua nonché la pluralità di norme che ne risulta. L’autrice analizza profondamente la questione della norma linguistica in italiano, prendendo in considerazione la sua particolare storia (la “questione della lingua”, la norma nel periodo postunitario, divario tra parlato e scritto) e la situazione contemporanea (dialetti, influsso della lingua inglese). Un certo spazio viene dato al cambiamento della norma linguistica, cioè la formazione di un nuovo standard: italiano dell’uso medio o neo-standard (cfr. ivi, pp. 186-224).

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5. 1. Colloquialità

italiana sia in polacco è lecito parlare del processo di mutamento della norma linguistica. Questa evoluzione avviene nell’ambito del rapporto fra scritto e parlato nonché nell’uso delle forme giuste a seconda del canale e della situazione comunicativa, e porta verso un certo avvicinamento dello scritto al parlato nonché lo sviluppo del cosiddetto “neostandard”399. Credo che non sia un’esagerazione dire che non vi sono studi linguistici che non constatino (o anche lamentino) l’abbassamento della norma e l’ingresso di forme colloquiali, anche volgari, nell’uso quotidiano400. Ci limitiamo soltanto a rilevare, in quanto cruciale per gli studi seguenti, l’idea dell’avvento di un nuovo italiano, denominato da Francesco Sabatini nel 1985 “italiano dell’uso medio” e da Gaetano Berruto nel 1987 “italiano neostandard’. Questa nuova varietà individuata dai linguisti viene caratterizzata da numerosi e diversi tratti pertinenti a tutti i livelli del sistema linguistico che, pur spesso esistenti nella lingua da tempo, sono stati finora ignorati dalle grammatiche e addirittura spesso considerati scorretti. Diffusi sia nel parlato che nello scritto, sono stati sanzionati dall’uso frequente, diventando finalmente oggetto di studio da parte dei linguisti. I fenomeni del neostandard, alquanto semplificato e più colorito rispetto all’italiano standard, si avvicinano significativamente a caratteristiche colloquiali, perciò questo termine riapparirà nel corso della nostra analisi. Le riflessioni proposte finora ci portano a precisare quali fenomeni linguistici prendiamo in considerazione analizzando la colloquialità nella comunicazione politica. Evidentemente, l’elenco completo di tali qualità non ci pare realizzabile né necessario. Ci concentriamo sui fatti predominanti che vanno oltre la norma, oltre i confini della comunicazione pubblica, formale e ufficiale. È comunque possibile e opportuno indicare quali significati più o meno generici attribuiamo in questa indagine al termine colloquiale. Un interessante approccio, anche se limitato solamente al lessico, lo presentano Markowski e Butler401 eseguendo un’utile distinzione tra due fenomeni che spesso vengono studiati insieme: il lessico comune e quello colloquiale. Il lessico comune (słownictwo wspólne, wspólno399. Ivi, p.130-132 e p. 161: “Cambiando la società, cambiano le norme: si assiste alla diffusione di regole più allentate e più rilassate, di più vasta portata”. 400. A questo proposito si confronti, tra l’altro: Gajda, S., Adamiszyn, Z. (1994), Handke, K., Dalewska – Greń, H. (1994), Bralczyk, J., Mosiołek-Kłosińska, K. (2001), Ożóg, K. (2001), Sabatini, F. (1985), D’Achille, P. (2003), Mengaldo, P. V. (1996). 401. Buttler, D., Markowski, A. (1991).

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odmianowe) viene concepito come un complesso di vocaboli universali e neutrali, usati indifferentemente in ogni varietà della lingua402. Quello che ci interessa invece, cioè il lessico colloquiale, si distingue per le seguenti particolarità: non è specialistico, è informale, espressivo ed emozionale403. Occorre sottolineare la peculiare espressività e l’emozionalità che, a nostro avviso, differenziano in special modo la varietà colloquiale, a cui vorremmo aggiungere una significativa soggettività, nonché l’abilità di formulare e trasmettere valutazioni. Ampliando queste considerazioni oltre il livello puramente lessicale, cercheremo di descrivere anche altri tratti linguistici che costituiscono una realizzazione concreta delle caratteristiche appena menzionate, il che ci permetterà di presentare un quadro più completo della colloquialità al servizio della persuasione. Siamo convinti che ci sia un forte nesso tra l’impiego delle forme colloquiali e l’intento persuasivo, che eccede la semplice idea dell’abbassamento generale della norma linguistica. La colloquialità, a cui gli uomini politici ricorrono deliberatamente, viene vista come un mezzo di persuasione che non può essere negletto per vari motivi che svilupperemo nel corso di questo lavoro. Intanto, vorremmo concludere con una citazione che getta più luce sul problema: La politica tradizionale si avvaleva di un armamentaria retorica d’impronta umanistico-giuridica, che colpiva e intimidiva proprio facendo leva su un’aura di superiorità, di prestigio. I nuovi politici invece, anche per distinguersi da quella tradizione, hanno premuto il pedale della chiarezza, della comprensibilità, mostrando agli elettori un’immagine in cui potessero facilmente riconoscersi. (...) Il politichese si è così evoluto nel gentese(...).404

402. Ivi, p. 108: “Przyjmujemy więc tezę, że istnieje zasób jednostek słownikowych w zasięgu uniwersalnym, właściwych każdemu wariantowi polszczyzny, ale nie charakterystycznych dla żadnego z nich: słownictwo wspólnoodmianowe (czy skrótowo – wspólne)”. 403. Ibidem: “Przypisujemy leksemom potocznym określony zespół cech dystynktywnych. Są one mianowicie: 1. niespecjalistyczne (w opozycji do terminów, profesjonalizmów i wyrazów środowiskowych) 2. nieoficjalne (w opozycji do słów książkowych) 3. nacechowane ekspresywnie i emocjonalnie (w opozycji np. do terminów, profesjonalizmów, słów książkowych)”. 404. Gualdo, R., Dell’Anna M. V. (2004) p. 25.

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5. 1. 1. Sintassi colloquiale come mezzo di persuasione È possibile convincere mediante la sintassi? E quali tratti sintattici potremmo considerare persuasivi nel contesto della colloquialità? Sebbene la nozione di sintassi colloquiale come mezzo di persuasione possa sembrare eccessiva a prima vista, non sembra tale se sottoposta ad un esame più attento. Se stabiliamo che, al fine di convincere, il discorso dovrebbe dilettare, stimolare, valutare, suscitare ed esprimere emozioni405, sicuramente, alla luce delle considerazioni presentate precedentemente, gli elementi colloquiali sono destinati a raggiungere meglio questa meta. Anche nella sfera della sintassi406, dunque, vi sono dei tratti che possiamo definire colloquiali, che vengono impiegati per persuadere. Il modo in cui le parole si combinano per costruire delle frasi può riflettere i tratti caratteristici della colloquialità, come trascuratezza, espressività, emozionalità. Ciò viene ottenuto attraverso una serie di espedienti attribuiti di solito al parlato e anche quelli che coincidono con l’italiano standard. Nonostante ambedue siano lingue dall’ordine sintattico SVO (soggetto-verbo – oggetto), l’italiano e il polacco costituiscono degli universi linguistici assai differenti, nei quali tuttavia crediamo di poter evidenziare alcune peculiarità colloquiali in comune. Per motivi di spazio, limitiamo al minimo il numero di esempi. Consapevolmente rinunciamo, tra l’altro, all’analisi degli errori nell’ambito sintattico che, pur essendo una perfetta esemplificazione della tendenza a una più grande disinvoltura e trascuratezza, costituiscono un tema troppo ampio, che rischia di separare troppo l’universo della lingua italiana da quello polacco e cadere in dettagli minuti e, di fatto, inutili. Segnaliamo soltanto a titolo d’esempio la presenza degli errori di accordo di numero e genere, di reggenza verbale e anche nell’ambito della concordanza di tempi e modi. Nel parlare politico spontaneo (interviste, discorsi) appaiono anche problemi nell’ambito dell’ordine delle parole che a volte 405. Cfr. la massima di Quintiliano: “docere, delectare, movere” dal Institutionis oratoriae che non perde per niente di attualità. 406. Sulla sintassi italiana cfr. Benincà, P. (1993), Bonomi, I., Masini, A., Morgana, S., Piotti, M. (2008), D’Achille, P. (2003) pp. 143-164.

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possono ostacolare la comprensione. Comunque, in questi casi è difficile giudicare se si tratti di un semplice errore di produzione, un lapsus, che risulta dalla rapidità e dal calore dello scambio comunicativo oppure uno sbaglio che deriva dall’ignoranza (ad esempio [216]). Ciononostante, crediamo che la stessa esistenza degli errori sia già significativa e può essere interpretata come segno di consenso alle, più o meno volontarie, infrazioni della norma linguistica affinché si parli “come la gente comune”, e in questa maniera il politico può cercare di creare un’apparenza di affinità e vicinanza ai possibili elettori. Fra i tratti sintattici colloquiali che vogliamo notare si trovano, da una parte, la semplicità sintattica e, dall’altra, la sintassi marcata, con le peculiarità risalienti alla varietà parlata indipendentemente dal canale effettivamente utilizzato. La semplicità della sintassi nella comunicazione politica è riconducibile alle seguenti tendenze osservabili nel corpus: frasi brevi collegate paratatticamente, con un numero ristretto di subordinativi. In generale si può dire che, adeguandosi a come presumibilmente parla la gente comune, le frasi costruite dai politici tendono a una relativa brevità e semplicità, che riguarda sia il numero di parole sia la struttura dei sintagmi impiegati. Il periodare breve nonché l’assenza di costruzioni troppo ricercate – tratti propri della reallizzazione orale – incrementa la comprensibilità del discorso, per cui è utile in testi di carattere informativo e persuasivo. A titolo meramente illustrativo rinviamo ai brani contenuti nel capitolo 4 (tra l’altro, gli esempi: [8], [10], [16], [24], [30] [31]) nonché: [199] Molte decisioni le ho maturate in bicicletta: quella leggera stanchezza fisica, la testa che ti gira, gira, poi ti orienti torni a casa, fai una doccia e scrivi. Lo sport non solo è utile per eliminare le tossine fisiche, ma il ciclismo o la corsa ti aiutano a mettere la testa in stand by, e poi si pensano le cose con grande calma. (4) La brevità e semplicità delle frasi viene talvolta sfruttata per aumentare l’espressività e la tonalità emotiva del discorso (cfr. [12], [119], [133]). La semplificazione dei periodi si esprime anche nella propensione all’andamento paratattico che sicuramente rende il discorso più facile da seguire. Il rapporto di coordinazione viene spessissimo effettuato senza congiunzioni, ma attraverso i segni d’interpunzione come la virgola, cioè l’asindeto (cfr. [43], [106], [114]). Allo

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stesso scopo servono le più elementari congiunzioni coordinanti come e ([114], [115], [122]), ma ([142], [146]), poi, così, allora407, in polacco: i ([42]), [66]), ale ([147], [39]), che collegano le frasi giustapposte. L’inclinazione verso il carattere paratattico del discorso, in quanto più adatto al canale fonico-uditivo408, deve aiutare il destinatario-elettore a rimanere concentrato su ciò che dice il politico senza troppo sforzo. La subordinazione, ovviamente anche essa usata nella comunicazione politica, presenta tracce di semplificazione rispetto ai registri formali, allo scritto. Anzitutto va notato l’impiego di tipi subordinativi ad alta frequenza introdotti da congiunzioni più frequenti ed elementari. Non abbiamo condotto analisi statistiche a questo riguardo, comunque l’indagine preliminare dimostra la prevalenza delle subordinate esplicite su quelle implicite che marcano il testo come più raffinato, formale, curato. Le congiunzioni subordinanti si limitano ad una gamma abbastanza ridotta di quelle più tipiche come che, perché, quando, se in italiano e który, gdy, żeby, chociaż, bo in polacco, e via andando. Sono rare o addirittura assenti le congiunzioni più ricercate come giacché, dacché ogniqualvolta, fintantoché, qualora, laddove, quantunque, e in polacco: albowiem, iżby, e tante altre. La colloquialità della sintassi adoperata nella comunicazione politica, che si distingue per una relativa semplicità, viene rafforzata da una notevole dose di disinvoltura che riguarda la costruzione delle frasi, il che si manifesta con particolare forza nel caso dei testi parlati, spontanei e naturali409. Intendiamo qui soprattutto diversi incastri, interruzioni e ripensamenti che si collocano all’interno delle frasi, violando l’ordine grammaticale, ma costituiscono dei segnali discorsivi che riempiono i buchi nel testo, mantengono la fluidità del discorso oppure indicano l’approccio distanziato, insicuro o altro del parlante verso ciò che viene detto. Questa funzione viene svolta da avverbi, congiunzioni, interiezioni o frasi: allora, insomma, quindi, eh?, diciamo, że tak powiem, powiedzmy, a więc, ecc. Aggiungiamo il commento di Paolo D’Achille sul parlato che vale anche qui: Quanto alla sintassi del periodo, il parlato si caratterizza per interruzioni, frasi sospese, «false parten-

407. D’Achille, P. (2003) p. 171. 408. Ibid. 409. Cfr. De Mauro, T., Mancini, F., Vedovelli, M., Voghera, M. (1993).

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ze», autocorrezioni410. Indubbiamente, l’organizzazione della frase non è più fissa né tanto curata. Tranne l’inclinazione verso la semplicità, la sintassi dei testi politici ricorre ad altri espedienti di natura colloquiale che devono accattivarsi il ricevente. Innanzitutto rileviamo qui l’espressività e l’emozionalità, considerate peculiarità fondamentali della colloquialità, che si manifestano a livello sintattico. Il carico emozionale, così distante dalla neutralità della varietà formale, si palesa particolarmente attraverso l’utilizzo di frasi interrogative ed esclamative. Le esamineremo insieme dal momento che la loro funzione e i meccanismi su cui poggiano sono simili. Non mancano nel corpus le occorrenze sia delle frasi esclamative sia di quelle interrogative, il che è parzialmente dovuto al fatto che esso è costituito da testi parlati o trasmessi in cui questi due tipi di frasi sono frequenti. Inoltre, le frasi interrogative ed esclamative si riscontrano facilmente anche nei testi scritti, ufficiali, come manifesti politici oppure appelli agli elettori. Esse risultano utili perché, mediante il proprio carico espressivo, aiutano a persuadere. Visto che sono un’espressione di emozioni vive del parlante, contribuiscono a dipingerlo come un uomo in carne ed ossa, che prova dei sentimenti veri e forti, simili a quelli degli altri, ed è autentico in ciò che dice: [200] Io… veramente… Che spudoratezza! (1) Non solo appare sincero, ma si mostra come “uno di noi”, rappresentante della gente comune. Si rileggano in questo contesto anche i brani [2], [87], [98], [152], [153], [157]. Un’adeguata scelta sintattica contribuisce a colorire il discorso, renderlo più vivace e attraente, rafforzare il suo messaggio. Le domande, spesso retoriche, abbelliscono l’enunciato e assicurano la sua fluidità. Osserviamo come le frasi interrogative ed esclamative contribuiscono a creare un nesso, un senso di complicità tra il parlante e il destinatario, nonché ad influenzare le sue opinioni tramite enfasi ed espressività: [201] Tak! Mogła być sekretarzem, co się śmiejecie?! Mogła dostać stanowiska dla rodziny, mogła dostać dla swoich działaczy miejsca na listach odpowiednich – wszystko by dali! Tylko tu się obnażyli! Tylko o co im chodzi? O dobro Polski? Ten tytuł mówi: Co z tą Polską?! (...) Co z tą Polską się dzieje?! (32) 410. D’Achille, P. (2003) p. 171.

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La colloquialità sintattica non si limita alle frasi interrogative ed esclamative fortemente emotive: anche l’ordine in cui si susseguono i costituenti della frase diventa fonte di marcatezza espressiva avvicinando il discorso politico ai modi del parlato comune, informale, colloquiale. Si tratta di costruzioni che, volendo mettere in rilievo un dato elemento all’interno della frase, infrangono l’ordine neutrale o “preferenziale” delle parole e rimuovono questo elemento dal suo posto naturale. L’ordine marcato si realizza tramite una sequenza diversa da quella SoggettoVerbo–Oggetto, in particolare si tratta dei fenomeni denominati frasi segmentate: dislocazione a sinistra e a destra, nonché frasi scisse. Nel corpus analizzato abbiamo rilevato un numero significativo di tali costruzioni marcate, con una particolare frequenza della dislocazione a sinistra. Questo fenomeno sintattico consiste nello spostare l’elemento che si vuole mettere in rilievo (il complemento) in posizione iniziale per poi riprenderlo con un pronome clitico nella seconda parte della frase411. Questo meccanismo è stato già riscontrato nei brani analizzati nel capitolo 4: rimandiamo, tra l’altro, a [159] (e questo i cittadini lo hanno ben compreso) nonché [162] (i conti disastrati li abbiamo ereditati noi dai governi della sinistra). Ecco alcuni altri esempi che contengono questa struttura: [202] A me la parola amnistia, per definizione, mi fa venire l’orticaria. (5) [203] Il segreto di Stato alla Certosa non l´ho chiesto io. (10) [204] Perché il programma mio lo faccio io (...). (1) [205] Le energie ce le abbiamo purché ci mettiamo assieme (...) (1) [206] Galli della Loggia la riforma non l´ha neanche letta. (10) La dislocazione a sinistra, tipica del parlato informale, svolge simili funzioni anche nella comunicazione politica: consente di conquistare facilmente il turno di parola senza troppe complicazioni grammaticali, catturare l’attenzione dell’interlocutore o cambiare facilmente l’argomento. È anche un utile metodo di evitare l’uso del passivo, visto come formale, sintatticamente complicato. Meno frequente è la struttura denominata dislocazione a destra, in cui un costituente della frase viene tolto dalla sua posizione naturale e messo a destra, mentre 411. Ivi, p. 150.

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all’inizio risale un pronome. Nel corpus sono attestati i casi in cui viene dislocata un’intera frase subordinata. Ricordiamo un frammento dell’esempio [122]: (...) lo vediamo giornalmente che qualche imbecille nel centrodestra c’è... Inoltre: [207] Lo sapete che la Lega per ottenere il federalismo è disposta a fare il patto col diavolo. (23) La comunicazione politica sfrutta ambedue i tipi delle frasi segmentate al fine di attribuire all’enunciato, tramite marcatezza sintattica, una carica enfatica. Lo stesso obiettivo viene raggiunto per mezzo della struttura chiamata frase scissa, cioè divisa in due parti: la prima è costituita dal verbo essere seguito dall’elemento che fa da rema, la seconda dal resto della frase, che costituisce invece il tema412, collegate tra loro da un che detto ‘pseudorelativo’. Frequentissima nel parlato informale e combattuta dai puristi, la frase scissa è impiegata volentieri nel linguaggio politico per la sua natura enfatica, grazie a cui il parlante può mettere in rilievo l’elemento desiderato accrescendo la persuasività del messaggio. Si vedano alcuni esempi di frase scissa reperiti nel corpus: [208] E comunque non è che i Ds hanno deciso di ‘mandare D’Alema al governo’. (11) [209] Sono soddisfatto, ma mi permetto di dire che non siamo noi che abbiamo adottato la linea del centrodestra, ma è la maggioranza di Governo che ha adottato il criterio e la proposta del centrosinistra. (3) [210] È il centrosinistra che da più di un anno chiede che si metta in essere una strategia di ritiro del contingente italiano dall’Iraq. (3) [211] Sono centomila quelli che hanno già detto di sì. (2) [212] (...) ed è per questo che noi abbiamo proposto qualcosa di diverso (...). (2)

412. Ivi, p. 154.

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[213] Sono i rompiballe che lo dicono. (17) [214] Silvio, ti devo dire che ce l’abbiamo duro ed è per questo che qui è pieno di donne (...) (5) Quanto alla sintassi del polacco, non si osservano strutture pienamente equivalenti a quelle appena descritte. Va rilevato comunque che l’ordine delle parole svolge un ruolo fondamentale nell’accrescimento del carico emotivo dell’enunciato, specialmente se accompagnato da una prosodia particolare. Ciò coincide spesso con il cambiamento nella struttura tema-rema, poiché di solito in polacco il rema appare alla fine della frase; nel caso dell’ordine marcato invece l’informazione nuova viene spostata spesso all’inizio della frase. Conseguentemente per la corretta comprensione dell’enunciato è indispensabile sia un’intonazione speciale sia la conoscenza del contesto. Notiamo una struttura semanticamente affine alla frase scissa tratta dal corpus polacco: [215] (...) to oni powinni też odpowiadać za to (...) (37) Al fi ne di aumentare l’espressività del messaggio viene sfruttato il carattere rematico del pronome personale oni spostato all’inizio della frase e rafforzato dalla particella to. In questo modo un dato elemento dell’enunciato viene rilevato e l’ordine marcato contribuisce ad aumentare l’emozionalità e la persuasività del messaggio. Oltre ai tratti analizzati sopra, come: ■ tendenza alla semplificazione sintattica, ■ tendenza alla paratassi, ■ tendenza al numero ristretto di congiunzioni subordinanti, ■ uso espressivo delle frasi interrogative ed esclamative va sottolineata ancora una notevole disinvoltura, una leggerezza nel costruire i testi, anche quelli scritti, così che rassomiglino alla varietà parlata, spontanea, informale. Questa disinvoltura si esprime talvolta in strutture perfino erronee: [216] A takich, którzy obrażają się za jedno czy dwa słowa powiedziane mocniej, to niech idą do perfumerii, a nie zajmują się polityką. (39) Le due dimensioni che abbiamo cercato di evidenziare sotto il denominatore comune di colloquialità sintattica, vale a dire la tendenza alla semplicità combina-

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ta con l’inclinazione verso la strutturazione sintattica marcata, contribuiscono ad aumentare la potenza persuasiva del messaggio. La persuasività di un testo cresce con l’aumento del livello di colloquialità, ottenuto attraverso costruzioni espressive ed enfatiche nella sfera della sintassi.

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5. 1. 2. Lessico colloquiale come mezzo di persuasione La colloquialità ha il campo libero per realizzarsi più pienamente proprio a livello lessicale, visto che il sistema linguistico (sia polacco che italiano) è fonte di illimitati procedimenti in questo ambito; basti pensare ai vari registri in cui si distribuisce il lessico, alla formazione delle parole nuove, all’uso di forestierismi, volgarismi, alla ricca fraseologia. Il ricorso alla colloquialità lessicale nella situazione comunicativa formale e ufficiale, che consideriamo deliberato413, è indubbio e ampiamente attestabile nel linguaggio dei politici. Questo fenomeno che consiste nella semplificazione lessicale e nell’espressività corrispondenti all’oralità e agli usi informali della lingua, viene visto come un’evoluzione impossibile da fermare che subisce la comunicazione pubblica in Italia e in Polonia. La colloquialità ha già pervaso il lessico politico: Fatta eccezione per un nucleo politologico più settoriale, il lessico politico contemporaneo è molto vicino al lessico e alla fraseologia comuni; i residui dell’oscurità tradizionale sono pochi, e sono motivati – quando ricorrano – o da scelte personali o dalla particolare formalità della situazione (discorsi congressuali o parlamentari).414 Osserviamo alcune occorrenze della colloquialità lessicale reperiti nel corpus che mirano a illustrare questa tendenza prevalente, nonché proveremo a scoprire la loro motivazione. Come abbiamo affermato precedentemente, la colloquialità, specialmente al livello lessicale, si caratterizza per un forte carico emozionale e valutativo415 che fa-

413. Cfr. Trysińska, M. (2004) p. 122: “Podczas analizy potocznej warstwy słownictwa w wypowiedziach polityków ujawnia się trudność w wyodrębnianiu takich kolokwializmów, które są zamierzone przez nadawcę oraz takich, które pojawiają się z powodu braku kompetencji językowej”. 414. Gualdo, R., Dell’Anna M. V. (2004) p. 57. 415. Lubaś, W. (2003) p. 43: “Z emocjami wiąże się, jak już kilkakrotnie zaznaczano, wartościowanie. W ramach tej czynności dokonuje się wybór potocznego wariantu języka właśnie jako czynnika równocześnie waloryzującego i emocjonalnego”.

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cilita notevolmente la persuasione416. La forza persuasiva si verifica con particolare intensità attraverso lessemi di carattere apertamente valutativo che si presentano come tali tramite trasgressione di certi tabù e regole di etichetta linguistica.

416. Benedetti, A. (2004) p. 20: “[l’impostazione colloquiale] rilevabile anche attraverso un uso elevato nel parlato di stilemi e modi di dire semplici, “alla portata di tutti”, detti popolari, luoghi comuni; tutti materiali verbali da sempre erroneamente disdegnati dagli uomini politici italiani”.

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5. 1. 2. 1. Parole passe-partout L’espressività dei colloquialismi fa sì che le forme più composte e raffinate, nonché le parole auliche, quasi scompaiano dal linguaggio che i politici adoperano ogni giorno. Per di più, va rilevato un alto uso di cosiddette parole passe-partout, cioè termini molto generici e polisemici a seconda dal contesto, ad esempio: cosa, roba, faccenda, questione, fatto in italiano, oppure sprawa, kwestia, rzeczy in polacco. A titolo esemplificativo si vedano i brani: [217] (...) io non lo so, come possa dire una roba del genere (...) (1) [218](...) il leader dell’opposizione non può pensare sul serio a una roba simile. (24) [219] Non è che buttiamo a mare l’alleanza con Berlusconi, ma certe cose ci piacciono poco (...) (23) [220] Se ci sarà accordo con la minoranza, sarà una cosa molto bella. (14) [221] Io la considero una cosa positiva riunire tutti i moderati. (10) [222] Secondo me, le cose sono più complesse. (15) [223] Le cose vanno come vanno. (16) [224] Come la faccenda clamorosa della Finanziari: (...) (24) [225] Mnie się ten pomysł bardzo podoba, ponieważ po wielu, wielu latach, gdy te sprawy były chowane pod dywan, jest wreszcie szansa, że pewne rzeczy zostaną ujawnione i przycięte. (39) [226] (...) mam – jeśli chodzi o sprawy samorządowe – bardzo podobne poglądy do niego. (32) [227] To jest pytanie, które dotyczy kwestii pewnej wiarygodności. Mianowicie to jest pytanie o to, w jakim zakresie można zmieniać w trakcie kampanii wyborczej poglądy na kwestie zasadnicze; bo oczywiście – są sprawy o charakterze nazwijmy to taktycznym, w których poglądy się zmieniają. (35) [228] Z kosami na czołgi byśmy poszli? Na samoloty? No przestańmy takie rzeczy opowiadać. (39)

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[229] Są rzeczy w Platformie, które przyjmuję dobrze, są rzeczy, które przyjmuję nienajlepiej. I tyle. (36) [230] (...) ta Rosja też ma swój honor. I ta Rosja też się ceni. Jeżeli ktoś w tym czasie, kiedy już prawie są sprawy załatwione, wychodzi z taką rewelacją (...) (39) [232] Takie rzeczy i różnego rodzaju koalicje są zawierane na poziomie regionalnym i poziomie lokalnym, (...) (36) [233] (...) wiemy też ile stron liczy pańska teczka – to już wszystko sprawy znane, ale pytanie co dalej. (34) [234] (...) dzisiejszy rząd prowadzi sprawy Polski, on powinien mieć pomysły na obniżenie podatków, na stosunek do UE, na setki innych spraw. (37) Gli esempi riportati sopra forniscono un’illustrazione di come una gamma assai ridotta di parole poco specifiche e scarsamente specializzate dal punto di vista semantico permettono di produrre lunghe serie di enunciati. In che cosa consiste la loro forza persuasiva? La loro polisemia e genericità risulta in un ventaglio quasi infinito di significati che assumono a seconda della situazione; negli esempi citati sopra ritroviamo i seguenti sensi: interessi, problemi, decisioni, trattative, comportamenti, persone, fattori, crimini. Talvolta, la parola passe-partout sembra scelta per le proprie qualità eufemistiche, per esempio: [219], [225]; in realtà questa forma che pare sostituire un termine più crudo sottintende questo significato, anche se non esplicitamente. Implica piuttosto un altro significato, perciò rende impossibile la negazione. È una caratteristica peculiarmente utile ai fi ni manipolatori: la difesa è difficile, poiché si può sempre affermare: “non l’ho detto”. La capacità di assumere diversi significati, risultante dall’indeterminatezza di parole passe-partout, è fonte di oscurità che favorisce interpretazioni diverse, connotazioni aggiuntive, e per questa ragione esse possono diventare mezzo di persuasione o, perfino, manipolazione.

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5. 1. 2. 2. Lessemi valutativi La valutazione, inscindibile dalla comunicazione linguistica, è trasmessa in maniera più efficiente attraverso il lessico che in questa sede diventa oggetto d’esame nella sua varietà colloquiale. Lessemi colloquiali, espressivi ed emozionali suggeriscono automaticamente giudizi ed opinioni che si dovrebbero avere, visto che il carico assiologico è intrinseco al loro contenuto semantico. Va notato che fra i giudizi, trasmessi di solito in modo diretto, prevalgono quelli di carattere negativo. Così, il lessico colloquiale diventa un’arma utile ed efficace per deprezzare l’avversario. In base all’analisi del corpus abbiamo individuato tre campi principali a cui possono appartenere lessemi valutativi. Si tratta dei lessemi riguardanti: ■ l’avversario politico (individuale o collettivo), ■ l’attività dell’avversario, ■ l’attività del politico stesso. Alla luce dell’osservazione che predominano lessemi colloquiali – portatori di valutazioni negative -, non sorprende il fatto che sono più numerose le espressioni riguardanti caratteristiche, comportamenti e decisioni del rivale politico. È interessante notare che la colloquialità dei lessemi in qualche senso esclude una critica costruttiva che si concentri sulle capacità e le attività dell’antagonista a favore di un’elevata pittoricità e vivacità di espressione. Di conseguenza, nei riguardi dell’avversario politico si riscontrano lessemi come: imbecille(5) , imbroglione (5), succhiasangue (5), poveraccio (2), coniglio (2), bure suki (40), moherowe berety (40)417, stolik brydżowy (40)418. Non molto numerosi, però attestabili nel corpus analizzato, risultano i volgarismi, di cui abbiamo già parlato nel contesto delle invettive (cfr. cap. 4.2.1.). Oltre agli esempi italiani e polacchi commentati in quel frangente, potremmo ancora mettere in rilievo: rompiballe (17), coglioni (4), frocio (5).

417. dal tipo di copricapo in lana indossato generalmente dal pubblico femminile di Radio Maryja che dimostra certe inclinazioni politiche 418. una sorta di rete di interessi che collega certi politici, uomini d’affari e criminali

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L’uso di espressioni colloquiali e volgari al servizio della persuasione fa pensare a argumentum ad personam, una delle tecniche eristiche che consiste ad attaccare direttamente l’antagonista, le sue qualità, motivazioni o comportamento. Diventando offensivi, oltraggiosi, grossolani, ci si allontana dall’oggetto della discussione e si dirige l’attenzione alla persona dell’avversario419. Espressioni tipiche dei litigi e scenate volgari in piazza si sono fatte strada nella comunicazione politica nonostante la stigmatizzazione sociale comportata dall’etichetta. Nel fervore della discussione avviene un notevole inasprimento dei toni, il che si riflette nel lessico colloquiale e volgare che non bada all’accuratezza o al senso ma punta sul potenziale persuasivo del messaggio. Un altro campo entro cui si ritrovano lessemi colloquiali è rappresentato dalle attività dell’avversario, cioè la sfera di comportamento, le decisioni ed i modi di agire del rivale. Il programma del partito opposto viene denominato favoletta (3), la loro attività è considerata szopki (32), invece i metodi d’agire sono knajackie: [235] To znaczy, w tej sprawie jest tak, że metoda pozyskiwania ludzi do wsparcia władzy, stała się metodą knajacką. Znaczy, stała się metodą lumpenproletariatu. (32) Il giudizio negativo espresso tramite la colloquialità può concernere la presunta incompetenza degli avversari. Esso può riferirsi a delle situazioni passate, per cui il colloquialismo con la sua forza espressiva viene sfruttato nella critica: [236] No, hanno fatto dei bei casini. (17) Un lessema colloquiale può essere impiegato per rinforzare il messaggio, ad esempio un avvertimento, sottolineando il dilettantismo dei rivali: [237] Boję się każdego polityka, który nie radząc sobie z mądrą polityką gospodarczą zaczyna gmerać przy złotówce (...) (33) Bisogna rilevare che nel corpus indagato si riscontrano numerosi lessemi contenenti giudizi su quello che dicono gli avversari politici, come lo dicono, nonché su ciò che intraprendono. I colloquialismi utilizzati a questo scopo si distinguono per un alto tasso di espressività e, ovviamente, un grande carico negativo. I discorsi e le

419. Cfr. Schopenhauer, A. (2005) pp. 108-109.

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5. 1. 2. 2. Lessemi valutativi

azioni dei rivali vengono descritte come: fesseria, follia, frottola, bzdury, głupoty, dyrdymały. Ecco alcuni passi: [238] Bo pan opowiadasz bzdury, no po prostu. (32) [239] Te dyrdymały opowiadają politycy z drugich czy trzecich stron gazet. (38) [240] Questa è una fesseria assoluta. (11) [241] (...) posso assicurare che è una frottola. (1) [242] Senta, questa storia della dittatura della maggioranza è pura follia. (10) Talvolta, non pare sufficiente dimostrare le lacune e l’incompetenza dell’avversario e farle risaltare con colloquialismi. I politici cercano ulteriori modi di dirigere l’attenzione dell’uditorio verso la valutazione compresa nel messaggio. Osserviamo i seguenti brani: [243] Pan zorganizował konferencje prasową, na której pan – przepraszam pana najmocniej, panie ministrze – glindził coś o zbrodni (...) (32) [244] Questa, se mi permette, è una corrente di letame, non di pensiero. (11) Come si vede, il parlante non si limita ai soli colloquialismi: glindzić invece di parlare (in modo lungo e noioso) di qualcosa o alla modifica spregiativa dell’espressione: una corrente di pensiero che si trasforma in una corrente di letame. Questi colloquialismi bruschi vengono messi in rilievo tramite commenti metalinguistici (przepraszam pana najmocniej, panie ministrze e se mi permette) che sono segnali dell’intenzionalità della scelta di tale forma linguistica, ma d’altro canto danno una falsa impressione che il parlante, costretto in qualche senso dall’eccezionalità della situazione a usarli, si sente a disagio e si scusa. Il lessico colloquiale che comporta valutazioni negative appare nei messaggi che mirano a deprezzare e screditare il politico e il partito antagonista, dimostrando la loro ignoranza. Degno di nota è il numero ristretto di colloquialismi riguardanti il parlante stesso. Essi possono esprimere, naturalmente, giudizi positivi, come qui: [245] Io martello da anni sulla flessibilità senza confini (...) (5) In questo modo il parlante rafforza l’importanza e l’insistenza delle proprie azioni. D’altra parte, il politico può ricorrere al colloquialismo nell’atto di autocritica: [246] Mnie się też kiedyś tak zdarzyło chlapnąć (...). (39)

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Tramite l’uso del lessema colloquiale chlapnąć (commettere una gaffe, dire qualcosa a sproposito) il parlante si avvicina non solo attraverso il contenuto ma anche con la forma al destinatario finale – l’elettore. L’uso di espressioni triviali elimina la distanza e la superiorità del politico che si presenta come più raggiungibile, egalitario, che si comporta e parla come “la gente comune”. Una simile situazione ha luogo nel caso seguente: [247] Glielo dico francamente, l’ho scritta io ma è una porcata, fatta volutamente per mettere in difficoltà una destra e una sinistra che devono fare i conti con il popolo che vota. (4) È assai insolito da parte di un politico riferirsi al proprio lavoro con un lessema colloquiale così apertamente spregiativo nonché ammettere di aver sbagliato (anche se a proposito); tuttavia anche questo uso dovrebbe costituire una prova di schiettezza e sincerità del politico e ridurre il distacco dal destinatario-elettore tramite un simile linguaggio420.

420. Bralczyk, J. (2003) p. 70: “Częstym chwytem jest stosowanie wyobrażonego języka domniemanego odbiorcy, łącznie nawet z wulgaryzmami”.

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5. 1. 2. 3. Fraseologia Possiamo azzardare la tesi che la fraseologia rappresenti il costituente fondamentale del lessico colloquiale per la sua quantità, nonché per la grande forza di influenza. L’impiego di espressioni fraseologiche aumenta significativamente la colloquialità del discorso, differenziandolo così da testi formali, ufficiali. Insieme a detti popolari, proverbi, luoghi comuni, esse vengono percepite come segnali di disinvoltura comunicativa e leggerezza. Chi impiega la fraseologia, aggiusta consapevolmente il registro linguistico alle proprie necessità e ciò avviene, appunto, nella comunicazione politica. Gli uomini politici si avvalgono della ricca fraseologia colloquiale nelle situazioni formali al fine di colorare i propri interventi, renderli più vivaci, casuali, attenuare la formalità della situazione ed alleggerire l’atmosfera. Tra le espressioni fraseologiche spiccano quelle che assumono la forma della metafora. Tuttavia non intendiamo approfondire qui questa problematica: le metafore presenti nella comunicazione politica sarranno oggetto del capitolo 5.2.3.3. Il modo in cui viene impiegata la fraseologia riscontrata nel corpus si divide generalmente in tre categorie: ■ espressioni usate letteralmente, ■ espressioni modificate dal parlante, ■ espressioni create dal parlante, ovvero neologismi / occasionalismi fraseologici421. Le espressioni appartenenti al primo tipo, cioè quelle la cui forma non è stata alterata, comprendono una gamma vasta di formule e modi di dire. Si notano le espressioni che per la loro colloquialità rafforzano enfaticamente il discorso, aumentano il calore e la forza del messaggio: 421. La tipologia che proponiamo si basa sulla classificazione della fraseologia vista dalla prospettiva del parlante che ha presentato Lewicki, A. M. (2003) pp. 30-31. Il linguista constata che nell’ambito della fraseologia rientrano solo gli stereotipi, espressioni riprodotte a memoria, che a loro volta si dividono in due categorie: stereotipi riprodotti senza modifiche e quelli “espressivamente rinfrescati” (ekspresywnie odświeżone). Le espressioni non sottoposte ai cambiamenti appartengono a due gruppi: comunicative (convenzionali) e espressive (proverbi, citazioni). Il rinfrescamento dell’espressione fraseologica invece comprende vari procedimenti: un elemento (previsto dalla norma o meno) può essere aggiunto o sostituito, l’ordine delle parole può essere cambiato, l’espressione può essere introdotta in un nuovo contesto. Abbiamo deciso di adottare la classificazione di Lewicki, semplificandola al fine di renderla più operativa per la nostra ricerca.

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[248] Pensare che al governo sono cotti e pronti ad andarsene è sbagliato. (5) [249] Ho fatto solo una battuta. È lui che me ne dice di tutti i colori. (10) [250] Io al signor Pisanu non gliela farò passare liscia. (5) [251] (...) la maggioranza ha anche la faccia tosta di affermare che (...). (7) [252] Nie mam rentgena w oczach. I oni też nie mają napisane na czole. (39) I messaggi che sfruttano la fraseologia colloquiale senza dubbio guadagnano in chiarezza, emotività e forza di espressione. Mettono in particolare rilievo le emozioni e i giudizi del parlante (ad esempio: determinatezza, indignazione, irritazione) e per questo risultano più persuasivi. Il parlante si avvicina al livello verbale all’uditore e cerca di “parlare come la gente comune”, vuol dire fare ricorso alla fraseologia relativa all’esperienza quotidiana, ai modi di dire che si fondano sulle attività e situazioni di ogni giorno. Troppa originalità che può intimidire e infastidire è rimpiazzata con voci inerenti alla realtà addomesticata contenute nelle espressioni idiomatiche, in proverbi, detti e luoghi comuni. Si vedano i seguenti passi che illustrano questa tendenza: [253] Sì, se fossi nei panni di Prodi e Fassino, non mi farei troppe illusioni sul fatto di avere la vittoria in tasca, perché gli elettori hanno testa e giudicano: sanno che oggi magistratura, giornali e scuole sono in mano alla sinistra. (10) [254] Dovremo rimboccarci le maniche, ma possiamo e vogliamo farcela. (11) [255] Serve una curva a 180 gradi. (14) [256] Qui lo stanno criticando gli stessi che andavano in Unione Sovietica in ginocchio a prendere ordini. (5) [257] Wszystkim powtarzam i każdą rozmowę kończyłem jednym stwierdzeniem: nie ciesz się dziadku z czyjegoś upadku. (36) [258] Natomiast na pewno pierwsze koty za płoty. (39) [259] Jan Rokita najwyraźniej pogubił się w tej polityce. A wiadomo, że tonący brzytwy się chwyta. Dlatego rzuca oskarżeniami na prawo i lewo. (38) [260] Tak, tak… Uderz w stół, a nożyce się odezwą. (32)

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5. 1. 2. 3. Fraseologia

Come si vede dalle citazioni sopra, l’esperienza fisica, legata al corpo umano e per questo comune a tutti, che si riflette nella fraseologia rende più comprensibili, toccabili ed espressivi i contenuti trasmessi in tale maniera. Il messaggio rafforzato dalla forma alla portata di tutti più facilmente riuscirà a catturare l’attenzione del destinatario. L’esperienza fisica costituisce una base su cui può essere facilmente costruito il senso metaforico, perciò le espressioni fraseologiche costituiscono metafore comuni, fortemente lessicalizzate, il cui aspetto traslato rimane quasi inosservato nella comunicazione giornaliera. Ciononostante, tali espressioni conducono il discorso verso un’elevata coloritura e dinamismo. Aggiungiamo alcuni altri esempi: [261] Quando nel Paese c’è fiducia, c’è anche la voglia di darsi da fare, mentre se c’è timore allora si tende a tirare i remi in barca. (6) [262] Ho qui una montagna di dichiarazioni di Prodi. (10) [263] E per il candidato dell’Unione essere di centrosinistra è stata una palla al piede. (13) [264] Ja tej sprawy na ostrzu noża nie stawiam. (39) [265] (...) to może zagrajmy w otwarte karty. (32) [266] Ponieważ wreszcie trzeba tę pępowinę przeciąć. (39) Il secondo tipo di espressioni fraseologiche che abbiamo isolato riguarda le formule che sono state in qualche maniera modificate, deliberatamente o per sbaglio422. Comunque sia, si possono osservare diverse procedure a cui vengono sottoposte soventemente le espressioni: i politici in questo campo dimostrano una grande creatività423. Una delle tecniche applicate nel cambiare la struttura dell’espressione fraseologica consiste nel sostituire un suo elemento con un altro. L’abbiamo già visto nel [244], dove la voce pensiero è stata rimpiazzata con letame al fine di accrescere l’espressività del giudizio. Si punta anche all’effetto più umoristico come nel passo: 422. Trysińska, M. (2004) p. 126: “Zdarza się bowiem, że politycy chcą ubarwić swoją wypowiedź frazeologizmem, ponieważ włączanie stałych połączeń wyrazowych do wypowiedzi oficjalnej jest znakiem swobody komunikacyjnej. (…) Nie zawsze jednak są w stanie odtworzyć poprawną formę frazeologizmu”. 423. Sul mutamento delle espressioni fraseologiche si veda Lewicki, A. M. (2003) pp. 25-26 che presenta tendenze diverse in questo campo: contaminazioni di vario tipo, riduzione dell’espressione fraseologica, sostituzione di un suo elemento, derivazione suffissale.

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[267] Casini abbaia molto, ma non morde. (22) La parola iniziale cane è stata sotituita con il nome di un politico (inoltre, è stata cambiata la struttura interna del proverbio: can che abbaia non morde) da una parte creando un effetto comico, ma dall’altra svolgendo una funzione fortemente offensiva: il rivale trattato con condiscendenza, indulgenza e disprezzo non appare pericoloso. Si possono anche effettuare delle modifiche aggiungendo un elemento alla formula iniziale oppure sviluppando l’idea in essa compresa. Vediamo: [268] Siamo riusciti a trovare la quadratura del cerchio. (11) Alla locuzione lessicalizzata quadratura del cerchio, che significa un problema irrisolvibile, è stato aggiunto un verbo che contrasta questo senso primario. Con il cambiamento dell’espressione fraseologica il parlante fa risaltare il proprio successo, dichiarando di aver ottenuto l’impossibile. Un simile procedimento è stato effettuato in: [269] No, mniej czy bardziej, ale się odcinał, czy scyzorykiem, czy kozikiem, ale się odcinał. (37) L’espressione odciąć się od czegoś / kogoś (isolarsi, prendere le distanze da qualcosa o qualcuno) è stata arricchita da un complemento di mezzo che distrugge il senso metaforico dell’espressione riportandola al livello letterale con un certo effetto umoristico o ironico. Di frequente l’idea compresa nell’espressione fraseologica viene sviluppata ulteriormente fino a dare origine a figure molto complicate che servono maggiormente a ravvivare e abbellire il discorso. Vediamo come sono state trasformate le espressioni posypać głowę popiołem (porre cenere sul capo in segno di penitenza) e pochodzić od małpy (discendere dalla scimmia): [270] (...) po tym co zrobił należało by, żeby bardzo mocno, jeżeli już, to tę głowę posypał tak popiołem, żeby już więcej tej głowy nie podnosił. (39)

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5. 1. 2. 3. Fraseologia

[271] Natomiast powiedziałem mu, że jeżeli pochodzimy od małp i rzeczywiście to prawda, to pochodzimy od różnych małp. (.39) In questi casi l’espressione originale è un punto di partenza per costruzioni più sviluppate con evidenti sfumature espressive. Talvolta tali modifiche servono i meri scopi riempitivi o discorsivi: [272] Chi apre una parentesi la deve chiudere (1) Avvengono anche trasformazioni delle unità lessicalizzate che solo vagamente rassomigliano alla formula iniziale, che devono testimoniare la destrezza con cui il politico maneggia la lingua. A titolo illustrativo proponiamo un brano che dimostra tale operazione sull’espressione odgrzewane kotlety (ossia una cosa conosciuta bene, ripetuta inutilmente): [273] (...) natomiast te słowa twarde, które padły przy okazji demokracji – teraz się je odgrzewa, jak kotlecik. (32)

Il gruppo meno numeroso nel corpus esaminato sono le espressioni create dai politici stessi. La loro interpretazione, comunque, non presenta difficoltà in quanto adottano riferimenti culturali piuttosto comuni oppure un gioco di parole abbastanza trasparente. Ecco gli esempi reperiti nel corpus: [274] La gente deve capire che il compito della sinistra non è solo quello di fare Robin Hood. (11) [275] Nie wsadzam ludzi w moje wyobrażenia o butach, w których powinien chodzić. (36) Le espressioni formulate ad hoc hanno carattere di occasionalismi, il che non indebolisce per niente la loro forza espressiva legata alla dimensione orale, informale. Lo si osserva anche nell’espressione basata prevalentemente sugli effetti fonici: [276] To jest jedna z najbardziej skrywanych tajemnic, ale nawet dzidzi to widzi, jak będzie. (32)

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Gli esempi selezionati presentati sopra indicano una significativa tendenza alla fraseologia colloquiale nella comunicazione politica italiana e polacca. Il suo impiego può essere spiegato in modi diversi, fra cui vorremmo porre in rilievo alcune motivazioni. Prima di tutto, le espressioni fraseologiche vengono considerate esponenti principali della colloquialità, il che si collega automaticamente alla forza valutativa. I giudizi trasmessi impongono un’interpretazione soggettiva dei fatti che guadagna in potenza proprio per la sua semplificazione. Le espressioni modificate, a loro volta, mirano a provare una particolare spigliatezza linguistica del politico nonché le sue capacità creative. La modernizzazione dei mezzi già conosciuti contribuisce ad aumentare l’originalità del discorso, deve impressionare e ingraziarsi il destinatario-elettore sia per la particolare espressività sia per il tono umoristico. La comicità e il gioco di parole contribuiscono a stabilire (o almeno simulare) un rapporto di comunità, di affinità tra il politico e l’elettore, così importante durante le elezioni.

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5. 1. 2. 4. Forestierismi Se la colloquialità viene intesa in quanto caratterizzata da una certa disinvoltura e leggerezza linguistica accompagnata dalla marcatezza espressiva, sembra possibile allargare ulteriormente il suo campo semantico ad altri fenomeni che si distanziano dalle regole fisse di una data lingua nazionale. La colloquialità si allontana da un uso formale e curato a favore di una maggiore emotività. Per questo riteniamo accettabile includere in questa area di ricerca anche i forestierismi, soprattutto gli anglicismi. Sosteniamo che nella comunicazione politica i forestierismi non siano solamente parole o costruzioni neutrali usate per descrivere un fenomeno per cui non c’è un equivalente polacco o italiano. Siamo convinti che il loro impiego sia intenzionale dal punto di vista pragmatico e la loro marcatezza viene sfruttata a fini persuasivi. Non dovrebbe sorprendere il fatto che nel corpus sia italiano sia polacco predominano parole attinte dall’inglese, gli anglicismi, che sono già penetrate in tutte le sfere dell’attività umana424. Nel corpus italiano l’anglicismo più diffuso appare premier (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 10, 11, 12, 14) che dall’accezione del titolo ufficiale del primo ministro inglese425 è passato a significare presidente del Consiglio e adesso ambedue i termini sono usati intercambiabilmente. Si attesta un’alta frequenza di altre voci inglesi nel campo politico e politologico, come usato molto frequentemente leader (1, 2, 3, 4, 5, 6, 9, 11, 12, 14), in polacco anche in forma adattata lider. Inoltre si possono enumerare: leadership (3, 6, 11, 12, 15, 28), bipartisan426 (7, 28), ticket427 (2, 3, 7, 9), devolution (10). Allo stesso gruppo appartiene welfare state reperito nel materiale polacco (5). Gualdo e Dell’Anna così spiegano l’impatto degli anglicismi soprattutto di origine 424. Beszterda, I. (2007) p. 212: “Va notato che a partire dal secondo dopoguerra, attraverso l’intensificazione dei contatti internazionali e lo sviluppo tecnologico e scientifico, nonché le innovazioni di costume, e poi in conseguenza del primato degli Stati Uniti come paese guida dell’Occidente, sono entrati nell’italiano molti forestierismi, tra i quali il ruolo preponderante spetta agli anglicismi”. 425. http://www.demauroparavia.it/86303 426. “di accordo, scelta politica e sim., che avviene con il consenso dei due schieramenti politici più importanti” da: http://www.demauroparavia.it/14256 427. “quota a carico degli assistiti del servizio sanitario nazionale o di enti mutualistici per l’acquisto di medicinali e per alcune prestazioni mediche” da: http://www.demauroparavia.it/120303

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statunitense: insieme con l’aura di prestigio che li circonda, si è aggiunta l’adozione di pratiche politiche modellate sui sistemi maggioritari angloamericani428. Un altro campo semantico da cui vengono tratti gli anglicismi è la sfera dell’economia e della finanza. I politici ricorrono a questo tipo di voci non solo nei discorsi riguardanti questa tematica: [277] Prodi, Visco and company ci porterebbero a un futuro da stare poco tranquilli. (5) [278] E allora credo che sia meglio mantenere il nostro brand, lavorando su una sigla, come potrebbe essere Alleanza per la libertà. (10) [279] E per avere una autentica democrazia ci vuole equilibrio, check and balance, ha presente? (10) [280] A po drugie, nie będziemy obywateli zniechęcać, robiąc tego typu deal. (37) Frequentissima anche la parola tax (1, 2, 3, 5, 7, 10, 15,), che spesso fa parte delle locuzioni come no tax area o basic tax. I forestierismi nella comunicazione politica sembrano distinguersi per la pluralità e la svariatezza dei campi semantici da cui sono presi in prestito. Oltre a quelli già mezionati della politologia, dell’economia e della finanza se ne notano altri: ■ la sfera dello sport: nie fair (32), un fair play (2) (già molto diffusi sia in italiano sia in polacco) ■ la sfera tecnica e tecnologica: mettere la testa in stand by (4), ■ la sfera giovanile: być trendy (36), ■ la sfera lavorativa: mobbing (5) ed altri, a volte difficilmente classificabili, ad esempio: restyling (26), privacy (12), tycoon (10), boom (7), trust and check (39). Solo nel corpus italiano sono stati riscontrati esempi dei prestiti dal tedesco: Weltanschaung (11) e una Grosse Koalition (9). 428. Gualdo, R., Dell’Anna M. V. (2004) p. 28.

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5. 1. 2. 4. Forestierismi

Ci asteniamo dal giudizio se l’adozione dei forestierismi sia una pratica negativa e riprovevole, constatando soltanto la loro presenza e cercando di capire gli scopi che servono. È interessante osservare che dall’analisi del corpus risulta che si attestano decisamente più forestierismi nel materiale italiano che in quello polacco. Non aspiriamo a fornire una spiegazione di questo fenomeno: possiamo solo supporre che in Italia vi sia più accettazione per la diffusione dei prestiti, mentre in Polonia prevale piuttosto un atteggiamento puristico che percepisce i forestierismi come una minaccia. La situazione italiana è descritta così da Beszterda: Purtroppo l’opposizione dei puristi si rivela inefficace perché in Italia, a differenza della Francia (l’Académie française) o della Spagna (la real Academia de la Lengua), non esiste alcun organismo preposto alla difesa della lingua nazionale italiana. D’altro canto, per quanto riguarda la questione dell’innovazione linguistica attraverso i forestierismi, in particolare gli anglismi, in genere i linguisti ritengono che il fenomeno non vada dramatizzato perché i prestiti non rappresentano di per sé una minaccia per la lingua, anzi, “essi possono essere interpretati come un segno di vitalità” [Marazzini 1999: 224]429. A nostro avviso, l’impiego dei forestierismi ha una duplice motivazione: da un canto dà l’impressione di professionalità e competenza del parlante in quanto i termini inglesi sono portatori di particolare prestigio; dall’altro, l’uso degli anglismi è semplicemente riflessione dell’ingresso dell’inglese nell’italiano e nel polacco di ogni giorno. Di conseguenza, il politico che utilizza forestierismi si presenta come un esperto e nel contempo come una persona alla moda, aperta alle novità, che è sempre al corrente e si adatta abilmente alla situazione e all’uditorio. Non si può escludere che l’uso dei forestierismi risulti un po’dallo snobismo, però in verità l’uomo politico non dovrebbe rischiare l’incomprensibilità nella comunicazione con i propri elettori esagerando nell’uso dei prestiti. In gran parte l’inclinazione verso forestierismi dipende dall’idioletto di un determinato politico (ad esempio, nella politica polacca potremmo indicare Tadeusz Iwiński oppure Ryszard Czarnecki che si distinguono per la predilezione nei confronti dell’inglese).

429. Beszterda, I. (2007) p. 214.

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5. 1. 3. Persuasività della colloquialità Sotto la denominazione comune abbiamo raccolto una varietà di fenomeni linguistici come: struttura sintattica, parole passe–partout, lessemi valutativi, fraseologia, forestierismi, che abbiamo analizzato in quanto esponenti dell’impostazione colloquiale della comunicazione politica. La colloquialità che unisce queste forme linguistiche si esprime nella loro informalità, espressività ed emotività. L’influsso di tale forma linguistica viene rinforzato dal contrasto tra questi fenomeni e la situazione comunicativa in cui sono usati. Teoricamente, il carattere formale del contesto, condizionato dalla relazione ufficiale tra i partecipanti alla comunicazione, dal posto dove essa avviene nonché dalla sua tematica, dovrebbe imporre la scelta del registro formale della lingua. Come abbiamo potuto osservare, la realtà dimostra quanto sia sbagliata questa premessa. Si è già indicato che i tratti colloquiali osservabili nella lingua dei politici costituiscono il riflesso di un fenomeno più ampio. L’espansione e la moda della colloquialità colpisce tutti gli usi della lingua, anche quello pubblico e ufficiale. Nel caso della comunicazione politica, la colloquialità svolge un ruolo di particolare rilievo, aumentando la forza persuasiva del messaggio. Questo scopo viene raggiunto tramite diverse strategie di natura psicologica. Proviamo a descrivere sommariamente le motivazioni che si celano nell’uso di forme colloquiali. Per essere capaci di influire l’uditorio, occorre innanzitutto attirare la sua attenzione e non annoiarlo. La ricezione del messaggio diventa più piacevole ed efficace quando la sua forma non oscura il contenuto, provocando problemi di comprensione. Una lingua troppo elaborata, piena di tecnicismi o figure contorte non solo impedisce a una gran parte del pubblico di capire il messaggio, ma desta anche antipatia verso il parlante. In questo senso, la colloquialità sembra un’ottima scelta dal punto di vista di contatto, perché a portata di chiunque. Una lingua semplice, se non semplificata che ricorre, ad esempio, alla fraseologia e si avvale dell’esperienza comune di ogni giorno rende più comprensibili i fenomeni più complicati della realtà politica, sociale ed economica. La funzione fatica svolta dall’impostazione colloquiale favorisce la persuasione, considerato che coinvolge l’intero uditorio e permette di ottenere il suo consenso.

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5. 1. 3. Persuasività della colloquialità

Il carattere colloquiale aiuta a colmare la distanza tra il politico e l’elettore, imitando una relazione privata. Attraverso l’uso della presunta lingua del cittadinoelettore, il politico cerca di creare un senso di affinità di idee, opinioni e giudizi e stabilire una comunità di interessi che dovrebbe influenzare la decisione elettorale del cittadino. D’altra parte, un politico che adopera forme informali, più espressive e originali, si presenta come aperto, coraggioso e creativo. Un notevole carico persuasivo della colloquialità si nasconde nel suo carattere emozionale ed enfatico, per cui il messaggio è più espressivo, distinto e concreto. Una più grande emotività aumenta la forza del messaggio e inoltre consente una facile trasmissione di valutazioni. In aggiunta, la colloquialità favorisce non solo la forza delle valutazioni, ma anche la loro semplificazione, così che ne emerge una visione piuttosto bianco–nera della realtà. Le valutazioni si basano sulle dicotomie semplici: buono / cattivo, noi / loro dando origine a una immagine della realtà fortemente stereotipizzata (a titolo illustrativo si vedano gli esempi [161]-[164], [170], [176-178]). Ogni semplificazione, combinata con una considerevole espressività, rappresenta un forte mezzo persuasivo, anzi, manipolatorio.

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5. 2. La cura della forma. Retorica Cercando di circoscrivere l’ambito di questa ricerca, ci siamo riferiti al concetto di elocutio che riguarda la scelta della forma più adatta alle intenzioni del parlante, ponendoci tuttavia certi limiti anche entro questa cornice interpretativa. Abbiamo deciso di concentrarci su due aspetti, apparentemente contrastanti, dell’elocutio: la colloquialità, che è stata oggetto dei capitoli precedenti, e l’elaborazione retorica del mesaggio politico. La cura della forma e la selezione delle figure retoriche che abbelliscono il discorso e rendono più gradevole la sua ricezione solo a prima vista discorda con la propensione alla colloquialità. Sono due maniere complementari di aumentare la forza persuasiva del messaggio: una che punta su semplicità ed espressività e l’altra che si avvale del più raffinato armamento retorico. È innegabile che la cura della forma linguistica sfruttata come mezzo di persuasione esige più sforzo da parte del parlante, più organizzazione e riflessione sull’obiettivo del discorso, il che non vuole dire ovviamente più problemi nell’interpretazione per il destinatario. Al contrario, gli espedienti retorici mirano a rendere il messaggio più piacevole e più stimolante, chiaramente per motivi persuasivi: Fin dagli albori del suo sviluppo, il discorso politico ha dato ampio spazio agli intenti persuasivi, a questo scopo facendo ampio ricorso agli strumenti della retorica per persuadere, influenzare e gestire i rapporti d forza, con il fine ultimo di ottenere, mantenere e rafforzare il potere.430 La cura del lato estetico del messaggio che si traduce in una più grande forza di influenza può assumere diverse forme, nella maggioranza studiate fin dall’antichità, basti menzionare di nuovo Aristotele, Quintiliano o Cicerone. I mezzi della retorica tradizionale si riscontrano per forza nella comunicazione politica contemporanea e li percepiamo non solo come esempi di ornatus, cioè la bellezza del discorso ottenuta grazie a vari espedienti e ornamenti, ma piuttosto come manifestazione della forza illocutoria degli atti che contribuiscono a costituire. I mezzi retorici visti

430. Santulli, F. (2005) p. 21.

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5. 2. La cura della forma. Retorica

in ottica pragmalinguistica hanno più funzioni oltre a quella ornamentale, con la funzione persuasiva nella posizione centrale. L’analisi di questo campo necessita, ovviamente, qualche quadro teorico, una tipologia a cui rivolgersi. E ciò arreca notevoli problemi che si risolvono in una semplificazione adeguata ai fini di questo lavoro. Non osiamo presentare neanche in sintesi i tentativi tassonomici nel campo retorico, intrapresi ripetutamente attraverso i secoli431 con vari effetti. Lo studioso polacco Ziomek cita l’opinione acuta di Tzvetan Todorov a questo riguardo, che constata che ogni specialista di retorica si sente obbligato a presentare una propria tassonomia delle figure retoriche, non sempre riuscita432. Per lo scopo di questa ricerca abbiamo ritenuto sufficiente la classificazione tradizionale che divide tutte le forme d’abbellimento del discorso in tropi e figure retoriche, le quali, a loro volta, si spartiscono in figurae verborum e figurae sententiarum433. I tropi sarebbero i mezzi dove avviene il trasferimento del significato, fra cui la posizione centrale spetta alla metafora. Figurae verborum, vale a dire le figure di parole, concernono l’ordine sintattico dell’enunciato, mentre figurae sententiarum, ossia le figure di pensiero, mirano a un’organizzazione del processo intellettuale, ragionativo, che favorisca la persuasione.

431. Lorusso, A. M. (2006) p. 319: “Come noto, le tassonomie retoriche sono state numerosissime e costanti nel corso dei secoli. A partire da Quintiliano per arrivare appunto al Gruppo μ, passando per Sanctius, Vossius, Dumarsais, Fontanier (per citare solo alcuni nomi), tutte hanno tentato la sfida dell’inventario, mostrando una certa omogeneità nella defi nizione delle figure e rivelando viceversa infi nite fluttuazioni nell’organizzazione di queste”. Per una concisa storia delle tassonomie retoriche cfr. Ziomek, J. (1990) pp. 126-141. 432. Ziomek, J. (1990) p. 135 cita Todorov da “Tropy i figury”, Pamiętnik literacki, 1977, n. 2, p. 285: “Każdy teoretyk retoryki czuje się obowiązany do zaproponowania nowej klasyfi kacji figur retorycznych. Retorycy są dosłownie opętani potrzebą wciąż nowego klasyfi kowania. Pozostawili nam wiele propozycji, które dziś mogą tylko dziwić (...)”. 433. Ziomek, J. (1990) p. 133: “Tradycyjnie wszelkie te szlachetne czy ‘uszlachcone’odstępstwa od normy, zwane ornatus, przywykło się dzielić na tropy i figury (figury zaś na figury słów i figury myśli). Zasada podziału nie jest przejrzysta. Przywykło się mówić, że tropami są przekształcenia semantyczne, figurami zaś przemieszczenia (syntaktyczne, w szerokim rozumieniu tego terminu)”.

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5. 2. 1. Figure di parole La dettagliata classificazione di Lausberg434, riportata da molti studiosi, non pare indispensabile in questa sede. Vorremmo solo indicare l’esistenza di ulteriori spartizioni sia entro la categoria delle figure di parole sia entro quella delle figure di pensiero. Il nostro traguardo, invece, è dimostrare che questi mezzi tradizionali continuino ad avere funzioni importanti nell’ambito della persuasione politica contemporanea. In questo capitolo prenderemo in esame diverse figure che sono riconducibili ai procedimenti di ripetizione, accumulazione o riorganizzazione dell’ordine delle parole. Queste tecniche oratorie rilevate già dagli autori antichi sono tuttora conservate nella comunicazione politica a causa della loro potenza persuasiva. Essa consta innanzitutto in una maggiore comprensione dei concetti ripetuti435 nonché nella loro amplificazione. Inoltre, una curata disposizione delle parole all’interno della frase contribuisce a valorizzare gli aspetti ritmici, musicali, così importanti nella produzione orale. La ripetizione come tecnica retorica assume vesti svariate, fra cui nel corpus indagato abbiamo rilevato le seguenti: l’epanalessi (geminatio), l’anadiplosi, il climax (gradatio), l’anafora, l’epifora, il polittoto, la sinonimia e la dittologia. La più evidente forma di ripetizione è l’epanalessi in cui una parola o un’espressione viene raddopiata entro la stessa frase: [281] Oszczerstwo, oszczerstwo, pani poseł. Pani poseł, oszczerstwo… (32) La reduplicazione dello stesso vocabolo mira a dare più chiarezza al messaggio, renderlo più emozionale ed enfatico. Va osservato che le diverse figure retoriche raramente appaiono da sole, frequentemente un enunciato ne contiene di più. In [281] oltre all’epanalessi si nota anche un chiasmo che si basa sull’incrocio simmetrico fra parole corrispondenti: oszczerstwo, pani poseł – pani poseł, oszczerstwo. Talvolta l’epanalessi va ricondotta all’oralità del discorso che favorisce ripetizioni non solo per rafforzare l’idea trasmessa, ma anche per rendere più fluente l’enunciato:

434. presentata ampiamente da Ziomek, J. (1990) pp. 202-205. 435. Benedetti, A. (2004) p. 26: “La ripetizione (non quella automatica ed ossessiva, ma quella misurata ed esplicativa) giova enormemente alla comprensione”.

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[282] Zawsze jesteście brutalni. Tak samo jesteście brutalni, tak samo jesteście brutalni wobec Andrzeja Leppera, tak samo jesteście brutalni wobec Giertycha (...). (32) Tranne il frammento sottolineato si vedono anche altre due occorrenze. Il primo raddoppiamento: “Zawsze jesteście brutalni. Tak samo jesteście brutalni (...)” rientra nella categoria di anadiplosi (di cui in seguito), invece la ripetizione: “tak samo jesteście brutalni wobec Andrzeja Leppera, tak samo jesteście brutalni wobec Giertycha” sarebbe un esempio di anafora. La ripetizione può anche riguardare intere frasi, i cui componenti vengono sostituiti con sinonimi o quasi sinonimi: [283] Il numero delle donne che lavorano è bassissimo, il numero delle donne che fa carriera è estremamente basso. (2) Dicendo la stessa cosa in modo quasi identico, il politico rende chiarissimo il concetto che vuole esporre e lo mette in risalto. Un simile effetto si ottiene tramite la ripetizione della medesima parola in veste di enumerazione: [284] Liczyć się będzie pieniądz, po drugie pieniądz, po trzecie pieniądz, po dziesiąte pieniądz i po dwudzieste piąte też pieniądz. (33) [285] Sposób myślenia jaki prezentuje dzisiaj Prawo i Sprawiedliwość można oznaczać dzisiaj po pierwsze brak pieniędzy, po drugie brak pieniędzy, po piąte brak pieniędzy i po dwudzieste brak pieniędzy. (33) Un’altra figura di ripetizione è l’anadiplosi (detta anche reduplicatio) in cui un gruppo di parole che terminano un segmento di discorso viene ripetuto all’inizio del frammento successivo. L’abbiamo già potuto osservare nei brani tratti dal corpus: [4] (...) noi abbiamo ridotto le tasse, le abbiamo ridotte alle famiglie meno agiate (1) [50] Samoobrona jest klubem wokół programu. Programu ciężkiego, niełatwego. (39) [70] Ecco allora quello che noi dobbiamo fare adesso, fare capire che è necessario ripristinare una etica del dovere per tutti i cittadini italiani (1) Riportiamo altri brani a titolo illustrativo:

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[286] Ludzi… mieszkańców nie interesuje koalicja. Mieszkańców interesuje, czy będzie kanalizacja – i o to mnie pytano. (32) [287] Dziś mamy jeszcze kampanię wyborczą. Ta kampania będzie jeszcze do niedzieli następnej się toczyła. (32) [288] Essa è stata approvata nella speranza di sottoporre la nostra Alleanza a tensioni disgregatrici. Se tensioni disgregatrici ci sono, esse sono nella alleanza della Destra (...). (14) L’uso di anadiplosi favorisce lo sviluppo logico del messaggio, provvede alla sua consistenza, un punto di partenza per la continuazione del discorso. Inoltre anche essa: serve soprattutto ad ottenere l’effetto argomentativo da imprimere con insistenza nelle menti dei destinatari un’idea già formulata436. Di particolare abbondanza nel nostro corpus risulta l’anafora, come una figura assai semplice ed efficace. Viene costruita per mezzo della ripetizione delle stesse parole all’inizio di proposizioni successive. Il numero di ripetizioni è illimitato e si differenzia notevolmente. Paragoniamo questi due brani: [289] Osoby odpowiedzialne za uzyskanie w ostatnich latach przez Polskę niekorzystnych, nierównoprawnych w stosunku do innych krajów warunków dla funkcjonowania polskiej gospodarki, osoby działające faktycznie na szkodę polskiego rolnictwa, powinny stanąć przed sądem. (39) [290] Scegliamo l’Europa e il processo di integrazione europea come ambito essenziale della politica italiana. Scegliamo di mettere la vocazione di pace del popolo italiano e l’articolo 11 della Costituzione al centro delle decisioni in materia di sicurezza. Scegliamo il multilateralismo, inteso come condivisione delle decisioni e costruzione di regole comuni. Scegliamo una politica preventiva di pace che persegua attivamente l’obbiettivo di equità e giustizia sul piano internazionale, favorendo la prevenzione dei conflitti e il prosciugamento dei bacini dell’odio. Scegliamo la legalità internazionale come chiave per affrontare i conflitti e per la 436. Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004) p. 37.

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costruzione di un ordine internazionale fondato sul diritto. Scegliamo di mettere al centro dell’azione dell’Italia la promozione della democrazia, dei diritti umani (...). (14) Come si vede, l’anafora può trasformarsi in una catena di proposizioni dallo stesso inizio. Per quanto riguarda la motivazione della scelta di questa figura, essa è di duplice natura. In alcuni casi, a nostro avviso, domina il valore estetico inteso come un certo ritmo dell’enunciato, una sua organizzazione melodica ed armoniosa, come negli esempi: [291] Credo si debbano fare alcune liberalizzazioni che in questo periodo non si sono fatte, anche perché la congiuntura economica non era delle migliori. Credo sia una scelta politica quella di ridurre gli stanziamenti alle autonomie (Comuni e Regioni), perché in molti casi Comuni e Regioni possono spendere meglio il denaro di cui dispongono. Credo che, nell’ambito delle (…). (3) [292] Noi proponiamo, invece, che la tassazione sui depositi bancari e depositi postali (…). Quindi proponiamo la riduzione di 7 punti di tassazione sui risparmi depositati (…). Proponiamo che la stessa aliquota (…). (3) [293] Ricordo che, con una politica di ticket, soprattutto applicata dalle Regioni di centrodestra, il costo per molte famiglie si è aggravato, il costo della salute. Ricordo che sono stati tagliati, in questi anni, i fondi per le persone disabili (…). (3) D’altronde, l’anafora serve a segnalare e far risaltare l’importanza del concetto, dà enfasi al contenuto trasmesso e in questo senso svolge una funzione semantica. I brani riportati sotto illustrano questo impiego dell’anafora che rafforza il significato del messaggio e amplifica la sua espressività: [76] Jak to osiągną? Tylko z udziałem nas wszystkich. Tylko dzięki Tobie, Twojemu zapałowi, umiejętnościom i doświadczeniu. Tylko dzięki Tobie przekonanemu, że w takiej właśnie Polsce warto żyć. (38) [294] Krytykowałem politykę międzynarodową, krytykowałem stanowisko niektórych członków rządu, chociażby wobec ministrów spraw zagranicznych czy wobec śp. Jacka Kuronia. (39)

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[295] Il vero scandalo è che sta diventando un lusso sposarsi. Il vero scandalo è che siamo arrivati al punto in cui è più conveniente non sposarsi. Il vero scandalo è che, invece di una politica coerente e permanente, si adotta quella dei bonus una tantum, di cui vantarsi con relativa letterina elettorale spedita a carico del contribuente. Il vero scandalo è tenere in condizioni di precarietà lavorativa permanente i giovani (...). (14) Ulteriormente, rileviamo la presenza, anche se meno numerosa, della figura che costituisce una riflessione speculare dell’anafora, cioè l’epifora. L’epifora ripete le stesse parole alla fine di più proposizioni susseguenti. Ciò si evidenzia negli esempi: [296] Oczywiście jak każdy pewnie popełnia błędy. Także jego zaplecze popełnia błędy. (39) [297] Natomiast pan Rokita nie zginie ze sceny politycznej, dlatego że Platforma też nie zginie ze sceny politycznej. (39) Un’altra figura riscontrata nel corpus è la climax (gradatio), in cui si usano due o più parole di intensità crescente. L’accostamento di parole simili, ma di diversa espressività attira l’attenzione del destinatario verso l’idea che indicano: [8] “Devo ammettere che speravo nella vittoria ma in un trionfo così imponente no”. (7) [298] Che io abbia chiesto di fare il vicepremier unico è una volgare menzogna. Di più, è una calunnia. (11) [299] Wypowiedziałem się tak precyzyjnie, jak w obecnej chwili mogę. Że to nie są miesiące, ale tygodnie, a być może nawet dni. (32) Nell’ambito delle figure di ripetizione rientra anche il polittoto, anche se in questo caso non si tratta di un raddoppiamento esatto. È il medesimo vocabolo che viene usato più volte entro un enunciato, però varia la sua forma: caso, genere, numero, persona, tempo, modo. Consideriamo: [144] (…) jeżeli nie doprowadzimy do przedterminowych wyborów, to dalej to, co miało miejsce przez ostatni rok, będzie miało miejsce przez kolejne trzy lata. A na to Polski nie stać. (32)

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e anche altri brani: [300] (...) nie ma sporu o legalizację małżeństw homoseksualnych, bo na to zgody nie ma i nie będzie. (34) [301] Natomiast jedna sprawa: wicepremierem, wiceministrem, to się bywa – panie redaktorze – posłem też się bywa. Ale człowiekiem trzeba być. (32) [302] Ho detto e dico, lo penso veramente, non vincerà le elezioni, ma se le vincesse, non ce la farà mai. (2) [303] In fondo l’America è stata, è e sarà la più grande macchina fabbricastoria. (15) [304] E che gli italiani prendano atto di quanto di buono ha fatto e farà il nostro governo. (10) [305] Quando qualcuno fa qualcosa – Prodi non ha fatto niente durante il suo governo e i governi della sinistra non hanno fatto niente per il sud – quando parlo io è chiaro che devo fare riferimento a delle cifre: perché abbiamo fatto. (2) Gli esempi riportati dimostrano una particolare inclinazione per il polittoto verbale, dove le forme si diversificano soprattutto per il tempo, a volte per la persona. Tale uso, specialmente l’accostamento del passato e del presente, contribuisce a creare un’aria di determinatezza e impegno nell’attività da parte del politico nonché un senso di continuazione. La ripetizione si realizza anche in un modo meno esplicito sotto forma della dittologia che è composta da due parole sinonimiche o dal significato simile. La coppia di vocaboli può essere collegata con la congiunzione e (in polacco i). Vediamo gli esempi ricavati dal corpus: [20] Jestem wstrzemięźliwy w słowach i ostrożny co do sądów. (33) [306] Otóż, pani poseł, ja wszystkie decyzje podejmuję sam i samodzielnie. (32) [307] Podpisaliśmy umowę państwa solidarnego, programu solidarnego, solidaryzującego się z najbiedniejszymi. (39)

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[308] I my, jako Samoobrona byliśmy partią prosocjalną, prospołeczną. (39) [309] Certo, ognuno dovrà fare sacrifici, rinunciare a qualcosa. (14) [310] Se noi dovessimo arrivare, e non credo proprio, proprio perché sono sicuro, sono sereno e confido troppo nel buonsenso e nell’intelligenza degli italiani, che non hanno mai dato la maggioranza ai comunisti e alla sinistra in sessant’anni di storia repubblicana, quindi, non ci sarà un Governo di sinistra. (2) La dittologia giova alla scorrevolezza del testo anche se non cambia particolarmente il senso del messaggio437. Si può conseguire in questo modo lo scopo rafforzativo in quanto la ripetizione dello stesso contenuto in una forma un po’diversa stimola la comprensione e la memoria; l’altra funzione della dittologia è quella dell’accresciuta ritmicità. Un altro ramo delle figure di parole è rappresentato dalle tecniche che si avvalgono di accumulazione, cioè ammassamento di termini, di dettagli che mirano ad amplificare il messaggio. Anche questi procedimenti retorici puntano sull’effetto persuasivo: Il rapido susseguirsi di tanti elementi, viene percepito emotivamente dall’ascoltatore come un progressivo accrescersi delle buone ragioni del concetto iniziale esposto (anche quando non è così), per cui l’enumerazione diventa una sorta di dimostrazione schiacciante.438 L’uditorio travolto dall’accumulazione di fatti, dettagli, termini e dall’intensità che ne risulta non può che accettare il messaggio del politico come vero e giusto. Una figura più ricorrente in questo contesto è l’enumerazione, vale a dire una serie di parole o sintagmi giustapposti o coordinati per asindeto. L’abbiamo già notato in [12], dove si rileva una lunga sequenza di frasi semplici, accumulate per rafforzare la visione dei successi di un partito:

437. Benedetti, A. (2004) p. 127: “[la dittologia] non aumenta certo il tasso informativo della frase, ma ne genera sicuramente un’accresciuta comprensibilità, ed in qualche caso, il suo potere persuasivo”. 438. Ivi, p. 30.

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[12] Dotrzymaliśmy słowa wprowadzając Polskę do Unii Europejskiej na możliwie najlepszych warunkach. Zwiększyliśmy tempo rozwoju gospodarczego. Zatrzymaliśmy wzrost bezrobocia. Nie straciliśmy miliona miejsc pracy, jak to uczyniła rządząca przed nami prawica. Wprowadziliśmy w życie programy utrzymania i tworzenia miejsc pracy (np. Stocznia Szczecińska). Rozwinęliśmy programy pomocowe dla ludzi młodych, wspomagaliśmy absolwentów szkół wyższych. Rozszerzyliśmy system stypendialny na studentów zaocznych, zapewniliśmy dożywianie dzieci w szkołach. (38) Gli elementi elencati possono collegarsi con una congiunzione ripetuta più volte, il che fa nascere la figura retorica detta polisindeto oppure l’accostamento avviene tramite l’asindeto, cioè senza l’uso di congiunzioni. Va sottolineata la particolare frequenza dell’asindeto nel materiale esaminato, che può spiegarsi con una relativa semplicità e naturalezza di questa figura. Rimandiamo ai brani già citati, per esempio: [26], [65], [101]. L’assenza di congiunzione tra termini o frasi sembra riprodurre il libero corso dei pensieri, il naturale flusso di parole. Attraverso l’asindeto si connettono, ad esempio, strutture anaforiche arricchite di una serie di epiteti: [311] Ora, quando noi siamo in presenza di ormai un numero sempre più ampio di giovani che, quando trovano lavoro, lo trovano sempre a termine, lo trovano sempre a tempo parziale, lo trovano sempre a progetto, o in affitto, per tre mesi, quattro mesi, sei mesi, sottopagato, ebbene questo diventa una condizione insostenibile. (3) La coordinazione asindetica può collegare i termini più o meno sinonimici: [312] Na razie okazało się, że z Jarosławem Kaczyńskim, (...) z jego skłonnością do burzenia, niszczenia, konfliktowania, atakowania całego świata wokół siebie, nie można nic konstruktywnego zrobić. (32) oppure serve a dipingere un quadro più ampio: [313] Penso alla serie di condoni, alle leggi ad personam, allo stravolgimento della Costituzione, alla devolution, al disastro della nuova legge elettorale. Al tempo stesso le famiglie e le imprese, sono rimaste sole a fronteggiare una difficile crisi economica, la perdita di competitività, la precarizzazione del lavoro. (14)

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A volte, l’enumerazione di termini o di proposizioni avviene in maniera più strutturata dal mittente. A questo obiettivo vengono utilizzati segnali discorsivi come: primo... secondo, po pierwsze, po drugie, ecc. A questo proposito ricordiamo l’esempio [113]: [113] (...) ma io voglio darvi tre concretissime ragioni in più per determinare il vostro voto. La prima: la sinistra vuole ripristinare l’imposta sulle donazioni e sulle successioni, anche per piccoli patrimoni, come ad esempio un appartamento di 80 metri quadrati in una periferia. Con noi queste imposte sono state cancellate e resteranno cancellate. La seconda ragione: la sinistra vuole aumentare al 22% la tassazione dei BOT, dei CCT, dei dividendi azionari, cioè del vostro risparmio. (...). La terza ragione: la sinistra vuole aumentare i valori catastali degli immobili per triplicare le tasse sulle case. Per noi la prima casa è sacra, come è sacra la famiglia. (2) oppure: [16] Wielokrotnie wątpiono w sens mojej wizyty w USA, wskazując, że ekstradycja nie zostanie uruchomiona. Po pierwsze, została uruchomiona. Po drugie, Mazur został zatrzymany w areszcie, a po trzecie, nie opuści aresztu do czasu rozstrzygnięcia sprawy ekstradycyjnej. (33) Infine, vorremmo menzionare una figura ricorrente nella comunicazione politica, anche questa spesso basata su costruzioni asindetiche, denominata la terna oppure il ritmo ternario. Questa tecnica consiste nel porre vicino tre elementi dello stesso tipo grammaticale (tre aggettivi, tre sostantivi o frasi) che insieme hanno un particolare effetto sia sul senso dell’enunciato sia sulla sua melodia: L’introdurre nel discorso unità triadiche di termini è espediente che conferisce ritmicità alle frasi, le arrotonda morbidamente, le rende maggiormente musicali, armonicamente compiute.439

439. Ivi, p. 38.

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Il ritmo ternario si è già presentato ad esempio nei brani [48], [69], [102] e [169]. Riportiamo anche altri esempi in qualità di illustrazione: [314] E ancora: incentivazione allo sviluppo, alla ricerca, all’innovazione, controlli veri sui prezzi, lotta all’evasione fiscale. E tutto questo sa cosa avrebbe garantito? (14) [315] Oggi, non è così, viviamo in una società in cui anche il lavoro è più dinamico, più flessibile e più mobile. (3) [316] Vedrete una persona fiduciosa, determinata e tranquilla. (14) [317] Dokładnie o to chodzi, że nie będziemy musieli zastanawiać się, negocjować, namawiać się. (32) Se si prova a leggere questi brani ad alta voce, si nota subito la forza espressiva della figura in questione. Grazie alla terna, l’enunciato guadagna in ritmicità, però anche semanticamente: il senso trasmesso in questa maniera eccede il significato delle singole parole, viene amplificato e dà un’impressione di completezza. Il ritmo a tre fa sì che il messaggio acquisti maggiore eleganza, esaustività e, di conseguenza, incisività.

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5. 2. 2. Figure di pensiero Le figure di pensiero, cioè quelle che riguardano il modo in cui si esprimono i concetti, appaiono più problematiche delle figure di parole e presentano alcuni dubbi tassonomici. Senza la pretesa di proporre una soluzione a questo riguardo, ci basiamo sulla classificazione delle figure di pensiero elaborata da Lausberg e riportata da Ziomek440. Le eventuali incongruenze che bisognerebbe chiarificare (per esempio, l’inserimento dell’iperbole o l’ironia sia nella categoria dei tropi sia in quella delle figure di pensiero per sostituzione) eccedono il campo di questa indagine. Le figure di pensiero, ben attestate nel corpus, svolgono un considerevole ruolo persuasivo in quanto si avvalgono di diverse forme per stabilire e mantenere il contatto con l’uditorio, aggiungere un valore emotivo al messaggio nonché modificare a seconda delle necessità le sfumature semantiche delle parole. Cominciamo da una figura di cui abbonda la comunicazione politica, vale a dire l’interrogazione retorica, che rientra nella categoria delle figure di contatto. Essa assume una forma interrogativa, ma in effetti non è una domanda vera e propria, considerato che non costituisce una reale richiesta di informazione e nessuno si aspetta una risposta. Le interrogative retoriche non sono, comunque, ornamento superficiale dal punto di vista persuasivo, sebbene la risposta a volte sia ovvia e banale. Tuttavia, la stessa nozione trasmessa come interrogativa dispone di più espressività di una semplice affermazione del fatto. Ricordiamo alcuni estratti già citati e aggiungiamo qualche altro a questo proposito: [152] (...) tylko pytanie jest: czy warto mieć władze za cenę permanentnego kryzysu w Polsce? (32) [153] Come si fa a parlare di coerenza dove esistono soltanto lingue biforcute? (20) 440. Ziomek, J. (1990) pp. 204-206. In generale, ci riferiamo alla divisione delle figure di pensiero in: figure di contatto (esempio: apostrofe, interrogazione), figure riguardanti il merito, cioè figure semantiche (esempio: correctio), figure emotive (esempio: esclamazione), figure dialettiche, figure di composizione (esempio: praeteritio, iperbole, ironia).

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[157] Ale co można dodać do konfuzji, którą odczuwamy wszyscy, gdy do życia publicznego wdziera się agresja i kłamstwo? (35) [318] Jak do tego mogło dojść? Jak można? Jaki przykład dajemy wychowawczy, patriotyczny? (32) [319] To komu wtedy zależało na tym ostatnim spotkaniu naszym, na ul. Parkowej, żeby mnie, co? Zdenerwować? Doprowadzić do tego, żebym ja ten budżet znowu skrytykował? (39) [320] Se noi vogliamo ridurre di quasi 10 miliardi il cuneo fiscale (...) dove troviamo i soldi? Non abbiamo il pozzo di San Patrizio. (11) [321] Ma ad esempio: prendiamo il bonus di mille euro a bambino. È giusto? Gli diamo 1.000 euro e poi? (14) Dagli esempi citati sopra è possibile evincere che la risposta sia già inclusa nella domanda stessa, implicata dalla costruzione e dal tono della frase. Va accentuata la facilità con cui si scopre questa replica predeterminata: è giusto il bonus bebè? no, non lo è [321], vale la pena di lottare per il potere a tutti i costi? no, non ne vale la pena [152], dove troviamo i soldi? non li troviamo da nessuna parte, non ci sono [320], e così via. Il destinatario–elettore non ha nessun dubbio quanto all’interpretazione di queste interrogative: le intenzioni del mittente sono chiare. Inoltre, se il ricevente completa la risposta da solo, interiorizzerà meglio il concetto e su questo si fonda tra l’altro la forza persuasiva delle domande retoriche. Si individua anche un’altra categoria legata all’interrogativa, cioè la figura di subiectio. In questo caso, alla domanda viene fornita una risposta, il che fa nascere un finto dialogo che il parlante tiene con sé stesso. I politici si servono di questa figura per evidenziare l’espressività del messaggio; d’altra parte il subiectio contribuisce a rendere il messaggio meno veloce e più coeso: [98] I co widziałem? Widziałem, że wszyscy, kiedy ze mną rozmawiacie, wierzycie dokładnie w to samo co ja (...). (39)

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[322] Perché dico questo? Perché quando io sento dire “tagliare la spesa sanitaria”, mi pare che non si facciano i conti con il fatto che (…). (3) [323] (...) i teraz jesteśmy też konsekwentni. Dlaczego? Otóż, dlatego, że, rzeczywiście, wyborcy powinni wydać werdykt (...). (32) Queste interrogative forniscono una pausa nel discorso, rallentano il suo tempo, per cui permettono al parlante di pianificare meglio il proprio intervento e facilitano la comprensione da parte del destinatario. Il subiectio non solo offre una pausa per raccogliere pensieri, ma svolge anche una funzione esplicativa. Viene impiegato per spiegare le opinioni del politico, chiarire i termini difficili, esporre i legami tra fenomeni sociali, economici e politici: [324] Perché non condivido quella proposta francese? Perché il licenziamento senza giusta causa, o giustificato motivo di tutti i lavoratori che hanno meno di 26 anni determina per davvero le gravi proteste (...). (3) [325] Cosa vuol dire? Vuol dire che, se oggi un cittadino doveva aspettare sei mesi, con la riforma che abbiamo fatto, se la USL competente non garantisce di farlo in, poniamo, trenta giorni, quel cittadino ha il diritto di andare in una struttura privata (…). (3) [326] Na czym polega...? Na czym polega, moim zdaniem, pewnego rodzaju podstawienie, czy zafałszowanie rzeczywistości, które w debacie w tej sprawie od wczoraj następuje? Mianowicie, politycy PiS-u powiadają: “chodzi o to, że oferowaliśmy Begerowej stanowisko, że Begerowa chciała stanowiska, myśmy jej nie chcieli dać…” – wszystko jedno. To handlowanie stanowiskami to jest brzydka rzecz, ale to nie jest ten proces korupcyjny! (32) Frequentemente il subiectio viene impiegato allo scopo di dimostrare la competenza del parlante. Il politico si presenta come capace di trovare una soluzione dei problemi più gravi. Oltre al brano [76], citiamo anche questi: [327] Come ridurre il carico fiscale nel prossimo futuro? Continuando con delle scelte di tipo politico. (3)

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[328] Andare avanti come? Certamente con un nuovo Governo di centrodestra in cui, questo è il mio auspicio, la mia speranza, ci sia più destra, ci sia più Alleanza Nazionale. (3) Nella categoria delle figure che costruiscono e conservano il legame tra il mittente e l’uditorio appartiene l’apostrofe, in cui il parlante si rivolge direttamente ad un’altra persona, anche assente. Il filo principale del discorso viene interrotto e chi parla di solito indirizza il messaggio a una persona diversa dal destinatario diretto. Nella comunicazione politica vengono apostrofati prevalentemente gli elettori (il destinatario finale, anche se indiretto dell’atto comunicativo), mentre il dibattito reale è tenuto tra due o più politici, eventualmente tra il politico e il giornalista: [329] No, ale, rodacy, musimy wziąć się do pracy, musimy lepiej wybierać, musimy iść na wybory. (32) Altri estratti che illustrano l’apostrofe si trovano nel capitolo 4.15, dove abbiamo analizzato gli atti di appello che si realizzano con questa figura. Nella maggioranza dei casi l’apostrofe enfatizza la richiesta o l’appello rivolti all’opinione pubblica, mirando a stabilire un legame emotivo e suscitare il coinvolgimento del ricevente. Con la correctio (detta qualche volta epanortosi), che introduce volontariamente una correzione o un chiarimento dell’affermazione fatta, entriamo nel campo delle figure semantiche, che riguardano il merito, il contenuto del messaggio. La correzione, ovviamente, è una tecnica deliberata e non accidentale e mira a un concreto effetto retorico, che di solito consiste nel rafforzare il messaggio: [330] Così non si va da nessuna parte. O meglio, si va solo indietro. (14) [331] (...) noi non abbiamo nessuna intenzione di spaccare tutto quello che ha fatto il centro destra, anzi posso dire proprio a proposito di questo che la prima cosa che farò dopo la vittoria delle elezioni sarà di invitare il presidente del consiglio e il dottor Letta a colloqui per il passaggio delle consegne (…). (1) [332] Noi non abbiamo scaricato costi, anzi per esempio, l’ultimo provvedimento con la finanziaria, abbiamo dato molti miliardi in più alle regioni affinché possano eliminare le liste di attesa nelle strutture sanitarie. (1)

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[333] Noi vogliamo, invece, mantenere l’attuale imposta del 12,5% ed anzi ridurre anche il prelievo fiscale sui conti correnti bancari al 12,5%. (2) [334] L’introduzione del nuovo sistema di tassazione cosi ben commentato dal On.le Fedi per l’Unione, dimostra il modo truffaldino di questo governo nei confronti non solo degli italiani residenti in Italia, ma anche di quelli residenti all’estero. (7) [335] Il sorpasso non c’è, anzi, la distanza a nostro favore è aumentata. (14) [336] Nie zgadzam się na takie myślenie, że kogoś należy wyłączyć i z kimś nie wolno rozmawiać. Powiem odwrotnie: trzeba ze wszystkimi rozmawiać. (37) [337] (...) wtedy rzeczywiście popełniano wiele innych nieprawidłowości, a nawet przestępstw (...). (36) [338] Podzielam tę opinię tych złośliwców, którzy mówią, że – w jakimś sensie – Jarosław Kaczyński okazał się genialnym strategiem. A powiedziałbym nawet raczej: genialnym sztukmistrzem, magikiem. (32) La correctio non riguarda le relazioni linguistiche fra le parole in quanto rettifica il comunicato espresso dal mittente, il suo aspetto semantico. Viene adoperata per sviluppare il pensiero, modificare il senso dell’enunciato, intensificarlo e attirarci l’attenzione del ricevente. Di solito nella sua costruzione si usano connettivi come: anzi, o meglio, o piuttosto, o per meglio dire, non solo..., ma anche..., a raczej, powiem więcej, co więcej, a nawet, powiem inaczej, ecc. Generalmente, come appare negli estratti sopra, la correctio può attuarsi in due modi diversi: quando rifiuta una parola per contrastarla con un’altra dal significato opposto nonché quando la sostituisce con una parola sinonimica, ma di maggiore forza. Il perfezionamento del concetto esposto tramite un’altra parola più intensa avviene nei brani [330], [337], [334] o [337], dove il messaggio viene arricchito, amplificato e diventa sia più informativo che persuasivo. Il secondo tipo della correctio, invece, si realizza attraverso la contrapposizione di idee come nel [331], [332], [336], [335]. Apparentemente, questo effetto viene rag-

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5. 2. 2. Figure di pensiero

giunto sovente grazie all’antitesi, figura retorica che accosta due parole o frasi di senso opposto o diverso. Affinché si realizzi un’antitesi, occorre una somiglianza strutturale tra gli elementi contrastati, per esempio il parallelismo sintattico, come nel caso seguente: [71] Allora noi dobbiamo aumentare il costo del lavoro precario, diminuire il costo dell’ora lavorata (...). (1) [150] Il nostro fine è quello di cambiare l’Italia realizzando il nostro programma. Il fine della sinistra è sempre e soltanto, lo ripeto, quello di conquistare e di gestire il potere. (10) Una contrapposizione assai simmetrica di due idee dà un maggior rilievo a quanto detto, stimola la ricezione e in questo consta la persuasività dell’antitesi. Si rileva un altro gruppo di figure retoriche presenti nella comunicazione politica dette figure emotive, affettive, che poggiano la propria forza di influenza sull’espressività. Tra di esse individuiamo soprattutto l’esclamazione e la similitudine. L’esclamazione è finalizzata ad accentuare l’emotività e conferire l’enfasi all’enunciato; si realizza tramite le frasi esclamative marcate da una particolare intonazione nel parlato, che nello scritto richiedono il punto esclamativo. Le abbiamo già trattate in ottica grammaticale nel capitolo 5.1.1, si confronti nel materiale esemplificativo il brano [200], [201]. L’esclamazione per la sua forma va oltre una semplice asserzione dei fatti e attua una funzione emotiva (che consideriamo sottomessa a quella conativa). Esclamando: che spudoratezza! il politico non solo esprime la propria indignazione per il comportamento del rivale, ma prova anche a trasmettere un giudizio, una valutazione dell’opponente. Con il proprio stato d’animo il parlante cerca di influire sull’uditorio nella speranza di coinvolgere il ricevente, far sì che condivida le stesse emozioni. Tale complicità può a sua volta risultare in un cambiamento di opinioni, a cui fondamentalmente mira il locutore. L’obiettivo di rendere il discorso più vivo e accattivante viene conseguito anche con la similitudine. È una figura retorica che ambisce a rilevare alcune proprietà di un oggetto attraverso un paragone con un altro oggetto normalmente caratterizzato da queste qualità. Il legame viene istituito mediante avverbi e locuzioni avverbiali (come, simile a, jak) oppure verbi (sembrare).

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La similitudine è una tecnica oratoria che deve abbellire il discorso, renderlo più attraente esteticamente, però costituisce anche un procedimento semantico in quanto sottolinea certi aspetti trascurandone altri. Paragonando due entità e indicando una qualità in comune, la similitudine altera la loro percezione, plasma, o almeno vuole plasmare, il modo di pensare del ricevente. Va notato il fatto che le similitudini riscontrate nel corpus non si distinguono particolarmente sul versante artistico. Non puntano tanto sulla poeticità o su associazioni insolite quanto sulla chiarezza valutativa e sull’espressività. Per questa ragione non mancano i riferimenti alla realtà di ogni giorno ben conosciuta dalla maggioranza dell’uditorio: [339] Il governo Prodi sta saccheggiando il Fas – il Fondo per le aree sottoutilizzate destinato al Mezzogiorno – usandolo come fosse un Bancomat. (7) [340] Non possiamo più avere un presidente del consiglio che va fuori e dentro come una porta girevole dal consiglio dei Ministri perché ogni volta deve decidere di cose che lo interessano. (1) Al fine di aumentare la forza espressiva si ricorre anche agli accenni più esotici che introducono un aspetto di originalità, inusualità: [341] La Finanziaria sembra un gigantesco suk arabo, in cui per mesi le categorie e i soggetti sociali si affollano attorno allo Stato per vedere “cosa me ne viene”. (5) Talvolta anche i riferimenti biblici possono diventare motivazione della similitudine, realizzata in forma meno diretta: [342] Faryzeusze mogliby chodzić do was na praktyki. (32) Negli esempi citati sopra il tertium comparationis, vale a dire il tratto semantico in comune che costituisce la base del paragone, non è stato specificato e spetta al destinatario svelare la propria motivazione. Tale compito non presenta troppe difficoltà, perché di solito il tertium comparationis rientra nell’ambito delle conoscenze generali: un fariseo si connota per l’ipocrisia, un suk, invece, è associato con un miscuglio discordinato di vari oggetti, pieno di confusione, commozione e casualità. Frequentemente, come per rinforzare ancora il pa-

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5. 2. 2. Figure di pensiero

ragone, i politici indicano esplicitamente il legame tra due componenti della similtudine: [343] Il volto di Prodi è più noioso del Festival di Sanremo. (5) [344] Wy jesteście tak delikatni jak dziewica, naprawdę, coś niesamowitego… (32) [345] Powiedziałam podczas debaty sejmowej, że przepis pana ministra na wychowanie jest prosty jak przepis na kotlet schabowy, trochę ochroniarzy, trochę policji, trochę kamer, zakaz, nakaz, mundurki, odebrać komórki i będzie porządek. (38) È particolarmente opportuno specificare il tertium comparationis quando si ambisce ad una maggiore originalità, e i paragoni sono il risultato della creatività linguistica del politico stesso. La ricercatezza della similitudo non si limita al livello contenutistico, ma concerne anche la forma in cui si attua la similitudine. Osserviamo la costruzione parallela che viene adoperata in questo estratto: [346] Fassino sta all’economia come l’aviaria sta agli allevatori. (5) Un’altra figura che riguarda l’organizzazione del pensiero è la brachilogia, consistente nel “parlare breve”. Essa si caratterizza per brevità, concisione stilistica e laconicità. Adopera frasi più corte del solito, una rapida enumerazione dei fatti. Riportiamo a proposito l’esempio [133]: [133] Prodi ha fallito. Il suo governo affonda nel ridicolo. Ormai siamo agli ultimi colpi di coda. La maggioranza è nel caos. (7) oppure il frammento del brano [345]: (...) trochę ochroniarzy, trochę policji, trochę kamer, zakaz, nakaz, mundurki, odebrać komórki i będzie porządek. (38), dove l’accumulazione ed il veloce susseguirsi delle idee contribuisce ad accrescere la significatività del messaggio. Talora si riscontra una variante della brachilogia detta percursio che raccoglie velocemente e sommariamente i fatti o gli avvenimenti sotto forma di elenco, una rassegna assai generale e per questo efficace:

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[347] Pan Andrzej Lepper otrzymał szansę na uczestniczenie w takim procesie dobrego rządzenia. Otrzymał szansę uczestnictwa w rządzie najbardziej życzliwym ze wszystkich dotychczasowych dla polskiej wsi. Pan Andrzej Lepper z takiej szansy nie skorzystał. Po krótkim czasie powrócił do swoich praktyk, powrócił do czegoś, co trzeba określić jednym słowem: warcholstwo. My warcholstwa w żadnym razie nie możemy tolerować. (32) Come abbiamo cercato di dimostrare, gli uomini politici ricorrono volentieri a una gamma assai vasta di figure di pensiero conosciute già nell’antichità. È difficile pregiudicare se queste scelte retoriche siano consapevoli e premeditate oppure se il politico si affidi piuttosto alla sua intuizione e al talento comunicativo nella scelta delle forme adeguate. Non vi sono comunque dubbi che sia nel corpus italiano sia in quello polacco non mancano esempi che illustrano una grande perizia da parte dei politici nel suscitare interesse, mantenere il contatto con l’uditorio, sfruttare varie emozioni e comporre il discorso nel senso argomentativo tramite l’uso di diverse figure retoriche.

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5. 2. 3. Tropi I tropi rientrano nella categoria dei procedimenti semantici in cui una parola o un’espressione viene trasferita dal significato proprio ad un altro figurato. Di conseguenza, la traslazione semantica permette di utilizzare gli elementi già noti e attribuirgli un senso diverso al fine di ottenere più effetti e sfruttare le potenzialità della lingua. Ribadiamo l’esistenza di numerose incongruenze nella tassonomia dei tropi, particolarmente intendiamo qui la divisione fra i tropi e le figure di pensiero. Tradizionalmente, si distinguono i seguenti tropi: la sineddoche, l’antonomasia, l’enfasi, la litote, la metonimia, la metafora, l’iperbole, l’ironia e la perifrasi. Non è qui la sede per provare a chiarire gli eventuali dubbi teorici, perciò assumiamo un approccio più pratico e ci concentriamo sui tropi predominanti nel nostro corpus. Alla luce di questi dubbi tipologici ammettiamo che alcuni esempi analizzati potrebbero essere interpretati in maniere diverse e appartenere a più categorie.

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5. 2. 3. 1. Ironia Indubbiamente, di particolare importanza risulta l’ironia 441, la cui potenza persuasiva è legata alla sua funzione pragmatica di valutare, innanzitutto negativamente, l’interlocutore. Nel contesto della comunicazione politica, le valutazioni concernono ovviamente gli avversari politici e vengono usate come un mezzo di deprezzamento442. Dall’analisi svolta finora emerge che l’ironia si presta particolarmente a formare gli atti di derisione (per questo si confrontino gli esempi dell’ironia riportati nel capitolo 4.2.6). Oltre alla capacità valutativa, da che cosa risulta la forza dell’ironia come arma di persuasione? Un aspetto non trascurabile a questo riguardo è costituito dalla difficoltà nel formare una replica efficace all’ironia, poiché ogni risposta, fatto salvo per un’altra battuta ironica, pare solo rinforzarla443. Per dare una risposta adeguata al messaggio ironico occorre prima riconoscerlo come tale. Questo, invece, non è sempre facile vista la natura dell’ironia: la sua essenza si trova nell’esprimere l’opposto di quanto si pensa; in ottica pragmalinguistica potremmo dire che la locuzione e l’illocuzione contrastano. La più semplice definizione dell’ironia, che rileva l’uso di parole di significato contrario a quello che si intende, riguarda infatti una sua variante detta antifrasi. La vera ironia può assumere vesti diverse444 che in generale corrispondono alla definizione offerta da Ziomek, secondo la quale l’ironia è una specifica arma impiegabile in ogni scontro verbale che consiste nella contraddizione tra il significato letterale dell’enunciato e il suo senso nascosto445.

441. Oltre alle pubblicazioni sull’ironia citate infra, cfr. Mizzau, M. (1984), Berrendonner, A. (1982) pp. 173-239. 442. Awdiejew, A., Habrajska, G. (2006) p. 32: “Ironia zawsze pełni funkcje interakcyjną, będąc niejawnym aktem oceniająco-emotywnym, ponieważ celem zastosowania ironii jest degradacja jej obiektu w oczach odbiorcy (odbiorców)”. 443. Cfr. Habrajska, G. (1994) p. 58. 444. Cfr. la definizione dell’ironia proposta da Peisert, M. (2004) p.132: “zamaskowana kpina, drwina zawarta w pozornej aprobacie, lekki sarkazm ujęty w wypowiedź, której zamierzony sens jest odwrotnością dosłownego znaczenia słów”; per altri approcci al concetto di ironia si confronti il volume curato da Głowiński, M. (2002). 445. Ziomek, J. (1990) p. 246: “Ironia jest natomiast specyficzną bronią w sporze czy we wszelkiej słownej walce, która polega na sprzeczności między zewnętrznym sensem wypowiedzi a jej ukrytą intencją”.

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5. 2. 3. 1. Ironia

Sembra un compito irrealizzabile classificare gli esponenti linguistici dell’ironia, in quanto sono numerosi, se non infiniti. Il più chiaro segnale dell’ironia rimane l’intonazione della frase446. Anche il carattere indiretto che si attua attraverso i due livelli dell’interpretazione dell’enunciato, quello letterale e quello nascosto, implicato, contribuisce a rafforzare la persuasività dell’ironia. L’ironia suggerisce qualcosa di più, comporta altri sensi e interpretazioni di quanto detto, però sempre in modo sottinteso, per cui è un mezzo sicuro447. È più facile riconoscere l’ironia quando viene segnalata dal tono dell’enunciato nonché da una certa esagerazione espressiva. Ne osserviamo qualche esempio: [348] To straszne wydarzenie! Grzegorz Schetyna musiał pojechać do Krakowa! Naprawdę dramatyczna sprawa! (37) [349] Bardzo się boję tego… Tak jestem wystraszony, że mogę zaniemówić, panie redaktorze zaraz… (32) Quanto più enfatico è il messaggio, tanto più vistosa è la dissonanza tra il senso letterale e quello suggerito, però il riconoscimento dell’ironia dipende in gran parte dalla conoscenza dal contesto, non basta la sola intonazione. L’ironia è sempre rivolta contro il rivale politico (un singolo avversario o un partito) e il suo carattere, il suo programma e le sue azioni. L’ironia che in realtà implica la critica si presenta in veste di diverse emozioni positive come, ad esempio, l’ammirazione: [350] Więc, to co zawsze mnie… co zawsze podziwiam u pana ministra Ziobro, to taką nieskalaną pewność siebie. (32) Spesso la forma interrogativa della frase rappresenta un segnale dell’ironia448. Evidentemente, non è mai una domanda vera e propria a cui il parlante veramente vorrebbe ottenere una risposta. Le domande ironiche poggiano sul contrasto tra ciò

446. Ivi, p. 247: “Ale najbardziej wyrazistym sygnałem ironii jest intonacja”. 447. Habrajska, G. (1994), p. 57. 448. Ivi, p.61.

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che viene detto e la vera intenzione di minare la credibilità o la reputazione dell’avversario, suscitare qualche dubbio inerente alla sua competenza. [351] Non furono le sinistre le prime a parlare di ‘premierato forte’? (10) [352] Quello che io mi domando è (...) come farà Prodi a tenere insieme della gente che, veramente, litiga su tutto. Io immagino un tavolo con Prodi e i suoi alleati, è qui che ho detto “poveraccio, come farà”, non è un insulto, ma l’ho detto mettendomi nei suoi panni, perché avrà Vladimir Luxuria, da un lato, che darà via gratis gli spinelli, avrà Pannella con su scritto “Vaticano talebano”, la Bonino con un altro cartello con su scritto “Aboliamo il concordato”, Francesco Caruso con il passamontagna e i bulloni, Diliberto che sventolerà la bandiera di Fidel Castro, D’Alema vestito da marinaretto. E lui, tutti questi qui, uno così lontano dall’altro, come può pensare di tenerli insieme in un vero Governo e in una vera squadra di Governo? (2) Come si vede dall’ultimo brano l’ironia può attuarsi in forme molto sviluppate, immagini curiose e vivaci. Un’apparente preoccupazione, compassione o comprensione per le eventuali difficoltà in realtà esprime un forte disprezzo, disdegno ed antipatia. La natura indiretta dell’ironia che maschera le intenzioni del parlante e raffina il messaggio è un efficace mezzo per sistemare le relazioni con l’interlocutore e collocarsi in una posizione superiore.

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5. 2. 3. 2. Iperbole Fra i tropi si nomina anche l’iperbole, intesa come esagerazione nella descrizione della realtà che amplifica o riduce un concetto. Esprimere un’idea in termini sproporzionati giova a ingrandire l’effetto di un messaggio, imprimerlo nella mente del destinatario. L’iperbole può concernere aspetti diversi della rappresentazione di persone, oggetti e fenomeni, intendiamo qui soprattutto l’esagerazione in termini della quantità, qualità, significato, causa o effetto. Ciò conferisce maggiore emotività al messaggio e lo rinforza. Comunque, va osservato che l’iperbole fuori dal suo naturale contesto comunicativo rischia di sembrare superflua, non adeguata o perfino ridicola. Citiamo di nuovo il brano [24] che illustra perfettamente tale situazione: [24] Io, invece, soffro da morire a fare il presidente del Consiglio. Soffro dalla mattina alla sera. E anche di notte. Per loro il potere è il sogno di una vita, per me fare il presidente del Consiglio è una condizione esistenziale peggiore di quello che potrei avere se non avessi questo ruolo. (10) e ancora: [353] Dlaczego, kiedy protestowaliśmy często na mrozie, o chłodzie i głodzie, walcząc o godność rolnika i zasadnicze interesy rodzin rolniczych byliśmy potępiani przez dygnitarzy z Ministrem Rolnictwa i Rozwoju Wsi Jarosławem Kalinowskim na czele? W imię jakich racji byliśmy szykanowani przez policję i prokuratury, polewani wodą, bici pałkami, spychani tarczami policyjnymi i transporterami opancerzonymi, byliśmy ruchomymi celami, do których strzelano z broni palnej? (39) La descrizione delle sofferenze sostenute da parte del politico in ambedue i brani si realizza tramite un linguaggio colorito, enfatico, ricco di affetti e valutazioni univoche. L’iperbole che evidenzia l’atteggiamento fermo e determinato del politico, la sua fedeltà agli ideali viene adoperata per alterare e plasmare l’immagine della realtà al fine di accattivarsi l’elettore, anche se ad uno scrutinio più attento può rivelarsi una semplice falsità. A nostro avviso, l’iperbole appartiene alla categoria dei mezzi linguistici a cui ricorrono volentieri i politici con intezioni manipolatorie

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in quanto l’esagerazione contribuisce alla semplificazione dell’immagine della realtà, alla dicotomia dei valori e per questo rientra nell’ambito dei mezzi populistici. Queste osservazioni non diminuiscono ovviamente il ruolo che l’iperbole svolge nella comunicazione politica. È un mezzo potente e ugualmente usatissimo sia per la presentazione di sé sia per avanzare visioni negative. Spesso l’iperbole viene impiegata per amplificare un’immagine della crisi economica a cui solo un determinato politico può far fronte. Rimandiamo all’estratto [106] e anche a: [354] Z niepokojem stwierdzamy, że przepaść między biednymi a bogatymi powiększyła się. Jest to powód do zmiany naszego myślenia o gospodarce. Zdecydowanie odrzucamy jej skrajnie neoliberalny, nieludzki model. Gospodarka musi służyć rozwojowi całego społeczeństwa, a nie bogaceniu się elit! (38) A livello lessicale l’iperbole si esprime nell’uso degli aggettivi che connotano una particolare intensità e grandezza, come: enorme (1, 2, 3, 6, 8, 14,15), gigantesco (1, 5), terribile (2), zero (11, 14, 5, 16, 32, 36, 37), ogromny (32, 35, 36, 37), porażający (32), nieludzki (38). Nella stessa funzione si usano ache altri aggettivi o numerali che denotano numerosità [milioni di italiani (10), wielomilionowe rzesze naszych współobywateli (39)], nonché il quantificatore universale che nella logica serve a costruire formule vere per tutti gli oggetti, a livello linguistico invece è l’indicatore di numerosità, universalità di certi fenomeni o opinioni. Di peculiare frequenza risulta il quantificatore tutti / wszyscy, tutto / wszystko. La sua diffusione è legata alla sua eccezionale forza di effettuare generalizzazioni convenienti per il politico. Rimandiamo ai brani [70], [80], [88], [98], [108], [110], [135], [157], che costituiscono un buon materiale illustrativo. I postulati che si applicano a “tutti gli italiani” o “my wszyscy” mirano a creare un legame tra il politico e i suoi elettori, suggeriscono la comunità di interessi e simili bisogni, opinioni e obiettivi. L’iperbole che fa espandere l’ideologia di un politico sull’uditorio è riconosciuta come specialmente efficace nella lotta per il potere.

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5. 2. 3. 3. Metafora Tra i mezzi che servono per accrescere la bellezza del discorso e amplificare la sua suggestività formale e contenutistica spicca la metafora. La metafora gode di un enorme interesse da parte di pressoché tutte le discipline umanistiche, non solo la retorica che ha perso il dominio a questo riguardo: la questione della metafora ha oltrepassato i limiti della stilistica o dei studi letterari, in quanto il carattere poetico ed ornamentale è solamente uno dei suoi aspetti. Il fenomeno della metafora è diventato oggetto d’indagine della filosofia (basti nominare l’ermeneutica di Paul Ricoeur), semiotica (ad esempio, il Gruppo μ o Umberto Eco), semantica, pragmatica, psicologia. Anche nel campo delle analisi del linguaggio politico molto frequenti sono gli studi che trattano il repertorio metaforico di questi testi449. L’immensa attenzione rivolta alla metafora rende addirittura impossibile contribuire in modo significativo nell’ambito di questo lavoro al quesito teorico: che cosa è la metafora. Per questo motivo intendiamo formulare il problema in maniera diversa poggiando sulle posizioni teoriche già elaborate. Invece di indagare l’essenza della metafora, preferiamo dedicarci alla questione: qual è e perché. In base alla ricca letteratura a questo riguardo nonché agli studi svolti sul corpus, possiamo constatare la presenza permanente e una relativa stabilità del repertorio elementare di metafore nel linguaggio politico. Questa osservazione concerne sia il materiale italiano sia quello polacco che rivelano affinità significative. Non possiamo comunque esimerci dal presentare una visione almeno sommaria di quello che è la metafora che possa guidare la ricerca seguente. Va da sé che la classica formula di Quintiliano: metaphora brevior est similitudo450, vale a dire l’idea che la metafora sia una similitudine abbreviata, non è più sufficiente in quanto non comprende l’eterogeneità e le applicazioni diverse della metafora451. Ugualmente anacronistiche appaiono le classificazioni di Aristotele 449. Cfr. Anusiewicz, J., Siciński, B. (1994), Borkowski, I. (2003), Siewierska-Chmaj, A. (2006), Trysińska, M. (2004), Wieczorek, U. (1999), Beccaria, G. L. (1989), Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004). 450. Ziomek, J. (1990) p. 159. 451. Cfr. Bertinetto, P. M. (1979).

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che divide le metafore in quattro categorie in cui avviene la trasposizione da genere a specie, da specie a genere, da specie a specie o per analogia. Con un’accezione molto generica, possiamo intendere la metafora in quanto trasferimento di una proprietà da una unità di contenuto che ne costituisce il significato proprio a un’altra del tutto diversa che ne costituisce il significato figurato o traslato452. Per i fini di questa ricerca riteniamo più produttivo estendere la comprensione della metafora aldilà del suo classico ruolo ornamentale e aggiuntivo. Essa non è più un puro mezzo stilistico che conferisce poeticità al discorso e agisce solo sul livello linguistico, ma diventa una forma di pensiero, un procedimento che organizza le esperienze. In questo modo ci avviciniamo all’approccio concettuale elaborato da Lakoff e Johnson nel loro famoso volume Metaphors we live by, University Of Chicago Press, 1980 453. È un orientamento analitico che riteniamo più produttivo nel caso della nostra ricerca dal momento che aiuta a capire il modo di pensare degli utenti della lingua, la loro visione del mondo454; pur tuttavia, siamo consapevoli dell’esistenza di altri punti di vista in questo riguardo. In particolare vorremmo menzionare qui le nozioni sviluppate in ottica pragmatica, come l’approccio di Searle o Grice. Quanto alla teoria di Grice, la metafora viene interpretata similmente all’implicatura, cioè come infrazione di una delle massime conversazionali (ad esempio, massima di qualità), perciò per la sua decifrazione occorre sia la conoscenza delle connotazioni convenzionali sia la conoscenza del contesto.

452. Gagliano, M. (2006) p. 298. 453. Nella linguistica polacca queste idee si sono riflesse nei lavori dei cognitivisti come J. Bartmiński, R. Kalisz, T. Krzeszowski, M. R. Lewicki, R. Tokarski, E. Tabakowska. Segnaliamo solo alcune opere in questo riguardo: Bartmiński, J. (1990), Lewicki, A. M., Tokarski R., (1995), Kubiński, W., Stanulewicz, D. (2001). 454. Sull’aspetto cognitivo della metafora cfr. Eco, U. (2006) p. 433: “La buona metafora ha valore cognitivo, e lo ha per la sua capacità di riorganizzazione categoriale. Ma che cosa ci fa conoscere meglio? Verrebbe da rispondere, il mondo in cui viviamo. Eppure avevo aperto queste mie considerazioni ricordando che le proprietà su cui gioca la metafora non sono reali (o ontologiche) bensì culturali. (...) Rommel è la volpe del deserto solo se la cultura ha deciso di assimilare all’astuzia umana l’istinto che rende la volpe abile a rubare galline o a sfuggire ai cacciatori. In effetti l’ultima metafora citata non ci dice nulla su Rommel, ammesso che sia esistito in questo mondo (come fermamente ritengo). Essa ci fa conoscere meglio il modo in cui storiografia e leggenda mediatica hanno visto (e noi ancora vediamo) sia le volpi che Rommel. La metafora ci fa conoscere corto circuiti possibili del labirinto culturale, non del labirinto mondano”. Queste considerazioni ci portano a considerare le difficoltà nella traduzione della metafora risultanti dalle differenze sia dei sistemi linguistici sia della cultura. Su questo argomento si veda Dobrzyńska, T. (1992). Comunque, nel presente lavoro ci siamo posti l’obbiettivo di dimostrare tratti universali della comunicazione politica in quanto tale, il che significa ritrovare le affinità linguistiche fra il materiale italiano e polacco piuttosto che le differenze; questa premessa vale anche per il concetto della metafora.

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5. 2. 3. 3. Metafora

John Searle455 invece nella sua analisi di metafore si concentra sulla divergenza tra il significato dell’enunciato (sentence meaning) e il significato del parlante (speaker’s meaning) e constata che la specificità di questo tropo deriva dal fatto che il senso della metafora consiste esclusivamente in ciò che il parlante vuole trasmettere con un enunciato. Searle sostiene che quando il parlante ricorre alla metafora, dice: “S è P”, ma pensa: “S è R”456, per questo motivo è necessario un meccanismo che permetta all’ascoltatore di capire ciò che il mittente vuole veramente trasmettere. La strategia d’interpretazione della metafora elaborata da Searle è suddivisa in tre fasi: ■ se l’enunciato concepito letteralmente dimostra qualche “difetto” (es. è evidentemente falso oppure un nonsenso), bisogna cercare un altro significato, cioè quello metaforico, ■ quando si sente “S è P” bisogna prendere in considerazione tutti i possibili valori di R, cioè cercare le caratteristiche salienti di P che potrebbero essere applicate a S, ■ alla fine si deve ritornare al concetto S e vedere quali tratti fra i vari candidati individuati nella fase precedente siano più probabili come valori di R. Come si vede, il significato dell’enunciato metaforico inteso dal parlante è diverso da quello letterale, però ciò non vuol dire che si tratti di un atto indiretto. In questi ultimi il parlante intende quello che dice e inoltre trasmette qualche messaggio aggiuntivo, il significato metaforico invece non contiene il senso letterale dell’enunciato, ma lo oltrepassa. In quanto rappresentanti della corrente cognitiva nella scienza che a grandi linee comprende gli studi concentrati sulla cognizione, cioè la capacità di conoscere, immagazzinare e trasmettere informazioni, Lakoff e Johnson in ottica filosoficolinguistica propongono una visione della metafora come elemento del sistema cognitivo. La metafora è più che ornamento, diventa strumento della cognizione: La loro intuizione fondamentale [di Lakoff e Johnson] (...) consiste nell’attribuire alla metafora un ruolo decisivo non solo e non tanto all’interno del linguaggio, quanto soprattutto nell’ambito più generale della nostra attività cognitiva. Lungi dall’essere un fatto esclusivamente linguistico, meno che mai una mera figura retorica, per Lakoff e Johnson, al contrario, la metafora è il meccanismo paradigmatico del nostro pensare e del nostro comprendere.457 455. Searle, J. R. (1986) pp. 76-116. 456. Ivi, p. 115. 457. Altieri, L. (2006) p. 369. Sulla metafora cfr. anche altri saggi compresi in Bonfiglioli, S., Marmo, C. (2006).

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La linguistica cognitiva in questo senso percepisce la metafora oltre il suo valore verbale, come un mezzo di organizzazione sia del discorso sia del pensiero458. Il sistema concettuale di natura metaforica struttura il processo della conoscenza della realtà e, inconsciamente, si cerca di capire nuovi fenomeni in termini di un altro dominio concettuale già conosciuto459. In questa maniera, certi concetti astratti, lontani dall’esperienza quotidiana, sono metaforicamente espressi tramite espressioni più familiari e chiare, il che permette di comprenderli più facilmente. L’applicazione di un dato dominio al fine di conoscerne un altro rende più facile la comprensione e scopre anche nuovi aspetti, legami inaspettati, offre un punto di vista nuovo e originale. Inoltre, il modo di parlare influisce sul modo di pensare (e vice versa), perciò ad esempio il lessico bellico–militare presente nella lingua e usato per riferirsi ad una discussione fa nascere la metafora “la discussione è una guerra”, che a sua volta modifica la nostra percezione della realtà: la persona con cui si discute diventa un nemico, si attacca la sua posizione e la sconfitta o la vittoria sembrano reali. È interessante rilevare le somiglianze del sistema metaforico e l’esistenza degli stessi domini sorgente, cioè quelli da cui si traggono espressioni metaforiche, nella comunicazione politica italiana e polacca. Innanzitutto, sottolineiamo la presenza nel corpus delle metafore che emergono direttamente dall’esperienza corporea, fisica460. Intendiamo qui le metafore spaziali che si ricollegano all’esperienza senso-motoria, tipo: su – giù, dentro – fuori, davanti – dietro, profondo – superficiale. In particolare l’asse alto – basso viene spesso proiettato su altri domini461. Da qui derivano le espressioni come caduta del governo, il governo non cade, spadek sondażowy, wartość PO wzrasta, wzrost poparcia, notowania mają tendencję wzrostową. Molto feconda risulta anche la metafora di orientamento avanti – indietro che genera numerose valutazioni, rafforzate dalla loro univocità:

458. Lakoff, G., Johnson, M. (1988) p. 25. 459. Dobrzyńska, T. (1994) p. 136: “Metafora, odwołując się do dobrze przyswojonych zespołów pojęciowych, modeluje za ich pomocą zjawiska będące przedmiotem wypowiedzi”. 460. Lakoff, G., Johnson, M. (1988) p. 36. 461. Rigotti, F. (1992) p.123: “La mente umana è abituata a rappresentare la realtà per coppie di opposti e a classifare gli ambiti di esperienza in base a un principio di ripartizione binaria, fondato su opposizioni a coppie, che permette di distribuire gli esseri, secondo le loro particolari relazioni, intorno a due grandi opposizioni tematiche. Nella coppia di valori alto/ basso, l’alto si presenta di fatto come l’incarnazione di tutti i valori positivi in ambito cosmico, religioso, spirituale, etico e politico e il basso come ‘l’incarnazione di tutti corrispondenti aspetti negativi all’interno degli stessi ambiti”.

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5. 2. 3. 3. Metafora

[355] (...) un governo che viene percepito con le idee chiare e che guarda avanti. (31) [356] Dzięki nam Polska znowu ruszyła do przodu. (40) [356] To jest krok naprzód. (39) Le metafore che derivano dall’esperienza fisica, pur fortemente persuasive in quanto è intrinseca una valutazione dicotomica, non costituiscono un tratto distintivo della comunicazione politica, ma pervadono piuttosto tutte le forme del parlare. Siamo comunque in grado di indicare alcuni domini tematici particolarmente produttivi nella comunicazione politica. Questi sono innanzitutto i campi del teatro, dello sport e della lotta armata462. Ci occuperemo anche di altre forme dell’immaginario metaforico, però i tre tipi citati decisamente predominano. Le metafore sportive corrispondono ai requisiti necessari per essere efficaci, soprattutto perché si rapportano al dominio ben conosciuto da tutti che è lo sport463. I vari aspetti dell’attività politica vengono espressi tramite adeguati equivalenti nel campo sportivo, il che li rende più comprensibili per il largo pubblico. La conoscenza, anche generale, di questa area basta per decifrare le metafore della vita politica formulate in termini sportivi. A volte la metafora “la politica è uno sport” viene presentata expressis verbis per facilitare l’interpretazione: [357] Polityka jest na tyle chamskim, czasem brutalnym, ekstremalnym sportem, że żeby kobieta osiągnęła sukces, często musi niestety nabyć pewnych męskich cech. (36)

462. Cfr. Anusiewicz, J., Siciński, B. (1994), Borkowski, I. (2003), Siewierska-Chmaj, A. (2006), Trysińska, M. (2004), Wieczorek, U. (1999), Beccaria, G. L. (1989), Dell’Anna, M. V., Lala P. (2004). 463. Rigotti, F. (1989) p. 10: “Il procedimento metaforico opera accostando elementi appartenenti a insiemi diversi sulla base di proprietà comuni, raggruppando nuovi oggetti intorno a categorie conoscitivamente già aquisite”.

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Il parlante, comunque, tiene a sviluppare questa tesi, aggiungendo degli aggettivi che specificano la vera natura della politica, che è brutale, estremo e per questo, possiamo capire, molto emozionante. Ugualmente viva può risultare anche la negazione della formula “la politica è uno sport” che intensifica l’atteggiamento serio e responsabile del politico, come in questo caso: [358] To nie jest przerwa w meczu, bo to nie jest piłka nożna. (32) La metafora sportiva trae in gran parte la sua forza dall’entusiasmo, dalla passione e dalle emozioni che sucita la competizione sportiva. Conseguentemente, nel linguaggio politico abbonda il lessico legato alla gara e ai suoi risultati, come per esempio: vincere, perdere, pareggiare, wygrać, przegrać, zremisować. La rivalità fra i partiti e i singoli politici viene percepita come un agone sportivo e la situazione politica diventa il risultato di questo confronto sportivo. A titolo illustrativo riportiamo alcuni brani: [359] Ho vinto io. Se fosse stata una partita a tennis sarebbe finita 6-0/6-0. (4) [360] Vince il premier per ko. (4) [361] Jest remis ze wskazaniem na PO. (36) [362] I można mówić w Warszawie na pewno o remisie. (37) [363] No i będziemy walczyć o jak najlepszy wynik. (38) È interessante notare le frequenti modifiche della formula “la politica è uno sport”, che fanno spiccare la natura collettiva della politica e l’importanza dell’unione. La parola ricorrente in questo riguardo è una squadra, che indica il coeso potere esecutivo composto da membri leali e uniti [squadra di governo (2)] nonché serve per accentuare la necessità di cooperazione nell’attività politica: [364] Personalmente sono disponibile solo a un gioco di squadra. (31) [365] La sua è una squadra che sostanzialmente non c’è, divisa in due anime assolutamente inconciliabili. (7)

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[366] La manovra richiede il gioco di squadra. (31) [367] No bo polityka nie jest grą indywidualną tylko zespołową. (37) [368] Polityka to jest gra zespołowa. (38 ) Lo spostamento del significato dal campo sportivo a quelo politico conferisce al discorso maggiore incisività, è fonte delle immagini più vive e multicolori e così stimola il destinatario. Talvolta grazie a tale procedimento si ottiene un effetto umoristico: [369] In queste ultime settimane bisognerebbe fare ai grandi leader politici l’esame antidoping. (4) oppure al contrario si cerca di aumentare l’intensità del messaggio: [370] Nie oddawajmy Polski walkowerem. (39). Oltre ai riferimenti assai generali al campo dello sport come: punkt startu do zajęcia takiej pozycji, która da możliwość współdecydowania. (38), dogrywka w polityce (37) oppure element wewnętrznych rozgrywek (38), si riscontrano richiami più specifici alle concrete discipline sportive. Nel brano [360] si attesta ko che appartiene al campo del pugilato; nel corpus analizzato si ritrovano riferimenti a golf oppure ping-pong: [371] Vuol dire che siamo come certi giocatori di golf... (...) Ma sì: a quelli troppo bravi mettono un handicap, altrimenti non ci sarebbe partita. A noi hanno messo quello della Curia (...) (18) [372] Nie bądźmy piłeczkami do ping-ponga. Nie odbijajmy się z prawej strony do lewej i z powrotem. (39). Va comunque rilevata la decisa prevalenza delle metafore calcistiche, la cui diffusione è legata alla popolarità del calcio sia in Italia sia in Polonia. I diversi termini del linguaggio calcistico trovano applicazione nella descrizione della realtà politica, e il valore di questa metafora sta nella sua comprensibilità per un uditorio molto ampio. Inoltre, a ravvivare la metafora calcistica in Italia ha contribuito largamente

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il famoso discorso di Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale del 1994, la cosiddetta discesa in campo. La metafora del calcio si presta a vari adattamenti, si basa su singole espressioni tratte dal linguaggio calcistico, ma assume anche la forma di immagini molto elaborate. Nel corpus appaiono numerosi attributi caratteristici per questo gioco: un campo, una palla, un cartellino giallo, un cartellino rosso, un autogol, un allenatore, la panchina, la serie B. Tutti questi concetti indicano certi fenomeni della realtà politica e lo fanno in maniera più espressiva e comprensibile. Vediamo: [373] Myślę, że ten wynik PiS-u jest przede wszystkim efektem tej bramki samobójczej, którą PiS sobie strzelił. (37) [374] No więc myślę po pierwsze, że PiS dostał żółtą kartkę (37) [375] Po pierwsze, że ludzie pokazali nie czerwoną jeszcze, ale żółtą kartkę PiS, LPR i Samoobronie. (37) [376] Nell’attacco a tre punte io gioco all’ala destra. (5) [377] Ora la palla è a Bossi che la deve giocare come solo lui sa. (23) Il calcio è dominio sorgente per molteplici metafore che eccedono la realtà normale del calcio e lo usano come fonte di immagini vive, a volte esagerate, che fanno spiccare un desiderato aspetto della realtà politica. Tramite il dominio sorgente si scoprono alcuni elementi del dominio bersaglio finora nascosti. Ecco gli esempi: [378] È come se in una partita di calcio si mettesse la regola che si può tirare solo da metá campo. Prodi ha preteso regole assurde per paura della goleada di Berlusconi. (5) [379] Siamo come una squadra di calcio che parte da -26. Venti sono i miliardi di euro necessari per i parametri europei, 6 invece il deficit di Ferrovie e Anas. (14) Infine, presentiamo un’altra metafora che combina diversi elementi connessi al calcio per creare una visione della situazione disastrosa del Paese. Osserviamo que-

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sta raffigurazione molto elaborata dell’Italia – squadra di calcio di cui il presidente del consiglio è l’allenatore: [380] Se Prodi si sente così penalizzato è solo perché è un allenatore ormai sull’orlo dell’esonero. Per tenersi aggrappato alla panchina chiederà l’ennesima fiducia al Senato. Ma quello che gli italiani si augurano è che il professore torni presto a casa, prima di far retrocedere il Paese in serie B. (7) Le metafore dello sport si fondano sulla vicinanza e sull’accessibilità di questa tematica ad un ampio uditorio nonché sulle emozioni e la dinamicità coinvolte nella gara sportiva. La rivalità politica viene intesa come competizione non tanto ostile e sottoposta a certe regole. Meccanismi simili ma ancora più forti avvengono nel caso di un’altra metafora molto produttiva nella comunicazione politica: “la politica è una guerra”. L’incisività delle metafore bellico–militari consiste nel rappresentare l’attività politica in termini molto chiari, univoci. La realtà dipinta da queste metafore è bipartita, bianco–nera. Questa dicotomia permette di definire facilmente i ruoli dei partecipanti alla comunicazione: noi – buoni e loro – antagonisti – cattivi, e così intensifica le emozioni e le valutazioni. Il dominio della guerra fornisce immagini molto chiare e persuasive e ciò amplifica la persuasività di queste metafore464. La formula “la politica è una guerra” si realizza spesso in maniera esplicita dove l’attività politica viene denominata proprio guerra o lotta armata: [381] Il ministro Ferrero continua la guerra al professore (...). Mastella intona il requiem al governo unionista e attacca la sinistra massimalista. (7) [382] Perché hanno [le donne] più il senso della complessità dei problemi ed hanno anche più il senso del limite della lotta politica rispetto ai problemi veri e reali della vita quotidiana. Però è vero che la campagna elettorale è anche un confronto molto duro, un confronto diretto. (2)

464. Wieczorek, U. (1999) p. 109: “Metafora w służbie perswazji politycznej musi być prosta, sugestywna i łatwa w odbiorze”.

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La metafora della guerra accentua il carattere serio e brutale della politica e l’eccezionalità delle difficoltà che devono sostenere i politici. In questo modo si rileva l’importanza dell’attività politica. La metafora della guerra è adoperata negli atti di critica, quando viene sviluppata fino all’esagerazione, e la politica non è più uno scontro del bene e del male, ma appare piuttosto come una lotta caotica e irrazionale di tutti contro tutti. Evidentemente, questa percezione errata caratterizza gli avversari, mentre il parlante si presenta come l’unico saggio che si rende conto dell’erroneità di tale approccio: [383] Od wielu miesięcy mamy do czynienia z władzą ludzi, którzy rozumieją politykę jako wojnę wszystkich ze wszystkimi, którzy – tylko z wiadomych sobie powodów – z polityki zagranicznej zrobili konfrontacje ze wszystkimi sąsiadami, a z polityki wewnętrznej zrobili gorącą wojnę polityczną wszystkich partii ze wszystkimi partiami… (32) [384] Quella è una diatriba interna alla sinistra, dove la usano nella guerra di tutti contro tutti. La Margherita dà addosso ai diesse, i diesse litigano con Bertinotti... E poi hanno il coraggio di chiamarla Unione. (10) Magari una lotta scatenata non è meritevole, ma comunque le metafore belliche ravvivano l’idea dell’attività politica che sembra un impegno complicato, duro ed eccitante nel contempo. A questo fine vengono impiegati diversi elementi inerenti al campo della guerra, spostati alla sfera politica. Dunque, il disaccordo tra i politici o il tentativo di raggiungere uno scopo a dispetto degli avversari viene presentato come una battaglia contro qualcuno o qualcosa: [385] (...) si annuncia una battaglia parlamentare molto aspra. (6) [386] Se non fosse stato per la dura battaglia condotta da Raffaele Fitto contro quel decreto, la Puglia oggi si troverebbe in gravi difficoltà. (10) [387] Se giochiamo in maniera accorta, e un po’spregiudicata, vinciamo la battaglia sulla presidenza. (21) [388] Myślę, że kłopotem Polski nie jest tylko to, że partie polityczne ciągłą batalię toczą (...). (37)

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[389] Znaczy, moi najbliżsi partnerzy w tej batalii o prezydenturę są dzisiaj ze mną. (34) Vorremmo rimarcare la frequente presenza del lemma battaglia / batalia sia nel materiale italiano, sia in quello polacco. Cercando di capire i motivi della predilezione per questa parola a scapito di altri termini più o meno sinonimici come lotta, walka, bitwa, potremmo solo avanzare l’ipotesi che l’attrattiva di battaglia / batalia consta nelle sue connotazioni. Battaglia / batalia suscita emozioni più positive come scontro di notevole importanza, più nobile e magari romantico anche per le associazioni cavalleresche. Se ogni conflitto di opinioni o interessi viene mostrato come uno scontro armato tra eserciti, non sorprende l’uso dell’espressione forze politiche / siły polityczne (37) per rappresentare i partiti oppure il fatto che l’insieme delle attività propagandistiche svolte prima delle elezioni sia una campagna elettorale / kampania wyborcza (1, 2, 3, 5, 6, 10, 11, 14, 32 – 40). Va rimarcato che l’espressione campagna elettorale è talmente lessicalizzata che la sua appartenenza al campo militare non si sente più. Analogamente, le singole azioni intraprese dai politici assumono nomi attinti dal linguaggio militare. Pertanto vengono utilizzate parole come attacco, contrattacco, manovra per indicare le mosse dei politici nel dibattito pubblico: [390] Kontratak, no była aktywna kampania Prawa i Sprawiedliwości. (33) [391] Był być może atak Jacka Kurskiego (...). (33) [392] (...) i zostaliśmy zaatakowani przez PiS. (37) [393] (...) Storace, che è stato attaccato dall´Unità (...) (10) [394] attacchi (...) della sinistra (26) [395] manovre sotterranee (24) [396] una manovra tattica (25) La decisione da parte di un politico o un partito di recedere e rinunciare a un’idea o un progetto assomiglia invece al ripiegamento delle truppe dal fronte, perciò si parla del ritiro (21) o una ritirata (5). Siccome l’attività politica è una guerra, ci vogliono soldati per condurla. Da una parte i politici diventano soldati: [397] I powiedział: co by pan wybrał, panie pośle Maksymiuk? Być u Leppera zwykłym żołnierzem, posłem, czy być w PiS-ie wicepremierem i ministrem? (39),

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ma anche i sostenitori politici sono visti in termini militari: [398] i nostri militanti (26) [399] I cattolici che militano nella sinistra dovrebbero farsi un esame di coscienza (25). Per ottenere un successo bisogna possedere un programma in base al quale si intende pianificare l’attività politica, le scelte e i comportamenti finalizzati a guadagnare il consenso. Anche qui torna utile la metafora della guerra, e a questo riguardo si parla della tattica (6, 14, 25, 37, 39). Le azioni degli avversari politici assomigliano alle manovre dell’esercito che si devono studiare cautamente: [400] Uno si difende, studia le mosse dell’avversario, o ex alleato, cerca di evitare fregature... (24) oppure vanno bloccate: [401] psuć szyki PO (37). Infine, vorremmo rilevare la brutalità e l’aggressività che caratterizzano la politica e che vengono scoperte tramite le metafore militari, in particolare quelle riguardanti la lotta armata. A titolo esemplificativo citiamo i seguenti brani: [402] Kartką wyborczą strzelmy liberałom w sam środek! Aby już nigdy politycznie się nie podnieśli. (39) [403] (...) come fa l’opposizione, che continua a sparare sul governo senza mai proporre una, dico una sola, ricetta. (10) [404] (...) stiamo col fucile puntato sia sulla sinistra che sul nostro alleato (23) Negli esempi riportati la scheda elettorale diventa un’arma da fuoco, mentre le decisioni elettorali nonché le azioni intraprese dai politici sono percepite in termini di uno scambio di spari. Questa metafora rivela la divisione incolmabile tra i politici e l’impossibilità della cooperazione o rispetto reciproco. Le metafore bellico–

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militari impongono una visione della realtà politica univoca e spietata: l’avversario è un nemico che bisogna distruggere a tutti i costi. L’elettore, invece, deve solamente dichiararsi a favore di una delle parti del conflitto. Procediamo adesso ad analizzare l’ultima delle metafore predominanti nella comunicazione politica che abbiamo individuato. Si tratta della metafora del teatro, possibilmente formulabile come “la politica è uno spettacolo”. Anche essa appartiene al repertorio assai fisso e stabile del parlare politico e non solo. Ricordiamo la famosa interpretazione della vita proposta da Shakespeare nella commedia Come vi piace: il mondo è tutto un palcoscenico, e uomini e donne, tutti, ne sono attori. Il teatro come metafora è stato ampiamente utilizzato anche in psicologia o in sociologia per capire meglio le interazioni umane. Basti accennare ancora una volta Erving Goffman465, che attraverso la metafora teatrale spiega i meccanismi della vita sociale: gli individui assumono ruoli diversi nella vita quotidiana, si comportano diversamente sul “palcoscenico” e in privato ed ogni interazione è una rappresentazione. Non essendo del tutto un concetto nuovo e originale, la metafora del teatro è divenuta convenzionale e fortemente lessicalizzata; malgrado ciò, rimane molto frequente. Il suo carattere figurato è difficilmente discernibile e per una certa automaticità nella sua forma più semplice non svolge più funzione ornamentale. Ciò non vuol dire che il senso traslato in questo caso non produce nessun effetto: sicuramente le connotazioni richiamate dalla metafora del teatro operano a livello subconscio. Osserviamo come questa metafora si realizza nel corpus e quali risultati può dare. Anche in questo caso non sembra affatto complicato decifrare la metafora e i suoi elementi. La sfera del dibattito pubblico viene percepita come un palcoscenico dove si svolge uno spettacolo, per questo così spesso viene utilizzata l’espressione scena politica / scena polityczna. L’insieme dei partiti e delle circostanze in cui funzionano può essere sottoposto a vari procedimenti, può essere riordinato, sistemato, stabilizzato, diviso. Si parla anche della scena internazionale (12). Vediamo gli esempi: [405] Rzucili materiały o agentach, żeby pokłócić scenę polityczną, żeby nikt nie opanował sytuacji. (32) 465. Goffman, E. (2000).

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[406] Bo ono bardzo porządkuje scenę polityczną, mówi: tu jest prawica, Prawa i Sprawiedliwości, tu centrum z lekkim wychyleniem na prawo, ale z mocniejszym na lewo. (36) [407] Mam jednak nadzieję, że scena polityczna w Polsce na tyle się ustabilizowała, że to jest bardzo trudne, jeżeli nie niemożliwe. (36) [408] Jarosław Kaczyński chciał wykopać rów dzielący polską scenę polityczną na obóz liberalny i solidarnosciościową. ( 37) Procedendo con la metafora teatrale, l’intera attività dei politici viene concepita in termini di uno spettacolo. Rileviamo la propensione verso questa espressione quando si mira a biasimare l’opponente politico, a farlo sembrare poco serio e inaffidabile. Uno spettacolo connota una rappresentazione falsa della realtà, allestita in modo più o meno riuscito per suscitare emozioni, per divertire. Nel fare politica, invece, occorre saggezza, sincerità e serietà. Ecco gli esempi: [409] basta con il teatrino delle sinistre (31) [410] Assistiamo a uno spettacolo deprimente (...) (24) [411] Quanto accade alla Camera [...] è uno spettacolo mai visto nella storia della Repubblica. (6) [412] Uno spettacolo indecente, dove il ministro del Tesoro deve solo scegliere, per autodefinirsi, fra due figure letterarie: il cavaliere inesistente o il visconte dimezzato. (7) [413] Jedno z najbardziej upokarzających widowisk, jakie widziałem w swoim życiu, szczerze mówiąc. (32) Allo spettacolo politico partecipano per forza attori–politici che interpretano diversi ruoli. Come vedremo, anche il concetto di ruolo viene applicato nel senso traslato:

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[414] il ruolo politico dobbiamo darcelo da soli (23) [415] (...) każdy konflikt, czy nawet pozór konfliktu może być bardzo kosztowny dla Platformy w jej aspiracjach do odgrywania roli jedynej realnej alternatywy dla PiS. (37) [416] (...) dobrze się czują w atmosferze kampanijnej. A czasami dużo gorzej w rolach czysto rządowych. (37) Un altro elemento importante della metafora teatrale è lo scenario. Questo termine è adoperato per parlare del programma politico in base al quale gli uomini politici operano e prendono decisioni: [417] tutte le vie o tutti i possibili scenari sono guardati con attenzione da An (6) [418] Nie znam zamiarów rządu polskiego, nie znam pewnego scenariusza, który mam nadzieję, że istnieje (...). (37) [419] Ja myślę, że najbliższy scenariusz to jest taki, że albo w tym Sejmie będzie na tyle sił – sił, które będą chciały ustabilizować sytuację – i powstanie nowy układ polityczny (…) (32) Il concetto di scenario contribuisce a far sembrare fittizio il mondo della politica nel quale i politici appaiono delle marionette prive di volontà, che dipendono dal piano preparato da qualcun altro. Nel corpus abbiamo riscontrato anche altri indizi che la metafora del teatro sia sempre viva. Intendiamo qui per esempio il brano, dove l’intervento di un politico viene visto come una battuta teatrale: [420] Nie, ale pozwólcie, że ktoś powie kwestię do końca… (32) oppure un’altra citazione che esprime una reazione ironica a quanto è stato detto e che è stata presa in prestito dal campo teatrale: [421] Brawo! Brawo… (32).

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La presenza delle metafore teatrali può essere percepita come il riflesso linguistico della più ampia tendenza alla spettacolarizzazione del discorso politico, a cui abbiamo accennato nel capitolo 1.4. Seguendo questa direzione, possiamo supporre che la metafora del teatro scopra un importante aspetto della politica in quanto spettacolo illusorio allestito per l’uso degli elettori in base ai ruoli previsti nello scenario. La visione della politica che emerge, alquanto appiattita, cinica e insincera, trova una particolare applicazione negli atti di deprezzamento dell’avversario. I tre principali gruppi di metafore che abbiamo presentato nella loro forma pura vengono anche utilizzati in maniera creativa: combinati, contaminati, alterati. Nell’unirli si può ottenere un maggiore effetto come risultato del confronto fra due campi semantici. Riportiamo un perfetto esempio di questa tendenza, che accosta gli elementi metaforici legati allo sport, alla guerra, al gioco e al teatro: [422] È il famoso teatrino, tutto un giochetto tattico. Il problema è che tutto il mondo del commercio e delle piccole imprese (...) si prepara a sferrare domani un attacco durissimo alla maggiorannza e questi che fanno? Stanno lì a giocare a scacchi! Ma si può? (24) Ecco un altro brano che combina il concetto del gioco e del teatro: [423] Prezydent pokazał, że nie będzie takim nocnym stróżem, który tylko patrzy ale, że będzie aktywnym graczem sceny politycznej. (39) Gli ultimi due frammenti indicano un altro importante campo da cui si attingono metafore politiche, cioè quello del gioco. È un settore molto prolifico che comporta diverse connotazioni: un gioco può essere divertente, ma anche disonesto, frivolo e così via. La formula “la politica è un gioco” può attuarsi in maniera neutrale, come in questo caso della metafora di un gioco di carte: [424] W tej chwili wyborcy rozdali głównym uczestnikom sceny politycznej karty i mają następujące przesłanie: grajcie między sobą, ale grajcie także dla nas. (36) [425] (...) żeby to już zwycięsko przeprowadzić, a nie tylko nie zostać z czarnym Piotrusiem w ręku. (37)

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Si attestano anche usi marcati negativamente come nei casi seguenti, che mirano a scoprire il lato riprovevole degli avversari. Per questa ragione il gioco assume un’accezione sfavorevole in quanto si associa con trucchi, imbrogli e soluzioni non del tutto chiare e pulite: [426] Giochi da politicanti che non hanno rispetto della volontà popolare cioè della democrazia. Giochi che, con la nuova Costituzione, non potranno più ripetersi. (10) [427] Assistiamo al riemergere di giochi torbidi. (12) Si usa la metafora del gioco per esprimere un atteggiamento di disprezzo e condiscendenza verso il rivale politico, il suo programma e l’attività: [428] Per cinque anni vi è stato lo stesso Presidente del Consiglio, vi è stata una sola crisi che si è risolta in ventiquattr’ore. Accetto, quindi, in qualche modo il gioco dei 100 giorni, ma un Governo serio agisce nell’arco di cinque anni. (3) [429] Najważniejszy jest program. Jeśli on będzie realizowany dobrze, to wszystko będzie dobrze. Jeśli nie, to zakończymy zabawę. (39) Non mancano nel linguaggio politico riferimenti ai giochi concreti come realizzazione della metafora “la politica è un gioco”, che fanno ricorso al bagaglio di esperienze che i politici e gli elettori hanno in comune. Non si può fare a meno di menzionare il girotondo, che dal 2002 è divenuto il nome di un famoso movimento di cittadini italiani contro Silvio Berlusconi in difesa della democrazia e della legalità: i girotondi. Il nome del gioco di bambini può dare inizio ad una sequenza di metafore: [430] “No ai girotondi? Facciamo mosca cieca, allora, purché si faccia. (19) Crediamo che il linguaggio figurato legato al concetto di gioco possa introdurre nel pensare della politica un senso di trivializzazione: un gioco non richiede troppa intelligenza, preparazione o integrità, ma piuttosto la destrezza e la scaltrezza. Queste qualità traslate al campo politico possono alterare la sua percezione, banalizzare la politica.

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Oltre ai tre campi semantici che abbiamo indagato, è possibile distinguere nella comunicazione politica anche altri campi che si ripetono con una certa regolarità, nonché le metafore occasionali, spesso molto originali e suggestive. Tra le figure assai frequenti occorre accennare alla personificazione dello stato esprimibile come “il Paese è una persona”. Di solito queste metafore sono usate per accentuare il coinvolgimento emotivo del politico e la sua cura del bene del Paese, il che dovrebbe favorire la persuasività del discorso. Il Paese è solitamente rappresentato come una persona che soffre, ha bisogno di aiuto; nel sottinteso è il politico ad avere una ricetta contro tutti i problemi. Il Paese è in grado di provare sentimenti forti: [431] Dobbiamo dire a Prodi che l’Italia non è impazzita, ma è arrabbiata perché viene colpita da un ciclone fiscale messo in atto da una triade (Prodi- ViscoPadoa Schioppa) che non ha capito che sta soffocando una ripresa al suo decollo. Non avevamo mai visto un presidente del consiglio insultare il suo Paese. (7) o anche soffrire fisicamente ed essere malato: [432] Ma è vero che il Paese è talmente esausto che non può sopportare una politica in due tempi: prima il risanamento e poi il rilancio. (14) [433] Naprawa państwa, to uwolnienie go od raka korupcji (35) [434] (...) non bastano più i pannicelli caldi. Tutti vedono che l’Italia è l’ultima della classe. (14). Il Paese è percepito come individuo indipendente, che ha diritto di agire come vuole a seconda delle proprie opinioni e giudizi: [435] Polska nie może się zgodzić na tolerowanie jakichkolwiek przejawów akceptacji dla faszyzmu. (36) [436] Polska zablokowała rosyjsko-unijne porozumienia o współpracy. (37) [437] Polska miała prawo sięgnąć do tak ostrego narzędzia, jakim jest weto. (37).

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D’altronde corre il rischio di subire gravi lesioni, soffrire inutilmente o anche morire, se non riceve aiuto: [438] Na to nie możemy się zgodzić. Polska nie zasługuje na tego rodzaju ciosy. (36) [439] La Finanziaria delle tasse darà il colpo di grazia al nostro Paese. (7) Mentre alla personificazione assegniamo soprattutto il ruolo di rendere il messaggio più emotivo, nel corpus si attestano altre numerose metafore che si concentrano sul lato estetico del discorso. Segnaliamo, ad esempio, la ricorrenza alle metafore marinaresche, peculiarmente frequenti nel materiale italiano. Si tratta soprattutto dell’immagine di una nave che sta affondando, ma non esclusivamente: [440] Fini e Casini stanno cercando di prendere le distanze dal premier perché non è più credibile. Vedono avvicinarsi la sconfitta e cercano di salvarsi. Ma scendere dalla nave mentre sta naufragando non è brillante, tanto più che fino a oggi hanno condiviso tutte le scelte fatte da Berlusconi. (5) [441] Non ho mai visto un topo salire su una nave che affonda. (15) [442] Non siamo come i passeggeri del Titanic che continuavano a divertirsi mentre la nave affondava. La nostra nave è robusta, ma se non cambiamo direzione andremo in balia delle onde (14) [443] E perché sarebbe strano che qualcuno cercasse di salire su una nave che sta affondando. Anzi, molti avranno la tentazione di scappare da una barca piena di falle che a fatica riesce a stare a galla. (25) [444] In alto mare si sta bene (...): è quando ci si avvicina troppo agli scogli che iniziano i problemi. (23) [445] To pokazuje, że lewica złapała wiatr w żagle (...). (38) Visto che l’interpretazione di queste metafore non presenta difficoltà, crediamo che servano a rendere il discorso più bello e accrescere la sua attrattiva e fluidità. Sono spes-

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so convenzionali, a volte leggermente alterate, così il destinatario riesce a capirle. Con lo stesso scopo operano, a nostro avviso, le metafore vive, occasionalmente create dai politici, che si caratterizzano per la freschezza, la vivacità e la capacità di sorprendere l’uditorio. Vorremmo presentare alcune metafore estratte dal corpus che abbiamo selezionato per il loro carico emotivo e valutativo. Esse risultano un utile mezzo persuasivo in quanto rendono il discorso più attraente e stuzzicano l’attenzione del pubblico, ma innanzitutto va messa in rilievo l’intensità e l’univocità delle connotazioni che comportano. Trasmettono un bagaglio di opinioni e giudizi del parlante nascosto in un’immagine molto pittoresca e in questa maniera svolgono indirettamente la funzione persuasiva. Osserviamo che questo tipo di metafore viene adoperato volentieri negli atti di deprezzamento, in particolare quando si tratta della critica dell’avversario stesso oppure del suo programma e della sua attività. Ecco alcuni esempi: [446] A jeśli mamy powtórzyć podobny cyrk, jak dzisiaj się odbywa, no, to szkoda pieniędzy. (32) [447] Dopo i casi Pallaro e Montalcini, questa Finanziaria si è trasformata in un lucrosissimo bingo per i senatori, a vita e non, della maggioranza. (5) [448] PiS powinien siedzieć przez kolejne lata na oślej ławce za to co zrobił Warszawie. (37) [449] Un balletto continuativo delle stesse persone che diventano assessori, sindaci, dirigenti delle cooperative, dirigenti del partito in un carosello continuativo. (1) [450] L’onorevole Lusetti è una cariatide con il volto da ragazzo. A differenza del buon vino che invecchiando migliora, lui sta diventando aceto. E quel che è peggio è che non se ne accorge. (5) Rileviamo quanto elaborate si dimostrano talvolta le immagini metaforiche e quanta ironia e giudizi spregiativi possono contenere: [451] Chór “Balcerowicz musi odejść” – ten chór brzmiał w Sejmie długi czas i jego dyrygentem był Andrzej Lepper. Do tego chóru dołączył parę dni temu mój szanowny oponent. (35)

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5. 2. 3. 3. Metafora

[452] Speriamo che telegiornali e giornali radio non trasmettano il sonoro delle dichiarazioni di Prodi sul Molise perché sarebbe insopportabile lo stridio delle unghie mentre il capo del governo cerca di arrampicarsi sugli specchi per giustificare lo schiaffo del Molise. (7) [453] Ancora una volta le lancette dell’orologio della magistratura politicizzata si sono sincronizzate ai tempi della politica, e in particolare rispetto alle difficoltà e alla crisi dell’attuale governo. (7) Al fi ne di riassumere le riflessioni sulla metafora nel linguaggio politico vorremo sottolineare l’importanza sia delle metafore vive, inventate dai politici nel momento del parlare, sia quelle congelate, convenzionali. Come abbiamo cercato di dimostrare nel corso di questo capitolo, la creatività e l’originalità metaforica nonché l’utilizzo delle formule del cui carattere figurato non ci accorgiamo più contribuiscono a rafforzare la persuasività del parlare politico. Infi ne, ricapitoliamo brevemente i meccanismi di cui si avvalgono le metafore a favore della persuasione. Innanzitutto, la funzione conativa viene significativamente amplificata dalla scelta premeditata della forma linguistica del messaggio e questa osservazione vale anche per le metafore: in questo senso la funzione ornamentale466 che riguarda l’estetica e la capacità di attrazione del discorso può incrementare l’incisività delle idee espresse. Inoltre, l’uso delle metafore già radicate nella lingua467 nonché quelle che si basano sull’esperienza quotidiana comune a tutti468 facilita la percezione e assicura la comprensione del messaggio figurato da parte del destinatario. In questo modo, il discorso si distingue esteticamente e allo stesso tempo rimane relativamente facile da comprendere. Tali metafore possono diventare molto efficaci nello spiegare dei

466. Rigotti, F. (1992) p. 15. 467. Borkowski, I. (2003) p. 25: “Nadawcy tekstów muszą jednak korzystać z niewielkiego zasobu metafor słownikowych – znanych ogółowi, łatwych w deszyfracji, o wyraźnym, nieskomplikowanym nośniku”. 468. Ivi, p. 119: “Jako nośniki metafory o walorach perswazyjnych wykorzystuje się zjawiska bliskie życiu codziennemu, zwyczajne, związane z prozaicznym doświadczeniem pozajęzykowej rzeczywistości”.

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fenomeni più complessi della realtà politica, economica o sociale; tramite un’immagine viva e familiare si illustrano delle questioni più intricate469. Il riferimento al dominio concettuale a portata di tutti contribuisce anche a stabilire il legame tra il mittente e il ricevente, creare un senso di comunità e ridurre la distanza tra i due partecipanti all’atto comunicativo. Non va sottovalutata la dimensione intellettuale della metafora, vale a dire la sua funzione stimolante: la metafora (...) stuzzica la riflessione intellettuale 470. Questo effetto viene conseguito tramite due canali paralleli. Il primo consiste nella sollecitazione emotiva attraverso delle immagini vivaci e suggestive, che rende meno automatica la percezione del messaggio. Accanto alle emozioni coinvolte, un ruolo importante nel formare le opinioni del destinatario è svolto dalle connotazioni: al dominio bersaglio viene spostato l’insieme di giudizi e valutazioni legati al dominio sorgente. La potenza della metafora consiste nel rappresentare dei concetti in modo abile, condensato e gradevole471. Infine, bisogna mettere in rilievo certe proprietà della metafora che la rendono molto efficace come strumento di manipolazione. Intendiamo qui soprattutto la selettività della conoscenza mediata dalla metafora, nonché il fatto che è virtualmente impossibile negare la metafora. In primo luogo, siamo d’accordo con l’opinione che la metafora possa far nascere distorsioni e rappresentazioni errate della realtà, se viene adottata acriticamente472. È la prerogativa del traslato mettere in risalto alcuni aspetti di un’entità e negligere o addirittura nascondere gli altri473. Dirigendo l’attenzione del ricevente verso elementi desiderati, la metafora genera una visione soggettiva della realtà e così pone certi limiti alla cognizione. Essendo una forma figurata, la metafora si sottrae al criterio di verificabilità: non può essere controllata o commentata, perché questo distruggerebbe la metafora stessa. Inoltre, non c’è modo per negarla effettivamente: la negazione diretta ignora 469. Dobrzyńska, T. (1994) p. 137: “Rzutując znane doświadczenia na obszary pojęciowo nie przyswojone, metafory sugerują oswojenie tych ostatnich i stwarzają przekonanie o dostępności poznawczej omawianych zjawisk”. 470. Rigotti, F. (1992) p. 35. 471. Dobrzyńska, T. (1994) p. 137: “Ta skrótowość i dostępność poznania przez metaforę sprawia, że wyrażenia przenośne zaliczane są do najbardziej sugestywnych środków komunikacji”. 472. Rigotti, F. (1989) p. 30. 473. Dobrzyńska, T. (1994) p. 137.

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5. 2. 3. 3. Metafora

il senso traslato, mentre l’elemento valutativo, implicito e celato nella connotazione del dominio sorgente non può essere negato come una semplice asserzione474. L’irrealizzabilità della negazione induce a considerare la metafora un perfetto strumento della lotta politica. La valutazione e il giudizio si imprimono nella mente del ricevente mentre a livello lessicale non si esplicita niente. L’unica soluzione per far fronte all’interlocutore nemico appare un’altra metafora. E infatti la pluralità di metafore rilevate nel corpus conferma l’utilità di questo tropo nella comunicazione politica. Non si rilevano differenze notevoli relative ai tipi di metafore adoperati dai partiti diversi475. Inoltre, è interessante notare non solo le somiglianze quantitative nel materiale italiano e polacco, ma anche le affinità qualitative, vale a dire l’equivalenza tematica rappresentata dalle metafore sportive, bellico–militari e teatrali che si rivelano molto produttive in ambedue le realtà politiche.

474. Ivi, p. 141: “Bo jak zaprzeczyć metaforę? Jej bezpośrednie zanegowanie (...) nie spełnia oczekiwań, niweczy bowiem sens przenośny, prowadząc równocześnie do stwierdzania truizmów. Negacja samego komponentu warrtościującego jest niemożliwa, gdyż nie jest on zakomunikowany pod asercją, ukrywa się pośród konotacji nośnika i stamtąd dobrany być może jako komponent interpretacji metafory, która nie osiąga statusu sądu”. 475. Rigotti, F. (1992) p. 210: “Tendenza contemporanea all’omogeneità e uniformità dei linguaggi metaforici tramite scambio di figure tra i diversi raggruppamenti politici”. E anche Kloch, Z. (2006) p. 90: “Funkcja społeczna i przynależność partyjna nie wpływają determinująco na repertuar używanych przez polityka metafor, są bowiem raczej środkiem do przekonywania słuchacza, świadomym bądź mimowolnym sposobem wyrażania cech osobowości, niż takim użyciem języka, które można przypisa osobie piastującej określony urząd”.

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Conclusioni Lo scopo di questo lavoro è stato di offrire un panorama del fenomeno della persuasione nella comunicazione politica in Italia e in Polonia. Evidentemente, un’impostazione talmente generale della problematica eccede notevolmente i limiti di questo intervento, perciò abbiamo dovuto restringere il campo di indagine. L’abbiamo fatto, tra l’altro, avanzando una proposta di definizione del linguaggio politico. Questo concetto è stato ricondotto ai testi prodotti dagli uomini politici nella loro attività pubblica e comprende sia la produzione verbale che scritta. Tenendo conto della pluralità degli aspetti linguistici che potrebbero eventualmente essere esaminati, abbiamo deciso di selezionarne solo alcuni, al fine di presentare un’esposizione possibilmente esauriente e coesa. Partendo da tali presupposti, abbiamo concentrato la nostra ricerca sugli espedienti pragmatici e linguistico-retorici messi in atto per persuadere l’uditorio. Abbiamo basato questo studio sul materiale linguistico italiano e polacco in quanto uno dei nostri obiettivi è stato quello di individuare e dimostrare le affinità a questo riguardo tra i due Paesi. Dall’analisi svolta emerge che è legittimo parlare dell’equivalenza dei mezzi nel discorso politico italiano e polacco; i fenomeni linguistici rilevati che favoriscono la persuasione trovano illustrazione nel corpus italiano e polacco. Abbiamo desiderato, e credo che almeno parzialmente ci siamo riusciti, indicare alcune tendenze universali nell’impiego della lingua ai fini persuasivi, e sarebbe interessante verificarne la presenza sui corpus di altre lingue. Fra le possibili spiegazioni di queste somiglianze vorremmo rammentare da un lato le ragioni di carattere sociobiologico, vuol dire gli aspetti della motivazione del comportamento che sono riconducibili al bagaglio genetico comune all’intera specie umana, come ad esempio la divisione atavica tra “noi” e “loro” che si manifesta così vistosamente nella politica. Non vanno dimenticati i meccanismi e le modalità dell’interazione sociale influenzata dai pensieri, sentimenti e comportamenti degli individui, le cui ricorrenza e similarità sono diventate oggetto di studio della psicologia sociale. Da un altro lato, l’universalità dei mezzi persuasivi nella lingua dipende dai fattori culturali, in questo caso soprattutto dalle comune radici antiche nella civiltà gre-

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Conclusioni

ca e romana, nonché alla tradizione giudeo-cristiana, su cui si basa l’intera cultura occidentale. Vanno necessariamente rilevate anche le influenze legate allo sviluppo della cultura di massa, in particolare di impronta statunitense. In questo campo rientrano numerosi fenomeni che sono stati e saranno ancora oggetto di studio di discipline e di studiosi diversi; abbiamo indicato, purtroppo solo genericamente, alcuni influssi che contribuiscono a omogeneizzare la cultura e perciò anche la comunicazione politica: il processo di democratizzazione476 e il sistema capitalistico, l’avvento e l’espansione dei mass media, in particolare la TV e Internet, la globalizzazione. Tutto ciò tende a unificare la cultura, così che fenomeni culturali simili avvengono in tutto il mondo, e questo riguarda anche la sfera della comunicazione477. La situazione in cui la forma e il contenuto della comunicazione sono condizionati dagli indici d’ascolto478 porta a drammatizzare, a esagerare, a impressionare tramite la schiettezza e la bruschezza del messaggio; si annulla la distanza tra gli attori sociali, e anche la relazione di formalità e ufficialità del contatto tra il mittente e il ricevente viene neutralizzata. Tale orientamento culturale non rimane senza conseguenze sul linguaggio adoperato dai politici e sui mezzi persuasivi a cui ricorrono. Ritenendo che il compito principale dei politici sia quello di conquistare e mantenere il consenso degli elettori, abbiamo considerato dominante la funzione conativa del messaggio a cui vengono sottoposte tutte le scelte linguistiche. I testi prodotti dai politici non possono non essere persuasivi: devono per forza convincere l’uditore e portarlo a consentire con ciò che viene detto dal politico. È evidente che il linguaggio offre un’infinità di modi di conseguire questo obiettivo, e in questo senso “fare politica” vuol dire “usare la lingua”. L’ambito della comunicazione politica mette in rilievo la prossimità fra il dire e il fare; per questo abbiamo deciso di avvalerci della teoria degli atti linguistici nella formulazione che le hanno dato Austin e Searle, che abilmente collega questi due aspetti dell’enunciato. In questa ottica, abbiamo elaborato un elenco di atti linguistici impiegati dai politici per ottenere il consenso degli elettori, suddiviso in due categorie principali: gli atti che puntano principalmente a ingraziarsi il destinatario mediante una presentazione positiva di sé e quelli diretti a deprezzare e screditare 476. Dubisz, S. (1992) p. 149. 477. Kloch, Z. (2006) p. 34. 478. Majkowska, G., Satkiewicz, H. (1999).

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l’avversario politico. Questi meccanismi, in parte linguistici e in parte psicologici, sono risultati analoghi per la realtà politica polacca e per quella italiana. La forza persuasiva della lingua consiste non solo in ciò che si possa fare attraverso la lingua, ma anche nel modellare la realtà, o almeno una visione di essa, attraverso apposite scelte lessicali, sintattiche o retoriche. In questa prospettiva spicca l’importanza della forma del messaggio in quanto modo di abbellire il discorso e renderlo più gradevole al ricevente. Non va scordato il carico persuasivo inerente alla forma piacevole, quasi impercettibile a primo impatto, che agevola la ricezione del messaggio e suscita l’interese dell’uditore. A questo riguardo abbiamo individuato due filoni di ricerca: uno che esamina la potenza persuasiva della colloquialità, intesa come scelte informali ed enfatiche sui diversi livelli della lingua, l’altro che prende in considerazione l’aspetto retorico del messaggio politico. Mediante l’analisi delle figure di parola, delle figure di pensiero e dei tropi, tra i quali innanzitutto la metafora, abbiamo dimostrato come un ornamento al livello superficiale possa svolgere una funzione persuasiva: trasmettere valutazioni e giudizi del mittente, plasmare le opinioni del destinatario, rafforzare i legami tra i partecipanti alla comunicazione. Abbiamo voluto sottolineare che l’efficacia di questi espedienti linguistici dipende in gran parte dal modo sottile in cui operano. Infine, abbiamo voluto offrire un sommario dei meccanismi persuasivi su cui si basano tutti i mezzi linguistici mirati alla persuasione. A questo scopo ci siamo avvalsi della classificazione elaborata da Stanisław Barańczak479, che, sebbene sviluppata con riferimento alla persuasività della cultura di massa dell’era comunista in Polonia, sembra stranamente utile ancora oggi. Riportiamo qui i quattro meccansimi persuasivi che, in forma più o meno diretta, sono apparsi nel corso di questo lavoro. Per primo, Barańczak individua “l’emozionalizzare” della percezione, ossia il rendere più emotiva e meno razionale la ricezione del messaggio. Le emozioni trasmesse nella comunicazione devono essere contagiose, catturare il destinatario e limitare la riflessione intellettuale. Qui risultano utili sia i fenomeni della colloquialità che intensificano l’emotività delle unità linguistiche, sia le figure retoriche che in modo più formale manipolano la ricezione. 479. Barańczak, S. (1983) pp. 33-35.

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Il secondo meccanismo di cui parla Barańczak è la “comunità del mondo e comunità della lingua” che consiste nel creare il senso di “una piena intesa” tra il politico e il destinatario–elettore grazie alla forma linguistica premeditata del messaggio. In breve, l’uso del linguaggio simile implica, spesso falsamente, anche un’affinità delle opinioni: per questo i politici così spesso sono disposti a “parlare come la gente comune”, il che frequentemente vuol dire il ricorso al linguaggio semplice, informale, anche grossolano. In questo modo i politici provano a creare una sorta di comunità con i destinatari, un certo “noi’che comprende il politico e gli elettori in chiara contrapposizione a “loro”, cioè gli avversari politici480. L’altra strategia persuasiva di Barańczak è strettamente collegata con la precedente in quanto si avvale della bipartizione del mondo raffigurato nei messaggi politici. Questo meccanismo viene denominato “semplificazione della disposizione dei valori” ossia “un chiaro orientamento assiologico”. Visto che la realtà politica è divisa nettamente in “noi” e “loro”, questa spartizione si trasferisce anche al livello assiologico e di conseguenza si ottiene una visione dicotomica della realtà, dove “noi” siamo buoni, mentre “loro” sono cattivi. L’ultima tecnica di influenza sull’uditore viene chiamata “meccanismo della percezione senza alternativa” e consiste nel rappresentare la realtà in modo tale che il destinatario si senta assolto dall’obbligo di decidere. In modo quasi invisibile, il politico riesce a indicare al destinatario le soluzioni giuste, presenta una visione univoca del mondo che in effetti determina le decisioni e il comportamento elettorale del ricevente. È un meccanismo che penetra profondamente in tutti i livelli della lingua; ogni mezzo linguistico è mirato a suscitare nel destinatario la convinzione che le soluzioni proposte dal politico sono l’unica alternativa. A titolo esemplificativo richiamiamo l’iperbole, il quantificatore universale, le etichette e generalmente tutti i modi di trasmettere valutazioni. Infine, desideriamo sottolineare il mezzo persuasivo fondamentale della lingua, cioè la valutazione. Tutti gli espedienti che abbiamo studiato poggiano alla fin fine sulla capacità della lingua di trasmettere giudizi e opinioni. Nella comunicazione politica la lingua è utilizzata a trasmettere le valutazioni per poi generalizzarle 480. Cfr. Barańczak, S. (1983) p. 34: “umacnianie poczucia wspólnoty w ramach owego ‘my’(nadawca + odbiorca) powoduje bowiem jednocześnie, że z coraz bardziej agresywnym nastawieniem spotykają się ‘oni’– ci, którzy pozostają poza obrębem wspólnoty”.

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a tutti gli elementi della categoria481. In termini più concreti, screditando un politico antagonista si può talvolta distruggere l’intero partito concorrente. Come abbiamo già ammesso, siamo riusciti ad analizzare solamente alcuni aspetti del fenomeno ricco e multiforme della comunicazione politica. Ci siamo concentrati sulle affi nità pragmatico–retoriche al servizio della persuasione nel linguaggio politico in Italia e in Polonia, però siamo consapevoli della limitatezza di questo approccio. Non ci pare neanche realizzabile fornire un quadro esaustivo della persuasione politica in quanto si tratta di una tematica comprendente una miriade di fenomeni diversi, in cui si incrociano gli ambiti di varie discipline scientifiche. Indubbiamente, occorrono ulteriori ricerche, fra cui un’indagine del materiale tratto da altre lingue. Sarebbe anche interessante effettuare ulteriori analisi sugli idioletti dei particolari uomini politici, considerare le loro abitudini linguistiche specifiche e valutarne anche le somiglianze, mirando sempre al quadro possibilmente universale del parlare politico. In conclusione, vorremmo dire che questo lavoro si è fissato uno scopo esattamente opposto a quello che si prefiggevano gli antichi maestri di retorica: questi ultimi miravano a rendere più efficace l’oratore, insegnargli i trucchi necessari per “docere, delectare, movere”. Questo intervento, invece, si propone come un manuale della comunicazione politica à rebours, che sveli certi meccanismi persuasivi universali, evidenzi le strategie linguistiche messe in atto per convincere e talvolta manipolare. Vorremmo sottolineare quanta importanza per il funzionamento di un Paese democratico abbia il fatto che il destinatario sia in grado di riconoscere queste tecniche e “disarmare” in questo modo il messaggio. Solo un ricevente consapevole e accorto non cadrà nella trappola e non diventerà preda dei procedimenti linguistici nascosti o disonesti; grazie a ciò sarà invece in grado di interpretare correttamente i messaggi dei politici, nonché prendere decisioni basate sui fatti e non sulla visione imposta dagli uomini politici.

481. Bralczyk, J., Wasilewski, J. (2007) p. 120: “Ci, którzy chcą funkcjonować w dyskursie publicznym, pokazują się jako waluatorzy – jednak nie chodzi tu tylko o wartościowanie, ale o obiektywizację i ekstrapolację wartościowania”.

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La persuasione nella comunicazione politica in Italia e in Polonia

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Streszczenie. Perswazja w komunikacji politycznej w Polsce i we Włoszech Niniejsza praca poświęcona jest zagadnieniu perswazji politycznej z perspektywy językoznawstwa. Zawarte w niej analizy opierają się na przekonaniu o zasadniczo językowym charakterze działalności politycznej: uprawianie polityki to głównie komunikacja – mówienie, aby przekonać, zdobyć poparcie, a ostatecznie władzę. Tak więc, funkcja perswazyjna została uznana tu za funkcję dominującą w języku polityki. Głównym przedmiotem tej rozprawy jest analiza językowych środków perswazyjnych w ujęciu pragmatycznym i retorycznym oraz wykazanie uniwersalnego charakteru pewnych mechanizmów na bazie współczesnego dyskursu politycznego włoskiego i polskiego. Analiza została oparta na autentycznym materiale, na który składają się teksty zarówno polskie, jak i włoskie zebrane w okresie od września 2005 do listopada 2006, ze szczególnym uwzględnieniem okresu kampanii wyborczych we Włoszech i w Polsce, które wtedy miały miejsce. Pod względem typologicznym korpus obejmuje teksty bardzo zróżnicowane: wywiady prasowe, zapisy debat telewizyjnych, krótkie wypowiedzi dla mediów, wystąpienia parlamentarne, przemówienia. Praca składa się z 5 rozdziałów, konkluzji i bibliografii. Rozdział pierwszy poświęcony jest ukazaniu szeroko pojętego tła dla zjawisk językowych, które są właściwym przedmiotem badań. Przedstawia on defi nicje polityki oraz najważniejsze wydarzenia na włoskiej i polskiej scenie politycznej, które mogą okazać się znaczące przy interpretacji poszczególnych tekstów. Rozdział ten porusza także problematykę współzależności polityki, polityków oraz mediów masowych, zwłaszcza telewizji. Ponadto, zawiera syntetyczny opis najważniejszych publikacji z zakresu badań nad językiem polityki w obu krajach.

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Streszczenie. Perswazja w komunikacji politycznej w Polsce i we Włoszech

Rozdział drugi poświęcony jest wyznaczeniu granic pola badań poprzez umiejscowienie języka polityki wśród odmian językowych, a także usystematyzowaniu stosowanej terminologii. W trzecim rozdziale szczegółowiej omówiona została fundamentalna dla niniejszej pracy kwestia perswazji w języku polityków. Funkcja perswazyjna tekstów została ujęta w ramach pragmalingwistycznej teorii aktów mowy J. L. Austina (1962), rozwiniętej przez J. Searle’a (1969, 1986), oraz uzupełniona poprzez zestawienie z bliskim jej zjawiskiem manipulacji. Rozdziały 4 i 5 zostały pomyślane jako praktyczna analiza zebranego materiału językowego z punktu widzenia struktur pragmatycznych i retorycznych stosowanych przez polityków w celu uzyskania poparcia. Wykorzystana tutaj została koncepcja zachowań ingracjacyjnych sformułowana przez amerykańskiego psychologa E. E. Jonesa (1964), w oparciu o którą został zaproponowany podział aktów mowy wykorzystywanych do celów perswazyjnych w komunikacji politycznej na dwie kategorie: akty ingracjacyjne oraz akty deprecjonujące przeciwnika. Obie kategorie obejmują szereg typów aktów, które zostały szczegółowo omówione. Analiza pragmatyczna została uzupełniona następnie przez refleksję nad językowym kształtem komunikatu perswazyjnego. W tym celu wykorzystany został, zaczerpnięty z klasycznej retoryki, termin elocutio. Wśród zjawisk językowych szczególnie wartych uwagi z perspektywy retorycznej należy wymienić kategorię potoczności, jej sposoby realizacji na różnych poziomach języka oraz figury i tropy retoryczne, które, choć znane już od starożytności, nadal wykorzystywane są jako narzędzie perswazji. Służą one bowiem nie tylko upiększeniu, uatrakcyjnieniu przekazu, ale również mają kształtować nastawienie odbiorców, sterować ich emocjami, poglądami, zachowaniami. Pracę zamyka krótkie podsumowanie, które zbiera w skrótowej formie odpowiedzi na pytania zarysowane we wstępie oraz bibliografia. W oparciu o liczne autentyczne przykłady niniejsza praca opisuje i interpretuje sposoby wykorzystania środków językowych do celów perswazyjnych w obrębie komunikacji politycznej, których znajomość może pozwolić odbiorcy (wyborcy) właściwie zrozumieć intencje mówiącego (polityka).

La persuasione nella comunicazione politica in Italia e in Polonia

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Abstract. Persuasion in political communication in Italy and in Poland This book addresses the topic of persuasion from the linguistic perspective. It is based on the assumption that politics is basically accomplished in the form of speech: doing politics means communicating (in order to win support and consequently power). The persuasive function is considered here the dominant feature of political discourse. The aim of this book is to analyze the linguistic means of persuasion from the pragmalinguistic and rhetorical point of view, as well as to demonstrate the universal nature of some persuasive mechanisms through a comparison between contemporary political discourse in Italy and in Poland. The study is based on the corpus of Italian and Polish texts collected between September 2005 and November 2006. The book consists of five chapters, conclusions and bibliography. The first chapter introduces the historical and terminological background necessary for the study. It also discusses the relationship between mass media and politics and provides an overview of research on political discourse conducted in Italy and in Poland. Locating political language among other language varieties is the main purpose of the second chapter, while the third one deals with the notion of persuasion in political discourse. The persuasive function is being analyzed in the framework of Austin’s and Searle’s theory of speech acts (Austin 1962, Searle 1969, 1986) and it is confronted with the concept of manipulation. Linguistic analyses concerning pragma-rhetorical means of persuasion in the collected corpus are covered in chapters 4 and 5. According to the ingratiation theory (Jones 1964) speech acts used for persuasive purposes are being divided into two categories (self-ingratiating acts and those depreciating the opponent) and thoroughly examined. Pragmatic analysis is followed by a study of rhetorical figures

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Abstract. Persuasion in political communication in Italy and in Poland

and tropes (elocutio) that aim not only at embellishing the text but also at influencing receivers’ emotions, views and actions. The present study, based on numerous authentic examples, describes and interprets various ways of using linguistic means for persuasive purposes in political communication, the knowledge of which may be useful for receivers (citizens) in order to recognize correctly the speaker’s (politician’s) intention.

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