Introduzione Alla PNL (Italian Edition)

January 19, 2017 | Author: Stefano | Category: N/A
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Jerry Richardson - The Magic of Rapport...

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Introduzione alla PNL

Introduzione alla PNL COME CAPIRE E FARSI CAPIRE MEGLIO USANDO LA PROGRAMMAZIONE NEURO-LINGUISTICA

Jerry Richardson

The Magic of Rapport Revised Original English Language Edition Copyright 2000 By Meta Publications Inc. P.O. Box 1910 Capitola, CA. 95010 U.S.A. Titolo dell’opera in lingua originale The Magic of Rapport Sottotitolo dell’opera in lingua originale How You Can Gain Personal Power in Any Situation Copyright © 2000 Jerry Richardson Titolo della versione italiana dell’opera Introduzione alla PNL Sottotitolo Come capire e farsi capire meglio usando la Programmazione Neuro-Linguistica Alessio Roberti Editore Srl Via Lombardia, 298 – Urgnano (BG) – Italy Copyright © 2002 NLP ITALY Srl Copyright © 2004 Alessio Roberti Editore Srl Edizione digitale: giugno 2014 ISBN 9788865520765 Traduzione dall’inglese Elena Martelli Impaginazione e progetto grafico della copertina Zeronove di Andrea Mattei Proprietà letteraria riservata. È vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo.

In memoria di mio padre, Hervey Stafford “Tat” Richardson, a cui sarò eternamente grato per avermi insegnato gran parte di ciò che so sulla comunicazione interpersonale, di certo molto più di quanto sia lui che io ci rendessimo conto.

INDICE

Introduzione all’edizione italiana Introduzione all’edizione tascabile Ringraziamenti Prefazione alla seconda edizione Introduzione Una nota sulla PNL Panoramica del libro La teoria che sta dietro al libro Ma questa non è manipolazione? PARTE 1 IL RAPPORT: CHE COS’È E COME CREARLO Il rapport: che cos’è La legge della varietà indispensabile Il segreto del rapport: ricalcare Mi piaci perché sei come me Accordarsi allo stato d’animo dell’altra persona Il linguaggio del corpo Come parlare il linguaggio del corpo Come parlare il linguaggio verbale dell’altra persona Ricalcare le convinzioni e le opinioni Ricalcare la respirazione Il passo successivo: guidare Come testare il rapport Quando evitare di ricalcare Ricalcare la comunicazione scritta I risultati del ricalco Un’altra visione del ricalco Una variazione sul tema Il rapport con te stesso Riepilogo Suggerimenti per fare pratica

Note alla Parte 1 PARTE 2 L’ARTE DI COMUNICARE IN MODO CHIARO Comprendere come gli altri comprendono Ci credo se lo vedo, ci credo se lo sento, ci credo se lo provo Come identificare le modalità percettive Come fare in modo che gli altri ti capiscano Multisensorialità L’ascolto attivo Indagare sui significati nascosti Riepilogo Suggerimenti per fare pratica Note alla Parte 2 PARTE 3 L’ARTE DELLA PERSUASIONE Come ottenere ciò che vuoi Come farsi venire una buona idea Identificare le strategie decisionali Come presentare le tue idee in modi praticamente irresistibili Identificare le strategie decisionali: una variazione sul tema Sfidare il sistema Modellare le altre persone Il ricalco sul futuro Ancorare: una potente risorsa inconscia Suggerimenti nascosti Domande e comandi nascosti Come controllare una conversazione Riepilogo Suggerimenti per fare pratica Note alla Parte 3 PARTE 4 GESTIRE LA RESISTENZA

Che cos’è e come gestirla La resistenza al cambiamento La vita non è una gara Fare in modo che le persone riluttanti si aprano Usi creativi della confusione Gestire le obiezioni Trattare con tipi di personalità resistenti La delicata arte della ristrutturazione Come ristrutturare Neutralizzare rabbia e ostilità verbale Riepilogo Suggerimenti per fare pratica Note alla Parte 4 Un’ultima parola Bibliografia Linea diretta con l’Editore

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA

Viviamo in un mondo veloce ed esigente e le domande che più spesso mi vengono rivolte sulla Programmazione NeuroLinguistica sono: a cosa serve la PNL e come può migliorare la mia vita? Il libro di Jerry Richardson è un ottimo punto di partenza per trovare la vostra risposta. A chi la studia e la applica nella propria vita privata come in quella professionale, la PNL è in grado di offrire una serie di vantaggi incredibili: • comunicare in modo più efficace e carismatico; • ottenere la fiducia, il supporto e la collaborazione degli altri; • interessare, coinvolgere e motivare maggiormente le persone; • superare le resistenze; • comprendere e prevedere il modo in cui gli altri prendono le decisioni. Questo significa che, grazie alla PNL, sarete in grado di capire meglio il modo in cui gli altri pensano, comunicano e agiscono: che si tratti di vostro figlio, di un collega o del vostro superiore, entrerete nella giusta prospettiva per costruire con queste persone relazioni positive e vincenti per entrambi. Introduzione alla PNL ha rappresentato, per milioni di lettori in tutto il mondo, la porta di accesso alla Programmazione NeuroLinguistica: un testo che, prontamente, offre un’efficace panoramica degli strumenti pratici che la PNL ci mette a disposizione. Buona lettura! Alessio Roberti Autore, formatore, editore Master Trainer di PNL Direttore Mondiale Business Coaching (Society of NLP) www.alessioroberti.it

ALESSIO ROBERTI

È l’italiano con maggiore esperienza nella ricerca e formazione in PNL a livello mondiale: ha formato oltre 60.000 professionisti in Programmazione NeuroLinguistica in Italia, USA, Inghilterra e Giappone. La “Society of NLP” gli ha conferito il titolo di “Licensed Master Trainer of NLP”, il massimo livello di specializzazione in PNL e il prestigioso titolo di Direttore Mondiale del Business Coaching. Si è inoltre specializzato presso le scuole di Business delle università di Harvard e Oxford. Fra le numerose aziende che si avvalgono della consulenza e della formazione della società da lui guidata ci sono alcune tra le più importanti organizzazioni, nazionali e internazionali. È Coach di importanti imprenditori italiani. È l’unico italiano co-trainer del genio creativo della PNL, Richard Bandler, e co-autore con Bandler e Owen Fitzpatrick del bestseller Corso di PNL: Scelgo la libertà. Presidente dell’Associazione Internazionale di Intelligenza Linguistica, è docente di “Intelligenza Linguistica” e “Public Speaking” presso il Master Internazionale in “Five Stars Hotel Management” della Hotel Business School. È inoltre l’editore di oltre 70 testi sull’utilizzo degli strumenti della PNL, del Coaching e della comunicazione efficace. Fondatore e direttore della NLP ITALY Coaching School, supervisiona tutte le attività formative erogate. Il suo ultimo libro, Le parole per crescere tuo figlio, è dedicato agli strumenti per migliorare la comunicazione tra adulti e bambini.

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE TASCABILE

“So che pensi di aver capito quello che pensi che io abbia detto, ma mi chiedo se ti sia accorto che quello che ho detto non è quello che intendevo”. Rileggete questa frase, tratta da Introduzione alla PNL, e ripensate a tutte le occasioni in cui avete avuto l’impressione di trovarvi da una parte o dall’altra di questa conversazione, tanto assurda quanto comune. Quante volte vi siete resi conto di non avere gli strumenti giusti per comprendere il vostro interlocutore o per farvi comprendere da lui? La comunicazione interpersonale caratterizza ogni momento della nostra esistenza. A casa o sul lavoro, ogni giorno diamo vita a un numero considerevole di interazioni, dalle quali possiamo uscire soddisfatti o frustrati. Per questo imparare a comunicare in modo chiaro ed efficace è davvero importante e può contribuire a migliorare enormemente la qualità delle nostre relazioni. La PNL mi ha insegnato a farlo. E io oggi dedico la maggior parte del mio tempo a condividere questa esperienza con altre persone. Introduzione alla PNL è tra i testi fondamentali per chi si avvicina per la prima volta alla Programmazione Neuro-Lin guistica. Diretto, ben strutturato, ricco di esempi e situazioni pratiche, è senza dubbio il libro ideale da cui cominciare, perché le tecniche presentate dall’autore sono facili da capire, semplici da applicare e danno risultati immediati. La realizzazione dell’edizione tascabile del bestseller di Richardson ha come obiettivo quello di contribuire ulteriormente alla diffusione della PNL e del suo approccio innovativo alle relazioni tra le persone. Antonella Rizzuto Direttrice NLP ITALY Coaching School

ANTONELLA RIZZUTO Antonella Rizzuto è il trainer a cui il maggior numero di persone in Italia affida la propria formazione in PNL e Coaching. Dopo la laurea si è formata in PNL, ed è stata nominata Trainer direttamente da Richard Bandler, il co-creatore della PNL, dopo essersi specializzata nell’insegnamento della PNL negli USA. Ha inoltre proseguito la sua formazione completando con successo i percorsi di specializzazione di NLP ITALY in Life, Business e Sport Coaching. Dopo l’esperienza maturata come Coach e i risultati dimostrati sul campo, è stata nominata prima mentore e successivamente direttrice della NLP ITALY Coaching School.

RINGRAZIAMENTI

Vorrei ringraziare alcune delle persone che hanno reso possibile questo libro e la sua seconda edizione: Richard Bandler, che ha trascorso molto tempo con me durante gli anni Settanta, quando sono venuto a contatto per la prima volta con la PNL, per aver condiviso con me le sue intuizioni – infallibilmente brillanti, spesso bizzarre, di solito provocatorie, e sempre stimolanti – su questo interessantissimo filtro per capire il comportamento umano. Richard è sempre stato generoso nel dedicarmi il suo tempo e le sue idee e gli sarò eternamente grato per la sua influenza e la sua guida. Lynn Lannon, mia moglie, compagna e migliore amica, che continua ad ispirarmi con il suo amore e le sue profonde intuizioni sulla natura della comunicazione, e da cui ho imparato molto riguardo a ciò che è necessario per far funzionare una relazione – in campo personale, professionale e spirituale. Le sono grato per il grande aiuto, per il supporto che mi ha offerto nella revisione di questo libro e per i suoi instancabili tentativi di farmi mettere in pratica ciò che professavo. Le migliaia di persone delle tante organizzazioni con cui ho avuto contatti nel corso degli anni, per avermi aiutato a rendere più chiari sia i miei pensieri, sia la presentazione di questa materia. I miei numerosi amici e colleghi, che hanno condiviso con me le loro storie su come le idee contenute in questo libro li abbiano aiutati a relazionarsi con gli altri in modo sempre più efficace. Joel Margulis, mio co-autore nella prima edizione, per le sue intuizioni, i numerosi racconti e gli esempi che continuano ad arricchire il testo. Tutti i Practitioner (professionisti in PNL), gli scrittori, gli oratori, i trainer di PNL e quanti altri hanno messo le loro tecniche e strategie a mia disposizione e a disposizione del resto della comunità di lettori interessati alle applicazioni pratiche di questa tecnologia. Jenny D’Angelo, che con un’accurata revisione del manoscritto di questa seconda edizione ha aiutato a unificarne i toni, talvolta disomogenei. E per ultima, ma certo non meno importante, desidero ringraziare

mia madre, Madelyn Richardson, che è sempre stata una leale sostenitrice e un’ispirazione a trovare la prospettiva migliore, nel pensiero così come nella comunicazione. Jerry Richardson

PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

Il mondo è molto cambiato da quando è stata pubblicata la prima edizione di Introduzione alla PNL. Forse i cambiamenti più importanti sono stati l’evoluzione della comunicazione elettronica e lo sviluppo di internet. Tuttavia, sebbene sia cambiato il contesto, non sono cambiati i principi della comunicazione. La comunicazione interpersonale non sembra essere soggetta agli stessi cicli vitali dei prodotti tecnologici, che diventano sempre più brevi. La comunicazione interpersonale è una faccenda diversa. Ciò che era vero vent’anni fa lo è anche oggi, e molto probabilmente lo sarà fra altri vent’anni o, forse, anche fra duecento. Gli esseri umani non sembrano cambiare granché, anche se qualcuno potrebbe obiettare che nell’era di internet siamo diventati meno lungimiranti nello stabilire i nostri obiettivi e meno pazienti verso il prossimo. Allo sviluppo della comunicazione e del commercio elettronici ha corrisposto un ridimensionamento delle nostre strutture. Qualcuno direbbe che l’espressione appropriata è “riduzione alle giuste dimensioni”. Qualunque espressione si usi, è evidente che dai dipendenti, ora, ci si aspetta che producano di più con meno mezzi. Uno dei cambiamenti più comuni nelle organizzazioni in cui ho lavorato recentemente è che le esigenze stanno aumentando e le risorse sono, invece, in diminuzione. Le organizzazioni sono spesso diventate più redditizie, ma le condizioni di lavoro, in molti casi, sono divenute meno ospitali. In un mondo del lavoro con elevate esigenze ma scarse risorse, la comunicazione deve produrre più risultati in meno tempo. Questo cambiamento rende più impellente il bisogno di capacità di comunicazione ancora migliori. Buone capacità di comunicazione, in genere, riducono i tempi necessari a portare altre persone a completare qualcosa. Quando ognuno avrà acquisito abilità interpersonali più efficaci, ci saranno meno interruzioni nella comunicazione e scambi di idee più proficui. Infatti, delle buone capacità interpersonali sono un fattore

cruciale di successo in ogni aspetto della vita. Da quando Introduzione alla PNL è stato pubblicato, una delle acquisizioni più interessanti nel settore della comunicazione interpersonale è giunta dallo psicologo Daniel Goleman e dal concetto di “intelligenza emotiva” (emotional intelligence) da lui sviluppato. L’intelligenza emotiva – o alfabetizzazione emozionale, espressione che lui preferisce – ha a che fare con l’importanza della gestione di se stessi e delle capacità interpersonali nella determinazione del successo sia personale che professionale. Il lavoro di Goleman cita numerosi studi che sostengono una delle principali tesi del suo libro, cioè che i fattori cruciali di successo, nella vita, hanno più a che fare con le proprie capacità di relazionarsi con se stessi e con gli altri, che con le abilità cognitive o intellettuali. Ciò non significa che le abilità cognitive non siano importanti; semplicemente, non sono così importanti come si potrebbe credere. Questo fatto non sarà una sorpresa per chiunque abbia familiarità con la sindrome dello “studente modello”, vale a dire che uno può essere uno studente modello a scuola, ma un fallimento nella vita. I due contesti richiedono una serie di abilità differenti. I libri Intelligenza emotiva e Introduzione alla PNL prendono entrambi in considerazione la preminenza delle capacità interpersonali sulle abilità cognitive in quanto fattore determinante nel successo professionale e personale. In Intelligenza emotiva Goleman evidenzia anche l’importanza delle capacità intra-personali. Nella prima edizione di Introduzione alla PNL ho preso in considerazione il successo in primo luogo dal punto di partenza delle abilità inter-personali; in questa edizione ho aggiunto una sezione sul “rapport con te stesso”, che tratta di alcune delle stesse problematiche intra-personali affrontate da Goleman. Una nota sul sottotitolo dell’edizione originale di questo libro, che tradotta in italiano è “Come acquisire potere personale in qualsiasi situazione”: io definisco il potere personale come l’abilità di indurre le altre persone a fare le cose perché lo vogliono, non perché devono. Distinguo il potere personale dal potere che deriva dal ruolo; in quest’ultimo, la tua abilità di influenzare la gente deriva dall’autorità, dalla tua posizione nella gerarchia organizzata o dalla tua capacità di dare e negare ricompense. Quando hai potere personale, sei in grado di portare le persone a fare delle cose perché vogliono farle. Quando il tuo potere scaturisce dal ruolo, le persone fanno ciò che

chiedi loro perché devono. Questo concetto fa pensare a una serie di gradini, come mostra la figura qui sotto:

Una cosa importante da tenere presente è che, una volta che si è iniziata la discesa, è molto più facile scendere i gradini che risalirli. Se la mia proposta non funziona, è abbastanza semplice chiederti di fare qualcosa. Se neanche questo funziona, posso tentare con la persuasione. Invece, una volta che ho impartito un ordine (partendo dal presupposto che io abbia l’autorità per farlo), se non riesco a ottenere adesione è improbabile che io provi con la persuasione o con ulteriori richieste. Se non ti adegui, è più probabile che io ti minacci di terribili conseguenze. Nel caso in cui tu ancora non accondiscenda, potrei essere costretto a obbligarti in qualche modo. Generalmente ciò non implica l’uso della forza fi sica, anche se dietro a questa scelta esiste sempre questa possibilità estrema. Per esempio, se sono il tuo capo, ho l’autorità per ordinarti di fare qualcosa. Se non esegui il mio ordine, posso minacciarti di gravi conseguenze, come quella di farti perdere il lavoro. E, se non accondiscendi ancora, ho l’autorità per li cenziarti, evenienza che potrebbe comportare il fatto di chiamare la polizia per rimuoverti con la forza dal luogo di lavoro. Secondo la mia esperienza, anche se si è in possesso del potere derivante dal ruolo, è preferibile usare il potere personale. È meglio ottenere la collaborazione volontaria delle persone, piuttosto che la loro ubbidienza forzata. È qui che entra in gioco la “magia del rapport”: la capacità di esercitare il proprio potere personale in ogni situazione.

INTRODUZIONE

Questo libro è stato studiato per aiutarti ad essere più efficace nelle tue relazioni, sia con le persone con cui lavori che con quelle con cui vivi. È un libro per tutti coloro il cui successo professionale o personale dipende dall’abilità di influenzare altre persone. Presenterò tecniche e strategie che ti aiuteranno a ottenere ciò che vuoi, che tu lo voglia da un cliente, un superiore, un amico o un coniuge. Leggere questo libro e avere la padronanza delle tecniche e delle strategie in esso presentate ti aiuterà a: • assumere immediatamente il controllo di ogni situazione; • ispirare fiducia e credibilità; • usare il potere della suggestione per ottenere ciò che vuoi; • presentare le tue idee in modi praticamente irresistibili; • vincere le resistenze in maniera facile ed efficace; • fare in modo che le persone siano d’accordo con te; • fare in modo che gli altri ti capiscano chiaramente; • evitare di essere manipolato. Esaminiamo ciascuno di questi punti. Assumere immediatamente il controllo di ogni situazione O tu controlli la situazione, o sarà la situazione a controllare te. Per esempio, come puoi assumere la direzione di un gruppo di persone confuse, e magari minacciose? In situazioni simili, la paura paralizza molti; l’unica strada sicura per assumere immediatamente il controllo è (1) determinare la realtà prevalente della situazione e (2) accordarsi o conformarsi a tale realtà. Durante la lettura di questo libro, imparerai tecniche specifiche e strategie che potrai utilizzare per assumere il controllo e indirizzare la situazione nella direzione che preferisci. Ispirare fiducia e credibilità Negli ultimi anni, dalla ricerca e dalla pratica nelle scienze sociali e comportamentali sono emerse numerose entusiasmanti scoperte.

Ora disponiamo di più informazioni sul perché a una persona ne piaccia un’altra, sul perché una persona dica “sì” invece di “no” a un consiglio, sul modo di affrontare efficacemente i cambiamenti e sulla resistenza ai cambiamenti stessi, su come far fronte alla rabbia e all’ostilità delle persone, su come comunicare chiaramente idee agli altri in modo che capiscano esattamente ciò che viene loro detto. Introduzione alla PNL tratta molte di queste scoperte in modo facilmente comprensibile e applicabile. Usare il potere della suggestione per ottenere ciò che vuoi Alcuni riescono a fare in modo che altre persone condividano le loro idee e proposte senza troppa fatica. Anche tu puoi imparare ad ottenere esattamente ciò che vuoi ogni volta che vuoi. Presentare le tue idee in modi praticamente irresistibili Quando hai maggiori informazioni sul modo in cui le altre persone prendono una decisione di quante ne abbiano loro, sei in una posizione di grande potere per presentare le tue idee in modi a cui sarà praticamente impossibile resistere. Vincere le resistenze in maniera facile ed efficace Quando sai come fare, vincere le resistenze degli altri è un gioco da ragazzi, sia che esse siano rappresentate da un’obiezione a una tua buona idea, sia che consistano in un’aggressione verbale rivolta a te personalmente. Fare in modo che le persone siano d’accordo con te Puoi imparare come stabilire uno schema di intesa, a livello sia verbale che non verbale, in modo che gli altri si sentano obbligati ad essere d’accordo con te. Fare in modo che gli altri ti capiscano chiaramente Il segreto, qui, sta prima di tutto nel comprendere come le altre persone comprendono. Successivamente, sarai in grado di presentare le tue idee in modi che abbiano perfettamente senso per loro. Evitare di essere manipolato Diventerai consapevole dei tuoi stessi schemi di comportamento,

quelli che ti rendono influenzabile da parte della gente. Questo è il modo migliore per evitare di essere manipolati dagli altri.

UNA NOTA SULLA PNL (PROGRAMMAZIONE NEURO-LINGUISTICA)

Sebbene questo non sia un libro esaustivo sulla PNL, molte delle tecniche e delle strategie in esso presentate provengono dalla disciplina nota come Programmazione Neuro-Linguistica (PNL). La PNL è sorta dalle menti e dall’esperienza di Richard Bandler e John Grinder, dalla cui collaborazione, a metà degli anni Settanta, scaturì una tecnologia che rappresentò una svolta nell’arte della comunicazione umana. Dico “svolta” coscientemente ed intenzionalmente, e pur essendo pienamente consapevole del fatto che questo sia un termine sensazionalistico, non intendo utilizzarlo in tal senso. Quando mi imbattei per la prima volta nella PNL, stavo sviluppando per un cliente un programma di formazione per venditori ed ero alla ricerca di nuovi approcci alla materia. Un amico che era al corrente della mia ricerca mi indirizzò verso un libro affascinante, intitolato La struttura della magia, di Bandler e Grinder. Il libro, a sua volta, mi portò a un workshop sull’ipnosi che i due autori stavano tenendo a San Francisco. Ciò che scoprii al workshop era che la PNL, a quel tempo usata essenzialmente a scopo terapeutico, era sicuramente la descrizione dei processi di persuasione a livello comportamentale più dettagliata e più ricca che avessi mai incontrato. Da questo punto di vista era veramente una svolta. Esistono varie definizioni di cosa sia la PNL, molte delle quali tentano di etichettare ciò che è diventato un consistente insieme di pratiche progettate per produrre cambiamenti negli altri. I primi Practitioner (professionisti in PNL) erano interessati soprattutto alle applicazioni terapeutiche della PNL. Infatti, il termine “Programmazione Neuro-Linguistica” sembra avere un fascino particolare per le persone interessate alla terapia. Secondo la mia esperienza, il termine è meno avvincente per le persone che lavorano in ambito aziendale, e siccome il contesto in cui faccio maggiore uso di questa tecnologia è costituito proprio dalle aziende, tendo a ridurre l’enfasi collegata al termine e a concentrarmi, piuttosto, sui risultati che la PNL rende possibili. È una tecnologia molto potente, se usata correttamente, e io sono in debito sia con Richard Bandler che con John Grinder per aver

personalmente condiviso con me gran parte di ciò che so riguardo alla PNL. Quando la gente mi chiede “Cos’è la PNL?”, a volte provo a dare una risposta davvero esauriente alla domanda. Di solito non ci riesco, perché la PNL è per la comunicazione umana ciò che l’Induismo è per la religione: sembra un termine omnicomprensivo. Se appare all’orizzonte una nuova tecnologia, in genere un programmatore neuro-linguistico la traduce nel linguaggio della PNL, di solito arricchendo, nel contempo, la nuova tecnologia. La PNL è un approccio molto pragmatico e omnicomprensivo alla comunicazione umana. Cerca di conciliare tutto. La migliore definizione della PNL che abbia mai sentito fu data molti anni fa da Richard Bandler: “La PNL è lo studio dell’esperienza soggettiva”.

PANORAMICA DEL LIBRO

La Parte 1, “Il rapport: che cos’è e come crearlo”, ti illustra come stabilire rapport con altre persone in modo che tu possa usare il potere della suggestione per influenzarle efficacemente. Ti mostra anche come stabilire e mantenere rapport con te stesso, un aspetto importante del potere personale. La Parte 2, “L’arte di comunicare in modo chiaro”, ti illustra come identificare la maniera in cui le altre persone danno un significato alle cose, affinché tu possa presentare le tue idee in modi che per loro abbiano senso. La Parte 3, “L’arte della persuasione”, ti mostra come scoprire la maniera in cui le altre persone prendono delle decisioni, affinché tu possa presentare le tue idee in modi praticamente irresistibili. Essa tratta anche il tema di “modellare” le strategie delle altre persone per eccellere. La Parte 4, “Gestire la resistenza”, ti illustra come vincere in maniera facile ed efficace la resistenza delle altre persone; inoltre ti presenta alcune idee utili a prevenire o a contenere le loro resistenze, che siano rappresentate da un’obiezione a una tua buona idea, o che consistano in un’aggressione verbale piena di ostilità.

LA TEORIA CHE STA DIETRO AL LIBRO

Questo libro tratta della comunicazione, di come comunicare più efficacemente con le persone che ti circondano. Tratta anche della persuasione: di come fare in modo, cioè, che quelle persone rispondano in maniera favorevole a te e alle tue proposte, e facciano quello che tu vuoi. Il materiale deriva dai recenti progressi nelle arti della comunicazione e della persuasione. Attingendo da scoperte in una varietà di campi come l’ipnosi, la cibernetica, la linguistica, la psicologia e la psichiatria, così come dai fenomeni della comunicazione nella vendita e nel marketing, Introduzione alla PNL presenta, in un formato facile da leggere e semplice da applicare, alcune delle più entusiasmanti e potenti tecniche e strategie disponibili per ottenere il supporto e la cooperazione degli altri. La parola “comunicazione” indica, tra l’altro, il trasferimento, la distribuzione o la condivisione di informazioni, idee, messaggi o segnali. In origine il termine si collegava alla religione, per il fatto che deriva da “comunione”. Nel suo significato originario, dunque, la comunicazione aveva a che fare con la condivisione di esperienze significative. In virtù di questo, possiamo definire la comunicazione una “condivisione di informazioni o esperienze tra individui”, presupponendo così che due o più individui siano in comunicazione al punto da avere informazioni ed esperienze comuni. Inoltre, gli individui che condividono tali esperienze potrebbero esserne consapevoli o meno. Gran parte di questo libro tratta di come la gente elabora le informazioni e tenta di dare un significato al mondo. Tutti noi, ogni giorno, veniamo inondati da informazioni e proposte. Milioni di messaggi filtrano dentro di noi e vengono digeriti, in principio, a livello inconscio. Noi rispondiamo inconsciamente, e agiamo anche, nella maggior parte dei casi, inconsciamente. Agiamo cioè automaticamente, per abitudine. Seguiamo degli schemi nelle nostre risposte e nelle nostre interazioni con gli altri e con il mondo dei messaggi. Gli schemi sono modi regolari e invariabili di agire, di fare

delle cose e di rispondere. In altre parole, siamo creature abitudinarie. L’abitudine è necessaria e auspicabile affinché funzioniamo in modo efficiente. Tuttavia, seguire degli schemi ha anche i suoi rischi. Siccome non siamo sempre consapevoli di cosa stiamo facendo e del perché lo stiamo facendo, non siamo sempre in grado di riflettere su qualcosa o di valutare quali delle nostre abitudini – o dei nostri schemi – siano funzionali e quali, invece, non lo siano; quali abitudini ci servano e quali ci rendano schiavi. Un obiettivo primario di questo libro è aiutarti a diventare consapevole degli schemi presenti in te stesso che facilitano l’intesa con le persone con cui vivi e lavori, per poi influenzarle. Diventando maggiormente consapevole degli schemi che ti sono utili, potrai usarli ancora più sistematicamente e in modo appropriato nel relazionarti con gli altri. Diventare più consapevole di schemi inconsci che non ti sono utili, ma ai quali sei poco opportunamente legato, ti consente di scegliere. Sei libero di cambiare quegli schemi in modo che non interferiscano più nelle tue relazioni con gli altri. A volte cambiare le abitudini è facile, poiché richiede soltanto una consapevolezza leggermente maggiore in merito a qualcosa che si faceva o si diceva inavvertitamente. Altre volte richiede di compiere uno sforzo considerevole e concentrare tutte le energie allo scopo di estirpare schemi saldamente radicati. Le abitudini sono dure a morire, soprattutto quelle con cui hai convissuto per molti anni. Ma puoi cambiare le cose. Il primo passo è esserne consapevole. Un altro obiettivo complementare di questo libro è portarti a diventare più consapevole degli schemi comportamentali degli altri. Quando comprendi gli schemi di un’altra persona, specialmente quelli relativi alla comunicazione, puoi prevedere cosa farà probabilmente quando si troverà a confrontarsi con una particolare situazione. Per esempio, quando conosci gli schemi o le strategie di una persona nel prendere un certo tipo di decisioni, sai come fare per influenzare le sue decisioni future. Puoi prevedere con un alto grado di attendibilità come quella persona deciderà in futuro, in una circostanza analoga. Conoscere e usare gli schemi inconsci degli altri ti dà il potere della persuasione.

MA QUESTA NON È MANIPOLAZIONE?

La risposta a questa domanda è allo stesso tempo sì e no. Ad Al Smith, quando era governatore di New York, una volta fu chiesta un’opinione sul proibizionismo e sul consumo di alcolici. Lui rispose: Se per alcol si intende quel qualcosa che contamina l’innocenza, corrompe la castità, causa le malattie, rovina la mente ed è causa di disoccupazione e di famiglie spezzate, allora di certo mi oppongo ad esso con ogni mia forza mentale e fisica. Ma se per alcol si intende quello spirito di socievolezza, quell’olio della conversazione che dona scioltezza alle labbra e musica alla bocca; quel calore liquido che allieta l’anima e rallegra il cuore; quel profitto la cui imposta fiscale ha contribuito con innumerevoli milioni alla cassa pubblica per l’educazione dei nostri figli, per la cura dei non vedenti e l’assistenza dei nostri cittadini più anziani e bisognosi, allora lo approvo con ogni mia forza mentale e fisica. Allo stesso modo, se per manipolazione intendi approfittarsi ingiustamente di un’altra persona con mezzi subdoli e insidiosi, privare senza farsi scrupoli un altro essere umano di qualcosa di prezioso per uno sconsiderato tornaconto personale, allora questo non è il libro per te. Ma se per manipolazione intendi l’abile uso delle arti comunicative e persuasive, l’impiego accorto del linguaggio e della dizione, il trattamento assennato dei preconcetti e delle preferenze delle altre persone, affinché i risultati dei tuoi rapporti con gli altri siano gratificanti e produttivi per tutti, allora continua pure a leggere. Questa è manipolazione nel senso migliore del termine. Vivrai e lavorerai in modo più produttivo e armonioso, quanto più riuscirai a diventare capace di manipolazioni del genere. Comunque, devo qui aggiungere che le tecniche e le strategie trattate in questo libro, in effetti, si prestano anche al primo tipo di manipolazione a cui ho fatto

riferimento. Stiamo parlando di strumenti, e gli strumenti possono essere usati sia per costruire che per distruggere, sia per aiutare che per nuocere. La scelta sta a te, lettore, con questo avvertimento: nella vita c’è una sorta di “legge di reciprocità”; quello che facciamo agli altri, in qualche modo, si ripercuote su noi stessi. Quel che semini, raccogli. Usa queste idee in modo saggio, nel migliore interesse di coloro che miri a influenzare. In questo modo, farai qualcosa di utile anche per te stesso e per i tuoi interessi.

Parte 1 Il rapport: che cos’è e come crearlo “Si giudicano gli uomini in base al proprio standard e alla propria posizione.” M. ESTHER HARDING

In questa parte del libro imparerai cos’è il rapport e apprenderai anche una tecnica per stabilire immediatamente rapport quasi con chiunque. Inoltre, conoscerai la legge della varietà indispensabile (law of requisite variety) e leggerai come essa possa accrescere la tua efficacia con gli altri. Imparerai come fare in modo di piacere quasi a tutti e far sì che le persone siano d’accordo con le tue idee e i tuoi suggerimenti. E scoprirai come “entrare in sintonia” con gli altri, come “metterti sulla loro lunghezza d’onda”, in modo da capire intuitivamente che cosa sia necessario fare per influenzarli.

IL RAPPORT: CHE COS’È

Nella seguente trattazione di cosa sia il rapport e come stabilirlo, tieni in mente che esso costituisce un elemento chiave nella persuasione, l’arte di ottenere l’appoggio e la cooperazione di altre persone, l’arte di fare in modo che esse facciano quello che vuoi. Le tecniche e strategie messe in gioco in ogni comunicazione efficace si riconnettono tutte, in qualche modo sostanziale, al rapport. I dizionari definiscono il rapport in vari modi, tra cui “un rapporto segnato da armonia, concordanza, accordo o affinità”. Il rapport, quindi, indica una relazione segnata dall’accordo, dall’allineamento, dalla somiglianza. Pertanto, se sei d’accordo o sei allineato – verbalmente, non verbalmente o in entrambi i modi – con un’altra persona, oppure hai una certa somiglianza con lui o lei, allora sei in uno stato di rapport con quella persona. Ci sono due modi di vedere le persone. Si può decidere di mettere in rilievo le differenze tra se stessi e gli altri, oppure si può decidere di far risaltare le somiglianze, le caratteristiche che si hanno in comune. Se metti in rilievo le differenze, troverai difficile stabilire rapport. Ma se metti in evidenza quello che c’è in comune, ogni resistenza, ogni antagonismo scomparirà. Con l’esercizio diventa facile ritrovare se stessi nelle altre persone, allinearsi con loro. Quando ciò accade, c’è cooperazione. È un’impresa esaltante, oltre che vantaggiosa. Ci sono tanti modi diversi di vedere il mondo quante sono le persone. Aumentare la tua capacità di identificarti con gli altri è come viaggiare: allarga i tuoi orizzonti. E, in più, hai la possibilità di scegliere la direzione del tuo viaggio e di condurre gli altri nella stessa direzione.

LA LEGGE DELLA VARIETÀ INDISPENSABILE Un’idea estremamente utile nel relazionarsi con gli altri proviene dalla cibernetica: la legge della varietà indispensabile. La cibernetica si

occupa dello studio di sistemi di controllo automatico, sia negli esseri umani che nelle macchine. La legge della varietà indispensabile1 afferma che in qualsiasi sistema (sia umano che costituito da macchine), quando tutti gli altri fattori sono uguali, sarà l’individuo (uomo o macchina) con la gamma più ampia di reazioni a controllare il sistema. Questo significa semplicemente che se nel tuo comportamento sei capace di maggior varietà di un’altra persona, allora sei in grado di controllare le tue interazioni con quella persona. Per esempio, se il tuo cliente George ha cinque modi di opporre resistenza alla tua buona idea e tu metti in atto una varietà di comportamenti tale da contrastare efficacemente ogni sua azione di dissenso, dovresti essere in grado di controllare il risultato delle tue interazioni con lui. In altre parole, se riesci a fare una mossa in più di quante ne fa George, hai la cosiddetta “varietà indispensabile” rispetto a lui. Pensa al tuo rapporto con le persone. Ce ne solo alcune che ti fanno sentire veramente frustrato? Per esempio, tuo figlio di nove anni ti interrompe continuamente per lamentarsi di quanto si annoi? Se sei capace di suggerire solo un’unica attività nuova, potrebbe non essere abbastanza: una semplice giornata di pioggia potrebbe farvi impazzire entrambi. Ma se sei in grado di proporre molte opzioni, tu avrai pace e tranquillità, e il bambino sarà contento e assorto nell’attività che gli avrai suggerito. Il trucco sta nell’espandere la propria gamma. Quando il tuo “ventaglio” di comportamenti è più ampio di quello dell’altra persona, hai sufficiente varietà da controllare e dirigere la situazione.2 Per ottenere la varietà indispensabile (necessaria) nel tuo comportamento ti occorrono fondamentalmente due cose: consapevolezza e flessibilità. È necessario che tu abbia sufficiente consapevolezza per sapere se le cose che stai comunicando vengono accettate o rifiutate. Se stai comunicando in modo efficace, allora non è necessario che tu faccia alcuna correzione; semplicemente, continua a fare quello che stavi facendo, perché funziona. Ma se quello che stai facendo non funziona, allora ti occorre la flessibilità per cambiare e fare qualcos’altro. E se ciò che fai ancora non funziona, allora devi essere in grado di cambiare di nuovo e fare qualcos’altro, e così via, fino a trovare quello che devi fare, affinché

il tuo interlocutore risponda positivamente alla tua idea o al tuo suggerimento. Quando le persone incontrano resistenza, spesso reagiscono continuando a insistere con lo stesso approccio che, fin dal principio, non ha funzionato. Questa è una buona strategia per rendere l’altro ancora più resistente. Quando hai dalla tua parte la varietà indispensabile, disponi di altre possibilità, di altri schemi dai quali attingere, fino a trovarne uno che funzioni con un determinato individuo. Inoltre, quando si incontra qualcuno che si vuole influenzare, si tende a dare per scontato che sia necessario, in qualche modo, cambiarlo. In realtà, è praticamente impossibile cambiare un’altra persona, quindi qualsiasi tentativo in questo senso è destinato a fallire. Tuttavia, quando sei con un’altra persona, che tu lo voglia o no, eserciti un’influenza su di lei. Influenza che può essere auspicabile o meno, può portarti dove desideri o allontanarti dal tuo obiettivo, può essere leggera o forte, ma c’è. L’approccio alla comunicazione – e, specialmente, alla comunicazione persuasiva – che assumo in questo libro è un approccio al sistema. E i sistemi sono dinamici, cambiano. Quando si cambia una parte del sistema, le altre parti cambiano di conseguenza per ristabilire l’equilibrio. Due o più persone, insieme, costituiscono un sistema. Perciò, quando porti una persona a cambiare, questa, probabilmente, reagirà al cambiamento. Una tale idea implica che se vuoi cambiare qualcuno, un buon modo per avviare il processo è generare alcuni cambiamenti in te stesso. Di conseguenza, l’altro reagirà generalmente producendo alcuni cambiamenti in se stesso. La questione diventa: “Quale cambiamento in particolare, o quali cambiamenti specifici devi produrre in te stesso, per ottenere il cambiamento desiderato nell’altra persona?”. Ecco che cos’è la varietà indispensabile e di cosa tratta questo libro. Non esiste garanzia del fatto che sarai sempre in grado di affrontare in modo efficace tutte le persone che incontrerai. Sarebbe bello poter affermare una cosa simile – e trarne vantaggio –, ma la verità è che ci sono alcune persone con cui proprio non riuscirai ad andare d’accordo, o che non sarai in grado di convincere, o con cui non potrai fare nessun’altra cosa. Non perché non ci sia niente che

tu possa fare, ma semplicemente perché non avrai trovato lo schema che funziona con loro. O forse perché avrai deciso che non ne vale la pena. Comunque, diventando più flessibile nel tuo approccio verso gli altri e maggiormente consapevole sia dei tuoi stessi schemi che di quelli delle persone con cui devi avere a che fare, potrai aumentare enormemente il tuo successo e la tua soddisfazione personale proprio in virtù dell’influenza che eserciterai sugli altri. La varietà indispensabile – avere una gamma di comportamenti sufficiente ad eguagliare o addirittura superare quella dell’altra persona – è il fondamento su cui si costruisce il rapport. E costruire il rapport è il modo migliore per vincere le resistenze degli altri rispetto a quello che tu vuoi che essi facciano.

IL SEGRETO DEL RAPPORT: RICALCARE Una delle strategie più potenti per stabilire il rapport proviene da Milton Erickson. Prima della sua morte, avvenuta nel 1980, Erickson era stato riconosciuto come il più famoso medico ipnotista del mondo. Egli era in grado di trattare efficacemente anche clienti altamente resistenti, coi quali altri terapeuti non avevano avuto successo. Spesso si fa riferimento alla tecnica che Erickson usava, utilizzando il termine ricalco. In questo contesto, ricalcare significa andare incontro all’altra persona nel punto in cui lui o lei si trova, riflettendo quello che lui o lei sa o presuppone sia vero, o accordarsi con alcune parti dell’esperienza che lui o lei sta vivendo. In altre parole, stai ricalcando un’altra persona quando sei in accordo o in armonia con lei, oppure quando vi assomigliate. Noterai che la definizione è molto simile a quella di rapport. Il ricalco, dunque, è una tecnica specifica per stabilire rapport praticamente con chiunque. Consiste nell’essere o nel diventare come l’altra persona, in modo da ottenere la sua attenzione, la sua amicizia e il suo aiuto. Ci sono molti modi di ricalcare un’altra persona. Puoi ricalcare il suo umore, il suo linguaggio corporeo e gli schemi che utilizza nella sua conversazione (che comprendono la velocità nel parlare, la tonalità ed il volume, le parole, le frasi e le immagini utilizzate da una

persona); puoi ricalcare le sue convinzioni e opinioni e, addirittura, gli schemi della sua respirazione. Ricordati la legge della varietà indispensabile: più ampia è la gamma dei tuoi comportamenti, più facilmente riuscirai a ricalcare un’ampia varietà di comportamenti di qualcun altro, oppure vari tipi di personalità. Questa parte del libro ti mostrerà come ricalcare le persone in modo da stabilire rapport con loro.

MI PIACI PERCHÉ SEI COME ME Può non essere giusto, ma è innegabile che alle persone piacciono altre persone a loro simili. Vogliamo avere rapporti con persone che siano come noi, che vedano il mondo nel nostro stesso modo, che abbiano le nostre stesse simpatie e antipatie. Scegliamo i nostri amici tra coloro che ci fanno sentire bene con noi stessi. E chi potrebbe mai farci sentire più a nostro agio di qualcuno molto simile a noi? Alcuni studi dimostrano che le persone tendono anche ad assumere individui che sono come loro. Molti anni fa lo psicologo William Sheldon alla Columbia University ha ipotizzato che si è attratti da persone dalla corporatura simile alla propria e, addirittura, si sceglie di sposarle.3 Un altro fenomeno collegato alla persuasione è che quando tu piaci a qualcuno, questi tende a voler essere d’accordo con te. Ricalcare è un modo per essere come un’altra persona e la probabile conseguenza è che tu piacerai a lei e lei si sentirà psicologicamente portata ad essere d’accordo con te. La formula (dichiaratamente semplificata all’eccesso, e tuttavia utile) è questa: se sono come te, ti piacerò; e se ti piacerò, vorrai essere d’accordo con me.

ACCORDARSI ALLO STATO D’ANIMO DELL’ALTRA PERSONA Stati d’animo simili si cercano reciprocamente. Chi è infelice cerca l’infelice; allo stesso modo, chi è allegro ed entusiasta vuole aggregarsi a persone simili. Alcune persone, quando si svegliano al mattino, sono piuttosto giù di corda. Altre, al contrario, scattano in

piedi con gli occhi ben aperti e la schiena diritta: sono completamente sveglie e all’erta ancor prima di mettere i piedi per terra. Il mondo non è diviso nettamente tra questi due tipi di persone, ma se un giorno arriverai al lavoro ben sveglio e con lo sguardo vivace, e ti troverai faccia a faccia con il tuo socio ancora mezzo addormentato e con gli occhi gonfi dal sonno – e il suo consenso, proprio per caso, ti serve assolutamente – potrebbe essere una buona idea moderare la tua energia, almeno all’inizio. Allo stesso modo, se sei tu quello più fiacco, trova un modo per rinvigorirti. La tua indolenza, probabilmente, non ti renderà simpatico a coloro a cui piace vedere negli altri lo stesso tipo di vivacità che loro, personalmente, possiedono. William James spiegava come ciò si possa ottenere grazie all’interazione ciclica di sensazioni e azioni: “L’azione sembra seguire la sensazione, ma in realtà l’azione e la sensazione procedono insieme e, regolando l’azione, che è sotto il controllo più diretto della volontà, possiamo indirettamente regolare la sensazione, che non lo è”.4 E continuava: “Quindi, la misura estrema per creare il buonumore, se non siamo naturalmente di buonumore, consiste nel mettersi seduti con la schiena diritta, con allegria, guardandosi intorno con vivacità e comportandosi e parlando come se il buonumore fosse già lì. Se comportarvi così non vi mette rapidamente di buonumore, allora in quell’occasione non ci riuscirà niente altro”.5 In altre parole, comportati come se fossi di buonumore, e provocherai il buonumore reale. O, come alcuni sono fieri di ripetere: “Fingi di essere di buonumore, fino a renderlo reale.” Cambiando il tuo comportamento cambierai la tua esperienza. L’attore Dustin Hoffman se ne va in giro nei panni del personaggio che sta interpretando, per capire meglio la parte. Perciò, per il ruolo di protagonista in Tootsie si è vestito da donna e se ne è uscito per le strade di New York. Quando si stava preparando per il ruolo di Ratzo, il derelitto di Midnight Cowboy, si è recato nella zona malfamata della lower east side newyorkese, per prender parte a quell’esperienza. Charlton Heston, un tipo d’attore molto differente, la metteva in questo modo: “Se riesco a trovare l’aspetto esteriore del personaggio, verrà anche quello interiore”. Forse è più facile ridurre il proprio livello energetico piuttosto che

aumentarlo, ma il fattore critico rimane lo stesso: alle persone piace chi è come loro.

Sei davvero felice stamattina, o stai solo affrontando la tua rabbia in maniera positiva? Illustrazione di Stevenson ©1980 – The New Yorker Magazine

Se tu sei quello più allegro e ti sforzi di influenzare qualcuno che è molto meno entusiasta di te, aggiungi un po’ di buonsenso alle tecniche di ricalco. Le otto di mattina, forse, non sono il momento giusto per avvicinare un familiare, un collega, un superiore o un collaboratore irritabile. Aspetta un momento più appropriato – magari dopo pranzo –, quando risponderà in modo più funzionale. Ma se sono le otto di mattina e non c’è tempo da perdere, tieni conto del rischio che corri presentandoti in un modo che non prende in considerazione come si sente l’altra persona. La tua idea potrebbe incontrare una dura opposizione; non perché la tua proposta sia debole, ma perché il tuo umore non è in sintonia con quello dell’altro. Per esempio, diciamo che tu dia una pacca sulla spalla del tuo collega assonnato facendogli rovesciare il caffè e informandolo di avere già fatto una corsetta di sei chilometri prima di venire al lavoro. Poi suggerisci che i vostri rispettivi dipartimenti collaborino al nuovo programma di vendite. Potresti ricevere uno sguardo pieno di profondo odio e, probabilmente, non otterresti alcuna collaborazione. L’importanza del ricalco è in questo: quando ricalchi un’altra

persona, in pratica le stai dicendo: “Sono come te. Con me sei al sicuro. Puoi fidarti di me”. Il ricalco è un modo per stabilire fiducia e credibilità. Ci sono, ovviamente, altri modi per farlo, come rimarcare il proprio titolo (di capo o di esperto, per esempio) oppure usare un linguaggio appropriato (parlare con autorità). Ma il ricalco è un metodo straordinariamente affidabile che si può applicare quasi ad ogni incontro. Il ricalco – che si tratti di ricalcare l’umore o un qualche altro comportamento – non è sempre facile da mettere in pratica. Ma puoi perlomeno avvicinarti approssimativamente al comportamento dell’altra persona, se è all’interno di una gamma normale di comportamenti. Patricia Fripp, nota speaker a livello nazionale, racconta questo aneddoto: Io sono molto, molto impaziente, e cammino con passo piuttosto veloce. Un giorno ho incontrato uno dei miei clienti più anziani che camminava in discesa lungo la collina fuori dal mio ufficio. Come sempre andavo di fretta, precipitandomi al lavoro, o in banca, o a fare qualcos’altro. Ma lui voleva camminare – passeggiare, in realtà – con me. Aveva più di settant’anni e non avrebbe mai potuto stare al mio passo. Ho riflettuto per un attimo e ho preso la decisione di calmarmi. All’improvviso mi sono rifiutata di essere la persona frenetica e impaziente che ero normalmente. E ho finito per apprezzare il ritmo più piacevole, la passeggiata, la sua compagnia, e me stessa. Ho imparato che abbiamo il controllo di ciò che proviamo molto più di quanto pensiamo. Sento persone che dicono: “Ah, non posso farne a meno; sono fatto così”. Be’, è una stupidaggine. Quello è il modo in cui hanno programmato di essere. Be’, possono sprogrammarsi. E dovrebbero farlo. Friedrich Perls, il fondatore della terapia della Gestalt, ha espresso pareri simili: “Una volta che avete una personalità, avete sviluppato un sistema rigido. Il vostro comportamento si pietrifica, diventa prevedibile, e voi perdete la capacità di affrontare il mondo liberamente con tutte le vostre risorse.”6 Perls ha incoraggiato energicamente le persone a sbarazzarsi del proprio carattere, la parte inflessibile e programmata del modo in cui vedono se stesse e si presentano.

Questa affermazione di Perls fu citata ad un dirigente che, una volta, si era lamentato di dover abbassare di uno o due livelli il proprio frenetico ritmo di lavoro, per ottenere la collaborazione di un dipendente. Nonostante ciò, in seguito si convinse del fatto che questo non costituiva un conflitto insolubile. Una persona che fa diminuire, o anche aumentare, il proprio ritmo di un battito o due per accordarsi al ritmo di qualcun altro non deve necessariamente rimanerci incollato. Infatti, dopo avere inizialmente ricalcato un’altra persona, si può finire per aumentare o diminuire il ritmo di quella persona, finché non si accorda al proprio. Il fenomeno, qui, è semplice: quando sei al passo con un’altra persona, questa è incline a seguire il tuo passo successivo. Sulle prime sembra paradossale, ma uno dei modi migliori per cambiare il comportamento di un’altra persona, all’inizio, è quello di sincronizzarsi con alcuni aspetti del suo carattere (ricalcarlo) e, in seguito, di cambiare il proprio. È ciò che viene chiamato guidare, un concetto che verrà sviluppato più avanti. Come puoi vedere, accordarsi agli umori è un altro esempio della legge della varietà indispensabile. Se sei programmato con un “carattere” rigido, non hai flessibilità sufficiente per incontrare le persone al loro stesso livello. Ma se la gamma dei tuoi stati d’animo è più ampia e più adattabile di quella dell’altra persona, puoi non solo incontrarla al suo livello e stabilire rapport; in seguito, puoi anche muovere verso una nuova direzione. Se prima ti accordi a loro, le persone seguiranno la tua guida.

IL LINGUAGGIO DEL CORPO Come fa notare il docente di psicologia Albert Mehrabian: “I nostri messaggi silenziosi possono contraddire o rinforzare quello che diciamo a parole. In entrambi i casi, nella comunicazione essi sono più potenti delle parole che pronunciamo”.7 “Infatti,” dice Mehrabian, “nel regno delle sensazioni, quando le nostre parole contraddicono i messaggi silenziosi contenuti nelle nostre espressioni del viso, nelle posture che assumiamo, le persone non si fidano di ciò che stiamo dicendo: fanno affidamento quasi completamente su quello che facciamo.”8 Le psicologhe sociali Clara Mayo e Rosalyn Lindner del National

Jury Project, che aiuta i procuratori nella complicata arte di scegliere giurie prive di pregiudizi sessuali o razziali, fanno eco alle conclusioni di Mehrabian. In risposta a domande provocatorie, dicono la Mayo e la Lindner, i procuratori dovrebbero fare attenzione non a quello che i futuri giurati dicono, ma a quello che fanno. Per esempio, in aula d’udienza, dove appare socialmente inaccettabile, le persone negheranno di nutrire pregiudizi razziali. Persino domande specifiche, come “Ha mai lavorato con membri di questa particolare minoranza in questione? O li ha mai avuti come vicini di casa? O ha prestato servizio militare con loro?” potrebbero determinare risposte non sincere. “Il modo di rispondere”, mettono in guardia Mayo e Lindner, “potrebbe rivelare più delle parole.”9 Quando un futuro giurato comincia a esitare o a sembrare irrequieto (chiara indicazione di tensione), gli avvocati dovrebbero indagare più a fondo. Mehrabian è giunto alla generalizzazione ragionevolmente affidabile che il comportamento non verbale abbia un peso molto maggiore dell’impatto delle parole, quando le due cose sembrano in contraddizione tra loro. “In altre parole, se ci riferiamo alle posizioni assunte (la distanza, lo sporgersi in avanti o il contatto visivo), alla postura, ai gesti, così come alle espressioni del viso e alle modulazioni della voce, possono tutte pesare più delle parole e determinare le sensazioni suscitate da un messaggio.”10 Le espressioni del viso hanno il peso maggiore (55 per cento); seguono quelle vocali (il tono di voce, 38 per cento) e, terze, le parole (7 per cento). Elaborando questi dati, “se l’espressione del viso è incoerente con le parole, la prima avrà una maggiore rilevanza e determinerà l’impatto di tutto il messaggio”.11 Dunque, quando ricalchi l’umore di un’altra persona, sii consapevole del fatto che il linguaggio del corpo potrebbe mandare messaggi diversi, e che esso è il fattore più importante nella creazione del rapport.

COME PARLARE IL LINGUAGGIO DEL CORPO Negli ultimi anni sono stati scritti molti libri e articoli sull’importanza del linguaggio del corpo. Molta parte di questa documentazione,

soprattutto nelle versioni divulgative, si è focalizzata sui significati delle varie posture, dei vari gesti e così via. È facile perdersi nel labirinto di teorie e osservazioni contrastanti. L’unica cosa importante, qui, è che tu sia consapevole dei comportamenti non verbali delle altre persone e che risponda loro in modo appropriato. In generale, ricalcare – allineare il tuo comportamento non verbale con quello dell’altra persona – è una risposta appropriata ed è una strategia efficace per stabilire rapport a livello corporeo. Ricalcare il linguaggio corporeo, infatti, è una cosa che tutti noi facciamo inconsciamente, la maggior parte del tempo, e che si verifica naturalmente quando le persone sono in rapport. Prendi per esempio in considerazione questa citazione dalla Harvard Business Review: In momenti di grande rapport si può sviluppare uno straordinario schema di comunicazione non verbale. Due persone rispecchieranno a vicenda i movimenti l’una dell’altra: abbassando una mano, muovendo il loro corpo esattamente allo stesso tempo. Questo accade così velocemente che senza il replay della videocassetta o del film è difficile notare il rispecchiamento. Ma i manager possono imparare a fare attenzione alle interruzioni di questo rispecchiamento, perché quando si verificano sono molto evidenti. Invece di un rispecchiamento fluido, si noterà uno scatto di movimenti, quasi come se le persone stessero entrambe perdendo l’equilibrio. Per riguadagnare l’equilibrio si possono spostare braccia e gambe verso l’esterno e si può cambiare la postura di tutto il corpo.12 A volte, in momenti di rapport profondo, potrete osservare scene come quella tra Adrienne e Conrad (che sono innamorati, come si vede dai cuori che li circondano):

Gli studi degli psicologi Condon e Sander sostengono questa visione del rapport. Condon scrive: La condivisione (il mantenere insieme) di movimenti e/o di posture tra (persone) … offre continue informazioni in tempo reale sulla natura e il livello di quel rapporto, un continuo crescere e decrescere attraverso le dimensioni dell’amore e dell’odio, della vicinanza e della distanza. Molte delle sfumature, in rapporto, vengono trasmesse dai sottili ritmi nella condivisione di movimenti e posizioni … Più due (individui) condividono gli stessi movimenti o le stesse posizioni, maggiore è il rapport tra loro. Tale rapport contribuisce a creare sensazioni di consenso, di appartenenza e benessere.13 Il ricalco spontaneo o inconscio è, infatti, una caratteristica di tutte le interazioni umane. Alcuni ricercatori si riferiscono a questo fenomeno parlando di “sincronia interazionale”. Il processo, pare, comincia alla nascita. Nei primi anni Sessanta Condon e Sander hanno studiato, presso il Dipartimento di Sviluppo infantile del Boston University Medical Center, filmati che mostravano “la corrispondenza tra l’analisi delle sonorità di un discorso di un adulto e i movimenti del corpo di un neonato”.14 In alcuni casi il neonato aveva appena dodici ore di vita. Altri ricercatori hanno scoperto che i neonati si orientano verso il suono, preferendo quello della voce umana, specialmente se femminile. Preferiscono dirigere lo sguardo verso i visi, piuttosto che verso altri oggetti, i loro occhi seguono un viso mentre si volta, e in

alcuni casi possono anche imitarne certe espressioni. Nel libro Beyond Culture [Oltre la cultura, n.d.t.], Edward T. Hall cita studi sulla natura innata del fenomeno della sincronia, studi nei quali dei filmati “girati in una varietà di ambienti e circostanze rivelano che, quando due persone si parlano, i loro movimenti sono sincronizzati”.15 La sincronizzazione, fa notare Hall, si verifica in modi appena visibili: un battito di palpebre o un dito che si piega in sincronia con il suono di una particolare parola o un accento della voce. In altre circostanze, due corpi possono muoversi totalmente in sincronia l’uno con l’altro, “come se fossero sotto il controllo di un esperto coreografo”.16 Inoltre, osserva Hall: “Guardando le riprese al rallentatore, cercando la sincronia, ci si rende conto che quello che noi conosciamo col nome di danza, in realtà, è una versione stilizzata e rallentata di ciò che fanno gli esseri umani ogni volta che interagiscono”.17

La comunicazione è come una danza

Quindi, ricalcare potrebbe essere un meccanismo di sopravvivenza, quello che impariamo nelle nostre prime interazioni con altri esseri umani. Secondo il parere di Hall, “essere in sincronia è di per sé una forma di comunicazione”.18 Forse è la più importante forma di comunicazione che ci sia. Il ricalco spontaneo del linguaggio corporeo si verifica quando si è in rapport con altre persone. Questa sincronia delle interazioni avviene, per la maggior parte, al di sotto del livello di percezione conscia. Ma cosa succede quando non si verifica spontaneamente?

Il messaggio non verbale che si comunica all’altra persona è: “In questo momento, proprio adesso, sono diverso da te”. A volte questa differenza non influenza il risultato dell’interazione; altre volte può fare la differenza tra ottenere cooperazione e incontrare resistenza. Prendi in considerazione l’esempio seguente: Adrienne, Conrad, Atherton e il signor Griggs sono nel mezzo di una riunione. Il signor Griggs è il capo, e gli altri stanno cercando di convincerlo del fatto che dovrebbe accettare le loro rispettive idee.

Osserva i messaggi non verbali che ogni partecipante sta inviando al signor Griggs. Che tu associ o meno qualche significato intrinseco alle braccia incrociate di Atherton o al fatto che Conrad si sostenga il mento con la mano, puoi vedere che il messaggio che entrambi stanno inviando al signor Griggs è: “In questo momento, a livello corporeo, sono diverso da te”. Adrienne, invece, sta dicendo: “Signor Griggs, io sono come lei”. A parità di elementi, Adrienne ha probabilmente maggiori chance degli altri di riuscire a fare in modo che il signor Griggs accetti la sua idea. Il messaggio che gli sta mandando viene ricevuto a livello inconscio. Il messaggio è: “Sono come te. Puoi fidarti di me”. Il signor Griggs, probabilmente, non sarebbe in grado di dire cosa gli piaccia di Adrienne, ma questo non indebolisce in alcun modo l’impatto delle azioni di lei. A volte la comunicazione a livello non verbale è l’unico modo per stabilire un contatto con altre persone. Nel 1970 la terapeuta della danza Janet Adler ha infranto con successo le barriere che circondavano il mondo ermeticamente sigillato di due bambine autistiche. Debra, due anni, ed Amy, cinque anni, non possedevano un linguaggio verbale, e nessuna delle due aveva mai sperimentato una relazione con un altro essere umano. Su consiglio di un

terapeuta, ciascuna delle bambine ha cominciato a vedere la Adler due o tre volte alla settimana. Dopo averla inizialmente respinta più volte, le bambine hanno cominciato a consentirle di muoversi nel loro mondo. Alla fine la distanza tra lei e loro è diminuita. I filmati di alcune sedute mostrano la Adler al lavoro. La terapeuta spiega ciò che è rapidamente diventato evidente: c’era un unico modo in cui era possibile comunicare: attraverso il corpo. “Ho provato a entrare nel loro mondo”, spiega, “e a parlare la loro lingua riflettendo i loro movimenti.”19 Alla fine le bambine hanno preferito “la solidarietà all’isolamento” finché non c’è stata fiducia reciproca a livello corporeo. “A volte c’erano dei momenti magnifici in cui i nostri corpi erano in perfetta sincronia; in questi momenti ci stavamo dicendo qualcosa di molto importante. Sia per Debra che per Amy, questo è stato solo l’inizio, ma per la prima volta ognuna di loro ha sperimentato una relazione con un altro essere umano.”20 Il filmato comincia con l’imitazione da parte della Adler dei movimenti scoordinati e apparentemente privi di scopo delle bambine, e si conclude con loro che la seguono, saltellando, correndo e praticamente muovendosi con intenzione e direzione in una sessione di danza. Il filmato è la migliore testimonianza possibile degli effetti positivi del ricalco e dei risultati positivi che esso può produrre.

COME PARLARE IL LINGUAGGIO VERBALE DELL’ALTRA PERSONA Ricalcare la comunicazione verbale influenza fortemente la profondità del rapporto che si stabilisce con un’altra persona. Cambiando questo singolo aspetto del suo comportamento, il titolare di un servizio clienti ha incrementato significativamente la percentuale degli abbonamenti. Dopo aver preso confidenza con il ricalco, ha cominciato ad accordarsi alla velocità a cui parlavano le persone che telefonavano per chiedere informazioni. Dato che inizialmente i contatti telefonici erano pochi, doveva fare in modo che ogni singola conversazione contasse. Se il potenziale cliente parlava piuttosto velocemente, lui faceva altrettanto; se parlava lentamente, anche lui parlava lentamente.

Quest’unico semplice cambiamento, ha dichiarato, ha avuto come conseguenza un aumento del 30 per cento degli abbonamenti. Possono verificarsi seri problemi se tralasci di prendere in considerazione la velocità a cui parla la persona che vuoi influenzare. Hai mai visto un newyorkese fare affari con una persona, per esempio, di Mobile, in Alabama? Se le conseguenze non fossero spesso così disastrose, la cosa sarebbe di per sé comica. Il newyorkese, che vibra di impetuosa energia e parla a grande velocità, sta cercando di portare a conclusione l’affare, in modo da poter tornare a casa con il volo delle 13.25. L’uomo del Sud, che è rilassato e parla lentamente, si sta chiedendo quale sia il problema di quella strana creatura. Il newyorkese è frustrato dalla placida lentezza dell’altro, mentre l’uomo del Sud è sconcertato dal ritmo frenetico del suo interlocutore. Uno vorrebbe che l’altro accelerasse e procedesse, mentre all’altro piacerebbe rallentare e prendersela comoda. Ciascuno, potenzialmente, ha delle buone idee dalle quali l’altro potrebbe trarre beneficio, ma il processo di comunicazione è privo di armonia. Questo aspetto potrebbe portare ciascuno dei due interlocutori a non fidarsi dell’altro e a ostacolare, così, una positiva conclusione della trattativa. Se ognuno avesse la perspicacia di capire cosa sta succedendo e la flessibilità di andare incontro all’altro al suo stesso livello, la trattativa potrebbe procedere in modo molto più lineare. Non è realmente importante se sia l’uno ad accelerare o l’altro a rallentare. Quello che è importante è che si incontrino in un punto comune d’intesa per un intervallo di tempo abbastanza lungo da concludere la trattativa. David Woodward, a suo tempo direttore delle vendite nell’area Ovest per la Raychem Corporation, racconta la storia che segue riguardo ad un incontro avuto una volta per una vendita con un dirigente d’azienda, potenziale cliente. Dave entrò nel suo ufficio, prevedendo di fare una presentazione dinamica che, sperava, lo avrebbe portato a un buon affare. L’uomo dietro alla scrivania, però, gli diede un vantaggio. Vestito con jeans attillati, stivali a punta e cravatta texana, assomigliava più ad un attore di un western di serie B che a un dirigente aziendale. Piazzò i suoi stivali allungando le gambe sulla scrivania e cominciò a parlare producendo una cantilena monotona. Cogliendo questo indizio, Woodward si accasciò sulla sedia

proprio come un vero “cowboy” e si sforzò di adattarsi alla parlata strascicata dell’altro. “Diavolo, quasi mi uccise, stare in quella posizione,” racconta il robusto Woodward, “ma dopo venti minuti riuscii a farlo sedere in posizione eretta, a stabilire un semi-contatto visivo e a farlo parlare un po’ più rapidamente.” Alla fine dell’incontro, il dirigente era così entusiasta di Woodward che lo presentò a tutta l’azienda. Woodward se ne andò con l’affare concluso in tasca. Anche ricalcare il volume è una tattica utile. Una persona che parla in modo sommesso apprezzerà qualcuno che parli in modo altrettanto sommesso. Allo stesso modo, uno che parli a voce alta ti terrà spesso in maggiore considerazione – riconoscerà in te uno spirito affine – se ricalcherai il suo volume di voce. In effetti, in certe occasioni, potresti decidere di parlare a un volume più alto del tuo interlocutore, per portarlo ad abbassare la voce. Un amico mi ha raccontato quest’esperienza piuttosto bizzarra: Una volta avevo un cliente che sospetto fosse uno psicolabile. Era un urlatore. Batteva pugni sul tavolo, saltava qua e là, urlava e strillava. Tutti quelli che lavoravano per lui camminavano in punta di piedi per non disturbarlo e per evitare di scatenare una scenata. Una sera ero a casa sua, dopo cena, e stavamo ancora parlando d’affari, seduti ai lati opposti di una lunga tavola da pranzo. Come sempre, lui cominciò a gridare e a battere pugni sul tavolo, sbraitando quanto fossero inutili e stupidi i suoi dipendenti. Cercai di farlo calmare, ma niente di quello che dicevo sembrava avesse effetto. Era imbarazzante. Quindi decisi che, siccome avevo già tentato ogni altra cosa possibile, potevo anche provare a ricalcare la sua ostilità. Cominciai ad urlare anch’io, ma facendo attenzione a urlare con lui, non contro di lui. “Hai proprio ragione, Charlie!” gridai. “Dobbiamo licenziare tutti e ricominciare tutto daccapo. Dovremmo addirittura dar fuoco all’ufficio e costruirne uno nuovo! Anzi, non dovremmo solo dargli fuoco; dovremmo farlo saltare in aria!” Ora stavo veramente entrando nel ruolo, strillando con quanto fiato avevo in gola mentre battevo entrambi i pugni sul tavolo. All’altro capo del tavolo, Charlie era piombato in un silenzio

totale e la sua faccia era pallida. Mi guardò e, mettendo avanti le mani, disse: “Calmati, Burt. Calmati un attimo e parliamone”. Paradossalmente, fornendo alle altre persone un’immagine riflessa di loro stesse – e persino esagerando in qualche modo quell’immagine – potete spesso fare in modo che modifichino il loro comportamento. Tuttavia, questa è una tattica ad alto rischio, soprattutto con persone che hanno comportamenti estremi, e dovrebbe perciò essere usata con cautela. Quello che Burt ha fatto è rischioso, ma lui ha ridotto al minimo il rischio assicurandosi di allinearsi all’ostilità di Charlie. Se avesse urlato a Charlie invece di urlare con lui, il livello della discussione sarebbe probabilmente salito alle stelle. Alcune persone, proprio come nel caso di Charlie, scoprono di riuscire a controllare gli altri perdendo il controllo (la maggior parte delle volte, fingono di perderlo: di solito hanno il pieno controllo di se stesse e della situazione). Esse dipendono da quanto riescono a prevedere il comportamento di coloro che le circondano. Finché le altre persone reagiscono secondo i loro piani – nel caso di Charlie, il piano consiste nel perdere il controllo al punto che gli altri gli danno ragione per calmarlo – la persona che “perde il controllo” mantiene, in realtà, il controllo della situazione. E infatti, la maggior parte delle persone reagisce al comportamento collerico di Charlie agendo con cautela intorno a lui e pregandolo di calmarsi, di solito con nessuno o con pochi risultati. Facendo finta di perdere il controllo, Burt ha interferito con il gioco di Charlie. Ha turbato il sistema di Charlie, il quale, per ristabilire un equilibrio, è stato costretto a entrare nel ruolo di moderatore. Forse hai visto lo stesso schema di comportamento nei bambini. Un bambino può imparare a urlare e a fare i capricci per controllare le altre persone. Ma se tu o un altro adulto ricalcate il suo comportamento facendo a vostra volta i capricci (insieme al bambino, non verso il bambino), si può stabilire una calma miracolosa e divertente. Lo stupore del bambino può aprire la strada all’umorismo… e lo schema è rotto. A tal proposito, il messaggio è questo: se vuoi cambiare il comportamento di qualcun altro, l’approccio migliore è cambiare il

tuo. Il conseguente cambiamento del sistema, spesso, spingerà l’altra persona a cambiare se stessa per ristabilire l’equilibrio, e con esso l’illusione di avere il controllo. Le parole, le frasi e le immagini che usano le altre persone ti forniscono informazioni importanti sul mondo interiore in cui vivono. Ricalcando questo aspetto del loro modo di parlare, stai dicendo loro che le capisci e che possono fidarsi di te. “Mi piace questo tizio: parliamo la stessa lingua” è un’espressione idiomatica che significa “Ehi, mi piace. È un tipo a posto. È come me, posso fidarmi di lui”. Quindi, quando parli con altre persone, è una buona idea inserire nella tua conversazione il maggior numero possibile di parole, frasi e immagini che loro stesse utilizzano nel linguaggio, senza che ciò risulti forzato. Evita di imitare l’accento o la parlata di un’altra persona ed evita di parlare in dialetto se non ne hai la padronanza: un simile tentativo potrebbe ritorcersi contro di te. Dovresti, piuttosto, prestare orecchio al vocabolario e alle immagini usate dal tuo interlocutore, e provare a rifletterli nel modo più semplice possibile. Questo significa anche evitare, nel tuo linguaggio, qualsiasi tipo di espressione gergale che l’altra persona non capirebbe. Mettere qualcuno nella posizione di apparire stupido o di sentirsi stupido causerà solo risentimento. In una situazione simile, l’altro potrebbe respingere la tua idea non perché essa sia debole, ma perché non capisce il modo in cui gli è stata presentata. La pedanteria ostacola il rapport; e quindi, a meno che l’altra persona non conosca un linguaggio tecnico tanto quanto lo conosci tu, evitalo. Avere dalla propria la varietà indispensabile significa disporre di diverse possibilità di incontrare altre persone, specialmente persone i cui stili di comportamento sono piuttosto diversi dai tuoi. Significa essere capaci di evitare quegli stili che, senza che chi li utilizza se ne accorga, risultano sgradevoli agli altri. È importante essere flessibili e usare parole, frasi e immagini familiari alle altre persone. Se ascolti attentamente il loro linguaggio, saprai con quali parole, frasi e immagini si sentono a proprio agio. Nella vignetta, per esempio, un personaggio sta parlando, ma il messaggio importante è l’espressione perplessa sulla faccia del lanciatore.

© 1980 Sydney Harris – Discover

Tra l’altro, più diventa piccolo il mondo, più contatti si creano tra persone che lavorano e che parlano letteralmente lingue diverse. La maggior parte delle persone parla un po’ di inglese; per questa ragione, dovresti assicurarti di riuscire a comunicare in inglese gli aspetti tecnici della tua attività. Nello stesso tempo, se cercherai di imparare anche solo poche parole della lingua del tuo interlocutore, questo sarà d’aiuto alla trattativa. È un gesto di buona volontà che viene apprezzato. Inoltre, il linguaggio del corpo può essere molto utile per colmare le distanze, se i gesti non sono “internazionali”. Scuotere la testa può significare “sì” o “no” in culture diverse. Fai attenzione alla gestualità in uso e chiedi chiarimenti se ti occorrono. Prima di partire per il suo primo viaggio d’affari in Giappone due anni fa, la mia partner ha fatto un po’ di “compiti”. Ha imparato qualche parola chiave e qualche frase in giapponese, il modo e il momento giusto in cui fare l’inchino, le regole delle presentazioni e dello scambio di biglietti da visita e i nomi dei giocatori di baseball giapponesi più popolari. Dato che le piaceva già il sushi, non ha dovuto preoccuparsi di quello. Quando è ritornata, le ho chiesto che cosa avesse assicurato il successo del suo viaggio. Ecco cosa ha risposto: “I miei ospiti giapponesi sono stati molto sorpresi e anche molto felici del fatto che io conoscessi qualche parola della loro lingua e che avessi realmente dedicato un po’ di tempo ad imparare qualcosa della loro cultura e del modo in cui concludono gli affari. E,

quando mi hanno invitato a pranzo e ho scelto il sushi dal menù, erano ammirati”. Parla la lingua delle altre persone, e scoprirai che loro ti risponderanno in modo molto più positivo. Apprezzeranno il tuo sforzo, e tu aumenterai significativamente la tua efficacia nell’ottenere la loro collaborazione e il loro supporto.

RICALCARE LE CONVINZIONI E LE OPINIONI Milton Erickson racconta di un incidente accaduto al suo figlioletto. Mentre leggi questa storia, tieni in mente che uno degli obiettivi del ricalco è essere in grado di guidare l’altra persona nella direzione in cui vuoi che vada. Osserva con quale abilità Erickson realizza questo obiettivo: Mio figlio Robert, di tre anni, era caduto dalle scale sul retro. Si era rotto il labbro, e un dente dell’arcata superiore era stato spinto all’indietro all’interno della mascella. Stava sanguinando copiosamente e urlava per la paura e per il dolore. Sua madre ed io corremmo in suo aiuto. Mi bastò uno sguardo a lui, steso per terra che urlava, con la bocca che sanguinava abbondantemente e tutto il sangue sparso sul pavimento, per capire che si trattava di un’emergenza che richiedeva misure immediate e adeguate. Non facemmo alcun tentativo di tirarlo su. Al contrario, quando si fermò per prendere fiato prima di urlare di nuovo, gli dissi velocemente, semplicemente, con solidarietà: “Fa un male terribile, Robert. Fa un male terribile”. In un attimo, senza alcun dubbio, mio figlio si rese conto che sapevo di che cosa stavo parlando. Era d’accordo con me e sapeva che io ero completamente d’accordo con lui. Di conseguenza, mi ascoltava con attenzione, perché avevo dimostrato di comprendere pienamente la situazione. Poi dissi a Robert: “E continuerà a farti un gran male”. Con questa semplice affermazione, diedi voce alla sua paura peggiore, confermai l’idea che lui stesso si era fatto della situazione e

dimostrai piena comprensione del problema e il mio totale accordo con lui, dato che in quel momento lui prevedeva per se stesso solo una vita di tormento e dolore. Erickson qui agisce all’unisono con suo figlio e stabilisce ai suoi occhi un forte senso di credibilità, riflettendo quello che Robert pensa sia vero, e cioè che la sua bocca gli fa un male terribile e che, probabilmente, continuerà a fargli male per sempre. Poi Erickson guida Robert verso una consapevolezza diversa e più produttiva della sua condizione. Lo fa focalizzando l’attenzione di Robert sulla quantità e sulla qualità del sangue sul pavimento, collegando allo stesso tempo il sangue alla caratteristica che Robert considera importante, cioè la qualità: “C’è proprio un sacco di sangue sul pavimento. È sangue buono, rosso e forte? Guarda bene, mamma, guarda. Io penso di sì, ma voglio che tu ne sia sicura”. Qui Erickson sta guidando Robert, mentre l’obiettivo è far rivolgere la sua attenzione a qualcos’altro che non sia il dolore. Erickson continua: Comunque, definimmo quell’opinione (sulla qualità del sangue) positiva, affermando che sarebbe stato meglio esaminare il sangue guardandolo sullo sfondo del lavandino del bagno. A questo punto Robert aveva smesso di piangere, e il suo dolore e la sua paura non erano più i fattori dominanti. Piuttosto, era interessato e assorto nell’importante problema della qualità del suo sangue. Erickson, poi, continua a guidare Robert sempre più lontano dal trauma e dal dolore, chiedendosi se il figlio sarà così fortunato da avere bisogno di un numero di punti di sutura che riesca a contare: In effetti, sembrava che non fossero necessari neanche dieci punti, e lui sapeva contare fino a venti. Fu espresso il rimpianto sul fatto che lui non potesse avere diciassette punti, come sua sorella Betty Alice, o dodici, come suo fratello Allen; ma gli fu offerto conforto dichiarando che avrebbe comunque avuto più punti dei suoi fratelli Bert, Lance o della sorella Carol. Così, l’intera situazione si trasformò in

un’esperienza comune, tale da essere condivisa con i suoi fratelli maggiori, con un confortante senso di eguaglianza o, addirittura, di superiorità.21 Ricalcando con destrezza la convinzione di Robert che facesse male e che avrebbe continuato a far male, Erickson ha dapprima ricalcato il dolore di suo figlio e poi ha guidato la mente del bambino lontano dal dolore verso la qualità del suo sangue e la prospettiva di avere più punti di quanti potesse contare, almeno più di quanti ne avessero avuti i suoi fratelli. Questa è l’arte dello stile ericksoniano. È anche l’arte della persuasione: confermare qualcosa che le altre persone sanno già essere vera, e poi guidarle verso il prendere in considerazione, e alla fine accettare, altre possibilità. L’idea sbagliata che molte persone hanno della persuasione è che sia possibile convincere gli altri di qualcosa in cui già a qualche livello non credono, o in cui hanno in qualche modo bisogno di credere. Nel suo libro Techniques of Persuasion [Tecniche di persuasione, n.d.t.], J.A.C. Brown la mette in questi termini: “Sembrerebbe che la lezione fondamentale che si deve trarre dal nostro studio attuale … sia quanto fortemente le persone siano resistenti ai messaggi che non si adattano alla loro personale visione del mondo e alle loro circostanze obiettive, e come cerchino deliberatamente (anche se inconsciamente) quelle idee che si accordano alle loro”.22 Perciò i nostri tentativi, sebbene animati da buone intenzioni e corretti, di aprire gli occhi agli altri, sono destinati a fallire fin dall’inizio, se cominciamo con l’informare i nostri interlocutori che sono in errore. La conseguenza più probabile di una condotta simile è un atteggiamento di difesa. Certe volte è utile tenere in mente che quando si ha a che fare con un altro essere umano si ha a che fare con la creatura forse più pericolosa della terra – una creatura che morirebbe (o ucciderebbe) per difendere le sue convinzioni. La nostra realtà è costituita in gran parte (qualcuno direbbe completamente) dalle nostre convinzioni; perciò, intromettersi nelle convinzioni delle persone significa intromettersi nella loro realtà. È bene andarci piano. O, ancor meglio, ricalcare la convinzione. Poi, guidare con il proprio suggerimento. Ovviamente, non si dovrebbe fingere di credere in qualcosa in cui

non si crede, o compromettere la propria integrità, ma di solito è possibile trovare un modo per confermare le convinzioni dell’altra persona o le esperienze che ha avuto. Come disse una volta Thomas Jefferson: “Nelle questioni di principio, resta saldo come una roccia; nelle questioni di opinione, sii fluido come un fiume”. Trova un punto di accordo sul quale costruire la tua posizione; poi, se è necessario, spostati verso le aree di disaccordo o di fraintendimento. È molto più facile, e molto più efficace, muoversi da un accordo a un altro accordo, che da un disaccordo a un accordo. Se, nel punto di vista dell’altra persona, non c’è niente che tu possa legittimamente ricalcare, allora ricalca le sue sensazioni. L’affermazione “Se fossi al tuo posto, sono sicuro che mi sentirei proprio come te” sarà sempre vera. Se tu avessi la storia genetica e personale dell’altra persona, sicuramente ti sentiresti esattamente come si sente lei, perché tu saresti lei. Tratteremo questo argomento più approfonditamente nella Parte 4, “Gestire la resistenza”.

RICALCARE LA RESPIRAZIONE Un altro modo sottile, ma potente, di essere “in sintonia”, riguarda la respirazione. Non c’è niente di più vitale per gli esseri umani che compiere, volontariamente e involontariamente, l’atto di inspirare ed espirare aria. Tuttavia, ci si pensa raramente. Nel libro La metamorfosi terapeutica, Richard Bandler e John Grinder presentano un esempio di ricalco della respirazione: Al Napa State Mental Hospital, in California, c’era un tizio che stava seduto da anni e anni sul divano del soggiorno. L’unico tipo di comunicazione che potevo ricavare da lui era dato dalla posizione del corpo e dal ritmo della respirazione. Teneva gli occhi aperti, e le pupille erano dilatate. Allora mi misi a sedere su una sedia vicino a lui, non di fronte, ma a un angolo di circa quarantacinque gradi, e assunsi la sua stessa posizione. Non mi preoccupai nemmeno di fare le cose gradualmente. Rimasi lì seduto in quella posizione per quaranta minuti, respirando insieme a lui. Trascorsi quaranta

minuti, avevo provato a variare leggermente il ritmo della mia respirazione, lui mi aveva seguito, e in questo modo sapevo di essere entrato in rapport. A questo punto avrei potuto modificare a poco a poco la mia respirazione, e al termine di un certo periodo avrei potuto tirarlo fuori da quello stato catatonico, seguendo questa strada. Invece preferii interrompere bruscamente, scuotendolo. Di colpo, urlai: “ Ehi! Hai una sigaretta?”. Lui saltò sul divano ed esclamò: “Dio mio! Non fare così!”.23 Questo episodio offre un esempio eccellente, anche se in qualche modo insolito, di come ricalcare e poi guidare una persona verso un livello differente. La sincronizzazione del respiro è anche una delle più antiche tecniche di cui si abbia traccia per creare rapport. In alcune variazioni del tantra yoga, in cui l’obiettivo è raggiungere una fusione spirituale, due persone stanno dolcemente abbracciate e respirano insieme, finché le apparenti barriere che le separano cadono ed esse fanno esperienza dell’unità, inspirando ed espirando come un singolo organismo, non più come due entità separate. Sebbene non sia spesso usata nel contesto degli affari, questa forma particolare di ricalco, se utilizzata con abilità, può essere un sistema potente per arrivare a comprendersi in modo intuitivo. Melinda Henning, consulente di formazione alle vendite per l’area della San Francisco Bay, racconta la storia che segue. Qualche anno fa stavo conducendo un corso di formazione sulle vendite telefoniche per un cliente. Il nostro accordo, in origine, era che avrei fornito una consulenza relativamente ad una combinazione di tariffe prestabilite, e bonus di performance per gli aumenti nelle vendite. Dopo uno studio di fattibilità iniziale della durata di tre mesi, era diventato chiaro per me che i risultati che saremmo stati in grado di ottenere avrebbero aumentato significativamente la produttività dei suoi venditori. Quindi decisi di programmare un incontro con lui per suggerirgli un diverso piano di retribuzione: un piano che mi facesse guadagnare meno in relazione alle tariffe, ma di più per le migliorate prestazioni dei venditori. Quando ci sedemmo al tavolo, cominciai l’incontro riepilogando le

prestazioni realizzate fino a quel momento, che indicavano un futuro promettente. La discussione fu cordiale, ma c’era qualcosa che non andava e che non riuscivo ad identificare. Rivedemmo insieme le cifre e lui elogiò il mio lavoro, ma sentivo che qualcosa lo infastidiva. La discussione in un certo senso ristagnava, e non riuscivo a capire cosa non funzionasse. Poi decisi di cominciare a respirare all’unisono con lui, e mentre lo facevo notai che la mia respirazione, come la sua, avveniva nella parte alta del petto ed era piuttosto rapida. Cominciai a sentirmi molto a disagio. Poi, all’improvviso, capii perché la nostra trattativa aveva avuto una battuta d’arresto. “C’è qualcosa che la preoccupa?” gli chiesi. “Sì!” disse. “Temo di non avere a disposizione la liquidità necessaria a sostenere queste spese.” Dopo aver scoperto qual era il problema, Melinda fu capace di rassicurarlo sul fatto che aveva ben poco di cui preoccuparsi e che, al contrario, invece di determinare una diminuzione delle risorse finanziarie, gli sforzi che lei stava facendo, molto probabilmente, avrebbero avuto come conseguenza un aumento della disponibilità finanziaria. Fu la sua sensibilità nel capire ciò che provava il cliente, oltre alla sua capacità di identificarsi con lui ricalcando la sua respirazione, a permetterle di percepire la natura del problema e di affrontarlo nel modo appropriato.

IL PASSO SUCCESSIVO: GUIDARE Quando hai creato rapport con un’altra persona, questa è pronta a seguire la tua guida. Per esempio, quando tieni il passo di una persona, questa diventa disponibile a seguire il tuo passo successivo. Puoi pensare allo schema generale in questo modo: ricalcare è fare qualcosa di simile a quello che sta facendo l’altra persona; guidare è fare qualcosa di diverso. Quando sei insieme a qualcuno, o stai ricalcando (facendo qualcosa di simile), oppure stai guidando (facendo qualcosa di diverso), rispetto a qualsiasi dimensione di comportamento tu prenda in considerazione. Non ci sono altre possibilità.

Se il tuo obiettivo primario è andare semplicemente d’accordo con l’altra persona, allora ricalcare alcuni aspetti del suo comportamento è sufficiente. Ma se il tuo obiettivo è persuaderla, condurla verso una nuova consapevolezza, allora devi guidare. In generale, la strategia migliore è ricalcare prima, poi guidare. Incontra l’altra persona dove già si trova, e poi suggerisci qualche nuova possibilità. Quest’approccio funziona più frequentemente e più efficacemente di qualsiasi altro. A volte non è funzionale guidare troppo velocemente, e a volte potrebbe essere più saggio lasciar perdere e non cercare affatto di guidare. Saranno le diverse situazioni a dettare approcci differenti e comunque, di regola, la strategia del ricalco/guida è un modo efficace per persuadere.

COME TESTARE IL RAPPORT Prima di tentare di guidare l’altra persona, sarebbe opportuno scoprire se hai davvero stabilito rapport. Lo si può fare in modo discreto prima a livello non verbale, sincronizzandosi con alcuni aspetti del suo linguaggio corporeo, come ad esempio una particolare posizione che può aver assunto l’altra persona. Rispecchiala per un breve periodo di tempo (un paio di minuti dovrebbero essere sufficienti, almeno all’inizio), poi cambia la tua posizione e aspetta di vedere se l’altra persona risponde. La sua reazione potrebbe consistere in uno spostamento verso una posizione che rispecchi la tua nuova posizione, oppure potrebbe semplicemente trattarsi di un movimento, un “accomodarsi” per recuperare l’equilibrio del sistema. Quello che stai cercando qui è una reazione congruente, o complementare, da parte dell’altra persona. Se tale reazione si verifica, ti dirà che hai stabilito rapport a livello non verbale e che questo potrebbe essere un buon momento per guidare verbalmente, per suggerire l’idea che vuoi sia presa in considerazione dall’altro. Potresti anche verificare la tua guida a livello verbale. Nel linguaggio della vendita, questo test si chiama spesso “prova di chiusura”: il porre una “domanda guida” per scoprire se il possibile cliente è ricettivo. Un’interazione di questo tipo potrebbe svolgersi come segue:

TU:

(Cambiando posizione) John, siamo d’accordo sul fatto che il problema qui è che l’assenteismo e i ritardi ti costano un sacco di soldi, sia direttamente che indirettamente.

JOHN: (Spostandosi leggermente nella tua direzione e rispecchiando, in parte, la tua postura) Sì, è diventato un problema serio. Dobbiamo fare qualcosa. TU:

(Sentendo che a questo punto siete in rapport, in accordo e in linea, a livello sia verbale che non verbale) Vorrei suggerire di prendere in considerazione l’idea di passare ad un orario flessibile per ridimensionare il problema. Cosa ne pensi?

Se John continua ad essere d’accordo con te, allora continua a guidare, continua ad elaborare la tua idea, chiedendo conferma a John ad ogni passo cruciale. Tuttavia, se quando effettui una verifica del rapport l’altra persona non risponde – verbalmente, non verbalmente o in entrambi i modi –, allora riprendi a ricalcare. Per esempio:

TU:

(Cambiando posizione) Siamo d’accordo sul fatto che in realtà si tratta di un problema di tempo e non di denaro?

JOHN: (Rimanendo nella stessa posizione) Non ne sono poi tanto sicuro. Sicuramente l’orario di lavoro è un problema, ma non sono sicuro del fatto di poter inserire questo costo nel budget dell’anno in corso. TU:

(Recuperando la tua posizione originaria, rispecchiando in parte John) Quindi, siamo d’accordo sul fatto che l’orario di lavoro sia un problema che è necessario affrontare, ma non sei sicuro che possiamo permetterci di farlo ora. Be’, forse dobbiamo pensarci un po’ più a fondo. Cosa suggerisci?

Qui la regola generale è che se l’altra persona si oppone alla tua

guida, è meglio tornare a ricalcare e aspettare nuove occasioni per guidare, dopo che sono stati ristabiliti un accordo e/o un allineamento. Il modello Ricalco/Guida potrebbe essere schematizzato cosi:

La maggior parte delle interazioni comportano un processo continuo di ricalco e guida, avanti e indietro, finché non si raggiunge un risultato soddisfacente (oppure, finché la discussione è conclusa).

QUANDO EVITARE DI RICALCARE Ogni qualvolta stai facendo una cosa che non produce risultati apprezzabili, smetti di farla e fai qualcos’altro. L’ho imparato a mie spese quando stavo iniziando a ricalcare e mettevo alla prova la mia nuova “abilità” più o meno con chiunque incontrassi. Una sera un mio amico ed io stavamo camminando lungo Geary Street, nella zona dei teatri di San Francisco, quando un uomo uscì barcollando da un vicolo e incominciò a blaterare cose incomprensibili verso di noi. Io pensai che fosse un buon momento per provare la mia nuova “abilità” di ricalco. Quindi mi rivolsi a lui e cominciai a blaterare a mia volta. Mi guardò in uno strano modo, fece un passo indietro, si mise la mano in tasca e la estrasse impugnando un coltello a serramanico. Lo aprì e si mosse minacciosamente verso di noi. A quel punto mi resi conto che il ricalco non stava funzionando e che sarebbe stato meglio fare in fretta qualcosa di diverso. Aprii le

braccia e gli dissi: “Hai proprio ragione! E, tra l’altro, siamo in tre”. Si fermò e sembrò riflettere su quello che avevo appena detto. Io e il mio amico decidemmo di andarcene, e lo facemmo in fretta. La morale di questa storia è: evita di ricalcare un comportamento deviato, a meno che tu non sappia bene quello che fai. Inoltre, quando stai facendo una cosa che non funziona, smetti e fai qualcos’altro. Questo è il motivo per cui è utile essere capaci di una varietà di reazioni sufficiente ai propri scopi. In generale, è bene evitare di ricalcare aspetti che supponi facciano sentire a disagio l’altra persona. Evita di ricalcare un accento, un balbettio, un inciampo nel parlare o una respirazione asmatica. Evita i tic e altre abitudini nervose che potrebbero richiamare attenzione su quello che stai facendo. Nelle questioni riguardanti convinzioni e opinioni, evita di mostrarti d’accordo con qualsiasi cosa sia in contrasto con i tuoi principi profondi. Non è necessario; di solito, nel sistema di convinzioni di un’altra persona, ci sono elementi a sufficienza con cui allinearsi allo scopo di trovare un terreno comune. Puoi anche decidere di evitare di ricalcare comportamenti che potrebbero derivare dal fatto che l’altra persona è resistente o intollerante. Per esempio, si dovrebbe ricalcare una persona che stia seduta in modo rigido con le braccia incrociate, apparentemente resistente alla tua idea? Sulla questione ci sono opinioni contrastanti. Alcuni esperti sostengono che si dovrebbe sempre evitare di ricalcare comportamenti resistenti. Altri pensano che ricalcando comportamenti resistenti e poi guidando verso un comportamento più aperto, si possa modellare quello che si vuole far fare all’altra persona. La tattica più prudente, probabilmente, è fare qualunque cosa si addica alla situazione. Se c’è tensione nell’aria, potrebbe essere più saggio ricalcare qualcosa di diverso da un linguaggio corporeo di chiusura. Se, invece, non ci sono indicazioni del fatto che l’altra persona si stia opponendo, allora ricalcare un linguaggio corporeo che esprime chiusura potrebbe essere appropriato. A volte si potrebbe pensare che una persona si stia opponendo perché tiene le braccia conserte, invece lo fa solo perché la sedia non ha i braccioli, oppure perché nella stanza fa freddo. I gesti e le posture non hanno un significato universale; il comportamento è fortemente individuale (pur essendo, allo stesso tempo, molto schematizzato

nello stesso individuo). La regola generale, in ogni caso, è questa: se quello che stai facendo non funziona, cambia il tuo comportamento e fa’ qualcos’altro.

RICALCARE LA COMUNICAZIONE SCRITTA Fino a questo punto abbiamo parlato di ricalcare il nostro interlocutore di persona o al telefono. Lo stesso principio si applica alla comunicazione scritta, che si tratti di lettere, promemoria, presentazioni formali o messaggi di posta elettronica. L’idea è quella di identificare “da dove arrivi” l’altra persona ed entrare in sintonia con lei. Non puoi ricalcare il linguaggio del corpo o la velocità a cui parla, ma puoi ricalcare le sue convinzioni, opinioni o aspettative. Puoi anche ricalcare il tono o l’umore: formale o informale, leggero o serio, e così via. Questo aspetto è particolarmente importante negli scambi di email, in cui l’unica cosa a cui l’altra persona può reagire sono le parole sullo schermo. In questo contesto, usare le parole, le frasi e le immagini utilizzate da chi leggerà può essere fondamentale per stabilire rapport. È facile, tuttavia, fraintendere le intenzioni di qualcuno quando mancano comportamenti paraverbali e non verbali (come il volume, il timbro, la tonalità, il ritmo, eccetera) a fare da guida nell’interpretazione delle emozioni dell’altro. (Eppure, una delle convenzioni sviluppatesi nell’ambito della comunicazione elettronica consiste nell’uso dei simboli per rappresentare emozioni. Queste icone emotive, “emoticons” o “faccine”, come vengono chiamate a volte, sono state concepite per riflettere le emozioni/intenzioni quando le parole, da sole, potrebbero essere fraintese. Per esempio, “Stavo scherzando” potrebbe essere espresso da qualcosa come :-) … ; “Sono proprio triste” potrebbe essere :-( … e così via. Questo sistema, però, può prendere la mano e diventare una scusa per giustificare una scrittura trascurata. Tieni in mente la regola generale del rapport – entrare in sintonia con l’altra persona – e avrai probabilmente più successo utilizzando le faccine e altre trovate simili con persone che, per prime, le abbiano usate con te. Un altro dei problemi che ho osservato, soprattutto nella comunicazione elettronica, è che a volte ci sembra più sicuro

esprimere il nostro “lato oscuro” nella scrittura, dal momento che non dobbiamo affrontare la reazione immediata e la presenza fisica dell’altro. Questo è vero soprattutto quando l’altra persona potrebbe essere qualcuno che non abbiamo mai conosciuto personalmente, ma che abbiamo incontrato solo in una chat-line, in un news-group o in una mailing list. Ancora una volta, il consiglio migliore è quello di seguire la regola generale del ricalco, ovvero di cercare aree di accordo in ciò che l’altra persona sta dicendo, di riflettere in modo positivo quello che ha scritto e di adeguarsi a quello che si aspetta di ricevere. Nella comunicazione scritta è di importanza fondamentale concedere all’altro il beneficio del dubbio sulle intenzioni e cercare modi per offrire sostegno. Tieni in mente che tutto ciò che immetti in internet può essere replicato e distribuito a milioni di persone nel giro di poche ore, e i tuoi momenti bui potrebbero ritornare a perseguitarti. Come il formatore Jim Rohn ama dire: “Sii veramente gentile con le persone”. È un consiglio davvero saggio per quanto riguarda il rapport; in particolare, per quanto riguarda l’“erapport”.

I RISULTATI DEL RICALCO Quando ricalchi un’altra persona, stai comunicando il fatto di condividere un’esperienza comune. Stai dicendo – letteralmente o in modo figurato – che parli la sua stessa lingua, che sei sulla sua stessa lunghezza d’onda. Il ricalco crea anche un clima armonioso per le tue idee e i tuoi suggerimenti, perché ciò che stai facendo è accettare l’altra persona. E il fatto che tu la accetti, molto probabilmente, farà sì che lei accetti te. Il ricalco riduce la resistenza, perché qualunque cosa faccia l’altra persona, tu puoi sincronizzarti con lei. Puoi “seguire la corrente” e, in seguito, imprimerle una nuova direzione. Ma, cosa più importante, quando ricalchi qualcuno, comunichi il messaggio molto importante che voi due siete simili. Le persone tendono ad apprezzare persone a loro simili, e sentono la necessità di essere d’accordo loro. In altre parole, quando ricalchi qualcuno stai creando rapport, e con esso un’atmosfera di fiducia e credibilità. Quando ricalchi un’altra persona, stai anche facendo delle cose significative verso te stesso e per te stesso. Ricalcare in modo

efficace distoglierà la tua attenzione da te stesso. Uno dei vantaggi maggiori del ricalco è che puoi evitare di preoccuparti delle tue mani e dei tuoi piedi, di come stai seduto, della velocità dei tuoi movimenti e del tuo modo di parlare, del livello di vocabolario da usare e così via. Semplicemente, prendi spunto dall’altra persona ed entri in sintonia con lei. Ricalcare ti permette anche di condividere l’esperienza dell’altro; la capacità di identificarsi consiste fondamentalmente in questo. Quando agisci come il tuo interlocutore, cominci a provare molti dei suoi sentimenti. Cominci a sapere intuitivamente cosa suggerire e quando farlo. Il ricalco prepara inoltre la strada per la guida. Quando sei allo stesso passo dell’altra persona, questa sarà propensa a seguire il passo successivo che farai tu. Ecco perché il ricalco è uno dei segreti più potenti del potere della suggestione.

UN’ALTRA VISIONE DEL RICALCO Una delle preoccupazioni più frequenti che la gente ha riguardo al ricalco è che sia manipolativo e meccanico, che l’altra persona si accorga sicuramente di quello a cui coloro che hanno di fronte stanno mirando e si offenda. La risposta a questa evenienza è “Sì, forse, probabilmente no”. Certamente, qualunque cosa venga fatta in modo inesperto o per scopi dannosi determinerà probabilmente ripercussioni indesiderate. L’idea che sta dietro al ricalco non è quella di approfittarsi di qualcuno, ma piuttosto di allinearsi a lui o a lei allo scopo di produrre un risultato migliore, sia che il contesto riguardi le vendite, il lavoro di squadra o la casa, sia che si tratti semplicemente di andare d’accordo con un’altra persona, perché questo ti fa sentire meglio. Per la maggior parte delle persone questa spiegazione è sufficiente a placare le preoccupazioni sull’etica del ricalco. Tuttavia, c’è un’altra preoccupazione riguardo al ricalco che di solito non viene espressa, ma che è comunque una questione che bisogna affrontare: il risultato del ricalco è davvero un rapporto più ravvicinato tra due persone, oppure rimane in qualche modo una “tecnica” che l’uno “usa” sull’altro? La risposta, ancora una volta, è sì

e no. Dipende da come lo si usa e da quanto sia radicata l’abilità di ricalco. Se è qualcosa che metti in atto consapevolmente, ci sarà senza dubbio un elemento di meccanicità in esso, finché non imparerai a renderlo parte di ciò che sei e di come, di solito, ti comporti con le altre persone: in altre parole, finché non diventerà un’abitudine. Quanto tempo ci vuole? Ho sentito dire che se ci si allena a fare una cosa per ventun giorni di seguito, probabilmente la si fa propria, qualunque essa sia. Forse è così. Potrebbe volerci di più, potrebbe anche volerci di meno. La cosa importante è che ti alleni regolarmente. Cerca modi per accordarti a quello che le altre persone dicono o fanno. Cerca modi per sincronizzarti con gli altri.

UNA VARIAZIONE SUL TEMA Uno dei modi migliori per stabilire un profondo legame di rapport con un’altra persona è stato sviluppato dal dottor Jesse Tuffman, uno psicologo clinico che fa fare alle coppie questo esercizio: suggerisce che uno dei due immagini di non aver altro modo per ricevere informazioni, sia dal mondo interno che da quello esterno, che attraverso l’altra persona; che l’unico collegamento con qualsiasi tipo di esperienza passi attraverso l’altro; che lui o lei sospenda, per la buona riuscita dell’esercizio, ogni tentativo di giudicare, reagire o sperimentare in qualche modo pensieri o sensazioni che non siano emanati dall’altro; che tutta l’esperienza, insomma, arrivi mediante l’altra persona. L’effetto desiderato è quello di produrre una profonda empatia.24 È certamente una forma di ricalco, ma è un ricalco che elimina ogni barriera tra te e l’altro. Non è manipolativa e non c’è alcun tentativo di “fare” qualcosa a lui o con lui. L’unico obiettivo è diventare lui, abbandonando le identità separate. È qualcosa di più che cercare di vedere le cose dal suo punto di vista. Significa, invece, vedere/udire/ sentire con il suo punto di vista. Prima di lavorare con le coppie nell’ambito terapeutico o della crescita personale, Jesse ha insegnato questo approccio a venditori in diversi campi con risultati che, a suo dire, hanno moltiplicato la loro produttività fino a sette od otto volte.25

IL RAPPORT

CON TE STESSO Finora hai imparato ad interagire e a guadagnare potere personale con altre persone. Uno dei concetti fondamentali trattati nelle pagine precedenti è che quando piaci alle persone e loro si sentono a proprio agio con te, sono più propense a rispondere positivamente alla tua influenza. A volte hai bisogno di influenzare – convincere – te stesso, prima di poter influenzare gli altri con successo. Per essere efficaci con le altre persone, è importante avere un buon rapporto con se stessi. In altre parole, devi essere in rapport con te stesso. Si potrebbe obiettare – come fanno spesso i poeti – che essere in rapport con noi stessi è il nostro stato naturale e che, crescendo e invecchiando, perdiamo questo contatto. Diventiamo più autocoscienti, e l’autocoscienza porta con sé l’autocritica. E l’autocritica negativa, che si tratti di parlare, immaginare o provare delle emozioni tra sé e sé – che sia visiva, auditiva o cinestesica – è nociva allo sperimentare e all’esercitare il potere personale. Forse questo è un altro esempio di innocenza perduta… e di paradiso perduto. In ogni circostanza impariamo a interrompere questo stato naturale e, facendolo, blocchiamo il rapport con noi stessi. Di solito lo si fa in uno (o più) modi, che corrispondono alle tre modalità principali mediante cui troviamo un senso alle cose:26 - dialogo interiore negativo (auditivo); - immagine negativa di sé (visivo); - sentimenti negativi riguardo a se stessi (cinestesico). Prendiamoli in considerazione uno per volta e discutiamo di come ri-stabilire il rapport con noi stessi a ciascuno di questi livelli.

Il dialogo interiore negativo: fermarlo e ristrutturarlo Il dialogo interiore negativo è uno dei modi più insidiosi attraverso cui ostacoliamo il rapport e ci autosabotiamo. È fonte di molta sofferenza ed è un peccato che non ci sia niente nel nostro sistema educativo, per quanto io ne sappia, che affronti la questione. Quando sentiamo il nostro dialogo interiore negativo, dobbiamo

fermarlo e tirarci fuori da questa spirale negativa. Una semplice strategia per farlo, una delle predilette dagli psicologi cognitivisti, è dire STOP! non appena lo si sente. Questo interromperà il dialogo interiore negativo e ci darà l’opportunità di affrontarlo. Un modo semplice, ma efficace, di affrontare il dialogo interiore negativo è sfidarlo direttamente parlando tra sé e sé in termini positivi. Art Rutzen, amministratore delegato della SDR Capital Management a San Francisco, è un ex lottatore di wrestling a livello mondiale, ed usa il dialogo interno positivo per combattere la sua tendenza ad autocriticarsi mentre gioca a tennis. Se le cose stanno andando male per lui, Art spesso si auto-motiva con una serie di affermazioni quali “Puoi fare di meglio, Art. Puoi farcela. Puoi battere questo tizio”. Quando gioca a tennis in doppio, incoraggia anche i suoi compagni in modo molto simile. Non è una sorpresa che usi anche lo stesso stile con i suoi soci in affari. È una strategia semplice, ma è collaudata ed efficace. Richiede solo che tu sia consapevole del tuo dialogo – o monologo – interiore e che intervenga quando i messaggi sono demotivanti o controproducenti. Un processo più complicato consiste nella ristrutturazione del dialogo interiore negativo. Nel libro Imparare l’ottimismo, un eccellente manuale per combattere questo problema e le sue negative conseguenze, Martin Seligman delinea una strategia che può essere usata per ristrutturare una visione negativa e il pessimismo che ne risulta.27 Il primo passo è la consapevolezza. Quando ci troviamo di fronte a qualsiasi tipo di situazione avversa dobbiamo essere consapevoli di come parliamo a noi stessi. Alcuni di noi, quando si trovano di fronte a un’avversità, reagiscono con un dialogo interiore pessimista. Diciamo cose come “Non c’è speranza. Non sono bravo a fare questo… né qualsiasi altra cosa, tra l’altro. Non lo sono mai stato. Non lo sarò mai”. Questo è lo stato estremo della convinzione pessimista e può portare solo alla disperazione e ad essere, ancora una volta, inefficaci. Secondo Seligman, la via d’uscita da questa trappola pessimista consiste in un’attribuzione appropriata. Nell’esempio sopra, attribuisco la causa della mia condizione a una qualche mancanza in me stesso (“Non sono bravo a fare questa cosa.”) e poi la rendo ancora più gravosa dicendo a me stesso che

sono altrettanto inadeguato, qualunque cosa io provi a fare (“o qualsiasi altra cosa, tra l’altro”), e che durerà per sempre. (“Non lo sono mai stato. Non lo sarò mai.”) È così che si creano solidi presupposti di una visione pessimista del mondo: l’attribuzione è personale, permanente e penetrante. Una delle conseguenze di questo tipo di visione pessimista è la depressione cronica. Per combattere questo schema pessimistico, Seligman consiglia una formula che chiama “modello ABC”. È una continuazione della consapevolezza iniziale. Ecco come funziona. A sta per Avversità. Questo è l’evento che innesca la reazione pessimista. B sta per Belief, cioè la Convinzione che si riflette nel dialogo interiore negativo (esempio: “Sono sfortunato in queste cose e in qualunque altra cosa nella mia vita. Non posso farci niente. Sarà sempre così”). C è la Conseguenza di questa convinzione. Le convinzioni che riflettono la sfortuna e l’impotenza che pervadono la vita di una persona hanno infallibilmente un effetto snervante e causano un’ulteriore erosione della fiducia in se stessi e dell’efficacia. Diventare consapevoli delle nostre manifestazioni individuali di questo schema ABC è il primo passo da fare. Il passo successivo nell’affrontare questa trappola dell’ABC è aggiungere al processo le fasi D ed E. D sta per Discussione. Quando notiamo che ci stiamo addentrando nel dialogo interiore negativo, dobbiamo contestare la convinzione sottostante. Seligman identifica quattro modi di contestare una convinzione debilitante. Esaminiamoli qui di seguito. 1. Raccogliendo prove del contrario. Per esempio, la convinzione di “essere sfortunato” può essere messa in discussione portando alla consapevolezza gli aspetti positivi della propria vita: “Ho un buon lavoro. Mia moglie/mio marito mi ama. Sono stato fortunato ad

essere sempre stato in buona salute”, eccetera. Inoltre: “So di essermi sentito così in passato e le cose non si sono sempre risolte in modo negativo. A volte si sono risolte per il meglio”. 2. Creando alternative alla convinzione. Forse ciò che è successo non ha niente a che vedere con la sfortuna ma, piuttosto, ha un’altra spiegazione. 3. Esaminando le implicazioni della convinzione. E allora? Anche se fosse vero? Qual è la conseguenza peggiore che potrebbe derivarne? (In questo caso, la condizione congenita di essere sfortunati non è delle più promettenti, perché la cosa peggiore che potrebbe capitare, probabilmente, capiterà sempre. Quindi non è una buona opzione.) 4. Determinando l’inutilità della convinzione. Quanto è utile questa convinzione? Mi serve? Quando mi serve? (Forse serve a tenermi lontano dalle partite a poker nelle quali tendo a perdere molti soldi, quindi in questa situazione è utile.) Seligman ritiene che la prima tattica – raccogliere prove del contrario – sia in genere la scelta migliore. È facile e veloce e non richiede una lunga analisi. Infine, l’ultima fase del processo è la E. E sta per Energizzare. Se riusciamo a mettere in discussione le nostre convinzioni negative, ci sentiamo ottimisti e pieni di energia. Una fase che io aggiungerei al processo di Seligman è il ricalco, per assicurarsi di avere rapport con se stessi prima di affrontare una situazione impegnativa. La ragione del ricalcare se stessi è la stessa del ricalcare un’altra persona: apre la strada alla guida. Farsi del male con i propri pensieri è una potenziale trappola mentale, che può essere evitata aggiungendo semplicemente una fase di ricalco che aiuti a consolidare la struttura. Ecco come funziona. La convinzione negativa: sono sfortunato in questa e in qualsiasi altra cosa nella mia vita. Non posso farci niente. Sarà sempre così.

Il ricalco: è vero che a volte sono sfortunato. E in seguito, la guida: ma questo è vero per tutti. Fa parte della vita. E la buona notizia è che è solo un fatto temporaneo. Le cose cambiano sempre direzione. La convinzione negativa: coinvolge ogni aspetto della mia vita. Il ricalco: sembra proprio così a volte, soprattutto quando mi sveglio alle quattro di notte e questo pensiero comincia a ossessionarmi. La guida: eppure, sotto tanti aspetti, sono molto fortunato. Dio mi ha donato una buona salute. Sono una persona intelligente e ho una moglie comprensiva che mi ama e che io amo profondamente. Questo approccio, se usato costantemente, dovrebbe aiutarti a riformulare affermazioni negative e pessimistiche rivolte a te stesso e condurti verso una visione più positiva e ottimista. Una visione ottimista, a sua volta, ti darà energia sufficiente a farti produrre risultati più positivi e potenti, con te stesso e con gli altri.28 Seligman cita uno studio che ha condotto con gli agenti di assicurazioni sulla vita alla Metropolitan Life Insurance Company, ed è arrivato alla conclusione che gli agenti più ottimisti hanno superato di un margine significativo le prestazioni di quelli meno ottimisti. Infatti, hanno venduto il 56 per cento di assicurazioni in più rispetto agli altri.

Riformulare l’immaginazione interiore negativa: lo swish pattern Capita a volte di debilitare il proprio potere personale non attraverso il dialogo interiore negativo, ma con la propria immaginazione negativa. Vediamo, nel nostro occhio mentale, anteprime degli spettacoli in arrivo; e non si tratta di film piacevoli. Nella vita “esterna” scegliamo di non andare a vedere un certo genere di film, ma in quella interiore non è così facile. Come facciamo a disattivare queste anteprime e ad attivarne altre che preannuncino realtà più

piacevoli? Esiste una potente tecnica di PNL per reimpossessarsi della cabina di proiezione nella propria mente. È un modo di sostituire l’immagine o la scena negativa con una positiva, noto come swish pattern. Lo swish pattern si può ricollegare alla configurazione PIP, (picture in picture, cioè “immagine nell’immagine”), di cui sono dotati molti televisori. Ciò ti permette di avere contemporaneamente due canali sullo schermo: un’immagine grande, a schermo pieno, e un’immagine più piccola in uno degli angoli dell’immagine più grande. Se nell’immagine più piccola (PIP) appare qualcosa di maggiore interesse, la si può sostituire all’immagine più grande sullo schermo, facendo in modo che quello che era sullo schermo più grande appaia nella finestra più piccola. Lo swish pattern funziona in modo molto simile. Quando vuoi sgombrare la mente da una o più immagini negative, prima crea un’immagine di uno stato desiderato e collocala nella finestra più piccola del tuo schermo mentale. Questa può essere un’immagine fissa oppure una serie di immagini in movimento. Poi scambia le immagini, in modo che quella più grande, lo stato indesiderato, diventi piccola e quella piccola, lo stato desiderato, diventi grande. Ripeti il procedimento finché non riesci a compiere lo scambio facilmente. Puoi migliorare la tecnica dello swish regolando la limpidezza dell’immagine. Rendi l’immagine positiva più nitida, più vivida e più colorata, e allo stesso tempo rendi l’immagine negativa scialba, sbiadita e più sfocata. Il tuo obiettivo finale è fare in modo che l’immagine positiva prenda il sopravvento all’interno della tua mente. Quando ciò accade, porterai in giro con te la tua centrale energetica personale. Sceglierai quale canale vuoi guardare invece di essere sintonizzato su canali indesiderati trasmessi da qualche insidioso e debilitante processo interiore. Quest’esercizio mette in rilievo il fatto che hai tu il controllo delle immagini nella tua mente, e perciò sei tu a scegliere quali debbano essere predominanti.

Trasformare i sentimenti negativi riguardo a se stessi:

creare contro-ancore e poi distruggerle Gran parte del nostro potere personale dipende dai sentimenti che ci riguardano e dal nostro essere coerenti con i messaggi che trasmettiamo. Di conseguenza, è di importanza fondamentale fare attenzione ai messaggi che stiamo comunicando a noi stessi, in modo da poter trasmettere una forte consapevolezza di noi stessi alle persone che vogliamo influenzare. Ecco un modo facile per mettere alla prova la tesi che i pensieri positivi rendono più forti e i pensieri negativi rendono più deboli. Alzati in piedi e distendi un braccio verso l’esterno. Pensa a qualcosa che sia molto negativo per te e chiedi a qualcuno di spingere il tuo braccio verso il basso. Prendi nota del risultato. Poi distendi nuovamente il braccio verso l’esterno e pensa a qualcosa di molto positivo per te. Questa volta, quando l’altra persona proverà a spingere il tuo braccio verso il basso, è probabile che non ci riesca, o almeno che non le sia così facile come quando stavi pensando alla cosa negativa. Una delle implicazioni di questo esperimento è che ciò che diciamo a noi stessi e i pensieri che facciamo riguardo a noi stessi hanno un forte impatto sul veicolo in cui viaggiamo, cioè il nostro corpo. I pensieri e i sentimenti negativi diminuiscono sia la nostra forza fisica che il nostro potere personale. Una delle tecniche più potenti per affrontare un sentimento negativo è sostituirlo con un sentimento positivo, usando ancore e contro-ancore. Quello che si fa è sopraffare i sentimenti negativi condizionati con sentimenti positivi condizionati. Ecco un esempio di come questo può funzionare. Identifica il sentimento negativo. Ammettiamo che il tuo sentimento negativo sia la paura. Sei un venditore e sei terrorizzato dal fare le cosiddette cold calls, le telefonate per cercare nuovi clienti. Ricrea il sentimento negativo e ancoralo. Mentre stai sperimentando questa paura, ancorala toccandoti l’orecchio destro con la mano sinistra (meglio scegliere qualcosa che non faresti inconsciamente, per evitare di innescare l’ancora inavvertitamente). Toccandoti l’orecchio destro crei un’associazione all’interno della tua

mente in modo che, quando ti tocchi l’orecchio, crei uno stimolo che produce una reazione condizionata negativa. Metti alla prova l’ancora innescandola o facendola scattare (in questo caso, toccandoti l’orecchio destro con la mano sinistra). Devi assicurarti che l’ancora produca effettivamente la reazione negativa che vuoi eliminare. Se la metti alla prova ed ottieni una reazione negativa, allora l’ancora funziona. Se la provi e non ottieni una reazione negativa, non l’hai creata nel modo appropriato. Ricomincia dal principio, ricrea il sentimento negativo e ancoralo nuovamente. Poi prova a vedere se l’ancora provoca il sentimento negativo. Ricrea e àncora una sequenza di sentimenti positivi. Ora pensa a qualcosa che ti faccia sempre provare un sentimento positivo. Ancoralo toccandoti il ginocchio destro con la mano destra. Pensa a un’altra sensazione positiva e ancorala toccandoti ancora il ginocchio destro con la mano destra. Fallo ancora con un’altra sensazione positiva. Ripeti questo procedimento, accumulando quattro o cinque sensazioni positive una sopra l’altra finché non arrivi al punto in cui, quando tocchi il ginocchio destro con la mano destra, senti un flusso di sensazioni positive. Attiva tutte le ancore contemporaneamente e abbatti la sensazione negativa. Il passo successivo consiste nello sbarazzarti della sensazione negativa, sopraffacendola con sensazioni positive. Questo si ottiene innescando sia le ancore positive che quelle negative contemporaneamente. L’effetto è quello di creare una fonte di energia positiva tale da sopraffare e neutralizzare l’energia negativa.

RIEPILOGO Il rapport è “una relazione segnata da armonia, concordanza, accordo o affinità”. Se vuoi persuadere una persona, è importante che tu sia in grado di stabilire con lei un forte legame di rapport. Ricalcare è come tenere uno specchio di fronte alle persone in modo che quello che vedono, sentono o provano sia coerente con la loro esperienza di sé e con la loro realtà. Il ricalco consiste anche nel porsi in accordo o in linea con le altre

persone, o avere con loro qualcosa in comune, in modo da comunicare “Puoi fidarti di me. Io sono dalla tua parte. Sono come te”. Alle persone piace tendenzialmente chi è simile a loro, e vorranno trovarsi d’accordo con le persone che apprezzano. Il ricalco non ha solo un impatto potente sugli altri, ma ha anche un effetto significativo su di te. Ricalcando gli altri, in un certo senso, entri nei loro corpi e nelle loro menti, al punto da arrivare ad avere un’esperienza simile alla loro. Ricalcare in modo efficace ti permette di raggiungere un profondo livello di empatia con altri esseri umani. Un obiettivo fondamentale del ricalco è seguire così da vicino l’esperienza che l’altra persona sta vivendo, che la distinzione tra ciò che sta facendo lei e ciò che stai facendo tu non sia più percepibile (a livello inconscio). Questo ti dà la possibilità di condurla verso nuove aree di esperienza. Quando sei in linea con un’altra persona, è probabile che sia lei a seguire il tuo passo successivo.

SUGGERIMENTI PER FARE PRATICA 1. Molte persone trovano che, inizialmente, la velocità nel parlare sia la cosa più facile da ricalcare. Se ti senti più a tuo agio, comincia a farlo con persone che conosci abbastanza bene. Oppure, ricalca gli sconosciuti che ti chiamano al telefono. Ascolta facendo attenzione alla velocità con cui parlano, e poi riproducila durante la conversazione con loro. In seguito, quando ti senti a tuo agio nel ricalcare la loro velocità, ricalca il volume, poi la tonalità, e così via. Dopo un po’, scoprirai di essere capace di farlo senza neanche pensarci. In effetti, probabilmente scoprirai che, in parte, lo stai già facendo. L’obiettivo è riuscire a farlo senza uno sforzo consapevole, in modo che diventi una parte automatica del tuo comportamento, come guidare la macchina o andare in bicicletta. 2. La velocità a cui le persone parlano cambia in modo considerevole. Alcune persone parlano lentamente, fermandosi spesso a cercare le parole o le frasi giuste. Altre parlano rapidamente e non sembrano avere alcuna difficoltà a trovare le parole; l’unica cosa a cui sembrano tenere particolarmente è riuscire a pronunciare le parole in maniera abbastanza veloce. Se il tuo stile

è parlare più lentamente, incontrerai maggiore difficoltà nel ricalcare una persona che parla velocemente, ma allenandoti potrai riuscirci. Scoprirai che i tuoi processi mentali e il tuo modo di pensare cambiano quando cambi la velocità a cui parli. Questo è uno dei modi più efficaci per entrare nella mente di un’altra persona. Quando sarai diventato esperto nel ricalco, comincerai a notare di essere diventato esperto anche nell’anticipare quello che l’altra persona sta per dire. Ciò avviene perché ti sei talmente accordato al suo modo di parlare, di pensare e di comportarsi, che sei quasi in grado di leggerle nel pensiero. Voi due sarete diventati, per così dire, una persona sola. 3. Come ogni nuova abilità, il ricalco diventa più facile se lo pratichi sistematicamente. È una buona idea allenarsi con una cosa alla volta: l’umore, il linguaggio del corpo, la velocità nel parlare e così via. Dopo essere diventato bravo a ricalcare, sarai in grado di farlo senza doverci pensare. Ti verrà facile e naturale. Ogni giorno allenati a ricalcare qualche aspetto dell’esperienza che sta vivendo l’altra persona. Prendi una cosa per volta e per te diventerà comodo e naturale. 4. Mentre guardi la televisione, allenati a stare seduto nella stessa posizione della persona che stai guardando in video. Nota come le tue sensazioni e l’esperienza di te stesso cambiano quando assumi posizioni diverse. I dibattiti televisivi sono molto utili per questo esercizio, perché offrono l’opportunità di ricalcare diverse persone.

NOTE ALLA PARTE 1

1. Vedi W. Ross Ashby, An Introduction to Cybernetics (New York: Methuen, 1956). 2. L’avvertimento, qui, è che la varietà indispensabile raggiunge il suo scopo quando tutte le cose sono alla pari: se hai varietà indispensabile nei confronti del tuo capo, per esempio, potresti non essere sempre in grado di controllare il risultato della situazione, dato che lui o lei ha il potere che gli deriva dal ruolo che ricopre all’interno dell’organizzazione. Tuttavia, la varietà di comportamento è una cosa straordinaria e spesso avrà la meglio anche sul potere che deriva dal ruolo. 3. William H. Sheldon, con la collaborazione di C. Wesley Dupertuis ed Eugene Mc Dermott, Atlas of Men: A Guide for Somatotyping the Adult Male at All Ages (New York: Gramercy, 1954). 4. William James, The Moral Equivalent of War and Other Essays, a cura di John K. Roth (New York: Harper and Row), p. 51. 5. Ibid. 6. Friedrich S. Perls, Gestalt Therapy Verbatim (Moab, UT: Real People Press, 1969), p. 7. 7. Albert Mehrabian, Silent Messages (Belmont, CA: Wadsworth, 1971), p. 56. 8. Mehrabian, p. 40. 9. Denise Grady, “Picking a Jury”, Discover, January 1981, p. 39. 10. Mehrabian, p. 45 11. Mehrabian, p. 43. 12. Michael B. McCaskey, “The Hidden Messages Managers Send”, Harvard Business Review, November-December 1979, p. 147. 13. William S. Condon, “An Analysis of Behavioral Organizations”, Sign Language Studies, Winter 1976. 14. William S. Condon e L. W. Sander, “Neonate Movement is Synchronized with Adult Speech: International Participation and Language Acquisition”, Science, January 11, 1977, p. 99.

15. Edward T. Hall, Beyond Culture (New York: Doubleday, 1976), p. 72. 16. Ibid. 17. Ibid. 18. Hall, p. 71. 19. Looking for Me, 1969. Un film che documenta il lavoro della Adler con i bambini autistici. Center for Media and Independent Learning, 2000, Center Street, Berkeley, CA 94704. 20. Ibid. 21. Jay Haley, Uncommon Therapy: The Psychiatric Tecniques of Milton H. Erickson, M.D. (New York: Norton, 1973), pp. 189190. 22. J.A.C. Brown, Techniques of Persuasion: From Propaganda to Brainwashing (New York: Penguin Books, 1963), p. 309. 23. Richard Bandler e John Grinder, Frogs Into Princes (Moab, UT: Real People Press, 1979), p. 99. 24. Comunicazione personale. 25. Ovviamente, in un contesto di vendita non si tratta semplicemente di raggiungere livelli profondi di empatia. In uno studio classico, “What Makes a good Salesman”, pubblicato sulla Harvard Business Review, Herbert M. Greenberg identifica due fattori chiave del successo, l’empatia e l’ego drive. “Ego drive” (spinta interiore), in questo contesto, significa semplicemente sentirsi gratificati dal vendere, dal processo di persuadere qualcun altro a fare qualcosa. 26. In PNL queste tre modalità di percezione sono spesso definite “sistemi rappresentazionali”. Questo concetto è trattato più dettagliatamente nella Parte 2. 27. Martin E.P. Seligman, Learned Optimism (New York, Knopf, 1991), pp. 213-228; ed. it. Imparare l’ottimismo, Giunti, Firenze 2005. 28. Per alcune interessanti variazioni sul concetto di riformulazione del dialogo interiore negativo, consiglio caldamente il libro di Robert Dilts Il potere delle parole e della PNL. Dilts è uno dei più prolifici e più profondi scrittori di PNL ed è sempre stimolante. Nel libro Il potere delle parole e della PNL, Dilts propone circa quattordici modi di ristrutturare; alcuni di questi sono variazioni su temi che abbiamo già discusso; altri

estendono le tecniche verso nuove aree di ricognizione e di analisi.

Parte 2 L’arte di comunicare in modo chiaro “Quando le persone partono dal presupposto che gli altri pensino al loro stesso modo, possono nascere incomprensioni.” ROBERT SOMMER

The Mind’s Eye Questa parte del libro tratta un aspetto della comunicazione spesso trascurato: come le persone elaborano le informazioni e come cercano di dare un senso alle cose. Per fare in modo che le altre persone capiscano ciò che intendi, devi prima capire come loro capiscono, o almeno come cercano di capire. Quando avrai capito come gli altri elaborano le informazioni, potrai organizzare la tua comunicazione in un modo che si adatti alle loro modalità di percezione. Parleremo ancora di ricalco (e guida), ma ci occuperemo principalmente di comportamenti meno evidenti, ovvero di quello che accade all’interno delle persone. Nella seconda sezione della Parte 2 collegheremo le informazioni su come le persone capiscono ad una delle tecniche più potenti mai ideate per assicurare una comprensione reciproca e una chiara comunicazione. Si tratta della tecnica dell’ascolto attivo (active listening), ideata nei primi anni Cinquanta da Carl Rogers. Poi faremo un passo oltre l’ascolto attivo per esplorare i “significati nascosti”.

COMPRENDERE COME GLI ALTRI COMPRENDONO

Lo scrittore scientifico Gordon Rattray Taylor ricorda gli anni trascorsi a scuola da alunno: Ricordo chiaramente che quando andavo a scuola non avevo alcuna difficoltà in geometria, poiché riuscivo a ricordarmi le figure e a ricavare da esse la dimostrazione del teorema. Il fatto che l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa di un triangolo rettangolo fosse uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui due cateti mi è rimasto in mente, perché ricordo la figura. Al contrario, trovavo estremamente difficili l’algebra e il calcolo, e riuscivo a ricordare solo quelle parti che potevano essere rappresentate graficamente. Ricordo distintamente il lampo d’illuminazione che ebbi quando, dopo un’incomprensibile descrizione di formule algebriche per una parabola, il professore disegnò una figura alla lavagna, e mi mostrò cosa succedeva.1

“Io sono fortemente visivo”, confessa Taylor, “e trovo proprio difficile seguire gli scritti dei filosofi, che sono molto concettuali.”2 I “visivi”, spiega, hanno difficoltà a formare concetti astratti e a comunicare con le persone che li esprimono. Nel libro The Mind’s Eye [L’occhio della mente, n.d.t.], il

professore di psicologia Robert Sommer arriva alla conclusione che i “visivi” abitano in un mondo sensoriale diverso da quello delle altre persone. Sommer spiega la difficoltà che incontra nel dettare lettere o appunti quando la sua segretaria è in ferie. Benché io sappia che il lavoro verrà fatto appena ritorna, l’immagine della sua scrivania vuota e della macchina da scrivere abbandonata mi scoraggia. Non mi sono mai sentito a mio agio a far scrivere a macchina il mio lavoro da un’anonima squadra di stenografi. Non mi piace neppure dare istruzioni riguardo alla manutenzione di una macchina ad un capo officina in uno scintillante camice bianco, quando il lavoro viene svolto da qualcun altro. Mi sento meglio se posso vedere il meccanico che svolgerà il lavoro, così posso immaginare la persona che effettuerà le riparazioni necessarie. Ci sono anche grandi cartelli stampati sui muri che vietano ai clienti di entrare nell’area di servizio. Non solo non posso immaginarmi il meccanico mentre svolge il lavoro, ma non ho nemmeno un’immagine visiva dell’area di riparazione e degli attrezzi che verranno usati. La nostra alienazione dal mondo dei macchinari e dai processi tecnici deriva in buona parte dall’impossibilità di immaginare ciò che accade.3 Contrariamente al “visivo”, uno che descrive se stesso come una “persona principalmente auditiva”, lo scrittore Howard Gardner, afferma che la dettatura migliori il rendimento di uno scrittore più di quanto facciano la battitura o la scrittura manuale dei testi: “Quando parlo (nel microfono), mi sembra di seguire ciò che mi detta una voce interna; cioè, non vedo alcuna parola di fronte a me, ma sento quello che sto per dire e mi ritrovo praticamente a riprodurre con la mia lingua i suoni delle parole.”4 Dalle sue conversazioni con gli altri, Gardner ha imparato che possono esserci diversi stili cognitivi coinvolti nella dettatura. Per esempio, “Coloro che sono più orientati verso il ‘visivo’ sembrano vedere una frase nella loro mente; a volte sembrano visualizzare un intero paragrafo mentre lo costruiscono”5. Gardner afferma inoltre: “Nella mia immaginazione auditiva, riesco a sentire un po’ di quello che è venuto prima e un po’ di quello che sta

per arrivare, ma poco altro.”6 Ancora diverso dalle persone visive e auditive è l’individuo tendenzialmente cinestesico, una persona che ha non solo un elevato senso del tatto, ma anche un forte senso delle emozioni, delle intuizioni, delle deduzioni che “si sentono” e delle reazioni che sembrano trascendere il normale processo cognitivo. Lo scultore Rodin era una di queste persone. Come fa notare il critico d’arte e storico Kenneth Clark, il principale processo di Rodin era fisico; i suoi “strumenti di potere e di comunicazione erano le sue dita.”7 Quando, una volta, fu chiesto a Louis Armstrong di spiegare cosa fosse il jazz, si dice che lui abbia risposto: “Se non riesci a sentirlo (feel), non puoi riuscire a capirlo”. E quando l’intervistatore Roy Firestone ha chiesto al campione di tennis Andre Agassi come fosse trovarsi nel campo centrale al match point, il tennista ha risposto: L’unico senso che hai è la sensazione, ed è interiore. Non ci sono orecchie, non ci sono occhi, non c’è gusto, c’è solo sensazione. È come se il tuo corpo… quando stai per colpire la palla che deciderà il vincitore del torneo… se la tua spalla esplodesse al momento dell’impatto, non lo sentiresti neanche. La maggior parte delle persone ha difficoltà a capire la modalità cinestesica. Questa, senza dubbio, è una delle ragioni principali per cui le terapie che coinvolgono il corpo e le emozioni stanno avendo così tanta popolarità. Vogliamo entrare in contatto con il nostro corpo e le nostre sensazioni, e sembra che per farlo abbiamo bisogno dell’aiuto di professionisti in queste discipline. Forse è perché da bambini siamo stati spesso puniti per aver espresso i nostri sentimenti, specialmente quando quei sentimenti erano in contrasto con i desideri dei nostri genitori e di altre figure autoritarie di adulti. Per sicurezza o per ragioni di gestione domestica, ai bambini piccoli si raccomanda spesso di “guardare, ma non toccare”. Il fatto che persone diverse elaborino le informazioni in differenti modalità è, ovviamente, di importanza critica nella comunicazione. La comunicazione significa cose diverse per persone diverse. Le coppie, spesso, intraprendono una psicoterapia a causa di “problemi

di comunicazione” che nascono dai loro diversi stili e dal diverso modo di intendere la comunicazione. In una prima seduta tipica, il consulente potrebbe rivolgersi alla moglie e chiederle quale sia il problema. Lei potrebbe rispondere: “È che lui non ascolta mai quello che dico”. Il marito, da parte sua, potrebbe lamentarsi che “lei non mi guarda neanche quando le parlo”. Oppure uno dei due potrebbe considerare l’altro insensibile e indifferente, perché “non è affettuoso o non è coinvolto emotivamente”. Quando il problema è rappresentato da una diversità di modalità percettive, è probabile che il consulente debba prima render noto ai due membri della coppia quello che sta succedendo e far osservare loro che ognuno sta chiedendo qualcosa che è estraneo per l’altro. Il passo successivo potrebbe consistere nel far sì che ciascuno impari a comunicare in modi che per l’altro abbiano senso. Nel caso appena menzionato, per esempio, il consulente potrebbe incoraggiare il marito a prestare più attenzione a ciò che dice la moglie, e consigliare invece alla moglie di stabilire più frequentemente un contatto oculare con suo marito, per “mostrargli” che gli sta prestando attenzione.

Sono spiacente, ma non posso portare avanti una conversazione intelligente. Sono un “visivo”. Illustrazione di Weber ©1979 – The New Yorker Magazine, Inc.

CI CREDO SE LO VEDO, CI CREDO SE LO SENTO, CI CREDO SE LO PROVO Ciascuno di noi ha, in ogni momento, una modalità percettiva dominante o primaria. Richard Bandler e John Grinder, cocreatori

della Programmazione Neuro-Linguistica (PNL), definiscono “sistemi rappresentazionali” le modalità percettive attraverso le quali processiamo le informazioni. Essi descrivono il processo in questo modo: Quando si entra per la prima volta in contatto con una persona, questa probabilmente penserà in uno dei tre principali sistemi rappresentazionali. Questo significa che, internamente, genererà certe immagini visive, oppure proverà certe sensazioni, oppure parlerà a se stessa udendo certi suoni.8

COME IDENTIFICARE LE MODALITÀ PERCETTIVE Uno dei modi più semplici per identificare la modalità percettiva (o il sistema rappresentazionale) dominante, o primaria, di un’altra persona, è fare molta attenzione alle parole, alle frasi e alle immagini che usa. Una persona in cui sia predominante la modalità percettiva visiva tenderà a scegliere parole che riflettono un’inclinazione visiva: “Vedo il punto del tuo discorso”, “Quest’idea mi sembra buona”, “Ora voglio solo avere un’immagine generale… Ci focalizzeremo sui dettagli più avanti”, “Sì, è chiaro come il sole”, “Ho avuto un’illuminazione” o “Il mio punto di vista è…” e così via. Una persona in cui predomini la modalità auditiva è più probabile che scelga questo tipo di parole: “Dimmi ancora una volta cosa intendi… non sono sicuro di averti sentito bene prima”, “Quest’idea suona bene”. Quando una persona è in modalità cinestesica, potresti sentirla dire: “Ho capito il senso di quello che intendi”, “Sento che questa è una buona idea” o “Non riesco ad afferrare questo concetto” o “È il tipo di persona che riesce a prendere un’idea e a portarla a compimento” oppure “Quest’idea è solida”. Semanticamente “Quest’idea mi sembra buona”, “Questa idea suona bene” e “Sento che questa è una buona idea” (oppure, “Quest’idea è solida”) hanno tutte lo stesso significato. Psicologicamente, invece, chiamano in causa processi completamente diversi. Identificare quale modalità sia dominante per le altre persone in un determinato momento è un elemento

importante sia per capirle, sia per far sì che loro capiscano te. Un altro modo per scoprire quale sia la modalità percettiva preferita da una persona è, semplicemente, chiederlo: “Come vorresti che ti venisse presentata quest’informazione?”. Le persone, di solito, sono abbastanza consapevoli dei loro stessi processi e forniscono risposte utili a questa domanda. Alcuni, per esempio, ti chiederanno semplicemente di dire loro quello che vuoi. Altri ti chiederanno di scriverglielo, forse inserendo anche grafici o disegni che possano guardare. Altri ancora potrebbero dirti che vogliono cogliere il senso della situazione e che è importante, per loro, sapere di potersi fidare di te (questi tipi di persona potrebbero spesso dire che sarebbero contenti se tu “ti tenessi in contatto” con loro).

COME FARE IN MODO CHE GLI ALTRI TI CAPISCANO George, un consulente di gestione, racconta questa storia che riguarda uno dei suoi clienti. A quanto pare, un certo reparto della ditta era in ritardo cronico sulle scadenze di produzione. George fu convocato per analizzare la situazione e suggerire una soluzione. Dopo aver parlato col caporeparto e con molti dei suoi assistenti di fiducia, scoprì un fatto interessante. Il caporeparto era incline alla comunicazione scritta e non era disposto (o non riusciva) ad autorizzare niente senza che gli fosse presentata prima una richiesta scritta. Alcuni dei suoi assistenti avevano imparato il segreto per riuscire a farsi approvare i loro progetti, ma molti non l’avevano scoperto. Il problema veniva complicato ulteriormente dal fatto che il caporeparto era disposto a tenere riunioni col suo staff e a prendere accordi verbali sulle idee ed i suggerimenti durante tali riunioni, ma quando per lui veniva il momento di agire, non accadeva niente a meno che l’accordo verbale, insieme ad un resoconto della riunione, non gli fosse stato consegnato in forma scritta. Quando George scoprì cosa stava accadendo, chiese di fare una riunione col caporeparto ed il suo staff, e li informò di quanto aveva rilevato. Consigliò di mettere la richiesta per iscritto, ogni qualvolta si voleva che il capo facesse qualcosa.

Il caporeparto pensò che questa fosse una buona idea e, benché parte dello staff brontolasse riguardo al doversi prendere la briga di scrivere tutto, accettò di metterla in pratica. Si sentì sollevato, perché i suoi collaboratori, adesso, si erano impegnati a parlare la sua lingua. (Uno dei suoi assistenti gli aveva detto, scherzando: “Lei, addirittura, parla per biglietti”.) E i suoi assistenti si sentirono sollevati perché ora avevano una strategia a disposizione per fare in modo che i loro progetti venissero approvati più velocemente. Alla conclusione del suo incarico, George scrisse un resoconto per il management, riepilogando le sue rilevazioni e le soluzioni proposte; poi ne fece incorniciare una copia e la mandò al caporeparto, che da quel momento la tenne solennemente affissa alla parete del suo ufficio. La consulente Lynn Lannon, di San Francisco, racconta invece la storia che segue: Stavo lavorando con un’azienda della Silicon Valley che ha un ufficio a Chicago. La mia cliente era preoccupata per alcuni problemi in questo ufficio di Chicago: mi aveva descritto un calo di produttività e la mancanza di lavoro di squadra. Andai a Chicago per verificare la situazione e consigliai un intervento. Feci il mio solito giro di colloqui e la raccolta dati e poi convocai tutta la squadra, per dare ai suoi componenti un po’ di feedback. Pensai anche, dato che li avevo tutti lì riuniti, di fare un po’ di team building. Parlai dei sistemi rappresentazionali e descrissi i tre modi principali – visivo, auditivo e cinestesico – in cui organizziamo mentalmente ciò che percepiamo e in cui acquisiamo le informazioni. Li feci lavorare in gruppi di tre perché si aiutassero a vicenda nell’identificazione del loro modo principale, di quello secondario e di quello meno utilizzato rispetto agli altri due per acquisire informazioni. Poi feci un grafico dei risultati. Emerse che la modalità primaria di tutti era o visiva o cinestesica, eccetto per una persona: Joe, il manager. Fino a quel momento, lui aveva richiesto e fornito informazioni nella sua modalità, che era quella auditiva. Questa scoperta fu di enorme importanza per la squadra.

Parlai a Joe di come fosse importante usare le modalità percettive delle altre persone e dell’impatto che un piccolo cambiamento del suo comportamento poteva avere sul gruppo dei collaboratori. Gli suggerii di fare semplicemente due cose: (1) trovare una lavagna e tenerla nel suo ufficio, in modo che quando si aggiungevano nuovi elementi nell’agenda potesse scriverli sulla lavagna e poi usarla nelle riunioni dello staff (per le persone visive), e (2) fare delle copie dei documenti da cui normalmente leggeva le informazioni durante le riunioni dello staff (in modo che le persone cinestesiche avessero qualcosa di concreto in mano). Sono rimasta in contatto con Joe e lui ha seguito i miei suggerimenti (il sogno di ogni consulente!). La cosa emozionante fu che si verificarono cambiamenti immediati nel comportamento e nella risposta della squadra. E, nel giro di un mese, il problema della produttività era scomparso. Il messaggio è chiaro: quando usi la modalità percettiva di un’altra persona, questa ascolterà. Forse avrai bisogno di impegnarti e di fare un po’ più di fatica all’inizio, ma sarai ripagato dello sforzo, poiché, a lungo andare, risparmierai tempo. L’altra persona, inoltre, apprezzerà lo sforzo che hai fatto per scoprire come presentarle al meglio le tue idee. Il fatto di investire del tempo per chiedere alle persone come vorrebbero che venissero loro presentate le informazioni (che sia in modo formale o informale) è in sé molto convincente e ti aiuterà ad ottenere più spesso ciò che vuoi. A volte, tuttavia, non è subito evidente a quale forma di comunicazione una persona reagirà più prontamente. In questi casi, potrebbe essere necessario usare un approccio di prova ed errore (trial and error). Per esempio, se non sei sicuro se qualcuno ti stia rispondendo in modalità visiva, auditiva o cinestesica, potresti fermarti ogni tanto e chiedere “Questa idea ti sembra buona?”, o “Riesci a vederti mentre usi questo sistema?”, oppure “Come ti suona?”, o “Risponde ad alcune delle domande che ti stavi facendo?”, o “Vorrei sapere quali sono le tue sensazioni riguardo a questo programma” o “Ti sembra qualcosa che puoi applicare?”. Se non ottieni una risposta significativa alla domanda presentata

in modalità visiva, passa a quella auditiva. Se anche questa non suscita una risposta migliore, passa al livello cinestesico. Uno degli errori più frequenti che le persone commettono quando presentano le loro idee agli altri, è interpretare come resistenza la mancanza di una risposta significativa (per loro), mentre in realtà la reazione dell’altro potrebbe significare semplicemente che non si è riusciti a comunicare in un modo che per lui abbia un senso. Avendo la flessibilità (la varietà indispensabile) di spostarti da una modalità percettiva all’altra, il più delle volte sarai in grado di raggiungere un maggior numero di persone, e loro capiranno più chiaramente cosa vuoi. Questo ti permetterà di ottenere più facilmente la loro collaborazione e il loro appoggio. Prendi in considerazione un altro esempio, un ipotetico scambio di battute tra John e Sam. John è il compratore inviato da un’industria e Sam rappresenta uno dei fornitori della ditta.

JOHN: Sam, non vedo proprio come questo particolare prodotto possa essere utile alla nostra ditta. Puoi mostrarmi perché dovrei comprarlo? SAM: John, non so cosa posso dire più di quello che ti ho già detto. A me suona come se non volessi proprio dare ascolto a una buona idea. JOHN: No, Sam, ti sbagli. È solo che, a ben vedere, quest’idea non mi sembra fattibile. SAM: John, non capisco come tu possa fare a meno di sentire il suono del registratore di cassa, in questo momento. JOHN: Guarda, penso proprio che dovrò lasciar perdere, per ora. Forse ci daremo ancora un’occhiata la prossima volta che vieni.

Sia John che Sam stanno rivelando l’uno all’altro cose molto importanti su loro stessi, ma nessuno dei due ne è consapevole.

John è in modalità visiva, mentre Sam sta presentando le informazioni in modalità auditiva. John vuole “vedere” come il prodotto di Sam possa essergli utile; Sam, invece, sta cercando di far “sentire” a John il suono del registratore di cassa. John e Sam non riescono a capirsi completamente, perché stanno organizzando e comunicando ciò che percepiscono in sistemi diversi. In pratica, stanno parlando due lingue diverse, anche se nessuno dei due ne è consapevole. Il linguaggio della vista è piuttosto diverso dal linguaggio dell’udito; ed entrambi sono radicalmente diversi dal linguaggio delle sensazioni. Nell’esempio riportato qui sopra, Sam avrebbe potuto far accettare la sua idea e concludere la vendita, se si fosse reso conto che la modalità percettiva primaria di John era quella visiva. La strategia migliore di Sam sarebbe stata quella di passare velocemente da una presentazione auditiva ad una dimostrazione visiva, almeno all’inizio. Come si è visto, John non era disposto o era impossibilitato a fare questa traduzione necessaria da solo. Se Sam fosse stato consapevole e abbastanza flessibile da trasformare in visiva la propria presentazione auditiva, avrebbe avuto maggiori possibilità di comunicare efficacemente la sua idea. Per esempio, considera cosa avrebbe potuto fare Sam:

JOHN: Sam, non vedo proprio come questo particolare prodotto possa essere utile alla nostra ditta. Puoi mostrarmi perché dovrei comprarlo? SAM: Certo, John. Guarda cosa succede quando lo unisci alla Formula XL-38, qui. Adesso riesci a vedere l’ebollizione? JOHN: Sì, vedo. Le altre cose che abbiamo usato finora non hanno mai prodotto niente di simile. Sono piuttosto colpito. Ma questo migliorerà il lavoro? SAM: Be’, scopriamolo. Guarda cosa succede quando ci facciamo cadere dentro questo componente. Vedi con che velocità lo ricopre?

JOHN: Ehi, è veramente eccezionale!

MULTISENSORIALITÀ Dopo aver identificato correttamente la modalità visiva di John e dopo essersi “connesso” ad essa, Sam potrebbe procedere verso un uso più sofisticato delle modalità percettive: quello della sovrapposizione percettiva. Nel campo delle vendite questa tecnica è spesso definita “comunicazione multisensoriale”. L’idea di base è quella di aumentare la ricettività delle persone rispetto ad un’idea, presentandogliela in modo che possano vedere, udire e provare la sensazione di sé mentre sperimentano i benefici di quell’idea. La sovrapposizione percettiva ti permette di “progettare su misura” qualcosa che si adatti alla modalità percettiva primaria e a quella secondaria della persona che stai cercando di persuadere. Per esempio, se il tuo capo è abituato a processare le informazioni visivamente e tu riesci ad aumentare la sua consapevolezza della dimensione auditiva e di quella cinestesica, stai ampliando la serie delle esperienze possibili per lui, e di conseguenza stai facendo aumentare la sua ricettività alla tua idea. Come ha osservato una volta J.A. Hadfield: “La suggestione non consiste nel far credere a un individuo ciò che non è vero; la suggestione consiste nel fare in modo che una cosa diventi vera facendogli credere nella possibilità di questa cosa.”9 Nel caso ipotetico di John e Sam, per esempio, Sam potrebbe arricchire l’esperienza di John con la sovrapposizione percettiva:

SAM: John, guarda questo processo. Vedi quanto velocemente si ricopre. E ascolta il suono della reazione chimica in corso. È fluido e continuo, e questo ti dice che il rivestimento sta procedendo uniformemente. Non dovrai ripetere il processo più tardi, come hai dovuto fare tante volte in passato. JOHN: Wow! Non lo avrei mai notato se non me lo avessi indicato tu! È vero che il suono sembra fluido. Non c’è quel gorgoglio irregolare che accade spesso di sentire con la Marca X.

SAM: Proprio così, John. E c’è di più: il suono che senti è anche quello del tuo registratore di cassa, poiché da ora sarai in grado di aumentare la produttività. E ciò significa che riuscirai a occuparti dei vecchi ordini e, allo stesso tempo, ad acquisire nuovi clienti. Come ti fa sentire questa cosa? JOHN: Sam, quando posso avere una fornitura di questa roba al più presto? Questa volta Sam ha prontamente cambiato la sua presentazione indirizzandola verso la modalità visiva, poi ha sovrapposto quella auditiva, un sistema di rappresentazione che è normalmente secondario per John. Quello che Sam ha ottenuto sovrapponendo la modalità auditiva a quella visiva è stato aumentare la ricettività di John, modificando il suo stato di coscienza. Ha poi completato la sovrapposizione con la modalità cinestesica (“Come ti fa sentire questa cosa?”). Il responsabile delle vendite di Sam direbbe probabilmente che Sam ha “usato una comunicazione multisensoriale”, che ha fatto in modo che John volesse il prodotto. Senza badare alla terminologia usata, il risultato è stato produttivo sia per John che per Sam. È stata una comunicazione riuscita. Si è trattato anche di fare un buon uso del ricalco e della guida da parte di Sam. Egli ha prontamente ricalcato la modalità visiva dominante di John e in seguito lo ha guidato sovrapponendo le modalità dell’udito e delle sensazioni, facendo così in modo che John avesse un’esperienza più intensa dei vantaggi del prodotto e ne apprezzasse di più i benefici. Questo approccio non è efficace solo per la persuasione. È anche un modo eccellente per aumentare la capacità di un’altra persona di sperimentare un’idea o una situazione. Per esempio, un giorno stavo tentando di spiegare a un’amica il concetto di sovrapposizione dei sistemi rappresentazionali allo scopo di amplificare la capacità di una persona di percepire e apprezzare la ricchezza di un’idea. Quest’amica particolare, in quel periodo, era per caso impegnata nella vendita di immobili. Tuttavia, lei era un tipo estremamente cinestesico e aveva difficoltà a relazionarsi con questioni presentate in modalità visiva e auditiva. Mentre stavamo discutendo il concetto della sovrapposizione, le

chiesi in che modo provasse a comunicare l’attrattiva di un particolare immobile a un potenziale acquirente. “Non usi una comunicazione multisensoriale, in modo che il potenziale cliente possa vedere, udire e provare i benefici di questa particolare proprietà?” “No,” rispose, “non lo faccio.” “Be’,” le chiesi, “come provi a convincerlo dell’idea che dovrebbe comprare l’immobile?” “Ho semplicemente la sensazione che sia la cosa giusta per lui e glielo dico!” Questa risposta mi spinse a scoprire qualcosa di più sulle sue stesse preferenze: “Lascia che ti chieda una cosa”, dissi. “Riesci a vederti nel tuo soggiorno in questo momento?” “No”, disse. “Non ci riesco.” Allora scelsi un approccio diverso. “Riesci a provare la sensazione di essere seduta nella tua poltrona preferita nel soggiorno di casa?” “Oh, sì”, rispose subito. “Bene”, dissi. “Mentre sei lì seduta nel tuo soggiorno, a goderti la comodità della poltrona, riesci a sentire il calore del fuoco che viene dal caminetto?” “Certo”, rispose. “Mentre sei lì seduta nella tua poltrona, a goderti il calore del fuoco, riesci a sentire il rumore dei ceppi che scoppiettano nel fuoco?” le chiesi. “Sì”, disse. “Bene, ora che ti stai godendo la poltrona e il calore del fuoco, puoi descrivermi la stanza?” A questo punto descrisse il divano, il disegno della tappezzeria, i quadri appesi al muro e la libreria piena di volumi allineati su una delle pareti. Il punto è che lei aveva la capacità di visualizzare, ma doveva esservi condotta attraverso la sua modalità dominante, quella cinestesica. Sebbene si affidasse quasi esclusivamente alla modalità cinestesica, l’esperienza della mia amica non è così insolita. Molti fallimenti nella comunicazione si verificano perché uno degli interlocutori si basa sulla ricezione in una modalità prevalente, mentre l’altro comunica basandosi in modo predominante su una modalità diversa. Forse ti è capitato di vedere con i tuoi occhi due persone che non riuscivano a comunicare l’una con l’altra, finché una alla fine, allargando le braccia piena di sconforto, ha esclamato: “Ho provato in ogni modo possibile a farti capire quello che intendo. Cosa devo farti, un disegno?”.

In effetti, fare un disegno potrebbe essere esattamente quello che occorre. Potrebbe essere una semplice soluzione a quello che sembra un problema insolubile. Fa’ attenzione al modo in cui le persone danno un senso al mondo e orienta la tua comunicazione in quella direzione. Questo è un altro esempio di ricalco ed è un altro modo importante per stabilire e mantenere rapport con gli altri. Fortunatamente, la mia amica ha deciso che l’ambito immobiliare non era la sua vera vocazione, e in seguito è entrata nel campo della consulenza professionale: un settore in cui il suo approccio cinestesico ai problemi, a lei così naturale, è molto più appropriato.

L’ASCOLTO ATTIVO Nel paragrafo precedente abbiamo riflettuto su come le diverse persone organizzino le loro percezioni nelle modalità visiva, auditiva e cinestesica. Abbiamo anche esplorato il modo in cui si possono ottenere fiducia e comprensione maggiori, essendo consapevoli di queste differenze e poi accordandosi alla modalità percettiva dominante dell’altra persona. Ora discuteremo di come si possa coniugare questa tecnica con un altro potente metodo per promuovere la comprensione reciproca. Una strategia importante per comunicare efficacemente quello che si ha in mente e assicurarsi di capire ciò che l’altra persona intende si chiama “ascolto attivo”. Il termine è sorto dalla ricerca e dalla pratica psicologica negli anni Quaranta e Cinquanta. Una delle prime e più efficaci formulazioni della tecnica apparve in un articolo di Carl Rogers pubblicato sulla Harvard Business Rewiew nel 1952, intitolato “Barriers and Gateways to Communication” [Barriere e vie d’accesso alla comunicazione, n.d.t]. Rogers identifica nel suo scritto quella che ritiene essere la più grande barriera alla comunicazione efficace: la nostra tendenza a valutare o giudicare le idee di un’altra persona o di un altro gruppo di persone. La vera comunicazione ha luogo quando ascoltiamo in modo aperto ed evitiamo la tendenza a giudicare. Cosa significa? Significa vedere l’atteggiamento e l’idea espressi dal punto di vista dell’altra persona, capire come questa li sente, raggiungere la sua cornice di riferimento riguardo alla cosa di

cui sta parlando. Sappiamo dalle nostre ricerche che comprendere in questo modo “empatico” – comprendere, cioè, insieme ad una persona, piuttosto che comprendere la persona stessa – è un approccio così efficace che può suscitare cambiamenti fondamentali nella personalità.10 Per realizzare una comprensione empatica, secondo Rogers, è necessario seguire questa regola: “Ciascuno può parlare ed esprimere la sua opinione solo dopo che ha esposto nuovamente e in modo fedele le idee e i sentimenti della persona che ha parlato prima, tanto che questa ne sia soddisfatta.”11 Ascoltare attivamente un’altra persona significa, quindi, imparare a vedere, ascoltare e sentire nello stesso modo in cui vede, ascolta e sente lei. In realtà, questa è un’altra forma di ricalco, un altro modo per stabilire e mantenere il rapport. Nel suo bestseller I miei martedì col professore, Mitch Albom racconta quanto il suo ex insegnante Morrie fosse abile ad ascoltare e ad identificarsi con gli altri, e quanto fosse importante questa sua capacità nella vita: Quando Morrie era con te, era veramente con te. Ti guardava dritto negli occhi e ti ascoltava come se fossi l’unica persona al mondo… “Credo nell’essere totalmente presente”, diceva. “Questo significa che dovresti essere con la persona con cui ti trovi. Ora, mentre sto parlando con te, Mitch, cerco di rimanere concentrato su quello che sta accadendo tra di noi. Non sto pensando a qualcosa che abbiamo detto la settimana scorsa. Non sto pensando a cosa farò venerdì prossimo. Sto parlando con te. Sto pensando a te.” Ricordavo come trasmetteva quest’idea nella lezione sulle dinamiche di gruppo a Brandeis. Quella volta ne avevo riso, pensando che fosse un programma di lezioni scarno, per un corso universitario. Imparare a prestare attenzione? Quanto poteva essere importante? Ora so che è più importante quasi di qualsiasi altra cosa ci abbiano insegnato all’università.12 L’ascolto attivo, così come viene descritto dal dottor Rogers, può essere rafforzato dal ricalco di alcuni comportamenti già citati nella

Parte 1 di questo libro. Ricalcando, ovvero sincronizzando il tuo umore, il linguaggio corporeo, la velocità a cui parli e addirittura la respirazione con quelli dell’altra persona, crei un forte rapport e, allo stesso tempo, raggiungi il massimo livello di comprensione reciproca. Inoltre, adattandoti alle sue modalità percettive, assicuri che tu e l’altra persona comunichiate allo stesso livello. Ecco come puoi allenarti all’ascolto attivo con un amico:

AMICO: Una delle cose che vorrei fare l’estate prossima è imparare a fare immersioni subacquee, perché penso che sarebbe interessante fluttuare qua e là sottacqua insieme a tutte quelle creaturine. Ho sentito dire che là sotto è come essere su un altro pianeta, con tante piante e cose che non si vedono sulla terraferma. L’unico problema è che non so nuotare, e suppongo di dover imparare, prima che mi consentano di prendere delle lezioni. Mi chiedo anche quanto mi costerà, dopo aver preso il patentino: ho l’impressione che l’attrezzatura sia davvero costosa. Inoltre, vorrei fare immersioni con qualcuno che conosco e di cui mi fido, nel caso in cui mi succeda qualcosa là sotto. Sai com’è, con gli squali e cose simili. Che ne pensi? Ti piacerebbe imparare a fare immersioni subacquee e immergerti con me? TU:

Allora, amico mio, fammi vedere se ho capito bene quello che mi stai dicendo: pensi che ti piacerebbe imparare a fare immersioni perché credi che sia interessante. Ma prima dovresti imparare a nuotare, il che è un problema, e hai dei dubbi anche sul costo dello sport. Comunque, ti piacerebbe immergerti con un amico perché ti sentiresti più sicuro, e vuoi sapere se sono interessato, è così?

A volte, parafrasando quello che pensi l’altra persona abbia detto, lei – o lui – modificherà o chiarirà quello che intendeva effettivamente. In altre parole, non è detto che tu abbia frainteso, ma, sentendo che le ripeti il concetto, l’altra persona potrebbe

rendersi conto di aver tralasciato qualcosa. L’affermazione che segue riassume efficacemente la sfida del comunicare in modo chiaro: “So che pensi di aver capito quello che pensi che io abbia detto, ma mi chiedo se ti sia accorto che quello che ho detto non è quello che intendevo”. È questa la sfida del comunicare chiaramente.

INDAGARE SUI SIGNIFICATI NASCOSTI “Ascolto attivo” significa ascoltare in modo “empatico” così da condividere, per quanto sia possibile, l’esperienza dell’altra persona e ricevere la sua comunicazione esattamente nel modo in cui è intesa. Questa è una pratica estremamente utile. Ma qui c’è un problema potenziale, anche se riesci a ricevere il significato inteso dal parlante. Il problema è che le persone non sono sempre completamente consapevoli di quello che intendono dire, quando fanno delle affermazioni. Per esempio, nell’affermazione “Sono confuso”, chi parla è probabilmente confuso, perché non è consapevole di qualcosa che vuole o di cui ha bisogno. In questo caso, l’ascolto attivo, probabilmente, non produrrà molto più della consapevolezza di una confusione comune. La maggior parte di noi sa (forse intuitivamente) che, intenzionalmente o meno, in quasi ogni frase che pronunciamo viene omesso qualcosa. E quando qualcuno ci parla, la scelta è tra il cercare di indovinare quello che manca e il chiedere chiarimenti. Per esempio, nell’affermazione “Sono confuso”, l’omissione, o cancellazione, implica che il parlante sia confuso in particolare riguardo a qualcosa, oppure riguardo al modo specifico in cui è confuso. L’ascoltatore attivo risponderà, restituirà in modo riflesso il significato inteso – lo stato di confusione del parlante – e si identificherà con esso. Eppure, in una situazione simile, c’è bisogno di qualcosa in più. Occorre un chiarimento sulla natura specifica della confusione, e a questo scopo è necessario fare un’indagine sui significati nascosti. Una domanda che si rivolge spesso per indagare sui significati nascosti è “Perché?”. Spesso questa utile domanda porta alla luce una quantità di informazioni su un’altra persona. Nello stesso tempo,

“Perché?” può anche costituire una potenziale barriera ad un’indagine efficace. Quando si chiede a qualcuno di giustificare una certa azione o un determinato comportamento, la forma della domanda, di solito, è “Perché sei in ritardo?”, oppure “Perché non hai consegnato quella relazione in tempo?” o “Perché l’hai (o non l’hai) fatto?”. Domande di questo tipo possono risultare intimidatorie e generare un comportamento difensivo. Associate ad un tono accusatorio, queste domande trasmettono valutazioni fortemente negative. La domanda “Perché?” ha anche altri potenziali limiti. Uno di questi deriva dalla struttura della nostra lingua: una domanda “Perché?” implica una risposta che abbia la costruzione “Perché”: D: R: D: R:

Perché sei confuso? Perché non capisco proprio. Perché l’hai fatto? Perché mi sembrava la cosa giusta da fare.

Nessuna di queste domande consente di procurare molte nuove informazioni. Un approccio più efficace per indagare sui significati inespressi o nascosti è rivolgere domande del tipo “Cosa?”: “Riguardo a cosa, in particolare, sei confuso?”, oppure “In che senso sei confuso?”, o “Cosa ti ha spinto a farlo?”, oppure “Cosa ti impedisce di farlo?”. Una domanda “Cosa?” (e le sue varianti “Chi?” “Quale?” “Quando?” “Dove?” e “Come?”), fatta con tono non minaccioso, produrrà di solito una risposta specifica: D: Riguardo a cosa, in particolare, sei confuso? R: Ecco, non capisco esattamente che relazione ci sia qui tra A e B. D: Cosa, in particolare, ti ha spinto a farlo? R: Pensavo che facendo così sarei riuscito a inserire meglio l’apparecchio. Ciò non vuol dire che “Perché?” sia sempre una domanda inappropriata, e neppure che “Cosa?” ti fornirà sempre le

informazioni specifiche che cerchi. Eppure, “Perché?” si risolverà spesso in generalizzazioni, razionalizzazioni, negazioni o giustificazioni. Le domande del tipo “Cosa?” tendono a produrre informazioni più specifiche. Prendiamo in considerazione il seguente esempio:

ALTRA PERSONA: Ho preso questa decisione, ed è definitiva. TU:

Perché?

ALTRA PERSONA: Perché sì. E poi confrontalo con questo:

ALTRA PERSONA: Ho preso questa decisione, ed è definitiva. TU:

Cosa potrebbe farti cambiare idea?

O con questo:

TU:

A quali condizioni potresti cambiare idea?

ALTRA PERSONA: Be’, potrei cambiare idea se… Ecco altri esempi di come potresti porre domande del tipo “Cosa?”:

ALTRA PERSONA: Non sono sicuro di averne bisogno, al momento. TU:

Di cosa, in particolare, non sei sicuro?

ALTRA PERSONA: Non posso farlo, ora.

TU:

Cosa ti impedisce di farlo ora? Qual è la cosa peggiore che potrebbe capitare se lo facessi ora?

ALTRA PERSONA: Richiamami fra circa un mese. TU:

In che modo la situazione sarà diversa fra un mese?

ALTRA PERSONA: Non so. (Esprimendo confusione o incertezza) TU:

E se lo sapessi, cosa pensi che risponderesti?

ALTRA PERSONA: Non posso permettermelo. TU:

In quali circostanze pensi che potresti permettertelo?

ALTRA PERSONA: Non ci credo. TU:

A cosa, in particolare, non credi? Cosa potrebbe farti cambiare idea?

ALTRA PERSONA: Non mi interessa, ora. TU:

Quando pensi che potrebbe interessarti?

ALTRA PERSONA: Forse dopo il primo dell’anno. TU:

In che cosa sarà cambiata la situazione, allora?

RIEPILOGO Le persone organizzano le loro esperienze in tre modalità percettive: quella visiva, quella auditiva e quella cinestesica (olfatto e gusto sono usati meno frequentemente). I ricercatori Richard Bandler e John Grinder hanno osservato, nel loro lavoro svolto con Milton Erickson e altri, che ognuno di noi utilizza, in ogni momento, una

modalità percettiva o un sistema rappresentazionale dominante, rispetto a cui le altre (o gli altri) sono secondarie. Nella cultura occidentale, per la maggior parte delle persone, il più delle volte la modalità visiva è quella primaria. Le espressioni “Ci credo se lo vedo” e “L’ho visto coi miei occhi” indicano l’importanza che attribuiamo alle informazioni processate visivamente. La modalità percettiva usata più frequentemente, dopo quella visiva, è quella auditiva. Nella modalità auditiva, una persona fa caso soprattutto alle qualità tonali (ai suoni) delle informazioni che sta elaborando, oppure costruisce dialoghi per organizzare le sue percezioni. Questi possono essere silenziosi, interiori, oppure possono essere pronunciati ad alta voce. Spesso le persone che parlano tra sé e sé non sono consapevoli di farlo. Diversamente da un “visivo”, che crea immagini mentali, una persona che usa la modalità auditiva parla continuamente con se stessa. La modalità percettiva meno dominante (sebbene non sia certo la meno importante), almeno nel mondo occidentale, è quella cinestesica. Le persone che usano prevalentemente la modalità cinestesica tendono ad organizzare le proprie percezioni in primo luogo intorno a ciò che provano. Hanno “sensazioni” riguardo alle cose. Quando si sporgono in avanti per toccare qualcuno, questo è un loro modo di connettersi emotivamente con gli altri. Ovviamente, quasi tutti hanno accesso alle modalità percettive; a volte le usano tutte, indipendentemente da quale sia la loro predisposizione specifica. Tuttavia, è importante notare che questo fenomeno delle predisposizioni (inconsce) esiste. Come comunicatore efficace, dovresti riconoscere questo processo, capirlo e usarlo quando tratti con gli altri. In questo modo potrai aumentare significativamente l’efficacia della tua comunicazione. Usando le tecniche di ascolto attivo, puoi rendere possibile una maggiore comprensione reciproca con gli altri. L’ascolto attivo consiste nel ritrasmettere alle altre persone quello che capisci che ti stanno dicendo. Unendo l’ascolto attivo a una consapevolezza delle modalità percettive e delle altre tecniche di ricalco, contribuisci ad assicurarti di vedere, ascoltare e provare quello che l’altra persona sta sperimentando. Per andare oltre l’ascolto attivo, per indagare sui significati nascosti, è necessario porre domande. Le domande del tipo

“Cosa?” suscitano risposte più specifiche rispetto alle domande del tipo “Perché?”, che spesso producono una reazione difensiva o delle generalizzazioni.

SUGGERIMENTI PER FARE PRATICA 1. Nelle conversazioni con i clienti, i colleghi e gli amici, e mentre ascolti la radio o guardi la televisione, fai attenzione alle parole e alle frasi che le persone usano per descrivere le loro esperienze. Prova a identificare la loro modalità percettiva dominante. 2. Porta con te un bloc notes per annotare le parole e le frasi che indicano modalità percettive. 3. Allenati ad usare le stesse parole o le stesse frasi delle altre persone mentre conversi con loro. Varia questa pratica scegliendo parole diverse, pur rimanendo all’interno della stessa modalità percettiva. (Per esempio, se l’altra persona usa la frase: “Non riesco a vedere perché questo sia importante”, tu potresti dire: “Cioè dal tuo punto di vista non ti è ancora chiaro?”.) 4. Ogni volta che qualcuno ti dice qualcosa di importante che non capisci completamente, indaga sul significato nascosto facendo domande del tipo “Cosa?”. Diversifica il tuo approccio ponendo domande del tipo “Perché?” per identificare la differenza nelle reazioni.

NOTE ALLA PARTE 2

1. Gordon Rattray Taylor, The Natural History of the Mind (New York: Dutton, 1979), p. 215. 2. Ibid. 3. Robert Sommer, The Mind’s Eye (New York: Delacorte Press, 1978), p. 23. 4. Howard Gardner, “On Becoming a Dictator”, Psychology Today, December 1980, p. 14. 5. Ibid. 6. Ibid. 7. Kenneth Clark, The Romantic Rebellion (New York: Harper & Row, 1973), p. 334. 8. Richard Bandler e John Grinder, Frogs Into Princes (Moab, Real People Press, 1979), pp. 14-15. 9. J.A. Hadfield, Passages (Winchester, M.A. Allen & Unwin). 10. Carl Rogers e Roethlisberger, F.J., “Barriers and Gateways to Communication”, Harvard Business Review, July-August 1952, Reprint Review Series N. 21073, p. 25. 11. Rogers e Roethlisberger, p. 26. 12. Mitch Albom, Tuesdays with Morrie: An Old Man, a Young Man and Life’s Greatest Lesson (New York: Doubleday, 1997), pp. 135-136; ed. it. I miei martedì col professore. La lezione più grande: la vita, la morte, l’amore, Rizzoli, Milano 2000.

Parte 3 L’arte della persuasione “La mia impresa più brillante è stata riuscire a convincere mia moglie a sposarmi.” WINSTON CHURCHILL

Nella Parte 2 del libro abbiamo discusso delle modalità percettive e di come sia importante riconoscerle negli altri. Abbiamo anche discusso di come usare le modalità percettive per farsi capire meglio e per aumentare la ricettività delle altre persone alle proprie idee e ai propri suggerimenti. In questa parte del libro analizzeremo le strategie decisionali, in modo che tu possa identificarle negli altri e usarle per presentare le tue idee in modi che siano praticamente irresistibili. Esploreremo anche una delle tecniche più affascinanti e controverse collegate al lavoro di Bandler e Grinder: l’uso dell’ancoraggio per suscitare nelle altre persone le reazioni desiderate. Il paragrafo sui suggerimenti nascosti ti illustrerà come la presenza quasi invisibile di queste forme linguistiche possa fare la differenza tra il fare in modo che le tue idee siano accettate o rifiutate e ti mostrerà, inoltre, come assumere e mantenere il controllo di una conversazione.

COME OTTENERE CIÒ CHE VUOI

“Chiedi e ti sarà dato.” Questo consiglio è efficace ora come lo era duemila anni fa. Perché, allora, a volte sembra così difficile da seguire? Sono state date molte spiegazioni sulla nostra riluttanza a chiedere quello che vogliamo. A volte non sappiamo ciò che vogliamo e non vogliamo apparire stupidi facendo una richiesta fuori luogo. E a volte sappiamo ciò che vogliamo, ma abbiamo paura delle conseguenze di chiederlo: potremmo sentirci dire che ciò che vogliamo non è realistico, che è inaccettabile, inappropriato o non disponibile. In breve, potrebbe esserci rifiutato. La paura del rifiuto non è irrealistica, ma i comunicatori efficaci imparano a conviverci. Il famoso formatore in strategie di vendita Art Mortel ha osservato: “Puoi riuscire ad avere successo solo se riesci a tollerare il fallimento”. In altre parole, le persone devono rivalutare il fallimento, e vedere ogni “No” come un semplice passo avanti verso un finale ed inevitabile “Sì”. La National Association of Manufacturers (associazione nazionale produttori) ha condotto uno studio per scoprire quante volte, in media, veniva detto “No” a un venditore prima che fosse conclusa la vendita. Lo studio ha rivelato che, in media, il potenziale acquirente diceva “No” (o qualche variante come ad esempio “Mi richiami quando avrò avuto tempo di pensarci”) cinque volte, prima di dire “Sì” alla fine. L’industria delle assicurazioni sulla vita ha commissionato uno studio simile. Qui la percentuale è ancora più alta: in media, la vendita è conclusa dopo il settimo rifiuto. Non c’è da meravigliarsi del fatto che solo un venditore di assicurazioni sulla vita su dieci riesca a fare una lunga carriera in questa impegnativa professione. Ciò non significa che si debbano tormentare le persone finché non cedono; piuttosto, sarebbe opportuno restare in contatto, reagendo nel modo appropriato ad ogni rifiuto. Come fanno notare spesso i formatori alla vendita, un rifiuto può essere una richiesta mascherata – o inconscia – di ulteriori informazioni. Unendo una perseveranza rispettosa ad efficaci domande poste per indagare,

spesso si raccoglieranno informazioni ulteriori che saranno necessarie a dissipare la resistenza. La perseveranza, dunque, è la chiave. Il rifiuto è semplicemente una fase necessaria verso il consenso. Il fallimento è una parte della strada verso il successo, non ne è al di fuori.

COME FARSI VENIRE UNA BUONA IDEA Ci sono un paio di punti essenziali da tenere in mente, quando si vuole persuadere qualcuno di qualcosa. Primo, sappi esattamente ciò che vuoi, o almeno sappi di quale tipo di risultati ti accontenterai. Secondo, le persone fanno le cose per le loro ragioni, non per le tue. Quindi, è di importanza fondamentale che tu raccolga notizie sufficienti riguardo alle ragioni dell’altra persona, al punto da essere sicuro di avere realmente una buona idea da presentarle. Consideriamo qui una “buona idea” un’idea in virtù della quale i vantaggi per l’altra persona siano superiori agli svantaggi. Un modo utile per determinare se si abbia o meno una buona idea è fare quello che, si dice, facesse Benjamin Franklin quando si trovava di fronte a una decisione difficile. Franklin prendeva un foglio di carta e vi tracciava una linea verticale al centro. In alto, da una parte scriveva “Pro”, e dall’altra scriveva “Contro”. Sotto a “Pro”, elencava tutte le ragioni che gli venivano in mente per cui procedere secondo una particolare linea di condotta. Sotto a “Contro”, elencava tutte le ragioni per non procedere in tal senso. In altre parole, elencava i vantaggi (i benefici) e gli svantaggi. Se i vantaggi superavano (soggettivamente, nella sua mente) gli svantaggi, allora procedeva con quella che considerava una buona idea. Ma se gli svantaggi superavano i vantaggi, allora giudicava l’idea inappropriata e non la metteva in pratica. Puoi seguire una procedura simile prima di presentare la tua idea ad un’altra persona. Fingi di essere lei e, dal suo punto di vista, elenca tutti i pro e i contro. Se i pro superano i contro, allora la tua idea è buona. Se i contro superano i pro, invece, hai un problema da risolvere: devi chiedere meno oppure offrire di più, in modo che i pro arrivino a superare i contro. Ammettiamo che tu abbia messo in atto questo procedimento, e

sia convinto, dal punto di vista dell’altra persona, di avere una buona idea. Il passo successivo è pensare al modo migliore di presentargliela, in modo tale che la accetti. Se riesci a identificare con precisione la strategia decisionale dell’altra persona e ad usarla, sarai in grado di presentare la tua idea in modo che sia quasi irresistibile.

IDENTIFICARE LE STRATEGIE DECISIONALI È stato scritto molto sul processo mediante il quale si prendono decisioni. Il modello classico di come si dovrebbero prendere segue all’incirca le seguenti fasi: 1. 2. 3. 4. 5.

Analizzare il problema o la situazione. Generare alcune soluzioni alternative. Scegliere una delle alternative. Mettere in pratica l’alternativa scelta. Controllare i risultati di quell’alternativa.

Tuttavia, il modo in cui le persone prendono le decisioni è altamente soggettivo. Perciò è importante capire come la persona della quale vuoi influenzare la scelta prenda il tipo di decisione a cui sei interessato. Dunque, ti occorrerà conoscere la sua strategia decisionale. Definiamo qui “strategia decisionale” il procedimento (normalmente inconscio) messo in atto da una persona per prendere un certo tipo di decisione. Un individuo potrebbe utilizzare strategie decisionali diverse per diversi tipi di decisioni, ma generalmente utilizza un’unica strategia per ogni categoria di decisione, come ad esempio acquistare una macchina, assumere dipendenti o approvare il budget. A scopo di semplicità e applicabilità, divideremo le strategie decisionali in tre fasi (modificate rispetto al lavoro di Bandler e Grinder): 1. Motivazione. In questa fase una persona è motivata a considerare l’idea di prendere una decisione. La persona sta “decidendo di decidere”.

2. Decisione. Una volta motivata, la persona decide una particolare linea di condotta (come, ad esempio, comprare una macchina particolare, assumere un determinato dipendente oppure approvare o meno un budget). Nota: la decisione di non fare qualcosa è anch’essa una decisione e può fornirti informazioni utili esattamente quanto la decisione di procedere secondo una particolare linea di condotta. 3. Verifica. Infine, la persona verifica se la sua sia stata una buona o una cattiva decisione. Quando rimpiange la decisione presa, si trova nella condizione spesso definita “rimorso dell’acquirente”. Per elaborare questo modello, prendi in considerazione la prima fase, la motivazione, rispetto a un’azione con cui, probabilmente, hai familiarità: comprare una macchina. Alcune persone sono motivate a prendere in considerazione l’idea di cercare un’altra macchina solo quando sono spinte da una necessità urgente: la vecchia macchina si sta rompendo. Altre sono motivate da considerazioni a lungo termine e programmano in anticipo il da farsi. Nel giro di circa un anno, la macchina comincerà a dare seccature e a richiedere interventi di manutenzione, quindi ora è il momento di cominciare a pensare di sostituirla, finché ha ancora un valore di rivendita. Alcune persone sono motivate dall’impulso; vedono una decappottabile nuova fiammante e devono averla: subito! Per quanto riguarda la fase della decisione, alcuni esaminano ogni alternativa plausibile. Altri hanno bisogno solamente di due o tre alternative tra cui scegliere. Alcuni vogliono avere l’opinione di terzi; altri preferiscono prendere la decisione da soli. Alcuni hanno bisogno di mettere le mani su ogni singolo documento e su tutti i dati che riescono a trovare. Altri si accontentano se riescono a trovare semplicemente una buona fonte, che sia credibile e che consigli loro una specifica linea di condotta. E mentre alcune persone rimuginano sulla decisione per settimane, mesi, o addirittura anni, altri la prenderanno molto in fretta. In termini di modalità percettive, alcuni si preoccupano principalmente di come un particolare prodotto o un’azione “sembri” loro, o di come appariranno agli occhi degli altri se sceglieranno un’alternativa piuttosto che un’altra. Altri si preoccupano più del fatto che una scelta particolare risponda o meno alle domande che si

stavano ponendo, oppure di cosa dirà la gente della loro decisione. E altri ancora si preoccupano soprattutto di come essi stessi, o altre persone coinvolte nella decisione, si sentiranno al riguardo. La fase della verifica è ugualmente individuale. Alcuni sperimentano il caratteristico rimorso dell’acquirente, mentre ad altri non accade quasi mai. Chiaramente, le possibilità sono illimitate, se si considerano tutte le combinazioni e le varianti nelle strategie decisionali. Cercare di decidere l’approccio da usare con una determinata persona potrebbe, perciò, sembrare così complesso da diventare quasi impossibile. E lo sarebbe, se non fosse per il fatto che siamo quasi tutti creature abitudinarie. Una volta che una persona sviluppa un modo particolare di fare qualcosa, tende a rimanere generalmente all’interno di quello schema. Modifica lo schema solo per adattarsi alle circostanze che cambiano, oppure per interessarsi al processo. I cambiamenti consistono nel semplificare oppure nel rendere più complicato il processo decisionale. “Non importa quanto il prendere decisioni possa essere, in pratica, oscurato o distorto… c’è necessariamente un ordine sottostante al procedimento attraverso il quale viene presa una decisione.”1 Per identificare la strategia decisionale di un’altra persona riguardo al tipo di scelta che si vuole influenzare, occorre raccogliere più informazioni possibile su come quella persona abbia preso decisioni simili in passato. Puoi ottenere tali informazioni da varie fonti. Innanzitutto, dalla persona che prenderà la decisione. Ma anche i suoi soci e colleghi sono estremamente utili in questo senso, e in alcuni casi sono ancor più attendibili. A volte potresti non avere neanche un accesso diretto a chi prende la decisione, quindi dovrai necessariamente trarre le informazioni da altre fonti. Per il momento, tuttavia, immaginiamo che tu abbia occasione di parlare con la persona che prenderà la decisione prima di fare il tuo discorso di presentazione. Quello che dovrai fare in questo colloquio è raccogliere più informazioni possibile riguardo a ciò che la persona vuole, a ciò di cui ha bisogno, a ciò su cui fantastica, a ciò che spera, che sogna, che le piace o che non le piace, a ciò che teme, ama, odia; tutte queste sono

informazioni utili e saranno preziosissime quando dovrai incorporarle nella tua relazione. Cosa più importante di tutte, dovrai determinare la sua strategia decisionale. Questo, più di ogni altra cosa che la persona possa dirti, ti metterà al corrente di quali procedimenti userà probabilmente nel prendere in considerazione la tua idea. Un approccio analogo è il modo in cui i professionisti addetti alle risorse umane vengono formati per valutare un candidato per un determinato lavoro. Colui che lo intervisterà chiederà al candidato perché vuole quel lavoro, cosa farà per l’azienda, quali sono le sue ambizioni e così via. Il candidato, ovviamente, dirà all’intervistatore tutto quello che lui pensa voglia sentirsi dire. L’intervistatore, tuttavia, prenderà nota dei commenti del candidato e procederà, in seguito, a raccogliere più informazioni possibile sul suo passato lavorativo: per chi ha lavorato, quando, e per quanto tempo; se andava d’accordo con gli altri, se era puntuale, energico, creativo, entusiasta, diligente; e qualsiasi altra cosa possa essere importante per il lavoro per cui si è candidato. L’intervistatore sa che gli schemi tendono a ripetersi. Se il candidato è stato un buon dipendente nei luoghi in cui ha lavorato ultimamente, allora ci sono buone possibilità che faccia un buon lavoro anche la volta successiva. Se il candidato ha avuto problemi in passato, allora essi (se fanno parte di uno schema), probabilmente, si ripresenteranno. In altre parole, l’intervistatore cercherà schemi di lavoro e farà la valida supposizione che lo schema si ripeterà. Tu puoi fare la stessa cosa nell’identificare le strategie decisionali. Cerca gli schemi relativi alle decisioni che sono state prese in passato e che sono del genere di quelle che oggi vuoi influenzare, e usali per preparare la tua relazione. Per identificare le varie fasi della strategia decisionale di una persona, potresti rivolgerle le seguenti domande: 1. Motivazione Cosa ti ha spinto a prendere in considerazione di comprare il tuo ultimo _____________? Come hai deciso che volevi o che avevi bisogno di un _____________? 2. Decisione Quali fattori hanno influenzato la tua decisione di

_____________? Quando hai comprato un _____________ l’ultima volta, quali sono stati i fattori decisivi secondo te? Come sei arrivato alla decisione di_____________? Quali sono stati i fattori più importanti nella tua decisione di _____________? 3. Verifica Come ti sei sentito dopo aver deciso di __________? La sequenza in cui poni queste domande non è particolarmente importante, ma è importante che ascolti attentamente le risposte.2 Esse possono esserti date direttamente in replica alle tue domande, oppure possono sorgere spontaneamente nel corso della discussione. Facciamo l’ipotesi di una conversazione per darti un’idea di come potresti determinare la strategia decisionale di un’altra persona. Immagina di lavorare per Jill Cramer, presidente della compagnia di spedizioni Maxwell. Tu vorresti convincere Jill ad installare un nuovo sistema informatico (che faciliterebbe molto la vita, dato che il sistema attuale è antiquato e inefficiente). La conversazione potrebbe svolgersi così:

TU:

Jill, sto cercando di pensare a un modo per velocizzare il flusso di informazioni. Il modo di comunicare tra le persone le informazioni necessarie sta diventando troppo lento perché il nostro sistema informatico è antiquato.

JILL: Già, ultimamente è diventato un problema. Ma non so proprio cosa possiamo farci per il momento. Il costo di un sistema nuovo è decisamente superiore al nostro budget. TU:

Forse hai ragione, Jill. Tuttavia, deve pur esserci qualcosa che possiamo fare. Certamente vogliamo assicurarci di prendere la decisione giusta e di non spendere soldi se non è necessario. Il sistema che abbiamo attualmente è ancora utilizzabile. Però, ho notato che hai cambiato la postazione di

lavoro di Hal. Dimmi, cosa ti ha fatto decidere di comprare il Modello XBZ? Ha delle caratteristiche interessanti. JILL: Be’, ho parlato con diversi rappresentanti. Sono venuti da noi a fare una dimostrazione delle loro apparecchiature. E poi ho fatto una telefonata a Georgia, alla Acme Wiring. Conosci Georgia? Lei ed io, la domenica, giochiamo a golf al club. Comunque, Georgia ha detto che aveva dato un’occhiata a un sacco di macchine e si era decisa a prendere l’XBZ perché il modo in cui hanno organizzato il finanziamento era efficiente. Ha ammortizzato la spesa in meno di un anno. TU:

Interessante. Ma cosa ti ha spinto, in primo luogo, a cercare nuove apparecchiature?

JILL: È stata Sarah, su all’Ufficio Servizi. Mi ci ha fatto pensare quando mi ha raccontato che Sam, il nuovo ragazzo che hanno assunto, aveva usato un modello simile all’XBZ quando lavorava per la Allied Air. Le ha detto che queste macchine facevano risparmiare loro circa 300 dollari al mese, in confronto ai vecchi apparecchi che usavano. Comunque, ho cominciato a pensarci, e ho deciso di far venire il rappresentante. Poi ho fatto un giro di telefonate e ne ho fatti venire altri, e in seguito ho chiamato Georgia, come ho detto prima. TU:

E come ti sei sentita dopo aver deciso di comprare l’XBZ?

JILL: Be’, ero un po’ preoccupata. Sai che a volte queste cosiddette macchine miracolose, che ti dovrebbero far risparmiare tempo, sembrano fantastiche sulla carta, ma quando provi a usarle, in pratica, danno più problemi di quanto, invece, prometta il loro valore. Il venditore da cui l’ho comprato, però, ha detto che avrebbe fatto venire qui un tecnico perché passasse tutto il tempo che volevamo a esaminare i dettagli con Hal, per essere sicuri che capisse bene come si usa. TU:

Quindi alla fine è andato tutto bene?

JILL: Sì. Il tecnico ha dovuto trascorrere con Hal solo un paio d’ore, prima che imparasse ad usare la macchina come un professionista. TU:

Jill, dammi un po’ di tempo per pensare alla questione di velocizzare il flusso delle informazioni quaggiù e ti farò sapere fra un paio di giorni.

JILL: Bene, fai così. Ma non cercarmi mercoledì. Vado a giocare a golf con Georgia. Se analizzassimo la strategia di Jill per prendere questo tipo di decisione, ne risulterebbe qualcosa di simile: 1. Motivazione. È spinta a prendere in considerazione una nuova apparecchiatura dopo che Sarah le ha parlato di un possibile risparmio. 2. Decisione. Ha dato un’occhiata a varie alternative, ma si è basata soprattutto sul consiglio di Georgia, che le ha fatto notare il tipo di finanziamento possibile e l’efficienza dell’XBZ. 3. Verifica. Aveva qualche dubbio, ma è stata rassicurata dal venditore, che le ha promesso e fornito un adeguato servizio di assistenza. Nota che Jill è molto influenzabile dalle altre persone, ha bisogno di un certo numero di alternative e viene convinta dall’efficienza. Ha qualche ripensamento (il rimorso dell’acquirente) dopo essere giunta a una decisione, ma viene rassicurata dalla promessa di ricevere un buon servizio. Adesso hai informazioni sufficienti per preparare una strategia di presentazione e persuadere Jill a investire in un nuovo sistema informatico.

COME PRESENTARE LE TUE IDEE IN MODI PRATICAMENTE IRRESISTIBILI Una volta che hai identificato la strategia che una persona utilizza per

prendere un certo tipo di decisioni, hai gli strumenti essenziali per persuaderla. Se la persona ha già preso in passato una decisione di questo tipo, avrà probabilmente sviluppato uno schema. Gli elementi essenziali di questo schema sono presenti nella strategia che hai estratto. Se hai dei dubbi sullo schema, scopri in che modo la persona ha preso alcune decisioni dello stesso tipo ed estraine gli elementi ricorrenti. Non fa molta differenza se la strategia che estrai sia o meno estremamente precisa; anzi, molto probabilmente non lo sarà. Tutti noi cancelliamo qualcosa nelle rappresentazioni delle nostre esperienze, e cancelliamo qualcosa anche quando le raccontiamo. Il tuo compito, ora, è usare lo schema che hai estratto per mettere insieme il tuo discorso di presentazione. La creazione di una strategia di presentazione è semplicemente una traduzione della strategia decisionale, e si presenta così: Strategia decisionale

Strategia di presentazione

Motivazione Decisione Verifica

Interesse Convinzione Rassicurazione

In altre parole, quando sai come una persona, normalmente, viene motivata a intraprendere il processo decisionale, sai come fare in modo che le interessi prendere in considerazione la tua idea. Nel momento in cui saprai come prende effettivamente una decisione, saprai come convincerla ad accettare la tua idea. E, quando saprai in che modo la persona verifica la decisione, allora saprai come rassicurarla, se è necessario. Nel caso di Jill, il tuo compito è ora fare in modo che si interessi ad un nuovo sistema informatico, convincerla che si tratta di una buona idea e infine, quando acconsente a comprarlo, rassicurarla sul fatto che ha preso la decisione giusta. Siccome Jill è motivata da altre persone (influenza di terzi), potrebbe essere una buona idea parlare con Sarah e con qualcun altro all’Ufficio Servizi, per scoprire come la pensano in merito all’eventualità di adottare un nuovo sistema informatico. Dato lo schema di Jill, se non hai dalla tua parte l’assenso e il supporto di

Sarah e del suo staff, è improbabile che Jill si mostri molto interessata. Ti occorrerà anche scoprire cosa sa e cosa pensa Sarah sull’efficienza, sul finanziamento e sul servizio di assistenza. Sarebbe anche una buona idea scoprire se Georgia (o qualche altra buona amica di Jill) ha recentemente installato un nuovo sistema informatico. Un consiglio da qualcuno che Jill conosce e rispetta sarebbe probabilmente l’argomento decisivo. Ecco come potresti “mappare” la tua strategia di presentazione per Jill: - Interesse. Di’ a Jill che hai fatto una verifica insieme a Sarah e ad alcune persone del suo staff, e hai parlato con vari rappresentanti di sistemi informatici. Hai trovato quello che secondo te potrebbe essere un modo efficiente di velocizzare il flusso della comunicazione, e vorresti la sua opinione. - Convinzione. In questa fase, potresti chiedere a Sarah di venire da voi ed esporre a Jill le sue idee sui sistemi informatici e sui possibili vantaggi in termini di risparmio. Sarebbe anche una buona idea far venire alcuni dei rappresentanti con cui hai parlato, affinché facciano una dimostrazione dei loro prodotti (assicurati di aver discusso bene i termini del finanziamento dei loro diversi prodotti e di aver escluso i programmi che non si addicono a quelle che saranno le richieste specifiche di Jill). Se sei riuscito a trovare un socio o un amico di Jill che ha avuto un buon successo con i sistemi informatici, assicurati di menzionarlo a Jill e suggeriscile di chiamarlo. Infine, assicurati di avere familiarità con il servizio d’assistenza e il supporto offerto da ognuno dei produttori di sistemi informatici, e spiega brevemente ai venditori quanto questo sia importante per Jill. - Rassicurazione. Dopo che Jill ha dato l’OK per installare un nuovo sistema, fai in modo di rassicurarla sul servizio d’assistenza. Potresti anche offrirti volontario per fare da supervisore a quest’attività e garantire che tutto vada bene. Se fai tutte queste cose, dovresti essere in condizione di presentare la tua idea a Jill in un modo praticamente irresistibile.

Tieni in mente che le persone fanno le cose per le loro ragioni, non per le tue. L’arte della persuasione consiste nell’essere in grado di determinare quali siano quelle ragioni, e poi presentare le tue idee in modi che si addicano agli abituali processi decisionali delle persone che vuoi influenzare. Il processo attraverso cui sei passato con Jill è una versione semplificata di quello che può essere, a volte, un processo molto più lungo e di portata molto più ampia. Per esempio, nell’identificare ed usare la strategia decisionale di un’altra persona, potresti aver bisogno di prendere in considerazione i seguenti fattori: - Modalità percettiva dominante. L’altra persona è interessata principalmente agli aspetti visivi (l’aspetto esteriore della cosa), auditivi (come suona, cosa diranno gli altri, se l’idea risponde alle domande che si stava ponendo), o alle sensazioni (la persona si sente a suo agio a proposito dell’idea)? - Quantità di informazioni necessarie per prendere la decisione. Alcune persone hanno bisogno di una notevole quantità di informazioni, altre solo di poche. - Numero di alternative. Alcune persone sembrano aver bisogno di considerare ogni alternativa possibile, ad altre ne basta solo una o pochissime altre. - Appoggio di terzi. Alcune persone decideranno solo se una terza parte che loro considerano affidabile consiglia una particolare linea di condotta. - Quantità di tempo necessaria per raggiungere una decisione. Se generalmente una persona impiega molto tempo a prendere una decisione, non puoi aspettarti che si senta a suo agio ad agire rapidamente in relazione alla tua proposta. Se è necessario decidere in fretta, allora fai tutto ciò che puoi per aiutare la persona a raccogliere la maggior quantità possibile delle informazioni che desidera. Fai più ricerche che puoi e controlla il più possibile il momento e il modo in cui queste informazioni vengono rese disponibili al tuo potenziale

acquirente. Inoltre, tieni in mente che se una persona ha una strategia decisionale per la quale sono necessarie troppe informazioni o troppo tempo, il tuo compito è impossibile. Se hai la possibilità di scegliere, puoi avvalertene con giudizio, decidendo di investire il tuo tempo e le tue energie per rivolgerti a qualcun altro. Se segui tutte queste indicazioni e la tua è una buona idea (un’idea in virtù della quale i vantaggi per l’altra persona superano gli svantaggi), allora il modo in cui la presenti dovrebbe essere quasi irresistibile. Nella maggior parte dei casi, ragionamenti simili attraversano i processi decisionali di una persona. Tuttavia, le sue condizioni finanziarie, la disponibilità di informazioni e di alternative ed il contesto in cui la decisione deve essere presa, influenzano il processo decisionale. La strategia di una persona dipende anche dalla natura della decisione da prendere. Se, per esempio, deve acquistare per la prima volta un’automobile o una casa, la sua strategia decisionale sarà in qualche modo diversa da quella che ha già utilizzato per comprare un servizio o un prodotto abituale. Inoltre, il modo di comprare una macchina per uso personale potrebbe essere magari diverso dal modo in cui ne compra una per lavoro. Le strategie con cui si prendono decisioni, di solito, cambiano col tempo. Man mano che una persona si abitua a prendere un certo tipo di decisioni, semplificherà il processo. Prendere decisioni di un certo tipo l’una dopo l’altra snellisce il processo decisionale. La cosa importante da tenere in mente è che, una volta che si è instaurato uno schema per un tipo particolare di decisione, lo schema o la strategia complessiva diventa difficile da cambiare e, di conseguenza, facile da prevedere. È perciò un vantaggio, per te, scoprire in che modo l’altra persona abbia preso precedentemente una decisione simile a quella che vuoi influenzare. A questo punto puoi confezionare la tua presentazione su misura, perché si adatti allo schema prestabilito.3 Nel corso degli anni ho avuto occasione di lavorare con migliaia di individui in vari workshop e seminari. Una delle reazioni più frequenti di fronte alle strategie decisionali è quella di sorpresa: le persone rimangono spesso sorprese da quanto siano sistematiche e

prevedibili le proprie strategie. Forse ognuno vuole credere di essere spontaneo e imprevedibile, libero dai limiti delle abitudini banali. La verità è che non siamo poi così istintivi; almeno, non lo siamo nei comportamenti necessari per essere efficienti nella vita, e sviluppare dei modi abituali di fare le cose è un meccanismo di sopravvivenza. Se dovessimo pensare e preparare tutti i diversi comportamenti da tenere ogni volta che facciamo qualcosa, rimarremmo presto impantanati nei piccoli dettagli. Avere modelli di comportamento prevedibili è allo stesso tempo efficiente ed efficace. Ed è estremamente importante riconoscere i modelli degli altri, allo scopo di interagire efficacemente con loro. Mi ricordo un seminario che tenni qualche anno fa per un gruppo di chimici ricercatori. L’argomento del seminario era come lavorare con persone che elaborano le informazioni in modi diversi dal proprio. Uno dei partecipanti era un chimico che chiamerò “Lee”. Quando arrivammo alla parte del seminario che aveva a che fare con l’identificare e usare le strategie decisionali delle altre persone, vidi che Lee si sentiva sempre più a disagio. Quindi gli chiesi cosa gli stava succedendo. “Che succede, Lee?” “Be’,” rispose, “io e il mio capo abbiamo lavorato ad una relazione per il responsabile del marketing di uno dei nostri reparti. Lo scopo della relazione è far accogliere l’idea di investire una somma cospicua di denaro per sviluppare un particolare prodotto, e il responsabile del marketing è colui che può approvare la spesa.” “Dunque, qual è il problema?” “Quello che hai spiegato finora mi sta convincendo che la relazione su cui io e il mio capo abbiamo lavorato sia completamente sbagliata.” “In che senso?” chiesi. “Be’,” continuò Lee, “la relazione su cui abbiamo lavorato è molto tecnica e spiega nei dettagli come proponiamo di realizzare il prodotto. Io e il mio capo sappiamo esattamente di che cosa stiamo parlando, ma il responsabile del marketing non è un chimico e non è molto portato per le cose tecniche. Gli interessa solo sapere se il prodotto ci piazzerà in una posizione competitiva sul mercato e se darà valore aggiunto alla nostra offerta complessiva. In altre parole, le uniche cose che gli

interessano veramente sono i profitti e le perdite.” “Questa è una buona osservazione”, dissi. “Cosa hai intenzione di fare al riguardo?” “Dovremo rifare completamente daccapo la relazione, enfatizzare i profitti e mettere tutta la spiegazione tecnica in un’appendice; questo gli assicurerà che abbiamo ‘fatto i compiti’ e che sappiamo di cosa stiamo parlando. Non dovrà farsi strada attraverso i dati tecnici per capire. Metteremo in primo piano le implicazioni che riguardano il profitto ed useremo un linguaggio che possa capire facilmente e a cui possa fare riferimento.” Qualche giorno dopo chiamai Lee per sapere com’era andata la presentazione. “È andata benissimo,” mi disse, “il responsabile marketing, alla fine, ha detto che la nostra idea gli piaceva e ha aggiunto che, per la prima volta, aveva capito qualcosa di una relazione scritta da un chimico.” “Fantastico,” dissi “e come si è sentito il tuo capo quando ha dovuto rivedere tutta la relazione?” “Mah, all’inizio, quando gli ho detto che occorreva fare quei cambiamenti, era piuttosto seccato. Per lui era veramente importante che raccontassimo la storia di come avevamo sviluppato questo procedimento, di come fosse unico a livello tecnico e così via. Ma sono riuscito a convincerlo che potevamo ugualmente inserire il concetto nella relazione, solo che l’avremmo messo nell’appendice, affinché il responsabile marketing potesse ricontrollarlo in seguito. Il mio capo non era sicuro che il nuovo approccio avrebbe funzionato, ma avevamo sottoposto relazioni alla stessa persona, prima di allora, senza ottenere grandi successi, quindi era disposto a provare qualcosa di diverso. E, dopo la presentazione, era davvero incantato dal fatto che il responsabile marketing fosse così contento della nostra idea. Tuttavia, ha scosso la testa un paio di volte dicendo che non riusciva ancora a credere che qualcuno potesse approvare un programma come quello che gli avevamo proposto, senza aver compreso pienamente come fosse fatto il prodotto. Gli ho detto che ce ne saremmo potuti sempre occupare in seguito, se qualcuno del marketing lo avesse voluto sapere.” La morale della storia è: ricalca i vari processi dell’altra persona e sarai in grado di guidarla con efficacia e possibilità di successo molto maggiori.

IDENTIFICARE LE STRATEGIE DECISIONALI: UNA VARIAZIONE SUL TEMA Raccogliere informazioni sulle decisioni precedenti ed estrapolarne le strategie è un’ottima idea. Tuttavia a volte, nella vita reale, non si hanno né l’opportunità né il tempo per fare questo tipo di estrazione. Bisogna procedere con quello che si ha. Per esempio, due clienti avevano strategie decisionali che erano complementari in modo molto interessante. Gary era un tipo molto analitico, che faceva le sue scelte basandosi sulle conseguenze che la decisione avrebbe avuto per ogni persona che fosse coinvolta praticamente nella decisione. La sua partner, Grace, aveva uno stile molto differente. Lei vedeva chiaramente ciò che voleva “in una vivida e realistica immagine a colori e in movimento”, come lei stessa me l’aveva descritta. Durante i primi anni in cui erano stati soci, Grace non riusciva a capire perché Gary ci mettesse così tanto a prendere una decisione. Non comprendeva perché una persona potesse impiegare così tanto a capire quello che voleva. Lei dava per scontato che tutti sapessero esattamente quello che volevano e che l’unica cosa da fare fosse scoprire esattamente come ottenerla. Pensava che lo stile decisionale di Gary fosse in realtà un pretesto studiato per mascherare dei motivi reconditi, che avevano a che fare col manipolare gli altri per convincerli del suo modo di vedere le cose. Con gli anni, Grace è arrivata a rendersi conto del fatto che la sua capacità di sapere esattamente quello che vuole è una cosa rara, un dono che non tutti possiedono. Altre persone avevano modi diversi, forse meno efficienti, ma non meno legittimi, di arrivare a conclusioni che per lei erano immediatamente chiare. Il modo migliore di proporre un’idea a Grace era presentarla in modo che confermasse o si collegasse al suo modo di vedere. La si poteva anche convincere del fatto che la sua decisione iniziale non fosse l’alternativa migliore, ma era difficile, e si doveva usare una forte logica per influenzarla. Gary, dal canto suo, non aveva molte idee riguardo a cosa dovesse essere fatto in una data situazione. Di solito era motivato a prendere in considerazione una decisione partendo dall’idea o dal suggerimento di qualcun altro, oppure dalla sensazione che si

dovesse fare qualcosa riguardo ad una particolare questione. Stimolava la discussione e si compiaceva di prendere in considerazione formulazioni complicatissime dei problemi e di tutte le alternative per tutti i soci. Come si può capire, il suo modo di procedere, spesso, mandava in bestia Grace. Fortunatamente, tuttavia, essendo aperto a molte difficili alternative, se Grace aveva una forte predilezione per una particolare linea di condotta da seguire, e se le implicazioni per gli altri erano relativamente vantaggiose, Gary aderiva generalmente al punto di vista di Grace. Quando Gary e Grace hanno capito le loro rispettive strategie decisionali e hanno imparato a comunicarle ai loro dipendenti, si sono trovati in una posizione molto migliore per ottenere quello che volevano. Prima che lo facessero, molti dei loro dipendenti erano confusi riguardo a come presentare le proprie idee. La maggior parte di loro sapeva che erano diversi, ma nessuno si era mai messo a tavolino a fare una mappa delle differenze e ad organizzare le specifiche strategie di presentazione da usare con ciascuno dei due. La tabella che segue è uno strumento molto semplice e allo stesso tempo molto utile che aiuterà chiunque lavori con Gary e Grace a farlo in modo molto più efficace. Puoi costruire tu stesso una tabella simile per qualunque persona con cui lavori, facendo il tipo di domande poste in alto. A volte potrai ottenere tutte le informazioni che ti occorrono dagli stessi individui; a volte sarà necessario chiederle ad altre persone che lavorano con loro o per loro. Quando decidi di procedere in questo modo, è preferibile che ti rivolga a chi abbia già ottenuto buoni risultati con le persone che vuoi influenzare. Insieme, Gary e Grace pongono in essere il seguente approccio: Strategia decisionale

Strategia di presentazione

Grace Ha una visione molto chiara del risultato desiderato, immagini in movimento, dai colori vividi. Può essere convinta da una logica forte.

Informati sulla sua opinione rispetto alla particolare area in cui vuoi influenzare una decisione. Presenta le tue idee in modi che si colleghino alla sua visione oppure che aiutino a sostenerla. Se la tua idea è in conflitto con la sua opinione, presenta il tuo caso in modo logico e con forza (ma non aspettarti di convincerla facilmente; continua a collegare le tue idee in modo che sostengano o rafforzino la sua opinione alla fine).

Gary Di solito non ha in mente un esito prestabilito. Formula i problemi in modo complesso, con molte varianti. Prende in considerazione le implicazioni di un’idea per tutti i soci che ne sarebbero coinvolti.

Presentagli un’idea come una cosa riguardo alla quale hai una forte sensazione. Esamina con lui le implicazioni della tua idea (o idee) per tutti i soci che sarebbero coinvolti (ma assicurati di aver fatto questa cosa prima, per valutare i pregi della tua idea).

SFIDARE IL SISTEMA Un’altra variante sul tema di identificare ed usare le strategie decisionali per influenzare gli altri ci arriva da Kathleen Burke, direttore esecutivo della Stupski Family Foundation a Tiburon, in California. Kathi è procuratore legale ed è stata dirigente alla Security Pacific Bank dal 1978 al 1992; è diventata la loro Corporate Secretary nel 1988 e poi responsabile delle Risorse Umane nel 1989. Quando la Bank of America ha acquisito la Security Pacific nel 1992, Kathi è diventata responsabile esecutivo delle Risorse Umane del gruppo. Mentre ricopriva questo ruolo, è stata promossa a un livello dirigenziale, il più alto a cui una donna fosse mai arrivata all’interno della Bank of America. Ho parlato con Kathi delle sue esperienze e delle strategie che ha usato per conseguire i suoi notevoli successi. Uno dei compiti che si era prefissa – prima alla Security Pacific e in seguito alla Bank of America – era stato di contestare il modo in cui entrambe le banche trattavano le persone di colore e le donne.

JR:

Che cosa hai osservato alla Security Pacific, e in seguito alla Bank of America, che ti ha spinto a contestare?

KB:

Durante i miei primi anni alla Security Pacific, non ho mai sentito alcuna discriminazione personale. Tuttavia, ho osservato alcuni atteggiamenti e comportamenti tra i manager più anziani, come anche l’assenza di donne dai ruoli più importanti, cosa che mi ha portato ad essere pessimista

riguardo alla possibilità, per le donne, di raggiungere un livello decisionale nella politica aziendale. Quindi, nel momento in cui mi hanno aperto la porta verso il livello decisionale più alto della politica aziendale, ho avuto la possibilità di contestare alcune abitudini e modalità di condurre gli affari, che rendevano l’ambiente di lavoro tale che era più difficile avere successo per le donne e per le persone di colore. Ero molto stimolata da questo fatto, ma allo stesso tempo ero consapevole della linea sottile su cui dovevo procedere. Avevo visto donne più aggressive parlare in modo schietto e contestare le cose apertamente, ma su di loro era calato il sipario, e non volevo che questo accadesse. Quindi, ho provato ad essere più efficace nel modo in cui contestavo. JR:

In che modo era diverso il tuo modo di contestare?

KB:

Avevo una buona competenza in quel campo e mi rendevo conto degli obiettivi che le persone stavano cercando di raggiungere, ma percepivo la presenza di un problema nella maniera in cui stavano cercando di raggiungerli, unendosi a gruppi di persone con cui non avevano molto in comune e che non aspiravano ad essere come loro. Ero convinta che dovessero pensare a modi diversi di relazionarsi con persone diverse e di ascoltarle, se volevano realizzare massimi livelli di efficacia. Ho continuato a far riferimento al business dell’azienda e ho provato a dimostrare loro come, a causa del loro comportamento, stavano gettando via l’opportunità di aumentare la produttività delle persone.

JR:

Sembra che tu abbia posto la tua contestazione all’interno di una cornice di riferimento, mostrando loro il modo per migliorare i loro risultati, piuttosto che il modo in cui stavano sbagliando, cosa che farebbe probabilmente un critico per lanciare una sfida.

KB:

Giusto. Ho visto anche che molte donne e molte persone di colore non ricevevano quel tipo di feedback positivo, critico e

diretto che avrebbero dovuto ricevere nel corso del tempo da parte dei loro superiori. Di conseguenza, non stavano agendo in modo da mettersi nella posizione di ricevere una promozione o un trasferimento. E i loro colleghi maschi, in linea di massima, avevano maggiori probabilità di ricevere quel tipo di feedback, così potevano correggere la loro rotta e proporsi come candidati adatti quando si presentava una buona opportunità. Per questo motivo, un gran numero di donne e di persone di colore non sapevano a cos’altro attribuire la loro mancanza di successo, se non ad una differenza di sesso o di razza. E io posso capire perché si sentissero in quel modo. Ma ero convinta che ci fosse una maniera di farlo notare senza dire “Voi state facendo delle discriminazioni” o “Guardate i numeri, è evidente che state facendo qualcosa che non va”. Ero convinta che i responsabili avessero il dovere di concedere a tutti le stesse opportunità, anche se era naturale, per loro, non sentirsi a proprio agio nel dare quel tipo di feedback; ma dovevano dare quel feedback a tutti, senza distinzioni, e sapevo di poterli aiutare a farlo. Dovevano parlar chiaro con le persone che erano diverse da loro, e se non erano capaci di fornire quel feedback, allora forse c’era un problema. Seppur evitando di accusarli, dissi: “Vedo che qui c’è un problema ed ecco quello che, ritengo, sia alla radice del problema stesso. Sono convinta che possiamo arrivare a rendere molto più produttivo il nostro ambiente di lavoro e, allo stesso tempo, possiamo evitare azioni legali”. Dal punto di vista della PNL, ciò che Kathi ha fatto – e che è una tattica spesso usata da persone efficaci nell’arte della persuasione – è stato adottare quella che viene definita “seconda posizione”4, e cioè la capacità di vedere le cose dal punto di vista dell’altra persona. Kathi continua descrivendo le sue esperienze successive, alla Bank of America:

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Ho vissuto un’esperienza interessante quando sono entrata a far parte della Bank of America. Durante una conversazione con l’amministratore delegato Richard Rosenberg, ci riferimmo alla classificazione delle aziende fatta da Rosabeth Moss Kanter, che si sviluppa su una scala da 1 a 5, dove 1 significa che l’azienda neanche si rende conto che ci sia un problema, e 5 rappresenta il livello di una ditta in cui ognuno è rispettato in quanto persona e non si verifica alcun genere di discriminazione sessuale o razziale. Rosenberg mi chiese dove pensavo che si collocasse la Bank of America. A quel punto lavoravo lì da un paio di mesi e, durante il periodo di transizione, c’ero stata per altri cinque o sei mesi. Gli dissi che la Bank of America era un “2” che aspirava a diventare un “3”, cosa che lui davvero non voleva sentirsi dire. Glielo dissi perché lo pensavo, e aggiunsi che mi sarebbe piaciuto portare la banca almeno a un 3 se non a un 4. Lui fu d’accordo con me e mi disse: “Che ne dici di tenere un discorso di fine pranzo alla nostra prossima riunione di pianificazione del marketing strategico e di parlare agli altri della questione?”. A quel tempo, a dirigere l’azienda insieme a circa trentacinque uomini, c’eravamo solo io e un’altra donna. Così accettai, perché pensavo che fosse una cosa che avevo il dovere di fare. Siccome non conoscevo ancora la cultura dell’azienda così bene come quella della Security Pacific, una sera invitai un gruppo di donne a casa mia per una pizza e dissi loro: “Dovrò alzarmi in piedi davanti ai vostri capi per parlare di questo argomento e vorrei essere meglio informata dell’atmosfera che vedete sul lavoro e dei problemi che notate”. Be’, divenne molto chiaro che queste donne non si fidavano di me, non si fidavano l’una dell’altra e non avrebbero parlato di nessuna di queste cose in presenza di altri. Temevano che io rovinassi tutto e che le cose peggiorassero. Volevano sapere se Dick Rosenberg era al corrente del fatto che stessi tenendo quella riunione. Ricordo di aver passato quella notte a rigirarmi nel letto pensando: “Oddio, questo è davvero un problema”. Il giorno

dopo ricevetti una telefonata da uno dei miei diretti informatori, il quale mi disse che si stava diffondendo la voce che io avevo tenuto una riunione clandestina femminista radicale a casa mia; mi chiese cosa diavolo stessi combinando e aggiunse che alla Bank of America queste cose non si facevano. Poi uno dei miei colleghi del comitato per le politiche aziendali si precipitò nel mio ufficio e mi disse che quella mattina, in palestra, il tizio che si allenava accanto a lui sulla cyclette gli aveva raccontato di quella riunione, per cui mi chiese che cosa diavolo stessi cercando di fare. E io dissi tra me e me: “Quest’azienda ha un problema”. Così usai questa storia nelle mie osservazioni. Fortunatamente andò bene. Usai delle statistiche, le esposi tutte e dissi: “L’azienda deve rompere il codice del silenzio riguardo a questo argomento”. E finì con l’essere una sessione molto produttiva. La mattina dopo il direttore generale doveva aprire la riunione discutendo alcune questioni finanziarie, ma invece disse: “Sapete, voglio rivedere alcune delle cose di cui abbiamo parlato ieri sera, perché è molto più importante”. Così, quello che era cominciato come un enorme disastro, perché era una porta che nessuno voleva aprire, si risolse, invece, in un grande successo. JR:

Dunque, da quel che sento, sembra che una delle cose che sai fare molto bene è capire i punti di vista delle altre persone e il modo in cui pensano; poi esponi ciò che hai da dire, la tua posizione, il tuo punto di vista in termini che loro possano capire, utilizzando i loro stessi parametri di valutazione.

KB:

Sì, questo è uno dei punti chiave. Penso anche a coloro che verranno influenzati dalla decisione e a ciò che queste persone vogliono tutelare; non necessariamente riguardo a una decisione particolare, ma in generale. E poi penso: “Quanto tempo ho per prendere questa decisione? È una cosa che devo fare subito, è un’emergenza, oppure ho una

settimana per pensarci, oppure ho tempo fino alla prossima riunione del consiglio?”. E provo a contare a ritroso; cerco davvero di pensare a quante persone saranno interessate a questa decisione, e almeno provo a intercettare qualche rappresentante per conoscere il suo punto di vista. Di solito riesco a elaborare una decisione più appropriata perché ho più dati. Ma se non ho tempo per farlo, faccio un tentativo al meglio delle mie possibilità, basandomi su quello che so in quel momento. Mi piace avere il tempo per raccogliere un po’ di notizie, perché in un’azienda ognuno avrà un punto di vista e non sai mai chi ti potrebbe ostacolare. Sono anche stata sempre una studiosa molto avveduta di chiunque dovesse approvare la mia decisione prima che potessi renderla effettiva, e per discuterne sono ricorsa allo stesso schema utilizzato da loro per le altre decisioni aziendali. Questo l’ho imparato dalla mia esperienza come Corporate Secretary alla Security Pacific. Me ne stavo seduta nelle riunioni del consiglio ad osservare sia i dirigenti che concludevano con successo le trattative finalizzate al prendere una decisione, sia quelli che non ci riuscivano. Ho imparato a presentare le informazioni e a prevedere le domande che probabilmente mi avrebbero posto i membri del consiglio, e ho imparato che è possibile anche gestirle in anticipo. Non ho mai cercato il consenso, perché in una grande azienda non lo otterrai mai. Ho realizzato dei cambiamenti considerevoli nel reparto delle Risorse Umane; cambiamenti che non sono piaciuti ad alcune persone, sia all’interno di quel reparto che ad alcuni clienti all’interno dell’azienda. Tuttavia ero convinta che avessero senso a livello organizzativo, e sono riuscita a convincere le persone che occorreva davvero che fossero disponibili ad aiutarmi a metterli in pratica; in seguito, tutto quello di cui mi sono dovuta preoccupare sono state le questioni di comunicazione per prendere tutti a bordo. Sono comunque riuscita a far salire a bordo le persone giuste, quelle che dovevano decidere i cambiamenti critici.

Dal punto di vista della PNL, ciò che è più significativo all’interno di questa intervista è il modellamento conscio, da parte di Kathi, di comportamenti che aveva visto essere efficaci, e il fatto di avere incorporato nei suoi discorsi di presentazione gli stili e gli schemi decisionali usati da altri che avevano raggiunto gli obiettivi desiderati. Per quanto forse non ne fosse consapevole in quel momento, Kathi ha usato con successo molti degli schemi di persuasione applicati (spesso inconsciamente) da molti tra i più grandi comunicatori del mondo. Non ha applicato alla lettera il modello che abbiamo descritto in questo capitolo per estrarre le strategie decisionali di ognuno degli individui a cui avrebbe dovuto presentare le sue idee; tuttavia è evidente che il suo metodo è consistito nell’ottenere più informazioni possibile sulle persone che avrebbero valutato le sue diverse proposte e nel presentare le sue idee in modi che per loro fossero praticamente irresistibili.

MODELLARE LE ALTRE PERSONE Uno degli aspetti più utili della PNL è l’attenzione al modellamento di persone che sono in grado di fare le cose che vogliamo riuscire a fare. È un concetto alquanto semplice e può essere compreso molto facilmente. L’idea mi è stata presentata per la prima volta da uno dei miei primi datori di lavoro. Il mio primo giorno di lavoro andai da lui e gli dissi: “Eccomi, capo. Cosa vuole che faccia?”. “Jerry,” rispose, indicando la zona di lavoro “voglio che tu vada là fuori, che trovi qualcuno che sta lavorando e che lo imiti.” Questo è ancora uno dei consigli più profondi che io abbia mai ricevuto riguardo all’imparare ad avere successo. Trova qualcuno che sta facendo quello che vuoi riuscire a fare, e imitalo. Uno dei professionisti più in gamba che conosco è Patrick Bell, un consulente di gestione dell’area della San Francisco Bay, che sembra essere sempre impegnato. Un giorno gli ho chiesto quale fosse il segreto del suo successo e lui ha detto che ne aveva diversi, ma che uno di essi era la sua storia da sette milioni di dollari. “Qual è la storia da sette milioni di dollari?” gli ho chiesto. “La storia da sette milioni di dollari è quella che racconto ai potenziali clienti che mi pongono domande sul tipo di lavoro che

svolgo e su quello che potrei fare per loro. Eccola.” Avevo un cliente che voleva vendere la sua ditta, ma aveva problemi finanziari. Il consiglio di amministrazione gli aveva suggerito di attingere liquidità dal capitale di rischio. Io gli dissi che era pazzo a farlo. Il suo problema non era la sottocapitalizzazione; erano le scarse vendite. Detestava vendere e i risultati lo provavano! Così assunsi una persona per la selezione del personale, per trovare un nuovo responsabile delle vendite. Lui si presentò con due candidati e li chiamammo entrambi per un colloquio: uno era un signore maturo, molto affabile ed elegante, con capelli d’argento perfettamente pettinati, che assomigliava molto al mio cliente e agiva in maniera molto simile. L’altro era un giovane tarchiato, aggressivo ed irritante. Dopo aver parlato con entrambi, il mio cliente disse: “Mi piace molto Jim” (il signore maturo). “Ecco perché assumerai Lenny”, gli dissi io. “Perché?!?” esclamò. “Non mi piace affatto. È una persona orribile!” “Lo assumerai perché Jim è troppo simile a te e tu detesti vendere. Quell’orribile Lenny ti farà guadagnare un sacco di soldi”, dissi io. E così fece. Due anni e mezzo dopo il mio cliente vendette la ditta per sette milioni di dollari.” La storia di Patrick è molto utile per chiunque cerchi un buon modello di storia persuasiva. In PNL, spesso, si dice che si sta “parlando per metafore”. In questo contesto una metafora, di solito, è una storia che è parallela (ricalca) alla situazione della persona cui la si sta raccontando, con l’implicazione (guida) che l’ascoltatore dovrebbe dar retta alla morale della storia. Tutti i buoni venditori raccontano storie per trasmettere i loro messaggi, e più gli elementi combaciano con l’esperienza dell’ascoltatore, più è probabile che la storia sia convincente. Nella storia precedente, Patrick sta dicendo al possibile cliente che una delle cose più preziose che farà per lui sarà scoprire i suoi punti deboli e spingerlo a fare cose che altrimenti non farebbe, ma che molto probabilmente potrebbero salvare la situazione. Patrick non lo dice direttamente, ed è possibile che molti potenziali clienti

non facciano un collegamento conscio; il messaggio, però, è perfettamente chiaro alla mente inconscia. E, siccome sta parlando alla mente inconscia, la storia è ancor più potente perché opera ad un livello meno soggetto a resistenza. Un altro eccellente modello di successo è Patrick Connolly, amministratore delegato della Myevents.com, la terza azienda ad essere stata lanciata con successo da Patrick su internet. Una delle sue imprese precedenti, ora, è nel 3% delle aziende internet di punta per quanto riguarda le entrate prodotte. Un giorno gli ho chiesto dove avesse imparato tutto ciò che è necessario sapere per creare, dirigere e vendere un’azienda di successo. “Non all’università”, ha risposto. “Le ho prese da diverse persone. Ho sempre ammirato le persone che riescono ad imparare e adattare le cose attraverso l’imitazione. Io lo faccio sempre. Guardo qualcuno e penso: ‘Il modo in cui quella persona interagisce e tratta con le altre persone è davvero fantastico. Dovrei provare a farlo anch’io’. Guardi e impari come agiscono le persone, come funzionano i loro schemi e come lavorano le loro menti. Quindi, prendi consapevolmente la decisione di emulare quello che fanno. Non è esattamente un’imitazione, ma un adattamento dei loro schemi. Il mio amico Dan mi ha insegnato come essere un uomo d’affari in gamba. Puoi prendere spunti da persone diverse e amalgamarli. Non si tratta di non avere una personalità. La tua personalità diventa quello che accade intorno a te, e questo è bello.” La strategia di efficacia di Patrick è basata sul principio di modellare dagli altri le qualità che vuoi incorporare in te stesso. Lo facciamo tutti. È in gran parte quello che abbiamo fatto per diventare quello che siamo. Nella maggior parte dei casi i nostri modelli sono stati i nostri genitori, i nostri insegnanti, gli atleti che ammiriamo, gli uomini e le donne dello spettacolo, figure pubbliche di rilievo e altre persone che ci hanno colpito e ispirato. Quello che fa la PNL è fornire una guida su come fare certi tipi di distinzioni comportamentali che non sono evidenti alla maggior parte della gente. Abbiamo visto alcune di queste distinzioni, come il ricalco e la guida del comportamento, l’identificazione e l’uso delle inclinazioni percettive degli altri (sistemi rappresentazionali) e le strategie decisionali. Nelle pagine successive del libro tratteremo di strategie

ulteriori utilizzabili per aumentare il tuo potere personale in ogni situazione.

IL RICALCO SUL FUTURO Il ricalco è una cosa che fai sul momento per allinearti ad un’altra persona. Il ricalco sul futuro (un termine coniato da Bandler e Grinder) ti permette di esercitare un controllo su qualcosa che potrebbe accadere nel futuro. Esso consiste nell’anticipare i problemi che potrebbero sorgere o le obiezioni che le altre persone potrebbero sollevare, e nel fornire loro una soluzione in anticipo. Per esempio, se pensi che l’altra persona possa pentirsi in seguito alla sua decisione, potresti decidere di fare un ricalco sul futuro del suo comportamento e dissipare le sue paure nel modo seguente: Secondo la mia esperienza, John, accade spesso che in seguito, ad affare concluso, sorgano delle domande. Se dovessi avere qualche domanda, vorrei che alzassi il telefono (qui potresti anche simulare l’azione di alzare la cornetta) e mi chiamassi. Sarò lieto di fare tutto quello che sarà necessario. Il punto importante, qui, è che dovrai essere sicuro di ricalcare nel futuro il comportamento dell’altra persona. Così, quando sentirà il “rimorso”, invece di cancellare la sua decisione, ti chiamerà affinché lo rassicuri.

ANCORARE: UNA POTENTE RISORSA INCONSCIA Una delle più dibattute tecniche ideate da Bandler e Grinder è l’ancoraggio. L’ancoraggio è un metodo per usare le potenti risorse inconsce degli altri al fine di ottenere le reazioni desiderate. È il processo per cui un ricordo, una sensazione o un’altra reazione si associa (è ancorato/a) a qualcos’altro. L’ancoraggio è un processo naturale che di solito ha luogo senza che ne siamo consapevoli. Per esempio, in passato, senza dubbio, avrai partecipato con la tua famiglia ad attività che ti davano grande piacere. Il piacere era

associato all’attività stessa, cosicché quando pensi ad essa o qualcuno te la ricorda, tendi a sperimentare nuovamente alcune sensazioni piacevoli. In questo modo, le ancore vengono riattivate, o innescate. Per esempio: • Sfogliare un album di foto di famiglia fa emergere piacevoli ricordi e alcune delle sensazioni ad essi associate. • Una vecchia canzone d’amore risveglia una vena romantica. • Il profumo di una torta di mele appena sfornata richiama un allegro e spensierato ricordo d’infanzia. • Un gesto fatto da uno sconosciuto te ne ricorda uno che tuo padre faceva sempre quand’era arrabbiato, e provi una momentanea sensazione di panico. • Un tema ricorrente in una composizione musicale porta con sé le sfumature emotive della scena in cui è stato introdotto la prima volta. La maggior parte delle volte non siamo consapevoli del fatto che le nostre reazioni sono ancorate a tali “inneschi”. Questo rende l’ancoraggio una forza potente nelle nostre vite. È così potente proprio perché è invisibile. Puoi innescare ancore in te stesso usando una tecnica che l’insegnante di recitazione Uta Hagen presenta così: Per provocare le lacrime, la tendenza dell’attore alle prime armi è di pensare a cose tristi, di amplificare quello stato d’animo o quel modo di essere in generale, di cercare di ricordare un’occasione triste, la storia di quell’occasione, e poi pregare il cielo di essere in qualche modo catapultato, ad un certo punto, in una reazione emotiva appropriata. Io ero solita fare tutti questi errori e non riuscivo mai a capire perché, una volta ogni tanto, ad un certo punto, qualcosa mi accadesse veramente. Ma devo sottolineare il fatto che accadeva solo una volta ogni tanto, non immancabilmente, e

di solito ci voleva molto tempo prima che si verificasse. A volte riuscivo a immedesimarmi nuovamente in un trauma recente dietro le quinte, cosa che mi dava la sensazione di muovermi nella colla. Dopo un paio d’anni scoprii intuitivamente che quello che mi faceva raggiungere correttamente lo stato desiderato era il ricordo di un minuscolo oggetto collegato solo indirettamente al triste evento: una cravatta a pois, una foglia d’edera su una parete di stucco, l’odore o il suono della pancetta che frigge, una macchia d’unto sulla tappezzeria, cose apparentemente illogiche come queste.5 Per provare voi stessi quello di cui sto parlando, raccontate ad un amico la storia di un evento infelice della vostra vita: raccontategli, per esempio, di una volta in cui la persona che amavate vi ha lasciato, accusandovi ingiustamente di infedeltà. Poi raccontate quello che circondava l’evento; descrivete tutto ciò che riuscite a ricordare sul tempo: la fantasia delle tende, un ramo che batteva contro la finestra, il colletto sgualcito della camicia del vostro amato, il profumo del dopobarba che aveva addosso, un angolo logoro della moquette, la melodia che la radio trasmetteva mentre se ne andava e così via. Improvvisamente, uno di questi oggetti farà scaturire il dolore, e piangerete ancora.6 L’ancoraggio è anche usato da abili registi per evocare suspense nel pubblico. Ti ricordi il film Lo squalo? Pensa ai cambiamenti psicologici che si verificavano in te quando sentivi il ritmo martellante e crescente della colonna sonora, nei momenti che precedevano ogni apparizione dell’enorme squalo assassino. Quale àncora ha stabilito in te il crescendo della musica insieme alla vista dello squalo? Hai cominciato ad agitarti? Il tuo battito cardiaco ha accelerato? I palmi delle tue mani hanno cominciato a sudare? Dovevi vedere lo squalo, oppure la musica martellante era sufficiente a farti scivolare verso il bordo della poltrona? Questo stesso processo di ancoraggio appare naturalmente e spontaneamente nei nostri interscambi con gli altri e spesso ne determina l’esito.

Prima di portare un cliente a vedere una casa, l’agente immobiliare californiano Gael Himmah fa sempre visita ai proprietari dell’immobile allo scopo di scoprire il “richiamo emotivo” che le loro case hanno in particolare per loro. Chi altri potrebbe saperlo meglio? Lui chiede: “Cosa vi piace di più riguardo alla vostra casa? Quali caratteristiche hanno più significato per voi?”7. La risposta che gli fu data in una casa particolarmente malandata determinò un incidente che è sintomatico dei potenti effetti dei ricordi emotivi. La domanda che aveva rivolto alla proprietaria della casa aveva fatto sì che lei lo conducesse fino in cucina, dove aveva indicato con orgoglio, fuori dalla finestra, un garage sbiadito in rovina. “In primavera”, aveva spiegato, “pianto i piselli dolci in quel prato. C’è qualcosa nella terra e nella temperatura contro la parete del garage… non siamo sicuri di quale sia la causa, ma i piselli crescono lungo tutto il lato del garage e fin sopra il tetto e sono i più grandi piselli dolci che si siano mai visti. La gente viene da tutte le parti per vedere i nostri piselli dolci.”8 Himmah tenne accuratamente in considerazione questa caratteristica emotiva e, dopo poco tempo, vendette la casa ad un’altra coppia. In seguito ritornò e chiese ai nuovi proprietari che cosa li avesse spinti, in particolare, a comprare quella casa. Non era preparato, però, alla risposta rabbiosa del marito. “Si rende conto di quello che mi ha fatto?”, chiese con voce minacciosa. “Mi chiedevo solo come vi trovaste nella vostra nuova casa”, replicai. Lui non mi stava ascoltando. “Si rende conto di quello che mi ha fatto?”, ripeté. “Veramente no”, dissi. Era un’affermazione totalmente sincera. Non avevo la benché minima idea di cosa stesse parlando. Gli acquirenti, a volte, diventano strani. “Lei e i suoi dannati piselli”, esplose. “Mia moglie non parlava d’altro dopo che ci aveva mostrato questa casa. Quei dannati piselli. Quando era piccola, nel New Jersey, lei e sua madre piantavano piselli dolci e papaveri ogni anno. Li curavano insieme. Non aveva più visto una pianta di piselli dolci da quando ci siamo trasferiti in California, dieci anni fa.” “La prossima primavera,” continuò con uno sguardo infuocato, “dovrò spedire un biglietto aereo nel New Jersey a mia

suocera, che verrà qui, e lei e mia moglie pianteranno quei dannati piselli, e mia suocera starà tutta l’estate con noi per vederli crescere.” A quel punto era affannato, e il pensiero della visita prolungata della suocera lo stava facendo infuriare.9 Ovviamente, l’ancoraggio non deve necessariamente creare contrasti in famiglia. Ma è una risorsa molto potente e dovrebbe essere usata con giudizio.

Come ancorare Quando sei insieme ad un’altra persona che sta provando un’emozione forte, qualsiasi cosa tu faccia o dica in quel momento viene associata a quell’emozione. Di solito questo processo avviene a livello inconscio. Di conseguenza, ogni volta che farai o dirai la stessa cosa nello stesso modo in presenza di quella persona, tenderai a suscitare in lei una parte della sensazione provata in passato. Essere consapevole di questo fenomeno ti permette di fare attenzione ai tipi di reazione che ancori negli altri, a come lo fai, e, al contrario, a quali tipi di reazione vengono ancorati in te dagli altri (consciamente o meno), e come. Questa consapevolezza ti permette di ancorare esiti che siano produttivi per tutti. Per esempio, ammettiamo il caso che un padre e suo figlio stiano avendo una discussione. Il figlio è emotivamente sconvolto e comincia a piangere. Nel sincero tentativo di confortarlo, il padre si sporge verso il figlio e gli tocca il braccio. Quest’azione potrebbe avere un potente impatto in due modi diversi. Nel primo caso, se il padre ha precedentemente stabilito quest’ancora mentre il figlio era in uno stato emotivo positivo, l’atto di toccargli il braccio dovrebbe innescare l’ancora positiva e determinare la reazione desiderata (o, almeno, una parte di essa). Ma se il padre non ha stabilito quest’ancora in precedenza, potrebbe inavvertitamente ancorare lo stato singhiozzante e sconvolto del figlio. Di conseguenza, la prossima volta che gli toccherà il braccio, potrebbe risvegliare lo stato indesiderato di angoscia emotiva. Quest’esempio fornisce una spiegazione almeno parziale delle

spiacevoli sensazioni che a volte proviamo quando veniamo toccati fisicamente da qualcuno che ci è vicino in una situazione diversa. Ciò suggerisce anche il fatto che dobbiamo essere particolarmente consci delle nostre precedenti esperienze e degli schemi che utilizziamo nelle relazioni con le altre persone. Infatti, se tocchiamo un’altra persona solo quando è emotivamente turbata, potremmo inavvertitamente condizionarla a sentirsi infastidita ogni volta che la tocchiamo. In generale, dunque, sembrerebbe essere una linea di condotta saggia stabilire un contatto fisico con un’altra persona quando si sente bene riguardo a qualcosa. In questo modo, quando sarà turbata, il tuo contatto fisico tenderà a stimolare nuovamente quelle sensazioni positive, fornendo così un sostegno emotivo davvero utile.

Come determinare (estrarre) le reazioni che vuoi Il processo di estrazione e ri-estrazione delle reazioni desiderate da superiori, clienti, amici o coniugi è piuttosto semplice. Chiedi alla persona in questione di richiamare alla mente un’esperienza passata nella quale è probabile sia racchiusa la reazione desiderata. Per esempio, se vuoi che il tuo interlocutore provi una reazione di piacere, chiedigli di ricordare un evento piacevole. Così facendo, la persona farà riemergere, con quel ricordo, molti dei sentimenti provati al momento di quell’evento. Lo scopo di estrarre certe reazioni è creare un terreno più favorevole e ricettivo per comunicare efficacemente le tue idee. Lo stato mentale della persona, i suoi sentimenti, le cose a cui sta prestando attenzione (sia consciamente che inconsciamente), saranno d’importanza critica in relazione a come accoglierà le tue idee e i tuoi suggerimenti. Estraendo i tipi di reazione che vuoi quando presenti la tua idea, aumenti le possibilità che questa sia accettata favorevolmente e messa in pratica. Non sarà una sorpresa per chiunque abbia mai provato a vendere qualcosa, ma anche il venditore più sofisticato, spesso, ignora questo fatto fondamentale. Immagina per un momento di essere un produttore di attrezzature da golf. Hai una linea di mazze da golf che sai sarebbero perfette per il tuo potenziale acquirente, George Downs.

Durante la tua visita a George, potresti chiedergli di raccontarti una delle sue più piacevoli esperienze vissute recentemente sul campo. Mentre racconta l’esperienza, è inevitabile che venga riattivata parte dell’emozione e del piacere dell’esperienza originaria.

Come ancorare reazioni specifiche Quando l’emozione riattivata da George raggiunge il culmine, se farai qualcosa che lui possa percepire (anche a livello inconscio), connetterai in quel momento la sua reazione a un tuo particolare comportamento. Inoltre, potrai ri-estrarre la stessa reazione (o una parte di essa) in un momento futuro, ripetendo la stessa azione. Ecco un esempio di come questo funziona. Supponiamo che George stia descrivendo quel tiro lunghissimo che ha fatto dal quarto tee (il supporto su cui si poggia la pallina). Mentre racconta, gli si illuminano gli occhi, la sua respirazione accelera e il suo modo di parlare e di fare diventa più animato. In breve, è emozionato. Quello che puoi fare quando l’entusiasmo raggiunge il culmine è sporgerti verso di lui, toccargli il braccio e dire: “Deve averti dato una sensazione veramente bella”, enfatizzando in modo particolare la parola “bella”. Quello che hai fatto è ancorare la sensazione di entusiasmo ad una particolare serie di tuoi comportamenti: in questo caso, sporgerti e toccarlo sul braccio dicendo “bella”. L’effetto ottenuto sarà l’aver immaginato nella mente inconscia di George quell’emozione, associandola al tuo particolare comportamento al momento dell’emozione stessa. Avrai creato un nuovo ricordo nella sua mente, ricordo che potrai riattivare in qualsiasi momento tu scelga di farlo. Dopo aver ancorato l’emozione di George associata al lancio sul campo da golf, supponi di volerti assicurare che lui sia ricettivo al massimo nei confronti del tuo consiglio di comprare un set di nuove mazze da golf. Potresti dire: “George, da quello che mi hai raccontato del tuo modo di giocare e delle esigenze che hai in questo momento (sporgendoti in avanti e toccandogli il braccio), penso che troverai queste mazze un investimento positivo (con un po’ d’intonazione) per il tuo gioco. Qual è la tua sensazione al riguardo?”.

Se hai ancorato la precedente reazione di George nel modo giusto, la sensazione che proverà ora dovrebbe somigliare molto all’emozione che sentiva prima, mentre descriveva il suo lungo lancio. Questo lo porterà molto naturalmente a prevedere parte del piacere che proverà quando utilizzerà le mazze che avrà comprato da te. Sarà anche molto più facile, per te, concludere favorevolmente la vendita. Riepilogando, il processo di ancoraggio si compie nel modo seguente. 1. Aspetta che la reazione desiderata si verifichi spontaneamente, oppure “estrai” la reazione fornendo suggerimenti appropriati o ponendo domande come: Cosa ti emoziona riguardo a _________________? Cosa ti piace del ___________________________? Riesci a ricordarti l’ultima volta in cui ti sei sentito ____________________________________? Chiedendo all’altra persona di richiamare alla memoria una specifica esperienza, alcuni dei sentimenti associati a quel ricordo verranno riattivati e potranno, dunque, essere ancorati. 2. Àncora la reazione quando è al suo culmine con un tuo comportamento, ad esempio: • marcando verbalmente (“Questa è veramente una bella storia!”); • toccando l’altra persona sul braccio; • producendo un suono, come lo schioccare delle dita, oppure facendo un’espressione del viso molto eloquente. 3. Innesca l’ancora al momento desiderato, ripetendo esattamente la stessa azione del punto 2. (Nel caso dell’ancora verbale, potresti cambiare la frase in “Lascia che ti racconti una bella storia!”. In ogni caso, qui l’ancora è principalmente la parola “bella” e dovrebbe essere sufficiente.)

Come ogni nuova abilità, l’ancoraggio richiede un certo allenamento. Fai pratica ancorando sensazioni positive nella tua famiglia, negli amici e nei soci in affari. Farà sentir bene sia loro che te e ti permetterà, anche in seguito, di farlo inconsciamente e appropriatamente, per creare un clima più ricettivo per le tue idee e i tuoi suggerimenti. Quando avrai imparato a stabilire il momento giusto per l’ancoraggio, dovresti essere in grado di ancorare una reazione con un unico tentativo. Nel frattempo, goditi semplicemente il piacere di praticare un’abilità che regalerà a te e alle persone con cui vivi e lavori molti momenti felici. Con l’esperienza, sarai in grado di ancorare reazioni in modo efficace e appropriato senza neanche pensarci, ed è questa la meta finale. Un’ancora installata correttamente, spesso, durerà finché un altro evento emotivamente più forte non interverrà a indebolire la reazione. Se questo accade, re-installa semplicemente l’ancora nello stesso modo.

Un avvertimento L’ancoraggio è un procedimento molto potente. Fra tutte le tecniche presentate finora esso offre, forse, le maggiori opportunità di abuso e di manipolazione nel senso negativo del termine. L’obiettivo è intensificare l’esperienza di un’altra persona per scopi positivi e produttivi per entrambi.

SUGGERIMENTI NASCOSTI Come dice il termine stesso, i suggerimenti nascosti sono parole o frasi racchiuse (nascoste) all’interno di un contesto più ampio. Sono unità di significato e spesso possono avere un impatto che va al di là di quello che appare o viene inteso nella struttura più ampia in cui compaiono. Per esempio, qualcuno mi dice: “Oggi mi sento male. Hai presente quando, Jerry, ti senti male”. L’impatto di questa frase va ben oltre il suo significato apparente. La frase “Jerry, ti senti male” è un suggerimento nascosto per me a sentirmi male, nonostante si riferisca apparentemente a chi sta parlando, e non a me, che ascolto. Se chi parla usa un numero sufficiente di questi

suggerimenti nascosti, ben presto comincerò, molto probabilmente, a reagire senza neanche essere consapevole di farlo. Per esempio: Questo posto ti fa diventare matto. Non voglio che tu smetta di lavorare. E una delle mie preferite di sempre, la tripla iettatura: Non preoccuparti. Non è difficile trovarlo. Non ti può sfuggire. Quindi, fa’ attenzione ai suggerimenti nascosti che ti arrivano dalle altre persone ed evita, per quanto ti è possibile, le persone nocive che – sebbene involontariamente – ti stanno lanciando un incantesimo. Se il tuo lavoro richiede che tu stia insieme a queste persone per lunghi periodi di tempo, puoi neutralizzare il loro effetto su di te utilizzando, da parte tua, suggerimenti positivi. Per esempio, potresti ricalcare l’altra persona dicendo: “Sì, so come ti senti. Anch’io mi sono sentito così, qualche volta” e poi guidare con “ma poi ti senti meglio (metti il nome dell’altra persona), allontanandoti da qui per un po’ di tempo”. Qualsiasi parola o frase può essere pensata come un suggerimento nascosto. La prossima volta che accendi la radio o la televisione, presta attenzione alle parole, alle frasi e alle immagini usate nella pubblicità. Se l’annuncio pubblicitario è stato costruito abilmente, il linguaggio usato sarà stato congegnato attentamente per produrre la reazione desiderata. Riguardo a questo, i suggerimenti nascosti chiamano in causa e risvegliano delle associazioni inconsce. Queste associazioni possono ispirare speranza, paura, gioia, ansia, sollievo, tensione e così via. Dal lato positivo, parole come caldo, morbido, pulito, potente, maggiore e migliore, quando sono ripetute in varie combinazioni, hanno l’effetto cumulativo di condurre l’ascoltatore verso un particolare stato mentale o ad una serie particolare di esperienze. Parole come stretto, teso, ansioso, pauroso, debole e impotente possono causare nelle persone sensazioni associate alle parole. Allo stesso modo, le parole, le frasi e le immagini che usi in una conversazione

conducono anche i tuoi ascoltatori ad un particolare stato mentale o ad una serie di esperienze. La domanda fondamentale è: “È questo il risultato che vuoi?”.

DOMANDE E COMANDI NASCOSTI Due tipi di suggerimenti nascosti – le domande e i comandi nascosti – meritano un’attenzione speciale. Una domanda nascosta è una domanda implicita che è nascosta all’interno di un contesto più ampio, generalmente un’affermazione. Per esempio: Mi chiedo quale sia il tuo nome. Sono curioso di sapere quanti anni hai. Non so quanto guadagni. Se tu voglia venire con me è una cosa che non abbiamo ancora discusso. Un comando nascosto è semplicemente un comando nascosto all’interno di un contesto più ampio: Penso che sarebbe saggio se investissi in questa proprietà oggi. Mia madre mi diceva che puoi guarire dal raffreddore se rimani a letto e ti riposi. Se qualcuno ha delle domande, è meglio se aspetta fino alla fine della conferenza e poi viene a parlarne con me. Come puoi vedere, usiamo sempre suggerimenti nascosti: sia domande che comandi. Sono così penetranti da essere praticamente invisibili. È in questo che consiste il loro potere. È una buona ragione per imparare ad usarli in modo costruttivo ed efficace. Le domande e i comandi nascosti funzionano così efficacemente perché sono quasi invisibili. Agiscono per la maggior parte a livello inconscio, e perciò è probabile che non suscitino resistenza. Le

persone rispondono alla domanda o al comando restando al di sotto del livello di consapevolezza. L’effetto complessivo è di guidare dolcemente l’altra persona nella direzione in cui si vuole che vada. Questo fenomeno si verifica in ogni caso, che la persona ti stia ascoltando consciamente o meno. I suggerimenti nascosti sono un approccio eccezionale da usare con le persone che sembrano sempre troppo occupate per concederti la loro piena attenzione. Prendi ad esempio il capo che sfoglia fascicoli mentre cerchi di fare in modo che ascolti una tua idea. Invece di sentirti frustrato dal suo comportamento, potresti prenderla come un’occasione per inviare suggerimenti nascosti. Essendo la sua mente già distratta, puoi facilmente continuare a parlare integrando la tua comunicazione con gli opportuni suggerimenti nascosti a cui lui risponderà inconsciamente. L’effetto finale sarà quello di dargli un po’ di “cibo per la mente” da digerire a livello inconscio. In seguito, potresti avere una piacevole sorpresa sentendolo esporre le tue idee come se le avesse concepite lui, oppure vedendolo mettere in pratica “spontaneamente” i suggerimenti che hai precedentemente nascosto nelle frasi. Il tono di voce che utilizzi e l’enfasi con cui sottolinei i suggerimenti nascosti sono anch’essi molto importanti. Mentre parli, è una buona idea marcare con il tono le parti a cui vuoi che l’altra persona risponda in particolare. Ad esempio, ascoltiamo una conversazione tra Sylvia, agente di cambio, e Ralph, suo cliente. Il corsivo indica i suggerimenti marcati dal tono.

RALPH: Sylvia, so che probabilmente hai ragione riguardo a questo investimento, solo che non sono sicuro che sia il momento giusto, per me, per spendere altri soldi. SYLVIA: Ralph, non so se tu sei pronto per un investimento simile, ma una cosa di cui sono convinta è che si possono fare un sacco di soldi, Ralph, se si investe in queste azioni ora. Inoltre, inserendo il nome di Ralph accanto al suggerimento che vuole fargli seguire, Sylvia sta rendendo ancor più certo il fatto che lui reagirà ad esso. I nostri nomi sono forse le parole più importanti

nel nostro vocabolario. Quando li sentiamo pronunciare, siamo portati ad ascoltare più attentamente. I suggerimenti nascosti faranno meraviglie per te, quando li userai con le persone nella tua vita. Esse risponderanno inconsciamente, cosicché si eviterà la loro resistenza, almeno a livello conscio.

COME CONTROLLARE UNA CONVERSAZIONE Ci sono almeno due osservazioni utili da tenere in mente quando si ha a che fare con altre persone: (1) alle persone piace più parlare che ascoltare, e (2) l’ascoltatore ha il controllo. La prima idea non ha alcun bisogno di essere documentata. La seconda è un po’ più sfuggente. Il motivo per cui l’ascoltatore ha il controllo è questo: l’ascoltatore è simile a una persona che guida una macchina. Chi parla è come il motore che fornisce la forza motrice, ma è l’ascoltatore ad essere al volante e a dare la direzione. Ponendo domande in modo assennato o facendo affermazioni appropriate, l’ascoltatore può guidare il flusso della conversazione. Ecco un esempio:

PARLANTE:

Quello che dobbiamo fare è chiedere al gruppo di Charlie, al reparto marketing, di ideare un piano d’azione per l’area sud-ovest.

ASCOLTATORE: È un’idea interessante. Puoi dirmi più specificamente in che modo questo incrementerà le vendite per l’intera regione? PARLANTE:

Certo, prima di tutto farà… (e così via).

L’ascoltatore può anche stabilire e mantenere il controllo del flusso della conversazione ponendo domande per chiarire o reindirizzare: Questo significa che _________? Cosa intendi in particolare con _________?

Oppure parafrasando: Quello che ho capito io è che stai dicendo che_________. È così? Oltre ad essere un’eccellente tecnica di ascolto attivo, la parafrasi ha l’effetto di rinforzare chi parla, in modo che continui a parlare. Un altro modo per spingere una persona a dire di più è esprimere a voce il proprio accordo. Il dare ragione costituisce un rinforzo e questo fa aumentare le probabilità che la persona continui a parlare. Se vuoi che qualcuno smetta di parlare, cioè in pratica gli stai chiedendo di tacere, ci sono almeno due metodi efficaci per “sgonfiare” la sua spinta a continuare a parlare: puoi rimanere completamente in silenzio oppure esprimere disaccordo. Entrambe queste cose, generalmente, spingeranno l’altra persona a cercare compagnia altrove. Il silenzio consiste nell’assenza di qualsiasi tipo di feedback. In gergo comportamentale è una forma di “estinzione”, che è semplicemente il rifiuto di rinforzare un particolare comportamento. L’estinzione si è dimostrata il metodo più efficace per eliminare un comportamento dal repertorio di una persona, ancor più efficace della punizione (la quale, per essere efficace, deve essere somministrata ad ogni manifestazione del comportamento indesiderato). Questa è la ragione per cui essere allontanati o esclusi da un gruppo ed essere privati di qualsiasi rinforzo o feedback da parte di altri esseri umani sono comportamenti ancor più temuti della punizione fisica. Un errore che molti genitori commettono quando vogliono zittire i bambini rumorosi è il tentativo di “punirli” perché hanno fatto chiasso, ma spesso, così, hanno il solo effetto di rinforzare proprio il comportamento che vogliono eliminare. Sembra che l’attenzione punitiva sia preferita, da parte di chi la riceve, alla completa assenza di attenzione. Quindi, se vuoi che qualcun altro stia zitto, evita di prestargli attenzione, e alla fine se ne andrà. L’altro modo efficace per far sì che una persona se ne vada e ti lasci in pace è esprimere disaccordo. Questo è un comportamento opposto al ricalcare e al costruire rapport. Inizialmente potresti ottenere una risposta polemica, ma se mantieni il tuo spirito di

contraddizione abbastanza a lungo, l’altra persona, alla fine, si allontanerà e troverà qualcun altro con cui parlare. Per noi è importante trovare persone che confermino le nostre convinzioni e opinioni, e tendiamo tutti ad “abbandonare” le persone che non sono d’accordo. Il silenzio e il disaccordo, ovviamente, sono misure piuttosto drastiche. Di solito, dire semplicemente all’altra persona che per il momento ne hai abbastanza, dovrebbe essere sufficiente. Tuttavia, è utile sapere che ci sono altre possibilità, se essere diretti e sinceri non serve allo scopo.

RIEPILOGO In questa parte del libro abbiamo esaminato come ottenere ciò che si vuole nelle interazioni con gli altri. La prima regola è sapere ciò che vuoi e poi chiederlo. Inoltre, assicurati di chiederlo in un modo che abbia senso per l’altra persona. Se l’hai ricalcata, hai un effetto su di lei, in quanto hai stabilito un legame empatico di rapport. Oltre a questo, enfatizza i vantaggi che deriverebbero dal seguire la tua idea. Identifica la strategia decisionale dell’altra persona e utilizzala per elaborare una presentazione dell’idea che sia praticamente irresistibile. Àncora le reazioni desiderate nel corso delle interazioni con l’altra persona, e in seguito innesca queste ancore al momento appropriato per creare un clima ancor più ricettivo per le tue idee. Usa suggerimenti, domande e comandi nascosti per produrre reazioni favorevoli e per evitare resistenze a livello inconscio. L’ascoltatore controlla il flusso della conversazione ponendo domande per re-indirizzare o per chiarire. Parafrasando o esprimendo accordo, spingi il tuo interlocutore a parlare di più. Rimanendo in silenzio o esprimendo disaccordo, poni fine alla discussione. Infine, dato il potere insito in queste tecniche, usale in modo saggio, affinché i risultati siano produttivi per entrambi.

SUGGERIMENTI PER FARE PRATICA

1. Allenati a chiedere ciò che vuoi. Considera un rifiuto come qualcosa di positivo piuttosto che negativo: è semplicemente il segnale che ti stai avvicinando al consenso. 2. Identifica le strategie decisionali dei tuoi amici finché il procedimento non diventa per te familiare e naturale. Poi comincia a identificare le strategie decisionali delle persone con cui lavori. Traduci queste strategie decisionali in strategie di presentazione quando vuoi persuadere quelle persone ad accogliere un’idea. Nota quanto sia più facile riuscire a fare accettare le tue idee. 3. Àncora e poi innesca reazioni positive nelle persone con cui vivi e lavori. Nota quanto sia tu che loro vi sentiate meglio quando siete insieme. 4. Fa’ attenzione ai suggerimenti nascosti che ti danno le altre persone. Questo ti aiuterà ad identificare i veri amici. 5. Fa’ una lista delle parole e delle frasi che suggeriscono il tipo di atteggiamenti e sensazioni che vorresti le altre persone avessero quando hanno a che fare con te, oppure quando pensano a te. Per esempio “sentirsi bene”, “passare una buona giornata”, “avere la mente aperta”, “imparare ancora di più”, “essere ancora più produttivo” e “sentirsi ancora più sicuro di sé”. Nascondi consapevolmente queste frasi nelle tue conversazioni con gli altri, finché non è diventata un’abitudine. Poi osserva come le cose e le persone comincino a trasformarsi magicamente intorno a te e dentro di te.

NOTE ALLA PARTE 3

1. Jerry W. Koehler, Karl W.E. Anatol e Ronald L. Applbaum, Organizational Communication: Behavioral Perspectives (New York: Holt, Rinehart e Winston, 1976), p. 219. 2. C’è una somiglianza tra questo metodo di raccogliere informazioni e il metodo a cui ci si riferisce a volte con l’espressione “intervista comportamentale” (behavioral interviewing). L’intervista comportamentale si fonda sull’osservazione empirica del fatto che le persone seguono degli schemi nel loro comportamento, e che se vuoi farti un’idea plausibile di come le persone si comporteranno in futuro, puoi riuscirci indagando sul modo in cui si sono comportate in una situazione simile nel passato. Un esperto di interviste comportamentali chiederà ad un candidato ad un lavoro: “Mi racconti di un’occasione nel passato in cui ha dovuto dare una punizione a un suo subordinato. In che modo l’ha fatto?”. Questo è un modo molto più efficace di indagare, rispetto a chiedere: “Come puniva i suoi subordinati?”. La prima delle due domande ti dirà il modo in cui il candidato ha agito in passato; la seconda ti dirà più probabilmente quello che il candidato pensa che tu voglia sentirti dire. 3. Nel libro Sources of Power: How People Make Decisions, il consulente Gary Klein cita delle ricerche – sue e di altri – nel campo del Naturalistic Decision Making, che si occupa di come le persone prendano decisioni nella vita reale, spesso in situazioni di forte pressione e in cui sia questione di vita o di morte. Klein giunge alla conclusione che le persone che svolgono una professione come quella dei vigili del fuoco, poliziotti, militari e simili, imparano da una vasta esperienza a prendere decisioni “tipo” in virtù di una valutazione di situazioni incontrate frequentemente. L’autore definisce questa strategia recognitionprimed decision making. 4. La prima posizione è il tuo punto di vista; la seconda posizione è il

5.

6. 7. 8. 9.

punto di vista dell’altra persona; la terza posizione è un punto di vista obiettivo. Uta Hagen, Respect for Acting (New York: Holt, Rinehart e Winston, 1976), p. 219; ed. it. Rispetto per la recitazione, Dino Audino Editore, Roma 2006. Hagen, p. 48. Gael Himmah, Real Estate Selling Magic (Gael Himmah Publishing Co., 1974), p. 84. Himmah, p. 85. Himmah, pp. 85-86.

Parte 4 Gestire la resistenza “È una cosa che si trova ogni giorno fuori casa.” GROUCHO MARX

In questa parte finale del libro tratteremo alcuni approcci per affrontare la resistenza delle altre persone verso di te e le tue idee. Cominceremo esplorando la natura della resistenza e le sue cause. Poi esamineremo nei dettagli alcuni tipi specifici di resistenza, come ad esempio la resistenza ai cambiamenti, la riluttanza delle altre persone ad aprirsi nei tuoi confronti e le obiezioni. Tratteremo i tipi di personalità resistenti e vedremo ciò che puoi fare per affrontarli in modo più efficace. La delicata arte della ristrutturazione offre una tecnica che ti permetterà di fare in modo che gli altri vedano il tuo punto di vista. Infine, affronteremo la rabbia e l’ostilità, e il modo di neutralizzarle con eleganza.

CHE COS’È E COME GESTIRLA

Come regola generale, è utile vedere la resistenza di un’altra persona come qualcosa che hai creato tu stesso. Questo perché l’altra persona può resistere solo a qualcosa che tu fai o dici. Inoltre, tu puoi controllare solo il tuo comportamento ed è saggio, quindi, considerare la resistenza come un tuo problema, piuttosto che come un problema dell’altro. Un altro modo di vedere quest’idea è il seguente: è la tua stessa resistenza alla resistenza dell’altra persona a causare il problema. Eliminala ed eliminerai il problema. Un modo efficace per trasformare in consenso la resistenza del tuo interlocutore è accettarla. Può sembrare un paradosso, ma lo è solo apparentemente. Il principio generale è che quando sei con un’altra persona, la combinazione che ne risulta forma un sistema. Se cambi una parte del sistema (in questo caso, il tuo comportamento), cambi, di fatto, il sistema intero (che include il comportamento dell’altra persona). Se hai ricalcato efficacemente l’altra persona, dovresti incontrare resistenze minime, se non nessuna. Tuttavia, se le incontri, ecco un suggerimento da applicare nella maggior parte dei casi: cambia il tuo comportamento. Smetti di fare quello che stavi facendo, qualunque cosa sia, e fai qualcos’altro. (In genere si tende a insistere ancora e ancora nello stesso comportamento, e questo, di solito, rafforza la resistenza dell’altro.) Potresti modificare il tuo comportamento mettendoti dalla parte dell’altra persona (“Esprimi rapidamente accordo con il tuo interlocutore”). Puoi farlo con integrità, concordando con quella parte della sua posizione che condividi sinceramente, anche se si tratta solo del dieci per cento o se riguarda un punto minore. Cerca e trova un’area di accordo. Facendolo, avrai dato prova di essere un interlocutore attento e disponibile. L’altra persona sarà dunque molto più disposta ad ascoltare la tua versione della storia (dopotutto, state entrambi dalla stessa parte). Quest’approccio potrebbe non sembrare logico, ma nelle

questioni psicologiche la cosa più importante, per la maggior parte delle persone, non è usare la logica, bensì avere ragione. Una volta che hai accettato l’altra persona e hai riconosciuto che ha ragione, paradossalmente, hai vinto la battaglia più importante. Ora siete entrambi dalla stessa parte, e quando questo accade, la resistenza scompare. Spesso sarai in grado di illustrare la tua posizione senza incontrare ulteriore resistenza. In altre parole, prima ricalca, poi guida. Prendi in considerazione, per esempio, il seguente dialogo tra Atherton e Adrienne qui di seguito.

ADRIENNE: Atherton, ci ho riflettuto su, e penso che dovremmo mettere in atto quella nuova procedura nel dipartimento. Sai, quella di cui ho parlato, con la quale riorganizziamo il flusso di lavoro attorno all’unità di elaborazione dati. ATHERTON: No, non voglio farlo. Abbiamo provato qualcosa di simile un paio d’anni fa e non ha funzionato. Non abbiamo affatto risparmiato tempo. Anzi, ha scatenato una confusione tale che qua dentro ci voleva il doppio del tempo per concludere qualcosa. Adrienne, a questo punto, deve prendere una decisione. Lei crede sinceramente che il nuovo sistema funzioni e che le dovrebbe essere concessa la chance che merita. Crede anche di poter provare che Atherton, questa volta, si sbaglia. Nello stesso tempo, si rende conto che Atherton, come tutti, ha care le sue convinzioni e vuole avere ragione.1 Quindi, decide di trovare un’area di accordo. Atherton le ha detto in vari termini che secondo lui un eventuale nuovo sistema deve far risparmiare tempo, non il contrario. Quindi, Adrienne decide di usare questo punto come area di accordo:

ADRIENNE: Sai, Atherton, penso che tu abbia ragione. Un eventuale nuovo sistema da adottare deve farci risparmiare tempo.

Con questa risposta, Adrienne si è messa dalla parte di Atherton. Cioè, si è messa al sicuro e può indagare un po’ per scoprire le ragioni per cui Atherton pensa che quel nuovo sistema non possa funzionare. Sa che se Atherton cambierà idea, sarà per le proprie ragioni, non per quelle di lei.

ADRIENNE: Sono sicura che hai delle buone ragioni per ritenere che questo nuovo sistema non funzioni. Ti dispiacerebbe dirmi quali sono? ATHERTON: Certo che no. Quello che è successo nell’ultimo fiasco è stato che il genio che ha progettato il sistema – un ragazzo prodigio del reparto Metodi e Procedure – non aveva la più pallida idea di quello che facciamo noi qui. Pensava che bastasse semplicemente spostare qualche scrivania, cambiare un paio di incarichi e responsabilità, implementando un programma di dosaggio del lavoro, e tutto si sarebbe magicamente velocizzato. ADRIENNE: E non è stato così. ATHERTON: Puoi scommetterci! Se si fosse preso la briga di chiedere a qualcuno quaggiù perché non funzionava, glielo avremmo detto. Be’, potevo dirglielo io, perché non avrebbe potuto funzionare nemmeno in un milione di anni. A questo punto Adrienne sta cominciando a capire alcune delle ragioni della resistenza di Atherton al nuovo sistema. Né a lui né a nessun altro di questo reparto, due anni prima, è stato chiesto di prendere parte alla progettazione del nuovo sistema. Chiaramente Atherton se ne è risentito, e ora lo irrita la possibilità che possa accadere di nuovo la stessa cosa. Adrienne, che ora comprende qual è la radice della questione, vede un’occasione per guidare la discussione verso un’area più proficua:

ADRIENNE: Atherton, cosa pensi che potremmo fare per migliorare il modo in cui procede il lavoro nel nostro reparto? ATHERTON: Mah, probabilmente ci sono un sacco di cose che potremmo fare. ADRIENNE: Cosa suggeriresti in particolare? ATHERTON: Be’, la prima cosa che farei sarebbe… Il momento in cui Atherton espone ad Adrienne cosa farebbe per risolvere il problema del flusso del lavoro potrebbe essere quello buono per esaminare alcune delle dinamiche all’interno del dialogo che ha appena avuto luogo. Adrienne si è accorta di aver riaperto quella che per Atherton è una vecchia ferita e di avere innescato l’àncora di un’esperienza che è stata negativa per lui. Quindi, ha cercato rapidamente un terreno comune che fosse sicuro, un’area di accordo, nel fatto di condividere con lui il suo interesse per un sistema che facesse risparmiare e non perdere tempo. In altre parole, l’ha ricalcato. Poi l’ha guidato, andando in cerca di maggiori informazioni. Entrando in accordo, o allineandosi, con Atherton, ha fatto in modo che per lui non fosse rischioso aprirsi. Di conseguenza, ha potuto farsi un’idea migliore dell’opinione di Atherton sulla questione, e questo le ha permesso di spostarsi insieme a lui all’interno di una modalità di risoluzione del problema. Cosa sarebbe successo se avesse subito tentato di contrastare la sua resistenza con le ragioni per cui il nuovo sistema avrebbe dovuto essere implementato? Senza dubbio, Atherton si sarebbe sentito costretto a difendere la sua posizione, sprecando sia le sue energie che quelle di Adrienne in un’inutile questione da cui solo uno dei due sarebbe uscito vincitore. Invece, schierandosi con lui, Adrienne è stata in grado di reindirizzare le sue energie in una direzione più produttiva, quella di cercare una soluzione ad un problema che entrambi vorrebbero risolvere, e cioè l’attuale inefficiente organizzazione del flusso di lavoro. Con ogni probabilità, Adrienne ed Atherton, ora, potranno lavorare insieme per progettare un sistema che funzioni.

Funzionerà perché sarà il frutto della loro collaborazione, non qualcosa imposto dall’alto. L’approccio che Adrienne ha assunto qui ci conduce al prossimo argomento: la resistenza al cambiamento.

LA RESISTENZA AL CAMBIAMENTO Le persone non si oppongono al cambiamento in sé. Quello a cui si oppongono è l’incertezza che si accompagna al cambiamento. Si oppongono soprattutto all’incertezza che avvolge, ad esempio, il loro rapporto con i colleghi con cui lavorano. Nel dialogo ipotetico tra Atherton e Adrienne, è stato subito evidente che la resistenza di Atherton all’idea di un nuovo sistema per migliorare il flusso di lavoro era basata su considerazioni personali e non tecniche. Si dovevano spostare scrivanie e cambiare incarichi e responsabilità. Tutto questo minacciava gli schemi delle relazioni sociali esistenti. Il modo in cui affrontare la resistenza al cambiamento consiste nell’essere prima a conoscenza delle dinamiche, soprattutto di quelle delle relazioni che si sono stabilite. Inoltre, se è possibile, è opportuno coinvolgere gli individui che saranno interessati dal cambiamento. Lasciare che prendano parte all’analisi del problema che il cambiamento mira a risolvere. Lasciarli partecipare allo sviluppo della soluzione. Adrienne ha intenzione di lavorare con Atherton e il suo staff per risolvere il problema, in modo che tutti sentano di aver contribuito alla soluzione. In questo modo, Atherton e il suo staff investiranno le proprie energie nel mettere in atto la soluzione, anziché nell’opporre resistenza alla soluzione di qualcun altro. E siccome sono più vicini al problema rispetto ai colleghi del reparto Metodi e Procedure del piano superiore, il loro approccio avrà probabilmente il vantaggio dell’esperienza pratica quotidiana, cosa che non ci si può aspettare dalle persone del piano di sopra. Nel suo articolo su questo argomento, che è ormai un classico, Paul R. Lawrence afferma quanto segue. La chiave d’accesso al problema è capire la vera natura della resistenza. In realtà, quello a cui i dipendenti si oppongono di solito non è il cambiamento tecnico, ma il cambiamento

sociale: il cambiamento nei loro rapporti umani, che generalmente accompagna il cambiamento tecnico. La resistenza ai cambiamenti di metodo (può) essere vinta facendo partecipare le persone che sono interessate dal cambiamento a realizzarlo. E la partecipazione è una sensazione provata dalle persone, non solo l’atto meccanico di essere invitati a prendere parte alle discussioni.2 Lawrence continua dicendo che le persone dello staff a cui è affidato il compito di analizzare e sviluppare soluzioni che dovranno poi essere messe in atto dagli operativi, spesso si concentrano così tanto sugli aspetti tecnici del problema da non comprendere e non rendersi conto dei rapporti sociali in gioco. “La persona dello staff è così presa dalla tecnologia del cambiamento che le interessa promuovere, che diventa completamente inconsapevole del fatto che ci possano essere altre cose di cui la gente si preoccupa.”3 Lawrence conclude ricordando che sono i rapporti sociali a rendere possibile la produttività sul lavoro: Non dobbiamo dimenticare che questi stessi accordi sociali, che a volte sembrano così fastidiosi, sono essenziali per la prestazione di lavoro. Senza una rete di rapporti sociali consolidati, un’azienda sarebbe popolata da un insieme di persone che non hanno alcuna idea di come lavorare l’una con l’altra in modo organizzato. Lavorando con questa rete invece che contro di essa, i rappresentanti del management possono dare alle nuove idee tecnologiche una possibilità in più di essere accettate.4 Questo è l’approccio che Adrienne ha scelto di assumere con Atherton e il suo staff. Insieme, avranno buone possibilità di risolvere il problema.

LA VITA NON È UNA GARA Il modo migliore per affrontare la resistenza è entrare in accordo o allinearsi con essa, piuttosto che combatterla. In molti modi, questa nozione è estranea alla cultura occidentale. Da bambini (soprattutto

se si è maschi), ci è stato insegnato ad essere competitivi. Facevamo giochi in cui alla fine c’erano vincitori e vinti, e ci veniva detto che la cosa migliore era vincere e la cosa peggiore era perdere. La boxe è forse l’espressione più pura di questo atteggiamento. Un uomo cerca di costringere un altro a sottomettersi prendendolo a pugni, oppure, se non ci riesce, l’esito viene deciso da una giuria. Il sistema legale americano è, in larga parte, basato su conflitti. L’idea e l’ideale della competizione e della sopravvivenza del più forte permeano il pensiero e i modi di relazionarsi con gli altri in gran parte del mondo occidentale. Al contrario, l’approccio orientale alla vita è basato sulla cooperazione e sull’armoniosa risoluzione dei conflitti. L’aikido, arte marziale giapponese sviluppatasi in un periodo relativamente recente, unisce tecniche derivanti da molte arti marziali orientali più antiche, fondendole in un sistema sottile e sofisticato per difendersi evitando, allo stesso tempo, di ferire l’aggressore. L’idea è quella di allinearsi all’aggressore e di usare la sua forza per sventare l’attacco. Ci si muove insieme al proprio avversario, piuttosto che contro di lui. Usando questo approccio, un’esile donna esperta di aikido può mettere facilmente a terra un uomo robusto usandone l’energia e lo slancio. Confronta questa scena con quella di due pugili sul ring, ognuno che lotta per mettere l’altro alle corde, e ti farai un’idea di una delle differenze essenziali tra l’approccio occidentale e quello orientale nell’affrontare la resistenza. In numerosi casi l’approccio orientale è molto più sensato e, generalmente, conduce a risultati molto più produttivi. Quest’idea viene anche espressa dall’economista e consulente manageriale Lester C. Thurow nel libro La società a somma zero: La nostra struttura politica ed economica, semplicemente, non è in grado di tener testa a un’economia che abbia un elemento sostanziale a somma zero. Un gioco a somma zero è qualsiasi gioco in cui le perdite sono equivalenti ai guadagni. Per ogni vincitore c’è un vinto, anzi: i vincitori possono esistere solo se esistono i vinti. Ciò che va al vincitore, viene tolto al vinto.5

La vita non è una gara. Certamente, ci sono volte in cui è necessario assumere una posizione conflittuale. Tuttavia, nel cimentarsi in un gioco in cui se uno vince l’altro perde, è meglio se si assume il ruolo di avversario come ultima risorsa, non come prima mossa. In generale, sia al lavoro che a casa, è meglio affrontare la resistenza con un atteggiamento del tipo vincere/vincere. Dunque, la domanda diventa: “Come possiamo vincere entrambi?” (cosa che Adrienne sta facendo con Atherton e il suo staff) e non: “Come posso fare in modo che l’altra persona perda?”. Diventa: “In che modo possiamo lavorare insieme?” invece che: “Come posso provare che io ho ragione e lui ha torto?”. Il gioco vincere/perdere, ragione/torto è pericoloso, anche quando vinci, o vinci il primo round. Come la metteva il buon vecchio e saggio giocatore di baseball Satchel Paige: “Non guardare indietro. Può darsi che qualcosa stia per raggiungerti”. I vantaggi di un atteggiamento “vincere/vincere” (win/win, nel senso di “vincere tutti”), invece, sono considerevoli. Nelle negoziazioni, un atteggiamento simile può addirittura aumentare il proprio potere. R.G.H. Siu, nel suo affascinante (e deliziosamente machiavellico) libro The Craft of Power [La destrezza del potere, n.d.t.], parla dell’importanza di questa strategia: Gli obiettivi spesso si possono raggiungere in modo più efficace mediante [azioni] accomodanti, piuttosto che con azioni che danneggiano entrambe le parti. A questo proposito, uno dei potenti più stimati negli anni Trenta era Sidney Hillman. Fu il leader degli Amalgamated Clothing Workers of America (Lavoratori tessili associati d’America) dall’inizio, nel 1914, fino alla sua morte, nel 1946. Non solo riuscì a far aumentare gli stipendi e a migliorare le condizioni di lavoro dei membri del suo sindacato, ma esercitò anche una significativa influenza sul presidente in materia di politica nazionale sociale. Era molto conosciuto per il suo buonsenso anche tra i funzionari delle aziende con cui negoziava. Nel 1934 il giornale specialistico The Daily News Record riportò: “Mr. Hillman gode della fiducia e del rispetto degli imprenditori con cui ha trattato. In generale, si dice di lui che non abbia mai fatto ad un’industria richieste che essa non potesse affrontare

economicamente, ed è noto che ha fatto concessioni quando la realtà della situazione era ineluttabile”.6 Uno dei vantaggi, dunque, di affrontare il gioco da una posizione vincere/vincere è che le altre persone continueranno a giocare con te, e di conseguenza potrai continuare ad influenzarle. La strategia più saggia nel cercare di affrontare la resistenza e risolvere i conflitti è accordarsi e collaborare, quando è possibile, invece di entrare in conflitto. Persino Machiavelli sarebbe d’accordo. “Fa’ del bene quando puoi,” scrisse, “fa’ del male quando devi.” Ma se fai del male, sii preparato alle conseguenze. Evita di guardare indietro. Potresti essere raggiunto da qualcosa.

FARE IN MODO CHE LE PERSONE RILUTTANTI SI APRANO Osserva per un momento i punti qui sotto:

Mentre guardi, la tua mente, immediatamente, comincia a vedere i punti sulla sinistra come i tre vertici di un triangolo e i punti sulla destra come i quattro angoli di un quadrato. Una volta che è diventato parte della tua esperienza vedere qualcosa in un certo modo (organizzato) – in questo caso, un triangolo o un quadrato – diventa difficile vederlo in un modo differente. La tua mente, in pratica, si rifiuta di vedere questi punti senza una relazione tra di loro. Ciò che è diventato intero una volta, rimane intero. Questa insistenza a vedere un triangolo e un quadrato dove non ne esistono affatto sembra essere parte di un desiderio urgente di scorgere una globalità organizzata e dotata di significato. È un altro modo di dare un ordine al mondo che ci circonda, come il linguaggio che usiamo. Come dice Wallace Stevens nella poesia L’idea di ordine a Key West:

E ogni volta che lei cantava, il mare, Qualunque identità avesse, diventava quello Che era la sua canzone, perché lei ne era la creatrice. Allora noi, Mentre la contemplavamo cavalcare là, sola, Sapevamo che non c’era mai stato un mondo per lei Eccetto quello che cantava e, cantando, creava. Ramon Fernandez, dimmi, se lo sai, Perché, quando il canto terminava e noi volgevamo i nostri passi Verso la città, dimmi perché le luci vitree, Le luci sulle barche da pesca ancorate là, Mentre scendeva la notte, oscillando al vento, Dominavano la notte e dividevano il mare, Fissando zone ornate e alberi infuocati, Organizzando, intensificando, incantando la notte. Oh! Sacro furore d’ordine, pallido Ramon, il furore del creatore di dare ordine alle parole del mare, Parole dei fragranti portali, debolmente stellato, E di noi stessi e delle nostre origini, In distinzioni ancor più spettrali, suoni ancor più penetranti.7 Il bisogno di scorgere un ordine costituisce uno schema definito del nostro comportamento. Infatti, un vago disagio, un’incertezza, possono anche risultare dal non riuscire a completare qualcosa che sembra già iniziato: sentire le prime tre note, ma non la quarta, dell’inizio della Quinta Sinfonia di Beethoven, per esempio, oppure salire su una scala mobile e accorgersi improvvisamente che non si sta muovendo. Sebbene la scala mobile sia comunque utilizzabile, la nostra aspettativa, che deriva dall’esperienza passata, è tale da farci perdere momentaneamente la coordinazione, tale da farci addirittura tremare le gambe. Sono necessari alcuni passi per orientarci nuovamente verso il compito di muoverci con la nostra stessa forza. Il disagio o la frustrazione causati dall’impossibilità di realizzare l’aspettativa di qualcosa, di lasciare il suo potenziale incompiuto, può essere usato a tuo vantaggio nel trattare con gli altri. Milton Erickson ci dà un esempio di come incoraggiare una persona a parlare ostacolando il suo discorso:

A volte… chiedo: “Come ti chiami, quanti anni hai, da dove vieni, per quale squadra di baseball tifi?”. Ogni volta che la persona freme per rispondere e comincia a muovere le labbra per farlo, le viene posta la domanda successiva. Fai una domanda, cominci appena una pausa, e non dai la possibilità di rispondere. Dopo la domanda successiva aspetti un po’, ma non abbastanza da permetterle di rispondere. Sei così impaziente e provochi una tale frustrazione in lei, che alla fine dice: “Vuoi star zitto? La risposta è…”.8 Questa tecnica, chiamata “costruire aspettativa” da Erickson, e stacking (accumulo) da Bandler e Grinder, è un modo potente per far sì che le persone riluttanti si aprano con te. La sua efficacia deriva dal bisogno di completamento presente in ciascuno di noi. È una tecnica usata in maniera piuttosto ampia, e, probabilmente in modo involontario, da Charlie Rose, il presentatore di talk show sulla PBS. Quando Rose fa delle domande, spesso ne accumula molte una sull’altra, inserendoci in mezzo anche un commento. È uno stile estremamente colorito che fa infuriare alcune persone, ma che ha l’effetto inevitabile di creare il potenziale di risposta nell’ospite. Un’altra strategia molto efficace per spingere le persone ad aprirsi è dare loro il permesso di non parlare, mentre, simultaneamente, si inviano loro suggerimenti nascosti ad aprirsi. Erickson descrive il suo uso di questo approccio: A volte, durante il primo colloquio, è necessario aiutare qualcuno a parlare. Le persone vengono a raccontarti i loro problemi, eppure sono riluttanti a discuterne. Un modo per affrontare questo fatto è dire: “Questo è il tuo primo colloquio con me. Mi hai detto che vuoi parlare di cose molto dolorose. In altre parole, ritengo che ci siano delle cose che preferiresti non dirmi. Penso che tu debba evitare di dirmi quelle cose che non ti senti di dirmi. Dimmi solo le cose che riesci a dirmi, in modo che il dolore che provi sia il minimo possibile. Assicurati di tenere per te le cose che non ti senti di dirmi”. La persona comincia a parlare, e alla fine della seduta mi dice: “Be’, le ho detto tutte le cose che non mi sentivo di dirle”. Quello che mettono in atto è una selezione. Pensano: “Posso

arrischiarmi a dire questo oppure no? Sono libero di tenermelo per me, ma immagino di poterlo dire”. Votano sempre in favore del dirlo. Posticipano il racconto, ma proprio in questo consiste il trattenerlo.9 Se esamini questo brano più da vicino, scoprirai che Erickson nasconde il consiglio “dirmi”/“dimmi” numerose volte in sei frasi che, apparentemente, danno al cliente il permesso di non parlare. Questa tecnica è insuperabile per la sottile efficacia con cui evita che si crei resistenza a livello conscio. Di fronte ad una persona che è poco propensa ad aprirsi con te, potresti trovare utile questa variazione della frase di Erickson: “Non voglio che tu mi dica qualcosa che non vuoi dirmi. Dimmi solo tutto quello che ti senti di dire e tutto quello che mi occorre sapere per comprendere pienamente la tua situazione”. Se questo ti sembra manipolativo, considera i tipi di suggerimenti nascosti che spesso le persone inviano involontariamente a coloro che amano: Johnny, non mettertelo in bocca! Susie, non parlarmi mai più in questo modo! Sam, non so, questo posto ti fa impazzire! Jill, non andare sulla strada. Potresti essere investita. Per evitare di dare suggerimenti del genere, esprimi i tuoi desideri e bisogni in forma affermativa: Johnny, metti giù quel bastone, per favore. Susie, preferirei che usassi un tono più educato quando mi parli. Sam, troviamo un posto dove possiamo calmarci e rifletterci su. Jill, gioca nel giardino, così sarai al sicuro dal traffico. Il potere dei suggerimenti nascosti è notevole. Usali con giudizio.

USI CREATIVI DELLA CONFUSIONE A volte, nel corso di una conversazione, la persona con cui stai parlando potrebbe confondersi. Quando questo accade, torna utile conoscere un fenomeno che Milton Erickson scoprì durante

l’università, e di cui si ricordò in seguito, nel 1923, mentre si trovava per strada, in città. Un giorno di forte vento, mentre mi recavo a frequentare il primo seminario formale di ipnosi condotto negli Stati Uniti, mi si precipitò addosso un uomo da dietro l’angolo di un edificio e mi sbatté violentemente contro, mentre stavo cercando di farmi strada controvento. Prima che potesse recuperare l’equilibrio per parlarmi, guardai con attenzione il mio orologio e molto cortesemente, come se mi avesse chiesto che ore fossero, dissi: “Mancano esattamente dieci minuti alle due”, sebbene fossero in realtà quasi le quattro del pomeriggio, e me ne andai. Circa un isolato più avanti, mi voltai e lo vidi là che mi guardava ancora, senza dubbio ancora perplesso e sconcertato da ciò che gli avevo detto.10 Mentre Erickson continuava la sua passeggiata, si ricordò di altre occasioni in cui aveva fatto simili bravate. Una volta, all’università, aveva frustrato i tentativi del suo collega di svolgere la parte di un esperimento di laboratorio di fisica che volevano fare entrambi. Mentre si stavano spartendo l’attrezzatura, Erickson, nel momento cruciale, aveva detto con calma ma con forza: “Quel passero è volato prima tutto a destra, poi all’improvviso è volato a sinistra e poi verso l’alto, e dopo non so proprio cosa ne sia stato di lui”. Mentre il collega lo fissava perplesso, Erickson aveva raccolto tutta l’attrezzatura necessaria alla parte dell’esperimento che voleva svolgere e si era messo subito al lavoro. L’altro, esterrefatto, aveva preso quello che gli aveva lasciato Erickson, accorgendosi solo a lavoro quasi finito che stava svolgendo la parte dell’esperimento che voleva evitare. Erickson, in seguito, perfezionò questa tecnica unendo alla confusione alcuni comandi, sia nascosti che espliciti, per produrre una reazione desiderata. Il principio operativo, qui, sembra essere il seguente: quando una persona è in uno stato di confusione, risponderà alla prima indicazione chiara che gli viene data. È un po’ come un uomo che sta annegando e che annaspa in cerca d’aria: accetterà qualsiasi aria gli si presenti, senza fermarsi a chiedersi da dove provenga, oppure se “abbia senso”. La gente anela alla completezza, all’unità.

Le persone addestrate al controllo delle folle imparano ad usare questa tecnica che consiste nel creare confusione. In una situazione di disordine, per esempio, persiste spesso uno stato di confusione, finché qualcuno non riporta la situazione sotto controllo, dando direttive chiare e decise. Fornendo alle persone che sono in uno stato di confusione indicazioni chiare, le si può guidare piuttosto facilmente e incontrando una resistenza minima: “Mantenete la calma. Alzatevi e avviatevi tranquillamente verso l’uscita”.

GESTIRE LE OBIEZIONI Ci sono vari modi per gestire le obiezioni, a seconda della natura dell’obiezione e della personalità di chi la solleva. Ecco qualche consiglio: 1. Accetta ed usa l’obiezione. Ogni volta che una persona muove un’obiezione alla tua idea, o ad una parte di essa, ricordati che dietro all’obiezione c’è energia. Con abilità, puoi usare quell’energia e re-indirizzarla verso il tuo obiettivo. Immagina, per esempio, di avere appena suggerito una linea di condotta al tuo cliente, Byron Biggs:

TU:

Be’, Byron, che ne pensi di quest’idea?

BYRON: Non lo so. Dovrò pensarci su ancora un po’. TU:

Buona idea, Byron. Mi fa piacere che tu abbia intenzione di rifletterci attentamente su, perché è una decisione importante, quella che stai per prendere. Fermiamoci un attimo e rivediamo velocemente i punti relativi alla tua situazione su cui siamo d’accordo. Mentre rivediamo questi punti, se hai domande, per favore interrompimi, in modo che tu possa prendere la miglior decisione possibile.

Accettando l’obiezione di Byron e re-indirizzando in seguito la sua attenzione sul fatto in questione, in particolare sui punti di accordo, stai aumentando le probabilità di riuscire a ottenere una decisione

favorevole. Nota anche che hai inviato dei suggerimenti nascosti allo scopo di dirigere Byron verso la conclusione: “rifletterci attentamente su… è una decisione importante quella che stai per prendere… prendere la miglior decisione possibile”. Il passo successivo consiste nel passare in rassegna i punti più importanti della tua presentazione e nell’osservare o chiedere in proposito la reazione di Byron. Per esempio: “Hai qualche domanda riguardo a questo, Byron?”, “È chiaro, oppure vorresti saperne un po’ di più?”. È di vitale importanza che tu chiarisca tutti i dubbi durante questo processo, altrimenti lui deciderà di risolverli senza di te, aumentando di conseguenza la probabilità che entrambi perdiate un’occasione. Dopo aver portato a termine questo procedimento, sarai in una posizione molto migliore per ottenere la decisione proprio lì in quel momento, o almeno per sapere cosa fare dopo. 2. Esprimi accordo con la sensazione. A volte è praticamente impossibile essere d’accordo con certe idee, o anche con una piccola parte di esse, senza violare il proprio senso di integrità. Quando si presenta una situazione simile, puoi sempre accordarti alle sensazioni che prova l’altra persona. Per esempio:

SIGNORA CHAN:

Sento che quest’idea non ha alcun senso per me, ora.

TU:

Capisco come si sente, signora Chan. Anch’io mi sono sentito così a volte, così come altri miei clienti. Tuttavia, considerando attentamente le cose, questo è quello che hanno scoperto… (Fornisci alcuni esempi di persone che ci hanno ripensato, a loro vantaggio.)

Quando una persona ti dice come si sente, è molto importante riconoscere il suo sentimento, che tu condivida o meno l’idea espressa. Una ragione per agire così ha a che fare con il modo in cui la maggior parte di noi viene trattata durante l’infanzia. Ad alcune figure che rappresentavano l’autorità ed erano animate da buone

intenzioni, come genitori, insegnanti e formatori, è stato insegnato, da parte di altre figure autoritarie ben intenzionate, che il modo giusto in cui si deve affrontare un bambino disubbidiente è simulare sofferenza, guardarlo in modo severo negli occhi e proclamare: “Non capisco proprio come tu possa sentirti così! Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te!”. Una variante rispetto a questo schema, quando si richiedono misure ancor più severe, è “Mio figlio non può sentirsi così!”. Con questa tecnica si può stare sicuri che il bambino crescerà continuando ad essere confuso e a mettersi sulla difensiva quando si tratterà dei propri sentimenti, soprattutto quando questi non saranno tra quelli socialmente accettabili. E se tu, animato da buone intenzioni nel tentativo di contestare un’obiezione, rispondessi con: “Byron, non capisco come tu possa sentirti in questo modo riguardo a quest’idea fantastica!”, potresti innescare un’ancora che farebbe riaffiorare anni di ostilità e rabbia repressa. È un’idea migliore e anche più gentile, da parte tua, riconoscere il sentimento. Verrai considerato un alleato, piuttosto che un avversario. 3. Racconta una storia. Questo è uno dei modi più efficaci per evitare di suscitare resistenza a livello conscio. Milton Erickson era particolarmente esperto nel raccontare storie (usando le metafore) per relazionarsi con clienti molto resistenti. Jay Haley descrive la tecnica di Erickson: L’approccio che utilizza analogie e metafore… è particolarmente efficace con soggetti resistenti, dal momento che è difficile opporre resistenza a un suggerimento che non si è consapevoli di ricevere… Come esempio tipico, se Erickson sta trattando con una coppia di coniugi che sono in conflitto riguardo ai rapporti sessuali e preferirebbero non discuterne direttamente, si avvicinerà al problema in modo metaforico. Sceglierà alcuni aspetti della loro vita che siano analoghi ai rapporti sessuali e li cambierà in modo da modificare il loro comportamento sessuale. Per esempio, potrebbe parlar loro del fatto di cenare insieme ed estrapolare informazioni riguardo alle loro preferenze. Parlerà con loro di quanto la moglie gradisca gli antipasti

prima di iniziare, mentre il marito preferisce tuffarsi direttamente nella carne con le patate. Oppure la moglie preferirebbe cenare in modo tranquillo e piacevole, mentre il marito, che è rapido e diretto, non vuole che concludere la cena al più presto. Se i coniugi cominciano a collegare ciò che stanno dicendo ai rapporti sessuali, Erickson si “sposterà velocemente” verso altri argomenti, e in seguito ritornerà sull’analogia. Potrebbe concludere una conversazione simile suggerendo alla coppia di preparare una cena, una sera particolare, che sia soddisfacente per entrambi. Quando questo approccio si rivela efficace, l’effetto è quello di portare la coppia da una cena più piacevole ad un rapporto sessuale più piacevole, senza che i due si rendano conto del fatto che Erickson si era deliberatamente posto quell’obiettivo.11 Raccontare una storia invita l’altra persona a porsi all’interno della storia stessa e permette alla sua mente inconscia di fare i collegamenti necessari. Questa tecnica è stata usata dai più grandi persuasori per migliaia di anni. Le parabole raccontate da Gesù ne sono esempi significativi. 4. Esprimi curiosità o interesse. Spesso, esprimendo curiosità o interesse, puoi portare l’altra persona ad elaborare la sua obiezione e forse persino a modificarla o ritirarla:

CYNTHIA: Non penso di poterlo fare, al momento. TU:

Davvero? Interessante. Pensavo che questo fosse il momento ideale per farlo. Sarei curioso di sapere cosa ti impedisce di farlo, attualmente.

CYNTHIA: Be’, al momento ho così tante altre cose a cui pensare. Dovrei rivedere i miei programmi, e questa sarebbe una seccatura. Ora hai qualcosa su cui lavorare. Forse potresti offrirti di aiutare Cynthia in alcune delle sue priorità in modo che possa occuparsi

presto della tua. Ogni volta che le persone ti dicono che non hanno tempo per fare qualcosa che andrebbe a loro vantaggio, probabilmente significa che non sono molto abili nel gestire il loro tempo. Un’offerta di aiuto potrebbe significare che la tua idea sarà accolta in cambio dell’appoggio ricevuto. 5. Parafrasa l’obiezione. Questa tattica, come quella di esprimere interesse o curiosità, spesso spinge le persone ad elaborare o modificare le loro obiezioni.

ROY: Riconosco che probabilmente ci farebbe risparmiare soldi a lungo andare, ma non possiamo proprio farlo rientrare nel budget, ora. Al capo verrebbe un accidente. TU:

Fammi capire se ho capito bene, Roy. Dici di essere d’accordo sul fatto che questo programma è probabilmente conveniente, ma pensi che il tuo capo si infurierebbe perché non rientra nel budget, è così?

ROY: Sì, è quello che ho detto. Quello che volevo dire è che dovrei sudare sette camicie per convincerlo a spendere altri soldi, almeno fino all’inizio dell’anno prossimo. TU:

A quanto dici, sembra proprio che occorra essere molto persuasivi. Se ci sedessimo e ci pensassimo su, pensi che potremmo tirar fuori una proposta che il tuo capo ascolterebbe?

ROY: Mah, forse. Ancora una volta hai qualcosa su cui lavorare. E se accetti di fare tu la maggior parte del lavoro per completare la proposta, ci sono buone possibilità che tu ottenga il sostegno di Roy. Soprattutto se diventa anche una sua idea. 6. Chiedi cosa ci vorrebbe per convincere l’altra persona. Questa domanda può essere posta a tuo vantaggio in vari momenti

della discussione con le persone che miri ad influenzare. È una domanda che è utile rivolgere prima di preparare il tuo discorso di presentazione, ad esempio. Spesso le persone ti diranno esattamente quello che ti occorre per convincerle. Puoi fare la stessa domanda quando ti sembra di aver raggiunto un punto morto durante la presentazione, quando la persona si tira indietro al momento della decisione o quando viene sollevata un’obiezione. Ha l’effetto di ridurre la pressione alla quale tu sei sottoposto, aprendo allo stesso tempo la discussione a nuove informazioni. L’obiettivo immediato è soddisfatto: mantieni viva la conversazione, finché non vedi una via d’uscita. 7. Metti la persona di fronte alla cruda verità. Questa è l’ultima risorsa, per le persone che pensi dovrebbero agire ma stanno rimandando senza una ragione apparente. Consiste semplicemente nell’affermare la verità statistica, cioè che un ritardo ora significa, con ogni probabilità, nessuna azione in futuro riguardo alla tua proposta.

JANE: Forse è meglio se mi richiami (questa frase è stata ripetuta per l’ennesima volta). Ora non ho tempo per agire al riguardo. TU:

Capisco che tu voglia riflettere attentamente su quest’idea, ma non riesco a capire cosa sia cambiato dalle ultime volte che sono venuto. Posso essere sincero? Secondo la mia esperienza, quando le persone esitano ad agire riguardo a un’idea come questa, non agiranno mai, e di conseguenza non ne trarranno mai vantaggi. La cosa triste è che se ora me ne vado senza aver ottenuto da te una decisione, c’è meno di una possibilità su dieci che quest’idea possa mai giovarti.

Questa frase dovrebbe essere pronunciata con la più assoluta gravità e sincerità, e poi dovresti aspettare una risposta: diventa il momento del “decidi ora o mai più”. Ti occorre una decisione. Persino una risposta negativa è da preferire al processo infinito che

può aver luogo quando le persone ti dicono di “richiamare più tardi”. Alcuni lo prolungheranno all’infinito, sprecando sia il loro tempo che il tuo. Ha più senso arrivare a una decisione finale ora, e chiudere la questione in un modo o nell’altro. 8. Riconosci e persevera. Questo è stato definito il “disco rotto” nei corsi sull’assertività. Il senso è quello di continuare a dire ad un’altra persona semplicemente quello che vuoi, nonostante tutte le sue obiezioni. Andrebbe all’incirca così:

LEE: Non credo proprio di volerlo, ora. TU:

Mi rendo conto che tu non voglia farlo ora, e vorrei proprio che lo facessi.

LEE: Noo, non voglio farlo. TU:

Capisco, ma vorrei che lo facessi lo stesso.

LEE: Diavolo, vorrei davvero aspettare ancora. TU:

So che tu vorresti aspettare ancora, e io vorrei che lo facessi proprio ora.

Questa conversazione non è sconosciuta a genitori di figli adolescenti il cui ardore vitale non sempre contempla i compiti a casa. L’idea è quella di continuare a riconoscere (ricalcare) la riluttanza dell’altra persona, e di persistere (guidare) malgrado essa. Pochissimi riescono a far fronte a una tale perseveranza. La maggior parte delle persone cederà dopo non più di cinque tentativi solo per liberarsi di noi; sette è all’incirca il numero massimo di tentativi a cui una persona può resistere. E sebbene, a prima vista, questa tecnica sembri antitetica alla filosofia del seguire il flusso della resistenza, nota che inizialmente, prima di affermare la tua posizione (guidare), accetti (ricalchi) il rifiuto. Quest’approccio funziona, in particolare, con persone che devono essere sollecitate per agire. È vero che non è una tattica particolarmente gradevole da

usare sugli altri; tuttavia, ci sono alcune persone che ti lasciano poca scelta.

TRATTARE CON TIPI DI PERSONALITÀ RESISTENTI Come ho anticipato, è una buona idea considerare la resistenza in un’altra persona come qualcosa che tu stesso hai creato. A volte, tuttavia, potresti essere costretto a trattare con persone che sembrano essere sempre sfavorevoli, indipendentemente da coloro con cui hanno a che fare. Ecco alcuni consigli per relazionarsi con questo tipo di persona. 1. Fai l’avvocato del diavolo. Immagina di star presentando un’idea al signor Snide, il quale comincia a fare delle forti obiezioni alla tua proposta, magari anche focalizzando una parte dell’attacco su di te in quanto persona. In una situazione simile per deviare l’attacco lontano da te puoi utilizzare una tecnica che è stata definita in alcuni casi “La sedia che scotta” e che funziona così. Dopo che il tuo potenziale acquirente ha sollevato una serie di obiezioni verso di te e la tua idea, alzati dalla sedia e cammina con aria pensierosa verso di lui; siediti su una sedia vicino alla sua (oppure fermati in piedi in un’area neutrale vicino a lui), e poi voltati verso la sedia vuota. Di’: “Sa, signor Snide, se fossi nella sua posizione,” che è esattamente dove sei ora, fisicamente, “probabilmente farei le stesse domande e vorrei ricevere delle risposte soddisfacenti”. Poi ripeti le sue obiezioni (riformulando quelle più personali in termini leggermente meno corrosivi) rivolgendo i tuoi gesti, allo stesso tempo, in direzione della sedia vuota. Ora sei fisicamente e dunque, per estensione, psicologicamente dalla sua parte, e stai interpretando il ruolo dell’avvocato del diavolo verso la tua stessa proposta. Questo può interrompere l’attacco e trasformare una relazione di contrasto potenzialmente distruttiva in una collaborazione. Ovviamente, dopo aver fatto la parte dell’avvocato del diavolo attaccando la tua stessa proposta, sarà meglio replicare alle sue obiezioni con delle risposte appropriate. Questa tecnica può avere un effetto curioso e profondo sull’altra persona, agendo, in qualche modo, come la tecnica di confusione di

cui ho parlato prima. Questo scambia il terreno di gioco, per così dire, e può avere un effetto che spesso viene chiamato reverse psychology (psicologia inversa). Con persone che sentono il bisogno innato di esprimere disaccordo verso qualunque cosa dica il loro interlocutore, l’effetto di attaccare la tua stessa posizione, spesso, può spingerle ad assumere il punto di vista opposto. Questo le pone, dunque, nella posizione piuttosto interessante di sentirsi obbligate a difendere la tua idea iniziale. 2. Suggerisci il contrario. Questa tecnica assomiglia a quella dell’avvocato del diavolo. Tuttavia, invece di dire all’altra persona ciò che vuoi, e poi cambiare punto di vista quando la tua posizione inizia a “scottare”, cominci il tuo discorso di presentazione suggerendo l’opposto di quello che vuoi l’altra persona faccia o su cui vuoi che esprima il suo accordo. La spiegazione logica di quest’approccio effettivamente manipolativo è che è molto più facile da mettere in pratica: si accorda con gli schemi comportamentali già affermati degli altri, invece di cercare di interromperli o di cambiarli. Per esempio, ammettiamo che ti trovi nella poco invidiabile posizione di dover ottenere il supporto e la collaborazione di qualcuno che, sai, “polarizzerà” (per usare una delle espressioni preferite di Bandler e Grinder). Invece di allinearti con questa persona, comincia la discussione suggerendo l’opposto, oppure insinuando che, probabilmente, non sarà capace di fare quello che tu desideri faccia. Per esempio:

TU:

Mi rendo conto del fatto che probabilmente non hai l’autorità necessaria per approvare questa richiesta, J.B., ma mi stavo chiedendo se potessi darmi un consiglio su come risolvere comunque la cosa.

J.B.:

Cosa significa che non ho l’autorità! Fammi vedere!

O forse vuoi che J.B. faccia dipingere di giallo le pareti dell’ufficio:

TU:

Sai una cosa, J.B., non penso proprio che il giallo vada bene per l’ufficio. So che numerosi studi hanno dimostrato che il giallo sembra essere un buon colore per un ambiente lavorativo, ma io non mi bevo tutte queste stravaganze psicologiche.

Certamente, J.B. sarà costretto da una qualche spinta interiore a voler scegliere il giallo, e probabilmente risponderà con una lunga parentesi sul suo interesse riguardo alle implicazioni psicologiche di ogni colore esistente. Potrai ascoltare educatamente e in seguito ammettere con riluttanza che J.B. ha probabilmente ragione, e che il giallo potrebbe non essere un colore così brutto, dopotutto. Questa tecnica è manipolativa? Certo che lo è, ma non in maniera distruttiva. Dopotutto, vincete entrambi: tu ottieni quello che vuoi, e cioè le pareti dipinte di giallo, e J.B. ottiene quello che vuole, cioè fare l’opposto di qualunque cosa tu suggerisca. In questo caso, essere manipolativi significa “usare abilmente le risorse disponibili”, e una delle maggiori risorse, in questo caso, è lo schema comportamentale presente nell’altra persona. 3. Comando e annuncio. Questo delizioso stratagemma, inizialmente suggerito dallo psicologo Lloyd Homme, propone un modo di controllare non solo il tuo stesso comportamento, ma anche quello degli altri. Almeno dà una parvenza di controllo, che per questo scopo è abbastanza vicina al controllo vero. È piuttosto efficace con le persone dispotiche, quelle che riescono a rendere la vita stressante e infelice a coloro che devono lavorare insieme a loro. Harriet ha cercato di trattare con Don, il suo capo, per i due anni in cui ha lavorato per lui. È stata sempre sottoposta a un forte stress perché Don non le chiede mai di fare niente: le ordina di farlo, che si tratti di portargli una tazza di caffè o di battergli al computer una lettera importante. Uno scambio tipico tra Harriet e Don potrebbe svolgersi così:

DON:

(seduto alla scrivania, mentre sfoglia con aria indaffarata dei documenti. Non alza nemmeno lo sguardo quando entra Harriet) Harriet, portami una tazza di caffè, e trova il

fascicolo sulla Danvers Company, e dopo che l’hai fatto, finisci la lettera per Donegin. La voglio pronta per le dieci. HARRIET: (sentendosi furiosa) Sì, certo. È tutto? DON:

Sì. (Harriet esce in silenzio, con lo stomaco che le si contorce dalla rabbia.)

Harriet si sente come una marionetta appesa a un filo e priva di volontà. Da quando ha cominciato a lavorare per Don, ha fatto tutto quello che le è venuto in mente per fare in modo che lui la trattasse come qualcosa di più di un robot. Si è anche messa al suo livello e gli ha detto che si sente avvilita quando lui le dà ordini senza alcun riguardo apparente per i suoi sentimenti. Eppure, finora niente ha funzionato, e lei si sente frustrata per la propria incapacità di migliorare la situazione. Un’alternativa a questa frustrazione risiede nella tecnica del “comando”. Le regole sono apparentemente semplici: osserva quello che l’altra persona sta facendo o sta per fare e, semplicemente, ordinale di farlo, in modo tale che sembri che sia tu a controllare il suo comportamento. Questa è una tattica particolarmente efficace per trattare con tipi tirannici come Don. Una variazione del “comando” è l’“annuncio”: annunci quello che stai facendo o stai per fare, cosa che mette sotto controllo il tuo stesso comportamento. Quando Harriet avrà la padronanza di questa mossa, uno scambio di battute con Don si svolgerà più o meno così:

HARRIET: (entrando nell’ufficio di Don) Don, sto andando giù nell’ingresso (annuncio) e vorrei che mi dicessi se vuoi una tazza di caffè (comando). DON:

(guardando in modo perplesso) Ah, certo, Harriet. Grazie. (Harriet esce e ritorna dopo pochi minuti con il caffè di Don).

HARRIET: Don, ora finisco la lettera per Donegin (annuncio). Ecco il

tuo caffè. Se non è esattamente come lo vuoi, voglio che tu me lo dica così te ne prenderò un’altra tazza (comando). DON:

(ancora confuso) Mmh, certo, Harriet. Grazie.

Se esamini questa scena, vedrai che Harriet ha legato le mani a Don in due modi. Lui non può più darle ordini con facilità senza obbedire, allo stesso tempo, a quelli che gli ha dato lei. Lei ha assunto il controllo della situazione, controllando il proprio comportamento con l’azione di annunciarlo e controllando quello di Don, ordinandogli di agire esattamente nel modo in cui lui è abituato ad agire. E, ordinando a Don di essere Don, Harriet ha creato per lui un dilemma: se le dice di fare quello che lei ha appena ordinato a lui di fare (prendere il caffè, rimandarlo indietro, e così via), allora le sta, in pratica, obbedendo. Se, d’altra parte, non le “obbedisce” dicendole quello che deve fare, allora sta, in pratica, facendo quello che lei in realtà vuole che lui faccia: abbandonare le sue maniere autoritarie. Inoltre, qualsiasi mossa faccia (o non faccia), Don sta obbedendo a Harriet piuttosto che a se stesso. Harriet ha spostato il “locus di controllo” da Don su se stessa. Le dinamiche di questo rapporto riflettono una visione sistemica dell’interazione umana: cambia una parte del sistema e le altre parti del sistema cambieranno di conseguenza, per ristabilire un equilibrio. Qui il sistema è composto da due persone, e siccome non c’è modo, per Harriet, di riuscire a far cambiare direttamente Don, le è rimasta solo la possibilità di cambiare se stessa. E, cambiando il suo comportamento, può contare sul fatto che Don cambierà di conseguenza. Il segreto sta nel sapere quale tipo di cambiamento apportare al proprio stesso comportamento, per ottenere dall’altra persona una reazione che sia accettabile per sé. In questo caso è molto importante avere sufficiente varietà nel proprio repertorio di comportamenti. Ancora una volta, la varietà indispensabile è la chiave. Nota che, cambiando il suo comportamento nei confronti di Don, Harriet ha anche modificato il proprio atteggiamento nei confronti di lui. Ha ristrutturato l’intero rapporto, argomento che tratteremo ora.

LA DELICATA ARTE DELLA RISTRUTTURAZIONE Nel corso di tutto questo libro, abbiamo sottolineato come sia importante essere capaci di condividere ciò che le altre persone recepiscono e sperimentano. Ristrutturare (o reincorniciare) la percezione che un’altra persona ha di una situazione o di uno stato di cose particolare, richiede prima che tu sia in grado di capire come lei stia percependo la situazione. È necessario che tu sappia assumere il suo punto di vista, affinché tu sia capace di porti lo stesso tipo di domande che si sta ponendo e di sentire ciò che sente. Ristrutturare significa proprio questo: ri-strutturare la percezione dell’altra persona, in modo che veda la situazione diversamente. Per far questo, è importante essere capaci di vedere attraverso la cornice attuale dell’altra persona. La ristrutturazione richiede che prima tu sia in grado di condividere la sua cornice di riferimento, consentendo il nascere di qualcosa di nuovo. Nel libro La danza dei maestri Wu Li, l’affermazione di Gary Zukav relativa al campo della “nuova fisica” è applicabile anche a tutte le altre aree della vita: Io considero una cosa priva di senso se non si accorda alle costruzione razionali che abbiamo creato con tanta cura. Tuttavia, non c’è niente, in queste costruzioni, che abbia un valore intrinseco. In effetti, esse vengono spesso sostituite da altre più utili. Quando questo accade, ciò che era senza senso relativamente a una vecchia struttura di riferimento, può avere senso in relazione ad una struttura di riferimento nuova, e viceversa.12 Forse l’esempio di ristrutturazione più conosciuto è quello del bicchiere d’acqua mezzo pieno. O è mezzo vuoto? Questo, ovviamente, dipende interamente dal tuo punto di vista. Dipende dal fatto che tu sia ottimista o pessimista. Generalmente, quando presenti un’idea in modo ottimistico ad una persona che oppone resistenza, i ruoli sono definiti chiaramente, e pertanto è il compito che hai davanti a te, cioè quello di ristrutturare la percezione dell’altra persona, che le permetterà di vedere la situazione da una

prospettiva differente. La figura ambigua qui di seguito, ormai classica, illustra il problema.

Vedi la donna giovane o quella anziana? Sono lì entrambe, ma probabilmente una è più evidente dell’altra. Per vederne una devi riuscire, almeno momentaneamente, a non vedere l’altra. Questo stato di cose spesso descrive il processo che ha luogo quando incontri resistenza nelle altre persone. Forse state guardando la stessa cosa, ma la state vedendo da una diversa prospettiva. Se stai guardando la donna anziana e desideri vedere la giovane, devi spostare il tuo punto di vista verso l’alto e leggermente a sinistra. Guarda in basso e leggermente a destra, se riesci a vedere la donna giovane e vuoi riuscire a vedere quella anziana. Oppure, vedi la bocca della donna anziana nella collana di quella giovane. Vedi l’occhio sinistro della donna anziana nell’orecchio sinistro della giovane donna. Oppure vedi il naso della donna anziana nel contorno della guancia e della mascella della giovane. O le ciglia parzialmente visibili dell’occhio destro della donna anziana come le ciglia della giovane donna, e così via. In altre parole, devi ristrutturare la tua percezione dell’una per vedere l’altra. Come la mettono Bandler e Grinder: “La ristrutturazione è un

modo di far sì che le persone dicano: ‘Ehi, in quale altro modo posso farlo?’”.13 Nella maggior parte delle conquiste relative alla mente umana, la ristrutturazione ha svolto un ruolo significativo. Copernico e Darwin hanno modificato ineluttabilmente il modo in cui vediamo, rispettivamente, il movimento dei pianeti e l’origine delle specie. Entrambe queste conquiste sono state raggiunte nonostante una dura resistenza (resistenza che, in alcuni casi, continua anche oggi). Forse una ristrutturazione ancor più sensazionale è ora in corso nell’ambito delle scienze fisiche e naturali, e ci fa riesaminare la concezione che abbiamo di noi stessi come esseri umani individuali che popolano un pianeta insieme ad altri esseri umani. La nuova idea è che siamo tutti un’unica cosa. La terra è come un organismo unico. L’umanità è una sola, e condividiamo la vita con tutte le cose, incluse le pietre e le stelle. Questa, ovviamente, non è un’idea nuova, ma è stata suggerita nel VI secolo a.C. da Eraclito, e da allora in poi è stata ribadita da poeti e filosofi. Ma la nostra è un’età della scienza, ed è la voce dello scienziato quella che molti ascoltano, perché ricalca la convinzione che dalla scienza, e non dalla filosofia, dalla poesia o dalla religione, verranno le risposte alle nostre domande più profonde.

COME RISTRUTTURARE Nella sezione precedente, Adrienne ha accettato la resistenza iniziale di Atherton rispetto ad una nuova procedura per il flusso del lavoro, e poi ha re-indirizzato la sua energia verso una modalità di risoluzione dei problemi. Nell’esempio seguente, osserva come Adrienne ristruttura le preoccupazioni di Griggs riguardo a un nuovo sistema informatico.

GRIGGS: Non penso proprio che possiamo permettercelo, al momento. È già un po’ di tempo che voglio un sistema migliore, il migliore sul mercato, per dirla tutta. Ma il prezzo sembra semplicemente troppo alto.

È possibile che Griggs non sia sicuro del fatto che al momento, nel budget, sia disponibile una quantità di denaro sufficiente a garantire l’ingente spesa che implica il piano di Adrienne. Lei comincia a ricalcare le sue preoccupazioni. Poi guida, indagando in cerca di cancellazioni:

ADRIENNE: Sì. Quello di cui stiamo parlando è un sistema costoso. Ma ho bisogno di qualche chiarimento. Cosa intendi con “il prezzo sembra troppo alto”? Intendi dire che non abbiamo soldi a sufficienza nel budget per la spesa iniziale? Oppure intendi che non possiamo essere sicuri che il sistema si riveli adeguato per i prossimi anni? Adrienne stabilisce che quello di cui Griggs non è sicuro non è la quantità iniziale di fondi, ma piuttosto l’efficacia del nuovo sistema informatico sul lungo periodo. Poi continua:

ADRIENNE: Se posso, vorrei tornare un attimo indietro. Prima hai detto che volevi un sistema affidabile, un sistema che possa gestire le attività del reparto. La penso allo stesso modo. Adrienne, qui, si è mossa abilmente, compiendo alcuni passi utili ad affrontare la resistenza. Per prima cosa, raccogliendo informazioni, chiedendo non “Perché?” ma “Cosa?” (“Cosa intende per _____?”), ha chiarito alcuni concetti e raccolto le informazioni necessarie. Avendo stabilito quale fosse la reale obiezione al nuovo sistema, ora dispone di linee più chiare per comunicare con la persona che deve persuadere. In particolare, ha scoperto cosa intendeva il suo capo quando ha detto: “Il prezzo sembra davvero troppo alto”. Adrienne può ora passare a verificare che il rapporto prestazione/prezzo sia adeguato e, facendolo, può ristrutturare la percezione che Griggs ha del nuovo sistema. I dati che ha raccolto sono questi: la spesa iniziale per il nuovo sistema informatico ammonta a 8.000 dollari, più di quanto Griggs possa giustificare nel suo budget. Ma la capacità di questo sistema

avanzato solleverà dalle loro mansioni alcuni membri dello staff del reparto, i quali potranno occuparsi di compiti che, al momento, vengono svolti da collaboratori part-time al costo di 20 dollari all’ora. Si tratta di una riduzione complessiva di 10 ore a settimana (per un ammontare di 200 dollari alla settimana), di conseguenza i risparmi relativi al primo anno fiscale saranno, da soli, pari approssimativamente a 10.400 dollari. Perciò, il costo effettivo del sistema è considerevolmente inferiore, e può rientrare nel budget del reparto. La visione di Griggs sulla questione è stata sostanzialmente ristrutturata; improvvisamente, il vecchio sistema ha i giorni contati. Ecco, qui di seguito, un altro divertente esempio di ristrutturazione, fornito da Charles Schulz.

© Charles Schulz, 1980

Come si vede qui, Snoopy ha ristrutturato con successo la percezione di Charlie Brown di chi dovrebbe stare sullo skateboard e chi dovrebbe tirarlo. La conversazione che ha avuto luogo tra la proposta di Charlie e il momento in cui Charlie sta tirando lo skateboard potrebbe essere stata all’incirca questa:

SNOOPY: Charlie, la tua idea sembra molto divertente, ma penso che dovremmo discutere uno o due punti. Se ho capito bene, stai suggerendo di prendere il tuo skateboard e di metterci sopra uno di noi due, mentre l’altro tira. (Snoopy stabilisce un’area di accordo.) CHARLIE: Sì, sì. Tu tiri e io ci sto sopra. L’altro bambino e il cane andavano davvero forte. SNOOPY: Charlie, dimmi una cosa. Quanto pesi? (Snoopy è nella fase della raccolta delle informazioni.)

CHARLIE: Mmmh, circa quaranta chili. SNOOPY: Mamma mia. Non mi ero reso conto che fossi così grande. (Quando Charlie comincia a sorridere contento, Snoopy appoggia dolcemente la sua zampa sull’avambraccio di Charlie ed esercita una lieve pressione, ancorando in questo modo la reazione di Charlie.) Sai, sono trentasette chili in più di quanto peso io. In effetti, se ti traino, dovrò trascinarmi dietro quasi venti volte il peso del mio corpo, con o senza ruote. Questo non mi sembra che porti a una “velocità supersonica”. CHARLIE: (Rimuginando su queste cose.) Mmmh, in effetti Snoopy, non è esattamente questo che avevo in mente. SNOOPY: (Facendo finta di non notare quello che Charlie ha in mente.) Invece, se fossi tu a trainarmi… io peso solamente tre chili da bagnato. Pensa, non sentiresti nemmeno il peso. Correremmo entrambi a perdifiato. Penso che sia semplicemente logico, Charlie. (Mentre sottolinea il nome di Charlie, Snoopy innesca contemporaneamente l’ancora che ha stabilito prima alzando di nuovo la zampa, appoggiandola sull’avambraccio di Charlie ed esercitando una lieve pressione.) Sono convinto che sarai molto più bravo di me a tirare. (Snoopy salta a bordo, lasciando Charlie un po’ perplesso. Forse non ha l’eloquenza di Marco Antonio che ristruttura le percezioni dei suoi concittadini romani, ma Snoopy si distingue perché riesce a fare quello che voleva. Ed è questo, l’importante.)

NEUTRALIZZARE RABBIA E OSTILITÀ VERBALE Ogni volta che qualcuno attacca te, una tua idea o qualcosa che ti riguarda, è il caso di gestire in primo luogo la rabbia e l’ostilità

dell’aggressore, piuttosto che il contenuto dell’attacco. Un errore che le persone commettono spesso quando vengono attaccate è cercare di difendersi, di difendere la loro idea o ciò che è ad essa collegato. Nella maggior parte dei casi, mettersi sulla difensiva è un errore strategico, perché può essere facilmente inteso dall’altra persona come un contrattacco, e ciò serve solo ad aumentare il livello di rabbia e di ostilità, come nel dialogo seguente:

ATTACCO: Stavolta l’hai proprio fatta grossa! DIFESA:

Non è vero!

ATTACCO: Sì che l’hai fatto!! DIFESA:

Non è vero!!

ATTACCO: Invece sì!!! DIFESA:

Invece no!!!

ATTACCO: Invece sì!!! Una reazione più appropriata consiste nel ricalcare e in seguito guidare, allineandosi all’impeto di rabbia dell’aggressore, così:

ATTACCO: Stavolta l’hai proprio fatta grossa! TU:

Forse hai ragione. Cos’ho fatto stavolta?

ATTACCO: Avevi detto che mi avresti consegnato i miei arnesi entro giovedì, e invece è già venerdì e degli arnesi non c’è neanche l’ombra. TU:

In questo caso, posso capire perché sei arrabbiato. Vediamo cosa possiamo fare per procurarteli e assicurarci che non accada mai più.

Il primo passo da fare nell’affrontare un attacco verbale è neutralizzare colui che ti attacca, mettersi in linea con la sua energia e in seguito re-indirizzarla, proprio come faresti con ogni altra forma di resistenza. Ci sono almeno due modi di farlo: (1) esprimere accordo col contenuto e (2) esprimere accordo o confermare il sentimento. Nell’esempio appena fornito hai espresso accordo con il contenuto dicendo: “Forse hai ragione”. Il motivo per farlo è che, così, si evita di minacciare l’aggressore, che potrebbe avere già perso il controllo a livello emotivo, al punto che qualunque cosa tu dica potrebbe essere interpretata come un contrattacco e servirebbe solamente a intensificare il suo attacco. Evita di gettare altra benzina sul fuoco. Questo non significa sottomettersi all’aggressore. L’accordo (o l’allineamento) e la sottomissione sono estremi opposti di un continuum. L’accordo è attivo, mentre la sottomissione è passiva. Sottomettersi consiste semplicemente nel capitolare e non serve a produrre il risultato desiderato, cioè a guidare l’altra persona verso una discussione costruttiva. L’affermazione “Forse hai ragione” ha un vero e proprio potere magico quando viene pronunciata con sincerità, senza rancore né sarcasmo e senza mettersi sulla difensiva. Dà un’impressione di accordo, mentre lascia aperto un numero infinito di possibilità. (Per esempio, implica anche “Forse hai torto” o “Forse c’è un altro modo di vedere la situazione”). Nello stesso tempo, psicologicamente, neutralizza l’energia che sta dietro all’attacco e ti permette di reindirizzarla verso una modalità di risoluzione del problema e verso una soluzione del problema di chi ti sta attaccando. Se pensi che le parole aggressive del tuo interlocutore contengono una critica legittima, potresti dire: “Probabilmente hai ragione”. Se sei certo che la critica o l’attacco sia giustificato, allora “Hai ragione” potrebbe essere la risposta più appropriata. Qualunque frase tu scelga, ricordati che in primo luogo è funzionale gestire la rabbia e l’ostilità, piuttosto che il contenuto dell’attacco. Occupati del contenuto dopo aver disarmato chi ti sta attaccando. E se questi è particolarmente aggressivo e non ti permette di dire niente, ma continua a scaricarti addosso una raffica ininterrotta di

parole? Una strategia utile ed efficace è lasciargli scaricare una parte della sua energia, assorbendola con calma e imperturbabilità. Poi, quando si è calmato, bisogna entrare in accordo con lui e reindirizzarla. Questa semplice strategia può trasformare quello che altrimenti potrebbe essere un incontro disastroso, in un incontro produttivo per entrambe le parti. Se non riesci ad esprimere accordo in modo sincero con niente di quello che l’aggressore sta dicendo, o non riesci nemmeno ad ammettere la possibilità che la sua critica possa essere giustificata, allora mettiti in linea con il suo sentimento. Non importa cosa provi l’altra persona, avrai sempre ragione, in teoria, quando dici: “Se fossi nella tua posizione, sono sicuro che mi sentirei proprio come te”. La logica che sta dietro è semplice: se avessi la storia genetica e personale dell’altra persona, è inevitabile che proveresti esattamente quello che prova lei al momento. Un altro modo di dire la stessa cosa è che se tu fossi l’altra persona proveresti ciò che prova lei in quel momento. Può sembrare un gioco di parole, uno stratagemma semantico, ma è un gioco di parole che potrebbe salvarti il lavoro, il tuo rapporto di coppia o addirittura, un giorno, potrebbe salvarti la vita.

RIEPILOGO In questa parte finale del libro abbiamo studiato cosa è la resistenza e cosa si può fare per affrontarla. Forse la cosa più importante che puoi fare all’inizio è vedere la resistenza come qualcosa che puoi controllare. Puoi modificare la resistenza del tuo interlocutore entrando in accordo o allineandoti con essa, invece di cercare di combatterla. È molto più facile muoversi dall’accordo all’accordo che dal disaccordo all’accordo. La resistenza al cambiamento viene suscitata dall’incertezza e dalla paura che i rapporti sociali vengano interrotti. Essa può essere affrontata con successo riducendo l’incertezza e coinvolgendo le persone che più di tutte sono interessate dal cambiamento, sia nell’analisi del problema che nello sviluppo della soluzione. La vita non è una gara. È possibile relazionarsi con le persone in modo che tutti escano vincenti, invece di avere alla fine vincitori e vinti.

È possibile riuscire a incoraggiare le persone riluttanti ad aprirsi mediante la tattica che consiste nel frustrare, inizialmente, le loro risposte. Inoltre, si possono utilizzare suggerimenti nascosti durante la conversazione con persone di questo tipo. Usare la confusione in modo creativo significa utilizzare la perplessità dell’altra persona per suggerire direzioni e risultati. La creatività può essere usata per trasformare la confusione in un’occasione per superare la resistenza. I tipi dalla personalità resistente si affrontano meglio attraverso la ristrutturazione, modificando leggermente il contesto in cui ha preso forma la resistenza, in modo che essa stessa scompaia. Si raggiunge questo risultato in modo più soddisfacente trovando prima un’area di accordo con l’altra persona. Un’altra tecnica particolarmente efficace è quella del “comando e annuncio”.

SUGGERIMENTI PER FARE PRATICA 1. Quando incontri resistenza nelle tue relazioni con gli altri, cerca qualcosa, all’interno di ciò che hanno detto o fatto, riguardo a cui puoi esprimere accordo, prima di evidenziare le aree di disaccordo. Per esempio: “Sono d’accordo con quello che hai appena detto riguardo a... (area di accordo). Tuttavia, ho qualche difficoltà con... (area di disaccordo). Puoi aiutarmi a capire meglio il tuo punto di vista?”. 2. Quando qualcuno oppone resistenza, divieni consapevole di come ciò ti faccia sentire. In particolare, sii consapevole del tuo atteggiamento difensivo, che spesso si manifesta come una stretta al petto accompagnata dall’incapacità di fare attenzione a quello che l’altra persona sta dicendo o facendo. Nota se in quel momento è facile o difficile per te trovare, in ciò che l’altra persona sta dicendo o provando, qualcosa con cui essere d’accordo o allinearti. 3. Divertiti con la resistenza delle altre persone. Mantieni il senso dell’umorismo e ricordati che se fossi nella loro posizione (cioè, se avessi avuto i loro genitori e la loro storia personale), probabilmente, nella situazione attuale, agiresti esattamente come loro.

NOTE ALLA PARTE 4

1. Il punto, qui, è che le persone vogliono avere ragione e faranno quasi di tutto per sostenere la convinzione di avere ragione. Si continuano a scatenare guerre attorno a questa fondamentale questione. Per questa ragione è una strategia più saggia, e meno rischiosa, confermare una parte specifica della convinzione di un’altra persona, almeno inizialmente, muovendosi da un’area di accordo (ricalco) ad aree di potenziale disaccordo o di incomprensione (guida). È molto più facile muoversi dall’accordo all’accordo che dal disaccordo all’accordo. 2. Paul R. Lawrence, “How to Deal with Resistance to Change”, Harvard Business Review, 1969, 47 (1) p. 4. 3. Lawrence, p. 166. 4. Lawrence, p. 168. 5. Lester C. Thurow, The Zero-Sum Society (New York: Basic Books, 1980), p. 23; ed. it. La società a somma zero, Il Mulino, Bologna 1981. 6. R.G.H. Siu, The Craft of Power (New York: Wiley, 1979), p. 148. 7. Wallace Stevens, Poems (New York: Alfred A. Knopf), pp. 61-63. 8. Jay Haley, Uncommon Therapy: The Psychiatric Techniques of Milton H. Erickson, M.D. (New York: Norton, 1973), p. 245. 9. Milton H. Erickson, Advanced Techniques of Hypnosis and Therapy: Selected Papers of Milton H. Erickson, M.D., ed. Jay Haley (New York: Grune & Stratton, 1967), p. 131. 10. Erickson, ibid. 11. Haley, pp. 2728. 12. Gary Zukav, The Dancing Wu Li Masters (New York: Morrow, 1979), p. 187; ed. it. La danza dei maestri Wu Li, Corbaccio, Milano 2004-2007. 13. Richard Bandler e John Grinder, Frogs Into Princes (Moab, UT: Real People Press, 1979), p. 219.

UN’ULTIMA PAROLA

Nel libro Introduzione alla PNL ho tentato di presentare, nel modo più semplice e chiaro possibile, alcuni degli approcci più efficaci che conosco per stabilire rapport e ottenere il supporto e la collaborazione delle persone con cui si vive e si lavora. A volte ho utilizzato un’esposizione semplicistica, per ragioni di chiarezza e applicabilità. Introduzione alla PNL offre un modello, un approccio alla comunicazione efficace. Un modello è, appunto, solo questo: un modello. Un modello non è “la realtà”. È un sistema per dire: “Ecco un modo di vedere qualcosa che abbia senso e valore”. Tuttavia, come Alfred Korzybski, fondatore della Semantica Generale (General Semantics), affermò una volta: “La mappa non è il territorio”. Il modello non è la realtà. Ricalcare è fare qualcosa di simile a un’altra persona; guidare è fare qualcosa di diverso. Per stabilire rapport con un’altra persona, si ricalca; per influenzarla, si guida. Ogni volta che sei con qualcuno, o stai ricalcando, oppure stai guidando. Si possono ricalcare tutti i comportamenti visibili. Si possono anche ricalcare le esperienze interiori dell’altra persona, come le modalità percettive e le strategie decisionali. Ricalcare la resistenza ti permette di metterti in linea con l’energia o l’impeto dell’altra persona e, in seguito, di re-indirizzarle. Alla base di questo modello c’è un approccio all’interazione umana come ad un sistema. I sistemi sono dinamici; quando si cambia una parte del sistema, si può prevedere che le altre sue parti cambieranno di conseguenza, per ristabilire l’equilibrio. Il modello ricalco/guida sembra funzionare perché, quando due persone sono in sintonia, formano un sistema equilibrato. Se una persona cambia il suo comportamento (guida), allora l’altra, probabilmente, cambierà il proprio di conseguenza. (Quando tieni il passo di un’altra persona, il passo successivo è che lei sarà propensa a seguirti). Uno dei problemi che alcune persone hanno nei confronti del concetto di ricalco è che hanno paura di perdere una parte di sé, come se la “personalità” fosse, in qualche modo, un oggetto che si

può perdere se lo si lascia momentaneamente da parte per ricalcare un’altra persona. In effetti, è vero il contrario. Ricalcando l’altra persona, stai in un certo senso estendendo la serie di “te stessi” che possiedi: stai diventando più pienamente umano, piuttosto che il contrario. Ricalcare è un modo per fare pace con gli altri, rendendo possibile la condivisione di un’esperienza o la comprensione reciproca. Dopotutto, è in questo che consiste la comunicazione: nel condividere qualcosa con altre persone. Un obiettivo fondamentale di questo libro è stato fornire alcuni suggerimenti pratici che ti permetteranno di lavorare e vivere in maniera più produttiva e più armoniosa con le altre persone. Sebbene la maggior parte delle tecniche e delle strategie qui suggerite siano facili da capire e da applicare, ciò non significa che siano immediate: richiedono allenamento. In alcuni casi, potresti trovarti a dover colmare il solco di vecchie abitudini, alcune delle quali si sono radicate in te sin dalla prima infanzia. Tuttavia, con la consapevolezza e l’allenamento, dovresti essere in grado di creare nuovi schemi più utili rispetto a quelli da cui dipendi. Prendi una cosa per volta e lavoraci su per qualche minuto al giorno, finché non scopri di farlo senza pensarci. Per esempio, passa qualche minuto al giorno a sincronizzare la tua velocità di movimento con quella di una persona o delle persone con cui stai interagendo. Una delle prime cose che probabilmente noterai è quanto siano diverse. Potresti trovarti leggermente a disagio nel ricalcare un comportamento al di fuori della tua “zona di comfort”. Consideralo un buon segno: significa che stai cominciando ad estendere la serie di possibilità per te stesso. È un po’ come usare dei muscoli che non sono stati mai usati. All’inizio provi disagio, ma con l’esercizio e l’uso cominci a sentire che il nuovo comportamento ti viene più naturale e lo incorpori nel tuo repertorio. In un certo senso, hai un nuovo te stesso da aggiungere ai tanti “te stesso” che già possiedi. Oggi abbiamo strumenti sufficienti per distruggere l’intero pianeta. È indispensabile che sviluppiamo e perfezioniamo gli strumenti a nostra disposizione per la collaborazione e il sostegno comune. Sappiamo cosa funziona: ora si tratta di applicarlo. Nel corso di questo libro abbiamo esaminato le tecniche e le strategie per ottenere quello che si vuole attraverso e insieme ad

altre persone. Tuttavia, alla base della discussione, in realtà, c’è qualcos’altro. È qualcosa che ha a che vedere con un atteggiamento, un approccio, una filosofia con cui incontrare le altre persone. La tecnica, da sola, non è sufficiente. In tedesco c’è una parola – Dasein – che è difficile tradurre con un esatto equivalente in italiano. Di solito viene resa con “esserci”; al di là di ciò, la discussione tende a diventare piuttosto cerebrale, esoterica fino al punto da essere quasi incomprensibile. Ma è un concetto importante. In questo contesto, ha a che fare con il tuo atteggiamento e le tue intenzioni, quando incontri gli altri. Il tuo “esserci” quando sei insieme ad un’altra persona influenza in modo significativo il modo in cui questa reagirà di fronte a te. Se il tuo atteggiamento, la tua intenzione, è fare tutto ciò che puoi per determinare un esito che sia nei migliori interessi di entrambi, sia tuoi che dell’altra persona, lo comunicherai. Se, inoltre, riuscirai ad entrare veramente all’interno della realtà dell’altra persona, a stare insieme a lei al suo stesso livello di esistenza, a condividere lo stesso Dasein, è probabile che entrambi riuscirete a produrre un esito, un risultato che sia reciprocamente gratificante e che dia soddisfazione a entrambi. Nel suo affascinante volumetto, Guida rapida all’illuminazione, Thaddeus Golas definisce l’amore in un modo interessante. “L’amore”, dice, “è l’azione di essere nello stesso spazio insieme ad altri esseri.” La parola significativa, qui, è azione. In questo contesto, quello che chiamiamo ricalco è un atto d’amore. È l’azione di essere nello stesso spazio insieme a un’altra persona. È entrare nella realtà di un’altra persona per condividerla con lei. È stare su un terreno comune. È un atto di comunicazione, che è comunione, cioè condivisione di ciò che si comprende e di cui si fa esperienza. È anche una posizione di potere, perché è in un luogo in cui non sei solo. È un posto in cui tu e l’altra persona unite le vostre energie e vi muovete insieme verso un obiettivo comune. È un luogo in cui siete in rapport. E dove c’è rapport c’è magia, e dove c’è magia c’è potere. Usalo saggiamente.

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IL PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE IN PNL E COACHING IN ITALIA Cosa differenzia le persone che ottengono risultati da quelle che sono intrappolate nell’insoddisfazione? Come fanno alcune persone a capire gli altri e a farsi capire con sorprendente efficacia? Qual è la differenza che fa la differenza? Dalla fine degli anni Settanta la Programmazione NeuroLinguistica (PNL) cerca le risposte a queste domande. La metodologia utilizzata è chiamata modeling (modellamento) e consiste nell’analizzare come pensano e agiscono le persone che ottengono risultati eccellenti. Questo processo ha permesso di individuare molti dei loro “fattori di successo” e di condividere con altri le loro modalità di pensiero e azione, facendo così diventare le strategie più efficaci patrimonio comune. La PNL agisce in perfetta sintonia con il Coaching, che può essere definito come il processo attraverso il quale le persone sono stimolate a liberare il proprio potenziale e a massimizzare le loro prestazioni. Volto a sviluppare consapevolezza, fiducia e senso di responsabilità in noi stessi e negli altri, il Coaching rappresenta una professione, una cultura e un modello di relazione all’interno del quale il rivoluzionario approccio della PNL ricopre un ruolo insostituibile.

NLP ITALY COACHING SCHOOL è il punto di riferimento per la formazione e la ricerca in PNL e Coaching in Italia. È stata la prima scuola per Coach riconosciuta dalla SOCIETY OF NLP, l’ente internazionale fondato da Richard Bandler e John Grinder allo scopo di esercitare un rigoroso controllo sulla formazione in Programmazione Neuro-Linguistica, e annovera tra i suoi docenti Richard Bandler, John La Valle, Alessio Roberti, Owen Fitzpatrick e Antonella Rizzuto. La sua offerta formativa è organizzata in percorsi professionali, con lo scopo di garantire a ogni partecipante il pieno raggiungimento di tutte le competenze fondamentali di PNL e Coaching. Ogni iscritto alla NLP ITALY COACHING SCHOOL è seguito da un consulente personale e ogni percorso è certificato da un attestato rilasciato dalla scuola e dalla SOCIETY OF NLP.

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Table of Contents Titolo Copyright Dedica Indice Introduzione all’edizione italiana Introduzione all’edizione tascabile Ringraziamenti Prefazione alla seconda edizione Introduzione Una nota sulla PNL Panoramica del libro La teoria che sta dietro al libro Ma questa non è manipolazione? PARTE 1: IL RAPPORT: CHE COS’È E COME CREARLO Il rapport: che cos’è La legge della varietà indispensabile Il segreto del rapport: ricalcare Mi piaci perché sei come me Accordarsi allo stato d’animo dell’altra persona Il linguaggio del corpo Come parlare il linguaggio del corpo Come parlare il linguaggio verbale dell’altra persona Ricalcare le convinzioni e le opinioni Ricalcare la respirazione Il passo successivo: guidare Come testare il rapport

3 4 5 6 9 11 13 15 18 21 23 24 26 28 29 29 32 33 33 37 38 43 49 52 54 55

Quando evitare di ricalcare Ricalcare la comunicazione scritta I risultati del ricalco Un’altra visione del ricalco Una variazione sul tema Il rapport con te stesso Riepilogo Suggerimenti per fare pratica Note alla Parte 1 PARTE 2: L’ARTE DI COMUNICARE IN MODO CHIARO Comprendere come gli altri comprendono Ci credo se lo vedo, ci credo se lo sento, ci credo se lo provo Come identificare le modalità percettive Come fare in modo che gli altri ti capiscano Multisensorialità L’ascolto attivo Indagare sui significati nascosti Riepilogo Suggerimenti per fare pratica Note alla Parte 2 PARTE 3: L’ARTE DELLA PERSUASIONE Come ottenere ciò che vuoi Come farsi venire una buona idea Identificare le strategie decisionali Come presentare le tue idee in modi praticamente irresistibili Identificare le strategie decisionali: una variazione sul

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Sfidare il sistema Modellare le altre persone Il ricalco sul futuro Ancorare: una potente risorsa inconscia Suggerimenti nascosti Domande e comandi nascosti Come controllare una conversazione Riepilogo Suggerimenti per fare pratica Note alla Parte 3 PARTE 4: GESTIRE LA RESISTENZA Che cos’è e come gestirla La resistenza al cambiamento La vita non è una gara Fare in modo che le persone riluttanti si aprano Usi creativi della confusione Gestire le obiezioni Trattare con tipi di personalità resistenti La delicata arte della ristrutturazione Come ristrutturare Neutralizzare rabbia e ostilità verbale Riepilogo Suggerimenti per fare pratica Note alla Parte 4 Un’ultima parola Bibliografia Linea diretta con l’Editore

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