l'eredità di Gödel: rivisitando la Logica

March 10, 2017 | Author: Giuseppe Raguní | Category: N/A
Share Embed Donate


Short Description

SOMMARIO: Si evidenziano alcuni diffusi equivoci su argomenti fondamentali di Logica: l’interpretazione dei due Te...

Description

L’eredità di Gödel: rivisitando la Logica Giuseppe Raguní Universitá UCAM di Murcia, Spagna ([email protected]) May 2, 2013 1. Introduzione 2. Il fardello di una frase 3. Licenze di Chaitin 4. Un’avvizzita classificazione 5. L’interpretazione del Secondo Teorema d’incompletezza Abstract Si evidenziano alcuni diffusi equivoci su argomenti fondamentali di Logica: l’interpretazione dei due Teoremi d’incompletezza, diverse leggerezze di Chaitin e l’usuale classificazione dei Sistemi assiomatici in base all’ordine espressivo. Some common fallacies about fundamental themes of Logic are exposed: the First and Second incompleteness Theorem interpretations, Chaitin’s various superficialities and the usual classification of the axiomatic Theories in function of its language order.

PAROLE CHIAVE: Incompletezza, indecidibilità, coerenza, categoricità, completezza semantica, casualità, complessità, linguaggi del primo ordine, linguaggi del secondo ordine. KEYWORDS: Incompleteness, undecidability, semantic completeness, categoricity, randomness, Chaitin’s constant, first and second order languages, consistency.

1

Introduzione

Da sempre, dopo aver goduto dei frutti del genio di alcuni uomini straordinari, dobbiamo subire l’indiscutibilità di qualsiasi loro conclusione: tutto ciò che essi hanno asserito è oro colato. In Fisica, un esperimento può porre fine alle più ostinate persuasioni, ma se la dottrina è relazionata con la Filosofia pura, le cose sono molto più complicate e quasi mai risolvibili in modo perentorio. Tuttavia in alcuni settori “applicati” della Filosofia, come in Logica matematica, é da qualche tempo possibile - e doveroso - esigere correttezza e rigore. Il 1

formalismo introdotto da Hilbert alla fine dell’800 ha, infatti, dotato le Discipline matematiche di una prescritta sistemazione simbolica, priva dell’ambiguità di ricorsi all’intuito e suscettibile di una rigorosa analisi epistemologica. Ne seguirono i pregevoli - e sconvolgenti - risultati della Logica moderna, capeggiati dalle dimostrazioni di Gödel. Ciò nonostante, a tutt’oggi restano assai estesi non pochi gravi errori e malintesi su argomenti anche d’importanza fondamentale. Tali equivoci, assieme all’uso di una terminologia che già da tempo si è rivelata insidiosa e insufficiente, ostacolano la diffusione - e non solo in ambito umanistico - di questo inestimabile ed affascinante sapere. Illustreremo brevemente alcune di tali confusioni, coscienti di non poter pretendere, in questa sede, l’adeguato grado di profondità che gli argomenti meriterebbero.

2

Il fardello di una frase

Il primo appunto riguarda l’ambito di applicabilità del Primo Teorema di Incompletezza di Gödel. Ometteremo, qui, l’enunciato e le importantissime implicazioni di tale famoso Teorema, che il lettore potrà trovare in un qualsiasi buon libro di Logica. Ciò che si deve sottolineare è che le ipotesi stesse del Teorema impongono la numerabilità dell’insieme dei teoremi e delle dimostrazioni della Teoria a cui può applicarsi1 . Come operazione previa alla dimostrazione, Gödel stabilisce un particolare codice numerico (chiamato brevemente gödeliano) sia per gli enunciati che per le dimostrazioni. Quando applicata alla Teoria formale 2 dei numeri naturali (o Aritmetica di Peano, in seguito PA), tale codificazione fa sì che ad ogni enunciato e ad ogni dimostrazione venga assegnato un codice numerico, unico ed esclusivo. Ma che succede se si fa lo stesso con una Teoria aritmetica che possiede una quantità più che numerabile di teoremi? Tale Teoria esiste e viene usualmente chiamata Aritmetica “del secondo ordine” (nel seguito ASO). Le sue premesse contengono uno schema assiomatico metamatematico che, generalizzando il principio di induzione di PA, introduce un assioma per ogni elemento di P(N), l’insieme di tutti i sottoinsiemi di numeri naturali. Dato che tale insieme è più che numerabile, ne consegue che anche gli insiemi dei teoremi e delle dimostrazioni sono più che numerabili. Pertanto, in tale Teoria, non tutte le dimostrazioni possono possedere un distinto gödeliano: o sarebbero numerabili. La più che numerabilità delle dimostrazioni rivela l’uso imprescindibile di una strategia intrinsecamente semantica (cioè con l’impiego di significati non interamente codificabili) per la deduzione dei teoremi. Anche volendo considerare il principio di induzione completa come un singolo assioma simbolico, ne risulta un assioma semantico che non è decidibile (né effettivamente numerabile), in quanto la sua semanticità è ineliminabile. A tale conclusione si giunge, per es1 Un insieme si dice numerabile se può essere messo in corrispondenza biunivoca con l’insieme dei numeri naturali. 2 Con l’aggettivo formale intenderemo, ovunque in questo articolo, l’assenza di significato esplicito, ovvero lo stesso che sintattico, simbolico, codificato.

2

empio, se si rappresenta il Sistema nella Teoria formale degli insiemi3 : l’assioma si traduce in uno schema assiomatico insiemistico che genera una quantità più che numerabile di assiomi induttivi4 . La semplice conseguenza è che il Primo teorema d’incompletezza non può applicarsi all’ASO 5 . Eppure questo equivoco è largamente e scandalosamente diffuso un pò dovunque, anche in ambiti specificatamente tecnici6 . Spesso si nota un tipico e inaspettato abbandono di rigore terminologico intorno alla questione, probabilmente significativo di dubbi malcelati: una frase ricorrente, per esempio, è che “anche l’Aritmetica del secondo ordine, dato che contiene gli assiomi di PA, è soggetta al Teorema d’incompletezza”. Ma, naturalmente, si deve anche conservare l’effettiva assiomatizzabilità. Emblematico è il caso della Teoria che si ottiene da PA aggiungendo come assiomi tutti gli enunciati di PA veri nel modello standard : anch’essa contiene tutti gli assiomi di PA ma è completa. A rigore, è anche possibile che l’ASO sia sintatticamente completa, malgrado il suo linguaggio sia semanticamente incompleto. Trattandosi di un Sistema non formale, la risposta a questo interessante interrogativo non può che venire dalla Metamatematica7 . Ci sono ben pochi dubbi sul fatto che questo stato di cose si debba, essenzialmente, all’intoccabilità della figura di Gödel. Nella presentazione del Teorema d’incompletezza al convegno di Königsberg del 1930, Gödel annunciò il suo risultato come “una prova dell’incompletezza semantica dell’Aritmetica, dato che essa è categorica 8 ”. Ora, poichè ci si riferisce a un’Aritmetica categorica9 , non può che trattarsi dell’ASO. Gödel, pertanto, basa la sua affermazione applicando - erroneamente - il Primo Teorema d’incompletezza all’Aritmetica più che numerabile: dall’incompletezza sintattica e dalla categoricità segue, infatti, anche l’incompletezza semantica. Nonostante l’errore, la conclusione è corretta: come 3 Una

qualsiasi tra NBG, ZF o MK. Raguní, I Confini logici della Matematica, Aracne Roma (2010), p. 127-129. Sono anche disponibili versioni on-line, più aggiornate, su Amazon, Bubok, Lulu e Scribd. Versione in spagnolo: Confines lógicos de la Matemática, rivista culturale La Torre del Virrey - Nexofía, nel Web: http://www.latorredelvirrey.es/nexofia/pdf/Confines-logicos-de-la-matematica.pdf (2011). 5 Infatti in tale Teoria, l’enunciato di Gödel, la cui interpretazione standard è “non esiste codice di una dimostrazione di questo stesso enunciato” non equivale più a “io non sono dimostrabile in questa Teoria”, come succede in PA. 6 Due esempi: , E. Moriconi, I teoremi di Gödel, SWIF (2006), sul WEB : http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/biblioteca/lr/public/moriconi-1.0.pdf, p. 32. C. Wright, On Quantifying into Predicate Position: Steps towards a New(tralist) Perspective (2007), p. 22 sul WEB : http://philpapers.org/autosense.pl?searchStr=Crispin%20Wright. In quest’ultimo lavoro è forse indicativo che l’autore commenti tale proprietà con una serie di delicati quesiti epistemologici. In entrambi i casi, comunque, la proprietà viene considerata come ovvia, senza nessuna spiegazione. 7 G. Raguní, op. cit.(nota n.4), p. 232-233. 8 K. Gödel, Collected Works I: publications 1929-1936, eds. S. Feferman et al., Oxford University Press (1986), p. 26-29. 9 Una Teoria si dice categorica se ammette un unico modello a meno d’isomorfismi. In termini più semplici (ma anche piuttosto imprecisi), se ammette un’unica interpretazione corretta. 4 G.

3

conseguenza del Teorema di Löwenheim-Skolem10 , la categoricità e l’infinità di un modello sono sufficienti ad assicurare l’incompletezza semantica del linguaggio di una qualsiasi Teoria. Tuttavia, non tutte le sconcertanti conseguenze di quest’ultimo fondamentale Teorema, divennero chiare prima del 1936 (grazie alla generalizzazione di Malcev) presso tutti i logici del tempo, inclusi Gödel e Skolem. Ci si può legittimamente domandare, nei riguardi del più grande logico di tutti i tempi, non solo che cosa lo abbia indotto in errore, ma soprattutto perché non abbia mai corretto, successivamente, la sua affermazione. Rispondere alla prima domanda non sembra facile. Qui osserviamo solo che, almeno fino al 1930, Gödel raramente distingue i due tipi di Aritmetica così logicamente differenti. D’altra parte, in quel periodo, né lui né alcun altro logico evidenzia mai l’intrinseca semanticità delle Teorie con un numero più che numerabile di enunciati. E le conseguenze di ciò. Si può ben comprendere, d’altra parte, perché non ci sia giunto alcun tipo di correzione circa la citata affermazione. Il motivo è che essa coinvolge un argomento - la completezza / incompletezza semantica e la sua relazione con la categoricità - che nel fondo, come si riconobbe successivamente, ha ben poco a che vedere con la completezza sintattica e quindi con il Primo Teorema d’incompletezza. Nel corso degli anni ’30, il suddetto tema era assai d’attualità, soprattutto a causa delle preoccupazioni di Hilbert circa il problema della categoricità. Gödel cominciò col dimostrare che il linguaggio formale classico11 è semanticamente completo: se è coerente ha sempre almeno un modello12 . Ne seguiva che una Teoria formale sintatticamente incompleta, cioè con almeno un enunciato indecidibile I, non poteva essere categorica. Infatti, essa ammette almeno due modelli non isomorfi: uno in cui I è vero ed un altro in cui è falso. Oltre a ciò, Gödel continuò a congetturare, come tacitamente supposto da Hilbert ed ogni altro logico del tempo, che la completezza sintattica di una Teoria formale (o, più in generale, di una Teoria con un linguaggio semanticamente completo) implicasse la sua categoricità. Di conseguenza, si vide nel Primo Teorema d’incompletezza, subito dopo la sua accettazione, uno strumento capace di discriminare la categoricità e/o la completezza semantica. Ad esempio, si ritenne che la Teoria formale PA fosse non categorica perché sintatticamente incompleta. Come abbiamo già accennato, la piena comprensione del Teorema di LöwenheimSkolem rese chiaro, dopo alcuni anni, che la categoricità è impossibile per ogni Sistema formale (o, più in generale, con un linguaggio semanticamente completo) dotato di un modello infinito (che è il caso delle Discipline di ordinario interesse); sia esso sintatticamente completo o no. In tal modo, il tema in questione veniva finalmente decifrato grazie alle conseguenze del Teorema di completezza semantica (da cui, infatti, deriva lo stesso Teorema di Löwenheim-Skolem). Né Gödel, né altri logici avveduti ebbero buoni motivi per ritornare su una frase che, in 10 Si

include, qui, sia la versione “all’insù” che “all’ingiù” del Teorema. chiamarlo così piuttosto che Logica classica del primo ordine, per ragioni che chiariremo presto. 12 Teorema di completezza semantica, 1929. 11 Preferiamo

4

definitiva, si era rivelata quantomeno fuorviante circa le ripercussioni del Primo Teorema d’incompletezza. Le quali erano invero assai profonde, ma riguardavano aspetti di natura fondamentalmente diversa. I più significativi legati al concetto, nuovo e dirompente, di macchina, come fu chiarito principalmente da Church, Turing e, successivamente, Chaitin. Il triste epilogo è che, ancora oggi, risulta facile imbattersi in frasi che, nella sostanza, ribadiscono senza alcun tipo di correzione la sfortunata frase di Gödel. Per esempio: “l’incompletezza sintattica dell’Aritmetica al primo ordine produce l’incompletezza semantica della Logica al secondo ordine!” 13 . Sorvolando sulla terminologia dell’"ordine espressivo" (che, come evidenzieremo più avanti, ci sembra ambigua), pare che si voglia in primo luogo suggerire la trasmissione automatica dell’incompletezza sintattica al Sistema ampliato, cioè a quello "del secondo ordine" (prima scorrettezza); e, successivamente, dall’incompletezza sintattica e dalla categoricità, concludere l’incompletezza semantica del linguaggio (mentre basterebbe la categoricità più l’infinità di un modello). Del resto, l’affermazione è letteralmente smentita dalla semplice osservazione che anche per il linguaggio della Teoria integrale dei reali "del secondo ordine", informale e categorica, non vale il Teorema di completezza semantica; e ciò malgrado la sua versione formale del primo ordine sia sintatticamente completa (come dimostrato da Tarski). Evidentemente, l’incompletezza semantica del linguaggio di tale Teoria è prodotta soltanto dalla sua categoricità, unitamente all’infinità del modello. Che ruolo dovrebbe giocare qui l’incompletezza sintattica di PA? Anche in un libro più recente si pretende concludere l’incompletezza semantica della "logica del secondo ordine" sia sfruttando il Primo Teorema d’incompletezza, sia il Teorema di Church-Turing14 . Nel primo caso il Teorema viene illegalmente applicato all’Aritmetica del secondo ordine. Nel secondo caso, l’autore - allineandosi con tanti altri autori - fonda la dimostrazione sul fatto che “se [per assurdo] la logica del secondo ordine fosse [semanticamente] completa allora dovrebbe esistere un sistema di enumerazione delle formule valide al secondo ordine...15 ”. Si intende un’effettiva numerabilità. Tuttavia tale conseguenza suppone che tutte le formule del secondo ordine siano numerabili. Ma se con l’espressione "logica del secondo ordine" si vuole indicare un Sistema numerabile, l’Aritmetica categorica non ne fa più parte! In verità, fino a quando l’incompletezza (o la completezza) sintattica dell’ASO resta indimostrata, non si scorgono alternative all’uso del Teorema di LöwenheimSkolem per dimostrare l’incompletezza semantica del suo linguaggio. Infine, si ripete spesso persino il vecchio abbaglio che la non categoricità dell’Aritmetica formale, PA, si deve alla sua incompletezza sintattica. Un pò come dire che l’infinità dei poligoni si deve al fatto che i triangoli isosceli sono infiniti. 13 E. Moriconi, ibidem (nota n. 5). Una frase del tutto simile si ripete nell’abstract di F. Berto, Gödel’s first theorem, ed. Tilgher Genova, fasc. Epistemologia 27, n.1 (2004). Ma anche presso tanti altri autori. 14 C. L. De Florio, Categoricità e modelli intesi, ed. Franco Angeli (2007). 15 C. L. De Florio, op. cit., p. 54.

5

3

Licenze di Chaitin

Nel 1970, Gregory Chaitin formulò un’interessante versione informatica del Primo Teorema d’incompletezza. Nella sua presentazione più semplice essa prescrive che una qualsiasi macchina che rispetti la Tesi di Church-Turing16 può stabilire la casualità di un numero necessariamente finito di stringhe di simboli. La casualità di una stringa simbolica, viene definita come l’impossibilità, per la macchina stessa, di comprimerla per più di un certo grado (che dovrà prefissarsi). Per ogni macchina, esiste un numero infinito e preponderante di stringhe casuali: infatti, si può facilmente concludere che, data ad arbitrio una stringa finita di simboli, la probabilità che una prestabilita macchina possa comprimerla è sempre molto bassa (a meno di non considerare un grado di compressione davvero irrisorio). Tuttavia ciò non toglie che le stringhe comprimibili siano infinite; inoltre bisogna evidenziare che gli ordinari prodotti umani, anche codificati in simboli, sono quasi sempre non casuali17 . Grazie all’interpretazione di Chaitin, sappiamo che ogni macchina può indicarci soltanto un numero finito delle stringhe che non può comprimere. Come conseguenza, nessun programma di compressione, che termini sempre, può essere stabilito con certezza come ideale, cioè immigliorabile: per assurdo, sarebbe in grado di stabilire la casualità di qualsiasi stringa, per il fatto che non riesce a comprimerla; in violazione della citata versione dell’incompletezza18 . Purtroppo Chaitin ha rilasciato affermazioni superficiali, spesso scorrette, che causano pericolose confusioni sulla questione dell’incompletezza, già di per sé non così facile. Il fatto che le suddette conclusioni valgano anche per le macchine universali 19 , lo ha indotto, in primo luogo, a trascurare che la definizione di casualità si riferisce sempre e comunque ad una concreta macchina particolare. Inoltre, per il fatto ovvio che in ogni ordinario calcolatore i numeri naturali si rappresentano mediante stringhe, egli ha precipitosamente assegnato la proprietà della casualità ai numeri naturali. Come risultato di tale approssimatività egli ha più volte proclamato di aver scoperto “la casualità in Aritmetica” 20 . Rib16 Tale famosa “Tesi”, non è che la supposizione che tutte le macchine siano riproducibili logicamente tramite funzioni ricorsive e viceversa. Le funzioni ricorsive rappresentano tutto il possibile campo di calcolabilità d’ambito aritmetico. Dettagli più esatti ed ampi possono trovarsi in un qualsiasi buon libro di Logica. 17 Da cui la diffusione delle tecniche di compressione dei files del tipo loss-less, cioè senza perdita o alterazione di dati, come “zip”, “tar”, etc.. Comunque, per i prodotti con maggiore casualità, come video e musica, si può comprimere efficacemente solo con perdita o deterioro di dati, come nei formati “jpeg”, “mp3”, etc. 18 G. Raguní, op. cit., p. 217. 19 Una macchina si dice universale se è in grado di riprodurre logicamente il comportamento di una qualsiasi altra macchina. La sua esistenza deriva dalla Tesi di Church-Turing e dall’esistenza di funzioni ricorsive universali. Un esempio di macchina universale è un qualsiasi, anche modesto, PC ma con una memoria ampliabile senza limiti. 20 Due esempi: “recentemente ho dimostrato che esiste una casualità nella teoria dei numeri. Il mio lavoro dimostra che - per usare una metafora di Einstein - Dio talvolta gioca a dadi con i numeri interi! ”, La casualità in Aritmetica, rivista Le Scienze n. 241, settembre (1988); “in poche parole, Gödel ha scoperto l’incompletezza, Turing l’incomputabilità e io la casualità”, prefazione del libro The unknowable, ed. Springer-Verlag, Singapore (1999). Frasi di questo tipo, comunque, si ripetono in quasi tutte le sue pubblicazioni, anche più recenti.

6

adiamo che la definita casualità è una proprietà che riguarda soltanto le stringhe di caratteri e si ripercuote sui numeri naturali solo attraverso la codificazione che per essi si è scelta. Quest’ultima, dal punto di vista logico, è del tutto arbitraria. Di fatto, è possibile che una determinata macchina faccia uso di una codificazione (sia pure assolutamente scomoda e dispendiosa di bits) che rende finito il numero di numeri naturali casuali (o meglio delle stringhe che li rappresentano)21 . Inoltre, come dicevamo, anche la casualità delle stringhe è relativa al funzionamento e al codice della macchina prefissata. Data un’arbitraria e sufficientemente lunga stringa casuale per una determinata macchina, non c’è nulla che vieti l’esistenza di un’altra macchina, magari concepita ad hoc, che riesca a comprimerla. Per essa, possibilmente, saranno invece casuali talune stringhe considerate comprimibili nelle macchine che usano gli ordinari codici. Nello stesso articolo de “Le Scienze” già citato, Chaitin scrive: La maggior parte dei matematici non ha dato molto peso [all’incompletezza].... forse bisognerebbe [invece] cercare nuovi assiomi validi per i numeri interi. La quantità di problemi matematici rimasti irrisolti per centinaia o migliaia di anni tende a rafforzare la mia tesi. Non potrebbe darsi che qualcuno di tali enunciati sia indimostrabile? Se così fosse, forse i matematici farebbero meglio ad accettarlo come assioma. Questa proposta potrebbe sembrare ridicola a molti matematici... ma non agli scienziati empirici... In realtà, in alcuni casi i matematici hanno già assunto a fondamento congetture non dimostrate ma utili. Queste parole sembrano proporre la “rivoluzione gödeliana” di una “nuova” Matematica empirica che, in verità, esiste da sempre: quella che fa anche uso di congetture. Considerare come assiomi queste ultime senza alcuna giustificazione metamatematica sarebbe, naturalmente, inutile oltreché imprudente. E non suona a progresso ma a presunzione rinunciataria: si desiste, a priori, dal ricercare metadimostrazioni di indecidibilità che si sono spesso rivelate preziose miniere per la Logica e la Matematica. Tanto più se si considera che il Teorema d’incompletezza non preclude, per nessun enunciato indecidibile, la possibilità di un riconoscimento puramente metamatematico. Questo scorretto punto di vista si ripete, entusiasticamente, in quasi tutti i suoi lavori più recenti: di fatto egli giunge a questionare, sulla base (epidermica, non certo logica) del Teorema d’incompletezza, l’opportunità stessa dei Sistemi assiomatici22 ! Il logico svedese Torkel Franzén, scomparso recentemente, ha evidenziato nel 2005 altre errate leggerezze di Chaitin23 . L’unica che qui riferiamo è quella relativa all’abstract di un articolo dove si afferma: “Il teorema di Gödel può essere dimostrato mediante argomenti la cui natura appartiene alla teoria dell’informazione. In tale approccio è possibile evincere che se un teorema contiene più informazioni 21 Due

esempi in: G. Raguní, op. cit., p. 218-219. Chaitin, The halting probability Ω: irreducible complexity in pure mathematics, Milan Journal of Mathematics n. 75 (2007), p. 2 e seguenti. 23 T. Franzén, Gödel’s Theorem: an incomplete guide to its use and abuse, A.K. Peters (2005). 22 G.

7

rispetto a un dato insieme di assiomi, allora è impossibile per il teorema essere derivato da quegli assiomi ” 24 . La frase mescola scorrettamente la proprietà che per ogni macchina esistono sempre infinite stringhe casuali, con la capacità dimostrativa della macchina stessa (soggetta al Teorema d’incompletezza). Franzén confuta in modo semplice ed ineccepibile: dal solo assioma “∀x (x =x )”, di complessità costante, si può ottenere un teorema, “n=n”, di complessità arbitrariamente grande al crescere del numero naturale n. Quest’ultima proprietà, infatti, è garantita qualora si rappresentino i naturali con un ordinario codice esponenziale in base qualsiasi. La costante Ω, introdotta da Chaitin in riferimento a una prefissata macchina universale, rappresenta la probabilità che un programma della macchina, scelto a caso, si fermi. Il suo indiscutibile interesse si deve al fatto che rappresenta una sorta di massima compressione della conoscenza matematica: dalla conoscenza dei primi n bits di Ω si può risolvere il problema dell’arresto per tutti i programmi di lunghezza minore o uguale a n. Tuttavia, Chaitin ne esalta oltremisura l’importanza, giungendo perfino a descrivere Ω come il mezzo per ottenere la conoscenza25 . Naturalmente, le cifre di Ω non sono, invece, che l’immigliorabile modo di riassumere tale conoscenza matematica, per il cui raggiungimento non restano che i tradizionali teoremi e metateoremi. Queste critiche non hanno lo scopo di scalfire la figura di questo grande logico-informatico, ma pretendono solo aiutare a far chiarezza su un panorama che, non soltanto ai non esperti, appare piuttosto confuso.

4

Un’avvizzita classificazione

Si vuole adesso criticare l’usuale classificazione delle Teorie assiomatiche classiche in base all’ordine espressivo: primo ordine, secondo ordine, etc.26 . Purtroppo si è consolidato negli anni il ritenere che la formalità del linguaggio (o, più in generale, la sua completezza semantica) sia una prerogativa del primo ordine espressivo e d’altra parte che i linguaggi di ordine superiore siano tutti necessariamente semantici (tipicamente, più che numerabili). L’errore è dovuto principalmente a due malintesi. Il primo è legato al significato dell’espressione Logica classica del primo ordine. Con tale locuzione si intende normalmente la collezione di tutti i Calcoli predicativi classici. Ogni Calcolo predicativo classico è una Teoria formale del 24 G. Chaitin, Gödel’s Theorem and Information, International Journal of Theoretical Physics, n. 22 (1982). Traduzione dell’autore. 25 Per esempio, nell’articolo: Meta-mathematics and the foundations of Mathematics, EATCS Bulletin, vol. 77, pp. 167-179 (2002), espone un criterio che dovrebbe esser valido in principio per risolvere l’ipotesi di Riemann a partire dalla conoscenza di un numero sufficiente di bits di Ω. Ma il ragionamento è un palese circolo vizioso! 26 Un linguaggio si dice del primo ordine se i quantificatori “∃” e “∀” possono riferirsi soltanto a variabili (come avviene in “ogni retta parallela a r è anche parallela a t”). Al secondo ordine, si può quantificare anche sui predicati (e tradurre frasi come: “ogni relazione che c’è tra le rette r e t, c’è anche tra le rette r e s”). Al terzo ordine si può quantificare anche su relazioni ancora più generali (super-relazioni) e così via all’infinito.

8

primo ordine che consiste: a) di alcuni assiomi di base, del primo ordine, individuati per la prima volta da Russell e Whitehead, che formalizzano i concetti “non”, “o” ed “esiste” 27 ; b) di altri eventuali assiomi propri, sempre numerabili e del primo ordine, che formalizzano alcuni concetti particolari che si vogliono usare nella Teoria (per esempio: “uguale”, “maggiore di”, “perpendicolare”, etc.); c) delle quattro regole deduttive classiche di particolarizzazione, generalizzazione, sostituzione e modus ponens. Dato che tali regole si compongono di operazioni meramente sintattiche sugli assiomi e/o sui teoremi via via dedotti (cioè si applicano, macchinalmente, solo al codice simbolico degli assiomi), in ogni particolare Calcolo - e quindi nell’intera Logica classica del primo ordine - risulta sempre rispettata la formalità. Ma, ovviamente, ciò non significa che ogni Teoria del primo ordine, fondata su un particolare Calcolo predicativo classico e che deduca solo con le quattro regole classiche, debba essere formale. Nulla vieta, ad esempio, che la Teoria aggiunga una quantità più che numerabile di assiomi propri a tale Calcolo, benché tutti espressi al primo ordine: ne risulterebbe un linguaggio intrinsecamente semantico e dunque non formale. La Logica classica del primo ordine, in altri termini, non ingloba tutti i Sistemi classici del primo ordine. Infiniti di essi usano un linguaggio informale e/o semanticamente incompleto28 . Il secondo equivoco è legato al Teorema di Lindström. Esso afferma che ogni Teoria classica espressa in un linguaggio semanticamente completo può essere espressa con un linguaggio del primo ordine. La confusione deriva dal confondere il può con un deve. Il Teorema non vieta la completezza semantica, nè la formalità, dei linguaggi di ordine superiore al primo. Afferma soltanto che, quando si ha questo caso, la Teoria può essere ri-espressa in un - più semplice - linguaggio del primo ordine. Certamente, questa proprietà distingue la particolare importanza del primo ordine espressivo. Una proprietà che, d’altronde, può già evidenziarsi grazie alle capacità espressive della Teoria formale degli insiemi: ogni Sistema formale, infatti, in quanto totalmente rappresentabile in tale Teoria - che è del primo ordine - è esprimibile al primo ordine. Ma tale importanza non va radicalizzata. Sicuramente, il fatto innegabile che i linguaggi del secondo ordine siano, nel caso tipico, più che numerabili e dunque intrinsecamente semantici, aggrava la situazione. Ciò di deve al fatto che, se il modello è infinito, i predicati variano, nel caso più generale, su un insieme senz’altro più che numerabile. Ma, certamente, nulla impedisce l’esistenza di un assioma che limiti tale variabilità a un sottoinsieme numerabile; e, in particolare, che sia rispettata anche la formalità29 . Un esempio concreto è il Sistema ottenuto da PA esprimendo il suo principio di induzione parziale, cioè limitato agli enunciati con almeno 27 Gli

altri usuali concetti classici, come “e”, “implica” e “qualunque sia”, vengono definiti mediante questi. Inoltre, ricordiamo che anche “non” e “o” possono ottenersi dall’unico connettivo NAND (o NOR), come dimostrato da H. Sheffer nel 1913. 28 A sostegno: M. Rossberg, First-Order Logic, Second-Order Logic, and Completeness, Hendricks et al. (eds.) Logos Verlag Berlin (2004), sul WEB : http://www.st-andrews.ac.uk/~mr30/papers/RossbergCompleteness.pdf 29 Si legga ad esempio: H. B. Enderton, Second order and Higher order Logic, Standford Encyclopedia of Philosophy (2007), sul WEB : http://plato.standford.edu/entries/logic-higherorder/.

9

una variabile libera, come un singolo enunciato simbolico (anzichè come uno schema assiomatico metamatematico). Ne risulta un assioma del secondo ordine che bisogna ancora interpretare semanticamente, dato che le premesse del Sistema non specificano alcuna deduzione sintattica con formule del secondo ordine. Tuttavia tale semantica non è intrinseca, cioè ineliminabile: rappresentando il Sistema nella Teoria formale degli insiemi, tale assioma si traduce in uno schema assiomatico insiemistico che genera una quantità numerabile di assiomi induttivi formali. Di conseguenza, nella stessa Teoria originaria la formalità potrebbe ripristinarsi aggiungendo le opportune premesse con cui operare sintatticamente sull’assioma induttivo del secondo ordine in modo da produrre i richiesti teoremi sulle proprietà enunciabili simbolicamente. Ma, naturalmente, esistono strategie più semplici per ricostituire tale formalità30 . Come risultato della confusione, spesso si critica il carattere non formale delle Teorie del secondo (o più) ordine sulla base dell’intrinseca semanticità di alcune di esse. E altri, anziché evidenziare che il problema non risiede nel tipo di ordine espressivo, bensì nella particolare fisionomia delle premesse della Teoria, ribattono che “anche alcuni Sistemi del secondo ordine possiedono una veste formale come quelli del primo”. Semmai, come alcuni del primo! In conclusione, il raggruppamento delle Teorie assiomatiche classiche in base all’ordine espressivo è fuorviante, in generale, delle loro proprietà logiche fondamentali. Queste sono conseguenza della struttura delle premesse, in cui l’ordine espressivo non gioca sempre un ruolo decisivo. Il principale strumento di classificazione resta il rispetto della formalità hilbertiana o, più in generale, della completezza semantica del linguaggio.

5

L’interpretazione del Secondo Teorema d’incompletezza

Finalmente, bisogna far chiarezza sull’abituale, erronea, interpretazione del Secondo Teorema d’incompletezza. In riferimento a una Teoria che soddisfa le stesse ipotesi del Primo, il Secondo Teorema d’incompletezza generalizza l’indecidibilitá ad una classe di enunciati che, interpretati nel modello standard significano “questo Sistema è coerente”. La sua (non semplice) dimostrazione, solo accennata da Gödel, fu rilasciata da Hilbert e Bernays nel 1939. L’usuale interpretazione di questo Teorema, soggetta alle nostre critiche, è che “ogni Teoria che soddisfa le ipotesi del Primo Teorema d’incompletezza non può dimostrare la propria coerenza”. Ci sembra evidente, infatti, che la conclusione che una Teoria non possa dimostrare la propria coerenza sia valida per un qualunque Sistema classico, anche non formale! Inoltre, che tale conclusione non spetti al Secondo Teorema d’incompletezza, ma ad un nuovo Metateorema. Consideriamo un arbitrario Sistema classico. Se esso è incoerente, è privo di modelli e, quindi, di ogni sensata interpretazione di qualsiasi sua proposizione31 . Pertanto, il semplice ammettere che un enunciato del Sistema significhi qual30 G.

Raguní, op. cit., p. 160-161. in profondità: di qualsiasi interpretazione che rispetti i principi di non contraddizione e del terzo escluso. 31 Più

10

cosa, implica supporre la sua coerenza. E ciò vale, in particolare, anche se l’interpretazione dell’enunciato è “questo Sistema è coerente”. Dunque, se non si può essere certi della coerenza della Teoria (cosa che, a voler sviscerare i fondamenti, vale per ogni Disciplina), neppure si può esserlo di nessuna interpretazione del suo linguaggio. Nel caso dell’usuale Geometria, per esempio, quando dimostriamo il teorema di Pitagora, in realtà quello concludiamo è: “se il Sistema ammette il modello euclideo (e quindi è coerente), allora in ogni triangolo rettangolo c1 2 +c2 2 =I2 ”. Certo, una deduzione di innegabile valore epistemologico, anche nel caso di clamoroso sfacelo qualora il Sistema si rivelasse incoerente. Supponiamo, però, che a un certo teorema T di una determinata Teoria venga attribuito il significato “questo Sistema è coerente” in un certa interpretazione M. Analogamente, quello che in realtà concludiamo tramite detto teorema è “se il Sistema ammette il modello M (e quindi è coerente), allora il Sistema è coerente”. Qualcosa che sapevamo già e, soprattutto, che non dimostra affatto la coerenza del Sistema. In definitiva, per un siffatto enunciato si ha una situazione peculiare che lo differenzia da qualsiasi altro enunciato significativo in M : preoccuparsi di dimostrarlo all’interno del Sistema è ininfluente ai fini epistemologici relativi all’interpretazione M. In termini più semplici, l’enunciato in questione può essere indecidibile oppure un teorema senza nessuna differenza dal punto di vista epistemologico. Soltanto, non può essere il negato di un teorema, se M è davvero un modello. In ogni caso, il problema di concludere la coerenza della Teoria non è alla portata della Teoria stessa. Proponiamo di chiamare Metateorema dell’indimostrabilità interna della coerenza tale conclusione metamatematica del tutto generale. Poi, il fatto che un enunciato di tal tipo sia indecidibile o sia un teorema dipende, naturalmente, dal Sistema dalla forma dell’enunciato. Per le Teorie che soddisfano le ipotesi del Primo, il Secondo Teorema d’incompletezza assicura che “di norma” tali enunciati sono indecidibili. Abbiamo scritto “di norma” perché pare che esistano tuttavia altri enunciati, formulanti anch’essi la coerenza del Sistema in altri peculiari modelli, che, invece, risultano essere teoremi della Teoria32 . Come afferma lo stesso Lolli, sembra che “neanche una dimostrazione chiude le discussioni ” 33 . Ma in ogni caso tale dibattito, come abbiamo concluso, non tange la validità del proposto Metateorema dell’indimostrabilità interna della coerenza. In conclusione, il Secondo Teorema d’incompletezza individua altre specie di enunciati essenzialmente indecidibili in ogni Teoria che soddisfa le ipotesi del Primo. Mentre il Primo teorema d’incompletezza determina solo l’enunciato di Gödel, il Secondo estende l’indecidibilità ad una categoria assai più ampia di proposizioni. Tuttavia, a parte questa radicale generalizzazione, non introduce alcun concetto cardinale circa la coerenza del Sistema, come normalmente si ritiene. Non lo farebbe neanche se fosse valido per ogni enunciato interpretabile come “questo Sistema è coerente” (cosa che, ribadiamo, sembra risultare falsa). 32 G. Lolli, Da Euclide a Gödel, Il Mulino (2004), p. 140 e 142. A. Martini, Notazioni ordinali e progressioni transfinite di teorie, Tesi di Laurea, Università di Pisa (2006), p. 11-15, sul WEB : http://etd.adm.unipi.it/theses/available/etd-11082006-161824/unrestricted/tesi.pdf. 33 G. Lolli, op. cit., p. 142.

11

Infatti, in ogni caso, da esso non può concludersi che “il Sistema non può dimostrare la propria coerenza”: ciò compete, invece, a un metateorema del tutto generale che non è mai stato messo in evidenza, malgrado la sua immediatezza e indiscutibilità34 . L’errore è aggravato dalle frequentissime “dimostrazioni intuitive”, scorrette, del Secondo Teorema d’incompletezza, del seguente tipo: “Sia S un Sistema che soddisfa le ipotesi del Primo Teorema d’incompletezza e C un suo enunciato che afferma la coerenza dello stesso S. Il Primo Teorema di incompletezza dimostra che se S è coerente, l’enunciato di Gödel, G, è indecidibile. Perciò, se C fosse dimostrabile, potrebbe dedursi che G è indecidibile e quindi indimostrabile. Ma poiché G afferma di essere indimostrabile, ciò significherebbe dimostrare G, il che è assurdo” 35 . Il difetto è manifesto: nel ragionamento si dà a C e G un valore semantico che è giustificato solo supponendo che il Sistema ammetta un modello con tali interpretazioni e quindi che sia già coerente. In tale modello è fuori discussione che la verità di C implica la verità di G, ma l’implicazione sintattica C →G è una questione affatto diversa. In generale, non c’è alcun assurdo conseguente alla possibilità che C sia un teorema perché ciò, come abbiamo già osservato, non dimostrerebbe affatto che il Sistema è coerente. Del resto, in caso di incoerenza, non si ha forse che ogni enunciato è un teorema? In realtà, dimostrare l’implicazione sintattica C →G è tutt’altro che banale e, come segnalato, non vale in tutti i casi ma dipende dalla struttura sintattica dell’enunciato C. L’unico risultato di rilevante importanza circa la coerenza, è dato dal Metateorema della sua indimostrabilità interna. E risaltiamo che la sua metadimostrazione, per il riferirsi a un Sistema classico qualsiasi, non può che consistere in un ragionamento puramente metamatematico, cioè informalizzabile; come quello che si è proposto. ———Nel libro, già citato, I Confini logici della Matematica, esponiamo altre revisioni e alcune proposte di rinnovamento della terminologia di questi argomenti, che è immutata dai tempi di Hilbert.

34 La coerenza di un Sistema può essere dimostrata soltanto da un altro Sistema, esterno ad esso. Per il quale, tuttavia, il problema della coerenza si riproporrebbe. L’ultima conclusione di coerenza, per uscire da tale circolo, dev’essere puramente metamatematica (ma, nella pratica, può consistere semplicemente in un “sensato convincimento”, come in effetti succede con la Teoria assiomatica degli insiemi). 35 Così, per esempio, in: P. Odifreddi, Metamorfosi di un Teorema (1994), sul WEB : http://www.vialattea.net/odifreddi/godel.htm.

12

View more...

Comments

Copyright ©2017 KUPDF Inc.
SUPPORT KUPDF