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September 28, 2017 | Author: Enrico Damiano | Category: Necked Lutes, Violin, Gaiaphones, Friction Musical Instruments, Pop Culture
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CORSO DI TECNOLOGIA DELLO STRUMENTO

I LIUTAI NAPOLETANI DEL 1800

ALUNNO Enrico Damiano Vallone

CENNI STORICI I più recenti studi organologici hanno finalmente messo un po’ d’ordine riguardo le antiche origini degli strumenti moderni. Per quanto riguarda la chitarra, si può affermare con certezza che lo strumento è di derivazione medio-orientale. Gli studiosi evidenziano che nelle antiche lingue locali e nel sanscrito, la parola "Tar" significa invariabilmente "corda" e da qui il "Do-Tar" ed il "Se-Tar" indicano strumenti, rispettivamente a due e a tre corde (esemplari del primo sono ancora usati nel Turkestan). Esiste inoltre un significativo bassorilievo in pietra risalente al XIII secolo a. C., denominato "La chitarra ittita", che raffigura appunto un ittita nell'atto di suonare uno strumento le cui caratteristiche morfologiche (eccetto le dimensioni notevolmente ridotte) sono simili alla chitarra moderna. in questo importante reperto archeologico è rappresentato infatti uno strumento a corde pizzicate, a forma di otto, con manico tastato e con una cassa armonica dal fondo piatto. Con la penetrazione dei costumi (la cultura musicale islamica fu notevolmente influenzata nel Medioevo da quella persiana) è facile seguire l'introduzione in Europa dello strumento al seguito degli arabi e ritrovarlo rappresentato immutato a distanza di secoli nelle "Cantigas de Sancta Maria" (1270 d. C.). E' valsa la pena puntualizzare le caratteristiche originarie della chitarra per capire quali modificazioni essa abbia poi subito nel corso della sua lunga storia. Brevemente, i liutai hanno apportato delle migliorie alla chitarra quasi esclusivamente lungo due direttrici: 1) l'accrescimento dell'esiguo volume sonoro; 2) l'estensione della gamma dei suoni eseguibili al registro grave con l'aggiunta di corde. Per il primo punto, si è lavorato instancabilmente maggiorando in modo apprezzabile le dimensioni della cassa armonica. Per quanto riguarda il secondo punto, l'evoluzione dello strumento è avvenuta schematicamente attraverso le tappe riportate qui di seguito. La chitarra rinascimentale era armata di quattro "cori" (corde di budello appaiate ed accordate all'unisono ed all'ottava). Nella seconda parte del sec. XVI vi si aggiunse il quinto coro al grave. La chitarra così descritta da Juan Bermudo, si qualificherà come "chitarra spagnola" e rimarrà in auge fino allo spegnersi del Settecento. Di fattura raffinata, con notevoli decorazioni proprie dell'epoca barocca, la chitarra incontrò persino il favore di principi e di re, tant'è vero che presso la corte di Luigi XIV v'era regolarmente stipendiato un maestro di chitarra. Sul finire del sec. XVIII, lo strumento abbandonò i raddoppi delle corde ma acquistò una sesta corda al grave. In Italia le chitarre a sei corde arrivarono intorno allo stesso periodo. L’evoluzione fu diversa, in quanto le dimensioni rimasero ridotte, ma forse la prima chitarra italiana, prodotta nel 1764 da Antonio Vinaccia, presentava quasi tutte le caratteristiche della chitarra moderna. I liutai napoletani iniziarono a distribuire e far espandere l’uso di questa chitarra grazie all’appoggio dei Fabricatore. Subito dopo, in Spagna si vide il crescere uso dello strumento, soprattutto a Malaga e Siviglia. In Francia, invece, la chitarra a 6 corde arrivò intorno al 1820, con un fiorente utilizzo dello strumento grazie al liutaio Renѐ François

Lacôte molto apprezzato da famosi chitarristi del suo tempo come Fernando Sor e Ferdinando Carulli. Lo strumento subì un'ulteriore maggiorazione della cassa armonica, nonché un innalzamento della tastiera rispetto al piano armonico, ad opera del liutaio Antonio Torres, nella seconda metà del sec. XIX. Ma ancor oggi non si è esaurita l'affannosa ricerca di un maggior volume sonoro, compensata in parte dall'uso sempre più frequente di impianti di amplificazione nelle grandi sale da concerto.

LIUTAI NAPOLETANI La scuola Napoletana eccelle da oltre 350 anni (prima metà del 1600) nella costruzione di eccellenti e ricercati strumenti a plettro o a pizzico come liuti, mandole, mandolini, mandoloncelli, chitarre, lire, tiorbe, violini, viole, celli etc. . Napoli era inoltre nel ‘700 un grandissimo centro di fabbricazione di corde di minugia così come è stato testimoniato da Paganini e fu sempre a Napoli nel ‘900 che furono fabbricate le prime corde in acciaio ad opera di Vincenzo Gagliano. Furono quindi oltre 150 i liutai della scuola Napoletana e mentre molti liutai di altre scuole si son rifatti ai grandi maestri del '700 copiando con estrema precisione e fedeltà i loro strumenti, i liutai napoletani, nessuno escluso, sono stati sempre capaci di introdurre nei loro modelli uno o più elementi personali ed originali I liutai napoletani, anche se meno raffinati nell'esecuzione, hanno comunque sempre interpretato, più che copiato. Ed è per questo che vengono spesso trascurati o addirittura ignorati dai così detti "puristi" che valutano la rispondenza ai canoni costruttivi classici ritenuti più importanti dello stesso suono prodotto dallo strumento. Per comprendere a pieno la produzione liutaria napoletana, è indispensabile inquadrarla nel tessuto socioeconomico in cui i liutai hanno operato. Gli autori napoletani sono stati infatti spesso accusati di aver usato materiali scadenti per la costruzione dei loro strumenti che ne condizionavano la precisione del lavoro e la bellezza finale. Questo è in molti casi effettivamente vero e deriva dal fatto che Napoli, come "città del Sud" è sempre stata una città povera, così come poveri sono stati tutti i liutai di cui parliamo. Di conseguenza, la loro produzione raramente era diretta a qualche strumentista di grido o ai pochi ricchi. La maggior richiesta era pertanto di strumenti economici. E quando i liutai non riuscivano a vendere in città gli strumenti prodotti, si recavano al porto ove molti di essi avevano un permesso per salire sulle navi in sosta per vendere gli strumenti ai crocieristi stranieri o agli emigranti che poi li rivendevano al loro arrivo con un certo guadagno. Questa è forse la spiegazione più logica della massiccia presenza di strumenti napoletani in Europa ed in U.S.A. I liutai napoletani, non avendo la possibilità di acquistare legni e materiali pregiati, si adattavano ad usare una "tavola per il letto" o il pezzo di acero nostrano per costruire un fondo, l'abete della Sila per il coperchio, la tavoletta per le controfasce veniva spesso ricavata dalla "cassetta del pesce", o tavole appena sufficienti per un violino di

piccola misura erano trasformate in piano di "cello" fatto in vari pezzi giuntati (ad es. un cello di G.B. Fabbricatore fu costruito con tavola in 5 pezzi e fondo in 3 pezzi giuntati). Ma, come dice il Marino, che rimane il massimo esperto di liuteria ad arco napoletana, "quale meraviglia usciva dalle loro mani allor quando, con il classico colpo di genio scolpivano una testina, rintagliavano una "effe", o verniciavano uno strumento".

Gagliano (famiglia) I Gagliano sono stati una famiglia di liutai napoletani. È stata una famiglia di liutai particolarmente prolifici, che hanno realizzato molti violini, diversi violoncelli ed alcune viole. I loro strumenti erano costruiti generalmente su modelli Stradivari ed usavano una vernice fra loro simile, a parte quelli prodotti da Alessandro. La vernice dei Gagliano ha un colore arancio dorato, talvolta macchiata. Gli strumenti dei Gagliano erano ottimi sotto tutti i punti di vista e molto apprezzati dagli esecutori. Membri Alessandro Gagliano (fl. 1700 ca. - 1735 ca.) È stato allievo di Nicola Amati e Antonio Stradivari. Tornato a Napoli dopo un soggiorno a Cremona, è stato il capostipite della scuola di liuteria napoletana, padre di Nicola I e di Gennaro. Pochi esemplari di suoi violini sono sopravvissuti in buone condizioni, così come alcune viole, contrabbassi e pochi (ma particolarmente buoni) violoncelli. I suoi violini sono differenti sotto tutti i punti di vista rispetto a quelli costruiti dai suoi discendenti, soprattutto per quanto riguarda la vernice, che nei suoi strumenti è ad olio, di colore rosso vivo. Ha realizzato violini di almeno tre misure diverse, delle quali una piccola ed una particolarmente grande e dal diapason elevato. La dimensione delle effe varia notevolmente[1]. Nicola Gagliano I (fl. 1740 ca. - 1780 ca.) Primogenito di Alessandro Gagliano, ha costruito numerosi violini e violoncelli di ottima qualità nel corso della sua lunga carriera, taluni in collaborazione con il figlio Giuseppe, i quali sono stati talvolta oggetto di imitazione oppure confusi con strumenti di Stradivari. La sua produzione si concentra tra il 1750 ed il 1770. I suoi strumenti sono notevolmente ispirati agli Stradivari e sono di qualità generalmente molto alta, anche se alcuni presentano misure eccessive. Nicola e Gennaro hanno introdotto il modello di violoncello che è stato poi ripreso da molti liutai napoletani successivi. È stato padre di Ferdinando, Giuseppe, Antonio e Giovanni.

Gennaro [Januarius] Gagliano (fl. 1740 ca. - 1780 ca.) Secondogenito di Alessandro Gagliano, Gennaro ha costruito diversi strumenti di ottima fattura, tanto da essere spesso considerato il miglior liutaio della famiglia[1]. Il suo stile era molto vicino a quello della scuola cremonese, notevolmente influenzato da Stradivari ma anche da Amati. Ferdinando Gagliano (fl. 1770 ca. - 1795 ca.) Primogenito di Nicola Gagliano I, ha realizzato diversi strumenti di ottima qualità, anche se spesso anonimi. Alcuni strumenti con la sua etichetta sono stati identificati come opera del padre o del fratello. Si presume abbia studiato soprattutto dallo zio Gennaro ed i suoi strumenti ricordano molto quelli di quest'ultimo. La sua vernice è di buona qualità, ma inferiore rispetto a quella del padre o dello zio. Ha collaborato in una certa misura con i suoi tre fratelli. Giuseppe [Joseph] Gagliano (fl. 1770 ca. – 1800 ca.) Fratello di Ferdinando, è stato allievo di suo padre Nicola e ha prodotto strumenti di eccellente qualità, che però è andata scemando con il passare degli anni. Gli strumenti costruiti in collaborazione con il fratello Antonio sono inferiori rispetto alla sua produzione precedente. Antonio Gagliano I (fl. 1780 ca. – 1800 ca.) Anch'egli figlio di Nicola, stando alle etichette originali i suoi strumenti sono stati spesso costruiti in collaborazione con il fratello Giuseppe, rispetto al quale la sua produzione è però di qualità inferiore. Giovanni [Joannes] Gagliano (fl. 1785 ca. – 1815 ca.) Figlio di Nicola, ha iniziato a lavorare in collaborazione con i fratelli Giuseppe ed Antonio, rendendosi poi indipendente verso il 1800. Anche la sua produzione si distingue nettamente da quella dei fratelli, in particolare per le caratteristiche delle effe e del cavigliere. È stato padre di Nicola II, Raffaele e Antonio. Nicola Gagliano II (fl. 1800 ca. – 1825 ca.) Figlio di Giovanni, ha prodotto buoni strumenti, che però sono spesso difficili da distinguere e da attribuire correttamente. Raffaele Gagliano (1790-1857) Figlio di Giovanni, ha costruito diversi violini e violoncelli, spesso dal fondo non rifinito. Usava la stessa vernice della famiglia, ma la qualità dei suoi strumenti è inferiore rispetto a quella dei suoi predecessori. Antonio Gagliano II (1794-1860) Figlio di Giovanni, anche per lui valgono le stesse considerazioni riferite al fratello Raffaele.

FABRICATORE Gennaro I e II, della famiglia Fabricatore, furono attivi a Napoli nella prima metà dell’Ottocento. Difficile ascrivere questo strumento al padre (ca. 1770 - ca. 1844) piuttosto che al figlio (1800-1853). La famiglia Fabricatore, assieme alla famiglia Vinaccia fu una delle due dinastie liutarie napoletane più importanti. La loro produzione comprese diverse tipologie di strumenti (anche strumenti ad arco) tra cui spicca la produzione di mandolini. Quello che oggi indichiamo con il termine mandolino napoletano è la tipologia di strumento che venne sviluppato alla metà del Settecento a Napoli, dalle due famiglie (guscio piriforme, quattro ordini doppi di corde, accordati per quinte Sol 2 , Re3 , La3 , Mi 4 , ponticello mobile, corde fissate alla controfascia esterna). Elementi comuni delle due famiglie furono il protrarre nel tempo l’attività (dalla metà del Settecento fino agli inizi del Novecento per i Vinaccia e dalla metà del Settecento fino alla seconda metà dell’Ottocento i Fabricatore) ed essere non solo liutai, ma ottimi commercianti. Alla produzione di strumenti nelle loro botteghe si aggiungeva la commercializzazione di quelli fatti costruire all’esterno o addirittura comprati oltreconfine, particolare in grado si spiegare le molteplici varietà stilistiche che oggi ritroviamo. Fabricatore fu dunque un marchio, di proprietà della famiglia, che commercializzava strumenti apponendo la propria etichetta all’interno. Della famiglia Fabricatore notevolissima fu la produzione di chitarre, di cui oggi possediamo numerosi esemplari sopravvissuti, ad opera in particolare di Giovan Battista e Gennaro I e II. È interessante rilevare come la produzione nel corso degli anni si sia evoluta, senza rimanere fedele ai modelli primigeni di Giovan Battista. Abbiamo così la possibilità di osservare quale sia stato il percorso costruttivo e tecnologico nel corso di circa un secolo. Andando oltre il semplice variare delle forme e delle dimensioni, gli strumenti rimasti ci permettono di trarre con una certa sicurezza informazioni importanti sul processo costruttivo seguito, le committenze avute e l’organizzazione commerciale. Importante dato desumibile dall’osservazione degli strumenti è appunto quello riguardante le diverse tipologie delle committenze, che possono essere divise in due categorie principali: strumenti destinati ai nobili dilettanti, ovvero strumenti riccamente decorati, e altri destinati a una clientela con minor potere d’acquisto. È interessante rilevare come (anche per quanto riguarda altre famiglie napoletane), perfino negli strumenti di più modesta fattura, le decorazioni siano sempre presenti. L’esecuzione di queste è spesso non particolarmente attenta, è visibile una certa mancanza di precisione e di raffinatezza tipica degli strumenti migliori. È da rimarcare la rarità degli strumenti che manchino totalmente di decorazioni. Gli strumenti di scuola napoletana le mantengono in ogni caso, quasi fossero imprescindibili dall’oggetto-chitarra (al contrario di quanto succedeva in Piemonte e Francia); come in Spagna nelle zone di Cadice e Siviglia, anche a Napoli si continuerà a costruire strumenti “arcaici”, ovvero in forte ritardo tecnologico se

confrontati con altre realtà europee. In molti strumenti è l’osservazione ravvicinata che ci permette di cogliere i particolari decorativi e la loro esecuzione: questi strumenti erano concepiti per essere armoniosi e gradevoli nel loro insieme, era importante l’impatto visivo.

LA CHITARRA IN ITALIA NELLA PRIMA METÀ DELL'OTTOCENTO GENNARO FABRICATORE, Napoli 1809 (Appartenuta a Mauro Giuliani) GENNARO FABRICATORE, Napoli 1816 (Appartenuta a M. Cristina di Borbone Napoli) GENNARO FABRICATORE, Napoli 1826 (Appartenuta a Niccolò Paganini) GENNARO FABRICATORE, Napoli 1830 LUIGI FILANO, Napoli 1819 LUIGI FILANO, Napoli 1831

Gennaro Fabricatore, Napoli 1830

I Vinaccia I membri pù importanti della famiglia Vinaccia sono Gennaro ( attivo Tra il 1755 e il 1784 ) e i suoi figli Antonio, Vincenzo ( attivo tra il 1767 e il 1802 ) e Giovanni ( attivo Tra il 1767 e il 1777). Da Gaetano Vinaccia (attivo tra il 1779 e il 1821), figlio di Antonio, discende Pasquale( 1806-85), che costruì i primi mandolini montati con corde di acciaio e meccaniche.

Chitarra Pasquale Vinaccia – 1828 Pasquale Vinaccia è forse il liutaio di strumenti a pizzico più rilevante del XIX sec e rappresenta il rinnovarsi della più importante famiglia di liutai di Napoli. Questa chitarra , costruita nello stile napoletano, è simile come modello e metodo di costruzione alle Fabricatore: i due laboratori erano infatti in contatto e in buoni rapporti. La personalità del grande Maestro traspare nei particolari come i ricchi disegni floreali dei baffi ai lati del ponte, le ricche filettature e i nuovi piroli semimeccanici. Lo strumento è stato costruito nella prima parte della sua carriera ed è molto raro. La tavola armonica è in abete, il fondo e le fasce sono in acero marezzato, il manico e la paletta sono lastronati di ebano, il ponte e la tastiera sono di ebano. Lo strumento è da restaurare.

Chitarra Pasquale Vinaccia – 1883 L’intensa attività del maestro Pasquale Vinaccia nel XIX sec. si nota nello sviluppo costruttivo di tutti gli strumenti a pizzico prodotti nel suo laboratorio. Nuove realizzazioni progettuali si sono rese necessarie a seguito di nuove esigenze espressive che la chitarra in questo periodo andava conquistandosi. Questa è una chitarra dell’ultimo periodo di produzione di Pasquale Vinaccia. Paragonandola con la precedente possiamo vedere che la forma meno allungata risulta però allargata nei lobi superiore e inferiore, con una accentuata sfiancatura: questo rende la struttura significativamente più rigida. Gli spessori della tavola e del fondo sono maggiori, l’incastro del manico alla cassa è rinforzato con un tallone decisamente robusto. La tastiera in ebano,incollata sopra il manico, prosegue sopra la tavola armonica fino alla buca. La paletta ha una forma inedita e l’alloggiamento laterale delle meccaniche per l’accordatura. Il ponticello di ebano prevede il fissaggio delle corde all’interno di piccoli fori che attraversano anche lo spessore della tavola armonica nei quali la corda viene inserita e fissata tramite un piccolo pirolo di ebano. In questo modo le corde trazionano direttamente la tavola armonica.E’ una chitarra che tiene conto di tutte le innovazioni costruttive acquisite a livello europeo. Pasquale Vinaccia è famoso anche perché fu probabilmente il primo a introdurre corde di metallo dolce per gli strumenti a pizzico, questo modello di chitarra prevedeva corde metalliche. La tavola armonica è in abete, il fondo e le fasce sono in acero marezzato, manico e paletta sono lastronati di ebano. La rosetta è in madreperla, la meccanica e i tasti in alpaca.

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