i Saperi Del Tradurre - Capitolo i
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LE NOZIONI DI SIGNIFICATO E DI SENSO IN TRADUTTOLOGIA TRA STORIA, TEORIE E APPLICAZIONI. 1. Il circolo ermeneutico del significato e della traduzione. Nell’ambito della Teoria della Traduzione si è posta grande attenzione al problema della natura del significato e del senso in quanto questi due elementi sono talmente connessi all’atto del tradurre che il pensiero traduttologico non può prescindere da essi. La prima teoretizzazione del rapporto tra significato e traduzione si deve a Schleiermacher il quale pone questi due elementi sul piano teorico in un rapporto di tipo associativo nella misura in cui essi interagiscono nella visione ermeneutica dell’atto della comprensione. Schleiermacher considera il significato come proprietà della lingua e pone il problema della sua comprensione, perché esso possa essere condiviso sia tra i parlanti all’interno della stessa lingua sia da parlanti lingue diverse. Secondo Schleiermacher la comprensione è un processo ermeneutico che racchiude in sé i molteplici e multiformi aspetti del sapere sia linguistico che extralinguistico. In tal senso, il linguaggio non è più un postulato del pensiero ma è il mezzo ultimo di tutte le relazioni dell’uomo verso se stesso, verso gli altri e verso il mondo. Secondo Schleiermacher, il parlante opera continue trasposizioni dovendo mediare tra condizioni linguistiche differenti anche all’interno della stessa lingua riguardo alle varietà dialettali, alle varietà dell’uso sociale della lingua, ma anche riguardo alla diversità degli stati d’animo. Praticamente il parlante è sempre nella condizione di dover tradurre per comprendere o per far comprendere. Questa cosa egli la fa intuitivamente all’interno della comunicazione endolinguistica. L’analisi del significato si sviluppa, a questo punto, nella dimensione dell’attività del tradurre legata alle due grandi tipologie della testualità: i testi che attualmente definiamo della comunicazione di servizio e i testi della comunicazione scientifica e artistica. Sono le differenze dei contenuti tra le due tipologie testuali che permettono a Schleiermacher di entrare nel merito della natura del significato. I significati che appartengono alla prima categoria di testi sono facilmente comprensibili perché designano le cose per come sono nella realtà, mentre i significati della seconda categoria richiedono l’intervento approfondito dell’ermeneutica in quanto sono espressione delle idee o della modalità individuale dell’esprimersi. Pertanto Schleiermacher distingue tra traduzione orale o interpretariato e traduzione scritta o traduzione vera e propria, in base alla diversa natura del significato tracciando così la prima differenza tra testi con terminologia e testi in cui le parole hanno un alto valore evocativo. E’ dunque l’uso stabile delle parole a rendere la traduzione una prassi scorrevole e priva di dubbi, ma quando il significato si sgancia dalla sua funzione referenziale preminente per esprimere la rappresentazione del mondo dell’artista o dello scienziato, allora la traduzione vera e propria diventa una prassi molto più complicata. In questo caso entra in gioco il duplice rapporto (del parlante) con la lingua. La competenza da parte del traduttore del duplice rapporto con la lingua consiste nel sapere che la lingua domina chi la usa e che il parlante tuttavia domina a sua volta la lingua plasmandola e adeguandola ai suoi intenti espressivi. Il compito del traduttore si presenta dunque molto arduo, in quanto egli deve interpretare lo spirito della lingua nella quale lo scrittore originale si esprime e al contempo comprendere e trasmettere in un’altra lingua l’individualità espressiva dello scrittore straniero. Schleiermacher stesso ritiene che la traduzione che riesca ad esprimere il duplice rapporto della soggezione/libertà di una specifica lingua storica in un’altra lingua storica è impresa impossibile. Il processo ermeneutico del tradurre non potrà che seguire le strade anguste e limitate della parafrasi o dell’imitazione. Per quanto riguarda la parafrasi questa è rigettata da Schleiermacher il quale la ritiene alla stessa stregua della traduzione parola per parola. Secondo Schleiermacher, chi ricorre alla parafrasi tratta gli elementi delle due lingue come se fossero segni matematici il che impedisce che venga alla luce tanto lo spirito della lingua trasformata, tanto quello della lingua originaria. Per quanto riguarda invece il rifacimento, il traduttore in questo caso si rende conto che i significati singoli dell’opera letteraria non potranno mai essere resi con quelli di un’altra lingua, e quindi rielabora con mezzi diversi, propri della lingua in cui traduce, i contenuti del testo originale. In tal modo il compito del traduttore si assolve nel tendere a creare una traduzione che produca sul suo lettore lo stesso effetto che l’originale produce
sui propri lettori. Secondo Schleiermacher, in questo caso per salvare l’uguaglianza dell’impressione, ci si rassegna a perdere l’identità dell’opera. Il pensiero teorico di Schleiermacher è in piena consonanza con la filosofia dello spirito, per cui assume in esso particolare rilievo il postulato dello spirito della lingua che riflette, ed è espressione, dello spirito della nazione. Secondo questa chiave di lettura, l’attenzione di Schleiermacher è focalizzata sulla lingua, e come ad essa si adegui il pensiero stesso. Il pensiero quindi non è universale, ma è costretto dall’individualità delle lingue storicamente intese. Sostenendo che la traduzione è follia Schleiermacher sostiene che il processo di comprensione ermeneutica ha un carattere relativistico perché, una volta acquisito dal traduttore, deve essere reso in una forma condizionata da un altro duplice rapporto dell’identità della lingua e della individualità, questa volta, del traduttore. Parlando dell’identità dell’opera che è necessariamente sacrificata, Schleiermacher si riferisce dunque alla sua strutturazione formale e all’impossibilità aprioristica della sua riproduzione con i mezzi di un’altra lingua. L’attualità del pensiero di Schleiermacher nella teoria della traduzione contemporanea ha ricevuto un notevole riconoscimento da W. Wilss che riferendosi al contenuto della relazione svoltasi presso l’Accademia delle Scienze di Berlino, osserva che il trattato costituisce un grane insegnamento per la teoria della traduzione per aver posto la distinzione tra traduzione e interpretariato, e quindi distinzione tra traduzione vera e propria da una parte, e traduzione meccanica dall’altra, consentendo in tal modo la possibilità di porre delle basi per valutare la qualità delle due differenti attività. Wills inoltre rileva l’importanza della dialetticità del rapporto tra libertà linguistica e dominio della lingua sul parlante, e ritiene fondante la visione ermeneutica della traduzione, perché si inserisce nella problematica sollevata da Goethe di quale sia la natura del rapporto tra traduzione e suo originale. 1.1 L’opacità del senso nella fenomenologia della traduzione: accertamento e giustificazione del senso. Coseriu sostiene che un lettore non esperto può comprendere il significante testuale di un’opera letteraria, vale a dire la sua designazione e il sui significato di lingua ma non il senso testuale dell’opera se non conosce la visione del mondo e lo stile dello scrittore. Pertanto le tre nozioni di designazione, significato e senso sono le tre modalità del contenuto riconducibili ai tre piani della facoltà del linguaggio, del parlare in generale e dei testi. DESIGNAZIONE FACOLTA’ DI LINGUAGGIO SIGNIFICATO PARLARE IN GENERALE SENSO TESTI LETTERARI Queste tre modalità del contenuto come manifestazione dei tre piani linguistici costituiscono l’idea fondamentale dell’ermeneutica del senso la quale ha la funzione di accertare le funzioni linguistiche e di giustificarne l’esistenza mostrando una categoria corrispondente sul piano dell’espressione. Poiché per Coseriu la traduzione non può che essere analizzata come una testualità particolare, possiamo estendere anche ad essa i principi ermeneutici per l’interpretazione del senso. Pertanto possiamo affermare che il compito del traduttore consiste nell’accertare le funzioni linguistiche testuali giustificandole nella loro manifestazione in una categoria corrispondente sul piano dell’espressione. In tal maniera infine è riprodotta in traduzione l’intenzione generale del testo originale attraverso l’accertamento nella lingua di arrivo di funzioni linguistiche testuali analoghe a quelle espresse nel testo originale giustificandole formalmente tramite modalità linguistiche in cui l’intenzione trova effettivamente la sua espressione nel senso testuale di arrivo. 1.2 La costituzione del senso e le sue implicazioni nella teoria della traduzione. La nozione di senso è considerata tuttora un problema non sufficientemente indagato. Il senso di una frase infatti non è sempre percepibile sulla base della comprensione del significato delle singole parole, né della articolazione morfosintattica con cui le parole sono organizzate nel discorso. E’ infatti concordemente riconosciuto l’apporto indispensabile del contesto entro il quale si usa la frase, perché a questa si possa attribuire il proprio senso specifico.
Parteno da queste considerazioni Claude Hagège e De Beaugrande sottolineano l’inadeguatezza delle teorie della linguistica strutturale per la teoria della traduzione. Tra le carenze dello strutturalismo che ne rendono inefficace l’applicabilità alla fenomenologia della traduzione De Beaugrande individua la dicotonomia saussuriana tra langue e parole e l’autonomia dei vari livelli formali della fonologia, del lessico, della morfologia e della sintassi. Egli inoltre sostiene che la traduzione pone un’altra serie di problemi metodologici alla linguistica strutturale e formale in quanto: 1) La traduzione coinvolge due sistemi linguistici e non uno solo come la linguistica; 2) l’analisi dei tratti distintivi e del principio della loro distribuzione non è sufficiente per un’indagine traduttologica; 3) è eluso lo studio del significato rimandato nel tempo; 4) la natura stessa della traduzione non consente l’adozione di procedimenti sistematici che non contemplano i fenomeni di variabilità ad essa inerenti. Nel considerare tutti gli aspetti che contribuiscono alla costituzione del senso, Hagège elabora una propria teoria che egli definisce “teoria dei tre punti di vista”. Questa teoria analizza il senso secondo: - Il punto di vista morfosintattico in cui si considerano gli aspetti della frase in rapporto alla lingua intesa come sistema di forme; - il punto di vista semantico-referenziale con cui si esamina in particolare la produzione-ricezione del senso; - il punto di vista enunciativo gerarchico in cui si mettono in rilievo gli aspetti pragmatici della comunicazione. I tre punti di vista non sono gerarchicamente intesi, ma semplicemente sono concepiti come tre diverse prospettive teoriche da cui guardare alla frase. La teoria di Hagège si presenta in tal modo quale analisi delle varie componenti di volta in volta appartenenti ad uno solo dei punti di vista e tuttavia il senso della frase sarà recepito nell’analisi sinergica e complessiva di tutti e tre i punti di vista. Il testo come complesso frastico diventa quindi l’oggetto di studio della linguistica attuale in grado di offrire un quadro teorico alla traduttologia. Nella ricezione del testo originale e nella riproduzione del suo senso in un altro testo allolinguistico da parte del traduttore, la sola valutazione della dimensione linguistica del testo non è sufficiente. Diventa necessario analizzare ciò che Hagège definisce gli “elementi costitutivi del senso”. A tal fine egli suddivide le componenti del senso in tre zone definite A, B, C. Nella zona A cioè la zona del senso come rappresentazione-descrizione, le componenti riguardano: - il referente ricostruito; - il significato dei segni; - la semantica della sintassi e la famiglia di enunciati; - la sequenza; - il contesto largo; - il contesto stretto. La zona B riguarda è invece inerente al senso come effetto e le componenti sono: - l’attitudine culturale e le presupposizioni; - le circostanze puntuali; - il grado di conoscenza tra enunciatori; - gli statuti sociali relativi; - le condizioni economiche e politiche. Nella zona C le componenti del senso sono legate alle significante inconsce. Mentre le componenti della zona A sono tutte predicibili in quanto appartengono al dominio della costrizione della lingua e sono quindi codificate, le componenti della zona B sono contingenti mentre quelle della zona C sono incodificabili.
1.3 il “calcolo” del senso del testo di partenza ed il suo “ricalcolo” nel testo di arrivo. Hagège evidenzia quanto siano intricate le modalità da parte del parlante per creare e comprendere il senso dei messaggi che gli consentono di comunicare. Partendo dal presupposto che i processi di produzione e ricezione del senso sono universali e che l’atto della comprensione è composto da operazioni cicliche che si presentano nella tavola delle zone e delle modalità del senso, Hagège sostiene che se adottassimo il punto di vista dell’ascoltatore sarebbe possibile proporre un calcolo del senso. Secondo Hagège nel recepire un testo l’ascoltatore entra in contatto in primo luogo con le componenti del senso della zona A cioè quelle che appartengono al carattere formale e sistematico della lingua. La comprensione di ciascuna componente della zona A permette all’ascoltatore di passare alla componente successiva fino all’esaurimento di tutte le componenti della zona A per poi passare a quelle della zona B. Hagège lancia l’ipotesi che le procedure interpretative cicliche e la loro successione ordinata corrisponderebbero a tracce neurologiche. Pertanto la successione ordinata delle procedure interpretative cicliche simulerebbe i meccanismi cerebrali in successione cronologica che Hagège propone di chiamare “cronìe operative”. Se applichiamo il modello teorico di Hagège alla comunicazione interlinguistica bisognerà ipotizzare i meccanismi di comprensione del senso all’interno di un circuito comunicativo dove differenti sono la lingua di partenza e di arrivo. In questo caso notiamo come nascano diverse difficoltà in quanto: - la diversità delle due lingue incide su una diversa modalità di produzione-ricezione del senso (in quanto le componenti della zona A e della zona B non sono condivise dagli interlocutori); - la complessità delle componenti del senso di ciascuna zona è duplice in quanto ad ogni componente del senso delle zone di una lingua deve corrispondere una componente delle zone A e B della lingua in cui si intende tradurre il testo originale. - ciò che in una lingua appartiene al dominio delle costrizioni linguistiche, in un’altra lingua può essere delegato al dominio della contingenza e viceversa. Sebbene il modello teorico di Hagège sia solo un buon punto di partenza nell’applicazione traduttologica, la sua ipotesi delle procedure interpretative cicliche denominate “cronìe operative” costituisce un buon suggerimento su come il meccanismo cerebrale potrebbe funzionare in modo analogo nella commutazione del senso. Se infatti la traducibilità è un universale della facoltà del linguaggio, allora la traduzione si può ipotizzare governata dalle stesse cronìe operative proprie dell’interpretazione del senso linguisticamente formalizzato.
2. Significato e senso come termini nella didattica della traduzione. La scuola traduttologica del Quebec ha pubblicato un glossario ritenuto fondamentale nell’insegnamento della prassi della traduzione. Il glossario è stato in seguito tradotto in italiano con alcune aggiunte, revisioni ed eliminazioni per adeguarlo al contesto culturale italiano. Pertanto per la scuola traduttologica del Quebec, il senso è l’oggetto dell’operazione di trasferimento interlinguistico e ne definisce la nozione come: idea intelligibile che si evince da un dato contesto a partire dai significati pertinenti delle parole e degli enunciati ai quali si integrano conoscenze extralinguistiche pertinenti. Accanto alla definizione di base seguono delle note in cui si descrive il senso come oggetto della prassi traduttologica e si presenta l’assunto che il senso non esiste a priori ma viene costruito dal traduttore il quale analizzando il testo di partenza ne individua le relazioni intertestuali ed extratestuali. In questo modo si sottolinea il vincolo tra il senso e il suo testo di appartenenza, sottolineando anche la particolare natura testuale del senso, legato a vincoli di coerenza e coesione all’interno del testo stesso, ma anche alle relazioni intertestuali, per una sua adeguata e piena comprensione. La nozione di senso in tal modo si caratterizza come atto di comprensione del testo da sottoporre a prassi traduttologica. Allo stesso modo della nozione di senso anche quella di significato è molto argomentata nel glossario. Partendo dalla constatazione della non convergenza dei linguisti su una definizione concorde sulla natura del significato, gli autori del glossario sensibilizzano lo studente al fine di renderlo consapevole
della problematica inerente alla nozione di significato e di senso affinché questa sensibilizzazione possa ripercuotersi sulle modalità traduttive che egli adotterà in futuro. La definizione di significato del glossario termina con un esplicito riferimento alla didattica della traduzione dicendo che: si definisce significato il contenuto semantico di una parola isolata analizzata fuori contesto. Tale definizione consente di contrapporre il significato di una parola al senso di un discorso. Il significato fa dunque parte della potenzialità della lingua mentre il senso è pertinenza del contenuto semantico e cognitivo del messaggio. Le definizioni del glossario ripropongono la tradizionale divisione dicotomica della linguistica tra la nozione di significato e di senso e non evidenziano che anche il significato è un elemento integrante e integrato della strutturazione del contenuto e quindi del senso. Bisogna tuttavia ricordare che il glossario, per sua natura, non può che limitarsi a testimoniare lo stato della ricerca da un punto di vista terminologico e quindi non entra nel dibattito delle teorie del significato e del senso in maniera approfondita. Altra cosa da notare sta nella mancato rimando dell’entrata “significato” alla relativa entrata “denotazione”. Nella prassi traduttiva, infatti, la relazione tra significato e denotazione è di fondamentale importanza: è convinzione della maggior parte dei traduttologi che non si possa tradurre il significato delle parole. La denotazione della parola sottoposta a traduzione invece funge da nesso di connessione con la denotazione del significato della parola scelta nella lingua di arrivo, consentendo in tal modo la sua traduzione. 3. Il significato e il senso nell’uso testuale: dalla monoreferenzialità all’autoreferenzialità del significato. E’ nell’uso testuale che il significato assume la propria accezione. A seconda della tipologia testuale il significato può riferirsi ad una denotazione o referente ricostruito, oppure può assumere se medesimo come referente. Nel primo caso il significato pertinente può coincidere con una parola terminologica, mentre nel secondo caso può assumere le forme di una parola poetica. Sono queste le modalità estreme della rappresentazione del significato nel testo. Il significato monoreferenziale è dei testi specialistici in cui ad una parola corrisponde un’unica denotazione o concetto. Nei testi specialistici tuttavia l’esclusione totale della sinonimia, dell’omonimia e della polisemia (fenomeni tipici del linguaggio comune) è spesso inosservata fatto che può generare difficoltà in prassi traduttiva. Nel testo specialistico da tradurre, il senso così come si evince dalla interpretazione delle forme linguistiche appartenenti a quella che Hagège definisce “Zona A”, deve essere riprodotto nel testo tradotto, quanto più attinente possibile alle norme dettate dal sapere specialistico cui il testo appartiene. Il sapere specialistico, di fatto, si esprime attraverso una propria terminologia specifica: eludere in traduzione la terminologia comporta quindi un difetto comunicativo con ricadute sul piano pragmalinguistico per carenza di informazioni nei riguardi del fruitore finale. Il referente ricostruito con valore autoreferenziale è proprio invece del linguaggio e del testo poetico. La traduzione del testo poetico non segue le stesse vie della traduzione del testo specialistico ma strade sue proprie. Lo scrittore interviene sulla possibilità della lingua naturale in quanto sistema, di essere predisposta alla creazione di nuove forme con nuovi e diversi significati, o di piegare forme già in uso a significati e/o referenti nuovi. Tra gli elementi costitutivi del testo con funzione poetica molto importante appare il titolo in quanto sintesi simbolica della trama e piccolo indizio dello stile dello scrittore. Per questo motivo la scelta della traduzione del titolo è molto impegnativa, nella misura in cui quel titolo diviene stabile, una volta accettato nell’ambito della comunità linguistica ricevente. Il titolo
diviene da quel momento in poi il referente simbolico di un’opera di un dato autore nella memoria collettiva degli utenti nella lingua di traduzione. Ad esempio il titolo di un famoso racconto di Gogol, Sinel è stato tradotto in italiano nel 1937 in Il pastrano e nel 1971 in Il cappotto o il mantello. Le traduzioni del titolo in un arco di tempo comunque molto lungo testimoniano di una non ancora affermata relazione referenziale stabile tra il titolo dell’opera tradotta e il suo nuovo pubblico di lettori. Il titolo del racconto è in questo caso “simbolizzante” perché non descrive la fabula ma la simbolizza e riassume in quanto il mantello nel racconto diventa il simbolo della condizione di vita, umiliante e mortificata, del protagonista. Pertanto, nella traduzione di questo titolo, al di là del selezionare una resa più o meno equivalente del referente ricostruito di Sinel, assume valore preminente la stabilità della relazione simbolica tra la parola e l’opera cui rimanda nel contesto culturale di arrivo. 4. Il senso nel testo a fronte e nell’ipertesto: la funzione diamesica nella traduzione artistica. Esistono due modalità di ricezione della traduzione del testo letterario in relazione alle due possibilità offerte dall’uso del mezzo diamesico della carta e del digitale. Nella sua ricezione cartacea la traduzione del testo artistico prevede nell’ipotesi teorica il testo originale a fronte. Questo legittimerebbe la traduzione che si troverebbe in tal modo ad apparire per quello che è non sostituendosi al testo originale ma manifestandosi nella sua vera natura. In tal modo la traduzione con testo originale a fronte assume il valore sociale e culturale di costringere il pubblico a confrontarsi con una pagina poetica scritta in un’altra lingua e di un’altra cultura. La modalità dell’ipertesto appare molto simile al testo a fronte, perché il digitale in questo caso svolge solo la funzione di canale o funzione fatica. Nella traduzione letteraria ipertestuale non è contemplata la possibilità di tradurre attraverso il computer in quanto esso non è in grado di rendere ciò che del senso è fondamentale in un testo letterario cioè il suo valore evocativo. Lo studioso J. Aarseth ha elaborato un’analisi molto complessa dei testi letterari creati per il computer. Secondo Aarseth questi testi sarebbero “ergodici” in quanto possiederebbero funzioni d’uso dinamiche oltre alla funzione semplicemente interpretativa di tutti i testi. Ma Aarseth non concepisce la natura ergodica del testo cibernetico come contrapposta al testo cartaceo tradizionale. La dicotomia cartaceo-elettronico in questo caso non regge in quanto anche i testi cartacei per la loro funzione estetica sono predisposti per letture multiple, flessibili e dinamiche e questo fa sì che anche il testo digitale si inserisca nella tradizione interpretativa del testo. Questo punto di vista è condiviso anche dagli studiosi Jones e Spiro i quali formulano una “teoria della flessibilità cognitiva” che, postulando una diversa e sostanzialmente nuova modalità di strutturazione del pensiero, consente la comprensione del messaggio veicolato attraverso canali comunicativi quali l’ipertesto. Secondo questa prospettiva anche l’ipertesto composto di traduzioni multiple di un unico originale si presta ad essere compreso e interpretato in maniera flessibile e dinamica, perché avrà le caratteristiche di una testualità instabile. Il modello ipertestuale di traduzione (anche detto non-lineare) può forse rendere manifesto ciò che nella traduzione lineare rimane implicito, quale ad esempio la relazione tra testo e contesto extralinguistico del testo originale e delle sue traduzioni. Quando la funzione diamesica assume il carattere di funzione costitutiva dell’ipertesto, e non solo di supporto mediatico, allora anche il senso della testualità non-lineare ne subisce l’influenza. 5. Produzione-ricezione ed effetto di senso come “traduzione” secondo Muntadas. Muntadas indaga sulla ricezione del senso mediante l’uso dell’arte partendo dal presupposto che ogni forma di comunicazione sia una forma di traduzione.
Secondo Muntadas il senso subisce l’influenza del processo traduttivo a seconda del mezzo diamesico adottato, della situazione specifica in cui si crea l’evento artistico e del contesto culturale specifico. A tal proposito nel suo lavoro CEE project Muntadas espone in diversi luoghi pubblici e istituzionali di diversi paesi europei, un tappeto rappresentante la bandiera europea e nota come la reazione del pubblico di fronte a questo oggetto cambi da luogo a luogo e da paese a paese. A seconda infatti del contesto situazionale, recepito come luogo di produzione d’arte o come luogo dove si svolgono altre attività di diverso carattere, il pubblico considera la bandiera tappeto come un oggetto d’arte dalle finalità estetiche girandovi intorno, oppure un elemento d’arredo calpestabile. Inoltre Muntadas osserva la reazione di disinteresse e di demotivazione del pubblico di fronte alla bandiera dell’Unione Europea considerata un simbolo calpestabile. Egli sostiene che la reazione del pubblico sarebbe stata diversa se al posto della bandiera europea vi sarebbe stata una bandiera nazionale. In tal modo assistiamo ad una sorta di stravolgimento o alterazione del rapporto significato/traduzione, nella misura in cui la traduzione, o tutte le condizioni in cui si verifica l’agire traduttivo, non garantiscono la resa del senso nei termini intesi dalla ermeneutica tradizionale. La traduzione tra le lingue e le culture condiziona la ricezione del senso e quindi modifica o altera i rapporti delle modalità di interazione comunicativa. Il compito dell’artista/traduttore consiste allora, secondo Muntadas, nel rendere trasparenti i meccanismi di commutazione dei codici, di rendere manifesti gli ostacoli della comunicazione derivanti dalla funzione diamesica, di esplicitare le differenze tra le culture, insomma di indagare sulle zone del senso descritte da Hagège e, grazie alla funzione propria dell’arte, anche alle possibilità di splorare le risultanze inconsce della zona C del senso. 6. Conclusioni. Secondo Schleiermacher il circolo ermeneutico è infinito e pertanto non percorribile esaustivamente. Tuttavia secondo Dolezel le possibilità dell’interpretazione testuale dipendono dalla considerazione del testo come un fertile oggetto semiotico. Il testo non è più staticamente inteso, incatenato al suo tempo e al suo luogo, ma è quello che diventa di volta in volta nelle interpretazioni possibili (riattivazione del testo). Secondo questa ottica quindi anche le traduzioni del testo letterario sono tante possibilità dell’emergere di uno dei sensi possibili racchiusi nel testo originale. L’ermeneutica del senso testuale contemporanea si stacca dall’idea dell’intraducibilità e tende ad ammettere la traduzione sempre possibile così come accade anche nella memetica la quale sostiene che il tradurre per principio è omologabile a qualsiasi altro uso del linguaggio e che ciò è possibile perché, sia che ci si esprima all’interno di una stessa lingua, sia che ci si esprima tra lingue differenti, il senso manifesta comunque il proprio carattere di universalità.
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