il cappello frigio e altri simboli cosmici

January 21, 2017 | Author: Daniele Scozzari | Category: N/A
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Il libro raconta le caratteristiche di alcuni simboli universali quali: il cuore, l'albero, il serpente, il cappello...

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Il Cappello frigio e altri simboli cosmici

>. Mark Hedsel

He

♥ Δ+E3 e ¶

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† ⅔ ∑⌂5

Il Cuore come metafora dell’unione e dell’essenza

Il primo capitolo è stato motivo di ricerca per mostrare l’importanza del superamento della dicotomia. “L’Essere è Totale” significa considerare il fatto che non siamo divisi. Il sentirsi divisi e non riuscire ad armonizzare è causa di problemi su vari livelli. Creiamo barriere dentro l’immensità relazionale che ci avvolge ad ogni livello. Se consideriamo la vita quotidiana, base per la ricerca, notiamo come per affrontare con serenità la giornata occorra sentirsi armoniosi, costanti, pratici, convinti ed in forma, costanti. I miti intervengono all’interno dei processi quotidiani, si calano all’interno del contesto

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relazionale quotidiano poiché lo trascendono e lo inglobano. Così come l’archetipo, i simboli e le metafore che si rifanno alla figura del Cuore. Ognuno di noi ha un’immagine mentale del Cuore. Eppure nelle sue mille varianti l’immagine del cuore, metafora dell’amore e della spiritualità, conserva la sua peculiare caratteristica: l’incontro di due poli, due metà, due. Per creare Uno. L’amore, la meditazione, portano nelle persone uno stato di partecipazione mistica all’esperienza della totalità che ci trascende. In alcune forme di guarigione è sempre presente uno stato meditativo, contemplativo, della persona sofferente, che può essere anche la preghiera o l’affidarsi a qualcosa di più grande di lui, credere che esiste una finalità totalizzante benefica. L’amore stesso, se vissuto nella sua dimensione spirituale permette di sviluppare delle sensazioni positive per sé e per l’altro, l’amore è unione. L’immagine del Cuore contiene vari livelli di analisi e rappresentazioni; richiama inoltre alcuni interessanti concetti: 1. Alchemico/esoterico cerchio,

Quadratura del Sublimazione

Alchemica Rosa Croce. 2. Religioso

Cristianesimo, cuore/croce.

3. Mitologico

Venere, cupido.

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4. Simbolico

Ouroboros, cerchio, Terzo Occhio,

Triangolo. 5. Culturale coppia.

L’Amore e la

6. Spirituale

Chakra, Loto, Rosa.

Risulta singolare anche il proprio stile nel disegnare un cuore. A mano libera (a parte per i pittori di talento) le due metà che compongono il cuore non saranno mai totalmente uguali e simmetriche. Cambieranno di volta in volta e da persona a persona: a) L’inclinazione rispetto al foglio (quadrato). b) La dimensione sia del cuore in generale che delle singole metà. c) La lunghezza e il diametro. d) L’espressività e i colori. e) La scelta stilistica e l’aspettativa del soggetto. Nel simbolismo classico il cuore rappresenta il centro dell’essere, sia fisico che spirituale. Il centro del macrocosmo e del microcosmo. Se già in alcune tradizioni il cuore è strettamente associato alla compassione, comprensione, il “luogo segreto”, la carità, che contiene il sangue della vita. In tradizioni millenarie come quella Azteca, il cuore rappresenta il centro dell’uomo, il principio vitale unificante. Per gli Indù è la

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dimora di Brahma: “É Brahma, è tutto”. Il cuore è simboleggiato dal loto. L “Occhio del Cuore” è il Terzo occhio di siva, saggezza trascendente, lo spirito onnisciente, illuminazione. Per il Tao è la sede della comprensione: Il saggio ha sette orifizi nel cuore, tutti aperti. Sia l’occhio, che il cuore sono associati al Sole i cui rimandi simbolici sono la luce (quindi la conoscenza, saggezza) e la sfera o cerchio (perfezione, ciclicità, e tutto il simbolismo del cerchio). La metà superiore del cuore, in un disegno stilizzato (es. ♥ ), richiama l’immagine del Tre (3) girato di novanta gradi. Quindi occhio, sole, croce e cuore sono intrinse- camente associati in un pelago di rimandi simbolici e metaforici, talvolta intrecciati a formare un significato unico, come per esempio nel Sigillo della Catholic Confederacy proclamata in Irlanda nel 1642: il cuore fiammeggiante è il simbolo dominante, e denota fervore religioso; è accompagnato da Corona (simbolo che si rifà al cerchio), Croce (che sta in centro), Colomba (la spiritualità) e Arpa (simbolo irlandese). Mi sono accorto, attraverso alcuni “calcoli” che la parola “cuore” gioca sul simbolismo del tre (spirito) e del quattro (materia): per esempio le lettere R ed E sommate danno 21, che dà 3 (in numerologia si ricavano sempre numeri interi e simbolici). Sia in italiano che in inglese, ma anche in francese (coeur), la parola cuore è composta da 5 lettere (che ricordano la quinta essenzia). In numerologia il Cinque indica la Libertà, è simbolo di Mercurio.

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Sennonché

il

numero

5

rappresentato in modo circolare

in

arabo

è

.

Il numero cinque è associato alla lettera “E” che denota, in numerologia Dichiarazione d’amore (colpo di scena), desiderio di tenerezza e bisogno di cercare altrove ciò che non si trova in casa propria (ovvero la ricerca della metà), e l’espressione “va dove ti porta il cuore” ne racchiude una forte intuizione. Stando sempre sul numero Cinque, i Romani e prima ancora gli Etruschi, ne avevano fatto il numero del matrimonio (che unisce due principi e cioè il maschile/cielo/tre e il femminile/terra/due) che veniva celebrato fra cinque fiaccole accese: il 5 rappresenta per i greco-romani amore e unione, quindi Venere e i 5 anni venusiani. Inoltre, nella Kabbalah la lettera 5, ovvero He (che è peraltro l’iniziale di cuore presso le lingue anglofone) è il simbolo esoterico dell’ Ispirazione, senza la quale l’essere umano prima e l’artista-scienziato in seguito non potrebbero percepire gli impulsi della propria interiorità né ciò che viene dai piani più sottili. Il 5 denota altre due cose fondamentali: è sinonimo di quinta essenza; rappresenta il centro, ovvero il fulcro della croce, concetto che sarà ripreso più avanti. Aggiungiamo che la svastica, che è una croce, si trova proprio nel cuore di Buddha, nel centro della vita. Pure coincidenze? O gioco di corrispondenze esoteriche e gnostiche da cui siamo lontani nel carpirne l’essenza?

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Il numero è l’archetipo del simbolo. Torniamo ancora al numero 5 che (secondo la mia intuizione) racchiude la parabola del Cuore (come quintessenza). Il cinque è anche associato alla stella e ai pentagramma ( come quello musicale) che con il cerchio ne condividono alcuni significati come di Centro e di Perfezione: cinque è un numero circolare in quanto si riproduce nell’ultima cifra innalzato a potenza. La squadra e il compasso massonico formano il sigillo della quintessenza (3 + 2) ovvero la quadratura del cerchio ed anche l’unione dei poli maschile (associato al numero dispari tre) e del femminile (associato al numero pari del due). Per il Buddismo il cuore ha quattro direzioni, cinque con il suo centro, che rappresenta l’universalità, infatti è la svastica che concretizza l’immagine del cuore anche come metafora di direzioni o vie. Anche nel cristianesimo riscontriamo una simile interpretazione. Il cuore e la croce sono uniti anch’essi dalla simbologia del numero cinque: la croce ha cinque punte o direzioni, cioè i quattro punti cardinali più il centro. È come se, in fondo, un recondito sapere misterico che si può scorgere in questi simboli volesse comunicare l’unica vera realtà che comprende tali simboli: la totalità e il superamento della dicotomia. Il cuore ad esempio, presuppone l’incontro più o meno romantico, di due persone, di due cuori per far nascere un solo amore con potere sublimatore delle passioni. Metaforicamente parlando possiamo dire: “la strada è unica. I segnali

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stradali sono infiniti, quanti infiniti sono i singoli desideri di percorrerla”. Un ultimo simbolo associato al cinque e di conseguenza al cuore è la mano. Essa se tesa, con le cinque dita aperte indica accoglienza o dono, apertura e disponibilità con i suoi significati e rimandi psicologici e sociali di interazione, empatia, generosità, giustizia. Nelle iconografie cristiane si nota in alcuni dipinti come Cristo sorregge in mano il cuore, o il mondo (simboli circolari e totali). Tra le tante rappresentazioni delle mani e dei loro interminabili significati, ci interessa qui costatare che le mani congiunte indicano unione, matrimonio mistico, amicizia, promessa di fedeltà; è come l’unione di due cuori che battono all’unisono. Infine, ma c’era d’aspettarselo, la Mano degli egiziani raffigura l’unione del femminile e del maschile, del fuoco e dell’acqua: il cerchio si chiude! Per rimanere sulle parti del corpo, anche il naso è una figura a forma di cuore, capovolto. Il naso con le coane (che ha assonanze con cuore) è l’inizio della respirazione, indi della vita. Ogni naso è diverso, non ce n’è uno uguale e tuttavia tutti hanno la stessa funzione. L’amore il cui simbolo è il cuore è una delle chiavi di accesso, che stiamo proponendo in questo libro. Il suo simbolismo, con l’immagine del cuore racchiude svariati contesti e significati. “Bisogna ascoltare la voce del cuore”, le cose “fatte con amore o col cuore”, sono le più gratificanti, l’aver un “cuor di leone” (il leone, associato al sole è il quinto

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segno zodiacale), il pentagramma musicale, il “cuore d’oro” sono tutti significati da ricondurre all’unità della forza dell’amore. In un epoca come la nostra dove i grandi significati hanno un po’ smarrito la loro origine di guida e illuminazione possiamo solo sperimentare nella migliore delle ipotesi una forma di amore che è appena passione per l’altro, non dono totale e gratuito. Il Cuore nella suo significato simbolico racchiude anche altri significati. Prima avevamo visto che la parte superiore di un cuore è un tre rovesciato e orizzontale. Il numero tre riveste un profondo significato relativamente alla scissione spirituale, per le correnti esoteriche. Il tre rappresenta infatti la fusione, la saggezza, l’amore (che è l’atto di fare tre partendo da due in un unico afflato: 1+1=3, poiché il risultato della somma di due Valori è pienamente concordante con un “di più” della somma stessa). “Tutto quello che so, dopo tanto cercare, è che il segreto di tutto è l’amore”… “L’amore è di per sé una via iniziatica. L’amore insegna come guardare il mondo”. [Hedsel, 1999]. L’amore è una forza che spinge l’uomo verso mete a volte disperate e irraggiungibili. La vera meta in questo caso non è l’arrivo ma la vera meta è il viaggio. Una significativa riflessione di Roberto Assagioli (1977) dice: “Una delle cause principali dei disordini della nostra epoca è la mancanza di amore da parte di coloro che hanno volontà e la mancanza di volontà in chi è buono e pieno di amore”. Analizzando il cuore come immagine simbolica scopriamo che una delle prime raffigurazioni del cuore che ho potuto rileggere in chiave

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simbolica è associata proprio al pianeta Venere. Nell’astronomia precolombiana una delle rappresentazioni di Venere consisteva in un disco alato. Il pianeta Venere è raffigurato sulle porte dei templi, come un cerchio che ne contiene un altro piccolo ed ha quattro ali. In realtà il simbolo in seguito avrà certamente subito (anche in maniera involontaria) certi mutamenti, giungendo sino a noi sotto forma del simbolo che tutti conosciamo benissimo, ovvero il cuore. Inizialmente il “sigillo” di Venere, che in Grecia ha assunto le vesti di Dea dell’Amore, racchiudeva il significato di Occhio, o per meglio dire di Terzo Occhio e le ali stavano ad indicare una dimensione trascendente il materiale che solo con l’amore è possibile raggiungere. Allora “Cerchi Amo” di essere ricettivi al messaggio dell’amore, in un epoca dove l’utilità di una cosa è la sola misura per tutto e ciò che è utile si riduce a ciò che mi serve qui e ora. Tutti i grandi pensatori carismatici hanno dissertato sulla forza vitale dell’amore. Alcune frasi tratte dal libro “L’arte di vivere” di Gandhi serviranno a chiudere il discorso sul cuore e quindi sulla natura dell’amore. “Il fatto che ci siano ancora tanti uomini al mondo dimostra che esso è basato non sulla forza delle armi, ma sulla forza della Verità e dell’Amore”..”due facce della stessa medaglia”. “Se si aprono le porte del cuore tutto può entrarvi”.

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“L’amore trova compenso in se stesso”. “L’amore è la forza più grande che il mondo possieda, e tuttavia è la più umile che si possa immaginare”.

““Cos’è Cos’è l’ a m o r e? Due domande che cercano una comune risposta!”…

Il Terzo Occhio

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() Questo simbolo ricorrente in varie culture cristiane e pre-cristiane come quella Greca, Egizia, Orientale rappresenta vari elementi tra cui: • • • • • • • • • • •

• •

L’Occhio La Bocca il Pesce Il Seme L’aura o Vesica Piscis La vulva la Verginità Il segno astrologico del cancro Uovo Vaso Portale Ru: il geroglifico egiziano. emblema della bocca, dell’occhio, dell’utero () Il segno del Cancro (che come forme somiglia al Ru

Un simbolo che racchiude dunque una enigmatica commistione di significati e di rimandi simbolici. Un simbolo che cambia e si

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rinnova nelle varie culture. L’aura o Vesica Piscis o ancora Mandorla Mistica che avvolge i santi (o l’aureola) è un simbolo adottato già nell’Egitto dei faraoni. Si ritrova poi in contesti cristiani per rappresentare la santità o alto livello spirituale della persona che ne è circondata come avvolta tra due “braccia”. Rappresenta in sostanza il Terzo occhio. “Lo spirito e la materia non sono polarità, bensì aspetti differenti della stessa cosa” [M. Hedsel, 1999]. Il simbolo che d’ora in poi chiameremo Ru, dato dall’unione di due poli simmetrici e complementari, rappresenta elementi sia “materiali” come il seme e la bocca e spirituali come l’aura e il Terzo Occhio. Quest’ultimo elemento sta a indicare una dimensione raggiunta di integrità spirituale, è cioè un occhio che vede non solo le cose materiali ma soprattutto l’essenza che si cela dentro di esse, vede il Tutto dentro un granello di sabbia. L’aureola dell’arte cristiana che si rifà al Ru compare in molte cattedrali, solitamente accoglie il corpo di Maria Vergine, come per esempio in una delle vetrate della cattedrale di Burgos, in Spagna. In realtà il segno raffigurante Ru () un importante geroglifico egizio ha dato origine al simbolo egiziano Ankh, la croce egizia (un altro elemento in comune con il cristianesimo), successivamente divenuto simbolo di Venere ♀, dea dell’Amore. L’Ankh, una croce sormontata da un cerchio, indica l’unione dei principi opposti del maschile e del femminile, Osiride e Iside dell’umano e del divino, è presente come simbolo presso molti popoli tra

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cui tibetani, lapponi, svizzeri, compare in Siria, Cina, Danimarca, Fenicia. In Egitto è Maat, Dea della Verità che tiene in mano come una chiave l’Ankh, che si può paragonare per parallelismi alla bilancia con la quale condivide in primis le due dimensioni del Sopra/Cerchio/Cielo o Sole/Eternità da una parte e del Sotto/Quadrato/ Terra/LunghezzaLarghezza dall’altra. Il punto di domanda è Perché significati diversi e talora opposti e paradossali si ritrovano insieme nello stesso simbolo che indica: visione-risveglio-illuminazione; verginità-vulvaspiritualità; porta-passaggio-aura. È dunque un simbolo che riveste significati apparentemente diversi e contrastanti a seconda del contesto storico, culturale, biologico e esoterico dove compare. Un po’ come la svastica che nel buddismo rappresen- ta il cuore di Buddha, nel nazismo, invece, indica sempre una purificazione o elevazione, ma a senso unico e secondo la pazzia di Hitler. Come dice Carl Gustav Jung nel suo libro “Psicologia e Alchimia” (1944): “stranamente il paradosso appartiene ai beni spirituali più preziosi”. Paradossi che stanno alla base della religione, della politica, dell’economia, della società, che investono l’individuo e che scardinano i presupposti logici della mente razionale e positiva. Ogni cultura, ogni religione, filosofia o mito, porta con sé nei propri simboli un frammento di verità. Lo sbaglio, individuale e collettivo sta proprio nell’assolutizzare questo frammento di verità

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relativo e proporlo come dogma perdendo quel senso di unità cosmica che precede la costruzione mentale e paramentale del significato simbolico. Una verità stupefacente quanto semplice è il potere delle mani e delle dita di formare molti dei simboli geometrici fondamentali come il triangolo, il cerchio, il Ru, losanga, ellisse, uovo, cuore, ma solo attraverso l’unione delle due mani. È curioso come per formare il cerchio basta una sola mano (come nell’OK, o nel pugno), mentre per formare un quadrato o un quadrilatero occorrono invece quattro mani (che hanno ad una estremità i pollici uniti verticalmente e all’altra estremità del quadrato le palme parallele). Infine per formare il cuore occorrono due mani. Un odierno modo di salutare diffuso tra i teenegers consiste nell’incontro delle mani l’una verso l’altra con uno schiocco seguito dall’incontro dei pugni dei due che si battono. Tale saluto esprime senso di accoglienza e uguaglianza, come anche forza nell’unione. Anche nelle mani, dunque, si può cogliere quel senso di appartenenza simbolica a realtà che esprimono un patrimonio comune di conoscenza, attraverso la geometria sacra, i numeri “magici” e simbolici quali l’Uno, il Due, il Tre, il Quattro…il Dieci. Sul tempio di Apollo a Delfi si può leggere: “Il numero è la legge del cosmo”. I simboli, come anche gli archetipi e i miti comunicano sempre con la parte desta del cervello, che parla un linguaggio fatto di immagini e metafore in sintonia con la logica interna racchiusa dai simboli. Il cervello destro comprende anche il linguaggio delle emozioni e delle sensazioni,

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della comunicazione paraverbale ed emotivamente coinvolgente. Ritorniamo all’argomento che ci interessa qui in modo particolare: il Ru, ovvero il Terzo Occhio. Essendo un simbolo mitologico la cui origine si perde nella notte dei tempi, esso compare in molte delle tradizioni religiose o di culto pagano. Si può stilare una breve lista di origini del Terzo Occhio. A sinistra indichiamo la zona geografica interessata e a destra il corrispettivo simbolo del Terzo Occhio nelle sue varie rappresentazioni in Dei o animali:

Oriente cui di dua-

Dea Durga, la Madre Terribile, il terzo occhio, simboleggia il potere liberare l’uomo dall’illusione della lità e dello squilibrio. Il Dio Kali e Siva nell’Induismo1. Buddha e l’occhio dell’Illuminazione. Egitto Ra

L’Uraeus è il Terzo Occhio di che assume forma di cobra.

Cristiano

L’occhio di Dio in un Triangolo; la Vescica Piscis che riprende il Ru egiziano.

Alchemico Unicorno, Mercurio, l’Oro. 1

Gli indiani usano adornarsi la fronte con un punto rosso disegnato tra i due occhi.

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L’unicorno compare in diverse allegorie cristiane, alchimistiche, medievali ed anche orientali, sia come cavallo, sia come cervo, leone, grifone e pesce. Spesso si trova associato in dipinti dove compare una vergine, oppure nel Giardino dell’Eden o ancora ad indicare Mercurio o meglio assieme al leone esprime la tensione esistente fra i contrari all’interno del mercurio, chiaramente alchimistico. Il significato è comunque lo stesso in tutte le rappresentazioni ovvero il superamento della dicotomia materiale e la visione sdicotomizzazta dell’essenza delle cose che si raggiunge con una purificazione spirituale che risveglia nel novizio la visione trascendentale e totale. I due corni congiunti fino a formarne uno solo simboleggiano l’unione degli opposti e il potere sovrano e indiviso. L’unicorno è anche associato alla Montagna il cui simbolismo sarà spiegato più avanti. Secondo Platone “c’è un occhio dell’anima … soltanto con esso si vede la Verità”. Forse il monito principale, escatologico, che ci viene concesso da tali raffigurazioni è il fatto che l’umanità deve risvegliare il potere del terzo occhio per essere guidata nella “dritta via” e contemplare attraverso l’amore e il superamento della condizione materiale di cecità l’unica Verità che ci trascende e di cui facciamo parte: l’Unità dell’uomo con il cosmo. Unità che avviene per gradi e che passa dalla solidarietà tra gli uomini, dall’armonizzazione dell’uomo con la natura e infine dalla

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consapevolezza di appartenere ad un universo che ci contiene e che conteniamo. Infine se volessimo rappresentare il Terzo Occhio o Ru sotto le spoglie naturali dovremmo ricorrere al Mirto, che ha dietro come per l’unicorno una complessa simbologia. Il Mirto rappresenta il principio femminile, la Vesica Piscis. La corona di mirto è portata dagli iniziati, può indicare amore, parto, felicità e gioia, inoltre simboleggia il germinare, il rinascere di vita, il suo rinnovarsi. Portare in testa una corona di mirto per un iniziato equivaleva a saldare il cerchio collegando l’Ariete (la Testa) ai Pesci (i Piedi) così da chiudere simbolicamente il cerchio della vita passata. Un altro simbolo del terzo occhio è il corno (cornucopia, corno d’oro, eccetera). Ma è solo un concetto così astratto quello del Terzo Occhio? La risposta è negativa, in quanto il Terzo Occhio si può riclassificare come sede dell’anima, ovvero quella che già Cartesio identificava essere albergata nella ghiandola pineale, ovvero la piccolissima ma importantissima Epifisi sede del controllo delle emozioni. L’epifisi è una ghiandola, di cui già parlava Aristotele nel 380 a.C. circa, i cui misteri non sono del tutto svelati. Essa è una ghiandola endocrina, sita nel centro del cervello, che produce la melatonina, un neurotrasmettitore (neuropeptide) che ha varie funzioni: presiede alla regolazione del ciclo sonno veglia; sviluppo psicofisico nell’uomo; reattività comportamentale (attacco – fuga);

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permette anche un migliore adattamento agli sbalzi nei ritmi circadiani e del fusorario (per esempio ne jet lag). Ma la funzione più importante e forse meno conosciuta riguarda l’ampliamento delle facoltà percettive e della coscienza se prodotta in quantità maggiori della norma o se introdotta farmacologicamente (come sostanze allucinogene). Infatti, molti mistici, medium e sensitivi, o chi dichiara di aver avuto/subito esperienze paranormali (come il caso degli incontri ravvicinati di 4° tipo), hanno dosi al di sopra della norma in circolo di melatonina o serotonina (il precursore chimico della prima). In sostanza, per non entrare troppo nei dettagli tecnici, la funzione della melatonina, ad un livello “ottimale” sarebbe quello di porre l’uomo nella facoltà di “viaggiare” per altri mondi, fare esperienze che derivano da una maggiore lucidità mentale con la liberazi9one di nuove possibilità percettive (e niente di strano che gli egizi erano al corrente di tecniche facilitatici in tale proposito, che svolgevano all’interno delle Piramidi/parabole, ovvero captavano frequenze più ampie, rispetto a quelle della normale vita quotidiana, vedi Zed, tecniche di imbalsamazione e Orione). La melatonina, o meglio la ghiandola pituitaria, sarebbe il Terzo Occhio, capace di espandere i livelli ordinari di coscienza, catalizzerebbe reazioni “spirituali”. Ma alla scienza forse non interesserà tanto...

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L’uovo e l’uomo

Un altro simbolo che suscita mistero e allo stesso tempo armonia è sicuramente quello dell’ Uovo e delle sue rappresentazioni in ambito cosmogonico, artistico-esoterico, biologico, mitico e metaforico. Esso, peraltro condivide con il Ru alcuni elementi di simmetria e disposizione. In natura l’uovo o la sua conformazione dimensionale si scorge tra le seguenti strutture: • • • • • • •

l’ovoide fetale, l’ovoide encefalico (emisferica cerebrale) l’ovoide cefalico umano, nelle unità minerali, nelle unità vegetali (frutti, semi, foglie, Protofiti, ecc.), unità intracorporee e corporee animali (il cuore è biovale); in molte manifestazioni morfologiche di malattie (ascesso, calcoli, ulcera, ragade, fistola, pustola, cisti, neo, ed in alcune forme di cancro).

Insomma, l’uovo è una rappresentazione naturale che ha delle corrispondenze sia sul piano morfologico e bio-fisico sia sul piano simbolico-interpretativo (come vedremo) e sorregge una possibile spiegazione scientifica

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della costituzione universale in senso evolutivo e decisamente energetica. Secondo l’ipotesi biocosmica (cfr. L. Nivoli & Ciu, Pen, Lei, 1976) l’uomo essendo una creatura cosmica inserita nell’armonia naturale e cosmica è compartecipe dei rapporti intimi e continui fra energia e materia, fra costituzione terrestre e costituzione biologica. L’uomo è un microcosmo. Se il cosmo è un uovo (o rappresentato come tale) anche l’uomo è espressione ovoide del cosmo. L’uomo essendo l’ultimo gradino (almeno per ora..) di quell’evoluzione cosmica iniziata molto prima si ritrova a possedere in sé tutte le caratteristiche energetiche e formali dei precedenti stadi evolutivi, in particolare: 1. la Situazione Minerale (planetaria e galattica); 2. la Situazione Vegetale (verticale inferiore) e Acquea/ittica; 3. la Situazione Animale (orizzontale anteriore); 4. La Situazione Antropica e Mentale. Ogni Evoluzione contiene la precedente che funge da basamento energetico ed evolutivo. Così la natura dell’uomo è in corrispondenza totipotente con la struttura energetica cosmica che evolverebbe per gradi, dal più “basso” e pesante al più “alto”, endoverticale, meno caotico e totalizzante di tutte le potenzialità che stanno alla base. Da questa descrizione risulta una figura rappresentazionale a piramide conica o ad

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uovo contenente all’interno una sorta di Axis Mundi che avanza con moto endoverticale man mano che la piramide si evolve strato per strato conservando e integrando le proprietà precedenti (cfr. Ciu, Pen, Lei, 1976). I Dogon, una popolazione del Mali, in Africa, nella loro cosmogonia, una delle più antiche e imperturbate, vengono rappresentati 14 mondi verticali che ruotano attorno ad un unico “asse cosmico” ed hanno tutti la stessa forma: un disco circolare con un’isola al centro, circondata dalle acque. Ogni mondo è circondato da un serpente (alias Ouroboros) che si morde la coda, una rappresentazione comune a culture vicine all’ Africa o lontane come l’Oriente.. La terra degli uomini fa parte, secondo i Dogon, dei 7 mondi inferiori. Inoltre, più si scende verso il basso, più i mondi e l’universo sono “caotici”. La struttura generale dei mondi verticali dei Dogon ricorda la precedente rappresentazione di Ciu, Pen e Lei. Ma c’è di più. Nelle varie culture Orientali e Occidentali, antiche e nuove, l’ “Uovo Cosmico” sinonimo di sfera, è il principio vitale, la totalità indifferenziata e la potenzialità, il germe di tutta la creazione, nonché lo stato perfetto degli opposti uniti. È quindi un altro simbolo della totalità, insieme al cerchio, al cuore, all’albero e al serpente. Quest’ultimo si ritrova spesso attorno all’uovo e lo cinge sottoforma di Ouroboros. Talora è lo stesso serpente che depone l’uovo il quale esce dalla sua bocca. Ciò è vero nei miti egiziani dove tra l’altro il dio Ptah, il Padre

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Creatore plasma nella sua ruota da vasaio l’uovo del mondo, che contiene il suo stesso spirito (accompagnato dall’uovo del Sole, dorato, e dall’uovo della Luna, anch’essi da lui creati). In talune rappresentazioni anche l’immagine dell’albero (Albero Cosmico) prende forma dall’uovo e galleggia sulle acque del caos. Il colore dell’uovo è il bianco che connota l’indifferenziato, la perfezione trascendente, l’innocenza, la luce ed è associato sia alla vita che alla morte o la morte nella vecchia vita e la rinascita nella nuova vita: è il colore dell’uovo per antonomasia. L’uovo essendo una figura geometrica ciclica indica l’inizio (tutti deriviamo da un uovo) e la fine che è un nuovo inizio circolare. L’uovo si presta bene come metafora della vita e dell’uni-verso. I Dogon che come abbiamo detto avevano una visione del cosmo circolare e “serpentina” condividono alcuni elementi base del loro culto, quali il serpente e il numero 7 con un'altra civiltà più antica. La Genesi dei Nacaal, stirpe appartenente alla civiltà Mu (50.000 a.c. circa) dell’ Oceano Pacifico, tramanda che la Potenza Autoesistente, il Serpente dalle Sette Teste, modulò sette ordini per creare i mondi. I gas plasmarono la Terra nello spazio, l’atmosfera e le acque, infine la luce solare dardeggiò nelle liquide profondità e il fango partorì le uova cosmiche. Il glifo corrispondente mostra, infatti, il disco del Sole percorso da un piccolo serpente piumato sinuoso, che secondo Cotterell ne “Le Profezie di Tutankhamon” esprime l’attività delle macchie undecennali nella regione dell’equatore solare. Interessante la sua

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affermazione in proposito: "…la leggenda del serpente piumato raccontava la storia di come il Sole influenza la vita sulla Terra. Il serpente piumato era il Sole". I miti cosmogonici della creazione sono densi di riferimenti simbolici condensati soprattutto nelle figure del Serpente e dell’Uovo. Nel capitolo precedente il serpente è stato associato all’albero, come raffigurazione cristiana inerente la Creazione. Insomma, nel bene o nel male, il serpente fa parte della creazione, così come l’uovo. Due principi antagonisti, ciclici e complementari. Uno degli artisti più enigmatici della storia, il pittore Jeroen Anthoniszoon van Aken, alias Bosch, vissuto nel Quattrocento, fa dell’uovo una delle sue figure chiave. Ancora oggi si stenta a comprendere in pieno tutta la potenzialità esplicativa e mitologica delle opere di Bosch, anche perché va letto in buona parte in chiave esoterica ed ermeticoalchemica. Premettiamo che l’uovo per gli alchimisti è il vaso sigillato ermeticamente in cui si compie la Grande Opera, ovvero la creazione e la sublimazione della materia impura (caotica) in spirito libero dalle dicotomie e trascendente. Nell’opera di Bosch chiamata Trittico delle delizie (1503-1504) si possono notare una serie di uova rotte alla punta che fungono da contenitore per delle persone. In particolare nell’Inferno musicale (il terzo dipinto del trittico) degli uomini tentano di salire tramite una scala (simbolo alchemico di salita dell’albero filosofale e di ascesa verso la

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sublimazione) un grande uovo spaccato ad una estremità. Accanto ad esso si scorge una macina (altro simbolo alchemico di purificazione) che sovrasta la testa di un uomo (forse l’autoritratto di Bosch) affiancata all’uovo nella parte posteriore come a sentire qualcosa. Tra le righe si legge anche un ritorno dell’uomo all’uovo cioè alla totalità, al superamento degli opposti e alla saggezza totale e alle origini. Ci sono diversi livelli di interpretazione di un’opera, di un simbolo, di un mito. Il livello sicuramente più importante è quello che si accorda con l’anima della persona che in quel momento scorge in un simbolo o in un mito una risonanza di significati attribuiti e di vita vissuta e quindi si adatta alla propria intuizione della vita e ci guida verso una fonte di Saggezza più grande da dove originano l’uovo e l’uomo in un percorso concentrico e infinito. L’uomo è crocevia di significati e significanti. Una rappresentazione simbolica, molto vicina all’immagine e al significato dell’uovo è la Vescica Piscis che ha appunto una forma ovale, senza differenza tra base e vertice essendo due cerchi che si intersecano, due figure opposte e duali ma complete nella loro unione simmetrica. Essa, spesso circonda una figura sacra ed è una figura basilare nella geometria sacra. Vedremo che i sui significati rappresentano, come per i precedenti simboli, la totalità originaria.

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Il Simbolismo della Montagna

Ancora una volta una metafora ci viene in soccorso per spiegare meglio i concetti. Aprendo un libro di simboli e cercando alla voce Montagna, si dirà più o meno quanto segue: 1) La montagna cosmica è un centro del mondo, un onfalo, attraverso il quale scorre l’asse polare (confronta per esempio con la cosmogonia dei Dogon dell’Africa). 2) Personifica le forze cosmiche e la vita: le rocce sono ossa; i fiumi sangue; la vegetazione i capelli e le nuvole il respiro; e così via. 3) La montagna simboleggia la costanza; l’eternità; la saldezza; l’ immobilità. A livello spirituale le vette delle montagne indicano lo stato della piena coscienza. Mosè parla con Dio sul monte Sinai, lontano dalla moltitudine dalla quale si recherà in seguito per guidarla verso la salvezza. In genere i pellegrinaggi in visita alle Montagne Sacre simboleggiano aspirazione, la rinuncia ai desideri terreni, il raggiungimento degli stati più elevati e l’ascesa dal parziale e

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limitato fino all’integro e illimitato, la Fonte di Salvezza. 4) I templi costruiti sotto forma di montagne, come gli ziqqurat sumerici e i templi di Borobudur e Inca, simboleggiano il centro del cosmo, i piani ascendenti dell’essere e l’ascesa dell’anima. La Montagna indica la verticalità, la vetta o il picco cui tende l’anima di colui che ricerca l’Unità originaria di tutte le cose, ovvero lo spirito, il Sé, il cosmo. A proposito di anima, essa è un elemento semplice, poiché autosufficiente ed eterno, almeno secondo le concezioni religiose. L’alchimia è il procedimento materiale ma soprattutto trascendentale e spirituale dove “gli elementi composti si dissolvono in elementi distinti che a loro volta si riducono al ‘semplice’, dal quale si producono infine le quintessenze, le idee originarie semplici. L’etere è la quintessenza ’’ ( Aristotele, De Coelo, I. 3 e Meteorologica, I. 3). L’anima è sempre centrale. Il fatto è che la montagna è associata all’idea di stabilità, durata, coerenza, inamovibilità, altezza, cima, tutti attributi dei grandi dei della storia e di dio stesso, centro incorruttibile.

La farfalla come metafora dell’Anima

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Un altro simbolo di natura animale quale la farfalla ha sempre richiamato in ogni cultura una qualche associazione con il concetto di Anima. Ciò valeva tanto per i Greci quanto per i Celti, Maori, Cinesi, e religioni come il Cristianesimo. Il concetto di anima insito nella farfalla indica il ciclo di metamorfosi che parte da Uno. Le farfalle nascono dalle larve (ciò richiama il concetto di unità, sfera, Uno), le larve inizialmente sono poco più di un chicco di grano. Quando le larve crescono diventano vermi (vedi Putrefatio alchimistica) e dopo t r e giorni larve, crisalidi e farfalle. La metamorfosi della farfalla segue a pieno il principio 1  Molti in quanto da uno stadio iniziale di indifferenziazione si passa ad un tendere sempre più verso la “complessità”, l’ordine, la differenziazione, dis-unione . L’anima (ψché) a livello percettivo si percepisce sempre come qualcosa di luminoso, colorato e leggero. Quale esempio meglio di quello della farfalla. Si può intravedere persino nello schema morfologico della farfalla un’ulteriore nesso con il concetto di anima. La farfalla ha un centro da cui si partono due ali dai colori raggianti. Schema che ricompare negli emisferi cerebrali dell’uomo, nel cuore. Tendono dunque a comparire gli elementi dicotomici come perfetti elementi speculari che derivano entrambi da una unità, qui somatomorfogenetica. L’unità scorre come un fiume…sotterraneo. Risale al 1500 a.C. un motivo a farfalla rappresen- tante la Grande Madre: “come lei la farfalla riunisce in sé tutte le sue precedenti

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incarnazioni e la promessa di generazioni” (vedi J. C. Cooper, 1897).

future

In Grecia l’anima lasciava il corpo sotto forma di serpente: principio di unità, sprovvisto cioè di elementi morfologici dicotomici come gli arti. Si dice che i serpenti fossero derivati dai dinosauri e alcuni uccelli sarebbero dinosauri in miniatura. In un racconto dello scrittore Edgard Hallan Poe uno dei sui personaggi dice: "Vi sono due corpi: quello rudimentale e quello completo, corrispondenti alle due condizioni del bruco e della farfalla. Ciò che noi chiamiamo morte non è che la dolorosa metamorfosi. La nostra incarnazione presente è progressiva, preparatoria, temporanea. L'incarnazione futura è perfezionata, ultima, immortale. La vita ultima è lo scopo supremo". Questo passaggio tratto dai "Racconti straordinari" dello scrittore statunitense, ci porta di riflesso al simbolismo della crisalide, luogo per eccellenza delle trasformazioni. Per i massoni è naturale accostare questo mistero al Gabinetto delle riflessioni, da dove s'inizia la metamorfosi che dal buio ci porta alla Luce. La crisalide non è solo l'involucro (il corpo) protettore, ma bensì uno stato transitorio fra due momenti del divenire. Comporta la rinunzia del passato (la materia) per la conquista di un nuovo stato (lo spirito). I riti d'iniziazione ai grandi misteri (Elèusi, Cibele, Mitra) erano simbolo di resurrezione di un ritorno alla vita attesa dagli iniziati. La prima fase alchemica della Nigredo o nerezza, ritratta sotto le sembianze di uno scheletro, o

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di una terra nera, spoglia o ancora come Melancolia (vedi Durer, 1514). La materia al nero, a cui allude lo stato di malinconia è la prima fase dell’Opus alchimistico, un passaggio necessario e obbligato, il passaggio dalle tenebre alla luce. Hillmann pone una distinzione tra spirito e anima: il primo è “astratto, unificato, concentrato”, l’altra “concreta, molteplice, immanente” (“Fuochi blu” di J. Hillman, 2003). In greco, psyche indica non solo l’anima, ma anche una farfalla notturna e una fanciulla particolarmente leggiadra nella leggenda di Eros e Psiche. L’anima è come la crisalide uno stato di passaggio, un punto critico, che ci permette di collegare il corpo materiale con il Sé Spirituale ed eterno, lo Spirito che chiama in causa l’Unicità delle essenze che sovrastano e superano la condizione materiale, la nigredo. Il nero. come è risaputo è un colore o frequenza che attira tutti gli altri (tutti in uno dal quale si possono estrarre attraverso gradazioni di chiaro). Il bianco, contrapposto al nero è la luce, è l’uno indivisibile che forma i 7 colori dell’arcobaleno attraverso il passaggio in un prisma o per effetto dell’evaporazione dell’acqua. Sono le cose più semplici che contengono le verità più complesse. L’uomo di oggi, occidentale rifugge da due cose: dalle cose semplici e dalle cose incerte. Si aggrappa a stati transitori, veloci e sfuggenti, si identifica con l’apparenza e la superficialità, non scava dentro. Vi sono dei simboli detti di trasformazione che come la farfalla indicano un susseguirsi di stati

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di morte e rinascita. Tra i vari simboli riconducibili a tale schema ritroviamo la Fenice (Phoenix) che risorge dalle ceneri dopo tre notti e tre giorni (di novilunio); il serpente o la salamandra, lo scorpione, il leone, come anche il Sole e i simboli ad esso associati, in quanto dal tramonto all’alba vi sono vari passaggi scanditi dal trascorrere del tempo. Il sole sorge ogni giorno su tutto e tutti. Al pari della Fenice, la Farfalla è simbolo di trasformazione. Rappresenta l'anima che, uscita dal corpo, raggiunge un grado superiore di perfezione. In questo caso la crisalide rappresenta il corpo umano che contiene le potenzialità dell'essere e la farfalla che esce è un simbolo di resurrezione, di uscita dalla tomba: «Quella che il bruco chiama la fine del mondo, il maestro la chiama farfalla» (Richard Bach).

Un accenno Mitra

al

mito

greco-romano

di

“Se c'è molteplicità c'è infinità e dunque una serie di proprietà contraddittorie” (pensiero attribuito a Zenone). La procedura alchemica dell’estrazione dell’oro, ovvero l’opera alchemica di sublimazione della materia, segue il

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ragionamento che sta alla base dello schema 1  molti. Il due precede l’Uno. Nelle raffigurazioni tradizionali di dipinti alchemici come si nota una disposizione degli elementi posti in due poli: destra, centro, sinistra. Analizzando una tra le tante opere possibili a sfondo alchimistico (tutte sostanzialmente recenti lo stesso principio oppositivo) vediamo quali elementi e quali disposizioni si ritrovano in particolare in un manoscritto del XVIII secolo, Figurarum aegyptiorum secretarum. (Figura che ho trovato aprendo per caso un libro… ma la casualità è sempre un nascondere o un avvicinarsi alla verità) Notiamo al centro del dipinto in basso un primo elemento. Potrebbe rappresentare una roccia cilindrica; è scura; sorregge una Coppa, il vaso mistico nel quale si uniscono le due nature (Sol e Luna, Re e Regina, Uomo e Donna, caduceo). In alto, scaturisce dall’unione dei contrari il filius hermaphroditus, l’Ermete Psicopompo. Ai lati del corpus centrale dell’opera stanno le sei divinità disposte similmente a come compare in molte pitture facenti parte del culto mitraico al quale diamo una breve descrizione visto la centralità della sua importanza ai fini di quanto ci accingiamo a scrivere. Esso è un colto che dalla Persia giunge fino a Roma città nella quale è riadattato alle usanze sociali e sacre del tempo. A Roma, almeno all’inizio dell’impero e comunque prima della venuta di Cristo si veneravano molte divinità, dai tutelari della casa agli dei associati ad alcuni lavori dei campi, eccetera. Un culto, quello di mitra che

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si è diffuso fino ai confini nordici dell’impero romano, Inghilterra in primis. Molti simboli del culto mitraico compaiono (sia per inglobamento in nuovi culti ad esso ispirati, sia per un interscambio culturale collettivamente condiviso ed automatico) costantemente in varie circostanza che lo legano alla massoneria (cappello frigio), all’alchimia (caduceo, sole e luna, sublimazione), all’astrologia e alla tauromachia (Toro e segni zodiacali) e alla religione cristiana che ne condivide aspetti come: a) la consacrazione del pane e del vino e l’ultima cena; b) l’impostazione dei riti sacri (l’uno nei mitrei l’altro nelle chiese molte delle quali sono ex mitrei); c) il vestiario sacro che accomuna il Pater (papa) mitreo e il vescovo attuali: la tunica rossa e la mitra, eccetera. d) Mitra nacque da una vergine che lo concepì in una roccia il solstizio d’inverno (25 Dicembre), come d’altronde Horus da Iside. Nel carnevale odierno si conserva ancora un nesso con il culto mitraico e cioè le maschere che portavano gli adepti o iniziati al culto, che rappresentavano in ordine di grado:

DIVINITA E GRADO DI INIZIAZIONE

SIMBOLI

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1°) Corvo (Corax) (simboleggia la morte del Corvo, Caduceo, ariete, neofita 2) tartaruga, lira, vaso. Il grado è sotto la protezione di Mercurio. 2°) Nymphus (Crisalide) (Venere) d’acqua come serpente, 3°) Miles (soldato), sotto la elmo, protezione di Marte. frigio,

Coppa piena offerta d’amore; farfalla. Scorpione, gambero, lancia , berretto bisaccia.

4°) Leone (Giove) cane, folgore, incenso.

Sole, gallo, fuoco, cipresso, alloro, l'aquila, vespa,

5°) Perses (Persiano) (Luna) torcia (Cautopates); faretra,

Un pastore con la abbassata miele, arpa, arco, bastone, falce di luna, civetta, usignolo, acinace, chivi, brocca, delfino, treppiede,

archi, spiga. 6°) Eliodromo (Dio Sole) (Cautes), sferza, gallo. 7°) Pater (Saturno)

Torcia sollevata Corona a 7 raggi, spiga, globo, lucertola, coccodrillo, palma, Bastone (simbolo del suo carico spirituale); rosso cappello frigio

il 2

Anche nella putrefatio alchemica compare il concetto metamorfico di morte o nigredo e nuova vita, si è in uno stato di Malinconia, eccetera...In alcuni dipinti si vedono dei corvi spiccare il volo in seguito ad una “sublimazione”. La carta dei tarocchi che simboleggia la morte è invece la numero tredici (dai colori rosso della vita e nero del nulla o morte). Raccontano i miti egizi che il dio Ptah (dal cui nome i greci ne derivarono il nome dell’Egitto) , dalla testa d’uomo, creò il mondo dalla nera creta (M. Hedsel, 1999).

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ed i oro.

vestiti rossi, luce,

Mitra è il dio che nasce da una roccia con una fiaccola e un coltello fra le mani, con un colpo di freccia fa scaturire l'acqua da una roccia.

Nella simbologia l’uccisione del Toro ha probabilm- ente a che fare con l’allusione alla vittoria del Cielo o dello Spirito sulla terra (il Toro è un segno di terra). La materialità del Toro è indicata dalle due corna (dicotomia) contrapposte al solo corno dell’unicorno. Il Toro è anche associato alla Luna (elemento passionale), per cui Mithra che è anche il Sole (Mithras Helios) supera le forze lunari e terrene. L’uccisione del toro e il Taurobolio, per l’Anno Nuovo indica la morte dell’inverno, della

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notte o dell’oscurità e la nascita della forza vitale creativa che sgorga dal suo corpo, ovvero il sangue. Sangue e vino sono principi intercambiabili, come altri sinonimi sono latte e miele (che compaiono nei riti di Eleusi, oltre che in quelli di Mitra e altri ancora). Anche se tecnicamente la sconfitta del Toro indica la fine del periodo della costellazione del Toro e il passaggio al segno dell’Ariete (simbolo della testa), e ciò circa duemila anni fa. Il nuovo passaggio dall’Ariete ai Pesci (circa I secolo d.C.) segna l’inizio di una nuova dinastia, quella della venuta di Cristo, nel cui simbolo dei pesci si può vedere la futura croce del Cristo: Le lettere chi ( ) (che indica anche il segno dei pesci) e rho ( ) sono le prime due lettere della parola greca Christos, e sono state sovrapposte l'una all'altra a formare una specie di croce, un simbolo ancora ampiamente utilizzato dalla Chiesa Cattolica Romana. La croce associata al mitraismo è invece il Tau, associata sia a San Francesco e S. Antonio, sia al martello di Thor. Il toro è associato anche all’evangelista S. Luca, denota l’aspetto sacrificale della vita di Cristo. Il mitraismo, secondo il mio parere, contiene molti simboli chiave per la storia dell’umanità.

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Berretto frigio: un cappello per tante teste

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Chi lo ha indossato? Probabilmente i primi furono i pastori in Persia, o nel Medio Oriente (Frigia):i pastori guardavano molto le stelle e probabilmente furono i primi “astrologi”, e non a caso le trame della storia del cappello frigio si connettono con il sapere astrologico. I Magi sacerdoti della religione del profeta persiano Zoroastro e di Mitra, erano importanti astrologi e divinatori.. L’uso del cappello frigio passò poi dalla Persia (o Frigia) nel culto Mitraico (greco-persiano) diffusosi presso Roma. Il culto mitraico calzava bene ai soldati romani e agli schiavi, questi ultimi venivano distinti attraverso la rasatura del capo e veniva imposto sul loro capo il pileus fino alla ricrescita dei capelli: il cappello era un simbolo di libertà acquisita. In realtà era il Pater, ovvero il celebrante i misteri mitraici colui il quale indossava il rosso cappello frigio. (Vulcano era invece raffigurato con un berretto ovale azzurro, il somatracio). Il berretto rosso passò (per osmosi..) ai vescovi cristiani, che lo indossano tutt’ora, modificato e chiamato guardacaso mitra, è inoltre indossato dal grande sacerdote ebraico. Esiste

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anche la mitra Papale o camàuro (cfr, Pater) che è Bianco e ovale (come quello indossato dai faraoni egiziani, indicante l’uovo, la rinascita, la perfezione..) o meglio allungato e bicuspidale. Il Mitra fu indossato per la prima volta da papa Ormisda da Frosinone nel 514. Il berretto rosso frigio, in uso presso la plebe, fu poi preso a simbolo della Rivoluzione Francese (fine settecento) indossato dai rivoluzionari come simbolo di libertà, chiamato perciò anche Liberia. Fu d’ispirazione Massonica l’uso del cappello. Anche la bandiera della Rivoluzione Francese era di colore rosso, cos’ come tutte le altre bandiere che inneggiano alla rivoluzione a partire da quella della Francia, per esempio nei garibaldini, nei socialisti, nei comunisti, eccetera. Il cappello frigio compare anche in alcune raffigurazioni alchemiche (e gli stessi alchimisti lo indossano) ed è indossato da Mercurio, che tra le tante funzioni divine (tutte dicotomiche) è anche protettore dei pastori. Si vede il cappello in alcune litografie come ad esempio: 1) in Lambsprinck, Figurae et emblemata (1678), e rappresenta la Trinità alchimistica: Ermete (Spiritus Mercurii) alato, posto con il cappello frigio tra il Re e suo figlio. 2) sempre in Lambsprinck, Figurae et emblemata (1678): qui il Re, rappresentante la materia la prima materia dell’Opus (ovvero la nigredo, la materia allo stato grezzo, da sublimare), che divora suo figlio. Gli abiti, i

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costumi e l’aspetto di Mercurio sono simili alla prima scena (nel punto uno). Praticamente, Mercurio con il berretto frigio è la copia identica di Babbo Natale. O meglio è Babbo Natale, nella sua versione moderna (circa inizi del ‘900) che prende a modello Mercurio. Ma c’è una nota comparativa fondamentale da aggiungere e cioè: Babbo Natale, rappresenta simbolicamente il natale e quindi il 25 Dicembre, giorno in cui secondo la tradizione popolare elargisce i doni ai bambini buoni e anche giorno della nascita di Gesù Bambino. Ma anche nascita del dio Mitra dalla roccia (e qui anche il parallelismo grotta-roccia che assimila per certi versi le due nascite divine). Babbo natale, alias San Nicolaus è quindi un personaggio che racchiude almeno tre livelli di significato: quello cristiano della nascita di Cristo; quello mitraico della nascita di mitra (da cui il berretto frigio) e quello mercuriale. Si narra anche che la sua storia, quella di S. Nicolaus fosse associata ad un fatto riguardante l’unione sposalizia di due amanti permessa da tale Santo (Che strano, anche cupido, dio dell’amore ha il cappello frigio!) I riti di iniziazione mitraici avvenivano in una caverna in cui c’erano fiori e sorgenti in onore di Mitra, Padre e creatore di tutto; la caverna riproduceva in miniatura l’universo da lui creato. Inoltre il frigio compare addosso agli alchimisti (vedi per esempio figure del Mutus Liber di M. Meier, 1700 circa) come nell’esempio illustrativo riportato di seguito e ad indicare che la persona stava compiendo un rito misterico in armonia con le leggi

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dell’universo, armonia.

leggi

di

equilibrio,

ritmo

e

A livello monumentale e artistico: Il berretto frigio compare anche in alcune cattedrali che un tempo erano Mitrei, in particolare nella cattedrale di Modena, nella porta laterale di fronte al museo, dove per altro ad indossarlo sembrano una sorta di gnomi o folletti. E comunque dovrebbe essere presenti in vari Mitrei o ex mitrei divenuti chiese, molto numerose a Roma. Compare su un sarcofago paleocristiano di Villa Carpegna, Roma. Sul sarcofago tre giovani nella fornace indossano il cappello frigio, delle tuniche ed hanno le mani alzate (come nel gesto dell’Orans) gesto il cui simbolismo è prettamente religioso e fondamentale, compiuto dallo stesso Mitra che esce dalla Roccia, dal Pater celebrante, dai sacerdoti

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cattolici attuali, ma era già presente presso tutte le tradizioni più importanti: Egitto, Tibet, ecc.

Eneide: Lo ritroviamo, inoltre, nell’Eneide di Omero, in una miniatura conservata nella Biblioteca Vaticana. Ad indossarlo sono Ascanio e i due servi ai suoi lati che tentano di spegnere le fiamme dai suoi capelli (acqua e fuoco). La miniatura risale alla fine del IV secolo a. C., (codice Vaticano latino 3225, foglio 22. Eneide II, 671- 704) Il cappello compare in più parti delle miniature ispirate all’Eneide di Omero. Lo indossa Cupido nelle vesti di Ascanio (o il cartaginese Bitia che beve la coppa rituale), in un banchetto in onore dei Troiani nella grande sala della raggia di Cartagine. Nella miniatura compaiono anche dei motivi appartenenti al culto cristiano come i un Pesce (simbolo di Cristo) contenuto da un vassoio a forma di Vescica Piscis (o Ru) (Miniatura del codice Vaticano latino 3867, dell’inizio del VI secolo, foglio 100, Biblioteca Vaticana. Eneide II, 705 - 729). Ancora nell’Eneide è il copricapo del Vecchio Anchise nella scena in cui fuggono con Enea e Ascanio da Troia. Qui si nota un particolare, e cioè, il cappello frigio è molto più simile a quello di Babbo Natale, con il classico bordo

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che cinge la testa (Particolare dell’affresco Incendio di Borgo dipinto nel 1514 da Raffaello; Musei Vaticani/Scala, Firenze). Insomma nell’Eneide compare a più riprese.

Altri personaggi…bizzarri Compare il berretto frigio presso gli gnomi (o almeno nella sua forma), in alcuni maghi, Babbo Natale (a cui abbiamo accennato), i Puffi (soprattutto grande Puffo), gli gnomi. (?) Comunque sempre uomini con la barba simili a magi o pastori, o a Paedogeron (sintesi di opposti: vecchio-bambino) come gli gnomi della foresta nordici. Così ritroviamo il cappello frigio in dosso ad un personaggio biblico come Giuseppe d’Arimatea (come compare anche in un disegno di William Black, un Rosacroce). Giuseppe d’Arimatea era colui che aveva assistito alla crocifissione di Gesù e ne aveva disposto la sepoltura. Si recherà dopo con il Sacro Calice in Inghilterra. Anche Dante viene raffigurato se non con il cappello frigio con un valido sostituto che sembra una variante del frigio anch’esso rosso.

Significati ricavabili dal cappello frigio

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In generale il Cappello denota autorità e potere, comunque sempre sinonimo di distinzione, connota- zione, caratteristica. Nel suo significato simbolico la testa coperta denota nobiltà e libertà in contrapposizione alla testa nuda. In particolare il significato del cappello frigio, il più esoterico e soprattutto astrologico, come nella migliore tradizione mitraica e zoroastriana, sta nel fatto di congiungere il segno dell’Ariete, cioè la testa (connotata da tale segno astrologico) e i Pesci, ovvero i Piedi. Formando cioè un circolo, una chiusura, una congiunzione degli opposti. Il cappello frigio simboleggia i Pesci, date le sue caratteristiche fluide, che coniugano l’ariete ovvero la testa, e ciò riporta ai concetti escatologici di inizio e fine, alfa e omega, che si ricollegano (nell’uomo). Era una specie di messaggio iniziatico e profetico, quello di coniugare gli opposti, qui rappresentati dal “duro” ariete e dal fluido pesce, come anche la terra e il mare, sinonimo di celo od Oceano Celeste. Astrologicamente parlando notiamo che l’Era dei Pesci è quella dell’Avvento di Cristo. Il cappello ha le caratteristiche strutturali dei pesci essendo afflosciato, ed anche le caratteristiche funzionali dell’Ariete essendo posto in testa ed essendo inoltre di colore rosso, ovvero il fuoco, colore creativo associato all’ariete (segno di fuoco). Abbiamo quindi i seguenti elementi in associazione: Tabella 1

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Ariete

Pesci

inizio (α) fuoco zolfo duro, terreno testa Mercurio Sole Terra Maschile Ragione Oro/Re

fine (Ω) acqua Argento Vivo molle, mobile piedi Venere e Marte Luna Cielo Femminile sentimento Argento/Regina

“Gli ultimi saranno i primi ed i primi saranno gli ultimi”. Strano come la parola Free in inglese, iniziale di Frigio, indichi la libertà, l’essere liberi. Libertà data dalla pacificazione dei contrari? La parola Freemasonry significa Massoneria, e la storia del cappello frigio, mi è sembrato di capire è molto legata ai massoni, anche se un approfondimento della questione ci porterebbe troppo lontano. L’assenza dei piedi a livello simbolico indica l’instabilità della fiamma, come nel caso degli dei del fuoco. L’unione degli opposti è Mercurio, che nel suo segno (il caduceo, sinonimo di bilancia) unisce i poteri lunari e solari, ma anche maschile e femminile, giorno e notte (vedi riquadro). Quindi è un intermediario, un mediatore, ambivalente ed androgino, in alchimia rappresenta la quinta essentia. Altre associazioni conducono a collocare il cervo maschio su uno stesso piano analogico

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dell’ariete, essendo entrambi solari e indicanti creazione, alba, fuoco, messaggero degli dei. Nessun simbolo è casuale, così come nessuna associazione simbolica avviene nel vuoto del non sense. Quali personaggi sono trainati dai cervi? Babbo Natale ed anche il Padre del Tempo (Cronos e altri sinonimi). Anche Apollo il Dio del Sole era trainato dai cavalli. Dobbiamo qui specificare un punto e cioè il significato del 25 Dicembre. Diciamo brevemente che tale data è associata all’inizio della luce che segue al solstizio di inverno. Così con tale data simbolica si segna la ierofania di molte “divinità” portatori appunto di luce tra le quali: l’egiziano Horus, Mitra (che esce da una rocce con in mano una fiaccola) e lo stesso Cristo. Il cervo, così come l’ariete, rappresenta ancora Mercurio, che in chiave alchimistica diviene il Nous, il mercurio dei filosofi. L’Argento Vivo (vedi Tab. 1) è l’ “Acqua Ferma”, che simboleggia sia il solido (e quindi l’ariete) sia il fluido (i Pesci), simboleggia comunque il femminile. Insieme Zolfo e Argento Vivo sono le basilari forze generative dell’universo, dalla loro unione scaturisce lo Spirito, l’acqua Vitae. Come Oro e Argento sono i due aspetti della stessa realtà cosmica, e così per il resto delle dicotomie. La storia del cappello frigio ci porta inevitabilmente a scontrarci con le vaste pianure dell’ermetismo, dalla gnosi, dell’esoterismo, dell’alchimia, astrologia, religione, mitologia, e quant’altro. Rappresenta un principio circolare che tende a ripetersi assumendo apparentemente significati diversi

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(come in Babbo Natale, che tra l’altro conduce al termine Pater, babbo è un sinonimo, così come papà o Papa). Se inizialmente il suo significato simbolico era quello astrologico, via via, come tutti i simboli, ha assunto diverse valenze e significati, tutti pertanto collegati e/o collegabili e allo stesso tempo, come abbiamo cercato di mostrare distinguibili e direi indipendenti, crocevia di molteplici significati e dirottamenti su latri lidi, come è nello spirito creativo dell’Ariete e nella fantasia, ovviamente guidata e documentata, dei Pasci. Di sicuro ci sono tanti livelli di significato, alcuni dei quali si sta tentando di penetrare, senza la pretesa di giungere all’ultimo dei livelli escatologici o epistemologici di significato. Non mi stupirebbe vedere tra qualche anno una ripresa del cappello frigio, ad esempio nella moda, e venire a scoprire che lo stilista appartiene al segno dell’Ariete, oppure, per assurdo, ha un cognome che ha a che fare con i Pesci o con il Mare. Coincidenze? Tutto gira all’interno di un meccanismo apparentemente incomprensibile o caotico, ma implicitamente cosciente e logico, ordinato e perpetuo. Il meccanismo della vita, della sincronicità, della continua “lotta” delle tenebre e della luce, della sublimazione dei contrari in tutto, che è spinta, movimento, rinascita dalla morte, ma non voglio spingermi oltre… Un’altra associazione da fare seguendo la simbologia e il colore del frigio riguarda la natura del primo uomo, Adamo, termine che etimologicamente indica almeno tre cose,inerenti al rosso e alla terra; “terra vergine”, “terra color sangue”, “terra rossa

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come il fuoco”. Si ricongiungono così nel simbolismo del frigio altre due figure chiavi della storia: Adamo (associato al rosso, alla terra) e Gesù Cristo associato ai Pesci, al Cielo). Quindi un altro modo di intendere la chiusura ieratica del cerchio, il compimento di un’opera, tra l’altro attesa nella Bibbia dove il Cristo viene chiamato anche “Uomo nuovo”, rispetto ad Adamo e al peccato originale. Inoltre l’Albero della Conoscenza, che diventa il mezzo del peccato con la mela, si trasforma nel Nuovo Testamento nella croce espiatoria di Gesù nazareno. Ponendo l’attenzione sui colori, notiamo che fra il rosso e il bianco si estende un’ampia gamma di colori, che ci fa vedere il continuum tra le dicotomie (pesce e capro, terra e mare, il “rosso Adamo” e il bianco della luce di Gesù). Ma il rosso è anche il fuoco, elemento costante dei riti religiosi, magici e iniziatici, nella mitologia, nel culto; come del resto adoratori del fuoco come principio vitale cosmico erano peraltro i parsi cioè i discendenti del culto persiano di Ahura Mazda e della religione zoroastriana (rappresentata per esempio dai Magi i quali indossavano il rosso berretto frigio). Per i Parsi il fuoco è il mezzo, anzi la via più diretta per avvicinarsi alla divinità, ed è visto sempre come elemento purificatore e non distruttore (cfr. Romano F., 1998). In particolare e in accordo con il zoroastrismo il fuoco possiede le seguenti caratteristiche ieratiche (utili nella lettura dello stesso cappello frigio) e cioè: • il fuoco va in alto, cioè verso il cielo, e quindi verso la trascendenza, la divinità.

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È puro e, in quanto tale cambia ogni cosa che venga in contatto con esso. • Esprime l’idea della purezza, della catarsi. • Allontana le tenebre attraverso la sua luce, quindi il male costituendo un raccordo tra cielo e terra (cfr. ariete – pesci più avanti). • Il fuoco riposa alle origini del mondo perché è forza vitale ed espressione pura della creazione divina, e ne permette dunque la rigenerazione, ma riposerà anche alla fine dei tempi quale elemento purificatore e insieme sacrificale. Anche l’acqua, l’elemento liquido che è molto legato alle vicende dei parsi (per la vicenda dell’esodo via mare dall’Iran all’India di questo coraggioso e tollerante popolo prima agricoltore e poi commerciante marittimo), gioca un ruolo determinante nel significato simbolico del berretto frigio che riveleremo nel corso del seguente capitolo parlando di due importanti segni zodiacali, l’ariete e i pesci, l’uno il fuoco, l’altro l’acqua.

Segni Zodiacali Un altro accostamento suggerito da Mark Hedsel ci riporta di nuovo alla considerazione astrologica della questione del cappello frigio. Il cappello frigio sarebbe connesso alle caratteristiche del Capricorno, un segno

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zodiacale per sua natura duale, è sia duro (la testa del capro, quindi dell’ariete), sia molle (i pesi) ed esemplifica proprio in questa opposizione lo stesso simbolismo del cappello frigio. La letteratura arcana ha eletto il Capricorno o capropesce a segno iniziatico, a segno dello sviluppo spirituale, essendo collegato alla porta spirituale. Indossare il berretto frigio è sinonimo di iniziazione, conciliazione di opposti. Anche il Ru è una porta che conduce l’adepto alla iniziazione e simboleggia il Cancro, che simmetricamente è opposto al Capricorno nello zodiaco. La liberia diventa un simbolo di completamento, che arriva con l’iniziazione. La chiusura del cerchio indica sempre un compimento, come nelle raffigurazioni Medioevali della città Santa o del Paradiso Terrestre, tutti racchiusi dentro un cerchio, appunto perfette. Secondo Fulcanelli, il simbolismo del cappello mitraico sopravvive nel simbolismo alchemico, ma nel XVII secolo non alludeva più all’antica iniziazione, bensì a quella moderna, dei Rosacroce. Tornando al Capricorno, esso rappresenta la natura duale della terra e del mare, altezza e profondità; è inoltre il solstizio d’inverno, la Janua Coeli e per tale motivo è contrapposto al cancro (anch’esso duale, ma simmetrico) il solstizio d’estate la Janua Inferi. Abbiamo quindi il potere ascendente e declinante del sole ovvero la luna (quindi ispirazione e amore) con il quale il segno del cancro si identifica. Il Capricorno è inoltre sacro a Cibele e rappresenta l’India a livello astrologico. Il Capricorno ha un’importanza cruciale nell’esegesi iniziatica e misterica e il suo

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simbolismo ha diversi livelli di analisi (che vanno oltre il nostro intento nella trattazione), in breve si possono individuare i seguenti elementi chiave: •





Il Capricorno governa la struttura ossea e la pelle, nell’essere umano dunque esso tiene uniti la struttura esterna e quella interna. La parte morbida del Pesce è tenuta insieme dalla parte dura del Capricorno: la struttura che predispone alla funzione, lo spazio che incarna il tempo. Infatti, il Capricorno è governato da Saturno, il Dio del Tempo ( un’ associazione parallela riguarda anche con la morte carnale e la rinascita spirituale). Saturno è anche il signore della pesantezza, della stagnazione e della morte fisica, contrapposto alla fantasia leggera e immortale del simbolismo lunare dei Pesci, ovvero la vita immaginativa.



Il sigillo del Capricorno costituito da una parte retta e da una curva (duro e molle) indica l’unificazione della dualità cosmica di angolo-squadra e pesce. Un simbolismo che risale all’antico Egitto. L’angolo è inoltre connesso sia con la squadra massonica, sia con la “pietra angolare” di Cristo.



Il Capricorno rappresenta anche l’organo maschile, oltre che porta degli dei.

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Il primo di Aprile è il giorno in cui astronomicamente si segna la transizione dai Pesci di marzo all’Ariete di aprile (il famoso “pesce d’aprile, che un tempo rappresentava altre festa pagane tra cui la medioevale “festa dei pazzi”). Un’altra nota di Mark Hedsel ci riferisce che l’uomo-pesce era presso i babilonesi uno dei simboli esoterici dell’iniziato, così come il tritone. Un altro simbolo per indicare li iniziati è la corona di mirto (già discussa precedentemente) simbolo di Venere, che racchiude il simbolo della vescica piscis (ovvero l’aureola dei santi, un ulteriore modo di connotare un iniziato, un santo). Il fatto di accoppiare due simboli diversi come Pesci e Ariete (o Capricorno e Cancro) è una costante che ritroviamo in molti culti misterici, in alchimia ed esoterismo e nelle religioni ufficiali quali buddismo, cristianesimo, eccetera, ognuna con le sue varianti sul tema. Per esempio nel simbolismo della Torcia riscontriamo la stessa tensione duale che lega stavolta il fuoco (fallico, maschile, animafiamma) al legno (femminile, materia-legno) nel suo significato di fuoco spirituale fecondante (cfr, Cooper, 1987). Niente di stano allora se nel mitraismo le torce vengono tenute rivolte verso l’alto e verso il basso, ad indicare le due dimensioni terrena e spirituale. Lo stesso sigillo mercuriale nella sua dualità contempla gli aspetti di tutte le essenze. Così come nell’uomo stesso convivono due nature una “molle” e una “dura”, spirito e corpo a via dicendo.

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Il cappello frigio ha dunque a che vedere con la tanto agognata sintesi dei contrari che porta alla Sublimazione, alla quinta essenza, alla pietra filosofale, all’oro, alla visione trascendentale, e simili. Infine tornando all’Ariete, esso rappresenta la potenza generatrice, l’ardore, il fuoco, lo slancio primordiale; è il guardiano dei “tesori” spirituali e in quanto tale è collegato all’iniziazione. Simbolo di Pan, o immagine stessa del dio, rappresenta la concretizzazione delle forze vitali e primordiali della natura, per questo è anche attribuito alle divinità misteriche di Dioniso, Bacco, Silvano (che dopotutto sarebbero un'unica entità archetipica: il viaggiatore) Anche i Pesci sono associati alla fecondità, in analo- gia alla loro straordinaria capacità riproduttiva. Anassimandro considerava il pesce “padre e madre di tutta l’umanità”. Il pesce fu la sigla distintiva dei primi cristiani in riferimento al Pesce per antonomasia e cioè l’Ichthus (parola greca che significa pesce usata come ideogramma di Jesus Christos Theou Uios Soter: Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore).

I culti Misterici precristiani e il berretto frigio: l’equinozio di primavera

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Abbiamo detto che il berretto frigio o liberia era indossato per indicare un iniziazione, l’epopteia, la visione limpida e diretta, senza “veli” del mistero ultimo intraducibile a parole. Ebbene, per ricostruire il mistero del frigio bisogna considerarlo alla luce dei culti misterici dove si sviluppa il suo simbolismo. In Siria e Fenicia con l’arrivo della primavera (contraddistinta dall’Ariete solare) i venti dal Tauro e dalle alture più prossime dell’Antilibano perdevano gli acri odori di neve per intridersi dei profumi di narcisi, anemoni, rose, delle precoci viole di bosco. Era il tempo in cui il fiume che attraversava la città di Biblo si tingeva di rosso: segnale che il sacrificio di Adone si compiva e che il bellissimo pastore amato da Astarte rinasceva alla vita. Le donne deponevano l’effigie del dio Adon su un letto di fiori, il cosiddetto “giardino di Adon”, e tripudiavano per il suo ritorno.

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In Frigia il pastore Adon era Attis, amato da Cibele, la Madre-Terra, e tramutato in pino dalla dea per il suo tradimento con una ninfa. A ogni primavera, dal tronco in cui era racchiuso Adon-Attis stillavano resine che si trasformavano, una volta nelle zolle, in odorose violette. Il pino è anche un attributo di Dioniso (oltre che di Giove, Zeus, Mitra) e il tirso con sopra la pigna indica i misteri dionisiaci. Di là dal mare, a Eleusi, Demetra riabbracciava la figlia Persefone-Core dopo i lunghi mesi di separazio- ne, e la terra rifioriva per incanto. Dioniso prendeva parte alla loro gioia inghirlandato di edera. Egli precedeva il corteo insieme a Pan, seguito da uno stuolo di ninfe e satiri danzanti. Si celebravano le Antesterie, le feste dei fiori, in onore delle tre divinità che erano al nucleo segreto dei Misteri di Eleusi. Mirto, grano in germoglio, pampini acerbi e festoni di edera venivano loro offerti. Gli echi della festa e delle celebrazioni varcavano l’Egeo e giungevano a Roma. Qui Dioniso diveniva Liber, e Persefone Libera, mentre Demetra si trasformava nella Cerere provvida e benigna delle popolazioni laziali. Era insomma la solenne celebrazione della primavera, che coincide con l’equinozio di Aprile, ma anche con la Pasqua, con l’Esodo degli ebrei guidati da Mosè. Ciò indica quindi una rinascita, una riconciliazione, un ciclo che ricomincia, un passaggio, una verità cosmica. Ma è nel concetto di libertà che il cappello frigio trova la sua massima risonanza. Dioniso è liber, così come gli schiavi romani che lo indossavano, i rivoluzionari francesi si

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ritrovano nel concetto di Liberté , l’iniziato che si libera dalle catene della contingenza terrena e risorge a nuova vita. É la primavera che libera le potenzialità naturali represse dall’inverno, dalla notte. Un concetto affine a libertà è quindi quello di passaggio senza il quale non si potrà avere nessuna forma di libertà. Tutto il simbolismo del berretto frigio ci porta a fare la seguente considerazione: l’Ariete segna l’inizio della primavera, il passaggio alla molteplicità e alla rinascita, il ritorno all’unità. È in questi termini che va inteso il rinnovamento spirituale nell’iniziato: l’esemplificazione antropomorfica nell’accezione di risveglio della natura dopo l’inverno che si trasforma simbolicamente nella rinascita dell’anima dell’adepto dopo la purificazione iniziatica, e ciò vale per tutti i riti ieratici. La rinascita è al centro dei culti misterici. Il passaggio che compare come concetto emblematico nei riti di iniziazione sottolinea il carattere trascendentale dell’Opus, in senso lato. Propedeutico diventa allora il superare dinamica- mente le coppie dei contrari nel dualismo e della polarità del mondo manifesto. Il concetto di passaggio e quindi transizione è ripreso dalla psicologia (evolutiva, dinamica, sistemica). Ogni fase della vita è soggetta a transizioni più o meno brusche da superare. Lo stesso cambiamento nel tempo ed evoluzione ciclica consente di afferrare l’importanza su tutti i piani del concetto di passaggio e quello di sbarramento ad esso ineluttabilmente associato. I culti misterici ci portano in modo del tutto sotterraneo ad un cambiamento sul piano mentale individuale. I culti sono intrisi spesso

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di sincretismo religioso (e ci portano alla concezione 1  MOLTI che più in la affronteremo). Ad esempio, la dea Iside viene così presentata nell’Asino d’oro di Apuleio: “Eccomi o Lucio, mossa alle tue preghiere, io la madre della natura, la signora di tutti gli elementi, l’origine e il principio di tutte le età, la più grande di tutte le divinità…colei che riassume in sé l’immagine di tutti gli dei e di tutte le dee, che col suo cenno governa le altezze luminose del cielo.. la cui potenza, unica, tutto il mondo onora sotto varie forme, con diversi riti e differenti nomi. Per questo i Frigi, i primi abitatori della terra mi chiamano Pessinunzia, Madre degli dei, gli Autoctoni Attici Minerva Cecropia, i Ciprioti circondatati dal mare Venere Pafia, i Cretesi arcieri famosi Diana Diotinna, i Siculi trilingui Proserpina Stigia, gli antichi abitatori di Eleusi Cerere Attica, altri Giunone, altri Bellona, altri Ecate, altri ancora Ramnusia, ma i due popoli degli Etiopi, che il dio sole illumina coi suoi raggi quando sorge e quando tramonta e gli Egizi, così grandi per la loro antica sapienza, venerandomi con quelle cerimonie che a me si addicono, mi chiamano con il mio vero nome, Iside regina”. L’Asino d’oro di Apuleio è una delle più antiche fonti misteriche che racconta esperienze iniziatiche in forma di racconto allegorico; dal ronde il termine “iniziato” e “iniziazione” rimandano a due termini greci “mystes” “mýesis” (dell’omonimo termine “mistero”). La “celebrazione dei misteri” è un modus che accomuna i culti misterici (dionisiaci, orfici,

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eleutini, mitraici, Isiaci) con quelli paleocristiani e cattolici odierni. Un filo rosso scorre sotto terra, un magma che collega in più punti e in modo del tutto insospettabile ogni zona della terra, venendo fuori dal cratere in certi periodi della storia talora con violente esplosioni; un’analogia che si presta bene ad interpretare i misteri che accomunano i culti e i miti di ogni età storica. Il Pater mitraico, celebrante i misteri di EaOannes, indossava il cappello frigio; così come nella fuga di Troia, nell’indicare un iniziazione, dunque un passaggio, il superamento di uno scoglio. La stessa etimologia della parola mistero (mysterion) è un mistero: la radice greca my- “chiudere la bocca” (myêin) (o gli occhi). Tanto che in Grecia il termine mitra significò anche cintura, benda, fascia, cuffia, oltrechè copricapo. Il berretto frigio contiene il simbolismo del rosso, un rosso cupo associato al notturno, al femminile, al segreto e quindi al mistero, il fuoco nascosto nella profondità della terra, ed è proprio nelle caverne sotterranee che si officiavano i riti di iniziazione, per esempio quelli di Cibele, quando gli iniziandi venivano calati in una fossa coperta da una grata e bagnati con il sangue del toro o di un ariete sacrificati sopra di loro. Per quanto riguarda i culti o religione misteriche vi è ancora molto da dire, ma un’analisi accurata non può prescindere dalla visione iconografica lasciataci dalle tracce storiche dei dipinti rimasti in Italia. Per esempio nella “Villa dei Misteri” a Pompei si sono conservati alcune pitture che con ogni probabilità sembrano raffigurare scene iniziatiche.

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Alcuni affreschi rappresentano Dioniso (Bacco) che celebra il vino, l’uva del quale è l’inventore e il rappresentante, con Arianna o Venere sulla parete in fondo. Compaiono Pan e Aura (Vento) con le quattro stagioni e poi elementi simbolici e “liturgici”come il tirso, l’alloro, il rosso che è il motivo dominante, le vesti che non servono per ricoprire ma per intensificare il movimenti a volte estatici, i riferimenti al cerchio e la quadrato tipici delle costruzioni a Pompei, come ad esempio nella Torre di Mercurio: il primo circuito difensivo fino a oggi scoperto era infatti costituito da un muro in blocchi di lava tenera che circondava tutto il pianoro su cui si sarebbe sviluppata Pompei. Non è stato scoperto l'intero perimetro di questo primo muro, ma uno dei tratti si trova esattamente in corrispondenza della Torre di Mercurio. Nei dipinti è inoltre costante la presenza delle “baccanti”; altre raffigurazioni ritraggono serpenti (vedi figura a pagina 43), strumenti musicali, anfore, corone.

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In questa raffigurazione sembra comparire Mercurio che lotta con i serpenti i quali assumono una posizione che ricorda il caduceo che tra breve illustreremo.

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IL Caduceo: una bilancia per affari spirituali 118

Ogni divinità regge in mano un bastone: il tirso, la fiaccola, il tridente, l’arco, simboli che riconducono alla via dritta o spirituale. Il bastone sotto mille forme, è un simbolo che percorre l’intera storia dell’umanità. È un simbolo ricorrente. Sotto forma di caduceo si ritrova in alcuni dipinti di Pompei; nelle mani dell’egiziano Anubi, il Greco-Romano Ermete-Mercurio, il fenicio Baal, Iside, Ishtar. Sotto forma di globo sormontato da una corona è un simbolo solare fenicio e ittita. Si ritrova in India e astrologicamente il caduceo simboleggia Mercurio. Il bastone o la verga è un simbolo comune ai maghi (sottoforma di bacchetta magica), ai pastori, ai sovrani (sotto forma di scettro), al Papa, ai capi tribù, e via dicendo. Si ritrova anche nei Tarocchi portato dal Matto, che in realtà è un iniziato, come tirso, un bastone sormontato da un viluppo d’erba, in forma di pigna, dal quale può pendere una benda annodata è il simbolo di Dioniso e Bacco ed è presente in Egitto, Fenicia, Grecia, Roma e fra gli ebrei).

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Il caduceo che sorregge Mercurio, sovente posto in tutte e due le mani rimanda a diversi concetti legati da una logica interna. In primo luogo l’incontro dello sguardo tra i due serpenti ha a che fare con le cure omeopatiche, nel senso di curare il male con il male. Denota l’unione di due forze simmetriche e secondo la tradizione cabalistica per un’unione perfetta i due si devono guardare in faccia. Il mio intento è quello di capire attraverso l’utilizzo e la ritualità del copricapo da un lato e del bastone dall’altro come i vari simboli trovino dei punti di interscambio passando da un uso ad un altro o da una religione ad un'altra, e così via. Come cioè sia conservata nell’estrema varietà e uso/simbolismo di un oggetto la sua natura fondamentale legata a riti o codici che si perdono nella notte dei tempi. Molti simboli, soprattutto alchemici, dei tarocchi, ermetici, conservano un significato inalterato che solo un iniziato sa gestire. Ma attraverso un confronto di testi, opere e saperi, possiamo da “profani” carpire alcuni misteri e farne parte in un gioco psicologico di maschere e identità. Due sono, in particolare i simboli connessi all’uomo che ne denotano le sue caratteristiche sviluppate e sono proprio il bastone e il cappello. Già gli uomini primitivi usavano il bastone come arma, la clava. In ogni epoca e in diversi luoghi l’uso del bastone e del cappello ha segnato determinate fasi con un simbolismo che sempre si rinnova.

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Diverse sono le opinioni sul significato del Caduceo, fondate anche sull’etimologia del termine (dal greco Kerύkeion, oggetto appartenente ad un eroe). Il caduceo, come riporta Coria (1994) è emblema della nascita dell’uomo (le due serpi congiunte rappresentano l’amore), della concordia (l’unione può sussistere anche tra due esseri perversi e crudeli) o infine del commercio (emblema mercuriale). In araldica rappresenta pace e amistà. Ancora oggi il suo uso è prettamente associato all’immagine della farmacia che è nata dopo l’alchimia. Il caduceo compare in molte tradizioni esoterico-religiose. Si farebbe addirittura risalire al 2600 a.C. Lo si è infatti ritrovato presso gli assiro-babilonesi, in alcuni papiri dell'antico Egitto e su una coppa ritrovata nell'antica città mesopotamica di Lagash. Veniva talvolta rappresentato anche sui monumenti egiziani costruiti prima di Osiride. Lo ritroviamo anche nella Sumeria (Shumer o Mesopotamia occidentale) e nell'India, inciso su pietra. Senza dubbio il caduceo esprime in sé una tensione bipolare e antinomica espressa dall’asta o axis mundi e dalla contrapposizione dei due serpenti (animali di terra) e delle due ali (che indicano il cielo). Ritroviamo infatti lo stesso scenario nella simbologia del Serpente Piumato o Quetzalcoatl, divinità del Messico precolombiano, che diede origine all’età dell’oro del Messico. Il simbolo del caduceo è anche assimilabile a quello cella croce che lo sovrintende, di cui parleremo dopo.

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Il simbolo del caduceo rimanda a parecchi livelli di analisi: storiografica, mitica, astrologica e astronomi- ca, ermetica ed alchemica, fisiologica, metafisica, psicologica, antropologica, solo per citarne alcune. Astronomicamente la testa e la coda dei due serpenti rappresentavano i punti dell'eclittica in cui il Sole e la Luna si incontrano, quasi in un abbraccio; metafisica- mente, invece, il caduceo rappresentava la discesa della materia primordiale nella materia grossolana; fisiologicamente rappresentava le corren- ti vitali che scorrono nel corpo umano, dove il bastone centrale rappresenta la spina dorsale con le energie vitali (serpenti) che l’attraversano: energie che sono comunque bipartite, come ad indicare due piani d’azione, come per esempio conscio/inconscio; anima/corpo o mente/corpo; oppure due principi contrapposti come nella migliore tradizione alchemi- ca. Il caduceo è il conciliatore degli opposti per antonomasia, è armonia. L’unione allusa dallo sguardo dei due serpenti porta allo Spirito, o ad una condizione di armonia superiore rappresentata dalle ali: questo potrebbe essere uno dei tanti messaggi del simbolismo del caduceo. Messaggio che si può cogliere anche in altri sistemi simbolici connessi in vari modi al Caduceo di Ermete e cioè la stretta analogia tra il sistema della Kundalini e l’Albero della Vita della Qbbalah, o lo schema generale della Grande Opera dell’Alchimia, tanto per citare i più conosciuti. Tutti i grandi sistemi esoterici di ogni parte del mondo e delle varie epoche presentano profonde similitudini, ed è proprio nelle

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immagini che si può intravedere la sottile linea rossa che unisce in senso orizzontale il sapere millenario raggiunto dall’uomo ed in senso verticale la ricongiunzione tra ciò che è materiale e ciò che invece va oltre il dato spaziale e temporale. A proposito di parallelismi è interessante notare come l'antichissima divinità egizia Anubi, protettrice dei defunti, veniva a volte rappresentata con in mano un caduceo. Anche Ermete Psicopompo accompagnava le anime dei defunti nell’Ade, faceva cioè da intermediario tra questa e l’altra vita. Come si sa i serpenti sono caratteristici per il loro mutamento della pelle. A livello simbolico e soprattutto iniziatico il “cambiare pelle” significa rinascere a nuova vita. Come abbiamo visto il serpente si ritrova associato alla farfalla, come principio di metamorfosi nel culto di mitra, e ciò non a caso. Come è riportato in vari testi storiografici prima che al Mercurio dei romani, il Caduceo venne attribuito come emblema ad Ermete Trismegisto (trismegisto significa "tre volte saggio"), mitico progenitore dell'arte magica tradizionale, intesa come nobile sintesi del sapere universale in ogni sua applicazione: medicina, legge morale, religione, filosofia, matematica, scienze naturali e via dicendo. Dal nome di Ermete Trismegisto scaturisce il termine ermetismo per indicare la conoscenza iniziatica, il cui apprendimento richiede studio profondo e dedizione. Il mito di Ermete risale alla civiltà egizia più remota. Fu ripreso dalla mitologia greca che ne trasse il dio Hermes, poi divenuto il Mercurio dei romani.

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Il Caduceo simboleggia in senso lato l'enigma della complessità umana e delle sue infinite possibilità di sviluppo. Jung ed il suo allievo Henderson decodificano il Caduceo come veicolo emblematico di un ancestrale messaggio di liberazione e guarigione. Tornando al dipinto del Figurarum aegyptiorum secretarum e rivista alla luce di tali concetti si può affermare come suggerisce una frase che ben si adatta a tale opera: >. Ma qual è il segreto? Ed inoltre qual è il senso delle tre spire e mezzo che compiono i serpenti nell’attorcigliarsi al pilastro o bastone centrale? E quale mistero nasconde lo sguardo sincronico dei due serpenti contrapposti? Notiamo sempre nei dipinti o negli stessi simboli alchemici ed esoterici una tensione verso l’alto, un’aspirazione verticale. Il “basso” di un’opera indica i contrari, l’ “alto” la pacificazione degli opposti. Per esempio in alcune rappresentazioni legate al culto di Mitra, tanto per fare un esempio la coppia antitetica Toro – Leone è posta alla base della facciata di una tomba. I due animali corrispondono alle divinità Attis e Ponto ed occupano perciò il livello inferiore della triade. Salendo verso l’alto della facciata compare il rilievo di due leoni in lotta fra loro e più sopra una coppia di leoni tranquilli e amichevoli. Questi quattro leoni non sono un soggetto puramente decorativo perché compaiono con gli stessi atteggiamenti in altre tombe ed il

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messaggio che se ne può trarre, tenendo conto dell’insieme della facciata, è che la direzione ascendente porta ad un processo di armonizzazione del conflitto in cui incorrono i contrari. A livello sociale, o di inconscio collettivo è frequente il modo di associare una divinità, lo stesso Dio a un livello sopraelevato rispetto al piano terrestre: in cielo. Le rappresentazioni cosmogoniche di molte culture prevedono tale dislivello: ciò che sta in alto è la meta da raggiungere. Una tensione, quindi, che da sempre ha portato l’uomo a capire i misteri di tutto ciò che sta al di sopra di lui. Anche i riferimenti temporali sono suscettibili di essere posti in qualche punto “dietro” (passato) o avanti “futuro”. Molti sarcofagi egizi sono fatti in modo che il profilo del personaggio rappresentato guardi avanti, verso il futuro, data la loro concezione della morte come passaggio da una vita all’altra. Oppure la tensione verticale delle piramidi di cui abbiamo già parlato. Ciò che è dicotomico è dunque materiale, terreno, basso; il principio che invece riunisce in sé i contrari è “superiore”, celeste e quindi al di “sopra” dell’essere umano il quale anela a raggiungerlo. Oppure, l’uomo in fondo tende a raggiungere le stelle, dalle quali tutto sommato deriva, è anteriore, e verso le quali il suo spirito tende. Come anche il suo corpo, visto che siamo nell’era dei viaggi spaziali. L'iniziazione é stata definita come
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