Influenzamento e Persuasione

February 22, 2017 | Author: Giovanni Catalano Puma | Category: N/A
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Gianluigi Olivari

INFLUENZAMENTO E PERSUASIONE: 9 “SPORCHI TRUCCHI” PER VENDERE QUALSIASI COSA A CHIUNQUE (VOGLIA ACQUISTARLA)

Capitolo zero Perchè è nato questo e-book

Il mestiere della vendita è diventato, per i noti motivi, particolarmente impegnativo e i seminari formazione vendita (che costano!) sono spesso l’occasione, per chi vi partecipa, di mettere “sotto torchio” il docente per cercare di strappargli qualche ulteriore consiglio, suggerimento, parere. In particolare, per quel che mi riguarda, talvolta qualcuno mi chiede, confidenzialmente, se posso svelargli qualche “sporco trucco”, sconosciuto ai più, per raggiungere l’eccellenza nella vendita, magari facendo pure poca fatica. Non posso dire che queste richieste, meno sporadiche di ciò che ci si potrebbe aspettare, mi sorprendano, tuttavia talvolta mi stupisco che professionisti della vendita affermati ritengano ancora che la formazione avanzata sulle tecniche di vendita eccellente sia basata, appunto, su trucchi, magari anche sporchi. In questi casi solitamente mi lancio in lunghe dissertazioni sul tema del miglioramento nello svolgere il mestiere della vendita, senza avarizia per quanto riguarda consigli, suggerimenti e punti di vista. A volte, effettivamente, spunta anche qualche trucco. In realtà, diventare veramente bravi in questo mestiere richiede molte qualità, come costante applicazione, disciplina, persistenza, coraggio, entusiasmo. Dopo aver lavorato duro per migliorare, spesso i venditori che hanno raggiunto l’eccellenza si

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rendono conto che, dal loro punto di vista, la vendita è diventata un’attività facile da svolgere. Di parere opposto sono ovviamente i loro meno dotati colleghi che credono che vendere bene e tanto sia solo funzione di conoscere la tecnica più avanzata, la metodologia più nuova, il trucco più sporco. Ovviamente essere formati sulle tecniche di vendita più avanzate è indispensabile, tuttavia queste ultime nulla possono se il venditore non è disposto a rimboccarsi le maniche e a imbrattarsi un pò le mani per migliorare. Detto ciò ammetto che, per quanto riguarda le tecniche di influenzamento, anche grazie ai preziosissimi insegnamenti di uno dei

maggiori

terapeuti

del

XX

secolo,

Milton

Erickson

(http://it.wikipedia.org/wiki/Milton_Erickson), si sono fatti passi da gigante. Tuttavia anche queste tecniche di influenzamento, persuasione e fascinazione indiretta applicate alla vendita (alla divulgazione delle quali ho dato un piccolo contributo con il libro “Le parole segrete della vendita” http://www.ibs.it/code/9788861221130/cozzi-giorgio-olivari-gianluigi/parole-segrete-della-vendita.html

) nulla

possono se il venditore non è disposto a sperimentarle e a metterle in pratica con un duro lavoro di metabolizzazione, adattamento e sperimentazione. Torniamo, a questo punto, alla domanda iniziale, quella sui trucchi. In effetti questo e-book è nato per dare una risposta a tale domanda, mettendo a disposizione alcune metodologie per chi desideri conoscere migliorare le proprie prestazioni.

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Ironicamente, ho deciso di utilizzare nel titolo dell’e-book l’aggettivo “sporchi” riferito ai tanto richiesti trucchi in modo che, quando mi verrà posta la fatidica domanda, debba solo tirar fuori dalla

borsa

l’e-book

e

consegnarlo,

evitando

quindi

lunghe

dissertazioni sul fatto che migliorare costi impegno. Credo anche che, utilizzando la terminologia del cliente (il partecipante al seminario di formazione), la mia opera di influenzamento sia più efficace. Questo e-book potrebbe suggerire idee e punti di vista diametralmente opposti a ciò che, ora, giudichi ragionevole e vero, o a qualcuna delle tue convinzioni profonde. Non per fare paragoni inadeguati (ma solo per suggerire concetti) , ti ricordo che in fondo anche i contemporanei dei fratelli Wilbur e Orville Wright li consideravano solo degli srcinali, e il loro padre addirittura dei buoni a nulla inconcludenti. Consiglio quindi di leggere fino in fondo, con mente aperta e senza giudicare troppo, sino alla fine.

In

alternativa, puoi economizzare tempo e terminare qui la lettura. Se per caso decidessi di proseguire a leggere, ti consiglio di tenere ben presente ciò che troverai qui, e di applicarlo con costanza e continuità: molti altri prima di te lo hanno fatto, e ne hanno visto i risultati riflessi sui loro volumi e i loro profitti.

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Capitolo

primo

Le tecniche di influenzamento e fascinazione Nella vendita, come in tutte le interazioni tra gli individui, c’è uno strumento principe per influenzare l’altro ed accompagnarlo ad agire determinati comportamenti graditi all’influenzatore (per il venditore si tratta della firma del contratto). Tra l’altro, quando tocco questi temi parlo sempre di influenzamento indiretto; una delle modalità che vedo utilizzare più

spesso da chi vende è una forma di pressione diretta (e spesso elevata) sul buyer, per convincerlo all’acquisto. Si magnificano le qualità del prodotto / servizio e della propria azienda, si sottolinea la propria esperienza e anzianità di mercato, si enfatizzano successi e quote di mercato al momento raggiunte. Poi, la pressione prosegue elencando le numerose qualità della propria mercanzia, ed alla fine la pressione arriva al culmine estraendo (con apparente nonchalance) la copia commissione dalla borsa e ponendoci sopra la penna di traverso. Quasi tutti ricorderanno il terzo principio della dinamica (http://it.wikipedia.org/wiki/Dinamica_(fisica):

ad ogni azione corrisponde una

reazione uguale e contraria. Galileo e Newton sarebbero forse stupiti di apprendere che, almeno nella vendita, questa legge (in caso di corpi relativamente grandi e velocità relativamente basse ritenuta universale) non è completamente vera. Qui da noi, sul marciapiede, il terzo principio ha subito una variazione, ed è

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diventato: ad ogni azione corrisponde una reazione maggiore e contraria. In parole povere, se il potenziale venditore applica una pressione, il potenziale acquirente risponde con una pressione contraria, di maggior entità! Queste resistenze vengono spesso definite barriere difensive o resistenze all’acquisto. Il processo di vendita diventa pertanto un gioco a chi applica più pressione e, stando alle mie esperienze, il vincitore è quasi sempre il buyer che, nella maggior parte dei casi, resiste e non compera! Se non ci credi, prova e vedrai. Ritengo che ciò sia una delle ragioni per le quali chi non lo conosce, ritenga che il mestiere della vendita sia così difficile. Lo diventa se si usano gli strumenti sbagliati. Sarebbe un pò come pretendere di smontare il meccanismo di un raffinato orologio da polso con gli stessi attrezzi che si usano per riparate un trattore. Ciò pare sia vero anche nelle tecniche terapeutiche dove il medico, per accompagnare verso la guarigione il proprio paziente, non “spinge” bensì “tira” il paziente stesso, utilizzando le sue euristiche e i suoi bisogni, verso la guarigione. Questo è stato l’enorme contributo di Erickson che, utilizzando la potenza del linguaggio verbale (con metafore, storie, aneddoti, aforismi), paraverbale (col tono della voce, le pause, gli accenti) e non verbale (il linguaggio del corpo) riusciva là dove la maggior parte dei suoi colleghi terapeuti avevano fallito. A questo punto credo di aver già risposto io alla domanda di inizio capitolo: lo strumento è appunto il linguaggio.

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Attraverso il linguaggio è possibile utilizzare degli strumenti di influenzamento raffinati ed attuali (sono i famosi “sporchi trucchi”) per spingere all’azione chiunque. A questo punto è doverosa una precisazione: non è possibile, con tali metodologie, spingere qualcuno a fare qualcosa che assolutamente non desidera fare. Come con le tecniche ipnotiche (che non sono in grado di spingere al furto una persona onesta) anche con le metodologie di influenzamento indiretto un buyer che, per imperscrutabili motivazioni sia del tutto contrario all’acquisto, non lo effettuerà mai. E allora, mi chiederai, qual è la loro utilità? Chi vende poco può

benissimo evitare la fatica di apprendere cose nuove, e

continuare come sta facendo ora; tanto, non vendere per non vendere ... Qui bisogna chiamare in campo una precisazione che, seppur sottile, si rivela fondamentale: nella maggior parte dei casi il cliente non acquista non perchè sia di principio contario a quella merce, bensì per una miriade di motivi diversi. In realtà, i prospect che ogni venditore visita, hanno bisogno di comperare, spesso il bisogno è addirittura consapevole e forte. Chi vende salumi va dai salumieri,

che

hanno

il

bisogno

imprescindibile

di

rifornire

continuamente lo scaffale, e quindi vogliono comprare; chi vende sistemi di puntamento va a visitare i produttori di arei da guerra, che hanno un disperato bisogno di tali sistemi di puntamento (se no l’arereo a cosa serve?); chi vende investimenti visita persone

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facoltose, che passano le notti ad arrovellarsi su come investire i propri soldi in modo redditizio e sicuro, quindi hanno un fortissimo bisogno di strumenti finanziari, e non vedono l’ora di aderire a qualche buona proposta. Non credo che chi vende salumi visiti i produttori di aerei da guerra, chi vende piani di investimento visiti i salumieri (magari questo in qualche caso succede ;-)) e chi vende sistemi di puntamento visiti facoltosi signori. Quindi, posso asserire in tutta serenità che, nella maggior parte delle visite commerciali il bisogno di acquistare c’è, e magari è pure forte. E allora, mi chiederai, perchè non si vende quasi sempre? La risposta è dannatamente semplice: qualora utilizzi strumenti non completamente adeguati, il venditore lavora più per la concorrenza che per sè stesso.

Tradotto in soldoni, se il prospect non si fida

completamente, non ha ottenuto tutte le informazioni che richiede, non è del tutto convinto dal prezzo, ritiene che il tale prodotto non sia

completamente

adeguato,

non

è

stato

completamente

soddisfatto relazionalmente, comprerà si, ma probabilmente dal venditore successivo! Quindi, ciò che è scritto da qui in avanti sarà soprattutto teso a fornire qualche strumento avanzato, del tutto inutile a forzare un prospect completamente contrario all’acquisto a comperare, tuttavia molto utile per eliminare dal percorso del processo di vendita tutti gli ostacoli (mancanza di fiducia, insoddisfazione per prezzi e condizioni di acquisto, insufficiente adeguatezza percepita, presunta

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mancanza di informazioni) che impediscono ad un prospect interessato all’acquisto, di comperare. Questo è il motivo per cui il titolo di questo e-book, ad un certo punto, riporta tra parentesi le parole “voglia acquistarla”. Per

quanto

ti

riguarda,

se

è

vero

che

visiti

quasi

esclusivamente chi utilizza la tua merce, quanto seguirà potrebbe consentirti un bel balzo in avanti di prestazioni. Per ulteriori dettagli sulle tecniche di vendita più attuali, puoi scaricare liberamente questo documento di formazione tecniche vendita

avanzate

(http://www.turboformazionevendita.com/Varie/XtremeSalesPower.pdf )

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Capitolo secondo Alcuni pattern verbali influenzanti

Lo strumento del linguaggio, per influenzare, ha bisogno di essere utilizzato con alcuni accorgimenti, figure retoriche e tecniche dialettiche

specifiche e ben definite, adatte ognuna a particolari

circostanze. In questo capitolo riassumerò alcune di queste forme verbali (le più comuni) che potrai poi riprendere ed utilizzare, applicandole ai casi che i prossimi capitoli dettaglieranno. •

Truismi: si tratta di affermazioni che risultano difficili da

confutare,

in

quanto

luoghi

comuni

e/o

assolutamente vere. Esempi: o

o

Vendere è oggi molto difficile Chiunque cerca di ottenere il massimo, quando compra qualcosa

o



Fare di tutte le erbe un fascio è molto frequente

Suggestioni aperte: sono affermazioni volutamente lasciate vaghe, che chi ascolta, inconsciamente, adatta alla propria situazione, colmando le aree appunto lasciate vaghe con proprie esperienze e convinzioni. Esempi: o

o

Esistono molti modi per valutare un’azienda La troppa attenzione sul prezzo può avere molte controindicazioni

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o

Scegliere solo in base ai termini di pagamento può creare alcuni problemi nel medio termine



Ripetizioni: si tratta di aggettivi e avverbi ripetuti 2-3 volte nella stessa frase, che utilizzano una funzione della mente che tende a dare maggior peso ai termini ripetuti. Esempi: o

Questo prodotto non si guasta mai, mai, mai

o

Gli interventi del nostro customer care sono rapidi, rapidi, rapidi

o



I nostri clienti sono tanti, tanti, tanti

Metafore: è una figura retorica che, nelle sue forme più semplici, sostituisce a una parola un’altra parola legata alla prima da somiglianze. Esempio: o

Sei un falco

o

Tutti i compratori sono volpi

o

I clienti sono sanguisughe

Nelle forme più complesse, diventano vere e proprie storie (aneddoti). •

Aneddoti: storie e racconti su fatti e personaggi noti, con un finale che rinforza l’idea che l’aneddoto stesso vuol sostenere. Esempio: o

Storia del processo a Galileo, con in finale “eppur si muove” a sottolineare la correttenza delle intuizioni del grande scienziato

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o

Storia dell’assassinio di Cesare, che termina con “Anche tu, Bruto, figlio mio” a sostenere che talvolta non ci si possa fidare di nessuno



Presupposizione:

descrive

un

avvenimento

che

implica l’accadimento pregresso, o contemporaneo, di un altro avvenimento. Esempi: o

Mentre mi compila l’ordine, verifico la disponibilità del materiale

o

Durante

le

consegne

è

utile

che

la

faccia

chiamare? o

Man

mano

che

il

fatturato

aumenterà,

impareremo a conoscerci meglio •

Esempi: l’utlizzo di esempi pertinenti aiuta molto la comprensione dei concetti, e la loro metabolizzazione. Se il cliente comprende il tuo punto di vista e le tue idee, è molto più facile che aderisca. Scegli esempi veri, se possibile citane le fonti (per renderli ancora più credibili) e fa in modo che siano pertinenti.

In aggiunta a quanto visto sopra, gli aspetti semantici dei vocaboli utilizzati (anche inquadrati in un’ottica di consuetudini locali e/o dialettali) hanno un peso considerevole nell’influenzare l’interlocutore. Pensa alla differenza del dire al tuo cliente “Ha commesso un grossolano errore” e invece “Questa è un’area di miglioramento”.

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Per una trattazione maggiormente approfondita dei pattern influenzanti e loro esempi, puoi consultare un libro che ho scritto alcuni

anni

fa:

“Le

parole

segrete

della

vendita”

(http://www.ibs.it/code/9788861221130/cozzi-giorgio-olivari-gianluigi/parole-segrete-della-vendita.html )

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Capitolo terzo Come gestire comportamenti fastidiosi Se ti trovi spesso al cospetto di prospect o clienti dai comportamenti

fastidiosi, sarebbe opportuno utilizzare tecniche apposite per la gestione di tali comportamenti, per evitare “ritorni di segnale” inopportuni (il cliente è fastidioso, tu dopo un pò, anche inconsciamente, glielo fai capire, e si genera un loop dal quale risulterà difficoltoso uscire). Le persone con comportamenti fastidiosi appartengono, di solito, a diverse personalità, e non tutte sono difficili da sopportare per lo stesso motivo; quindi, bisogna prima di tutto individuare cosa, precisamente, è di ognuno di loro che disturba. Alcuni individui risultano difficili da sopportare per il tono di voce e le modalità di interlocuzione; altri magari hanno una visione della vita che ti deprime; altri ancora potrebbero avere un eloquio inarrestabile, e non lasciarti alcuno spazio per parlare. Leggendo oltre, verificherai che, in fondo, non sempre c’è bisogno di tecniche così sofisticate per gestire bene la relazione ed essere in grado di influenzare positivamente tali individui: talvolta sono sufficienti una buona dose di pazienza e la capacità di rimanere lucidi e concentrati, utilizzando nel frattempo un linguaggio opportuno. Quindi, una volta individuato l’esatto aspetto fonte di irritazione, bisogna bloccare tale comportamento.

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Educali: assumi un comportamento distaccato, usa modalità di interlocuzione formali, utilizza feedback di correzione tutte le volte che cadono nel “vizietto”. Per far ciò, meglio usare un linguaggio

indiretto,

a

base

di

aneddoti

o

metafore.

Costruiscitene in anticipo un certo numero, e utilizzale a rotazione. Faccio un esempio: poniamo che tu abbia un cliente incline a pensare che “i fornitori ti fregano sempre”. Te lo dice continuamente, addirittura lo usa come intercalare. Puoi a questo punto costruirti una storia (oooppsss, aneddoto) partendo

da

un

caso

reale,

che

dimostri

il

contrario.

Parallelamente, preparati delle metafore al riguardo (del tipo “Come una chioccia cova le uova dalle quali nasceranno i suoi pulcini, così i fornitori saggi fanno il massimo per i loro clienti. Soddisfare i clienti è il miglior mezzo per rimanere a lungo sul mercato, e prosperare”). •

Tienili alla larga: se hai dei clienti che parlano continuamente e non ti lasciano spazio, anzichè interromperli più o meno brutalmente

attendi

una

pausa,

e

prendi

la

parola

immediatamente. Fai loro poche domande, se puoi (la domanda incita a parlare) e guidali con truismi e suggestioni aperte, •

Chiarisci con l’interlocutore quali soni i suoi comportamenti fastidiosi, e come fare ad eliminarli (solo se la relazione è salda): descrivi il comportamento, esplicita i sentimenti che ti genera, suggerisci una soluzione, fai vivere in anticipo i risultati. Esempio: o

Quando mi dici che tutti i fornitori sono menefreghisti... ...

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o

...penso a cosa investe la mia azienda in corsi di formazione per l’ufficio Customer care...

o

Potresti tener traccia di tutti gli omaggi che ti inviamo ed evitare quella frase così offensiva ...

o

In questo modo tu saresti ancora più cosciente della considerazione della quale godi da noi, e io eviterei di dover ascoltare ogni volta i tuoi sproloqui, ed entrambi saremmo più rilassati.

Non facendo avvicinare troppo le persone con comportamenti fastidiosi, sicuramente ne eviti la relativa contaminazione. In più hai il vantaggio di evitare

di rispondere con comportamenti reattivi, che

andrebbero a rinforzare quelli, a te poco graditi, dei tuoi interlocutori

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Capitolo quarto Come parlare fluentemente il linguaggio del

corpo Hai probabilmente già sentito espressioni come “petto in fuori, spalle dritte”, oppure “mantieni le distanze”, oppure ancora “tieni i piedi in terra” o altre simili, e forse non ti sei mai chiesto da dove derivino. La risposta è che hanno tutte a che fare con il linguaggio del corpo. Il linguaggio del corpo è quell’insieme di gesti, posture e comunicazione non verbale che ognuno usa, interloquendo con i propri simili. E’ una forma di comunicazione molto potente, in grado di influenzare l’interlocutore al di là di ogni aspettativa. Una sia pur lieve forma di controllo (per forza di cose marginale, in quanto il linguaggio del corpo, per sua natura, si presta poco ad essere manipolato) può risultare estremamente utile per influenzare in modo inavvertibile l’interlocutore. Ancora più importante è imparare a leggere i segnali emessi dagli altri, interpretandone i sottostanti stati d’animo e adeguando a ciò il livello della comunicazione. Se stai pensando a come regolare la tua comunicazione non verbale per influenzare il cliente che hai di fronte, continua a leggere e te ne farai un’idea.

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Prima di tutto posso dire che i segnali del linguaggio del corpo non sono quasi mai univoci, ovvero sono passibili di più di una interpretazione, a seconda del contesto. Viso, mani, braccia, torso, gambe e piedi sono spesso libri aperti sui sentimenti e gli stati d’animo, tuttavia consiglio sempre di non considerare solo un segnale, ma di interpretare la maggior parte dei segnali emessi, per poterne desumere un quadro maggiormente veritiero. Qui presenterò i segnali più forti ed evidenti, in una buona misura indicativi anche se considerati da soli. Per una trattazione più approfondita puoi scaricare gratuitamente l’e-book “Tecniche di vendita inconsce” (www.turboformazionevendita.com/landing1.htm ) Cominciamo con la distanza che decidi di mantenere con l’interlocutore: una distanza breve è indicatrice di una maggior confidenza e cameratismo, una distanza maggiore sottolinea una relazione più formale. L’angolo che forma il tuo corpo con quello dell’interlocutore, stando uno di fronte all’altro, spesso è un vicolo cieco: se è attorno a 90° potrebbe indicare un tuo apprezzamento per l’altro: lo trovi interessante e familiare. Se si avvicina ai 180° potrebbe invece esprimere freddezza o addirittura un atteggiamento ostativo e di contrapposizione. Il contatto oculare è uno degli aspetti di maggior rilevanza nel comunicare con gli altri. Guardare l’interlocutore negli occhi (per circa il 70% del tempo che dura la conversazione) è un segno di rispetto e attenzione.

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Forse hai già sperimentato la vicinanza di un interlocutore che ti parla guardando da un’altra parte, o sbirciando l’orologio di tanto in tanto, oppure fissando il soffitto o il pavimento. Che impressione ne hai tratto? Forse il tuo interlocutore non ti è apparso così concentrato nell’ascoltarti, vero? In aggiunta, spesso chi sta mentendo non guarda negli occhi l’interlocutore. Anche la posizione della testa dice molto. Per dimostrare fiducia e autorità, tieni la testa eretta sul collo; questo, all’altro, dice: “Prenimi seriamente, so quello che dico”. Per mostrare confidenza, amicizia o molto interesse per chi hai di fronte, sposta la testa leggermente di lato, non importa se a destra o sinistra. Anche i movimenti dei muscoli della bocca sono indicatori abbastanza affidabili di ciò che passa per la mente delle persone: serrare le labbra o muoverne gli estremi spesso indica non completo accordo, e il trattenere un commento.

Senza contare

che, guardando la bocca del tuo cliente, puoi certamente dire se lo stai interessando o no. La stretta di mano fa parimenti parte di quei segnali corporei che sono considerati maggiormente indicativi. Nessuno ama stringere una mano che sembra un fascio di spaghetti scotti, e nessuna stretta di mano dovrebbe essere una gara a chi stringe di più. Molte persone non sanno bene cosa fare con la loro mano, dopo aver stretta quella dell’interlocutore, soprattutto se si tratta di una persona mai incontrata prima. Spesso tendono a giocherellare

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con orologi e braccialetti, oppure a stringersi nervosamente una mano con l’altra. Una buona stretta di mano, che comunichi empatia e calore, andrebbe effettuata porgendo la mano aperta a coltello, prendendo interamente la mano dell’interlocutore, con una stretta di media intensità, evitando scuotimenti accentuati. Il tutto dovrebbe durare, idelmente, 1 o 2 secondi. Per maggiori dettagli, puoi leggere l’articolo

“L’arte

sottile

della

stretta

di

mano

(http://www.turboformazionevendita.com/articoli/stretta_mano.htm ). Nel corso di un dialogo, entrambi gli interlocutori emettono e ricevono continuamente segnali corporei di questo tipo, che molto spesso sono difficili da controllare consciamente. Ovviamente le percezioni di ogni interlocutore, relativamente all’altro, sono fortemente condizionate da tali segnali. Apprendere a rilevarli, se non a modificarli almeno in piccola parte, può essere di grande aiuto nell’attività di influenzamento di un prospect o di un cliente, e può consentire di parlare un pò più fluentemente il linguaggio del corpo.

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Capitolo quinto La potenza del significato delle parole

Qualcuno dimostra di non esserne cosciente, ma le parole che ronunciamo nel corso della giornata sono passibili di interpretazioni diverse, anche se apparentemente il loro significato è simile, se non identico. Preferiresti sentirti dire di essere “sottile” o di essere “snello”? Pur essendo i termini sinonimi, il secondo porta con sè

una

maggior carica di positività, in quanto di solito viene associato a concetti quali la salute e la buona forma fisica. Anzichè dire a qualcuno che ha fallito, prova a dirgli che non ha ancora raggiunto il proprio obiettivo. Capita l’antifona? Cerca di esprimere lo stesso concetto utilizzando i termini più positivi e incoraggianti che ti vengono in mente. Un buon esempio di ciò, chemi viene in mente, è relativo al sales manager di un’azienda per la quale ho effettuato numerosi corsi di formazione per il middle management e per i venditori. Questo signore aveva l’abitudine di apostrofare i propri collaboratori dicendo loro: “Bianchi (nome inventato, nda) vende molto meglio di lei, e commette meno errori quando si trova di fronte al cliente”. Ovviamente l’intenzione era positiva, di stimolo per crescere professionalmente, magari anche di aiuto nel far rilevare al venditore eventuali pecche comportamentali. Peccato che le persone oggetto di tali commenti si sentissero offese, ed anche la loro autostima subiva forti scossoni. Il risultato finale era di

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deprimere ancora di più le loro prestazioni. Quel tal signore avrebbe potuto dire la stessa cosa in maniera molto più stimolante e meno offensiva: Rispetto a Bianchi, qui qui e qui ha ancora la possibilità



di migliorare parecchio Ha



queste

aree

comportamentali

da

sviluppare

ulteriormente, rispetto a Bianchi Qui, qui e qui può evolvere professionalmente ancora di



più Il significato è lo stesso, l’impatto sul morale del venditore è completamente diverso: le esperienze che derivano da un giudizio negativo o da una condanna possono avere effetti devastanti sul morale delle persone. E’ un pò come educare i propri figli: non è instillando timori o peggio, paure, che li si motiva. E’ molto più efficace puntare su ispirazione,

incoraggiamento,

energia

che

li

si

fa

crescere.

Ovviamente lo stile della comunicazione e la scelta dei vocaboli deve tener presente tutto ciò. E’ addirittura possibile assegnare ai figli (ed alle persone in generale) qualità che ancora non posseggono: dando loro fiducia e rendendo tangibile il fatto che il genitore

creda

nella

presenza

di

tratti

comportamentali

d’eccellenza, li si aiuta ad avvicinarsi, se non ad acquisire, tali caratteristiche virtuose. Anche con i clienti funziona alla stessa maniera: dì loro che sei certo che, con la tecnica appropriata (che tu suggerirai) sono

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perfettamente in grado di vendere il tuo prodotto, e diventerà molto probabile che lo facciano effettivamente. Puoi anche usare delle opportune suggestuioni aperte o delle presupposizioni abilmente costruite. Motivali con l’ispirazione, non con il timore. Fornisci consigli che derivino dalla comprensione e dall’empatia, e non dall’astio e dalla rabbia. Pensa prima di parlare: molte relazioni sono state rovinate da una inopportuna scelta di vocaboli. Molte persone parlano troppo apertamente, senza filtrare opportunamente ciò che dicono, adattandolo all’interlocutore., e senza dividere i termini motivanti da quelli sabotanti. La scelta delle parole è uno strumento molto potente: il loro uso appropriato, a volte, può fare miracoli!

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Capitolo sesto Il paraverbale nell’influenzamento indiretto

Uno degli elementi più importanti della comunicazione paraverbale è la sua capacità di influenzare le percezioni e le decisioni degli individui. E’ un tipo di influenzamento molto indiretto, non rilevato dal destinatario, eppure in grado di orientarne le scelte in modo a volte estremamente evidente. Il paraverbale comprende tutte quelle tecniche che esulano dalla scelta dei vocaboli e dalla semantica, e punta ad un uso sapiente delle accentature, delle variazioni di volume dell’eloquio, delle enfasi, delle pause. Una semplice frase, come “Io non posso assicurarti ciò” è in grado di assumere molti significati, per esempio in base a dove viene posta l’enfasi: -Io non posso assicurarti ciò (ma qualcun altro probabilmente può farlo) -Io non posso assicurarti ciò (non esiste nessun modo perchè ciò accada) -Io non posso assicurarti ciò (se sei fortunato ti accadrà) -Io non posso assicurarTi ciò (ma posso assicurarlo a qualcun altro) -Io non posso assicurarti ciò ( ma posso assicurarti altre cose) Le frasi così gestite col paraverbale possono avere significati completamente diversi da caso a caso.

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Un altro metodo di utilizzo del paraverbale (io la chiamo così per

comodità,

tuttavia

non

è

una

tecnica

completamente

paraverbale) per assicurarsi il consenso di terze parti è il fare aderire l’interlocutore ad una certa idea, come se fosse stata sua. In questo c’è effettivamente un pò di manipolazione, e non tutti sono d’accordo ad utilizzare tale modalità. In tutti i modi, funziona. In pratica, si tratta di riformulare con lievi variazioni (ad esempio, durante una negoziazione) ciò che l’altra parte asserisce di desiderare, e poi dimostrare come farai per fargliela ottenere, tramite la proposta che hai già effettuata. Se puoi fare ciò, ti assicuri un punto di vantaggio difficilmente rimontabile. Provo a fare un esempio: mettiamo che tu stia vendendo un’auto usata ad un cliente. Dopo aver ascoltato quali sono i desideri del cliente, riformulali con parole tue, adattando in maniera impercettibile i desideri alle caratteristiche dell’auto che hai a disposizione. Il cliente farà un pò di fatica a dire di no, in quanto avrà la sensazione che i suoi desideri possano essere soddisfatti dalle caratteristiche dell’auto in predicato. Più la riformulazione è accurata (aderisce a ciò che il cliente ha effettivamente detto) e meglio il tutto funziona. Per quest’ultimo punto, ripeto, c’è da valutare anche il fatto etico; tuttavia, nel processo di vendita, è abbastanza raro che ci sia una perfetta aderenza tra le caratteristiche di un prodotto e i bisogni espressi dal potenziale acquirente: un pò di “mismatch” è particolarmente

frequernte,

e

probabilmente

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al

venditore

è

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assegnato il compito di stiracchiare un pò le caratteristiche, per renderle completamente accettabili dal cliente. L’ultimo aspetto che desidero sottolineare, per quanto riguarda il paraverbale, è rappresentato dalle pause. So che alcuni uomini di vendita le temono: il timore pare derivare dall’apparente vuoto di comunicazione che si crea, e che può venire valutato ansiogeno dal venditore stesso. A volte il silenzio è temuto in quanto dà al cliente la possibilità tecnica (nessuno sta parlando) di fare obiezioni, viste con timore dal venditore insicuro della propria proposta. In realtà il silenzio è una potente arma di sottolineatura di una certa situazione: può essere un concetto appena espresso, un richiamo all’attenzione, un dissenso espresso indirettamente. Il silenzio, la pausa, fanno riflettere, richiamano all’ordine, forniscono il tempo necessario ad elaborare una reazione adeguata. Provalo, subito dopo aver enumerato i vantaggi,per il tuo cliente,nell’accettare

l’offerta

che

stai

proponendo.

Magari

accompagnalo con un bel contatto oculare e un (appena accennato) spostamento del capo verso sinistra. Poi guarda cosa succede. La mia esperienza mi dice che, così facendo, presto inizierai a considerare il silenzio come un tuo alleato.

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Capitolo settimo La persuasione attraverso il parlare in pubblico

Desideri aumentare le tue abilità di persuasione di un uditorio numeroso? Forse hai già fatto l’esperienza di parlare in pubblico, e non hai ottenuto ciò che avresti voluto. Forse hai bisogno di aumentare

le

tue

competenze

nel

catturare

l’attenzione

dell’uditorio, forse desideri migliorare nel gestirne le eventuali obiezioni, oppure ancora hai bisogno di perfezionare le tue abilità nel chiamare all’azione le persone. Qui a seguire troverai i tre aspetti che ritengo maggiormente significativi per riuscire a influenzare positivamente l’uditorio, anche nel caso di gruppi numerosi. Il primo aspetto è rappresentato dal linguaggio del corpo, già precedentemente discusso. Una parte molto importante del processo di comunicazione viene veicolata dal non verbale, al quale l’uditorio risponde sempre benissimo. Per connettersi efficacemente all’uditorio il non verbale rappresenta un ottimo veicolo. Include il contatto oculare, il gesticolare con gli arti superiori e il capo (con moderazione), la postura e l’eventuale deambulazione nello spazio disponibile, e comprende anche l’utilizzo di tecniche paraverbali, quali i silenzi e le pause, l’enfasi, le sottolineature. In generale, il parlare efficacemente in pubblico dovrebbe soddisfare tre condizioni: ethos, pathos, logos. Possiamo tradurre questi tre aspetti dicendo che un oratore efficace dovrebbe essere vero, coinvolgente, logico.

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Cose significa vero? Significa che il suo comportamento e i suoi

segnali

non

verbali

dovrebbero

confermare

ciò

che

verbalmente sostierne. Per esempio, nel caso di un seminario di formazione tecniche di vendita, il trainer, per essere credibile, ha l’obbligo di dimostrare buone capacità di vendita in pratica. Oppure, in un corso di formazione su come arricchirsi legalmente in cinque mosse il docente non dovrebbe arrivare su una scassata utilitaria. Coinvolgente: specialmente per gli interventi che durano ore, se non giornate intere, il trainer deve essere in grado di tener desti l’attenzione e l’interesse dell’uditorio, attraverso una preparazione accurata degli argomenti, e attraverso, nuovamente, un sapiente uso del linguaggio paraverbale e non verbale (possiamo chiamarlo anche un meta-uso di tali tecniche: il paraverbale e il non verbale per essere efficaci nel paraverbale e nel non verbale!). Anche lo scenario e la logistica concorrono a far sì che il trainer sia coinvolgente: una sede di buon livello, servizi efficienti ed efficaci, buon coordinamento dell’incontro sono essenziali per coinvolgere e far star bene i partecipanti. Per finire, la logica: sta a significare che le argomentazioni utilizzate per “vendere” idee, concetti ed azione debbono essere presentate in maniera coerente, comprensibile ed efficace. Tesi, discussione, esempi, chiamata all’azione, tutto deve essere legato da un filo rosso di logica e comprensibilità tale da muovere l’uditorio. Ancora una volta la preparazione a monte la fa da padrona.

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Ho l’abitudine di definire questi tre aspetti riferendomi allo speaker che, idelmente, per essere efficace, dovrebbe risultare vero (la coerenza), bello (il coinvolgimento) e bravo (la logica e le argomentazioni). Queste ultime possono efficacemente essere rinforzate da pattern verbali come le ripetizioni, le suggestioni aperte e i truismi, sapientemente inframmezzate all’interno del discorso. Un ultimo aspetto è relativo all’evitare, per quanto possibile, di leggere ciò che si dice. Un trainer risulta molto più efficace se parla senza leggere. Lo so, parlare magari un’ora o due mandando a memoria il tutto necessita di un pò di lavoro iniziale, ma ti assicuro che ne vale la pena. Altrimenti perchè chi si occupa, ad esempio, di training formazione tecniche vendita dovrebbe impegnarsi per tener banco uno, due e talvolta anche tre giorni di fila senza mai declamare neanche una riga letta, bensì andando solo a memoria? Il secondo aspetto da considerare è relativo ad un tema già fuggevolmente toccato al punto precedente: la preparazione a monte. Questo elemento non sarà probabilmente mai sottolineato a sufficienza: lo studio dell’argomento trattato, e la conoscenza che ne deriva, fornisce sicurezza e autorevolezza allo speaker. Spesso, durante le conferenze di vendita, ci sono momenti lasciati a disposizione

dell’uditorio

per

porre

quesiti.

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Una

completa

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padromanza dell’argomento consente allo speaker di influenzare l’uditorio (attraverso le tecniche viste al punto precedente) in maniera efficace. Poche cose risultano più credibili di un argomento trattato con completezza e profondità, e basato su idee e fatti rilevanti. L’interattività, in incontri di questo tipo è ridotta al minimo, quindi lo speaker dovrebbe realizzare che ogni argomento utilizzato va sapientemente scelto e calibrato, altrimenti si rischia di apparire stereotipati o peggio, di enunciare concetti non coerenti, quando non addirittura contraddittori. Quindi, ancora una volta la preparazione è un aspetto chiave. Decidi quali sono gli obiettivi dell’incontro (se vendere direttamente, far accettare una prova del prodotto, fissare un appuntamento a casa dei partecipanti) e sulla base degli obiettivi decidi ciò che dirai. Prepara alcuni argomenti di fondo, utilizza dei fatti a supporto e testimonianza, e prepara la chiusura

dell’incontro con una

chiamata all’azione. Scrivi il tutto, imparatelo bene, e fai role play di fronte allo specchio, o a qualcuno compiacente e paziente. Ripeti fin che non sei

completamente

soddisfatto,

provando

a

fondo

anche

il

linguaggio non verbale. Il terzo aspetto è relativo al creare, nei primi istanti dell’incontro, un efficace contatto con i tuoi ascoltatori, qualunque sia il loro numero (non è del tutto vero che se l’audience è numerosa ciò risulti più difficile).

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Nell’arte della retorica, gli antichi romani chiamavano ciò captatio benevolentiae

(http://it.wikipedia.org/wiki/Captatio_benevolentiae ): si

tratta di argomenti sapientemente inseriti nei primi istanti del discorso, per predisporre favorevolmente l’uditorio. Per esempio, nei corsi di formazione vendita che tengo questo aspetto è ritenuto di grande rilevanza. Considera l’uditorio la cosa più importante: in fondo, le persone sono lì per te, per ascoltari e ti danno tutta la loro disponibilità. Riuscendo a convincerli di ciò che sostieni, valorizzerai al massimo il tuo e il loro tempo. Devi creare un canale di comunicazione fluido per poter porgere efficacemente i tuoi contenuti; usa quello che credi più opportuno, inclusi metafore, aneddoti, suggestioni aperte. Il micro-obiettivo di questa attività iniziale è creare un clima di empatia e consapevolezza per l’uditorio, circa ciò che dirai, e far passare il concetto che quello che l’uditorio stesso ascolterà sarà molto importante. Queste saranno le fondamenta perchè tu possa proseguire efficacemente. Per finire, in una presentazione persuasiva di vendita, tu oratore dovrai prendere per mano il pubblico e condurlo passo passo attraverso stati d’animo che culminino nell’azione che, alla fine, chiederai di effettuare. Solo in questa maniera ti garantirai il successo.

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Capitolo ottavo Tecniche di persuasione per clienti insoddisfatti

e irritati Le tecniche di persuasione indiretta sono essenziali nella vendita e anche nelle attività di formazione tecniche di vendita è necessario utilizzarle, per motivare i partecipanti all’utilizzo, nella loro attività, dei modelli performanti visti in aula. Avere a che fare con un prospect o un cliente poco collaborativo, irritato o addirittura ostativo è affar comune quando si vende: trovare delle modlità efficaci per gestire tali stati d’animo ti consentirà di migliorare i tuoi risultati. Come esattamente alleviare disinteresse o addirittura furia di un cliente nei tuoi confronti, nei confronti del prodotto, del customer care, della tua azienda? Questa è una delle applicazioni per le quali padroneggiare almeno alcune delle tecniche di persuasione indiretta può tornare particolarmente utile! Dato che la professione del venditore, quanto ad impegno, non è esattamente una passeggiata in un parco, capiterà quasi certamente che tu sia investito, anche con una certa violenza, dall’insoddisfazione di qualche cliente; in tutti i modi, se succederà, tranquillizzati pure: è assolutamente normale, capita a molti. La cosa importante è gestire la situazione in maniera ottimale, evitando di perdere il controllo e mantenendo i nervi saldi.

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La prima cosa che ti suggerisco è un atteggiamento paziente e gentile, tuttavia fermo: vai alla caccia di quell’aspetto specifico che ha srcinato il comportamento del cliente. Perchè non è interessato? Si lamenta del servizio, ritiene che tu o la tua azienda abbiate mancato in qualcosa, qualche consegna in un momento critico non è andata a buon fine, non è stato rispettato un elemento contrattuale? Chiedi con molta gentilezza di esporti la problematica, e cerca di approfondire con il cliente che danni ha sofferto: parla poco e ascolta molto, non interromperlo e, alla fine della sua spiegazione, chiedi se per caso ci fosse dell’altro. L’obiettivo di questa attività è estrarre tutte le informazioni possibili dal cliente (ciò che fai qui assomiglia un pò alla fase di emersione dei bisogni in un colloquio di vendita). Fai di tutto per separare i fatti dalle sue opinioni. Spesso questa ricerca dei fatti, da sola, basta a calmare un cliente irritato: in fondo cercava solo un’occasione per essere ascoltato, e riversare il proprio risentimento su qualcuno. Quando i punti chiave sono emersi, riformulali con le tue parole, per fargli capire che hai compreso, e cerca di simpatizzare: potresti dirgli che comprendi il suo risentimento e forse, al suo posto, avresti reagito così anche tu. Ricordati, fin qui il cliente è stato alimentato dalle emozioni e la logica nulla può nei confronti di chi ha perso la calma. A questo punto, la persona dovrebbe aver riguadagnata una certa tranquillità; in caso contrario, lascia pure che continui a

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inveire anzi, stimolalo addirittura con brevi domande del tipo: “Cosa altro c’è”, “che altro desidera segnalarmi”, ... Quando una certa pace è riguadagnata, procedi con la fase successiva, che è quella delle scuse (scusati una volta sola magari a nome della tua azienda, anche se non hai colpa, e poi evita di ripetere le scuse stesse) e della ricerca della soluzione. Assicuralo che userai tutta la tua influenza per accomodare le cose (e poi fallo sul serio!); spiega precisamente cosa farai per risolvere e magari cita un paio di esempi nei quali ciò sia successo. La terza fase consiste nel concordare una modalità per tenerlo informato dei progressi della soluzione. Chiedi a lui cosa preferisce in termini di frequenza e modalità di contatto e informazione. L’ultima fase, prima di lasciare il cliente, “disaccoppiarlo”

completamente

dal

problema

consiste nel di

cui

sopra,

focalizzandolo invece su qualcosa che sai gradisca. Questo è essenziale in quanto, se rimane in uno stato d’animo di non soddisfazione, anche se in forma latente, appena te ne vai (e quindi cessa la tua azione “terapeutica” ) tale stato d’animo negativo potrebbe riprendere il sopravvento, vanificando in parte il lavoro che hai appena svolto. Aiutalo, con truismi e suggestioni aperte, a richiamare stati d’animo positivi che sai che ha vissuto per merito tuo, del tuo prodotto, della tua azienda; aiutalo a ri-generare un senso di soddisfazione e appagamento per qualche prodotto o servizio che gli hai venduto in passato.

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Questa fase di elicitazione di uno stato d’animo particolare risulta un pò più complessa, tecnicamente, delle fasi precedenti: per approfondire l’uso di alcuni pattern verbali influenzanti , puoi leggere

il

già

citato

“Le

parole

segrete

della

vendita”

(http://www.libreriauniversitaria.it/parole-segrete-vendita-riescono-migliori/libro/9788861221130 ). Queste tecniche hanno il massimo impatto se utilizzate di persona; si possono usare anche telefonicamente, tenendo conto di qualche difficoltà in più in quanto il telefono è un mezzo di comunicazione piuttosto

“freddo” (il contenuto di informazione di

una telefonata è enormemente inferiore a quello dello stesso discorso fatto di persona) e quindi col telefono dovrai essere particolarmente efficace per ottenere lo stesso successo. Questo modello assomiglia molto a quello che presento, nei corsi di formazione tecniche vendita, per la gestione delle obiezioni: anche in quel caso c’è una prima fase basata sull’emersione dei fatti (utilizzando intelligenza emozionale e tatto), sulla gestione dei fatti stessi e infine sull’evocazione di uno stato d’animo desiderabile, quello del possesso del bene. Se desideri approfondire questo tema, puoi leggere anche l’articolo “Come Picasso gestiva l’obiezione sul prezzo” (www.turboformazionevendita.com/articoli/picasso_obiezione_prezzo.htm ) Utilizzando le tecniche viste sopra, nella sequenza presentata , sarà possibile arrivare ad obiettivo naturalmente ed in maniera fluida, recuperando un cliente insoddisfatto, e magari trasformandolo successivamente in uno dei tuoi migliori clienti.

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Capitolo nono La tecnica di persuasione indiretta più potente:

gli aneddoti Nei pattern linguistici influenzanti dei quali ti ho parlato all’inizio dell’e-book, una menzione particolare va fatta agli aneddoti che, per la loro potenza, si sono guadagnati un capitolo a parte. “Vuoi ascoltare una storia?” Spesso, quando qualcuno ti dice ciò, il tuo livello di attenzione aumenta di colpo, e ti predisponi favorevolmente per ascolatare il tuo interlocutore. Le cosiddette storie piacciono a tutti e questo ha fatto si che l’arte di raccontare aneddoti (e anche metafore, se intese come un breve racconto con un finale che presenti l’evidenza e la validità di ciò che l’oratore sostiene, anzichè una semplice sostituzione di parola) assurgesse al ruolo di principe dei modelli influenzanti. Quando racconti un aneddoto, vendi sotto la soglia di percezione del tuo interlocutore, che quindi non resiste alla tua azione, bensì spesso accoglie favorevolmente ciò che gli dici, aderendo alle tue proposte. Quando racconti una storia, abbassi le barriere difensive del cliente, fai sì che concetti complicati diventino semplici, e crei emozioni. Consenti al cliente di abbandonare per qualche istante il consueto mondo razionale, per introdurlo temporaneamente in un’altra dimensione, emotiva, immaginifica, e molto più coinvolgente. Quando il cliente si trova là, è più disponibile ad

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accogliere idee e concetti che magari prima non desiderava prendere in considerazione. Molte tecniche di vendita, oggi, fanno ricorso a questa metodologia. E’ la famosa storia “Dagli stracci alle stelle” (rags to riches) che viene spesso somministrata da pubblicitari ed aziende, per convincere le persone all’acquisto. La storia comincia col protagonista depresso e in bancarotta, e poi ri racconta come, dopo molti tentativi, sia riuscito a trovare la formula magica del successo, che è disponibile (dietro lauto compenso!) a condividere con te. Sembra incredibile, tuttavia funziona in molti casi. Ovviamente questo modello è un pò manipolativo ed eticamente non del tutto consigliabile. Personalmente, suggerisco invece storie ed aneddoti etici, veri, che guidino verso concetti ed azioni di mutua convenienza tra venditore ed acquirente. Questo modello di influenzamento non è forse parecchio più efficace che parlare direttamente di vantaggi e caratteristiche? Sicuramente sì!

Questo modello è in grado di toccare gli animi,

cambiare stati d’animo e generare emozioni. Chi ascolta si sente calato nel fatto, e desidera partecipare al finale entusiasmante della storia. Per massimizzare l’impatto di questo modello, cerca di utilizzare quanto puoi tutti i sensi del tuo cliente: vista, tatto, udito, magari anche olfatto e gusto (soprattutto se vendi prodotti alimentari ;-)) possono partecipare alla creazione d’esperienza.

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Per onor di cronaca, esistono alche i contro-aneddoti: si tratta di situazioni che, anzichè enfatizzare il lato positivo di un certo comportamento (sempre associato ad un atto di acquisto o al possesso di un determinato prodotto) esemplificano una situazione contraria, di deprivazione da tale prodotto. In questo caso si elicitano emozioni negative. Ciò detto, confesso anche che personalmente, nei corsi formazione che tengo, preferisco lavorare su emozioni positive, e quindi consiglio di fare altrettanto, anche se sono cosciente che le emozioni negative (che derivano da una situazione di mancanza di qualcosa) sono molle motivazionali talvolta maggiormente potenti di quelle positive. Adotto questa regola per il piacere che si prova a far star bene l’interlocutore. Queste tecniche, come quasi tutte le tecniche di persuasione, trovano applicazione anche nel viver quotidiano, anche se la loro collocazione ideale è nel processo di vendita. Sono tecniche persuasive delle quali è facile, con un pò di applicazione, impadronirsi. Il consiglio che ti do è iniziare col fare un elenco delle principali obiezioni che vengono effettuate dai tuoi clienti, e preparare degli aneddoti che ti aiutino a razionalizzarle. Puoi successivamente cercarne altri che sostengano gli argomenti e i fatti che utilizzi nel corso delle tue presentazioni, e così crearti un assortimento di aneddoti e metafore da impiegare

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quando serve. Recitali prima da solo, per impadronirti bene della tecnica e risultare ancora più credibile. Dove trovare tale materiale? Per quanto mi riguarda, la principale fonte di ispirazione è l’ascolto durante i seminari di formazione che tengo regolarmente: capita spesso che qualcuno confermi, per averli collaudati personalmente, la validità dei modelli che presento. Devo solo mentalmente registrare luogo, data e persona, e l’aneddoto è pronto per essere utilizzato. Un’altra fonte è la lettura: leggendo con occhio critico romanzi, manuali ed anche riviste le occasioni di utilizzare qualche storia balzano agli occhi. Per finire, anche i fatti della vita possino servire allo scopo: parlando con le persone frequentemente si possono mettere le mani su materiale molto interessante. Impadronendoti di questa tecnica, riuscirai in breve ad elevare ulteriormente le tue abilità di influenzamento, che si rifletteranno immediatamente sulle tue vendite.

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Capitolo decimo Come utilizzare la tecnica dell’associazione per

massimizzare le vendite Ti sei mai chiesto come mai i pubblicitari e le aziende scelgano personaggi famosi e di (apparente) successo, e non persone comuni, per le loro campagne pubblicitarie? Il motivo è banale: tali personaggi, che sembrano belli, felici, ricchi, in perfetta salute spingono il consumatore ad associare l’utilizzo di un prodotto / servizio al possesso di questi loro presunti attributi. Quindi chi è esposto allo spot pubblicitario è in qualche modo condizionato a proiettare gli attributi del bello-felice-ricco di turno sul prodotto in questione. O peggio, è condizionato a ritenere che, consumando tale prodotto, magari alla lunga si assomigli al personaggio visto. E così le aziende investono somme da capogiro per far sì che il

personaggio

in

questione

usi

un

certo

alimento,

indossi

determinati abiti, guidi una certa vettura, visiti particolari località. Per inciso, ci si potrebbe anche chiedere perchè personaggi famosi accettino di pubblicizzare beni spesso così lontani dal loro mondo. La risposta pare sia che l’associazione funziona così efficacemente che non c’è bisogno di una forte correlazione tra, per esempio, lo sport praticato da un calciatore e il fornitore di servizi di telefonia che lo paga per parlare delle sue sim card.

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Come si può utilizzare tutto ciò nella vendita (questo, in effetti, potrebbe essere definito un trucco un pò sporco)? Mi sembra, tutto sommato, abbastanza semplice. Ogni venditore ha senza dubbio qualche cliente che, per dimensione, fama, anzianità di mercato, meriti di varia natura, è noto all’universo degli altri clienti comuni. Il suggerimento è quello di utilizzarlo (meglio se la cosa viene preventivamente concordata con il cliente stesso) come testimonial per parlare del tuo prodotto. Puoi chiedere una testimonianza scritta, un breve filmato, oppure puoi costruire un aneddoto o una metafora, che tuttavia si basino su un fatto vero. Se poi il successo e la fama raggiunti non sono direttamente correlati con l’uso del tuo prodotto, poco male: l’associazione funzionerà lo stesso. Qualora la relazione con tale cliente fosse salda, la richiesta di sponsorizzazione sarebbe veramente semplice da esaudire. In caso contrario, puoi provare a far leva sull’ego del cliente, magari utilizzando qualche pattern verbale influenzante (presupposizioni, truismi, suggestioni aperte). Il meccanismo dell’associazione funziona anche in un’altra maniera.

Probabilmente

conoscerai

l’esperimento

di

condizionamento condotto da Ivan Pavlov (http://it.wikipedia.org/wiki/Ivan_Petrovi%C4%8D_Pavlov): suonando un campanello mentre alimentava alcuni cani, li condusse nel tempo a salivare

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anche senza somministrazione di cibo, soltanto suonando il campanello. Forse alcuni tuoi colleghi o concorrenti già applicano questo modello, in più di una versione. Alcuni, per esempio, potrebbero invitare i loro clienti al ristorante, per costosi pranzi. Nonostante ciò richieda di investire un pò di quattrini, probabilmente l’investimento potrebbe essere largamente ripagato dai profitti derivanti dall’aver influenzato il cliente a fare ciò che il venditore desidera. Questo accade perchè il venditore stesso sa che la soddisfazione che deriva da un ottimo pranzo sarà inevitabilmente associata all’argomento del business discusso a tavola. Altri, invece, magari visiteranno i clienti a bordo di costose vetture, favorendo l’associazione tra il denaro speso per l’auto e il sottostante

successo

di

vendita.

In

questo

secondo

caso,

esisterebbe persino un doppio livello di associazione a favorire il business: quello tra il personaggio di successo (il venditore) ed il cliente, di cui l’ordine sarebbe l’indispensabile complemento. Un buon esempio di ciò è rappresentato dal tifo per il gioco del calcio: è infatti noto che, in caso di vittoria della squadra del cuore spesso i tifosi, per parlarne, usano il pronome “noi”; in caso di sconfitta, invece, non è raro che si senta far ricorso al pronome “loro”. Questi comportamenti sono fortemente correlati al bisogno dell’ego di associarsi ad emozioni positive, per diventarne alfine parte e

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poterne godere appieno, non importa se nei fatti o solo con l’immaginazione. E’ noto infatti che gli individui, più sono insicuri, più sentono il bisogno di associarsi con qualche elemento esterno, considerato desiderabile. Chi, viceversa, ottiene successo e lo sa, non prova nessun bisogno di associare se stesso con elementi esteriori che comprovino tale successo. Altri esempi di quanto sopra vengono dal mondo delle aziende: la sponsorizzazione di eventi caritatevoli associa il brand a valori etici e sociali; la sponsorizzazione di eventi sportivi lo lega invece ad altri valori, quali lo spirito di corpo, la tensione verso il risultato, la vittoria; per finire, sottolineo che l’industria del tabacco utilizza la tecnica dell’associazione in senso inverso: i testimonial che usa sono sempre ragazzoni esuberanti, in salute, energici. Tutto il contrario di ciò che provoca il fumo, ovvero perdita di salute e di energia. Diabolico. In tutti i casi, questa è una prova ulteriore che il meccanismo funzioni. Con l’impegno e la pratica l’utilizzo di questa tecnica diventerà sempre più semplice, e ti avvantaggerai usando alcune delle modalità di influenzamento indiretto più efficaci per i tuoi successi di vendita.

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Capitolo undicesimo Come l’aspettativa influenza il cliente

La vendita non è sicuramente un’attività per inesperti; non basta essere svegli,

occorre anche un buon grado di intelligenza

emozionale. Servono anche resilienza, energia, determinazione, entusiasmo. Inoltre, sarai molto avvantaggiato se conoscerai le tecniche di influenzamento indiretto. Questo capitolo ti parlerà di un modello importante nelle metodologie di influenzamento indiretto: la legge dell’aspettativa. Questa è la parola magica: aspettativa. Quando ti aspetti che una persona si comporti come desideri, e quella persona nutre rispetto per te, hai già ottenuto un buon vantaggio. Ti aspetti che tuo figlio ottenga buoni voti a scuola, e ciò accade. Dici a tua moglie che è una donna eccezionale, e lei adotta, almeno in parte, il comportamento che ti aspetti. Come funziona questo principio, e perchè è così efficace? Le persone tendono a uniformarsi alle aspettative che si hanno nei loro confronti. E’ noto un esperimento condotto alcuni anni fa nell’università di Harvard nel corso del quale, a due insegnanti di scuola superiore di recente nomina, vennero descritti i futuri allievi della classe a loro assegnata. Al primo insegnante venne detto che, in particolare cinque ragazzi della propria classe erano particolarmente refrattari allo studio; il secondo venne informato che proprio quei cinque ragazzi erano i migliori della classe. I ricercatori non furono sorpresi quando, alla prima tornata

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pagellare, il gruppo dei cinque ragazzi (studenti assolutamente nella media,

che

ovviamente

non

erano

stati

messi

al

corrente

dell’esperimento) ricevettero votazioni radicalmente opposte dai due insegnanti scelti per effettuare il test. Questo fatto fa capire come le intenzioni e le aspettative siano un potente strumento di condizionamento. Quando mi aspetto che qualcosa debba accadere, in qualche modo ne facilito l’accadimento. Ciò è particolarmente vero nelle relazioni tra persone, in quanto chi possiede l’aspettativa, inconsciamente, condiziona l’altro; in pratica adotta

lo

stesso

comportamento

che

adotterebbe

qualora

l’accadimento atteso fosse già realtà. Siccome il comportamento genera comportamento, solo il fatto di aspettarsi qualcosa da qualcuno in qualche maniera condiziona. Ciò è particolarmente vero nelle interazioni tra individui (la vendita ne è un esempio); lo è di meno per le aspettative che non sono direttamente correlate al comportamento degli individui stessi (ad esempio, i giochi d’azzardo contro il banco). La legge funziona anche al contrario: se non mi aspetto qualcosa, difficilmente riuscirò a sperimentarla. La nostra mente arriva persino alla soppressione di segnali sensoriali oggettivi, pur di uniformarsi a cosa si aspetta debba accadere. Lo sanno bene i prestidigitatori che, utilizzandola, riescono a far passare inosservati trucchi a volte grossolani. Gli effetti placebo e nocebo sono altri tipici esempi di ciò. Attraverso

l’effetto

placebo

(http://it.wikipedia.org/wiki/Placebo_(medicina)

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il

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paziente

trae

beneficio

farmacologicamente

dall’assunzione

neutre;

di

sostanze

l’effetto

nocebo

(http://it.wikipedia.org/wiki/Nocebo) funziona al contrario: la psiche del malato ne condiziona il soma a soffrire dell’assunzione di sostanze parimenti farmacologicamente neutre, ma ritenute dannose. Nel processo di vendita, tutto ciò assume una valenza importante in quanto il venditore, spesso inconsciamente, influenza il proprio cliente ad adottare il comportamento che si aspetta adotti. Questo è uno dei motivi per cui spesso si sente dire che il venditore è il primo a dover essere convinto di ciò che vende. Se ciò non accade, il venditore stesso ha già posto una pesante ipoteca (negativa) sulla conclusione della trattativa. A questo proposito, per ulteriori approfondimenti, puoi leggere l’articolo “La prima persona alla

quale

vendere

sei

tu”

(www.turboformazionevendita/articoli/la_prima_persona_alla_quale_vendere.htm ). Viceversa, convinzioni di tipo contrario ( certezza della bontà del prodotto ) aiutano ad ottenere una conclusione positiva. Possono anche aiutarti aspettative positive dei tuoi capi e dell’azienda nei tuoi confronti. Sono noti test effettuati in numerose aziende, inserendo impiegati assolutamente normali in determinati reparti, e facendoli precedere da un’informazione che li dipingeva come lavativi nel primo reparto, e come overperformers nel secondo. Ebbene, dopo un ragionevole lasso di tempo, i neoassunti hanno cominciato a performare come ci si attendeva da loro.

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Alcuni particolari ambiti, nella vendita, nei quali può essere uasta la legge dell’aspettativa: •

Regola di Parkinson: serve per abbreviare di 2-3 volte i tempi di realizzazione di un progetto o, per esempio, o di un riordino da parte dei clienti. Dì loro che ti aspetti che il riordino venga effettuato in 30 giorni (quando i tempi medi sarebbero invece di tre mesi). La “magia” in questo sta nel fatto che il lavoro sarà completato nel lasso di tempo che il cliente ritiene sia necessario. Infatti la regola di Parkinson sostiene che “ ...i tempi necessari a completare una attività si dilatano a seconda del tempo a disposizione”.



Un’altra

modalità

efficace

per

utilizzare

la

legge

dell’aspettativa è di essere il più possibile specifici. Se puoi dire al tuo cliente dettagliante: “So che lei è eccezionale nel rivendere questi prodotti. Probabilmente tra una settimana li avrà terminati” ti faciliterai l’effettuazione di un riordino, proprio tra sette giorni. •

Aspettati le aspettative del cliente: le persone basano le loro aspettative su di te con in mente vari elementi: il tuo aspetto fisico, il tuo abbigliamento, gli oggetti dei quali

ti

circondi.

Questo

è

il

motivo

per

cui

presentandosi in ordine, con abiti eleganti anche se sobri, e utilizzando accessori di buon livello susciterai

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aspettative che ti aiuteranno nello svolgimento della tua attività Tu, che ora conosci questa forza potente, puoi usarla a tuo vantaggio, nello svolgimento della tua professione. Condiziona il tuo cliente con le aspettative che hai su di lui, utilizzando le presupposizioni; digli ciò che ti aspetti, per un comune beneficio. Puoi usare i termini “Lei probabilmente saprà già che...”

oppure

“Q!uasi certamente sarà informato di ...” per usare a tuo vantaggio questo potente strumento. Convinciti del valore di ciò che vendi, e della sua importanza per i tuoi clienti; focalizzati sui grandi vantaggi per il tuo cliente, nell’adottare le soluzioni che proponi; fai tue credenze di successo circa i risultati che puoi ottenere. Così facendo, ti spianerai di molto la strada verso il successo. Qualora

desiderassi

approfondire

tale

argomento,

puoi

scaricare gratuitamente l’e-book “Tecniche di vendita inconsce” (

www.turboformazionevendita.com/landing1.htm ).

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Capitolo

dodicesimo

Considerazioni finali Nei miei corsi di formazione sono abituato a sostenere che vendere sia una professione facile. Negli stessi corsi sostengo anche il contrario. Se per caso dovessi partecipare a due miei seminari, e mi sentissi sostenere queste due posizioni, sappi che non sono impazzito. Vendere a buoni livelli è indubbiamente una attività piuttosto complessa, che presuppone molte abilità, e una certa esperienza. Allo stesso modo diventa una attività semplice, una volta che il venditore sia formato sugli aspetti fondamentali della vendita stessa,

sia abituato ad una preparazione meticolosa e

assidua e disponibile al cambiamento continuo. Corsi di formazione, libri, risorse internet: tutto ciò può contribuire fattivamente a mantenere adeguate le competenze, e a sostenere le prestazioni nel tempo. L’ultimo consiglio di questo e-book è quello di ricavarti qualche ora al mese, sistematicamente, per aggiornare le tue competenze professionali: è un investimento che si ripagherà infinite volte, e che troverai riflesso nei tuoi risultati di vendita. Ti ringrazio per l’interesse a leggere questo e-book, e ti formulo i miei migliori auguri di buone vendite!

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Sommario

Capitolo 0:

Perchè è nato questo e-book?

Pag. 2

Capitolo 1°: Le tecniche di influenzamento e fascinazione

Pag. 5

Capitolo 2°: Alcuni pattern verbali influenzanti

Pag. 10

Capitolo 3°: Come gestire comportamenti fastidiosi

Pag. 14

Capitolo 4°: Come parlare fluentemente il linguaggio del corpo Pag. 17 Capitolo 5°: La potenza del significato delle parole

Pag. 21

Capitolo 6°: Il paraverbale nell’influenzamento indiretto

Pag. 24

Capitolo 7°: La persuasione attraverso il parlare in pubblico

Pag. 27

Capitolo 8°: Tecniche di persuasione per clienti insoddisfatti ed irritati Pag. 33 Capitolo 9°

La tecnica di persuasione indiretta più potente: gli aneddoti Pag. 38

Capitolo 10°:Come usare la tecnica dell’associazione per massimizzare le vendite

Pag. 40

Capitolo 11°:Come l’aspettativa influenza il cliente

Pag. 44

Capitolo 12°:Considerazioni finali

Pag. 49

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