i Principi Della Vita Sana ( Haruchika Noguchi )

May 10, 2017 | Author: Mariano Vitellozzi | Category: N/A
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I PRINCIPI DELLA VITA SANA Haruchika Noguchi

PROLOGO Anche se adesso vi parlerò dei principi per una vita sana, non prenderò in considerazione il modo in cui ci si deve alimentare o quante ore dobbiamo dormire, ma parlerò del corpo e del modo in cui utilizzarlo. Quando parlo del corpo, non mi riferisco allo stato in cui si trovano lo stomaco ed i polmoni o a come batte il cuore. Questi fenomeni fisiologici, li conoscete sicuramente meglio di me. Ciò di cui parlerò riguarda il corpo, e questo è un argomento che non si può affrontare soltanto attraverso gli studi medici esistenti. Chiunque sa che nel petto ci sono i polmoni ed il cuore, e nonostante ciò, nessuno si accorge che esiste una funzione che li mantiene in attività. Per esempio, se uno s'innamora, il cibo gli sembra saporito, e se s'incontra con l'essere amato, il suo cuore palpita velocemente, ma se contrae dei debiti, troverà il cibo disgustoso e perfino il colore della sua faccia si sciuperà. Perciò, non si può negare il nesso esistente fra l'attività interna causata dall’innamoramento o da un debito ed il funzionamento dei polmoni e del cuore. Tuttavia per quanto si possa realizzare una dissezione del torace o per quanto si possa cercare con l'aiuto di raggi X, queste attività non appariranno. Perciò nella vita umana c'è qualcosa che non si può capire neanche se si disseziona il corpo o lo si divide in stomaco, cuore, ecc. Ci sono

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anche casi in cui una sbornia col sakè si smorza istantaneamente appena si riceve un telegramma ma non sappiamo né perché né come uno si possa rimettere da una sbronza con il semplice fatto di ricevere un telegramma. Quello che sembra incomprensibile, assume la massima importanza quando dobbiamo capire il perché ed il come del vivere sano. Dato che ultimamente sono comparse varie teorie, tipo quelle sui riflessi cerebrali e lo stress, la scienza è giunta a capire che determinate funzioni mentali o nervose hanno a loro volta differenti effetti sul corpo. Nonostante ciò, il motivo per cui al signore A non piaccia la femmina B ma gli piaccia la femmina D, non lo si può sapere neanche se si disseziona il cervello o se si analizzano le secrezioni ormonali. Si può soltanto affermare che certi uomini prediligono certi tipi di donne. Lo capiremo forse più avanti, in futuro, quando gli studi scientifici potranno essere applicati alla vita reale e si riuscirà a scoprire quello che si nasconde negli esseri umani. Lo stress prodotto da uno stesso stimolo si manifesta in modo diverso secondo l’individuo. Ad alcune persone il fatto d'innamorarsi aumenta l'appetito; in altre, in cambio, incrementa l'attività cardiaca. La medesima situazione di stress causa a qualcuno indurimento nei muscoli e ad altri zucchero nelle orine o difficoltà nella minzione, ad altre ancora lo stress si manifesta sotto forma di anomalie nella funzione dell'apparato respiratorio. Perché esistono tali differenze? L'uomo è un individuo ed ogni uomo, singolarmente, può preferire il pesce o le patate dolci. Taluni possiedono un cuore che non viene coinvolto neanche da debiti di milioni di yen. Se non teniamo conto di queste differenze, non possiamo capire il problema della salute del singolo individuo. Ossia che i principi della vita sana, che spiegherò in seguito si basano su punti di vista che ho sulla vita, ovvero della filosofia sulla vita sana che ho acquisito durante l’insegnamento che ho impartito ad una moltitudine di persone nell’arco di questi ultimi cinquanta anni e più concretamente su “quella cosa” del corpo umano che non si può capire unicamente attraverso gli aspetti di cui solitamente si tiene conto ma che si può capire attraverso lo studio generale di ciò ch’è vivo. Quindi, in questo modo parlerò su tutto ciò. Mio figlio, dopo aver ascoltato un discorso informativo sulla dissenteria durante una lezione di ginnastica ed igiene nel suo liceo, mi disse: ho tanta paura di bere acqua e anche di spiluccare dei dolci. Al che gli chiesi senza alcuna intenzione: perché fino ad ora non hai contratto la dissenteria pure bevendo acqua e qual è il

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motivo per cui non ti sei beccato niente spizzicando i dolci? Egli rimase serio e pensoso e dopo un po’ mi disse: avevo dimenticato qualcosa d’importante, siamo vivi, e visto che lo siamo, ci sono in noi delle funzioni essenziali per poter vivere, come la capacità di resistenza o la facoltà di prevenire la malattia; e quando diminuisce questa forza di vivere, ci si becca la dissenteria, vero? Chi ha dimenticato di essere vivo non è soltanto mio figlio, ma la stragrande maggioranza della gente di oggi. Servirsi delle nostre conoscenze con lo scopo di prevenire le malattie è importante, però se ciò diventa eccessivo e si ha perfino paura dei microbi, vuol dire che la funzione di vivere viene meno. L’uomo vive non perché esiste il suo corpo, né perché esistono gli alimenti e neanche perché c’è l’aria: si vive per altri motivi. Ciononostante, non sono pochi quelli che in questo mondo affermano che l’uomo vive grazie al corpo, e che gli alimenti e l’aria ci permettono di vivere. Queste persone credono che essere sani dipenda dalla scelta degli alimenti o che se respirano aria pura saranno in buona salute, o che rimarranno vigorosi se fortificano la mente. Tutto ciò è sbagliato. Vivere sani, dando importanza a tutti questi aspetti che sono assolutamente parziali, è diverso dall’essere vivo. Per di più, abbiamo altri problemi. Per esempio: quelli che si dedicano allo studio del funzionamento del cuore, analizzano, di fatto, soltanto il cuore, idem per quelli che si specializzano nello stomaco; e concludono che il corpo umano è il frutto dell’unione di tali organi e pensano che mettendo insieme queste conoscenze, l’uomo può raggiungere la salute. Invece, originariamente l’uomo non era il prodotto dell’unione di differenti parti. L’aggregazione di viscere quali lo stomaco, il cuore, i polmoni, ecc, non da come risultato l’uomo. Al principio ci fu una funzione iniziale che fece apparire una cellula germinale che crebbe e si sviluppò prelevando da altre parti quello che gli era necessario; perciò, se partiamo da questo presupposto, originariamente, lo stomaco, il cuore, ecc, erano una cosa sola. Di conseguenza, affermare che il cuore di un tale è forte e che il suo stomaco è debole o che una determinata zona è malridotta, ecc, rappresenta un utilizzo prettamente tecnico delle parole; e di qualunque cosa si tratti, è necessario affrontare il problema partendo dalla globalità del corpo che sta vivendo una vita, giacché diversamente non si può capire correttamente il problema della salute dell’uomo.

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Per quanto mi riguarda, a 10 anni, non avendo studiato medicina ne possedendo alcun idea sulla costituzione anatomica, facevo yuki a molta gente ed inducevo il katsugen undo, in modo tale da indirizzarli verso la salute. E’ come quando si ha un prurito; se ci grattiamo, quella zona smette di pruderci anche se non sappiamo il perché. Perciò, nonostante fossi all’oscuro della costituzione fisica e non sapessi quello che era giusto mangiare, potevo incamminare la gente verso la salute. In base a che cosa li indirizzavo? Cercando di fare uno sforzo per spiegarlo, posso dire che fissavo la mia attenzione esclusivamente su ciò che permette all’uomo di vivere. Cosa bisogna fare per dare un impulso alla forza che lo fa vivere e sviluppare il suo vigore, e qual è il movimento dell’onda di contrazione e distensione del ki? E il mio obiettivo consisteva semplicemente in far scaturire il vigore occulto, avvalendomi di quella forza. Neanche oggi questo è cambiato. Per molti anni ho osservato sia le persone che non sono riuscite a vivere in buona salute malgrado abbiano fatto di tutto per riuscirci, sia altre che, benché non abbiano fatto niente, sono vissute in buona salute. Mi sono sempre chiesto il motivo di questa cosa. Di modo che, le mie conoscenze sono il prodotto dell’osservazione minuziosa durante cinquanta anni e sempre seduto allo stesso posto, dell’organismo di quelli che mi hanno avvicinato e dello studio della loro forza interna insieme ai cambiamenti del corpo generati da questa forza. E’ lo stesso fenomeno, per cosi dire, della trottola che si mantiene alzata quando la si fa girare: per quanto la si possa guardare mentre è ferma, non si riesce a capire come possa mantenersi alzata, e pure, quando gira si alza. E non si sa perché, ma quando l’impulso diminuisce, barcolla e cade. Per cui, in base alla sua posizione quando sta dritta, possiamo capire come sta operando quella forza che gli permette di mantenersi alzata. E allo stesso modo, sono giunto alla tecnica che permette al corpo di essere sano, variando soltanto l’angolo della forza o meglio detto: graduando questa forza o impulso. L’unica cosa che so è questa. Ecco perché credo che il buon senso o le conoscenze con le quali affronto la vita quotidiana, siano decisamente diversi dal buon senso o dalle conoscenze che possiedono quelli che hanno elaborato il proprio sapere attraverso gli studi. Se esiste una tale differenze è perché non sono giunto alle mie conoscenze cercando al di fuori dell’uomo, ma partendo da una attività interiore che non si vede.

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LO SVILUPPO DELLA FORZA CORPORALE ATTRAVERSO IL KI

SULLO YUKI

L’essere umano non funziona come una macchina.

Fino ad oggi l’uomo è stato studiato alla stregua di un oggetto. D’altro canto, si afferma che egli si muove di propria volontà, mentre un oggetto serve soltanto per una determinata funzione; per esempio, un gessetto serve esclusivamente a scrivere. Inoltre, man mano che si scrive, si consuma. Per cui, gli uomini, in realtà non vivono come degli oggetti, sennonché vivono in gruppi di due o più individui. Anche rimanendo uguale a se stesso, l’uomo vive sotto l’influenza dell’ambiente. Ma c’è di più; spinto dall’impulso della forza presente all’interno del suo corpo, l’uomo desidera realizzare ciò che gli sembra impossibile: insomma, fare quello che effettivamente non può o è difficile raggiungere. Modificare il corpo e modellarsi alle circostanze avverse, è quello che si chiama adattamento, e questo significa essere vivo. L’uomo non solo cerca di coltivare le possibilità che possiede nel suo interno, sennonché, c’è in lui una propensione che lo spinge a far diventare possibile l’impossibile. Ecco perché, le persone che non possono lavorare, desiderano lavorare ed i poveri vogliono diventare ricchi. L’uomo vive col costante desiderio di realizzare qualche cosa. E’ come se nel corpo avesse un potenziale energetico analogo a quello di una bomba che gli permette di modificare la realtà. Perciò, oggi tutti si sentono scontenti e cambiano costantemente. Ora, ci sono casi in cui il mutamento sorge dal proprio interno ed altri in cui il cambiamento è originato dall’ambiente. Se diverse

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persone dicono ad un tale che il suo volto è molto pallido, costui può arrivare a credere che ciò sia vero o, per esempio, facendogli notare che è privo di coraggio, impercettibilmente egli finirà per crederci. C’è un altro tipo di fenomeno come quello che capita ai guardoni: ogni individuo preso singolarmente può essere giudizioso e prudente. Tuttavia, quando si integra in un gruppo, non si sa mai cosa può combinare. Per esempio, è quello che accade nelle manifestazioni di piazza: fino a quando si rispetta l’ordine, non succede niente, ma basta che una sola persona crei confusione ed ecco che tutti disobbediscono. In una festa accade lo stesso. Quando un ubriaco crea confusione, anche gli altri si eccitano. In casi come questi, l’uomo è spinto, a volte, da fattori indipendenti dalla sua volontà. Ed in queste circostanze non sono pochi quelli che riescono a distruggere la forza che emana dal loro interno. Ognuno possiede una propria capacità d’autocontrollo e sa che non dovrebbe fare certe cose ma nonostante lo sappia, a volte non riesce a controllarsi. Ed è per questo motivo, che nell’uomo ci sono dei fattori che vengono influenzati da cambiamenti esterni.

Il rapporto umano fra più di due persone

Nella vita quotidiana, gli esseri umani, trattansi di genitori e figli o di fratelli, dovrebbero indubbiamente vivere in armonia. Ciononostante, succede spesso che qualcuno s’innervosisca appena viene rimproverato dalla madre, o che provi disgusto appena gli si avvicina il padre. D’altronde, può darsi che costui commenti certi fatti con qualcuno estraneo alla famiglia pur non essendo capace di parlare con i fratelli. Succede anche spesso che uno si diriga verso la sinistra per contraddire senza alcun motivo qualcun altro, nonostante pensi che sarebbe meglio andare a destra. Poco tempo fa, c’era un bambino malato che non riusciva a rimettersi in sesto; anzi peggiorava e alla fine non riusciva neanche a camminare, presentando dei sintomi simili a quelli della paralisi infantile. Visto che suo padre non sapeva cosa fare, andai a trovarlo. Era accudito dai genitori con la massima premura, ma la loro preoccupazione era tale che il bambino cercava di adattarsi al loro punto di vista. Non è che il bambino volesse stare come stava, ma siccome i genitori facevano mostra sempre e comunque delle loro conoscenze, il bambino incominciò a credere che la sua malattia doveva essere grave visto che questi intelligenti adulti si preoccupavano tanto per lui. Man mano che i genitori s’impensierivano perché poteva perdere l’udito o la capacità di camminare, il bambino accusava questi sintomi. Arrivò a credere che, se gli adulti la pensavano in quel modo, non sarebbe mai più riuscito a camminare. Intanto la sua incapacità di camminare aumentava.

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Di fronte ad una situazione così incresciosa, parlai di molte cose con il bambino. Chiacchierando con lui capii che aveva voglia di un accendino a forma di pistola. Il giorno dopo andai a trovarlo e gli portai un mio vecchio accendino a forma di pistola e glielo regalai. Felicissimo, mi disse che lo accettava volentieri. Capitò che da quel giorno, egli passasse il suo tempo a giocare con l’accendino e a fare birbonate. Quando sua madre nascondeva l’accendino in qualche posto lontano, egli andava a recuperarlo di nascosto; carponi, poiché non era in grado di camminare. I genitori si tormentavano perché non aveva appetito, ma quando aveva fame, lui stesso andava ad aprire la porta della ghiacciaia. Così facendo, grazie ad un accendino, egli poté dimenticare la sua malattia e fu in grado di concentrarsi sul gioco e le sue birichinate. Sua madre nascondeva l’accendino perché pensava si trattasse di una cosa pericolosa, ma intanto, mentre queste cose si ripetevano, il giovanotto incominciò a camminare. Siccome la madre si lamentava, molto preoccupata dall’ipotesi di un possibile incendio della casa, le feci notare che questo non aveva nessuna importanza in confronto all’incapacità di camminare di suo figlio.

A tutt’oggi e dovunque, sussiste questo tipo d’incomprensione tra figli e genitori.

Prima di riuscire ad esprimerlo con le parole, l’uomo è capace di riconoscere quello che gli piace da quello che non gli piace ed allo stesso modo può percepire il senso d’inquietudine o di preoccupazione come tali. Mettiamo il caso in cui qualcuno è nervoso: egli trasmetterà il suo nervosismo a chi sta intorno. Infatti, quando è presente un’inquietudine interiore inconscia, si finisce per manifestarla anche se non ci sono motivi oggettivi per farlo e benché non abbiamo l’intenzione di esprimerci in modo teso e duro ne di tremare o d’impallidire, si finisce per comportarsi in quel modo. Poco tempo fa, venne da me un famoso cantante che mi riferì di non riuscire a cantare perché aveva paura del pubblico. Comunque, a me sembrava che sul palco si sentisse a suo agio, visto che era un cantante esperto. Lo trattai un poco per fargli riprendere coraggio ed egli tornò sulla scena. Conobbi anche un pianista del quale avrei giurato, essendo un virtuoso, che non potesse essere preoccupato durante i suoi concerti, però mi disse che aveva paura e che si sentiva teso quando saliva sul palco. A dire il vero, la sua interpretazione era eccellente. Ora, perché pur possedendo una tecnica che gli permette di suonare in modo eccelso, non riesce a farlo quando lo attanaglia la paura o il nervosismo? Osservandolo mentre suonava, mi accorsi che la sua mascella sporgeva gradualmente, di modo che, egli alzava la testa nonostante il piano fosse davanti a lui. Spesso vediamo delle donne che guidano con la mascella alzata. E ciò dipende dal fatto che queste sono in preda alla

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paura. L’uomo, quando mira a fare qualche cosa ed è inquieto, sporge la mandibola. Commentai quindi al pianista che quando suonava sporgeva la mascella; che ciò era un segno di nervosismo e che, per quanto gli altri lo considerassero un ottimo pianista, egli non aveva abbastanza coraggio sulla scena. Da quel dì, si sforzò di non protendere la mascella, ma ciononostante questo movimento persisteva e si accentuava. Non è che ci siano motivi concreti nel fatto di sporgere la mandibola; è che semplicemente ci si comporta così quando il corpo o la psiche sperimentano qualcosa di speciale.

Il ki precede l’attività.

Quando una persona si avvicina ad un’altra persona, anche quest’altra gli si avvicina. Ecco qui la dimostrazione che ambedue si piacciono. Ci sono anche i casi opposti, in cui entrambi si scostano: uno dei due dichiara in quel caso che l’altro non gli piace o che gli fa paura. Ci fu un ragazzo che di solito parlava male del padre apertamente. Stetti ad osservarlo attentamente. Ero al corrente dei suoi difetti e conoscevo il modo di fare di suo padre e perciò, mi era chiaro che non c’era nessun motivo per cui il ragazzo lo temesse. Ma quando il padre si avvicinava, il ragazzo ammutoliva e guardava altrove. E persino si scostava. Gli esseri umani vivono influenzandosi a vicenda tramite qualcosa che possiamo chiamare ki, il quale entra in azione prima che il corpo o la mente si muova. Quindi, quando ci presentano una persona allegra, chiacchieriamo con lei sullo stesso tono; invece se ci troviamo davanti un tipo malinconico, ci assale lo sconforto. In seguito, la nostra interpretazione è la seguente: i nostri cambiamenti d’umore saranno indubbiamente dovuti alla stanchezza, visto che con la prima persona abbiamo chiacchierato allegramente. Ora, se siamo capaci di parlare piacevolmente con un tipo allegro, dovremo essere in grado di farlo anche con uno malinconico; invece non ci riusciamo e diventiamo cupi anche noi. Gli esseri umani vivono ricevendo reciprocamente gli uni dagli altri qualcosa che è al di là di ciò che si vede e al di fuori di qualsiasi interpretazione verbale. L’uomo che vive la sua vita quotidiana in rapporto con gli altri, non può essere capito se lo si studia staccato dal contesto come fosse un oggetto. C’è sempre qualcosa che ci sfuggirà se studiamo il corpo o la psiche separatamente.

Il comportamento si basa su un sentimento vago.

Quando ci rivolgiamo ad un indovino per farci predire il futuro, la prima cosa che facciamo è sceglierlo. Stabiliamo, intuendo anche noi, se quel tale è degno di fiducia o se quell’altro è più bravo. Se ci

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chiediamo qual è il motivo che ci porta a questa decisione, avvertiamo che è dovuto al ki. E ci rivolgiamo ad un determinato individuo non perché abbiamo studiato in modo approfondito il suo passato ma perché avvertiamo vagamente che “quello mi sembra bravo” o che “quella persona mi cade bene”. Ciò non si basa sul ragionamento, anche se dopo, ripensando all’esperienza, possiamo ragionarci su; ma interiormente avvertiamo negli altri qualche cosa che sta al di fuori del ragionamento. L’uomo agisce avendo come punto di riferimento qualcosa che sente in modo vago. Se esitiamo nello scegliere la strada a destra piuttosto che quella che sta a sinistra, lo faremo sempre. Spesso quando guido mi perdo. Se dico a mia moglie: mi sono perso, quindi, visto che non so dove stiamo, prendiamo questa direzione. Lei che sta al mio fianco, mi chiede: se prendiamo questa direzione, dove arriveremo? Già, se lo sapessimo non ci saremmo persi! Intanto, lei mi dice che non sta tranquilla se prendiamo quella strada se non sa dove porta. Allora, gli chiedo: quale scegliamo? Al che risponde: mi sembra che la strada a destra sia migliore perché ci sono delle impronte di gomme. Ad ogni modo, sia che prendiamo quella a destra che quella a sinistra, non lo facciamo perché c’è una ragione valida, bensì per una vaga sensazione.

La funzione istintiva di badare alla salute.

Il colmo dell’incomprensibilità riguarda le divinità, si tratti di Geova o di Budda. Anche se non siamo in grado di capire, se ci dicono che esistono e noi ci crediamo, tutto ci sembra normale. Con la malattia o col diavolo succede la stessa cosa. Se è vero che i microbi ci fanno ammalare, quindi è pericoloso per l’uomo respirare l’aria che la gente esala. Non si potrebbe ne stringere la mano ne baciare per paura del contagio. E’ vero che queste abitudini sono antigieniche, però quando qualcuno ci piace lo facciamo e non per questo ci ammaliamo. Ed è perché in noi esiste la facoltà di uccidere i microbi. Si tratti del tifo, del vaiolo o del colera, il corpo è pronto a difendersi da solo quando è necessario, anche se in ognuno varia la capacità di resistenza e d’altro canto, è impossibile sapere da chi il corpo abbia imparato questa capacità di resistenza. Persino i neonati possiedono questa forza. Ci sembra strano che un bambino riesca a trasformare il bianco latte in sangue rosso e feci giallastre. E anche se ci chiediamo da chi abbia appreso ad assorbire l’essenziale ed ad espellere il resto, non otterremo nessuna risposta. Però, tutti abbiamo questa capacità. E siccome ognuno ce l’ha, si può vivere sani e contenti malgrado le condizioni di vita a volte non siano molto igieniche. E’ ridicolo che un adulto, che dovrebbe vivere sano, tema la malattia ed abbia paura; e si potrebbe affermare che il ki

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che scaturisce dal sapere o da qualcosa del genere abbia il compito d’intrappolare l’uomo. Anche se si mangia qualcosa che è caduto a terra, non succede niente. Invece, gli adulti credono che ci si ammala se si mangia qualcosa che sta a terra. Se ragioniamo in questo modo, tutti gli animali del bosco o del campo dovrebbero ammalarsi visto che mangiano nel terreno. Si dice anche che è pericoloso ingerire qualcosa di marcio. I frutti che i corvi divorano sono i più saporiti. Quando sono stato evacuato nella regione di Niigata, aspettavo che i cachi maturassero fino a quando mi sembravano al punto giusto, ma i corvi mi precedevano sempre. Perciò, visto che non avevo altra scelta, recidevo l’albero. Indubbiamente, a questo punto, i frutti erano più saporiti: i corvi sono furbi. Anche la carne di vacca è più saporita quando è quasi marcia. L’uomo ha paura, senza motivo delle cose marce e mangia soltanto le cose fresche. Orbene, tutti gli esseri viventi hanno questa capacità e conoscendola, si potrebbe imitare i corvi.

L’equilibrio si regge naturalmente.

Vivere in modo sano corrisponde all’istinto dell’uomo. Se ci feriamo, la ferita si rimargina naturalmente. Se ci fa male la pancia, premiamo su di essa con la mano e se ci fanno male i denti, poggiamo la mano sulla guancia. Non sappiamo perché premendo o poggiando la mano sulla zona dolente ci sentiamo meglio. Si tratta di una cosa istintiva e chiunque può farlo. Se ci manca energia abbiamo fame, e se al contrario ne abbiamo troppa ci viene voglia di scaricarla. In questo modo, tutti mantengono il loro equilibrio naturalmente. Eppure, si ha paura e ci si preoccupa dell’igiene e della salute. Sarebbe impossibile sapere quante migliaia di modi per curarsi esistono in questo mondo (questo si deve fare e questo no). Ed altrettanto incalcolabile è la quantità di malattie in agguato, benché i metodi per curare siano migliaia. Cosicché, arriviamo alla conclusione che se non possediamo molte conoscenze non siamo capaci di essere sani e neppure di guarire le malattie. Ora, sia le formiche che i maiali o i topi, riescono a vivere sani e per di più in modo semplice. Inoltre, prolificano molto di più dell’uomo; si riproducono talmente, che addirittura è nata la teoria che in futuro i topi e le formiche travolgeranno il mondo. Non ci passa per la mente che le formiche possano fabbricare milioni di farmaci o che diano dei nomi a le loro malattie, o che possano concepire dei metodi igienici. Mi chiedo perché per l’uomo sia così difficile quello che invece è così facile per le formiche ed i

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topi.

Una visione sbagliata della salute.

Chi si difende e si tutela, diventa più sano e robusto? I cani non mangiano se non hanno fame. Idem per i gatti, e se pretendiamo di farli mangiare controvoglia, scappano. E per quanto abbiano fame, se nel loro corpo c’è qualche anomalia, per piccola che sia, smettono di mangiare. Sebbene si raccomandi alla gente di smettere di mangiare quando si ammala, non lo fa. Altri animali, quando si feriscono, rimangono quieti e senza mangiare; in questo modo le loro ferite non vanno in suppurazione. Invece l’uomo suppura perché si nutre troppo; crede che se non mangia si debilita e che alimentandosi riesce a guarire prima. Poco tempo fa, il presidente di un’azienda mi disse: mi hanno fatto una trasfusione di sangue e la mia faccia è migliorata; sembro più giovane, vero? Gli risposi: questo è come dipingersi la faccia col trucco. Equivale a mettersi del fard ed affermare che si ha una faccia più sana; com’è altrettanto sbagliato pensare che miglioreremmo il nostro aspetto se ci facciamo una trasfusione col sangue di un altro. Gli spiegai: benché il sangue di un altro le doni un aspetto migliore, la sua faccia è vecchia e giallognola e ciò, perché lei ha perso la forza di produrre il suo stesso sangue, ed inoltre questa forza diminuisce ancora di più ricevendo sangue di un altro. La prima cosa da fare è di smettere, perciò se non prende chiaramente coscienza che bisogna vivere con le proprie forze, tutto ciò non serve a niente. Nessuno può fabbricare il proprio sangue col sangue di un altro. Per esempio, per camminare non occorre niente di speciale, se lo si fa tranquillamente. Ora, se si cammina in fretta, si consumano più forze del solito. Se uno nella vita non imparasse a comportarsi con calma e seguitasse ad agire frettolosamente, e per questo motivo fosse necessaria una trasfusione, ciò non avrebbe senso. Per un anziano, è più ragionevole vivere in accordo col proprio corpo nel modo che gli è più consono. E di fatto, quell’uomo che si era lamentato della mia scortesia, morì poco dopo. Ma se un giorno tornasse in questo mondo, spero abbia imparato a vivere in accordo col proprio corpo. Ciò è valido anche se per capirlo ci vorranno varie generazioni. Se si afferra l’essenza del discorso, si arriva alla conclusione che dobbiamo essere più intelligenti delle formiche e dei topi.

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Dato che a livello inconscio tutti sanno che abbiamo la capacità di rimanere sani, è auspicabile rendersi conto che anche se stiamo tra la folla e respiriamo aria contaminata, non succede niente. Ma se non credessimo che nell’uomo esista una simile forza e lo considerassimo un oggetto inerte, significherebbe che ci dovremmo sottoporre a disinfezioni continue. Dovremmo scappare continuamente e staremmo sempre pensando al modo di combattere i microbi. Lottare contro un bambino sarebbe ridicolo. Tuttavia, combattiamo contro i microbi che sono molto più piccoli. Gli esseri viventi hanno la capacità di vivere pienamente benché ci siano microbi nel loro organismo. Cosa mangiano le vacche per ingrassare?

Pochi giorni fa ho incontrato qualcuno che mangiava con ansia e che diceva: siccome non mangiavo proteine animali, sono dimagrito molto; perciò adesso mangio carne di vitello. Allora, gli ho chiesto: cosa mangia la vacca per fabbricare la propria carne? E’ chiaro che sia la vacca che il porco sono grassi, idem per l’elefante e l’ippopotamo. Dunque, che cosa hanno mangiato per ingrassare se nessuno di loro mangia carne? Nel mondo animale quelli che non si nutrono di proteine animali ingrassano e quelli che ne fanno uso sono magri. Per quanto possiamo prendere atto di questa realtà, molti credono che se non mangiano proteine non riusciranno ad ingrassare. Perciò si uccidono vacche, una dopo l’altra. Ora, come mai le vacche ingrassano pur non alimentandosi di proteine animali?

Nel corpo debilitato, i microbi diventano nemici.

Ultimamente è circolata la teoria che le vacche elaborano la loro carne assimilando i parassiti che si sviluppano nel loro corpo mangiando l’erba. Questa è una teoria che da un punto di vista razionale può essere comprensibile. Ma se fosse vera, risulterebbe che mangiandoci una bistecca, staremmo mangiando anche i parassiti della vacca. Di norma, gli uomini espellono i parassiti, mentre al contrario, le vacche ne traggono profitto. In quanto ai batteri, come si elabora il natto (soia cotta e fermentata)? Si elabora grazie ai batteri e nel nostro corpo ci sono colibacilli che scompongono gli alimenti, rendendo questi ultimi più digeribili. Perciò i bebè che ancora non hanno microbi nel corpo, possono talvolta ammalarsi di una malattia che produce emorragie. Se nel corpo è presente la vitamina k, il sangue coagula subito. Ora, il fatto che sia presente questa vitamina dipende dall’esistenza di certi microbi, dal momento che sono loro che riescono ad elaborarla: senza microbi, questo elemento non si produce. I colibacilli passano nella vescica quando la forza corporale si debilita, provocando il

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catarro alla vescica o anche l’artrite, ma ciò non fa parte della funzione dei colibacilli, sennonché rappresenta una delle anomalie prodotte quando il corpo è debole. In quanto al bacillo di Koch, per fare in modo che la sua riproduzione sia fattibile è necessario che le condizioni fisiche che favoriscono il suo sviluppo siano propizie, come nel caso del matsutake (fungo che cresce sulla radice del pino colorato giapponese) che si riproduce soltanto sulla radice del pino colorato. Anche per favorire la riproduzione dei microbi del colera è necessario che determinate condizioni siano presenti e quando queste sono adatte, questi si moltiplicano. Perciò, il problema risiede nello stato fisico e nelle condizioni in cui versa il corpo, però in realtà tutti danno la colpa ai microbi e tentano di eliminarli ad ogni costo. Ora, cosa succederebbe se scomparissero i microbi? La specifica condizione del corpo che manteneva l’equilibrio tra parassiti, funghi e microbi si sta trasformando oggi in modo tale, che si stanno producendo delle fermentazioni anomale dovute alla proliferazione di funghi, originata, a sua volta, dall’invenzione di farmaci che eliminano altri microrganismi; con il risultato che tutto ciò ha incrementato i tumori ed il cancro. E’ certo che la cosa più giusta sarebbe di avere un’attitudine mentale capace di farci convivere con i microbi e non di cercare di eliminarli. Se si agisce in modo sconsiderato, l’equilibrio svanisce ed il ki dell’individuo lavora unicamente per perturbarlo.

L’essenza dell’uomo è il ki.

A volte, nonostante si possieda uno stato d’animo sicuro e sereno rispetto alla propria salute, qualcosa non funziona. Anche se si pensa a livello conscio che non sta succedendo niente e non si abbia paura, ci sono delle volte in cui, per esempio, le mani si paralizzano o le spalle rimangono bloccate, ed il corpo non risponde per quanto si possa essere convinti che tutto vada bene. Quando sorge il desiderio di fare qualcosa, viene fuori una forza raddoppiata rispetto al solito, e al contrario, se il ki s’indebolisce, neanche la potenza normale riesce a dispiegarsi. In definitiva, gli esseri viventi non vivono come gli oggetti. Gli uomini vivono insieme influenzandosi a vicenda tramite il ki di ciascuno. Perciò, gli esseri umani vivono in un certo senso attraverso il ki. Se li considerassimo degli oggetti, allora, fra un essere vivo ed uno morto non ci sarebbe molta differenza. Analizzando la proporzione degli elementi presenti in entrambi, costateremmo, in effetti, che sia la percentuale di ferro che di acqua è la stessa.

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Anche se tutto il corpo è danneggiato, ciò non sempre porta alla morte. Tuttavia, l’uomo può morire anche se è danneggiata soltanto una parte del suo corpo. Un cuore può essere trapiantato e rimanere vivo nel corpo di un altro, sempre che si faccia l’operazione prima che cessi di battere. Sembra incredibile che provenga da qualcuno di appena morto, però, di fatto, ha questa capacità. Equivale a cambiare corpo quando l’originale non funziona più. Ora, in un trapianto di pelle, si può adoperare soltanto la propria pelle. Perciò, quando viene danneggiata una parte del corpo, si può morire, tuttavia, nonostante il corpo sia totalmente danneggiato, non sempre si muore. A Kyoto vive un’anziana signora di novanta anni. Ad ottanta anni, cominciò a perdere vigore, ed ogni volta che andavo a Kyoto, andavo a trovarla. La persona che la visitava insieme a me è già morta, ma l’anziana signora è ancora viva e vegeta. Mi chiedo chi dei due era più debole. Con ciò, è evidente che non sempre si muore perché si è diventati vecchi.

Scambio di ki.

Nell’essere esistono molteplici possibilità che l’uomo cerca di sviluppare; o meglio detto, l’uomo aspira a far diventare possibile l’impossibile. Possiamo affermare che viviamo con questo tipo di desiderio. In altre parole, se siamo deboli e siamo diventati vulnerabili, cerchiamo di essere forti. Ora, quello che non si può ottenere né con la mente né col corpo, si può ottenere col ki. C’è chi pensa che per educare i bambini che non ubbidiscono, sia giusto punirli in modo spartano. E’ come rimproverare o propinare dolci ad animali ammaestrati. Se si agisce in questo modo, per quanto si cerchi di ammaestrarli o per quanto si tenti di avvicinarli, i bambini scappano. Invece, spesso avvicinano ed ubbidiscono a delle persone che non hanno niente di speciale. Queste cose succedono grazie al ki. Comunque, è difficile sapere che cosa è il ki. Neanche praticando un’autopsia ad un morto od osservando un corpo vivo, si riesce a sapere che cosa è il ki. Ma gli esseri umani, percependo mutuamente questo ki, vivono tramite esso. Per esempio, in occasione di una festa, se ad un invitato scappa qualcosa di sgradevole, tutto si smorza di colpo. D’altra parte, l’allegria di un solo individuo si comunica anche a tutti gli altri. Dopo

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l’incendio di una casa, la gente va a sbirciare di nascosto perché è guardona: i guardoni, presi singolarmente, possono essere persone giudiziose, ma quando stanno in gruppo, somigliano a vandali che in alcuni casi riescono addirittura a distruggere i finestrini di un tram. Benché possa essere giudiziosa, quando nasce questo tipo di ki, la massa viene travolta e trascinata da esso. Si può dunque affermare che il fenomeno che fa sì che l’uomo sia vivo si basa sullo scambio di ki. E non sarebbe esagerato dire che la cosa più importante nella vita umana non risiede nello scambio di oggetti, bensì nello scambio del proprio ki. Anche se riceviamo uno splendido regalo, questo da solo non basta a renderci felici, però, se chi ci omaggia lo fa con ki, ci sentiremo felici anche col semplice dono di un fiore del suo giardino; l’allegria ci invade quando ci regalano qualcosa di cuore. Al contrario, se non c’è sentimento, neanche una cosa costosissima può farci piacere. Ed è che senza rendercene conto sentiamo tramite il nostro ki il ki dell’altra persona.

L’attività umana varia in base al movimento del ki.

Questo ki, fino ad oggi, è stato completamente ignorato negli studi sull’essere umano, e si considerava che l’uomo vivesse come qualsiasi oggetto inanimato; imperava la convinzione che dovesse mangiare tre volte al giorno e che occorressero tre portate per saziarlo, e che mangiando alimenti nutritivi sarebbe stato alimentato a dovere. Tuttavia, bevendo del sake, alcuni si ubriacano con solo tre bicchierini, ed altri non perdono la calma neanche con più di cinque tazze. Poco tempo fa, chiesi ad una persona che quantità avesse bevuto. Mi rispose: mezzo litro. Dato che il suo fegato era troppo gonfio gli chiesi: mezzo litro di cosa? In un primo momento pensai che dicendo: “Mezzo”, si riferisse a mezzo litro di sake, ma invece si trattava di whisky. C’è chi rimane lucido bevendo mezzo litro di whisky e chi si ubriaca con tre sorsi di sake. Se il nostro animo è allegro, siamo capaci di mangiarci tutte le patate dolci che hanno preparato; e se, al contrario, per quanto abbiamo fame ce le offrono malvolentieri, per esempio, in questo modo: vieni subito, che la cena è pronta, dai abbuffati!, allora perderemmo di colpo l’appetito. Se succede in casa propria, passa; ma se succede fuori, quando ci servono il piatto con le mani sporche, tra indice e pollice e con una faccia poco amichevole, la fame svanisce. Se riflettiamo sull’accaduto, penseremo che l’ospite è molto occupata o che non conosce le buone regole del galateo perché è appena arrivata dal paese. Potremmo pensarla così, però prima della riflessione avremmo già perso l’appetito e proveremmo disgusto per il ki. Così

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sparisce la voglia di mangiare. Il lavoro non ci stanca se lo facciamo con piacere, ma quando la voglia sparisce, anche i lavori più semplici ci danno fastidio. Un uomo politico mi confessò: sono molto stanco, e io replicai: sarà che lei ha perso la voglia di fare, poiché con un poco di entusiasmo non si stancherebbe. Egli rispose: adesso che me lo dice, capisco che prima avevo delle aspettative, ma ora non più. Se trasportiamo pesanti bagagli da sci di nostra iniziativa, non ci stanchiamo; invece se dobbiamo trasportare dei bagagli altrui, ci stanchiamo subito. Però, se nell’attimo in cui cominciamo a sentirci stanchi ci offrono una mancia di quaranta o cinquanta mila lire, per esempio, improvvisamente l’energia ritorna. Perciò, il fatto di sentire una cosa pesante o leggera, dipende dalla sensibilità del momento. Inoltre, il fatto che il corpo umano sviluppi o no tutta la sua capacità cambia in base alla disposizione del ki. Una simile prospettiva getta una nuova luce sul modo di considerare il comportamento dell’uomo. Anche io, ho cambiato il mio modo di osservarlo. Tutti considerano l’uomo alla stregua di un oggetto materiale con delle possibilità limitate, e non si esce da questo schema. (Se si dice, per esempio, che qualcuno vale dieci, ebbene, rimane per sempre a quel valore.) Però se consideriamo che la vita è una forza che trasforma l’impossibile in possibile ed elabora incessantemente “quella cosa” che sta nel corpo, riusciremo addirittura ad influenzare gli altri. Se consideriamo l’uomo un oggetto, possiamo forse dire che in quanto a mani e gambe tutti sono uguali: invece anche gli arti, in ognuno sono diversi. Spesso arriva da me gente per chiedermi delle cose, però mentre stiamo parlando non mi chiedono niente e se ne vanno senza avermi fatto nessuna domanda precisa. Mi chiedo allora per quale motivo siano venuti. Interrogandoli in seguito, rispondono: volevo chiederle alcune cose, ma poi me ne sono dimenticato. Dico loro: poiché si dimentica, perché non prende qualche appunto. Ma sembra che pur avendo il foglio scritto in tasca, si dimenticano ugualmente di tirarlo fuori. Adducono che hanno tante preoccupazioni. Se così fosse, dovrebbero mettermi al corrente quando mi vedono, però non lo fanno. Pare si dimentichino di farlo nell’attimo in cui si tranquillizzano. Nel corpo c’è un’attività, che non è la forza di volontà, né una funzione cosciente né qualcosa di materiale, e una siffatta attività può incrementare i nostri entusiasmi o al contrario diminuirli. Ci sono molti casi in cui uno si entusiasma per il solo fatto d’incontrare una persona, e al contrario, si deprime improvvisamente quando ne vede un'altra. Questo succede perché l’individuo cambia in base al movimento del ki del suo corpo o perché è influenzato dal

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movimento del ki del corpo di un'altra persona

La gente si riunisce per affinità.

Se riflettiamo sulla vita quotidiana dell’uomo, non possiamo in alcun modo ignorare il ki. Ed in base al tipo di ki, le cose cambiano radicalmente. Per esempio, quando si riuniscono delle persone il cui ki è incline agli affari, se c’è in mezzo a loro qualcuno non interessato a questo genere di cose, quest’ultimo si sentirà in ogni caso attratto dal ki che emana da loro. Quelli che hanno un interesse comune per la cucina, chiacchierano animatamente di cucina, benché non ci sia nessun altro punto in comune tra loro. Il magnete aderisce soltanto al ferro, Perciò, quando attira qualcosa, è di buon senso pensare che quella cosa contiene del ferro. Possedevo un accendino e nonostante fosse d’argento, avvicinandogli una calamita gli si attaccava. Però, togliendoli il meccanismo interno, non aderiva più; ciò significa che la calamita era attratta dal ferro del meccanismo interno attraverso la “scatola” d’argento. Perciò, nel caso in cui delle persone hanno dei rapporti per interesse, benché si rivolgano delle belle frasi, in realtà esse si relazionano soltanto per interesse. Se qualcuno è attratto dall’intenzione di un altro di commettere azioni scorrette, è perché tale intenzione era già dentro di lui. Il ki si manifesta in modi diversi e ci sono casi che sono difficili da capire; a volte crediamo che qualcuno ha fatto una cosa per gentilezza ed invece l’ha fatta solo per interesse. In base a quello che c’è all’interno, cambia quello che attrae. Però, c’è qualcosa che non cambia: il ki con una determinata tendenza si comunica con il ki che presenta quella stessa tendenza. C’è chi è pieno di energie per chiacchierare, ma non per mettere in ordine gli oggetti sparpagliati. Quando queste persone fanno yuki, se ci facciamo caso, possiamo accorgerci che il loro ki rimane una pura chiacchiera. Forse, saranno spinte dalla voglia di qualche dolce, e pensano: “in cucina ci sono dei dolci e se faccio yuki me li offriranno”. Facendo così, non si riuscirà mai a destare l’animo di un'altra persona mediante il kanno (la comunicazione del ki). Un padre faceva yuki al figlio che non poteva camminare, ma dopo il bambino stava ancora peggio. Questo perché il padre gli comunicava la propria ansia e preoccupazione. Cosicché gli consigliai: non glielo faccia più, perché lei non fa altro che trasmettergli la sua inquietudine. Lo yuki che gli faceva la madre era invece impregnato da un forte spirito di competizione, perché lei

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lottava per far diventare ad ogni costo il bambino sano e forte. E’ come quando si cerca di vincere uno stato confusionale o di non arrossire, è peggio; più ci si confonde e più si diventa rosso. E se si combatte la malattia, questa diventa più forte.

L’attività naturale nel corpo.

Le malattie sono una difesa naturale del corpo; per esempio, la diarrea si manifesta quando degli elementi dannosi penetrano nell’organismo. Quando dei microbi penetrano nella gola, questa si gonfia e la febbre si alza. Queste funzioni fungono da pulizia generale. Opporsi a ciò, impedendone il regolare decorso, è ridicolo. Per molto che uno possa lottare, è ovvio che l’uomo invecchia. Combattere queste funzioni fisiche non è ragionevole; ma dirò di più, lottare contro tali malattie (in realtà, funzioni corporali) è assurdo. Quando una donna concepisce un bambino, costui non nasce prima dei nove mesi, poiché in solo tre mesi non sarebbe abbastanza sviluppato. La fretta non è sempre positiva: data la sua natura e fin dal momento in cui rimane incinta, iniziano nella donna i preparativi per l’allattamento futuro. L’organismo sa già quello che succederà tra nove mesi. Inoltre, sa che chi verrà al mondo si nutrirà col suo latte, Perciò, appena gli sì da il seno, il bambino succhia subito. Tentare di capire come fa a saperlo ci stupisce. Inoltre questo bambino starnutisce ed espelle dei gas. Egli sa già tutto quello che bisogna fare. Se si spezza a metà il processo naturale del corpo, per esempio la gravidanza, i preparativi per l’allattamento s’interrompono. E non solo s’interrompe lo sviluppo del seno ma anche tutte le funzioni che predisponevano alla maternità (come la secrezione del latte, il parto e l’assestamento del corpo dopo il parto); tutto viene annullato. Quando viene soppresso un processo corporale naturale, spesso si arriva ad uno stato tale che per tranquillizzarci non ci rimane altra scelta che quella di sfogarci, nonostante sappiamo che non si dovrebbe fare. Allo stesso modo, si parla d’atti impulsivi o di piagnucolii infantili: queste manifestazioni dipendono dal fatto che, benché non abbia più nessun motivo per farlo, per esempio, dopo aver ottenuto un dolce, non è scemata nel bambino l’energia destinata all’atto di piangere. I disturbi che sorgono nel corpo generano la capacità di resistenza attraverso diversi processi, come la febbre o la sudorazione. Lasciando sfogare questi processi, il corpo ritorna alla normalità in

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modo naturale. Pertanto, cosa succede se questi sono interrotti? Non capendo il motivo per cui l’uomo si ammala, di solito, si tratta quest’ultimo in modo tale da ridurre al minimo le sue sofferenze. Ma per poter crescere, fin dall’infanzia è necessario acquistare la capacità di resistenza per far fronte alla presenza di molti microbi o per superare qualsiasi circostanza. Un adulto deve essere in grado di lavorare in qualsiasi posto. Perciò, allevare i bambini partendo dal princìpio che non si devono ammalare, equivale a conservarli sotto un teca di vetro, ottenendo il risultato che saranno più deboli di fronte al futuro. Se si interrompe lo sviluppo della malattia, il corpo del bambino si svilupperà in modo tale che un giorno, più in là, crollerà o non riuscirà a sviluppare la sua forza.

Superare i cambiamenti con le proprie forze rende il bambino più sano e più forte.

Un corretto metodo per allevare i bambini non consiste nell’evitare loro le malattie, ma piuttosto nel lasciarle passare, confidando nelle capacità naturali del corpo. Ammalarsi e non guarire con l’aiuto delle proprie forze, non ha senso. Invece, si pensa sempre che senza l’aiuto di qualche trattamento non si riesce a guarire. Quando ci tagliamo, è naturale che la ferita si rimargini, aspettiamo che guarisca da sola; però, se i lembi non aderiscono naturalmente, non ci sarà guarigione. Benché si unisca o si suturi la ferita per accelerare il processo di guarigione, non possiamo sapere in modo certo se questa guarirà più rapidamente. Soltanto quando la propria forza fisica avrà fatto il suo lavoro potremmo considerare la ferita veramente guarita.

Il corpo sa meglio di chiunque.

Anche se di solito si dice che il morbillo è contagioso, se il momento non è propizio, non c’è contagio neanche quando si sta vicino ad un malato. D’altronde, se si cerca di prevenire il morbillo, può sorgere una polmonite. Quest’anno ho visto molti casi di morbillo sul punto di diventare polmoniti. Se si fa il vaccino nel momento propizio per il corpo ed in modo corretto, è accettabile. Ora, quando il corpo si ammala di morbillo in modo naturale, ciò significa che ha scelto il momento adatto. Per questo motivo, non è raro che il bambino ritorni a casa contagiato dopo aver fatto soltanto un giorno d’asilo, ed invece, in altri periodi non c’è contagio nonostante i bambini stiano tutti insieme. Perciò se si supera il processo senza perturbarlo, lasciandolo gestire dal corpo, quest’ultimo, in seguito diventa più sano e più forte. Quando stiamo in viaggio, se nel nostro corpo manca acqua, il panino sembra asciutto e non sa di niente e ci viene voglia di mangiare delle palle di riso (niguirimeshi). E se in quel momento ci offrissero un tramezzino, saremmo molto seccati. Per ottima che sia

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la cucina, se il momento non è adatto, non ci soddisfa. Se uno si mette in bocca contemporaneamente un dolce di fagioli rossi (oshiruko) e una bistecca, nessuna delle due cose sono buone. Se li mangiamo separatamente, allora piacciono; di conseguenza, mischiare tutto e mangiare senza pensare a dare un ordine alle cose o farlo in fretta e senza attenzione, non ha senso. Quando nella gola si introduce della polvere di tabacco, ci viene la tosse. Se questa penetra nel naso, starnutiamo. Nell’occhio, versiamo lacrime. Benché si tratti della medesima sostanza, in base a dove si introduce, cambiano le reazioni. Secondo determinati sintomi, siamo in grado di appurare dove risiede il male; tuttavia, per quello che riguarda il buon fine ed il tempo che occorre per la guarigione, nessuno meglio del corpo sa qual è la cosa più appropriata. Ora, per quanto si facciano studi sulla nutrizione e la dietetica, si analizzano soltanto gli alimenti. In quanto poi a riuscire a determinare il destino di ogni singolo alimento, questo è un’altra storia. Benché ultimamente sia stato dichiarato che il fosforo si depositi sulla tiroide, ciò non ci porta molto lontano. Perciò non è stato ancora stabilito il modo in cui gli alimenti si modificano e in che quantità vengono assimilati e neanche come si distribuiscono una volta assimilati, o perché ad un tale gli piacciono certi cibi e non altri. In ogni caso, prediligiamo le cose che ci sono più consone, ma non sappiamo perché abbiamo voglia di mangiare un certo alimento. Tuttavia, l’uomo, forte delle sue conoscenze sulla nutrizione, crede che riempiendosi di cibo, qualcosa verrà assimilata per il semplice fatto di averlo ingurgitato. Ora, se il processo di digestione e d’assorbimento non si sviluppa nella pancia, gli alimenti non sono assimilati. Perciò, se qualcuno mangia più di quello che riesce ad assimilare, dopo, non gli rimane altro da fare che liberarsi dell’eccedenza. Fino a quando si elimina attraverso le feci, non succede niente; ma se non ci si riesce, quell’eccesso diventa tossico. Logicamente, mangiare con avidità non ha senso. Nel corpo esiste la funzione che permette di regolare tutte queste attività. L’organismo realizza delle operazioni di cui non abbiamo coscienza. La nostra parte cosciente arriva fino alla gola, e non va oltre. In quanto a come funzioni la vita, ci sono ancora molte cose che non sono state chiarite dagli studiosi. Se non si conosce la parte di un tutto, l’insieme rimarrà poco chiaro. Perché l’uomo vive grazie all’equilibrio di tutti gli elementi e per di più, è pervenuto a quello che è attraverso la divisione di una cellula e non attraverso l’unificazione di pezzi diversi. Per cui, una cattiva formazione di una parte del corpo compromette

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la sua totalità.

Spesso le cose sembrano non molto diverse tra loro.

La differenza fra un maschio ed una femmina dipende da un cromosoma. Tuttavia, facendo il paragone fra l’uomo e la donna riscontriamo molte differenze; in primo luogo, l’uomo non dimostra lo stesso coraggio e non ha nemmeno la stessa serenità e lo stesso valore della donna. Tutte le donne sono forti. Hanno più “geni” e sono in maggior misura benedette dalla natura; si risanano e si puliscono attraverso le mestruazioni. In quanto al maschio, la sua capacità d’eliminazione non è come quella che si compie attraverso le mestruazioni, nonostante bisticci quando si ubriaca col saké. Tuttavia, le donne fingono di essere deboli e dicono che gli uomini sono dei tiranni, ma in verità, le donne sono superiori agli uomini. Adattandosi di più alla natura, assimilano meglio gli alimenti. Perciò sono in grado di alimentarsi sia di patate dolci che di foglie di rape. Per cui, anche rispetto alla stessa stanchezza, esse si recuperano prima di loro e possiedono un corpo che può sopportare, anche con una dieta povera, infinite fatiche. Evidentemente, l’uomo non è come la donna; è un animale molto misero e perciò vive come vive. Questa è la mia impressione. Non penso mai che le donne siano deboli. Mi criticano affermando che sono testardo e sconsiderato; invece, sono sempre spaventato. Il maschio è fatto così. E questa peculiarità deriva da una semplice differenza di cromosomi: nel maschio ci sono tre X e nella donna quattro. E’ tutto ciò che differenzia l’uomo dalla donna. E che differenza c’è fra il seme che si trasformerà in un grande albero di belkova chiusa e quello dell’ipomea? O quello della melanzana viola con quello del peperone verde? Se li seminiamo, ce ne accorgiamo subito, appena esce uno germoglio, ma prima non è facile. E tuttavia, dovuto a questa differenza minima, un individuo che può sembrare molto coraggioso, nasconde un indole pusillanime ed al contrario, un altro che sembra molto timido, di fatto è grossolano. (anche se, spesso l’atteggiamento di ognuno dipenda dalla quantità di soldi che ha in tasca).

La malattia è un desiderio d’equilibrio.

L’armonia delle funzioni scompare appena spunta la più piccola anomalia. Il corpo sa queste cose. All’inizio, esercitavo la terapia con lo scopo di guarire le malattie, però col tempo incominciai a dubitare, chiedendomi se queste non avessero un loro compito. Riflettendo e osservando accuratamente, mi accorsi che chi si ammala si trova in uno stato tale che non può fare a meno di ammalarsi. Contrarre una malattia e superarla, vuol dire eliminare la stanchezza accumulata finora, di modo che, in seguito emerga la vitalità sopita. Dunque, non sarà che la malattia

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servirà a risvegliare questa forza che rimaneva latente? Osservando con l’aiuto di uno stabilografo la distribuzione del peso di una persona inclinata a sinistra, costatiamo che se il suo corpo cerca di adottare una postura più verticale, gli viene la diarrea. Con la diarrea, l’organismo si stabilizza e dopo si mantiene in salute. Le persone che hanno la tendenza ad inclinare il corpo in avanti, si raffreddano quando s’inclinano più del normale. Ora, dopo aver superato il processo, il giro vita si dilata o si allarga e subito dopo l’inclinazione si corregge. Perciò, mi chiesi se sia il raffreddore che la diarrea non rappresentassero delle funzioni regolatrici dell’organismo, e se così fosse, la malattia non sarebbe priva di senso. E in questo caso, sarebbe meglio lasciare che il corso della malattia si sviluppasse completamente, piuttosto che intervenire bloccandolo. Le persone che adottano questa logica, alla fine della malattia sono più sane di prima. Tuttavia, se si attua in questo modo non pienamente convinto (cioè con paure o apprensioni), il ki si altera e il corpo si debilita. Il motivo per cui cominciai a pensare che lo sviluppo della malattia si doveva compiere, si collega al fatto di essermi accorto che le persone che lasciano che la malattia segua il suo corso, in seguito diventano più robuste. Osservando il loro volto, si nota che la pelle e più limpida e meno torbida. Se chiedo a qualcuno se ha avuto un raffreddore, mi risponde di si. Me ne accorgo, notando la trasparenza e la limpidezza della sua pelle. Invece, le persone che troncano o reprimono la malattia con delle medicine, in seguito si debilitano sempre di più e si ammalano di nuovo; e una volta concluso il disturbo continuano ad avere la stessa faccia torbida di prima. La verità è che, sebbene uno sia pallido durante la malattia, appena cessano i disturbi, la pelle diventa più limpida e trasparente. E’ opportuno che il corpo si modifichi di modo che, per esempio, non si stanchi quando lavora; e se questo non succede, vuole dire che lo sviluppo dei suoi disturbi non è stato completo.

L’attività interna nello yuki.

Cosa succederebbe se si facesse yuki trasmettendo un ki allegro e vivace, evitando il ki triste,? Abbiamo fatto la prova. In realtà, toccare il corpo non è necessario: Basta che il ki si comunichi. E quando si comunica e dà luogo ad una reazione, non si sa cosa succede, però nell’altro si produce un cambiamento favorevole. La cosa certa è che non si deve trasmettere un ki in cui c’è dell’inquietudine o un atteggiamento competitivo. Poggiando la mano con la mente schietta e tranquilla, si potrebbe dire in tenshin,

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qualcosa nell’altro migliora. Pertanto, pensare o desiderare che l’altro migliori è un’attitudine mentale elaborata dall’uomo; e lo è altrettanto pensare che il ki diminuisce se lo si utilizza. La natura del corpo è tale che, se si usano le braccia, queste s’irrobustiscono e se si usano le gambe, queste si sviluppano. Se si usa il cervello si riesce a pensare più profondamente. Allo stesso modo gli organi non perdono vigore se li si adopera. Il ki, neanche; se si fa yuki col ki allegro, l’allegria aumenta sempre più; e se uno fa dello yuki vivace, il ki vivace aumenta ugualmente. E non diminuisce assolutamente se lo si dà o lo si usa. Comunque, una cosa è fare yuki, e un'altra è sapere se il ki è stato trasmesso o no. Di fatto, concentrando la mente nello yuki, qualcosa va cambiando. Cosa cambia: il corpo, la mente o il ki? Non si sa cos’è, ma in ogni modo, sia chi lo fa sia chi lo riceve lo sentono. E’ come una gradevole sensazione, come il chiarore che filtra attraverso lo shoji (porta di carta scorrevole), che però, da luogo a molti cambiamenti. Quando qualcuno si ferisce, facendo yuki, sia le ferite esterne che le ferite interne guariscono più facilmente. Quando si pratica, succede qualcosa di strano. In altri tempi, lo insegnavo come metodo terapeutico con l’imposizione delle mani, e tutti miglioravano col solo poggiare le mani. Anche se si hanno dei dubbi, il fatto succede lo stesso e dopo quando lo si pratica non si può fare a meno di crederci. E di fatto, la cosa comincia ad interessare un po’ tutti. Poco tempo fa venne da me una persona con la gamba fratturata. Questi casi si risolvono più facilmente se si pratica lo yuki dopo che uno specialista abbia ricomposto le due parti dell’osso. Tuttavia la persona in questione insisteva per curarsi solo con lo yuki. Altri si sono già curati così: perciò, non dico che questo sia sbagliato, però, feci notare al mio visitatore che, conoscendo la costituzione dell’essere umano, era meglio se si faceva yuki dopo aver riunito le due parti dell’osso. Ciononostante insistette in fare in modo diverso e nondimeno si curò da solo. Lo yuki, quando si realizza come in questo caso, riesce non solo a cambiare il corpo ma anche l’attitudine mentale. C’era una persona che faceva yuki su un tumore. Molti credono che sia strano pensare che un cancro si possa curare in questo modo, e la pensano così perché sanno che ancora non ci sono medicine capaci di contrastarlo. Di fatto, anche il cancro è prodotto dal corpo umano e non è il frutto dell’applicazione delle nostre conoscenze. Perciò, se si fa yuki al cancro provando disgusto per la sua esistenza, e interrompendo quando questo smette di riprodursi, è possibile che questa anomalia smetta di crescere. Le anomalie che compaiono nel corpo come le verruche, si eliminano in certi casi facendo yuki imponendo una pressione su di esse. Ed anche le escrescenze nello stomaco o l’antrace scompaiono a volte allo stesso

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modo. Per cui, sia l’interno che l’esterno del corpo non presentano grande differenza.

La comunicazione di un ki ad un altro.

Non è che il ki si trasmette dall’esterno. Probabilmente sorge dall’interno, quando si comunicano e reagiscono a vicenda l’uno e l’altro ki. Tutti hanno forza d’animo; anche una persona che sta per morire ne ha. Perciò quando qualcuno che ha forza d’animo, impone le mani ad un moribondo, sorge in quest’ultimo la stessa disposizione interiore. Lo stesso succede in un gruppo di guardoni: quando si è insieme, si arriva a fare delle cose che non si potrebbero immaginare di fare da soli. Se la forza d’animo si manifesta, è possibile superare la malattia da solo e senza aiuti.

Grado di concentrazione del ki.

In ogni modo, la densità del ki cresce se si concentra la mente con forza; il ki aumenta. Se l’individuo desidera vivere, a quel punto si risveglia il ki di miglioramento, se invece si avvia verso la morte, allora gli si risparmierà di soffrire lasciandolo morire come se stesse dormendo tranquillamente. Il kanno (comunicazione e reazione) dello yuki è così. Nonostante ciò, ho conosciuto una vecchia signora di settanta e dispari anni che è riuscita a prolungare la sua vita di due giorni solo perché aveva voglia di vedermi, malgrado stesse veramente sul punto di morire. E resistette fino a quando fu in grado di vedermi di persona. E quando fui vicino a lei, l’anziana signora sperimentò un dispiacere così grande di morire… che non morì. Quando faccio yuki, non manifesto il sentimento di “voler far vivere”. Ci sono delle volte in cui penso: visto che è vecchio, sarà meglio che muoia. Dato che ho già una certa età, mi sembra che anche per me non sarebbe male rinnovarmi. Tuttavia credo di non avere neanche io molta voglia di vivere: non ho più abbastanza entusiasmo per continuare a vivere. Ora, normalmente, quando c’è ancora vitalità, non rimane tanta voglia di vivere, e al contrario, chi si ostina a vivere ad ogni costo, n’è privo. Chi si rassegna all’idea di morire in qualsiasi momento, possiede ancora vitalità, e non si aggrappa alla vita con tanta avarizia. Personalmente, non mi sento molto animato, però se faccio yuki ad altri, avvicinandomi soltanto, tutti si rianimano. Guardandoli e chiacchierando con loro, spunta in loro la forza e lo stimolo di vivere e, poggiando la mano, senza volere, riprendono vigore. E’ probabile

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che questo succeda perché il ki che c’è in me si comunica, facendo reagire e risvegliare il ki che dorme in loro. In ogni modo, il kanno (comunicazione e reazione del ki) si produce concentrando intensamente la mente su una parte del corpo. Chiamiamo kanno il fenomeno che sviluppa la forza interna della persona quando si poggia la mano e si concentra il ki. D’altra parte, inspirare attivamente dalla pancia e mandare il ki all’altra persona con la sensazione di esalare attraverso la mano, lo chiamiamo yuki-ho. E sebbene facciamo una distinzione fra queste due forme, in realtà è un tutt’uno. Succede semplicemente che, quando aumenta o diminuisce la densità di concentrazione del ki, varia notevolmente il processo della malattia.

Rapporto fra il corpo e la mente. Giro vita debole ed ostinazione.

Questo fatto non è limitato soltanto alla malattia. Con questo yuki anche il comportamento dei bambini ostinati cambia. Le persone ostinate hanno un giro vita debole; quando è così, si diventa testardi. Il motivo per cui gli anziano sono testardi dipende dal fatto che hanno la vita irrigidita, e questo stato è alla base del loro comportamento. Questo accade perché per loro è difficile ruotare il corpo; e quello che agli occhi degli altri sembra cocciutaggine non è altro che, di fatto, un movimento eseguito in modo lento. Anni addietro esisteva il Consiglio privato dell’Imperatore, chiamato Sumitsuin. Quando una faccenda da discutere arrivava lì, rimaneva ferma; da cui si deduceva che il suddetto Consiglio era molto prudente. In realtà, non è che i suoi membri fossero particolarmente cauti, ma piuttosto mancavano di flessibilità nel giro vita: ognuno di loro aveva una settantina di anni ed erano diventati cocciuti per colpa dell’irrigidimento della vita. Di modo che, non potevano comportarsi diversamente. In questi casi, facendo yuki premendo sul giro vita, si ottiene come risultato un comportamento più energico e quindi, si possono prendere delle decisioni senza esitare; ossia: si può decidere e realizzare quello che si pensa. Si acquisisce un brutto carattere quando ci sono dei parassiti intestinali; quando i bambini diventano irritabili, conviene far loro yuki sull’ano. Pare che lo yuki non favorisca la riproduzione del parassita. Non è che questo venga espulso, sennonché scompare senza che uno se ne accorga. E così sparisce anche il cattivo umore dei bambini. Ci sono anche adulti che hanno un cattivo carattere, ma questo non sembra sia dovuto ai parassiti, ma che piuttosto sia dovuto al fatto che la sensibilità dell’ano non è adeguata. Ma se si fa loro yuki, cambiano.

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Coccige e testa.

In rapporto col tema dell’ano, i colpi presi sul coccige danneggiano il cervello. Un colpo sul coccige può causare emorragia cerebrale e, in un bambino un’anomalia simile alla paralisi infantile: i colpi peggiori sono quelli sul coccige e sulla zona occipitale. In questi casi si deve sempre fare yuki insistentemente. A volte si commenta che qualcuno è caduto sul sedere; ma se il colpo non è stato preso sul coccige, non importa.

L’ano ed il cuore.

Anche lo sfintere dell’ano è collegato al cuore. Quando ci sono problemi di cuore, la contrazione dell’ano diminuisce man mano. Tutti si preoccupano dell’infarto, ma molti ignorano che il cuore si fortifica quando si contrae lo sfintere anale. E non solo il cuore è collegato all’ano, ma è anche connesso alla capacità di prendere decisioni. Quando si intraprende una azione e lo sfintere anale è rilassato, ci si stanca subito; però se è contratto, non ci si affatica. Posso misurare il grado di decisione misurando il grado di contrazione dell’ano. E nonostante qualcuno dica: sono deciso a fare questo, se il dito penetra facilmente nello sfintere anale, costui non potrà portare a termine il suo progetto.

La bocca dello stomaco e l’emozione.

Sia la tendenza ad arrabbiarsi che la di difficoltà di concentrazione, hanno a che vedere col corpo: in entrambi i casi, la bocca dello stomaco è indurita. Chi crede di essere arrabbiato e nel frattempo ha la bocca dello stomaco rilassata, in fondo non è realmente arrabbiato, poiché l’emozione non è presente. Sia nella manifestazione della collera (in cui sorgono dei cambiamenti psicologici quali: arrossamento, palpitazioni, tremori agli arti) che nella tristezza, non ci sarà una vera emozione se non sarà accompagnata da fenomeni connessi a quel particolare stato.

La testa ed il gran retto addominale.

In giapponese esiste l’espressione “ergere l’addome”, che equivale ad arrabbiarsi. Qualora ci si arrabbia, il muscolo del gran retto addominale si gonfia quando si tende. Osservando il corpo nudo, ci accorgiamo che l’addome diventa duro. In questi casi, la testa appare stanca ed è opportuno colpire delicatamente con le dita il punto II della testa, ossia, il punto dove si incrocerebbero delle linee tracciate partendo dagli occhi e dalle orecchie. Ci fu qualcuno che ebbe l’idea d’utilizzare una sbarra d’ottone per colpire, e di fatto, quando si colpisce con essa questi punti della testa, il ventre si affloscia man mano ed il gran retto addominale si va distendendo. In alcuni, uno dei lati della pancia è particolarmente indurito. Il punto II della testa dello stesso lato è molle e, colpendolo, il ventre si

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ammorbidisce. Facendo yuki in quel punto, anche la pancia diventa morbida. E’ evidente che qualora il cervello si stanca, il ventre s’indurisce; e quelli che hanno avuto la meningite, non hanno un ventre elastico: questo diventa concavo come il fondo di una barca. Nei soggetti che soffrono di nevrastenia, meningite o altre malattie del cervello, la pancia diventa concava ed il collo s’indurisce. In simili casi, colpendo leggermente il secondo punto della testa con il dito, o facendo yuki con le dita poggiate sia sul ventre che sul collo, entrambi si ammorbidiscono. Di conseguenza la persona trattata diventa meno irascibile, smette di essere impaziente e meno dispersiva. Perciò, quando si fa yuki in questo modo ai bambini irritabili o assenti e indecisi, essi cambiano immediatamente. I genitori, inconsapevoli, spesso puniscono e rimproverano i bambini in questo modo: sei molto irrequieto, che equivale a dire: ti manca ki, sei dispersivo. In questo caso, io chiederei loro: lei crede veramente che dicendo: “Sei rosso. Devi moderarti”, potrete correggerlo? Perché quello che in seguito succederà è che, al contrario, il ragazzo diventerà sempre più rosso. Se diciamo ad un ragazzo: hai poco cervello e perciò devi studiare molto, costui penserà soltanto: ho poco cervello, per cui smetterà di studiare e combinerà più marachelle di prima. Perciò, piuttosto che punire, basta fare yuki serenamente sul II punto della testa. Con lo yuki tutto cambia subito. Basta colpire un poco e svanisce quel nervosismo. Non solo il corpo cambia ma anche la psiche. E quando si pratica lo yuki a vicenda, l’aspetto migliora.

L’uomo non può diventare sano e forte con un atteggiamento passivo.

Molti malati non fanno sforzi per curarsi da soli. Invece, per quanto riguarda il corpo, la cosa migliore è fortificarsi da soli. Se qualcuno sentendosi debole, chiede agli altri di essere aiutato, costui non diventerà mai sano. Per esempio: durante il parto, quelli che circondano la madre si affannano per aiutarla, ma più si impegnano, più diminuisce la spinta dello sforzo da parte della madre. Questo è il motivo per cui il parto diventa difficoltoso quando sono presenti molti spettatori: è perché la partoriente si sente oppressa dall’impegno degli altri. Invece, quando lei decide di partorire da sola, riesce a farlo senza difficoltà. Fra ubriachi, quello che si prende carico del compagno, si riprende prima dalla sbornia. In cambio, quello che riceve aiuto non si recupera neanche quando ritorna a casa. Se nessuno si cura di lui, la sbornia si andrà dissipando appena arriva sulla soglia di casa; ma se qualcuno lo accompagna fino a casa, vorrà dimostrare che riesce a dare ordini alla moglie. Immaginate quanto sarà ubriaco!

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Allo stesso modo, un malato capace di accudire un altro malato si recupera prima, ma se a sua volta riceve aiuti, costui non si riprende così facilmente. Rimanendo al letto perché è malato o insistendo nel chiedere aiuto agli altri, non migliorerà in assoluto. Il fatto stesso di pensare di curare la malattia o di voler ricevere dei trattamenti è sbagliato. Se gli manca vitalità, può ricevere yuki da chi possiede un ki vigoroso, poiché lo yuki ha la stessa funzione dell’acqua che alimenta e mette in moto una bomba.

Il trattamento d’urgenza.

Un giorno una persona ebbe un attacco d’appendicite mentre scalava una montagna e dovette ridiscendere aiutata da altri. Nonostante ciò, non riuscì a salvarsi. Ora, per quando riguarda l’appendicite, se si preme il lato destro della seconda lombare, il dolore cessa e si è in grado di scendere con le proprie gambe. Penso che se non si sanno queste cose, fare una scalata in montagna si può trasformare in una pericolosa avventura. Se qualcuno annega facendosi il bagno, stimolando la settima dorsale, riprende a respirare. Stimolando prima fra la seconda e terza lombare, vomita tutta l’acqua che ha ingoiato e dopo averla cacciata fuori, se si stimola la settima dorsale, riprende a respirare. Farsi il bagno è ridicolo se non si conoscono queste cose. E’ ragionevole, penso, che tutti abbiano cognizioni di questo tipo per proteggere se stessi e per aiutare gli altri. Oggi, si tenta di risolvere qualsiasi problema con l’aiuto delle medicine, tuttavia ci sono molte cose che non si possono risolvere esclusivamente con i farmaci. Quando fui evacuato nella regione di Niigata conobbi uno specialista nel trattamento in elettroterapia e altri due medici anche loro evacuati nella stessa zona. Ogni giorno, tutte tre andavano a pescare ed una volta mi invitarono. A quel tempo, avevo a carico una famiglia numerosa (conoscenti oltre che i famigliari), e ci serviva del riso. In paese mi dissero: se serve solo a lei, maestro, glielo daremo. Siamo già tanti qui in paese, e non c’è abbastanza riso per tutti. Era praticamente impossibile che in quella regione il riso scarseggiasse, per cui, andai a passeggiare per il paese, pensando: dovrò fare in modo di trovarlo. Per caso, in quel frangente mi imbattei in un uomo che era caduto dall’ alto e che giaceva a terra senza conoscenza. Visto che sapevo già che quell’uomo avrebbe ripreso conoscenza premendo sulla seconda cervicale, lo feci. E quando ritornai al tempio dove vivevamo, c’era una lunga fila di gente, e ognuno di loro portava con se due chili di riso. Orbene, molti di loro mi chiesero di essere

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trattati. Fra loro ci fu qualcuno che mi portò un sacco di riso. Da quel giorno, in casa il riso comincio ad avanzare, nonostante fossimo in tanti. Bene, si può dire che con lo yuki salta fuori anche il riso… Invece, quei tre individui di cui ho parlato prima, non lavoravano e non facevano altro che pescare. Dissi loro: ma perché non vi prendete cura della gente? Quello che faceva elettroterapia, lavorava esponendo i pazienti alla luce che genera il carbonio quando brucia tramite l’elettricità, e che si chiama terapia con i raggi; e si afferma che questi sono simili ai raggi solari. Di modo che, gli dissi: se sono simili ai raggi solari, un buco praticato nel tetto può sostituire l’apparecchio, visto che il sole di Niigata è più forte di quello di Tokyo, fino al punto che i pomodori seminati dopo maturano prima. Ora, mi sembra ridicolo che ve ne stiate senza fare niente con la scusa che qui non c’è l’apparecchio. D’altra parte, il medico diceva: visto che qui non abbiamo medicine, non possiamo prenderci cura di nessuno. Intanto, gli dissi: anticamente si usavano medicine reperite nel campo o sulle montagne; e in questi posti le erbe medicamentose abbondano per cui, raccogliendole, lei sarebbe in grado di poter esercitare. Lui mi rispose: io non sono un farmacista. E io di rimando: nel corpo umano già ci sono delle sostanze medicinali, sia il succo gastrico che quello pancreatico, la bile, l’insulina e anche l’adrenalina: sono tutte fabbricate dall’organismo. Tutti i rimedi sono predisposti nel corpo per poter essere secreti, adempiendo in questo modo alla difesa per la vita. Lei dovrebbe imparare ai suoi pazienti l’impiego di tali medicine: quelle che ognuno ha già in se stesso. Al che, egli replico: non ho imparato questo metodo. Per cui, non potetti fare a meno di rinfacciarli: lei non è altro che un intermediario fra il farmacista ed il paziente. E con ciò mi assicurai il suo odio, ma non riuscì a fare a meno di pensare in quel modo. Quando si dipende da qualcosa, non si riesce a fare niente se non si ha tra le mani quello su cui si fa affidamento. Nel mio caso, per quanta fretta possa avere, e dovunque mi trovi, in nessun caso mi dimentico le mie mani. Perciò, in qualsiasi momento ed ovunque, posso praticare la mia attività. E con tutto ciò, neanche le mani sono necessarie. E manco è necessario toccare il corpo. Basta animare il ki dell’altro mediante il proprio ki. Se l’uomo riesce a vivere in questo modo, gli specialisti non servono più e scompaiono i problemi di guarigione dovuti alla carenza di medicine, alla mancanza i macchinari o perché i posti negli ospedali sono insufficienti; e tutti possono vivere più comodamente, più agevolmente e con più entusiasmo. Il fatto che

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l’uomo goda di una scarsa salute nonostante stia attento alla sua vita ed a curarsi mediante l’utilizzo di tante tecniche e l’uso di molti farmaci, dimostra che la medicina va indietro. Il vero progresso della medicina consisterebbe in che l’uomo riuscisse a mantenersi sano facendo quello che gli pare. E questo è difficile? No, visto che sia le formiche che i topi ci riescono. Addirittura i microbi, cosi piccoli da essere invisibili, si sono evoluti negli ultimi tempi in modo tale che sono in grado di resistere alla streptomicina. Sono dei microrganismi incapaci di vedere, ma sanno fortificarsi per poter vivere. Non sono stati creati da nessuna fabbrica né si sarà sviluppata fra di loro la ricerca, però, la loro vita si sviluppa impetuosamente e si riproducono.

L’intuizione dell’istinto è più della conoscenza.

Dunque, per vivere in buona salute non c’è assolutamente bisogno delle conoscenze. Se si sensibilizzano l’istinto e l’intuizione che sono già naturalmente predisposti, è possibile conseguire la salute. Malgrado non abbia appetito, l’uomo di solito mangia con il pretesto, per esempio, che è già mezzogiorno o che i vicini lo stanno facendo. Mangia con la convinzione che se non lo fa, qualcosa gli sfuggirà; e intanto mangia anche se non ha fame. Mangia perché è dispiaciuto, mangia perché è contento e mangia, di fatto, per qualsiasi motivo. Per quanto riguarda il lavoro, a volte dice che non gli conviene lavorare perché non è ben pagato ed altre volte, che è inutile fare qualcosa mentre gli altri riposano. Così, reprime il desiderio di lavorare adducendo molteplici scuse e si allontana dalla sua naturale sensibilità: gli esseri viventi, quando stanno senza fare niente, si annoiano e quindi nasce in loro la voglia di fare qualcosa; e se hanno forza d’animo per lavorare, inventano qualsiasi cosa pur di farlo. D’altra parte, ricevere aiuti o trattamenti può ostacolare la percezione delle anomalie del corpo. Di solito si dice, che non raffreddarsi è una cosa sana. Invece, le persone che non si raffreddano mai, all’improvviso crollano; quelli che soffrono di emorragia cerebrale o di infarto al miocardio sono sempre quelli non si raffreddano mai. Se non si smaltisce periodicamente la stanchezza con il raffreddore, la cosa si risolve di colpo. Perciò, rimanere fermo per tenere lontano qualsiasi sensazione anomala o farla scomparire cercando di bloccare la malattia, equivale ad ostacolare la valvola di sicurezza della vita. Esempio: la febbre e l’aumento o diminuzione della pressione sanguigna. Da quando hanno cominciato ad abbassare artificialmente la pressione sanguinea, sono aumentati i

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casi d’emiplegia da embolia. Sia che si abbia la pressione alta che bassa, il corpo distribuisce il sangue in accordo con lo stato in cui si trova. Se ci saranno delle difficoltà di circolazione, la pressione sanguigna aumenterà e in questo modo il sangue circolerà. E appena inizia a circolare, la pressione scende. E’ lo stesso fenomeno che fa sì che, se la pressione dell’acqua è bassa, questa non riesce a risalire lungo il tubo. Allo stesso modo, la pressione sanguina è regolata dal corpo.

Trascurare la salute è anche necessario.

Per il corpo non c’è differenza fra buono e cattivo. L’arsenico cura la sifilide, e in questo caso funge da medicina. Proprio perché è un veleno serve da medicina. Così come si può fare del concime con le erbacce del campo, i veleni e le medicine hanno un identico rapporto. Però se classifichiamo tutto e dividiamo fra buono e cattivo, rimaniamo intrappolati, e se ci sforziamo troppo per preservare la nostra salute, rovineremo il nostro corpo. Se una macchina riesce a circolare è grazie all’attrito dei pneumatici con il terreno. E il fatto che possa fermarsi dipende anche dall’attrito; per cui, frenando, la macchina si ferma. Se non esistesse la resistenza o la forza di attrito, non si potrebbe circolare, cosa che succede quando la strada è coperta di ghiaccio. La resistenza è un fattore che si oppone al movimento, ma senza questo fattore non si potrebbe correre. La forma degli aerei è progettata per ridurre al massimo la resistenza con l’aria; però se l’aria non ci fosse, questi non riuscirebbero a volare.

L’equilibrio fra creazione e distruzione.

Quando ci si preoccupa troppo per la salute, il corpo non fa più sforzi per essere sano. Ora, per quanto scompaia il disinteresse per la salute, comunque si riuscirà soltanto a ridurre l’attività di distruzione ma non a diventare sano. Il metabolismo si compie attraverso le funzioni di creazione e distruzione e l’uomo vive grazie a questo equilibrio. Perciò è sbagliato se si pensa esclusivamente a curarsi e non si accetta il fenomeno di distruzione. Se “curarsi” equivale alla guarigione della malattia, dobbiamo considerare che questa è una funzione necessaria del corpo, nonostante lo distrugga. Sia ammalarsi che guarire hanno entrambi origine dalla stessa forza della Natura. Sono fenomeni che provengono dalla stessa forza: non si basano su forze diverse. L’uomo nell’arco della sua vita oscilla fra guarire ed ammalarsi. Il corpo si rinnova se gli lasciamo sviluppare le malattie che sono necessarie, e se non si ammala mai, si stanca subito. Credo che si dovrebbe considerare il buon uso della malattia, visto che il corpo possiede tale capacità. Invece, tutti vogliono per forza recuperarsi ed eliminare il dolore. Però, se il dolore non

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esistesse, non potremmo sapere dov’è il disturbo. Il dolore è un campanello d’allarme che ci mette in guardia ed è l’espressione dell’attività interna che tenta di risanare il corpo. C’era una persona che aveva nella pancia dei residui accumulati e soffriva quando li doveva espellere. Ciò dipendeva dal fatto che, sulle pareti dell’intestino c’erano molte scorie attaccate, per cui, era normale che ci fosse un’attività di pulizia. Se questa viene provocata da un aiuto esterno, la forza dell’individuo non si mobilita, dunque, più ci si protegge, più ci si debilita.

L’attività degli esseri viventi e le imposizioni.

Lo zelo da parte di chi pretende far pascolare una vacca spingendole la testa con la mano, cosa che in Giappone chiamiamo “lo zelo dell’anziana”, non è zelo, ma piuttosto una soddisfazione egocentrica da parte di chi cerca di aiutare. Chi si prende cura di un moribondo, si rasserena quando prodiga ogni sorta d’aiuti con il pretesto che è una cosa necessaria. Ma ciò equivale a mettere contemporaneamente in bocca a qualcuno che non ha fame, carne, dolce e pesce crudo, pensando di nutrirlo e sperando che fra tutte, una di queste cose gli piacerà. Con un comportamento simile, è probabile che muoiano anche coloro che avrebbero la possibilità di continuare a vivere. Ciò che voglio dire, è che simili attenzioni non sono opportune, sebbene ciò non significhi che non bisogna essere attenti. Siccome osservo attentamente gli esseri viventi, posso affermare che non è sempre possibile dare delle definizioni o delle certezze. Benché si dica; domani farò questo, fino a quando quel giorno non arriva, non si può essere sicuri di niente. Può darsi che nel frattempo ci stanchiamo; possiamo morire, ammalarci o avere un incidente. Non si sa mai che cosa succederà domani o l’anno prossimo. Invece, si può sapere quello che succederà fra cento anni. Possiamo affermare che fra cento anni saremmo tutti morti. Quindi, è difficile sapere quello che accadrà l’anno prossimo o domani o dopo domani. Se l’uomo ubbidisce, assecondando ciò che gli viene imposto, significa che non ha la forza di vivere. Se riprende energia, non dice “si”, ma: la penso in quel modo o penso di fare in un altro modo. In pratica, non lo si può costringere; così è la vita, così l’essere vivente. Per esempio, si parla tanto della legge di gravità, però se la mela non è matura non cade. Lo fa soltanto quando è in condizione di separarsi dal ramo e non ha più bisogno di trarre nutrimento dal ramo. Ossia: cade per un desiderio bio-fisiologico. Intanto se la studiamo come se fosse un oggetto inerte, cade per effetto della

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legge di gravità. E’ difficile, anzi è impossibile predire come quando e che cosa farà un essere vivente e questo ”movimento vitale imprevedibile” si compie costantemente. Nel caso della divisione cellulare, anche volendo, non si potrebbe dividere una cellula in un punto determinato per ricavarne due. Se aiutiamo per compassione un bambino che è caduto, da quel momento in poi quel bambino non si rialzerà più da solo. E non saranno poche le volte in cui troveremo il bambino strillando perché si trova in quelle stesse condizioni. Chi lo avrà aiutato a rimettersi in piedi, continuerà a farlo perché, così facendo pensa di essere più premuroso; però se, quando il bambino sarà diventato grande, qualcuno si lamenterà che costui non ha una mentalità indipendente, la colpa sarà di chi l’avrà aiutato. Per quanto riguarda gli esseri viventi, come dicevo prima, non si può determinare quello che per loro è più adeguato. Non solo l’iperprotezione è assolutamente sbagliata, ma perfino un appoggio che ci sembra opportuno o logico a volta è distruttivo. Tutto dipende dallo stato interiore della persona. Per questi motivi ho smesso di esercitare la terapia e ho iniziato ad insegnare a molta gente la comunicazione del ki, approfittando del fatto che attraverso di esso si realizza il kanno.

Il kanno agisce tra gli esseri viventi.

So di una certa persona che vinceva sempre il premio della mostra di crisantemi del parco di Hibiya, e la cosa certa è che i fiori erano più grandi perché faceva loro yuki. Anche per l’ipomea è lo stesso; con lo yuki, il fiore diventa più grande. Sarà che in quel modo è in armonia con la natura. C’è un tipo che fa yuki soltanto ai pesci tropicali dal giorno in cui uno dei suoi pesci che stava morendo si riprese in questo modo. Sono stato io ad insegnare a quel tipo la tecnica dello yuki, però, non pensavo che avrebbe funzionato con i pesci tropicali: visto che in noi esiste il desiderio di moltiplicare la propria specie (perciò abbiamo dei figli), credevo che lo yuki ci piacesse proprio perché abbiamo questo tipo di desiderio. Invece, c’è una persona che lo fa soltanto ai cani di qualsiasi razza. Tempo fa mi chiese: per espellere i parassiti intestinali, che bisogna fare? Dissi: verranno fuori se fa yuki sulla 9.a

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vertebra dorsale, pensando che si trattasse di una persona. Pare che i parassiti uscirono e in seguito egli mi commentò: lo yuki è molto efficace: è cresciuto di colpo. Mi sembrò strano, fino a quando capii che si trattava di un cane. Quella persona, quando si esprime parla come noi, non abbaia affatto ed è un essere umano. Quindi, fra gli esseri viventi di ogni specie sembra che si realizzi il kanno. Aggiungerò che anni addietro, feci yuki ad un cavallo da corsa; si era fratturato una zampa ma poi riuscì di nuovo a correre. La cosa fu a tal punto apprezzata che fui gratificato con una somma di denaro così grande che mi comprai una macchina. E’ per questo che ho una macchina dall’età di sedici anni. Dato che la comprai con dei soldi che avevo guadagnato, ero molto orgoglioso. Possedevo una macchina non grazie alla gente ma grazie ad un cavallo. Non mi pare che le cure propinate alla propria specie siano così apprezzate visto che da allora non ho mai ricevuto gratificazione maggiore. In ogni modo, sia con il cavallo che con il cane o il gatto, si possono avere buoni risultati. Una delle persone a cui lo insegnai, commentava: l’uomo mente e perciò non mi piace fargli yuki; ma i conigli non mentono e mi piacciono di più. Quindi faceva yuki soltanto ai conigli. Fra tutti gli esseri viventi, di qualunque specie, si stabilisce il kanno.

L’essenza dello yuki. Il kanno fra le anime.

Può darsi che lo yuki di cui parlo, non sia come il kanno dell’anima umana, bensì una forza molto più fisica o fisiologica. Tuttavia, non faccio yuki in questo modo, poiché questo tipo di forza fisica o fisiologica, per minuscola che sia, non è altro che una proiezione della materia. Secondo alcuni, si è tentato di dimostrare attraverso molteplici sperimenti che lo yuki ha la stessa funzione dei raggi alfa o beta. Però, quando ha luogo la comunicazione del ki, nonostante l’altro si trovi negli Stati Uniti, e per quanto possa essere lontano, un effetto si produce e, al contrario, sebbene l’altra persona stia vicina, se tale comunicazione non si produce, non ci sarà nessun effetto. Così è la caratteristica del ki. Perciò, se il kanno si mette in moto attraverso il ki è perché dietro a questo, c’è qualcosa che non è ne fisico ne fisiologico. E penso che sia giusto considerarlo il kanno dell’ anima. Tuttavia, c’è chi dice che usare la parola anima è antiquato. Comunque, la mia macchina ha venti anni, il giradischi che uso

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normalmente più di trenta e anche l’accendino più di venti anni; e visto che anche io sono vecchio, è logico che usi delle parole antiquate. Credo che è giusto usare la parola antiquata “anima”. Faccio yuki con il proposito di stabilire il kanno dell’anima. A ciò mi dedico totalmente. Non lo faccio mai con superficialità, lo faccio con la punta delle dita e quindi tutta la persona comincia a muoversi. Se non è così, non posso considerare che si faccia yuki. Comunicare il ki che esce dalla mano o curare una ferita mediante il ki, può darsi che sia fisiologico; però, credo che proiettare la propria anima verso quella di un altro per scuoterla e risvegliarla è il modo più ortodosso di fare yuki. Tutti hanno ki: si può comunicare il ki allo stesso modo in cui un magnete attrae il ferro. Non ho iniziato questa lezione per parlare di probabili teorie o per fornire degli argomenti teorici, ma perché ho scoperto un metodo per fare uscire il ki dalle mani di chiunque, e l’effetto è immediato appena si poggia la mano. Il problema dell’interpretazione di questa pratica, è affare vostro, e potreste considerarla come il ki fisiologico che esce dalla mano che a sua volta si trasforma in una funzione fisiologica. Ci si creda o meno, di fatto, fra chi lo fa e chi lo riceve si crea il kanno. In questo senso, è fuori del campo della psiche. Semplicemente, poggiando la mano e facendo yuki qualcosa va cambiando. Perciò, questa pratica è realmente interessante. Non si sa quando finisce lo yuki. Lo yuki si realizza appena sorge la sensazione di kanno e, qualora sembra sufficiente, si allontana la mano. Per questo motivo è impossibile che lo pratichino i professionisti, visto che per loro fare un’ora di yuki ad uno e un minuto ad un altro, non è corretto. Però, in verità, con un minuto si sortisce un effetto migliore. Il corpo umano è per natura perfetto, e quindi, è giusto dire che meno si interviene con elementi esterni, meglio è. E toccare con la mano costituisce anch’esso un fattore esterno; appunto per questo, la cosa migliore è che il tempo in cui si tocca sia breve. Ossia che sia il più breve possibile, affinché il processo avvenga con un aiuto quasi impercettibile. E fare yuki come se fosse qualcosa di molto importante neanche è buono; e farlo fino a stancarsi è ancora peggio. In realtà, la cosa migliore è che il diretto interessato migliori davvero da solo senza il bisogno di essere toccato: per esempio, col

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solo vedere la vostra faccia. Per ridurre i tempi, sto studiando per tentare di captare il punto chiave. Non è che si è più bravi per aver trattato qualcuno per un’ora o meno bravi per avergli dedicato un minuto. Lo yuki non è qualcosa che dipende dalla ragione o che può adattarsi a qualche forma concreta o professionale. Perciò insegno yuki a chi vuole praticarlo in casa, ma non ai professionisti che non lo fanno seriamente, perché lo considerano poco serio; ed inoltre ed a priori dicono: se lo faccio con tutta la mia anima ed a molta gente, mi stancherò; per cui non conviene impegnarsi troppo. Però, ognuno non possiede che una vita sola, e quindi, nonostante vengano da me cento o duecento persone, mi dedico ad ognuno con un impegno totale. Per dieci anni, dopo la guerra, ho insegnato esclusivamente a professionisti, ma mi sono reso conto che ciò era inutile e sono giunto alla conclusione che se fra le persone che venivano ad imparare aumentava il numero di terapeuti, sarebbero aumentati anche i malati, perché perfino alcuni arrivano a concepire che se ci sono meno malati, ci sono anche meno guadagni. Così smisi di insegnare ai professionisti. Allora iniziai ad insegnarlo alle madri di famiglia. Il modo migliore per stabilire il kanno è fra una madre ed i figli. Non esiste nessuna madre che pensi: figlio mio, indebolisciti e muori presto. Benché nella vita di tutti giorni ci siano molti attriti, quando i figli soffrono, la madre li accudisce con tutto il cuore.

L’attitudine fisica rispetto al zensei.

La cosa necessaria è che per tutti sia chiara l’idea dell’importanza di questa vita che stiamo vivendo. Vivere cinque minuti è come morire per cinque minuti. Non è che moriremo più in là, sennonché stiamo morendo adesso. Se uno non ha un atteggiamento saldo di fronte alla vita ed alla morte ed inoltre non possiede una visione sul come comportarsi di fronte ai disturbi del corpo, non può vivere con pienezza. E neanche si può agire con una totale dedizione delle proprie forze se si vive al sessanta o settanta per cento, o se si agisce in modo superficiale circondandosi di molte precauzioni. Il metodo che ho trovato per intercomunicare il ki, consiste in che voi formiate una catena prendendovi la mano e che io faccia yuki a quella mano. Così come il ferro si magnetizza quando lo avviciniamo ad una calamita, in voi sorgerà questa forza e dopo basterà che prendiate coscienza che ognuno possiede una simile forza.

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Se concentrate il ki, con una mente chiara, tutti possono praticarlo allo stesso modo. Quello che voglio è semplicemente stabilire una prima occasione. LA PRATICA DELLO YUKI-HO

Gasho e gyoki-ho.

Collochiamo una mano di fronte all’altra ed inspiriamo dalla punta delle dita verso le palme e dopo esaliamo. Respirare con le mani unite ed in modo continuo. Durante la pratica, le palme delle mani si andranno riscaldando man mano fino a diventare del tutto calde. Allora comincerete a percepire alcune sensazioni particolari, come un formicolio o una corrente d’aria fresca; e procedendo con la respirazione attraverso le palme delle mani, si avrà l’impressione che queste aumentano di volume fino a riempire tutta la stanza. E come se il cielo e la terra si collegassero con le dita; si perde allora la nozione di dove si è seduti o la percezione delle proprie gambe e del corpo, e si ha l’impressione che esistono solo le mani e che si stia fluttuando nelle nuvole. Certo, non tutti riescono a captare queste sensazioni fin dal primo momento, ma con la pratica, un giorno si riesce a percepirle. All’inizio, perfino respirare dalle dita verso le palme è difficile, allora è sufficiente respirare immaginando questa sensazione. Adesso faremo la prova, inspirando tutti insieme… Quando si condensa il ki nella palma della mano, percepiamo che essa respira. E ciò, non solo lo percepiamo nella propria mano, sennonché lo sentiamo anche in quella degli altri; provate facendo in modo che un’altra persona punti un dito verso la vostra palma e avvertirete che dal suo dito esce un alito; e, se l’altro muove il dito, questa sensazione si sposta insieme a lui. Se questo si riesce a sentire, si può anche percepire il ki avvicinando la palma della mano sia sul petto che sulla pancia. Se avvertite il ki caldo, la parte interessata lavora troppo, ossia, è in uno stato di ipersensibilità; se è caldo, quella zona è rilassata; se lo sentite freddo, c’è irrigidimento della zona. Credo che, qualunque cosa sia, lo sentirete. Non c’è bisogno che vi avviciniate troppo. Se il ki è in sintonia, nonostante ci sia una separazione, lo si percepisce lo stesso; però, se non c’è intercomunicazione, nonostante stiate vicini, non sentirete nulla: il ki è così. Questa volta metteremo una mano di fronte all’altra lasciando uno spazio di tre centimetri fra di esse e, fissando lo sguardo in quello spazio, entrambe le mani andranno avvicinandosi fino a congiungersi. Quando si uniscono, conviene chiudere gli occhi ed inspirare di nuovo.

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Il gasho gyoki ho si pratica stando correttamente seduti alla giapponese, congiungendo le palme delle mani e con gli occhi chiusi, durante cinque minuti. Indipendentemente dal tempo, l’importante è la densità della concentrazione mentale. Praticare con il ki disperso o perturbato non ha senso: effettivamente, non ha senso stare seduti per molto tempo senza concentrazione.

Il metodo del gyoki nella colonna vertebrale.

Una volta seduti, se è necessario risvegliare la forza fisica, si cerca di far passare il ki attraverso la colonna vertebrale. Il metodo consiste nel respirare attraverso la colonna vertebrale. Quando la respirazione passa lungo la colonna, si comincia a sudare. In essa ci sono delle parti rigide dove è più difficile far passare la respirazione, anche se, una volta queste zone sono attraversate, sorge la mobilità. Semplicemente, col provare a fare scivolare la respirazione, capiremmo quando e come passa. Questo metodo si basa semplicemente nell‘inspirare attraverso la colonna; ma nonostante sia un metodo semplice, quando la mente unifica la forza del corpo, si sviluppa di colpo tutta la forza del corpo. Sia seduti alla giapponese che su una sedia, sia in piedi che coricati, si può sempre praticarlo. All’inizio e consigliabile tenere gli occhi chiusi, ma quando si riesce a farlo, si può praticare con gli occhi aperti. Con un poco d’abitudine, si può praticare mentre si cammina o perfino mentre si lavora. Con questa pratica, le persone indecise o che hanno difficoltà d’azione, sperimentano in modo particolare alcuni cambiamenti. Quelli che si recuperano difficilmente dopo una malattia e quelli che soffrono di denutrizione, devono anch’essi praticarlo. In quelli che non sono ben nutriti nonostante mangino degli alimenti ricchi, il corpo diventa più vigoroso e cambia rispetto a prima, e potremmo percepire come cominci a sorgere più vigore.

Il ki trasparente.

Lo yuki-ho consiste nel trasmettere l’alito nel corpo di un’altra persona. Si può fare sia da lontano, facendo la catena, sia toccando alcune parti del corpo. Si deve mandare l’alito con trasporto, con la sensazione di trasmettere il ki a quella persona e nient’altro. E’ opportuno un ki tranquillo, sereno, trasparente e pulito; per quanto possa essere forte, un ki alterato o rozzo non è conveniente. Lo yuki-ho è un metodo fatto per aumentare l’attività fisica di ognuno, sfruttando il fatto che il ki dell’uomo si comunica e reagisce. C’è chi dubita che ciò sia possibile, ma chiunque percepisca il ki, può farlo; invece per chi non vede oltre gli oggetti, è impossibile.

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Quando scompaiono le nubi, il cielo è sempre azzurro, come il firmamento di autunno quando diventa limpido. Allo stesso modo, quando le divagazioni della mente si dissipano del tutto, appare il tenshin. E stando in tenshin, il ki si comunica. Perciò, quando la mente si calma e le divagazioni che man mano affiorano si dissolvono, si può sentire il ki. All’inizio pensavo che soltanto gli esseri umani potessero percepire queste cose; invece, facendo yuki sull’orecchio di un gatto, l’orecchio si muove, e si può provocare dei sussulti al corpo o dei movimenti alle zampe. Non solo funziona con i cani e con i gatti, ma anche con altri animali. Perfino se si fa alla muffa, alcune crescono ed altre rimpiccioliscono. Anche con la muffa si manifestano questi fenomeni. Ad ogni modo, il ki, in base a come lo si utilizza, può dare vigore all’interno del corpo: specialmente in quelli il cui corpo è danneggiato sorge di desiderio di rimettersi presto in sesto; nei deboli nasce il desiderio di essere forti.

La comunicazione del ki ed il cambiamento del corpo.

Quando si fa yuki ad un’altra persona, questa comincia a muoversi grazie al kanno e in base a come è stato indirizzato il ki. Per esempio, se qualcuno ha preso un colpo e facciamo yuki su quella zona ad una certa distanza, avvertiremo freddo nella nostra mano e comincerà a sorgere in noi una sensazione di brivido; e l’interessato sperimenterà una sensazione di caldo ed un forte movimento interiore indirizzato al recupero della zona in questione. Allora il paziente comincia a sudare e dopo, questa sensazione scompare e anche il dolore sparisce di colpo. Quando accade questo fenomeno, diciamo che il ki è stato trasmesso. Grazie all’attività del kanno, per mezzo dello yuki, si può dirigere il ki di una persona a quello di un’altra. L’induzione del katsugen di cui parlerò più avanti, si può anche realizzare sfruttando questa funzione del kanno, o comunicazione e reazione del ki mutuo.

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L’ESERCITAZIONE DEL SISTEMA MOTORIO EXTRAPIRAMIDALE PRIMA DI INIZIARE LA PRATICA DEL KATSUGEN UNDO E’ il movimento del sistema involontario.

Da quando ho cominciato a consigliare la pratica del katsugen undo, sono passati cinquanta anni. Spiegare ciò che è con le parole è difficile; e più ci s’impegna, più complicato ed incomprensibile diventa. Pochi giorni fa, una persona che lo praticava mi commentò: davvero, si può soltanto dire che è una cosa soprannaturale. Gli suggerii di non fare uso di questo tipo di definizioni ma che si servisse piuttosto di termini che potessero essere capiti da chiunque. Sorrise ascoltando il mio suggerimento. Comunque, è molto difficile spiegare il katsugen undo con le parole. Ora, chiunque senza saperlo lo fa già spontaneamente. E praticarlo, non è per niente difficile. Così come si starnutisce o si sbadiglia senza volere o si preme inconsciamente dove fa male, nel corpo esiste una motricità ed un’attività indipendenti dalla mente cosciente. Ciò non è limitato solo all’uomo ma succede pure in qualsiasi specie animale. Per esempio, il cavallo: scrollandosi spaventa le mosche o si toglie l’acqua che lo inzuppa; allo stesso modo, il corpo, non si sa perché, inizia a muoversi e, sebbene non lo si faccia di proposito, si muove in sintonia con il suo naturale desiderio. Attraverso questo tipo di movimento il corpo regola e mantiene la propria salute, e appunto, questo è il katsugen undo. Perciò, quando proviamo a spiegarlo con le parole, il katsugen undo sembra qualcosa di strano; però se osserviamo chi lo pratica, non è ne miracoloso ne strano: in chiunque scatta inconsciamente nella vita quotidiana.

La postura durante il sonno.

Alcune persone si muovono mentre dormono e in particolare i bambini in pieno sviluppo fisico. Ci sono madri che si lamentano: “Mio figlio ha un sonno talmente agitato che non so cosa fare”. Orbene, una tale agitazione durante il sonno è anche katsugen undo e grazie a questo, la stanchezza sparisce e il giorno dopo il bambino

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si alza contento. La sensazione di stanchezza è dovuta all’indurimento causato dall’intorpidimento della tensione e distensione di certi muscoli. Tuttavia, il corpo cerca di riacquistare elasticità per fare in modo che nella zona interessata possa di nuovo manifestarsi la tensione e la distensione. Così, la stanchezza sparisce spontaneamente, ossia, si risolve appena si scioglie la stanchezza polarizzata in qualche parte dell’organismo. Ora, agitarsi molto durante il sonno significa che questa correzione sta avvenendo involontariamente ed inconsciamente. Sia gli adulti che i bambini lo fanno senza sapere perché e, in questo modo eliminiamo la stanchezza con il cambio di posture. Sia sbattere le palpebre per proteggersi da un granello di polvere pronto a penetrare nell’occhio che il vomito provocato da alimenti guasti sono forme de katsugen undo. Tutto ciò, il corpo umano lo fa in modo naturale e senza averne coscienza. Perciò, la cosa migliore è che il katsugen undo scatti naturalmente e che lo si faccia in modo spontaneo, di modo che non sia necessario dedicare tempo alla sua pratica; allo stesso modo è bene che il corpo vada regolandosi attraverso i cambi di postura durante il sonno. Dedicare parte del nostro tempo nel coltivare la salute o l’igiene e per di più spendere soldi, è un lusso. Il corpo umano è fatto in modo da mantenersi sano senza avere bisogno di tutto ciò.

L’attività interna che mantiene la vita.

Sia i cani che i maiali o le formiche regolano il loro corpo da soli, per quanto ciò non sia impossibile per l’uomo, che in fin dei conti e superiore a tutti loro. Tuttavia, poiché l’uomo possiede un’attività mentale superiore a quella degli altri animali, pensa troppo. Quindi, crede che per curare le malattie sono necessarie le medicine o che occorre spendere soldi per salvaguardare la salute; gli vengono in mente questi espedienti quando in realtà non ne ha bisogno. Parlando del parto, per esempio, ci sono delle donne che iniziano a mettersi la fascia il “giorno del cane ” (giorno del mese che prende questo nome dallo zodiaco cinese) per poter partorire senza difficoltà come i cani. Ora, i cani non usano la fascia, e neanche possono ricorrere ad ostetrici od a ginecologi. Se queste donne volessero veramente imitarli, dovrebbero partorire in sintonia con il desiderio naturale del corpo. Invece, dato che ricorrono ad espedienti inutili, poco a poco finiscono per essere incapaci di partorire in modo naturale. E ciò dipende dal fatto che il loro corpo si infiacchisce, o meglio detto, che il loro giro vita perde vigore. Non credono di poter partorire da sole e vogliono

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essere aiutate nel parto. Ciononostante, è risaputo che, per esempio, non si può andare di corpo se non di propria volontà; perciò, se la donna manca di coraggio per partorire da sola, significa che non sarà per niente un parto naturale. E purtroppo, molte donne pensano soltanto ad essere aiutate. Per quanto riguarda la malattia, succede lo stesso. Si vomita quando si mangia degli alimenti guasti. Se vomitasse un’altra persona al posto nostro quando abbiamo mal di pancia, il problema non si risolverebbe. Ognuno, da se deve badare alle proprie necessità ed inoltre, dobbiamo confidare nelle funzioni fisiche capaci di regolare il nostro organismo. Gli esseri viventi possiedono già fin dalla nascita una costituzione fisica che permette loro di portare a compimento la loro vita. Però, il non rendersi conto di questo, fa sì che essi si dedichino a certe pratiche inutili. Quindi, pensano che altri devono guarire la loro malattia; la donna chiede di essere aiutata a partorire, per esempio. Non avendo fiducia nella propria forza interiore, confidano soltanto nell’appoggio esterno.

I limiti della conoscenza.

Prendiamo il caso del sangue: esiste il fenomeno dell’incompatibilità che si basa sul fatto che la mescolanza di sangue diverso non compatibile provoca la coagulazione. E’ vero che la costituzione fisica dell’uomo è estremamente delicata e precisa, e, nonostante le nostre molte conoscenze e per quanto viviamo in un era eminentemente scientifica, tuttora non si è pervenuto ad elaborare del sangue identico a quello umano. Ed è altrettanto singolare che si pensi a sostituire la medicina casalinga (che è connaturale al corpo) con una medicina elaborata artificialmente, partendo da sostanze estranee. E di chi considera che sia anormale che qualcuno voglia curarsi avvalendosi della funzione naturale ed interna del proprio corpo, non si può fare a meno di dire che abbia una mentalità piuttosto ottusa. Perciò, prima di ricorrere alla medicina sostitutiva bisogna pensare a servirsi di quella casalinga. Per cui, la cosa più giusta è praticare il katsugen undo (visto che così le funzioni naturali si realizzano spontaneamente), grazie al quale, la medicina di se stessi regola il proprio interno.

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Le conseguenze derivanti dalla conoscenza sono alquanto singolari. Per esempio, avventurarsi in un trapianto di cuore costituisce un grande impegno, soprattutto se si tiene conto che l’istinto è in grado di creare un corpo intero senza l’aiuto della conoscenza. Mentre cucina o lava i piatti, e perfino mentre parla con il suo marito, nella donna incinta si sta formando un organismo integro. Pensandoci bene, è più difficile creare un corpo completo che sostituire un cuore con un altro. Tuttavia, in lei ciò avviene senza alcun problema: questa è la capacità dell’istinto. Così è la nostra natura, e per me è poco comprensibile che si pensi soltanto nel fare ricorso agli aiuti esterni.

Il desiderio degli esseri viventi.

Il nostro corpo, nel ventre materno ha creato se stesso, radunando allo scopo tutti gli elementi necessari. Se seminiamo dei cetrioli e delle melanzane nello stesso terreno, i primi crescendo diventano verdi e le altre diventano viola. In questo modo ogni essere vivente si rifornisce di sostanze che sono in sintonia con il desiderio di vita che gli è proprio (così com’è sintetizzato nel seme, per esempio), ed elabora il proprio organismo. Il corpo che vediamo è un prodotto che si è andato elaborando al tempo stesso che riuniva gli elementi necessari allo scopo: tutte le sostanze che occorrono s’integrano attraverso una forza che sta oltre la materia e che non si vede. Dobbiamo considerare che quest’attività invisibile, capace di raggruppare simili elementi, è l’essenza stessa dell’uomo.

La saggezza dell’istinto.

Come tutti gli esseri viventi, elaboriamo il nostro organismo in base al desiderio interno. Perciò, benché uno si ferisca, si cura da solo; e se ingerisce degli alimenti nocivi, vomita; e quando non è abbastanza nutrito, mangia; e quando lo è troppo, smette. Il bebè trasforma già il bianco latte in sangue rosso e anche in feci giallognole, e la ragione di tutto ciò è dovuta alla funzione dell’istinto. La conoscenza non permette di sapere in qualsiasi momento quello che manca e quello che è necessario; invece, il proprio corpo lo sa chiaramente. Perciò, lo stesso pasto a volte si trasforma in feci ed altre volte in sangue. Dunque, da chi abbiamo imparato tutto ciò? Da nessuno. In casa nostra vive una gatta. Quando partorisce i piccoli, lei da sola percorre e compie il processo intero, perfino gli assestamenti post-parto. Da sola lei rompe le acque e porta il tutto a buon fine. Queste cose non le ha imparate da nessuna parte: i gatti non sono mai andati a scuola (la cosa certa è che non ho mai visto una scuola di gatti!); però nonostante ciò, senza averlo imparato da nessuno, il suo corpo sa come partorire. Invece, visto che l’uomo dà importanza

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all’apprendimento e alla pratica, egli orienta la sua vita diversamente; ma, per quanto riguarda il mantenimento dell’organismo, non si possono risolvere certe cose con l’utilizzo dell’ apprendimento. Effettivamente e fin dall’inizio, il corpo è sorretto dalla sapienza della natura, cioè dall’istinto. Perciò, è completamente illogico credere che per mantenere la salute sono necessarie le conoscenze.

Il modo di pensare sull’igiene.

C’era una persona che si affannava a masticare moltissimo il cibo perché gli avevano insegnato che era consigliabile masticarlo accuratamente. E’ probabile che tale pratica favorisca l’equilibrio del corpo, poiché lo stomaco in questo modo lavora di più, grazie all’aumento della secrezione della saliva, anziché cuocere il cibo per molto tempo. Ora, se si pratica a lungo questo metodo, si comincerà ad avere mal di pancia appena si mastica di meno. Ci sono anche delle persone che raccomandano di mangiare il riso stracotto, e affermano che il riso cotto normalmente non è salutare. Invece, se si mangiano esclusivamente cibi teneri, nonostante all’inizio siano benefici per il corpo, quest’ultimo si adatterà man mano e si indebolirà. Per cui è possibile che masticare accuratamente permetta, forse, il sostentamento quando si ha uno stomaco debole, tuttavia, non è un buon metodo per fortificarlo. C’è chi, quando si raffredda si mette al letto ben infagottato con lo scopo di conservare il calore, ma in questo modo scompare la necessità che il raffreddore guarisca. Dato che il corpo entra in attività per un suo desiderio interno, se non gli lasciamo sentire l’esigenza di correggersi da solo rapidamente, egli non svilupperà il suo vigore. Se vogliamo essere coerenti, per quanto possiamo essere raffreddati o avere la diarrea, o per quanto possiamo ferirci, è opportuno vivere come tutti giorni: cioè, normalmente. Per cui, se una cosa non si normalizza subito, il disagio stesso provocherà il desiderio di guarire.

Il desiderio di recupero.

Mi chiedo se tanta igiene e tanta attenzione per la salute non mirino ad uccidere il desiderio di recupero dell’organismo, e se curarlo a tal punto non sia piuttosto indebolirlo; se preservare e/o aggiungere quello di cui si ha bisogno non sia altro che mantenere il corpo in uno stato di debolezza. Se ci mettiamo gli occhiali vediamo meglio, però il movimento specifico che incammina verso il recupero della vista viene interrotto. Gli occhiali sono necessari per vedere correttamente se non si vede

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bene, ma ostacolano completamente l’impulso naturale di guarire. Invece la maggioranza delle gente crede che gli occhiali correggono una visione difettosa e che, se non li porta, questa peggiora. Riflettendo, sembra ovvio che un simile modo di pensare è alquanto strano. Di solito si pensa che grazie a determinate sostanze, si fortifica lo stomaco, però irrobustirlo in questo modo equivale a mangiare alimenti teneri masticando bene. Anche se in questo modo migliora il lavoro dello stomaco, in realtà migliora soltanto per mezzo di una forza estranea. Nonostante le ricerche ed i progressi terapeutici, il cancro aumenta senza sosta. Ed è perché si uccidono certi batteri, ma d’altro canto proliferano a dismisura altri microrganismi. L’uomo ripete senza sosta il gioco della donnola (gioco di bambini in cui uno di loro pizzica il dorso della mano di un altro, il quale, a sua volta pizzica il primo, e così successivamente. In questo contesto significa ripetere senza sosta azioni inutili e senza senso).

Il modo corretto di utilizzare il corpo.

L’unico modo per essere davvero sano e forte è di allenare il corpo in modo tale che mantenga la normalità con la propria forza. Chi vuole irrobustire le gambe, deve camminare, poiché se rimane seduto pensando così di averne cura fa peggio e le gambe diventano magre e deboli. Succede lo stesso con il cervello o lo stomaco. Se non lo si usa, il corpo si debilita, ma se si muove, si fortifica. Per cui, alla fine sia i forti che i deboli sono poi quelli che sono, proprio perché usano il loro corpo in un certo modo. Dobbiamo vivere in modo tale che il corpo si fortifichi. Di conseguenza, nessun contributo esterno sortirà effetto, poiché se si vuole irrobustire il corpo, si deve cambiare il modo d’utilizzarlo. La maggior parte delle malattie moderne sono prodotte dalle medicine stesse. E se ci domandiamo se l’uomo è diventato più sano e più forte da quando è stata istituita la Mutua ed i rimedi costano meno, constateremo che non è affatto così. In questo campo, stiamo prendendo la direzione opposta.

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L’ALLENAMENTO DEL SISTEMA EXTRAPIRAMIDALE

Avere coscienza della forza interiore e svilupparla.

Ad ogni modo, l’uomo non ha altra scelta che quella di fortificarsi e diventare sano, prendendo coscienza della sua forza interiore e quindi svilupparla. Dobbiamo vivere col nostro corpo e conservarlo sano spontaneamente grazie all’armonia del suo movimento naturale fra tensione e distensione. E non c’è bisogno di spendere soldi per riuscirci: basta trovare il modo ideale per riposare se siamo stanchi; inoltre, appena si cerca di sviluppare la propria vitalità, si diventa sano naturalmente. Ora, se l’attività istintiva è ostacolata, nonostante progettiamo mentalmente qualcosa, non sempre il corpo risponde. Si dice che sono passati settecentomila anni da quando è apparso l’essere umano sulla terra; e nonostante tutto, la medicina risale a non più di tremila anni fa. Prima, come il resto degli altri animali, l’uomo manteneva la sua salute con i propri mezzi, ossia, con la sua medicina interna. Invece, lo sviluppo della civiltà ha dato vita alla medicina e anche al parto assistito, per esempio. E sono stati anche inventati diversi metodi per conservare la salute.

L’importanza del sistema motorio extrapiramidale.

In poche parole, il katsugen undo è il movimento del corpo che scatta da solo, come lo starnuto, lo sbadiglio, o la mano che poggia inconsapevolmente lì dove duole. Normalmente, si intende il katsugen undo come un metodo terapeutico o come un metodo per preservare la salute, però, benché ciò possa essere uno dei suoi effetti, il suo scopo non è questo. Quando si parla di esercizi o di educazione fisica, di solito si pensa unicamente al corpo in quanto esso si muove in modo cosciente. Invece, si può affermare che quello che ci permette di essere vivi deve di più al movimento fatto inconsciamente che non a quello che facciamo volontariamente. Perciò, il motivo per cui vi raccomando il katsugen undo è che permette di allenare più intensamente il movimento del sistema extrapiramidale (che si fa in modo inconscio) e di servirsene nella nostra vita quotidiana. Come già sapete, il movimento del corpo si realizza attraverso la tensione e la distensione dei muscoli. Orbene, fra questi c’è ne sono di due tipi: volontari, che possono muoversi coscientemente (come

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quelli delle braccia, delle mani o delle gambe) ed involontari, che non si muovono tramite la nostra volontà (come il cuore, lo stomaco, ecc). Ovvero, la motricità del corpo si compie grazie alla combinazione di questi due movimenti: quello volontario e cosciente e quello che si realizza involontariamente. In quanto al movimento volontario, la parte destra del corpo si regge sugli ordini che partono dall’emisfero sinistro del cervello e, viceversa, la parte sinistra si regge su quelli che gli arrivano dal lato destro. Questi ordini sono inviati da quello che in fisiologia è conosciuto come sistema piramidale, i cui vasi nervosi si incrociano dietro l’occipite; perciò, quando si produce una emorragia cerebrale nel lato destro che distrugge quella parte del sistema piramidale, rimane paralizzato il lato sinistro del corpo; e se, al contrario, l’emorragia ha luogo nel emisfero sinistro, si paralizza il lato destro. Oltre al movimento del sistema piramidale, c’e ne sono altri che si realizzano prima che prendiamo coscienza di essi. Esistono diversi movimenti che facciamo senza rendercene conto, per esempio: se un granello di polvere penetra nell’occhio, questo lacrima; se ci spaventiamo, il corpo si contrae o sudiamo freddo o diventiamo rossi senza volere, ecc. Questi movimenti provengono dal sistema motorio extrapiramidale, e sono estremamente importanti nella nostra vita quotidiana. Se mentre stiamo camminando, qualcuno all’improvviso ci mette lo sgambetto, è probabile che cadiamo. Tuttavia, siamo in grado di mantenerci alzati ed anche di saltare con un solo piede; e nonostante ci mettano lo sgambetto inaspettatamente, possiamo anche conservare l’equilibrio su un solo piede di maniera riflessa; ciò è dovuto al fatto che l’attività del sistema extrapiramidale è vigile. In questo modo, l’osservazione ci dimostra che la maggioranza dei movimenti coscienti della vita quotidiana sono resi possibili grazie all’attività del sistema extrapiramidale non cosciente; quindi la motricità che si basa su questo sistema si rivela notevolmente più importante dell’altra. Per esempio, se questa motricità è ostacolata, per quanto uno si alleni a giocare a golf, non riuscirà mai a diventare abile; succederà lo stesso con la pratica del pianoforte, della calligrafia, del ballo. Quando l’attività motoria inconscia proveniente dal sistema extrapiramidale si sviluppa bene, l’esecuzione del movimento cosciente si concretizza tale e come lo si desidera. Conosco qualcuno che insegna la cerimonia del tè. Ultimamente si lamentava che le ragazze d’oggi assumono delle posture sbagliate,

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per cui non riescono a sedersi ben dritte: lo fanno contorcendo le natiche in modo strano. Gli consigliai di far praticare il katsugen undo alle ragazze prima della cerimonia del tè. Egli fece quello che gli avevo suggerito, e le ragazze riuscirono a sedersi dritte. A quel punto, egli impose la condizione che prima di fare la cerimonia, le ragazze praticassero il katsugen undo. Bene, si può dire che quel maestro capì perfettamente il modo giusto in cui utilizzarlo. A parte l’ utilizzo in questo tipo di pratiche, il katsugen undo, può essere impiegato in molti aspetti della vita quotidiana. Quei famosi personaggi della scherma, capaci di schivare per un centimetro l’attacco dell’avversario, ottengono in realtà la medesima cosa di quella che otteniamo noi, di riflesso, quando schiviamo l’improvviso sopraggiungere di un’auto. Tale è il movimento riflesso che parte dall’interno del corpo e che si realizza senza l’intervento della coscienza. Abbondano i casi in cui ci sottraiamo al pericolo grazie ad un fugace attimo di prontezza. Ciò accade perché il sistema motorio extrapiramidale lavora in modo sensibile. Sia i battiti che la respirazione, la digestione, l’attività dello stomaco o l’evacuazione, si realizzano grazie a questo movimento involontario; così come, cambiare posture durante il sonno, accavallare le gambe o sbadigliare, sono tutte manifestazioni del sistema extrapiramidale indirizzate al superamento della stanchezza. Quando uno invecchia, l’attività di questo sistema si intorpidisce e poco a poco, il giro vita si indurisce fino al punto che la motricità cosciente non è più possibile.

Esercizio del sistema extrapiramidale.

Il movimento dell’uomo è il risultato di un’interconnessione tra due tipi d’attività: quella che proviene dal sistema extrapiramidale e quella che parte dal piramidale. Ciononostante, dato che nell’uomo l’attività mentale è intensa, si presta maggiore attenzione al sistema piramidale, grazie al quale si può agire a volontà, che non all’extrapiramidale che funziona inconsciamente. Per questo motivo, esistono molti tipi di ginnastica rivolte al piramidale, dovuto precisamente alla volontarietà della sua motricità; e, in cambio, per l’extrapiramidale, senza ombra di dubbio più importante, non ne esiste nessuna. Nel frattempo, per dare un aiuto allo sviluppo della forza corporale, la Società Seitai ha cominciato a promuovere la pratica del katsugen undo in quanto costituisce la ginnastica del sistema extrapiramidale. In questo momento, ci stiamo rendendo conto che questa pratica

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si sta diffondendo più velocemente all’estero che in Giappone. E, ironia della sorte, sembra che lì capiscano meglio il senso e la finalità di tale movimento; in Giappone sembra che esista la tendenza a praticarlo con uno scopo concreto; per esempio, per superare più velocemente una malattia o per illuminarsi più facilmente. Mi piacerebbe che si praticasse il katsugen undo come la ginnastica del sistema extrapiramidale. Certo, con questo tipo d’allenamento il parto avviene più facilmente; ma, in realtà, partorire senza difficoltà è già di per se una cosa naturale. Il parto avviene grazie alla contrazione dell’utero; tuttavia essendo quest’ultimo privo di nervi sensitivi, mi sembra alquanto strano che partorire sia doloroso. Invece, le donne lo pensano perché sono influenzate dal pregiudizio che il parto sia una cosa dolorosa. Se si rimane con la mente calma, ascoltando la voce della vita interiore, non ci sarà dolore, poiché questa è una delle attività naturali del corpo umano. In realtà, praticare il katsugen undo con lo scopo di rimuovere il dolore, abbassare la temperatura o con quello di farlo diventare una terapia è sbagliato. Di fatto, lo si deve adoperare per mantenere la normalità del movimento fisico.

Igiene e salute naturale.

Fin dalla nascita, l’uomo s’incammina verso la morte. Essere vissuti per dieci anni equivale ad essere morti per altrettanti anni. E’ naturale che il corpo, visto che è fatto per morire, si vada indebolendo man mano che si invecchia; però, almeno nel frattempo in cui si è vivi, ci piacerebbe mantenerlo anchilosato il meno possibile. Quindi, se si pratica il katsugen undo come un allenamento del sistema extrapiramidale, appena si percepisce qualche anomalia, il movimento appropriato compare in modo naturale, e così il corpo si normalizza. Appena si mangia un alimento avariato, si vomita immediatamente; e se penetrano dei microbi, subito compare la febbre. In questo modo si passa dall’anormalità alla normalità. Avvertire caldo o freddo è una reazione protettiva dell’organismo, e questo dipende dal fatto che più si è deboli, più si avvertono queste sensazioni; e, invecchiando, si avvertono ancora di più rispetto a quando si è giovani. Però, sentire caldo o freddo è qualcosa di naturale, e se questo non accade è perché siamo insensibili. Nel corpo, che ha bisogno di proteggersi, tutte le funzioni lavorano con precisione ed il sistema motorio extrapiramidale entra

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in funzione immediatamente: così è fatta la nostra costituzione. Se viviamo in accordo con essa, grazie alla pianificazione ed all’attività interiore del nostro corpo, possiamo affermare che la salute non è poi così difficile da conservare.

Il cammino verso il seitai.

Soltanto la pratica del katsugen undo permette di allenare il movimento del sistema extrapiramidale; e con quest’allenamento, il nostro corpo s’incammina un poco alla volta verso lo stato di seitai. Se mangiamo degli alimenti dannosi, vomitiamo subito; possiamo dormire profondamente e svegliarci sereni; non ci stanchiamo nonostante lavoriamo molto e, anche se ci stanchiamo, la stanchezza risulta gradevole; e se una sensazione piacevole non si produce, significa che qualcosa nel corpo si è intorpidito e che la stanchezza si è accumulata da qualche parte. Qualunque alimento sembra saporito e una piccola quantità è sufficiente per essere ben nutrito; e anche con un sonno breve si elimina la stanchezza. Se si sta in uno stato di seitai, i nostri tempi di attività aumentano naturalmente. Generalmente si afferma che più si dorme, meglio è; o che il cibo deve essere nutritivo. Però, se mangiamo troppo, l’eccesso alimentare si accumula nel corpo e se non si riesce ad eliminarlo, sopraggiunge un’intossicazione. Uno straniero diceva che in Giappone, nel tram si sente l’odore di vitamine; questo significa che tutti qui ne fanno uso in grande quantità, e l’organismo non riuscendo ad assimilarle, le immagazzina (per un motivo simile, le anguille di vivai sanno di crisalide). Dopo essersi nutriti così tanto da puzzare di vitamine, non è per niente logico essere avidi di alimenti molto ricchi. I cani non mangiano quando si feriscono. Ora, poiché la gente mangia in eccesso, le loro ferite s’infettano. Le infezioni sono anch’esse un’attività naturale del corpo. E nelle persone che di norma mangiano troppo, l’organismo cerca di consumare l’eccesso di cibo, e perciò nascono le infezioni, la febbre ed altre manifestazioni anormali di questo tipo. Se, al contrario, riduciamo la quantità di cibo come fanno i cani, recuperarsi da qualsiasi ferita sarà anche più rapido. In generale, quando si sta male si smette di lavorare, cercando di mangiare di più e di stare a riposo, perché così consigliano i metodi vigenti d’igiene e di salvaguardia della salute. La verità è che un corpo sano è in grado di assimilare il nutrimento necessario da pochi

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alimenti. Invece, in casi simile si consiglia la sovralimentazione, di muoversi poco e di dormire molto. Un tale andamento equivale a volere andare ad Est dirigendosi ad Ovest, perché si sta confondendo la cura degli oggetti inerti con la cura della salute dell’uomo, che è un essere vivente. A proposito del riposo: se si riscontrano problemi attraverso analisi, radiografie ed altri esami, di solito si raccomanda una cura di riposo. Però, se permaniamo in questo stato, l’attività del corpo si arrugginisce, e quindi ci adattiamo al riposo e non si sprigiona dall’organismo il desiderio di recupero. Se somministriamo acidi ad un organismo vivente perché ne ha bisogno, ne secernerà ancora di meno; e se gli diamo del bicarbonato perché è troppo acido, l’acidità aumenterà ancora di più. E se gli facciamo una trasfusione perché non ha sangue a sufficienza, la produzione propria sarà ostacolata. In qualunque caso, se si aggiunge qualcosa che non è naturale, l’attività interna del corpo diminuisce; questa è la differenza tra noi e gli oggetti. Perciò, se dimentichiamo la medicina interna del corpo ed adoperiamo quella sostitutiva, diminuirà anche l’efficacia della nostra medicina “casalinga”. Ciò che conviene ad un essere vivente, differisce da quello che serve ad un oggetto. Se in una macchina la pittura si scrosta, anche dopo cinque o dieci anni sarà sempre scrostata. Invece, se il corpo di un essere vivente si danneggia, si cura naturalmente e torna ad essere sano. In questo senso, il corpo è fatto in modo perfetto. Si dovrebbe esercitare questa capacità; invece, quando si sta male si ricorre subito alle medicine, per cui si ostacola la funzione del metabolismo e si ritarda la guarigione. Inoltre, in quel frangente, si mangiano sostanze nutrienti favorendo così l’infezione. Se abbiamo la febbre, prendiamo subito delle medicine per abbassarla, ignorando il ritmo naturale del corpo; in casi simili, si fanno senza pensarci delle cose che perturbano i suoi meccanismi.

Vivere in accordo con il ritmo naturale.

Praticando il katsugen undo, vivendo in accordo con il ritmo interiore del corpo, e rimanendo in armonia con esso, saremo in grado di conservare la salute in modo naturale. Se il ritmo non è perturbato, la febbre sale quando è necessario; e se i microbi ci invadono, la temperatura aumenta in modo naturale facendo sì che per questi ultimi sia difficile sopravvivere; ciò capita, per esempio, quando le tonsille sono infette.

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Invece, normalmente ci si comporta con le tonsille in modo precipitoso, appena si gonfiano, come se fossero affette da qualche anomalia. Le tonsille fanno da guardiane contro i microbi e, se le togliamo pensando che non abbiano alcuna funzione (nonostante lavorino fedelmente), i microbi ci invaderanno dappertutto. Da ciò non bisogna dedurre che le tonsille non stiano male: ma semplicemente, che queste ci informano che attraverso la febbre alta, hanno scoperto un’invasione microbica; inoltre, l’aumento della temperatura impedisce la proliferazione dei microbi, ai quali, in questo caso non rimane altro da fare che ritirarsi di fronte alle circostanze sfavorevoli alla riproduzione ed alla vita. Invece, in generale le tolgono o le cauterizzano, considerando che sono marce e quindi, si intorpidiscono le reazioni del corpo, che non risponde quando sarebbe necessario. Quando la febbre sale a causa dell’ingrossamento delle tonsille, basta sapere che queste fanno il loro dovere e dire semplicemente: “tonsille, vi ringrazio”. E con lo stomaco succede lo stesso: basta mangiare rispettando il proprio appetito fin dal principio. Non è per niente difficile. Se mangiamo quando abbiamo veramente fame, qualunque cosa ci sembra appetitosa; e se questa sensazione scompare, basta smettere di mangiare. Tuttavia, nonostante abbia perso il gusto per il cibo, la gente dice: “non devo sciuparmi” o “questo è molto sostanzioso”, e continua a mangiare. E dopo si lamentano che lo stomaco gli se è rovinato ed inoltre gliene danno pure la colpa; però in realtà ciò che sta male è la loro testa. Nel corpo è predisposto tutto l’occorrente per l’igiene naturale, e, perciò, tutto quello che per esso è buono ci sembra gradevole o delizioso. Di conseguenza, sia che si tratti di tabacco o di saké, basta lasciarli quando non sono più graditi. Se alleniamo il corpo con la pratica del katsugen undo, il nostro essere riuscirà a manifestare in modo sensibile i suoi meccanismi d’igiene e di salute naturale.

La vita basata sul katsugen undo.

I principianti praticano il katsugen undo per un certo periodo con lo scopo di allenarsi. Allenandosi, il corpo a poco a poco si sensibilizza e quindi, il katsugen undo scatta spontaneamente quando è necessario. Ci sembrerà strano ma non lo è, visto che

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questo movimento, sostenuto dal sistema extrapiramidale si compie al di fuori della volontà, quotidianamente e quando il corpo ne ha bisogno. La malattia è anche una sorta di katsugen undo.

Da quando iniziai ad insegnare il katsugen undo, centinaia di migliaia di persone hanno aderito a questa pratica. Fra quelli che si esercitano si parla di effetti miracolosi, perfino alcuni affermano di essersi curati questa o quell’altra malattia. Ed esiste anche la tendenza di raccomandarlo ad altri a seguito di tali esperienze. Visto che queste cose fanno parte del vissuto di ognuno, tutto ciò mi sembra giusto. Però, il katsugen undo non è un metodo per guarire le malattie, poiché la malattia di per se è qualcosa di simile al katsugen undo. Affermerei addirittura che la malattia di per se è già katsugen undo. Inventai lo stabilografo Seitai per osservare la distribuzione proporzionale del peso del corpo: è un apparecchio che misura la ripartizione del peso che grava in sei punti della pianta dei piedi ed in questo modo possiamo sapere che quando il peso grava troppo in avanti, per esempio, è probabile che l’interessato si raffreddi; e se il peso grava troppo lateralmente, verso la destra o verso la sinistra, ci sarà diarrea. Col raffreddore o la diarrea, la sproporzione rispetto alla distribuzione del peso si normalizza. L’osservazione di queste cose ci invita a pensare che la malattia è identica al katsugen undo: un processo necessario per mantenere la normalità del corpo. Quando ci ammaliamo, sono più le volte in cui soffriamo per il dolore provocato da noi stessi che non dalla sofferenza naturale procurata dalla malattia stessa. Questo perché crediamo che la malattia deve per forza essere curata e vogliamo recuperarci ad ogni costo; così l’esito è alquanto difficile. Si parla spesso di gente colpita da malattie croniche, però, con quale criterio si può valutare che queste sono croniche? Non sarà perché vengono curate con medicine confezionate, ossia con medicine sostitutive? Per questo motivo, le malattie sono croniche. Ciò nonostante, è proprio il malato cronico che va alla ricerca di farmaci per i suoi acciacchi. In cambio, se si capisce che tutte le funzioni del corpo si compiono seguendo un ritmo naturale, si comprenderà che la malattia deve seguire il suo corso naturale. C’è chi perfino si stupisce di avere superato una malattia quando ha smesso di prendere farmaci, ma in questo, non c’è niente di strano. Esistono differenze nel modo di pensare. Per esempio, si tenta di scoprire nuovi farmaci con lo scopo di evitare, a qualunque costo, sofferenze al malato. Si pensa che l’unico modo per curare sia quello di scoprire e di somministrare medicine; e poiché si considera che la malattia si può guarire prendendo farmaci, non ottenendo risultati la

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sofferenza aumenta. Il motivo per cui mi sono allontanato dall’attività terapeutica è dovuto proprio a questo, visto che praticare la terapia equivale a risolvere le conseguenze dell’incuria altrui. Per cui, più la mia tecnica è efficace, più gli altri trascurano il loro corpo, ed inoltre, rimangono inerti, con l’idea oziosa che andando di qua o di là, qualcuno è in grado di mettere a posto, senza sforzo da parte loro, gli effetti della loro negligenza. Quindi, praticare la terapia o la cura equivale a raccomandare la dipendenza dagli altri. Così, capii che per fare in modo che la maggior parte delle persone possiedano un corpo sano e forte, l’unica strada da seguire era quella di insegnare e di dare un orientamento sul modo più consone ad ognuno d’utilizzarlo. Nel corpo esiste un’attività naturale che gli permette di correggersi e di regolarsi inconsciamente. Quindi, per coltivarla e svilupparla diamo inizio alla divulgazione del katsugen undo.

La malattia deve svolgere il suo processo.

Se uno riesce ad essere veramente convinto della forza esistente nel proprio interno e riesce a svilupparla, allora la malattia segue il suo processo in modo naturale. E se si supera tutto il processo, il corpo diventa più forte e più sano di prima. Verso fine anno, mi colpì in un occhio: in un primo momento persi la vista. Comunque, conosco abbastanza il mio corpo per capire che sarei guarito in quattro giorni e mezzo. E se non mi ero sbagliato, sarei stato in grado di pronunciare una conferenza già in programma. Per questo motivo passai i primi giorni dell’anno nuovo dormendo; e trascorsi i quattro giorni e mezzo, recuperai la vista. Però, alla fine del mese, mi accorsi che in fondo all’occhio c’era una specie di nuvola indefinita (questo è l’inizio delle cataratte causate da emorragie dietro la retina). In questo stato dovevo andare a fare un’altra conferenza a Kyushu, che dista da Tokyo circa milleduecento chilometri. Normalmente, quando vado in vagone letto, non dormo più di due o tre ore; ma in quella occasione dormii il doppio o il triplo, e alla fine ebbi un raffreddore. Quando arrivai alla stazione, ero zuppo di sudore e quella nuvola nel fondo dell’occhio era scomparsa. Per di più, la mia vista era ancora più acuta di prima. E ciò fu grazie al raffreddore. In quel periodo stavo insegnando questo tipo di cose, ma sperimentarlo sulla propria pelle mi produsse una sensazione molto speciale.

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Perché raccomando il katsugen undo.

La pratica regolare del katsugen undo fa sì che quando il corpo si scombussola, il movimento parta spontaneamente; e con questa reazione il corpo si recupera naturalmente. Quando si arriva a questo stato, si può dire di aver raggiunto lo stato di seitai. Perciò, mentre si pratica il katsugen undo coscientemente, ci si trova ancora nella fase di allenamento; però, quando questo incomincia a sorgere spontaneamente ed involontariamente, poco a poco si sta giungendo allo stato di seitai. Una volta superata la fase iniziale, se il corpo riesce a funzionare quando vuole in base al proprio bisogno, ebbene si può affermare che si è in uno stato di seitai. Per quanto riguarda il katsugen undo, quest’ultimo fin dall’inizio opera in modo naturale all’interno di qualsiasi organismo: in effetti, è l’attività dell’istinto che protegge e salvaguarda il corpo, ossia che tiene saldo il desiderio di vivere. Se dopo aver lavorato ci manca energia, cominciamo ad avere fame e se ci stanchiamo ci viene sonno: questi fenomeni sono della stessa natura del katsugen undo. Quando il movimento è ostacolato, sorge spontaneamente l’attività indirizzata a correggerlo. Alla stregua dei comportamenti d’origine inconscia come alimentarsi o dormire, il katsugen undo è presente fin dall’inizio nel corpo umano. Nonostante abbia a disposizione questi meccanismi, l’uomo vive, chi sa da quanto tempo, senza tenere conto di questa realtà. In realtà, è proprio quando pratichiamo il katsugen undo e quindi siamo sani, che ci sembra strano che l’uomo, dotato di questa capacità preziosa, riesca ad ammalarsi e soffra per il fatto di avere qualche disturbo ed inoltre, sperperi tanto tempo ed energie nel correr dietro alla salute. Da cinquanta anni, osservo sia i disturbi che i malati. Così, sono giunto a pensare che il fatto di ammalarsi è di per se strano. Se si riesce a comprendere attraverso la pratica del katsugen undo che la malattia è un movimento della stessa natura e che sorge spontaneamente, capiremo che basta semplicemente aspettare con calma la fine del suo processo. Non è più giusto che l’uomo si abbandoni alla spontaneità del proprio corpo e capisca la proprio costituzione? Raccomando la

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pratica del katsugen undo come un mezzo concreto per capire tutto ciò.

L’INDUZIONE DEL KATSUGEN UNDO

Prima di indurre il katsugen undo, esaliamo il ki vecchio (zyaki). Premiamo sulla bocca dello stomaco, con le dita di ambedue le mani e cacciamo fuori l’aria, inclinando il corpo in avanti con lo scopo di buttare via tutto il ki rimanente. E subito dopo ripetiamo l’esercizio. Quando la bocca dello stomaco si ammorbidisce, si inizia a sbadigliare e non è necessario ripetere l’esercizio; basta semplicemente lasciare che gli sbadigli vengano fuori: sono anch’essi una forma di katsugen undo. Perciò, quando compaiono gli sbadigli, si può già considerare che il katsugen undo si sta manifestando. E’ opportuno che le persone che hanno una colonna vertebrale rigida e dura, facciano il movimento di torsione della colonna. Vale a dire: sedersi correttamente e dopo ruotare il tronco come se si dovesse guardare la propria colonna, stirandolo allo stesso tempo verso l’alto, perché di solito la parte superiore del corpo è contratta. Girarsi verso la sinistra e quando si arriva al massimo della torsione, lasciarsi andare con forza e di scatto, tornando alla posizione di partenza: fattelo sette volte da ogni lato. Come si entra nel movimento: a) Stringere le mani con il pollice dentro al pugno ed alzare i gomiti, inarcando il corpo all’indietro, buttando fuori l’aria un poco alla volta. b) Stringere i denti e caricare tutta la tensione sul collo e lungo la colonna, e quando si arriva al punto massimo dello sforzo, lasciar andare di colpo la tensione. Questo lo rifaremmo tre volte. La caratteristica del movimento naturale è che ci mettiamo in tensione quando inspiriamo e, quando allentiamo la tensione, cacciamo l’aria. Con questa pratica si fa il contrario: carichiamo la tensione nello stesso momento in cui cacciamo l’aria. Questo è un metodo particolare e, quando si esegue, nasce il bisogno di muovere la colonna vertebrale. c) Poggiare le mani sulle ginocchia con le palme rivolte verso

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l’alto. Lasciare penzolare la testa con gli occhi chiusi e con la sensazione di respirare con la colonna vertebrale. In quel momento si sente come se il corpo stesse cominciando a muoversi poco a poco e dopo, in effetti, inizia a muoversi. Rimanere in questo modo senza nessuno scopo e con la mente abbandonata, lasciando che il corpo si muova in modo naturale. d) Una volta avviato, lasciare che il movimento si manifesti così come viene; e per di più, se si inspira dalla zona che si sta movendo, il movimento cresce. Se il collo si muove, inspirare verso il collo; se è la vita, inspirare verso di essa; però una volta iniziato il movimento, è meglio non provocarlo con questo tipo di pratiche volontarie. In alcune occasioni, può aumentare in modo tale che non sia possibile fermarlo nonostante lo si desideri. Può anche prolungarsi per molto tempo, ma non bisogna cercare di fermarlo sennonché è meglio che si fermi da solo. A volta dura molto e a volte poco; quello che non deve mai succedere è che non riesca a fermarsi. e) Una volta conclusa la pratica del katsugen undo, rimanere un po’ con gli occhi chiusi e con la mente in bianco ed abbandonata, anche soltanto per un minuto o due; è opportuno fare così. La mente abbandonata dopo il katsugen undo è completamente diversa da quella solita. Se per qualche motivo ci si dovesse interrompere nel corso della pratica, sarà conveniente inspirare più volte e trattenere l’aria nella pancia fino a quando il movimento non sia cessato; è una volta cessato, rifare il primo esercizio con la respirazione normale, e in seguito aprire un occhio e poi l’altro. Una volta aperti gli occhi, inspirare di nuovo con calma e trattenere l’aria nella pancia, per cacciarla subito dopo.

IL KATSUGEN UNDO MUTUO

Il modo di praticare il katsugen undo mutuo.

Prima di tutto, si stabilisce chi induce e chi riceve lo yuki; per esempio: A induce e B riceve. 1) Di seguito, A appoggia le mani sulla testa di B con la sensazione di tirare le tempie verso l’alto col dito medio. 2) Allo stesso tempo, si mettono i pollici lì dove s’incrocerebbero delle linee immaginarie che partissero dagli occhi e dalle orecchie, e

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si preme leggermente facendo yuki verso l’interno. 3) Dare un segno per inspirare all’unisono. E’ importante che la prima respirazione sia sintonizzata. 4) B lascia andare la tensione del corpo e chiude gli occhi. A, concentrando il ki, preme lievemente facendo yuki contando fino a venti, molto lentamente; dopo allenta la pressione contando fino a cinque, poi preme di nuovo contando fino a venti, e riposa di nuovo contando fino a cinque e poi un’altra volta fino a venti. 5) Dopo A posa la mano da qualche parte sul corpo di B e continua a fare yuki; può appoggiare le mani in qualsiasi posto. In quanto a B, basta che stia abbandonato. 6) Quando la testa di B comincia ad abbassarsi man mano in avanti, A sposta la mano sul punto dove la colonna vertebrale è più sovraccaricata e fa yuki in quel punto. Si può appoggiare l’altra mano in qualsiasi parte del corpo dell’altra persona. 7) Allora, nel corpo di B o di A scatta il kastsugen. Se A comincia a muoversi, la sua mano andrà spostandosi sul corpo di B in modo naturale. O pure, entrambi si muoveranno insieme e quindi il movimento di B andrà crescendo man mano. Dopo, se si rimane con la mente abbandonata e con la sensazione di non avvicinarsi né allontanarsi, il movimento continuerà a crescere. Se quello di B aumenta molto e non riescono più a rimanere in contatto, la mano di A si staccherà; ma lo yuki deve proseguire. 8) Se il movimento di B è calato, A torna a posare la mano sul corpo di B, e se sorge di nuovo il movimento, si deve proseguire. Però, se poggiando la mano, questo cessa, considereremo conclusa la pratica. 9) Se il movimento si è interrotto, rimanere con la mano sul corpo e, continuando a fare yuki per un altro po’, la mano si sposterà man mano dal corpo. Nel frattempo, continuare a respirare tranquillamente. 10) Al termine, entrambi respirano e sintonizzano la respirazione. Trattenere l’aria e in quel momento A deve staccare la mano. B apre prima un occhio e poi l’altro. A li apre in modo normale e dopo entrambi espirano.

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11) Alla fine, fare il movimento di induzione del katsugen undo con la respirazione normale.

Nel caso in cui una persona abbia più forza corporale dell’altra.

Mentre si pratica il katsugen undo mutuo, può succedere che la mano di B si muova fino a poggiarsi sul corpo di A. Questo accade quando chi ha il ruolo di induttore manca di forza corporale. Allora si devono cambiare i ruoli. Nello yuki, la forza corporale si muove da chi ne ha di più verso chi ne ha di meno, aldilà del conscio, come l’acqua che scorre verso il basso. Ciononostante, è difficile sapere quanta forza si ha; ma praticando, grazie alla funzione istintiva, capita che il ricevente si scambi con l’induttore. Quando questo accade, bisogna rispettarlo. Allora, il katsugen undo mutuo si realizzerà naturalmente e senza sforzo. Nessuno deve ostinarsi pensando di avere abbastanza forza.

RIGUARDO AL TENSHIN

Sia nel katsugen undo che nel sogo undo, la cosa più importante non è tanto il modo in cui lo si pratica ma piuttosto l’atteggiamento, ossia, il fatto di praticarlo con tenshin. Ciò è fondamentale. Bisogna allenarsi in uno stato psichico di tenshin, che non racchiuda ne malizia ne interessi personali e neanche pretenda di essere zelante; basta semplicemente muoversi lasciando che il movimento si sviluppi in modo naturale. Non si deve assolutamente fare, con l’idea che si sta ricevendo qualcosa e nemmeno essere orgogliosi della propria tecnica. Sia il katsugen undo che il sogo undo sono metodi naturali e, perciò non si possono praticare con simili atteggiamenti. Bisogna praticare con mushin, ossia, con il tenshin di un neonato. Questo è il motivo per cui il sogo undo non può essere praticato in modo professionale, poiché, alla prima distrazione, potrebbe accadere che quello che si sta facendo, in realtà non sia più sogo undo. Tuttavia, succede spesso che, per il solo fatto di averlo praticato due o tre volte e visto che le mani si dirigono lì dove ci sono problemi ed inoltre si riscuote gratitudine quando scompaiono i disturbi, si pensi: “sono capace di guarire qualsiasi malattia”. Neanche questo tipo di fiducia in se stessi è opportuno. In qualunque caso, quando lo si pratica si deve conservare la mente umile e lasciare semplicemente che sorga il movimento istintivo. Il mushin (che non è conoscenza consapevole) in cui si è completamente in balia dell’istinto della vita,

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rende possibile il sogo undo. Pensare, per esempio: “Mi pare che sta soffrendo, lo curerò”, è qualcosa che contrasta la sua efficacia. Una persona mi disse: “vuotare la mente è difficile e, quando cerco di stare in mushin, spunta un’idea dopo l’altra”. Ora, è precisamente quando sorge un’idea dopo l’altra che si sta in mushin; si può dire che, siccome la mente si è rasserenata, essa è in grado di capire che le idea vanno e vengono. Ciò che non deve capitare è che la mente non sia in grado di staccarsi dalle divagazioni, ossia, che si aggrappi alle idee. Perciò, poggiando le mani e lasciando affiorare le idee, che dopo scompaiono, inizia il movimento; e se uno comincia a muoversi con naturalezza, spariscono le divagazioni, e quindi rimane la mente unificata. Quando entra in questo stato, l’uomo è capace di fare delle cose che normalmente non potrebbe fare. Yuki vuol dire unificare, centrare la mente; e se si concentra il ki e si unifica la mente, si riesce a realizzarlo.

A PROPOSITO DELLE REAZIONI

Proseguendo nella pratica del katsugen undo e del sogo undo, il corpo si va sensibilizzando e l’attività interna incaricata del mantenimento della salute aumenta; quindi, in questo modo, compaiono dei cambiamenti che chiamiamo reazioni. Reazione di rilassamento. All’inizio, subentra spossatezza e sonno: si sente in tutto il corpo, una stanchezza particolare, ma allo stesso tempo si sperimenta una gradevole sensazione. Questo lo chiamiamo: prima reazione o periodo di rilassamento, e in quel frangente si sente sonno e voglia di dormire; e davvero si può arrivare a dormire moltissimo ed oltretutto, sparisce l’appetito. La peculiarità di questo periodo sta nell’avvertire una gradevole voglia di dormire, e ciò fino al punto di dimenticarsi di mangiare; è una sensazione simile a quella che si sente quando ci si fa il bagno. Dal momento che tutto il corpo si rilassa, si entra in uno stato piacevole che predispone al sonno. Reazione d’ipersensibilità. Più avanti si comincia a sentire come se sotto la pelle scorresse dell’acqua o una sensazione di freddo. Quando si inizia a sperimentare questa sensazione di corrente d’acqua, si può considerare che si è entrati nella fase di reazione ipersensibile, e allora può comparire febbre o diarrea, o anche sudore in tutto il corpo, o dolore. Ossia, compaiono dei disturbi che assomigliano a malattie acute. A volte ci sono persone che

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addirittura possono avere febbre alta. Questa fase viene individuata come fase di seconda reazione. La sua caratteristica è che tutto il corpo diventa ipersensibile. Ipotizziamo adesso il caso di qualcuno che soffre di mal di denti. Quando arriva la fase di rilassamento, il dolore cessa; ora, nonostante si pensi che tutto si sia risolto, dopo il dolore ricompare più forte di prima. Il dolore si acuisce e la zona interessata inizia ad infiammarsi; in seguito si secerne molta saliva, e finalmente il disturbo scema. Ciò corrisponde alla fase di eliminazione che descriverò in seguito. Può durare un giorno o anche mesi. Quando si entra nella fase ipersensibile, i disturbi che compaiono presentano gli stessi sintomi delle malattie acute, come per esempio un dolore improvviso, gonfiore o brividi. Reazione di eliminazione. Dopo la prima reazione (rilassamento) e la seconda (ipersensibilità), si entra nella terza reazione, cioè quella di eliminazione. Questa tappa corrisponde al momento in cui si butta fuori i residui e le tossine. Quando si è in questa fase, nelle persone che hanno sofferto anomalie del sistema nervoso, è probabile che compaiano disturbi della pelle. E’ possibile che aumenti la sudorazione in modo anomalo e che questa reazione assomigli a qualche malattia cutanea. Nel caso di anomalie del sistema respiratorio o urinario, la reazione si manifesterà anch’essa a livello cutaneo. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, questa si manifesta sotto forma di sudore. In ogni modo, il periodo di reazione di eliminazione, è alquanto burrascoso. Comunque, dato che ogni volta che l’eliminazione si produce, il corpo sperimenta una gradevole sensazione, si capisce chiaramente che tutte queste manifestazioni sono dovute a questa forma di reazione. Durante questa fase, i panni intimi si sporcano di più, anche le unghie crescono di più e la forfora aumenta. Se ci avviciniamo ad un individuo che sta attraversando questa fase, si avverte che ha un forte odore. Chi ha dei calcoli, può espellerli, sia quelli biliari che quelli renali o quelli della vescica. Orbene, quando il calcolo è espulso durante la fase di reazione, in generale non esce così com’è ma esce sotto forma di orina molto forte. Però, per quegli individui che sono troppo frettolosi, esce sotto forma di pietra, si tratti di calcoli biliari o della vescica. Una persona cacciò dalla vescia dei calcoli della grandezza di una lenticchia, e c’è chi ha espulso trentasei pietruzze biliari. Si sono anche osservati casi di diarrea così abbondante da riempire tre secchi e di tanta mucosità da colmare una bacinella; ciononostante, quando si arriva a questo punto della reazione di eliminazione, l’interessato si può già tranquillizzare ed essere certo che migliorerà. Se non spieghiamo prima che ci sono delle reazioni, alcuni potrebbero rimanere perplessi, dato che fino a quando non ha luogo

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la reazione di ipersensibilità, di solito ci si sente molto bene. Tuttavia, quando arriva la reazione, le prime cose che si sperimentano, sono dei dolori in alcune parti del corpo, e perfino possono ripresentarsi dolori di colpi ricevuti dieci anni prima, per cui è probabile che l’interessato si scoraggi molto. Dunque, prima di cominciare la pratica del katsugen undo, è necessario dare delle informazioni sulle eventuali reazioni che possono sopragiungere. Ora, le reazioni sono tali e quali a come le ho descritte, d’altra parte, c’è anche chi attraversa questo periodo senza neanche accorgersene; di fatto, è quello che succede nella maggioranza dei casi.

Come attraversare questo processo.

E’ opportuno essere a conoscenza di come si attraversa questo processo. Durante la reazione di rilassamento, la cosa più importante è che il corpo si rilassi. Se si ha sonno, bisogna dormire; se si avverte spossatezza, riposarsi; e se non si ha fame, non mangiare. In particolare, durante i periodi di rilassamento e di ipersensibilizzazione, si sente come una sensazione di acqua che scorre sotto la pelle, e si avverte una sensazione d’inquietudine e di freddo. In questi frangenti, chi sperimenterà una forte reazione avvertirà dei brividi molto intensi. La cosa più giusta da fare e di mantenere la calma e di non preoccuparsi, cercando di non raffreddarsi e di non esporsi a correnti d’aria, specialmente dopo aver sudato; ad ogni modo, in questi momenti bisogna prendere delle precauzioni per evitare qualsiasi situazione che possa provocare raffreddori. Dobbiamo considerare questo stadio come una fase di rilassamento del corpo e questo è il punto chiave di questo periodo, periodo in cui abbiamo voglia di ricevere yuki a lungo. Quando si entra nella reazione di ipersensibilità possono comparire dei dolori in alcune parti del corpo, dopo si avvertono dei brividi e compare la febbre. Comunque, non è necessario stare coricati e nonostante la febbre salga oltre i quaranta gradi, non ci si deve preoccupare: si può rimanere alzati fin che dura la febbre. Rimanendo al letto, ostacoliamo il processo; e spesso perdiamo la calma e ci mettiamo al letto di corsa appena sale la febbre e questo è sbagliato. E’ prima che aumenti la temperatura che è opportuno riposare e mantenere il corpo piuttosto caldo; ma appena quest’ultima sale, non c’è più bisogno di rimanere al letto e ci si può alzare. E sarà senza altro gradevole farlo quando sale la febbre; ossia, in questa fase non c’è bisogno di rimanere inchiodati al letto se ciò non è piacevole. La tappa seguente è quella della reazione di eliminazione. In questa fase si vanno distendendo le diverse parti del corpo che sono irrigidite e ha luogo l’eliminazione. Mentre la distensione del periodo di rilassamento è soltanto muscolare, in questa fase in cui l’irrigidimento del corpo diminuisce, si suda anche o si possono evacuare delle feci dal colore strano o diarroiche: c’è un aumento

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dell’attività eliminatoria del corpo. Quando quest’ultimo si rilassa, l’eliminazione avviene più velocemente; e grazie a questa si rilassano quelle parti che normalmente non sono coinvolte. Sia la rigidità delle spalle che quella del collo, spariscono. Inoltre, si può avere la febbre durante il passaggio dalla reazione ipersensibile a quella di eliminazione. Comunque, non bisogno a fare niente per far scendere la febbre. Nel periodo in cui si sviluppano queste reazioni, se si fa passare il ki per la colonna vertebrale, il processo si compie in modo più sicuro e si superano più rapidamente sia la spossatezza che l’eliminazione. Spiegherò in seguito i metodi per superare questi processi. Se si ha male alla gola o all’apparato urinario, riscaldare i piedi immergendoli in acqua calda fino alla caviglia, per sei o otto minuti. La temperatura dell’acqua deve essere di due gradi più calda del bagno abituale, e dovremo aggiungere acqua calda per mantenerla sempre alla stessa temperatura. Dopo sei minuti, asciugarsi i piedi; allora, uno dei due sarà più rosso. Subito dopo mettiamo di nuovo nell’acqua il piede più bianco. Dopo, bisogna bere un po’ d’acqua e coricarsi. In questo modo, il processo sarà più fluido e più dolce. Per chi soffre di disturbi dell’apparato digerente, è preferibile fare il bagno di gambe immergendole nell’acqua calda fino alle ginocchia. Se la febbre è alta, riscaldare la nuca per una quarantina di minuti con una compressa (o anche un piccolo asciugamano) bagnata in acqua calda e strizzata, che piegheremo fino ad ottenere almeno cinque centimetri di superficie; bisogna riemergerla ogni tanto per mantenere la temperatura iniziale. Ciò è consigliabile soltanto quando la temperatura sale oltre i trentanove gradi. Riscaldando l’occipite, la febbre, che era latente, si alzerà di colpo e dopo scenderà rapidamente. Fino ad allora si può fare una vita normale: basta che la tensione e la distensione del corpo si realizzi bene. Nella fase della reazione di eliminazione, il corpo reagisce a tal punto che perfino le feci cambiano colore. Per esempio, diventano rossastre, giallognole, verdastre e perfino nere. Per quel che riguarda le orine, succede lo stesso: cambiano colore. Una volta una persona ebbe delle orine nere. Si dette anche il caso di una signora anziana che aveva un tumore al fegato, qualcosa di simile al cancro. Cacciava un orina veramente gialla; anche il sudore

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era giallo; e quando lei si asciugava dopo il bagno anche l’asciugamano era giallo. Quando questi fenomeni cessavano, la massa diminuiva e lei migliorava di colpo. E così trascorse un anno senza problemi. Però, nella primavera dell’anno successivo tornarono sia il sudore che le orine gialle, e in tutto il corpo comparve una specie d’orticaria. Quando si avvicinava il momento in cui lei sarebbe venuta a lamentarsi, visto che non sopportava queste reazioni, queste cessavano di nuovo, il tumore diminuiva e l’anziana signora migliorava. Questo fenomeno durò sette anni, fino a quando lei compì settantanove anni. Quell’anno, ci evacuarono da Tokyo e lei andò a vivere altrove. In seguito mi mando una lettera in cui diceva: quest’anno non ho avuto la reazione, non ho avuto niente di giallo e nemmeno ho sofferto di affezioni cutanee; mai come in questi ultimi anni mi sono sentita cosi bene. Scrissi ai suoi figli dicendo loro: se non ha avuto nessuna reazione, dovreste occuparvene, perché potrebbe accadere che muoia quest’anno. Morì due anni più tardi, a ottantuno anni. E si spense senza nessun tipo di fastidio, senza nessuna di quelle reazioni di cui soffriva. Visto che aveva ottantuno anni, non sappiamo se morì di cancro al fegato, così come glielo diagnosticarono, o di vecchiaia. Possiamo supporre che aveva compiuto il suo lasso di vita. Ora, mentre visse, si ripeté quel fenomeno in cui il coagulo del ventre rimpiccioliva quando aumentava la reazione di eliminazione.

Le precauzioni durante il periodo di reazione.

E’ opportuno stare attenti e non raffreddarsi in assoluto durante il periodo di reazione. Una volta terminata la reazione, si deve riposare lasciando che tutto il corpo si rilassi e, nonostante la reazione sia finita, è preferibile non ricominciare a muoversi di nuovo, ma bensì riprendere a farlo soltanto quando ritorna la voglia. Lo stato del corpo in questi momenti è simile a quello che si sperimenta dopo una malattia. Per un disturbo acuto succede lo stesso: bisogna riposare appena scende la febbre, visto che se non ci rimettiamo in moto appena guariti, il nostro corpo potrebbe risentirne. Se proviamo a stabilire se esiste qualche differenza fra la malattia acuta e la reazione, si può considerare che entrambi sono lo stesso fenomeno. Comunque, sia nell’uno che nell’altro caso, se si supera il processo in modo naturale, quando quest’ultimo sarà concluso, saremo diventati più sani. Perciò, fino a quando non è stato superato questo processo, è conveniente continuare a praticare il katsugen undo in coppia, e se uno dei due non si sente bene, di sicuro migliorerà dopo averlo praticato insieme; attraverso questo non sentirsi bene si può indurre il katsugen undo, e praticandolo in coppia, la sensibilità corporale andrà aumentando.

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In questo senso, se si desidera sviluppare di più la sensibilità e ottenere un effetto maggiore, è meglio praticare il katsugen undo mutuo piuttosto che quello individuale, e nei momenti d’urgenza è molto più efficace. Perciò, alle persone che già si sentono bene grazie alla pratica del katsugen undo, e pure a quelle che già sono in grado di mantenere la salute, raccomando di praticare il katsugen undo mutuo.

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QUALCHE DOMANDE

a) Nello zazen esiste un fine che è quello del satori. Ora, qual è il fine del katsugen undo? Innanzitutto scompaiono sia il corpo che la mente. La sensazione di possedere delle mani o uno stomaco è dovuta al fatto che questi sono intorpiditi. Chi ha uno stomaco che funziona bene, non ne ha coscienza. Si avverte che si possiede un corpo semplicemente perché quest’ultimo non è ancora armonizzato. In questo senso, la prima cosa che accade è che il corpo scompare. Rispetto alla mente si può dire la stessa cosa. Per esempio: fino a quando si è cosciente del satori, significa che ancora non si è vuoti. Però quando lo si raggiunge, il corpo e la mente scompaiono e si percepisce soltanto il ki. E la vita stessa si fonde con il movimento del ki. Quando si fa il kanno con questo ki fondendosi con il ki universale, non limitandosi a quello individuale, ci si fonde con il mondo.

A proposito del katsugen undo, mi piacerebbe sapere se è meglio praticarlo tutti giorni, o se ciò può essere eccessivo. In qualunque caso, non si manifesterà mai un movimento che non sia quello appropriato. Per cui, ci sono delle volte in cui, nonostante si cerchi di praticarlo due volte, può succedere che il movimento non scatti e, forse anche la terza volta succederà lo stesso; poiché quando si è allenati, il movimento sorge quando c’è ne bisogno e si manifesta naturalmente. In questi casi, è meglio proseguire fino a quando non si ferma da solo. Un israeliano che frequentava il dojo, ritornò al suo paese; ricevetti una sua lettera lo scorso Natale in cui diceva che da una settimana non aveva più bisogno degli occhiali per guidare. Quelli che lo conoscono ne sono stupiti ed anche a me pare incredibile. Intanto, egli afferma che non gli servono più.

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Due anni fa, quando stava per andare via da qui, mi chiese: non vedo bene, che devo fare? Gli risposi: dopo la pratica del katsugen undo, ponga le mani sugli occhi e faccia yuki; sarebbe opportuno che lei facesse questo per un anno. Credo che egli riuscì a liberarsi dagli occhiali semplicemente perché praticò con l’idea che aveva deciso di portare a termine, durante un anno.

Riguardo al katsugen undo, qual è l’ora del giorno migliore in cui praticare? E un’altra cosa ancora: com’è possibile che se si decide a priori l’ora in cui si vuole concludere la pratica, il movimento cessa proprio in quel momento, vorrei chiederle se questo tipo di suggestione può essere impiegata in qualsiasi altro campo. Si pratica il katsugen undo per rilassare il corpo che è irrigidito, perciò, la cosa migliore è praticare prima di coricarsi. Si può anche praticare quando ci si sente stanchi ed allora è assai efficace. Tuttavia se ci limitiamo a praticarlo prima di andare al letto, è possibile che ci sentiamo fiacchi e ci venga subito sonno. Per cui è meglio non attenersi ad un orario troppo rigoroso. E’ preferibile farlo quando si ha tempo e voglia. In questo modo, la pratica sarà più libera e più comoda, e allo stesso tempo più duratura. In quanto alla domanda sul metodo di suggestione, naturalmente ciò non è solo limitato al momento in cui si desidera interrompere il katsugen undo. Per esempio, se avete mal di denti, prima della pratica, provate a fare l’autosuggestione chiedendo che cessi il dolore. Allora, sorge il movimento che fa sì che ciò accada ed effettivamente il dolore cessa. Il katsugen undo è veramente curioso. Per esempio, nel caso del dolor di denti, esercitandosi senza chiedere niente in particolare, scatta un movimento indirizzato a risolvere problemi fondamentali: tuttavia, se lo si pratica dopo aver chiesto che cessi il dolor di denti, scatta il movimento destinato a risolvere il problema; in modo tale che, prima che la pratica finisca, è già cessato il dolore. E’ veramente strano. Esercitarsi con questo tipo di proposito, sinceramente non è corretto, però in base alla situazione del momento può essere veramente vantaggioso. Poco tempo fa sono stato a cena con una persona e alla fine, quest’ultima accusò delle nausee; stette male per un po’ e finalmente riuscì a vomitare. Dal canto mio, controllai il mio polso

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che batteva con la pulsazione tipica dell’intossicazione, per cui considerai che era meglio che anche io vomitasse il cibo. Con l’autoinduzione del katsugen undo, chiesi al mio corpo di pulirsi completamente e quindi, dopo un minuto e mezzo vomitai tutto. Il mio amico, molto sorpreso visto che si era sentito così male prima di vomitare, mi disse: lei, ha un corpo veramente pratico! Ma non c’è da sorprendersi, poiché per quelli che hanno un corpo allenato al katsugen undo, queste cose accadono facilmente. Io chiamo questa pratica: il katsugen undo con richiesta. Tuttavia non è opportuno farlo sempre in questa maniera; l’ideale è esercitarsi in modo naturale e senza pretendere nulla in particolare, anche se si può tenere presente la possibilità di praticarlo con una richiesta. Se si chiede qualcosa, sorge un movimento realmente diverso da quello solito e il desiderio si compie. Ci sono vari modi di farlo, ma è meglio limitare la richiesta a che il movimento si fermi dopo tot minuti, o a cose inerenti al corpo. Ora, questa forma non è corretta se la consideriamo dal punto di vista della finalità della pratica del katsugen undo. Tuttavia, il fatto che l’uomo possieda un mezzo con il quale ottiene risposta per quello che chiede, è realmente interessante. Esiste un modo appropriato di chiedere. In precedenza, ho spiegato come s’inizia la pratica del katsugen undo. Negli esercizi d’induzione c’è un movimento in cui alziamo i gomiti, buttando fuori l’aria un po’ alla volta e facendo forza sulla nuca e sulla colonna vertebrale e, di colpo lasciamo andare le tensione. Il punto chiave sta nel fare la richiesta quando si finisce di cacciare l’aria (farlo quando le braccia sono cadute, è troppo tardi) e pronunciare la richiesta a bassa voce, giusto quanto basta per sentirsi. E’ importante sentirsi. In alcune circostanze, è bene praticare il katsugen undo con una richiesta.

Mi piacere consigliare il katsugen undo ad una persona che è appena rimasta incinta, ma mi preoccupano le reazioni. Se non si soffre di nessun tipo di anomalia, con la pratica del katsugen undo il pericolo di aborto spontaneo diminuisce. Se le donne che hanno questa propensione si esercitano, l’embrione ritorna al suo posto. E nell’ipotesi in cui il feto è già morto nel ventre materno, ci sarà subito un aborto naturale; praticando due o tre

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volte, il feto viene espulso. Al infuori dell’eventualità in cui il feto è gia morto o in quella in cui la madre non è in grado di partorire, non c’è nessuna probabilità di aborto. Piuttosto, praticando il katsugen undo, il parto è più facile. In caso d’aborto, tutto si risolve più facilmente; e se non si ha nessun problema particolare, il corpo si fortifica. Ultimamente, ci sono molte donne che praticano il katsugen undo come un metodo per partorire in modo indolore. La forma corretta per indurre in loro il movimento è che, una volta coricate a pancia in su, si faccia yuki mettendo la mano sull’ombelico e così l’interno della pancia si muove; per quelle donne che hanno un addome mobile, non ci sono problemi nel momento in cui si pratica il katsugen undo. In altre la pancia diventa dura e non si muove quando si fa yuki; in questi casi può succedere che l’induzione del katsugen undo provochi un aborto spontaneo. Prima dell’induzione del movimento, mi sembra indicato fare loro yuki sull’ombelico.

Quando si pratica il katsugen undo, quelli che hanno problemi fisici, spesso passano attraverso delle forti reazioni e si spaventano; per cui smettono di allenarsi o vanno dal medico. Mi piacerebbe sapere se è possibile conoscere a priori l’entità della reazione a cui si andrà incontro. Per quanto ciò si possa valutare a priori, è difficile saperlo con certezza. Però, è possibile determinare fino a che punto può resistere l’interessato. Il problema sorge quando esiste una tendenza alla psicosi: allora, il movimento può anche durare tre mesi e perfino mezzo anno. In generale, in questi casi consiglio di astenersi. La reazione comune di queste persone è che parlano a voce alta o gridano, il loro respiro si accelera e compare il movimento di rotazione del collo quando s’induce in loro il katsugen undo. Allora, conviene fermare il movimento picchiettando sulla spalla sinistra. A parte ciò, non c’è da preoccuparsi. Ora, quando compare una reazione di questo tipo, non è sempre per colpa di una tendenza alla psicosi, ma è anche per una tendenza all’isteria. Se nel subconscio ci sono molti problemi familiari, è possibile che durante la pratica del katsugen undo l’interessato si metta a parlare.

Nel processo del katsugen undo ci sono tre fasi di reazione: rilassamento, ipersensibilità ed eliminazione; ora, quanto tempo ci vuole per superale?

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Varia molto in base all’individuo. Per chi è abbastanza veloce non durerà più di una settimana e per i più lenti, due anni. Chi ha un corpo sensibile reagisce velocemente e chi è irrigidito più lentamente.

Quando pratico il katsugen undo avverto sia un miglioramento che un peggioramento. A cosa è dovuto? Sia la sensazione di miglioramento che quella di peggioramento sono presenti. In realtà, Il corpo, s’incammina costantemente verso una direzione positiva. Tuttavia, a seconda del momento si può avvertire o la sensazione di forza o quella di debolezza. Prendiamo il caso di una persona che ha ricevuto un colpo. Se quest’ultima pratica il katsugen undo quando ancora non sente dolore, il dolore si sveglierà. Il fatto in se di avvertire dolore equivale ad incamminarsi verso una direzione positiva: tuttavia, in generale e per colpa dei pregiudizi, si crede che si peggiora proprio perché si sente dolore. In altri casi si manifesta una febbre improvvisa; questa fa parte del fenomeno di eliminazione, e d’altronde è segno che il processo sta prendendo una direzione positiva. Comunque, si giudica in modo sbagliato per colpa d’idee preconcette. Perciò, si percepiscono queste alternanze. Questo da una parte. Dall’altra, il corpo possiede i suoi ritmi. Quindi, ci sono momenti in cui ci si sente bene ed altri in cui ci si sente malinconici. In base ai ritmi del corpo variano le manifestazioni della reazione.

A volte, quando sto praticando il katsugen undo, compaiono dei movimenti simili a delle convulsioni in differenti parti del corpo. A cosa è dovuto? Questo succede perché dei nervi che erano irrigiditi si sono messi in movimento; semplicemente, il corpo si trova in questa fase. Quando il corpo è allenato con la pratica del katsugen undo, se c’è qualche anomalia, il movimento scatta spontaneamente. In simili momenti, è opportuno lasciare che il movimento si manifesti fino a quando non si ferma da solo. Per possedere un corpo molto sensibile, pratichiamo il katsugen undo durante il processo

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d’allenamento.

In quelle persone che hanno praticato il katsugen undo per molto tempo, il movimento cambierà una volta concluse le tre fasi di reazione? In base a come si usa il corpo quotidianamente, nel katsugen undo comparirà il movimento appropriato per regolarsi: perciò il movimento cambia costantemente. Ora, quando nel corpo sorge già l’attività adeguata, il tempo dedicato alla pratica si accorcia. Sull’altra sponda del fiume Tamagawa, c’è un asilo nido dove i bambini fanno katsugen undo tutte le mattine. Appunto per questo, lì nessun bambino si ammala, nonostante negli altri asili nido ciò accada molto spesso.

Quelli che soffrono di allergia, possono praticare il katsugen undo? L’allergia è uno stato d’ipersensibilità: in altre parole, si sente troppo. Praticando il katsugen undo, all’inizio questa tendenza si intensifica; però, si ritorna subito a uno stato normale. Comunque, questo stato è preferibile a uno stato d’intorpidimento. Ci sono due tipi di allergia: quella che proviene dal corpo e quella che proviene dal cervello. Quella che proviene dal cervello è il tipo di allergia che riflette l’immaginazione nel corpo in modo ipersensibile. Per esempio: se pensiamo ad un limone, subito avvertiamo un senso d’acidità in bocca e cominciamo a secernere saliva. Praticando il katsugen undo, l’allergia fisica migliora; chi ne soffre, all’inizio si aggrava ma dopo si normalizza.

Il mio stomaco secerne troppa acidità e non guarisce. Mi hanno detto che questa situazione migliora se faccio katsugen undo. Mi piacerebbe sapere che rapporto c’è fra l’eccesso o la mancanza di secrezione ed il movimento. Da un punto di vista fisiologico, l’attività del nervo vago, che passa per il collo, incrementa la secrezione d’acido. Tuttavia, l’acidità

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gastrica non è altro che una parte d’acido urico che non è stata espulsa dal rene, nonostante questa sia la sua funzione; detto in altro modo, è un riapprovvigionamento di residui. Se i muscoli non sono eccessivamente stanchi, questo eccesso d’acidità non avrà luogo. In pratica, usando i muscoli si forma l’acido che viene espulso sotto forma d’acido urico e quello che non si riesce ad espellere si trasforma in acidità gastrica. E’ uno dei motivi per cui non si sente fame, quando non si usano i muscoli. Ora, quando entra in funzione il nervo vago, appena viene stimolato, si secerne acidità. Quando si pratica il katsugen undo, scatta un forte movimento nel collo e ciò può provocare delle nausee. Questo è dovuto al fatto che l’attività dello stomaco è aumentata in modo notevole. Quando sorge il movimento nel collo, entra in azione il nervo vago e la secrezione acida aumenta in modo naturale. A tali disfunzioni corrispondono diversi tipi di malattie: ci sono casi d’eccesso di secrezione e casi d’insufficienza. In alcuni quest’eccesso provoca l’ulcera ed in altri casi lo stomaco si dilata o casca, ecc.; ricapitolando, possiamo dire che lo stomaco non lavora correttamente. Quindi, praticando il katsugen undo, l’attività di tutto il corpo si armonizza. Indubbiamente si riesce ad influenzare lo stomaco tramite l’uso di movimenti muscolari, visto che quest’organo è collegato con il sistema motorio di tutto il corpo; e con questa pratica l’acidità si normalizzerà in modo naturale. Indipendentemente dalla quantità d’acido prodotto, nei casi in cui lo stomaco è cascato, quest’ultimo ritornerà a posto di nuovo e se è dilatato si contrarrà, ed anche l’ulcera scomparirà. Con il katsugen undo le viscere riprendono a funzionare normalmente. Ciononostante, visto che di solito lo si pratica con l’idea di guarire l’ulcera, questa non migliora. Quindi, se ci esercitiamo veramente con mushin, perfino l’ulcera scompare. Perciò, decidere di curarsi il corpo quando quest’ultimo è già talmente mal ridotto che è subentrata la malattia, equivale a mettersi a fabbricare una corda per legare il ladro appena quest’ultimo si mostra, o meglio ancora, quando già se ne andato. Quando compare una anomalia nel corpo, quest’ultimo la deve percepire ed iniziare subito un processo di recupero. Nel corpo di chi fa katsugen undo, quest’attività scatta spontaneamente. Ma lo scopo del movimento non è quello di guarire le malattie. Quando l’organismo si guasta, lo si deve avvertire subito; e questo si collega direttamente con la funzione di recupero. Tutto questo messo insieme è il katsugen undo. Normalmente il corpo umano funziona in

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questo modo. Perciò, la cosa più importante è rendersi conto che il corpo è capace di sviluppare la forza che possiede. Diminuiscono i sogni quando si pratica il katsugen undo? Si, così è. Tuttavia a volte si sogna. Quando c’è qualche ristagno nella mente, si cerca di scaricarlo attraverso i sogni, per cui si possono considerare anch’essi una forma di katsugen undo. Se usiamo il cervello in maniera franca ed in modo che non ci siano ristagni, allora riusciremo a dormire profondamente senza necessità di sognare. Ed oltretutto, penso che sia meglio sognare da svegli che addormentati.

Dal punto di vista del seitai, come ci si deve comportare rispetto alle malattie che di solito sono considerate incurabili come, per esempio, il cancro? Le malattie considerate incurabili come il cancro, la cirrosi o la propensione all’emorragia cerebrale, sono di solito malattie alle quali vanno incontro le persone che hanno il corpo irrigidito; perciò, quelli che non si raffreddano mai, spesso patiscono queste anomalie. Il katsugen undo sensibilizza il corpo e quindi, non è più soggetto al cancro. Molte persone sono migliorate da questa malattia dopo aver iniziato la pratica del katsugen undo. Non è che il cancro si curi, sennonché, almeno così credo, il corpo arriva a uno stato in cui questo smette di svilupparsi.

Il katsugen undo può essere d’aiuto alle persone che soffrono della sindrome di Minamata? (intossicazione dovuta alla particolare contaminazione della regione industriale di Minamata.) Credo che realmente può esserlo. Comunque, il fatto certo è che, fra i vari milioni di persone che vivono nella zona, soltanto un numero ridotto viene colpita da questa malattia. Ciò significa che quelli che non sono colpiti hanno una forza fisica sufficiente che lavora in modo adeguato; perciò, se si pratica il katsugen undo, si può sicuramente sperare in un buon risultato. Penso che quelli che non hanno abbastanza forza fisica soffrono per colpa dell’inquinamento; ma se si pratica il katsugen undo in modo sempre più attivo, diminuiranno le persone che saranno pregiudicate dall’inquinamento.

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L’altro giorno ci siamo riuniti in casa una decina di persone e abbiamo praticato il katsugen undo mutuo. Una di loro, che faceva da induttore, si sentì male durante la pratica, ma proseguì fino alla fine. Il giorno dopo stava ancora male. Ciò potrebbe essere dovuto ad una inadeguata combinazione di coppia? Il problema non risiede nell’abbinamento della coppia, però quando quella persona ha cominciato ad avere le nausee, dovevano scambiarsi i ruoli, permettendo così al più forte di mettersi dietro. Se chi possiede una sensibilità intorpidita rimane cocciutamente al suo posto, può darsi che avverta questo tipo di problema. Quando non ci si sente bene, è giusto cambiare. Chi resiste ostinatamente, nonostante si senta male, non capisce il significato del katsugen undo mutuo. Un tale disagio indica che il corpo desidera fare da ricettore. In questi casi è opportuno cambiare quanto prima. L’uomo è un essere strano: mentre alcuni vogliono essere sani, altri vogliono ammalarsi. Quando questo tipo di desiderio è molto accentuato, praticando il katsugen undo mutuo, ci si ammala. Perciò, prima di farlo, è meglio esercitarsi da soli ed accertarsi che si desidera essere sani; dopo si può fare pratica in coppia. Così è più sicuro. Se formiamo la coppia dopo la pratica individuale, non ci saranno questi problemi. In quanto al katsugen undo mutuo, è preferibile praticarlo dopo che il movimento individuale si è già manifestato. Più avanti, se lo insegnate, dovrete farlo in questo modo. In quest’incontro di pratiche abbiamo sempre poco tempo e perciò formiamo le coppie fin dall’inizio, ma se voi vi riunite e praticate a casa vostra, è meglio che non formate le coppie di primo acchito ma vi alleniate prima individualmente; dopo potete farlo insieme. In questo modo non ci saranno problemi con il katsugen undo mutuo. Vi consiglio questo metodo.

Quando pratichiamo il katsugen undo in casa, mi affido più o meno ad un criterio personale per abbinare le coppie; però a volte, quelle coppie in cui il movimento sorge bene, in seguito hanno delle contrazioni al collo o alla vita. Ciò potrebbe essere dovuto ad un

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abbinamento sbagliato? Non è un problema d’abbinamento, sennonché il dolore compare perché con il katsugen undo si mobilitano dei muscoli che normalmente non si muovono. Perciò, il fatto che si senta dolore al collo o alla vita, di per se non è ne buono ne cattivo. Se si sente dolore in una zona che non può muoversi volontariamente, è la prova che il katsugen undo mutuo ha funzionato, visto che spesso una parte del corpo che non riusciva a muoversi durante la pratica individuale, riesce a muoversi con l’esercitazione in coppia; e mobilitandosi questa zona fino ad allora inattiva, i muscoli si tendono più del solito e ciò provoca dolore. Per cui, se si lascia passare un giorno, dopo ci si sentirà meglio di prima. Non bisogna preoccuparsi. Trattandosi di questo tipo di dolore, è buono proseguire la pratica del katsugen undo mutuo. Alcuni si spaventano quando avvertono di nuovo dolore lì dove dieci anni addietro hanno ricevuto un colpo, o perché evacuano a tal punto da fare straripare la latrina; però si potrebbe dire che queste cose fanno parte delle peculiarità del katsugen undo mutuo. Comunque, non c’è nessun pericolo. Se sono molto preoccupati per il dolore al collo o alla vita, gli consiglierei di farsi un bagno. Attraversando tutti questi processi, il corpo acquisisce man mano lo stato di seitai.

b) Cosa bisogna fare per far sì che il bebè faccia katsugen undo? Quando si fa yuki sul ventre del bebè, se quest’ultimo ha bisogno di muoversi, lo fa e questo succede perfino quando sta ancora nel ventre materno.

In questo caso, per quanto tempo bisogna fargli yuki? Quando il bebè inizia a muoversi, si può smettere di fare yuki, poiché egli si muoverà quando ne sentirà il bisogno.

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Se una vertebra non sta correttamente al suo posto, ho l’impressione che il ki non passa e che rimane fermo lì. Facendo katsugen undo, si riesce a far scorrere il ki? Si, si può, e quando questo accade, la vertebra torna alla sua posizione naturale.

Vorrei sapere, quindi, se il ki sarebbe ugualmente in grado di scorrere ricorrendo ad una terapia o ad una tecnica esterna; per esempio: ad un chiropratico? Credo che in alcuni casi questo succede ed in altri non. Tuttavia, se prima di ricorrere ad una tecnica esterna, si riesce da soli a far passare il ki attraverso la colonna, si otterrà una flessibilità ed una libertà maggiori.

Si può fare yuki a se stessi? Si, sempre che si unifichi il ki. Quando lo facciamo a noi stessi, lo chiamiamo gyoki. Ora, facendo soltanto passare il ki per la colonna vertebrale, senza il bisogno di ricorrere alle mani né a nient’altro, si ottiene lo stesso effetto che quando si riceve yuki da un'altra persona. Collocando la nostra mano su qualsiasi parte del nostro corpo, si può riuscire a far passare il ki.

Che rapporto c’è fra lo yuki e la respirazione attraverso la colonna? Sono entrambi dei metodi per concentrare il ki. Respirando attraverso la colonna vertebrale, il corpo si riempie di ki. Di solito si pensa che la respirazione avviene attraverso il naso; invece, la cosa più importante è respirare attraverso la colonna. Specialmente, se si concentra il ki nella colonna e si dirige l’alito fino al midollo delle lombari, si riesce a risolvere qualsiasi problema di salute. E quando la respirazione si calma, inspirando dalla parte superiore della colonna fino alle lombari, non ci si stanca e non si

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invecchia e si potrà vivere sempre con più entusiasmo e con più vigore. Fino ad oggi, l’idea di salvaguardare la salute era sempre associata agli esercizi fisici e la cura della salute e della vita si stabiliva in rapporto ad una dieta equilibrata, e quando si parlava del come sviluppare la vita, si cercava di mettere insieme tanti punti di vista. In questo senso, si nota una tendenza a ignorare quanto è importante sia lasciare la mente vuota che correggere la respirazione; invece, se la nostra respirazione è perturbata, non possiamo realizzare nessun esercizio fisico in modo fluido: nonostante le nostre gambe siano robuste, non riusciamo a correre. Come forza motrice del meccanismo della vita umana, l’aria è evidentemente più importante degli alimenti e delle bevande. Per quanto si possano accumulare delle conoscenze, niente sarà mai più efficace dello svuotare la mente e neanche si raggiungerà quello stato in cui è possibile mantenere calma la respirazione, se non è appunto, con lo svuotare la mente. Tutti i metodi tradizionali d’Oriente che trattano della cura e del mantenimento della vita, hanno in comune la normalizzazione e l’approfondimento della respirazione; come se tutti si fossero messi d’accordo. Certo, non è un caso. Sia il pranayama indiano che la tecnica dell’allenamento del tanden in Cina, il metodo di respirazione profonda del nostro paese o tante altre tecniche, che sono state praticate e trasmesse attraverso l’esperienza dei nostri antenati, si basano tutte sulla respirazione. Ed è impossibile acquistare maestria, sia nella pratica della spada che nell’arte di sistemare i fiori o in quello della cerimonia del tè, se non si tiene conto della respirazione. In quanto ai metodi per la cura della vita ed il loro apprendimento, il fatto che non tengano in conto di lasciare la mente in bianco e la regolarizzazione della respirazione, la dice lunga sull’insufficienza di questi metodi. Riguardo alla respirazione attraverso la colonna, è opportuno farlo con l’intenzione di respirare attraverso il tubo centrale del midollo della colonna. Questo metodo di respirazione, che volge l’attenzione verso l’interno, lo chiamiamo respirazione di katsugen; è molto difficile spiegarlo. Ad ogni modo, all’inizio basta che si abbia l’intenzione di respirare attraverso la spina dorsale. Praticando alcune volte in questo modo, la colonna si riscalda e si comincia a sudare. D’altra parte, se praticando il katsugen undo si riceve yuki, il

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movimento aumenta; cosa più difficile da ottenere se lo si pratica da soli. Invece, in questo caso, respirando attraverso la colonna, il movimento aumenta di colpo. Questa facoltà di muoversi spontaneamente è inerente al corpo umano. Ho sempre mantenuto la mia salute grazie alla respirazione attraverso la colonna. Se lo faccio quando mi sento stanco, subito la colonna comincia a scricchiolare e lungo quest’ultima esce il sudore ; così si elimina la stanchezza. Unificando la mente, riusciamo a captare ed a capire cose che non potevamo percepire quando la mente era dispersa, ed anche a sentire ciò che prima non sentivamo. Per questo motivo, sia prima di mangiare che prima di guardare un dipinto od ascoltare della musica, la prima cosa che faccio è di respirare attraverso la colonna; così, la mente diventa limpida. E non è necessario praticarlo in un posto particolare; lo si può fare mentre si lavora, camminando o ascoltando della musica. Il semplice fatto di concentrare il ki nella colonna fa sì che l’attività umana diventi più duttile e pratica, fino ad un punto inimmaginabile. Quando la sensibilità si acuisce, il mondo diventa più ricco e più bello, a tal punto, che ogni volta che lo pratico rimango sorpreso dall’effetto. Praticatelo anche voi, e quando riuscirete a fare passare la respirazione attraverso la colonna, vedrete come la mente diventa più chiara: e se lo fate prima di coricarvi, riuscirete a riposare più profondamente anche con poche ore di sonno e ha risvegliarvi pieni di voglia di vivere.

Quando si fa yuki, è meglio conservare il ritmo naturale della propria respirazione? Va bene tutto. Se lei acquista questa abitudine a livello del subconscio, farà yuki così, in modo naturale. La cosa più importante è concentrare la mente. Se la densità della concentrazione aumenta, allora va bene. In quanto allo yuki, l’importante è di non disperdere l’attenzione.

Quando lo stomaco non funziona bene, è necessario, mentre si pratica il katsugen undo, fare gyoki su di esso? Non c’è bisogno. Si deve praticare il katsugen undo con mushin: se si divide la mente in due, si stanca.

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In altri esseri, non umani, lo yuki sortisce effetto? Facendo yuki, sia ai pesci che agli uccelli, quando sono deboli, essi si fortificano e riacquistano vigore. Se si fa yuki ai fiori, diventano più grandi; e se lo si fa alle radici, queste si irrobustiscono. Sono in molti a fare questo tipo di esperimenti; fanno yuki ai crisantemi o ai pesci tropicali, perché dicono che hanno paura di farlo alle persone e non vogliono prendersi il rischio di farlo su di loro. Il kanno (comunicazione e reazione) si realizza fra tutti gli esseri; perciò, credo che il ki è qualcosa che hanno in comune tutti gli esseri viventi. Credo che perfino con la materia inerte possono prodursi alcuni fenomeni se si trasmette una intenzione. Per esempio, se uno si concentra e pensa: voglio che prendano questa moneta con la mano destra, consegnandola a qualcuno, costui l’afferrerà con quella mano. E’ una specie di gioco. Ora, visto che il ki si comunica in tutti, credo che è possibile ottenere risultati, sempre e qualora il nostro ki comunichi con quello di altri esseri vivi, siano piante o animali.

c) In quale stato si trovano le persone che si svegliano più volte durante la notte? Quelli che pensano che bisogna dormire un certo numero di ore, si riaddormentano dopo essersi svegliati, nonostante abbiano risposato bene. Non è che queste persone hanno realmente bisogno di dormire di più, però lo fanno perché si sono create un bisogno di dormire immaginario; perciò si svegliano parecchie volte durante la notte. Quelli che hanno veramente sonno, riescono a dormire in piedi, sul tram e perfino svolgendo un compito. Per cui, tutti riposano quanto basta in modo naturale. Quelli che pensano di soffrire d’insonnia, in realtà cercano di dormire più del necessario: sono degli spreconi. D’altra parte, non si tratta di dormire molto, ma piuttosto di dormire profondamente. In questo modo, si riposa subito: più il sonno è profondo e meno è necessario dormire. Quelli che dormono in questo modo, si svegliano dopo poco tempo. Invece, quando si pensa che sono indispensabili molte ore di sonno e si cerca di riaddormentarsi nonostante ci si senta completamente riposati, allora, il giorno dopo non si riesce a conciliare il sonno, perché dal

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punto di vista fisiologico non è necessario. Le persone che si lamentano della mancanza di sonno o di un sonno leggero, sono deboli nel punto V dell’occipite: si riesce addirittura a darci un pizzico. Dormono tutte quante due volte. Perfino sognano. Non hanno l’impressione di avere dormito almeno che non lo facciano per molte ore, o si lamentano che se non dormono a lungo la stanchezza non va via. Le persone che sognano hanno le ossa dell’occipite come se fossero superposte; toccandole da sotto verso sopra si nota come uno scalino. Quelli che credono di non dormir abbastanza, hanno quella zona del cranio sporgente; poiché non riescono a dormire profondamente, hanno bisogno di dormire molto tempo. Se prima di coricarsi, uno si fa yuki con l’intenzione di innalzare la sutura lambda, dormirà profondamente; però continuando a praticare il katsugen undo in modo naturale, sarà sufficiente. Quando si ha un sonno leggero, il petto si indurisce. Col solo premere un poco la parte concava della clavicola, già si sente dolore. Nelle persone il cui petto non è ben aperto, il punto V dell’occipite (nella sutura lambda) è anch’esso molle. Quindi, sia il rilassamento del punto V della testa sia la mancanza di apertura del petto ed il non riuscire a dormire profondamente, hanno uno stretto rapporto. Se quel punto è molle, dormendo, si respira col petto. E’ perché il sonno è superficiale. Se il sonno è profondo, si respira col basso ventre. Comunque, l’importante è dormire profondamente senza essere condizionati dal numero di ore.

Ci sono persone che di mattina sono particolarmente sveglie, ed altre che lo sono di notte: sarà perché quest’ultime non hanno bisogno di dormire di notte? Così è. Alcuni giorni fa, una scuola mi chiese un parere sul come impostare gli esami d’ammissione; consigliai loro che, ai ragazzi che sono come dei passerotti, l’esame fosse fatto la mattina e a quelli che sono come dei gufi lo facessero di notte. Farlo a mezzogiorno,

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pensando così di essere equanimi è un errore visto che, c’è chi è sveglio di notte e chi ha il cervello che funziona meglio la mattina; c’è chi lavora bene in un ambiente tranquillo e chi preferisce la confusione. Se non si fa l’esame nelle condizioni più favorevoli per l’individuo, tenendo conto delle sue peculiarità, di fatto si commette un’ ingiustizia. Necessitiamo di un periodo di sonno profondo che duri fra un quarto d’ora e quaranta minuti. L’elettroencefalogramma dimostra che durante questo lasso di tempo il cervello è completamente a riposo, però, quello che generalmente si include nella durata del sonno comprende il tempo che si mette per arrivare al sonno profondo e quello che serve fino al risveglio. Per cui, se si riesce a rilassare il corpo velocemente, si può arrivare al sonno profondo in poco tempo; e allo stesso modo, se uno si contrae rapidamente, il processo per uscire dal sonno sarà più corto. Perciò, chi possiede un corpo sensibile dorme piuttosto poco, direi che quattro ore sono giuste

Mi piacerebbe che lei parlasse un po’ di nutrizione. In quanto all’alimentazione, basta mangiare la quantità necessaria. Mangiare molto è uno sbaglio. Se il corpo riceve poco, cercherà di sfruttare al massimo quel poco e, dunque, basta una minima quantità di alimenti necessari al suo fabbisogno. Praticando il katsugen undo, si mangia di meno, perché l’assimilazione è migliore. Una buona stufa riscalda di più con meno petrolio; allo stesso modo, si può considerare che l’apparato digerente è sano è forte se è capace di assorbire il nutrimento sufficiente partendo da una minima quantità d’alimenti. Perciò, quando il katsugen undo sorge correttamente, è possibile cavarsela con poco cibo. Mangiare molto non ci rende più sani. Chi sta in uno stato di seitai, è colui che riesce a trarre profitto da una piccola quantità di cibo; ossia, seitai è lo stato in cui uno non si stanca, né con poche ore di sonno, né con poco cibo, né lavorando molto. Penso che non è necessario preoccuparsi molto della faccenda della nutrizione; mangiare è semplicemente scegliere quello che più ci piace; tutto quello che è giusto per il corpo risulta saporito.

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Al di fuori di quello che si desidera mangiare, verdure o carne, oggi tutti gli alimenti hanno coloranti e conservanti... Il corpo espelle tutto quello di cui non ha bisogno. Mettiamo il caso in cui una madre soffre di beriberi: nonostante il suo latte contenga una piccola quantità di tossine, il bebè la vomiterà. Malgrado sia un bambino, quest’ultimo vomiterà appena scoprirà una minima quantità di veleno. Ora, l’adulto dovrebbe conservare questa capacità. Credo che i praticanti di katsugen undo non hanno bisogno, tranne che in casi estremi, di dare troppo importanza al problema della contaminazione degli alimenti. E la vita attuale di Tokyo servirà perché in futuro, il corpo stia più allenato per resistere all’aria contaminata e all’inquinamento degli alimenti.

d) Mi piacerebbe che lei spiegasse cos’è il taiheki. E’ l’abito del movimento del corpo. Ci sono abitudini tipo la tendenza ad inclinarsi in avanti o all’indietro, a sinistra o destra, a contorcersi, ecc…ossia, il movimento cosciente si mescola con questo tipo di movimento inconscio. Sicuramente, questo sarà una specie di katsugen undo atto ad equilibrare il corpo. In tutti noi questi movimenti si mescolano; per questo motivo, il corpo funziona meglio in una determinata direzione, mentre in altre direzioni è più difficile. Queste abitudini di movimento possono essere la causa di diverse anomalie, in base a come si adopera il corpo. Dato che inconsciamente qualche zona è più attiva, il fatto che una di queste sia più o meno sensibile agli stimoli determinerà la sua capacità di reazione di fronte ai medesimi. Così, poco a poco, il movimento cosciente si va delineando e le abitudini di movimento definendosi. Supponiamo che una persona abbia l’abitudine di ruotare il corpo; in ogni caso questa si contorcerà camminando, come potremmo vedere osservandola da dietro. Tuttavia, questa persona non sa di contorcersi, è una cosa che lei fa inconsciamente per poter correggere la disparità di entrambi i lati della pelvi, nell’ipotesi in cui uno dei due lati è contratto e l’altro aperto. Ciò è dovuto al fatto, che dal lato più contratto il passo è più corto e, al contrario, dal lato più aperto il passo è più lungo. Perciò, per poter camminare dritto, l’andatura si va correggendo inconsciamente tramite la torsione; credo che il desiderio di compensare l’effetto dello squilibrio di entrambe le metà della pelvi, sorge in modo inconscio, e ciò costringe a muovere i glutei.

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Osservando minuziosamente la colonna vertebrale delle persone con una simile tendenza, possiamo notare che tutte hanno lo stesso abito per quanto riguarda il movimento involontario; questo accade perché in tutti esiste il desiderio, almeno inconscio, di regolare il proprio corpo. Per questo motivo, le persone che hanno la vita irrigidita e dunque si chinano in avanti, di solito caricano forza sulle spalle; per conservare l’equilibrio portano indietro le spalle e, camminando, le muovono inconsciamente avanti ed indietro, mettendole in tensione senza rendersene conto. In genere queste persone hanno la mobilità vertebrale intorpidita nella parte più bassa della colonna, nella lombare V e, stando inclinate in avanti, allo stesso tempo fanno dei movimenti inconsci per equilibrare questa tendenza, per esempio: incrociare le mani dietro alle spalle. L’abito dell’inclinazione in avanti implica anche determinate peculiarità psichiche: involontariamente l’individuo rimugina continuamente, è eccessivamente introverso o, al contrario diventa più attivo del solito. In questo modo, sia nell’attività psichica che in quella fisica si stabiliscono degli abiti. Molti di quelli abiti che vengono considerati mentali, in realtà provengono da abiti da movimento fisico. Per esempio, prendiamo il caso di uno scolaro il cui corpo presenta la tendenza a torcersi e che, quando si dedica o si concentra su qualcosa, abbia l’abitudine di girarsi verso la destra. Se nella classe egli si trova situato in un posto tale che, quando sta di fronte al maestro, la finestra sta alla sua destra, per quanto egli si impegni a stare attento a quello che succede in classe, tanto più ruoterà il corpo verso la destra, cioè, verso la finestra. Allora, il professore lo riprenderà per la sua mancanza d’attenzione e il bambino sarà costretto a girarsi verso la sinistra; però, in quella posizione si stancherà subito e quindi dovrà ruotare il busto verso destra, al che il professore lo riprenderà di nuovo per la sua cattiva condotta. Per questo motivo, ci sono molti casi di bambini che acquisiscono un complesso d’inferiorità a causa di questo tipo di rimproveri. Se il ragazzo ha l’abitudine di ruotare il corpo verso la destra, quando vuole rendere al meglio delle sue capacità, bisognerebbe farlo sedere in modo tale che il professore non si trovi sul lato sinistro. Perciò, è opportuno decidere il posto in cui sedersi in classe per essere in accordo con il taiheki.

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C’è chi accavalla le gambe. Quelli che mettono la gamba destra sulla gamba sinistra, sono quelli che nella vita quotidiana ed in modo inconscio hanno la propensione a tendere quella destra. Accavallandola, la distendono. Mettono sempre sopra quella più malandata. Questo tipo d’atti o di movimenti inconsci non si producono casualmente, sennonché sono la manifestazione del desiderio del corpo che cerca di mantenere l’equilibrio.

e) Mi piacerebbe che lei spiegasse brevemente la storia del katsugen undo. Quando fu sconvolta dalla grande catastrofe provocata dal terremoto di Kanto, Tokyo fu rasa al suolo dal fuoco e ciò provocò un gran numero di malati che soffrivano in modo considerevole. Senza pensarci troppo, cominciai ad imporre la mano, facendo yuki. Quando lo facevo, alcuni di loro si agitavano, perché il katsugen undo si manifestava in modo naturale. All’inizio pensai si trattassero di convulsioni e cercai di fermarli; però, in seguito mi resi conto che quelle persone miglioravano più in fretta, di modo che incominciai a cercare il modo di provocare quel movimento. E così siamo arrivato al punto in cui tutti possono indurlo. In un primo momento lo consideravo come una tecnica per curare la malattia. Tuttavia, in seguito capii che in realtà non si trattava di una tecnica che io possedevo, ma piuttosto di una capacità che tutti hanno, e che il movimento poteva manifestarsi anche senza induzione. Capii anche che era più efficace praticarlo senza intenzione alcuna, per cui misi da parte l’idea di curare malattie o di cercare qualche scopo concreto come, per esempio, migliorare lo stato dell’organismo. Così, abbandonai il rapporto terapeutico con il malato e altresì l’idea di fortificare il corpo e, col tempo, siamo giunti a praticarlo semplicemente come un metodo per recuperare l’attività naturale del corpo. Questo ebbe luogo una quindicina d’anni fa. Quando il Ministero cominciò a promuovere lo sviluppo della forza fisica del popolo giapponese, la Società Seitai partecipò in qualità di istituzione membro. Tuttavia, tutti volevano soltanto assumere una grande quantità di alimenti nutritivi od usare diversi tipi di metodi curativi, ma sempre di tipo cosciente. Potenziare la capacità del movimento involontario è una necessità primordiale quando si desidera incrementare lo sviluppo fisico; però nessuno se ne rende conto. Perciò, da parte nostra, incominciammo a divulgare il katsugen undo. Questo fu cinque anni fa.

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