La gaia cosmologia. Avventure nella chimica della coscienza

January 13, 2018 | Author: www.psiconautica.in | Category: Mind, Psychoactive Drugs, Science, Psychology & Cognitive Science, Space
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di Alan W. Watts...

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Alan W. Watts

LA

GAIA

COSMOLOGIA

AVVENTURE NELLA CHIMICA

DELLA COSCIENZA

Introduziom di

Timothy Leary e Richard Alpert

Ubaldini Editore - Roma -

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ALAN W. WATTS

LA GAIA COSMOLOGIA Avventure nella chimica della coscienza Aci nostri giorni una delle questioni più spinose - sulla quale si sono pro­ nunciate, con più o meno sensatezza, quasi tutte le massime autorità in cam­ po medico, legale e religioso - è quel­ la delle cosiddette 'droghe mistiche' quelle sostanze, cioè, che senza arreca­

re all'organismo alcun danno manifesto, sembrano tuttavia indurre nella co­ scienza mutamenti

tali da poter essere

paragonati " quelli prodotti dalle più alte forme di esperienza estetica o re­

ligiosa. In questo libro Alan Watts, uno dei più illustri studiosi della psicologia del­ la religione, cerca di offrire una pro­ pria visione del problema degli psi­ chedelici da un punto di vista ogget­ tivo e oltretutto fondato esperimenti personali.

sui suoi

Il suo resoconto delle esperienze avure con l'LSD, la mescalina e la psilocibina, sfuma però ben presto in una descrizione poetica e pittoresca delle importanti trasformazioni che

possono aver luogo nella mente . At­ traverso le sue parole partecipiamo a un'espansione della coscienza che si manifesta in intuizioni estetiche sul­ la natura che a loro volta sfumano in

concezioni filosofiche dell'esistenza, del­ la vita vista come un tempo diabolica vare a una visione gica, in cui tutto

una commedia, a e divina, per arri­ globale, cosmolo· ritorna armonica·

mente al suo giusto posto nella SQ· luzione di ogni antitesi, nell'integra. zione finale tra spirito e materia, so· stanza e attributo, cosa ed evento, agente e atto, contenuto ed energia.

* * * ALAN W . WATTS è largamente noto nel mondo anglosassone e an­ che in Italia sono apparse traduzio­ ni dei suoi libri. Anche se la sua so­ lida formazione filosofica è di im­ pronta nettamente occidentale, egli ha attinto abbondantemente alle metafi­ siche asiatiche, soprattutto al Buddhi­ smo e al Taoismo, pur riconoscendo che le loro forme di pensiero son,) difficilmente assimilabili dall'Occiden­ te . Di Watts sono già usciti nella pre­ sente collana Il significato della feli­ cità; Il libro sui tabù; Il Tao: la via dell'acqua che scorre e Psicoterapie orientali e occidentali.

L. 5.000

~Ulisse» Collana di studi umanistici

ALAN

W.

WATTS

LA GAIA COSMOLOGIA

AVVENTURE NELLA CHIMICA DELLA COSCIENZA

Titolo originale dell'opera

TRE .JOYOUS COSMOLOGY ADVENTURES IN THE Q -IEMI STRY OF CO NSCI OUSNESS

(Vintage Books, New York)

T radllZione di STEFANI A CENSI

© ©

1962, 1970, Pontheon Books, New York. 1980. Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma.

Alan W. Watts

LA

GAIA

COSMOLOGIA

AVVENTURE NELLA CHIMICA DELLA COSCIENZA

Ubaldioi Editore - Roma

Alla gente delle altezze druidiche

Introduzione La Gaia cosmologia è ,ma brillallte combinazione di parole che descrive esperienze per le quali il nostro linguaggio 1I0n possiede un vocabolario. AI fine di comprendere questo libro, bellissimo quanto difficile, può risultare utile compiere la distinziolle artifi­ cia!e fra esterno e interno, proprio la distinzione che Alan Watts vorrebbe ùldurci a trascendere. Watts, però, costruisce il suo gio­ co verbale in una lingua occidentale, quilldi si può scusare il let­ tore se seguita a procedere secondo i modelli dicotomici conven­ ,ionali. Estemo e interno. Comportamento e coscienza. Cambiare il mon­ do estemo è stato il genio e l'ossessione della nostra civiltà. Negli ultimi due secoli le culture monoteistiche occidentali hanno sempre guardato verso l'esterno occupandosi, COli stupefacente eHicacia, solo degli oggetti. III amli più recenti, però, la nostra cultura si è resa conto di aver creato un pericoloso squilibrio. Ci siamo accor­ ti dell'esistwza di un universo interiore sconosciuto, di inesplo­ rate regiOlli della coscienza. Un tale andamento dialettico non è nuovo, appartiene a un ci­ clo che si è già manifestato nel corso dell'esistenza di numerose culture e individui. Al successo materiale esterno segue la delu­ sione, poi si riprop01lgono gli interrogativi fondamentali, e infine si giunge alla scoperta del mondo interiore, infinitamente più com­ plesso e ricco di quello esterno, il quale è fatto di costrutti che, all'origine, altro nOli sono che proiezioni della mente umana. I nfi­ ne la mente logica e concettuale si rivolge a se stessa, riconosce quanto siallo sciocchi e inadeguati quei fra gili sistemi che essa ùn­ pone al mondo, allenta il proprio rigido controllo e sovverte il predominio dell'esperienza conoscitiva.

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Introduzione

Qui noi parliamo, come anche Alan Watts in questo libro, del­ la politica del sistema nervoso, certamente altrettar/to complessa e certamente altrettanto importante della politica esterna; essa im­ plica la mente contro il cervello, il tirar/nico cervello verbale che si dissocia dall'o rganismo e dal mondo di cui è parte, che censura, vigila e valuta. Ecco quindi apparire la quinta libertà, la libertà dalla mente colta e istruita. La libertà di espandere la propria coscienza oltre la conoscenza culturale costruita. La libertà di lasciare la costante ossessione dei giochi verbali (i giochi sociali, il gioco del sé), per la gioiosa unità di tutto ciò che esiste al di là di questo. Il problema che stiamo trattando non è nuovo; per secoli, i mistici e i filo sofi dell' esperienza religiosa, e quei pochi scienziati veramente grandi che sono stati capaci di penetrare i confini del gioco della scienza per poi superarli, se ne sono occupati; e Wil­ liam James, il grande psicologo americano, lo ha compreso e de­ scritto chiaramente . ... la nostra normale coscienza in stato di veglia, la così detta coscienza non è altro che UIJ tipo particolare di coscienza, mentre intomo a essa, e da lei separate solo da sottilissimi schermi, giacciono forme poten­ ziali di coscienza completamente differenti, Jj possibile che noi trascorria­ mo tutta lo nostra vita senza nemmeno sospettare la loro esistenza; ma basta forn ire lo stimolo necessario e, alla prima occasione, eccole manife­ starsi in tutta la loro complessa e definita gamma di qualità me1J tali~ che possono, probabilmente, trovare anche un loro specifico cam po di appli­ cazione e di adattamento. Nessuna descrizione dell'universo, nella sua totalità, può essere considerata completa, se non prende in considerazione anche queste altre fo rme di coscien za. Il problema è quello di come con­ siderarle, visto che sono così discontinue rispetto alla coscienza ordinaria. Tuttavia possono determinare atteggiamenti, anche se non forniscono for­ mule, aprire nuovi spazi, anche se non ce ne dann...o tino mappa. COfmm­ q ue ci impediscono di chiudere premat uramente i nostri conti con la realtà. Ripensando alle mie esperienze personali, esse convergono tutte verSO un tipo di intuizione, alla q uale non posso lare a meno di attribuire un significato metafisica. razionale~

Ma quali sono gli stimoli sufficienti e necessari per sovvertire il predominio del concettuale e aprire la via alle 'forme potenzzali

Introdmìone

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di coscienza'? Ne esistono molti. I filosofi indiani hanno descritto centinaia di metodi, così come hanno fatto i buddhisti giapponesi, e ulteriori esempi ce li hanno forniti i monaci delle nostre refi­ gioni occidentali. Guaritori messicani e capi religiosi degli indiani del sud e nord America per secoli hanno utilizzato piante sacre per provocare l'espansione della coscienza. Recentemente lo scie1tzo oc­ cide//tale ci ha procurato, sotto fo rma di sostanze chimiche, le tec­ niche più dirette per aprire nuovi spazi di cOl/sapevolezza. William James si servì di protossido d'azoto e di etere per "sti­ molare a un livello eccezionale lo coscienza m istica". L'attenzione di psicologi, filosofi e teologi è, oggi, accentrata sugli effetti di tre sostanze di sintesi: lo mescolino, l'acido lisergico, lo psilocibina. Cosa sono queste sostanze? Medicine, droghe o alimenti sacri? È più semplice, forse, dire ciò che non sono. Non sono narcotici, né anestetici, né intossicanti, né eccitali ti e neppure tranquillal/ti. Sono, piuttosto, chiavi biochimiche, che dischiudono esperienze esplosivamente nuove per lo maggior parte degli occidentali. Nel corso degli ultimi due anni, i membri del Center for Re­ search in Personalily dell'università di Harvard hanno intrapreso sistematici esperimenti su queste sostanze. La nostra prima ricerca sull'espansione biochimica della coscienza è stata uno studio sulle reazioni degli Americani in una situazione sperimentale protetta, tranquilla e naturale. Abbiamo potuto partecipare a più di mille somministrazioni individuali. Dalle nostre osservazioni, da collo­ qui e resoconti, dalle OIzalisi dei questionari, e dai risultati dei test di personalitÌl prima e dopo gli esperimenti, sono emerse alCllne conclusioni: (1) queste sostanze alterano lo coscienza, non esisto­ no dubbi al riguardo; (2) non ha senso parlare in maniera più par­ ticolareggiata del/' 'effetto della sostanzo': l'ambiente, lo situazio­ ne, l'aspettativa e l'atmosfera determinano una reazione del tutto particolare, non esiste una specifica 'reazione alla droga', ma sola­ mente all'unità droga-situazione; (3) parlando delle potenzialità, è utile considerare, non tanto l'unità droga-situazione, quanto le possibilità del cervello umano di creare immagini ed esperienze molto al di là degli angusti limiti delle parole e dei concetti. Noi, insieme a tutti coloro che partecipano a questo progetto di ricerca, trascorriamo buona parte delle nostre ore di lavoro ad ascoltare

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introduzione

persone che ci parlano dell'effetto e dell'uso delle sostanze che al­ terano la coscienza. Se sostituiamo il termine 'cervello' a q" ello di 'droga', possiamo sottoscrivere tutto ciò che si al/erma circa le me potenzialitll, per il bene o per il male, per aiutare o per nuocere, per amare o per temere. Potenzialità del cervello, non della droga. La droga è solo uno strumento. Nel corso dell'analisi e dell'interpretazione dei risultati dei no­ stri studi, noi abbiamo tenuto presenti soprattutto i modelli con­ venzionali della moderna psicologia (psicoanalitica, comportamen­ tistica), ma abbiamo scoperto che quei concetti erano del tutto ina­ deguati a rappresentare la ricchezza e la vastità di una coscieltza ampliata. Per comprendere i nostri dati siamo stati, quindi, costretti a ri­ farei a un linguaggio e a un punto di vista che risultavano del tutto estranei a persone come noi, addestrate nelle tradizioni della psico­ logia oggettiva meccanicistica. Abbiamo dovuto costantemente ri­ volgerei alle concezioni non dualistiche della filosofia orientale, la cui teoria della mente è divenuta, nel nostro mondo occidentale, meno oscura e più familiare grazie all'opera di Bergson, Aldous Huxley e Alan Watts. Nella prima parte di questo libro, Watts presenta con splendida chiarezza tale teoria della coscienza, che an­ che noi abbiamo visto confermata nelle descrizioni dateci dai sog­ getti più diversi della nostra ricerca: filosofi, carcerati analfabeti, massaie, intellettuali, alcolizzati. L'identificazione con la totalità del­ l'esperienza vissuta, saltando a pie' pari gli aggrovigliati labirinti del pellSiero verbale, è un fenomeno che tutte queste persone han­ no riferito. A?an Watts descrive, con dettagli espressivi, i suoi momenti vi­ siollari illdotti dalla droga. Naturalmente tenta l'impossibile: de­ scrivere, cioè, con le parole, che sono sempre ingannevoli, qualco­ sa che va oltre le parole stesse. Ma lo fa molto bene' Alali Walts è UllO dei più grandi osservatori dei nostri tempi; è dotato di una seltsibilità intuitiva per il nuovo, per tutti i pro­ blemi e gli eventi cruciali di oggi; inoltre, possiede tutte le capa­ citò di un poeta e di Wl filosofo per insegnare e informare. Qui ci ha dato forse la migliore esposizione del tema del misticismo nel­ l'era spaziale, più audace ancora delle due opere, ormai classiche,

1nlrodllzione

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di Aldous Htl xley, perché ne segue l'indirizzo, ma spillgendosi ben più oltre. Di importanza particolare SOIlO il riconoscimellto degli aspetti d'amore insiti Il eli'esperienza mistica e le sue consegtlenze StI nuove forme di comunicazione sociale. Questo libro è un grallde documento umano. Ma se il lettore 1I0n è 1/no di quei pochi occidelltali che (per caso o per buona sorte) ha sperimentato un mistico attimo di espatlSione di coscienza, pro­ babilmmte n011 riuscirà a intendere ciò che l'alttore dice. È tm vero peccato, ma nOli è una sorpresa. La storia delle idee ci inse­ gna che i nuovi c01lcetti e le nuove visioni non sono mai capiti, Non possiamo comprendere ciò per ct/i non abbiamo parole. Ma Alan Watts gioca il gioco del libro, il gioco delle parole, e il let­ tore è il suo partner destinato. Siate, però, attenti e disponibili, perché iII questo libro ci sono le tracce di qualcosa di grande. Una quantità di idee importallti. Troppe. Troppo compresse. Scorrollo via troppo veloci. NOli la­ sciatevele sfuggire. Anche se lIe afferrate solo qualczllla, vi troverete a porvi quelle stesse domande che noi ci poniam o esamÌllando i dati della nostra ricerca: dove ci porterà tutto questo? Quale può essere l'applica­ zione di queste lIuove eccezionali sostanze? Possono darci qualco­ sa di più di libri memorabili e di memorabili istallti? La risposta arriverà da due direzioni. Dobbiamo procurare a !In numero sempre maggiore di persone queste esperimze e fare iII modo che ci raccontùlO, come Alali Watts ill questo libro, che cosa hall 110 provato. (l! molto difficile che manchino i volontari per questo viaggio estatico. Il novantuno per cellto dei nostri sog­ getti è impaziente di ripetere l'esperienza e di condividerla COli la famiglia e gli amici). Dobbiamo, poi, illcoraggiare una sistematica ricerca oggettiva da parte di quegli scienziati che halll10 essi stessi sperimentato la droga e SOIlO arrivati a comprendere la differe nza tra interno ed esterno, tra coscietlla e comportamento. Tale ricer­ ca dovrebbe studiare l'applicazione di quelle esperietlu ai proble­ mi della vita moderna, nell'istruzione, nella religione, nell'indu­ stria creativa e nelle arti. Molti sono convinti che ci troviamo a 1Ina svolta importallte nel­ la capacità dell'uomo di controllare ed espandere lo propria consa­

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Introduzione

pevolezza. La nostra ricerca fornisce argomenti sperimentali per tale ottimismo e La gaia cosmologia costituisce una testimonianza concreta per le stesse positive speranze. Timothy Leary e Richard Alpert

Università di Harvard gennaio 1962

Prefazione Aldous Huxley, nelle Porte della percezione, ci ha dato una splendida descrizione degli effetti prodotti dalla mescalina su una persona profondamente sensibile. È il documento della sua prima esperienza di questo mutamento straordinatio della coscienza, ma, in seguito a nuovi esperimenti, egli arrivò alla conclusione che possono essere raggiunte intuizioni ben più profonde di quelle che il suo libro tratta. Sebbene io non speri rIi superare la maestria di Aldous Huxley nella prosa inglese, credo che sia ormai tempo rIi parlare di alcuni dei livelli più intensi, o più alti, di intuizione, ai quali si può pervenire attraverso l'uso di queste "droghe" che inducono mutamenti rIi coscienza, quando vi sia contemporanea­ mente il sostegno di una riflessione filosofica di una persona in cerca, non di eccitanti emozioni, ma di conoscenza. Penso di do­ ver aggiungere che, per me, la riflessione filosofica è sterile quan­ do venga separata dall'immaginazione poetica, noi procediamo in­ fatti verso la comprensione del mondo con tutte e due le gambe, non con una solamente. La grave assenza di comunicazione, sul piano teorico, fra scien­ ziati e profani è, oramai, un luogo comune; il profano infatti non capisce il linguaggio matematico con il quale lo scienziato pensa. I! concetto di curvatura dello spazio, per esempio, non può essere rappresentato da alcuna immagine che sia intelligibile per i sensi. Ciò che, però, mi interessa maggiormente è il divario esistente, fra gli stessi scienziati, tra la descrizione teorica e l'esperienza di­ retta. La scienza occidentale viene ora delineando un nuovo con­ cetto di uomo, non come un solitario io dentro una muraglia rIi carne, ma come un organismo, che è ciò che è in virtù della sua inseparabilità dal resto del mondo. Salvo rarissime eccezioni, però,

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Prefazione

neanche gli scienziati sentono di esistere in questa maniera. Essi, come quasi tutti noi, mantengono un senso della personalità che è isolato, indipendente, ristretto ed estraniato dal cosmo che ci circonda. A ogni modo, questa lacuna deve essere colmata, e tra i diversi mezzi con cui si può attuare tale scopo, o almeno iniziare a farlo, vi sono medicine che la scienza stessa ha scoperto, e che possono rivelarsi i sacramenti della sua religione. Per molto tempo siamo stati abituati a separare nettamente la scienza e la religione, come se fossero maniere di concepire il mon­ do completamente diverse e fondamentalmente prive di qualsiasi rapporto fra loro. Non credo che questo stato di scissione possa persistere; alla fi ne dovrà essere sos tituito da una visione del mon­ do che non sia né religiosa né scientifica, ma semplicemente no­ stra, o, più esattamente, dovrà trasformarsi in una concezione del mondo nella quale i dati della scienza e della religione concordino quanto quelli della vista e dell'udito. Ma le tradizionali vie che conducono all'esperienza spirituale raramente attraggono le persone scettiche o dotate di temperamen­ to scientifico , perché gli strumenti che vengono loro forniti sono inadeguati e caricati di un peso eccessivo. Ci sono poche probabi­ lità che un pensatore critico e attento partecipi direttamente a que­ gli aspetti della coscienza che mistici e profeti cercano di esprime­ re, sovente con un simbolismo arcaico e complesso. Se '" farma­ cologia può essere d'aiuto nell'esplorazione di questo mondo sco­ nosciuto , è possibile che ci renda lo straordinario servizio di riscat­ tare l'esperienza religiosa dall'oscurantismo. Allo scopo di rendere questo libro un'espressione, guanto più completa possibile, della qualità di coscienza indotta da tali droghe, ho incluso un certo numero di fotografie che, con la loro vivida riproduzione di configurazioni naturali , suggeriscono quell'armo­ nica bellezza del dettaglio che le droghe rivelano anche nelle cose comuni. Perché gli occhi, senza perdere la loro consueta capacità di vedere, sembrano trasformati in un microscopio, attraverso il qua­ le la mente indaga sempre più in profondità nell'intricata ordi­ tura pulsante del nostro mondo. Alan W . Walts San Francisco, 1962

Prologo

Appare sempre più chiaro che una delle maggiori forme di su­ perstizione è la separazione della mente dal corpo. Questo non significa che veniamo costretti ad ammettere di essere solamente corpi, ma che ci stiamo formando un'idea del tutto nuova del cor­ po; perché una cosa è considerarlo come separato dalla mente, un cadavere animato, e altra cosa è ritenerlo inseparabile da essa. Fino a ora non possediamo un termine appropriato per una realtà che sia, contemporaneamente, fisica e mentale. Definirla fisico-mentale non serve a niente, perché è un'unione assolutamente insoddisfa­ cente di due concetti che sono stati impoveriti da una separa­ zione e da un'opposizione troppo lunghe. Ma qualcosa possiamo fare, e cioè scartare recisamente l'idea dell'esistenza di una cosa che sia mentale, e di un'altra che sia fisica. 'Cosa' è una parola che descrive la sostanza informe che noi percepiamo, quando i sensi non sono sufficientemente acuti per coglierne la configurazione. La nozione di una cosa materiale e di una cosa mentale si fonda sulla falsa analogia che gli alberi sono fatti di legno, le montagne di pietra e le menti di spirito, alla stessa maniera in cui i vasi sono fatti di argilla. La materia 'inerte' sembra richiedere un'energia esterna e intelligente che le dia forma; ma ora noi sappiamo che la materia non è inerte. Stiamo imparando a concepirla, sia essa organica o inorganica, come una configurazione di energia, non dell'energia, come se l'energia fosse una cosa, ma come confignra­ zione energetica, ordine in movimento, intelligenza attiva. La comprensione che mente e corpo, forma e materia, sono iden­ tici, però, è impedita da secoli di confusione semantica e di pre­ giudizio psicologico. Perché è opinione comune che ogni confign­ razione, figura o struttura sia una forma di qualcosa, come i vasi

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Prologo

sono forme di argilla. Non è facile vedere quanto questo 'qual­ cosa' sia superfluo, come lo era l'etere nel quale un tempo si cre­ deva che la luce si muovesse, o come la mitica tartaruga su cui si pensava poggiasse la Terra. Chiunque sia in grado di comprendere a fondo questo punto proverà un senso di liberazione stmnamente vivificante, perché si sentirà scaricato dal peso delle cose e potrà procedere più leggero. I! contrasto fra mente e corpo forse ebbe origine in un goffo tentativo di descrivere la facoltà di autocontrollo di un organismo intelligente. Sembrava ragionevole considerare la parte controllata una cosa, e quella controllante un'altra. In questo modo, la volon­ tà cosciente fu contrapposta agli appetiti involontari e la ragione all'istinto. A tempo debito abbiamo imparato a centrare la nostra personalità, la nostra identità, nella parte controllante, la mente, e a disconoscere in maniera crescente) come un semplice strumento, la parte controllata. Quindi è sfuggito alla nostra attenzione che l'organismo come un tutto, per larga parte inconscio, usava la co­ scienza e la ragione per informare e controllare se stesso . Abbiamo concepiro la nostra intelligenza cosciente come qualcosa che discen­ de da un regno superiore per prendere possesso di uno strumento fisico, e ciò ci ha impedito di vederla come una funzione del me­ desimo processo formativo che ha strutturato i nervi , i muscoli, le vene e le ossa, in forme così perfettamente ordinate, cioè intel­ ligenti, che il pensiero cosciente è ancora lontano dall'essere capace di descriverle. Questa separazione radicale della parte controllante da quella controllara ha trasformato l'uomo da un organismo capace di auto­ controllo in un organismo capace di autofrustrazione; l'ha trasfor­ mato in quell'incarnazione del conflitto e della contraddizione che egli è sempre stato durante tutta la sua storia nota. Non appena avvenne questa scissione, l'intelligenza conscia cominciò a servire i propri fini, non più quelli dell'organismo che l'aveva prodotta; più precisamente, l'intenzione dell'intelligenza cosciente divenne quella di lavorare esclusivameute per i propri scopi dissociati. Ma vedremo che, come la separazione della mente dal corpo, cosl an­ che la soggezione del corpo agli schemi indipendenti della mente è un'illusione. Ma intanto l'illusione è reale come le allucinazioni

Prologo

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dell'ipnosi, e l'organismo dell'uomo continua a fmstrare se stesso attraverso modelli di comportamento che partono per i circoli vi­ ziosi più complicati: il risultato è una cultura che serve più gli scopi dell 'ordinamento meccanico in quanto diversi da quelli del godimento organico, e che è volta all'autodistruzione, contro l'istin­ to di ciascuno dei suoi membri . Noi pensiamo, quindi, d,e la mente controlli il corpo, non che il corpo controlli se stesso attraverso la mente. Di qui l'inveterato pregiudizio che la mente debba essere indipendente da ogni sup­ porto fi sico al suo funzionan1ento, nonostante microscopi, telescopi,

apparecchi fotografici, computer, libri, opere d'arte, alfabeti e tutti quegli strumenti materiali senza i quali è dubbio che esisterebbe una vita mentale purchessia . Parallelamente, è sempre esistita una oscura consapevolezza che J nel sentirsi come una mente, un'anima,

un io separati, vi fosse qualcosa di sbagliato; è oaturale, perché colui cbe riconosca la propria identità in qualcosa di diverso dall'in­ terezza deì proprio organismo è ancor meno di un uomo dimezzato. ~ tagliato fuori da una partecipazione completa alla natura; invece di essere un corpo, cha' un corpo; invece di vivere e amare, 'ha' istinti di sopravvivenza e di accoppiamento. Rinnegati, essi lo tra­ scinano come fossero demoni o cieche furie che si sono imposses­ sate di lui . La sensazione che esista qualcosa di sbagliato in tutto questo ruota attorno a una contraddizione caratteristica di tutte le civiltà: la coazione simultanea a preservare se stessi e a dimenticare se stessi. Qui sta il circolo vizioso: se ci sentiamo separati dalla nostra vita organica , ci sentiamo costretti a sopravviverej la sopravviven~ za, continuare a vivere, diventa quindi un dovere e anche un peso, perché non sempre questo dovere si accorda con la nostra volontà cosciente; e poiché ciò non coincide appieno con le nostre aspet­ tative, continuiamo a sperare che tale coincidenza si dia in futuro, e quindi a desiderare sempre più tempo e a sentirei sempre più co­ stretti ad andare avanti. Allora j'inlpressione paralizzante di esser sempre osservati da noi stessi non è altro che la sensazione dell'or­ ganismo di ostacolare se stesso, di non essere in accordo con se stesso, di guidare, per cosl dire, col freno e l'acceleratore pigiati. ~ naturale che la maggior parte delle persone voglia dimenticare

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Prologo

questa sensazione estremamente spiacevole. Il modo più basso di dimenticare se stessi è quello di ubriacarsi, di distrarsi con i diver· i1menti o di sfruttare dei mezzi naturali di autotrascendimento quali il rapporto sessuale. Il modo più elevato è quello di tuffarsi in at· tività artistiche , di servizio sociale, oppure nel misticismo religioso. Di rado questi provvedimenti hanno successo, perché non svelano l'errore di base che è la propria scissione. I modi più elevati addi­ rittura aggravano tale errore nella misura in cui coloro che li pra­ ticano si inorgogliscono di dimenticare se stessi con mezzi pura­ mente mentali, sebbene l'artista utilizzi colori o suoni, l' 'ideal ista sociale' distribuisca beni materiali, e il 'religionista' usi sacramenti e riti, o altri strumenti fisici quali il digiuno, la respirazione yoga o la danza dei dervisci. ~ un sano istinto quello che porta a servirsi di questi ausil! fisici, come nella ripetuta avvertenza dei mistici che non basta conoscere Dio: la trasformazione del sé avviene solo afferrando, percependo direttamente o sperimentando Dio. Il punto difficile è che l'uomo non può cominciare a funzionare corretta· mente solo cambiando qualcosa di cosl superficiale come l'ordine dei suoi peusieri, della sua meute dissociata. Ciò che deve mutare è il comportamento de! suo organismo, che deve diventare capace di controllarsi invece di frustrarsi. Come si può ottenere questo risultato? Certo la mente, la vo­ lontà conscia, non può far niente, fintanto che viene sentita come distaccata dalla totalità dell'organismo e, se venisse sentita altri. menti, il problema non susoisterebbe. Un numero esiguo di ,,"lIrll orientali, o maestri di saggezza, e di psicoterapeuti occidentali han· no trovato delle vie piuttosto faticose per portare l'organismo, con l'inganno o la persuasione, a integrarsi, per lo più mediante una specie di jl/do, o 'maniera delicata', che sovverte il processo di autofrustrazione, portandolo a estremi assurdi ma logici. Questa è soprattutto la via dello Zen e talora anche quella della psicoan alisi. Quando questi due metodi funzionano , è ovvio che al discepolo o al paziente è accaduto qualcosa di più importante di un mero camo biamento nella sua maniera di pensare; egli è diverso anche sul piano emotivo e su quello fisico, tutto il suo essere opera in modo nuovo.

Da molto tempo mi è ormai chiaro che certe forme di 'mistici·

Prologo

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smo' orientale, in particolare il Taoismo e il Buddhismo Zen, non presuppongono un universo diviso in spirito e materia, e non cul­ minano in uno stato di coscienza dove il mondo fisico svanisce in una luminescenza incorporea e indifferenziata . Il Taoismo e lo Zen si fondano entrambi su una filosofia della relatività; ma tale filosofia non è solamente speculativa, è un addestramento alla consapevo­ lezza che produce come risultato una costante sensazione della COr­ relazione reciproca di tutte le cose e di tutti gli eventi. Questa sen­ sazione è la base nascosta, il supporto della nostra normale consape­ volezza del mondo come un insieme di cose separate e diverse, con­ sapevolezza che, per se stessa, viene definita nella filosofia buddhi­ sta come avidya (ignoranza), perché, porgendo attenzione esclusi­ vamente alle differenze, ignora i rapporti. Non vede, per esempio, che mente e forma, figura e spazio sono inseparabili come il da­ vanti e il dietro, né che l'individuo è così strettamente legato al­ l'universo da costituire con esso un unico corpo. Questo è un punto di vista che, diversamente da altre forme di misticismo, non nega le distinzioni fisiche, ma le ritiene chiare espressioni di unità. 10 si può vedere distintamente nella pittura cinese: il singolo albero, o la singola roccia, non sono nello, ma COli lo spazio che forma il loro sfondo; la carta che non è stata toccata dal pennello è parte integrante del quadro, e non è mai un mero supporto. Per questa ragione, quando un maestro Zen viene inter­ rogato circa l'universale e ciò che è fondamentale, egli risponde con l'immediato e il particolare: "Il cipresso nel cortile!". Qui ab­ biamo quello che Robert Linssen ha chiamato un materialismo spi­ rituale, un punto di vista molto più vicino alla relatività e alla teo­ ria del campo nella scienza moderna che a un qualsivoglia sopran­ naturalismo religioso. Ma mentre la comprensione scientifica del­ l'universo relativo è finora largamente teorica, queste discipline orientali ne hanno fatto un'esperienza diretta . Esse, quindi , sem­ brano potenzialmente offrire uno stupendo parallelo alla scienza occidentale, ma a livello di un'immediata consapevolezza del mon­ do . La scienza infatti, segue la diffusa ipotesi che il mondo natu­ rale sia una molteplicità di eventi e di cose singole, dato che essa cerca di descrivere queste unità nella maniera più accurata e minu­ ziosa possibile. Essendo più che altro analitica nel suo modo di de­

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Prologo

scrivere le cose, a tutta prima sembra che la scienza le scomponga più che mai. I suoi esperimenti sono lo studio di situazioni accura­ tameote isolate, progettate per escludere influenze che non pos­ sano essere misurate e controllate; ad esempio, si studia la caduta dei corpi nel vuoto al fine di eliminare l'attriro dell'aria. Ma lo scienziato, proprio per questa ragione, comprende meglio di chiunque altro quanto le cose siano inseparabi li. Più cerca di eli­ minare le influenze esterne da una situazione sperimentale, più ne scopre di nuove, finora insospettate. Più è preciso nella descrizio­ ne, poniamo, del moto di una determinata particell a, più egli si trova a descrivere anche lo spazio in cui essa si muove. Il ricono­ scimento che tutte le cose sono inscindibilmente collegate è pro­ porzionale al proptio sforzo di distinguerle in maniera chiara. Per questo la scienza supera il punto di vista ordinario dal quale essa era partita, arrivando a parlare delle cose e degli eventi come pro­ prietà del 'campo' in cui si simano. Ma questa è solo una descri­ zione teorica di una situazione che, in queste forme di 'mistici­ smo' orientale, viene sperimentata direttamente. Una volta chiarito questo ecco che disponiamo di una solida base per un incontro tra mente orientale e mente occidentale, che potrebbe rivelarsi notevol­ mente fecondo. La difficoltà pratica sta nel fatto che il Taoismo e lo Zen sono cosl impregnati delle forme di cultura dell'estremo Oriente da ren­ dere enormemente difficolroso il loro adattamento alle necessità occidentali . I maestri orientali, per esempio, si basano sul principio esoterico e aristocratico che il discepolo deve imparare per esp~­ rienza e deve scoprire praticamente tutto da sé. Fatta eccezione per pochi accenni occasionali, il maestro si limita semplicemente ad accettare o a rifiutare i risultati del discepolo. I maestri occiden­ tali, invece, si basano sul principio essoterico e democratico che bisogna fare il possibile per informare e aiutare lo studente, cosl da facilitargli al massimo il possesso della materia. È quest'ap­ proccio , come vorrehbero i puristi, nient'altro che una volgarizza­ zione della disciplina? La risposta è che dipende dal genere di disciplina. Se tutti imparano abbastanza matematica da padro­ neggiare le equazioni di secondo grado, questo risultato apparirà insignificante in confronto alla meno diffusa conoscenza della

Prologo

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teoria dei numeri. La trasformazione della coscienza a cui tendono

il Taoismo e lo Zen è, però, più simile all'attività di correggere una percezione errata o

di guadre una malattia; non si tratta di un

processo di assorbimento, per cui si apprendono sempre più fatti e si acqu isiscono capacità sempre più vaste, ma è piuttosto un di­ simparare abitudini e opinioni sbagliate. Come disse Lao-Tze, "Il discepolo guadagna ogni giorno, ma il Taoista perde ogni giorno" . La pratica del Taoismo o dello Zen in Oriente è quindi un com­ pito in cui l'occidentale si trova a dover affrontare numerose bar­ riere, erette deliberatamente al fine di scoraggiare la curiosità oziosa oppure per annullare le idee ingannevoli incitando lo studente a procedere sistematicamente e coerentemente dalle false ipotesi fino a trovare una contraddizione. Il mio interesse principale, nello stu­ dio del misticismo comparato, è stato di sciogliere questi nodi e di identilicare i processi psicologici essenziali che stanno dietro a quelle alterazioni della percezione che ci permettono di vedere noi stessi e il mondo nella loro unità fondamentale . In qualche misura, forse, ho avuto successo nel cercare, alla maniera occidentale, di rendere più accessibile questo tipo di esperienza. Sono quindi, al tempo stesso, lieto e imbarazzato per uno sviluppo della scienza occidentale che potrebbe, forse , con mezzi di una semplicità scon­ volgente, mettere questa visione unitaria del mondo alla portata dei mohi che finora hanno cercato invano di arrivarvi con metodi tradizionali . Il genio della scienza occidentale è anche quello di trovare modi più semplici e più razionali per fare cose che un tempo si ottene­ vano per caso O a prezzo di gran fatica. Queste scoperte, come in ogni processo inventivo, non vengono sempre compiute in maniera sistematica, spesso ci si imbatte in esse per caso, ma poi vengo­ no elaborate secondo un otdine intelligibile. In medicina, per esempio, la scienza isola la sostanza essenziale dall'antica ricetta dello stregone fatta di salamandre, assenzio, teschi in polvere e sangue secco . La sostanza pura guarisce più sicuL'amente, ma non

rende petmanente la salute. Il paziente deve anCOta cambiare le abitudini di vita o di dieta che lo avevano reso incline all a malattia. È possibile, allora, che la scienza occidentale trovi una medicina capace di dare almeno una spinta all'organismo umano perché si

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liberi della sua cronica aurocontraddizione? Certo, la medicina do­ vrebbe essere affiancata da altri procedimenti (psicoterapia, disci­ pline 'spirituali', e mutamenti radicali nel modello di vita perso­ nale) ma ogni persona malata sembra abbia bisogno di una specie di spinta iniziale per porsi sulla via della salute. La domanda non è assurda, se è vero che il malanno che ci affligge non è della men­ te, ma dell'organismo, di tutto il funzionamento del sistema ner­ voso e del cervello: esiste, in breve, un farmaco che possa tempo­ raneamente darci la sensazione di essere integrati, un tutto unico con noi stessi e la natura, come la biologia teorica ci dice che sia­ mo? Se così fosse l'esperienza potrebbe darci degli indizi di ciò che ci resta da fare per produrre un'integrazione piena e continua. Potrebbe essere almeno un capo del filo di Arianna che conduce fuori dal labirinto nel quale tu tti noi ci siamo smarriti fin dalla infanzia. Ricerche relativamente recenti indicano l'esistenza di almeno tre tipi di tali medicine, sebbene nessuna sia uno 'specifico' infallibile. Agiscono solo su certe persone e molto dipende dal contesto so­ ciale e psicologico nel quale vengono somministrate. A volte, i loro effetti possono essere nocivi, ma limitazioni di questo genere non ci impediscono di fare uso della penicillina, una sostanza spesso molto più pericolosa di queste tre. Mi riferisco, naturalmente, alla mesca­ lina, il principio attivo del peyole, alla dietilamide dell'acido liser­ gico, una modificazione dell'alcaloide dell'ergotina, e alla psilocibi­ na , un derivato del fungo psilocybe mexicollo. Il peyote è stato per molto tempo usato dagli indiani del sud­ ovest e del Messico come mezzo di comunione col mondo divino; oggi l'ingestione di bocciuoli seccati della pianta è il sacramento principale di una chiesa indiana nota come "Native American Church of the United States", un'organizzazione cristiana rispetta­ bilissima sotto ogni aspetto. Alla fine del diciannovesimo secolo, i suoi effetti furono descritti per la prima volta da Weir Mitchell e da Havelock ElIis , e qualche anno più tardi il suo principio attivo venne identificato come mescalina, una sostanza chimica del gruppo delle ammine, che viene sintetizzata molto facilmente. La dietilamide dell'acido lisergico fu scoperta nel 1938 dal chi­ mico svizzero A. Hofman nel corso di studi sulle proprietà della

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segale cornuta. Per puro caso egli assunse una piccola dose eli que­ sto acido mentre ne moelificava la struttura molecolare e notò i suoi peculiari effetti psicologici. Ricerche successive elimostrarono come egli si fosse imbattuto nella più potente fra le sostanze oggi note che inducono mutamenti di coscienza; infatti , perché l'LSD-25 , come viene chiamato per brevità, produca i suoi effetti caratteristici, ba­ sta la dose minima di 20 microgrammi , 1/700.000 .000 del peso medio di un uomo. La psilocibina deriva da un'altra pianta sacra dei messicani, un tipo di fungo a loro noto come teonanacatl, "la carne di Dio". Con­ seguentemente alla scoperta compiuta da Robert Weitlaner, nel 1936, secondo cui il culto del 'fungo sacro' era ancora assai diffu so a Oaxaca, numerosi micologi, cioè, specialisti in funghi , iniziarono a compiere ricerche sui funghi di tale regione. Si trovò che ne ve­ nivano usate tre varietà: oltre alla psilocybe mexicana, c'erano an­ che la psilocybe aztecorUI11 H eùn e la psilocybe Wassonii, che pren­ dono rispettivamente il nome dal mica lago Roger Heim e da Gor­ don e Valentina Wasson, che presero parte alle cerimonie del culto. Malgrado una gran mole di ricerche e di ipotesi, ben poco si conosce dell'effetto preciso eli queste sostanze cbimiche sulla fisio­ logia del sistema nervoso. Gli effetti soggetnivi eli tutte e tre ten­ dono a essere piuttosto simili, sebbene l'LsD-25, forse grazie al do­ saggio minimo richiesto, raramente produca le manifestazioni col­ laterali di nausea, tanto spesso associate alle altre due. Tutta la letteratura scientifica che ho letto sembra Limitarsi a concludere con la vaga impressione cbe in qualche modo queste sostanze so­ spendono alcuni processi inibitori o selettivi del sistema nervoso, cosl da rendere l'apparato sensorio più aperto alle impressioni eli quanto lo sia normalmente . L'ignoranza dell'effetto preciso di que­ ste droghe è, naturalmente, connessa allo stato ancora piuttosto in­ certo della nostra conoscenza del cervello e ci suggerisce un'ovvia cautela nel loro uso, ma finora non si sono avute prove che, nel do­ saggio normale, esista una qualche possibilità di danno fisiologico.' 1 Per la mescalina il dosaggio normale è di 300 milligrammi, per l'LSO·25 è di 100 microgrammi. per la psilocibina di 20 milligrammi. Il lettore che sin in teressato a una più dettagliata descrizione delle droghe che inducono mutamenti di coscienza

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In un'accezione molto ampia del termine, ciascuna di queste so­ stanze è una droga, ma si deve evitare il grave errore semamico di confonderle con le droghe che provocano dipendenza fisica per l'uso ripetuto, o che ottundono i sensi, come l'alcol o i sedativi. Esse sono classificate, ufficialmente, come allucinogeni, un termine straordinariamente impreciso, poiché non inducono l'allucinazione di voci o di visioni passibili di essere confuse con la realtà fisica. Sebbene in effetti creino negli occhi chiusi configurazioni estrema­ mente complesse e ovviamente allucinatorie, il loro effetto in gene­ rale è queUo di acuire i sens i fino a un grado di consapevolezza superiore al normale. La dose standard di ciascuna sostanza man­ tiene la sua efficacia da cinque a otto ore, e l'esperienza è spesso cosi profondamente illuminante e stimolante che si esita a tentarne un'altra fincbé la prima non sia stata completamente 'digerita', ciò che può rich iedere anche dei mesi. La reazione deUa maggior pane delle persone istruite ali'idea di raggiungere una profonda intuizione psicologica o filosofica me­ diante l'uso di una droga è che l'idea è troppo semplice, troppo artificiale e ancbe banale per poterla prendere sul serio. Una sag­ gezza che può essere 'accesa' come l'interruttore eli una lampada pare un insulto alla dignità umana e una degradazione dell'uomo al livello di un automa chimico . Vengono in mente immagini di un huxleyiano nuovo mondo in cui c'è anche una classe eli Buddha sintetici, di persone che, come i lobotomizzati , gli sterilizzati o gli ipnotizzati, sono state

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Finito ' di stampare nel novembre 1980 presso Tip. « Domograf» per conto della Casa ,Editrice Asu'olabio· Ubaldini, Editore· Roma.

, . L03·0673·3

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