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September 24, 2017 | Author: AppelezmoiMissCouture | Category: Fashion & Beauty, Fashion, Shoe, Softlines (Retail), Clothing
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Piccola ricerca sul abiggliamento femminile del 700. Mi scuso di aver dimenticato mencionare il fisciù, una sorta di ma...

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La moda femminile nel 700 by Denice Marroquin Fuentes

Primi anni del 700 Veste simbolo del primo ’700 è l’ «Andrienne», indossata per la prima volta da una giovane attrice che voleva celare la sua gravidanza, e che consisteva in un ampio soprabito. In seguito il manto si fece sempre più stretto in vita, rimanendo più abbondante sul retro grazie a pences e strascico. Il termine «andrienne», in origine riferito a una rappresentazione teatrale, indica un abito di linea comoda e morbida, utilizzato in un primo tempo negli ambienti domestici. In seguito questo modello si impose anche nelle occasioni ufficiali diventando di gran moda. Anche questo esemplare è caratterizzato da un ampio pannello sul dietro trattenuto all’altezza delle spalle da pieghe cucite per breve tratto. (Da M.Cuoghi Costantini, Tessuti e costumi della Galleria Parmeggiani, Reggio E., 1994)

1750-1780 La moda di questo periodo prevede un abito intero aperto frontalmente indossato sopra una sottogonna, solitamente realizzata nello stesso tessuto dell’abito. Il corpino è aderente, di forma conica (forma ottenuta comprimendo il torso in un rigido busto steccato) con un’ampia scollatura quadrata e maniche che terminano al gomito, solitamente completate da ricchi polsini cascanti e merletti arricciati imbastiti di volta in volta all’abito. In molti casi il corpino rimane frontalmente aperto, e lo spazio che resta è riempito da un Piece d’Estomac, ossia un triangolo di tessuto riccamente decorato tenuto in posizione fissandolo con spilli o un’imbastitura al sottostante busto.

Robe a la francaise.

Si vennero a distinguere due stili principali abiti, quello à la anglaise, caratterizzato da corsetti allacciati sul dietro, e quello à la française caratterizzato dalla «piece d’estomach», un triangolo di stoffa ricamata posto sul davanti a nascondere il corsetto. Il manteau inizia ad essere utilizzato anche sugli abiti da giorno, ma viene declinato in forme e dimensioni ridotte dette «pet en l’air». Se da un lato prendono il largo i toni pastello di sete e taffeta, specialmente l’azzurro o il beige, dall’altro l’uso di pietre e spille e bottoni gioiello non conosce limite; i cammei in stile Antica Roma spopolano tra le dame. I corpetti, inoltre, vengono arricchiti dalle «falbalas», striscioline di stoffa arricchiate sul seno, o dai «volants» e «balze», che sono nello stesso tessuto dell’abito.

Robe a la francaise. L’abito femminile era splendido e di foggia ricchissima con ricami; ai bordi delle maniche vi erano alti pizzi.

Dietro di un Robe a la francaise. Le maniche di questo tipo di abito, hanno la forma allargata a imbuto verso il fondo (en pagodes) potevano avere gli orli decorati con più ranghi di trine, e un fiocco di seta che si allacciava in corrispondenza dell’attaccatura delle trine.

Calzature Rococò Le scarpe era un accessorio del vestito come il cappello e la borsetta che, messi insieme, costitutivano il set indispensabile con cui uscire. In questa època un paio di scarpe si indossava solo con un vestito e veniva commissionato al calzolaio portandogli la stoffa esatta dell’abito, e spesso ricamate, ecco quindi che ritroviamo calzature dai colori e dalle fantasie spettacolari e molto vivaci (riprendendo motivi e rifiniture).

Robe a la francaise.

La tomaia in stoffa decorata era a punta e a volte incurvata verso l’alto, mentre l’interno era foderato di pelle di capretto; eranno costituite da una suola rigida, e un tacco di media altezza in legno, a sua volta rifinito con pitture e decorazioni, oppure rifasciato dello stesso tessuto della stoffa.

Le ricche classi nobiliari d’Europa spendevano fortune per scarpe estrose e particolarissime che dove- Scarpa francese 1760 in broccato con fibbia preziosa. vano far parlare di sé, (perchè la Francia fu la passerella d’Europa) un po’ come fanno ancora oggi certe maison di moda proponendo creazioni al limite dell’inverosimile e praticamente importabili per più di cinque minuti. Le scarpe di questo periodo divennero oggetti molto raffinati e preziosi. La moda del momento tendeva a far sembrare il piede molto piccolo, quindi si indossavano scarpini strettissimi, con tacchi alti e ornati davanti con nastri disposti a ciuffi. I tacchi in legno potevano essere rivestiti di pelle sottile. Per le più importanti occasioni di corte si portavano scarpe con la fibbia ornata di gemme, cioè di guarnizioni pregiate, pietre preziose, passamaneria e rifiniture di classe; realizzate in seta o damasco, velluto o altri tessuti carissimi.

Scarpa rococò in velluto con ricami in filo d’oro.

Il tacco viene introdotto per dare maggiore stabilità ai cavalieri sulle staffe durante le battaglie, nel II secolo dC in Persia. Successivamente, intorno al 1350 dC compare in Turchia e in Ungheria. Attorno al 1605, la presenza dei tacchi nei primi listini prezzi testimoniano la loro diffusione in Europa, dove la funzione era puramente estetica, con lo scopo di fare apparire la persona più alta: infatti era a forma di cuneo, posto tra la suola e il tallone. Mentre nell’epoca barocca trova la sua massima espressione per altezza e decorazioni, agli inizi del XIX secolo perde importanza a favore di scarpe di seta prive di tacco.

La parrucca bianca Le parrucche furono nel Seicento delle coperte di riccioli che scendevano fino a metà della schiena, nel Settecento divennero imponenti, via via poi si modificarono, diventando sempre più corte sul dorso, ma altissime sul capo e incipriatissime, zeppe di decorazioni finte come uccellini, fiori, merletti, mollette, fiocchetti, ecc. Nonostante il diffuso problema dei pidocchi, dovuto alle condizioni igieniche precarie, per non dire inesistenti, che caretterizzarono Versailles, le pettinature femminili con «poufs», ovvero orpelli di ogni genere fissati su una base di capelli preparata precedentemente dal parrucchiere, avevano bisogno di una «impalcatura» metallica in fil di rame per sostenersi; ebbene, durante la preparazione, all’interno di questa struttura veniva inserita un’esca di carta imbevuta di sangue e miele che, attirando i pidocchi, che impediva almeno che essi potessero circolare liberamente sulla superficie esterna dell’elaborata chioma. Per tutto il corso del XVIII secolo, l’imperativo fu: bianco, rigorosamente bianco! Il candore delle chiome si otteneva con una polvere d’amido profumata che veniva cosparsa sulle parrucche o sui capelli naturali fino a coprirli interamente. Innanzitutto, le diverse fasi dell’ imbiancamento dovevano svolgersi in una stanza apposita, dove la polvere bianca veniva spruzzata in alto, verso il soffitto, e da lì ricadeva uniformemente sulla parrucca; ovviamente, non tutti potevano permettersi un «salone di bellezza», pertanto dovevano accontentarsi delle scale poste di fronte al portone d’ingresso della propria abitazione. Per i fortunati che avevano a disposizione la specifica sala, bastava sedersi con una mantellina protettiva sulle spalle, un imbuto di carta sul viso per proteggerlo... Et voilà! Era fatta! A Parigi si consumava talmente tanta polvere per quest’uso puramente estetico, che qualcuno osservò: «Con altrettanta farina si potrebbe facilmente sfamare l’intera città». E guai a chi non obbedisse a questo bizzarro

dettame della moda settecentesca: per una sola volta che il principe di Condé «osò» presentarsi alla Corte di Versailles senza l’abituale parrucca incipriata, scoppiò uno scandalo di cui si parlò per anni! Ciò significava che solo le dame più ricche e di rango davvero elevato potevano concedersi il lusso di farsi pettinare una volta a settimana, le meno fortunate dovevano necessariamente accontentarsi di una volta al mese. Inutile far presente che, dietro queste stravanganti e artificiose pettinature, si celava una sporcizia inimmaginabile, tanto che la reggia era infestata da pidocchi. E come se ciò non bastasse, le cortigiane portavano sempre con sé una stecca a forma di forchetta, che aveva lo scopo ben preciso di alleviare il prurito provocato dai parassiti. Operazione tanto normale e naturale da potersi tranquillamente svolgere in pubblico, ovviamente.

La parrucca bianca e incipriata era uno dei motivi essenziali dell’abbigliamento del ‘700.

Le decorazioni sono più semplici e meno numerose. Si cerca un aspetto piu’ naturale, meno artificioso. La sottogonna, sempre più spesso, è in tessuto e colore contrastante con l’abito che l’accompagna. Le scollature sono coperte da un piccolo scialle, il fisciù. Le maniche, aderenti, si allungano a raggiungere il polso. Le acconciature sono ora nuvole di riccioli lasciate del loro colore naturale, e non più incipriate come era nei decenni precedenGraittors / Grattadori. ti, e comunemente sormontate da ampi cappelli 1780-1789 decorati da piume. Anche il trucco del volto, che nei Verso la fine del secolo la moda, influenzata dalle fogge inglesi e dalle nuove idee decenni precedenti era dell’illuminismo, si fa via via piu’ semplice. talmente artificioso da far assomigliare le donne Il panier va scomparendo rimanendo infine confinato all’ambito della corte. Il a bambole di porcellana volume sui fianchi, ora non piu’ solo laterale, ma spostato anche sul dietro, e’ dipinta, diventa piu’ disgarantito da cuscini imbottiti di ridotte dimensioni se non semplicemente dalle creto, più naturale. sottogonne. Robe à la anglaise.

Il panier va scomparendo. Panier (pannier, side hoops): ebbe origine nel XVII secolo in Spagna. Ne abbiamo indizio nei ritratti dei reali spagnoli del pittore Velaquez. Si diffuse poi in Francia nel XVIII secolo e da li in tutta Europa. Inizialmente indicava una struttura a forma di cupola formata da cerchi di dimensione digradante dall’orlo alla vita. Veniva costruita con cerchi di bambù o stecche di balena. Nel XVIII secolo l’espressione indicò una struttura diversa che amplificava, in forma via via più ellittica, il volume della gonna.

Robe à la anglaise.

1790-1795 Con lo scoppio della rivoluzione francese gli abiti si semplificano ulteriormente. Le vesti si accorciarono fino a raggiungere la caviglia e comparve il «polonaise», una sopraveste arricciata sul retro ed aperta davanti. Il punto vita comincia a spostarsi verso l’alto, sottolineato da una cintura di seta, e i tessuti sono sempre più spesso leggere mussole di cotone dai colori chiari o dalle fantasie stampate. I corpini hanno ora la parte frontale morbidamente rigonfia e le gonne perdono sempre più volume. Le acconciature prevedevano piccoli riccioli vicino al volto intrecciati a perle o pizzi, oppure chignon voluminosi raccolti in cuffiette. Le scarpette hanno tacchi sempre più bassi e piccoli, e i copricapi sono ampie cuffie sormontate da nastri e piume, che coprono morbide acconciature con boccoli ricadenti. Nel Settecento le scarpe erano un bene di lusso, esse quindi erano appannaggio esclusivamente di chi poteva permettersele. I poveri, che di soldi da buttare non ne avevano, compivano grandissimi sacrifici per riuscire a comprarsi un paio di scarpe in tutta la vita, solitamente di fattura e materiali scadenti come pelle conciata male, di animali poco idonei alla realizzazione (leggere: cane, gatto o capra). Le scarpe dei poveri erano scure, in modo che si sporcassero poco, ed erano indossate fino a prenderci la pelle, cioè fino a che erano portabili. Molto in voga erano le scarpe e gli stivali di pelle di cane che non raggiungevano le cifre esorbitanti di altri tipi di pellame. Per le scapre non esisteva una taglia come si usa adesso, ma si creavano modelli di varie dimensioni sfruttando dei particolari supporti sagomati di grandezza standard, l’acquirente sceglieva poi il modello che li calzava meglio. Per le scarpe da poveri, la forma era la classica a stivaletto che arriverà fino all’epoca vittoriana, la punta era piuttosto lunga e quadrata, la tomaia era cucita con filo molto forte e il tutto era fissato da lacci di corda o di cuoio che dovevano stringere saldamente all’altezza della caviglia perchè la scarpa non sfuggisse, il che era piuttosto normale visto che la dimensione non era mai ottimale o su misura, inoltre capitava assai frequentemente che le persone si passassero le scarpe di generazione in generazione, tra prenti, amici o dalle dame di carità finchè queste duravano, col risultato che erano sempre troppo grandi o troppo strette, con le cuciture che spellavano e irritavano la pelle e la suola che si staccava. Il modello a stivaletto era unisex, indossato da uomini e da donne, sebbene nei paesi più meridionali d’Europa,

quindi Italia, Francia del Sud, Spagna e bassa Germania, le donne portassero anche i sabot, zoccoletti a punta di legno e stoffa e con un po’ di tacco che scimmiottavano nella foggia le scarpe dei nobili. Nell’aristocrazia, invece, le cose erano molto diverse.

Diversi tipi di Robe à la polonaise.

La particolarità della Robe à la polonaise era il attaco coi bottoni.

Alcuni riferimenti: http://www.abitiantichi.it/storia/1796-1839.html http://www.baroque.it/abbigliamento-e-moda-nel-barocco/le-scarpe-tra-barocco-e-rococo.html http://www.baroque.it/abbigliamento-e-moda-nel-barocco/i-cappelli-tra-barocco-e-rococo.html http://iccd.beniculturali.it/siti_tematici/Scheda_VeAC/lemmario/index.asp@page=consultazionealfabetica&lettera=S&idCapo=3 66&indietro=1.html

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