[INGEGNERIA] MECCANICA_RAZIONALE_A_TEORIA.pdf

November 29, 2016 | Author: Enrico Iodice | Category: N/A
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Universitµ a di Modena e Reggio Emilia Facoltµ a di Ingegneria - sede di Modena

LEZIONI di MECCANICA RAZIONALE A

Docente: Prof. Valter Franceschini

Corsi di Laurea in Ingegneria (NOD) - a.a. 2005/06 -

PREFAZIONE

Il corso di Meccanica Razionale A si pone come obiettivi speci¯ci quelli di introdurre gli elementi di base della Meccanica Classica e di fornire gli strumenti matematici essenziali per la costruzione e lo studio dei modelli che descrivono i fenomeni meccanici. Queste dispense, che raccolgono le lezioni tenute dall'autore negli ultimi anni presso le Facoltµa d'Ingegneria di Modena e Reggio Emilia, sono intese da una parte come un supporto alla didattica, dall'altra come un testo dove il futuro ingegnere potrµa recuperare utili nozioni eventualmente dimenticate. Le dispense comprendono sei capitoli. Il primo µe dedicato ai vettori e propone tutti gli strumenti di calcolo vettoriale necessari per lo svolgimento del corso. Il secondo e il terzo capitolo trattano rispettivamente la geometria della masse, vale a dire baricentri e momenti d'inerzia, e la cinematica. Nel quarto vengono introdotte diverse nozioni propedeutiche alla formulazione e allo studio dei problemi della Meccanica, quali i postulati fondamentali, i concetti di forza, di vincolo, di lavoro, di potenziale, etc. Gli ultimi due capitoli propongono in¯ne la Meccanica vera e propria: prima quella del punto, poi quella dei sistemi. Una considerazione µe doverosa circa gli argomenti trattati nei capitoli quinto e sesto. La necessitµa di limitare i contenuti del corso ha comportato l'esclusione di argomenti di grande interesse, quali i fenomeni dei battimenti e della risonanza, il problema dei due corpi, i fenomeni giroscopici, il moto dei sistemi articolati, le piccole oscillazioni, lo studio qualitativo dei moti mediante il teorema di Weierstrass. Questi argomenti potranno perµo essere recuperati col corso di Meccanica Razionale B, per obbligo o per scelta, da quegli studenti che proseguiranno gli studi con la laurea specialistica dopo aver conseguito quella triennale. Nella stesura di queste dispense si µe cercato di conciliare due esigenze: da una parte, per non appesantire troppo il corso, la necessitµa di proporre solo argomenti ritenuti basilari; dall'altra, per non rinunciare a priori alle possibili ricadute formative della materia, la volontµa di mantenere formalismo e rigore matematico associati a proprietµa di linguaggio. Il corso di Meccanica Razionale A, oltre alla trattazione di gran parte degli argomenti qui considerati, prevede lo svolgimento di un certo numero di esercitazioni. I problemi che sono a®rontati in queste esercitazioni, e che sono destinati a far parte integrante del programma d'esame, sono inclusi nelle dispense Esercitazioni di Meccanica Razionale A, tutti completamente risolti. A conclusione di questa prefazione l'autore desidera porgere un sentito ringraziamento a tutti coloro che in qualche misura hanno contribuito negli anni alla messa a punto di questo lavoro: innanzitutto il Prof. Italo Ferrari per tutto quanto gli ha insegnato di Meccanica, poi la Dott.ssa Cecilia Vernia per le sue osservazioni e i suoi suggerimenti, in¯ne tutti gli studenti che gli hanno fatto notare imprecisioni o mancanza di chiarezza.

i

INDICE

1. Calcolo vettoriale 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8

1

Vettori e loro prime proprietµa Somma di vettori Prodotto scalare Prodotto vettoriale Prodotto misto Rappresentazione cartesiana dei vettori Doppio prodotto vettoriale e divisione vettoriale Vettori variabili e loro derivazione

2. Geometria delle masse 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7

20

Massa Baricentro Momento d'inerzia Calcolo dei momenti d'inerzia Ellissoide d'inerzia Assi principali d'inerzia Momento d'inerzia polare

20 21 23 24 26 28 30

3. Cinematica 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12 3.13 3.14 3.15 3.16 3.17 3.18 3.19 3.20 3.21

1 2 6 8 9 10 14 15

31

Terna intrinseca ad una curva Vettore spostamento, equazione del moto, legge oraria Velocitµa Accelerazione Classi¯cazione dei moti Classi¯cazione dei moti in base alla legge oraria Moto circolare Corpo rigido: generalitµa Formule di Poisson Formula fondamentale della cinematica rigida Stati cinetici Stato cinetico rotatorio Stato cinetico elicoidale; teorema di Mozzi Stati cinetici e moti di un corpo rigido: schema riassuntivo Composizione degli stati cinetici De¯nizione del problema della Cinematica relativa Teoremi di composizione delle velocitµa e delle accelerazioni Relazione fra le derivate di un vettore rispetto a due osservatori Moto rigido piano Determinazione del centro di istantanea rotazione per via geometrica Esempi di moti rigidi piani ii

31 33 34 35 36 37 39 40 43 44 45 47 49 50 51 53 54 56 57 59 60

3.22 3.23 3.24 3.25 3.26

Equazioni parametriche della base e della rulletta Polo delle accelerazioni Moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto Sistemi di riferimento equivalenti Moto di due corpi rigidi a contatto in un punto

61 63 64 65 66

4. Concetti e nozioni fondamentali della Meccanica

68

4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 4.9 4.10 4.11 4.12 4.13 4.14 4.15 4.16 4.17 4.18 4.19 4.20 4.21 4.22 4.23 4.24 4.25 4.26 4.27 4.28 4.29

Forze Leggi fondamentali della Meccanica Sistemi meccanici Vincoli Numero di gradi di libertµa Parametri lagrangiani e sistemi olonomi Altri esempi di vincoli Spostamenti in¯nitesimi Con¯gurazioni interne e di con¯ne Forze attive Reazioni vincolari Vettori caratteristici di un sistema di forze Sistemi equivalenti di forze Sistemi elementari di forze Teorema di equivalenza sui sistemi di forze Operazioni elementari sulle forze Sistemi di forze interne Sistemi di forze parallele Forza peso Misura della massa Lavoro reale in¯nitesimo Lavoro ¯nito Lavoro virtuale Lavoro in¯nitesimo delle forze applicate ad un corpo rigido Forze posizionali Sistemi conservativi di forze Esempi signi¯cativi di sistemi conservativi di forze Potenza Vincoli perfetti

5. Meccanica del punto 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 5.7 5.8

68 70 71 72 74 75 76 78 80 81 81 83 85 86 86 89 90 91 92 93 94 95 95 96 97 97 99 101 102 103

I problemi della Meccanica La legge di Newton Moto di un punto libero Moto di un punto vincolato Equilibrio di un punto Casi possibili di equilibrio di un punto Punto soggetto a vincolo scabro: relazioni di Coulomb Quantitµa di moto ed energia cinetica di un punto

iii

103 105 105 106 108 109 110 111

5.9 5.10 5.11 5.12 5.13 5.14 5.15

Teoremi delle forze vive e di conservazione dell'energia Momento della quantitµa di moto di un punto Integrali primi del moto di un punto Pendolo semplice Oscillazioni libere Moto ed equilibrio relativo Forza centrifuga

6. Meccanica dei sistemi 6.1 6.2 6.3 6.4 6.5 6.6 6.7 6.8 6.9 6.10 6.11 6.12 6.13 6.14 6.15 6.16 6.17 6.18 6.19 6.20 6.21 6.22

111 113 114 115 118 120 123 125

Equilibrio di un sistema meccanico Principio dei lavori virtuali Con¯gurazioni d'equilibrio interne dei sistemi olonomi a vincoli perfetti Equilibrio dei sistemi conservativi Stabilitµa dell'equilibrio Equazioni cardinali della statica Problemi staticamente determinati Equilibrio di un corpo rigido con asse ¯sso Equilibrio di un corpo rigido appoggiato in un punto ad un piano Sistemi composti Attrito fra due corpi rigidi Quantitµa di moto di un sistema Momento delle quantitµa di moto di un sistema Energia cinetica di un sistema Equazioni cardinali della dinamica Teoremi dell'energia Integrali primi Studio del moto e determinazione delle reazioni vincolari mediante le equazioni cardinali della Dinamica Principio di D'Alembert Equazioni di Lagrange Equazioni di Lagrange per un sistema conservativo Pendolo ¯sico

125 126 127 128 129 131 132 134 136 138 139 141 142 145 148 150 151 152 153 154 155 155

Bibliogra¯a

157

Indice analitico

158

Ultime modi¯che apportate il 12/09/05

.

iv

1. CALCOLO VETTORIALE

1.1 Vettori e loro prime proprietµ a Ogni grandezza ¯sica risulta matematicamente ben de¯nita quando µe possibile associare ad essa un opportuno ente matematico in modo da rappresentarne quantitativamente tutte le µ noto che alcune grandezze come la lunghezza sono completamente caratteristiche ¯siche. E individuate da un valore numerico; esse sono dette grandezze scalari. Per altre grandezze, quali lo spostamento e la velocitµa di un punto, un numero non µe su±ciente a caratterizzarle: per esse occorre un vettore. Di conseguenza sono dette grandezze vettoriali. Un vettore µe un ente matematico caratterizzato da un numero (non negativo), da una direzione e da un verso. Un vettore a (nei testi denotato anche con ~a oppure a) viene sempre rappresentato da un segmento orientato (ossia da un segmento munito di freccia). La lunghezza del segmento, misurata in una certa scala, µe il numero (positivo) che caratterizza il vettore e che viene chiamato modulo del vettore stesso; esso verrµa denotato con jaj o, piµ u semplicemente con a. La direzione della retta che contiene il segmento µe la direzione del vettore; il verso µe dato dal verso della freccia. Un vettore di modulo unitario si dice versore; un vettore di modulo zero µe detto vettore nullo. Per quest'ultimo, che denotiamo con 0, la direzione ed il verso possono essere presi ad arbitrio. Se A e B sono gli estremi del segmento che rappresenta un vettore (con verso da A a B), il vettore puµo indicarsi col simbolo B ¡ A, cioµe come di®erenza di punti. Il modulo del vettore B ¡ A vale la lunghezza del segmento AB. Il punto A si chiama origine o primo estremo del vettore, il punto B secondo estremo. Un vettore µe dunque rappresentabile nello spazio mediante 13 segmenti orientati equipollenti, cioµe aventi la stessa lunghezza, la stessa direzione e lo stesso verso. Da qui segue l'ovvia assunzione che due vettori sono uguali quando sono equipollenti. A rimarcare il fatto che ad un vettore, a di®erenza di ogni segmento orientato, non corrisponde una posizione precisa nello spazio, si dice che µe un vettore libero. Qualche volta perµo risulta necessario associare ad un vettore a una precisa origine A, ossia una ben de1

terminata localizzazione nello spazio. In tal caso si parla di vettore applicato e lo si indica con la notazione (A; a). L'origine A µe detta punto d'applicazione del vettore. Occorre comunque sottolineare il fatto che ogni volta che si parla semplicemente di un vettore, si intende un vettore libero. Se due vettori, entrambi rappresentati come di®erenza di punti, sono uguali, si ha B¡A=D¡C; per cui, essendo ABCD un parallelogramma, risulta anche C ¡A=D¡B:

De¯nizione

Si de¯nisce prodotto di un numero reale m per un vettore a, e si scrive ma,

il vettore di modulo jmjjaj, di direzione uguale a quella di a, e di verso uguale od opposto a quello di a a seconda che m µe positivo o negativo. In particolare, se m=¡1 si ha il vettore ¡a che µe detto vettore opposto di a. Poichµe l'opposto di B ¡ A µe A ¡ B, vale la relazione B ¡ A = ¡(A ¡ B) ; vera anche in senso algebrico, cioµe considerando i punti come se fossero numeri. Due vettori sono paralleli se hanno la stessa direzione; essi sono poi concordi o discordi a seconda che abbiano oppure no lo stesso verso. Teorema

Se b e a sono due vettori paralleli (con a 6= 0) esiste un numero reale m tale

che b = ma : b b La dimostrazione µe immediata. Si prenda m = + oppure m = ¡ a seconda che i due a a µ facile vedere che b e ma hanno la stessa direzione e lo vettori siano concordi o discordi. E b stesso verso; inoltre, poich¶e jmaj = a = b, il modulo di ma coincide col modulo di b. a 1.2 Somma di vettori Siano dati due vettori a1 ed a2 . Si costruiscano due vettori consecutivi A1 ¡ A ed A2 ¡ A1 uguali rispettivamente ad a1 e ad a2 (l'origine del secondo vettore viene fatta coincidere col secondo estremo del primo). 2

De¯nizione

Si chiama somma o vettore risultante dei vettori a1 ed a2 il vettore A2 ¡ A,

cioµe a1 + a2 = A2 ¡ A : La somma di due vettori gode della proprietµa commutativa. Infatti, completando il parallelogramma di lati AA1 e A1 A2 , si ha subito che A2 ¡A µe la somma dei vettori A3 ¡ A ed A2 ¡ A3 , uguali rispettivamente ad a2 ed a1 . Quindi si ha a2 + a1 = a1 + a2 : Si considerino ora n vettori a1 ; a2 ; : : : ; an , con n ¸ 3. Costruiamo la poligonale (in generale non piana) formata dagli n vettori consecutivi A1 ¡ A; A2 ¡ A1 ; : : : ; An ¡ An¡1 , uguali rispettivamente ad a1 ; a2 ; : : : ; an . De¯nizione

Il vettore An ¡ A si dice

somma o vettore risultante degli n vettori dati, ossia (1:1) a1 + a2 + a3 + ¢ ¢ ¢ + an = An ¡ A : Notiamo che se An coincide con A, cioµe se la poligonale µe chiusa, la somma dei vettori µe nulla (cioµe µe uguale al vettore nullo). La somma di vettori gode delle proprietµa commutativa ed associativa. Quest'ultima proprietµa, di cui ovviamente ha senso parlare solo nel caso di almeno tre addendi, si prova subito nel caso di vettori consecutivi. Infatti, sostituendo, per esempio, ai tre vettori consecutivi a2 ; a3 ed a4 al primo membro della (1.1) la loro somma A4 ¡ A1 , si ottiene a1 + (a2 + a3 + a4 ) + ¢ ¢ ¢ + an = (A1 ¡ A) + (A4 ¡ A1 ) + ¢ ¢ ¢ + (An ¡ An¡1 ) = = An ¡ A = a1 + a2 + a3 + a4 + ¢ ¢ ¢ + an ; conforme alla proprietµa associativa. Sfruttando il fatto, giµa dimostrato, che per la somma di due vettori la proprietµa commutativa vale, si ha poi a1 + a2 + a3 + ¢ ¢ ¢ + an = a1 + (a2 + a3 ) + a4 + ¢ ¢ ¢ + an = = a1 + (a3 + a2 ) + a4 + ¢ ¢ ¢ + an = = a1 + a3 + a2 + a4 + ¢ ¢ ¢ + an ; 3

ed in questo modo risulta provata la proprietµa commutativa per due vettori consecutivi. Poich¶e due vettori non consecutivi possono essere resi tali con opportuni scambi, ¶e facile provare che la proprietµa commutativa µe valida in generale. Si puµo notare che la (1.1) puµo essere cosµ³ riscritta (A1 ¡ A) + (A2 ¡ A1 ) + ¢ ¢ ¢ + (An ¡ An¡1 ) = An ¡ A ; relazione vera anche in senso algebrico. Osserviamo che vale la relazione B ¡ A = (B ¡ C) + (C ¡ A) che permette di aggiungere e togliere un punto come se fosse un numero. De¯nizione

Si chiama di®erenza fra due vettori la somma del primo vettore con l'opposto

del secondo, cioµe a1 ¡ a2 = a1 + (¡a2 ) : La di®erenza di vettori gode delle stesse proprietµa della di®erenza fra numeri. Enunciamo ora due teoremi di cui omettiamo la facile dimostrazione. Teorema

In una uguaglianza fra vettori del tipo a1 + a2 + ¢ ¢ ¢ + an = b1 + b2 + ¢ ¢ ¢ + bm

si puµo trasportare un vettore da un membro all'altro come se fosse un numero, cioµe cambiando il suo segno. Teorema

Il prodotto di un numero per una somma di vettori vale la somma dei singoli

vettori moltiplicati per quel numero, cioµe m(a1 + a2 + ¢ ¢ ¢ + an ) = ma1 + ma2 + ¢ ¢ ¢ + man : I due teoremi che seguono (con dimostrazione) sono particolarmente importanti. Essi riguardano la possibilitµa di decomporre un vettore secondo delle direzioni assegnate. Prima di enunciarli e dimostrarli, premettiamo la seguente nozione: le direzioni di tre o piµ u vettori sono complanari se, rappresentati i vettori con l'origine in comune, essi risultano contenuti in uno stesso piano. 4

Teorema

Un vettore a si puµo sempre decomporre nella somma di due vettori a1 ed a2

aventi direzioni distinte assegnate, ma complanari con quella di a. Dimostrazione. Posto a = B ¡ A, si considerino le due rette passanti per A e parallele alle direzioni date (quindi complanari con a) e le altre due rette passanti per B anch'esse parallele a quelle direzioni. Si determina cosµ³ un parallelogramma ADBC e si ha a = B ¡ A = (B ¡ D) + (D ¡ A) = a1 + a2 ; con a1 e a2 uguali rispettivamente ai vettori D ¡ A e B ¡ D, e quindi con direzioni uguali a quelle assegnate. Teorema

Ogni vettore a si puµo sempre decomporre nella somma di tre vettori aventi

direzioni assegnate non complanari. Sia A l'origine del vettore B ¡ A, uguale ad a, e siano r1 , r2 , r3 tre rette passanti per A e parallele alle direzioni date. Nel caso particolare che a abbia la stessa direzione di una delle tre rette, per esempio r3 , allora il teorema µe giµa dimostrato in quanto i due vettori paralleli a r1 ed r2 possono considerarsi nulli, mentre quello parallelo ad r3 µe a. Se a non µe parallelo a nessuna delle tre rette, sia r0 l'intersezione fra il piano individuato da r1 ed r2 e quello individuato da B ¡ A ed r3 . Poichµe B ¡ A, r0 ed r3 sono complanari ed r 0 ed r3 sono rette distinte, si puµo decomporre B ¡ A in due vettori a0 ed a3 paralleli rispettivamente ad r 0 ed r3 , tali che si abbia a = a0 + a3 : Ma a0 si puµo decomporre secondo i due vettori a1 ed a2 paralleli ad r1 ed r2 . Di conseguenza sarµa a0 = a1 + a2 ; e quindi a = a1 + a2 + a3 ; con a1 ; a2 e a3 aventi rispettivamente le direzioni di r1 , r2 ed r3 . 5

Si noti che il vettore a µe la diagonale del parallelepipedo di spigoli a1 , a2 , a3 , qualora questi quattro vettori abbiano tutti origine in A. Se r3 µe normale al piano di r1 ed r2 , il vettore a0 si chiama componente di a lungo il piano individuato da r1 ed r2 , mentre a3 si chiama componente normale al piano. In altre parole, dato un vettore a, per ottenerne la componente lungo un piano ¼ e quella normale a questo piano, lo si pone con origine in un punto O di ¼ e lo si decompone lungo la normale a ¼ per O e l'intersezione fra questo piano e quello ad esso normale passante per a. Ovviamente il vettore a µe la somma delle sue componenti lungo il piano e normale al piano. 1.3 Prodotto scalare De¯nizione

L'angolo formato da due vettori a e b µe l'angolo, minore od al piµ u uguale

a ¼, formato da due semirette aventi l'origine in comune e parallele ed equiverse ai due vettori. De¯nizione

Si chiama prodotto scalare (o interno) tra due vettori a e b il prodotto dei loro

moduli per il coseno dell'angolo da essi formato, cioµe a ¢ b = ab cos ®:

(1:2)

Ovviamente il prodotto scalare fra due vettori µe un numero. Dalla (1.2) segue subito che il prodotto scalare µe nullo quando o uno almeno dei due vettori µe nullo o i due vettori sono ortogonali. L'annullarsi del prodotto scalare fra due vettori non nulli µe quindi condizione necessaria e su±ciente per l'ortogonalitµa dei due vettori. Osserviamo che la (1.2) puµo essere cosµ³ riscritta: a ¢ b = a(b cos ®) = aOH ; cioµe il prodotto scalare fra due vettori puµo essere visto come lo scalare ottenuto moltiplicando il modulo di uno dei due vettori per la proiezione su questo dell'altro vettore. Per proiezione di un vettore b = B ¡ O su un altro vettore a = A ¡ O si intende un numero con segno che esprime la lunghezza del segmento OH ottenuto proiettando b su a. Il segno µe positivo o negativo a seconda che H ¡ O µe concorde o discorde con a. Il prodotto scalare gode della proprietµa commutativa, cioµe

a ¢ b = b ¢ a.

Ciµo segue immedia-

tamente dalla (1.2) in quanto l'angolo fra a e b µe identico a quello fra b e a. 6

Il prodotto scalare gode della proprietµa distributiva rispetto alla somma, cioµe si ha (1:3)

a ¢ (b + c) = a ¢ b + a ¢ c :

Per dimostrare ciµo si costruiscono i tre vettori a = A ¡ O, b = B ¡ O e c = C ¡ B. Siano poi H e G le proiezioni di C e B su a, sicchµe OG e GH sono le proiezioni di b e c su a. Si ha quindi a ¢ (b + c) = aOH = a(OG + GH) = aOG + aGH = a ¢ b + a ¢ c ; e la (1.3) µe cosµ³ dimostrata. Dal momento che l'angolo fra due vettori uguali µe nullo, si ha a ¢ a = a2 :

(1:4)

D'ora in poi potremo riferirci al prodotto scalare di un vettore a per se stesso, e quindi al quadrato del modulo di a, come al quadrato del vettore a. In altre parole:

(a)2 = a2 :

Si ha poi (a § b)2 = a2 + b2 § 2a ¢ b ; (a + b) ¢ (a ¡ b) = a2 ¡ b2 : Teorema

Sia a un vettore qualsiasi e siano m1 , m2 , m3 tre vettori distinti non nulli e

non complanari. Se si veri¯ca a ¢ m1 = 0;

a ¢ m2 = 0;

a ¢ m3 = 0 ;

allora a = 0. Dimostrazione Se a fosse diverso dal vettore nullo, esso risulterebbe perpendicolare a tre vettori per ipotesi non complanari, il che sarebbe chiaramente assurdo. Corollario Siano a e b due vettori qualunque e siano m1 , m2 , m3 tre vettori non nulli e non complanari. Se si veri¯ca a ¢ m1 = b ¢ m1 ;

a ¢ m2 = b ¢ m2 ;

allora a = b : 7

a ¢ m3 = b ¢ m3 ;

(1:5)

Dimostrazione Dalle (1.5) si ha (a ¡ b) ¢ m1 = 0;

(a ¡ b) ¢ m2 = 0;

(a ¡ b) ¢ m3 = 0;

e quindi, per il teorema precedente, a ¡ b = 0, da cui la tesi. Dal teorema e dal corollario appena dimostrati conseguono immediatamente altri due corollari: Corollario Se per ogni m si ha a ¢m = 0; allora a = 0. Corollario Se per ogni m si ha a ¢ m = b ¢ m; allora a = b. Nota. Ci sono autori che denotano il prodotto scalare in maniera diversa da quella qui adottata. Le altre notazioni piµ u comuni sono a £ b e ab. 1.4 Prodotto vettoriale De¯niamo ora un'operazione tra vettori che, a di®erenza del prodotto scalare, a due vettori associa un terzo vettore. De¯nizione

Si de¯nisce prodotto vettoriale (o esterno) di due vettori a e b un vettore, che

indichiamo col simbolo a £ b (da leggersi a vettore b), cosµ³ de¯nito: ¡ il suo modulo µe dato dal prodotto ab sin ® (® angolo compreso tra a e b); ¡ la sua direzione µe quella ortogonale al piano dei due vettori (posti con l'origine in comune); ¡ il suo verso µe quello per cui un osservatore, disposto lungo la suddetta direzione e che guarda b, vede a alla sua destra. µ opportuno notare che il modulo di a £ b rappresenta l'area del parallelogramma di lati E a e b. Per stabilire il verso del prodotto vettoriale si possono usare anche altre regole: 1) il verso di a £ b µe quello per cui avanza un cavatappi, normale al piano contenente a e b, quando viene fatto ruotare in modo che a vada a sovrapporsi a b descrivendo l'angolo minore; 8

2) il verso di a £ b µe quello per cui la terna (a; b; a £ b) µe una terna destra. Una terna di vettori (a; b; c) µe destra o sinistra a seconda che a, b e c possano essere fatti coincidere con il pollice, l'indice e il medio della mano destra o della mano sinistra. Dalla de¯nizione segue immediatamente che il prodotto vettoriale µe nullo o quando µe nullo uno almeno dei due vettori, o quando essi sono paralleli. Quindi l'annullarsi del prodotto vettoriale fra due vettori non nulli, µe condizione necessaria e su±ciente per il parallelismo fra due vettori. In particolare si ha a£ a = 0: Se m µe un numero, allora m(a £ b) = ma £ b = a £ mb : Il prodotto vettoriale non gode della proprietµa commutativa; infatti b £ a ha lo stesso modulo e la stessa direzione di a £ b ma verso opposto, cioµe a £ b = ¡b £ a: Il prodotto vettoriale gode della proprietµa distributiva rispetto alla somma (senza dimostrazione): a £ (b + c) = a £ b + a £ c : Il prodotto vettoriale, in generale, non gode della proprietµa associativa, cioµe in generale si ha (a £ b) £ c 6= a £ (b £ c) ; dove il primo membro, detto anche doppio prodotto vettoriale, indica il prodotto vettoriale tra il vettore a £ b ed il vettore c, mentre il secondo membro µe il prodotto fra i vettori a e b £ c. Nota. Anche per il prodotto vettoriale esistono altre notazioni, la piµ u comune delle quali µe a ^ b. Tuttavia, per non creare inutili fraintendimenti, si consiglia vivamente di usare le notazioni da noi introdotte, a ¢ b per il prodotto scalare e a £ b per il prodotto vettoriale, notazioni che corrispondono a quelle piµ u largamente usate nei testi. 1.5 Prodotto misto De¯nizione

Si de¯nisce prodotto misto di tre vettori a, b e c lo scalare a £ b ¢ c: 9

(1:6)

Osserviamo che non c'µe ambiguitµa nell'ordine delle due operazioni in quanto ha senso solo fare prima il prodotto vettoriale a £ b e poi moltiplicare scalarmente il risultato per c. Teorema

Il prodotto misto (1:6) vale il vo-

lume del parallelepipedo avente come spigoli i tre vettori (supposti con la stessa origine O), con la convenzione che il volume si intende positivo o negativo a seconda che il triedro a b c µe destro o sinistro. Si omette la dimostrazione. Osserviamo che se il triedro individuato dalla terna di vettori (a; b; c) µe destro, tali sono anche i triedri individuati dalle terne (b; c; a) e (c; a; b). Di conseguenza, in virtµ u del teorema appena enunciato, si ha a £ b ¢ c = b £ c ¢ a = c £ a ¢ b: Applicando poi la proprietµa commutativa del prodotto scalare a b £ c ¢ a, ne segue a ¢ b £ c = a £ b ¢ c: Con ciµo si µe dimostrata una importante proprietµa del prodotto misto: in un prodotto misto µe lecito scambiare il segno di prodotto scalare con quello di prodotto vettoriale. Osserviamo che se il prodotto misto di tre vettori µe nullo, allora il parallelepipedo ha volume nullo e quindi, o almeno uno dei vettori µe nullo, o i tre vettori sono complanari. Viceversa, se almeno un vettore µe nullo, o se i tre vettori sono complanari, il volume µe nullo e cosµ³ il prodotto misto. Quanto detto permette di a®ermare che condizione necessaria e su±ciente a±nchµe tre vettori non nulli siano complanari µe che il loro prodotto misto sia nullo. Un caso particolare, ma assai frequente, di nullitµa del prodotto misto si ha quando due vettori sono paralleli. 1.6 Rappresentazione cartesiana dei vettori Consideriamo un sistema di coordinate cartesiane ortogonali Oxyz tali da costituire una terna destra. Si prendano tre vettori unitari, detti versori fondamentali i, j, k paralleli ed equiversi agli assi x, y, z rispettivamente e con origine in O e sia a un generico vettore pure con origine in O. 10

Poich¶e gli assi formano tre direzioni non complanari si puµo scomporre a in tre vettori a1 , a2 , a3 , paralleli agli assi cartesiani, cioµe a = a1 + a2 + a3 :

(1:7)

Essendo a1 un vettore parallelo all'asse x, e quindi al vettore i, esiste un numero reale ax tale che a1 = ax i : In modo analogo si ha a2 = ay j ;

a3 = az k :

Sostituendo nella (1.7) si ottiene a = ax i + ay j + az k :

(1:8)

Da quanto precede µe ovvio che, ¯ssato un sistema di assi cartesiani ortogonali, ad ogni vettore corrisponde una terna di numeri (ax ; ay ; az ), che µe unica. Viceversa, ogni terna (ax ; ay ; az ) individua, mediante la (1.8), un unico vettore a. Si puµo perciµo concludere che i tre numeri ax , ay , az caratterizzano in modo completo il vettore rispetto al sistema di riferimento Oxyz ¯ssato. Questi numeri sono detti componenti cartesiane del vettore, lungo gli assi x, y, z rispettivamente. I vettori a1 , a2 , a3 possono chiamarsi anche vettori componenti di a lungo gli assi. Il vettore a3 , normale al piano xy, ed il vettore axy = a1 + a2 , parallelo a tale piano, sono rispettivamente i vettori componenti di a normali ad xy e lungo xy. Il primo ha per componenti cartesiane (0; 0; az ), il secondo (ax ; ay ; 0). Le componenti cartesiane dei tre versori fondamentali sono ovviamente le seguenti: i ´ (1; 0; 0) ;

j ´ (0; 1; 0) ;

k ´ (0; 0; 1) :

Vediamo ora alcune proprietµa delle componenti cartesiane di un vettore. Ovviamente, se due vettori sono uguali, hanno uguali le componenti e viceversa. Vale poi l'a®ermazione seguente: Le componenti del vettore somma di due o piµ u vettori si ottengono sommando le componenti analoghe dei singoli vettori. Infatti se µe a = b + c, esprimendo b e c nelle loro componenti cartesiane, avremo a = (bx i + by j + bz k) + (cx i + cy j + cz k) = = (bx + cx )i + (by + cy )j + (bz + cz )k ; 11

da cui segue che le componenti ax , ay , az di a valgono rispettivamente bx + cx , by + cy , bz + cz . Risulta immediata l'estensione al caso in cui a µe la somma di n vettori. Ricaviamo ora l'espressione cartesiana del prodotto scalare fra due vettori. Per fare ciµo osserviamo che essendo i vettori i, j, k unitari e a due a due ortogonali, si ha i¢ i = 1;

j ¢j = 1;

k ¢ k = 1;

(1.9)

i¢ j = 0;

j ¢ k = 0;

k ¢ i = 0:

(1.10)

u Dati due vettori a e b, rispettivamente di componenti (ax ; ay ; az ) e (bx ; by ; bz ), in virtµ della proprietµa distibutiva del prodotto scalare rispetto alla somma e tenendo conto delle relazioni (1.9) ed (1.10) appena scritte, si ha a ¢ b = (ax i + ay j + az k) ¢ (bx i + by j + bz k) = ax bx + ay by + az bz :

(1:11)

Il risultato ottenuto puµo essere letto nel modo seguente: il prodotto scalare fra due vettori vale la somma dei prodotti delle componenti analoghe dei due vettori. Siamo ora in grado di ricavare alcune importanti proprietµa delle componenti di un vettore. Indicando con ® l'angolo fra a e la direzione positiva dell'asse delle x, ricorrendo alla de¯nizione di prodotto scalare si ha a ¢ i = a cos ® : Ricordando poi le (1.8), ed e®ettuando il prodotto sulla base della (1.11), si ricava a cos ® = ax :

(1:12)

In modo analogo, se ¯ e ° sono gli angoli fra il vettore a e la direzione positiva degli assi y e z, si ottiene che a cos ¯ = ay ;

(1.13)

a cos ° = az :

(1.14)

Da queste relazioni si ricavano le componenti di un vettore noti il suo modulo e gli angoli che esso forma con gli assi. Elevando al quadrato le tre ultime relazioni, sommando membro a membro, e ricordando che cos2 ® + cos2 ¯ + cos2 ° = 1, avremo a2 = a2x + a2y + a2z ; 12

da cui a=

q

a2x + a2y + a2z :

(1:15)

Questa formula esprime il modulo di un vettore note le sue componenti, mentre le (1.12), (1.13) ed (1.14) esprimono i coseni degli angoli che il vettore forma con gli assi. Questo permette di costruire il vettore note le sue componenti. Dalle (1.12), (1.13), (1.14) si ha che la componente di un vettore lungo un certo asse µe la sua proiezione sull'asse stesso. Sottolineiamo il fatto che la componente di un vettore lungo un asse vale il prodotto scalare del vettore per un versore diretto lungo quell'asse. Piµ u in generale, si chiama componente di un vettore lungo una direzione individuata dal versore m il prodotto scalare fra a e m. Se si considera un punto P di coordinate (x; y; z), le componenti di P ¡ O saranno rispettivamente, P O cos ®, P O cos ¯, P O cos °, con ovvio signi¯cato dei simboli. Ma questi numeri non sono altro che le coordinate x, y, z di P , per cui si puµo scrivere P ¡ O = xi + yj + zk :

(1:16)

Dati due punti P1 e P2 di coordinate (x1 ; y1 ; z1 ) e (x2 ; y2 ; z2 ), si ha P1 ¡ O = x1 i + y1 j + z1 k ;

P2 ¡ O = x2 i + y2 j + z2 k :

Sottraendo la prima uguaglianza dalla seconda si ottiene P2 ¡ P1 = (x2 ¡ x1 )i + (y2 ¡ y1 )j + (z2 ¡ z1 )k: Dunque, il vettore de¯nito dalla di®erenza tra due punti ha per componenti la di®erenza fra le coordinate analoghe dei due punti stessi. Ricaviamo ora l'espressione cartesiana del prodotto vettoriale. Ricordando che i £ i = 0;

j £ j = 0;

k £ k = 0;

i£j = k;

j £k = i;

k£i = j;

e che, per le proprietµa del prodotto vettoriale j £ i = ¡k ;

k £ j = ¡i ;

i £ k = ¡j ;

si ha a £ b = (ax i + ay j + az k) £ (bx i + by j + bz k) = = ax bx i £ i + ax by i £ j + ax bz i £ k + ay bx j £ i + ay by j £ j+ + ay bz j £ k + az bx k £ i + az by k £ j + az bz k £ k = = ax by k ¡ ax bz j ¡ ay bx k + ay bz i + az bx j ¡ az by i ; 13

e cioµe a £ b = (ay bz ¡ az by )i + (az bx ¡ ax bz )j + (ax by ¡ ay bx )k:

(1:17)

Per ricordare facilmente le componenti del prodotto vettoriale µe utile il determinante simbolico:

¯ ¯ i ¯ a £ b = ¯¯ ax ¯ bx

j ay by

¯ k ¯¯ az ¯¯ : bz ¯

(1:18)

che, sviluppato secondo la prima riga, dµa esattamente la (1.17). Calcoliamo ora l'espressione cartesiana del prodotto misto a £ b ¢ c. Ricordando la (1.11) e la (1.17) si ottiene a £ b ¢ c = cx (ay bz ¡ az by ) + cy (az bx ¡ ax bz ) + cz (ax by ¡ ay bx ) ; o, equivalentemente,

¯ ¯ ax ¯ a £ b ¢ c = ¯¯ bx ¯ cx

ay by cy

¯ az ¯¯ bz ¯¯ : cz ¯

1.7 Doppio prodotto vettoriale e divisione vettoriale Dimostreremo ora la formula seguente (a £ b) £ c = (a ¢ c)b ¡ (b ¢ c)a :

(1:19)

Scegliamo un sistema di assi cartesiani ortogonali Oxyz in modo che l'asse z sia parallelo a c; cosµ³ si ha c = ck;

a ¢ c = az c;

b ¢ c = bz c:

Allora, ricordando le espressioni (1.17) e (1.18) del prodotto vettoriale, possiamo scrivere ¯ ¯ i ¯ (a £ b) £ c = ¯¯ ay bz ¡ az by ¯ 0

j az bx ¡ ax bz 0

¯ ¯ k ¯ ax by ¡ ay bx ¯¯ = ¯ c

= (az bx c ¡ ax bz c)i + (az by c ¡ ay bz c)j + (az bz c ¡ az bz c)k = = az c(bx i + by j + bz k) ¡ bz c(ax i + ay j + az k) = (a ¢ c)b ¡ (b ¢ c)a ; col che abbiamo dimostrato la (1.19). 14

La formula (1.19) permette di risolvere assai facilmente il problema della divisione vettoriale, che consiste nel determinare i vettori x soluzione dell'equazione: a £ x = b;

con a ? b :

(1:20)

Osservato che essendo a ? b l'equazione µe ben posta (se a e b non fossero perpendicolari l'equazione non avrebbe soluzione), dimostriamo che x0 =

b£a a2

µe soluzione. Infatti, sostituendo x0 nell'equazione ed applicando la formula (1.19), si ha a£

(b £ a) 1 1 1 = ¡ 2 (b £ a) £ a = ¡ 2 [(b ¢ a)a ¡ (a ¢ a)b] = ¡ 2 [¡a2 b] = b : 2 a a a a

Ricordando poi che a £ a = 0, la (1.20) risulta soddisfatta anche ponendo x = x0 + ha ; con h numero qualunque. Osserviamo che ogni vettore soluzione x µe normale a b (x0 µe normale anche ad a). Posti a e b con origine in un punto O e posto x = P ¡ O, il risultato ottenuto ci dice che il luogo dei punti P soddisfacenti l'equazione a £ (P ¡ O) = b µe una retta parallela ad a posta come in ¯gura.

1.8 Vettori variabili e loro derivazione Si consideri ora una variabile numerica reale t, che assuma tutti i valori compresi in un intervallo I = (t1 ; t2 ). Supposto che ad ogni valore di t corrisponda uno ed un sol vettore u, diremo che u µe un vettore funzione di t ed esprimeremo ciµo scrivendo u = u(t) ;

t2I:

(1:21)

Fissato quindi un sistema di riferimento cartesiano ortogonale Oxyz, le componenti cartesiane ux , uy , uz di u sono anch'esse funzioni della variabile t. Allora la funzione vettoriale (1.21) µe equivalente alle tre funzioni scalari: ux = ux (t) ;

uy = uy (t) ; 15

uz = uz (t) :

Per i vettori funzione di una variabile t, si puµo de¯nire, come per le funzioni ordinarie, il concetto di limite per t tendente a t0 , essendo t0 un punto di accumulazione di I. De¯nizione

Diremo che il vettore u(t) tende, per t ! t0 , al limite u0 e scriveremo lim u(t) = u0

(1:22)

t!t0

se 8² > 0 ;

9±² > 0 : 8t 2 (t0 ¡ ±² ; t0 + ±² ) ; t 6= t0

)

ju(t) ¡ u0 j < ² :

Posto poi u0 = u0x i + u0y j + u0z k ; poichµe il valore assoluto della componente di un vettore µe sempre minore o al piµ u uguale al modulo del vettore stesso (vedi (1.15)), l'esistenza del limite (1.22) implica che 8² > 0 ;

9±² > 0 : 8t 2 (t0 ¡ ±² ; t0 + ±² ) ; t 6= t0

)

jux (t) ¡ u0x j · ju(t) ¡ u0 j < ² :

Questa relazione, e le analoghe per uy ed uz , implicano lim ux (t) = u0x ;

t!t0

lim uy (t) = u0y ;

lim uz (t) = u0z ;

t!t0

t!t0

vale a dire: il limite delle componenti di un vettore µe dato dalle componenti del limite del vettore stesso. Dalle precedenti formule si deduce poi subito che lim u(t) = lim

t!t0

t!t0

q

u2x (t) + u2y (t) + u2z (t) =

q

u20x + u20y + u20z = u0 ;

(1:23)

cioµe il limite del modulo di un vettore vale il modulo del suo limite. Si possono poi dimostrare i seguenti teoremi: { Il limite della somma di due o piµ u vettori vale la somma dei limiti dei singoli vettori. { Il limite del prodotto scalare o vettoriale di due vettori vale il prodotto scalare o vettoriale dei limiti dei singoli vettori. { Il limite del prodotto di uno scalare per un vettore vale il limite dello scalare per il limite del vettore. Considerati uno scalare m(t) e due vettori u(t) e v(t), e supposto che lim m(t) = m0 ;

t!t0

lim u(t) = u0 ;

t!t0

16

lim v(t) = v 0 ;

t!t0

i tre teoremi precedenti si scrivono cosµ³ : ¡ ¢ lim u(t) § v(t) = u0 § v 0 ;

t!t0

lim u(t) ¢ v(t) = u0 ¢ v 0 ;

t!t0

lim u(t) £ v(t) = u0 £ v 0 ;

t!t0

lim m(t)u(t) = m0 u0 :

t!t0

De¯nizione

Il vettore u(t) µe continuo per t = t0 se lim u(t) = u(t0 ):

t!t0

De¯nizione

Si chiama derivata del vettore u(t) per t = t0 il vettore ¯ du ¯¯ u(t0 + h) ¡ u(t0 ) u (t0 ) = = lim : dt ¯t=t0 h!0 h 0

(1:24)

(supposto che il limite esista) De¯nizione

Si chiama di®erenziale del vettore u(t) per t = t0 , e si indica con du, il prodotto

della derivata del vettore per t = t0 per il di®erenziale della variabile indipendente, vale a dire du = u0 (t0 )dt : Si dimostra facilmente che la derivata di un vettore ha per componenti le derivate delle componenti del vettore stesso. Infatti si ha ¯ du ¯¯ u(t0 + h) ¡ u(t0 ) = lim = ¯ dt t=t0 h!0 h

ux (t0 + h) ¡ ux (t0 ) uy (t0 + h) ¡ uy (t0 ) uz (t0 + h) ¡ uz (t0 ) = lim i + lim j + lim k= h!0 h!0 h!0 h h h µ ¶ µ ¶ µ ¶ dux duy duz = i+ j+ k: dt t0 dt t0 dt t0

Non µe di±cile provare che valgono le seguenti regole di derivazione: d(u ¢ v) du dv = ¢v+u¢ ; dt dt dt d(u £ v) du dv = £v+u£ ; dt dt dt d(mu) dm du = u+m : dt dt dt 17

(1.25)

In particolare, dalla (1.25), ricordando anche la (1.4), si ha du du2 d(u ¢ u) = = 2u ¢ ; dt dt dt

(1:26)

cioµe la derivata del quadrato del modulo di un vettore vale il doppio del prodotto scalare tra il vettore e la sua derivata. Conseguenza immediata della (1.26) µe che, se il vettore u µe costante in modulo, allora du ¢ u = 0; dt per cui la derivata di un vettore costante in modulo µe perpendicolare al vettore stesso. In particolare ciµ o vale per un versore. Supponiamo ora che si abbia

¡ ¢ u = u s(t) ;

ossia che u sia funzione della variabile t attraverso una seconda variabile reale s. In tal caso µe facile dimostrare che

du ds du = : (1:27) dt dt ds Infatti, se u=u(s(t)), allora ux =ux (s(t)), uy =uy (s(t)) e uz =uz (s(t)), per cui, ricordando le regole di derivazione delle funzioni ordinarie, si ottiene du dux duy duz dux ds duy ds duz ds = i+ j+ k= i+ j+ k= dt dtµ dt dt ds dt ds dt ds dt ¶ ds dux duy duz ds du = i+ j+ k = : dt ds ds ds dt ds Si consideri ora la variabile t e si supponga che ad ogni suo valore corrisponda una posizione di un punto P dello spazio. In tal caso diremo che il punto P µe funzione di t e scriveremo P = P (t) : De¯nizione

Si chiama derivata del punto P rispetto a t la derivata del vettore P (t) ¡ O,

dove O µe un qualunque punto dello spazio che non dipende da t. Questa de¯nizione µe giusti¯cata dal fatto che la derivata di P non dipende da O. Infatti, dP indicata con la derivata di P rispetto a t, avremo dt ¡ ¢ ¡ ¢ P (t + h) ¡ O ¡ P (t) ¡ O dP d(P ¡ O) P (t + h) ¡ P (t) = = lim = lim : h!0 h!0 dt dt h h dP da O. Osserviamo che sarebbe perfettamente dt equivalente assumere come de¯nizione della derivata di un punto rispetto ad una variabile Questo dimostra l'indipendenza di t l'ultimo limite soprascritto. 18

Poichµe le componenti di (P ¡ O) sono le coordinate x, y, z di P, la de¯nizione appena data e la (1.16) conducono alla formula dx dy dz dP = i+ j + k; dt dt dt dt cioµe le componenti della derivata di un punto sono le derivate delle sue coordinate.

¡ ¢ Se poi P µe funzione di un parametro s a sua volta funzione di t, per cui P = P s(t) , in virtµ u della (1.27) si ha

d(P ¡ O) ds d(P ¡ O) ds dP dP = = = : dt dt dt ds dt ds In¯ne, se i punti P e Q sono entrambi funzione di t, tale sarµa anche il vettore P ¡ Q; di conseguenza, si ha d(P ¡ Q) d(P ¡ O) d(Q ¡ O) dP dQ = ¡ = ¡ : dt dt dt dt dt

19

2. GEOMETRIA DELLE MASSE

In questo capitolo ci occupiamo di geometria delle masse, vale a dire di nozioni fondamentali della Meccanica che, dipendendo solo dalla distribuzione geometrica delle masse, possono essere trattate anticipatamente. Piµ u precisamente, ci occupiamo delle nozioni di baricentro e di momento d'inerzia, fornendone anche il calcolo in alcuni esempi elementari ma utili ai ¯ni degli esercizi.

2.1 Massa De¯nizione

La massa µe una proprietµa intrinseca dei corpi connessa alla loro quantitµa di

materia. Matematicamente la massa µe rappresentata mediante una grandezza scalare m positiva, che supponiamo indipendente dal sistema di riferimento e additiva, cioµe uguale alla somma delle masse delle parti componenti. Il numero m rappresenta la misura della massa del corpo in rapporto a quella di un corpo campione la cui massa µe assunta come unitaria. La possibilitµa di misurare una massa confrontandola con un'altra µe una conseguenza della II Legge della Dinamica che introdurremo fra un po'. Spesso, quando le dimensioni del corpo sono piccole e il problema che ci interessa lo permette, tornerµa comodo, nel nostro modello matematico, trattare il corpo come se fosse un punto geometrico P dotato della massa del corpo. Ebbene, in tal caso si parlerµa di punto materiale P di massa m, e si userµa la notazione (P; m). Un qualunque corpo potrµa sempre essere riguardato come un'unione di punti materiali. Tali punti potranno essere in numero ¯nito o una in¯nitµa numerabile o un continuo. Nei primi due casi, indicata con mi la massa dell'i-esimo punto, la massa totale del corpo, in virtµ u dell'additivitµa, sarµa data da M=

N X

mi

i=1

oppure M=

1 X

mi

i=1

a seconda che i punti siano in numero ¯nito o un'in¯nitµa numerabile. 20

(2:1)

Se invece i punti materiali costituiscono un continuo C, allora si suppone che al corpo sia associata una funzione ½(P ) reale, non negativa, limitata, detta densitµa di massa, de¯nita per ogni punto P del corpo e tale che la massa in¯nitesima dm contenuta in un elemento in¯nitesimo dC del corpo contenente P sia data da dm = ½(P )dC. La massa totale di C, sempre in virtµ u dell'additivitµa, sarµa quindi data da Z M= ½(P )dC :

(2:2)

C

In generale (2.2) µe un integrale di volume; se perµo la forma del corpo C µe particolare, per cui una o due dimensioni risultino trascurabili rispetto alle altre, allora si potrµa avere un integrale di super¯cie o un integrale curvilineo. Il caso piµ u semplice che si possa presentare µe ½(P ) = costante = ½0 , cioµe quando il corpo µe omogeneo, per cui risulta m = ½0 V, con V volume di C. Nota bene: nel seguito supporremo sempre di aver a che fare o con un numero ¯nito di punti materiali o con un corpo continuo. Tutte le dimostrazioni verranno fatte nel caso ¯nito, sapendo perµo che esse possono essere riportate al caso numerabile o continuo sostituendo semplicemente le somme ¯nite con serie o integrali che supporremo sempre convergenti. 2.2 Baricentro De¯nizione

Si chiama baricentro o centro di massa di un sistema materiale il punto G

de¯nito dalla relazione G¡O =

PN

s=1

ms (As ¡ O) M

(2:3)

se il sistema µe costituito di N punti materiali (As ; ms ); s = 1; : : : ; N ; oppure da R ½(P )(P ¡ O)dC G¡O = C M

(2:4)

nel caso di un corpo continuo C. Il punto O µe un qualunque punto da noi ¯ssato ed M µe la massa totale del sistema materiale. Di solito O µe l'origine del sistema di riferimento. Le coordinate di G rispetto ad un riferimento Oxyz sono date da PN m s xs xG = s=1 ; M oppure da xG =

R

C

½xdC ; M

yG =

PN

yG =

ms ys ; M

s=1

R

C

21

½ydC ; M

zG =

zG =

R

PN C

ms zs : M

s=1

(2:5)

½zdC ; M

(2:6)

a seconda che i punti siano in numero ¯nito od un continuo. Osservazioni: - Nel caso di un insieme di punti materiali tutti appartenenti ad una retta, anche G appartiene alla retta. Esempio ovvio: un'asta. Analogamente, se tutti i punti appartengono ad un piano, anche G appartiene al piano. - In generale gli integrali (2.6) sono degli integrali di volume. Tuttavia, nel caso di corpi particolari, essi possono ridursi ad integrali di super¯cie o addirittura ad integrali curvilinei. Ciµo accade quando il corpo puµo assumersi come bidimensionale (ad esempio una lamina) o unidimensionale (ad esempio un ¯lo). - Si puµo dimostrare che se il corpo µe delimitato da una super¯cie convessa, G µe interno al corpo. - Ai ¯ni del calcolo dei baricentri risulta molto utile (in quanto aiuta a sempli¯care il calcolo stesso) la seguente proposizione: se il sistema materiale ha un piano di simmetria geometrico-materiale, il baricentro sta su tale piano. Dimostrazione. Dire che il sistema di punti materiali, che indichiamo con S, ha un piano ¦ di simmetria signi¯ca dire che, se Ps 2 S, anche il punto Qs , simmetricamente posto rispetto a ¦, appartiene a S. Dire poi che la simmetria µe anche materiale, signi¯ca dire che Ps e Qs hanno la stessa massa ms (o, nel caso continuo, la stessa densitµa di massa). Supposto ora che il piano ¦ coincida col piano Oxy (che ha equazione z = 0), se Ps ´ (xs ; ys ; zs ), allora Qs ´ (xs ; ys ; ¡zs ). Dalla terza relazione delle (2.5) (o delle (2.6)) segue quindi banalmente zG = 0, ossia G 2 ¦. - Conseguenza immediata del teorema appena dimostrato µe che, se il corpo ha due piani di simmetria, G sta sulla retta d'intersezione. Se poi ne ha tre, G µe il loro punto d'intersezione. Ad esempio, in un corpo omogeneo a forma di parallelepipedo o di sfera G coincide col centro. - Per determinare il baricentro di un sistema materiale costituito di N componenti, si determina prima il baricentro di ciascuna componente, e quindi ci si comporta come se si avessero N punti. Piµ u precisamente, se si hanno N componenti di massa mi e baricentro Gi , µe come se si avessero gli N punti materiali (Gi ; mi ). 22

2.3 Momento d'inerzia De¯nizione

Si de¯nisce momento d'inerzia di un sistema di punti materiali (Ps ; ms ); s =

1; :::; N , rispetto ad un asse (O; a) lo scalare N X

I=

ms rs2 ;

(2:7)

s=1

dove rs µe la distanza di Ps dall'asse. Se invece di un sistema materiale discreto abbiamo a che fare con un sistema continuo, allora, indicata con ½(P ) la densitµa di massa, anzichµe (2.7), si ha I=

Z

½(P )r 2 dC ;

(2:8)

C

con r distanza di P dall'asse. In generale questo µe un integrale di volume. Tuttavia, se la forma del corpo C µe particolare, per cui una o due dimensioni sono trascurabili rispetto alle altre, allora si ha un integrale di super¯cie o un integrale curvilineo. Il momento d'inerzia puµo anche essere de¯nito rispetto ad un punto O: in questo caso, in cui le distanze rs sono le distanze di Ps da O, si parla di momento d'inerzia polare (rispetto al polo O) invece che di momento assiale. Il momento polare perµo non µe molto importante; esso µe utile a sempli¯care il calcolo di qualche momento d'inerzia assiale particolare (ad esempio, il momento d'inerzia di una sfera omogenea rispetto ad un suo diametro). Nel seguito, quando si parlerµa di momento d'inerzia si intenderµa sempre quello assiale, salvo che non sia altrimenti speci¯cato. Analogamente a quanto fatto ¯nora, tutte le dimostrazioni che seguiranno si baseranno sull'ipotesi che il sistema materiale sia discreto. Ovviamente le stesse dimostrazioni possono essere rifatte in maniera del tutto analoga nel caso di un sistema materiale continuo. Osserviamo che il momento d'inerzia I in generale µe funzione del tempo t in quanto, in generale, la distanza dei punti Ps dall'asse varia col tempo. Osserviamo perµo che, se il sistema materiale µe un corpo rigido e l'asse µe ¯sso rispetto al corpo, allora I µe costante. La nozione di corpo rigido, di cui ci limitiamo a riportare qui la de¯nizione, sarµa approfondita nel prossimo capitolo. De¯nizione

Un corpo rigido µe un sistema di punti materiali le cui mutue distanze riman-

gono costanti nel tempo. Un corpo non rigido, µe un corpo deformabile.

23

2.4 Calcolo dei momenti d'inerzia Il calcolo di un momento d'inerzia µe sempre possibile ricorrendo direttamente alla de¯nizione, cioµe, a seconda che il sistema materiale sia discreto o continuo, alla (2.7) o alla (2.8). Esistono perµo degli altri metodi che sono estremamente utili e che sono espressi dai due teoremi che seguono. (di Huyghens o di Steiner)

Teorema

Noto il momento d'inerzia IG di un sistema materiale di massa totale M rispetto alla retta baricentrica (G; k), il momento d'inerzia I rispetto ad una qualunque retta parallela (O; k) posta a distanza d vale I = IG + M d2 :

(2:9)

Dimostrazione Siano Oxyz e Gx0 y 0 z 0 due sistemi di riferimento con Oz e Gz 0 paralleli e diretti come k, e Oy ´ Gy 0 (senza con ciµo perdere di generalitµa). Ne consegue che xs = x0s ;

ys = ys0 + d ;

zs = zs0 ;

e quindi I=

X s

=

X s

ms rs2 =

X s

¡ ¢ X ¡ 0 2 ¢ ms x2s + ys2 = ms (xs ) + (ys0 + d)2 s

X X X ¡ ¢ ms (x0s )2 + (ys0 )2 + d2 ms + 2d ms ys0 = ms (rs0 )2 + M d2 s

s

s

2

= IG + M d ;

dove si µe tenuto conto che Osservazione.

P

s

0 ms ys0 = M yG = 0.

Noto il momento d'inerzia rispetto ad una retta r, il teorema di Huyghens

permette il calcolo del momento d'inerzia rispetto ad una qualunque retta r 0 parallela ad r. Ciµo µe possibile in base alla ovvia considerazione che la formula (2.9) puµo essere usata anche per ricavare IG noto I. Teorema

Il momento d'inerzia di un sistema materiale rispetto alla retta (O; a) di coseni

direttori ®, ¯ e ° rispetto ad un riferimento Oxyz vale I = A®2 + B¯ 2 + C° 2 ¡ 2A0 ®¯ ¡ 2B 0 ®° ¡ 2C 0 ¯° ; 24

(2:10)

dove A=

X s

A0 =

¡ ¢ ms ys2 + zs2 ;

X

m s xs y s ;

B=

X s

B0 =

s

X

¡ ¢ ms x2s + zs2 ;

C=

X s

C0 =

ms xs zs ;

s

¡ ¢ ms x2s + ys2 ;

X

ms ys zs :

(2:11) (2:12)

s

Prima di dimostrare il teorema osserviamo che A, B e C sono i momenti d'inerzia del sistema materiale rispetto agli assi Ox, Oy ed Oz rispettivamente. Le quantitµa A0 , B 0 e C 0 , che hanno le dimensioni di un momento d'inerzia, si chiamano momenti di deviazione o prodotti d'inerzia o momenti centrifughi. Dalle de¯nizioni (2.11) e (2.12) si puµo osservare che, al contrario di A, B e C che essendo dei veri momenti d'inerzia sono sempre positivi, i momenti di deviazione A0 , B 0 e C 0 possono essere sia postivi che negativi. Dimostrazione

Posto

Ps ¡ O = xs i + ys j + zs k ; essendo a = ®i + ¯j + °k, si ha £ ¤2 £ ¤2 rs2 = (Ps ¡ O) £ a = (°ys ¡ ¯zs )i + (®zs ¡ °xs )j + (¯xs ¡ ®ys )k = (°ys ¡ ¯zs )2 + (®zs ¡ °xs )2 + (¯xs ¡ ®ys )2

= (ys2 + zs2 )®2 + (x2s + zs2 )¯ 2 + (x2s + ys2 )° 2 ¡ 2xs ys ®¯ ¡ 2xs zs ®° ¡ 2ys zs ¯° : Sostituendo in (2.7) si ha X X X I= ms (ys2 + zs2 )®2 + ms (x2s + zs2 )¯ 2 + ms (x2s + ys2 )° 2 ¡ s

¡2

X s

s

ms xs ys ®¯ ¡ 2

X

ms xs zs ®° ¡ 2

s

X

s

ms ys zs ¯° ;

s

che in virtµ u delle posizioni (2.11) e (2.12) dµa la (2.10). Il teorema appena dimostrato vale per qualunque sistema materiale. Ovviamente, in base a quanto osservato alla ¯ne del precedente paragrafo, i momenti d'inerzia A, B, C e i momenti di deviazione A0 , B 0 e C 0 in generale sono funzione del tempo. Nel caso perµo di un sistema rigido, se il sistema di riferimento µe solidale con esso, allora A, B, C, A0 , B 0 e C 0 sono costanti. In considerazione di ciµo, ed in considerazione del fatto che noi siamo interessati esclusivamente a corpi rigidi, d'ora in poi, in questo e nel successivo paragrafo, supporremo che il sistema materiale sia un corpo rigido e che la terna di riferimento sia con esso solidale. Per mettere in evidenza quest'ultimo fatto la terna sarµa indicata con O1 x1 y1 z1 (naturalmente con versori i1 , j 1 e k1 ). 25

De¯nizione

Si chiama matrice o tensore d'inerzia di un corpo rigido C relativa al riferimento

solidale O1 x1 y1 z1 la matrice simmetrica 0 A @ J = ¡A0 ¡B 0

¡A0 B ¡C 0

1 ¡B 0 ¡C 0 A : C

(2:13)

Ora, utilizzando la matrice J , il risultato (2.10) puµo scriversi nella forma compatta I = (J a; a) ;

(2:14)

dove a va inteso come vettore colonna, J a µe il prodotto di una matrice 3£3 per un vettore colonna (o, se si vuole, una matrice 3 £ 1), e (¢; ¢) indica il prodotto scalare tra due vettori colonna. Osservazione La matrice J , oltre ad essere simmetrica, µe de¯nita positiva. Ricordiamo che una matrice A di tipo n£n si dice de¯nita positiva se (Ax; x) > 0 8x 6= 0 ; x 2 Rn : Ovviamente il determinante di una matrice de¯nita positiva µe positivo. 2.5 Ellissoide d'inerzia Il calcolo del momento d'inerzia rispetto ad una data retta puµo essere fatto utilizzando l'ellissoide d'inerzia anzich¶e la matrice d'inerzia. Questo approccio, per quanto totalmente equivalente ad usare la formula (2.10), permette perµo una interpretazione geometrica sia della matrice J che del momento d'inerzia. De¯nizione

Si chiama ellissoide d'inerzia di un corpo rigido C relativo al punto O1 l'ellis-

soide di equazione Ax21 + By12 + Cz12 ¡ 2A0 x1 y1 ¡ 2B 0 x1 z1 ¡ 2C 0 y1 z1 = 1 rispetto ad una terna O1 x1 y1 z1 solidale con C. Indicato con E(O1 ) l'ellissoide di C rispetto al punto O1 , vale il seguente Teorema

Il momento d'inerzia I del corpo rigido C

rispetto ad una qualunque retta passante per O1 vale 1 I= (2:16) 2 ; O1 L essendo L uno dei due punti in cui la retta interseca l'ellissoide E(O1 ). 26

(2:15)

Osservato che ogni retta passante per (O1 ) interseca sempre E(O1 ) in due punti simmetricamente posti rispetto ad O1 , andiamo a dimostrare il teorema. Se la retta considerata µe (O1 ; a), indicati con ®, ¯ e ° i suoi coseni direttori rispetto ad O1 x1 y1 z1 , le equazioni cartesiane della retta rispetto allo stesso riferimento sono x1 y1 z1 = = : ® ¯ °

(2:17)

Per calcolare gli eventuali punti d'intersezione con E(O1 ) mettiamo a sistema (2.15) con (2.17). Le (2.17) forniscono y1 =

¯ x1 ; ®

z1 =

° x1 : ®

(2:18)

Sostituendo in (2.15) si ottiene ¯2 2 °2 2 ¯ ° ¯° x + C x ¡ 2A0 x21 ¡ 2B 0 x21 ¡ 2C 0 2 x21 = 1 ; 1 ®2 ®2 1 ® ® ® da cui, facendo il denominatore comune ¡ 2 ¢ A® + B¯ 2 + C° 2 ¡ 2A0 ®¯ ¡ 2B 0 ®° ¡ 2C 0 ¯° x21 = ®2 ; Ax21 + B

ossia, in virtµ u di (2.10),

®2 ; I con L punto di intersezione della retta con E(O1 ). Tenendo poi conto delle (2.18) si ha x21L =

¯2 °2 2 ; z1L = : I I Sommando queste tre relazioni, e ricordando che la somma dei quadrati dei coseni direttori 2 y1L =

di una retta vale uno, si ottiene 2

2 2 O1 L = x21L + y1L + z1L =

®2 + ¯ 2 + ° 2 1 = ; I I

da cui segue in modo ovvio la (2.16). Osservazioni: { Cambiando O1 , l'ellissoide cambia. { Mantenendo O1 e cambiando gli assi del riferimento solidale, cambia la matrice d'inerzia e quindi l'equazione dell'ellissoide, ma non cambia l'ellissoide. Ciµo µe ovvio dal fatto che la formula (2.16) deve valere indipendentemente dal riferimento scelto. { L'ellissoide d'inerzia µe de¯nito per ogni corpo rigido, eccetto che per un'asta. In tal caso, infatti, assunto l'asse O1 z1 coincidente con l'asta, poich¶e ciascun punto Ps ha x1s = y1s = 0, si ha ovviamente C = 0, e di conseguenza l'ellissoide (2.15) degenera in un cilindro di asse l'asse z1 . 27

2.6 Assi principali d'inerzia Fra tutte le possibili terne di riferimento O1 x1 y1 z1 solidali con il corpo rigido ne esiste una privilegiata: quella i cui assi coincidono con gli assi dell'ellissoide. Rispetto a questa terna, infatti, la matrice d'inerzia assume la forma diagonale, e di conseguenza l'equazione dell'ellissoide diventa Ax21 + By12 + Cz12 = 1 : De¯nizione

(2:19)

Si chiamano assi principali d'inerzia per il punto O1 gli assi passanti per O1 e

coincidenti con gli assi dell'ellissoide d'inerzia relativo al punto O1 . I momenti d'inerzia rispetto a tali assi si chiamano momenti principali d'inerzia. La scelta della terna solidale O1 x1 y1 z1 coincidente con quella principale d'inerzia risulta utile in quanto sempli¯ca notevolmente i calcoli delle grandezze che coinvolgono il momento d'inerzia (energia cinetica e momento della quantitµa di moto). Di conseguenza risulta importante determinare gli assi principali d'inerzia. Vediamo dapprima come si determinano gli assi principali d'inerzia di un corpo rigido C rispetto ad un suo punto O1 , nota la matrice d'inerzia J rispetto ad una terna O1 x1 y1 z1 . Naturalmente supponiamo J in forma non diagonale, perch¶e altrimenti gli assi O1 x1 , O1 y1 e O1 z1 sarebbero giµa principali d'inerzia. Si puµo dimostrare la seguente proposizione: Gli assi principali d'inerzia di C rispetto ad O1 hanno la direzione degli autovettori w1 , w2 , w3 associati agli autovalori ¸1 , ¸2 e ¸3 della matrice d'inerzia J . Ricordiamo che ¸1 , ¸2 e ¸3 , che sono reali, positivi e distinti in conseguenza del fatto che J µe simmetrica e de¯nita positiva, sono dati dalle radici dell'equazione det(J ¡ ¸I) = 0 ; e che l'autovettore wk µe determinato, a meno di una costante moltiplicativa, dall'equazione (J ¡ ¸k I)wk = 0 ;

k = 1; 2; 3 :

Piuttosto che calcolare la matrice d'inerzia J rispetto ad un osservatore O1 x1 y1 z1 scelto a caso, e determinare poi gli assi principali d'inerzia diagonalizzando J , conviene cercare di scegliere ¯n dall'inizio la terna principale d'inerzia, o almeno scegliere una terna con un asse che sia principale d'inerzia. Valgono infatti i seguenti Teoremi (senza dimostrazione) C.N.S. perch¶e l'asse O1 x1 sia principale d'inerzia µe che si abbia A0 = B 0 = 0. C.N.S. perch¶e l'asse O1 y1 sia principale d'inerzia µe che si abbia A0 = C 0 = 0. C.N.S. perch¶e l'asse O1 z1 sia principale d'inerzia µe che si abbia B 0 = C 0 = 0. 28

Conseguenza immediata di questi teoremi µe che, se due assi sono principali d'inerzia, anche il terzo lo µe. Torna particolarmente utile il seguente Teorema

Ogni retta perpendicolare in O1 ad un piano di simmetria geometrico-materiale

µe principale d'inerzia. Dimostrazione Sia O1 z1 la retta perpendicolare al piano di simmetria geometrico-materiale O1 x1 y1 . La simmetria signi¯ca che ad ogni punto Ps ´ (x1s ; y1s ; z1s ) di massa ms corrisponde il punto Qs ´ (x1s ; y1s ; ¡z1s ) pure di massa ms . Ne consegue B0 =

P

s

ms x1s z1s = 0 ;

C0 =

P

s

ms y1s z1s = 0 ;

in quanto in ogni somma per ciascun termine ce n'µe uno uguale e contrario. Corollario 1 Se il corpo C µe una ¯gura rigida piana, allora il piano ¼ contenente la ¯gura µe di simmetria per C. Di conseguenza, qualunque sia O1 2 ¼, la retta perpendicolare al piano del corpo µe asse principale d'inerzia per O1 . Allora, assunto ¼ ´ O1 x1 y1 , l'asse z1 µe principale d'inerzia e l'equazione dell'ellissoide vale Ax21 + By12 + Cz12 ¡ 2A0 x1 y1 = 1 : Inoltre, poich¶e Ps ´ (x1s ; y1s ; 0), si ha C=

X s

¡ ¢ X ¡ 2 ¢ X ¡ 2 ¢ 2 2 2 ms x21s + y1s = ms x1s + z1s + ms y1s + z1s =A+B: s

(2:20)

s

Corollario 2 Se il corpo ha tre piani di simmetria mutuamente ortogonali, allora le tre rette intersezioni (a due a due) sono assi principali d'inerzia per il baricentro G. (Ciascun piano di simmetria contiene necessariamente G, e quindi tre piani di simmetria a due a due ortogonali si intersecano in G). In base a questo corollario si capisce facilmente che la terna principale d'inerzia non µe necessariamente unica. Basta infatti pensare ad una sfera rigida omogenea, e si ha immediatamente che se O1 coincide col centro della sfera, ogni terna µe principale d'inerzia. De¯nizione

L'ellissoide relativo al baricentro G µe detto ellissoide centrale d'inerzia del

corpo. I suoi assi sono detti assi centrali e i momenti A, B, C ad essi relativi momenti centrali d'inerzia. 29

Ai ¯ni del calcolo dei momenti di deviazione puµo risultare utile il seguente teorema, analogo a quello di Huyghens: 0 0 Noti i momenti di deviazione A0G , BG , CG di un sistema materiale rispetto

Teorema

0 0 ad una terna Gx0 y 0 z 0 , gli analoghi momenti A0O , BO , CO rispetto ad una terna parallela

Oxyz sono dati dalle relazioni seguenti: A0O = A0G + M xG yG ;

0 0 BO = BG + M xG zG ;

0 0 CO = CG + M yG zG ;

(2:21)

con xG , yG e zG coordinate di G rispetto ad Oxyz. Dimostriamo la prima delle tre relazioni. Le altre due si otterranno analogamente. Considerato un generico punto Ps del sistema, siano (xs ; ys ; zs ) le sue coordinate rispetto ad Oxyz e (x0s ; ys0 ; zs0 ) quelle rispetto a Gx0 y 0 z 0 . Essendo gli assi delle due terne paralleli, sussistono le relazioni xs = x0s + xG

ys = ys0 + yG

zs = zs0 + zG :

0 Essendo x0G = yG = 0, si ha X X A0O = m s xs y s = ms (x0s + xG )(ys0 + yG ) = s

= =

X

s A0G

s

ms x0s

ys0

+

³X s

+

M x0G

+

0 M yG

´ ³X ´ ³X ´ ms x0s yG + ms ys0 xG + m s xG y G = + M xG yG =

s A0G

s

+ M xG y G :

Se la terna Gx0 y 0 z 0 µe principale d'inerzia, le (2.21) diventano semplicemente le seguenti: A0O = M xG yG ;

0 BO = M xG zG ;

0 CO = M yG zG :

(2:22)

2.7 Momento d'inerzia polare Ricaviamo qui una relazione tra il momento d'inerzia polare J rispetto al polo O e i momenti d'inerzia A, B, C rispetto ad una qualunque terna Oxyz. Si ha: X ¡ X ¢ ms rs2 = ms x2s + ys2 + zs2 = J= s

s

¢ 1X ¡ 2 ¢ 1X ¡ 2 ¢ 1¡ ¢ 1X ¡ 2 = ms ys + zs2 + ms xs + zs2 + ms xs + ys2 = A + B + C : 2 s 2 s 2 s 2

Nel caso di una sfera omogenea (o, piµ u in generale, a simmetria radiale) si ha A = B = C, e quindi J = 32 A. Tale formula µe utile per determinare A mediante J (il che µe piµ u facile rispetto al calcolo mediante (2.8)). 30

3. CINEMATICA

La cinematica ha come obiettivo la descrizione del moto dei sistemi materiali prescindendo dalle cause che lo producono. Tale descrizione comporta sempre la scelta di un sistema di riferimento Oxyz rispetto al quale riferire la posizione di ciascuno dei punti del sistema materiale oggetto di studio. I concetti di spazio e di tempo sono assunti come assoluti, vale a dire si assume il seguente Postulato: Due osservatori diversi misurano sempre le stesse distanze e gli stessi tempi. Andiamo ora a trattare la CINEMATICA DEL PUNTO. 3.1 Terna intrinseca ad una curva Sia ° una qualunque curva regolare dello spazio. Andiamo a de¯nire su di essa un sistema di ascisse curvilinee. A tal ¯ne ¯ssiamo su ° un punto O1 , che chiameremo origine, ed un verso positivo che diremo verso degli archi crescenti. Inoltre, ¯ssiamo un'unitµa di misura per la lunghezza degli archi.

In questo

modo ad ogni punto P si puµo associare il numero s lunghezza dell'arco O1 P , preso col segno positivo o negativo a seconda che P segua o preceda O1 in base all'ordinamento indotto dal verso positivo ¯ssato. Viceversa ad ogni valore di s corrisponde un unico punto P di °. Si µe dunque stabilita una corrispondenza biunivoca tra i punti di ° ed i numeri reali di un opportuno intervallo. Il numero s che corrisponde al punto P µe detto ascissa curvilinea del punto P. Ha dunque sempre senso, quando torni utile, considerare il punto P come funzione della sua ascissa curvilinea s; in tal caso si scriverµa:

P = P (s) :

Ci poniamo ora il problema di calcolare le derivate prima e seconda di P rispetto ad s. In virtµ u della de¯nizione (1.24), si ha P (s + h) ¡ P (s) dP = lim : h!0 ds h Osserviamo innanzitutto che, poich¶e P (s+h)¡P (s) µe un vettore diretto secondo la corda, tale µe anche 31

P (s + h) ¡ P (s) . Passando al limite per h ! 0, la suddetta corda tenderµa h dP alla tangente a ° in P (s); di conseguenza ha direzione tangente alla curva in P (s). ds P (s + h) ¡ P (s) ha il verso degli archi crescenti; di Supposto ora h>0, osserviamo che h dP ha il verso degli conseguenza, poichµe il verso non cambia nel passaggio al limite, anche ds archi crescenti. Allo stesso risultato si giunge supponendo h < 0.

il vettore

In¯ne, ricordando la (1.23), si ha ¯ ¯ ¯ dP ¯ ¯ ¯ lim jP (s + h) ¡ P (s)j : ¯ ds ¯ = h!0 jhj

Ma il modulo di P (s + h) ¡ P (s) µe la lunghezza della corda che ha per estremi i due punti e jhj µe la lunghezza dell'arco associato alla stessa corda. Di conseguenza, poich¶e quando h tende a zero il rapporto fra corda ed arco tende ad uno, si puµo scrivere dP = t; ds

(3:1)

dove t µe il versore tangente alla curva nel punto P di ascissa s, orientato secondo il verso degli archi crescenti. La (1.28) comporta d2 P dt t(s + h) ¡ t(s) = lim : = ds2 ds h!0 h Osserviamo che, essendo t costante in modulo,

dt ds

dt giace nel piano normale a ds t, cioµe nel piano normale alla curva in P (s). Posti

µe normale a t, per cui

i vettori t(s + h) e t(s) con origine in P (s), osserviamo poi che il vettore t(s + h) ¡ t(s) giace nel piano passante per la tangente in P (s) e parallelo alla tangente in P (s + h). Per h ! 0 tale piano tende al cosiddetto piano osculatore alla curva nel punto P (s). Di dt ha come direzione quella della retta intersezione del piano normale col conseguenza ds piano osculatore. Tale retta µe la normale principale alla curva ° nel punto P (s). Si puµo poi dimostrare che esiste una circonferenza speciale, detta cerchio osculatore, situata nel piano osculatore e con centro sulla normale principale, che approssima ° in un intorno del punto P meglio di qualunque altra circonferenza. Il raggio del cerchio osculatore, che indichiamo 1 con ½c , si chiama raggio di curvatura di ° nel punto P , mentre il suo inverso µe detto ½c curvatura. Ebbene, si puµo dimostrare che dt d2 P 1 = = n; 2 ds ds ½c 32

(3:2)

dove n µe un versore, detto versore normale, avente la direzione della normale principale alla curva in P (s) ed orientato verso il centro del cerchio osculatore. Se la curva ° µe piana, il piano osculatore coincide col piano della curva, la normale principale coincide con la normale alla curva ed il versore n µe orientato verso l'interno della curva. Nel caso poi che ° sia una circonferenza il cerchio osculatore coincide ovviamente con la circonferenza stessa e si ha ½c = R. Dal momento che i versori t ed n sono normali tra loro, si puµo de¯nire un terzo versore b, normale ad entrambi (e quindi normale al piano osculatore) in modo che (t; n; b) sia una terna destra. La retta avente la direzione di b e passante per P (s) µe detta binormale a ° nel punto P . La terna di versori (t; n; b) µe detta terna intrinseca alla curva nel punto P . 3.2 Vettore spostamento, equazione del moto, legge oraria Si consideri dunque un punto P e sia O l'origine del sistema di riferimento cartesiano scelto. Ad ogni istante temporale t corrisponderµa una posizione di P, cioµe un valore del vettore P ¡ O. Tale vettore µe detto vettore spostamento (o piµ u semplicemente spostamento) del punto dall'origine oppure raggio vettore, e si puµo scrivere P ¡ O = P (t) ¡ O ;

(3:3)

che costituisce l'equazione vettoriale del moto di P. Ovviamente, anche le tre coordinate cartesiane di P possono essere scritte in funzione di t, x = x(t);

y = y(t);

z = z(t) :

(3:4)

µ ovvio che le (3.4) sono equiQueste funzioni sono dette equazioni cartesiane del moto di P. E valenti alla (3.3), dal momento che si possono dedurre uguagliando fra loro le componenti dei due vettori che compaiono in quell'equazione. Volendo separare l'aspetto geometrico da quello cinematico, si puµo pensare di scrivere le equazioni del moto facendo riferimento alla traiettoria percorsa dal punto P. A tal ¯ne consideriamo tale curva, che indichiamo con °, e ¯ssiamo su di essa un sistema di ascisse curvilinee. Allora ad ogni valore dell'ascissa s corrisponde una posizione di P, mentre ad ogni valore di t corrisponde un valore dell'ascissa curvilinea, cioµe ½ P ¡ O = P (s) ¡ O s = s(t) : 33

(3.5)

La prima funzione di (3.5) fornisce la traiettoria di P, la seconda, detta legge oraria del moto, lo spazio in funzione del tempo, e quindi la posizione di P sulla traiettoria ad ogni istante t. In forma cartesiana (3:5) equivale a 8 x= > > > z= > > : s=

x(s) y(s) z(s) s(t) :

(3.6)

Nel seguito si assumerµa che le funzioni a secondo membro di (3.3), (3.4), (3.5) e (3.6) siano almeno C2 (continue assieme alle loro derivate seconde). 3.3 Velocitµ a De¯nizione

Si de¯nisce velocitµa scalare (istantanea), e la si indica con s(t), _ la derivata

della funzione s(t) rispetto al tempo, ossia s(t) _ ´

ds : dt

(3:7)

Osserviamo che la velocitµa scalare all'istante t altro non µe che il limite della velocitµa scalare s(t + h) ¡ s(t) media nell'intervallo (t; t + h), cioµe , quando h tende a zero. h Osserviamo anche che abbiamo introdotto una notazione che sarµa ampiamente usata nel seguito: il punto sopra una variabile dipendente dal tempo t signi¯ca la derivata di questa rispetto a t. Analogamente, due punti signi¯cheranno la derivata seconda. Se la velocitµa scalare µe costante ed uguale a v0 , allora la legge oraria µe del tipo s = s0 + v0 t

(3:8)

con s0 = s(0). In tal caso il moto si dice uniforme. Dalla (3.7) si vede che se la velocitµa scalare s_ µe positiva, s cresce al crescere del tempo: in tal caso il moto si dice diretto; se invece s_ µe negativa, s decresce all'aumentare del tempo e il moto si dice retrogrado. Siano ora P (t) e P (t + h) le posizioni del punto rispettivamente all'istante t e t + h. De¯nizione

Si de¯nisce velocitµa vettoriale all'istante t la derivata rispetto al tempo del

vettore spostamento: v(t) =

d(P ¡ O) dP P (t + h) ¡ P (t) = = lim : h!0 dt dt h 34

(3:9)

Analogamente alla velocitµa scalare, la velocitµa vettoriale all'istante t µe il limite della velov(t + h) ¡ v(t) nell'intervallo (t; t + h) quando h tende a zero. citµa vettoriale media h a sempre il vettore velocitµa Nota bene: d'ora in poi, quando si parlerµa di velocitµa, si intenderµ istantanea. Consideriamo ora P come funzione del tempo t attraverso l'ascissa curvilinea s; tenendo conto della (3.1) si ha dP ds ds = t = st _ : (3:10) ds dt dt Dunque, la velocitµa all'istante t ha sempre direzione tangente alla traiettoria, modulo dato v(t) =

dal modulo della velocitµa scalare, il verso degli archi crescenti o decrescenti a seconda che s_ sia positiva o negativa. Se il moto µe uniforme la velocitµa non varia in intensitµa perchµe s_ µe costante, ma varia, in generale, in direzione. v µe costante solo nel caso in cui il moto µe anche rettilineo, perchµe allora t µe costante. In forma cartesiana si ha v(t) =

dP d(P (t) ¡ O) = = xi _ + yj _ + zk _ ; dt dt

(3:11)

ossia le componenti sugli assi della velocitµa di P sono le derivate delle coordinate del punto rispetto al tempo. Il modulo della velocitµa, o equivalentemente, il modulo della velocitµa scalare µe dato da _ = jsj _ = jvj = jstj Ne consegue

p x_ 2 + y_ 2 + z_ 2 :

p s(t) _ = § x_ 2 (t) + y_ 2 (t) + z_ 2 (t) ; Z tp x_ 2 (¿ ) + y_ 2 (¿ ) + z_ 2 (¿ )d¿ : s(t) = §

(3.12) (3.13)

t0

3.4 Accelerazione Poichµe l'unico moto che avviene con velocitµa costante µe il moto rettilineo uniforme, in generale la velocitµa di un punto µe variabile nel tempo. De¯nizione

Si de¯nisce accelerazione all'istante t la derivata prima della velocitµa rispetto

al tempo o, equivalentemente, la derivata seconda del vettore spostamento rispetto al tempo, cioµe

v(t + h) ¡ v(t) dv d2 (P ¡ O) d2 P = = = : h!0 h dt dt2 dt2

a(t) = lim

35

(3:14)

Derivando la (3.10)e ricordando la (3.2) si ha a=

d ds_ dt dt ds s_ 2 (st) _ = t + s_ = sÄt + s_ = sÄt + n ; dt dt dt ds dt ½c

ossia a = at t + an n

con

at = sÄ ;

an =

s_ 2 : ½c

(3:15)

L'accelerazione all'istante t µe dunque la somma di due vettori, uno detto accelerazione tangenziale uguale a sÄt, diretto secondo la tangente alla traiettoria, l'altro, detto accelerazione s_ 2 centripeta o normale, uguale a n, diretto secondo la normale principale e verso il centro ½c del cerchio osculatore alla curva. Poichµe questi due vettori giacciono nel piano osculatore alla traiettoria nel punto P (t), si avrµa che l'accelerazione giace nel piano osculatore della traiettoria. Ricordiamo anche che ½c µe il raggio di curvatura della curva percorsa dal punto in P (t). Se l'accelerazione tangenziale µe nulla in ogni istante, si ha sÄ(t) = 0, per cui s(t) _ = cost = v0 ; integrando si ha s(t) = s0 + v0 t, cioµe il moto µe uniforme. Invece i moti con accelerazione s_ 2 centripeta in ogni istante nulla sono i moti rettilinei, perchµe dovendo essere = 0, il ½c raggio ½c di curvatura deve essere in¯nito, e quindi la traiettoria µe una retta. Si conclude che i moti con accelerazione nulla in ogni istante sono soltanto i moti rettilinei ed uniformi. La (3.15) rappresenta l'espressione dell'accelerazione in forma intrinseca; in forma cartesiana si avrµa a=x Äi + yÄj + zÄk;

(3:16)

cioµe le componenti dell'accelerazione sugli assi sono le derivate seconde rispetto al tempo delle coordinate del punto. 3.5 Classi¯cazione dei moti In base a velocitµa ed accelerazione Consideriamo ora alcuni moti con particolari caratteristiche per quanto riguarda la velocitµa o l'accelerazione, e proponiamo uno schema di classi¯cazione di tali moti. Ciµo ci porterµa a riconsiderare anche moti giµa presi in considerazione e classi¯cati. - moto diretto : se s_ > 0; - moto retrogrado : se s_ < 0; - moto uniforme : se s(t) _ = v0 costante; - moto rettilineo : se t(t) = t0 costante; 36

- moto rettilineo ed uniforme : se st _ = v 0 costante; - moto curvilineo : se t(t) 6= cost; (circolare, parabolico, ellittico, : : : , a seconda della traiettoria) ³ ds_ 2 ´ > 0 () jsj _ crescente - moto accelerato : se sÄ _ s > 0; dt ³ ds_ 2 ´ - moto ritardato : se sÄ _ s < 0; < 0 () jsj _ decrescente dt - moto uniformemente vario : se sÄ(t) = a costante; - moto uniformemente accelerato : se sÄ _ s > 0 ed sÄ costante; - moto uniformemente ritardato : se sÄ _ s < 0 ed sÄ costante. In base alla legge oraria I moti di un punto possono essere classi¯cati anche in base alla legge oraria, nel qual caso torna utile introdurre e studiare il diagramma orario, vale a dire il gra¯co di s(t). 1) s(t) = v0 t + s0 Il moto µe uniforme. Il diagramma orario µe una retta e, ovviamente, v0 ed s0 rappresentano rispettivamente la velocitµa scalare s_ (che µe costante) e l'ascissa curvilinea iniziale s(0). 1 2 at + v0 t + s0 2 Il moto µe uniformemente vario. Il diagramma orario µe una parabola e le costanti a, v0 ed 2) s(t) =

s0 forniscono rispettivamente sÄ (che µe costante), la velocitµa scalare iniziale s(0) _ e l'ascissa curvilinea iniziale s(0). 3) s(t) = A cos(!t + °) Il moto µe oscillatorio armonico. Il diagramma orario µe una sinusoide, A µe l'ampiezza del moto, ! la pulsazione e ° la fase iniziale. Il moto oscillatorio armonico µe periodico. A questo riguardo diamo la seguente De¯nizione

Un moto di equazione oraria s(t) si dice periodico se esiste T > 0 tale che s(t + T ) = s(t)

8t :

(3:17)

Il minimo T positivo per cui vale la (3.17) viene detto periodo del moto. 2¼ . Infatti Il moto oscillatorio armonico µe periodico di periodo T = ! µ ¶ µ µ ¶ ¶ 2¼ 2¼ s t+ = A cos ! t + +° = A cos(!t + 2¼ + °) = A cos(!t + °) = s(t) : ! ! 37

Chiaramente pertanto f =

2¼ ! 1 T

µe il minimo T per cui vale la (3.17). La frequenza di tale moto sarµa =

! 2¼ .

Osserviamo che frequenza e pulsazione di®eriscono solo per un

fattore 2¼; ciµo giusti¯ca il fatto che spesso ci si riferisca direttamente ad ! come alla frequenza del moto. Calcoliamo ora velocitµa ed accelerazione scalare del moto. Si ha s(t) _ = ¡A! sin(!t + °) ; sÄ(t) = ¡A!2 cos(!t + °) : Quest'ultima puµo essere riscritta come sÄ(t) + ! 2 s(t) = 0 ;

(3:18)

che costituisce l'equazione di®erenziale che caratterizza univocamente la classe di leggi orarie del tipo 3). 4) s(t) = Ae¡pt cos(!t + °);

p>0

Il moto µe oscillatorio smorzato. Il diagramma orario µe una sinusoide smorzata, p µe il coe±ciente di smorzamento, Ae¡pt µe l'ampiezza dell'oscillazione (decrescente in quanto p > 0), ! µe la pulsazione e ° µe la fase iniziale. 5) s(t) = C1 e¡¯1 t + C2 e¡¯2 t ;

¯1 > ¯2 > 0

Il moto µe aperiodico smorzato. Per t ! 1, s(t) ! 0. 6) s(t) = (C1 + C2 t)e¡¯t ;

¯>0

Il moto µe aperiodico con smorzamento critico. Come per i moti 4) e 5), per t ! +1, s(t) ! 0. Un'equazione di®erenziale µe una relazione d'uguaglianza che esprime il legame tra una funzione incognita, alcune sue derivate e la variabile indipendente. Si chiama ordine dell'equazione di®erenziale l'ordine della derivata di ordine massimo. L'insieme di tutte le funzioni che sono soluzione di un'equazione di®erenziale µe detto integrale generale dell'equazione. Se p µe l'ordine dell'equazione di®erenziale, il suo integrale generale µe costituito di 1p funzioni. L'equazione (3.18) ha ordine 2 ed il suo integrale generale µe costituito dalle 12 funzioni C1 cos !t + C2 sin !t con C1 e C2 costanti arbitrarie o, equivalentemente, da C(cos !t + °) con C e ° costanti arbitrarie. 38

3.6 Moto circolare De¯nizione

Il moto di un punto P µe detto circolare se la sua traiettoria µe una circonferenza

od un suo arco. Per studiare questo particolare moto µe conveniente esprimere velocitµa ed accelerazione di P in forma intrinseca. A tal ¯ne, data la circonferenzaC di centro C e raggio R, ¯ssiamo l'origine degli archi in un suo punto O1 e assumiamo come verso degli archi crescenti il verso antiorario. Ne consegue che il il versore tangente t ed il versore normale n in P sono quelli indicati in ¯gura, con t normale a P ¡ C e n diretto radialmente e orientato verso C. Indichiamo poi con k il versore normale al piano della circonferenza che forma con t e n una terna destra. Riprendiamo le espressioni di v e a in forma intrinseca: (3:19)

v = st _ ;

a = sÄt +

s_ 2 n; ½c

Essendo ½c = jP ¡ Cj = R e s(t) _ = §jv(t)j, l'accelerazione sarµa data da a = sÄt +

s_ 2 v2 n = sÄt + n : R R

Supposto poi che le origini degli archi e degli angoli siano le stesse, indicato con µ l'angolo Pd CO1 , crescente come l'ascissa curvilinea s nel verso antiorario, si ha s = Rµ ; e quindi, derivando rispetto al tempo,

s_ = Rµ_ ;

sÄ = RµÄ :

Le (3.19) diventano quindi _ ; v = Rµt

Ä + Rµ_ 2 n: a = Rµt

(3:20)

µ_ viene detta velocitµa angolare scalare di P. Osserviamo che, essendo t = n £ k e R n = C ¡ P , si puµo anche scrivere v(P ) = R µ_ t = R µ_ n £ k = ¡R µ_ k £ n = µ_ k £ (¡R n) ; _ ovvero, posto ! = µk, v(P ) = ! £ (P ¡ C) :

(3:21)

Il vettore ! si chiama vettore velocitµa angolare o, piµ u semplicemente, velocitµa angolare del punto P . 39

Se il moto avviene con velocitµa scalare s_ costante, si parla di moto circolare uniforme. In tale moto, essendo s funzione lineare del tempo, ossia s = v0 t + s0 (dove s0 rappresenta l'ascissa curvilinea di P all'istante t=0), si ottiene µ(t) = dove si µe posto !0 =

s v0 s0 = t+ = !0 t + µ0 ; R R R

(3:22)

v0 s0 e µ0 = . Le (3.20) diventano quindi R R v = v0 t = R!0 t ;

a=

v02 n = R!02 n ; R

da cui si evidenzia come, nel moto circolare uniforme, l'accelerazione sia tutta centripeta. Notiamo che, indicato con T il periodo del moto, ossia il tempo impiegato dal punto per percorrere l'intera circonferenza, si ha T =

2¼R 2¼ = : v0 !0

Fissato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale nel piano Cxy (per semplicitµa si sceglierµa CO1 come asse delle x), le equazioni cartesiane del moto circolare uniforme sono date da:

¡ ¢ x = R cos !0 t + µ0 ;

¡ ¢ y = R sin !0 t + µ0 :

Osserviamo che le proiezioni di un moto circolare uniforme sugli assi (e quindi su un qualunque diametro della circonferenza che puµo sempre essere assunto come uno degli assi) sono moti armonici. Passiamo ora a considerare la CINEMATICA DEL CORPO RIGIDO.

3.7 Corpo rigido: generalitµ a De¯nizione

Un corpo rigido µe un sistema di punti materiali le cui mutue distanze riman-

gono costanti nel tempo. Ovviamente, essendo la distanza fra due punti indipendente dal riferimento, ne consegue che un corpo rigido µe tale rispetto a qualunque osservatore. Il moto di un corpo rigido µe determinato quando µe noto il moto di ogni suo punto in ogni istante t dell'intervallo di tempo considerato. In realtµa, grazie alla rigiditµa del corpo, la conoscenza del moto di tre punti non allineati, permette di conoscere il moto di ogni altro punto. Vale infatti il teorema che segue. 40

Teorema

Assegnata la posizione del corpo rigido C, ossia dei suoi punti, in un istante

t0 , e nota all'istante t la posizione di tre punti non allineati di C, risulta determinata all'istante t la posizione di ogni altro punto di C. Dimostrazione

Siano At , Bt e Ct le posizioni (note) occupate dai tre punti in questione

all'istante t e A0 , B0 e C0 quelle occupate all'istante t0 . Sia poi P un qualunque altro punto del corpo rigido, e Pt e P0 le sue posizioni agli istanti t e t0 , con P0 nota. In virtµ u della rigiditµa di C, il tetraedro At Bt Ct Pt µe uguale al tetraedro A0 B0 C0 P0 . Di conseguenza la posizione di P all'istante t µe univocamente determinata dal vertice del tetraedro A0 B0 C0 P0 quando la sua base A0 B0 C0 µe fatta coincidere con At Bt Ct . Vale poi anche il seguente Teorema

C.N.S. a±nchµe un corpo C sia rigido, o si comporti come rigido, µe che in ogni

istante t si abbia

8P; Q 2 C;

C.N.

dP (P ¡ Q) dQ (P ¡ Q) ¢ = ¢ : dt jP ¡ Qj dt jP ¡ Qj

Per la de¯nizione di corpo rigido, 8P; Q 2 C, si ha jP ¡ Qj = d, cioµe (P ¡ Q)2 = d2 .

Derivando ambo i membri: 2(P ¡ Q) ¢

µ

(P ¡ Q) ¢ jP ¡ Qj

µ

e quindi

C.S.

(3:23)



= 0;



= 0:

dP dQ ¡ dt dt

dP dQ ¡ dt dt

Si dimostra ripetendo a ritroso i passaggi appena descritti.

Osservazione. Un punto non appartenente al corpo rigido, ma solidale con esso, puµo sempre essere considerato un punto del corpo. Quanti parametri sono necessari e su±cienti a determinare la posizione di un corpo rigido libero (cioµe non soggetto a restrizioni nei suoi spostamenti) ? Il modo piµ u semplice per rispondere a questa domanda si basa sulla considerazione precedente. Siano Pi ´ (xi ; yi ; zi ), i = 1; 2; 3, tre punti non allineati del corpo rigido. Per quanto detto, la conoscenza dei 9 parametri xi , yi e zi in funzione del tempo permette di conoscere la posizione di ogni altro punto del corpo, e quindi la posizione del corpo, in ogni istante. Tuttavia, dovendo le distanze P1 P2 , P1 P3 e P2 P3 rimanere costanti al variare 41

del tempo, sussistono tra i nove parametri le seguenti tre relazioni: 8 > > P1 P2 > > > > > < P1 P3 > > > > > > > : P2 P3

=

µ

2

2

2

(x1 ¡ x2 ) + (y1 ¡ y2 ) + (z1 ¡ z2 )

µ

¶ 21

= d12

¶ (x1 ¡ x3 )2 + (y1 ¡ y3 )2 + (z1 ¡ z3 )2 = d13 µ ¶ 12 2 2 2 = (x2 ¡ x3 ) + (y2 ¡ y3 ) + (z2 ¡ z3 ) = d23 ; =

1 2

con d12 , d13 e d23 costanti. Di conseguenza, i parametri indipendenti necessari e su±cienti a de¯nire la posizione di un corpo rigido libero sono 6 (= 9¡3). µ bene osservare ¯n d'ora che nella pratica la scelta delle coordinate di tre punti non E allineati del corpo o, in alternativa, delle coordinate di un punto O1 del corpo e dei nove coseni direttori degli assi di un sistema solidale col corpo, non µe conveniente. Infatti, in tal caso occorrerebbe poi tener conto delle 6 relazioni che intercorrono tra questi parametri. Sottolineiamo ¯n d'ora il fatto che µe sempre opportuno scegliere dei parametri, che chiameremo parametri lagrangiani, che siano indipendenti. Nel caso di un corpo rigido C libero la scelta ottimale consiste nell'assumere come parametri lagrangiani le coordinate di un punto del corpo (x; y; z), per esempio il baricentro, e i tre angoli di Eulero (Ã; Á; µ) che adesso de¯niamo. Sia O1 un punto del corpo rigido C e O1 xyz un sistema di riferimento con origine in O1 e traslante (cioµe tale che i suoi assi rimangono paralleli a se stessi durante il moto) rispetto ad un osservatore ¯sso OXY Z, con gli assi della terna O1 xyz paralleli a quelli di OXY Z. Introduciamo poi anche un sistema O1 x1 y1 z1 solidale con C. Si consideri la retta (linea nodale) (O1 ; l) intersezione del piano xy con il piano x1 y1 (supposti non coincidenti). Gli angoli di Eulero, che indicheremo con à (angolo di precessione), ' (angolo di rotazione propria) e µ (angolo di nutazione), sono cosµ³ de¯niti: b angolo levogiro rispetto a z; à = xl

0 · Ã < 2¼ ;

µ = zz c1 angolo levogiro rispetto a l;

0 · µ · ¼.

c1 angolo levogiro rispetto a z1 ; ' = lx

0 · ' < 2¼ ;

42

3.8 Formule di Poisson Un problema fondamentale della Meccanica riguarda lo studio del moto di un corpo rigido C rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz ¯ssato. A tal ¯ne risulta di grande utilitµa l'introduzione di un secondo sistema di riferimento O1 x1 y1 z1 , solidale µ quindi fondamentale calcolare le decol corpo. E rivate temporali dei tre versori i1 ; j 1 e k1 associati a questa terna. In generale, infatti, questi versori durante il moto variano in direzione, per cui la loro derivata rispetto al tempo non µe nulla. Poichµe i1 ¢ j 1 = 0 j 1 ¢ k 1 = 0 k1 ¢ i1 = 0 si avrµa

di1 dj ¢ j 1 + i1 ¢ 1 = 0 dt dt dk1 dj 1 ¢ k1 + j 1 ¢ =0 dt dt dk1 di1 ¢ i1 + k 1 ¢ =0 dt dt

di1 dj ¢ j 1 = ¡i1 ¢ 1 = r(t) dt dt dk1 dj 1 ¢ k1 = ¡j 1 ¢ = p(t) dt dt dk 1 di1 ¢ i1 = ¡k1 ¢ = q(t) : dt dt

=) =) =)

De¯nito il vettore ! nel modo seguente !(t) = p(t)i1 + q(t)j 1 + r(t)k1 ; il vettore

(3:24)

di1 si potrµa rappresentare come dt µ ¶ µ ¶ µ ¶ di1 di1 di1 di1 = ¢ i1 i1 + ¢ j1 j1 + ¢ k1 k 1 = rj 1 ¡ qk1 : dt dt dt dt

Ma siccome

si ha

¯ ¯ i1 ¯ ! £ i1 = ¯¯ p ¯1

j1 q 0

¯ k1 ¯¯ r ¯¯ = rj 1 ¡ qk 1 ; 0 ¯

di1 = ! £ i1 : (3:25) dt In modo analogo si ottengono analoghe relazioni per j 1 e k1 . Si hanno quindi le tre formule seguenti, note come formule di Poisson. di1 dj 1 dk1 = ! £ i1 = ! £ j1 = ! £ k1 : (3:26) dt dt dt Il vettore ! si chiama vettore velocitµa angolare del corpo rigido C(e del riferimento O1 x1 y1 z1 ) rispetto ad Oxyz. 43

Osservazione.

In realtµa il corpo rigido non ha giocato nessun ruolo nella deduzione delle

formule (3.26). Si poteva quindi partire direttamente con il solo riferimento O1 x1 y1 z1 , senza associarlo ad alcun corpo rigido. Occorre tuttavia dire che nella pratica O1 x1 y1 z1 µe quasi sempre "attaccato" ad un corpo rigido. Ciµo giusti¯ca la scelta fatta. 3.9 Formula fondamentale della cinematica rigida Risolviamo ora il seguente problema: determinare la velocitµa di un punto qualunque di un corpo rigido C, note la velocitµa angolare ! e la velocitµa di un punto O1 di C. Sia Oxyz il sistema di riferimento rispetto al quale stiamo studiando il moto di C. Consideriamo un generico punto P di C. Indicata con O1 x1 y1 z1 una terna solidale con C con origine in O1 e versori i1 ; j 1 e k1 , si ha P ¡ O1 = x1 i1 + y1 j 1 + z1 k1 ; con x1 ; y1 ; z1 costanti per la rigiditµa di C. Derivando ambo i membri rispetto all'osservatore Oxyz, si ottiene dP dO1 di1 dj dk 1 ¡ = x1 + y1 1 + z1 = x1 ! £ i1 + y1 ! £ j 1 + z1 ! £ k1 = dt dt dt dt dt = ! £ (x1 i1 + y1 j 1 + z1 k1 ) = ! £ (P ¡ O1 ) ; ossia

dP dO1 = + ! £ (P ¡ O1 ) : (3:27) dt dt Questa formula, a cui ci riferiremo come formula fondamentale della cinematica rigida, esprime dunque la velocitµa di un qualsiasi punto P del corpo rigido, nota la velocitµa di un punto O1 e noto il vettore velocitµa angolare !. Derivandola otteniamo l'espressione dell'accelerazione di un generico punto P di un corpo rigido. d2 P d2 O1 d! d £ (P ¡ O1 ) + ! £ (P ¡ O1 ) = = + 2 2 dt dt dt dt £ ¤ d! d2 O1 + £ (P ¡ O1 ) + ! £ ! £ (P ¡ O1 ) : = 2 dt dt

(3.28)

Poich¶e la relazione (3.27) vale 8P 2 C, puµo essere scritta per un altro punto Q 2 C: dQ dO1 = + ! £ (Q ¡ O1 ): dt dt Sottraendo membro a membro la (3.29) dalla (3.27) si ha dP dQ d(P ¡ Q) ¡ = ! £ (P ¡ Q) ) = ! £ (P ¡ Q); dt dt dt che dµa l'espressione della derivata del vettore (P ¡ Q), 8P; Q 2 C. 44

(3:29)

(3:30)

Il vettore ! gode delle seguenti proprietµa: - µe unico. Infatti non dipende dal punto O1 (come µe evidente dalla sua de¯nizione) e supposto che ne esistano due, si dimostra immediatamente che sono uguali. - dipende, in generale, dal tempo. Di conseguenza esso varia, in generale, sia in modulo che in direzione. - ha le dimensioni dell'inverso di un tempo, come si evince da una analisi dimensionale della formula (3.29). Di conseguenza ! puµo essere pensato nella forma _ ! = µ(t)a(t) ; con µ angolo di rotazione del corpo. Il concetto di angolo di rotazione sarµa ripreso e giusti¯cato piµ u avanti, quando tratteremo lo stato cinetico rotatorio.

3.10 Stati cinetici De¯nizione

Si chiama stato cinetico o atto di moto di un corpo rigido C il campo vettoriale

delle velocitµa dei suoi punti in un dato istante t0 . Si possono de¯nire quattro stati cinetici elementari: 1) stato cinetico nullo:

8P 2 C

=)

v(P ) = 0 ;

2) stato cinetico traslatorio:

8P 2 C

=)

v(P ) = u ;

3) stato cinetico rotatorio:

8P 2 C

=)

v(P ) = ! £ (P ¡ O1 ) ;

4) stato cinetico elicoidale:

8P 2 C

=)

v(P ) = u + ! £ (P ¡ O1 );

u k !:

Osserviamo che lo stato cinetico elicoidale, essendo u k !, posto u = uk e ! = !k, puµo essere rappresentato in modo equivalente nella forma 8P 2 C

=)

v(P ) = uk + !k £ (P ¡ O1 ) :

In un dato istante un corpo rigido puµo passare attraverso piµ u stati cinetici v 1 (P ), v 2 (P ),..., v n (P ). Ebbene, in tal caso lo stato cinetico risultante µe determinato dalla composizione degli n stati cinetici, ossia da v(P ) = v 1 (P ) + v 2 (P ) + ::: + v n (P ) :

45

Come sappiamo giµa, lo stato cinetico rigido µe dato dalla formula fondamentale della cinematica rigida

dO1 dP = + ! £ (P ¡ O1 ); dt dt

8P 2 C:

Esso puµo essere riguardato come la composizione di uno stato cinetico traslatorio, de¯nito dO1 , con uno rotatorio, de¯nito da (O1 ; !). Per questa ragione si parla spesso di da u = dt stato cinetico rototraslatorio. Prima di passare ad esaminare i diversi casi che si possono avere a seconda del valore dei dO1 vettori caratteristici ed !, occorre introdurre una nozione che ci tornerµa assai utile. dt De¯nizione

Si chiama invariante la grandezza scalare I=

dO1 ¢!: dt

(3:31)

L'invariante non dipende da O1 (il che giusti¯ca il nome); infatti dP ¢! = dt

µ

¶ dO1 dO1 dO1 + ! £ (P ¡ O1 ) ¢ ! = ¢ ! + ! £ (P ¡ O1 ) ¢ ! = ¢!: dt dt dt

Andando ad esaminare i diversi casi che si presentano a seconda del valore dei vettori caratdO1 teristici ed !, dimostreremo che uno stato cinetico rigido µ e sempre equivalente dt ad uno stato cinetico elementare. Incominciamo considerando innanzitutto i due casi piµ u semplici. dO1 = 0; ! = 0 : lo stato cinetico µe nullo. Tutti i punti del corpo hanno velocitµa nulla dt all'istante t0 ; ossia, per t = t0 il corpo ha un istante di arresto. dO1 6= 0; ! = 0 : lo stato cinetico µe traslatorio. Tutti i punti del corpo hanno, all'istante dt µ questo l'unico caso in cui si puµo parlare di velocitµa del corpo C. t0 , la stessa velocitµa. E Al riguardo si puµo enunciare un ovvio teorema: dO1 6= 0; ! = 0: dt Se poi lo stato cinetico del corpo C µe traslatorio in ogni istante di un intervallo (t1 ; t2 ), Teorema

C.N.S. a±nchµe lo stato cinetico rigido sia traslatorio µe che

si dirµa che in detto intervallo C si muove di moto traslatorio o, piµ u semplicemente, che C trasla. Ovviamente, durante un moto traslatorio la velocitµa, in generale, varia da istante ad istante.

46

3.11 Stato cinetico rotatorio Consideriamo ora il caso in cui

dO1 = 0 mentre ! 6= 0, per cui dt v(P ) = ! £ (P ¡ O1 ) :

Lo stato cinetico, che µe chiaramente rotatorio, µe de¯nito dalla coppia costituita dal punto O1 e dal vettore !, e quindi dal vettore applicato (O1 ; !). La retta individuata da questo vettore applicato µe detta asse di istantanea rotazione. Osserviamo subito che tutti i punti dell'asse di istantanea rotazione hanno velocitµa nulla. Consideriamo quindi un qualunque punto P di C non appartenente ad (O1 ; !) ed andiamo a studiarne la velocitµa. Osserviamo innanzitutto che v(P ) µe un vettore normale al piano individuato dall'asse di istantanea rotazione e dal vettore (P ¡ O1 ) o, equivalentemente, dall'asse e dal vettore (P ¡ P0 ), essendo P0 la proiezione di P sull'asse. Posto poi ! = !k, con k versore parallelo a !, si puµo scrivere v(P ) = !k £ (P ¡ P0 + P0 ¡ O1 ) = !k £ (P ¡ P0 ) :

(3.32)

Ora, confrontando questa espressione di v(P ) con la (3.21), se ne deduce che la velocitµa di un punto P 2 = (O1 ; !) µe quella di un punto che, all'istante considerato, percorre con velocitµa angolare scalare µ_ = ! la circonferenza posta nel piano normale a k di centro P0 e raggio r = P P0 . Il fatto che ! sia indipendente dal punto P , e quindi esprima una caratteristica del moto dell'intero corpo, giusti¯ca il nome di velocitµa angolare di C che si dµa al vettore !. Naturalmente µ_ µe detta velocitµa angolare scalare di C. De¯nito poi lo scalare µ(t) =

Z

t

_ )d¿ = µ(¿

t0

Z

t

!(¿ )d¿ ;

(3:33)

t0

_ µe indipendente da P , si dµa il nome di angolo di rotazione di C. ad esso, che come µ(t) Osserviamo che mentre l'angolo µ di rotazione di un corpo rigido µe de¯nito analiticamente in maniera inequivocabile dalla (3:33), esso non µe altrettanto facilmente de¯nibile per via _ geometrica a causa del fatto che, in generale, !(t) = µ(t)k(t) varia anche in direzione. Se perµo k(t) = k 0 , allora µ puµo essere de¯nito come l'angolo solido compreso tra due semipiani uscenti dall'asse (O1 ; k0 ), l'uno ¯sso nello spazio (o con giacitura ¯ssa) e l'altro solidale con C. Osserviamo che in questo caso il corpo rigido o ha un asse ¯sso nello spazio o ha un asse che durante il moto rimane parallelo a se stesso. 47

Lo stato cinetico di un corpo rigido puµo essere rotatorio anche senza che teorema che segue dµa ragione di questa a®ermazione. Teorema

C.N.S. a±nchµe lo stato cinetico rigido

sia rotatorio µe che si abbia dO1 = 0 oppure dt

dO1 sia nullo. Il dt

dP dO1 = + ! £ (P ¡ O1 ), con ! 6= 0, dt dt dO1 ? !: dt

Dimostrazione C.N.

L'ipotesi µe che lo stato cinetico µe rotatorio. Di conseguenza esiste certamente un

punto O2 che permette di rappresentare lo stato cinetico nel modo seguente: dP = ! £ (P ¡ O2 ); 8P 2 C: dt Con questa formula sarµa lecito calcolare anche la velocitµ a di O1 : dO1 = ! £ (O1 ¡ O2 ) ; dt dO1 dO1 da cui si deduce = 0 oppure ? !. dt dt dO1 dO1 C.S. L'ipotesi µe che o =0 o ? ! : Esaminiamo separatamente i due casi. dt dt dO1 a) = 0 : lo stato cinetico µe rotatorio per de¯nizione, con asse (O1 ; !). dt dO1 ? !: in tal caso si puµo determinare un punto O2 tale che b) dt dO1 = ! £ (O1 ¡ O2 ) : (3:34) dt (Nel x1.7 si µe dimostrato che questa equazione ammette in¯nite soluzioni: tutti i punti O2 di una opportuna retta parallela ad !.) Dalla formula fondamentale della cinematica rigida si ha quindi dP dO1 = + ! £ (P ¡ O1 ) = ! £ (O1 ¡ O2 ) + ! £ (P ¡ O1 ) = ! £ (P ¡ O2 ) : dt dt In questo caso, dunque, si ha uno stato cinetico di rotazione con asse (O2 ; !) individuato dalla relazione (3:34). Osservazione Uno stato cinetico rotatorio (O1 ; !k) µe equivalente agli in¯niti stati cinetici (O2 ; !k), con O2 2 (O1 ; k). Infatti: v(P ) = !£(P ¡O1 ) = !£(P ¡O2 +O2 ¡O1 ) = !£(P ¡O2 )+!£(O2 ¡O1 ) = !£(P ¡O2 ) : In altre parole: dato uno stato cinetico rotatorio, µe lecito far scorrere il vettore velocitµa angolare lungo l'asse di istantanea rotazione. 48

Se lo stato cinetico del corpo C µe rotatorio in ogni istante di un intervallo (t1 ; t2 ), si dirµa che in detto intervallo C si muove di moto rotatorio o, piµ u semplicemente, che C ruota. Naturalmente, durante un moto rotatorio, l'asse di istantanea rotazione varia, in generale, sia nello spazio che nel corpo. Nota bene : in questo paragrafo µe stata introdotto l'uso della notazione di vettore applicato anche per indicare la retta dello spazio che esso individua. Di questo doppio uso del simbolo di vettore applicato faremo ampio uso anche in seguito. Il contesto dovrebbe escludere ogni possibilitµa di confusione. 3.12 Stato cinetico elicoidale; teorema di Mozzi Come abbiamo visto uno stato cinetico elicoidale µe cosµ³ rappresentabile: dP = uk + !k £ (P ¡ O1 ) : dt La retta (O1 ; k) µe detta asse di Mozzi o asse elicoidale. I suoi punti sono caratterizzati dalla seguente proprietµa: 8M 2 (O1 ; k) ;

v(M ) = uk :

Di solito la velocitµa uk, che µe comune a tutti (e solo) i punti dell'asse di Mozzi, µe detta velocitµa di scorrimento del corpo. Osserviamo che si puµo scrivere u! ! I v(M ) = uk = = 2!: ! ! ! Per quanto riguarda la velocitµa di un qualunque punto non appartenente all'asse di Mozzi, osserviamo che si ottiene sommando alla velocitµa di scorrimento una componente (non nulla) normale all'asse stesso. Teorema di Mozzi

C.N.S. perch¶e uno stato cinetico rigido sia elicoidale µe che l'inva-

riante I sia diverso da zero. Dimostrazione dP dO1 = + ! £ (P ¡ O1 ) : dt dt dO1 dO1 C.N. L'ipotesi µe che lo stato cinetico µe elicoidale. Ciµo implica 6= 0, ! 6= 0, k !: dt dt dO1 Essendo I = ¢ !, ne consegue immediatamente I 6= 0. dt dO1 C.S. L'ipotesi µe I 6= 0. Ne consegue che i vettori e ! sono non nulli e non ortogonali, dt dO1 dO1 e quindi k ! oppure = u! + un con u! k ! ed un ? !. Consideriamo nell'ordine dt dt i due casi.

Lo stato cinetico rigido sia rappresentato come al solito:

49

dO1 k !. Per de¯nizione lo stato cinetico µe elicoidale con asse di Mozzi (O1 ; !) : dt dO1 b) = u! + un . Essendo un ? !, come visto al x1.7, esistono in¯niti O2 tali che dt un = ! £ (O1 ¡ O2 ) : (3:35)

a)

Scelto un O2 si®atto, si ha quindi dO1 dP = + ! £ (P ¡ O1 ) = u! + ! £ (O1 ¡ O2 ) + ! £ (P ¡ O1 ) = u! + ! £ (P ¡ O2 ) : dt dt Ciµo signi¯ca che in questo caso lo stato cinetico di C µe equivalente ad uno stato cinetico elicoidale con asse di Mozzi (O2 ; !) de¯nito dall'equazione (3.35). Se lo stato cinetico del corpo C µe elicoidale in ogni istante di un intervallo (t1 ; t2 ), si dirµa che in detto intervallo C si muove di moto rototraslatorio. Durante un moto rototraslatorio, l'asse di Mozzi varia, in generale, sia nello spazio che nel corpo. Un esempio signi¯cativo di moto rototraslatorio µe costituito dal moto di un corpo rigido con un asse scorrevole su un asse ¯sso. In tal caso l'asse di Mozzi risulta ¯sso sia nello spazio che nel corpo. 3.13 Stati cinetici e moti di un corpo rigido: schema riassuntivo I diversi casi di stati cinetici rigidi possono essere riassunti nello schema seguente: 8 dO 1 > = 0; ! = 0 =) > > > dt > > > dO1 > > < 6= 0; ! = 0 =) dt I=0 : dO1 > > > = 0; ! 6= 0 =) > > dt > > > > : dO1 6= 0; ! 6= 0; dO1 ? ! =) dt dt 8 dO1 dO1 > < 6= 0; ! 6= 0; k! dt dt I 6= 0 : dO1 > : dO1 6= 0; ! = 6 0; trasverso a ! dt dt

Stato cinetico nullo Stato cinetico traslatorio Stato cinetico rotatorio (O1 ; !) Stato cinetico rotatorio (O2 ; !) =)

Stato cinetico elicoidale

=)

Stato cinetico elicoidale

Consideriamo ora il moto di un corpo rigido in un intervallo di tempo (t1 ; t2 ). In tal caso si parla di - moto traslatorio : se 8t 2 (t1 ; t2 ) lo stato cinetico µe traslatorio; - moto rotatorio : se 8t 2 (t1 ; t2 ) lo stato cinetico µe rotatorio; - moto rototraslatorio : se 8t 2 (t1 ; t2 ) lo stato cinetico µe elicoidale.

50

3.14 Composizione degli stati cinetici Sia C un corpo rigido in moto e sia fv(P ); P 2 Cg il suo stato cinetico in un dato istante t. Supponiamo che v(P ) sia la composizione di due stati cinetici v 1 (P ) e v 2 (P ), ossia che si abbia v(P ) = v 1 (P ) + v 2 (P ) : Vogliamo studiare lo stato cinetico risultante. In particolare vogliamo prendere in considerazione i casi possibili di composizione di due stati cinetici rotatori. Altri casi, che sono invece riconducibili ai due teoremi visti nei precedenti paragra¯, non saranno ripresi in esame. 1) Composizione di due stati cinetici di traslazione: v 1 (P ) = u1 ;

v 2 (P ) = u2

=)

v(P ) = u1 + u2 :

Lo stato cinetico risultante µe di traslazione se u1 6= ¡u2 , nullo se u1 = ¡u2 . 2) Composizione di uno stato cinetico traslatorio con uno rotatorio: v 1 (P ) = u ;

v 2 (P ) = ! £ (P ¡ O1 )

=)

v(P ) = u + ! £ (P ¡ O1 ) :

Per quanto visto sugli stati cinetici rotatorio ed elicoidale sappiamo giµa che lo stato cinetico risultante µe rotatorio se u ? !, elicoidale altrimenti (si veda il teorema di Mozzi). 3) Composizione di due stati cinetici di rotazione: v 1 (P ) = ! 1 £ (P ¡ O1 );

v 2 (P ) = ! 2 £ (P ¡ O2 );

Si presentano tre possibili casi. 3a) Gli assi d'istantanea rotazione (O1 ; ! 1 ) e (O2 ; ! 2 ) sono concorrenti (eventualmente anche coincidenti). Detto O il punto d'intersezione delle rette (O1 ; ! 1 ) e (O2 ; ! 2 ), si puµo scrivere v(P ) = ! 1 £ (P ¡ O) + ! 2 £ (P ¡ O) = (! 1 + ! 2 ) £ (P ¡ O): Di conseguenza, se ! 1 + ! 2 6= 0 (come in generale sarµa), lo stato cinetico risultante µe rotatorio con asse (O; ! 1 + ! 2 ). Se invece ! 1 + ! 2 = 0, cioµe !1 = ¡! 2 , lo stato cinetico risultante µe nullo. 3b) Gli assi d'istantanea rotazione (O1 ; !1 ) e (O2 ; !2 ) sono paralleli (e distinti, per cui O2 2 = (O1 ; ! 1 )). 51

Se ! 1 + ! 2 6= 0 allora sulla retta O1 O2 esiste un punto O tale che ! 1 £ (O1 ¡ O) + ! 2 £ (O2 ¡ O) = 0 :

(3:36)

Infatti, qualunque sia il punto O, questi due vettori hanno uguale direzione (normale al piano contenente ! 1 e ! 2 ); a±nchµe abbiano verso opposto, occorre scegliere O internamente al segmento O1 O2 quando ! 1 e !2 sono concordi, esternamente quando sono discordi. A±nchµe poi i due vettori abbiano lo stesso modulo si deve veri¯care che !1 OO1 = !2 OO2

=)

!1 OO2 = ; !2 OO1

cioµe il punto O deve dividere il segmento O1 O2 internamente o esternamente (a seconda che ! 1 e ! 2 siano o no equiversi) in parti inversamente proporzionali ad !1 e !2 . Osserviamo che nel caso in cui O µe esterno ad O1 O2 , esso sta dalla parte dell'!i di modulo maggiore. Ora, tenendo presente la (3.36) si ha v(P ) = ! 1 £(P ¡O1 )+! 2 £(P ¡O2 )+! 1 £(O1 ¡O)+! 2 £(O2 ¡O) = (! 1 +! 2 )£(P ¡O); che rappresenta uno stato cinetico di rotazione attorno ad un asse d'istantanea rotazione parallelo ad ! 1 +!2 e con velocitµa angolare uguale allo stesso vettore somma. Se invece !1 + ! 2 = 0, per cui ! 1 = ¡! 2 = !, si puµo scrivere v 1 (P ) = ! £ (P ¡ O1 );

v 2 (P ) = ¡! £ (P ¡ O2 )

Allora, poich¶e v(P ) = ! £ (P ¡ O1 ¡ P + O2 ) = ! £ (O2 ¡ O1 ) = u ; v(P ) = u non dipende da P, e quindi lo stato cinetico µe traslatorio. Si noti che u µe ortogonale al piano che contiene i due assi di rotazione. 3c) Gli assi d'istantanea rotazione (O1 ; ! 1 ) e (O2 ; !2 ) sono sghembi (per cui ! 1 6= ! 2 ). v(P ) = ! 1 £ (P ¡ O1 ) + ! 2 £ (P ¡ O2 ) + ! 1 £ (P ¡ O2 ) ¡ ! 1 £ (P ¡ O2 ) = = ! 1 £ (O2 ¡ O1 ) + (! 1 + ! 2 ) £ (P ¡ O2 ) = u + (!1 + ! 2 ) £ (P ¡ O2 ) Osserviamo che, essendo u = ! 1 £ (O2 ¡ O1 ), u µe perpendicolare sia a ! 1 che a (O2 ¡ O1 ). Dimostriamo che u non µe perpendicolare ad ! 1 +! 2 . Per farlo, ragioniamo per assurdo e supponiamo che lo sia. Considerato il piano ¦ individuato dal vettore (O1 ; !1 ) e da O2 , essendo u ? ! 1 e u ? (O2 ¡ O1 ), ne consegue u ? ¦. Di conseguenza u ? (! 1 + ! 2 ) comporterebbe (O2 ; ! 1 +! 2 ) 2 ¦ e quindi anche (O2 ; !2 ) 2 ¦, contro l'ipotesi che (O1 ; ! 1 ) e (O2 ; ! 2 ) sono sghembi. Dunque u non µe perpendicolare ad ! 1 +! 2 . Di conseguenza lo stato cinetico risultante, essendo la somma di uno stato cinetico traslatorio con uno rotatorio con asse non ortogonale, per il teorema di Mozzi µe elicoidale. 52

Passiamo ora allo studio di quel capitolo della cinematica che va sotto il nome di CINEMATICA RELATIVA.

3.15 De¯nizione del problema della cinematica relativa Il problema di cui vogliamo occuparci µe il seguente: Si considerino due sistemi di riferimento Oxyz e O1 x1 y1 z1 in moto l'uno rispetto all'altro. Noto il moto di un punto P rispetto ad uno dei sistemi, ad esempio rispetto ad O1 x1 y1 z1 , e noto il moto di O1 x1 y1 z1 rispetto ad Oxyz, si vuole determinare il moto di P rispetto ad Oxyz. Ci riferiremo convenzionalmente al sistema Oxyz come al sistema ¯sso o assoluto e al sistema O1 x1 y1 z1 come al sistema mobile o relativo. Ricordato che in virtµ u di due fondamentali postulati giµa introdotti i tempi e le distanze non variano al variare dell'osservatore (si veda il postulato della nota introduttiva alla Cinematica, pag. 43), facciamo subito un'importante considerazione. Ogni sistema di riferimento si puµo sempre pensare collegato ad un corpo rigido, in quanto o lo µe realmente, oppure si puµo immaginare che lo sia (in tal caso il corpo rigido sarebbe quello formato dai punti le cui distanze dagli assi rimangono invariate nel tempo). Allora, per conoscere il moto del sistema relativo rispetto a quello ¯sso occorre conoscere in ogni istante la posizione rispetto ad Oxyz del corpo rigido collegato col sistema O1 x1 y1 z1 . Ciµo µe possibile conoscendo il moto di O1 e i nove coseni direttori degli angoli che gli assi del sistema mobile formano con gli assi del sistema ¯sso o, equivalentemente, il moto di O1 e il vettore !(t). Il problema che ci interessa puµo essere risolto attraverso le formule di trasformazione di coordinate. Infatti, denotate con (a; b; c) le coordinate di O1 rispetto ad Oxyz e con (®1 ; ®2 ; ®3 ), (¯1 ; ¯2 ; ¯3 ), (°1 ; °2 ; °3 ) i nove coseni direttori delle rette O1 x1 ; O1 y1 ; O1 z1 rispetto agli assi Ox, Oy e Oz, le formule di trasformazione seguenti forniscono le coordinate (x; y; z) di un qualunque punto P rispetto ad Oxyz, note le sue coordinate (x1 ; y1 ; z1 ) rispetto ad O1 x1 y1 z1 .

8 < x = a + ®1 x1 + ¯1 y1 + °1 z1 y = b + ®2 x1 + ¯2 y1 + °2 z1 : z = c + ®3 x1 + ¯3 y1 + °3 z1 :

(3:37)

Ovviamente, per usare queste formule, occorre conoscere le 12 funzioni a(t), b(t), c(t), ®1 (t), ®2 (t), ®3 (t), ¯1 (t), ¯2 (t), ¯3 (t), °1 (t), °2 (t) e °3 (t).

53

3.16 Teoremi di composizione delle velocitµ a e delle accelerazioni Le formule (3:37) risolvono dunque il problema di determinare il moto del punto P rispetto all'osservatore ¯sso, noto il moto di P rispetto all'osservatore mobile e noto il moto di questo rispetto all'osservatore ¯sso. Risultano tuttavia molto importanti le relazioni che legano direttamente fra di loro le due velocitµa e le due accelerazioni rispetto ai due osservatori. Ci occupiamo ora di determinare queste relazioni. In questo caso il moto del riferimento O1 x1 y1 z1 rispetto ad Oxyz µe noto essendo noti O1 (t) e !(t). Ritorniamo alle primitive coordinate, (x; y; z) rispetto al sistema ¯sso e (x1 ; y1 ; z1 ) rispetto al sistema mobile, e supponiamo, come al solito, che i; j; k siano i versori relativi agli assi del sistema Oxyz mentre i1 ; j 1 ; k1 siano i versori del sistema O1 x1 y1 z1 . L'espressione cartesiana del vettore P ¡ O rispetto ad Oxyz e di P ¡ O1 rispetto ad O1 x1 y1 z1 µe data da P ¡ O = xi + yj + zk ;

P ¡ O1 = x1 i1 + y1 j 1 + z1 k1 :

La velocitµa di P rispetto al sistema relativo (velocitµa relativa) µe µ ¶ d(P ¡ O1 ) v1 = = x_ 1 i1 + y_ 1 j 1 + z_1 k 1 ; dt O1 mentre quella rispetto al sistema assoluto (velocitµa assoluta) vale ¶ µ d(P ¡ O) v= = xi _ + yj _ + zk _ : dt O Analogamente l'accelerazione relativa di P diventa µ 2 ¶ d (P ¡ O1 ) a1 = =x Ä1 i1 + yÄ1 j 1 + zÄ1 k1 ; dt2 O1

(3:38)

(3:39)

(3:40)

e l'accelerazione assoluta vale a=

µ

d2 (P ¡ O) dt2



=x Äi + yÄj + zÄk :

(3:41)

O

Derivando ora P ¡ O1 rispetto al tempo nel sistema ¯sso, si ottiene dP dO1 di1 dj dk1 ¡ = x_ 1 i1 + y_ 1 j 1 + z_1 k1 + x1 + y1 1 + z 1 ; dt dt dt dt dt ovvero

(3:42)

£ ¤ h dO1 dP di1 dj dk1 i = x_ 1 i1 + y_ 1 j 1 + z_1 k1 + + x1 + y1 1 + z 1 : dt dt dt dt dt

Si puµo dunque scrivere

v(P ) = v 1 (P ) + v ¿ (P ) ; 54

(3:43)

dove dO1 dt dO1 = dt dO1 = dt dO1 = dt

v ¿ (P ) =

+ x1

di1 dj dk1 + y1 1 + z 1 = dt dt dt

(3.44)

+ x1 (! £ i1 ) + y1 (! £ j 1 ) + z1 (! £ k1 ) = + ! £ (x1 i1 ) + ! £ (y1 j 1 ) + ! £ (z1 k1 ) = + ! £ (P ¡ O1 )

(3.45)

viene detta velocitµa di trascinamento di P . Tale nome deriva dal fatto che v ¿ (P ) rappresenta la velocitµa che il punto P avrebbe se fosse rigidamente connesso al sistema mobile. La (3.43) esprime il teorema di composizione delle velocitµa: la velocitµa di un punto rispetto al sistema ¯sso vale la velocitµa del punto rispetto al sistema mobile sommata con la velocitµa di trascinamento. Consideriamo ora la (3.42) e deriviamola rispetto al tempo nel sistema ¯sso. Si avrµa di1 dj 1 dk 1 d2 i1 d2 j 1 d2 k 1 d2 P d2 O1 ¡ = x Ä i + y Ä j + z Ä k + 2 x _ +2 y _ + 2 z _ + x + y + z ; 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 dt2 dt2 dt dt dt dt2 dt2 dt2 e cioµe a(P ) = a1 (P ) + ac (P ) + a¿ (P ) :

(3:46)

Il termine

d2 O1 d2 i1 d2 j 1 d2 k1 + x + y + z ; (3:47) 1 1 1 dt2 dt2 dt2 dt2 costituisce l'accelerazione di trascinamento di P ; esso rappresenta l'accelerazione che il punto a¿ (P ) =

P avrebbe se considerato rigidamente connesso al sistema relativo, mentre il termine ¶ µ ¡ ¢ di1 dj 1 dk1 ac (P ) = 2 x_ 1 + y_ 1 + z_1 = 2 x_ 1 ! £ i1 + y_ 1 ! £ j 1 + z_1 ! £ k1 = dt dt dt ¡ ¢ = 2! £ x_ 1 i1 + y_ 1 j 1 + z_1 k1 = 2! £ v 1 (P ); (3.48)

µe detto accelerazione complementare o di Coriolis del punto P .

La (3.46) rappresenta il teorema di composizione delle accelerazioni o di Coriolis : l'accelerazione di un punto rispetto al sistema Oxyz vale l'accelerazione rispetto ad O1 x1 y1 z1 sommata con l'accelerazione di trascinamento e con l'accelerazione di Coriolis. L'accelerazione di Coriolis ac (P ) µe nulla in ogni istante t in cui o µe nullo v 1 (P ) o µe nullo ! o ! µe parallelo a v 1 (P ). L'accelerazione di trascinamento a¿ (P ) non µe la derivata rispetto a t di v ¿ (P ). Essa puµo perµo essere pensata come la derivata di v ¿ (P ) rispetto a t purch¶e si consideri P solidale 55

con il riferimento O1 x1 y1 z1 , cioµe supponendo x1 , y1 e z1 costanti. Ciµo risulta evidente se si confronta (3.44) con (3.47). Sviluppando quest'ultima si ottiene un'espressione di a¿ (P ) di piµ u facile uso: d2 O1 d(! £ i1 ) d(! £ j 1 ) d(! £ k1 ) + x1 + y1 + z1 = dt2 dt dt dt à ! d! di1 d2 O1 = + x1 £ i1 + ! £ + dt2 dt dt à ! à ! d! dj 1 d! dk1 + y1 £ j1 + ! £ + z1 £ k1 + ! £ = dt dt dt dt

a¿ (P ) =

=

£ ¤ d! d2 O1 £ (P ¡ O1 ) + ! £ ! £ (P ¡ O1 ) : + 2 dt dt

(3.49)

Supponiamo ora che i sistemi di riferimento coinvolti siano tre: oltre ad Oxyz ed O1 x1 y1 z1 introduciamo anche O2 x2 y2 z2 . Considerando O1 x1 y1 z1 come sistema assoluto ed O2 x2 y2 z2 come sistema relativo, si ha v1 = v 2 + v¿ 2 ;

a1 = a2 + a¿ 2 + ac2 :

Ricordando poi le relazioni (3:43) e (3:46) si avrµa v = v2 + v¿ 1 + v¿ 2 ;

a = a2 + a¿ 1 + a¿ 2 + ac1 + ac2 :

Nel seguito qualche volta useremo una notazione piµ u sintetica per indicare un sistema di riferimento: (O) per Oxyz e (O1 ) per O1 x1 y1 z1 .

3.17 Relazione fra le derivate di un vettore rispetto a due osservatori Preso un vettore qualsiasi u, in generale esso varia sia rispetto al sistema ¯sso Oxyz che rispetto al sistema mobile O1 x1 y1 z1 . Ci poniamo il problema di determinare la relazione che lega le derivate (rispetto al tempo) di u rispetto ai due riferimenti. Sia u = u1x i1 + u1y j 1 + u1z k1 l'espressione cartesiana di u rispetto ad O1 x1 y1 z1 . Derivando rispetto ai due sistemi, si ottiene

µ

du dt



= u_ 1x i1 + u_ 1y j 1 + u_ 1z k1 ; O1

56

µ

du dt



= O

= =

µ

µ µ

du dt du dt du dt

¶ ¶ ¶

ossia

+ u1x O1

di1 dj dk1 + u1y 1 + u1z dt dt dt

+ u1x (! £ i1 ) + u1y (! £ j 1 ) + u1z (! £ k1 ) O1

+ ! £ (u1x i1 + u1y j 1 + u1z k1 ) ; O1

µ

du dt



= O

µ

du dt



+ ! £ u:

(3:50)

O1

Si µe cosµ³ ottenuta la relazione cercata. Supponendo u = ! si trova un'importante proprietµa del vettore velocitµa angolare. In tal caso, infatti, la (3.50) diventa µ

d! dt



= O

µ

d! dt



; O1

cioµe la derivata rispetto al tempo del vettore ! µe la stessa rispetto ai due sistemi di riferimento. µ ¶ Pertanto se p, q, r sono le componenti di ! sugli assi x1 ; y1 ; z1 ,µle componenti ¶ d! d! di sugli stessi assi sono p; _ q; _ r. _ Si puµo inoltre osservare che, se = 0, dt O dt O1 allora (O1 ; !) µe ¯sso rispetto ad (O1 ) e traslante rispetto ad (O).

Dedichiamo ora alcuni paragra¯ allo studio di particolari moti rigidi, detti MOTI RIGIDI PIANI. Questo argomento, riveste particolare interesse soprattutto in vista del corso di \Meccanica Applicata alle Macchine".

3.18 Moto rigido piano De¯nizione

Si de¯nisce moto rigido piano il moto di una ¯gura rigida piana nel proprio

piano. Sia Oxy il piano ¯sso su cui si muove la ¯gura rigida piana e sia O1 x1 y1 un piano solidale con la ¯gura, mobile su Oxy. Siano poi k e k1 i versori ortogonali rispettivamente al piano ¯sso Oxy e al piano mobile O1 x1 y1 , orientati in modo tale che le terne Oxyz e O1 x1 y1 z1 siano destre. Poichµe O1 x1 y1 si muove su Oxy, in ogni istante si ha k = k1 , e quindi dk1 dt

= 0. Utilizzando le formule di Poisson si ha dunque ! £ k1 = 0, per cui, supposto

! 6= 0, ! µe ortogonale ai due piani. Ovviamente, se ! = 0 lo stato cinetico in generale µe traslatorio (si puµo anche veri¯care il caso particolarissimo in cui µe nullo). 57

Lo stato cinetico del moto rigido piano µe dunque dato da dP dO1 = + ! £ (P ¡ O1 ) ; dt dt dO1 ortogonale ad !. Esiste perciµo, ed µe unico, un punto C 2 Oxy, soddisfacente dt l'equazione dO1 = ! £ (O1 ¡ C) ; (3:51) dt con

questo punto µe tale che, sostituendo, si ha dP = ! £ (P ¡ C) : dt

(3:52)

Questa relazione dice che in un moto rigido piano con ! 6= 0 lo stato cinetico µe sempre rotatorio attorno all'asse (C; k). Il punto C si chiama centro di istantanea rotazione. Esso si muove sia rispetto al piano ¯sso Oxy che rispetto al piano mobile O1 x1 y1 . I luoghi geometrici descritti dal moto del punto C rispetto ai due osservatori si chiamano rispettivamente base (o curva polare ¯ssa) e rulletta (o curva polare mobile). Le due curve polari sono anche dette traiettorie polari. Il centro di istantanea rotazione gode di una importante proprietµa: µe l'unico punto del piano mobile che ha velocitµa di trascinamento nulla. Infatti, in virtµ u della (3.52), v ¿ (C) = ! £ (C ¡ C) = 0 ; o equivalentemente, in virtµ u della (3:51), v ¿ (C) =

dO1 + ! £ (C ¡ O1 ) = 0 : dt

Ne consegue che v(C) = v 1 (C) ; ossia il punto C percorre la base e la rulletta con la stessa velocitµa. Questo permette anche di a®ermare che durante il moto della ¯gura rigida piana la base e la rulletta rotolano senza strisciare l'una sull'altra. Osserviamo che l'equazione (3:51), usata per determinare C, ne esprime la proprietµa che lo caratterizza, vale a dire v ¿ (C) = 0.

58

Problema: Note in un dato istante la posizione del centro C e la velocitµa di un punto A della ¯gura piana, determinare la velocitµa di un qualunque altro punto P. Osserviamo innanzitutto che, essendo v(A) = ! £ (A ¡ C) ;

v(P ) = ! £ (P ¡ C) ;

cosµ³ come v(A) µe ortogonale ad (A ¡ C), dovrµa essere ortogonale a (P ¡ C). Inoltre, poichµe nell'istante considerato la ¯gura sta ruotando attorno a C, il verso di v(P ) sarµa \concorde" con quello di v(A). Dunque, v(P ) µe immediatamente determinata in direzione e verso. Per determinarne il modulo, osserviamo che jv(A)j = j!j jA ¡ Cj ;

jv(P )j = j!j jP ¡ Cj :

Ricavando j!j dalla prima relazione e sostituendolo nella seconda si ottiene jv(P )j =

jP ¡ Cj jv(A)j : jA ¡ Cj

3.19 Determinazione del centro di istantanea rotazione per via geometrica Qualche volta µe possibile determinare il centro di istantanea rotazione di un moto rigido piano per via geometrica. A tal ¯ne tornano utili i due teoremi che seguono. Teorema

Sia nota la traiettoria ¡ di un punto A della ¯gura rigida piana. Allora il centro

C di istantanea rotazione sta sulla normale a ¡ per A. La dimostrazione µe ovvia in quanto, essendo dA = ! £ (A ¡ C) ; dt dA e (A ¡ C) sono ortogonali. dt Per enunciare il secondo teorema µe necessario introdurre il concetto di pro¯li coniugati.

i vettori

Cosµ³ si chiamano due curve ° e ° 0 , l'una ¯ssa e l'altra solidale col sistema mobile, tali che durante il moto rigido si mantengono in ogni istante tangenti. Vale quindi il seguente Teorema

La normale comune a due pro¯li coniugati nel loro punto di contatto passa per

il centro di istantanea rotazione. 59

Dimostrazione. Sia M il punto di contatto fra i pro¯li coniugati ° e ° 0 , che rotolano e strisciano uno sull'altro. Supposto M 6= C, essendo v(M ) k v 1 (M )

e

v ¿ (M ) = v(M ) ¡ v 1 (M ) ;

ne deriva che v ¿ (M ), che µe diverso dal vettore nullo, ha la direzione della tangente ai pro¯li coniugati. Di conseguenza, essendo v ¿ (M ) = ! £ (M ¡ C), C sta sulla normale per M a ° e ° 0. Se v ¿ (M ) = 0, allora M ´ C, ° coincide con la base e ° 0 con la rulletta. L'applicazione di uno dei due teoremi appena enunciati porta dunque a determinare una retta che contiene il centro di istantanea rotazione C. Chiaramente, il punto di intersezione di due rette si®atte determina completamente C. Pertanto, il centro di istantanea rotazione di un moto rigido piano µe determinabile per via geometrica quando sono note le traiettorie di due punti della ¯gura rigida oppure la traiettoria di un punto e due pro¯li coniugati oppure due coppie di pro¯li coniugati.

3.20 Esempi di moti rigidi piani a) Moti cicloidali. Si chiamano moti cicloidali i moti rigidi piani nei quali le traiettorie polari sono entrambe delle circonferenze. In particolare, si parla di moto epicicloidale quando la rulletta µe esterna alla base e di moto ipocicloidale quando µe interna. Si chiama poi epiciclo o ipociclo la traiettoria descritta da un punto solidale con la ¯gura rigida a seconda che il moto µe epicicloidale o ipocicloidale. Tali moti sono di particolare interesse nella teoria degli ingranaggi. In un moto cicloidale la base puµo anche essere una retta ("circonferenza di raggio in¯nito"). In tal caso la traiettoria descritta da un punto solidale con la ¯gura mobile µe detta cicloide. b) Asta scorrevole fra guide rettilinee (glifo). Consideriamo un'asta rigida AB (schematizzata con un segmento) i cui estremi siano vincolati a percorrere due guide rettilinee ortogonali che assumiamo come assi x ed y del nostro riferimento ¯sso. Assumiamo poi O1 coincidente con l'estremo A e l'asse y1 coincidente con la retta individuata dall'asta, come nella ¯gura.

60

In base al primo teorema enunciato nel paragrafo precedente, il centro di istantanea rotazione C µe individuato dal punto di intersezione delle perpendicolari agli assi x in A e all'asse y in B. Di conseguenza il quadrilatero OACB µe in ogni istante un rettangolo avente sempre una diagonale coincidente con l'asta, e quindi di lunghezza ` = AB. Pertanto, rispetto al sistema ¯sso, C ha sempre distanza ` da O, il che signi¯ca che la base µe la circonferenza di centro O e raggio `. Per quanto concerne invece la posizione di C rispetto al sistema solidale, si puµo notare che in ogni istante AB µe visto da C sotto un angolo retto. Ciµo permette di a®ermare che la rulletta µe la circonferenza di centro il punto medio dell'asta e raggio `=2. Il moto rigido piano in questione µe dunque ipocicloidale. c) Ruota di un treno che si muove di puro rotolamento. Si consideri la ruota di un treno (che schematizziamo con una circonferenza) in moto su un binario rettilineo orizzontale che assumiamo come asse x. Essa si muove di moto rigido piano rispetto al piano verticale Oxy che la contiene (Oy µe verticale). _ essendo Indicato con O1 il centro della ruota e con O1 x1 un asse solidale, si ha ! = µk, l'angolo di rotazione µ de¯nito (per esempio) dall'angolo compreso fra O1 x1 e l'asse O1 x (parallelo ad Ox per O1 ). Ebbene, se la ruota rotola senza strisciare, allora il punto C di contatto con la rotaia ha velocitµa di trascinamento nulla in ogni istante (giusti¯cheremo ciµo piµ u avanti). Di conseguenza C µe il centro di istantanea rotazione; la base µe la rotaia e la rulletta µe la ruota stessa. Osserviamo che rispetto all'osservatore ¯sso il punto della ruota coincidente con C ha velocitµa nulla, mentre la velocitµa con cui C percorre la rotaia µe uguale a quella di O1 (che coincide con \la velocitµa del treno"). Il punto piµ u in alto della ruota (quello diametralmente opposto a C) ha velocitµa doppia di quella di O1 .

3.21 Equazioni parametriche della base e della rulletta Supponiamo sia nota la traiettoria di un punto O1 della ¯gura rigida piana. Assunto tale punto come origine del sistema di riferimento solidale, e indicato con µ l'angolo tra gli assi x e x1 , siano a(µ) e b(µ) le coordinate di O1 rispetto ad Oxy. Indicate poi con (»; ´) e (»1 ; ´1 ) le coordinate del centro C rispetto ad Oxy e O1 x1 y1 rispettivamente, valgono le seguenti relazioni : 61

(3:53)

O1 ¡ O = ai + bj

(3:54)

C ¡ O1 = (» ¡ a)i + (´ ¡ b)j

(3:55)

C ¡ O1 = »1 i1 + ´1 j 1

(3:56)

½

i = cos µ i1 ¡ sin µ j 1 j = sin µ i1 + cos µ j 1 :

Riscrivendo la (3:51), che come abbiamo visto rappresenta la condizione v ¿ (C) = 0, tenendo conto che O1 µe funzione del tempo t attraverso µ, e sempli¯cando per µ_ (cosa lecita in quanto ! 6= 0), si ha dO1 + k £ (C ¡ O1 ) = 0 : dµ Sostituendovi la derivata

(3:57)

dO1 ottenuta dalla (3:53), si ottiene dµ db da i + j + k £ (C ¡ O1 ) = 0 : dµ dµ

(3:58)

Questa relazione permette ora di ricavare facilmente le equazioni parametriche delle curve polari. Per ricavare quelle della base µe su±ciente sostituirvi la (3:54) ed eseguire il prodotto vettoriale. Cosµ³ facendo otteniamo da db i + j + (» ¡ a)j ¡ (´ ¡ b)i = 0 ; dµ dµ che implica

8 db > < » =a¡ dµ (3:59) da > : ´ =b+ : dµ Per ottenere le equazioni della rulletta occorre sostituire in (3:58) le espressioni di C ¡ O1 e dei versori i e j date dalle (3:55) e (3:56). Ciµo porta alla relazione da db (cos µi1 ¡ sin µj 1 ) + (sin µi1 + cos µj 1 ) + »1 j 1 ¡ ´1 i1 = 0 ; dµ dµ da cui si deduce

8 da db > < »1 = sin µ ¡ cos µ ; dµ dµ > : ´ = da cos µ + db sin µ : 1 dµ dµ 62

(3:60)

Osservazione. Nella relazione (3:57) il tempo non compare. Questo signi¯ca che base e rulletta costituiscono un fatto geometrico e non cinematico, vale a dire esse non dipendono dalla legge oraria del moto. Di conseguenza possono esistere in¯niti moti diversi aventi perµo la stessa base e la stessa rulletta. 3.22 Polo delle accelerazioni L'accelerazione di un generico punto di una ¯gura rigida piana in moto nel suo piano si ottiene derivando la (3.52) ed µe data da a(P ) =

¡ ¢ d! dC £ (P ¡ C) + ! £ ! £ (P ¡ C) ¡ ! £ ; dt dt

(3:61)

_ Ebbene, vale il seguente con ! = µk. Teorema

In un moto rigido piano in ogni istante t esiste uno ed un solo punto, detto

polo delle accelerazioni, che ha accelerazione nulla. Perch¶e a(P ) sia nulla, dalla (3.61), opportunamente riscritta, si deduce

Dimostrazione.

che deve essere veri¯cata la seguente relazione: Ä £ (P ¡ C) ¡ µ_2 (P ¡ C) = µk _ £ dC : µk dt Posto Ä £ (P ¡ C) ; u1 = µk

u2 = ¡µ_2 (P ¡ C) ;

_ £ dC ; u = µk dt

vediamo dunque se esiste un punto P per cui si abbia u1 (P ) + u2 (P ) = u : Osserviamo innanzitutto che mentre u1 e u2 dipendono da P , u µe indipendente. OsserÄ e ju2 j = µ_ 2 r, viamo anche che u1 e u2 sono perpendicolari tra loro e che si ha ju1 j = jµjr con r distanza di P da C. Perci¶o, posti i vettori con l'origine in C, quando si varia P sulla circonferenza di centro C e raggio r, il secondo estremo del vettore u1 +u2 descrive pure esso una circonferenza. Se si varia con continuitµa il raggio r da 0 ad 1, la circonferenza descritta da u1 +u2 copre tutto il piano. Di conseguenza, al variare di P in tutto il piano, il vettore u1 +u2 diventa uguale ad un qualunque vettore pre¯ssato. Esiste quindi un punto A, chiaramente unico, per cui u1 +u2 = u, e conseguentemente tale che a(A) = 0. Il polo A delle accelerazioni riveste una certa importanza in quanto puµo essere utilizzato per calcolare l'accelerazione dei punti della ¯gura rigida. Vale infatti la seguente Proposizione:

In un moto piano l'accelerazione di un punto puµo essere calcolata come

se la ¯gura ruotasse attorno al polo A delle accelerazioni anzich¶e attorno a C, purchµe si consideri A ¯sso. 63

Dimostrazione. L'espressione (3.61) calcolata per P ´ A fornisce 0=

¡ ¢ d! dC £ (A ¡ C) + ! £ ! £ (A ¡ C) ¡ ! £ : dt dt

Sottraendo questa relazione dalla (3.61) si ottiene a(P ) =

¡ ¢ d! £ (P ¡ A) + ! £ ! £ (P ¡ A) : dt

Questa espressione di a(P ) µe esattamente la derivata di dP = ! £ (P ¡ A) dt

dA = 0. Ciµo prova l'a®ermazione precedentemente fatta circa la dt possibilitµa di utilizzare il polo delle accelerazioni ai ¯ni del calcolo delle accelerazioni. purch¶e si consideri

Per completare il capitolo riguardante la cinematica rimangono da introdurre alcune nozioni, quasi tutte molto importanti ed utili nel seguito del corso.

3.23 Moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto Dato un corpo rigido C ed un osservatore assoluto OXY Z, per moto del corpo rispetto ad un suo punto O1 si intende il moto del corpo rispetto ad un sistema di riferimento con origine in O1 2 C e traslante rispetto al sistema di riferimento ¯sso. Dalla (3.43) si ha v(P ) = v 1 (P ) +

dO1 ; dt

e dalla formula fondamentale della cinematica rigida v(P ) =

dO1 + ! £ (P ¡ O1 ) : dt

Uguagliando queste due relazioni si ottiene v 1 (P ) = ! £ (P ¡ O1 ) :

(3:62)

Ciµo signi¯ca che il moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto O1 µe sempre rotatorio con asse (O1 ; !), eccetto il caso in cui ! = 0, nel qual caso il corpo µe fermo (nell'istante in questione). 64

Lo stato cinetico v 1 (P ) puµo essere de¯nito in termini un pµo piµ u precisi mediante gli angoli di Eulero introdotti nel x3.7. Facendo riferimento alla ¯gura e alle notazioni del suddetto paragrafo, lo stato cinetico diC puµo infatti essere riguardato come la composizione dei tre _ _ Di conseguenza (O1 ; 'k _ 1 ) e (O1 ; µl). stati cinetici rotatori (con assi concorrenti) (O1 ; Ãk), _ + 'k _ : ! = Ãk _ 1 + µl Un generico moto di un corpo rigido C rispetto ad un suo punto O1 µe sempre rotatorio con questa velocitµa angolare. Se Ã_ e '_ sono entrambe diverse da zero, il corpo ruota sia attorno all'asse z, che µe traslante (se non addirittura ¯sso) nello spazio ed µe chiamato asse di precessione, sia attorno all'asse z1 , che µe ¯sso nel corpo ed µe detto asse di ¯gura. Se anche µ_ 6= 0, allora l'angolo tra gli assi di precessione e di ¯gura varia col tempo. Si chiamano precessioni quei particolari moti per i quali µ(t) = µ0 costante, per cui _ + 'k ! = Ãk _ 1: Se poi Ã_ e '_ sono entrambi costanti, per cui le due rotazioni attorno agli assi di precessione e di ¯gura sono uniformi, allora la precessione µe detta regolare. Esempi tipici di precessioni sono il moto della trottola e il moto della terra rispetto al proprio centro. In quest'ultimo caso l'asse terrestre nord-sud µe l'asse di ¯gura e la retta baricentrica normale al piano dell'orbita terrestre µe l'asse di precessione. Valutando il tempo in giorni e tenendo conto che l'asse di ¯gura impiega 26000 anni a fare un giro completo attorno all'asse di precessione, il moto di precessione della terra risulta caratterizzato da µ0 = 23± 280 ;

'_ =

2¼ ; 1g

Ã_ =

2¼ : 365 ¢ 26000g

3.24 Sistemi di riferimento equivalenti De¯nizione

Due sistemi di riferimento (O) ed (O1 ) si dicono equivalenti se si muovono

l'uno rispetto all'altro di moto traslatorio rettilineo uniforme. Teorema

C.N.S. a±nchµe due sistemi di riferimento (O) ed (O1 ) siano equivalenti µe che

si abbia a(P ) = a1 (P ) ;

8P = P (t) :

Ne dimostriamo solo la condizione necessaria. Se (O) e (O1 ) sono equivalenti, essi si dO1 muovono l'uno rispetto all'altro di moto traslatorio (! = 0) rettilineo uniforme ( = v0 ) dt 65

e quindi, qualunque sia P (t), si ha ac (P ) = 0;

a¿ (P ) = 0. Di conseguenza, in virtµ u del

teorema di composizione delle accelerazioni, si ha a(P ) = a1 (P ). Supponiamo di considerare due sistemi equivalenti Oxyz e O1 x1 y1 z1 con l'asse x coincidente con l'asse x1 . Le formule di trasformazione di coordinate, note come trasformazioni di Galileo, sono date da

8 > < > :

x = x1 + v0 t y = y1 z = z1 :

Sono sistemi equivalenti fra di loro i sistemi stellari, vale a dire i sistemi di riferimento con origine in una stella ¯ssa ed assi orientati verso stelle ¯sse. Il sistema solare, con origine nel centro del Sole ed assi orientati verso stelle ¯sse, µe da ritenersi, in buona approssimazione, equivalente ad un sistema stellare. Ricordiamo che le stelle ¯sse sono le stelle per le quali la loro reciproca posizione ci appare invariabile nel tempo. Chiaramente il Sole non µe una stella ¯ssa. Un sistema di riferimento molto importante per noi terrestri µe il sistema terrestre-stellare, con origine nel centro della terra ed assi orientati verso stelle ¯sse. 3.25 Moto di due corpi rigidi a contatto in un punto Supponiamo di avere due corpi rigidi C e C1 , con C1 che si muove su C avendo con esso un unico punto di contatto. Sia ¾ la super¯cie di C e ¾1 quella di C1 , con ¾ e ¾1 super¯ci regolari. Consideriamo un sistema di riferimento Oxyz solidale con C ed uno O1 x1 y1 z1 solidale con C1 . Sia Oxyz il sistema ¯sso ed O1 x1 y1 z1 quello mobile. Per ogni P 2 C1 si ha v(P ) =

dO1 + ! £ (P ¡ O1 ) ; dt

(3:63)

con ! velocitµa angolare di C1 . Se poi consideriamo il punto M di contatto fra i due corpi (che non µe solidale con C1 !), la sua velocitµa vale v(M ) = v 1 (M ) + v ¿ (M ) ; con v ¿ (M ) =

dO1 + ! £ (M ¡ O1 ) : dt

Quest'ultima relazione fornisce dO1 = v ¿ (M ) + ! £ (O1 ¡ M ) ; dt 66

che sostituita in (3:63) dµa v(P ) = v ¿ (M ) + ! £ (P ¡ M ) : Scomposto ! lungo la normale e il piano tangente in M (comuni alle due super¯ci ¾ e ¾1 ), per cui ! = ! t + ! n , si ha v(P ) = v ¿ (M ) + ! t £ (P ¡ M ) + ! n £ (P ¡ M ) ;

8P 2 C1 :

(3:64)

Interpretiamo il risultato ottenuto. Quando un corpo si muove su un altro corpo avendo con questi un unico punto di contatto, lo stato cinetico risultante µe la somma di tre stati cinetici: uno stato cinetico di traslazione v ¿ (M ) comune a tutti i punti del corpo (che dµa luogo al moto di strisciamento di C1 su C), uno stato cinetico di rotazione di asse (M; ! t ) (che origina il moto di rotolamento di C1 su C) e un secondo stato cinetico di rotazione di asse (M; ! n ) (causa del moto di piroettamento di C1 su C). De¯nizione

Si dice che un corpo rigido C1 , per il quale si ha che ! n = 0, rotola senza

strisciare sul corpo C se v ¿ (M ) = 0. Osservazione

Nel moto di puro rotolamento (sinonimo di rotolamento senza strisciamento)

la velocitµa del punto di contatto M µe nulla. Inoltre, lo stato cinetico µe di rotazione con asse di istantanea rotazione (M; !).

67

4. CONCETTI E NOZIONI FONDAMENTALI DELLA MECCANICA

Prima di entrare nel vivo della Meccanica, µe necessario introdurre una serie di concetti, nozioni e strumenti senza i quali lo studio non puµo essere a®rontato. In questo capitolo, si introdurranno, fra l'altro, i postulati fondamentali della Meccanica, i concetti di forza, di vincolo e di lavoro. Sottolineiamo il fatto che per noi \Meccanica" signi¯ca Meccanica Classica, vale a dire quella branca della scienza che si occupa dei fenomeni di moto per i quali il modello matematico puµo essere e±cacemente costruito assumendo che i concetti di spazio e tempo siano assoluti (Postulato di pag. 43). La Meccanica Classica fallisce quando i fenomeni comportano delle velocitµa confrontabili con quella della luce. In questo caso il modello matematico utile µe fornito dalla Meccanica Relativistica.

4.1 Forze Una forza µe un ente ¯sico in grado di modi¯care lo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme di un punto materiale rispetto ad un dato osservatore. In altre parole, una forza µe qualcosa che produce accelerazione. Il concetto importantissimo di forza, cosµ³ introdotto in termini ¯sici, in termini matematici viene de¯nito nel modo seguente: De¯nizione

Una forza µe un vettore applicato (P; F ). Il punto P µe il punto di applicazione della

forza ed il vettore F µe il vettore della forza. Come si misura sperimentalmente il vettore F ? Considerato un punto P in moto nello spazio, ci poniamo il problema di misurare la forza che agisce su di esso in un dato istante t0 rispetto ad un ¯ssato osservatore Oxyz. A tal ¯ne useremo un \dinamometro", cioµe uno strumento che possiamo pensare costituito da una molla opportunamente costruita, sottile, leggera, come un segmento, con due ganci alle estremitµ a. Supposto che il punto P all'istante considerato abbia velocitµa v 0 , vi attacchiamo uno dei due estremi della molla, a cui abbiamo imposto un moto traslatorio pure con velocitµa v 0 e, tenendola all'altro estremo, la tendiamo in modo tale da \compensare" l'azione della forza agente sul punto, cosµ³ che all'istante t0 l'accelerazione di P sia nulla. Allora, il vettore F all'istante t0 ha la direzione del dinamometro, il verso opposto a quello in cui il dinamometro µe teso, modulo dato dall'allungamento del dinamometro.

68

Da quanto detto emergono dunque due concetti basilari: - sul punto P agisce una forza se e solo se la sua accelerazione µe non nulla; - quantitativamente questa forza corrisponde all'allungamento di un dinamometro campione teso in modo da compensare la forza stessa. Fino a questo punto si µe parlato \della forza" applicata al punto P come se su P agisse un'unica forza. In realtµa molto spesso su P agiscono piµ u forze e tutto quanto detto ¯nora rimane valido in virtµ u del concetto di forza risultante e di un postulato che ora andiamo a formulare. Supponiamo che il punto sia soggetto a N forze (P; F i ) ; i = 1; 2; :::; N . De¯nizione

Si chiama forza risultante agente su P la forza (P; F ) con F =

N X

Fi :

i=1

Supposto poi che l'accelerazione prodotta dalla singola forza (P; F i ), quando applicata singolarmente, sia ai , e che quella prodotta dalla forza risultante sia a, vale il seguente Postulato L'accelerazione del punto P quando ad esso sono applicate N forze (P; F i ) µe uguale a quella che ha P quando vi µe applicata la sola forza risultante (P; F ), ossia a = a1 + a2 + ¢ ¢ ¢ + aN : In altre parole: gli e®etti meccanici prodotti da piµ u forze aventi lo stesso punto di applicazione si sommano. Si impongono ora una considerazione e un avvertimento. La considerazione riguarda la forza che si va a misurare con l'esperimento del dinamometro. Si tratta chiaramente della risultante di tutte le forze applicate al punto. Naturalmente, se sul punto agisce un'unica forza, allora la risultante coincide con quella forza. L'avvertimento consiste nel mettere in guardia contro l'idea che le forze si possano sempre sommare ed ottenere quindi una forza risultante. Mentre ciµo ha sempre senso nel caso di forze applicate tutte allo stesso punto, in generale non lo ha quando i punti di applicazione sono diversi. Sull'argomento ritorneremo ampiamente in seguito quando tratteremo i sistemi di forze. Sulla natura del vettore di una forza si assume poi questo ulteriore Postulato

Il vettore F di una forza (P; F ) dipende, in generale, dalla posizione del suo

punto d'applicazione, dalla sua velocitµa e dal tempo, ossia ¡ ¢ F = F P; v(P ); t : 69

(4:1)

Posto P ´ (x; y; z) e F = Fx i + Fy j + Fz k, la (4.1) signi¯ca 8 _ y; _ z; _ t) ; > < Fx = Fx (x; y; z; x; Fy = Fy (x; y; z; x; _ y; _ z; _ t) ; > : _ y; _ z; _ t) : Fz = Fz (x; y; z; x;

Per completare questo primo discorso sulle forze, occorre dire che esse possono essere di due tipi diversi: - dovute a corpi (forze newtoniane, elastiche, viscose, convettive, reazioni vincolari); - dovute al sistema di riferimento (forze di trascinamento e di Coriolis). Rinviando al momento opportuno la de¯nizione delle diverse forze elencate fra parentesi, assumiamo ¯n d'ora che le forze dovute a corpi siano assolute, cioµe valga il

Postulato Le forze dovute a corpi non dipendono dall'osservatore. 4.2 Leggi fondamentali della Meccanica Siamo ora in grado di enunciare le Leggi fondamentali della Meccanica, vale a dire i tre postulati, nati dall'osservazione sperimentale, che sono basilari nella costruzione del modello matematico che ci apprestiamo a descrivere e che utilizzeremo ai ¯ni dello studio del moto (e dell'equilibrio) dei sistemi materiali. Prima Legge (Principio d'inerzia) Esiste almeno un osservatore, che chiameremo osservatore inerziale o Galileiano, rispetto al quale ogni punto materiale isolato o µe in quiete o si muove di moto rettilineo uniforme. Un punto materiale si intende isolato se µe posto ad una distanza molto grande dagli altri corpi dello spazio, per cui si possono ritenere trascurabili le forze esercitate da questi ultimi sul punto. La prima Legge della Dinamica postula dunque l'esistenza di almeno un riferimento rispetto al quale un punto materiale isolato ha accelerazione nulla, e quindi non µe soggetto a forze. Questo riferimento ha un ruolo privilegiato: esso permette di de¯nire la forza assoluta che agisce sul punto materiale P come quella che agisce su P rispetto a questo riferimento. Tale forza µe esclusivamente dovuta a corpi. Ogni sistema di riferimento equivalente ad un sistema inerziale, µe pure esso inerziale. In realtµa, dunque, il Principio d'inerzia postula l'esistenza di una classe di in¯niti osservatori inerziali. D'ora innanzi, ogni volta che si introdurrµa un sistema di riferimento ¯sso (o assoluto), si intenderµa sempre un sistema di riferimento inerziale. Gli osservatori che meglio approssimano i sistemi di riferimento inerziali sono i sistemi stellari. Il sistema solare, pur non essendo un sistema stellare, per tanti problemi ne risulta una buona approssimazione e 70

quindi puµo essere riguardato come inerziale. Nello studio di molti fenomeni che avvengono sulla super¯cie terrestre µe inoltre lecito ritenere inerziale anche il sistema terrestre-stellare. Seconda Legge (Legge di Newton) Il moto di un punto materiale rispetto ad un osservatore inerziale soddisfa la relazione ma = F :

(4:2)

La Legge di Newton stabilisce che l'accelerazione a di un punto materiale e il vettore F della forza a cui µe soggetto, rispetto ad un sistema inerziale, sono proporzionali e che la costante di proporzionalitµa µe la massa m del punto. La possibilitµa di misurare la massa m di un corpo µe dovuta a questa proporzionalitµa. Vedremo infatti in seguito come la massa m di un corpo C si trovi rapportando la sua \forza peso" con quella di un altro corpo la cui massa µe assunta come unitaria. Consideriamo ora un sistema di due punti materiali (P; mP ) e (Q; mQ ). I due punti esercitano uno sull'altro una forza. Sia (P; F Q!P ) la forza che agisce sul punto P dovuta a Q e (Q; F P !Q ) quella che agisce su Q dovuta a P . Ebbene, vale il seguente postulato : Terza Legge (Principio di azione e reazione) Le forze (P; F Q!P ) e (Q; F P !Q ) sono uguali e contrarie e con linea d'azione coincidente con la retta congiungente i due punti. Ossia: (a) F Q!P = ¡F P !Q ; (b) F P !Q k (P ¡ Q) : 4.3 Sistemi meccanici Un sistema materiale µe un insieme di punti materiali. Un sistema µe discreto se µe costituito da un numero ¯nito o numerabile di punti; in questo caso lo indichiamo con (Ps ; ms ); s = 1; ¢ ¢ ¢ ; N , con N ¯nito oppure no. Si dice invece che il sistema µe continuo se µe formato da un continuo di punti. Il piµ u semplice sistema materiale discreto µe ovviamente quello costituito da un unico punto materiale (P; m), mentre un corpo rigido rappresenta l'esempio piµ u comune e signi¯cativo di sistema continuo con cui avremo a che fare. Ovviamente esistono anche sistemi materiali formati sia da punti che da corpi continui. Un sistema meccanico µe un sistema materiale su cui agisce un assegnato sistema di forze attive e di vincoli. (Questi concetti saranno precisati piµ u avanti) 71

µ importante sottolineare come un sistema meccanico costituisca un modello matematico E che si ritiene valido ai ¯ni dello studio di un problema che ci interessa. Cambiando il problema, anche il sistema meccanico in generale varierµa. Il seguente esempio potrµa aiutare a capire il concetto. La terra puµo essere rappresentata con un punto se ci interessa il suo moto attorno al sole, con una sfera rigida se si vogliono studiare i suoi moti rispetto ad un sistema terrestre-stellare (precessioni,...), con un corpo continuo deformabile se interessano le sue deformazioni (deriva dei continenti, maree,..). Ovviamente, cambiando il problema in esame, cambieranno in generale anche le forze di cui si deve tenere conto. 4.4 Vincoli De¯nizione

Si dice con¯gurazione di un sistema meccanico all'istante t0 l'insieme delle

posizioni occupate dai punti del sistema in quell'istante rispetto ad un dato osservatore. Qualche volta, anzich¶e di con¯gurazione del sistema, si parla di posizione. I due termini possono considerarsi come sinonimi anche se il termine con¯gurazione appare preferibile in tutti i casi eccetto che per un sistema materiale costituito da un singolo punto. De¯nizione

Si chiama vincolo un qualunque dispositivo, dovuto a corpi, che limita le

con¯gurazioni e/o le velocitµa dei punti del sistema meccanico. De¯nizione

Un sistema meccanico si dice vincolato se µe soggetto ad almeno un vincolo;

altrimenti si dice libero. Supponiamo ora che in ogni istante una qualunque con¯gurazione del sistema meccanico sia determinata dagli m parametri x1 ; x2 ; :::; xm . Ciµo equivale ad a®ermare che in ogni istante t i parametri xi determinano la posizione di ognuno degli N punti Ps del sistema, ossia che sono note le seguenti N funzioni: Ps = Ps (x1 ; x2 ; :::; xm ; t) ´ Ps (x; t);

s = 1; :::; N :

(4:3)

Nella (4.3) µe stata introdotta una notazione di cui verrµa fatto ampio uso in seguito: con la lettera in grassetto x si intende l'insieme delle variabili x1 ; x2 ; :::; xm . Ovviamente con x_ si potrµa rappresentare l'insieme delle derivate x_ 1 ; x_ 2 ; :::; x_ m . De¯nizione

Se un vincolo non dipende dal tempo µe detto ¯sso o scleronomo; altrimenti

µe detto mobile o reonomo.

72

Esempio Consideriamo un punto vincolato a muoversi su una circonferenza di raggio R; sia µ l'angolo che individua la posizione di P su di essa. Vediamo come, a seconda del caso, questo vincolo (la circonferenza) possa essere o ¯sso o mobile. Caso I. Supponiamo che la circonferenza, il cui piano coincide col piano Oxy, sia ¯ssata con il centro C ¯ssato nel punto dell'asse x di ascissa d. Chiaramente, in questo caso il vincolo µe ¯sso. Osserviamo che la posizione di P µe data da ( x = R cos µ + d y = R sin µ :

(4:4)

Caso II. Supponiamo ora che la circonferenza trasli uniformemente con velocitµa vo i con il centro C che si muove percorrendo l'asse x. In questo caso la circonferenza µe mobile e quindi anche il vincolo lo µe. Supposto che all'istante t=0 si abbia C´O, l'ascissa di C sull'asse x µe v0 t. Di conseguenza la posizione di P sul piano ora µe determinata da ( x = R cos µ + v0 t y = R sin µ :

(4:5)

Il confronto delle (4.4) con le (4.5) porta ad una considerazione molto importante: se il vincolo µe ¯sso, il punto dipende dal tempo t solo attraverso l'angolo µ; se il vincolo µe mobile, il punto, oltre la dipendenza implicita attraverso µ, dipende da t anche esplicitamente. Generalizzando, si puµo a®ermare che la presenza esplicita nella (4:3) della variabile t signi¯ca vincoli mobili nel tempo, mentre la mancanza signi¯ca vincoli ¯ssi. De¯nizione

Un sistema meccanico si dice scleronomo se tutti i suoi vincoli sono sclero-

nomi; altrimenti µe detto reonomo. Osservazione: un sistema libero µe un sistema scleronomo. De¯nizione

Un vincolo si dice interno se µe dovuto a punti del sistema, esterno se µe dovuto

a punti non appartenenti al sistema. Esempio Consideriamo un anello puntiforme vincolato a scorrere lungo un'asta. Caso I: il sistema materiale sia costituito dal solo anello. L'asta non fa parte del sistema meccanico e quindi il vincolo che agisce sull'anello µe esterno. Caso II: il nostro sistema materiale µe costituito dall'anello e dall'asta. In questo caso l'asta esercita sull'anello un vincolo interno (cosµ³ come l'anello sull'asta). 73

I vincoli analiticamente si traducono in equazioni o disequazioni che devono essere soddisfatte dai parametri xk . De¯nizione

Un vincolo si dice bilaterale se µe espresso da un'equazione, unilaterale se µe

espresso da una disequazione. Esempio Anche in questo caso un esempio puµo essere d'aiuto a capire la di®erenza fra i due tipi di vincolo. Caso I. Consideriamo un punto materiale vincolato a muoversi all'interno o sulla super¯cie di una sfera di raggio R. Adottati come parametri xi le coordinate cartesiane x, y e z di P rispetto ad una terna Oxyz con O coincidente col centro della sfera, il vincolo µe espresso dalla disequazione x2 + y 2 + z 2 · R 2 ; e pertanto si tratta di un vincolo unilaterale. Caso II. Se invece il punto µe vincolato a muoversi sulla super¯cie della sfera, il vincolo µe espresso dall'equazione x2 + y 2 + z 2 = R 2 : Dunque, in questo caso il vincolo µe bilaterale. L'equazione che segue generalizza l'equazione appena vista: F (x1 ; x2 ; : : : ; xm ; t) = 0 :

(4:6)

Un vincolo bilaterale con un'espressione analitica del tipo (4.6) µe detto vincolo ¯nito. 4.5 Numero di gradi di libertµ a Come abbiamo visto, ciascun vincolo bilaterale ¯nito comporta una relazione d'uguaglianza tra due o piµ u parametri xi . Di conseguenza, supposto che sul sistema meccanico agiscano r vincoli del tipo (4.6), questo signi¯ca che r parametri xi sono esprimibili in funzione dei rimanenti n=m¡r, e che pertanto non µe necessario usare tutti gli m parametri inizialmente introdotti, ma soltanto n che siano indipendenti. Per meglio capire quanto detto consideriamo un esempio estremamente importante (anche ai ¯ni degli esercizi). Esempio: il puro rotolamento. Consideriamo una ruota che rotola senza strisciare su una rotaia rettilinea che assumiamo come asse x. Sia Oxy il piano nel quale avviene il moto. Indichiamo con µ (crescente nel verso antiorario) l'angolo di rotazione della ruota e con x l'ascissa del punto M della ruota a contatto con l'asse x (o, equivalentemente, del centro C della ruota). Chiaramente, i 74

due parametri x e µ sono su±cienti ad individuare, qualunque sia il moto della ruota, la posizione della ruota stessa. Tuttavia, se il moto µe di puro rotolamento, la velocitµa di trascinamento di M deve essere nulla. Di conseguenza si ha: v ¿ (M ) =

dC _ £ (¡Rj) = (x_ + Rµ)i _ = 0; + ! £ (M ¡ C) = xi _ + µk dt

da cui l'equazione scalare x_ + Rµ_ = 0. Supposto per semplicitµa x(0)=0 e µ(0)=0, integrando questa equazione si ottiene il vincolo ¯nito x + Rµ = 0 :

(4:7)

In virtµ u di questa relazione tra x e µ µe su±ciente un solo parametro, indi®erentemente x o µ, per individuare la posizione della ruota quando questa rotola senza strisciare. De¯nizione

Si chiama numero di gradi di libertµa di un sistema meccanico il numero dei

parametri che sono necessari e su±cienti ad individuare una qualunque con¯gurazione del sistema. Osserviamo che il fatto che nella de¯nizione si sia detto parametri \necessari" implica pure che essi siano indipendenti. Osserviamo inoltre che la scelta dei parametri µe in generale largamente arbitraria. Ritornando alla ruota che rotola senza strisciare sulla rotaia, essa ha 1 grado di libertµa. Se invece la ruota rotola e striscia, allora non sussistendo piµ u la relazione (4.7), i parametri x e µ sono indipendenti e la ruota ha 2 gradi di libertµa. 4.6 Parametri lagrangiani e sistemi olonomi D'ora in poi indicheremo sempre con n il numero di gradi di libertµa del sistema e con q1 ; q2 ; :::; qn gli n parametri indipendenti scelti. A questi ci riferiremo come parametri o coordinate lagrangiane. Le loro derivate q_i saranno chiamate velocitµa generalizzate. Il numero di gradi di libertµa µe massimo se il sistema meccanico µe un sistema libero : ad esempio, per un punto si ha n=3, per due punti n=6, per un corpo rigido libero n=6, per un'asta rigida n=5. Se invece il sistema ha dei vincoli ¯niti, il numero di gradi di libertµa diminuisce. Esempi tipici sono un corpo rigido con un punto ¯sso (n=3) o con un asse ¯sso (n=1) o con un asse scorrevole su un asse ¯sso (n=2), un punto vincolato ad una curva (n=1) oppure ad una super¯cie (n=2). 75

De¯nizione

Un sistema meccanico ad n gradi di libertµa con parametri lagrangiani q1 ; q2 ;

: : : ; qn si dice olonomo se non ha vincoli bilaterali del tipo G(q1 ; q2 ; : : : ; qn ; q_1 ; q_2 ; : : : ; q_n ; t) = 0 :

(4:8)

Assumeremo poi che ciascun parametro lagrangiano qi abbia un proprio intervallo di variabilitµa : qi 2 [qi1 ; qi2 ];

i = 1; :::; n ;

(4:9)

con i qi1 che possono anche essere ¡1 ed i qi2 che possono anche essere +1. Una qualunque con¯gurazione C 0 del sistema compatibile con i vincoli sarµa associata ad una n-pla di valori numerici soddisfacenti le (4:9), per cui dovrµa essere del tipo C 0 ´ (q10 ; q20 ; :::; qn0 ) ;

qi0 2 [qi1 ; qi2 ] :

u precisamente, tale punto appartiene al sottinsieme C 0 rappresenta un punto in Rn . Piµ chiuso S di Rn de¯nito dal prodotto cartesiano S=

n Y £

i=1

¤ qi1 ; qi2 ;

che chiameremo spazio delle con¯gurazioni del sistema meccanico. Ogni moto del sistema nell'intervallo di tempo (t1 ; t2 ) sarµa rappresentato dal moto del punto ¡ ¢ C(t) ´ q1 (t); q2 (t); :::; qn (t) ´ q(t)

all'interno di S, dove descriverµa una traiettoria di estremi C(t1 ) e C(t2 ). Se qi (t) = qi1 oppure qi (t) = qi2 , diremo che qi ha, all'istante t, un valore estremale. Come si µe convenuto, d'ora in poi n indicherµa il numero dei gradi di libertµa del sistema meccanico in questione. Analogamente possiamo convenire di indicare con N il numero dei punti materiali costituenti il sistema. 4.7 Altri esempi di vincoli 1) Punto vincolato ad una super¯cie ¯ssa (n = 2) L'equazione della super¯cie µe del tipo f (x; y; z) = 0 ; che costituisce un vincolo ¯nito scleronomo bilaterale.

76

2) Sistema costituito da due particelle P1 e P2 collegate da un'asta rigida (n = 5) Supposto che l'asta abbia lunghezza ` e che P1 ´ (x1 ; y1 ; z1 ) e P2 ´ (x2 ; y2 ; z2 ), l'equazione del vincolo µe della forma (x1 ¡ x2 )2 + (y1 ¡ y2 )2 + (z1 ¡ z2 )2 = `2 : Anche in questo caso si tratta di un vincolo ¯nito scleronomo bilaterale. 3) Punto mobile in una stanza (n = 3) Assunto Oxyz come sistema di riferimento, con O coincidente con un \vertice" ed assi coincidenti con gli spigoli uscenti da O ed indicate con a, b, c le dimensioni della stanza, allora le coordinate x; y; z di P devono soddisfare i seguenti sei vincoli ¯niti unilaterali: 8 0·x·a > > < 0·y·b > > : 0 · z · c:

4) Il pattino (n = 3)

Si tratta del sistema costituito da due particelle P1 e P2 collegate da un'asta di lunghezza costante ` e vincolate a muoversi in un piano in modo che la velocitµa del punto medio dell'asta abbia la direzione dell'asta. Supponendo P1 = (x1 ; y1 ; z1 ) e P2 = (x2 ; y2 ; z2 ) e supponendo che il moto avvenga nel piano xy, i vincoli sono i seguenti : 8 z1 = 0 > > > > > < z2 = 0

(x1 ¡ x2 )2 + (y1 ¡ y2 )2 = `2 > > > > x_ + x_ 2 y_ 1 + y_ 2 > : 1 = : x1 ¡ x2 y1 ¡ y2 Si tratta di un sistema meccanico soggetto a tre vincoli ¯niti (le prime tre equazioni) e ad un vincolo del tipo (4.8) (l'ultima equazione). Di conseguenza questo costituisce un esempio di sistema non olonomo.

Nel seguito considereremo solo sistemi olonomi e scleronomi. L'ipotesi di olonomia ci garantirµa non solo l'indipendenza dei parametri lagrangiani qi , ma anche quella delle velocitµa generalizzate q_i , e di conseguenza quella dei dqi . L'ipotesi di vincoli ¯ssi, invece, ci permetterµa di scrivere la (4.3) senza il tempo t. Potremo quindi sempre scrivere: Ps = Ps (q1 ; q2 ; : : : ; qn ) ; n ³ X @Ps ´ vs = q_i ; @qi i=1 dPs =

n ³ X @Ps ´ dqi : @qi i=1

77

(4:10) (4:11) (4:12)

4.8 Spostamenti in¯nitesimi Introduciamo ora i concetti di spostamento in¯nitesimo reale e spostamento virtuale che giocheranno un ruolo fondamentale in argomenti molto importanti che svilupperemo nel seguito. Si tratta di concetti non banali, legati alla nozione matematica di "in¯nitesimo". Una grandezza costituisce un "in¯nitesimo" quando, facendone un opportuno limite, essa tende a zero. Operativamente, per sempli¯care le cose, gli in¯nitesimi possono essere trattati come quantitµa ¯nite "arbitrariamente piccole". In quest'ottica, il di®erenziale dx della variabile spaziale x puµo essere visto come un incremento (positivo o negativo) estremamente piccolo di x. Analogamente il di®erenziale dt della variabile tempo t puµo essere riguardato come un intervallo molto piccolo di tempo. Consideriamo un sistema meccanico ad n gradi di libertµa con parametri lagrangiani q1 ; q2 ; :::; qn . Posto qk0 =qk (0) e q_k0 =q_k (0), con k=1; 2; : : : ; n, allora la n-pla (q10 ; :::; qn0 ) rappresenta la con¯gurazione C0 del sistema all'istante t0 e (q_10 ; :::; q_n0 ) la n{pla delle velocitµa generalizzate nel medesimo istante. In virtµ u della (4.10) la posizione di P all'istante t0 µe data da P0 = P (q10 ; q20 ; : : : ; qn0 ) = P (C0 ) : Diamo ora due de¯nizioni fondamentali: De¯nizione

Si de¯nisce spostamento in¯nitesimo reale del punto P il vettore dP = v 0 dt ;

essendo v0 la velocitµa di P all'istante t0 . De¯nizione

Si de¯nisce spostamento in¯nitesimo virtuale, o piµ u semplicemente spostamento

virtuale, ogni vettore ±P del tipo ±P = v 0 dt ; essendo v 0 una qualunque velocitµa del punto P consentita dai vincoli nella posizione P0 all'istante t0 . A questo punto sono necessarie alcune considerazioni. a)

µ detto spoMatematicamente, dP µe il di®erenziale della funzione P (t) all'istante t0 . E

stamento in¯nitesimo \reale" in quanto costituisce la parte principale dello spostamento in¯nitesimo e®ettivo ¢P = P (t0 + dt) ¡ P (t0 ) a cui il punto dµa luogo nell'intervallo di tempo (t0 ; t0 + dt).

78

b)

Uno spostamento virtuale µe uno spostamento ¯ttizio, ipotetico, ma compatibile con i vincoli,

che immaginiamo di far compiere al punto P all'istante t0 . Gli spostamenti virtuali costituiscono, come avremo ampiamente occasione di veri¯care in seguito, un arti¯cio analitico estremamente utile. c)

La velocitµa v 0 di P all'istante t0 , che µe fornita dalla (4.11) calcolando le derivate

all'istante t0 , ha la seguente espressione: v0 =

n ³ X @P ´ k=1

d)

@qk

(C0 )

q_k0 :

Una qualunque velocitµa v 0 di P consentita dai vincoli all'istante t0 ha ovviamente la

stessa espressione di v 0 , ma con le q_k qualunque: v0 =

n ³ X @P ´

k=1

De¯nizione

@qk

(C0 )

q_k :

Uno spostamento virtuale ±P si dice invertibile se anche ¡±P µe uno sposta-

mento virtuale; altrimenti esso µe detto non invertibile. µ importante sottolineare il fatto che, perch¶e uno spostamento virtuale ±P sia non inverE tibile, occorre che almeno uno dei parametri qi nella con¯gurazione occupata dal sistema meccanico all'istante t0 abbia un valore estremale e che il corrispondente ±qi sia diverso da zero. Supponiamo, per esempio, che sia q1 (t0 ) = q11 e ±q1 > 0. Ovviamente lo spostamento ¡±P implicherebbe ¡±q1 , e quindi si verrebbe ad avere q1 = q11 ¡ ±q1 < q11 , il che non µe lecito. De¯nizione

Uno spostamento non consentito ± ¤ P ´ (Q ¡ P ) si dice totalmente o

parzialmente proibito a seconda che non esista od esista uno spostamento virtuale ±P che avvicini P a Q. Osservazione Uno spostamento parzialmente proibito puµo scriversi come somma di uno spostamento totalmente proibito e di uno virtuale ± ¤ P = ±1¤ P + ±P : Consideriamo l'esempio di un punto appoggiato ad un piano. Lo spostamento normale al piano ±1¤ = (Q0 ¡P ) µe totalmente proibito, mentre lo spostamento obliquo (Q ¡ P ) µe parzialmente proibito in quanto mi posso avvicinare a Q con lo spostamento virtuale ±P =(Q" ¡ P ). 79

Vediamo ora come le nozioni date per un singolo punto P si estendono al sistema meccanico di cui esso fa parte. I parametri lagrangiani siano q1 ; q2 ; :::; qn . Supponiamo che il sistema meccanico sia costituito di N punti Ps . Naturalmente lo spostamento in¯nitesimo di un sistema meccanico µe de¯nito dagli spostamenti in¯nitesimi di tutti i suoi punti. Per indicare uno spostamento virtuale si potrebbe dunque scrivere ±C ´ (±P1 ; ±P2 ; : : : ; ±PN ) : Ma tutti i ±Ps sono individuati dalla n¡pla (±q1 ; ±q2 ; :::; ±qn ). Di conseguenza si ha ±C ´ (±q1 ; ±q2 ; : : : ; ±qn ) : De¯nizione

Uno spostamento virtuale ±C di un sistema meccanico µe invertibile se lo µe lo

spostamento di ciascun suo punto Ps . Questo signi¯ca che, dato uno spostamento ±C invertibile a partire da una con¯gurazione C0 ´ (q10 ; :::; qn0 ), nessun qk0 corrispondente ad un ±qk non nullo ha un valore estremale. Al contrario, se ±C µe non invertibile, questo signi¯ca che ad almeno uno dei ±qk diversi da zero corrisponde qk0 estremale.

4.9 Con¯gurazioni interne e di con¯ne De¯nizione

C0 = (q10 ; q20 ; : : : ; qn0 ) µe una con¯gurazione interna per il sistema meccanico

se ogni spostamento virtuale del sistema a partire da C0 µe invertibile. De¯nizione

C0 = (q10 ; q20 ; : : : ; qn0 ) µe una con¯gurazione di con¯ne se esiste almeno uno

spostamento virtuale del sistema a partire da C0 che µe non invertibile. In base a quanto a®ermato in precedenza si puµo dire che, a±nchµe una con¯gurazione C0 sia interna occorre che nessuno dei qi0 , i = 1; :::; n, sia estremale. Se invece almeno uno dei qi0 ha un valore estremale, allora C0 µe di con¯ne. Consideriamo i due esempi seguenti. i) punto P (x; y; z) libero, per cui ¡1 > > > > > y(t0 ; C1 ; C2 ; C3 ; C4 ; C5 ; C6 ) = y0 ; > > > > > < z(t0 ; C1 ; C2 ; C3 ; C4 ; C5 ; C6 ) = z0 ;

> > x(t _ 0 ; C1 ; C2 ; C3 ; C4 ; C5 ; C6 ) = v0x ; > > > > > > y(t _ 0 ; C1 ; C2 ; C3 ; C4 ; C5 ; C6 ) = v0y ; > > > : z(t _ 0 ; C1 ; C2 ; C3 ; C4 ; C5 ; C6 ) = v0z :

(5:7)

Ovviamente, determinate le costanti Ci e sostituite nelle (5:6) si ottengono le tre funzioni x = x(t), y = y(t) e z = z(t) che rappresentano il moto del punto P. 5.4 Moto di un punto vincolato Esaminiamo ora alcuni possibili casi di punto vincolato. Nel caso di punto vincolato od appoggiato ad una super¯cie, per sempli¯care le cose, si considera un piano. a) Punto vincolato ad un piano liscio ¦. In questo caso il problema ha due gradi di libertµa: siano x e y le coordinate del punto P rispetto ad un sistema Oxyz con il piano xy coincidente con ¦. Essendo il vincolo liscio, la reazione vincolare µe normale al piano e quindi µe 106

diretta lungo k, per cui © = ©k. Posto F = Fx i+ Fy j + Fz k ed a(P ) = x Äi + yÄj, l'equazione di Newton, proiettata su i, j e k fornisce il seguente sistema di tre equazioni scalari: 8 mÄ x = Fx (x; _ y; _ x; y; t) > > < mÄ y = Fy (x; _ y; _ x; y; t) > > : 0 = Fz (x; _ y; _ x; y; t) + © :

(5:8a) (5:8b) (5:9)

Chiaramente le due equazioni (5:8), non contenendo la reazione vincolare ©, costituiscono le equazioni di®erenziali del moto. Abbinando ad esse le condizioni iniziali x0 = x(t0 ), _ 0 ), y_ 0 = y(t _ 0 ), si ottiene il problema di Cauchy la cui soluzione fornisce y0 = y(t0 ), x_ 0 = x(t il moto di P, vale a dire x = x(t); y = y(t). L'equazione (5:9) fornisce la reazione vincolare ©. Una volta che il moto di P µe stato determinato, © µe nota in funzione del tempo. b) Punto appoggiato ad un piano liscio ¦. Le equazioni (5.8) sono ancora le equazioni del moto, mentre la (5.9) fornisce sempre la reazione vincolare. In questo caso, perµo, preso il versore k orientato nel verso in cui puµo avvenire il distacco, si deve aggiungere la condizione © ¸ 0; che deve essere veri¯cata in ogni istante in cui il punto P µe appoggiato a ¦. Se accade che ©(t¤ ) = 0 e ©(t) < 0 per t > t¤ , ciµo signi¯ca che all'istante t¤ P si stacca da ¦. Di conseguenza, per t > t¤ il problema non µe piµ u lo stesso: ora P µe libero ! c) Punto vincolato ad una curva liscia °. Ora il problema ha un grado di libertµa: sia s l'ascissa curvilinea di P su °. Considerata la terna di versori t, n e b intrinseca a °, essendo la reazione vincolare normale a °, si ha © = ©n n + ©b b. Posto F = Ft t + Fn n + Fb b, l'equazione di Newton, proiettata su t, n e b fornisce le seguenti tre equazioni scalari: 8 mÄ s = Ft (s; s; _ t) > > < ms_ 2 = Fn (s; s; _ t) + ©n > > : 0 = Fb (s; s; _ t) + ©b :

(5:10) (5:11) (5:12)

L'equazione (5:10), non contenendo le reazioni vincolari scalari ©n e ©b , costituisce l'equazione di®erenziale del moto. Associando ad essa le condizioni iniziali s0 = s(t0 ), v0 = s(t _ 0 ), si ottiene il problema di Cauchy la cui soluzione fornisce il moto di P, cioµe la legge oraria s = s(t). Le equazioni (5.11) e (5.12), nota s(t), forniscono ©(t). 107

5.5 Equilibrio di un punto De¯nizione

Si dice che P0 µe posizione d'equilibrio per il punto P , se P , posto in quiete

in P0 all'istante t0 , vi rimane per ogni t > t0 . Osserviamo subito che dire che P0 µe posizione d'equilibrio di P equivale ad a®ermare che l'equazione del moto di P ammette la soluzione costante (o stazionaria) P (t) ´ P0 . Chiediamoci ora quanto segue: posto il punto P in una generica posizione P0 con velocitµa v 0 = 0, cosa fa P ? Teorema

(noto come legge del \moto incipiente").

Se R(P0 ) 6= 0 il punto si mette in moto nella direzione e verso di R(P0 ). Questo teorema, che non dimostriamo, dice che un punto in quiete in un dato istante si mette in moto concordemente con la forza risultante agente su di esso in quell'istante (purchµe non nulla). Teorema

C.N.S. perch¶e P0 sia posizione d'equilibrio per il punto P µe che R(P0 ) = F (P0 ) + ©(P0 ) = 0 :

(5:13)

Dimostrazione. C.N.

Sia P0 posizione d'equilibrio per P . Dunque, posto P in P0 con velocitµa v 0 nulla,

vi rimane. Di conseguenza, si ha v(t) ´ 0 per t > t0 , e quindi anche a(t) ´ 0. L'equazione di Newton comporta allora R(P0 ) = 0, o equivalentemente, F (P0 ) + ©(P0 ) = 0. C.S.

Sia R(P0 ) = 0. Per sapere se P posto in P0 all'istante t0 con velocitµa nulla vi

rimane, andiamo a studiare il relativo problema di Cauchy. Se questi ammette come soluzione la soluzione costante P (t) ´ P0 , essendo questa unica, avremo dimostrato che il punto rimane in P per ogni t > t0 . Il problema di Cauchy (5:3) ora µe il seguente: 8 ma = R(P ) > > < P (t0 ) = P0 > > : v(t0 ) = 0:

(5:14)

Chiaramente, essendo R(P0 ) = 0, P (t) = P0 µe soluzione. Commento Questo teorema µe molto importante in quanto dice che le posizioni d'equilibrio per il punto P sono date da tutte e sole le soluzioni P0 dell'equazione (5:13) 108

5.6 Casi possibili di equilibrio di un punto L'equazione vettoriale (5:13) µe sempre equivalente a tre equazioni scalari in tre incognite scalari : gli n parametri che determinano la posizione di P , n · 3, e le (3 ¡ n) componenti della reazione vincolare. Esaminiamo il problema dell'equilibrio di un punto in alcuni casi speci¯ci, giµa studiati, per quanto concerne il moto, nei paragra¯ (5:3) e (5:4). Teniamo presente che ora, dovendoci occupare d'equilibrio, le forze sono posizionali. a) Punto libero. In questo caso l'equazione (5:13) proiettata sugli assi fornisce il seguente sistema di tre equazioni scalari nelle incognite x, y e z : 8 Fx (x; y; z) = 0 > > < Fy (x; y; z) = 0 > > : Fz (x; y; z) = 0:

(5:15)

Tutte e sole le soluzioni (x¤ ; y¤ ; z ¤ ) di questo sistema costituiscono le posizioni d'equilibrio del punto P . Se il punto non µe libero, ma µe soggetto a vincoli unilaterali (per esempio un punto in una stanza), allora sono posizioni d'equilibrio solo le soluzioni che appartengono al dominio di variabilitµa delle coordinate. Naturalmente, ad esse vanno poi aggiunte eventuali altre posizioni d'equilibrio di con¯ne. b) Punto vincolato ad un piano liscio. L'equazione (5:13) proiettata sui versori i, j e k fornisce il seguente sistema di tre equazioni scalari nelle incognite x, y e ©: 8 Fx (x; y) = 0 > > < Fy (x; y) = 0 > > : Fz (x; y) + © = 0 :

(5:16)

Chiaramente, mentre le prime due equazioni forniscono le posizioni d'equilibrio (x¤ ; y ¤ ), la terza equazione fornisce la reazione vincolare ©. Sottolineiamo il fatto che © va calcolata in ciascuna posizione d'equilibrio (ovviamente dopo che queste sono state determinate). c) Punto appoggiato ad un piano liscio. Il sistema che fornisce l'equilibrio del punto µe ancora (5.16), perµo con la condizione © ¸ 0, condizione che assicura che il punto sia appoggiato. Ciµo implica che fra tutte le soluzioni (x¤ ; y ¤ ) del sistema costituito dalle prime due equazioni di (5.16), soltanto quelle per le quali Fz (x¤ ; y ¤ ) · 0 rappresentano posizioni d'equilibrio. 109

d) Punto vincolato ad una curva liscia. L'equazione (5:13) proiettata sui versori della terna intrinseca t, n e b dµa le tre seguenti equazioni scalari nelle incognite s, ©n e ©b : 8 Ft (s) = 0 > > < Fn (s) + ©n = 0 > > : Fb (s) + ©b = 0

La prima equazione fornisce le posizioni d'equilibrio s¤ , la seconda e la terza equazione forniscono la reazione vincolare © in corrispondenza di ogni posizione d'equilibrio. e) Punto ¯sso. In questo caso non ci sono posizioni d'equilibrio da calcolare. L'equazione (5:13) permette tuttavia il calcolo della reazione vincolare. Se il punto µe ¯ssato in P0 di coordinate (x0 ; y0 ; z0 ), posto © = ©x i + ©y j + ©z k, si ha il sistema 8 Fx (x0 ; y0 ; z0 ) + ©x = 0 > > < Fy (x0 ; y0 ; z0 ) + ©y = 0 > > : Fz (x0 ; y0 ; z0 ) + ©z = 0;

di immediata soluzione rispetto alle incognite ©x , ©y e ©z . 5.7 Punto soggetto a vincolo scabro: relazioni di Coulomb Consideriamo un punto soggetto ad un vincolo con attrito. Ora, di®erentemente dal caso di vincolo liscio, la reazione vincolare © ha anche una componente tangente al vincolo. Il vettore © puµo dunque scriversi come © = ©t + ©n , cioµe come somma di due componenti l'una tangente al vincolo e l'altra normale. L'esperienza ha portato Coulomb a formulare due relazioni, una valida in statica, l'altra in dinamica, che legano ©t a ©n . Relazione statica: j©t j · fs j©n j

(5:17)

v jvj

(5:18)

Relazione dinamica: ©t = ¡fd j©n j

(se v 6= 0)

I coe±cienti fs e fd , che sono detti coe±cienti d'attrito statico e d'attrito dinamico, sono legati dalla relazione fd · fs e dipendono dalla natura del punto materiale e del vincolo. Le relazioni (5.17) e (5.18) vanno aggiunte rispettivamente all'equazione dell'equilibrio (5.13) o all'equazione di Newton a seconda che siamo in statica o in dinamica. Osserviamo che mentre la relazione statica fornisce semplicemente una disuguaglianza fra i moduli delle 110

due componenti, la relazione dinamica non solo lega il modulo di ©t a quello di ©n , ma ne fornisce la direzione (quella della velocitµa) ed il verso (opposto a quello in cui il punto si muove). La diseguaglianza (5.17) porta, in generale, ad in¯nite posizioni d'equilibrio. Fra queste ci sono ovviamente quelle che si avrebbero se il vincolo fosse liscio. 5.8 Quantitµ a di moto ed energia cinetica di un punto De¯nizione

Si chiama quantitµa di moto del punto materiale (P; m) rispetto ad un dato

sistema di riferimento il vettore Q = mv : Nell'ipotesi di massa costante, siccome ma = essere cosµ³ riscritta:

d(mv) dQ = , l'equazione di Newton puµo dt dt

dQ = F + ©: dt

(5:20)

Questa equazione, a cui ci si riferisce come all'equazione della quantitµa di moto, vale perµo anche nel caso di massa variabile. Concettualmente essa µe molto diversa dalla legge di Newton: infatti, mentre quest'ultima esprime il legame tra forze e variazione istantanea di velocitµa, la (5:20) lega le forze alla variazione istantanea della quantitµ a di moto. Molti autori interpretano la legge di Newton come caso particolare dell'equazione della quantitµa di moto, ma qui si preferisce non entrare in disquisizioni circa quale delle due venga prima. De¯nizione

Si dice energia cinetica di un punto materiale (P; m) rispetto ad un dato

sistema di riferimento Oxyz la grandezza scalare T =

1 1 mv 2 = ms_ 2 : 2 2

(5:21)

Ovviamente v µe la velocitµa di P rispetto all'osservatore Oxyz. L'energia cinetica T , che non µe mai negativa, puµo essere scritta immediatamente anche usando le coordinate cartesiane: T =

1 m(x_ 2 + y_ 2 + z_ 2 ) : 2

5.9 Teoremi delle forze vive e di conservazione dell'energia Teorema delle forze vive (o dell'energia cinetica):

Il lavoro in¯nitesimo (o ¯nito) compiuto

da tutte le forze applicate ad un punto µe uguale alla variazione in¯nitesima (o ¯nita) di energia cinetica. 111

Sia dL ´ dL + d½ il lavoro in¯nitesimo di tutte le forze applicate al punto, sia attive che vincolari. Dimostriamo che dL = dT :

(5:22)

Si ha infatti ³ dv ´ dv ¢ v dt = dL = F ¢ dP + © ¢ dP = R ¢ dP = ma ¢ dP = m ¢ v dt = m dt dt ¡ ¢ ´ ³1 d 1 mv 2 d ³ v2 ´ =m dt = 2 dt = d mv 2 = dT : dt 2 dt 2 Consideriamo ora uno spostamento di P ¯nito relativo ad un intervallo di tempo (t0 ; t). Il lavoro ¯nito L si ottiene integrando la (5:22) sull'intervallo suddetto. Tenendo conto che dT µe il di®erenziale della funzione T , posto T = T (t) e T0 = T (t0 ), si ha L = T ¡ T0 ;

(5:23)

col che il teorema µe dimostrato. De¯nizione

Si chiama energia potenziale di un punto materiale soggetto ad un sistema

conservativo di forze la funzione V (x; y; z) = ¡U (x; y; z) : De¯nizione

Si chiama energia meccanica totale di un punto materiale soggetto ad un

sistema conservativo di forze la somma dell'energia cinetica T e dell'energia potenziale V . Vale il seguente importantissimo Teorema di conservazione dell'energia

L'energia meccanica totale di un punto materiale

libero, oppure vincolato con vincolo scleronomo liscio, soggetto ad una forza attiva (risultante) conservativa, rimane costante durante il moto, ossia T ¡U =T +V =E: Dimostrazione.

(5:24)

Sia U (P ) il potenziale delle forze applicate al punto P . Osserviamo che dL = R ¢ dP = F ¢ dP + © ¢ dP = dL + d½ = dL ;

in quanto il lavoro d½ della reazione vincolare, se c'µe, µe nullo (come si µe visto alla ¯ne del precedente capitolo nel caso di vincoli scleronomi perfetti). In virtµ u della (5:22) si ha quindi dL = dT e, grazie al fatto che la forza attiva applicata a P µe conservativa, si ha anche dL = dU : Ne consegue perciµ o dT = dU ; e quindi, integrando,

ossia

d(T ¡ U ) = 0 ;

T ¡ U = cost = E : 112

La costante E µe determinata dalle condizioni iniziali: E = T0 ¡ U0 ;

T0 =

1 mv 2 ; 2 0

U0 = U (P0 ) :

(5:25)

Osservato che questo teorema giusti¯ca il nome di forze \conservative", sottolineiamo il fatto che la relazione (5:24), poich¶e esprime un legame fra le funzioni x(t), y(t), z(t) e le loro derivate x(t), _ y(t), _ z(t), _ costituisce un'equazione di®erenziale del I± ordine. Avendo le stesse incognite di una equazione del moto, se ci farµa comodo, potremo utilizzarla al posto di una delle equazioni del moto. Ritorneremo sull'argomento un po' piµ u avanti quando si parlerµa degli integrali primi. Se alcune delle forze applicate al punto fanno si che la forza risultante non sia conservativa, allora indicando con Lr il lavoro ¯nito compiuto da tali forze, si ha (T + V ) ¡ (T0 + V0 ) = Lr :

(5:26)

Se Lr < 0, le forze si "oppongono" al moto e per questo sono dette resistenti. Pertanto, in questo caso, la (5.26) equivale ad a®ermare che se un punto µe soggetto a forze resistenti, durante il moto la sua energia meccanica totale diminuisce di una quantitµa uguale a quella dissipata da tali forze. 5.10 Momento della quantitµ a di moto di un punto De¯nizione

Si chiama momento della quantitµa di moto (o momento angolare) di un punto P

di massa m rispetto al polo O1 (e ad un dato osservatore Oxyz) il vettore K(O1 ) = mv £ (O1 ¡ P );

(5:27)

essendo v la velocitµa di P rispetto ad Oxyz. Se O1 ´ O la forma cartesiana di K(O) µe la seguente: K(O) = m(xi _ + yj _ + zk) _ £ (¡xi ¡ yj ¡ zk) = = m(y z_ ¡ yz)i _ + m(z x_ ¡ zx)j _ + m(xy_ ¡ xy)k _ :

(5:28)

Vale il seguente Teorema

Se il polo O1 µe ¯sso rispetto ad Oxyz, si ha dK(O1 ) = −(O1 ) + ª(O1 ) ; dt

(5:29)

con −(O1 ) e ª(O1 ) momento risultante rispetto ad O1 rispettivamente delle forze attive e delle reazioni vincolari agenti su P . 113

Dimostrazione : ´ ¡ dO1 d³ dP ¢ dK(O1 ) = mv £ (O1 ¡ P ) = ma £ (O1 ¡ P ) + mv £ ¡ ; dt dt dt dt e ricordando la legge di Newton, ed essendo O1 ¯sso e v ´ dP dt , dK(O1 ) = (F + ©) £ (O1 ¡ P ) = −(O1 ) + ª(O1 ) : dt

5.11 Integrali primi del moto di un punto De¯nizione

Si de¯nisce integrale primo del moto del punto P una funzione ' delle sue

coordinate x; y; z, delle componenti x; _ y; _ z_ della sua velocitµa, e del tempo t, che rimane costante durante il moto. In altre parole, in ogni istante t si ha '(x(t); y(t); z(t); x(t); _ y(t); _ z(t); _ t) = C ;

(5:30)

dove C µe una costante, x(t), y(t), z(t) sono le leggi del moto di P e x(t), _ y(t), _ z(t) _ le corrispondenti derivate. La costante C si determina attraverso le condizioni iniziali. Un integrale primo del moto µe a tutti gli e®etti equivalente ad una equazione del moto, col vantaggio di essere un'equazione di®erenziale del I± ordine anzich¶e del II± . Per questa ragione gli integrali primi, quando esistono, possono tornare molto utili ai ¯ni dello studio del moto. Vediamo due esempi signi¯cativi di integrali primi collegati con le nozioni di energia totale, di quantitµa di moto e momento della quantitµa di moto introdotte in precedenza. a) Integrale primo dell'energia. La relazione (5:24), che esprime la conservazione dell'energia totale per un punto, fornisce l'integrale primo 1 m(x_ 2 + y_ 2 + z_ 2 ) + V (x; y; z) = E : 2 b) Integrali primi assiali. Si ottengono dall'equazione della quantitµa di moto (5:20) quando il vettore risultante di tutte le forze applicate al punto ha componente sempre nulla lungo uno degli assi. Per esempio, (F + ©) ¢ i = 0

)

dQ ¢i=0 dt

)

dQx =0; dt

per cui Qx = Cx ;

vale a dire 114

mx_ = Cx = mv0x :

In questo caso si puµo parlare di conservazione della quantitµa di moto lungo l'asse x. Analogamente Q puµo conservarsi lungo gli assi y oppure z. In tali casi si avrebbe my_ = Cy = mv0y

oppure

mz_ = Cz = mv0z :

5.12 Pendolo semplice De¯nizione

Si chiama pendolo semplice o ideale o matematico un punto materiale, soggetto

solo al peso, vincolato senza attrito ad una circonferenza non orizzontale. Indicato con ¼ il piano della circonferenza e con ® l'angolo che ¼ forma col piano orizzontale, assumiamo come sistema di riferimento il sistema Cxyz, con C centro della circonferenza, Ck normale a ¼ ed orientato verso l'alto, Ci e Cj paralleli alle rette di ¼ rispettivamente orizzontali e con la massima pendenza (anche j orientato verso l'alto). d , levogiro rispetto a k (O punto piµ Assumiamo poi come parametro l'angolo µ = OCP u basso della circonferenza).

Volendo scrivere l'equazione di Newton ma = mg + © rispetto alla terna intrinseca t; n; b, b ´ k, scriviamo il peso prima rispetto a Cxyz e poi rispetto alla terna intrinseca. mg = ¡mg sin ® j ¡ mg cos ® k = ¡mg sin ® sin µt ¡ mg sin ® cos µn ¡ mg cos ® k : Pertanto, indicato con ` il raggio della circonferenza e tenuto conto che © µe normale al vincolo, l'equazione di Newton, proiettata su t; n e k, fornisce le tre equazioni scalari seguenti: m`µÄ = ¡mg sin ® sin µ m`µ_ 2 = ¡mg sin ® cos µ + ©n 0 = ¡mg cos ® + ©b : 115

(5:31)

L'equazione (5:31) costituisce l'equazione del moto. Associandole le condizioni iniziali si ottiene il problema di Cauchy relativo al moto del pendolo semplice:

dove si µe posto

8 µÄ + ! 2 sin µ = 0 > > < µ(0) = µ0 > > :_ µ(0) = µ_0 ; g sin ® : `

!2 =

(5:32)

(5:33)

Osservazione: 0 < ® · ¼2 . Se fosse ® = 0, la circonferenza sarebbe orizzontale ed il moto sarebbe uniforme (µ_ = costante), per cui non avremmo piµ u un \pendolo". Lo studio delle soluzioni del problema di Cauchy (5:32) risulta alquanto complicato in quanto esse non sono esprimibili in termini di funzioni elementari. Per via analitica sono facilmente studiabili solo dei particolari moti approssimati detti piccole oscillazioni, ossia dei moti tali che il punto si mantenga sempre cosµ³ vicino alla posizione µ = 0 per cui siano lecite le approssimazioni sin µ ' µ ;

cos µ ' 1 :

Osserviamo che la posizione µ = 0 non µe una posizione qualunque, ma rappresenta una delle due posizioni d'equilibrio del pendolo. Infatti, l'equazione che fornisce le posizioni d'equilibrio, che si ottiene semplicemente uguagliando a zero il secondo membro di (5:31), µe data da ¡mg sin ® sin µ = 0 ; da cui le due posizioni d'equilibrio µ1 = 0 e µ2 = ¼. Ma non µe tutto: µ1 µe posizione d'equilibrio stabile, mentre µ2 µe posizione d'equilibrio instabile. Piµ u innanzi si vedrµa cosa questo signi¯chi da un punto di vista matematico. Fisicamente, nel caso di una posizione d'equilibrio stabile le forze tendono a far rimanere inde¯nitamente il punto in un intorno di tale posizione, mentre nel caso di una instabile le forze tendono ad allontanarlo. Dunque, nell'ipotesi di piccole oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio stabile µ = 0, l'equazione del moto diventa µÄ + ! 2 µ = 0 ; il cui integrale generale µe dato da µ(t) = C cos(!t + °) : 116

(5:34)

Le costanti arbitrarie C (ampiezza) e ° (fase iniziale) si determinano imponendo le condizioni iniziali, il che porta al sistema (

µ0 = C cos ° µ_0 = ¡!C sin ° :

Risolvendo il sistema si ottiene

C=

s

µ02 +

µ_02 ; !2

8 ³ µ_ ´ 0 > > arctan ¡ > > !µ0 > > > > ³ µ_ ´ > 0 < +¼ arctan ¡ °= !µ0 > > ¼ > > ¡ > > 2 > > > : ¼ + 2

se µ0 > 0 se µ0 < 0

(5:35)

se µ0 = 0 e µ_0 > 0 se µ0 = 0 e µ_0 < 0 :

Dunque il punto, spostato di \poco" dalla posizione di equilibrio stabile µ = 0 e con una velocitµa su±cientemente piccola, descrive delle oscillazioni periodiche di ampiezza C intorno a tale posizione. Il periodo di queste oscillazioni, ricordando la posizione (5:33), vale 2¼ = 2¼ T = !

s

` : g sin ®

(5:36)

Osserviamo che T non dipende dall'ampiezza C. Questo fatto, che si esprime dicendo che le piccole oscillazioni del pendolo sono isocrone, fu osservato per la prima volta da Galileo ed µe noto come la legge dell'isocronismo del pendolo. I moti generici del pendolo semplice possono essere studiati qualitativamente mediante il teorema di Weierstrass, che in questo corso non trattiamo. Ci limitiamo solo a riportare i risultati di un tale studio. Il tipo di moto del pendolo semplice dipende dalle condizioni iniziali. Piµ u precisamente, dipende dal valore E dell'energia meccanica totale e dal suo rapporto con il valore massimo Vmax dell'energia potenziale. Prescindendo dai possibili casi di quiete, si hanno i tre casi seguenti: a) E > Vmax : il punto si muove sulla circonferenza sempre nello stesso verso con velocitµa che non si annulla mai. Per questa ragione spesso si parla di moto rivolutivo. b) E = Vmax :

il moto µe asintotico verso la posizione (d'equilibrio instabile) µ = ¼.

c) E < Vmax : il moto µe periodico. 117

Si puµo dimostrare che il potenziale del pendolo semplice vale U (µ) = ¡mgl sin ®(1 ¡ cos µ)

(5:37)

dove la costante arbitraria U ¤ µe stata posta uguale a ¡mgl sin ® in modo che U (0) = 0. Da (5.37) µe facile veri¯care che Vmax = ¡U (¼) = 2mgl sin ®. 5.13 Oscillazioni libere Uno tra i comportamenti temporali piµ u signi¯cativi che un sistema ¯sico puµo esibire µe quello che comporta delle oscillazioni. Questo fenomeno puµo nascere sotto forma di vibrazioni meccaniche, °uttuazioni di carica elettrica sulle armature di un condensatore in un circuito elettrico, il moto in cima ad una colonna di °uido nel tubo di un manometro, ed in molti altri modi. Tuttavia, per rimanere in argomento con la dinamica del punto, consideriamo un punto materiale (P; m) vincolato a muoversi su una retta liscia, che assumiamo come asse Ox. In ogni caso il punto µe soggetto ad una forza elastica (P; ¡k2 xi). Puµo poi essere soggetto anche ad una forza viscosa (P; ¡2mpxi), _ con p > 0, e ad una forza periodica di tipo sinusoidale (P; N cos(−t + ®))i. A seconda delle forze agenti su P , si parla di a)

oscillazioni libere non smorzate, se su P agisce solo la forza elastica;

b)

oscillazioni libere smorzate, se su P agiscono la forza elastica e la forza viscosa;

c)

oscillazioni forzate non smorzate, se su P agiscono la forza elastica e la forza periodica;

d)

oscillazioni forzate smorzate, se su P agiscono tutte tre le forze.

Esaminiamo da vicino i due casi di oscillazioni libere. Oscillazioni libere non smorzate L'equazione del moto di P µe la seguente: mÄ x = ¡k2 x : 2 k Posto ! 2 = , questa equazione di®erenziale del 2± ordine, lineare, omogenea, a coe±cienti m costanti, si puµo riscrivere nella forma x Ä + !2 x = 0 :

(5:38)

L'integrale generale di questa equazione di®erenziale µe giµa stato studiato in occasione dello studio delle piccole oscillazioni del pendolo semplice. L'equazione coincide infatti con la (5:34), ed il suo integrale generale µe dato, come abbiamo giµa visto, da x(t) = C cos(!t + °) ; 118

che rappresenta un moto oscillatorio armonico di ampiezza C e di fase iniziale ° da determinarsi attraverso le condizioni iniziali x0 = x(0) e v0 = x(0). _ Il calcolo di queste due costanti µe giµa stato a®rontato nel precedente paragrafo. Oscillazioni libere smorzate. In questo caso, l'equazione di Newton per il punto P , proiettata sull'asse x, fornisce l'equazione scalare mÄ x = ¡k2 x ¡ 2mpx_ :

(5:39)

k2 , questa equazione di®erenziale, anch'essa del 2± ordine, lineare, m omogenea, a coe±cienti costanti, si puµo riscrivere nella forma Posto, come prima, ! 2 =

x Ä + 2px_ + !2 x = 0 :

(5:40)

Il suo integrale generale puµo assumere tre diverse forme a seconda del segno del discriminante ¢ = p2 ¡ ! 2 dell'equazione caratteristica associata: ¸2 + 2p¸ + ! 2 = 0 :

(5:41)

Distinguiamo dunque i tre casi, e per ciascuno di essi diamo l'integrale generale e i valori delle costanti C e ° in funzione delle condizioni iniziali. p p a) Caso p2 > ! 2 . Le radici ¸1 = ¡p ¡ p2 ¡ ! 2 e ¸2 = ¡p + p2 ¡ !2 di (5:41) sono reali ed entrambe negative. Di conseguenza, posto ¯1 = ¡¸1 e ¯2 = ¡¸2 si ha x(t) = C1 e¡¯1 t + C2 e¡¯2 t ;

(5:42)

che rappresenta l'equazione oraria di un moto aperiodico smorzato. Le costanti C1 e C2 si determinano risolvendo il sistema ½ che fornisce C1 =

C1 + C2 = x 0 ¡¯1 C1 ¡ ¯2 C2 = v0 ;

¯2 x0 + v0 ; ¯2 ¡ ¯1

C2 =

¯1 x0 + v0 : ¯1 ¡ ¯2

b) Caso p2 = ! 2 . Le radici di (5:41) sono ¸1 = ¸2 = ¡p, per cui ¡ ¢ x(t) = C1 + C2 t e¡pt ;

(5:43)

che rappresenta l'equazione di un moto aperiodico con smorzamento critico. Imponendo le condizioni iniziali si ottiene immediatamente C1 = x 0 ;

C2 = px0 + v0 : 119

c) Caso p2 < ! 2 . Le radici di (5:41) sono complesse coniugate e valgono ¸1 = ¡p¡iq; ¸2 = p ¡p + iq, con q = ! 2 ¡ p2 . Ciµo porta all'integrale generale seguente : x(t) = Ce¡pt cos(qt + °) ;

(5:44)

che costituisce l'equazione di un moto oscillatorio smorzato. Le costanti C e ° sono le soluzioni del sistema

½

C cos ° = x0 ¡pC cos ° ¡ qC sin ° = v0 ;

da cui, se x0 > 0, C=

s

x20 +

³ v + px ´2 0 0 ; q

³ v + px ´ 0 0 ° = arctan ¡ : qx0

Osservazioni : { Nei casi a) e b) l'uso del termine \oscillazioni" per descrivere i moti associati alle soluzioni dell'equazione (5:40) µe improprio in quanto il moto non µe oscillatorio. { Caratteristica comune delle oscillazioni libere smorzate µe il fatto che asintoticamente esse tendono a \smorzarsi", vale a dire limt!1 x(t) = 0. { Un punto materiale che si muove su una retta liscia sotto la sola azione di una forza elastica µe spesso detto oscillatore armonico. Un oscillatore armonico ha la notevole proprietµa di esibire solo moti periodici aventi tutti lo stesso periodo indipendentemente dalla loro ampiezza (proprietµa dell'isocronismo, giµa vista per le piccole oscillazioni del pendolo semplice). { Se il punto µe soggetto anche ad una forza viscosa, allora si parla di oscillatore armonico smorzato. 5.14 Moto ed equilibrio relativo Ci occupiamo ora di un argomento estremamente importante della Meccanica, argomento che va sotto il nome di Meccanica relativa del punto. Il problema da risolvere µe il seguente: determinare il moto di un punto materiale (P; m) rispetto ad un osservatore O1 x1 y1 z1 , in moto rispetto ad un osservatore ¯sso Oxyz, noto il moto di O1 x1 y1 z1 rispetto ad Oxyz, nota la forza attiva agente su P rispetto ad Oxyz, e note le condizioni iniziali di P rispetto ad uno dei due osservatori. Nel seguito ci riferiremo a un problema di questo tipo come ad un problema di moto relativo del punto P . 120

Si puµo dimostrare (cosa che omettiamo) il seguente: Teorema

La legge di Newton vale qualunque sia l'osservatore.

Come si ricorderµa, la validitµa della legge di Newton µe stata postulata per i sistemi di riferimento inerziali. Questo teorema estende la sua validitµa a tutti i sistemi di riferimento. Ne consegue che se O1 x1 y1 z1 µe un riferimento non inerziale, potremo sempre scrivere ma1 = R1 ;

(5:45)

con R1 , vettore risultante di tutte le forze agenti su P rispetto ad (O1 ), che µe conveniente scrivere come R1 = F 1 + ©1 ; separando cosµ³ le forze attive e le reazioni vincolari. Ora, mentre µe chiaro che ©1 = © in quanto le reazioni vincolari sono forze dovute a corpi e quindi assolute, non sappiamo quanto vale il vettore risultante F 1 delle forze attive agenti su P rispetto ad (O1 ). Ma F 1 µe facilmente deducibile. Infatti, scritta l'equazione di Newton rispetto all'osservatore assoluto, ma = F + © ; sfruttando il teorema di composizione delle accelerazioni, vi sostituiamo a con a1 + a¿ + ac . Otteniamo cosµ³ l'equazione m(a1 + a¿ + ac ) = F + © ; ossia, ma1 = F ¡ ma¿ ¡ mac + © :

(5:46)

Confrontando ora con ma1 = F 1 + ©1 ; e tenendo conto che © = ©1 , si ha F 1 = F ¡ ma¿ ¡ mac :

(5:47)

Ebbene, posto F ¿ = ¡ma¿ e F c = ¡mac , le forze (P; F ¿ ) e (P; F c ) si chiamano rispetivamente forza di trascinamento e forza di Coriolis. Si puµo dunque a®ermare che la forza attiva risultante rispetto al sistema (O1 ) vale la forza attiva risultante rispetto al sistema (O) piµ u le forze di trascinamento e di Coriolis dovute al moto di (O1 ) rispetto ad (O). 121

Il concetto di forza da noi adottato µe un concetto \relativo": la forza agente su di un punto materiale dipende dall'osservatore. Esiste perµo anche una concezione \assoluta", meno moderna (anche se adottata ancor oggi da molti autori di testi di Meccanica), secondo la quale le forze sono dovute solo a corpi e sono caratterizzate dal fatto di tendere a zero quando le reciproche distanze dei corpi tendono all'in¯nito. In base a questa seconda concezione, poich¶e l'accelerazione a(P ) varia con l'osservatore mentre F non cambia, la legge di Newton vale solo rispetto ad un osservatore inerziale. Per studiare il moto rispetto ad un osservatore non inerziale occorre ancora scrivere l'equazione (5:46), ma questa non µe piµ u l'equazione di Newton. I termini ¡ma¿ e ¡mac , di cui bisogna sempre tenere conto, non sono piµ u dovuti a forze vere ma a forze ¯ttizie, variabili con l'osservatore. Dunque, nelle due concezioni cambia l'interpretazione dei simboli, ma le formule rimangono inalterate. Osserviamo che se l'osservatore ¯sso (O) µe un osservatore inerziale, allora il vettore F nella (5:47) µe dovuto a tutte e sole le forze dovute a corpi, che sono le stesse per qualunque osservatore. Se invece (O) µe un osservatore non inerziale, F µe il risultante, oltre che delle forze dovute a corpi, anche di quelle di trascinamento e di Coriolis dovute al moto di (O) rispetto ad un osservatore inerziale. Dunque, µe sempre conveniente assumere come osservatore ¯sso un osservatore inerziale. Ci si puµo porre anche il problema dell'equilibrio relativo di P . Ovviamente in questo caso il problema deve essere a®rontato direttamente, imponendo che valga la condizione necessaria e su±ciente R1 = F 1 + ©1 = 0 : In virtµ u della (5:47) e tenendo conto che P in equilibrio rispetto ad (O1 ) signi¯ca v 1 = 0, e quindi ac = 2! £ v 1 = 0, e di conseguenza anche F c = 0, l'equazione dell'equilibrio relativo µe la seguente: F + © ¡ ma¿ = 0 :

(5:48)

Una considerazione importante µe la seguente. Si supponga di dover determinare il moto (o l'equilibrio) di un punto P (soggetto ad un dato sistema di forze attive dovute a corpi) rispetto ad un assegnato sistema di riferimento (O) non inerziale. Ebbene, si tratta di un problema di dinamica (o statica) relativa. Infatti, per ottenere il risultante F 1 delle forze attive agenti su P rispetto ad (O), occorre considerare anche le forze di trascinamento e di Coriolis dovute al moto di (O) rispetto ad un osservatore inerziale. 122

Il caso piµ u semplice, ma nondimeno signi¯cativo, di moto relativo si ha quando il sistema relativo (O1 ) trasla. In questo caso la forza di trascinamento agente sul punto materiale (P; m) ha vettore F ¿ = ¡m

d2 O1 ; dt2

mentre la forza di Coriolis µe chiaramente nulla. Se si considera un sistema di N punti materiali (Ps ; ms ), allora le forze di trascinamento µ costituiscono un sistema di forze parallele concordi (Ps ; ¡ms a(O1 )), e quindi con centro. E P facile veri¯care che tale centro coincide col baricentro. Di conseguenza, posto M = s ms ,

vale il seguente Teorema

Il sistema delle forze di trascinamento agenti su un sistema di punti rispetto ad

un riferimento (O1 ) traslante µe equivalente ad un'unica forza di vettore F ¿ = ¡M a(O1 ), con asse centrale parallelo ad a(O1 ) e passante per G. 5.15 Forza centrifuga Consideriamo ora la forza di trascinamento agente su di un punto P : (P; F ¿ = ¡ma¿ ). Indichiamo con °¿ la curva di trascinamento descritta da P , cioµe la curva percorsa da P pensato solidale con (O1 ). Indichiamo poi con s¿ , ½c¿ , t¿ e n¿ l'ascissa curvilinea, il raggio di curvatura, il versore tangente e il versore normale associati alla posizione di P su °¿ . Possiamo quindi scrivere ³ ´ s_ 2 s_ 2 F ¿ = ¡m sÄ¿ t¿ + ¿ n¿ = ¡mÄ s ¿ t¿ ¡ m ¿ n ¿ : ½c¿ ½c¿ La componente s_ 2¿ n¿ ; ½c¿ si chiama forza centrifuga agente su P . F ¿ c = ¡m

Caso particolare signi¯cativo.

(5:49)

Consideriamo il caso in cui il sistema (O1 ) si muove rispetto

ad (O) di moto rotatorio attorno ad un asse ¯sso (A; a) con velocitµa angolare ! = !a. In tal caso la curva di trascinamento di un punto P µe una circonferenza di centro la sua proiezione P0 sull'asse. Di conseguenza la componente normale dell'accelerazione a¿ vale ! 2 (P0 ¡ P ), da cui (5:50)

F ¿ c = m! 2 (P ¡ P0 ) : 123

Un esempio di forza centrifuga, e piµ u in generale, di problema di equilibrio relativo, µe giµa stato visto quando si µe de¯nita la forza peso agente su un punto nel x4.19. Il peso di un punto materiale, infatti, µe la forza F 1 = F ¡ ma¿ che deve essere compensata perchµe P sia in equilibrio rispetto ad un riferimento solidale con la terra. F µe la forza assoluta, cioµe dovuta a corpi, e quindi µe la risultante delle forze d'attrazione Newtoniana, che approssimiamo considerando solo l'attrazione della terra. La forza di trascinamento ¡ma¿ , dovuta al moto della terra rispetto ad un sistema stellare (riferimento inerziale), µe invece approssimata dalla forza centrifuga agente su P per e®etto della rotazione uniforme 2¼ della terra attorno al proprio asse, ed ha quindi l'espressione (5.50) con ! = g velocitµa 1 angolare della terra. Osservazione. L'unico caso in cui la forza centrifuga µe nulla si ha quando il sistema (O1 ) trasla di moto rettilineo.

124

6. MECCANICA DEI SISTEMI

In questo ultimo e fondamentale capitolo tratteremo la Meccanica dei sistemi. A tal ¯ne supporremo che il sistema meccanico considerato sia costituito dai punti Ps , s = 1; :::; N , e che su di esso agiscano i sistemi delle forze attive (Ps ; F s ), con vettori caratteristici F e −(O) e delle reazioni vincolari (Ps ; ©s ), con vettori caratteristici © e ª(O). Se poi si vorrµa distinguere tra forze interne ed esterne, allora rappresenteremo le forze attive esterne con (Ps ; F es ) e quelle interne con (Ps ; F is ), le reazioni vincolari esterne con (Ps ; ©es ) e quelle interne con (Ps ; ©is ). I loro vettori risultanti saranno indicati con F e , F i , ©e e ©i e i momenti risultanti con −e (O), −i (O), ªe (O) e ªi (O), senza speci¯carne il polo quando non necessario. Occorre perµo avere ben presente che, essendo i sistemi delle forze attive e delle reazioni vincolari interne equivalenti al sistema nullo, si ha F = Fe + Fi = Fe ;

−(O) = −e (O) + −i (O) = −e (O) ;

© = ©e + ©i = ©e ;

ª(O) = ªe (O) + ªi (O) = ªe (O) :

6.1 Equilibrio di un sistema meccanico Tra i possibili moti di un sistema meccanico ci puµo anche essere "l'equilibrio", che ha luogo quando il sistema rimane sempre fermo nella stessa con¯gurazione C0 = q0 . In questo caso i parametri lagrangiani qi (t) si mantengono costanti (ovviamente qi (t) = qi0 ), e rappresentano una soluzione stazionaria delle equazioni di®erenziali del moto del sistema (di cui parleremo piµ u innanzi). Estendendo la de¯nizione giµa data per un punto (vedi x5.5), diamo la seguente De¯nizione

Dato un sistema meccanico qualunque, una con¯gurazione C0 si dice d'equilibrio

per il sistema se esso, posto in quiete in C0 all'istante t0 , vi rimane anche per ogni t > t0 . Spesso, anzich¶e dire che il sistema µe in quiete nella con¯gurazione d'equilibrio C0 , si dice che esso µe in equilibrio in C0 . Andiamo ora ad occuparci dei metodi che permettono di determinare le con¯gurazioni d'equilibrio dei sistemi meccanici e, se interessano, le relative reazioni vincolari. In altre 125

parole, andiamo a trattare il capitolo della Meccanica che tradizionalmente va sotto il nome di STATICA. I metodi che vedremo sono due: il metodo dei lavori virtuali e il metodo delle equazioni cardinali. Nel caso di sistemi conservativi vedremo anche un terzo metodo, il metodo del potenziale, molto pratico, ma utile solo per il calcolo delle con¯gurazioni d'equilibrio. Nota bene: essendo in Statica, come supposto alla ¯ne del x5.1, le forze sono assunte posizionali. 6.2 Principio dei lavori virtuali Vale il seguente importantissimo Principio dei lavori virtuali: C.N.S. perch¶e una con¯gurazione C0 sia d'equilibrio per un sistema meccanico a vincoli perfetti µe che il lavoro virtuale delle forze attive sia negativo o nullo per ogni spostamento virtuale del sistema a partire da C0 , ossia ±L =

N X

F s ¢ ±Ps · 0 ;

8±C :

(6:1)

s=1

Mentre la condizione necessaria puµ o facilmente essere dimostrata, la condizione su±ciente µe postulata. Dimostriamo dunque la necessaria. Sia C0 = q0 ´ (q10 ; q20 ; :::; qn0 ) una con¯gurazione d'equilibrio del sistema. Ciµo signi¯ca che, posto il sistema in quiete in C0 all'istante t0 , vi rimane anche per t > t0 . Di conseguenza ciascun punto materiale Ps del sistema µe in equilibrio per t ¸ t0 , e quindi il sistema di forze agenti su Ps µe equivalente al sistema nullo. Si ha cioµe F s + ©s = 0 ;

s = 1; :::; N :

(6:2)

Se si considera uno spostamento virtuale del sistema ±C ´ (±P1 ; ±P2 ; :::; ±PN ), moltiplicando scalarmente (6.2) per ±Ps e sommando rispetto ad s, si ottiene X¡ s

¢ F s + ©s ¢ ±Ps = 0 :

Ma in virtµ u dell'ipotesi di vincolo perfetto vale la (4.43), ossia ±½ =

N X

©s ¢ ±Ps ¸ 0 ;

s=1

e di conseguenza vale la (6.1). 126

Osservazioni importanti. a) La disuguaglianza (6.1), implica il segno di uguaglianza in corrispondenza ad ogni ±C invertibile. Di conseguenza, se C0 µe di tipo interno, ogni ±C µe invertibile e quindi ogni ±L µe nullo. Se invece C0 µe di con¯ne, allora ±L µe nullo per i ±C invertibili e in generale negativo per i ±C non invertibili. b) Nel caso di un corpo rigido la disuguaglianza (6.1), tenendo conto del fatto che il lavoro virtuale delle forze attive ha un'espressione formalmente uguale alla (4.33), diventa: ±L = F e ¢ ±O1 + −e (O1 ) ¢ a±µ · 0 ;

c)

¡ ¢ 8±C = ±O1 ; (O1 ; ±µa) :

(6:3)

Il principio dei lavori virtuali costituisce uno strumento estremamente utile ai ¯ni

del calcolo delle con¯gurazioni d'equilibrio in quanto coinvolge solamente le forze attive. Tuttavia esso permette anche il calcolo delle reazioni vincolari. A tal ¯ne occorre : { eliminare i vincoli, uno o piµ u alla volta, sostituendoli con le relative reazioni vincolari; { riguardare le reazioni vincolari come forze attive, ed applicare il principio in corrispondenza di opportuni spostamenti virtuali, compatibili con i vincoli rimasti, che facciano \lavorare" le reazioni; { riscrivere la (6.1) tante volte ¯no ad ottenere un numero di equazioni (indipendenti) pari al numero delle reazioni vincolari che si vogliono calcolare; { risolvere in¯ne il sistema di equazioni cosµ³ ottenuto. Gli esempi che riporteremo piµ u avanti chiariranno meglio il senso di queste a®ermazioni. 6.3 Con¯gurazioni d'equilibrio interne dei sistemi olonomi a vincoli perfetti La prima utile applicazione del principio dei lavori virtuali µe rivolta alla determinazione delle con¯gurazioni d'equilibrio, in particolare di quelle interne, di un sistema olonomo a vincoli perfetti. A tal ¯ne supponiamo, come al solito, che il sistema abbia n gradi di libertµa, con parametri lagrangiani qi . Ricordando l'espressione del lavoro virtuale delle forze attive mediante le forze generalizzate di Lagrange, (6.1) diventa ±L =

X

Qk ±qk · 0 ;

8±C ´ (±q1 ; ±q2 ; :::; ±qn ) :

(6:4)

k

Determiniamo le con¯gurazioni d'equilibrio interne. In questo caso ciascun ±qk ammette anche il suo opposto ¡±qk , e quindi ogni spostamento virtuale ±C del sistema µe invertibile. Di conseguenza la (6.4) vale col segno di uguaglianza. 127

Essendo poi il sistema olonomo, i ±qk sono indipendenti, e quindi si possono considerare gli n spostamenti virtuali del tipo ±Ck ´ (±q1 = 0; :::; ±qk¡1 = 0; ±qk 6= 0; ±qk+1 = 0; :::; ±qn = 0) : In corrispondenza dello spostamento ±Ck la (6.4) fornisce Qk ±qk = 0 ;

e quindi

Qk = 0 :

Debbono quindi essere soddisfatte le n equazioni 8 Q1 (q1 ; q2 ; :::; qn ) = 0 > > > > > < Q2 (q1 ; q2 ; :::; qn ) = 0

> :::::::::::::::::: > > > > : Qn (q1 ; q2 ; :::; qn ) = 0 :

(6:5)

Le con¯gurazioni d'equilibrio interne del sistema meccanico sono tutte comprese fra le soluzioni di questo sistema di n equazioni nelle n incognite qi . Si noti che eventuali soluzioni rappresentanti con¯gurazioni di con¯ne sono pure d'equilibrio. 6.4 Equilibrio dei sistemi conservativi De¯nizione

Un sistema meccanico conservativo µe un sistema olonomo, scleronomo, a vincoli

perfetti e soggetto ad un sistema conservativo di forze attive. Teorema

Le con¯gurazioni d'equilibrio interne di un sistema meccanico conservativo

sono tutte e sole quelle nelle quali il potenziale U µe stazionario. Poich¶e il sistema delle forze attive µe conservativo, esiste una funzione U = U (q1 ; q2 ; :::; qn ), che abbiamo chiamato potenziale, con la proprietµa che Qk =

@U ; @qk

k = 1; :::; n :

Di conseguenza il sistema (6.5), che vale in quanto il sistema meccanico µe olonomo, scleronomo e a vincoli perfetti, diventa @U = 0; @qk

k = 1; :::; n :

(6:6)

Ricordiamo che tra i punti di stazionarietµa di una funzione ci sono i punti di minimo e di massimo. 128

A titolo di esempio consideriamo il pendolo semplice. Il potenziale µe dato dalla (5.37): U (µ) = ¡mgl sin ®(1 ¡ cos µ), con 0 · µ < 2¼. Le posizioni d'equilibrio µi¤ coincidono con i punti di stazionarietµa di U (µ), e quindi sono date dalle soluzioni dell'equazione U 0 (µ) = ¡mgl sin ® sin µ = 0 : µ1¤ = 0, µ2¤ = ¼ :

Si ha dunque:

6.5 Stabilitµ a dell'equilibrio In questo paragrafo introduciamo un nuovo importante concetto: quello di stabilitµa dell'equilibrio. De¯nizione

Una con¯gurazione d'equilibrio C0 si dice stabile se esiste un intorno di C0 ,

che indichiamo con I(C0 ), tale che il lavoro Z ¢L = (¡)

C C0

Z dL = (¡)

C

C0

X

F s ¢ dPs

s

sia negativo qualunque C 2 I(C0 ), e qualunque sia la \traiettoria" ¡ 2 I(C0 ) da C0 a C. Invece, se ¢L > 0 8 C e 8 ¡ appartenenti a I(C0 ) ; C0 µe detta di equilibrio instabile. Inoltre, se ¢L = 0 8 C e 8 ¡ appartenenti a I(C0 ) ; C0 µe detta di equilibrio indi®erente. Commento. Cosa signi¯ca a®ermare che ¢L µe negativo per ogni spostamento da C0 ad una qualunque con¯gurazione C all'interno di un intorno di C0 ? Signi¯ca che il sistema delle forze attive tende ad opporsi a che il sistema meccanico si allontani, in una qualunque "direzione", da C0 . Ciµo giusti¯ca l'attributo "stabile". Al contrario, l'equilibrio µe "instabile" se il sistema delle forze agisce sempre a favore di un allontanamento del sistema meccanico da C0 . Come esempi si considerino il pendolo semplice nel punto piµ u basso (equilibrio stabile) e nel punto piµ u alto (equilibrio instabile), oppure un punto materiale, sempre soggetto al solo peso, appoggiato ad un piano orizzontale (equilibrio indi®erente). Cos'µe un intorno I(C0 ) ? Dato un sistema meccanico, ed una sua con¯gurazione interna C0 = q0 , un intorno I(C0 ) µe, ad esempio, il seguente: I(C0 ) ´ (q10 ¡ ²; q10 + ²) £ (q20 ¡ ²; q20 + ²) £ ¢ ¢ ¢ £ (qn0 ¡ ²; qn0 + ²) : Naturalmente I(C0 ) µe contenuto nello spazio n¡dimensionale delle con¯gurazioni.

129

Sistemi meccanici conservativi Nel caso di un sistema meccanico conservativo le de¯nizioni appena date di equilibrio stabile e instabile si collegano immediatamente al potenziale attraverso il seguente Teorema

(senza dimostrazione):

Una con¯gurazione interna C0 µe di equilibrio stabile per un sistema meccanico conservativo se e solo se µe un punto di massimo per il potenziale U , ed µe di equilibrio instabile se e solo se µe un punto di minimo. Sistemi meccanici conservativi con solo il peso Se il sistema delle forze esterne µe costituito dalle sole forze peso, il potenziale µe dato dalla (4.39), ossia U = ¡M gzG + U ¤ : Da ciµo segue l'ovvio Teorema di Torricelli : in un sistema meccanico conservativo con solo la forza peso le con¯gurazioni d'equilibrio stabile si hanno quando zG µe minima e quelle di equilibrio instabile quando zG µe massima. Osserviamo che se il sistema meccanico ha n gradi di libertµa con parametri lagrangiani qi , allora zG = zG (q), e quindi il problema µe ancora quello di determinare minimi e massimi di una funzione ad n variabili. Ovviamente, se questa funzione non ha minimi, allora non ci sono con¯gurazioni d'equilibrio stabile, cosµ³ come se non ci sono massimi, non ci sono neppure con¯gurazioni d'equilibrio instabile. Un'applicazione immediata del teorema di Torricelli si ha nel caso del pendolo semplice. zG , che ovviamente coincide con zP , µe minima per µ = 0 e massima per µ = ¼. Di conseguenza µ = 0 rappresenta la posizione d'equilibrio stabile e µ = ¼ quella d'equilibrio instabile. Il principio dei lavori virtuali costituisce uno dei possibili strumenti utilizzabili per determinare le con¯gurazioni d'equilibrio e le relative reazioni vincolari di un qualunque sistema meccanico, purch¶e a vincoli perfetti. Attraverso una sua applicazione ai sistemi olonomi, abbiamo poi visto che le con¯gurazioni d'equilibrio interne di un sistema conservativo corrispondono ai punti di stazionarietµa del potenziale, con l'importantissima proprietµa che nei punti di massimo l'equilibrio µe stabile, mentre in quelli di minimo l'equilibrio µe instabile. A questi due strumenti, principio dei lavori virtuali e metodo del potenziale, che abbiamo giµa a disposizione, andiamo ora ad aggiungerne un terzo: 130

le equazioni cardinali della statica. Procederemo ricavandole, anche se costituiscono un caso particolare delle equazioni cardinali della Dinamica che ricaveremo piµ u innanzi. Il ricavarle separatamente porta sµ³ a qualche ripetizione e ad una leggera perdita di tempo, perµo permette una maggior chiarezza e una miglior organizzazione delle esercitazioni.

6.6 Equazioni cardinali della statica Teorema

Dato un sistema meccanico qualunque, condizione necessaria perch¶e C0 sia

con¯gurazione d'equilibrio µe che

½

F e + ©e = 0

(6.7)

−e + ªe = 0 :

Dimostrazione © ª Sia C0 = q0 ´ (q10 ; q20 ; :::; qn0 ) una con¯gurazione d'equilibrio e (Ps ; ©s ); s = 1; :::; N un sistema di reazioni vincolari che realizza i vincoli a cui il sistema meccanico µe soggetto. Poich¶e C0 µe con¯gurazione d'equilibrio, il sistema posto in C0 in quiete all'istante t0 , vi rimane anche per t > t0 . Ne consegue che ciascun punto Ps del sistema materiale rimane in equilibrio nella posizione che occupa all'istante t0 . Di conseguenza deve essere F es + F is + ©es + ©is = 0 ;

s = 1; : : : ; N :

(6:8)

Sommando su tutti i punti del sistema, risulta N X ¡ ¢ F es + F is + ©es + ©is = F e + F i + ©e + ©i = 0 ; s=1

e tenendo conto del fatto che F i = ©i = 0 , si ottiene la prima delle (6.7). Moltiplicando poi vettorialmente a destra ciascuna delle relazioni (6.8) per (O ¡ Ps ), con O punto qualunque, si ha ³ ¢ F es + F is + ©es + ©is £ (O ¡ Ps ) = 0 ;

s = 1; : : : ; N ;

e sommando quindi su tutti i punti, si ottiene

N X ¡ ¢ F es + F is + ©es + ©is £ (O ¡ Ps ) = −e (O) + −i (O) + ªe (O) + ªi (O) = 0 : s=1

Poich¶e −i (O) = ªi (O) = 0, segue

−e (O) + ªe (O) = 0 ; che grazie alla prima delle (6.7) µe indipendente dal polo. Risulta cosµ³ dimostrata anche la necessarietµa della seconda equazione cardinale della statica. 131

Osservazioni { Dalla dimostrazione appena fatta µe evidente che il teorema vale anche scrivendo le equazioni (6.7) per tutte le forze attive e le reazioni vincolari sia esterne che interne, ossia ½

F +©=0 − +ª = 0:

(6.9)

Scrivere (6.7) anzichµe (6.9) ha il pregio di mettere in evidenza la irrelevanza, nelle equazioni cardinali della statica, delle forze e delle reazioni vincolari interne. Piµ u avanti vedremo che ciµo µe vero anche per le equazioni cardinali della dinamica. { Scrivendo (6.7) o (6.9) si µe omesso il polo in quanto irrilevante. Infatti, in virtµ u della relazione (4.15) e della prima delle equazioni (6.7) o (6.9), l'equazione dei momenti, se veri¯cata per un polo O, risulta veri¯cata per qualunque altro polo O1 . Vale poi il seguente importantissimo teorema (che non dimostriamo): Teorema

Se il sistema materiale µe un corpo rigido, soggetto a vincoli perfetti, le equazioni

(6:7) sono pure condizioni su±cienti perch¶e una con¯gurazione C0 sia d'equilibrio per il sistema. 6.7 Problemi staticamente determinati Le equazioni cardinali (6.7) rappresentano dunque delle condizioni necessarie e su±cienti per l'equilibrio di un corpo rigido. Quali sono le incognite di queste equazioni ? Ebbene, le incognite sono gli n parametri lagrangiani fqk g, che danno le con¯gurazioni d'equilibrio, e le reazioni vincolari. In generale (cioµe escludendo casi particolari quali i sistemi piani) le due equazioni vettoriali (6.7) sono equivalenti a 6 equazioni scalari. Tale sistema µe dunque risolubile, in generale, solo quando anche le incognite sono esattamente 6. L'esperienza dimostra tuttavia che dalle (6.7) µe sempre possibile dedurre n equazioni che non contengono le reazioni vincolari, per cui il problema dell'equilibrio (cioµe il problema di determinare le con¯gurazioni d'equilibrio) µe sempre risolubile. Ogni n{pla (q1¤ ; q2¤ ; :::; qn¤ ) soluzione del sistema rappresenta una con¯gurazione d'equilibrio, purchµe le relative reazioni vincolari siano compatibili con la natura dei vincoli. Il senso di questa ultima a®ermazione risulterµa piµ u chiaro dagli esempi che seguono relativi a dei vincoli d'appoggio. Supposto che i vincoli siano lisci, ogni reazione vincolare puµo essere totalmente o parzialmente incognita. Se µe totalmente incognita, essa comporta tre incognite scalari. Se si sa 132

che la reazione vincolare sta in un piano, allora le incognite scalari sono due. Nel caso poi che la direzione sia nota, allora l'incognita µe una sola. In quest'ultimo caso puµo essere noto anche il verso: ciµo comporta che l'incognita soddis¯ anche ad una disequazione. Dunque, ogni reazione vincolare implica, a seconda del tipo di vincolo, da una a tre incognite scalari. Il numero delle incognite dovute alle reazioni vincolari dipende dunque dal numero dei vincoli e dalla loro natura. Diremo che un problema di equilibrio per un corpo rigido µe staticamente determinato se il numero di reazioni vincolari scalari µe 6¡n, il che µe equivalente ad a®ermare che il numero di reazioni vincolari µe quello minimo su±ciente a rappresentare i vincoli a cui µe soggetto il corpo rigido. Se il numero delle reazioni vincolari µe maggiore di 6¡n, allora il problema µe staticamente indeterminato, e non µe possibile determinare tutte le reazioni vincolari. In quest'ultimo caso si dice anche che il sistema meccanico µe iperstatico. Consideriamo ora il caso generale di un sistema meccanico qualunque ad n gradi di libertµa, composto di punti e di corpi rigidi. In tal caso applicando a ciascun punto l'equazione dell'equilibrio (5.13) e a ciascun corpo rigido le equazioni (6.7) si scrive un sistema di m equazioni. Ebbene, il problema sarµ a staticamente determinato se il numero delle reazioni vincolari scalari che compaiono nel sistema µe esattamente m ¡ n. Ciµo sarµa veri¯cato ogni volta che il numero (ed il tipo) di reazioni vincolari introdotte µe quello minimo indispensabile a realizzare i vincoli del sistema. Sull'argomento dei sistemi composti si tornerµa piµ u avanti con uno speci¯co paragrafo. Andiamo ora a considerare un paio di esempi signi¯cativi di corpi rigidi diversamente vincolati. Questi esempi, giµa interessanti di per se stessi, potranno anche essere utili ai ¯ni di una miglior comprensione della teoria appena svolta. I vincoli saranno supposti lisci. Ciascun corpo rigido sarµa supposto soggetto ad un dato sistema di forze attive esterne (As ; F s ); s = 1; : : : ; N , i cui vettori caratteristici saranno denotati con F e e −e . Risolveremo il problema dell'equilibrio e della determinazione delle reazioni vincolari (ovviamente nel caso di problema staticamente determinato) sia con le equazioni cardinali che col principio del lavori virtuali. Nell'applicazione di quest'ultimo faremo uso della condizione (6.3), tenendo conto che essa vale col segno di uguale se ±C µe invertibile.

133

6.8 Equilibrio di un corpo rigido con un asse ¯sso Un corpo rigido con un asse ¯sso ha un unico grado di libertµ a rappresentato dall'angolo µ di rotazione del corpo. Assunto un riferimento Oxyz con Oz coincidente con l'asse ¯sso, l'angolo µ puµo essere de¯nito come l'angolo solido che un semipiano solidale col corpo ed uscente dall'asse forma, per esempio, con il semipiano ¯sso Oxz (x > 0). Con le equazioni cardinali della statica Supponiamo che l'asse sia stato ¯ssato in due punti: Q1 ´ O ´ (0; 0; 0) (la scelta di O µe a nostra discrezione) e Q2 ´ (0; 0; h). Il sistema di reazioni vincolari esterne consta allora delle reazioni (Q1 ; ©1 = ©1x i + ©1y j + ©1z k) e (Q2 ; ©2 = ©2x i + ©2y j + ©2z k). Osserviamo che le reazioni vincolari, essendo applicate all'asse, hanno momento risultante normale all'asse stesso. Infatti ªe (O) =

2 X

©r £ (O ¡ Qr ) = ©2 £ (O ¡ Q2 ) =

r=1

= (©2x i + ©2y j + ©2z k) £ (¡hk) = ¡h©2y i + h©2x j :

(6:10)

Andiamo dunque a scrivere le 6 equazioni scalari che si ottengono proiettando sugli assi le due equazioni (6.7). Posto F e = Fex i + Fey j + Fez k ; si ottiene

−e (O) = −ex i + −ey j + −ez k ;

8 Fex + ©1x + ©2x = 0 > > > > > > Fey + ©1y + ©2y = 0 > > > > > > −ex ¡ h©2y = 0 > > > > > > −ey + h©2x = 0 > > > : −ez = 0 :

(6:11)

L'ultima equazione di questo sistema non contiene le reazioni vincolari. Poich¶e il problema ha un solo grado di libertµa, si tratta dell'equazione che fornisce le con¯gurazioni d'equilibrio. Riscriviamola mettendone in evidenza l'incognita µ: −ez (µ) = 0 : 134

(6:12)

Le con¯gurazioni d'equilibrio del corpo rigido sono tante quante le soluzioni µ ¤ di (6.12). Ci proponiamo ora di determinare le reazioni vincolari nelle con¯gurazioni d'equilibrio. Ciµo µe possibile se il problema µe staticamente determinato, ossia se il numero delle reazioni vincolari scalari µe 5 (= 6 ¡ 1). Osserviamo subito che ¯ssando due punti dell'asse abbiamo 6 reazioni vincolari scalari da determinare, il che rende il problema staticamente indeterminato. Ciµo µe dovuto al fatto che per ¯ssare un asse del corpo, non µe necessario ¯ssarne due punti, ma basta ¯ssarne uno e mettere un anello nell'altro, impedendo cosµ³ gli spostamenti normali all'asse. Assumiamo dunque che in Q2 ci sia un anello. In questo caso, essendo ©2 normale all'asse, si ha ©2 = ©2x i + ©2y j. Le prime cinque equazioni del sistema (6.11) diventano quindi: 8 Fex + ©1x + ©2x = 0 > > > > > > Fey + ©1y + ©2y = 0 > > < Fez + ©1z = 0 (6:13) > > > > > −ex ¡ h©2y = 0 > > > : −ey + h©2x = 0 ;

dove le componenti di F e e −e (O) sono calcolate nelle con¯gurazioni d'equilibrio. Il sistema (6.13) determina in modo univoco (ed immediato) le reazioni vincolari. Con il principio dei lavori virtuali Perch¶e una con¯gurazione C0 sia d'equilibrio occorre e basta che la condizione (6.3) sia soddisfatta per qualunque ±C. Sia O1 un punto qualunque dell'asse ¯sso. Consideriamo l'unico spostamento consentito dai vincoli (assieme al suo opposto), che consiste in una rotazione in¯nitesima attorno all'asse ¯sso (O1 ; k) :

¡

¢ ±O1 = 0 ; (O1 ; ±µk) ;

con ±µ 6= 0 :

Essendo tale rotazione invertibile, la (6.3) comporta ±L = −e (O1 ) ¢ k±µ = 0 ;

e quindi, essendo ±µ 6= 0 ;

−ez (µ) = 0 :

Si µe dunque ritrovata l'equazione (6.12). Poniamoci ora il problema di determinare le reazioni vincolari nelle con¯gurazioni d'equilibrio nel caso che il problema sia staticamente determinato, cioµe nel caso dei due vincoli seguenti: Q1 ¯ssato e Q2 impedito tramite un anello nei suoi movimenti normali all'asse. Come prima, sia h = Q1 Q2 . 135

Sopprimiamo dapprima solo il vincolo in Q2 e lo sostituiamo con la reazione vincolare ©2 = ©2x i + ©2y j, che riguardiamo come forza attiva. Ora il corpo rigido ha come unico vincolo il punto ¯sso Q1 . Sono dunque possibili le rotazioni (tutte invertibili) attorno ad un qualunque asse (Q1 ; a). La (6.3) diventa perciµo ¡ ¢ ±L = −e (Q1 ) + ©2 £ (Q1 ¡ Q2 ) ¢ a±µ = 0 ;

8a e 8±µ 6= 0 ;

e per l'arbitrarietµa di a ne consegue

−e (Q1 ) + ©2 £ (¡hk) = 0 : Proiettando sugli assi x e y si ottengono le due ultime equazioni di (6.13), che forniscono le componenti di ©2 . In¯ne, per calcolare la reazione vincolare dovuta al vincolo in Q1 , sopprimiamo anche questo e lo sostituiamo con la forza di vettore ©1 = ©1x i+©1y j+©1z k. Il corpo ora µe libero, soggetto, oltre che al sistema di forze attive, anche a (Q1 ; ©1 ) e (Q2 ; ©2 ). Immaginiamo di far compiere al corpo, prima una traslazione in¯nitesima parallela all'asse x, ±O1 = ±xi, poi una parallela all'asse y, ±O1 = ±yj, ed in¯ne una parallela all'asse z, ±O1 = ±zk. Ovviamente si tratta di spostamenti invertibili, per cui in tutti tre i casi deve essere ±L = (F e + ©1 + ©2 ) ¢ ±O1 = 0 : Si riottengono cosµ³ le tre prime equazioni di (6.13). 6.9 Equilibrio di un corpo rigido appoggiato in un punto ad un piano Consideriamo ora un corpo rigido C appoggiato in un punto O1 ad un piano ¯sso ¦ liscio. Supposto che la super¯cie ¾ del corpo sia regolare, il piano tangente a ¾ in O1 coincide con ¦. Si vuole studiare l'equilibrio di C rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz, con il piano Oxy coincidente con ¦ e l'asse z orientato da ¦ verso C. Il problema ha cinque gradi di libertµa. Assumiamo come parametri lagrangiani le due coordinate x e y di O1 su ¦ e i tre angoli di Eulero Ã, ' e µ di C, de¯niti mediante un sistema solidale con origine in un punto O2 di C (ovviamente distinto dal punto di contatto O1 che, in generale, varia). Ciµo premesso, si abbia F e = Fex i + Fey j + Fez k. 136

Con le equazioni cardinali della statica La reazione vincolare (O1 ; ©) ha come direzione quella della normale a ¦. Trattandosi poi di un vincolo di appoggio, il vettore © µe diretto da ¦ verso C, ossia © = ©k, con © ¸ 0. Andiamo a scrivere le equazioni cardinali. La prima implica F e = ¡© = ¡©k, la seconda −e (O1 ) = 0. Il sistema di equazioni scalari che forniscono le con¯gurazioni d'equilibrio µe perciµo il seguente:

8 F (x; y; Ã; '; µ) = 0 > > ex > > > > Fey (x; y; Ã; '; µ) = 0 > > < −ex (x; y; Ã; '; µ) = 0 > > > > > −ey (x; y; Ã; '; µ) = 0 > > > : −ez (x; y; Ã; '; µ) = 0

(6:14)

La sesta equazione scalare comporta invece © = ¡Fez . Dovendo essere © ¸ 0, ne consegue che le con¯gurazioni d'equilibrio sono date dalle soluzioni (x¤ ; y ¤ ; à ¤ ; '¤ ; µ ¤ ) di (6.14) tali che Fez (x¤ ; y ¤ ; à ¤ ; '¤ ; µ¤ ) · 0. Soluzioni di (6.14) che non soddisfano questa condizione non sono d'equilibrio: © < 0 implicherebbe che C si distacca dal piano ¦. Quanto trovato permette di formulare il seguente Teorema

C.N.S. a±nch¶e una con¯gurazione C0 sia d'equilibrio per un corpo rigido C

appoggiato in un punto O1 ad un piano, µe che il sistema delle forze attive esterne sia equivalente ad un'unica forza passante per O1 , normale al piano in O1 ed orientata da C verso il piano, oppure al sistema nullo. Con il principio dei lavori virtuali Consideriamo dapprima una traslazione ±O1 di C parallela al piano ¦ (che coincide con Oxy), e quindi invertibile. In tal caso (6.3) diventa ±L = F e ¢ ±O1 = 0

8±O1 k ¦ ;

e quindi deve essere Fe ? ¦; per cui debbono valere le prime due equazioni di (6.14). Se la traslazione ±O1 , anzich¶e tangente a ¦, µe di distacco, allora ±L = F e ¢ ±O1 · 0 ; il che implica che l'angolo tra ±O1 e F e deve essere ottuso. In altre parole, F e deve essere diretta da C verso ¦. Si ha quindi F e = Fez k, con Fez ·0. 137

Se consideriamo poi uno spostamento virtuale rotatorio (O1 ; a±®) con a versore arbitrario, essendo anch'esso invertibile, si avrµ a ±L = −e (O1 ) ¢ a±® = 0

8a :

Di conseguenza deve essere −e (O1 ) = 0 ; come giµa visto con le equazioni cardinali. Per determinare la reazione vincolare dovuta all'appoggio in O1 , supponiamo di sopprimere l'appoggio e di applicare in O1 la forza di vettore ©. Applicando di nuovo (6.3) in corrispondenza di una traslazione ±O1 qualunque, si ottiene ±L = (F e + ©) ¢ ±O1 = 0

8±O1 ;

e quindi © = ¡F e . 6.10 Sistemi composti In generale un sistema meccanico risulta composto di uno o piµ u punti materiali e di uno o piµ u corpi, fra di loro variamente vincolati. Ciascun corpo puµo poi essere rigido o deformabile. La teoria svolta nel presente corso di Meccanica Razionale fornisce tutti gli strumenti necessari per risolvere il problema del moto o dell'equilibrio nel caso che tutti i corpi in questione siano rigidi. Muovendoci in questa ipotesi, facciamo ora alcune considerazioni circa la soluzione del problema dell'equilibrio mediante le equazioni cardinali della statica. Queste considerazioni potranno essere facilmente estese al problema del moto quando lo si a®ronti con le equazioni cardinali della dinamica (che vedremo piµ u avanti). Un qualunque sistema meccanico µe in equilibrio in una con¯gurazione C0 se e solo se in tale con¯gurazione ogni suo punto µe in equilibrio. Ne consegue che le con¯gurazioni d'equilibrio di un sistema composto saranno quelle per cui ogni componente µe in equilibrio. Per determinarle occorrerµa quindi liberare ciascuna componente dagli eventuali vincoli, sia interni che esterni, sostituendoli con le relative reazioni vincolari, ed imporre che siano soddisfatte le equazioni necessarie e su±cienti per l'equilibrio. Occorrerµa quindi che per ciascun punto materiale (non facente parte di un corpo rigido) sia soddisfatta l'equazione (5.13) e per ciascun corpo rigido siano soddisfatte le equazioni cardinali (6.7).

138

Nello scrivere le equazioni (5.13) e (6.7) µe molto importante tener presente che le eventuali coppie di forze attive e di reazioni vincolari interne debbono essere tenute in considerazione, e ciascuna forza interna e ciascuna reazione vincolare deve apparire nella equazione (5.13) (se agisce su un punto) o nelle equazioni (6.7) se agisce su un corpo rigido. L'esempio che segue renderµa piµ u chiara questa a®ermazione. Consideriamo due aste rigide AB e CD incernierate mediante una cerniera sferica negli estremi B e C (per cui B ´ C). Chiaramente le due aste esercitano l'una sull'altra un vincolo, che per il principio di azione e reazione implica una coppia di reazioni vincolari interne al sistema del tipo (B; ©) e (C; ¡©), con © totalmente incognito e quindi del tipo © = ©x i + ©y j + ©z k. Ebbene, quando si scrivono le equazioni (6.9) per l'asta AB si deve includere la reazione vincolare (B; ©), mentre quando si scrivono per l'asta CD occorre tener conto della reazione (C; ¡©). Per inciso, osserviamo che a volte, quando il sistema µe piano e tutte le forze attive stanno in quel piano (per esempio il piano xy), si puµo anche avere una cerniera piana, rappresentabile perciµo con una reazione di vettore © = ©x i + ©y j. Le considerazioni appena fatte valgono anche nel caso in cui, calcolate le con¯gurazioni d'equilibrio col principio dei lavori virtuali, si vogliano determinare anche le relative reazioni vincolari. In alcuni testi si parla di sistemi articolati. Si tratta di sistemi composti di aste rigide, assimilabili a segmenti rettilinei, collegate tra loro mediante cerniere. Ciascuna di queste si suppone assimilabile ad un punto materiale e costituisce un nodo. Il sistema deve essere connesso, non deve cioµe constare di parti scollegate tra di loro.

6.11 Attrito fra due corpi rigidi Nel paragrafo x5.7 si µe considerato l'attrito nel caso di un punto. Ora si vedrµa cosa signi¯ca dire che un corpo rigido C µe in quiete o si muove appoggiato in un punto O1 ad un altro corpo rigido C1 in presenza di attrito. Come si µe giµa detto l'attrito µe dovuto a forze, sia normali che tangenti, che si manifestano quando un corpo si muove o tenta di muoversi su un altro. Ebbene, dire che c'µe attrito fra C1 e C signi¯ca convenire che C esplica su C1 un sistema di reazioni vincolari equivalente ad una forza di vettore © e ad una coppia di momento M . La forza (O1 ; ©) si oppone al moto di strisciamento, e quindi rappresenta l'attrito radente, mentre la coppia si oppone al moto di rotazione, e perciµo rappresenta l'attrito volvente. 139

Al ¯ne di formulare le leggi dell'attrito in statica ed in dinamica, poniamo ½

© = ©t t + ©n n = ©t + ©n M = Mt t + Mn n = M t + M n ;

(6.15)

con t versore parallelo al piano tangente e n versore normale. Osserviamo che nella terminologia della \Meccanica Applicata" la reazione (O1 ; ©n ) µe detta forza normale di contatto, mentre la reazione (O1 ; ©t ) µe detta forza d'attrito radente. Dal canto suo, la coppia di momento M t µe detta coppia d'attrito di rotolamento, in quanto si oppone al moto di puro rotolamento, mentre quella di momento M n µe detta coppia di attrito di giro, in quanto si oppone al moto di prillamento attorno alla normale. Noi, tuttavia, per sempli¯care le cose, supporremo sempre di poter trascurare la coppia, limitandoci perciµo a considerare soltanto la reazione (O1 ; ©). L'attrito in statica L'equilibrio di C1 µe garantito dalle equazioni cardinali (6.7) e dalla condizione seguente: j©t j · fs j©n j ;

(6:16)

La costante fs , che µe positiva, dipende dalle caratteristiche dei materiali a contatto e si chiama coe±ciente d'attrito statico radente. L'attrito in dinamica Durante il moto di C1 su C , oltre alle equazioni cardinali della dinamica (che vedremo piµ u innanzi), la reazione © deve soddisfare { nel caso di puro rotolamento, alla condizione (6.16); { nel caso di rotolamento e strisciamento, alla condizione ©t = ¡fd j©n j

v¿ ; jv ¿ j

(6:17)

con v ¿ velocitµa di trascinamento del punto di contatto O1 . Dunque, quando C1 si muove su C, occorre distinguere il caso in cui c'µe strisciamento dal caso in cui non c'µe. In quest'ultimo caso la relazione che riguarda l'attrito radente non cambia rispetto al caso statico in quanto il punto di contatto O1 µe fermo rispetto a C. Se invece C1 striscia su C la relazione statica (6.16) µe sostituita dalla relazione dinamica (6.17). La costante fd , che µe minore di fs , µe detta coe±ciente d'attrito dinamico radente.

140

6.12 Quantitµ a di moto di un sistema De¯nizione

Si de¯nisce quantitµa di moto di un sistema materiale discreto (Ps ; ms ); s =

1; :::; N; rispetto ad un riferimento Oxyz il vettore X Q= ms v s ;

(6:18)

s

essendo v s la velocitµa di Ps rispetto ad Oxyz. Per un corpo continuo C si de¯nisce invece Z Q= ½(P )v(P )dC : C

Vale l'importantissimo Teorema

La quantitµa di moto di un qualunque sistema meccanico µe uguale alla quantitµa

di moto del baricentro qualora vi si attribuisca tutta la massa del sistema, ossia Q = M vG : Dimostrazione

Riscriviamo la formula (2.3) del baricentro, P M (G ¡ O) = s ms (Ps ¡ O) ;

(6:19)

(6:20)

e deriviamola rispetto al tempo; si ha

M vG = De¯nizione

P

s

ms v s = Q :

Si de¯nisce quantitµa di moto di un sistema materiale rispetto al baricentro la sua

quantitµa di moto rispetto ad una terna Gx0 y 0 z 0 traslante rispetto al sistema ¯sso Oxyz. Indicando tale grandezza con QG , nel caso di un sistema discreto si ha dunque QG =

P

s

ms v s0 ;

con v s0 velocitµa di Ps rispetto a Gx0 y 0 z 0 . Ebbene, vale il Teorema

La quantitµa di moto rispetto al baricentro di

un qualunque sistema materiale µe sempre nulla, cioµe QG = 0 :

(6:21)

Dimostrazione. Essendo v s0 = v s ¡ v ¿ (Ps ) = v s ¡ v G ; e ricordando (6.19), si ha ³P ´ P P P QG = s ms v s0 = s ms (v s ¡ v G ) = s ms v s ¡ s ms v G = M v G ¡ M v G = 0 : Osservazione In realtµa il teorema ora dimostrato vale qualunque sia il sistema Gx0 y 0 z 0 . La dimostrazione si fa procedendo allo stesso modo, ma con v ¿ (Ps ) = v G + ! £ (Ps ¡ G). µ facile veri¯care che il termine P ms ! £ (Ps ¡ G) porta un contributo nullo a QG . E s

141

6.13 Momento delle quantitµ a di moto di un sistema Si de¯nisce momento delle quantitµa di moto (o momento angolare) di un sistema

De¯nizione

materiale discreto (Ps ; ms ); s = 1; :::; N; rispetto al polo O1 il vettore X K(O1 ) = ms v s £ (O1 ¡ Ps ) ;

(6:22)

s

essendo v s la velocitµa del punto Ps rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz. Naturalmente la grandezza cosµ³ de¯nita dipende, oltre che dal polo O1 , dal sistema di riferimento scelto. Per un corpo continuo C si de¯nisce invece Z K(O1 ) = ½(P )v(P ) £ (O1 ¡ P )dC : C

Dati K(O1 ) e K(O2 ), essi sono legati dalla relazione K(O1 ) = K(O2 ) + M v G £ (O1 ¡ O2 ) : Infatti: K(O1 ) =

X

ms v s £ (O1 ¡ Ps ) =

s

=

X

X

(6:23)

ms v s £ (O1 ¡ O2 + O2 ¡ Ps )

s

ms v s £ (O2 ¡ Ps ) +

s

X

ms v s £ (O1 ¡ O2 ) = K(O2 ) + M v G £ (O1 ¡ O2 ) :

s

In particolare, se O2 ´ G, si ha

K(O1 ) = K(G) + M v G £ (O1 ¡ G) :

(6:24)

Quando il polo O1 µe in moto rispetto ad Oxyz, il calcolo di K(O1 ) puµo essere facilitato coinvolgendo il momento relativo delle quantitµa di moto rispetto ad O1 , vale a dire X K 0 (O1 ) = ms v s0 £ (O1 ¡ Ps ) ; s

essendo v s0 la velocitµa di Ps rispetto ad una terna traslante O1 x0 y 0 z 0 . Andiamo a determinare la relazione che esiste tra K(O1 ), che potremo chiamare momento assoluto, e K 0 (O1 ). Tenendo conto che per il teorema di composizione delle velocitµa si ha v s = v s0 + v(O1 ), si ha: K(O1 ) =

X

ms v s £ (O1 ¡ Ps ) =

s

=

X

s

ms v s0

£ (O1 ¡ Ps ) +

s

0

X

= K (O1 ) + v(O1 ) £

X

X

¡ ¢ ms v s0 + v(O1 ) £ (O1 ¡ Ps )

ms v(O1 ) £ (O1 ¡ Ps )

s

ms (O1 ¡ Ps ) ;

s

142

ossia K(O1 ) = K 0 (O1 ) + M v(O1 ) £ (O1 ¡ G) :

(6:25)

In particolare, se come polo O1 si sceglie G, si ha K(G) = K 0 (G) :

(6:26)

Analogamente, se O1 µe un punto ¯sso, essendo v(O1 ) = 0, si ha K(O1 ) = K 0 (O1 ) :

(6:27)

Dunque, i momenti delle quantitµa di moto assoluto e relativo rispetto al baricentro, o rispetto ad un punto ¯sso, sono uguali. Di particolare importanza, ai ¯ni pratici, µe il momento delle quantitµa di moto di un corpo rigido. A questo riguardo µe possibile ricavare una formula generale per K 0 (O1 ) che utilizza la matrice d'inerzia J del corpo relativa al punto O1 . Una volta ricavato K 0 (O1 ) mediante questa, utilizzando le formule (6.25) e (6.23), µe possibile ricavare il momento rispetto ad un qualunque polo. Qui, tuttavia, prescinderemo da tale formula limitandoci a ricavare K(O1 ) in alcuni casi semplici, ma di grande utilitµa ai ¯ni degli esercizi. Corpo rigido traslante con velocitµa v. 0

Poich¶e il corpo trasla, le velocitµa v s0 sono tutte nulle e quindi K (G) = 0. Di conseguenza, grazie alla (6.26), si ha anche K(G) = 0. Applicando poi la (6.24) si ottiene K(O1 ) = M v £ (O1 ¡ G) ;

8O1 :

(6:28)

Corpo rigido piano con asse ¯sso normale. Consideriamo un corpo rigido piano con un asse ¯sso normale al piano del corpo. Sia Oxyz il sistema di riferimento, con Oxy coincidente col piano del corpo e Oz asse ¯sso. Indicato con µ l'angolo di rotazione del corpo attorno all'asse _ ¯sso, si ha ! = µk. Ogni punto Ps del corpo descrive una circonferenza di centro O e raggio rs = Ps O. Indicato con ts il versore tangente a tale circonferenza in Ps e con ns il versore normale (diretto _ s . Inoltre, ts £ ns = k. verso O), si ha v(Ps ) = v s = rs µt Calcoliamo dunque K(O) sulla base della de¯nizione (6.22): K(O) =

X s

_ s £ (O ¡ Ps ) = ms rs µt

X

_ s £ (rs ns ) = ms rs µt

s

X s

143

_ = µ_ ms rs2 µk

³X s

´ ms rs2 k ;

e quindi, ricordando la de¯nizione (2.7) di momento d'inerzia, z _ K(O) = IO µk :

(6:29)

z Ovviamente IO rappresenta il momento d'inerzia rispetto all'asse ¯sso (O; k).

Corpo rigido piano in moto nel suo piano. Sia Oxyz il sistema di riferimento ¯sso, con Oxy coincidente col piano del corpo (e del moto) e Gx0 y 0 z 0 un sistema traslante baricentrico, con l'asse z 0 parallelo ad Oz. Il problema ha 3 gradi di libertµa; assumiamo come parametri lagrangiani l'angolo µ di rotazione del corpo e le coordinate xG e yG del _ baricentro. Ovviamente ! = µk. Per calcolare K(O), possiamo calcolare prima K(G) e quindi utilizzare la (6.24). Essendo 0

K(G) = K (G), il conto µe presto fatto. Rispetto al sistema traslante Gx0 y 0 z 0 il moto del 0

corpo µe rotatorio con asse ¯sso. Dunque, per ottenere K (G) si puµo applicare la (6.29), ovviamente tenendo conto che in questo caso l'asse µe (G; k). Si ha quindi: 0 z _ K(G) = K (G) = IG µk :

(6:30)

Applicando ora la (6.24), si ottiene ¡ z ¢ z _ K(O) = IG µk + M v G £ (O ¡ G) = IG µ_ + M (xG y_ G ¡ x_ G yG ) k :

(6:31)

Corpo rigido con asse ¯sso. Sia Oxyz il sistema di riferimento ¯sso rispetto al quale vogliamo studiare il moto del corpo rigido, con Oz coincidente con l'asse ¯sso. Sia poi Ox1 y1 z1 un sistema solidale col corpo con Oz1 ´ Oz. L'unico parametro lagrangiano µe rappresentato dall'angolo di d1 . rotazione µ del corpo, che puµo essere de¯nito come µ = xOx

Consideriamo ora un generico punto Ps del corpo e indichiamo con (x1s ; y1s ; z1s ) le sue coordinate rispetto alla terna solidale. Ebbene, poich¶e Ps descrive la circonferenza di _ indicati con ts e ns i centro Qs (proiezione di Ps sull'asse) con velocitµa angolare ! = µk, versori tangente e normale a tale circonferenza in Ps , posto rs = Ps ¡ Qs , si ha 144

Ps ¡ O = x1s i1 + y1s j 1 + z1s k1 ; Ps ¡ Qs = x1s i1 + y1s j 1 = ¡rs ns ; Qs ¡ P s x1s i1 + y1s j 1 =¡ ; rs rs ¡y1s i1 + x1s j 1 ts = ; rs _ s: v s = rs µt ns =

Si puµo quindi calcolare K(O): X X _ s £ (O ¡ Ps ) = K(O) = ms v s £ (O ¡ Ps ) = ms rs µt s

= µ_

X s

= µ_

X s

s

ms (¡y1s i1 + x1s j 1 ) £ (¡x1s i1 ¡ y1s j 1 ¡ z1s k1 ) = £ ¤ 2 ms ¡x1s z1s i1 ¡ y1s z1s j 1 + (x21s + y1s )k1 =

h ³X ´ ³X ´ ³X ´ i 2 = µ_ ¡ ms x1s z1s i1 ¡ ms y1s z1s j 1 + ms (x21s + y1s ) k1 ; s

ossia

s

s

_ 1 ¡ C 0 µj _ + C µk _ 1: K(O) = ¡B 0 µi 1

(6:32)

Osserviamo che la formula (6.29) costituisce un caso particolare della (6.32). Infatti, se il corpo rigido µe piano con asse ¯sso normale (come nell'esempio considerato in precedenza), _ 1 . Essendo k ´ k1 e C il utilizzando la (6.32), poich¶e B 0 = C 0 = 0, si ottiene K(O) = C µk z momento d'inerzia del corpo rigido rispetto all'asse Oz, per cui C = IO , la (6.32) fornisce

ancora la (6.29). Nota bene. Le formule (6.28), (6.29), (6.30), (6.31) e (6.32) sono molto utili ai ¯ni degli esercizi. Nella stragrande maggioranza di questi, infatti, i corpi rigidi considerati sono piani e mobili nel loro piano o con asse ¯sso. Con le formule suddette µe quindi possibile calcolare tutti i momenti delle quantitµa di moto che servono (per scrivere, come vedremo, la seconda equazione cardinale della dinamica). 6.14 Energia cinetica di un sistema De¯nizione

Si de¯nisce energia cinetica di un sistema materiale discreto (Ps ; ms ); s =

1; :::; N; rispetto ad un riferimento Oxyz la grandezza scalare 1X T = ms vs2 ; 2 s 145

(6:33)

essendo v s la velocitµa di Ps rispetto ad Oxyz. Per un corpo continuo C si de¯nisce invece Z 1 ½(P )v 2 (P )dC : T = 2 C Vale il seguente importantissimo Teorema di KÄonig:

Per un qualunque sistema meccanico

si ha 1 2 T = TG + M vG ; 2

(6:34)

dove 1P 2 ms vs0 ; 2 s essendo v s0 la velocitµa del punto Ps rispetto ad una terna TG = T 0 (G) =

traslante Gx0 y 0 z 0 . Dimostrazione Poich¶e si ha v s = v s0 + v G , si ha ¢ 1X 1X 1 ³X ´ 2 ³X 2 T = ms vs2 = ms vs0 + ms vG + ms v s0 ¢ v G 2 s 2 s 2 s s 1 2 = TG + M vG + QG ¢ v G : 2

Ma QG in virtµ u della (6.21) µe nullo. Dunque vale la (6.34). Corollari 2 { T = 12 M vG se e solo se il sistema materiale trasla;

{ T = TG se e solo se il baricentro µe fermo. 2 Osservazione. Nel caso di un corpo rigido, il termine 12 M vG rappresenta l'energia cinetica

che il corpo avrebbe nel caso di moto traslatorio. Ci si riferisce perciµo a questa porzione di energia cinetica come alla energia cinetica di traslazione del corpo. Per quanto concerne invece TG , essa µe dovuta al moto del corpo rigido rispetto al baricentro. Poich¶e tale moto µe sempre rotatorio, ci si puµo riferire a TG come all'energia cinetica di rotazione del corpo. Il teorema di KÄonig permette il calcolo di T senza ricorrere alla de¯nizione. Le di±coltµa stanno eventualmente nel calcolo di TG . Tuttavia, nel caso di un corpo rigido C, µe possibile ricavare per TG una formula assai semplice che sfrutta la matrice d'inerzia J del corpo rispetto al baricentro. Qui, perµo, come in precedenza per il momento delle quantitµa di moto, prescinderemo da tale formula limitandoci a prendere in considerazione solo casi semplici, ma utili ai ¯ni degli esercizi. 146

Corpo rigido traslante con velocitµa v. T = 12 M v 2

Tutti i punti hanno la stessa velocitµa, per cui:

(6:35)

Corpo rigido con asse ¯sso. Siano (O; k) l'asse ¯sso e µ l'angolo di rotazione del corpo. Il generico punto Ps del corpo descrive una circonferenza di centro la proiezione Qs di Ps sull'asse di rotazione. Posto rs = Ps Qs , si ha v 2 = r 2 µ_ 2 . Calcoliamo ora s

s

T rifacendoci alla de¯nizione (6.33). T =

1X 1 X 1X ms vs2 = ms rs2 µ_ 2 = µ_ 2 ms rs2 ; 2 s 2 s 2 s

e quindi, ricordando ancora la de¯nizione di momento d'inerzia, 1 z _2 I µ ; 2 O

T =

(6:36)

con IO momento d'inerzia rispetto all'asse ¯sso. Corpo rigido piano in moto nel suo piano. Sia Oxyz il sistema di riferimento ¯sso, con Oxy coincidente col piano del corpo (e del moto) e Gx0 y 0 z 0 un sistema traslante con l'asse z 0 parallelo all'asse z. Assunti come parametri lagrangiani le coordinate xG e yG del baricentro e l'angolo µ di rotazione del corpo, osserviamo _ che si ha ! = µk. Applichiamo il teorema di KÄonig. A tal ¯ne calcoliamo TG , che rappresenta l'energia cinetica del corpo rispetto al sistema Gx0 y0 z 0 . Rispetto a tale sistema il corpo si muove di moto rotatorio attorno all'asse ¯sso (G; k). Si puµo dunque applicare il risultato (6.36) ottenendo TG =

1 z _2 I µ : 2 G

(6:37)

Applicando ora il teorema di KÄonig, si ha 1 1 z _2 1 1 z _2 1 2 2 2 T = TG + M vG = IG µ + M vG = IG µ + M (x_ 2G + y_ G ): 2 2 2 2 2 147

(6:38)

Nota bene. I risultati (6.35), (6.36) e (6.38) sono utili alla risoluzione di quasi tutti gli esercizi che verranno proposti. Abbiamo ora a disposizione tutti gli elementi necessari per introdurre: a) le equazioni cardinali della dinamica, che costituiscono uno strumento essenziale che permette di determinare sia le equazioni di®erenziali del moto di un sistema sia le reazioni vincolari (purch¶e il loro numero sia quello minimo necessario a realizzare i vincoli); b) le equazioni di Lagrange, che permettono di scrivere le equazioni di®erenziali del moto di un qualunque sistema olonomo (purch¶e a vincoli perfetti e bilaterali).

6.15 Equazioni cardinali della dinamica Consideriamo un sistema meccanico qualunque, e supponiamolo costituito, come al solito, di N punti materiali (Ps ; ms ). Durante il moto ciascun punto Ps si muove obbedendo alla legge di Newton, per cui, tenendo anche conto del fatto che ms µe costante, si ha ms as =

dQs = F es + F is + ©es + ©is ; dt

s = 1; :::; N :

Sommando su tutti gli N punti si ottiene X dQ s

dt

s

=

´ X³ F es + F is + ©es + ©is = F e + F i + ©e + ©i : s

Applicando il teorema della derivata di una somma e ricordando che F i = ©i = 0, si ha dQ = F e + ©e : dt Questa equazione esprime il Teorema della quantitµa di moto:

(6:39) La derivata della quantitµa di

moto di un qualunque sistema meccanico µe uguale al vettore risultante delle forze attive e vincolari esterne. Ricordando poi che Q = M v G la (6.39) puµo essere messa in una forma equivalente di rilevante signi¯cato ¯sico. Risulta infatti M

d2 G = F e + ©e : dt2

(6:40)

In questa forma l'equazione esprime il Teorema del moto del baricentro: Il baricentro di un qualunque sistema meccanico si muove come se in esso fosse concentrata tutta la massa e ad esso fossero applicate tutte le forze attive e vincolari esterne. 148

Abbiamo cosµ³ ricavato la prima equazione cardinale della dinamica, nelle due forme equivalenti (6.39) e (6.40). Osserviamo che in virtµ u di questa equazione le forze attive e vincolari interne non hanno alcun e®etto sul moto del baricentro, mentre le forze attive e vincolari esterne hanno e®etto solo attraverso il loro risultante. Consideriamo ora un punto O1 qualunque, non importa se ¯sso o mobile rispetto all'osservatore Oxyz. Il momento della quantitµa di moto del punto (Ps ; ms ) rispetto al polo O1 per de¯nizione µe K s (O1 ) = ms v s £ (O1 ¡ Ps ) : Derivando si ha dK s (O1 ) dO1 = ms as £ (O1 ¡ Ps ) + ms v s £ ; dt dt dPs in quanto evidentemente nullo. dt Sommando sugli N punti, e ricordando che −i (O1 ) = ªi (O1 ) = 0, si ottiene dove si µe omesso di mettere il termine ¡ms v s £

´ dO ¢ ¤ ³X dK(O1 ) X£¡ 1 = F es + F is + ©es + ©is £ (O1 ¡ Ps ) + ms v s £ dt dt s s = −e (O1 ) + −i (O1 ) + ªe (O1 ) + ªi (O1 ) + Q £

dO1 ; dt

ossia dK(O1 ) dG dO1 = −e (O1 ) + ªe (O1 ) + M £ : dt dt dt

(6:41)

Questa equazione µe detta seconda equazione cardinale della dinamica. Se il polo O1 µe ¯sso, oppure coincide con G, oppure ha velocitµa parallela a quella di G, allora l'ultimo termine di (6.41) µe nullo, e si ha dK(O1 ) = −e (O1 ) + ªe (O1 ) : dt

(6:42)

Questa equazione esprime il Teorema del momento delle quantitµa di moto: la derivata del momento delle quantitµa di moto di un qualunque sistema meccanico, rispetto ad un punto ¯sso o al baricentro o ad un punto con velocitµa parallela a quella del baricentro, µe uguale al momento risultante delle forze attive e vincolari esterne. Le due equazioni cardinali della dinamica (6.39) (o (6.40)) e (6.41) sono necessariamente soddisfatte durante il moto di un qualunque sistema meccanico. Supposto che il sistema abbia n gradi di libertµa con parametri lagrangiani q1 ; q2 ; :::; qn , ciµo signi¯ca che esiste almeno un sistema di reazioni vincolari esterne (Ps ; ©es ), compatibili con i vincoli, che 149

assieme alle n funzioni qi (t) che descrivono il moto soddisfano in ogni istante le due equazioni. Osservazione.

Le equazioni cardinali della Statica (6.7) sono contenute in quelle della

Dinamica. Infatti, se il sistema µe in equilibrio, allora tutti i punti Ps sono fermi, e le equazioni (6.39) e (6.41) si riducono alle (6.7). Si puµo dimostrare, cosa che non facciamo, che vale il seguente importantissimo Teorema

Se il sistema materiale µe un corpo rigido, soggetto a vincoli perfetti, le equazioni

cardinali della dinamica sono su±cienti a determinarne il moto. Dunque, le equazioni cardinali delle dinamica sono necessarie e su±cienti a determinare il moto di un corpo rigido. Sottolineiamo il fatto che ai ¯ni di tale moto le forze attive e vincolari interne non hanno alcuna rilevanza, e che quelle esterne intervengono solamente attraverso i loro vettori caratteristici. Conseguenza di quest'ultima osservazione µe che se ad un corpo rigido si applicano due sistemi equivalenti di forze (ovviamente non simultaneamente!), essi producono gli stessi e®etti meccanici. 6.16 Teoremi dell'energia Gli importantissimi teoremi dell'energia giµa visti per un singolo punto materiale (vedi x5.9) si estendono facilmente ai sistemi di punti. Sia, come al solito, (Ps ; ms ); s = 1; : : : ; N; il sistema materiale. Teorema dell'energia cinetica o (delle forze vive): Il lavoro in¯nitesimo (o ¯nito) compiuto da tutte le forze applicate ad un sistema materiale µe uguale alla variazione in¯nitesima (o ¯nita) di energia cinetica. Infatti, dal x5.9 sappiamo giµa che per ogni punto Ps si ha dLs = dLs + d½s = dTs : Sommando su tutti i punti, si ottiene dL = dL + d½ = dT ;

(6:43)

e ciµo dimostra il teorema nella versione in¯nitesima. Integrando su un intervallo di tempo (t0 ; t), posto T = T (t) e T0 = T (t0 ), si ha L = T ¡ T0 ; col che il teorema µe dimostrato completamente. 150

(6:44)

Sottolineiamo il fatto che dL e L rappresentano il lavoro, rispettivamente in¯nitesimo e ¯nito, di tutte le forze (e quindi sia attive che vincolari). Se poi i vincoli sono scleronomi perfetti, allora d½ = 0 (vedi x4.29, ultime righe) e di conseguenza si ha dL = dT

oppure

L = T ¡ T0

a seconda che lo spostamento del sistema sia in¯nitesimo o ¯nito. Teorema di conservazione dell'energia (solo enunciato): L'energia meccanica totale di un sistema meccanico conservativo si mantiene costante durante il moto, ossia T +V =T ¡U =E:

(6:45)

La costante E, che rappresenta l'energia meccanica totale, si determina, come giµa sappiamo, attraverso le condizioni iniziali.

6.17 Integrali primi De¯nizione

Si de¯nisce integrale primo del moto del sistema meccanico una funzione à dei

suoi parametri lagrangiani qi , delle sue velocitµa generalizzate q_i e del tempo t, che rimane costante durante il moto, ossia _ Ã(q(t); q(t); t) ´ Ã(q1 (t); :::; qn (t); q_1 (t); :::; q_n (t); t) = C ;

(6:46)

dove C µe una costante, le qi (t) sono le soluzioni delle equazioni del moto del sistema e le q_i (t) le corrispondenti derivate. La costante C si determina attraverso le condizioni iniziali. Un primo esempio di integrale primo µe fornito dal teorema di conservazione dell'energia. Come abbiamo appena visto, esso esiste quando il sistema meccanico µe a vincoli ¯ssi e perfetti, e il sistema di forze µe conservativo. In tal caso, abbreviando la notazione, si ha _ ¡ U (q) = T0 ¡ U0 : T (q; q) Altri integrali primi possono derivare dalle equazioni cardinali della dinamica. Se accade che il secondo membro di (6.39) oppure di (6.42) ha componente nulla lungo una direzione, questo comporta l'esistenza di un integrale primo. Per esempio, dQ dQz ¢ k = 0 =) = 0 =) dt dt comporta la conservazione della quantitµa di moto lungo l'asse z. (F e + ©e ) ¢ k = 0

=)

151

Qz = Q0z = cost ;

Analogamente, dKz (G) = 0 =) Kz (G) = Kz0 = cost ; dt implica la conservazione del momento delle quantitµa di moto lungo l'asse z. (−e (G) + ªe (G)) ¢ k = 0

=)

Consideriamo ora alcuni esempi. { Il sistema solare, essendo (in buona approssimazione) un sistema isolato, cioµe non soggetto a forze esterne, ha sia F e + ©e = 0, per cui Q = Q0 , sia −e (G) + ªe (G) = 0, da cui K(G) = K 0 (G). Il primo integrale primo implica che il moto del baricentro del sistema solare sia rettilineo uniforme (rispetto alle stelle ¯sse), il secondo che il piano passante per G e normale a K 0 (G) conservi giacitura costante (sempre rispetto alle stelle ¯sse). { Una persona ferma su un piano orizzontale liscio non puµo muoversi parallelamente al piano se non lanciando un oggetto. In tal caso, se M ed m sono le masse rispettivamente della persona e dell'oggetto, e V e v le rispettive velocitµa dopo il lancio, essendo Q0 = m mv + M V = 0, si ha V = ¡ M v.

{ Il baricentro di un proiettile che scoppia (a causa di forze interne), nel vuoto (e quindi in assenza di forze resistenti dovute al mezzo) continuerebbe a muoversi dopo lo scoppio come se niente fosse accaduto. { Si consideri una ballerina come un corpo rigido ruotante attorno ad un asse z verticale. Poich¶e il peso e la reazione vincolare hanno momento assiale (lungo z) nullo, ne consegue Kz = C µ_ = Iz µ_ = cost. Ciµo signi¯ca che quando la ballerina apre le braccia, Iz aumenta e µ_ diminuisce, mentre Iz diminuisce facendo aumentare µ_ quando la ballerina porta le braccia in alto vicino all'asse. 6.18 Studio del moto e determinazione delle reazioni vincolari mediante le equazioni cardinali della Dinamica Le equazioni cardinali (6.40) e (6.42) della Dinamica, che in generale comportano 6 equazioni scalari indipendenti, permettono sempre di determinare il moto di un corpo rigido. Infatti, se n µe il numero di gradi di libertµa del corpo, µe sempre possibile ricavare dal sistema delle 6 equazioni scalari n equazioni non contenenti le reazioni vincolari che costituiscono le equazioni di®erenziali del moto del corpo. Se il numero delle reazioni vincolari scalari µe 6¡n, il che signi¯ca che non ci sono reazioni "super°ue", allora, dopo aver risolto il problema del moto, µe possibile determinare µ importante sottolineare che un numero sovrabbondante di anche le reazioni vincolari. E reazioni vincolari scalari, sovrabbondante nel senso di maggiore rispetto a quello stretta152

mente necessario per realizzare i vincoli, in ogni caso impedisce solamente di determinare completamente le reazioni vincolari, ma non di risolvere il problema del moto. Gli esempi che seguiranno potranno chiarire meglio, se necessario, queste a®ermazioni. Si consiglia di rileggere attentamente il x5.1 e il x6.7, facendo per quest'ultimo le dovute trasposizioni dal caso statico a quello dinamico. In vista dell'utilizzazione delle equazioni cardinali della dinamica ai sistemi composti, si consiglia di rileggere anche il x6.10, nonchµe il x6.11 per i problemi con attrito.

6.19 Principio di D'Alembert Consideriamo un sistema meccanico costituito da N punti materiali (Ps ; ms ). Qualunque siano i vincoli a cui esso µe soggetto e qualunque sia il sistema delle forze attive che lo sollecita, ciascun punto Ps si muove obbedendo alla legge di Newton. Valgono dunque durante il moto le equazioni ms as = F s + ©s ;

s = 1; :::; N ;

che si possono anche scrivere F s ¡ ms as + ©s = 0 ;

s = 1; :::; N :

(6:47)

Interpretando ciascuno dei vettori ¡ms as come una forza (ne ha le dimensioni), che chiameremo forza d'inerzia relativa al punto Ps , le (6.47) dicono quanto segue: durante il moto di un qualunque sistema meccanico, in ogni istante le forze attive, le forze d'inerzia e le reazioni vincolari si fanno equilibrio. Poich¶e le reazioni ©s rappresentano le azioni dei vincoli, si puµo anche dire che durante il moto di un qualunque sistema meccanico, in ogni istante le forze attive e le forze d'inerzia si fanno equilibrio in virtµ u dei vincoli. A questo enunciato si puµo dare un'altra forma osservando che si puµo scrivere F s = ms as + (F s ¡ ms as ) ;

s = 1; :::; N :

In base a questa osservazione la forza attiva agente su ciascun punto Ps puµo essere scomposta in due componenti: la prima, di vettore ms as , rappresenta la forza che sarebbe atta ad imprimere al punto Ps , qualora fosse libero, lo stesso moto che esso acquista sotto l'azione combinata dell'intera forza F s e dei vincoli; la seconda componente, di vettore F s ¡ ms as (e quindi somma della forza attiva e della forza d'inerzia), rappresenta quella parte di F s che va perduta per compensare i vincoli. Ciµo giusti¯ca il nome di forze perdute che di solito si dµa alle componenti F s ¡ ms as . Si puµo cosµ³ enunciare il Principio di D'Alembert : Durante il moto di un qualunque sistema meccanico, in ogni istante le forze perdute e le reazioni vincolari si fanno equilibrio. 153

L'interesse del principio di D'Alembert consiste nel fatto che permette di ridurre ciascun problema di dinamica ad un problema di statica: a tal ¯ne basta sostituire alle forze attive le forze perdute (o, equivalentemente, aggiungere alle forze attive le forze d'inerzia).

6.20 Equazioni di Lagrange Dato un sistema a vincoli perfetti e bilaterali, ad n gradi di libertµa e con parametri lagrangiani qk , si puµo dimostrare che valgono le seguenti equazioni di Lagrange: µ ¶ d @T @T = Qk ; k = 1; :::; n : ¡ dt @ q_k @qk

(6:48)

Si tratta di un sistema di n equazioni di®erenziali del 2± ordine nelle n incognite qk (t), che rappresentano le equazioni di®erenziali del moto del sistema. Osserviamo che per scriverle _ q) e le forze generalizzate Qk = Qk (q; _ q; t). occorre ricavare l'energia cinetica T = T (q; Associando poi alle equazioni (6.48) le condizioni iniziali fqk (0)g e fq_k (0)g, e risolvendo il corrispondente problema di Cauchy, si determina il moto del sistema meccanico. Esempio: equazioni di Lagrange per un corpo rigido con asse ¯sso. A titolo di esempio andiamo a calcolare l'equazione di®erenziale del moto di un corpo rigido con un asse ¯sso. Sia µ, angolo di rotazione del corpo, il parametro lagrangiano. Come abbiamo visto nel x6.14 (formula (6.36)), l'energia cinetica vale 1 T = Iz µ_ 2 ; 2 con Iz momento d'inerzia del corpo rispetto all'asse ¯sso. Per poter scrivere l'equazione di Lagrange serve la forza generalizzata Qµ , per ricavare la quale occorre scrivere il lavoro in¯nitesimo dL delle forze attive. Considerato un punto O1 del corpo appartenente all'asse, in virtµ u della formula (4.33), tenendo poi conto che O1 µe ¯sso, si ha dL = F e ¢ dO1 + −e (O1 ) ¢ adµ = −e (O1 ) ¢ kdµ = −ez (O1 )dµ : Dunque: Qµ = −ez ; dove si µe omessa l'indicazione del polo per l'indipendenza del momento assiale dalla scelta del polo sull'asse. Pertanto, scrivendo l'equazione di Lagrange si ha d ¡ _¢ Iz µ = −ez ; dt e quindi, mettendo in evidenza i parametri da cui dipende il secondo membro, _ µ; t) : Iz µÄ = −ez (µ; 154

(6:49)

6.21 Equazioni di Lagrange per un sistema conservativo Se il sistema meccanico µe conservativo, allora le forze generalizzate di Lagrange si ottengono dal potenziale U = U (q1 ; q2 ; :::; qn ) mediante le relazioni @U Qk = ; k = 1; :::; n : @qk Le equazioni di Lagrange diventano perciµo µ ¶ @T @U d @T ¡ = ; k = 1; :::; n ; dt @ q_k @qk @qk @U = 0, si puµ o scrivere @ q_k µ ¶ µ ¶ @U @T @U d @T + ¡ + = 0; dt @ q_k @ q_k @qk @qk

e tenendo conto che

k = 1; :::; n ;

o, equivalentemente,

¶ µ d @(T + U ) @(T + U ) ¡ = 0; dt @ q_k @qk

k = 1; :::; n :

Allora, de¯nita la funzione L = T + U , le equazioni di Lagrange assumono la seguente semplice forma

µ ¶ d @L @L ¡ = 0; dt @ q_k @qk

k = 1; :::; n :

(6:50)

La funzione L µe detta funzione di Lagrange, o piµ u semplicemente, Lagrangiana. Essa risulta _ q), e riassume tutte le proprietµa e le caratteristiche del sistema meccanico del tipo L = L(q; conservativo in questione. Infatti, nota L ed assegnate le condizioni iniziali, le equazioni (6.50) determinano il moto del sistema.

6.22 Pendolo ¯sico. De¯nizione

Si chiama pendolo ¯sico (o pendolo composto) un corpo rigido soggetto solo al

peso con un asse ¯sso nµe baricentrico nµe verticale. L'asse µe detto asse di sospensione. Sia ® l'angolo che l'asse ¯sso Oz del pendolo forma con la verticale ascendente, con O proiezione ortogonale del baricentro G sull'asse medesimo. Allora G descrive una circonferenza di centro O e raggio d = GO nel piano normale all'asse. Assumiamo tale piano come piano xy, con Ox orizzontale e Oy coincidente di conseguenza con la linea di massima pendenza (verso ascendente).

155

Si tratta di scrivere l'equazione del moto, che come abbiamo visto µe data dalla (6.49). A tal ¯ne, indicato con µ l'angolo fra il vettore G¡O e la direzione negativa dell'asse y (in modo che a µ=0 corrisponde la posizione d'equilibrio stabile del corpo), si ha mg = ¡mg sin ®j ¡ mg cos ®k ; G ¡ O = d sin µi ¡ d cos µj ; −z = mg £ (O ¡ G) ¢ k = ¡mgd sin ® sin µ : Indicato con Iz il momento d'inerzia rispetto all'asse ¯sso, l'equazione di®erenziale del moto µe Iz µÄ = ¡mgd sin ® sin µ :

(6:51)

Iz mgd sin ® g sin ® = e !2 = ; si ritrova la (5.32), cioµe l'equazione md Iz ` di un pendolo semplice di lunghezza `:

Posto poi ` =

µÄ + !2 sin µ = 0 : Il pendolo ¯sico ha dunque la stessa equazione del moto del pendolo semplice. Di conseguenza darµa luogo agli stessi moti di quest'ultimo. Naturalmente ciµo va inteso nel senso che ciascun punto del corpo rigido (compreso il baricentro G) si muove come se fosse un pendolo semplice. Osservazioni. { Per ® = 0 l'asse µe verticale e l'equazione (6.51) fornisce µÄ = 0, che implica rotazione uniforme oppure quiete. Chiaramente in questo caso il corpo non µe piµ u un \pendolo". Ä { Se l'asse µe baricentrico si ha di nuovo µ = 0, e quindi si ha ancora rotazione uniforme oppure quiete. { Se l'asse µe baricentrico o verticale ogni posizione µe d'equilibrio (equilibrio indi®erente).

156

Bibliogra¯a

Testi teorici: Cercignani Carlo, Spazio Tempo Movimento, Zanichelli. Fabrizio Mauro, La Meccanica Razionale e i suoi Metodi Matematici, Zanichelli. Gra± Dario, Lezioni di Meccanica Razionale, Patron.

Eserciziari: Bampi Franco, Benati Mauro e Morro Angelo, Problemi di Meccanica Razionale, ECIG. Augusto Muracchini, Tommaso Ruggeri e Leonardo Seccia, Esercizi e Temi d'esame di MECCANICA RAZIONALE, Esculapio.

157

Indice analitico accelerazione, 35 assoluta, 54 centripeta (o normale), 36 di Coriolis (o complementare), 55 di gravitµ a, 93 di trascinamento, 55 relativa, 54 tangenziale, 36 ampiezza del moto, 37 angoli di Eulero, 42 angolo, di nutazione, 42 di precessione, 42 di rotazione, 47 di rotazione propria, 42 angolo fra due vettori, 6 ascissa curvilinea, 31 asse, centrale di un sistema di forze, 87 di ¯gura, 65 di istantanea rotazione, 47 di precessione, 65 di sospensione, 155 elicoidale o di Mozzi, 49 assi, centrali d'inerzia, 29 principali d'inerzia, 28 atto di moto, 45 attrito, 110, 139 radente, 139 volvente, 139 autovalori di una matrice, 28 autovettori, 28

componente di un vettore lungo una direzione, 13 componenti cartesiane di un vettore, 11 composizione, degli stati cinetici, 51 di due o piµ u forze, 89 condizioni iniziali, 103, 105 con¯gurazione, 72 d'equilibrio di un punto, 108 d'equilibrio di un sistema meccanico, 125 di con¯ne, 80 interna, 80 coordinate lagrangiane, 75 coppia, d'attrito, 140 di forze, 86 elastiche, 101 corpo, deformabile, 23 omogeneo, 21 rigido, 23, 40 costante, di gravitazione universale, 100 elastica, 101 curvatura, 32 curve polari, 58 decomposizione di un vettore, 5 densitµ a di massa, 21 derivata, di un punto, 18 di un versore, 18 di un vettore, 17 diagramma orario, 37 di®erenza di due vettori, 4 di®erenziale di un vettore, 17 direzione di un vettore, 1 divisione vettoriale, 14 doppio prodotto vettoriale, 14

baricentro, 21, 93 base, 58 binormale, 33 braccio, 83 di una coppia, 86

ellissoide d'inerzia, 26 centrale, 29 energia, cinetica, 111, 145 di un corpo rigido (esempi), 147 di un punto, 111 di un sistema di punti, 145 meccanica totale, 112 potenziale, 112 epiciclo, 60

centro, delle forze parallele, 91 di istantanea rotazione, 58 di massa, 21 cerchio osculatore, 32 cerniera, piana, 139 sferica, 139 cicloide, 60 coe±cienti d'attrito, 110, 140

158

equazione, della quantitµ a di moto, 111 di®erenziale, 38 del pendolo semplice, 132 di Newton, 71, 105 vettoriale del moto, 33 equazioni, cardinali della dinamica, 148 cardinali della statica, 131 cartesiane del moto di un punto, 33 di®erenziali del moto, 105 di Lagrange, 154 per un sistema conservativo, 155 parametriche di base e rulletta, 61 equilibrio, 125 dei sistemi conservativi, 128 dei sistemi a vincoli perfetti, 127 di un corpo rigido, 131 appoggiato in un punto ad un piano, 136 con un asse ¯sso, 134 di un punto, 108 appoggiato ad un piano liscio, 109 libero, 109 vincolato ad una curva liscia, 110 vincolato ad un piano liscio, 109 indi®erente, 129 instabile, 129 relativo, 122 stabile, 129 fase iniziale, 37 forma di®erenziale esatta, 99 formula fondamentale della cinematica rigida, 44 formule, di Poisson, 43 di trasformazione di coordinate, 53 forza, 68 assoluta, 70, 122 attiva, 81 centrifuga, 123 conservativa, 97 costante, 99 di Coriolis, 121 di trascinamento, 121 elastica, 100 esterna, 81 interna, 81 Newtoniana, 100 peso, 92, 124 posizionale, 97 resistente, 113 risultante, 69, 88 viscosa, 118 forze, d'inerzia, 153 ¯ttizie, 122 generalizzate di Lagrange, 94 perdute, 153

159

frequenza, 38 funzione, di Lagrange, 155 potenziale, 98 geometria delle masse, 20 glifo, 60 grandezze, scalari, 1 vettoriali, 1 integrale generale, 38, 106 integrale primo del moto, di un punto, 114 di un sistema materiale, 151 invariante, di un sistema di forze, 84 di uno stato cinetico rigido, 46 ipociclo, 60 isocronismo del pendolo, 117, 120 istante, di arresto, 46 iniziale, 105 Lagrangiana, 155 lavoro, ¯nito, 95, 97 in¯nitesimo reale, 94 virtuale, 95 legge, dell'isocronismo del pendolo, 117 del moto incipiente, 108 di Newton, 71, 105 oraria del moto, 34 leggi fondamentali della Meccanica, 70 linea nodale, 42 massa, 20, 93 matrice, de¯nita positiva, 26 d'inerzia, 26 modulo di un vettore, 1 momento, assiale, 84 centrifugo, 25 della quantitµ a di moto (o angolare), 113, 142 di un corpo rigido (esempi), 143 di un punto, 113 di un sistema di punti, 142 di deviazione, 25 d'inerzia, 23 centrale , 29 polare, 28 principale, 28 di una coppia di forze, 86 di una forza, 83 risultante di un sistema di forze, 83

moto, cicloidale, 60 di un corpo rigido, 148 con asse ¯sso, 154 di precessione, 65 di piroettamento, 67 di puro rotolamento, 61, 67, 74 di rotolamento, 67 di strisciamento, 67 piano, 57 rispetto ad un suo punto, 64 rotatorio, 49 rototraslatorio, 50 traslatorio, 46 di un punto, 105, 106 accelerato, 37 aperiodico con smorzamento critico, 38 aperiodico smorzato, 38 appoggiato ad un piano liscio, 107 asintotico, 117 circolare, 39 diretto, 34 libero, 105 oscillatorio armonico, 37 oscillatorio smorzato, 38 periodico, 37, 117 relativo, 120 retrogrado, 34 rettilineo, 36 ritardato, 37 rivolutivo, 117 uniforme, 34, 36 uniformemente vario, 37 vincolato ad una curva liscia, 107 vincolato ad un piano liscio, 106 epicicloidale, 60 ipocicloidale, 60 rigido piano, 57

piano, orizzontale, 93 osculatore, 32 piccole oscillazioni del pendolo semplice, 116 polo, delle accelerazioni, 63 del momento della quantitµ a di moto, 113 del momento di una forza, 83 posizione d'equilibrio di un punto, 108 postulato delle reazioni vincolari, 81 potenza di una forza, 101 potenziale, 98 precessione, 42, 65 principio, d'azione e reazione, 71 dei lavori virtuali, 126 d'inerzia, 70 di D'Alembert, 153 problema, di Cauchy, 105 di cinematica relativa, 53 di dinamica relativa, 120 di statica relativa, 122 staticamente determinato, 132 prodotto, d'inerzia, 25 di un numero per un vettore, 2 misto, 9 scalare (o interno), 6 vettoriale (o esterno), 8 pro¯li coniugati, 59 pulsazione, 37 punto d'applicazione, 2, 68 punto materiale, 20

normale principale, 32 numero di gradi di libertµ a, 74 nutazione, 42 operazioni elementari sulle forze, 89 ordine di un'equazione di®erenziale, 38 oscillatore armonico, 120 oscillazioni, 118

raggio di curvatura, 32 rappresentazione cartesiana dei vettori, 10 reazione vincolare, 81 esterna, 82 interna, 82 regola del cavatappi, 8 relazioni di Coulomb per l'attrito, 110 risultante, 83, 88 rotazione propria, 42 rotolamento senza strisciamento, 61, 67 rulletta, 58 scomposizione, di una forza, 89 di un vettore, 5 scorrimento di una forza, 89 simmetria geometrico-materiale, 22

parametri lagrangiani, 75 pattino, 77 pendolo, ¯sico (o composto), 155 semplice (o ideale o matematico), 115 periodo, 37 peso, 92

160

quantitµ a di moto, di un punto, 111 di un sistema di punti, 141

sistema, di forze, 83 conservativo, 98 elementare, 86 interne, 90 parallele, 91 di riferimento, assoluto (o ¯sso), 53 inerziale o Galileiano, 70 mobile (o relativo), 53 solare, 66 stellare, 66 terrestre-stellare, 66 sistema materiale, 71 sistema meccanico, 71 conservativo, 128 iperstatico, 133 libero, 72 olonomo, 76 reonomo, 73 scleronomo, 73 vincolato, 72 sistemi equivalenti, di forze, 85 di riferimento, 65 somma di vettori, 2 spazio delle con¯gurazioni, 76 spostamento, 33 in¯nitesimo reale, 73 invertibile, 79 proibito, 79 virtuale, 78 stato cinetico, 45 elementare, 45 elicoidale, 45, 49 nullo, 45 rigido, 46 rotatorio, 45, 47 traslatorio, 45

teorema, di Coriolis, 55 di Huyghens (o di Steiner), 24 di KÄ onig, 146 di Mozzi, 49 di riduzione per un sistema di forze, 89 di Torricelli, 130 terna intrinseca, 33 traiettoria di un punto, 33 traiettorie polari, 58 trasformazioni di Galileo, 66 velocitµ a, 34 angolare, 39, 47 assoluta, 54 di trascinamento, 55 generalizzate, 75 relativa, 54 scalare, 34 vettoriale, 34 verso di un vettore, 1 versore, 1 normale, 33 tangente, 32 verticale per un punto, 93 vettore, 1 applicato, 2 di una forza, 68 libero, 1 nullo, 1 opposto, 2 risultante, 3, 83 spostamento, 33 velocitµ a angolare, 43 vettori, caratteristici di uno stato cinetico rigido, 46 caratteristici di un sistema di forze, 83 concordi, 2 discordi, 2 equipollenti, 1 paralleli, 2 vincolo, 72 bilaterale, 74 esterno, 73 ¯nito, 74 interno, 73 liscio (o senza attrito), 82, 102 perfetto (o ideale), 102 reonomo (o mobile), 72 scabro (o con attrito), 82 scleronomo (o ¯sso o stazionario), 72 unilaterale, 74

tensore d'inerzia, 26 teorema, della quantitµ a di moto, 148 delle forze vive (o dell'energia cinetica), per un punto, 111 per sistema di punti, 150 del momento della quantitµ a di moto, 149 del moto del baricentro, 148 di composizione delle accelerazioni, 55 di composizione delle velocitµ a, 54 di conservazione dell'energia, per un punto, 112 per un sistema, 151

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