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Prefazione Ogni conflitto, da che mondo è mondo, ha i suoi lati nascosti e misteriosi. Questi segreti sono una componente essenziale, quando popoli, stati nazioni, decidono la continuazione della politica prendendo le armi, come sosteneva von Klausewitz. Alcune di queste segretezze sono state prontamente rivelate dagli stessi autori, altri saranno poi conosciuti per il minuzioso lavoro di ricerca degli addetti ai lavori, infine, personalmente, anche se parecchi archivi statali sono stati aperti agli studiosi e ricercatori, ritengo la maggior parte di questi misteri sono ancora tali e chissà per quanto tempo lo rimarranno. In questa vicenda del bunker di Via Lazzaretto, notare la coincidenza della parola bunker che evoca tristi ricordi, con il nome di questa via, un nome che ricorda sofferenze, patimenti, lutti di manzoniana memoria, l’autore Mario Colombo, racconta con agilità e precisione, la storia di questo manufatto, costruito nel 1944 dalle forze di occupazione tedesche. Queste strutture ora, ricuperate e ripristinate, sono da considerarsi delle vere opere d’arte d’archeologia bellica. L’amico Colombo, con la consueta raffinata abilità del ricercatore scrupoloso ed attento, narra la storia di questi “mattoni”. A cosa serviva quest’opera? Il racconto si snoda avvincente, addirittura pare che siano gli stessi muri a raccontare la loro storia, però, essi per pudore o per una sottile presunzione, nascondono ancora qualche segreto. Queste pietre, che avrebbero dovuto autodistruggersi, non lo fecero, perché? Fu l’uomo che non commise quell’atto finale, oppure furono loro stesse che lo impedirono? Poeticamente voglio pensare che furono quei muri ad impedire l’autodistruzione, essi aveva assistito all’aspro combattimento dove i Patrioti della “Garibaldi” e della “Costanzia” di Costigliole sconfissero il presidio tedesco, entrambe le parti ebbero morti e feriti, e quei muri decisero che il loro compito era di restare lì a testimoniare la lotta per la libertà della propria terra. Facciamo che quella costruzione bellica, diventi vigile scolta della nostra Patria, della libertà, della pace. Chi morì per quelle pietre, amici o nemici, ora riposano nella pace eterna, affratellati nel nome di Dio. A Mario Colombo, un grazie per queste Sue ricerche, sempre improntate all’etica e ad una straordinaria obbiettiva sensibilità, che nasce da un cuore generoso. Giovanni Cuomo (Redattore de “La Voce del C.I.F.R.)
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IL BUNKER DI VIA LAZZARETTO Situato in Valle Olona tra i confini di Marnate, Olgiate Olona e Gorla Minore, questa imponente struttura si sviluppa su una superficie di 143 Mt. con un’altezza di Mt. 2,20 e una larghezza di Mt. 1,80 con quattro aperture per il suo accesso, con all’interno una scaletta in cemento armato che si collega al fortino costruito sopra il bunker. Quest’opera costruita dai tedeschi tra luglio e settembre del 1944, fu conquistata dai Patrioti il 26 aprile 1945 dopo un aspro combattimento sostenuto con il presidio tedesco lì asserragliato, cinque furono le perdite tedesche mentre i Garibaldini ebbero una sola perdita il Patriota Carlo Moltrasio di Fagnano, e due feriti lievi. Dopo la resa dei tedeschi, i partigiani, ispezionando il Bunker, lo trovarono completamente vuoto ma dotato di un potente dispositivo per la sua autodistruzione. Su questa strana opera per circa sessanta anni si sono fatte molte ipotesi per poter riuscire a capire lo scopo della sua costruzione, ma purtroppo non si è mai arrivato ad una conclusione logica. Molti lo indicarono come un rifugio antiaereo ma esaminando il tutto ciò era impensabile, sia per la capienza della struttura, (se costruita come rifugio poteva ospitare circa quattrocento persone ), mentre il personale addetto al comando era un numero esiguo, (i Tedeschi presenti al comando di Olgiate Olona erano una decina, e pur, comprendendo i civili, e gli addetti al magazzino non si andava oltre le venticinque persone). Considerando che al suo interno vi era collocata una bomba da 700 Kg. pronta ad esplodere per distruggere il Bunker, e alla superficie un fortino per difenderlo, è abbastanza impensabile avvallare l’ipotesi che questa struttura fu costruita con lo scopo di proteggere delle persone. Solamente ora, dopo sessant’anni e grazie alla collaborazione del Tenente Aldo Icardi dell’O.S.S. (Office of Strategic Service) americano, paracadutato nel settembre 1944 dietro le linee nemiche sul Monte Mottarone al comando della Missione Chrysler con il compito specifico di catturare vivo Mussolini e consegnarlo al comando alleato, Icardi stabilitosi a Busto Arsizio, ebbe l’occasione di seguire e raccogliere informazioni proprio su questa strana opera, che all’epoca era in corso di realizzazione, (attraverso la visione dei suoi rapporti oggi disponibili presso gli archivi americani ) è stato possibile ricostruire la storia e lo scopo della costruzione di questo Bunker. Come risulta il tutto si collegava ad un progetto studiato dal comando tedesco per il recupero dell’oro estratto dalle miniere aurifere di Macugnaga. L’operazione fu ideata dal Gen. SS Karl Wolff comandante in capo delle SS tedesche sul territorio italiano, che affidò il compito al capitano delle SS Joseph Voettler (Voettler nato in Austria novantenne tutt’ora vive in ottima salute a Canon City, Colorado 81212 U.S.A.) comandante del pre-
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sidio tedesco delle SS a Cernobbio provincia di Como, presidio creato per conto della Gestapo per avere un controllo diretto sulla frontiera Italo-Svizzera e anche per garantirsi una via sicura per l’esportazione in Germania delle merci e dei macchinari requisiti dal RuK (Rustung und Kriegsproduktion) nel Nord Italia. (E’ importante notare che Voettler, oltre ad essere ufficiale delle SS alle dirette dipendenze del gen. Wilhelm Harster responsabile della Gestaop in Italia, collaborava anche con l’Office Strategic Service del Tenente Emilio (Mim) Daddario con sede a Lugano.) Il Cap.Voettler fu anche incaricato dal Gen. Wolff di trovare in Svizzera una ditta per la distillazione dell’amalgama aurifera, questo permetteva di poter eventualmente inviare il materiale semilavorato direttamente oltre confine. Voettler progettò di effettuare il trasporto su ferrovia poiché su camion le fu sconsigliato sia per evitare di essere intercettato dagli aerei che quotidianamente controllavano la zona con due “Spitfire” denominati dalla popolazione locale “Pippo”, sia per non entrare con dei camion tedeschi attraverso la frontiera Svizzera e quindi creare dei problemi diplomatici. Il Cap. S.S.Voettler trovò così una soluzione alternativa, progettò di inviare questo materiale a Mendrisio usando la ferrovia della Valmorea ritenuta una via secondaria, percorsa da treni ad orari irregolari e quindi difficile per gli aerei da tenere sotto controllo. Dopo vari sopraluoghi in zona, il Cap. Voettler trovò la soluzione ideale presso il comando tedesco di Olgiate Olona, situato a pochi metri dalla stazione ferroviaria di Prospiano, dalla quale il materiale depositato poteva essere mandato con facilità a secondo delle esigenze che si creavano, sia a Milano che direttamente a Mendrisio. Sottoposto il progetto al Gen. Karl Wolff, questi lo approvò immediatamente e contemporaneamente ordinò la costruzione di un Bunker presso il comando tedesco di Olgiate Olona per la protezione del materiale. L’opera di costruzione fu affidata al Gen. Hans Leyers1 su esplicita richiesta del Cap. delle SS Joseph Voettler. Hans Leyers era il responsabile del RuK (Rustungs und Kriegsproduktion), organo per il controllo dell’armamento e della produzione bellica della Repubblica Sociale Italiana con sede a Como e con rappresentanza a Milano in Foro Bonaparte presso l’edificio Montedison. Per la costruzione del Bunker il Gen. Hans Leyers, chiese la collaborazione del genio militare tedesco specializzato in opere di difesa, all’epoca impegnato presso la zona del Brennero; questa unità paramilitare si mise immediatamente all’opera ed i lavori furono eseguiti con la massima celerità, la maestranza fu reclutata con abbondanza sul luogo (vedi documento allegato) e solo dopo due mesi di intenso lavoro, scavando all’interno del terreno sottostante Marnate, rimovendo circa seicento metri cubi di materiale, il bunker era pronto per ricevere i primi quantitativi della preziosa merce. 1
Gen. Hans Leyers ( 1896/1961 ), di lui non esiste nessuna traccia di quello che abbia fatto o dove sia vissuto dalla fine della guerra alla sua morte, nell’anagrafe del suo paese nativo vi è registrata solo la data di nascita e quella della morte. Laureato in ingegneria e amico personale di Speer, negli anni 40 fu inviato in Italia dallo stesso Speer come suo plenipotenziario alla direzione del RUK per requisire e inviare in Germania gli apparati industriali del Nord Italia. In Italia Leyers si dimostrò un raffinato esperto nell’arte del doppio gioco, in apparenza era una personalità molto temuta ma diede protezione ad ebrei e a famiglie facoltose lombarde, come i Crespi del Corriere della Sera, i Borletti, i Mozzoni, salvò il famoso pianista Von Karajan ricercato con la moglie dai nazisti. Leyers si dimostrò un uomo amante della bella vita più dell’ideologia nazista e della divisa che indossava, pensava solo a mettere in cassaforte il proprio futuro appropriandosi personalmente di oggetti d’arte requisiti in varie ville sul Lago di Como, va ricordato l’ingente patrimonio artistico sottratto dalla villa dell’ebreo Oscar Morpurgo a Cassina Rizzardi nei pressi di Fino Mornasco, il cui valore all’epoca era da considerarsi inestimabile, questo tesoro lo trattenne personalmente Leyers. A Como, tra un pranzo di gala e un ricevimento, Leyers ebbe un’amante con la quale trascorreva il suo tempo libero sul lago a Villa d’Este. Fu arrestato assieme al Maresciallo Graziani, a Como il 30 aprile 1945 dal Capitano Italo-Americano Emilio Daddario.
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Foto d’epoca anni 40 – scattata sul tratto tra Marnate e la stazione di Prospiano Sullo sfondo si nota la struttura della ditta “Sanitaria - Ceschina “
Sulla sinistra si nota l’entrata del Bunker, al centro la Stazione F.N. di Prospiano e sulla destra il palazzo del Comando Tedesco.
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Documento inviato al Comune di Olgiate Olona dalla ditta incaricata per la costruzione del Bunker, come si nota, questa azienda chiede di reclutare del personale abile da impiegarsi nei lavori, si presume, di costruzione del Bunker. Questo documento è stato intercettato dai Servizi Segreti alleati residenti a Busto Arsizio. (è possibile che lettere del genere siano state inviate anche ad altri comuni limitrofi.) (come si nota dal codice di posta militare M 03715 B si è certi che la lettera proviene dalla zona del Brennero) (copia dell’originale Archivio M. Colombo)
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Per la trasformazione finale del fango aurifero in lingotti, il Cap.Voettler prese accordi con la ditta AMMI (Azienda Minerali Metallici Italiani) con sede a Milano via Mercalli 18. Ottenuti i lingotti, questi dovevano essere inviati a Marnate, custoditi al sicuro nel Bunker, e a tempo debito inviati a Mendrisio in Svizzera, via Valmorea, oppure causa i bombardamenti che ormai avvenivano quotidianamente su Milano, si tenne in conto anche la possibilità di inviare il fango semilavorato direttamente da Marnate in Svizzera, sempre via Valmorea – Mendrisio, dove lì Joseph Voettler aveva già preso contatto con una ditta chimica per trasformarlo in lingotti.
Sesto Calende – Sulla destra il ponte distrutto dai bombardamenti alleati, al centro il ponte su barche e sullo sfondo a sinistra Villa Angela sede del Comando tedesco. I treni facevano capolinea al ponte e i passeggeri attraversavano a piedi il ponte su barche. Per il trasporto del materiale da Macugnaga a Marnate vi era un’unica possibilità, il trasporto su camion di media portata, poiché il ponte sia ferroviario che stradale di Sesto Calende, Oleggio e quello di Turbigo, gli unici che univano la sponda Lombarda a quella Piemontese erano completamente distrutti dai bombardamenti alleati, le due sponde rimanevano unite solo da un ponte provvisorio costruito su barche presso Turbigo, ponte percorribile solo con automezzi di piccola capienza, e da un secondo ponte provvisorio a Sesto Calende costruito anch’esso su barche e percorribile solo da pedoni, pertanto il trasporto poteva avvenire a singhiozzo quando era possibile e solo sul ponte di Turbigo controllato a sua volta giorno e notte dagli aerei alleati. Quando il tra-
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sporto riusciva, si doveva poi depositare il carico presso il Bunker, luogo sicuro e protetto, pronto per destinarlo via ferroviaria sia a Milano che oltre confine in Svizzera. Ultimata a tempo di record la costruzione del Bunker, i tedeschi si trovarono di fronte al problema non calcolato della perdita di Macugnaga, avvenuta con la conquistata da parte delle formazioni Partigiane di tutto il territorio Ossolano creando la famosa Repubblica Partigiana dell’Ossola (nata tra settembre/ottobre 1944). Questo imprevisto rese impossibile il recupero di questi fanghi auriferi poiché Macugnaga era sotto il controllo delle formazioni partigiane. I tedeschi dovettero attendere che la zona fosse nuovamente rioccupata dalle loro truppe. Questo avvenne poco tempo dopo esattamente al 10 ottobre 1944 con largo spiegamento di mezzi e di uomini, le truppe tedesche e fasciste rioccuparono il territorio, decretando anche la fine della Repubblica Partigiana dell’Ossola. Il Gen. Hans Leyers pensò immediatamente al recupero del fango aurifero di Macugnaga e recatosi personalmente sul posto ispezionò le miniere, con grande sorpresa trovò gia pronti confezionati 85 fusti metallici,2 contenenti circa 25 Kg. cadauno di fango aurifero secco e semilavorato, per un totale di circa 2.120 Kg, da questo quantitativo si poteva ottenere circa 250 Kg. di oro puro: attualmente si può calcolare in un valore di tremilionicinquecentomila Euro, inoltre trovarono anche un altro fusto contenente due lingotti d’oro: uno del peso di Kg. 10,427 e un secondo del peso di Kg. 7,03. Quest’ultimo, fu ritrovato sempre a Macugnaga, sotto una catasta di legna nel garage della villa di proprietà del dott. Livio Cerini Visconte di Castegnate (Castellanza) dove all’epoca era istallato un comando Partigiano. Inventariato il tutto, il 14 ottobre Leyers ordinò il sequestro di questi 85 fusti più quello contenete i due lingotti d’oro e ordinò che fossero trasportati presso il deposito centrale di Olgiate Olona (Bunker di Marnate).3 Mussolini infor2
– Questi 85 fusti furono nascosti dal Partigiano Tagliamacco Gianpietro detto “Greco” Comandante della Brigata Autonoma “Stefanoni”, con l’intento di portare tutto oltre confine in Svizzera, per poi riportarlo in Italia a tempo debito. Tagliamacco, originario di Sartirana dove è nato, in età adulta si sposta con la famiglia in Val d’Ossola, trova lavora nelle miniere di Lavachetto e Pestarena, di cui diventa caposquadra, dopo l’otto settembre entra nella resistenza, durante la vita partigiana assumerà varie identità, “Greco” “Belli” e “Marcello”. 3 – Va ricordato che durante la breve vita della Repubblica Partigiana dell’Ossola tra le formazioni partigiane di ispirazione cattolica e comunista si aprì una lotta aperta per avere il sopravvento sulla produzione aurifera delle miniere, come Icardi scrive nel suo libro edito nel 1954 “American Master Spy” a pag. 51 si può leggere” I democristiani misero in giro la storia che Moscatelli[…] aveva rubato un enorme quantitativo di oro che i fascisti avevano nascosto in un piccolo paese della Valdossola [….]) Moscatelli aveva saputo per caso dov’era situato ed aveva effettuato un” pacifico colpetto”, aveva preso l’oro portandolo via, senza dividerlo con le altre formazioni Partigiane. E la storia era diventata una complicata favola senza che nessuno avesse alcuna prova per sostanziarla”. Da un altro lato vediamo un volantino diffuso nel settembre 1944 con scritto: C.L.N. Comando Unificato Divisioni d’Assalto “Garibaldi” della Valsesia – Ossola – Cusio – Verbano. Tribunale Militare Interdivisionale – Sentenza: Il Tribunale Militare riunitosi il 15 settembre 1944 per deliberare in nome del C.L.N. a carico di Tagliamacco detto “Greco” di cui si ignorano le esatte generalità, accusato dei seguenti reati: [….] 5°) Furto di materiale prezioso di proprietà del Comitato di Liberazione Nazionale. 6°) Diffamazione delle Formazioni patriottiche e dei loro Comandanti all’estero.. ecc. […..] Decreta per il nominato Tagliamacco detto “Greco” la pena di morte mediante fucilazione alla schiena [….] Il Tagliamacco fuggirà dalla Val d’Ossola si ritirerà a Milano e poi a Busto Arsizio, protetto dal Commissario politico dell’”A. Di Dio” Luciano Vignati. Alla liberazione lo troviamo come comandante nella zona di Novara della Brigata Ticino del Ragg. “A. Di Dio” con il nome di battaglia “Marcello Belli” ( il documento si trova presso INSMIL, Fondo C.V.L., b. 38. fsc. 2, sf. 2 Cfr. A.D., doc. 5.
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mato di questa operazione, intervenne con un ordine scritto indirizzato al Gen. Karl Wolff nel quale specificava che l’oro era di proprietà della R.S.I. e quindi doveva essere consegnato al Governo della Repubblica Sociale Italiana. Con questo Mussolini ottenne il blocco dell’operazione e il recupero del materiale. (attualmente la lettera originale è depositata a Roma presso l’Archivio Centrale dello Stato, carteggio segreto R.S.I. fascicolo 459, busta 45 Segreteria Particolare del Duce. Il documento fotografato dall’O.S.S. statunitense è depositato in copia presso l’archivio N.A.R.A. National Archives and Records Administration -Washintot D.C. 20408 registrato con il N. 040034.)
Come si presentava l’entrata dei bunker in origine (foto del 1948.)
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Il percorso progettato dal Cap. Voettler per portare il materiale dal Bunker di Marnate a Mendrisio tramite ferrovia.
Foto scattata il 26 aprile 1945 – si nota al N. 1 la sagoma mimetizzata del fortino tedesco – N. 2 Sede del Comando tedesco – N. 3 entrata dei Bunker (foto M. Colombo)
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# 1 – Salita per Prospiano, Via Raimondi # 2 - Percorso interno del Bunker, sviluppo totale
Mt. 143 - # 3 – via Lazzaretto per Marnate - # 4 – Stazione F.N. di Prospiano - # 5 – Sede del Comando tedesco – # 6 - Complesso del presidio tedesco - # 7– Punto in cui cadde il Patriota Carlo Moltrasio
La 102^ Br. Garibaldi dopo la conquista del presidio tedesco, nel riquadro il Patriota Carlo Moltrasio caduto in combattimento il 26 aprile 1945.
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Il Gen. Karl Wolff5 è così costretto a deviare la spedizione gia pronta per Marnate, la invia a Monza e consegnerà i fusti al Gen. SS Willy Tensfeld 5con l’incarico di restituirli al Governo della Repubblica Sociale Italiana. Si apprenderà in seguito, che questi fanghi auriferi furono trasformati in lingotti a Milano e depositati dal Governo della R.S.I. presso la Sede Centrale della Banca d’Italia in Milano, saranno recuperati, dopo la liberazione, dal Governo della Repubblica Italiana, mentre i due lingotti saranno ritrovati nel 1946 presso una Banca del Garda, identificati per la sua anomala composizione dallo stesso analista chimico che all’epoca lavorava presso la miniera di Macugnaga e che era in possesso dei dati della composizione, avendo lui stesso analizzato quei lingotti nel laboratorio presso la miniera di Macugnaga, (avevano un basso titolo causa presenza di una forte percentuale di zinco, ferro e rame). Con questo possiamo concludere, che se Mussolini non avrebbe scritto quella lettera, i nostri Patrioti al 26 aprile del 1945, avrebbero trovato nel Bunker di Marnate dei fusti con la polvere aurifera, oppure con grande sorpresa dei lingotti d’oro.
Da sinistra il Gen. Karl Woulff con il Gen Willy Tensfeld nel Campo di prigionia N. 11 sull’Isola di Farm in Gran Bretagnia 4
-Karl Friedrick Otto Wolff - Nato a Darmstant, Germania il 13 maggio 1900- deceduto a Rosenheim, Germania il 17 luglio 1984. Fu un importante membro del Partito nazista e delle S.S., raggiunse il grado di S.S. – Obergruppenführer e Generale delle Waffen – SS. Nel 1931 si trovò a capo dello Stato Maggiore di Himmler nel 1939 venne anche nominato ufficiale di collegamento tra Himmler e Hitler. Wolff divorziò nel 1943 dalla prima moglie e decise di risposarsi. Per questo venne allontanato e inviato in Italia in qualità di Governatore Militare e di Comandante supremo delle SS e della Polizia nel Nord d’Italia. Nel maggio 1945 Wolff negoziò la resa con gli Alleati di tutte le forze tedesche operanti in Italia, fu deportato in Gran Bretagna e internato nello Special Camp 11 sull’Isola Farm, subì vari processi fu condannato anche per aver preso parte alla deportazione di 300.000 ebrei verso il campo di Treblinka, fu rilasciato nel 1971 per motivi di salute. Dopo la scarcerazione Wolff continuò a vivere in Germania Federale dove morì nel 1984. 5 – Willy Tensfeld- SS- Brigadeführe und Generalmajor der Polizei – nato il 27 novembre 1893 a Bernhoeved Germania morto il 2 settembre 1982 ad Hamburgo (zona Britannica). Partecipò alla campagna di Russia 1941/1942 in qualità di comandante in capo delle SS, dal gennaio 1943 fu trasferito in Italia con incarichi di polizia speciale presso il comando del Gen. Wolff, dal 23 gennaio 1944 al 30 aprile 1945 è capo supremo della SS Polizei “Oberitalien West” con il quartier generale, prima a Bologna ed in ultimo a Desenzano. Il 15 febbraio 1945 su raccomandazione del gen. Karl Wolff fu insignito della Croce d’Oro Tedesca, la più alta riconoscenza militare tedesca, con la motivazione: “Per aver guidato con successo l’operazione in Domodossola contro 6.000 partigiani italiani con una forza di soli 3.000 soldati tedeschi e fascisti –Ottobre 1944”. Arrestato dai Partigiani il 30 aprile 1945 a Monza fu internato in Gran Bretagna sull’Isola di Farm nel Campo 11, il medesimo di Wolff.
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Veduta interna del Bunker di Via Lazzaretto
Corridoio centrale del Bunker
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Veduta interna del Bunker- Ricostruzione dell’impianto per l’autodistruzione, è visibile la bomba da Kg. 700 (Foto Collezione M. Colombo)
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Grafico che ricostruisce la scaletta, che
dall’interno del bunker portava in superficie verso il fortino, oggi non più visibile, causa caduta detriti
Grafico completo della struttura del Bunker – N. 1 Fortino per la difesa dell’impianto N. 2 scaletta interna che porta al Bunker – N. 3 indica le quattro aperture di accesso
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IL RECUPERO DEL BUNKER La struttura del Bunker viene recuperata nel maggio del 1991 per iniziativa dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia sezione di Gorla Minore. Col passare degli anni erano sparite le quattro vie di ingresso, era solo in parte percepibile l’entrata n. 3 del Bunker; abbiamo iniziato a liberare l’entrata n. 3 e, dopo aver rimosso la vegetazione e vari detriti che la ostruivano, muniti di maschere di ossigeno per eventuale mancanza di aria, siamo entrati e ci siamo trovati davanti ad un immenso tunnel che si snodava per un centinaio di metri. E’stato cosi possibile realizzare una mappa del bunker. Abbiamo con il tempo rimosso tutti i detriti dell’entrata N. 2, che oggi è l’entrata principale, mentre l’entrata N.1 e la N.4 sono tutt’ora chiuse in quanto è impossibile liberarle perché troppo ostruite.
Mario Colombo con Emilio Piatti
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All’interno del bunker Mario Colombo con Pasquale Vignati
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