Il Randagio - Il Mostro Di Firenze (Cosi l'Avrei Catturato Se)

April 14, 2017 | Author: George Goro | Category: N/A
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IL RANDAGIO

IL MOSTRO DI FIRENZE Così l'avrei catturato se… Editrice Italia Letteraria

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CAPITOLO I - LA PROPOSTA Come al solito mi trovavo rinchiuso in una squallida cella di un carcere della Penisola. E come sempre da solo. Ma con una prospettiva certamente migliore rispetto a quella di pochi giorni prima. Infatti ero stato sottoposto al giudizio della Corte di Appello Penale avverso la sentenza di condanna emessa a suo tempo, nei miei riguardi, dal Tribunale Penale, a cui avevo giustamente, e con ragione, interposto appello. Il giudizio aveva modificato la condanna inflittami in prima istanza riducendo la pena da quattordici a sei anni concedendomi il beneficio degli arresti domiciliari a causa delle mie precarie condizioni di salute in cui versavo da parecchio tempo. Purtroppo in seguito ad un'altra condanna a quattro mesi di reclusione passata in giudicato, non potei usufruire subito degli arresti domiciliari e grazie alla noncuranza e al lassismo di chi amministra la Giustizia venni così trasferito in un altro Istituto di Pena. Non me la presi più del dovuto perché ero in attesa che mi venisse applicata la fungibilità di pena ai quattro mesi di reclusione per una custodia carceraria cautelare espiata in precedenza e che per la quale ero stato assolto per non aver commesso il fatto. Stavo sfogliando il quotidiano locale quando un articolo concernente il "mostro di Firenze" attirò tutta la mia attenzione. Mi misi a leggere con vivo interesse l'articolo che descriveva, in sintesi, gli efferati delitti compiuti dal tristo figuro che, non appagato ancora dello scempio manifestato sulle vittime indifese, infieriva ulteriormente inviando ai familiari di quest'u1time lettere il cui contenuto era inconcepibile. In altri tempi e circostanze, leggendo i diversi articoli sui vari giornali che parlavano del "mostro di Firenze", mi era balenata l'idea e la voglia di rischiare di persona, proponendomi come esca, logicamente insieme ad una ragazza, per poterlo catturare per porre fine così ai suoi atroci delitti e al terrore che aveva diffuso tra la popolazione. Ma la mia precedente situazione giuridica non mi permetteva di poter interpellare qualcuno per essere ascoltato e creduto veramente nelle mie sane intenzioni perché avrebbero potuto benissimo interpretare il tutto come una puerile scusa per evadere con la eventuale complicità stupida. E così avevo dovuto rinunciare alla possibilità di contattare qualcuno per esporre quanto mi frullava nella testa per acciuffare quell'essere spregevole e disumano, essendo ben cosciente dei rischi a cui sarei andato incontro non escluso quello di morire. E così di volta in volta, quando sul giornale leggevo articoli sul mostro, la mia fantasia prendeva il sopravvento su di me e mi portava ad avanzare le ipotesi più assurde proprio per trovare la soluzione pratica e intrappolare il mostro, Insomma desideravo di poter dare un nome e un volto a chi aveva ingenerato paura all'intera città. Quasi inaspettatamente il tempo e i fatti erano cambiati per me perché avevano giocato a mio favore. Infatti, oggi come oggi, la mia situazione era totalmente cambiata in quanto stavo ormai per lasciare definitivamente il carcere e ritornare a godermi la tanto agognata "libertà", quantunque non si trattasse di una vera e propria libertà poiché dallo stato di detenzione passavo agli arresti domiciliari. Questa realtà voleva significare che i propositi di voler catturare il mostro potevano divenire una realtà operante. Ero sempre convinto e disposto a ingaggiare una vera e propria battaglia con il mostro. Da sempre il pericolo mi affascinava e l'avventura mi seduceva. Liberatomi dal groviglio di pensieri, decisi di chiamare l'agente di custodia che prestava servizio a piano terra, ove era situata la cella in cui ero detenuto. All'agente resi noto che intendevo conferire con una certa urgenza con il maresciallo comandante. Mi rassicurò che avrebbe avvisato il capoposto. Ero sdraiato sulla branda con lo sguardo fisso al soffitto. Mille pensieri turbinavano nella mia mente. Ipotizzavo le varie soluzioni valutandone i pro e i contro circa il piano che intendevo mettere in atto per incastrare il mostro. Nel tardo pomeriggio il maresciallo, conoscendo il mio stato pietoso di salute, anziché convocarmi nel suo ufficio era venuto personalmente ad ascoltarmi in cella e con un cordiale sorriso mi disse subito: «Ciao, Randagio, cos'hai di così tanto importante da dire per farmi chiamare con urgenza?» «Ciao, maresciallo. È da diverso tempo che ho in testa come un chiodo fisso una certa cosa ma

solo adesso che la mia posizione è diversa, rispetto a qualche tempo fa, mi è possibile fare una proposta.» Feci una lunga pausa per dare respiro al mio animato discorso e consentire al maresciallo di assimilare bene il concetto. Poi ripresi a dire: «Mi necessita parlare con il dottor Rigotti del Ministero di Grazia e Giustizia. Tu lo conosci bene, quindi potresti telefonargli riferendogli di questa mia richiesta riguardante il "mostro di Firenze" di cui intendo rivelare unicamente a lui, che lasci perdere il perché di questa pregiudiziale glielo spiegherò a quattr'occhi.» Rimasi in silenzio a fissare il maresciallo che man mano che avevo parlato mi aveva scrutato negli occhi forse per cogliervi quella parte di verità che a lui interessava per concedermi fiducia. Dopodiché mi domandò decisamente: «Ma tu sei veramente a conoscenza di qualcosa? E cosa vuoi in cambio?» Senza distogliere il mio sguardo dal suo risposi: «Ciò che vorrò dire e cosa vorrò in cambio lo farò presente al dottor Rigotti.» Perciò se gli vorrai telefonare, bene, diversamente bene lo stesso. Vorrà dire che provvederò a modo mio.» «Se non ti conoscessi da tanto tempo e sapendo bene che tipo sei, con la tua posizione giuridica non tarderai ad essere trasferito a casa tua, agli arresti domiciliari, dubiterei della tua sincerità. Certamente avrai pur sempre il tuo tornaconto in questa vicenda e se mi sfugge è perché la taglia è stata ritirata e tu la libertà la stai per riavere anche se con limitazioni. Perciò nulla mi impedisce di crederti come niente mi vieta di domandarti cosa speri o cosa vuoi ottenere in compenso?» Lo guardai sorridendo e l'appagai, forse, parzialmente per la sua cortese curiosità, ben sapendo che lo avrebbe immediatamente riferito al dottor Rigotti. «Come sai» gli dissi «la mia salute lascia a desiderare, ho superato la quarantina e, benché in passato io abbia goduto momenti favolosi, oggi come oggi, mi ritrovo a mani vuote senza prospettive per il futuro. C'è solo buio davanti a me. Perciò occorre fare qualcosa per rinverdire un po' le mie tasche, per rendere più sorridente la mia vecchiaia, preferisco cogliere la palla al balzo e sarà tramite questa assurda e disumana situazione creata da quell'indegno personaggio che è stato definito il "mostro di Firenze" da cui cercherò di trarne sia l'utile che il dilettevole. Ora che ti ho accennato qualcosa, appagando la tua curiosità, vedi di non perdere altro tempo e mettiti in contatto telefonico con il dottor Rigotti.» «Se tu sei veramente in grado di fare chiudere definitivamente l'inchiesta sul "mostro" facendolo arrestare, potrai ottenere ciò che vuoi. Io personalmente farò tutto ciò che è in mio potere per agevolarti in tutto. Domani cercherò di mettermi in comunicazione telefonica con il dottor Rigotti, poi ti farò sapere. Randagio, non farmi fare brutte figure e perdere tempo!» «Tu mi conosci da molti anni e sai perfettamente che non sono il tipo che si perde nelle chiacchiere né tanto meno ho voglia di fare lo smargiasso! E poi non vedo perché dovrei mettere in discussione la mia serietà?! A domani maresciallo.» Rimasto solo ritornai a letto e dopo essermi disteso chiusi un attimo gli occhi e ripassai mentalmente tutto il dialogo che si era svolto con il maresciallo, con la speranza di poter percepire le eventuali sfumature psicologiche che avevano caratterizzato lo sguardo indagatore di lui nei miei riguardi e che in parte mi erano sfuggite durante l'animato colloquio. Dopo quasi un paio d'ore conclusi con me stesso che il dubbio rimasto al maresciallo era dovuto a questo mio nuovo modo di pensare, perché per me non si trattava di commettere un'infamità nel fare arrestare il "mostro di Firenze" poiché si trattava di una belva feroce che con i suoi atroci delitti non aveva niente a che vedere con quanto sancisce il codice di onore e di omertà concepito dalla malavita. Ma per me significava porre fine a quella serie inutile di barbari omicidi di quelle giovani coppie di amanti che nascondendosi dagli sguardi indiscreti, complice il buio della notte, il silenzio del bosco, in seno alla natura si abbandonavano per gioire di stupendi momenti d'amore. Altresì ritenevo ingiusto che un "aborto" della natura, quale era il "mostro di Firenze", potesse sconvolgere il quieto vivere di una intera popolazione! Impedire alle coppie di innamorati di godere gli intensi e indimenticabili attimi d'amore ed egli vivere ancora impunemente libero incutendo costantemente una morbosa e insana paura a tutti! O quasi! Questa misera considerazione mi infastidiva e l'impotenza dei più nel non riuscire a prendere questo ignominioso personaggio, mi procurava una indescrivibile rabbia confermando in pieno che se non ci fossero i delatori e i pentiti nelle maglie di chi amministra la Giustizia non è che ci finirebbero molti colpevoli o presunti tali! Tenendo ben

presente che sono molti gli imputati detenuti che alla fine dei vari procedimenti penali vengono assolti per insufficienza di prove o addirittura per non aver commesso il fatto! Ma è meglio che tralascio questo increscioso discorso per evitare per l'ennesima volta di essere polemico nei confronti di tutto il sistema giuridico e soprattutto di chi l'amministra! Il mio pensiero dominante era quello di guadagnarmi la libertà prodigandomi nel favorire la cattura del "mostro di Firenze". Con la libertà ci sarebbe stata per me anche una gratificazione economica oltre che morale. Questi pensieri aleggiavano nella mia mente e mi facevano sognare ad occhi aperti. Fatte le debite considerazioni abbandonai questi pensieri rivolgendo la mia attenzione ai programmi Rai che stavano per andare in onda. Rimasi incollato al televisore forse per più di due ore, dopodiché spensi il televisore e la luce e assunsi la posizione più conveniente nel letto. Ripresi a pensare a come avrei potuto costruire la trappola. Pensai alle più svariate fantasticherie fino a notte tardi. Poi sopraggiunse la stanchezza e gli occhi cedettero al sonno.

CAPITOLO II - L'ATTESA Sebbene i giorni trascorressero tranquillamente il maresciallo non l'avevo più visto né si era fatto sentire, pertanto dovevo dedurre che prima di farmi avere una risposta il dottor Rigotti voleva ponderare su ciò che al momento mi sfuggiva, oppure voleva farsi desiderare o altra ipotesi che andavo formulando poteva essere quella di mettere a dura prova la mia pazienza, per poter constatare fino a che punto poteva realmente interessarmi quanto volevo svelargli oppure, infine, che quanto avevo accennato al maresciallo non era stato preso in seria considerazione. Ma in verità a quest'ultima ipotesi non credevo molto perché trattandosi di un caso di vasta risonanza nazionale, e pertanto molto sentito e seguito da tutti, era quasi obbligato ad ascoltarmi. Non avevo fretta e attendevo lo sviluppo degli eventi. La pazienza ormai era divenuta la mia virtù. Aspettavo con fiducia e tranquillità anche perché, in ultima analisi, la risposta a tutte le mie supposizioni prima o poi sarebbe arrivata. Ogni giorno, al mattino, mi sottoponevo alla consueta fisioterapia per la difficoltà motoria degli arti inferiori. Poi, durante il giorno, leggevo o ascoltavo la radio o seguivo i programmi che venivano trasmessi dalla televisione. Di tanto in tanto, componevo con la mente il mio mosaico per far cadere nella presunta trappola quell'abominevole essere definito ormai il "mostro". Quanto avevo progettato fino ad allora francamente non mi dispiaceva perché mi faceva sempre più intravvedere uno spiraglio positivo che mi avrebbe portato ad una felice conclusione. Insomma mi compiacevo del piano che intendevo concretizzare. Questa piena convinzione mi stimolava cerebralmente a studiare il piano in tutti i minimi particolari. Tutto doveva procedere secondo la giusta direzione. Il seguito sarebbe dovuto scorrere come era stato per l'inizio senza ch'io perdessi il filo logico del discorso che avevo fatto con me stesso: vagliando il tutto con attenta riflessione perché non solo dovevo trovare una giusta e definitiva soluzione convincente per me ma anche, e soprattutto, per dare credibilità e convincere il mio interlocutore nel prospettarglielo. Perciò la dinamica e lo svolgimento dell'esecuzione del piano dovevano inevitabilmente essere perfetti per riscuotere la piena fiducia, l'approvazione e il pieno appoggio del dottor Rigotti il quale, una volta convinto, avrebbe sostenuto presso le autorità competenti affinché approvassero il mio progetto. Mentre ero assorto in un groviglio di pensieri una voce a me nota mi scuote riportandomi alla realtà dell'istante che stavo vivendo: «Ciao, Randagio, come vai? Sei pensieroso?» Era il maresciallo. Era evidente che il tempo dell'attesa fosse scaduto e che il discorso interrotto a suo tempo dovesse inevitabilmente riprendere per arrivare al suo naturale epilogo che speravo fosse favorevole per me. Mi girai per guardare meglio il viso del maresciallo e notai che su di esso regnava un sorriso cordiale e rassicurante che lasciava intendere di avere delle buone nuove da dirmi. In lui mi sembrava di immaginare la "volpe" di Pinocchio! Mentre mi accingevo a scendere dalla branda per sistemarmi sulla sedia a rotelle dissi: «Chi non muore si rivede!» E mi avvicinai il più possibile al cancello chiuso dinanzi alla porta della cella, al limite ove si era fermato il maresciallo. Alla mia battuta fece finta di nulla e mi disse: «Non sono venuto prima poiché il dottor Rigotti non era in ufficio e poi perché ho atteso a tutt'oggi che mi facesse pervenire una risposta in merito alla tua richiesta, cosa che, ripeto, finora, non ha ancora fatto e non so spiegarmi il motivo di questo suo lungo silenzio. Eppure si tratta di un caso assai importante e delicato. Forse tarderà proprio perché si tratta di materia che "scotta".» Fece una breve pausa forse per meglio cogliere le espressioni del mio volto. Per la verità rimasi imperturbabile e impenetrabile, non volevo lasciar trasparire che la cosa mi dava fastidio. Egli riprese a dire: «Sai, io ho dovuto rendere noto tutto al magistrato di turno quanto mi avevi confidato perché così vuole la procedura anche per mettermi al riparo da una qualunque eventuale azione che ne potrebbe derivare nei miei confronti da parte di uno qualunque dei miei superiori diretti e non, poi, se vuoi, posso benissimo farti mettere in contatto con un magistrato che conosco bene personalmente. È veramente preparato e non si ferma davanti a niente e a nessuno: sa mantenere il

segreto per certe confidenze. Ti faccio parlare con lui?» L'avevo ascoltato con la massima attenzione e con il più vivo interesse fissandolo sul volto senza destare in lui la mia benché minima emozione. Non ci volle molto per capire che non dimostrasse di gradire il mio atteggiamento, mentre la mia mente stava ripercorrendo il suo discorso che mi aveva fatto e legittimavo sospetti su quello che probabilmente non aveva ritenuto opportuno dirmi. Inoltre non mi era stato difficile, in poco tempo, seduta stante, capire che stava seguendo le precise direttive impostegli dal caro dottor Rigotti. Forse non voleva essere coinvolto in un episodio e un caso così inestricabili di cui, quotidianamente, se ne occupava la stampa e i fatti di sangue erano sulla bocca di tutti. Forse si sentiva appagato della poltrona su cui ogni giorno sedeva con il proprio culo. Forse preferiva occuparsi di cose di poco conto, di fatti assai secondari rispetto al caso di viva e inquietante attualità come quello del "mostro di Firenze". Infine presi a parlare con molta naturalezza come se la cosa non mi avesse toccato e dissi: «Il fatto che tu sia ancora maresciallo non mi stupisce affatto. Ma ciò che invece mi offende è il comportamento assunto dal dottor Rigotti e come avrà fatto ad arrivare a sedersi su quella poltrona così in alto senza quel briciolo di impegno e passione che la sua responsabilità comporta. A meno che non si ricordi di me in senso negativo e mi abbia definito uno dei tanti mitomani e ciarlatani di sua conoscenza. Ma sia l'una che l'altra cosa mi lasciano indifferente. E adesso ascoltami attentamente perché non amo ripetere due volte le stesse parole. Primo: Non voglio parlare con nessun magistrato perché se il "mostro" non fa parte del suddetto entourage è almeno uno che ci marcia con quella gente ed io non voglio perdere la mia partita ancor prima di averla cominciata. Secondo: parlerò con il dottor Rigotti e con nessun altro. Terzo: non ho tempo da perdere e neanche da far perdere. Quarto: visto e considerato che qualcuno ha preso il tutto alla leggera, saprò come fare per farmi ascoltare. Quinto: riferisci pure al caro dottor Rigotti che quanto ti aveva suggerito di fare è miseramente naufragato! E così ho chiuso! Riferisci tutto e bene al dottor Rigotti. E non farti venire la malaugurata idea di portarmi alla presenza di un qualunque magistrato perché ti garantisco che ci faresti una magra figura! Ciao, maresciallo.» E mi voltai per dirigermi verso la branda. «Non è il caso che te la prenda con me! Accidenti! Io sto facendo solo il mio dovere! E tu sai perfettamente che quando posso aiutare qualcuno lo faccio volentieri.» Girai la testa e lo guardai in cagnesco dopo aver ascoltato quest'ultima frase perché sapevo bene come si era comportato molto tempo addietro con i detenuti. E vedendo il mio eloquente silenzio espresso dallo sguardo smise di parlare e se ne andò. Mi adagiai sulla branda e cercai di riposare un po' senza voler pensare a niente e anzitutto al menefreghismo di chi le cose e i fatti non lo abbiano toccato personalmente perché se fra le vittime innocenti del "mostro" ci sarebbe stato qualcuno a lui caro… come sarebbe subito accorso per ascoltarmi il caro dottor Rigotti! Non riuscivo a prendere sonno a causa del nervosismo che mi era preso subito dopo aver parlato con il maresciallo e così, dopo circa un'oretta di tentativi, mi alzai dalla branda per cucinarmi una bistecca. Mentre mangiavo il mio pensiero era rivolto a quanto mi ero prefisso di ottenere: un colloquio con il dottor Rigotti! Mi feci il caffè. Lo sorseggiai con gusto, lentamente, e in meditazione, dopo di che presi un foglio da lettera e cominciai a scrivere: Gent.mo dottor Rigotti, sono il Randagio che Le scrive e in merito al "mostro di Firenze", in quanto che ho qualcosa di veramente importante da sottoporre alla Sua cortese attenzione. Spero di poter conferire con Lei, e solo con Lei, quanto prima. Rinunci in partenza di fare sapere tutto ciò a qualunque magistrato e tantomeno di venire con uno di essi, diversamente rinuncerò ad incontrarLa. Con ossequio. Il Randagio. Avevo datato la lettera, l'avevo chiusa in una busta e l'avevo messa da parte perché l'avrei spedita l'indomani allegandola al "modello 13" dell'ufficio matricola. Il modello anzidetto è un registro a disposizione esclusivamente dei detenuti i quali vogliano comunicare con le varie autorità giudiziarie tramite corrispondenza, ben sapendo che con questo sistema nulla può andare smarrito! Dopo di che mi dedicai ad un programma televisivo, che era andato in onda, in attesa di riuscire a

prendere sonno.

CAPITOLO III - UN INCOMPRENSIBILE SILENZIO Un forte rumore mi fece svegliare di soprassalto e girare la testa verso la finestra, punto da dove proveniva propagandosi progressivamente e ritmicamente il rumore. Fu così che intravvidi subito la sagoma della guardia che stava battendo i ferri della finestra della cella. Era l'ora in cui passava la conta del mattino. Erano perciò di già passate, più o meno, le ore otto. Mi sedetti sulla branda e dopo essermi stropicciato gli occhi ed aver messo ben a fuoco la vista, mi rivolsi direttamente al capoposto e, senza preamboli, decisamente dissi: «Per favore, dovrebbe segnarmi per l'ufficio matricola, modello 13.» Il capoposto mi rispose: «Per il modello 13 ci si deve segnare con la conta del pomeriggio. Le serve altro?» «No, grazie. Allora oggi pomeriggio per il modello 13?» «È la matricola che ha disposto così perché alla sera hanno più tempo disponibile per esaudire le richieste dei detenuti. Buongiorno.» E se ne andò seguito da altre guardie. Indugiai ancora un po' piacevolmente rilassato sotto le lenzuola per prendere più coscienza del risveglio per il vero e proprio desiderio di rimanere ancora a letto. Appena mi resi conto di aver superato il momento di stallo presi decisamente ad alzarmi completamente e con l'aiuto della sedia a rotelle mi diressi verso il lavabo per preparare la caffettiera e poggiarla sul fuoco del fornello. Poi ritornai al lavabo per radermi la barba e lavarmi il viso. Stavo terminando di bere il caffè quando arrivò l'infermiere a prelevarmi per condurmi nella sala, si fa per dire, della fisioterapia. Fisioterapia che, in verità, consisteva in radarterapia, dopodiché eseguivo degli esercizi ginnici per gli arti inferiori con l'ausilio di due stampelle, ciò serviva per rieducare gli arti affinché i muscoli riprendessero la loro originaria naturale tonalità ed efficienza poiché erano quasi sul punto di atrofizzarsi per la mancanza di tutta quella logica serie di cure postoperatorie che mi erano state negate. Tuttavia non gradivo essere curato in un Centro Clinico Carcerario indegno di fregiarsi di tale appellativo. Mi rifiutavo in maniera categorica di essere ricoverato in un simile posto per la brutta esperienza fatta a suo tempo in un luogo analogo ove anziché migliorare era peggiorata la mia situazione già abbastanza precaria. In precedenza ero stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico alle varici della gamba destra e l'avevano sbagliato, pertanto mi sarei dovuto sottoporre ad un secondo intervento. In seguito perciò alle negative esperienze fatte avevo tutte le mie sacrosante ragioni di diffidare sull'esito che ne sarebbe derivato dall'operazione. E poi era assurdo e vergognoso il modo disumano con cui venivano trattati i detenuti appena operati o in via di guarigione o quelli cui necessitavano delle sole cure, da parte di tutti o quasi, metteva in seria discussione la validità del Centro Clinico stesso. La ragione per cui dovevo essere curato in un Centro Clinico Carcerario non era stata una mia libera scelta, né, tanto più, di essere finito proprio nel luogo ove avevano sbagliato a operarmi. Queste responsabilità, a mio avviso, erano da ricercarsi nell'incapacità del Ministero di Grazia e Giustizia che per lassismo e noncuranza non si era degnato di accertare quanto e se fossero veramente carenti le attrezzature del suddetto Centro e quanto per questo era massiccia la defezione del personale qualificato. Ciononostante, per l'ennesima volta, era stato ordinato il mio trasferimento in questo luogo disgraziato ove la fisiochinesiterapia non poteva essere effettuata per i motivi sopra specificati. Ma ritornando al mio caso specifico del presente reale, dicevo che quanto stavo facendo non è che mi giovasse molto ma, nel suo insieme, forse, era meglio di niente! Terminata l'ora di fisioterapia, l'infermiere mi aveva riaccompagnato alla cella. Avevo mangiato e dopo aver sfogliato e letto qua e là il giornale mi ero disteso sulla branda per schiacciare un pisolino. Mi ero svegliato proprio in tempo giusto per vedere entrare la conta del pomeriggio e così potei dire al capoposto di marcarmi per la matricola modello 13, cosa che fece senza problemi. Erano circa le ore 22,30 quando arrivò l'addetto della matricola con il modello 13 e domandò: «È lei che ha chiesto del modello 13?»

«Sì, devo allegare questa lettera in busta chiusa al modello 13 per il dottor Rigotti del Ministero di Grazia e Giustizia.» La guardia ritirò la lettera e dopo averla controllata mi disse: «Questa lettera non viene registrata sul modello 13, ma viene inviata in modo diverso e, benché sempre ufficiosamente, precisamente allegata ad una domandina.» Lo guardai attentamente e dopo aver soppesato quanto mi aveva precisato decisi di inviarla secondo le modalità che mi aveva precisato. «Va bene anche in questo modo» dissi semplicemente. Compilai regolarmente la domandina e gliela consegnai. Prese il tutto, lo accluse all'ultima pagina del modello 13 e se ne andò. Sempre per mezzo della sedia a rotelle mi portai vicino al tavolo e dal tiretto estrassi la brutta copia della lettera e da quest'ultima ne scrissi un'altra. Questa l'avrei spedita il giorno dopo come raccomandata con avviso di ricevimento ed espresso. Seguivo quel famoso detto di Ezechiele, credo sia proprio il suo, che dice: «fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.» Avevo appena terminato di compilare la domanda che occorreva per poter inoltrare la lettera che la voce del maresciallo mi giunse all'orecchio richiamando istantaneamente la mia attenzione verso la sua figura. Mi espresse la sua consueta cordialità. «Ciao, Randagio, sempre intento a scrivere?» «Ciao, maresciallo, tu m'insegni che a volte l'apparenza inganna e così cerco di prevenire certi inconvenienti che possono essere causati da viziose prassi burocratiche. Sai, non vorrei che la mia lettera consegnata circa mezz'ora fa, possa involontariamente perdersi per colpa o negligenza di qualche anonimo impiegato dello Stato! A me non piace essere preso per il naso e ancor più perdere del tempo stupidamente perché a questo punto potrei impiegarlo per cose meno impegnative rispetto ovviamente a quelle di cui mi sto invece interessando attualmente, ma certamente con maggiore soddisfazione. Sei venuto forse per darmi qualche buona nuova?» «No, non ho alcuna notizia da darti, mi trovavo a passare di qua e ho pensato di vedere un po' come stavi con le gambe, sentire dalla tua voce se fai degli effettivi progressi.» «Beh, non posso lamentarmi, anche se di progressi veri e propri, fino ad ora, non se ne sono visti, ma ciò che conta, mi auguro, è che tutta questa fisioterapia potrà servirmi per quando sarò a casa in quanto che avrò a mia disposizione tutto quello che non ho potuto avere in questo fottuto "Centro Clinico Carcerario". Lo so che non è colpa tua se qui tutto è limitato e se il Ministero di Grazia e Giustizia non ha voluto farmi ricoverare in un ospedale civile più idoneo alle cure del caso. Ma ciò non cambia la mia opinione su chi dirige la baracca dimostrando sempre più di non saperci fare o, più logicamente, di fregarsene dei veri problemi dei detenuti. Per il resto ti assicuro che non ho alcuna premura e so aspettare con fiducia e serenità.» «Lo so che tu conosci molto bene il problema carcerario perché hai un'esperienza non indifferente sperimentata sulla tua pelle e con te non si può tergiversare girando attorno all'ostacolo, hai detto la verità perché è il menefreghismo dei più che fa marciare male il sistema ed io rappresento in confronto alla macchina gigantesca appunto del sistema meno di una goccia d'acqua in un oceano. Il mio compito, poi, è quello di far applicare alla lettera gli ordini giusti o sbagliati che siano. Per quanto riguarda il dottor Rigotti non l'ho ancora sentito, ma domani mattina gli telefonerò per sapere cosa ha fatto e cosa avrà deciso di fare. Domani ripasserò da te e se sarà possibile ti farò sapere se ci saranno o no delle novità in merito alla tua richiesta di voler parlare con il dottor Rigotti. Ciao, Randagio e buonanotte.» «Buonanotte, maresciallo.» Mi ero messo a letto cercando di capire quale significato attribuire alla visita del maresciallo visto e considerato che non mi aveva detto niente di nuovo o forse intendeva farmi capire che era al corrente della mia iniziativa personale in merito alla lettera ma ciò lo sapevo senza che si facesse vivo di persona, o forse che questa non avesse certamente cambiato qualcosa. Ma allora perché non dirmi subito che il dottor Rigotti non aveva alcuna intenzione di vedermi?! O forse ero io a fare tutte queste congetture per la semplice ragione che un po' di tempo a questa parte non me ne andasse bene una? Ed ero portato a "precorrere" i tempi in modo negativo mentre quest'attesa

poteva benissimo dipendere da ragioni indipendenti dalla volontà del dottor Rigotti? Dopo essermi "smarrito" nella selva di pensieri di morboso pessimismo sopraggiunse la stanchezza, riuscii appena a voltarmi su un fianco che sprofondai nel sonno. Erano quasi le ore 6 del pomeriggio, di nuovo non c'era proprio niente, tranne la lettera che avevo spedito al dottor Rigotti e una lettera che avevo ricevuto. Si trattava di una lettera del mio avvocato il quale mi faceva sapere che il magistrato competente per quanto riguardava l'applicazione della fungibilità della pena era di parere favorevole ad accoglierla pertanto se non nel corso della giornata entro uno o due giorni al massimo avrei riacquistato la libertà. Questa buona notizia mi aveva un po' messo in agitazione gioiosa. Ero insomma felice di lasciare questa topaia! Mi auspicavo pure di non dovervi mai più ritornare! Era logico e comprensibile a questo punto riprendere a far lavorare il cervello con più vivo entusiasmo allo scopo di riuscire a studiare con lena il piano per una trappola perfetta o quasi per farvici cadere il mostro. Il mosaico, abbastanza complesso, a poco a poco, si stava completando dandomi la viva sensazione che stavo escogitando un sistema veramente "diabolico". Tuttavia non mi esaltavo né presumevo però di illudermi. Bisognava essere pragmatici in questa situazione pericolosa e delicata. Al riguardo avevo basato la mia direttiva sul proverbiale detto dei vecchi cacciatori che a volte la preda per poterla catturare si ricorre alla facile o difficile strategia di farla uscire dalla propria tana! Quindi avrei dovuto agire contro il mostro sul campo della psicologia umana e toccarlo nella sua vanità, nella sua mania di superiorità del pluriassassino inafferrabile, visto e considerato il suo comportamento nei riguardi dei magistrati interessati all'inchiesta, peccando di presunzione e di assoluta sicurezza. Mi occorreva però di trovare la "molla" che lo avrebbe spinto contro di me con una forte carica di odio che gli avrebbe certamente causato l'insopprimibile impulso di uccidere anche me nella stessa maniera con cui aveva straziato i corpi delle sue vittime. Naturalmente per me ora era facile trovare la soluzione giusta. Avevo però così ben lavorato su questo terreno e pensavo sinceramente di essere riuscito a trovare, almeno teoricamente, forse per i tre quarti, la soluzione del problema. Mancava, se così posso osare di esprimermi, l'ultimo riferimento per quanto riguardava la logistica, ossia studiare il luogo che avrebbe potuto scegliere l'infame criminale per mettere la parola fine al più feroce assassino che la storia di cronaca nera ricordi negli ultimi vent'anni nel nostro Paese. Ed era su questo ultimo punto che mi rimaneva di lavorare ancora cerebralmente per capire il segreto che mi avrebbe potuto condurre verso la felice conclusione. Il maresciallo dopo quanto mi aveva detto il giorno prima non l'avevo ancora visto, ma poteva benissimo arrivare da un momento all'altro e speravo che il dottor Rigotti si fosse una buona volta deciso ad esaudire la mia richiesta che, tra l'altro, se tutto fosse filato liscio, nel senso che sarei riuscito nel mio intento, ci avrebbe guadagnato molto anche lui, perché ciò gli avrebbe permesso di acquisire maggiore credibilità come persona con ulteriore prestigio come funzionario nel Ministero di Grazia e Giustizia. Poiché stavo riacquistando la libertà mi aveva fatto balenare l'idea che il dottor Rigotti attendesse questo dato di fatto per evitare tutta quella prassi burocratica di obbligo, ossia venirmi a parlare qui, mentre a casa mia, in realtà, trattandosi di una pensione, il tutto si sarebbe svolto all'insegna della discrezione. Come d'altronde volevo io. Se così pensava di comportarsi… orbene, di qui a qualche giorno al massimo, avrei avuto la rispettiva conferma, pertanto non mi rimaneva che aspettare ancora per un po' di tempo, dopodiché avrei tratto le mie logiche conclusioni.

CAPITOLO IV - ARRIVA LA LIBERTÀ Purtroppo anche oggi nulla di nuovo. Sono le ore otto e trenta minuti della sera. Guardo, quasi invariabilmente, la televisione ma non riesco a seguire il programma perché i miei pensieri mi portano altrove e del maresciallo neppure l'ombra. Nel pomeriggio mi ero fatto segnare per l'ufficio matricola, tanto per vedere se fosse arrivata qualche disposizione per me, perché a volte succede che arriva l'ordinanza della concessione per gli arresti domiciliari ma non viene eseguita subito la traduzione del detenuto poiché non c'è disponibilità di carabinieri. Può sembrare paradossale un caso del genere, ma purtroppo questa era la realtà dell'apparato Giudiziario. Però quando si tratta che i carabinieri devono eseguire un arresto (di un ladro di polli) ci sono sempre, in qualsiasi istante, sia di giorno che di notte. È stato sempre così: quando ti devono ammanettare tutti fanno presto, mentre per ridarti la libertà… Ecco comparire l'agente della matricola che si presenta al cancello: «Buonasera, cosa vuole dalla matricola?» «Ho ricevuto una lettera dal mio avvocato in cui mi dice che il magistrato ha accolto la fungibilità della pena e allora perché non vengo tradotto agli arresti domiciliari?!» mentii con disinvoltura. «Ci hanno comunicato oggi tramite fonogramma dell'accettazione riguardante la fungibilità di pena ed abbiamo subito avvisato i carabinieri per la sua traduzione agli arresti domiciliari. Attualmente siamo in attesa che vengano a prenderla. È tutto qui. Intanto si tenga pronto perché può darsi che tra poco vengano a chiamarla, diversamente sarà al più tardi domani mattina. Le serve altro?» «No, e grazie per l'informazione. Buona sera.» L'agente se ne andò ed io, alquanto eccitato, cominciavo a preparare quelle poche cose che avevo con me per essere pronto nell'eventualità fossero venuti molto tardi. E così fu. La guardia addetta al servizio della sezione in cui mi trovavo venne per comunicarmi di tenermi pronto perché sarei uscito. Ero troppo contento per rammaricarmi della mancata venuta del dottor Rigotti, ma a lui avrei pensato appena avrei avuto un momento di tranquillità, dopo avere raggiunto la pensione in cui sarei andato ad abitare. Dopo pochi minuti vennero a prendermi e prima di andare in matricola per espletare le ultime formalità di rito, mi condussero nell'ufficio del maresciallo che mi accolse con un gran sorriso, dicendomi: «Finalmente ce l'hai fatta. Mi fa piacere per te. Riguardo al dottor Rigotti non ho ancora ricevuto alcuna risposta. Tu comunque cosa conti di fare, vuoi sempre parlare con lui?» «Sicuro che voglio conferire con lui! Ma cosa pensi che fino ad ora abbia parlato a vanvera, magari solo per il gusto di dire cretinerie?!» «No, non ho mai pensato questo, ma mi devi rendere atto che non è da te prospettare certe cose!» «È giusto quanto mi dici, ma per me il "mostro di Firenze" rappresenta un disprezzo alla vita ed è il più pericoloso assassino per gli indifesi perché egli può colpirli quando e dove vuole. Quindi lui non ha nulla a che vedere con la malavita comune e organizzata. I suoi delitti non sono altro che frutto della mente contorta di uno dei più feroci assassini e noi lo detestiamo e lo vorremmo vedere morire nella maniera più atroce perché esseri spregevoli come lui meritano solo una fine così. E tu sai bene come trattiamo chi commette atti di libidine o violenze carnali. Pertanto puoi bene immaginare come noi potremmo trattare un essere simile! E le mie intenzioni sono e restano sempre le stesse! Quando prendo una decisione la porto fino in fondo e prima di decidere vi rifletto abbastanza su onde evitare di non concludere perché non mi piace fare delle brutte figure e spendere delle parole per niente! Spero che tu abbia bene assimilato questo mio concetto del mio modo di essere e non amo mai ribadire i miei principi sull'argomento. Riferiscilo al dottor Rigotti e che ci dia un cenno a farsi vivo perché se nel frattempo il mostro colpirà ancora… beh, quei delitti peseranno sulla sua coscienza… E con ciò ho terminato, adesso è venuto proprio il momento di fare i fatti!» «Ho capito perfettamente, non mi rimane che riferire al dottor Rigotti. Se poi verrò anch'io con

lui a trovarti spero che non ti dispiacerà.» «Ad essere sincero, non mi hai mai trattato male, anche se non posso dire la stessa cosa per gli altri detenuti, quindi se vorrai venire con il dottor Rigotti, non mi dispiacerà offrirti un caffè. Ciao, maresciallo e tratta bene anche gli altri come hai trattato me e vedrai che tutti si troveranno sempre bene.» «Ciao, Randagio, spero che il tuo futuro sia più sereno.» Ci stringemmo cordialmente la mano e uscii dall'ufficio per entrare in quello della matricola ove c'erano già i carabinieri ad aspettarmi. Mi aiutarono a salire sulla barella e ci avviammo all'uscita del carcere. Fuori c'era un'ambulanza che ci attendeva. Mi ci misero dentro, salirono anche i due carabinieri che fungevano da scorta e partimmo. Nel crepuscolo della sera rivolsi lo sguardo per l'ultima volta alle mura di quel carcere e le trovai più tetre del solito mentre il mio cuore batteva fortemente in petto per la gioia di averle lasciate per sempre! Questo fu il mio primo vivo desiderio non disgiunto da una timorosa speranza. Mi ero appoggiato su un fianco per vedere attraverso il vetro dell'ambulanza le vie della città e la gente. Vedevo anche il cielo che era colmo di stelle. La luna grande rischiarava il panorama notturno. Quel plenilunio mi sembrava uno scenario da fiaba. Il paesaggio fuggente accanto a me, al mio sguardo estasiato, era straordinariamente bello. Non l'avevo visto mai così bello! Era molto bello guardare la luna da uomo libero. È proprio vero che per provare certe sensazioni straordinarie bisogna trovarsi in una situazione del genere sia spiritualmente che fisicamente e soprattutto dopo una disavventura che ti abbia impedito a lungo di poterti rendere conto di quanto c'è di bello e di meraviglioso intorno a te, nello spazio infinito del cielo. Sono questi i momenti magici in cui ti fanno assaporare il piacere della vita e non certamente alcuni effimeri momenti quasi come miraggio nello sconfinato deserto sotto il sole implacabile. Sono attimi invece questi, dopo avere riacquistato la libertà, così intensi che vivi e che ti porti dentro come un ricordo indelebile. L'ambulanza e io con essa ci lasciavamo alle spalle le vie cittadine per immetterci sull'autostrada. Il mezzo divorava i chilometri di asfalto, uno dopo l'altro, in maniera piuttosto tranquilla, tutto procedeva regolarmente, il traffico era assai ordinato. Io in verità non vedevo l'ora di giungere a destinazione. Ero ormai insofferente di vedermi ancora intorno uomini in divisa, qualunque essa fosse che mi potesse impedire di sentirmi completamente libero! Ci fermammo ad un'area di servizio per consumare qualcosa. Ed io come sempre sorbii un caffè. Anche questo aveva un sapore speciale: quello della "libertà"! Quando raggiunsi la pensione era quasi mezzanotte. Prima di potervi mettere piede dovetti passare dalla caserma dei carabinieri addetti al quartiere per far firmare alcuni documenti. Dopodiché una pattuglia locale fece da staffetta all'autoambulanza fino alla pensione. Sempre disteso sulla barella mi portarono alla pensione. Lì trovai il proprietario che mi aspettava essendo stato avvisato del mio arrivo. Dopo avermi deposto sul letto della camera (questa volta la parola letto corrispondeva di nome e di fatto) che avrei occupato, i carabinieri se ne andarono. Poco dopo mi alzai in piedi e cominciai a camminare anche se ancora non vi riuscivo del tutto. Andai a parlare col proprietario, il quale conoscevo da tempo, lo ringraziai per avermi permesso di andare ad abitare lì perché altrimenti non avrei potuto beneficiare degli arresti domiciliari, in quanto che non avevo più la mia casa: l'avevo perduta dopo il mio arresto. Restai un poco a parlare col proprietario della pensione. Mi aveva aggiornato sulla vita della città e su varie altre cose. Erano state ovviamente domande nate per lo più dalla curiosità di chi ne era stato lontano per un bel pezzo… Ritornai poi nella mia camera. Aprii la finestra: non c'era un gran che perché dava in un vicolo piuttosto angusto e chiuso dal caseggiato ubicato a pochi metri davanti alla finestra. Disfeci i bagagli e sistemai alla buona il tutto… Dopo poco liberandomi dei vestiti indossai il pigiama e m'infilai nel letto ove cominciai a respirare un'aria nuova per essere pronto alla prossima battaglia con la vita quotidiana. Nei giorni che passarono non feci altro che incontrare degli amici e dei buoni conoscenti (che non vedevo da parecchio tempo). Avevo interpellato l'ortopedico che aveva fatto parte dell'equipe che mi aveva operato affinché si

prendesse cura delle mie gambe, cosa che in verità fece immediatamente. Il tempo trascorreva serenamente per me. Mia madre veniva a trovarmi sovente e a volte si fermava a mangiare con me. Nel frattempo mi ero fatto una ragazza che abitava nella stessa pensione. Era carina e alquanto simpatica. Aveva molto meno anni di me. Dalla Corte di Appello avevo ottenuto un permesso giornaliero che mi consentiva di uscire dal lunedì al venerdì per recarmi dall'ortopedico allo scopo di effettuare la fisiochinesiterapia. I muscoli delle gambe, piano piano, acquistavano tonalità. Un amico mi aveva portato la cyclette in maniera che, anche in pensione, potessi continuare la ginnastica alle gambe. Con questo sistema trovai un netto giovamento. L'unico punto oscuro riguardava il dottor Rigotti, il quale continuava a farmi pesare il suo incredibile silenzio! Allora decisi di scrivergli sottolineando che il suo atteggiamento mi lasciava non poco sconcertato. In fin dei conti avrebbe dovuto avere un po' di rispetto per le vittime del mostro e che era più che giustificato che mi ascoltasse. L'indomani mattina incaricai la mia ragazza di spedire la lettera raccomandata espresso a.r. cioè con avviso di ricevimento. Quando lasciavo la pensione per andare a fare la fisiochinesiterapia, provavo un enorme piacere nel percorrere le strade a piedi e cercavo sempre di fare il più presto possibile per eseguire la rieducazione degli arti inferiori allo scopo di riuscire ad avere più tempo a mia disposizione per poter camminare. Il tempo si era messo al bello e le vie principali della città erano splendide e affollate di gente. Chi ammirava le vetrine ben addobbate di ogni sorta di articoli, come facevo io, chi invece vi passava davanti senza avvedersene perché costituiva soltanto un percorso obbligato per motivi di lavoro e pertanto non gli sfiorava nemmeno la mente di prestare attenzione alle cose e gli oggetti messi in mostra appunto in vetrina. Insomma vi era tanta gente che vi passava davanti solo per il fatto che erano ubicati lì gli uffici, sul percorso che abitualmente si doveva fare per raggiungere appunto il proprio ufficio. C'era pure chi sedeva ai tavoli dinanzi ai bar più per godersi il relax che per consumare qualcosa. Tutto era vivo e palpitante di operosità nella città. Siccome alla sera non potevo uscire assistevo, senza alternativa "esterna", ai vari programmi che trasmetteva la televisione. Il mio permesso consisteva in poche ore pomeridiane e solo ed esclusivamente per far sì ch'io potessi beneficiare di sottopormi alla fisiochinesiterapia per guarire completamente le gambe. I primi giorni non riuscivo a percepire nella sua vera dimensione il brusio della folla e il daffare della gente per le strade. Trascorse un po' di tempo prima che mi acclimatassi al nuovo ambiente. Con la mia ragazza andavo abbastanza d'accordo e trascorrevo insieme quasi tutto il tempo del giorno e della notte. Lei amava molto parlare a lungo e di tante cose. Io l'ascoltavo insolitamente con piacere.

CAPITOLO V - FINALMENTE SI È DECISO Stavo dormendo tranquillamente quando all'improvviso sento una voce che mi chiama: «Randagio! Randagio! Ehi! Randagio! Svegliati che ti hanno chiamato. C'è qualcuno che vuole vederti!» Mi svegliai borbottando: «Cosa c'è?» «Sono venuti a bussare dicendo che c'è qualcuno che ti vuole vedere.» Guardai l'orologio che avevo al polso. Le lancette segnavano le ore otto e un quarto del mattino. Mi dissi che doveva certamente essere successo qualcosa di poco piacevole! Mi infilai frettolosamente la tuta e le scarpe da ginnastica e senza neppure lavarmi uscii subito dalla camera. Nel corridoio c'era un brigadiere delle guardie carcerarie. Era in borghese. L'avevo riconosciuto subito a prima vista perché lavorava negli uffici della direzione del carcere della mia città e l'avevo conosciuto anni addietro quando era ancora una semplice guardia. «Sei tu che mi hai fatto chiamare?» gli chiesi subito senza esitazione. «Sì, sono stato io. È la direzione del carcere che mi ha mandato per sapere se vuoi sempre conferire con il dottor Rigotti del Ministero di Grazia e Giustizia.» «È da diverso tempo che cerco e voglio conferire con il dottor Rigotti, pertanto confermo per l'ennesima volta che desidero avere un colloquio con lui senza più dover indugiare oltre perché il tempo potrebbe non essere più sufficiente…» «D'accordo, riferirò della tua decisione e poi senza dover ritornare qui ti comunicherò per telefono il tutto. Il numero della pensione me lo sono fatto dare, quindi non c'è altro. Ciao Randagio.» «Ciao» risposi senza aggiungere altro. Ritornai in camera e mi distesi sul letto. «Brutte notizie?» mi domandò premurosamente la ragazza. «No, al contrario, potrebbe trattarsi invece di una buona notizia, ma questo lo saprò in seguito. Nel frattempo come cosa bella ci sei tu accanto a me» e l'attirai a me accarezzandole teneramente il viso e baciandola dolcemente sulle labbra… il resto venne tutto naturalmente! La giornata la passai abitualmente come gli altri giorni, solo verso sera mi dedicai ai programmi televisivi. I miei pensieri riandarono quasi spontaneamente al mostro e a tutto quello che avevo progettato essendo pienamente convinto che il dottor Rigotti avrebbe apprezzato e appoggiato questa mia iniziativa permettendomi così di realizzare il piano. Quindi non dovevo preoccuparmi più del dovuto, tuttavia il dubbio continuava a rodermi dentro e avrebbe continuato a rodermi fino a quando non avrei conosciuto la risposta. Questa volta per me la risposta era di capitale importanza. Non si trattava della solita rapina e d'una manciata di denaro per sentirsi un po' più "ricchi" e furbi degli altri! Il frutto della rapina consentiva piaceri di breve durata. Poi tutto passava e svaniva come in un sogno. In questo caso del "mostro" il gioco era veramente serio e in ballo c'era il mio presente e il mio futuro. E soprattutto tutto il mio passato perché qualora avessi fallito l'obiettivo avrei dovuto riconoscere allora che la mia vita era stata tutto un fallimento e che le mie capacità fisiche e intellettive sono state sempre ristrette e limitate se non addirittura un "naufragio" totale. Infine c'era in gioco la mia pelle che ci avrei potuto rimettere nel caso in cui il "mostro di Firenze" si fosse dimostrato più astuto di quanto non credessi. Non l'avevo mai sottovalutato né tantomeno considerato più di quanto in realtà fosse: "Una larva umana!" La mia battaglia psicologica basata sullo stress psicofisico era già cominciata, presto però sarebbe cominciata anche per lui. La ragazza avendo notato che ero pensieroso mi prese la mano con tenerezza e mi disse: «Qualcosa che non va?» «No, sono soltanto un po' pensieroso per alcune cose, ma nulla di grave.» E le sorrisi, quindi la baciai sulla fronte per rincuorarla e farle capire nello stesso tempo che non era il caso di continuare questo discorso. Durante la notte non feci altro che passare e ripassare mentalmente il mio progetto e tutto mi

scorreva davanti agli occhi come una sequenza di un film ed ero ben cosciente che trattavasi, al momento, solamente di un film, mentre quanto prima sarebbe diventata una viva realtà della mia vita che doveva fare i conti con il mio personale "bilancio" strettamente legato con il mio bagaglio di esperienza e del genere di passato. Trascorsi la giornata piuttosto tranquillamente, senza per altro scordarmi di quanto… mi attendeva… La notte la trascorsi come quella precedente, pensando e ripensando tante cose. Proprio alla notte, quando cessa ogni rumore e le persone finiscono di distrarmi, riesco ad avere il massimo della mia concentrazione. Non credo di essermi sentito mai così teso nel corso della mia vita. Teso, ma non preoccupato. Senz'altro questo stato di cose sarebbe cessato appena avrei iniziato a dare spietatamente la caccia al mostro. Per il momento però non c'era niente da fare. Bisognava pazientemente attendere lo sviluppo degli eventi. Erano quasi le ore dieci del mattino quando la voce della ragazza spezza il mio sonno. «Randagio, svegliati, ti vogliono al telefono.» «Cos'hai detto riguardo al telefono?» «Hanno bussato alla porta dicendo che ti vogliono al telefono.» Mi alzai definitivamente con la tipica lentezza di chi ha ancora voglia di dormire, infilai le solite tuta e scarpe da ginnastica e uscii dalla camera. Al telefono riconobbi immediatamente la voce del brigadiere che mi precisava: «Randagio, bisogna che tu alle ore quindici di oggi sia al carcere perché arriva il dottor Rigotti per il colloquio che avevi chiesto.» All'improvviso mi passarono il sonno e la stanchezza e per sincerarmi di avere capito bene gli dissi: «Ripeti un po' cosa mi hai detto perché non ho capito bene.» «Ti ho detto che alle ore quindici di oggi pomeriggio devi venire al carcere perché il dottor Rigotti viene appositamente per parlarti. Perciò vedi di essere puntuale.» «D'accordo. Sarò li poco prima delle ore quindici. Ciao.» Riagganciai il microfono e ritornai in camera. La ragazza non mi chiese nulla perché il mio avvertimento escludeva dal farmi domande su cosa faccio e dove vado quando esco da solo. La mia "lezione" aveva dato i suoi risultati. Mi infilai nel letto dicendole: «Se per caso alle ore quattordici sto ancora dormendo fammi la gentilezza di svegliarmi perché ho un appuntamento importante.» «Va bene, io non ho più sonno, mi alzo. Ti serve qualcosa?» «No, grazie, solo che ti ricordi di svegliarmi alle ore quattordici.» Chiusi gli occhi e cercai di riposarmi senza pensare a niente. Mi svegliai che erano le tredici e quaranta minuti quando la ragazza quasi mi sussurrò: «Ho già preparato la caffettiera. Ti faccio subito un caffè.» «Sei proprio un amore. Grazie.» Mi alzai, mi rasi la barba, sorbii piacevolmente il caffè e andai a fare la doccia. Quando fui pronto erano le ore quattordici e venticinque minuti. Offrii un bacio alla ragazza e me ne andai. Presi un taxi per recarmi al carcere. Vi giunsi con una manciata di minuti di anticipo. Suonai il campanello e subito si aprì il portone. C'era già bello e pronto il "comitato" a ricevermi. Uno dei marescialli mi porse la mano dicendomi: «Ciao, Randagio, ti vedo in perfetta forma.» Stringendogli la mano replicai: «Ciao, maresciallo, lo devo alle cure che mi avete fatto qui al Centro Clinico!» «Lo sai perfettamente che qui non funziona ancora il Centro Clinico per mancanza di personale e per quanto riguarda il tuo trasferimento mica l'ho chiesto io, è stato il Ministero. Il dottor Rigotti sta arrivando in quanto che l'aereo ha avuto un leggero ritardo, a momenti però sarà qui. Dovresti

venire un momento in questo ufficio poiché dobbiamo perquisirti, non avertela a male, ma come tu sai è la prassi.» Non dissi nulla ed entrai nell'ufficio. Mi perquisirono superficialmente, dopodiché mi fecero accomodare nella sala di attesa accanto all'ufficio del direttore. Mi sedetti su una sedia e aspettai. Per la verità l'attesa non fu lunga perché dopo una mezz'ora entrò il dottor Rigotti; era insieme al direttore del carcere. «Buongiorno, Randagio, come vedi alla fine sono arrivato. Dovrai attendere ancora pochi minuti e poi potremo tranquillamente parlare.» «A questo punto pochi minuti non sono la fine del mondo» risposi quasi compiaciuto. Entrò nell'ufficio del direttore seguito da quest'ultimo. Si trattò infatti di pochissimi minuti perché il direttore ne uscì quasi subito per dirmi: «Può entrare.» Mi alzai dalla sedia ed entrai. L'ufficio, nel suo arredamento, era come tutti gli uffici dei direttori delle carceri: una ampia scrivania, alcune piante come ornamento, delle tende alle finestre e il solito quadro con l'immagine del Capo dello Stato. Il dottor Rigotti logicamente stava seduto dietro la scrivania ed io andai a sedermi di fronte. «Bene, adesso che siamo qui possiamo parlare tranquillamente senza problemi di tempo perché sono completamente disponibile e senza limiti. Spero vivamente di non essere arrivato qui per niente. Parla pure serenamente spiegandomi tutto con calma. Se qualcosa non la capirò, ti chiederò di spiegarmela meglio.» «Mi fa piacere di constatare questa sua cordiale disponibilità e di mettermi a mio agio. Cercherò di spiegarmi bene e con dovuta calma. Non credo di impiegare poco tempo poiché trattasi di un argomento da non prendere alla leggera ed io conto di portare felicemente in porto il progetto, sempre naturalmente con il suo aiuto. Adesso comincio…» Erano trascorse più di tre ore quando entrambi uscimmo dall'ufficio. Prima di salutarmi disse: «Hai veramente preparato qualcosa di ottimo e spero proprio che al Ministero degli Interni e a quello di Grazia e Giustizia si rendano conto di questo e approvino la tua proposta. Condivido il tuo parere quando sostieni che sia il poliziotto sia il carabiniere sono psicologicamente condizionati dal loro frasario e dal proprio atteggiamento e alla lunga dimostrerebbero quelli che nella realtà sono. Mentre uno che ha vissuto come te non dà adito a sospetti e può arrivare a fare archiviare definitivamente il caso inerente al "mostro di Firenze". Io personalmente mi farò interprete di questa tua iniziativa e la sosterrò vivamente. Penso che entro una quindicina di giorni ti farò pervenire la risposta e spero che sia positiva. Ciao, Randagio.» «A risentirci dottor Rigotti. Buongiorno.» E me ne andai. Era la prima volta in vita mia che entravo in un carcere di mia iniziativa per uscirne subito senza alcun problema di sorta! Non mi era stato difficile convincere il dottor Rigotti con le mie argomentazioni, anche se ripetute volte aveva puntualizzato su certi particolari. Ma aveva ragione di farlo perché doveva assumersi delle responsabilità e soprattutto convincere gli altri altolocati personaggi per poter dare il via a questa delicatissima missione. La giornata era bella e invitante a camminare all'aria aperta. Avevo ancora un po' di tempo a mia disposizione prima di rientrare alla pensione. Il mio stato d'animo era alquanto sereno, le mie gambe erano tornate quasi perfette e camminare mi piaceva, così il ritorno alla pensione lo feci a piedi in compagnia con i miei pensieri che, come sempre, non mi mancavano.

CAPITOLO VI - L'AVVENTURA COMINCIA! Era da qualche giorno che avevo cominciato a dormire poco o niente perché erano trascorsi tredici lunghi giorni senza aver ricevuto alcuna risposta. Il nervosismo talvolta si impadroniva di me e non riuscivo a distogliere il corso dei miei pensieri da questo dannato affare! Per cercare di stancarmi allo scopo di riuscire a dormire almeno un poco, avevo fatto ricorso ad un'ora e più di ininterrotta ginnastica. Poi mi ero messo sotto la doccia prima di mettermi a letto. Dopo aver rivolto uno sguardo al programma televisivo che non mi diceva assolutamente niente, mi rivolsi di buon grado alla ragazza: «Tesoro, abbassa un poco il volume del televisore perché voglio cercare di dormire, ne ho proprio bisogno. Qualsiasi persona che dovesse cercarmi, io sto poco bene e sto dormendo, che si facessero vivi domani. Non svegliarmi per nessun motivo fino a domattina.» «Va bene, buonanotte, amore.» Le diedi un bacio e mi girai su un fianco per prendere sonno e sempre col pensiero rivolto al mio progetto mi addormentai. I carabinieri vennero a prelevarmi e mi accompagnarono dinanzi al Procuratore Generale, il quale non esitò dal dirmi subito: «Ho avuto l'incarico da parte del Ministero di farle avere la patente di guida per condurre l'automobile, il permesso da parte della Corte di Appello affinché lei possa lasciare l'abitazione e la città in qualsiasi momento, è un'autovettura completamente blindata. Per gli accorgimenti elettronici che lei aveva chiesto sarà opportuno che ne parli direttamente con il tecnico dei carabinieri così sistemerà ogni dettaglio. Domani in mattinata, al più tardi nel pomeriggio, lei è atteso dal dottor Rigotti, al Ministero di Grazia e Giustizia. È tutto quanto dovevo fare e dirle. Buongiorno» mi disse semplicemente senza dire altro. Ritirai i documenti e dissi: «Grazie e buongiorno.» Sempre accompagnato dai carabinieri uscii dall'ufficio, quindi mi condussero in un loro garage ove c'era il loro tecnico, il quale mi pose subito una precisa domanda: «Questa è la vettura che ha chiesto, un'Alfetta 2000 Turbo completamente blindata. Se non ho capito male avrei dovuto montarvici una radio ricetrasmittente, una spia elettronica molto potente per indicare la sua posizione e un microfono unidirezionale con tanto di cuffie, giusto?» «Più che giusto. È quanto avevo richiesto. Ci sono delle difficoltà?» «No, nessuna difficoltà. Ma vorrei sapere come devo sistemare il tutto?» «La radio ricetrasmittente deve essere camuffata con la radio mangianastri. La spia elettronica con l'antenna e che la portata del segnale sia il più lungo possibile. Il microfono unidirezionale sotto lo chassis dell'autovettura e che lo possa girare per i 360 gradi. Le cuffie con un lungo filo. L'antenna deve essere posta sul tettuccio davanti, quel tipo di antenna che all'apparenza si scambia facilmente per quella di un televisore. Spero di essermi ben spiegato» dissi con tono alquanto severo. «Ottimamente. Ripassi nelle prime ore del pomeriggio e troverà la macchina bella e pronta.» «Passerò verso le ore sedici, d'accordo?» «Benissimo.» «A oggi pomeriggio, buongiorno.» «Buongiorno.» Ed uscii da solo per ritornare direttamente alla pensione. La ragazza, quando entrai in camera, era intenta a cucinare ed era molto allegra. Però questo distacco, sia pure provvisorio, non le avrebbe fatto certamente piacere. Tuttavia era inevitabile: poteva cambiare volto al mio, o meglio al nostro, futuro. «Domani mattina, con le prime luci dell'alba partirò. Devo andare via per degli affari molto importanti. Non so quanto tempo starò via ma sappi che è necessario per il nostro futuro perché se porterò a termine l'affare potremo avere un futuro molto più sereno e senza più complicazioni di sorta» le dissi quasi freddamente.

«E io cosa ci farò tutta sola in questa pensione? Come tirerò avanti se non ho una lira?» «Oggi stesso provvederò affinché i soldi che portavano a me li consegnino regolarmente a te. Così l'aspetto finanziario è risolto. Se non vuoi più stare qui puoi benissimo andare ad abitare con i tuoi genitori, giusto il tempo che io impiegherò per quest'affare. Dopodiché ce la compreremo la casa! Per ora l'unico inconveniente consiste nel non poterci sentire quotidianamente perché i tuoi genitori non hanno telefono. Ma prima di andare da loro cerca un bar vicino ad essi e mi darai il numero così tutti i giorni ti potrò chiamare, non importa a che ora. D'accordo?» Assentì con un cenno della testa, poi si strinse a me con gli occhi pieni di lacrime e il viso stravolto su cui si leggeva tutta la tristezza e lo sgomento per la mia improvvisa partenza. L'abbracciai teneramente, le accarezzai lievemente il viso e le dissi: «È necessario, credimi, il viaggio che sto per intraprendere, da esso può dipendere il nostro futuro.» «Questo l'ho capito, però rimanere senza di te mi sconvolge e mi intristisce incredibilmente. È come se una parte di me stessa si staccasse da me. Mi sentirò come privata dell'anima. E un corpo senz'anima è come un albero che non dà frutti.» Mangiammo quasi in silenzio, tranquillamente, però sul suo bel volto non vi era il sorriso e la felicità dei suoi giovani anni. Andai a ritirare la macchina e trovai tutto di mio gradimento. Il tecnico mi spiegò per filo e per segno come far funzionare ogni aggeggio. Per essere certo al cento per cento di aver capito tutto volli provare a far funzionare tutti i dispositivi di cui disponeva l'autovettura. La prova risultò perfetta. Mi sistemai al posto di guida e partii. Mi recai prima da alcune persone allo scopo di far consegnare il denaro alla mia ragazza mettendosi d'accordo con lei affinché le fossero facilitate le modalità di recapito. Infine andai a disdire l'impegno per la fisioterapia, quindi rientrai in pensione. La serata trascorse poco allegra. Io macinavo pensieri legati unicamente al problema "mostro", lei era vistosamente triste per l'imminente distacco. Durante la notte feci all'amore, la ragazza anche durante l'amplesso manifestò la sua mesta insofferenza. Lasciai la pensione alle ore 6 del mattino. Ci fu l'ultimo mio abbraccio consolatore. Capivo che cosa passava in quel frangente nell'animo della ragazza. La lasciai che aveva il volto bagnato di lacrime. Ad una stazione di servizio feci il pieno di benzina, rifeci controllare il livello dell'olio, dell'acqua e la pressione dei pneumatici. Mi diressi, a velocità sostenuta, al Ministero di Grazia e Giustizia. L'autovettura rispondeva perfettamente alle mie esigenze. Non nascondo che amavo il brivido della velocità. Arrivai dinanzi all'ingresso principale del Ministero di Grazia e Giustizia alle ore undici e trenta minuti. Mi rivolsi al piantone al quale precisai che ero atteso dal dottor Rigotti. Mi rispose di attendere e chiamò un suo superiore, al quale dovetti ripetere tutto. Mi chiese i documenti e dopo averli presi entrò in un ufficio. Ne uscì dopo pochi minuti dicendomi: «Un momento che verrà qualcuno per accompagnarla dal dottor Rigotti». «Molto bene» risposi quasi sottovoce. Da lì a poco arrivarono due uomini in abiti civili che mi invitarono a seguirli nell'ufficio dove era entrato prima il graduato. Mi perquisirono, quindi uscimmo dirigendoci all'ufficio del dottor Rigotti. Dopo un buon quarto d'ora di anticamera vidi il dottor Rigotti il quale mi porse la mano dicendomi subito: «Buongiorno, Randagio. Mi sono vivamente interessato per ottenere il permesso incondizionato ed esaudire tutte le tue richieste. Vieni, entriamo nel mio ufficio.» E mi fece strada. Il dottor Rigotti, dopo essersi seduto dietro ad una bellissima scrivania, mi invitò a sedermi su una poltroncina di fronte a lui. Poi disse: «Ho fatto avvisare l'agente femminile per farlo venire qui con il pastore tedesco come avevi richiesto. La ragazza è veramente in gamba e sono sicuro che sarà all'altezza del compito.» «Mi fa piacere sentire queste cose e soprattutto che mi è stato dato credito. Stia pure tranquillo e dorma sonni tranquilli perché non mancherò di certo all'appuntamento con il "mostro". Questo è il mio scopo, credo senza peccare di presunzione.» «Conosco le tue capacità psicofisiche perché mi sono bene documentato e per verifica ho

esaminato tutto il tuo progetto senza tralasciare una sola virgola, lo giudico ottimale. Adesso devo assentarmi per un po', ritornerò appena sarà arrivato l'agente che dovrà operare in sintonia con te. Tu puoi restare qui in ufficio ad attendere. A più tardi.» Appena usci, entrò un agente a tenermi compagnia. Forse aveva pensato che lasciato da solo sarei stato tentato di curiosare fra i documenti che erano sulla scrivania! Risi fra me e me. Passò poco più di mezz'ora prima che rientrasse il dottor Rigotti e questa volta era accompagnato dalla donna poliziotto. Si rivolse subito a me dicendomi: «Questo è l'agente femminile. Non conosce niente della missione in quanto ho ritenuto di conservare il massimo riserbo sull'argomento del resto come mi avevi consigliato. Pertanto la metterai a conoscenza di ogni particolare strada facendo. Le è stato affidato questo compito dopo una severa selezione. Sa solo che può rischiare la vita e nient'altro. Che dovrà eseguire i tuoi ordini, se così ci si può esprimere, ed è tutto quello che avevo da dirti. In bocca al lupo dunque. Ah! Dimenticavo. Per il porto d'armi e il denaro provvederà il dottor Lucca che è stato avvertito del tuo arrivo in giornata. Anche lui. Anche questa scelta mi permetto sottolineare è stata una tua scelta felice perché il dottor Lucca è un magistrato con i fiocchi. Noto che fino a questo momento hai saputo muoverti bene e mi compiaccio del tuo "fiuto", così ti auguro per il futuro. A sentirci presto e con buone notizie.» «È quello che spero anch'io. Grazie di tutto, dottor Rigotti, per la stima e la fiducia che mi ha concesso.» Ci stringemmo cordialmente la mano e io e la poliziotta lasciammo l'ufficio accompagnati dai soliti due agenti fino all'uscita del Ministero ove mi riconsegnarono i documenti. Rivolgendomi alla poliziotta le chiesi: «Come ti chiami? Io Randagio.» «Silvia.» «Dove si trova il pastore tedesco e ce l'hai con te il fischietto per gli ultrasuoni?» «Il cane è nella mia macchina, il fischietto nella mia borsetta.» «Bene, andiamo a prendere il cane e partiamo subito. A proposito come si chiama il cane?» «York. E della macchina cosa me ne faccio?» «La lascerai sotto casa tua.» «D'accordo» rispose lei quasi compiaciuta. E così esaminati gli ultimi dettagli andammo a mangiare al ristorante.

CAPITOLO VII - IL DOTTOR LUCCA Al ristorante le avevo imposto il silenzio assoluto per tutto ciò che riguardava l'operazione. Avevamo mangiato bene anche se non abbondante. Eravamo partiti subito dopo. Lei mi aveva spiegato il percorso da fare per arrivare all'entrata dell'autostrada. Il pastore tedesco era un bel esemplare che dopo la diffidenza iniziale si lasciò accarezzare con piacere. Dopo esserci lasciato il casello dell'autostrada alle spalle le chiesi: «Fammi vedere i documenti che ti hanno dato.» Lei li tirò fuori dalla borsetta e me li diede senza dire niente. Li controllai bene, poi le dissi: «In realtà chi è questa ragazza a cui ti sei sostituita?» «Si tratta di una ragazza che si trova in libertà provvisoria a tutti gli effetti ma che in realtà è ancora detenuta.» «Ottimo e ottimo anche aver riportato, come avevo suggerito, sull'indirizzo "senza fissa dimora". Così se ci sarà qualcuno che vorrà saperne di più si limiterà a questa breve nota.» «Adesso potresti finalmente spiegarmi in cosa consiste la nostra missione?» «Certamente, si tratta di catturare il "mostro di Firenze". Io e tu faremo da esca. Ci ho studiato molto su questo caso e, senza peccare di presunzione, credo di aver trovato la chiave della soluzione. Io sono un noto pregiudicato nella mia città di origine e ho deciso di tentare questa carta per smetterla per sempre, chiudendo definitivamente con il mio passato per potermi rifare una vita. Il tuo compito consisterà nell'agevolarmi in tutto e per tutto.» «Sinceramente mi ero preparata a un qualcosa di grosso siccome mi era stato detto che potevo rischiare la vita, ma mai e poi mai avrei immaginato che si trattasse del "mostro di Firenze!"» «È stata mia l'idea, se non addirittura il compromesso, di non riferire di quale incarico si trattasse perché più persone sono a conoscenza del piano e più sarà difficile arrivare a mettere le mani sul mostro e più probabile che sia lui a metterle su di noi! Sarebbe veramente il colmo!» «Ma pensi che questo possa succedere?» «Di sicuro no, ma a questo mondo di sicuro c'è soltanto la morte!» «Io non ho paura di morire e nemmeno di battermi, sono una buona cintura nera di Karate, so maneggiare altrettanto bene le armi e che tu ci creda o no so usare anche il cervello.» La guardai attentamente senza distogliere l'occhio e solo in quel momento mi rendevo conto che era effettivamente una bella ragazza. Aveva un bel viso, due grandi occhi castani come i suoi capelli che le scendevano sulle spalle. Le labbra erano carnose e attraenti. Il corpo era ben tornito come del resto i seni, non troppo accentuati, ma proporzionati. Ero sorpreso di non essermi accorto prima di questa sua bellezza tutta particolare. La "colpa" era del mostro! Gliela avrei messa in conto! E risi dentro di me. «Hai un sorriso malizioso e il tuo modo di avermi smaliziata non mi è piaciuto!» «È proprio vero che per vedere, capire e meglio apprezzare quanto è distante, bisogna cominciare da ciò che ci sta vicino! Soddisfatta?» Silvia rispose maliziosamente: «No, perché non ci ho capito gran che.» «Al Ministero quando ci hanno presentato ero così preso dagli avvenimenti che non mi ero reso conto di come tu fossi fatta e la stessa cosa mi era accaduta al ristorante e questo dato di fatto non è affatto incoraggiante per me che ho superato la quarantina. Si vede che l'età comincia a farsi sentire» dissi io con una punta d'ironia. Silvia scrollando la testa simpaticamente disse: «Beh, lasciamo perdere le valutazioni che sono sempre soggettive e continuiamo a rimanere nell'argomento del mostro. Come pensi di arrivare a catturarlo?» «Bisogna combatterlo sul piano psicologico toccandolo nella sua meschina vanità e sicurezza di non essere preso per farlo uscire dalla sua tana.» «Bene, fin qui ti seguo. Ma il cane a cosa serve?» «Pienamente d'accordo con me per farlo uscire dalla sua tana? Bene. Ma sceglieremo noi il posto

per lo scontro finale!» «Non riesco a seguirti.» «York è addestrato ad abbaiare quando gli fischi con il fischietto agli ultrasuoni, giusto?» «Esatto e allora?» «Allora significherà che se risponderà agli ultrasuoni in camera nostra non potrà mai esserci il mostro ad attenderci per farci un servizio di prima classe! Sei d'accordo con me?» «Sei proprio un mostro! Ma di furbizia! Non credo che altri avrebbero avuto la tua idea! Sei veramente bravo e comincio a compiacermi di lavorare con te.» «Da questo momento evita ogni forma di espressione che possa assomigliare a quella della poliziotta perché faremo cilecca! D'accordo?» «Hai pienamente ragione, cercherò di parlare il meno possibile prestando la massima attenzione a quello che dirò.» E si girò verso il cane accarezzandolo affettuosamente. «Cerca di assimilare la fraseologia delle donne di vita e il loro atteggiamento e vedrai che non commetterai alcun errore. Non essere sboccata perché non mi piace e cerca di essere spontanea, naturale quando dovrai parlare, senza pensare che potrai commettere qualche gaffe perché altrimenti finiresti per commetterla. Ci siamo intesi?» Dopodiché continuai a spiegarle dettagliatamente come avremmo agito e in che misura allo scopo di scatenare nel mostro quella reazione di follia omicida contro noi due. In ultimo le dissi: «Qualora vi fosse qualcosa che ti impacciasse o che non hai ben compreso, dimmelo serenamente perché così facendo semplificheremo ogni nostro rapporto scongiurando il pericolo costante di intoppare in qualcosa che ci possa guastare la festa.» «Ci puoi contare perché non voglio sbagliare, anzi voglio darti tutto l'apporto necessario per ottenere il massimo. Eppoi un buon rapporto significa lavorare meglio. Giusto?» «Giustissimo e al riguardo ti dirò che hai tutta la mia fiducia anche se non ti conosco abbastanza. Questa fiducia che ripongo in te mi è derivata dal cosiddetto sesto senso che tutti noi abbiamo insito in noi inconsciamente. Spero di non sbagliare per il bene di entrambi e per l'affare che dobbiamo concludere.» Silvia si limitò a dirmi: «Grazie.» Finalmente arrivammo al Tribunale Penale ove esercitava il dottor Lucca. Dopo la solita trafila burocratica dei carabinieri ci condussero dal dottor Lucca ove rimanemmo soli in sua compagnia. Le porsi la mano e con un sorriso cordiale gli dissi: «Buongiorno dottor Lucca. Felice di rivederla anche perché non trattandosi più di una mia pratica da espletare ma qualcosa di meglio.» Il dottor Lucca sorridendo a sua volta disse: «Me ne ha dato filo da torcere e buon per lei che le mie conclusioni non l'hanno nuociuto diversamente non credo che oggi sarebbe qui in questa veste.» «È vero. Ma è anche vero che la mia stima per lei è indicibile e non tanto per l'assoluzione, che in fine era giusta, ma per il suo corretto modo di avere condotto le indagini. Qualche altro suo collega, senza fare nomi, mi avrebbe tranquillamente rinviato a giudizio solo perché sono il "Randagio" e basta. Ma ciò vuol dire non applicare la Giustizia. Proprio chi deve applicarla per primo! «Lasciamo perdere questo non simpatico discorso e veniamo ai fatti nostri. Prima però desidero farle una domanda: Perché ha scelto me come appoggio per cercare di mettere in atto il suo progetto?» «Perché ho fiducia in lei sia come uomo che come magistrato.» «Bene, proseguiamo. Qui ci sono un permesso speciale che sostituisce il porto d'armi, le due pistole, una calibro 7,65 bifilare con un caricatore di riserva e una 38 Colt Special con annesse munizioni, il denaro, le cartine topografiche di Firenze e d'intorni segnate numericamente, come aveva richiesto, ed infine l'elenco dei ritrovi, bar, discoteche e club privati che frequentavano le vittime del mostro. Adesso le presento il tenente dei carabinieri con i suoi uomini.»

Lo fermai immediatamente dicendogli: «No, no, dottore. Non mi devono assolutamente conoscere di persona e tanto meno sapere che lavoro in coppia con quest'agente. Devono completamente restare all'oscuro di quanto stiamo facendo. Mi spiego. Se vengono a conoscenza che stiamo per dare la caccia al mostriciattolo è finita ancora prima di cominciare! Ognuno di essi finirà per fare la confidenza alla propria moglie, fidanzata, parenti, amici e patatrac! La frittata è fatta! Questo dato di fatto lei lo conosce quanto me ed è vecchio come l'uomo! Essi devono sapere solo che mi devono fare da copertura restando il più lontano possibile da noi due. Devono solamente essere al corrente che trattasi di una grossa operazione e basta. Qualora volessero saperne di più sull'argomento, lasci che pongano la domanda al sottoscritto ed io non farò altro che rispondergli che sono un pentito della mafia e che sono qui con l'incarico di far intercettare un grosso quantitativo di droga e di armi sofisticate. Ed è tutto.» «Buona copertura. Ma lei diffida proprio di tutti? E prevede sempre tutto? E come faranno a tenersi in contatto con lei?» «È vero che diffido di tutti, meno che della cerchia ristretta di persone con le quali collaboro ed ho cieca fiducia nella loro serietà di uomini e di professionisti. Infine meno gente sarà al corrente della situazione e meglio sarà perché come ho già avuto modo di manifestare il mio pensiero, per me il mostriciattolo è in contatto con l'entourage del tribunale di Firenze. Può anche darsi ch'io mi sbagli ma fidarsi è bene non fidarsi è meglio! Per quanto concerne il modo di comunicare con dette persone è presto detto e fatto: Qui con me ho tutte le informazioni riguardanti la mia radio ricetrasmittente e la lunghezza d'onda per ricevere e trasmettere che è stata presa in comune accordo con il tecnico dei carabinieri della mia città, in modo che non interferisca con le altre. Tant'è vero che il tecnico si è ben documentato prima di sceglierla. Lo stesso discorso vale per la spia elettronica che emettendo un fortissimo segnale indicherà sempre la mia posizione e qualora il segnale non lo dovessero ricevere perché potrei trovarmi molto più distante dalla loro portata di ricezione, entreranno in ballo le cartine topografiche tutte numerate. Così non ci saranno problemi di sorta per conoscere subito il luogo in cui mi troverò e intervenire così in tempo utile. Mi sembra di essere coerente con tutti e con tutto senza aver tralasciato niente al caso. Lei cosa ne pensa?» «Posso solo complimentarmi con lei per come ha ben escogitato il piano, ne ero sì a conoscenza ma non così lucidamente nei suoi particolari. Spiegherò ai carabinieri che per il momento è meglio che nessuno la conosca personalmente per non pregiudicare l'operazione in corso. In ultimo dirò loro di fare immediatamente equipaggiare le loro vetture con tutti questi accorgimenti elettronici domani stesso, affinché possiate dare il via alle operazioni senza più problemi.» «Domani pomeriggio, verso le ore sedici, le telefonerò per sapere se saranno pronti, così potremo fare le varie prove di verifica per constatare se tutto funzioni alla perfezione. Gli ricordi che il minimo errore potrà essere catastrofico per l'operazione e qualcuno potrà trovarvi la morte. Dal tenente in poi li chiamerò numero uno, due, tre, eccetera, eccetera. In progressione numerica, i nomi e i gradi è meglio non citarli. In ultimo, se sono qui fuori dal suo ufficio, gli dica di presentarsi domani in mattinata perché la persona non è ancora arrivata, in quanto che se ci vedono uscire non gli sarà certamente difficile collegarci alla loro presenza.» «D'accordo, faremo così. E per mettersi in contatto con me, per ogni evenienza, come pensa di poterlo fare?» «È molto semplice: verrò di persona. Sono o non sono un pentito della mafia?» E mi misi a ridere. Poi ripresi a dire: «Dottore, non credo che ci sia altro da aggiungere, qualora avrò bisogno mi farò vivo, La ringrazio per avermi appoggiato, per quanto fa e farà per me. Buonanotte.» E gli porsi la mano. «Attenda prima di andarsene che faccio partire i carabinieri.» E così fu. Poi ritornando indietro e andandosi a sedere nuovamente dietro la scrivania aggiunse: «Randagio, faccia bene attenzione perché è più pericoloso di quanto si possa credere ed è lui, il mostro, che sceglie il momento e il posto adatti per colpire!» «Dottore, anch'io ho sempre scelto il posto e il momento propizio per colpire e il mostro troverà pane per i suoi denti» risposi con una punta di ottimismo e di euforia se di euforia si possa parlare. Io e Silvia andammo via. Ci restava ancora da "divorarci" chilometri di autostrada per

raggiungere Firenze anche se si trattava di una distanza pressoché ragionevole. Arrivammo a Firenze che erano passate da poco le ore venti. Decidemmo subito di andare prima a mangiare e poi trovare un hotel o pensione che facesse al nostro caso. Al cane avremmo provveduto tramite il ristoratore e all'indomani gli avremmo dedicato maggior tempo per procurargli tutto il necessario.

CAPITOLO VIII - NON SI LASCIA NIENTE AL CASO Al ristorante, in attesa che ci servissero il secondo, andai a telefonare alla mia ragazza. Dalla voce intuivo che il suo morale era buono. Era assai contenta di sentirmi. Scherzammo un po' con qualche rapida battuta e poi ci salutammo ripromettendoci di risentirci l'indomani. Mentre pagavo il conto chiesi al cameriere se conoscesse un albergo tranquillo e pulito ove poter alloggiare. Questi ce ne suggerì uno non molto lontano dal ristorante. L'albergo fu proprio di nostro gradimento da un punto di vista di accoglienza e logistico: la camera matrimoniale, al primo piano, dava sull'entrata dell'albergo, così per York, il cane, era facile ascoltare il fischio ad ultrasuoni e rispondere abbaiando. La camera dell'albergo era pulita e i mobili decenti, lo stesso si poteva dire per il bagno. Al proprietario dicemmo che ci saremmo fermati per un periodo di un mese o poco più. Ci sorrise con palese soddisfazione. Chiusi la porta della camera e mi rivolsi a Silvia chiedendo il suo parere sul gradimento dell'albergo: «Sì, è abbastanza carino» mi rispose compiaciuta. «Beh, possiamo dunque sistemare la nostra roba, farci la doccia, cambiarci e fare un giro di perlustrazione nelle vicinanze dell'albergo, ti va?» domandai formalmente a Silvia, ma sapevo che avrebbe detto di sì senza alcuna esitazione. «Certo che mi va. Farò presto, scusami.» E così dicendo apri la sua borsa di viaggio senza perdere tempo. Non stetti certamente a guardarla e feci altrettanto anch'io. Dopo poco più di un'ora eravamo pronti e uscimmo. York rimase di guardia alla camera anche se i soldi e le armi li tenevamo con noi, specie le armi che costituivano per me una seconda pelle! Dopo aver girovagato per le strade trovammo una discoteca. Parcheggiai la macchina ed entrammo nella discoteca. Non c'era nulla di eccezionale, era una discoteca come tante altre. La musica che si suonava era quella corrente. I rumori pertanto erano assordanti da spaccatimpani. Ordinai due whisky lisci, dopodiché cominciai a osservare bene la disposizione e la struttura della discoteca e da chi fosse frequentata a quell'ora. A prima vista dava l'impressione di essere tutto normale. Solo a furia di frequentarla avrei semmai potuto rendermi conto di che pasta fossero coloro che la frequentavano, la stessa cosa valeva per il resto dei locali che mi erano stati elencati. Lasciammo la discoteca dopo esserci quasi annoiati per una buon'ora. Ritornammo all'albergo. Arrivati dinanzi all'entrata dell'albergo dissi a Silvia: «Fischia perché voglio ben sincerarmi che York risponda subito.» Silvia estrasse dalla borsetta il fischietto ad ultrasuoni e vi soffiò dentro: sentimmo immediatamente abbaiare York tra il mio sorriso di compiacimento per la risposta fulminea dell'animale. «Sei soddisfatto del mio cane?» «Non avevo messo in dubbio le qualità di York, ma era giusto tenere sempre in forma il fedele amico dell'uomo.» Entrammo in camera e richiusi a chiave dal di dentro la porta. Ci demmo una rinfrescata e ci mettemmo a letto. Silvia indossava un pigiama assai aderente che metteva in risalto le sue "forme". Io, come al solito, stavo con il solo slip. Spensi la luce, poi dissi: «Ti va di parlare un po'?» «Certo.» «Domani mattina ritorneremo dal dottor Lucca perché ho dimenticato di chiedergli qualcosa di molto importante. Con tante cose che ho per la testa a volte mi succede di scordarmi persino le cose importanti.» «Ma di cosa si tratta?» «Devo chiedergli di procurarci degli occhiali speciali che ci permetteranno di vedere bene anche di notte, come se si fosse in pieno giorno, perché nel caso in cui dovessimo inseguire il

mostriciattolo a piedi negli anfratti o in una fitta vegetazione avremmo il vantaggio di vederlo chiaramente e sapere dove mettere i piedi per terra e chiedere un elenco dei posti prediletti dai "guardoni" perché potrebbe anche darsi che il mostriciattolo venga a conoscenza delle coppie che si portano nel bosco attraverso appunto questo prezioso canale di informazioni. È in questo ambiente ambiguo che il mostriciattolo potrebbe venire a conoscenza, senza esporsi. In ultimo, se non l'hanno già sperimentato, sarebbe interessante sottoporre ad ipnosi, tramite uno psicanalista di chiara fama, il figlio della prima vittima per farlo gradualmente ritornare indietro nel tempo fino a quel lontano giorno, per lui, in cui il mostriciattolo gli uccise la madre. Può anche darsi che si possa ottenere un grosso risultato. Senz'altro è tutto da provare ma tentare non costa nulla e soprattutto è sempre meglio non lasciare nulla di intentato. Quando saremo dal giudice gli chiederò se i carabinieri sono pronti, così eviteremo di telefonare perché non mi piace parlare al telefono in quanto che ci può sempre essere qualcuno che potrebbe ascoltare. Cosa ne pensi di queste mie iniziative?» «Sono molto interessanti, in particolare quella di sottoporre a ipnosi il figlio della prima vittima anche se si tratta, in verità, di una cosa abbastanza complicata per il fatto che arrivando a quel punto così tragico il "paziente" potrebbe subire uno shoc e interrompere la seduta, oppure che la mente rifiuta di proseguire per un senso di autodifesa o di spirito di conservazione, ma sarà, e saprà meglio di tutti, lo psicanalista a trarne le dovute spiegazioni e dedurre sul come fare per arrivare alla conclusione. Per il resto sei come al solito assai previdente e cerchi di anticipare tutto scegliendo tu il terreno per combattere. Spero che sia così perché saremo di gran misura avvantaggiati sul mostriciattolo, come lo chiami tu, e sono convinta che non potrà sfuggire.» «E adesso vorrei porti una domanda del tutto personale. Perché hai accettato questa missione senza sapere di cosa si trattasse?» «Per la verità preferisco non parlarne.» «Non è una curiosità conoscere la ragione per cui hai accettato di partecipare a questa missione, ma per capire meglio la tua psicologia e conoscerti un po' di più perché in ultima analisi è particolarmente interessante in modo preponderante per me sapere come ti comporterai al momento in cui ci troveremo di fronte al mostriciattolo.» «Al pericolo cui sarei andata incontro in questa missione mi era stato detto subito, ma io non ho paura della morte. Se è qui che volevi arrivare.» «In parte sì ma fino a che punto sei disposta a morire?!» Silvia dopo una lunga pausa riprese a dire: «Non capisco proprio dove vuoi arrivare!» «Ascoltami con attenzione, per favore. A me non importa cosa ti ha spinto a fare la poliziotta perché è solo un problema tuo. Ma cosa ti ha spinto ad accettare questa missione rischiosa, questo sì che mi interessa capire per il bene comune. Per me vivere o morire non ha nessuna importanza, ciò che ha importanza è, invece, che in entrambi i casi io mi possa comportare sempre da uomo come ho giustamente vissuto fino ad ora. Infine non mi è difficile sommare due più due. Tu sei una poliziotta ed hai un cane magnificamente addestrato e questo vuol dire che appartieni all'antidroga. Ma in questo caso specifico la droga non c'entra. Perciò devi far lavorare il tuo prezioso cervellino in un'altra maniera. Spero di essermi spiegato bene.» «Grazie per il prezioso cervellino, ma ti assicuro che l'avevo capito da sola come avrei dovuto impiegare il cervello anche se è un campo del tutto nuovo per me! E poi ci sei tu che non tralasci niente al caso. Quindi non correrò nessun pericolo e se commetterò degli errori ci sei tu superman a intervenire. Giusto? Ma tu, in fondo, cosa ci guadagni in questa vicenda?!» Aveva concluso con accento aspro Silvia. «Non intendevo né intendo innervosirti, tutt'altro, desidero veramente metterti a tuo agio perché mi sei simpatica e non dubito minimamente della tua bravura, ma è la tua energica reazione che mi interessa conoscere perché il mostro non è lo stesso soggetto che spaccia droga. Questi può avere la reazione di scappare e basta, il mostriciattolo cercherà di sorprenderci per ucciderci e quando ti accorgerai della sua presenza con la pistola in pugno che sta sparando verso di te o di me non sarà certamente piacevole benché i vetri della macchina siano a prova di proiettile ben più forti di una calibro 22. È in quel preciso momento che bisogna avere freddezza ed essere pronti ad agire e con

ciò spero di non essere frainteso. Quanto a cosa ci guadagnerò alla fine di quest'avventura, sempre che si riesca di concluderla con la cattura del mostriciattolo, consiste nel mezzo miliardo di lire che ho fatto rimettere come taglia e la grazia per tutto il mio passato fino a oggi. Tu in un certo qual senso sei obbligata a fare delle missioni pericolose perché sei una poliziotta, io no e allora se devo rischiare voglio e pretendo una contropartita. E quando ti rivolgi a me fammi la cortesia di lasciare da parte il sarcasmo e sii gentile come io lo sono con te, in fin dei conti stiamo lavorando insieme e allora perché punzecchiarci?» «D'accordo, non mi lascerò più prendere dal nervosismo quando mi farai delle domande personali, ma per il momento non mi sento di rispondere. Ti sarei grata di non chiedermi più niente del genere.» Sollevai la testa dal cuscino e la baciai sulla fronte dicendole: «Buonanotte e dormi tranquilla.» «Grazie, buonanotte.» Avevo sentito subito squillare il telefono, ma aspettai qualche secondo prima di sollevare il microfono e dire "Sì".» «Buongiorno, signore, sono le ore otto ed è l'ora in cui mi aveva chiesto di svegliarla.» Silvia si stiracchiò un po', poi aprì gli occhi e sorridendomi disse: «Ho sentito il telefono squillare. Buongiorno, Randagio.» La guardai un momento in quella posizione così simpatica e sorridendo risposi: «Buongiorno. M'infilo sotto la doccia e poi mi faccio la barba. Il tutto in un quarto d'ora, dopodiché avrai tutto a tua disposizione, però non ci stare mezza giornata per prepararti.» Silvia sempre col sorriso sulle labbra disse: «Anch'io sono veloce nel farmi la doccia e vestirmi, mica solo tu!» E si mise a ridere a crepapelle. Era bello vederla con quell'aria sbarazzina. Uscimmo col cane. Erano quasi le nove. Dopo aver fatto passeggiare York per una mezz'ora salimmo in macchina. Al primo bar che incontrammo facemmo colazione. Poi ci avviammo per l'autostrada per recarci dal giudice. Giunti nei pressi del Tribunale con un po' di fortuna trovammo uno spazio per parcheggiare la macchina, quindi mi rivolsi a Silvia: «Le armi le lasciamo in macchina, ci penserà York a fare buona guardia.» «Ma io sono autorizzata a portarla e tu hai un permesso speciale, perché dovremmo lasciarle in macchina?» «Perché entrando ci sono quelle macchine per rilevare i metalli e i carabinieri addetti al controllo ci chiederanno subito i documenti e relativi permessi e così sapranno chi siamo. Così non possono commentare nulla su noi due. Sei d'accordo con me?» Rise di gusto, poi disse: «Scommetto che se non dovessimo lavorare insieme, gomito a gomito, non mi avresti spiegato mai nulla!» E rise ancora allegramente. Io sorridendo, a mia volta, le risposi: «Hai proprio ragione!» «Si può entrare?» «Avanti» rispose il giudice. Entrando dissi subito: «Buongiorno, dottore, siamo venuti personalmente perché ieri sera un po' per la stanchezza, un po' per tutte le cose che ho in testa, avevo dimenticato di chiederle qualcosa di importante. Gli strinsi cordialmente la mano e mi accomodai su una poltroncina davanti a lui, Silvia fece la stessa cosa. «L'ascolto» rispose il giudice. «Necessita a me e a Silvia, ma anche ai carabinieri che operano con noi due, degli occhiali muniti di quelle lenti speciali che permettono di vedere di notte come se fosse giorno perché se si dà il caso che dovessimo inseguire il mostriciattolo a piedi, nel bosco, sapremo bene individuarlo e seguirlo e veder chiaramente dove si poggiano i piedi per terra.» «Ho capito perfettamente di cosa si tratta e spero di poter reperire questo tipo di occhiali. Credo

che non sarà facile.» «Sia la polizia che i carabinieri hanno in dotazione i binocoli che hanno le stesse caratteristiche, ossia che si può osservare benissimo anche di notte in luoghi privi di illuminazione elettrica. Pertanto credo che non sarà difficile trovare anche gli occhiali. Se dovessero sorgere delle difficoltà di carattere burocratico mi faccia la cortesia di rivolgersi al dottor Rigotti, così risolveremo tutto in breve tempo. Altra richiesta consiste nel rivolgersi alla polizia oppure ai carabinieri di Firenze per farsi dare tutti i nomi e le relative fotografie dei "guardoni" perché potrebbe anche darsi che il mostriciattolo ottenga le informazioni indirettamente da loro per sapere se ci sono delle coppie che vanno ad amoreggiare nei boschi perché fra di loro è solito farsi questo genere di confidenze ed è sufficiente che uno qualsiasi frequenti i locali di questi parassiti per ascoltare le loro chiacchiere.» «È indubbiamente una buona pista da utilizzare. Al più tardi domani avrà quanto le interessa. C'è altro?» «Sì, non so se è stato già fatto e se qualcuno vi ha pensato, si potrebbe chiedere al figlio della prima vittima femminile, se acconsente di sottoporsi ad ipnosi tramite uno psicanalista, per far sì che piano piano lo faccia ritornare indietro nel tempo proprio a quel fatale giorno in cui fu testimone alla scena di sangue, ossia all'uccisione della mamma. In proposito molti sostengono che il mostriciattolo non s'era accorto della presenza del bambino, io, invece, affermo che l'aveva visto e voluto risparmiare perché nella sua mente "malata" non gli interessava. Ci sarà stato qualcosa che lo avrà bloccato psicologicamente. Anche in tale comportamento vi potrà essere una logica. Lei mi insegna che la psiche umana è assai complessa e anche l'irrazionalità talvolta ha una sua logica. Tentare io dico che ne vale la pena. Dall'esito che ne verrà fuori si potrà mettere le mani sul mostriciattolo o quanto meno riuscire ad avere elementi utili per la sua cattura. Cosa ne pensa?» «Questa è un'idea originale, non so cosa abbiano fatto in merito, ma sarà mia premura fare qualcosa in questo senso e al più presto possibile. Bravo, Randagio, i miei complimenti. Se desse i risultati sperati, al mostro non rimarrebbero che le ore contate! Ma perché usa chiamarlo mostriciattolo?» «Per la semplice ragione che me lo figuro così in tutto: come aspetto fisico e come cervello!» «Non credo proprio che abbia il cervello così piccolo da risultare un'intelligenza di un quoziente basso o comune da come lei afferma, perché in tutti i suoi delitti non ha mai lasciato tracce o indizi che permettessero agli inquirenti di imboccare la pista giusta. Credo, appunto, sia dotato, invece, di un'intelligenza non comune e di possedere un fisico solido se si tiene conto che ha sollevato di peso le povere vittime per martoriarle.» «Dottore, lei mi insegna che qualunque persona incensurata può uccidere chiunque senza lasciare delle tracce decifrabili, perché di tracce ne lasciano sempre. Il difficile sta nel poterle individuare. Per quanto riguarda la capacità di forza fisica chiunque in momenti particolari di "rabbia" può sprigionare una forza imprevedibile e il mostriciattolo in quei momenti ne ha da vendere! In fine vorrei prospettarle l'altra faccia del mostriciattolo. Mi spiego. Tutti hanno pensato a lui come a un uomo tradito dalla propria consorte o amante che fosse e se, invece, fosse un pederasta? Un pederasta tradito dal suo uomo per una donna? Questo potrebbe anche spiegare il suo sistematico modo di sopprimere e seviziare le sue vittime maschi e femmine. Ovviamente trattasi soltanto di una mia ipotesi, pur sempre attendibile. Controllare è sempre utile. Quando suggerisco di controllare lo si potrebbe fare cercando di risalire alla personalità della prima vittima maschile, stabilire se aveva avuto rapporti sessuali con uomini. Non sarà certamente facile investigare su una persona che è stata uccisa quasi vent'anni fa, ma si può sempre tentare. Non le pare?» «Per quanto ne so, non credo che qualcuno abbia preso in considerazione quest'aspetto del mostro, ma per arrivare alla sua cattura bisogna proprio tentare tutte le strade! Cercherò di fare del mio meglio, il tempo trascorso è tanto e non so dove si potrà arrivare. Prima di muovermi in tale direzione sentirò uno dei magistrati che sta investigando sul mostro. Certamente metterò la questione in maniera che non sospetti di quanto sto facendo e poi provvederò in merito. C'è altro?» «I carabinieri che mi sosterranno dovranno chiamarmi Zero anziché Randagio. E, per finire, sa se saranno pronti per oggi pomeriggio?» «D'accordo, dirò loro che il contatto sarà con Zero. No, non sono ancora pronti, ma mi hanno

assicurato che entro domani pomeriggio saranno tutti equipaggiati con quanto aveva chiesto. Ho parlato con tutti loro e li ho sollecitati responsabilizzandoli al massimo e che il successo della missione dipenderà soprattutto da loro.» «Veramente siamo noi due che dovremmo sentirci sicuri di poter contare su di essi. A ogni modo io sono abituato a ragionare con il mio metro che mi fa contare solamente su di noi senza peraltro sminuire l'apporto dei carabinieri. Va bene, dottore, è tutto qui quanto desideravo farle sapere io stesso. Eviterò di telefonarle, verrò il meno possibile a trovarla, lo farò solo quando si riterrà indispensabile, in questo modo eviteremo che il personale di qui possa subodorare qualcosa. Arrivederci e grazie di tutto.» «Randagio, sempre con gli occhi aperti e si ricordi che ha degli ottimi carabinieri pronti ad intervenire, quindi lasci perdere quel famoso detto che chi fa da sé fa per tre!» «Dottore, io conto soprattutto sulle mie possibilità ma se mi accorgo di non potervi riuscire sarà mio interesse e premura interpellare i carabinieri. Domani pomeriggio sarò in zona per mettermi in contatto con i carabinieri e provare tutti gli strumenti per assicurarci che funzionino perfettamente. Buongiorno.» Gli stringemmo la mano e uscimmo. Mentre scendevamo le scale domandai a Silvia: «Cosa ne pensi del dottor Lucca?» «A guardarlo è simpatico ed ha uno sguardo intelligente, quando parla pondera bene le parole ed è sicuro di sé. Se lo hai preferito agli altri vuol dire che è veramente in gamba!» E si mise a ridere. «Cosa fai? Sfotti?!» E risi anch'io.

CAPITOLO IX - TUTTO È PRONTO Dopo l'ultimo incontro con il dottor Lucca ritornammo a Firenze. Mangiammo in un ristorante dall'aspetto rustico ma abbastanza carino. Procurammo anche gli alimenti per York, dopodiché dedicammo il nostro tempo libero a Firenze: girovagammo per le strade senza una meta fissa, era il caso di approfondire la conoscenza della città. Bazzicammo lungamente i locali pubblici con la speranza di individuare, fra gli avventori, il mostriciattolo unica ragione per cui eravamo andati a Firenze. Entrai in un negozio di generi alimentari ove comperai una bottiglia d'olio. Silvia mi guardò con un'espressione di curiosità ma non disse nulla. Verso le ore diciannove e trenta ritornammo all'albergo per lasciare York in camera. Ci rinfrescammo e ci cambiammo gli abiti. Andammo a cena, tra una portata e l'altra telefonai alla mia ragazza. Prima che giungesse all'apparecchio attesi un paio di minuti. «Pronto?» «Ciao, tesoro, come stai?» «Se ci fossi tu con me non avrei di che lamentarmi. Invece sono un po' triste.» «Beh, è solo ancora questione di tempo, poi saremo nuovamente insieme e sarà ancora più bello. Sei stata da tua madre?» «Sì, domani lascerò la pensione per andare ad abitare con lei così ci terremo compagnia. Eccoti il numero telefonico del bar affinché tu mi possa chiamare. A che ora mi chiamerai domani?» «Sempre più o meno a quest'ora perché prima mi riesce un po' difficile. D'accordo?» «D'accordo.» «I soldi te li stanno portando?» «Sì, proprio oggi pomeriggio mi hanno consegnato una cospicua somma.» «Non devi mica spenderla tutta ma solamente quanto ti basti per le tue esigenze, il resto dei quattrini devi conservarlo, ci servirà per il domani. Capito?» «Va bene. E a te come vanno le cose?» «Per ora niente di nuovo. Tuttavia non si tratta di una cosa che si possa concludere dall'oggi al domani. Occorre il suo tempo data la consistenza dell'affare nessuno impiega grossi capitali senza un giusto margine di sicurezza.» «Questo vuol dire che resterai lontano ancora per parecchio?» «Non so esattamente quanti giorni ma credo almeno un mese.» «Ma un mese è troppo lungo! Non ci si può almeno vedere durante la settimana?» «No, perché non voglio perdere assolutamente questa occasione. Un mese in confronto agli anni che abbiamo davanti è proprio niente. Armati di pazienza e non chiedermi cose insensate. D'accordo?» «Va bene, ma non inquietarti. Io ti ho chiesto questo perché desidero stare un po' con te.» «Anch'io desidero stare con te, e mi manchi, ma questo è un genere di affare che mi impedisce di vederti. Cerca di capirmi. Ciao, amore, a domani.» «Ciao, amore, a domani verso le otto. Sii puntuale. Un bacione.» Posai la cornetta e tornai al tavolo dove Silvia aspettava me per iniziare a mangiare. Era proprio gentile. Dopo un po' mi disse: «Telefonavi alla tua donna?» «No, a mia madre. È da quando sono fuori che le telefono ogni giorno. Come sai tutte le mamme vivono apprensioni per i figli. La mia poi, a seguito delle mie brutte esperienze, ha mille motivi per essere preoccupata» risposi guardandola tra il faceto e il divertito. Che gran bugiardo ero in quel momento! Ma solo per la telefonata s'intende, non per mia madre. Usciti dal ristorante facemmo il giro delle varie discoteche. Non mi lasciavo sfuggire nulla. Osservavo anche persone che entravano solo per pochi minuti. In ognuna di esse cercavo di individuare quel qualcosa che potesse condurmi al mostriciattolo. Per la verità nemmeno io stesso sapevo cosa realmente potesse mettermi sulla strada. Non riuscivo a focalizzare l'elemento

necessario per entrare nella logica della dinamica che cercavo di costruirmi con la mia mente. Per ora brancolavo nel buio, questa era una mia deduzione lapalissiana. Nell'ultima discoteca rimanemmo fino alle ore due, poi rientrammo in albergo. Silvia, in prossimità dell'entrata, come di consueto, usò il fischietto. Fece subito eco l'abbaiare di York. Silvia voltandosi verso di me con aria soddisfatta mi disse: «La via è libera, possiamo entrare.» «Prego, signorina, dopo di lei» dissi scherzosamente mentre con la mano sinistra aprivo la porta e con la destra impugnavo la pistola, col cane alzato, pronto per far fuoco, casomai avessi incontrato il mostriciattolo per le scale. Forse ero troppo esagerato, si può dire, ma non negligente! Verso le ore sedici eravamo ad un paio di chilometri dall'ufficio del dottor Lucca in attesa di metterci in contatto con i carabinieri ed assicurarci che tutto funzionasse alla perfezione. Avevamo trascorso l'intera mattinata con il nostro inseparabile amico fedele York in giro per i giardini. Sistemato lui in albergo, riprendemmo a girare per le strade di Firenze. Cambiammo ancora ristorante, ciò rientrava nei miei programmi per incontrare volti sempre nuovi. Lasciammo Firenze per essere in perfetto orario all'appuntamento con i carabinieri. «Randagio, sono le ore sedici in punto, ci mettiamo in contatto?» «Sì, adesso proviamo ma devo essere soltanto e sempre io a parlare con loro perché devono credere che sono da solo e non con una donna, è sempre la mia mania quella di far sapere strettamente il necessario, così se avranno la curiosità e la tentazione di volermi individuare, vedendomi in coppia non penseranno certamente a me ed io continuo a mantenere il mio margine di sicurezza per riservare la sorpresa al mostriciattolo!» «Nulla da obiettare» e sorrise con il suo simpatico modo di fare che donava una nota di colore in più. «Beh, adesso ci provo.» Attaccai il microfono alla radio ricetrasmittente. Aprii il contatto e dissi: «Sono Zero che parla, se Uno o gli altri numeri sono in ascolto, rispondano. Passo.» «Qui è Uno che parla, ti sentiamo tutti in maniera perfetta. Puoi continuare, passo.» «Benissimo. Adesso accendo la spia elettronica, controllate sul vostro monitor se appare. Passo.» «Sì, ti teniamo sotto controllo e si vede molto nitida la luminosità del puntino.» «Cosa dobbiamo fare? Passo.» «Per meglio assicurarci dell'efficienza degli strumenti adesso parto, voialtri dovete venirmi dietro comunicando via radio la mia posizione per confrontare se tutto procede secondo il piano prestabilito, vale a dire che tutta l'operazione dipenderà dal vostro pronto e sicuro intervento. Però fino a quando non ve lo chiederò voi non dovrete assolutamente muovervi, perché se faremo fiasco possiamo dare un addio per sempre alla possibilità di riuscire nell'impresa: non ci potrà essere una seconda possibilità. Avete ben afferrato il concetto? Passo.» «Siamo tutti a conoscenza della delicatezza della missione e siamo preparati fisicamente e psicologicamente. Non commetteremo imprudenze che potrebbero compromettere la riuscita. Il dottor Lucca ci ha dato delle consegne che noi rispettiamo fino in fondo. Ci ha detto che dovremo eseguire alla lettera quanto ci domanderai. Passo.» «È esatto quanto ti ha detto il dottor Lucca. Ed è esattamente ciò che voglio da voi tutti, ci conto e ci credo fermamente, quindi è superfluo ritornare sul discorso. Quanto desidero da voi è che mi seguiate come un'ombra senza mai perdere il contatto per mezzo della spia elettronica e quella via radio. Dovrete stare tutti distanziati da me e anche da voi stessi. Qualora vi capitasse di trovarvi a fianco ignoratevi deliberatamente ma questo non dovrà succedere poiché per seguirmi dovrete tenervi a semicerchio, ossia: partendo dalla mia sinistra per passarmi dietro e terminare sulla mia destra e mai e poi mai davanti a me! Con voi avete delle cartine topografiche che riguardano Firenze, le zone boschive limitrofe e tracciati di campagna. Cercate di studiarveli a memoria anche se porterete con voi queste cartine topografiche, perché al momento opportuno vi sarà più facile conoscere il posto, indicato dalla cartina, in cui mi troverò. D'accordo? Passo.» «Perfettamente d'accordo, Zero. Avevamo già programmato di imprimerci bene in mente tutti i numeri corrispondenti alle cartine topografiche per accorrere nel più breve tempo possibile sul posto dopo la tua chiamata. C'è altro? Passo.»

«Non c'è altro per ora. Comincerò subito a girare con la macchina e voi tutti, uno dopo l'altro, mi comunicherete la posizione che rilevate sul vostro monitor. Parto subito restando in ascolto. Passo.» «Ricevuto. Siamo pronti per prendere la posizione che ci hai detto e poi farti pervenire, a turno, la tua posizione. Passo.» Partii subito, dopo nemmeno una decina di minuti ripresi il contatto radio: «Qui è Zero che parla. Cominciamo da chi si trova sulla mia destra. Passo.» «Qui numero 6, sei uscito dalla città e stai dirigendoti verso la campagna. Passo.» «Perfetto, 6, è proprio come hai detto. Passo.» Ripetemmo le operazioni per quasi due ore. Tutto era proceduto secondo le mie aspettative, ossia perfettamente. Prima di congedarmi da tutti parlai col numero Uno e gli dissi: «Qui Zero a numero Uno. Oggi è mercoledì perciò Rendez-vous per sabato sera ore ventitré, vicino a Piazza del Duomo a Firenze. Quando vi dirò per via radio di non starmi a seguire più fermate le macchine restando sempre con gli occhi sul monitor e in ascolto e ben distanziati l'uno dall'altro nella stessa posizione di oggi. Passo.» «D'accordo per tutto, a sabato sera. Passo e chiudo.» «A sabato sera. Passo e chiudo.» Staccai il microfono e lo lasciai nel cruscotto, quindi mi rivolsi a Silvia: «Tutto ha funzionato alla perfezione, sono alquanto soddisfatto. Domani possiamo cominciare a fare sul serio! Io non ti ho mai detto niente ma se hai delle iniziative personali, puoi benissimo esporle, se sono buone non solo le ascolto ma le metteremo in pratica.» «Veramente ho cercato di pensare a qualcosa ma fino ad ora tutto quello che hai fatto è geniale. Io non riesco a formulare nessuna proposta. Continuerò a pensare chissà che non mi affiori alla mente qualcosa che possa trovare pratica applicazione.» «Brava è così che mi piaci, non arrenderti. Si deve perseverare!» «Cerco sempre e comunque di applicarmi sul lavoro, specialmente in questo particolare lavoro. Sarebbe stupendo prendere il mostriciattolo sia per una soddisfazione intima sia per eliminare un pericolo pubblico per gli innamorati che amino i boschetti…» La guardai con smisurata simpatia e dissi: «Anche a me farebbe piacere il ridare quella serenità agli innamorati. Dico questo per farti capire che non ho ideato il piano solo per arricchirmi ed essere finalmente libero, ma anche e soprattutto perché disprezzo questo individuo lercio che crede di poter circolare impunemente in tutta la regione macchiandosi di obbrobriosi delitti, mentre vi sono tanti poveri disgraziati che marciscono nelle patrie galere perché non hanno accettato le regole della società.» «Ho già avuto modo di riflettere a suo tempo su quanto hai appena detto, ma non tutti sono come li hai descritti tu!» «Lo so, non mi dici niente di nuovo, ma è meglio lasciare perdere questo scabroso argomento perché ognuno di noi due crede di avere ragione sull'altro e non siamo qui per questo.» «Ma nella tua vita sei stato sempre così coerente in tutto e per tutto?» «Nella vita c'è sempre un qualcosa che agisce contro la tua stessa volontà per portarti a fare cose a cui non avresti pensato!» «Sì, è vero, perché a me è successo, come del resto credo agli altri, la stessa cosa, anche se non proprio nello stesso campo.» «Purtroppo è la vita che è tutta un'incognita e ci fa di questi scherzi crudeli!» «Non è poi stato uno scherzo crudele quello di farci conoscere!» E si mise a ridere incontrollatamente da contagiarmi come uno sbadiglio allo spuntare dell'alba.

CAPITOLO X - LA CACCIA È APERTA! I giorni seguenti, fino al sabato sera, in attesa dell'appuntamento, non facemmo altro che frequentare tutti i locali componenti l'elenco che mi aveva consegnato il dottor Lucca. Eravamo riusciti a familiarizzare con alcuni proprietari, barman e camerieri. A quest'ultimi lasciavamo delle discrete mance. Sabato sera, a cena, avevo tenuto compagnia a Silvia ma non avevo mangiato niente e Silvia, preoccupata, mi aveva domandato: «Ti senti poco bene?» «No, al contrario, sto benissimo. Se non mangio è per continuare a stare bene perché più tardi dovrò bere un bel quartino d'olio in maniera da non ubriacarmi perché dovrò bere molto alcool per fare una bella sceneggiata.» «E l'olio funzionerebbe da cuscinetto per far sì che l'alcool non venga assorbito e finisca nella circolazione del sangue. Giusto?» «Brava. È proprio così che dovrebbe funzionare, più o meno.» Finito di cenare ritornammo all'albergo. Salimmo in camera, presi la bottiglia dell'olio e ne bevvi una lunga sorsata. Che schifo che faceva! Ma era necessario. Cogliemmo l'occasione per portare fuori York. Dopo averlo riportato in camera, ripartimmo per raggiungere il luogo dell'appuntamento. Arrivammo con quasi una mezz'ora d'anticipo. Rivolgendomi a Silvia dissi: «Da stasera cominceremo a fare sul serio. Sei molto intelligente e non ti sarà difficile di assecondarmi capendomi al volo. Cerca di essere tranquilla così tutto ti riuscirà più facile. D'accordo?» «Cercherò di fare tutto il possibile.» «Quando verrà il momento in cui farò l'ubriaco e ti chiederò di andare a fare l'amore nel boschetto, cercherai di convincermi a rimandare per un'altra volta dicendo che con me lo faresti in capo al mondo, ma alla fine mi dirai andiamoci pure perché lo desidero anch'io. D'accordo?» «Sì, ho capito perfettamente. Così appena usciremo tutti sapranno che ci andremo veramente e chi avrà la curiosità di sincerarsene non farà altro che controllare la direzione che prenderemo. Giusto?» «Giustissimo, anche perché ci andremo veramente. Questo tipo di "cinema" lo faremo anche nel pomeriggio negli altri locali e ancora in quelli di cui ci darà la nuova lista il dottor Lucca. Mi riferisco alla lista "dei guardoni". Così facendo obbligheremo almeno il mostriciattolo ad uscire dalla sua tana per sincerarsi che noi due ce ne sbattiamo di lui. Spero solo che abbocchi!» «Logicamente in un primo momento potrà diffidare, ma poi stuzzicandolo nel punto giusto e accertandosi che all'apparenza possiamo essere solo due sbruffoni, passerà all'azione!» «È quello che dobbiamo augurarci!» Controllai l'ora ed erano le ore ventitré precise. Innestai il microfono, accesi la radio ricetrasmittente e dissi: «Qui Zero, tutto il gruppo è in ascolto? Passo.» «Qui Uno, siamo tutti presenti e in ascolto, attendiamo istruzioni. Passo.» «Bene. Le istruzioni sono molto semplici per il momento, io girerò in città, quindi non farete altro che starmi a circa un chilometro di distanza. Poi, fra due ore circa, uscirò dalla città e voi mi seguirete sino al limite restando in ascolto, controllerete se risulterò sempre sul vostro monitor. Ad ogni modo quando uscirò dalla città ve lo comunicherò. Passo.» «D'accordo, Zero. Noi siamo tutti pronti. Passo.» Rimisi a posto il microfono, avviai il motore e partimmo diretti alla prima discoteca. Invece di sederci al tavolino, come al solito, ci sedemmo sugli sgabelli al banco di mescita. «Buona sera. Cosa desiderano bere?» «Per me Whiski liscio e per lei un succo di frutta alla pesca.» Bevvi sei Whiski, Silvia due succhi di frutta, poi ce ne andammo nell'altra discoteca. Lì ripetei la dose prima di cominciare a parlare da ubriaco col barista: «È proprio una bella città Firenze, ricca di tradizioni e di stupende opere d'arte.»

«Certo, signore. Ce l'invidiano tutti nel mondo!» «Anche i dintorni sono piacevoli. Ci sono dei bellissimi paesaggi e boschi dove si può trovare della buona cacciagione e se un cacciatore è un po' maldestro… con un po' di fortuna può trovare un altro genere di cacciagione! Ah! Ah! Ah!» Starnazzai… bene bene! «Forse una volta, ma non più di questi tempi!» «Non vorrà mica dire che non ci sono delle belle ragazze in giro?!» «No, non alludo a questo ma al mostro di Firenze!» «Il mostro di Firenze! Ah sì, ne ho inteso parlare. Ma non sarà certo questo motivo ad impedire agli innamorati di andare ad amoreggiare in qualche angolino tranquillo della campagna?!» «È proprio per questo motivo che tutti hanno paura e nessuno più ci va e chi ci va corre il pericolo di fare l'amore per l'ultima volta!» «Un altro Whiski per favore. Io personalmente non ho paura di questo mostriciattolo! E quando ne ho piacere ci vado e basta! Anche l'altro giorno ci siamo stati ed è stato piacevole! Ah! Ah! Ah! Vero amore mio?» «Ma ti sembra giusto di raccontarlo agli altri?!» «Beh, non c'è mica niente di male, no?» «Però ad una ragazza può anche dare fastidio sentirlo raccontare in pubblico!» «Spero di non averti messo in imbarazzo e per farmi perdonare ti ci riporto stasera, va bene? Ah! Ah! Ah!» «Stasera non credo che sia il caso, magari un'altra volta, va bene?» «Non so se lo hai notato ma c'è una stupenda luna piena e le stelle sono più brillanti che mai! È un'occasione da non perdersi!» «La serata è bellissima ma ce ne saranno tante altre e poi tu sei un po' stanco.» Il barista si intromise nel nostro discorso: «Non è prudente andare di notte in campagna per qualsiasi ragione! È già pericoloso di giorno, figuriamoci di notte col mostro!» «Io non voglio tacciare di codardia gli altri anche perché ognuno è libero di fare ciò che vuole in questi casi, ma io personalmente non temo nessuno e tanto meno il mostriciattolo!» Parlavo sempre più forte affinché fossero in molti a sentirmi. «Ma anche la polizia ha avvisato tutta la popolazione che è pericolosissimo! Non può impedire a chicchessia di andarci, ma in questi casi non può garantire la protezione e l'incolumità della gente. Il mostro queste cose le sa e non dà scampo a chi va a fare l'amore in quei posti!» Avevo notato che il nostro dialogo aveva attirato l'attenzione di più avventori, di qualsiasi età. Era ciò che volevo e cominciai a rincarare la dose: «È vero che sono un po' allegro, ma c'è un detto che dice: "Vino veritas". Spero di averlo detto bene. Perciò, ripeto, non ho paura di quel sudicio mostriciattolo che ha ucciso delle giovani coppie di innamorati! Io me ne sbatto di lui e di tutti quelli come lui! Perché per me non è altro che uno sporco impotente che sfoga la sua rabbia con chi può! Io ci vado con la mia donna a fare l'amore nel bosco ed è meglio per lui che non mi arrivi a tiro perché gli infilerei questo dito nell'occhio per cavarglielo e mettermelo qui nella catenina come souvenir di un aborto contro natura! Con me non ci arriva a sorprendermi! Notte o giorno che possa essere! Dammi ancora un Whiski per favore.» Una ragazza che aveva seguito la discussione mi domandò: «E come farebbe per accorgersi della presenza del mostro?» La guardai mentre sorseggiavo il Whiski e risposi: «Sesto senso, mia cara. Io posseggo il sesto senso e riesco a prevenire anche chi si rivolge a me come hai fatto tu!» Non era vero ma proprio nell'istante che la ragazza stava per rivolgermi la parola io la stavo guardando! Guardando perché si trattava di una bellissima bionda! La ragazza sembrava credermi perché era rimasta sorpresa per la mia pronta risposta. Un altro disse sorridendo in maniera ironica: «Lei possiede delle facoltà parapsicologiche?» Lo guardai con fare seccato e risposi: «Io non so come definirlo questo mio sesto senso, ma è proprio come ho detto. Ma ciò che non capisco consiste nel semplice fatto che tutti parlano del mostro con paura, come se si trattasse di un

qualcosa di soprannaturale a cui niente si può fare! Un altro Whiski, per favore. Ma che in realtà si tratta di un essere disgustevole, piccolo piccolo, che per essere concepito sua madre deve aver frequentato tutti i bordelli di questa terra! E sì perché per partorire una larva tale chissà con chi sarà andata a letto per rimanervi incinta! Ah! Ah!» Questa mia affermazione aveva fatto un po' ridere tutti quanti e piano piano ce n'era di gente intorno a me e Silvia ma tuttavia quel sesto senso mi diceva che fra di loro non vi era il mostriciattolo! Pazienza! Prima o poi l'avrei sentito! Un altro ancora: «E se il mostro fosse qui tra noi e ascoltasse quanto ha appena detto e penserebbe di vendicarsi, non l'ha pensato?» «Sinceramente non l'ho proprio pensato. Ma ciò non mi fa certamente cambiare opinione su di lui! E per dimostrarvi che me ne frego di lui termino questo Whiski e con la mia ragazza vado a fare l'amore nel primo boschetto che troveremo appena fuori Firenze.» «Tesoro, io, come te, non ho alcuna paura e con te farei ovunque l'amore. Ma stasera sembri un po' giù di forma. Ci andremo un'altra sera, d'accordo?» «Non sarà un po' di Whiski a mettermi fuori uso e poi ci sei tu che mi metterai subito in forma. Ah! Ah! Ah!» «Dai, lascia stare per stasera.» «Sono convinto che ci proveremo più soddisfazione perché la serata è stupenda per di più lo faremo alla faccia del mostro! Ah! Ah! Ah!» «Ci vuoi proprio andare?» «Certamente! Non penserai che lo abbia detto solo per fare vedere che non abbiamo paura del mostriciattolo!» «Allora andiamoci, ma senza fare l'alba come al tuo solito però?!» «D'accordo, non faremo l'alba ma un po' ci fermeremo sempre.» Posando il bicchiere dissi al barista, porgendogli una banconota da cinquantamila lire: «Pagati che ce ne andiamo.» Dopo avere preso il resto ed avere lasciato la mancia dissi: «Una bella serata ci attende Ah! Ah! Ah! Buona sera a tutti e buon proseguimento. A domani sera!» Facendomi sostenere un po' da Silvia terminai la parte uscendo dalla discoteca. Salimmo in macchina, avviai il motore e partii dirigendomi verso la periferia di Firenze ad andatura normale senza controllare se qualcuno per pura curiosità ci aveva almeno seguiti con lo sguardo. Poco dopo mi rivolsi a Silvia: «Prendi dal cruscotto il microfono, l'innesti e me lo passi. Poi accendi la ricetrasmittente. Dalla tasca della portiera prendi la cartina topografica e controlla a quale numero coincide il primo boschetto appena usciti da Firenze.» Silvia fece tutto in un batter d'occhio e, dopo aver controllato la cartina, mi rispose: «Corrisponde al numero 18.» Nel frattempo avevo controllato nello specchietto retrovisore se ci fosse qualcuno che si fosse preso la briga di seguirci. Non avendo notato nessuno presi a parlare nel microfono: «Qui Zero. Il gruppo è in ascolto? Passo.» «Qui Uno. Siamo in ascolto. Passo.» «Mi sto dirigendo fuori Firenze e precisamente al numero 18 riportato sulla cartina. Dovete solo seguirmi fino alla periferia, dopo di che rimarrete fermi senza farvi notare e sempre in ascolto. Quando riprenderemo il contatto radio mi farete sapere se continuavo a risultare sul vostro monitor. Passo.» «Faremo come hai detto. Passo.» «Per il momento è tutto. Passo.» Dopo circa un quarto d'ora raggiungemmo il punto 18. Trovammo una piccola radura ove fermai la macchina, proprio al centro, dopo avere fatto manovra affinché il muso si trovasse in posizione di partenza per ritornare indietro. Chiudemmo i finestrini. Poi presi fra le braccia Silvia e la baciai. Da prima rimase un po' sorpresa ma non fece alcuna opposizione, poi ricambiò il bacio. Ma

quando feci per sbottonarle la camicia si staccò da me e seccatamente mi disse: «Per il bacio può anche andare, ma tutto finisce qui!» La guardai un momento e poi presi a parlare: «Sai perché i tuoi colleghi prima di noi due hanno miseramente fallito?» «No, non lo so perché non ne sono al corrente.» «Per il semplice motivo che invece di fare le cose come andavano fatte facendo da esca, hanno fatto una finzione di fare l'amore e quello se n'è accorto e non è caduto nella trappola! Ed io non voglio commettere il loro stesso errore per ottenere una disfatta! Spero di essermi ben spiegato!» «E come ti sei ben spiegato! Solo che a me non va di fare l'amore! È tutto qui.» Certo che per essere calmi in una situazione del genere ce ne vuole! Ma con calma mi rivolsi a Silvia: «Ma quando ti hanno scelta per questo incarico non ti hanno accennato proprio niente?!» «Niente di niente! Soddisfatto?!» «Ascoltami attentamente dopo di che prenderai una decisione. Io non è che voglio fare l'amore con te per il gusto di farlo e tanto meno di approfittare della situazione. Ma è necessario farlo perché tutto debba sembrare vero, ossia che io e te siamo una coppia che conviviamo veramente è questo che deve credere quel sudicio mostriciattolo perché se si accorge o dubita di qualcosa io e te qui ci possiamo invecchiare tranquillamente senza che ci accorgiamo della sua lurida presenza! E l'amore non lo faremo solo adesso ma ci saranno ancora altre volte, sia di giorno che di notte! Quindi sei libera di accettare questa realtà o no, ma qualora la tua risposta sarà negativa… Domani mattina andremo dal dottor Lucca e gli spiegheremo ogni cosa, dopo di che sarò costretto a chiedere un'altra ragazza per tentare di portare a termine tutto questo po' po' di roba che mi ha fatto passare più di una nottata in bianco.» Silvia era rimasta in silenzio guardandomi senza cattiveria. Aveva compreso perfettamente la situazione e stava riflettendoci sopra. Dopo una lunga pausa disse: «Sono presa tra l'incudine e il martello! E sì perché se mi rifiuto perdo tutto il prestigio che ho acquistato sino ad oggi e me lo sono ben sudato per ottenerlo! Se accetto perdo il rispetto di me stessa perché è come se mi prostituissi!» Smise di parlare ma continuò a guardarmi dritto negli occhi, come se di tutto ciò ne fossi il responsabile! In parte è vero, perché ero io che pretendevo di fare veramente l'amore e non una semplice finzione. Ma facendo finta, potevamo compromettere tutto ed io non ne avevo alcuna intenzione. Come non avevo alcuna intenzione di ferirla nel suo amor proprio. Col suo silenzio e col suo sguardo aspettava una mia parola ed io ripresi a parlare: «Mi rendo conto della situazione incresciosa in cui ti trovi. Non ho alcuna intenzione di obbligarti o convincerti a fare ciò che non ti senti di fare e neanche di ricattarti, ma la logica per arrivare ad acchiappare il mostriciattolo è questa. È la pura e semplice verità. Inutile dirti che se faremo l'amore rimarrà entro te e me perché questo non servirà di certo a sentirti meglio, ma io sinceramente non so proprio cosa dirti di più.» «Almeno sei sincero e gentile.» Le accarezzai il viso per poi prenderla fra le mie braccia e baciarla ma con tenerezza. Rispose al bacio. Piano piano, cominciai a spogliarla. Sentivo che non era a suo agio e che si sforzava ed io cercavo di essere il più delicato possibile. Poi mi spogliai a mia volta. Da sotto il sedile tirai fuori un sacchetto contenente una tuta e le scarpe da ginnastica. Indossai i pantaloni lasciandoli in fondo ai piedi e le scarpe da ginnastica. Poi tirai giù il sedile e feci venire sopra di me Silvia e cominciammo a fare l'amore. Nel frattempo spostai la levetta che permetteva al microfono unidirezionale di uscire da sotto lo chassis della macchina. Presi le cuffie che stavano nella tasca della portiera dalla mia parte, le innestai e le appoggiai sulle mie orecchie. Sentivo tutto quello che si spostava in maniera perfetta, ma non aveva niente a che fare con dei passi felpati di uno che si stava avvicinando. Sentivo Silvia fremere su di me ed io fremevo sotto di lei anche se buona parte di me era concentrata sui rumori che provenivano dal bosco causati dal vento o da qualche animale notturno. Restammo nel boschetto fino alle ore 3 e 30, dopo ci rivestimmo per fare ritorno all'albergo.

Dopo essere partiti feci innestare il microfono e accendere la ricetrasmittente a Silvia, quindi presi a parlare: «Qui Zero. Siete sempre in ascolto? Passo.» «Qui Uno. Ti ascoltiamo. Passo.» «Per il momento la caccia è sospesa, la riprenderemo domani pomeriggio e precisamente alle ore 16, sempre allo stesso posto di stasera. La mia posizione sul monitor risultava? Passo.» «Il monitor rilevava nitidamente la tua posizione. Il tuo segnale è veramente forte e ottimo. Ricevuto. Appuntamento per domani. Buona notte. Passo e chiudo.» «A domani. Buona notte. Passo e chiudo.» Davanti alla porta dell'albergo Silvia soffiò nel fischietto e il bravissimo York rispose subito. Salimmo in camera e Silvia andò subito a farsi la doccia. Da quando aveva fatto l'amore Silvia non disse più una parola ed io rispettavo il suo silenzio. Non potevo certo essere fiero di avere fatto l'amore con lei, al contrario, provavo un senso di vergogna. Ma sapevo che era stato necessario e che anche questo increscioso episodio l'avrei messo in conto al mostro! Quando Silvia ebbe finito, andai sotto la doccia. Mi ero infilato a letto ed avevo spento la luce quando Silvia mi disse: «Circa sei anni fa ero una donna sposata e molto felice. Poi una sera mio marito dovette rincasare più tardi per causa del suo lavoro e sulla sua strada incontrò dei drogati che cercarono di rapinarlo. Non aveva gran che, allora i rapinatori s'infuriarono picchiandolo selvaggiamente fino a causarne la morte. Qualcuno aveva visto e chiamato la polizia che arrivò quando mio marito era già morto. Da allora mi arruolai nella polizia e scelsi l'antidroga. Ed è da allora che non ho più fatto l'amore con nessuno.» Mentre mi parlava era girata su di un fianco dandomi le spalle e nella sua voce avevo notato tanta tristezza e sofferenza. Mi sentivo a disagio! Nella mia vita ne avevo fatte di cotte e di crude ma mai e poi mai delle bassezze ed è per questo che mi sentivo così incazzato! Dopo un attimo le risposi: «Sono veramente dispiaciuto di averti causato tutto questo e soprattutto di averti fatto fare l'amore contro voglia e con la persona sbagliata. Non è che con questo ch'io mi sia messo a posto la coscienza ma sentivo il bisogno di dirtelo.» «Buona notte.» «Buona notte.»

CAPITOLO XI - CHI SEMINA RACCOGLIE! Erano passati ventisei giorni. Ventisei giorni senza un niente di fatto! Sembrava che il mostro fosse sparito dalla circolazione! Oppure il suo cervello aveva ritrovato il suo perfetto equilibrio o, infine, non aveva prestato attenzione, senza risentirsene, di quello che andavo raccontando su di lui per tre o quattro sere per settimana e quasi sempre in stato di ebrezza. Eravamo ritornati dal dottor Lucca per farci dare altri soldi e per ritirare gli occhiali speciali per vedere bene anche di notte. Le lenti speciali, su consiglio del dottor Lucca, erano montate su quel tipo di occhiali che usano i saldatori, così se avessimo dovuto correre non avremmo corso il rischio di perderli per strada. Avevamo ritirato anche il nuovo elenco concernente i "guardoni" con relativo dossier. Avevamo frequentato questi ultimi locali, quotidianamente, come tutti gli altri, ma alla conclusione dei fatti non c'era proprio niente. Le ultime notti le passavo quasi sempre in bianco perché continuavo a macinare delle variazioni o a escogitare qualcosa di nuovo, ma poi finivo per rinunciarvici perché li consideravo inidonei. Il rapporto con Silvia era nettamente migliorato, dopo quella infelice sera. A volte rimanevo a guardarla con luce diversa anche perché lei aveva dei riguardi per me molto cari. Alla mia ragazza telefonavo solamente due o tre volte alla settimana. La sentivo sempre cara ed affettuosa come sempre e desiderosa di vedermi al più presto. Io mi sentivo molto nervoso e inquieto perché non riuscivo a capacitarmi del fatto che il mostriciattolo per tutto questo tempo non avesse tentato un qualcosa contro di noi. A volte mi veniva di pensare che fosse addirittura morto e non abbinandolo al personaggio conosciuto dai più come una persona normale… tutto rimaneva nel vago. Il mattino seguente andammo dal dottor Lucca. Dopo essere entrati nell'ufficio e avere preso posto dinanzi a lui dissi: «Dottore è passato quasi un mese e non si vede niente all'orizzonte. La nostra recita è fatta alla perfezione e non credo che possiamo avere sbagliato in qualcosa. Noi due ce l'abbiamo e ce la stiamo mettendo tutta, con caparbietà ma questo silenzio del mostriciattolo fa crescere il mio pessimismo per il futuro. Con ciò non voglio assolutamente rinunciare a niente. Ho semplicemente esposto i fatti e il mio punto di vista sino ad ora. Per il domani ho ancora una carta da giocarmi e spero che almeno questa possa fare presa su quel lercio individuo! Si rende necessario far programmare quei due film sul mostriciattolo che erano stati interdetti. Farli passare per le sale cinematografiche di Firenze e che tutta la stampa faccia un ampio servizio di propaganda per avvertire tutta la popolazione a non andare ad isolarsi in un qualsiasi posto della campagna. Inoltre che facciano alcune interviste alla gente quando uscirà dalle sale cinematografiche, in maniera che venga tutto pubblicato. In ultimo anche l'ente televisivo statale e le emittenti private, soprattutto quest'ultime, facciano dei programmi in diretta davanti l'uscita dei cinema intervistando gli spettatori. Se non riusciamo a stanare così il mostro credo che non ci siano altre soluzioni. Se poi qualcuno ha qualcosa da suggerire io sono ben felice di ascoltarlo.» Il giudice che mi aveva ascoltato, senza mai interrompermi, prese a parlare: «Sin dall'inizio tutto era stato ben disposto e il suo progetto non solo era ottimo ma non presentava alcuna lacuna. Solo che bisognava fare i conti col modo di ragionare del mostro, il quale può avere benissimo subodorato la trappola ed essersi disinteressato di voi due. Per fare quanto mi ha chiesto dovrò interpellare il dottor Rigotti perché io personalmente non posso farlo, in quanto non ne ho la facoltà, operando in un'altra circoscrizione giuridica e poi perché seguendo il suo metodo non voglio far sapere ad altri quanto stiamo facendo per catturare il mostro per non pregiudicare quest'ultima possibilità come l'ha definita lei. Dopodomani mattina venga a trovarmi e le farò sapere cosa si potrà fare in merito.» Io e Silvia ci alzammo e dopo aver salutato ce ne andammo. Saliti in macchina Silvia mi disse: «Credi veramente che il mostriciattolo ci abbia di proposito evitati?»

«Al riguardo non saprei cosa risponderti, ma so perfettamente che sino ad oggi non è successo niente perciò ogni valutazione può essere quella giusta.» «Ma tu vuoi veramente rinunciare a proseguire se nel frattempo non accadrà niente di nuovo?» «Non è che voglia rinunciare, ma non si può neanche restare qui tutta una vita attendendo che quell'essere spregevole si faccia vivo!» «È da qualche tempo che ti vedo un po' nervoso e comprendo questo tuo stato d'animo, ma mi sembra di avere percepito che in te aleggia la sfiducia o mi sbaglio?» «Solo per metà è vero ed è questo dato di fatto che mi fa imbestialire con me stesso! Io ho trovato un qualcosa per prendere il mostriciattolo e vi ho creduto ciecamente come se fosse un fatto scontato. Che tradotto nella banale realtà si trattava solamente del fattore tempo e basta. Ma oggi come oggi mi accorgo che non è proprio così e che all'atto di firmare il capolavoro noto con disappunto che manca quel qualcosa per definirlo tale! Manca il mostro! Non sono sfiduciato ma deluso perché a volte ritengo di non avere fatto niente di buono per tradurre in pratica questo mio progetto sul quale avevo riposto tutte le mie fortune per l'avvenire. Forse sarò anche egoista. È proprio così. E in ultimo non mi va proprio giù che un tipo simile possa circolare liberamente per il Paese!» «In questa tua autocritica noto con piacere che non ti sei arreso.» «In tutta la mia vita non ho mai alzato bandiera bianca neanche nei casi più disperati. Non vedo il perché dovrei farlo proprio oggi!» «Tu mi hai insegnato molte cose durante tutto questo tempo anche se non te ne sei accorto, ma una soprattutto: quella di avere tanta pazienza per arrivare ad ottenere quanto desideri, ma tu sembri averla perduta.» «No, non ho perduta la pazienza ma è questo fottuto mostriciattolo la causa della mia impazienza perché se avessimo avuto nelle mani un pur vago indizio della sua presenza oggi come oggi sarei caricato come non mai! Ed è la prospettiva nebulosa del domani che mi preoccupa e infastidisce nello stesso tempo.» «Fin qui ti seguo perfettamente, ma fin che c'è vita c'è speranza!» «Questa non è la mia filosofia di vita. Ma ti ringrazio ugualmente per avere tentato di scuotermi un po' caricandomi il morale.» Avevo lasciato il volante con la mano destra per accarezzarle il viso guardandola sorridendo. Lei aveva preso la mia mano e la teneva ferma sulla sua guancia. Provai un'infinita tenerezza. «Sei proprio una ragazza straordinaria e a volte mi sono domandato come hai fatto a non trovare uno degno di te per ritornare a vivere?» «Dopo quel fatto mi sono gettata animo e corpo nel mio lavoro e benché abbia conosciuto diversi uomini interessanti nella mia testa e nel mio cuore avevo sempre mio marito. E gli altri li vedevo come dei colleghi, amici e conoscenti e niente di più.» «Ti auguro con profonda sincerità di trovare tutto quello che desideri dalla vita perché lo meriti.» «E chi ti dice che non l'abbia già trovato?!» E si mise a ridere allegramente con un pizzico di malizia. «Tanti auguri allora!» E risi di gusto, perché s'era completamente scordata del mio soprannome "Il Randagio!" Prima di andare a pranzo decidemmo di far fare una passeggiata supplementare a York e arrivati nei pressi dell'albergo parcheggiai la macchina. Appena entrati trovammo tre uomini in borghese che ci chiesero di mostrargli i documenti dopo avere mostrato il loro tesserino di poliziotti. Il fatto per se stesso ci sorprese, ma non facemmo alcuna obiezione alla loro richiesta. E mentre porgevo la mia carta d'identità dissi: «Si può sapere a che cosa è dovuta questa strana visita?» «Non c'è stato proibito di dirlo. C'è un magistrato della procura di Firenze che vi vuole vedere. Se volete essere così gentili di venire con noi vi spiegherà lui cosa vuole dirvi.» «L'ultima volta che un suo collega mi fece una richiesta analoga trascorsi tre anni e mezzo dietro le sbarre! Non ho niente da rimproverarmi, perciò non vedo e non capisco il perché di questa richiesta ma dolente o no so che dovremo seguirvi ugualmente, vero?»

«Esatto. Vogliamo andare?» «Sicuro e senza problemi!» Presi sottobraccio Silvia e in mezzo ai poliziotti ci avviammo all'uscita dove c'era la loro macchina ad aspettarci. La direzione era per il Palazzo di Giustizia e impiegammo pochi minuti per raggiungerlo perché avevano usato la sirena per farsi strada. Raggiungemmo l'ufficio di un procuratore e dopo esserci entrati dovemmo attendere un po' prima di vederlo entrare. Si sedette dietro alla scrivania e senza gentilezze ci disse: «So perfettamente per quale motivo siete a Firenze! Che lei sia un pentito non mi interessa! Che lei sia qui per fare un'operazione di polizia giudiziaria non mi riguarda! Ma il fatto che quasi tutti i giorni e sere lei se ne va in giro per la città sempre ubriaco a sparlare del mostro di Firenze questo mi riguarda! Io sono uno dei magistrati impiegati a ricercare di cucire l'intreccio causato dal mostro per arrivare alla sua cattura e non voglio assolutamente e neanche permettere che due come voi vadano in giro a sparlare del mostro perché così facendo potete benissimo incappare nella sua vendetta! E in più questo potrebbe ripercuotersi nei confronti di altre persone! Attualmente sembra che stia sopendo e non voglio, in maniera categorica, che qualcuno possa risvegliare i suoi insani istinti che lo porterebbero a colpire ancora! Spero di essermi ben spiegato?!» L'avevo ascoltato attentamente e da quanto aveva detto ne avevo tratto un profondo piacere! Il nostro lavoro non era stato fatto per niente! E se si stava preoccupando lui vuoi dire che il mostriciattolo era in procinto di colpire! Mi sarebbe veramente dispiaciuto che qualcun altro potesse subirne le conseguenze ma l'amo era stato gettato e attendevo che il sadico abboccasse! Dopo una lunga pausa da me voluta risposi con atteggiamento timido: «Dottore qui tutti parlano del mostro con tanta paura che mi ha dato fastidio. Io non so cosa farmene di questo mostriciattolo e così ho risposto di conseguenza. Però senza perdere di vista il motivo per cui sono veramente qui. Forse avrò fatto lo sbruffone ma non credo di avere causato dei danni irreparabili.» «Ciò che crede lei a me non interessa! Ma ciò che dovrà fare in futuro sì! Lasci perdere di continuare su quella strada altrimenti mi vedrò costretto a prendere dei provvedimenti!» «Io ho cercato di essere educato e gentile ma sappia che le minacce non le gradisco! Inoltre la legge non mi vieta di parlare e in che misura di questo lercio mostriciattolo! Perciò se non ha niente da aggiungere io e la mia ragazza ce ne andiamo e mi lasci perdere!» «Io sono in grado di farle passare dei guai se non la smette di provocare il mostro! Ha capito!?» Senza rispondere mi alzai, feci cenno a Silvia di seguirmi e senza salutare ce ne andammo. Quando fummo in strada prendemmo un taxi e ritornammo all'albergo. Dissi a Silvia: «Ne parleremo dopo.» Salimmo in camera per prendere York e scendere subito. Appena in strada dissi a Silvia: «Forse tu non ci crederai, ma dopo quanto è successo poc'anzi ho il presentimento che fra non molto incontreremo il mostriciattolo.» «Cos'è che ti fa credere in questo?» «Se ti ricordi bene il procuratore ha iniziato il discorso dicendo: "io so chi siete e cosa siete venuti a fare qui!" Quindi adesso anche il mostriciattolo è al corrente della nostra copertura! E sarà sufficiente stuzzicarlo ancora un po' ma in un qualcosa che lo tocchi nel vivo e lo staneremo!» «Sì, mi ricordo tutto e a un certo momento ho avuto timore perché credevo che si riferisse alla nostra vera missione. Allora quanto hai chiesto al dottor Lucca cade proprio a puntino!» «Già è proprio vero.» «Ma tu ti sei sempre comportato così davanti ai magistrati?» «Che rimanga fra me e te: ho fatto anche di peggio!» E risi. «Non ti avevo mai visto arrabbiato, a vederti sembri di animo gentile, nascondi bene il tuo caratterino!» E rise lei, questa volta. «È una mia abitudine essere gentile ed educato con chi lo è con me, ma se mi cercano mi trovano tutti!» Riportammo il cane all'albergo senza, tuttavia, avere perduto la diffidenza e, come sempre, senza

farmi vedere da nessuno, impugnavo la 7,65 pronto ad usarla! Dopo andammo a pranzare. Quel giorno e il giorno seguente visitammo vari locali senza l'ausilio dei carabinieri ai quali avevo detto che li avrei richiamati da lì a qualche giorno in quanto che, al momento, la loro presenza era inutile. Nei nostri spostamenti controllavo con più frequenza se qualcuno ci seguiva perché poteva darsi che quell'imbranato del procuratore ci facesse pedinare dalla polizia! Avrebbe preso un'iniziativa alquanto pericolosa per lui perché qualora mi fossi accorto di questo avrei dovuto prima interpellare il dottor Lucca e in seguito sarei andato dal procuratore generale per chiedergli di fare ritornare sulle sue decisioni il procuratore sempre parafrasando sulla mia presunta copertura di pentito. Non volevo proprio che potesse pregiudicare la riuscita del piano. Era la mia diffidenza per questi personaggi che mi portava a concepire queste supposizioni, mentre in realtà non è che avessi notato qualcosa di particolare e allora, solo allora, mi sentivo più tranquillo per portare a termine questa avventura. Quel mattino ci levammo di buon'ora per recarci all'appuntamento col dottor Lucca. Quando entrammo nel suo ufficio si rivolse a noi con cordiale simpatia e dopo avere scambiato il buongiorno e la consueta stretta di mano disse: «Le sue trovate sono sempre ben accolte al Ministero. Infatti non solo hanno ordinato di fare proiettare nelle sale cinematografiche i film in questione e alla stampa di collaborare con una vasta campagna pubblicitaria per gl'intenti che si prefigge, ma anche, in particolare, per evitare che qualche giovane coppia incosciente vada veramente ad amoreggiare nei boschi esponendosi al pericolo del mostro. Domani i giornali riporteranno un ampio servizio sull'imminente proiezione dei film, così si richiamerà l'attenzione del pubblico affinché vada a vederli. Questo favorirà anche il nostro scopo. Il dottor Rigotti, personalmente, mi ha detto di riferirle che non si deve preoccupare per il tempo perché gliene concede finché vorrà per riuscire dove altri hanno fallito. Qui c'è altro denaro per le spese e non si faccia scrupolo nel chiedermene ancora qualora questo finisca prima del previsto.» «La ringrazio per tutte queste attenzioni, spero solo di concludere questa vicenda che mi sta a cuore per molte ragioni e che è diventato un chiodo fisso per me. L'altro giorno, dopo averla lasciata ed essere ritornato all'albergo, abbiamo trovato la polizia ad aspettarci su richiesta di un procuratore che sta svolgendo le indagini sul mostriciattolo. Ci ha bruscamente proibito di continuare a sparlare in giro del mostriciattolo. Gli ho risposto come si deve e fin qui il problema è risolto ma ciò che temo è che possa farci pedinare o mettere il telefono sotto controllo. Fino ad ora non mi sono accorto di niente e spero che si tratti della mia solita diffidenza ma, qualora notassi che il pedinamento esiste, allora occorrerà prendere dei seri provvedimenti perché non voglio perdere la partita per una simile dabbenaggine. Essendo bene a conoscenza, questo procuratore, per noi due che ci troviamo qui per un'operazione antimafia. Del telefono me ne sbatto: non l'uso nemmeno il telefono.» «Non credo che questo mio collega sia così insensato da prendere una simile iniziativa. Certamente vi ha fatto convocare solo per il mostro perché logicamente pensa in una sua possibile sortita con quegli effetti tristi che ben conosciamo. Quindi per questa volta metta da parte la sua diffidenza e perseveri come giustamente ha fatto sino ad oggi per la giusta causa. C'è altro?» «No, nient'altro.» «Io conosco abbastanza i magistrati e non vorrei proprio che quello si sia intestardito col "Randagio" perché gli ha risposto in maniera secca e precisa.» «Per il "Randagio" non mi dice niente di nuovo, ho avuto modo di conoscerlo bene a suo tempo. Per quanto riguarda il mio collega avrà il buon senso di lasciarvi perdere visto e considerato che avendogli riferito della vostra operazione gli avranno anche detto che è molto delicata, quindi la cosa dovrebbe finire così.» «È quello che speriamo. Per quanto riguarda il periodo in cui proietteranno i film nelle sale cinematografiche sarebbe stato interessante poter disporre di alcuni operatori capaci di filmare tutte le persone all'uscita delle sale e durante le varie interviste, ma sarebbe molto rischioso perché in quel caso se il mostriciattolo si accorgesse di qualcosa, sarebbe inevitabilmente la fine. È un vero peccato! Ad ogni modo sarebbe già bello che andasse a vedere i film e di questo ne sono più che

sicuro perché è troppo sicuro di se stesso e in fine vorrà vedere come lo hanno trasportato sulla pellicola.» «Beh, ancora un poco di pazienza e vedremo l'effetto che produrrà questa sua nuova idea.» «Ben detto. Adesso occorre attendere.» «Spero di rivedervi quanto prima con buone nuove.» «Alla prossima. Buongiorno.» Come aveva detto il dottor Lucca il giorno dopo tutti i quotidiani di Firenze pubblicarono un lungo articolo sul mostriciattolo e sui film che presto avrebbero proiettato in tutte le sale cinematografiche della città. Si faceva appello alle coppie di non andare in campagna o nei boschi. Due giorni dopo venivano proiettati i film ed era sabato. Prima di entrarvi anche noi due, facemmo un giro dei vari cinema per notare quale sala fosse più frequentata dai giovani. A dire il vero ce ne era così tanta di gente in attesa di fare il biglietto che i marciapiedi traboccavano di folla. Era tutta gente curiosa di vedere i film. Questa curiosità avrebbe afferrato anche il mostro! Alla fine entrammo in un cinema il cui spazio antistante ci permise di parcheggiare la macchina! Il film riportava in pratica la cronaca di alcuni omicidi compiuti dal mostriciattolo, mettendo in risalto la dinamica del suo sadismo, cioè di come seviziava i corpi oramai senza vita. Nell'uscire trovammo una calca di persone che quasi impediva di passare. Quando riuscimmo a raggiungere la strada capimmo il perché: c'era un'emittente televisiva privata che stava trasmettendo in diretta i commenti a caldo del pubblico che aveva assistito al film. A spintoni ero riuscito a raggiungere lo speaker, il quale stava ascoltando il pensiero di una giovane coppia: «Io trovo disgustevole quanto ha fatto il mostro senza una ragione e anche se ne aveva una non è giusto uccidere. Io e la mia ragazza non ci siamo più andati in campagna dopo questi atroci avvenimenti. La mia fidanzata è rimasta scioccata dalle immagini del film.» «È vero, ad un certo momento mi sono ritrovata con una paura pazzesca! Ma come può un essere umano fare delle cose simili?!» Non diedi tempo allo speaker di rispondere alla ragazza che intervenni senza tanti preamboli: «Perché di umano ne conserva solo l'apparenza!» «Giusta osservazione, ha qualcosa da aggiungere?» Era quello che cercavo! Avevamo avuto una fortuna insperata nel trovare proprio davanti a questo cinema una televisione privata che mandasse le immagini con le interviste. «Tutti lo hanno definito un mostro per quello che ha fatto, ma siamo sicuri che sia un mostro e non una larva di mostriciattolo?!» «Cosa intende dire?» «Mostro lo si definisce un essere anormale dalle enormi dimensioni che gli permettono di fare determinate cose non realizzabili da persone normali e davanti a tutti. Mentre questo "mostro di Firenze" è meno che un sudicio mostriciattolo perché con una pistola munita di silenziatore ha ucciso delle giovani coppie desiderose di appartarsi per scambiarsi delle effusioni d'amore. Li ha uccisi senza farsi vedere o quasi, per poi infierire sui poveri corpi senza vita. Quindi definendolo mostro mi sembra di sopravvalutarlo.» «Quanto dice è vero ma è un po' lontano da quanto ci siamo proposti stasera con queste nostre interviste in diretta al pubblico che è accorso numeroso alla prima del film nella nostra città.» «Questo è solo l'inizio di quanto vorrei dire sempre che mi sia concesso benché c'è tanta gente che vorrà dire la sua in proposito.» «Siamo qui per ascoltarla.» «Io e la mia fidanzata siamo giunti a Firenze da tre settimane, più o meno, e quando sentiamo parlare del mostriciattolo tutti ne parlano con una certa paura. Noi non abbiamo vissuto niente di quanto è accaduto in questa città e dintorni, ma non abbiamo paura del mostriciattolo. Inoltre qualcuno ha sostenuto che il suo primo omicidio è stato commesso per vendicarsi della sua donna o di una donna che lo avrebbe tradito o lasciato. Ma, invece, può essere che lui, il mostriciattolo, abbia commesso l'omicidio per vendicarsi dell'uomo e non della donna?» «Logicamente si sarà vendicato anche dell'uomo che gli avrebbe portato via la sua amante.»

«No, non intendo questo, ma che il mostriciattolo sia un pederasta e che il cosiddetto suo "uomo" lo abbia tradito o lasciato per una donna, da qui così si può interpretare il suo sadismo nel seviziare i corpi in modo meticoloso.» «La sua ipotesi non è del tutto improbabile ma meglio del mostro, al momento, nessuno conosce la verità.» «Sarebbe veramente il colmo che riuscendo ad arrestarlo, la polizia, nella perquisizione che logicamente effettuerebbe a casa sua, trovasse una collezione di super vibratori!» Furono in molti a mettersi a ridere compreso lo speaker e i cameramen. Senza dare tempo a chicchessia di intervenire continuai a dire: «Di una cosa sono certo che quella vacca di sua madre per rimanere incinta di tale sudiciume ne deve avere girati di bordelli nel mondo!» Questa volta fu una fragorosa risata generale. Ma al mio orecchio giunse una specie di respiro ansimante che mi fece rabbrividire! Feci finta di niente e simulando una semplice naturalezza mi girai un po' per vedere se riuscivo ad intuire chi poteva essere. Chi poteva essere il mostro fra tutta quella gente, perché sentivo la sua presenza e il suo affannoso respirare causato dalle mie parole. Frasi stupide e di pessimo gusto ma che erano necessarie per offenderlo e portarlo ad agire! Non persi tempo e continuai a parlare: «Mi si deve scusare per queste espressioni un po' volgari ma ritengo che rappresentino il minimo di verità per descrivere questa figura ignominiosa e disumana che ha portato tanto dolore in alcune case solo per la sua impotenza di essere maschio prima e pederasta poi! Pederasta personificato. Un essere così può solo fare schifo e non paura al prossimo! Ed è una fortuna per lui che non mi capiti a tiro perché invece di inchiappettarlo come desidererebbe gli infilerei questo dito in un occhio per cavarglielo e metterlo qui attaccato a questa catenina come ricordo di una fogna! Ma a pensarci bene credo che tutte le sue generazioni provengano dalle fogne! E allora sarebbe di buon gusto che vi facesse presto ritorno!» Alcune voci si sovrapposero alla mia e non si capì grancosa. «Ma lei lo odia questo mostro per parlarne così? E nello stesso tempo non ha paura che si possa vendicare? La trasmissione va in diretta stasera, nei giorni seguenti verrà ripetuta e così per le altre interviste che faremo. E in ultimo: ma lei ci va in "camporella" o ha paura come tutti?» «Le confesso che chi mi fa ribrezzo non lo odio perché altrimenti gli darei un'importanza che non ha! Non ho paura che possa vendicarsi perché lo ritengo un viscido vigliacco capace solo di uccidere degli innocenti! Potete benissimo riproporre questa mia intervista tutte le volte che vorrete, perché non mi disturba. Io ci sono già stato diverse volte a fare l'amore nel bosco e come si ripresenta l'occasione, nel senso che mi farà piacere, vi ritornerò senza alcuna remora. Non ho paura del mostriciattolo perché non lo temo come nella mia vita non ho mai temuto nessuno! E poi come potrei avere paura di una vergogna del genere? Se l'avessi non riuscirei nemmeno più a guardarmi allo specchio!» «È facile a dirsi ma è difficile a farsi!» gridò uno degli astanti. «Questa è una massima che non si può applicare al sottoscritto e alla mia ragazza perché ce ne sbattiamo del sudiciume e il mostriciattolo per noi due non è altro che del sudiciume e basta!» «Vorrei proprio vedere se andate nel bosco a fare l'amore!» «Se lei fosse così gentile da chiedere alla mia ragazza il consenso sono pronto e disponibile per portarci lei visto e considerato che è anche una bella ragazza, sempre che il suo fidanzato sia consenziente perché invece del mostriciattolo ci troveremo lui!» A queste mie parole seguì una risata collettiva. «Noi, come la stampa, stiamo facendo una campagna per suggerire a tutti di non frequentare certi posti per non esporsi alle insane azioni del mostro e lei tuttavia ci sta contraddicendo quasi ad invogliare tutti ad andarci?!» Sentivo sempre più forte l'ansimare di quel sudicio mostriciattolo, ma intorno a me e Silvia c'era tanta di quella gente che non riuscivo a vedere che poche persone, abbandonai l'idea di individuare il mostriciattolo e risposi allo speaker: «La prego, e prego tutti, di non confondere quanto ho detto personalmente con l'invitare tutti a fare ciò che faccio io perché è tutt'altra cosa. Infatti io sto

esprimendo il mio parere del tutto personale sul letamaio chiamato mostriciattolo di Firenze e su quanto io e la mia ragazza facciamo perché noi due siamo coscienti di quanto può succederci e non ho alcuna intenzione di persuadervi affinché altri possano seguire il nostro esempio, al contrario, mi farebbe piacere che tutti seguissero il consiglio dello speaker e della stampa, così quel letamaio se avrà voglia di scannare qualcuno che venga pure a cercarmi! È tanto tempo che non mi diverto più e questa potrebbe essere l'occasione buona per poterlo fare!» «Lei sta lanciando una sfida al mostro?!» «Per carità, non ho proprio voglia di lanciare sfide a nessuno, ho solo detto che se mi vuole cercare che venga pure non ho certo paura e poi non è che ci andiamo tutti i momenti in campagna o nel boschetto a fare l'amore! Abbiamo anche un magnifico letto con ogni conforto.» «Ben detto, ci sono anche dei favolosi letti con le comodità del dopo, perciò seguite il consiglio di tutti a non frequentare quei posti per dare la possibilità al mostro di sopprimervi e che i vostri familiari non provino lo stesso dolore di quelli che sfortunatamente sono stati toccati dal mostro. Grazie a tutti per avere partecipato così numerosi a questa trasmissione in diretta e buona sera a tutti.» E così dicendo chiuse la trasmissione. Io tenni Silvia per mano senza spostarci per controllare le persone che man mano se ne andavano passando vicino a noi. Ma del mostriciattolo non sentivo più niente. Può darsi che fosse andato via prima o che avesse preso tutt'altra direzione. «Vieni, ritorniamo all'albergo dissi a Silvia. «Ma stasera non facciamo il solito giro?» rispose lei sorpresa. «Andiamo ti spiegherò poi in camera.» C'era molto traffico a causa del sabato sera e in particolare dei film che avevano proiettato e così non riuscivo a distinguere bene se tra le macchine che ci seguivano ci potesse essere anche quella del mostriciattolo perché per commettere i suoi nefasti crimini doveva essere in possesso di un veicolo. Non perdetti un istante nel controllare chi proseguiva nella mia stessa direzione dietro di me.» Giunti all'albergo parcheggiai la macchina proprio davanti all'entrata. Come scendemmo Silvia fischiò e York abbaiò subito come sempre ed io come sempre prima di entrare impugnai la 7,65! Prima di coricarci portammo un po' a spasso York che era ben contento di vederci e di fare una passeggiata. Ci eravamo messi a letto e avevo spento la luce, poi mi rivolsi a Silvia: «Stasera mentre rilasciavo l'intervista ho avuto la netta sensazione che il mostriciattolo fosse vicino a noi o quanto meno presente al dibattito.» «Come hai potuto dedurlo?» «Ad un certo momento nelle orecchie sentivo un ansimare di rabbia contenuta e in più mi si era accapponata la pelle.» «Ma questo genere di sensazioni le avevi già avute per altri fatti?» «Sì. E quando mi vengono so che mi si presenta qualche guaio in vista!» «Sono eccitata! L'avevamo a portata di mano ma non sapevamo chi era e pensare che avremmo potuto prenderlo! È per questo che dopo avermi presa per mano me la stringevi forte mentre con la mano destra infilata nella tasca della giacca tenevi impugnata la 7,65?» «Per un momento avevo temuto che passandoci accanto potesse vibrarti un colpo di coltello o bisturi che abbia per seviziare le sue vittime perché così facendo avrebbe colpito me attraverso te!» «Sei così gentile nel proteggermi che mi fai tenerezza, anche quando rientriamo all'albergo impugni sempre la 7,65 e squadri tutto prima di entrare e non mi lasci mai entrare per prima.» «Beh, in queste cose, sono molto più malizioso di te e quindi è più che giusto che mi comporti di conseguenza. Domani mattina ci alzeremo un po' più tardi perché le sere che verranno penso che faremo venire l'alba prima di ritornare in albergo.» In quel preciso momento squillò il telefono. Alzai la cornetta e dissi: «Hallo?» «C'è una chiamata per lei» disse il portiere passandomi la comunicazione. Risentii quell'ansimare di odio e di rabbia repressi come l'avevo sentito durante la chiacchierata

con lo speaker davanti a tutta quella gente. «Sì, chi è?» Dall'altro capo una voce che si sforzava ad essere contenuta: «Tu mi hai ridicolizzato davanti a tutti! Io ti ucciderò insieme a quella sgualdrinella che è con te compreso il cane! Hai capito?!» L'avevo intuito ch'era il mostriciattolo ma non potevo di certo comprovarlo con questa telefonata! Allora dissi: «Io non so chi tu sia ma non credere ch'io voglia scherzare a quest'ora al telefono mentre la mia ragazza è sopra di me e si dimena che è un piacere. Perciò vedi di andartene a fare in culo, pederasta di merda!» E rimisi la cornetta al suo posto. «Ma chi era?» disse Silvia sorpresa e sconcertata perché assonnata. «Il mostriciattolo.» Poi fece un balzo sedendosi sul letto e cercò di accendere la luce, cosa che le impedii dicendole: «Stai calma e non accendere la luce perché non voglio che qualcuno veda le nostre ombre!» In quel momento il telefono riprese a squillare. Risollevai la cornetta e risposi: «Hallo?» «È ancora la persona di prima, dice che è caduta la linea ma io non ho toccato niente.» «Lasci perdere e mi passi la comunicazione.» «Tu non mi devi mettere giù la cornetta quando ti parlo, capito?!» «Ascoltami bene. Nessuno sa che abito qui e tanto meno mi telefonano. Pertanto o mi dici chi sei e cosa vuoi o se no te ne puoi andare a fare in culo! D'accordo?!» «Ma non hai capito che sono il mostro di Firenze?!» «E da quando in qua il mostriciattolo si mette a telefonare in piena notte e si presenta?!» «Ti ho telefonato per dirti che se ritornerai nel bosco per scopare vi ucciderò! Vi ucciderò per tutto quello che hai detto!» «Va bene ci ucciderai e mi sta anche bene. Ma dimmi la verità, quella vacca di tua madre da chi si è fatta sbattere per partorire uno come te? Ah! Ah! Ah!» «Ti ucciderò! Ti ucciderò!» «Ma perché invece di perdere tempo non vai a cercarti qualcuno con una bella "fava" come dicono da queste parti e ti fai un po' sbattere come si deve invece di interrompere questo momento così bello con la mia ragazza? Pensa che se lo sta sbaciucchiando tutto con avidità! Di' la verità ne vorresti uno così anche tu?» «Bastardo, ti ucciderò! Ti ucciderò!» «Me l'hai già detto una volta ed è più che sufficiente. Adesso ho voglia di trastullarmi col mio amore perciò vedi di andartene a fare in culo e di smetterla con questi scherzi. Mostriciattolo di merda!» Rimisi la cornetta al suo posto e mi rivolsi a Silvia che aveva appoggiato il suo orecchio al mio per ascoltare la conversazione: «Il primo passo dopo tutto questo lungo tempo è stato compiuto, noi quello buono, lui quello cattivo. E adesso non ci rimane altro che attendere la sua reazione perché da come avrai capito ho gettato tutto sullo scherzo cercando di offenderlo ugualmente. In questo momento lui crederà che non l'ho creduto e piano piano verrà a cercarci e ci scontreremo dove voglio io!» «Dalla voce sembrava fuori di sé ed è per questo che anch'io sono convinta che sia veramente il mostriciattolo e non un impostore o mitomane perché certe volte spuntano anche questi e sono convintissimi di essere la persona che sostengono.» «C'è del vero in quanto hai detto ma in questo caso è proprio il mostriciattolo. Lo sento. Ma adesso dormiamoci sopra perché dure fatiche ci attendono. Buona notte.» «Buona notte» disse Silvia appoggiando teneramente le labbra sulle mie.

CAPITOLO XII - LA CONCLUSIONE A VOI TUTTI! I giorni seguenti non cambiammo le nostre abitudini e per precauzione non facemmo neanche visita al dottor Lucca per metterlo al corrente della telefonata. Tra l'altro il mostriciattolo non aveva più telefonato e con ogni probabilità stava seguendo le nostre mosse per accertarsi se del fatto potevamo avvisare la polizia o il magistrato interessato al caso. Non perdevo d'occhio gli specchietti retrovisori ma non riuscivo a vedere nessuna macchina, se pur da lontano, che ci seguisse. A meno che, conoscendo le nostre abitudini, ci aspettasse sul posto per controllare a sua volta se fossimo protetti dalla polizia. Il gioco si faceva interessante e stressante perché si basava sulla psicologia e sulla resistenza dei nervi. I nervi li ho sempre avuti d'acciaio, la psicologia non potevo compararla con quella del mostriciattolo perché la conoscenza di questo riprovevole individuo era piuttosto scarna, ma con ciò non lo sopravvalutavo e tanto meno lo prendevo di sottogamba. Forse lui stava aspettando che io e Silvia ritornassimo nel bosco ed io attendevo che lui facesse ancora una mossa per poter veramente credere che chi mi aveva telefonato era il mostriciattolo e non un mitomane! Venerdì mattina ci levammo di buon'ora perché ero intenzionato di andare a trovare il dottor Lucca e riprendere il contatto con i carabinieri. Dopo la solita routine mattutina, presi a guidare la macchina facendo dei giri viziosi prima di prendere definitivamente la strada giusta. Non avevo notato niente di particolare, sull'autostrada andavo ad andatura da turista in maniera che non ci rimaneva una sola macchina dietro a noi. Non uscii dall'autostrada, come abitualmente facevo, ma scelsi appositamente il casello seguente che portava ad un piccolo villaggio in guisa che mi veniva utile controllare chi sarebbe uscito dallo stesso. Mi fermai subito dopo l'uscita e solo dopo una mezz'ora ripartii diretto all'ufficio del giudice, visto e considerato che per tutto quel tempo nessuna macchina era passata di là. Parcheggiai lontano dal Palazzo di Giustizia, per raggiungerlo a piedi scelsi accuratamente tutti i sensi vietati o contromano per le macchine. Arrivati nell'ufficio misi subito al corrente di tutto il giudice, il quale rimase soddisfatto della novità. «C'è da sperare che sia stato veramente il mostro a telefonarle perché da quanto mi risulta ha dei precedenti analoghi. Penso che toccato nel vivo possa veramente uscire allo scoperto per cercare di uccidervi per poi esaltarsi ancora una volta della folle impresa.» «Questa volta non avrà alcuna possibilità di esaltarsi! Se ci tenta ci rimane! Sono pronto a giocarmici la testa!» risposi quasi eccitato. «Ma non te la stai già giocando?!» E si mise a ridere facendo ridere anche noi. «Dottore, ma riguardo la mia idea di sottoporre quella persona ad un trattamento ipnotico, cosa se n'è fatto?» «Posso solo farle sapere che un contatto c'è stato e che la sua trovata è stata considerata buona. Di più non posso dirle.» «È già qualcosa, vuol dire che non ho progettato tutto per niente.» «Stando ai risultati fino ad oggi acquisiti, tutto sta coincidendo col suo progetto.» «Attualmente mi manca la conferma che chi ha telefonato sia veramente il mostriciattolo anche se personalmente lo credo. Faccia avvisare i carabinieri di trovarsi al solito posto alle ore 23 di domani sera e che stiano sempre all'erta perché l'operazione si potrebbe concludere da un momento all'altro.» «E perché non da stasera?» «Perché stasera non ho alcuna intenzione di fare tardi in quanto che ho bisogno di fare lavorare il cervello con la speranza di trovare qualcosa di utile, se rincasiamo tardi mi sentirò stanco e invece di riflettere finirei con l'addormentarmi subito. Allora per domani sera. Arrivederci, dottore.» Facemmo un giro vizioso comprando qualcosa prima di ritornare alla macchina. Ritornammo all'albergo per lasciare gli acquisti fatti e fare uscire York. Dopo di che riprendemmo a fare le stesse cose di sempre fino a mezzanotte, poi ritornammo all'albergo e prima

di entrare procedemmo con le solite precauzioni senza trovare alcuna sorpresa. Invece di riflettere mi prese subito sonno e mi addormentai con piacere. Lo squillo del telefono spezzò il mio sonno. Allungai la mano, presi la cornetta e dissi: «Sì?» «C'è una comunicazione per lei, attenda in linea che gliela passo» mi disse il portiere. Come sentii il clic ripetei: «Sì?» Dall'altra parte con voce ironica e minacciosa: «Non ci vai più nel bosco?!» Il sonno mi passò di colpo e sedendomi sul letto con la mano scrollai Silvia affinché appoggiasse il suo orecchio a fianco del mio per ascoltare la conversazione. «Ah, sei il mostriciattolo. O per lo meno sei tu che lo dici!» «Sì, sono proprio io! E ti aspetto al varco per tagliarti a pezzettini!» «Brrrrrr, che paura che mi fai!» «Sì, ti faccio veramente paura perché dopo la mia telefonata non ci sei più ritornato a scopare con la sgualdrinella!» «Si potrebbe fare una cosa molto semplice: ci diamo appuntamento ed io verrò da solo a patto che tu ti vesti con un bell'abito tutto rosa, ma che sia una minigonna! Ah! Ah! Ah! Ah!» «Brutto bastardo! Sì, sei un bastardo!» «Certo che sono un bastardo, ma un bastardo che piace e la riprova è che mi telefoni sempre di notte mentre mi sto sbattendo la ragazza! Di' la verità: ci vorresti essere tu al suo posto, eh?!» «Vieni nel bosco e te lo farò sapere direttamente!» «Però non ti necessiterà di portare la tua superba collezione di vibratori perché il mio arnese marcia molto bene! Ah! Ah! Ah! Ah!» «Quando ti taglierò a pezzettini ti rievocherò tutti gli insulti che mi hai lanciato compreso quello rivolto a mia madre!» disse con voce dura e cattiva. «Cosa vorresti farmi capire che hai anche una madre?! Ah! Ah! Ah! Ah!» Lui con voce stridula: «Ti ucciderò! Ti ucciderò!» «Ascoltami bene pezzo macroscopico di latrina! Se sei veramente il mostriciattolo fammi avere una sola prova ed io ti crederò! E in più ritornerò a sbattere la ragazza in tutti i posti attorno Firenze alla faccia tua perché io me ne fotto di te! Hai ben afferrato?!» «Avrai qualche cosa che ti dimostrerà che sono il mostro e te la farai addosso dalla paura!» Sentii un clic e la comunicazione s'interruppe. Appoggiai la cornetta e dissi a Silvia: «Ci siamo! È fuori dai gangheri!» «Sì, l'ho sentito e se non fossi a conoscenza che la macchina è tutta blindata a prova di grossi calibri, avrei veramente paura!» «Se non avessimo una vettura così tu pensi veramente che avremmo fatto da esca?!» «Credo proprio di no!» «Adesso non ci rimane che aspettare. Prima ci invierà qualcosa per dimostrarci che è veramente il mostriciattolo, dopo di che si assicurerà che noi non abbiamo portato il tutto alla polizia e subito dopo alla prima occasione cercherà di ammazzarci!» «Lo credo anch'io che procederà in questo modo.» «Ma lo sai che invece di riflettere mi ero addormentato proprio bene?!» «Me n'ero accorta perché ti eri messo a russare!» Allungai la mano per accarezzarle il viso. Lei mi sorrise. L'attirai a me e la baciai con passione. Ricambiò il bacio e… facemmo l'amore in maniera sublime! Finimmo con l'addormentarci abbracciati. Al mattino ci svegliammo con aria felice. Durante il giorno non facemmo niente di particolare se non girovagare come al solito attendendo l'ora dell'appuntamento con i carabinieri. Arrivata l'ora mi misi in contatto: «Qui Zero, tutto il gruppo è presente e pronto? Passo.»

«Stasera farò solo un giro di ricognizione, se troverò qualcosa di interessante proseguirò, diversamente concluderemo presto. Passo.» «D'accordo. Attendiamo tue istruzioni. Passo.» «Molto bene. Seguitemi come sempre e restate col contatto sempre aperto per ogni evenienza. Passo.» «Sarà fatto. Passo.» Avviai il motore e partii alla volta della discoteca. Non ci restammo a lungo, ci recammo nell'altra dove per buona parte del tempo e per la prima volta io e Silvia ballammo allegramente sempre tenendo sott'occhio tutti. Poi, verso l'una e mezza, lasciammo la discoteca per rientrare in albergo. Ripresi contatto con Uno dicendogli: «Restate ancora in contatto radio per circa un quarto d'ora dopo potrete ritornare a casa vostra e il prossimo appuntamento sarà per lunedì sera, stesso posto e stessa ora. Passo.» Feci un lungo giro prima di arrivare nei pressi dell'albergo per poter constatare se il mostriciattolo ci seguiva. Ma non avendo notato niente ripresi il contatto con Uno: «Qui Zero. Potete ritirarvi. Buona notte e a lunedì. Passo e chiudo.» «A lunedì. Buona notte. Passo e chiudo.» Parcheggiai la macchina davanti all'entrata dell'albergo e prima di scendere dissi a Silvia: «Può anche darsi che il mostriciattolo ce la dia storta dicendo che ci attende nel bosco, mentre è capacissimo di aspettarci qui, se non addirittura di prendere una camera per farci la festa mentre entriamo! Quindi occhio a tutto senza perdere la calma e con la massima indifferenza, d'accordo?» Silvia regalandomi un sorriso rispose: «Ci puoi contare. Non ho per niente paura e sono pronta a tutto!» La baciai sulla fronte, scendemmo dalla macchina ed entrammo in albergo con tutte le cautele. Raggiungemmo la nostra camera senza alcun inconveniente. Ne uscimmo subito con York per ritornarvi quasi subito. Quella sera rifacemmo l'amore con la stessa passione della sera precedente. Era meraviglioso fare l'amore con Silvia: la sentivo così mia come non mai. L'indomani ce ne andammo a scampagnare ben lontani dalla Toscana, portammo anche York. Ci divertimmo molto, con spensieratezza. Era da molti anni che non passavo più un giorno così stupendo! Il merito era di Silvia e di York che si erano molto affezionati a me. Al lunedì riprendemmo le nostre abitudini e quando poco prima delle ore 20 ritornammo all'albergo per cambiarci trovammo la sorpresa. C'era un pacco per noi due! L'indirizzo col mio nome e cognome come quello di Silvia erano stati fatti con le lettere ritagliate e logicamente non c'era il mittente! Il mostriciattolo aveva mantenuto la parola! Salimmo in camera e non l'aprimmo perché poteva anche contenere un esplosivo visto e considerato che pesava molto. Dopo averci un po' riflettuto dissi: «Sarà meglio che lo portiamo immediatamente al dottor Lucca in maniera che lo faccia aprire dagli artiglieri. Sarebbe stupido correre il rischio di saltare in aria solo per la curiosità di sapere cosa c'è dentro!» «Hai ragione, ma come si può fare per rintracciare a quest'ora il dottor Lucca?» «Non sarà facile ma neanche così difficile. Tu ce l'hai sempre con te il tuo tesserino di poliziotto?» «Certamente. L'ho portato con me per ogni eventualità. Perché?» «Perché adesso ci dirigiamo al Palazzo di Giustizia e quando starai per entrare tutta sola, perché io ti aspetterò altrove, i carabinieri ti fermeranno per chiederti chi sei e cosa vuoi. Anzi è più probabile che lo troverai chiuso a quest'ora e questo particolare mi stava sfuggendo! Allora non farai altro che suonare alla porta e chiedere del dottor Lucca. Qualora, come è logico, ti risponderanno che l'ufficio è chiuso e che lui è ritornato a casa, dirai che si tratta di vita o di morte mostrando il tuo tesserino e che lo raggiungano telefonicamente riferendoglielo aggiungendo i saluti di Randagio così lui capirà perfettamente e verrà subito. Hai capito?» «Sì, non è poi difficile ricordare quello che mi hai detto.» «Allora sbrighiamoci perché non possiamo perdere altro tempo! Metti il pacchetto nella tua

borsa e andiamo. Dopo mezz'ora eravamo nei pressi del Palazzo di Giustizia, Silvia scese dalla macchina e si diresse verso il portone oramai chiuso. La vidi suonare. Dopo un po' si aprì uno spioncino e Silvia parlò con l'interlocutore mostrandogli il suo tesserino. Quindi la porta si aprì e Silvia entrò. Mi ero raccomandato di suggerire al dottor Lucca di non fare aprire il pacco davanti agli artiglieri qualora si fossero accertati che non contenesse una bomba, in maniera che gli artiglieri non si potessero rendere conto del contenuto! Il tempo trascorreva e non vedevo arrivare il giudice né tanto meno gli artificieri! Dopo quasi un'ora vidi il portone aprirsi e Silvia uscire accompagnata dal dottor Lucca. Mi venne spontaneo domandarmi da dove fosse passato. Mi allontanai per raggiungere la macchina evitando che mi vedessero con loro. Come arrivarono li feci salire, partii subito dicendo: «Allora di cosa si tratta?» «Sono dei lembi di organi maschili conservati in un apposito liquido. Lei voleva la prova e adesso ce l'ha!» «Che schifo! Ma è proprio matto quel mostriciattolo!» «Se fosse sano di mente non avrebbe commesso quegli orribili omicidi e conservato quelle cose! Ma finalmente abbiamo la riprova che chi ci ha telefonato è proprio il mostriciattolo! E non un mitomane che, ascoltando le mie parole, si è sostituito a lui! Bene! Adesso è veramente solo questione di tempo! Non ce lo faremo scappare! Perché non commetteremo neanche il più piccolo errore per far sì che si accorga della nostra trappola!» «Anche se avete la macchina blindata e i carabinieri pronti ad intervenire diffidate di quella belva umana perché è veramente pericoloso in quanto che in questi frangenti la sua intelligenza è di gran lunga superiore alla media! Ha una trasformazione incredibile! Così mi è stato detto da uno psichiatra molto in gamba.» «Più li sento forti i miei avversari e più mi ci applico con parsimonia. Non li temo ma non li sottovaluto e cerco sempre di pensare alle loro probabili mosse cercando di immedesimarmi in loro. Col mostriciattolo sarà più difficile perché una mente sconvolta non segue una logica, non perderò comunque una sola battuta per seguirne il concetto.» «Sia prudente Randagio!» «Ci può giurare! Adesso dobbiamo lasciarla perché abbiamo appuntamento con i carabinieri. La riporto nei pressi del Palazzo di Giustizia?» «Non è necessario. Mi lasci pure qui che è meglio, prenderò un taxi. A presto tutti e due con il mostriciattolo in pugno!» «Ci conti pure, dottore!» Lo lasciammo ad un posteggio di taxi e ci avviammo velocemente all'appuntamento con i carabinieri. Quando fui sull'autostrada domandai a Silvia: «Come si è svolto il tutto?» «Dopo avere spiegato ogni cosa al dottor Lucca, questi ha fatto subito accorrere gli artificieri, ai quali ha chiesto di non aprire il pacco ma di accertarsi che non contenesse dell'esplosivo, Loro hanno fatto presto ad appurare che non si trattava di una bomba o di qualcosa del genere perché avevano portato delle valigie con degli strumenti speciali. Allora il giudice li ha fatti uscire e poi abbiamo aperto il pacco. Dentro c'era un contenitore di vetro con quanto sai.» «E il contenitore lo hai tu?» «No, l'ha tenuto il giudice.» «Non è un problema perché il mostro non potrà certo chiederci la restituzione! Ah! Ah! Ah! Ah!» «Tu ti metti a ridere! Ma è stato un macabro spettacolo!» «Per favore prendi il microfono, innestalo e passamelo perché mancano due minuti al rendezvous e siamo ancora a diversi chilometri di distanza.» Velocemente preparò tutto, mi passò il microfono e accese la ricetrasmittente. Accesi il microfono e dissi: «Qui Zero. Siete in ascolto? Passo.»

«Siamo in ascolto e attendiamo istruzioni. Passo.» rispose Uno. «Sono ancora lontano dal luogo dell'appuntamento perché ho avuto degli imprevisti. Ci impiegherò un quarto d'ora per arrivare. Aspettatemi lì. Passo.» «Ricevuto. Attendiamo. Passo.» Invece di passare e fermarmi come al solito vicino alla zona, tirai dritto mettendomi ugualmente in contatto radio: «Qui Zero, a Uno. Anche questa sera procederò ad un giro di ricognizione e qualora ci fossero delle novità cambieremo programma. Quindi procedete come l'ultima sera. Passo.» «Ricevuto, faremo come hai detto. Passo.» Prima andammo in giro per i bar, poi nelle discoteche e come sempre non riuscimmo a notare niente di niente! Era proprio infernale quel mostro di merda! Verso le ore due ritornammo all'albergo sempre restando in contatto radio con i carabinieri fino all'ultimo momento, ai quali diedi appuntamento per l'indomani pomeriggio alle ore sedici. Non trovando un posto libero per parcheggiare la macchina davanti all'entrata dell'albergo, dovetti sistemarla nella via adiacente. Quando ritornammo davanti all'entrata la luce era spenta e non accesa come un momento prima. Io e Silvia ci guardammo negli occhi e poi le dissi: «Fischia a York.» Lo fece subito e York rispose abbaiando. «Stai dietro di me e pronta al peggio.» «Come vuoi tu.» Infilai la mano destra nella tasca della giacca a vento, impugnai la 7,65 e alzai il cane per essere pronto a sparare. Invece di spingere la porta per entrare suonai il campanello, subito apparve il portiere di notte, il quale ci disse: «La porta è aperta non c'era bisogno di suonare.» «Ho visto che non c'era la luce e ho pensato che la porta fosse chiusa.» «Non è che ho spento la luce, ma è la lampada che si è bruciata e sono intento a sostituirla. E poi l'albergo non resta mai chiuso alla notte, credevo che lo sapevate.» «Sì, è vero, ma avendo visto tutto spento c'è venuto spontaneo di supporlo. Ad ogni modo niente di grave. Ci sono dei nuovi clienti oggi?» «No, non è arrivato nessuno.» «Beh, buona notte.» Presi la chiave e salimmo nella nostra stanza per prendere York e condurlo per la sua consueta passeggiata serale sempre tenendo bene aperti tutt'e due gli occhi! Dopo circa una ventina di minuti facemmo ritorno alla nostra camera. Rifacemmo nuovamente l'amore e sembrava proprio che ogni volta fosse la prima e straordinariamente sempre più favoloso! Avevamo appena terminato di farlo e stavamo ancora ansimando che il telefono squillò. Dissi: «È lui!» Allungai la mano e sollevai la cornetta portandola all'orecchio mentre Silvia accostava il suo orecchio per udire la conversazione. «Hallo?» «Una telefonata per lei signore.» «Grazie. Me la passi.» Dopo avere udito il clic dissi: «Sì?» «Adesso mi credi?!» «È proprio vero che quella sudicia vacca di tua madre per rimanere incinta di una super fogna come te deve essersi fatta sbattere da esseri immondi! Altrimenti non avrebbe potuto partorirti!» «Con te non farò come gli altri! Ti castrerò prima di ucciderti!» «Ti do la mia parola che se ti vesti da donna con una minigonna rossa te lo farò sbaciucchiare un po'. Ah! Ah! Ah!» «Ti farò rimpiangere amaramente queste tue offese!» «Se non fosse che tua madre è una massa di immondizia me la inchiapperei davanti a te sudicio verme mal combinato!» «Quando ti avrò fra le mani vorrò vedere se sarai capace di dirmi tanto!» «Ci puoi contare che ritornerò nel bosco a fare l'amore con la mia ragazza e mentre la sbatterò

come si deve penserò alle chiappe di quello ammasso di latrine che è tua madre! Ah! Ah! Ah! Ah!» «Se pensi di prepararmi una trappola avvisando la polizia sei nell'errore perché io lo capirò! E ciò significherebbe che hai paura di me e che sai fare solo lo sbruffone per i locali, per la strada e al telefono!» «Pensa quello che vuoi escremento di fogna! Io i coglioni ce l'ho veramente! E se mi capiterai a tiro ti scannerò veramente!» «Non devi fare altro che andare dove sai!» E interruppe la conversazione attaccando la cornetta. Guardai Silvia soddisfatto dicendo: «Ci siamo! Finalmente ci siamo! Quello crede di farmi andare fuori di testa con la sua psicologia spicciola e non ha ancora capito che il padrone della situazione sono io!» Silvia si strinse a me e disse: «Ti amo.» Spensi la luce e stringendola a me le dissi: «Non so di preciso cosa mi stia succedendo ma è da qualche giorno che grazie a te mi sembra di essere in paradiso e faccio fatica a pensare al mostro quando ti tengo così fra le mie braccia.» Silvia non mi rispose ma si strinse di più a me ed è così che prendemmo sonno. Arrivammo con un buon quarto d'ora d'anticipo all'appuntamento con i carabinieri. In attesa dell'ora giusta io e Silvia ci sbaciucchiavamo incuranti delle persone che passavano. Alle ore sedici in punto presi contatto: «Qui Zero, a tutto il gruppo, buongiorno. Passo.» «Qui Uno, buongiorno da tutti. Passo.» «Prima faccio un lungo giro, poi mi dirigerò fuori Firenze ed esattamente nella zona numero 16. Voi rimarrete nella posizione delle altre volte e col contatto aperto pronti ad intervenire perché tutti i giorni e sere possono essere quelli buoni da questo momento in poi. Passo.» «Ricevuto. Finalmente qualcosa si muove! Siamo tutti pronti e caricati al punto giusto! Passo.» «Bene. È quello che volevo sentire. A più tardi. Passo.» Facemmo un po' il giro di alcuni bar e ritrovi e poi ci dirigemmo nella zona numero 16. Arrivati sul posto io e Silvia cominciammo a scambiarci baci e carezze prima di spogliarci e fare l'amore, ma tutto veniva fatto con naturale desiderio reciproco e non più forzatamente e contro voglia. Come avevo tirato giù il sedile indossavo i pantaloni della tuta, le scarpe da ginnastica. Al mio fianco sistemavo la 7,65 e la calibro 38 a tamburo. Dopo di che facevo uscire il microfono unidirezionale e mettevo le cuffie sulle orecchie per percepire tutto quello che si muoveva intorno a noi. Il terreno era composto da moltissime pietre e ramoscelli portati dal vento. Il tutto era proprio l'ideale se non addirittura perfetto per poter sentire qualcuno che cercasse di avvicinarsi a noi evitando di fare il minimo rumore. Stemmo sul posto per poco più di due ore. Poi ci rivestimmo e ritornammo all'albergo. Del mostro niente. Può anche darsi che ci stesse filando per sincerarsi che non ci fosse la polizia appostata per catturarlo. Eravamo sicuri che appena si fosse reso conto che andavamo là soli, si sarebbe fatto vivo e per l'ultima volta! Prima di entrare in Firenze ripresi il contatto con i carabinieri: «Qui Zero, purtroppo nulla da segnalare. Rendez-vous per stasera senza cambiamento alcuno. Passo e chiudo.» «Inteso. Passo e chiudo.» Quella sera, giorni e sere seguenti, per ben quattro giorni, non incontrammo il mostro e neanche più telefonò! La sera successiva, mentre stavamo andando a cena, ebbi l'impressione che una macchina ci seguisse. Ma non dissi niente a Silvia per non farle cambiare il suo grazioso buon umore che mi rendeva particolarmente felice. Dopo cena, in attesa del solito appuntamento con i carabinieri, andammo in giro per i bar ed ebbi più nitida la sensazione che la macchina in questione si facesse vedere quasi sempre dopo essere arrivati, quando stavamo per lasciare il bar. Girovagai fino al momento preciso in cui presi contatto con "Uno" senza per altro fermare la macchina e dissi: «Qui Zero, al gruppo, mantenete le disposizioni di sempre. Tra un paio d'ore circa uscirò da Firenze per dirigermi alla zona 16. Passo.»

«Ricevuto. Eseguiamo le istruzioni e merda! Passo.» Io e Silvia ci mettemmo a ridere e dissi: «Speriamo che ci porti fortuna.» Ci dirigemmo verso la prima discoteca che stava sulla nostra strada e la macchina che pensavo ci seguisse non la vedevo più! Prima di raggiungere l'altra discoteca ci fermammo a mangiare una pizza, questa era stata la mia scusa ma in realtà volevo controllare se la macchina si rifaceva ancora vedere! Ma niente di tutto questo! Uscimmo dalla discoteca che erano quasi le due, il cielo era stellato e la luna brillava a metà. Ripresi contatto con i carabinieri: «Qui Zero, sto per dirigermi nella zona stabilita. Passo.» «Siamo prontissimi! Passo.» Stemmo più a lungo a baciarci e ad accarezzarci prima di fare l'amore. Preparai tutto con la solita meticolosità. Dopo avere fatto l'amore, Silvia rimase sul mio corpo prendendomi il viso fra le sue graziose mani per baciarmelo tutto e fu proprio in quel frangente che alle cuffie udii un ramoscello spezzarsi sotto a dei passi felpati! Trattenni il respiro e pregai che i vetri non fossero difettosi mentre impugnavo la 7,65! Feci in tempo a passare la mano sinistra sotto il corpo di Silvia che vidi il silenziatore della pistola e la faccia del mostro su cui era visibile un sogghigno infernale! Spinsi con forza da una parte Silvia mentre il mostro aveva cominciato a sparare. I vetri tennero bene e lui resosi conto di non averci prodotto alcun danno prese a picchiare violentemente col calcio della pistola sul vetro. Avviai il motore ed ingranai la retromarcia indietreggiando velocemente e come avevo previsto il mostro fu colpito dal fianco del muso della macchina per poi finirvi sotto con le gambe. Innestai la prima e vi ripassai nuovamente sulle gambe. Ripetei la manovra reinnestando la retromarcia e ancora la prima per fermare la macchina con le ruote anteriori sulle sue gambe. Dal dolore gridava come un forsennato, schiumava di rabbia! Silvia fece per scendere ma la presi velocemente per un braccio gridando: «Stai ferma dove sei, scema!» «Ma voglio scendere per mettergli le manette!» «Tutti hanno parlato di un mostro e se fossero due?! Stai ben chiusa in macchina e prendi il microfono, innestalo e accendi la ricetrasmittente dopo avermelo passato! E rivestiti subito.» Così fece. Presi il microfono e apersi il contatto: «Qui Zero. Operazione compiuta! Venite velocemente nella zona 16, l'abbiamo preso! Passo.» «Accorriamo immediatamente. Ma chi avete preso?! Passo.» «Abbiamo preso il "mostro di Firenze"! Quando arriverete nel piazzale lampeggiate per ben tre volte con gli abbaglianti per farvi riconoscere. Capito? Passo.» «Il "mostro di Firenze"? Sì, abbiamo capito, stiamo accorrendo. Passo.» «Via radio mettetevi subito in contatto col dottor Lucca e fate venire un'ambulanza sul posto. Ma ripeto: avvisate immediatamente il dottor Lucca e usate anche il ponte radio con i vostri colleghi di Firenze perché gli voglio parlare subito! Passo.» «Dovrò interrompere il contatto radio ma è lo stesso perché fra poco sarà sul posto! Passo.» «Ce l'abbiamo fatta! Ce l'abbiamo fatta!» Si era già rivestita e impugnava la sua 38 Special. Con quell'aggeggio nella mano sembrava un po' stravagante, ma era deliziosa ugualmente! Mi ero tirato su i pantaloni della tuta e avevo indossato la giacca senza avere mai tolto le cuffie dalle orecchie per poter percepire se vi fosse qualcun altro là fuori ad attenderci! Arrivò la prima macchina e lampeggiò tre volte allora dissi via radio: «Ferma la macchina facendo luce con gli abbaglianti nella stessa direzione dei miei e non scendere dalla macchina fino a quando non arriveranno gli altri tuoi colleghi. Capito? Passo.» «Sono il numero Quattro. Ricevuto. Passo.» Piano piano, arrivarono altre quattro vetture compresa quella del numero Uno, ossia del tenente che scese subito venendoci incontro. Solo allora io e Silvia uscimmo dalla macchina. Il tenente porgendoci la mano disse:

«Non so chi in realtà siate ma desidero per primo felicitarmi con voi due per quanto avete saputo fare per catturare il "mostro di Firenze". Ma era questa l'operazione per cui siamo stati chiamati per darvi il nostro apporto?» «Proprio così, tenente. Ci dovete scusare tutti se non abbiamo voluto mettervi a conoscenza, ma si trattava di non fare spargere la voce onde evitare di perdere la partita ancora prima di cominciarla.» «Capisco perfettamente ed è giusto così.» «Per il contatto col dottor Lucca cosa è stato fatto?» «Ho avvisato i miei colleghi di Firenze chiedendo la procedura d'urgenza. Il tempo di fare il ponte radio con gli altri miei colleghi che telefoneranno immediatamente al dottor Lucca e gli potrai parlare nel giro di pochi minuti. Ho chiesto anche l'ambulanza e richiesto il magistrato che procede in questi casi. È così che vuole la procedura perché noi siamo fuori territorio e siamo obbligati a consegnare l'arrestato alle autorità investite del caso e soprattutto del luogo ove vige la loro giurisdizione in materia.» «Conosco perfettamente la procedura. Io ritorno a Firenze con la ragazza, per qualsiasi ragione mi troverete all'albergo che il dottor Lucca conosce.» «Non credo che potrete andarvene a dormire perché il procuratore vorrà interrogarvi in merito alla vicenda e vi farà stendere un verbale. Sarà meglio che uno dei miei uomini vi faccia strada per raggiungere la Procura.» «A questo punto è meglio così perché per essere tirati giù dal letto nello stesso momento in cui mi ci starei per infilare sarebbe di cattivo gusto. Chi è che ci farà strada?» «Sarà lui che conosce molto bene Firenze.» «A più tardi e fate attenzione a non calpestare tutti quel punto là perché è quello da cui è arrivato il mostro per ucciderci e può anche darsi che non era da solo perciò chiamate la scientifica affinché provveda a rilevare tutte le impronte del caso.» «Ma sei sempre così geniale?» disse il tenente. Sorrisi senza rispondergli, prendendo sottobraccio Silvia ci avviammo alla nostra macchina che avevamo spostato da sopra il mostro dopo l'arrivo di tutti. In quel momento un carabiniere disse: «Ma questi è…» Non ebbi il tempo di ascoltare tutta la frase che una macchina sopraggiunse e coprì la voce col rumore del motore. Io che credevo che tutti fossero già arrivati estrassi la 7,65 mirando al parabrezza in direzione del posto di guida se non che il carabiniere che doveva farci strada disse gridando: «Fermo! Fermo! È un nostro collega!» Quell'imbecille aveva dimenticato di lampeggiare! Non finii di pensarlo che lo fece subito come se mi avesse letto nel pensiero! Non m'interessò sapere chi in realtà fosse il mostro perché per me rimaneva tale e basta! Mentre ritornavamo a Firenze ebbi il contatto via ponte radio col dottor Lucca, il quale ci disse: «I miei complimenti a tutt'e due per il brillante successo riportato. È un episodio che non scorderò per tutta la vita! Io sono abituato all'oratoria ma in questo preciso momento sono emozionato e felice per il successo che avete ottenuto con caparbietà. Sto per raggiungervi e mi raccomando Randagio: niente prese di posizione con i miei colleghi!» E udii la sua risata allegra. «D'accordo, con lei questa volta. A più tardi.» «Non si preoccupi che io gli starò vicino!» «Allora a tra poco.» E chiudemmo la conversazione. Arrivati al Palazzo di Giustizia i carabinieri ci fecero subito entrare, salimmo le scale per raggiungere gli uffici della Procura, ma del procuratore neanche l'ombra! Un carabiniere ci disse: «Il procuratore sta per arrivare, è solo questione di venti, trenta minuti.» «Non abbiamo premura, grazie.» «Non mi sembra neanche vero che tutto è finito e che abbiamo catturato il mostro.» «È così che succede dopo essere stati sotto stress per molto tempo. Non credi in quello che hai fatto e ti senti stanco anche se felice per avere portato in porto quanto ti eri proposto.» «È vero perché mi sento proprio in questo stato d'animo.»

«Ma non sarà ancora finita dopo avere steso il verbale perché quando siamo arrivati non c'era nessuno, ma nell'uscire ci saranno i giornalisti e la televisione da affrontare! «Non ci avevo pensato a questo.» «E questo non è ancora tutto perché nei giorni a venire tutti quelli che incontreremo non ci daranno un momento di tranquillità! Certamente saranno tutti gentili e contenti, ma ciò non gli impedirà di disturbare la nostra privacy.» «Questo si può definire il prezzo della gloria» disse Silvia ridendo. «E pensare che a me non piace la pubblicità!» Arriva il dottore Lucca in compagnia di due uomini e una donna. Il giudice stringendoci forte la mano dice: «Ancora complimenti a tutt'e due, siete stati perfetti e avete reso un grande servizio a tutta la popolazione.» «Beh, ogni tanto mi succede di fare qualcosa di buono nella vita.» «E perché non continui a fame ancora?!» «Quello che ho fatto insieme a te è più che sufficiente e basta per tutto! Non ho proprio alcuna intenzione di fare qualcosa che non sia di recuperare il tempo perduto dietro alle sbarre!» «Glielo auguro» disse il dottor Lucca. Guardando le persone in compagnia del dottor Lucca riconobbi il procuratore che ci fece condurre nel suo ufficio per farci la ramanzina! Mi venne proprio da ridere guardando la sua espressione un po' seccata di come chi ha fatto la figura dell'imbecille quel giorno! Si rivolse a tutti dicendo: «Possiamo entrare nell'ufficio e procedere a quanto è necessario.» Ci fece strada, prendemmo posto sedendoci davanti alla scrivania io e Silvia. Il dottor Lucca vicino a noi mentre l'altro e la donna si misero dietro alla scrivania. «Questi al mio fianco sono dei miei colleghi che svolgono le indagini sul "mostro di Firenze". Innanzitutto, vogliamo congratularci con voi due per quanto avete fatto e scusarci per sottrarvi ancora un po' di tempo, ma si rende necessario farvi stendere un verbale di come si sono svolti i fatti questa notte e la relativa denuncia contro il mostro per mancato omicidio.» «Conosco la prassi a memoria e anche se non mi va so che dovrò farlo ugualmente. Quindi vediamo di fare presto per favore.» Dopo circa un paio d'ore uscimmo dal Palazzo di Giustizia e lì trovammo una calca di gente. C'erano anche i giornalisti e le televisioni. Ci accolsero con un applauso gridando: «Bravi! Bravi!» «Avete corso qualche pericolo?» ci domandò un telecronista. «A cose fatte non lo si può di certo dire.» «Innanzitutto complimenti per quanto avete fatto, ma come avete studiato e preparato la trappola?» chiese un giornalista. «Non dormendo alla notte!» «Ci potete dire i vostri nomi?» domandò un altro giornalista. «Chiamateci come volete perché un nome non dice mai niente se la persona che lo porta non lo sa difendere.» «Avete avuto un momento di paura?» domandò un altro telecronista. «Noi no! Lui doveva avere paura!» rispose Silvia. «Ci potete spiegare come è avvenuta la cattura?» sollecitò un giornalista. «È molto semplice: facevamo da esca fingendo di amoreggiare. Lui ha creduto di trovare una coppia impreparata e invece…» «Ma siete dei corpi speciali?» insisté un giornalista. «Questa ragazza è dei corpi speciali ed ha dimostrato veramente di essere sempre all'altezza della situazione. Brava, sei veramente più in gamba di quanto avessi pensato.» Un fortissimo applauso sovrastò la mia voce. «E lui invece è un manigoldo come non ce ne sono altri!» Un altro applauso e tante belle parole per tutt'e due.

«Vogliate scusarci ma siamo molto stanchi dopo quasi cinquanta giorni di stress in questo momento vorremmo ritirarci per riposare un po'. Ci saranno altre occasioni per rilasciarvi un'intervista. Grazie per la calorosa accoglienza e buongiorno a tutti.» Oramai s'era fatto giorno, il sole era alto nel cielo. Mi venne di pensare quanto fossi piccolo su questa terra rispetto all'universo infinito e chissà se in qualche lontana galassia ci fosse un pianeta dove quotidianamente succedono gli stessi avvenimenti di questo strano ma bellissimo pianeta chiamato Terra! Presi Silvia sottobraccio e facendoci strada fra un'ala di folla che non smetteva di applaudirci rivolgendoci tante belle parole, raggiungemmo la nostra macchina. Vi salimmo e, dopo avere avviato il motore, partii dirigendomi all'albergo. Nonostante il successo riportato dissi a Silvia: «Prima di entrare usa il fischietto.» Silvia mi guardò un po' divertita e fischiò. York abbaiò come al solito. Silvia mi disse: «Soddisfatto?!» Entrammo, raggiungemmo la camera. Non portammo fuori York, ci infilammo subito a letto. Prima di prendere sonno dissi: «Se qualcuno ci viene a disturbare prima di stasera mandalo a quel paese! Buona notte.» «D'accordo. Ma io e te domani dobbiamo un po' parlarci. Buona notte.» Mi baciò sulla guancia e si mise a dormire. Non mi sembrava neanche di avere preso sonno che una voce che sentivo giungere da lontano diceva: «Randagio! Ehi! Randagio! Svegliati che ti vogliono al telefono!» Sempre con gli occhi chiusi e senza muovermi mi dissi: al telefono?! Ma se non l'ho sentito squillare! Allora sempre senza muovermi dissi: «Ti avevo detto di non farmi svegliare da nessuno per nessuna ragione!». Ma lei ripeteva: «Ma ti vogliono al telefono ed è urgente! Sono venuti a bussare alla porta e tu mi avevi detto di non svegliarti prima delle dieci. E sono le undici passate!» Mi alzai di colpo sul letto e mi ritrovai nella camera della pensione con la mia ragazza! Ero stralunato e non riuscivo a rendermi conto. Dopo un attimo esclamai: «Cristo! Era un sogno! Ho sognato! Cosa mi stavi dicendo?!» «Hanno bussato alla porta dicendo che ti vogliono al telefono ed è urgente.» M'infilai la tuta e le ciabatte e a passo veloce mi diressi verso l'apparecchio telefonico che era nella cucina della pensione. Presi la cornetta e dissi: «Pronto?» «Ciao, Randagio, sono il brigadiere e ti do la risposta del dottor Rigotti. Mi ha detto di riferirti che è negativa. Ciao.» «Cosa hai detto?!» «Che la risposta è negativa.» E mise giù la cornetta interrompendo la comunicazione. Mi guardavo in giro e non riuscivo a crederci che ero ancora nella pensione e che avevo sognato tutto! Tutto nei minimi particolari! E quel… mi aveva fatto sapere che la risposta era negativa! Certamente che se il "mostro" avesse ucciso un suo familiare o uno di quelli che hanno contribuito a rifiutare la mia proposta, non l'avrebbero certamente pensata così! Ritornai in camera, la ragazza capì subito che c'era qualcosa che non andava e mi disse: «Ti è successo qualcosa?» «Più la gente ha il potere e più è incapace di gestirlo come si deve! Non sto dicendo niente di nuovo ma lo dico a me stesso! Sarebbe meglio che andassero a spazzare le strade! Almeno si renderebbero più utili alla società. Che gente di merda!» La mia delusione era profonda e i fatti non potevano aiutarmi! So solamente che se il "mostro" dovesse ancora colpire, questa volta sulla coscienza i morti ce li avrà il caro dottor Rigotti e i suoi amici con i quali divide un certo potere!

Indice CAPITOLO I - LA PROPOSTA CAPITOLO II - L'ATTESA CAPITOLO III - UN INCOMPRENSIBILE SILENZIO CAPITOLO IV - ARRIVA LA LIBERTÀ CAPITOLO V - FINALMENTE SI È DECISO CAPITOLO VI - L'AVVENTURA COMINCIA! CAPITOLO VII - IL DOTTOR LUCCA CAPITOLO VIII - NON SI LASCIA NIENTE AL CASO CAPITOLO IX - TUTTO È PRONTO CAPITOLO X - LA CACCIA È APERTA! CAPITOLO XI - CHI SEMINA RACCOGLIE! CAPITOLO XII - LA CONCLUSIONE A VOI TUTTI!

Finito di stampare il 30 Settembre 1989 dalla Tipografia Parole Nuove di Brugherio (MI) per conto della EDITRICE ITALIA LETTERARIA - Milano

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