L'emigrazione Relazione
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Cosa acquista? La fame, che il pane non ci basta. Quando Albert Einstein sbarcò negli Stati Uniti, come tutti gli emigr...
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Cosa acquista? La fame, che il pane non ci basta.
Quando Albert Einstein sbarcò negli Stati Uniti, come tutti gli emigrati, ricevette un modulo da compilare. Tra le molte domande cui bisognava rispondere ce ne era una che chiedeva:
“A quale razza appartieni?” E lui rispose: “A quella umana!”
L’uomo si è sempre spostato sulla Terra,per cui l’emigrazione è sempre esistita perché l’uomo, non appena uscito dalla caverna, ha iniziato a cercare il luogo ottimale ove soddisfare al meglio i propri bisogni. E, prima di essere stanziale, è stato nomade,ovvero in migrazione costante. Questo, proprio perché la Natura, l'ha spinto sempre a nuovi adattamenti;quindi l'uomo era costretto a muoversi, per ricercare il cibo.1 Tuttavia la nostra riflessione non può partire da così lontano, così ci limitiamo a concentrare la nostra attenzione su quello che è avvenuto negli ultimi secoli nel nostro Paese,dalla metà del XIX secolo alla metà del XX secolo. Ma, prima di tutto,cos'è l'emigrazione?L’emigrazione è un fenomeno demografico caratterizzato dallo spostamento di grandi masse di popolazione da uno Stato all’altro o da una regione a un’altra della stessa nazione. Così, l'Italia, a partire dal 1861 fu protagonista del più grande esodo migratorio della storia moderna. Infatti furono registrate più di 24milioni di partenze. Le cause che portarono a un così grande flusso migratorio furono le seguenti: Sovrappopolazione, dovuta al forte incremento demografico naturale Povertà di risorse Lento sviluppo economico Pressione fiscale Crisi agraria Profondi squilibri di tipo economico-sociale tra nord e sud2 La società agraria appare attraversata da una crisi profonda, strutturale, non riconducibile esclusivamente alla pur grave crisi agraria, dovuta all’invasione dei grani americani e russi che, sfruttando i progressi della navigazione a vapore e beneficiando della meccanizzazione del settore che consentiva costi di produzione infinitamente minori, annientarono, semplicemente, ogni agricoltura aperta al mercato. Inoltre, non bisogna dimenticare le epidemie delle piante d'ulivo che caratterizzano il periodo e le ampie quote che persero gli agrumi a causa della concorrenza estera.3 Così, i contadini e gli artigiani, lasciarono tutto e partirono per l'America a cercare lavoro,quindi il popolo non insorse, ma emigrò. Ad emigrare, furono i più coraggiosi, ma, la miseria,le 1
Cfr. D.Grigg, Storia dell’agricoltura in Occidente, Bologna 1994 L’uomo si è sempre mosso sulla faccia della Terra, l’emigrazione è quindi sempre esistita perché l’uomo, non appena uscito dalla caverna, ha iniziato a cercare il luogo ottimale ove soddisfare al meglio i propri bisogni. E, prima di essere stanziale, è stato nomade, in migrazione costante, quindi. Tra le prime attività che l’uomo mise in atto per potersi dotare dei beni necessari alla propria sopravvivenza ci furono, come è noto, allevamento e agricoltura, due forme di “violenza”, in un certo senso, ai ritmi normali della natura. Ma la natura, dal canto suo, lo costrinse a sua volta ad un graduale adattamento. Se l’uomo cacciatore, pescatore e raccoglitore era costretto a muoversi alla ricerca del cibo, anche l’allevatore e l’agricoltore erano in larga misura “migranti” dovendosi spostare più o meno frequentemente alla ricerca di pascoli più ricchi o di terre sempre più fertili 2 Cfr. http://www.inftube.com/economia/politica/LEMIGRAZIONE-ITALIANA-DALLA-SE15259.php 3 Cfr. Pietro Bevilacqua, Breve storia meridionale dell'ottocento a oggi, Donzelli Editore. Gli anni ottanta dell'Ottocento segnano la fine, per la gran parte dei gruppi dirigenti italiani, di una grande e perniciosa illusione:quella di fare dell'agricoltura la leva dello sviluppo nazionale. Si apriva infatti allora una fase di grave depressione dei prezzi agricoli, provocata dall'arrivo dei grani russi e americani che investì l'intera agricoltura europea.[...] Nell'Italia meridionale la depressione dei prezzi si combinò ad altri fenomeni che colpirono la sua economia agricola:gravi malattie parassitarie danneggiarono l'ulivo,che proprio in quegli anni arrestò la propria diffusione sul territorio:una crescita che durava, senza soste,almeno dalla seconda metà del settecento. Al tempo stesso gli agrumi persero ampie quote di mercato grazie alla concorrenza estera, sopratutto spagnola.
tasse, hanno portato a emigrazioni di massa, quindi anche le donne,i vecchi e i bambini furono portati via.4 Le mete migratorie furono differenti:gli Italiani del sud, preferivano gli Stati Uniti, dato che il biglietto in nave (200 lire alla vigilia della prima guerra mondiale,300 lire per i primi anni)5 , costava meno rispetto a quello del treno e la durata del viaggio era equa;mentre gli Italiani del nord, preferivano l'America Latina infatti i veneti si recarono soprattutto in Brasile, mentre i piemontesi si diressero prevalentemente in Argentina.6 Gli Italiani che emigravano nell'America Settentrionale, erano indirizzati soprattutto ad attività lavorative di tipo industriale, o alla costruzione di strade e ferrovie, mentre gli Italiani che emigravano nell'America meridionale, erano indirizzati ad attività agricole,sopratutto in Brasile.7 Gli immigrati, dopo settimane di viaggio, affrontavano l'esame, a carattere medico e amministrativo, dal cui esito dipendeva la possibilità di mettere piede sul suolo americano. La severità dei controlli fece ribattezzare l'isola della baia di New York come l' "Isola delle lacrime" 8 C'erano diverse istituzioni, italiane e americane, private e governative, che tutelavano l'emigrazione. Quelle americane prescrissero delle norme secondo cui gli emigrati dovevano essere trattati a bordo e una volta arrivati a terra. Ovviamente presero precauzioni per impedire l'ingresso di immigrati che erano stati esclusi, per legge, dal Paese. Spesso però l'immigrato, una volta sbarcato in America, a causa della non conoscenza della lingua, cadeva nelle mani di sfruttatori. Infatti alcune persone si arricchirono, a discapito degli emigrati, i quali furono costretti a finanziamenti di credito per pagare il viaggio e il sostentamento, mentre altri emigrati finivano come schiavi,nonostante ci fosse l'Ufficio federale di collocamento in New York.9 Nel 1901, la creazione del Commissariato Generale, rese l'espatrio tutelato dalle azioni speculatorie, da parte di intermediari e agenti delle compagnie di navigazione .10 Si vennero a creare delle “little Italies”, nelle principali città statunitensi, ovvero interi quartieri abitati da Italiani, con negozi che vendevano prodotti di importazione italiana. Qui, gli Italiani venivano ammassati in edifici, le cui condizioni però, erano pessime a causa delle condizioni igieniche e degli ambienti malsani. Ben presto, ci furono dei cambiamenti nella cultura d'origine,e i ragazzi erano i soli a parlare inglese nelle famiglie, grazie alle scuole d'obbligo,però, proprio a causa della scuola, i ragazzi cominciano a vergognarsi di essere italiani.11 A partire dal 1900 ci fu una nuova fase dell'emigrazione, e questa coincise con lo sviluppo industriale dell'età Giolittiana. Eppure, è detta “grande emigrazione“, proprio per l’ incapacità del nostro sviluppo, non intenso né uniforme, di assorbire la manodopera eccedente. 4
Cfr. G. Spera, La Basilicata:studi e proposte per la sua rigenerazione economica,Arnaldo Forni Editore, 1903 (p.2829-30) 5 Cfr. Giuseppe Moricola,“Il viaggio degli emigranti in America Latina tra Ottocento e Novecento: gli aspetti economici, sociali, culturali”, Alfredo Guida Editori, 2005 (p.86) 6 Cfr. http://www.roccadevandro.net/emigrazione_usa.htm La maggior parte degli italiani del sud preferiva gli Stati Uniti, anche perché il viaggio in treno per raggiungere i paesi dell’Europa settentrionale era non solo altrettanto lungo, ma costava più di quello per nave. Gli emigranti del nord Italia privilegiavano l’America Latina: i veneti soprattutto in Brasile, mentre i piemontesi si diressero prevalentemente in Argentina. Dalle regioni dell’Italia centrale l’emigrazione si divise equamente tra stati nordeuropei e mete transoceaniche. 7 Cfr. http://www.americacallsitaly.org/emigrazioni/storia%20emigrazione%20.htm 8 Cfr. http://www.roccadevandro.net/emigrazione_usa.htm 9 Cfr. Luigi Villari, Gli Stati Uniti d'America e l'emigrazione italiana, Milano, 1912 (p.293-294) 10 Cfr. http://www.instoria.it/home/emigrazione_italiana.htm 11 Cfr. http://www.roccadevandro.net/emigrazione_usa.htm
Questa emigrazione era composta da analfabeti, poveri, contadini, i quali volevano mettere da parte un gruzzoletto per poi comprare terre in Paese. Ciò spiega l'incredibile afflusso di rimesse, che cambiò la condizione di tante famiglie, e che fece sparire l'usura.12 Dal punto di vista economico,infatti, il fenomeno dell’emigrazione è stato un fattore importante per la crescita economica. Da un lato l’emigrazione ha influenzato in modo decisivo il mercato del lavoro in Italia e dall’altro lato ha avuto effetto sull’economia nazionale italiana grazie alle rimesse degli emigrati. Le rimesse arrivavano nel paese non solo via mezzi ufficiali ma soprattutto anche per lettera, con amici che rimpatriavano o con gli emigrati stessi quando tornavano a casa, bisogna tener conto che tutte le cifre riportate peccavano per difetto. Nonostante ciò, indagini e analisi hanno portato alla stima di circa 500 milioni di lire che durante la grande emigrazione arrivavano all’anno nel paese.13 Eppure tutte queste novità ebbero delle contropartite: ovviamente, oltre alle lacrime, al sangue e alla sofferenza che gli emigrati patirono a causa delle lunghe separazioni dalla famiglia, quest'emigrazione significò una grande perdita di valide forze,di talenti manuali. Infatti oltre ai contadini, partirono artigiani, sarti, calzolai, filatori e tessitori14, quindi abbandono dei lavori tradizionali, e inoltre un grande squilibrio demografico. Proprio per questo squilibrio demografico, nel 1921, fu istituita una legge, Quota Act, la quale limitava l'emigrazione europea. A riassumerla alla perfezione è la dichiarazione del senatore repubblicano Albert Johnson di Washington.15 Alla base di questa chiusura delle frontiere, c'era la convinzione che l'afflusso di immigranti dall'Europa meridionale ed orientale stava avendo un'influenza negativa sul paese, sia dal punto di vista razziale, poiché si venivano a creare razze inferiori, e sia dal punto di vista economico, perchè gli immigrati risultavano poco produttivi.16 La terza fase si ebbe tra il 1914 e il 1945 coincise con un rallentamento dovuto alle due guerre e alle misure restrittive imposte. Così l'emigrazione si diresse soprattutto verso la Francia e la Germania. La quarta fase va dal 1946 al 1970 ed è caratterizzata da una forte emigrazione interna verso i centri industrializzati oltre ai 7milioni di espatri.17 Un fatto, sicuramente emblematico, è quello accaduto nel 1907 a Monogah, il 6 dicembre nelle miniere n°6 e n°8, ci furono una serie di esplosioni che provocarono la morte di centinaia di persone. Il numero, non sarà mai preciso, in quanto neanche un terzo dei minatori era registrato.18 Infine, ci si deve ricordare che l'emigrazione non è stata una soluzione definitiva al problema economico dell'Italia, ma solamente un temporaneo sollievo.
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Cfr. Pietro Bevilacqua, Breve storia meridionale dell'ottocento a oggi, Donzelli Editore “Ma di sicuro uno degli elementi più straordinari di novità che l'emigrazione introdusse in tante e tante realtà sociali del Mezzogiorno fu l'afflusso e la circolazione senza precedenti di denaro. Le rimesse degli emigrati, spedite in semplici lettere, con vagli postali, attraverso gli uffici del Banco di Napoli, divennero ben presto un fiume di moneta sonante che entrò nelle case della gente più misera,cambiò la condizione di tante famiglie, mitigò e fece talora sparire l'usura, creò un potere d'acquisto prima sconosciuto in paesi, villaggi, città”. Cfr. Pietro Bevilacqua, Breve storia meridionale dell'ottocento a oggi, Donzelli Editore (p.162-163) Cfr. Pietro Bevilacqua (p.105) Cfr. Jiobu R. M. 1988 “Gli Stati Uniti sono la nostra terra. Se non è stata la terra dei nostri padri, almeno può e deve diventare la terra dei nostri figli. Vogliamo che così resti. Il periodo in cui si dava il sincero benvenuto a tutti i popoli e si accettavano indiscriminatamente tutte le razze è definitivamente chiuso”. http://www.americacallsitaly.org/emigrazioni/storia%20emigrazione%20.htm Cfr. http://storiagiornalismo.com/emigrazione-italiana.html Cfr.http://www.emigrati.it/Tragedie/MONONGAH.asp
Allegati : La miseria dell'emigrante
Popolo europeo siamo emigranti, siamo venuti qua che non avevamo nienti e siamo trovato questa ricca genti: chi lavora e chi nienti? Corriamo all'imploimenti. Ma ne cacciano fora umilianti perchè dicono non ci aspetta nienti. Ma noi siamo delli onesti emigranti, fare li leggi di altri continenti che lavorano tutti e non ci manca nienti. Ora vi parlo de li camorrista, contrattori e capitalista, mangiano sempre bene,carne e pasta e l'operaio lavora. Cosa acquista? La fame, che il pane non ci basta. E non mi parli di College e Burr dove la gente parlano soli, parlano tanto de la sua sventura, lavorano forti pe' un dollaro l'ora.
-[...] Quando al mattino mio padre e mia madre si svegliarono, rabbrividirono dal freddo e la maglia della bambina che mio padre aveva appeso ad asciugare la sera precedente, era ancora bagnata. Così mio padre dovette avvolgere mia sorella in una coperta. --Che razza di America era questa, pensavo, quando sentivo quello che mia madre diceva nella lettera. Ma l’America era una realtà o era solo un sogno? Era oro o merda di cavallo? Era forse un miraggio, un accecante trucco che la luce del sole giocava alla mia mente? [...] Non conoscevo mio padre. Non ricordavo la sua faccia. --C’era una fotografia di un uomo sopra il nostro armadio accanto al letto. Mia zia diceva che era mio padre ma io non le credevo. Nessun uomo vestito con un abito di lana così bello, migliore di quello del padre di Maria Pia, che stava in piedi su un pavimento di marmo lucente, avrebbe dovuto partire per l’America o per qualunque altro posto.
riferimento:PANE, VINO E ANGELI -Anna PALETTA ZURZOLO
Bibliografia: Bevilacqua Pietro, Breve storia meridionale dell'ottocento a oggi, Donzelli Editore Grigg David, Storia dell’agricoltura in Occidente, Bologna 1994 Jiobu R. M. Gli Stati Uniti sono la nostra terra, 1988
Moricola Giuseppe ,“Il viaggio degli emigranti in America Latina tra Ottocento e Novecento: gli aspetti economici, sociali, culturali”, Alfredo Guida Editori, 2005
Spera G., La Basilicata:studi e proposte per la sua rigenerazione economica,Arnaldo Forni Editore, 1903 Villari Luigi, Gli Stati Uniti d'America e l'emigrazione italiana, Milano, 1912
http://www.inftube.com/economia/politica/LEMIGRAZIONE-ITALIANADALLA-SE15259.php
http://www.roccadevandro.net/emigrazione_usa.htm
http://www.americacallsitaly.org/emigrazioni/storia%20emigrazione %20.htm
http://www.instoria.it/home/emigrazione_italiana.htm
http://storiagiornalismo.com/emigrazione-italiana.html
http://www.emigrati.it/Tragedie/MONONGAH.asp
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