Hannah Arendt Teoria Del Giudizio Politico - Lezioni Su Kant
May 2, 2017 | Author: nupretto | Category: N/A
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Hannah Arendt Teoria Del Giudizio Politico - Lezioni Su Kant Lessons on kant...
Description
Hannah Arendt
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Teoria del giudizio politico
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Lezioni sulla filosofia politica di Kant
Con un saggio interpretativo di Rrma!d llcmcr
Edizione americana a cura di Ronald Beinn
Giudicare dm•eva costituire la ter:ca e conclusiva parte di La vita della mente di Hannah A rendi. Tzllto ciò che riuscì ascriverne è rapprcselllato da questa pagina. con le due epigrafi. trovata nella macchina da scrin'l'e poco dopo la sua morte.
ilmelangolo
Titolo originale Kan/ :v Politica! Philosoph1· IA'CfliiTS 011
NOTA DEL TRADUTTORE
Traduzione di Pier Paolo Portinaro
Per il saggio di Ronald Bcincr Titolo originale Interpreta/in: Essar. H anna h Arendi 011 Juc~~ing Traduzione di Carola Cicogna c Maurizio Vento
La traduzione è stata condotta sulle Lectures on Kant .i· Politica! Philosophl' curate da Ronald Bcincr, e collazionata all'edizione tedesca Das Urteilcn. Tcxtc ::.u Kanls politischcr Philosophic, trad. di Ursula Ludz, Piper, Miinchcn 19X5. Ci si è attenuti al principio della massima !cdcltà al testo, anche quando questo rivela fin troppo scopcrtamente la sua originaria destinazione didattica. Si è naturalmente tenuto conto (c talora non si sono potute evitare sovrapposizioni letterali c hrevi estrapolazioni) della traduzione di tì·ammcnti di queste Lcc!urc.1· già apparsa come "Appendice: Giudicare" in Il. Arendt, La l'ila della mente. a cura di A. Dal Lago, Il Mulino. Bologna 19X7, pp. 549-567. Tale traduzione è opera di Giorgio Zanctti. Anche il PostsaitJ/um al primo volume di The Ll{è o/the Milzd, che Ronald Beiner ha voluto inserire. fatta salva l'omissione di tre capoversi, come introduzione alle /,eclurcs da lui così scrupolosamente curate. è riprodotto qui con il titolo Pos/scriptum a Pensare nella traduzione di Giorgio Zam:tti dell'opera H. Arendt, La l'ila della mente. a cura di A. Dal Lago, Il Mulino. Bologna 19X7, pp. 30X-312, per gentile concessione dell'editore.
Copyright i; 19~2. The University ofChigaco Copyright( 1
rcnderc:bbcro impossibile la reciproca tiducia nella pace futura'". 1 "~
Fra gli altri è il terzo, quello che in ctletti scaturisce direttamente dalla socicvolczza c dalla comunicabilità: "Il diritto cosmopolitico dev'essere limitato alle condizioni di una univcrsnlc ospitalità'". J(,)
Se esiste un patto originario del genere tunano, allora il "diritto di visita" rientra fra i diritti umani inalienabili. Gli uomini Io hanno "in virtù del dirilto comune al possesso della superficie della terra. sulla quale, essendo sferica ... non possono disperdersi isolandosi all'intìnito. ma devono da ultimo rassegnarsi a incontrarsi c a coesistere ... [infatti] il diritto sulla supcrlicic ... [spetta] in comune al genere umano ... [Tutto ciò può essere dimostrato in negativo dall~ttto] che la violazione del diritto avvenuta in un punto della terra è avvertita in tutti i punti. così che !"idea dtun diritto
Questo patto. secondo Kant, sarebbe una pura idea rcgolatricc non solo delle nostre riflessioni in materia ma capace di ispirare di fatto anche le nostre azioni. t in virtù di quest'idea di umanità, presente in ogni singolo, che gli uomini sono umani, c li si può dire civili o umani nella misura in cui tale idea diviene il principio non solo dei loro giudizi ma anche delle loro azioni. È a questo punto che attore e spettatore diventano tut! 'uno; la massima delI'attore e la massima; il "canone'', in base al quale lo spettatore giudica lo spettacolo del mondo, s'identificano. L'imperativo, se si vuole. categorico dell'azione potrebbe essere formulato così:
Per ritornare a quanto dicevamo poc'anzi: sjgiudica sempre in quanto membri di una comunità, guidati dal senso comunitario, dal scnsus communis. In definitiva però si è membri di una comunità mondiale per il semplice fàtto di essere uomini: in ciò consiste la nostra '"esistenza cosmopolitica". Nel giudicare e nell'agire politicamente ci si deve orientare all'idça, non all'effettualità dell'essere cittadino c con ciò anche spettatore del mondo.
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cosmopolitico non è una rappresentazione fantastica di menti esaltatc". 1 ~> 6
In conclusione, cercherò di far luce su alcune difficoltà che si manifestano a questo punto. La principale difficoltà relativa al giudizio è di essere "la facoltà ... di pensare il particolare"; 167 ma pensare significa generalizzare, ragion per cui il giudizio è la tàcoltà di combinare, in modo misterioso, il particolare con il generale, il che è relativamente semplice qualora sia dato il generale - come regola, principio, legge- così che il giudizio si limita a sussumere in esso il particolare. La difficoltà si aggrava qualora sia dato solo il particolare, per il quale deve essere trovato il generale. 16 x Intàtti il canone non può essere tratto dall'esperienza c non può essere derivato dall'esterno. Non posso giudicare un particolare per mezzo di un altro particolare; per determinare il suo valore ho bisogno di un tertiwn quid o di un tertium comparationis, qualcosa che stia in rapporto con i due particolari c che tuttavia sia distinto da entrambi. Ora in Kant si trovano due soluzioni completamente diverse a questa difficoltà. Come tertium comparationis effettivo figurano in Kant due idee su cui è necessario riflettere se si vuole pervenire a dei giudizi. La prima, che fa la sua comparsa negli scritti politici e, occasionalmcntc, nella Critica del Giudizio, è l'idea di un patto originario del genere umano nella sua totalità. Derivata da essa è poi la nozione di umanità, di ciò che costituisce l'essere-umano di individui che vivono e muoiono in questo mondo, su questa terra, un globo che abitano in comune e si dividono fra loro nel succedersi delle generazioni. Nella Critica del Giudizio si trova poi l'idea di conformità allo scopo. Ogni oggetto, sostiene Kant, in quanto particolare, contenente in se stesso il Jòndamcnto della propria attualità, ha uno scopo. l soli oggetti che ne sembrano privi sono, da un lato, gli oggetti estetici, dall'altro, l'uomo. A loro proposito è inutile domandare quem adfìnem, a quale scopo? perché essi non servono a nulla. Abbiamo invece visto che gli oggetti estetici privi di destinazione, così come l 'apparente assenza di scopo della varietà della natura, hanno lo "scopo" di piacere agli uomini, facendo in modo che si sentano a casa nel mondo. Questo non può essere in nessun
modo dimostrato, ma la conformità allo scopo è un 'idea finalizzata a regolare le nostre riflessioni nei giudizi riflettenti. La seconda c, credo, di gran lunga più rilevante soluzione kantiana consiste nella validità esemplare ("Gli esempi sono le dande del giudizio"). 16 ~ Vediamo di che si tratta. Ogni oggetto particolare, per esempio un tavolo, dispone di un concetto corrispondente, grazie al quale noi riconosciamo il tavolo in quanto tavolo. Si può concepire tale concetto come un "'idea" platonica o come lo schema di Kant, il che vuoi dire che si ha davanti agli occhi della mente una confìgurazione schematica o puramentefòrmale, cui ogni tavolo deve più o meno conformarsi. Oppure, viceversa, prendendo le mosse dai molti tavoli che si sono visti nel corso della propria vita, li si spoglia delle loro qualità secondarie, così che quel che ne resta è un tavolo in generale, contenente quel minimo di proprietà comuni a tutti i tavoli: il tavolo astratto. Resta poi un 'altra possibilità, c qui si entra nell'ambito dci giudizi che non hanno carattere cognitivo. Si può esperire o pensare un tavolo ritcncndolo il migliore possibile c assumendolo ad esempio ideale di ciò che i tavoli dovrebbero essere in realtà: il tavolo esemplare. ("Esemplare" viene da eximere, "trasccglicre qualcosa di particolare"). Quest'esemplare è c resta un che di particolare, che proprio nella sua particolarità rivela quella generalità che altrimenti non potrebbe essere definita. II coraggio è come Achille etc. Abbiamo parlato della parzialità dell'attore che, coinvolto negli eventi, non coglie mai il significato dell'insieme. Ciò vale per tutte le storie che possono essere narrate c llcgcl ha perfettamente ragione quando afkrma che la tìlosolìa, come la nottola di Minerva, aln1 soltanto al crepuscolo il suo volo. Non si può dire la stessa cosa per il bello o per ogni atto in sé c per sé. Nei termini kantiani, il bello è un fine in sé poiché contiene in se stesso ogni suo possibile significato, senza riferimento ad altri - senza legame, in un certo senso, con altre cose belle. Si dà così nello stesso Kant la seguente contraddizione: il progresso indclìnito è la legge del genere umano; al tempo stesso, la dignità dcii 'uomo esige che questi (ogni
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singolo individuo) sia in quanto tale. nella sua particolarità, visto riflettere - ma oltre ogni comparazione c in una dimensione di atemporalità - la generalità del genere umano. In altri termini, l'idea stessa di progresso -se deve essere qualcosa di più di un mutamento di circostanze e di un miglioramento del mondo -contraddice la nozione kantiana di dignità dell'uomo. È contrario alla dignità umana credere nel progresso. Progresso significa poi che la storia come trama narrativa non ha mai fine. La sua fine è nella sua infinità. Non vi è alcun punto dove potremmo fermarci c guardare indietro con lo sguardo rivolto al passato dello storico.
IMMAGINAZIONE Seminario sulla Critica del Giudizio di Kant tenuto alla New School for Social Rescarch nell'autunno 1970
[In questi appunti di seminario Hannah Arcndt approfondisce la nozione di validità esemplare, introdotta alle pagine 117-11 X della tredicesima lezione su Kant qui pubblicata, rivolgendosi all'analisi kantiana dell'immaginazione trascendentale. come è sviluppata in riferimento allo schematismo nella prima edizione della Critica della ragion pura. La validità esemplare è di fondamentale importanza, perchè fornisce la base per una concezione della scienza politica centrala sul particolare (le storie, gli csl'mpi storici). non sull'universale (il concetto di processo storico, le leggi generali della storia). Arendt cita Kant per illustrare come gli schemi svolgano per la conoscenza la funzione svolta dagli esempi per il giudizio (Critica del Giudi::io, li 59). Senza questo importante quadro di riferimento tratto dalla prima Critica-- lo schcmatismo . non possiamo valutare apptcno il ruolo dell'immaginazione nella rappresentazione c quindi nel giudiLio. Sarebbe un errore ritenere che le pagim: seguenti trattino un altro tema e siano d'importanza solo marginale per il giudizio. b~ vero il contrario. Questi materiali di seminario con la loro ampia trattazione della validità esemplare, posta in rapporto con la funzione dell'immaginazione nello schcmatismo, offrono un tassello indispensabile in quel p te:: le col quale speriamo di ricostruire in modo completo il protilo della teoria arendtiana del giudizio. R.B.j
I. L'immaginazione, dice Kant, è la facoltà ( Verm6gen) di rendere presente ciò che è assente, la facoltà della rappresentazione. "L'immaginazione è il potere di rappresentare un oggetto, anche senza la sua presenza n eli 'intuizionc". 1 Oppure: "L'immaginazione
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(facultas imaginandi) ... [è 1facoltà di intuire anche senza la presenza dell'oggctto". 2 Chiamare "immaginazione" questa facoltà di assumere come presente l'assente è abbastanza naturale. Rappresentando ciò che è assente, io formo un'immagine (imago) nella mia mente- un'immagine di quello che ho visto c ora. in qualche modo, riproduco. (Nella Critica del Giudizio Kant chiama talvolta questa facoltà "riproduttiva''- rappresento quello che ho visto per distinguerla dalla facoltà "produttiva"; vale a dire quella artistica, che produce ciò che non ha mai visto. Ma l 'immaginazione produttiva [il genio] non è mai interamente produttiva. Produce, ad esempio, il centauro a partire dal dato: il cavallo c l'uomo.) Questo suona come se ci stessimo occupando della memoria. Ma per Kant l'immaginazione è la condizione della memoria, c dunque una facoltà molto più comprensiva. Nell'Antropologia la memoria. la tàcoltà di "rendersi presente il passato" viene trattata congiuntamente alla "facoltà della previsione", che rende presente ilfiauro. Ambedue sono fondate sull'associazione",- vale a dire sull'unione del "non più" c del "non ancora" con il presente; c "benché non siano esse stesse percezioni, servono alla connessione delle percezioni nel tcmpo". 1 L'immaginazione non ha bisogno di essere guidata da questa associazione temporale, perché può rendere presente a piacimento quel che desidera. Ciò che Kant chiama fàcoltà dcii 'immaginazione. in quanto fàcoltù di rendere presente ciò che non è contenuto nella percezione sensibile, ha a che fare meno con la f~tcoltà della memoria che con un'altra ntcoltà, nota fin dagli albori della filosofia. Panncnidc (frammento 4) la denominava nous (la fltcoltà di "penetrare le cose che, benché assenti. sono prcsenti") 4 • intendendo con questo che l'essere non è mai presente. non si presenta ai sensi. Quel che non è presente alla percezione delle cose è l'essere (it-is): ma l'essere, non percepito dai sensi, è nondimeno presente alla mente. O come dice Anassagora: Opsis tDn adi7/Dn ta phainomena. "uno sguardo fugace sull'invisibile [sono] i fcnomcni". 5 In altri termini: attraverso l'osservazione dci fenomeni (che in Kant sono dati all'intuì-
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zionc) si acquisisce consapevolezza di, si getta uno sguardo su, qualcosa che non appare. Questo qualcosa è l'essere come tale. Così la metafisica, la disciplina che tratta di ciò che sta al di là della realtà fisica c tuttavia, in modo misterioso, è dato alla mente come ciò che non appare nei fenomeni, diventa ontologia, scienza de Il' essere. II. ~!ruolo svoltodall'immaginazione nell'ambito delle nostre tàcoltà conoscitive è forse la più grande scoperta tàtta da Kant nella Critica della ragion pura. Per i nostri propositi la cosa migliore è rivolgersi allo "schematismo dei concetti puri dcii 'intellctto".6 La tesi: la stessa f~tcoltà, l'immaginazione, che fornisce gli schemi per la conoscenza, mette a disposizione anche gli esempi per il giudizio. Vi ricorderete che vi sono in Kant i due "tronchi" d eli' esperienza c della conoscenza: intuizione (sensibilità) e concetti (intelletto). L'intuizione ci dà sempre qualcosa di particolare; il concetto ci permette di conoscere questo particolare. Se dico: "questo tavolo", è come se l'intuizione dicesse: "questo" c l'intelletto aggiungesse "tavolo". "Questo" si riferisce solo all'oggetto specifico; "tavolo" lo identifica e rende l'oggetto comunicabile. Due questioni si pongono. In primo luogo, come si uniscono le due facoltà? Certo, i concetti dcii' intelletto mettono la mente in condizione di ordinare la molteplicità delle sensazioni. Ma da dove viene la sintesi, il loro cooperare? In secondo luogo, questo concetto "tavolo" è veramente un concetto'! Non è forse a sua volta una specie di immagine? Così che una sorta di immaginazione è presente anche n eli 'intelletto? La risposta è: "la sintesi di un molteplice ... comincia col produrre una conoscenza ... ; [essa] è ciò che effettivamente raccoglie gli elementi per la conoscenza, unificandoli in un certo contenuto". Questa sintesi è ''il semplice risultato dell'immaginazione, ossia di una funzione dell'anima, cieca e tuttavia indispensabile, senza la quale non potremmo a nessun titolo avere una qualsiasi conoscenza, ma della quale siamo consapevoli
solo di rado". 7 E il modo in cui l'immaginazione produce la sintesi sta ncll'"apportarc al concetto stesso la sua immagine".x Tale immagine viene definita "schema".
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''Ambedue i termini estremi, sensibilità c intelletto, debbono necessariamente congiungersi sulla base dell'immaginazione; in caso contrario. sussistt:rebbero, sì, fenomeni. ma non oggetti di conoscenza empirica. quindi nessuna espcrien7a" 9
Qui Kant tà appello all'immaginazione per stabilire una connessione fra le due tàcoltà c nella prima edizione della Critica della ragion pura definisce la tàcoltà dell'immaginazione "la tàcoltà della sintesi in generale (iihcrhaupt)". Altrove, trattando direttamente dello "schcmatismo" coinvolto nel nostro conoscere, lo qualifìca "un'arte nascosta nelle profondità dell'anima umana" 10 (il che vuoi dire che abbiamo una sorta di "intuizione" di qualcosa che non è mai presente), suggerendo con quella fornmlazionc che l'immaginazione è in effetti la radice comune delle altre tàcoltà cognitive, cioè la "comune radice", "ma a noi sconosciuta", della sensibilità e del! 'intcllctto. 11 Di questo parla ncll' Introduzione alla Critica della ragion pura, per ritornarvi nel suo ultimo capitolo sia pure senza nominare la facoltà. 1è III. Schema: il punto è che senza uno "schema" non si può mai conoscere alcunché. Se qualcuno dice "questo tavolo", allora !'"immagine" generale del tavolo è presente nella sua mente, ed egli riconosce che il "questo" è un tavolo, qualcosa che condivide i suoi caratteri con molte altre cose del genere; per quanto sia una cosa individuale, particolare. Se io riconosco una casa, questa casa percepita include come nna casa in generale appare. Questo è quanto Platone ha chiamato l' eidos - la forma generale di una casa, che non è mai dato ai sensi naturali bensì solo agli occhi della mente. E poiché, a rigore, non è dato neppure agli ''occhi della mente", è qualcosa di simile a un '"imma-
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gine" o meglio a uno "schema". Ogniqualvolta si disegni o si costruisca una casa, si disegna o si costruisce una casa particolare, non la casa come tale. Ma non lo si potrebbe t~uc, senza avere questo "schema" o eidos davanti agli occhi della mente. O, come dice Kant: "Nessuna immagine sarebbe mai adeguata al concetto di triangolo in generale. L'immagine non potrebbe in nessun caso accedere all'universalità per cui il concetto vale per ogni triangolo, sia esso rettangolo o di altro genere ... Lo schema del triangolo non può mai esistere in alcun luogo che non sia il pensiero"." Comunque, sebbene esista solo nel pensiero, esso è una sorta di "immagine"; non è né un prodotto del pensiero né è dato dalla sensibilità; e ancor meno è un prodotto del!' astrazione a partire dal dato sensibile. È qualcosa al di là di, o fra, pensiero e sensibilità; appartiene al pensiero nella misura in cui è esternamente invisibile, c alla sensibilità nella misura in cui è qualcosa di simile al! 'immagine. Per questa ragione Kant definisce talvolta l'immaginazione come "una delle fonti originarie ... di ogni esperienza" e aggiunge che non può "trarre origine da alcun'altra facoltà dcll'animo". 14 Ancora un esempio: "Il concetto di «cane» indica una regola in base alla quale la mia immaginazione è posta in grado di delineare in generale la tìgura di un quadrupede [ma appena la figura è tracciata sulla carta, si tratta di nuovo di un animale particolare!], senza tuttavia chiudersi entro una particolare ranigurazionc otfcrtami dall'esperienza o in una qualsiasi immagine che io possa rappresentarmi in concreto". 15 Questa è "l'arte nascosta nelle profondità dell'anima umana, il cui vero impiego difficilmente saremmo mai in grado di strappare alla natura per esibirlo patentemente dinanzi agli occhi".H• Kant afferma che l'immagine prendiamo ad esempio il George Washington Bridge · è "un prodotto della facoltà empirica dcll 'immaginazione riproduttiva; lo schema [il ponte] di concetti sensibili [invece] ... un prodotto ... dcll' immaginazione pura a priori, tramite il quale c secondo i l quale le immagini acquistano la loro stessa possibilità". 17 In altri tcr-
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mini: se io non avessi la capacità di "schematizzare", non potrei produne immagini. IV. I punti seguenti sono, per noi, decisivi. l. Nella percezione di questo tavolo particolare è contenuto il "tavolo" come tale. Pertanto nessuna percezione è possibile senza immaginazione. "Che l'immaginazione costituisca un ingrediente necessario della percezione stessa", rileva Kant, "a questo non ha posto mente finora alcun psicologo". 1x 2. Lo schema "tavolo" è valido per tutti i tavoli particolari. Senza di esso saremmo circondati da una molteplicità di oggetti, dei quali potremmo solo dire "questo" c "questo" c "questo". Non solo nessuna esperienza sarebbe possibile, ma non si darebbe neppure comunicazione-- "portami un tavolo!" (non importa quale)sarebbe impossibile. 3. Quindi: senza la possibilità di dire "tavolo" non potremmo mai comunicare. Possiamo descrivere il George Washington Bridge perché conosciamo tutti il "ponte". Ipotizzatc che venisse qualcuno che non sapesse che cosa è un "ponte", c non ci fosse qui alcun ponte da mostrare mentre si pronuncia la parola. In tal caso disegnerei un'immagine dello schema di un ponte, che naturalmente rappresenta già un ponte particolare, per richiamargli alla mente uno schema a lui noto, all'incirca quello di un "passaggio da una riva all'altra del fiume". In altri termini: ciò che rende comunicabile il particolare è che a) nel momento in cui percepiamo un particolare, possediamo nella nostra memoria (o nelle "profondità delle nostre anime") uno "schema", la cui "forma" è costitutiva per molti particolari simili; c b) questa folTlla schcmatica si trova nella memoria di molti, distinti uomini. Queste forme schematichc sono prodotti dell'immaginazione, sebbene uno schema "non può mai essere trasposto in immaginc".19 Tutti i singoli accordi c disaccordi presuppongono che noi parliamo della stessa cosa- che noi, che siamo molti, concordiamo, convergendo su qualcosa che è uno c lo stesso per tutti.
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4. La Critica del Giudizio tratta dci giudizi riflettenti in quanto distinti da quelli detclTllinanti. I giudizi determinanti sussumono il particolare sotto una regola generale; quelli riflettenti, al contrario, "derivano" la regola dal particolare. Nello schema, fondamentalmente, viene "percepito" qualcosa di "universale" nel particolare. Si vede, per così dire, lo schema "tavolo" riconoscendo il tavolo come tale. Kant rimanda a questa distinzione tra giudizi detcnninanti e riflettenti quando distingue, nella Critica della ragion pura. tra "sussumere sotto un concetto" e "ricondurre a un concetto". 20 5. Infine, la nostra sensibilità sembra aver bisogno del! 'immaginazione, non solo come ausilio per la conoscenza, ma anche per riconoscere l'identità nella molteplicità. Come tale essa è la condizione di ogni conoscenza: la "sintesi ... dell'immaginazione costituisce, prima ancora dell'appercezione, il fondamento della possibilità di qualsiasi conoscenza, particolarmente dcii' espcrienza".21 Come tale l'immaginazione "determina la sensibilità a priori", cioè è presente in tutte le percezioni sensibili. Senza di essa non si darebbe né l'oggettività del mondo, c la sua conoscibilità, né una qualche possibilità di comunicazione, c dunque il discorso. V. Il significato dello schema per i nostri propositi consiste nel tàtto che sensibilità c intelletto s'incontrano nel produrlo attraverso l'immaginazione. Nella Critica della ragion pura l'immaginazione serve all'intelletto; nella Critica del Giudizio l'intelletto è "al servizio dell'immaginazionc". 22 Nella Critica del Giudizio troviamo qualcosa di analogo allo "schema": l'esempio. 23 Nei giudizi Kant attribuisce agli esempi la stessa funzione che le intuizioni dette schemi hanno per l' esperienza c la conoscenza. Gli esempi svolgono un ruolo sia nei giudizi riflettenti che in quelli determinanti, il che vuoi dire ogniqualvolta ci occupiamo di cose particolari. Nella Critica della ragion pura - dove leggiamo che il giudizio "costituisce un talento particolare, che non può essere insegnato ma soltanto escrcitato" 24 - gli esempi vengono definiti "dande del giudizio". 2' Nella Critica dd Giudizio,
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c più precisamente nel corso della trattazione dci giudizi riflettenti, dove non si riconduce un particolare al concetto, l'esempio fornisce quello stesso aiuto che forniva lo schema nel conoscere il tavolo in quanto tavolo. Gli esempi ci guidano c conducono, c il giudizio acquista pertanto ··validità escmplare". 26 L'esempio è il particolare, che contiene in sé un concetto o una regola universale o di cui si assume che la contenga. Ad esempio, perché si è in grado di giudicare coraggiosa un'azione? Giudicando, si afferma spontaneamente, senza alcuna deduzione da una regola generale: "quest'uomo ha coraggio". Un greco avrebbe "nelle profondità del suo animo" l'esempio di Achille. Di nuovo è necessaria l'immaginazione: si deve aver presente Achille, per quanto sia senza dubbio assente. Se diciamo di qualcuno che è buono, abbiamo in mente l'esempio di San Francesco o di Gesù diNazareth. Il giudizio ha validità esemplare nella misura in cui l'esempio è scelto correttamente. O, per prendere un altro caso: nel quadro della storia francese posso parlare di Napoleone Bonaparte come di un uomo particolare; ma nel momento in cui parlo del bonapartismo ho fatto di lui un caso esemplare. La validità di questo esempio resterà circoscritta a coloro che possiedono la particolare esperienza "Napoleone", o come suoi contemporanei o come credi di questa specifica tradizione storica. La maggior parte dei concetti nelle scienze storiche c politiche è di questo genere limitato: hanno la loro origine in un particolare precedente storico, al quale noi conferiamo carattere "esemplare" - per vedere nel particolare quello che è valido in più di un caso.
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NOTE
POST-SCRIPTUM A f'I:'NSARE l. H. Bcrgson, Time ami Free Wi/1: A11 Essar on the Immediate Data o/ Consciousness. trad. ingl., New York 1%0, p. 142 (trad. it. Saggio sui dati immediati della coscienza. Utct, Torino 1964, p. 231 ). 2. L Kant. 1\ritik der reinen Vcrnull/Ì. B 172-B 173 (trad. it. Critica della mgion{!llm. Utet. Torino 1967, pp. liì7-IXX). 3. Ctì·. H. Arcndt, T!w ( 'oncept ofHistorr: Ancient a lUI Modern, in Between l'asl a11il Furure. Viking Prcss. Ncw York 196X (trad. it. 7ì·a passato cjuturo. Vallccchi, Firenze 1970) (NdRB).
LEZIONI l. Il. Sancr, 1\ants Weg \'Om 1\ricg ZII/n Fricdcn. Bd. l: lfldcrstreitwzd Einhcit. lf(>gc :::ul\a11ts po/itischcn /)enkcn, P1pcr. Munchcn 1967. 2. Penso che si alluda a: La l'hilosophie po/iriquc dc 1\ant (vol. 4 degli "Annalc:-. dc philosophic politiquc". lnstitut Intcrnational dc philosophic politiquc, Paris l 962). 3. I. Kant. 011 /li.11on·, a cura di Lc:wis Whitc Bcck, Boohs-Mcrrill, Indianapolis l 963. 4. 1\wzt :,- Politimlll!-itings. a cura di Hans Rciss. A t thc Univcrsity Prcss, Camhridgc ( Engl.) 1971. 5. K. Borrics. 1\ant a/.1 l'olitikc'l: Zur iùaats-and Cìcsellschaftslehre des 1\riti:ismu.l. Lcipzig l 92X. ristampa Scientia. Aalcn 1977. (,_ I. Kant, Das lònde alter Dingc. A 507 (l\anl-11(>rkc. a cura di W. Wcischcdcl, Dannstadt, Wisscnschatìlichc Buchgcscllscatì 196~. l O voli.; IX, p. l Xl, nota); Id., Murmasslicher Anfàng der Mellschengeschichte. A 2 (1\am-Werke, lX. p. X5; trad. it., ( 'ongel/ure sul/ 'origine della .1/oria. in Scritti politici e di fìlosofìa della storia e del diritto, Utct, Torino l 965'. p. 196). 7. I Kant, Idee :::u einer allgemeinen Cìeschichte in \\·elthiilgalicher Ahsicht, A 409 s. (1\ant-ifiTke. IX, p. 49; trad. it. Idea di una s/oria universale dal punto di vista cO.\'IIW{)(J/itico, in Scritti poli/ici cit. p. 13X). X. I. Kant, Mutnzasslicher An/ang der Mcnschengcschichtc, A II s. (1\antiti>rke, lX, p. 92; trad. it. cit., p. 201 ).
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9. I. Kant, Kritik der Urteilskrafì . .~· X3, B 3X8 (Kant-Werke. VIII, p. 551; tra d. it. ci t., p. 306 ). IO. I. Kant, Mutmasslicher Anfimg der Menschengeschichte. A 12 s. (KantWerke, IX, p. 92; trad. it. cit., p. 202). 11. Ibidem, A 3 (Kant- Werke, IX, p. X6; trad. it. ci t., p. 196 ). 12. I. Kant, Das Ende aller Dinge. A 512 s. (Kant· Werke. IX, p. 184 ). 13. I. Kant, Beobachtungen ii ber das Gejiilzl d es Sclu!Jzen un d Erhabcnen. l cd. 1764 (Kant-Werke, Il, p. ~Q l ss.; trad. i t. Osserl'll::.ioni su/sentimento del bello e del sublime, in S'cri/ti precritici. Laterza, Bari, 1982, p. 290). 14. I. Kant a Christian Garve, 21 settembre 179S, in Kants gesammelte Schrifìen, Akademie Ausgabe, Bcrlin 1902 sgg., XII, p. 255. 15. I. Kant a Marcus Herz, 24 novembre 1776 e 20 agosto 1777, in Kants gesammelte Schrijìen. X, p. 185, 198. 16. Vedi Lewis Whitc Bcck, A Commentwy on Kant :ç Critique ojPractical Reason. University ofChicago Press 1960, p. 6. 17. I. Kant, Reflexionen ::.ur Anthropologie, n. 763, in Kants gesammelte Schrijien, XV, p. 333. IX. I. Kant, Beobachtungen ii ber da.1· Gejiihl ci t., A 6 ss. ( Kanl- Werkc. Il. p. 827 s., nota; trad. it. ciL pp. 295-6). 19. A. Baeumlcr, Kant.1· Kritik der Urteilskrafi. lhrc Geschichte und Svstematik. l'O!. l. Das lrrationalitiitsproblem in der .4.:\thetik wzd Logic des 18. .Jahrhundert.1· bis zur Kritik der Urtcilskrafi, lhllc 1923, ristampa Niemcycr. Tiibingen 1967, p. 15. 20. I. Kant. Logic. Ein Handhuch zu Vi1rlesungm. A 25 (Kant-Werkc. V, p. 448). La Arcndt si riferisce alle Vorlcsungen iihcr die Metaph1·sic di Kant. 21. G. W. Lcibniz, Principcs de la nature et de la gracc . .fimdò· c n rai.1on (l 714 ), ~ 7. in Opera philosophica, quac cxstant latina gallica germanica omnia. instruxit J.E. Erdmann. làcsimile dell'cd. del l R40, accresciuta e curata da Renate Vollbrecht, Scientia, Aalen 1959, p. 716. Trad. it. di V. Mathieu in Leibniz, Saggijìlosofìci e lettere, Laterza, Bari 1963, pp. 359 sgg. 22. l. Kant. Kritik der Urtcilskrafì, ,11' 67, B 299 (Kant-Werke. VII/, p. 491; trad. it. cit., p. 247). 23. Cfr. ad es. M. Hcidegger, Ohcr dcn flumanismus. Bricfé an .Jean Bcauji·ct, Klostennann, Frankfurt a.M. 1949 (trad. it., in Scgnavia. Adclphi, Milano 19X7). 24. Vedi G. Lehmann, Kants Nachlasswcrk un d di e Kritik der Urteilskraji, Junker & Diinnhaupt, Berlin 1939, p. 73 s. 25. l. Kant, Kritik der Urteilskmfì, § 67, B 300 (Kant-Werke, VIli, p. 491; trad. 4t. cit., p. 247). 26. Ibidem,§ 76, B 344 (Kant-Wcrke, VIII, p. 521; trad. it., p. 277). 27. Ibidem,§ 77, B 353 (Kant-Werke, VIII, p. 528; trad. it., p. 283).
28. Ibidem,§ 78, B 355 (Kant-Werke, VIII, p. 529; trad. it., p. 285). 29. Ibidem, Prefazione, B X, (Kant-Wcrke, VIli, p. 241; trad. i t., p. 7). 30. Cfr. T. Kant, Dic Metaphysik der Sitten, Einleitung. Ahschnitt l, AB 3 (Kant- Werke, VII, p. 316; trad. it. in Scritti politici ci t., p. 386). 31. Ibidem. 32. Cfr. l. Kant, Zum cwigen Fricden. E in philosophischer Entwurf, BA 40 (Kant- Werke, lX, p. 213 s.; trad. it. in Scritti politici ci t., pp. 30 1-302). 33. lbid., BA 47 ss. (p. 217 ss.; trad. i t., p. 306 ss.). 34. l. Kant, Der Streit der Fakultdten, A 15R s. (Kant-Werke, IX, p. 366, nota). Le citazioni c traduzioni tratte da Il conflitto dellefacoltà sono tratte dalla edizione italiana degli Scritti politici e difilosofia della storia a cura di G. Solari, Utet, Torino 1965, pp. 203-228. 35. I. Kant, 7.um ewigen Frieden, BA 40 (Kant-Werke. IX, p. 224; trad. it. cit., p. 313). 36. Ibidem. 37. l. Kant, Grundlcg.ung zur Metaphvsik der Sittcn, BA 17 (Kant-Werke, VI, p. 28: trad. it. in Scritti morali. a cura di P. Chiodi, Utet, Torino 1970, p. 58). 38. lbid., BA 19 (Kant-Werkc, VI. p. 30; trad. it. p. 59). 39. l. Kant, Beohachtungen iihcr das Gcfiihl cit., A 45 s. (Kant-Werke, Il, p. 848 s.; trad. it. pp. 313-14). 40. lbid., A 46 (Kant-Werke, Il. p. 848; trad. it. p. 314) . 41. l. Kant, Der Strcit der Fakultiitcn. A 146 s. (Kant- Wcrkc. IX, p. 359 nota; trad. it. cit.). 42. Aristotele, Politica, 1267 a (trad. it., Laterza, Bari 1973, p. 48). 43. Ibidem, 1325 b (trad. it. cit., pp. 228-229). 44. H. Pascal,l'cnlf>es. n. 340 (trad. it., Einaudi, Torino 1967, pp. 146-147). 45. R.D. Cunning, fluman Nature and Histon•: A Studv ofthe Developmcnt ofLihcra/ Politica/ Thought. University ofChicago Prcss 1969, vol. 2. p. 16. 46. Platone, Fedonc 64. 47. Ibidem 67. 4~L Platone, Apologia di Socrate 40. 49. I. Kant, Mutmasslicher Anfàng der Mcnschengeschichtc, A 24 s. (KantWerke, IX. p. l 00; trad. it. ci t., pp. 209-21 0). 50. T. Kant, Kritikder Urtcilskrafì, 83, B 395 s. (Kant-Werkc, VIII, p. 557, nota; trad. it. p. 311 ). 51. l. Kant, Ohcr das Misslingcn allcr philosophischen Vcrsuchc in der Thcodizee ( 1791 ). A 203 (Kant- Wcrke, IX, p. Il 0). 52. l. Kant, Anthropologie in pragmatischcr llinsicht, B 72 (Kant-Wcrke, X, p. 469; trad. it. in Scritti morali ci t., p. 591 ). 53. T. Kant, Reflcxionen :::ur Metaphysik, Il, N r. 4857, in Kants gesammclte Schrijien, XVlll, p. Il.
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54. l. Kant, Kritik der reine11 Yemunfi; B ~39 (Kant-Werke. lV, p. 6~ l: trad. it. Utet. Torino 1967. p. 611.). 55. l. Kant, Beohachtungen iihcr das Gejìlh/ cit., A 32 s. (Kant-Werke, li. p. X41 s.: trad. it. cit., pp. 307-30X). 56. l. Kant, Kritik der Urtei/skrafi, X4, H 39X (Kant-Werke, VIII, p. 55X: trad. it., pp. 312-313 ). 57. l. Kant. A/lgcmeinc Naturgcschichte un d Theoric d es l limme/s, oder Vcrsuch von der l'erfassung un d dnn mcchanischen Ursprunge d es gan::.cn We/1gehàudcs nach Ncwtonischcn Cìrundsàt::.cn ahgchande/t ( 1755), A 1X4. (KamWerkc, L p. 3X4). 5X. l. Kant, Kritik der rcinen Vcrnunfi, B R59 (Kant-Wcrkc, IV, p. 695: trad. i t. ci t., pp. 622-23 ). 59. lbid., B XX4 (Kant-Wcrke, IV. p. 712: trad. it., p. 63X). 60. l. Kant, Bemerkungcn ::.u den Beohachtungen iiher das Gefìlh/ des Schòncn und Erhahcncn, in Kants gesamme/te Schri/ien. XX, p. 44. 61. Lettera di Aristotele ad Alessandro ("sulla monarchia"): cfr. E. Barkcr (a cura di). The Po/itic.1· o/Aristot/e, Clarcndon Prcss, Oxford 1952, p. 3X6. 62. E. Wcil, Kant et !C' prohh;me dc la po/itique, in La phi/osophic po/itique de' Kant cit. (nota 2). p. 32. 63. l. Kant, Reflocionen ::ur l.ogik, N r. l X20 a, in Kant.1· gcsammelte Schrifìcn, XVI. p. 127. 64. l. Kant, Versuch einiga Betrachtungc!l iihe'r den Optimismus (1759). A X (Kant-Wcrkc, l l, p. 594: trad. it. Saggi di la/une considcra::ioni sul/ 'ottimismo in .)'cri/li precritici ci t., p. 99). 65. l. Kant, f)as Ende al/er /Jingc, A 540 s. (Kant-Wcrkc, lX, p. l XO nota). 66. l. Kant, Re/le.rionen ::ur ,-lllthropo/ogic, Nr. X90, in Kants gesamme/te Schrijicn, XV, p. 3XX. 67. K. Jaspcrs, Kant. Lehcn, i'Vcrk, Wirkung, Pipcr, Miinchen 1975, p. l 37. cita questo passo di Kant senza indicazione della f(mtc. Cfr. però ( 'ritica della ragion pum, B X2.1 !Kant-Wcrke. IV, p. 670; trad. it., Laterza, Bari 1960). 6X. Kritik der Urtei/skrajt, 40. B 159 (Kani-Werke, VIII, p. 390 nota: trad. it. p. 151).
69. Kritik der rcinen Vcmunfi. A Xl (Kant-IVcrkc, V !l!, p. 13 nota: trad. it.
p. 65). 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76.
lhid., lbid .. lhid .. lbid .. lhid., lbid., lbid.,
B 27 (l l!, p. 64: trad. it. p. 91) B 370 (lV, p. 322: trad. iL, p. 314). A Xl! (Il!, p. 13: trad. it.. p. 65). A X (lll, p. 12: trad. it., p. 64). B XXV (III, p. 30: trad. it., p. 49). 13 XXXII (!IL p. 34; trad. it., p. 53). B XXXIII (lll, p. 35: trad. it., p. 54)
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77. lbid .. B XXXV (l l!, p. 36; trad. iL p. 55). 78. ( ì. W. F. Hegei, Oha das Wì:·sen der phi/osophi.1ché'n Kritik iihahaupt.. (l X02). in Sùmt/ichc ltàkc, a cura di H. Cìlockner. Fromman-Holzboog, Stuttgart 195~.
l, p. l 1\5. 79. Ci. W.F. Hegei, li>rhii/tnis d es Skcpti::ismu.1· ::ur Phi/o.1ophie .. (l X02), in Siimt/ichc ~i>rkc cit., L p. 243. trad. it. Rapporto dello sccllici.lnw con /afì/osofìa, Laterza, Bari 1970. p. 92. ~0. Vedi la premessa di Kant al saggio C'her dcn Gé'mcinspruch.· Da.1· mag in der Thmric richtig .1·ei11, taugt ahcr n i chi jìir di c Praxis, A 20 l ss. (KanrUi,rke, l X. p. 127 ss.: trad. it. So p m il detto comw1e: "Questo può essere giusto in teoria, ma non 1'lllc per la pratica", in Scritti politici cit., p. 237 ss.). X l. Kritik der rcincn ~i>rnwifi, B XXXI (Kant-Ui>rkc, lll, p. 33: trad. iL, p. X2. lbid., B XXXVI (Kam-f1i,rkc. lll, p. 36; trad. it., p. 56). XJ. Platone, [el'lclo 14X ss. X4. Platone, Sofìsta 226-231. X5. Kritik der Urtci/skra!i ,11' 40, B 15X ss. (Kant-~i>rke, Vlll, p. 390 s.; trad. it. p. 15 l ). X6. Cfr. Platone. G01gia 4X2 c. X7. Kritik der rcinen Vcrnunj; B Xl\4 (Kant-Wcrkc, IV. p. 712: trad. it., p. 6:ìX). XX. Kant a Moscs Mcndelssohn. 16 agosto 171\3. in Kant.1· gcsammc/te Schriftcn. X. p. 123. X9. Kant a Christian Garvc, 7 agosto 17X3, in Ka11l.\' gnwnmé'/te Schrificn. X, p. 317. Cfr K. Jaspcrs, Kant ci L p. l RO ss. ')0. l. Kant, 8cantwortung dcr Fmgc: Was ist Au/kfiimng:', A 4X4 s. (KantWerkc. IX, p. 55; trad. it. Risposta alla domanda: ,·hc cos ·,; /'i//umini.l·llwl in Scritti fWiitici ciL p. 143). 91. lhid., A 4X5 s. (p. 56: tra d. it. p. 144 ). 92. l. Kant. Rcflcxionen ::ur Anthropologic, N r. X97. in Kan/.1 gc.l'!/lll/1/Citc Schrijicn, XV, p. 392. 93. Kritik der l!rteilskra/i. -~· 40, B 161 (lX p. 392; trad. iL p. 153). 94. l. Kant. f1(Js heisst: Sich i m /Jenkc11 oricllticrell :) A 325 (V, p. 2XO: tra d. it. ('h c cm a significa oric11tarsi nel pensare, Carabba, Lanciano 1975, p. 105). 95. l. Kant. Reflcxionen zur Mctaphvsik. l/, N r. 5636. in Kants gesammcltc Schrijtcn. XVIII, p. 267. 96. Kant a Marcus llcrz. 7 giugno 1771, in op.cit., X, p. 116 s. 97. Kant a Marcus Hcrz, 21 febbraio 1772, in op.cit., X, p. 127. 9X. Krilik der Urtci/skra/i. _11' 40. B 157 !Kant-Hàke, VII L p. 3X9; trad. iL p. 150).
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99. Ibid., 8 158 (p. 390; trad. it., p. 150). l 00. Allegato alla lettera di An ton Ludwig Theremin a Kant, 6 febbraio 1796, in Kants gesammelte Schriften, Xl!, p. 59. l Ol. l. Kant, Der Streit der Fakultiiten, A 142 ss. (Kant- Werke, XI, pp. 357-362; trad. it. cit.). l 02. l. Kant, Idee zu einer allgemeinen Geschichte ci t. A 407 (Kant- Werke, IX, p. 47; trad. it. cit., p. 136). 103. l. Kant, Der Streit der Fakultiiten, A 146 ss. (Kant-Werke, IX, p. 359 s. nota; trad. it., cit.). 104. l. Kant, Zum cwigen Frieden, 8 T8 (Kant-Werke. IX, p. 233 s.; trad. it., p. 320). l 05. l. Kant, Metaphysik der Sitten, 49, 8 211 (Kant-Werke, VII, p. 442; trad. it., p. 510), 106. l. Kant, Zum ewigen Frieden. 8 101 (Kant-Werke, IX, p. 245; trad. it., p. 331). I 07. Cfr. K. Borri es, Kant als Politiker ci t. (nota 5), p. 16. 108. I. Kant, Die Religion innerhalh der Grenzen der h/ossen Vernunfì, 8 291 s. (Kant- Werke, VI I, p. 862 s. nota; trad. it. in Scritti morali ci t., p. 516 ). I09. l. Kant, Zum ewigen Frieden, B 99 s. (Kant-Werke, IX, p. 245; trad. it. cit., p. 330). I IO. Ibid., 8 102 (Kant-Werke, IX, p. 246; trad. it., p. 331). I I l. Ibid., 8 l 00 (Kant- Werke, pp. 245, 249; trad. it. pp. 330, 334 ). 112. Ibid., 8 110 (Kant-Werke, p. 250; trad. it., p. 335). 113. Eine Vorlesung Kants iiher Ethik, a cura di P. Mcnzer, Ber! in 1924, p. 52. 114. M. Mende1ssohn, Jerusalem, 11, cit. da l. Kant, Vher den Gemeinspruch cit., A 272 s. (Kant-Werke, IX, p. 166; trad. it., p. 274). 115. Cfr. l. Kant, Zum ewigen Frieden, B 71 (Kant-Werke, IX, p. 228 s.; trad. it., p. 317 s.). 116. l. Kant, Oher den Gemein1pn1Ch cit., A 275 s. (Kant-Werke, IX, p. 167 s.; trad. it., p. 276). 117. lbid., A 281 s. (Kant-Werke, IX, p. 171 ;. trad. i t., p. 279). 118. Ibid., A 273 s. (Kant-Werke, !X, p. 166 s.; trad. it., p. 275), 119. l. Kant, Zum ewigen Frieden. 8 47 (Kant-Werke, IX, p. 217; trad. it., p. 306). 120. Ibid., 8 34 s. (p. 211; trad. it., p. 299). 134 121. Kritik der Urteilskrafì, § 28, 8 l 06 s. (Kant- Werke, VIII, p. 351; trad. it.pp. 113-14). 122. l. Kant, Der Streit der Fakultiiten, A 161 (Kant-Werke, !X, p. 368; trad. it. ci t.). Kant cita in questo passo Hume. · 123. Kritik der Urteilskraft, § 83, 8 393 (Kant-Werke, VITI, p. 555; trad. it., p. 309).
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124. lbid. 8 394 (Kant- Werke, VITI, p. 555 s.; trad. it., p. 31 0). 125. l. Kant, Die Metaphysik der Sitten, 8 264 (Kant-Werke, V li, p. 47X; trad. it. in Scritti politici ci t., pp. 545-546 ). 126. Ctr. l. Kant, Zum ewigen Frieden, B 59 (Kant-Werke, IX, p. 223; trad. it., p. 311 ). La citazione è da Scneca. 127. Diogene Lacrzio, VIII, L 8. . 128. G.W.F. Hegel. Vorlesungen iiher dif' Philosophif' der Geschichte, m Siimtliche Wcrke cit., XI, p. 57 (trad. it. La razionalità nella storia, La Nuova Italia Firenze 1961, pp. 67-68). '129. A. Kojève, H egei. Marx an d Chrislianity, "Interpretation" I ( 1970), p. 37.
. 130. 1. Kant, Re::.ension (l 7R5) zu: Johann Gottfned 1-lerder, ldeen ?llr Philosophie der Geschichte der Menschheit (Kant-Werke, X, p. 805; trad. it. in Scritti politici ci t., p. 174). 131. lbid. 132. Platone, Repuhhlica, 514 a ss. 133. 1. Kant, Di e Mctaphysik der Sittf'n, AB 3 (Kant- Wcrke, VII, p. 316; trad. it., p. 386 ). 134. Kritik da reinen Vernunjì, B R25 ss. (Kant-Werke, IV, p. 671 ss; trad. it., p. 602). 135. Ibid., 8 R83 (Kant- Wcrke, IV, p. 711; trad. it., p. 63 7). 136. Kritik der Urteilskrafì, .11' 187 (Kanl- Wcrkc, VIII. p. 41 0; trad. it., p. 170). 13 7. Ibid., ~ 50, 8 202 (Kant- Werke, VIII, p. 420, trad. it., p. 179). 138. lbid., 8 202 s. (Kant-Wcrke, VIli, p. 420 s.; trad. it., p. 179-RO). 139. lbid., B 203 (Kant-Werkc, VIII, p. 421; trad. it., p. 180). 140. Ibid. § 49, B 19R (Kwzt- Wakc, VIII, p. 417 s.; trad. it., p. 177 s.). 141. Ibid. 142. Cicerone, De Oratore, III, 195. 143. Ibid., Ili, 197. 144. I. Kant, Anthropologie. BA 151 (Kant-WL-rke, X, p. 535; trad. it., p. 700). 145. Kritik der Urtei/skrajì, § 40. B 157 (Kant-Wcrke, lX, p. 245; trad. it., p. 330). . . . 146. Parmenidc (H. Diels fr. 4) parla di "nous", lo spmto che CI permette di vedere le cose che, per quanto assenti, sono presenti. "Con lo spirito vedo ciò che è assente, per quanto assente, come durevolmente presente". ] 47. Kritik der Urteilskraft, ,; trad. it., p. 93). 12. Ibidem, 13 X63 (1\.aut-Werke, 111, p. 697 s.; trad. it.. p. 625). 13. Ibidem, B l SO (Kant-rh·rkc, Ili, p. l X9; trad. i t., p. 192). 14.1bidem, A 94 (Kant-f1·érke, Ili, p. 134; trad. it., p. !59 nola). 15.1bidcm, B ISO (Kant-Werk in un senso ben poco Lhvcrso da CIO che s mtende quando si dice che preferire la 7Uppa di pesce al passato di piselli (~una questione di gusti".''' Perché un signiticato più esaltato di questo dovreb~c esser~ accordato "a modi di gusto" sia nel regno cstctJco che 111 quello politiCO' Pere h c il gusto di una persona dovrebbe essere considerato migliore o peggiore di quello di un'altra'' E, se sono ugualmente validi. proprio per questo non dovrebbero escludersi a vicenda'' Per rispondere in modo soddisfaccntl' a queste domande. Kant dedicò la sua '"Critica del giudizio estetico" allo studio del giudi7.io estetico (c. per estensione. agli altri tipi di giudizio relativi a cose che tutti abbiamo in comune) c alla loro 11011 soggettività relativa o egoistica. sebbene non s1 nfcnscano a una concc,rione dell'oggetto che determini scmplicemcntc il giudizio cognitivamentc. Piuttosto. l'apporto di Kant sul gusto implica un concetto di :::intersoggcttività" dove il giudizio in questione non è strettamente soggettivo né oggettivo. Inutile dire che Kant non usa il termine "intersoggettivitù". Chiama questo concetto '"pluralismo" c lo definisce nella sua Antropologia "quel modo
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di pensare, per cui non si abbraccia nel proprio io tutto il mondo, ma ci si considera c comporta soltanto come cittadini del mondo"-"" . _11 giudizio intersoggetivo scaturisce da ciò che i soggetti hanno in comune, da cio che - letteralmente è in mezzo a loro; cioè quello che Kant, nella ddinizione app~na citata, chiama '"mondo". L'"in-mezzo" dei soggetti giudicanti è d regno dell oggetto che si adatta al giudizio, e per giudicarlo scegliamo il gusto. Questa scelta d1 gusto e una relazione sociale, poiché siamo sempre già impegnati a cercare un nconosc1mcnto da parte degli altri in modo da farli convenire sulla ragiOnevolezza o razionalità dci nostri giudizi c, perciò, confermare il nostro "buon gust~"· Sebbene attualmente ci stiamo interessando di estetica, possiamo estendere l argomento c dimostrare che questa attività volta al reclamo c alla conquista di un riconoscimento per i giudizi che abbiamo espresso, è etlettivamente una configurazione generale della realtà umana-''' In breve, in risposta a coloro che adducono la relatività dci giudizi, possiamo replicare usando le parole ~~ Burkc~ ''se non ci fossero alcuni principi di giudizio ed opinioni comuni a tutta l umamta, la ragwne e le passioni non avrebbero riferimenti per poter mantenere d consueto accordo della vita"t•equenza". Ma questo sarebbe un fraintendimento. per~ ché è alfcnnando l'attimo che afkrmiamo tutto il tempo. Ciò che permette d1 sopportare "il peso più grande" è I'esperien1a di "un attimo terribile": (Questa distinzione corrisponde per la An:ndt al contrasto tra il concetto d1 stona U111VCrsalc come giudi;io ii naie hcgcliano c quello kantiano di autonomia del giUdiZio umano.) ( 'iò diventa anche più chiaro nella spicga?ione niel7schiana dell'eterno ritorno in Così parlri larathustm: (ìwrrda. continuai. questo attimo' Da que,ta porta carraia. che si clmrma attimo. comincia ali 'indietro una lunga vita. eterna: dietro di noi un'eternità. Ognuna delle cose che possono camminare. non dovrà forse avere giù percorso una volta questa via'' Non dovrù ognuna delle cose che !""sono accadere. già essere accaduta, fatta. trascorsa una volta'' F se tutto è giù esistito: che pensi. o nano. di questo attimo'' Non deve anche questa porta carraia esserci giù stata'' F tutte le cose non ,ono forse annodate saldamente l'una all'allra. in modo tale che questo attimo trae dietro di -;é tutte le cose avvenire'' /)unque anch~ se stesso'' . Infatti. ognuna delle cose che f>Ossono camminare: anche 1n questa lunga via: al di fuori de1·e camminare ancora una volta' l· questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna CIO c tu bisbiglianti a questa porta. di co'c eterne bisbiglianti dobbramo tutti esserci ,(ati un 'a lira volta'' c ritornare a camminare in quell'altra via al di fuori. davanti a noi, in questa lunga orrida via non dobbiamo ritornare in eterno''".'''
f' abbastan;ra vero che qui !'< icl/schc vede "tutte le cose annodate saldamente" che l'attimo non è altro che "senza legame. in un certo senso" ad altri attimi. D'altra parte. l'a!Tcrma;ione è possibile solo sulla base dell'attimo: Guarda questa porta carraia, Nano' continuai: essa ha due volti.
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Due sentieri convengono qui; nessuno li ha mai percorsi tino alla fine. Questa lunga via fino alla pmia e all'indietro: dura un'eternità. E quella lunga via fuori della porta e in avanti è un'altra eternità. Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l'uno contro l'altro; e qui, a questa porta can·aia, essi convengono. In alto sta scntto ti nome della porta: "Attimo". Ma, chi ne percorresse uno dci due . sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questt sentieri si contraddicano in eterno?".'"
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. Questo passo ricorda fortemente una parabola katkiana, tratta dalla collcztonc di afòrismi intitolata Egli, discussa ampiamente dalla Arendt in Pensare (La Arendt effettivamente pone "La visione e l'enigma" di Nictzschc nel contcstt; della sua esegesi kafkiana nel capitolo IV di Pensare, dove cita anche un commento di Hcidegger a Nietzschc. secondo il quale le due eternità che s'incontrano eternamente nell'attimo. hanno la loro genesi nell'uomo. l'unico che è vc 1 wncntc l'att,imo_Ln Non è casuale che la stessa Arendt citi questo passo dello Zarathustra nel l ulttmo capttolo dt Pensare, perché il problema con cui lotta ne /,a vita della n~ente npcte lo stesso problema che indusse Nict7schc a pensare l'eterno ritorno). Come la contraddtztone tra le due eternità nel pas'o nictzsehiano, J"'cgli" kaf~ ktano e m lotta tra passato e futuro. Per arbitrare questo conflitto, "egli" deve lanctarst oltre la lotta "per uscire dalla linea di combattimento cd essere promosso all~ pnstztone dt arb!tro, spettatore e giudice fuori del giuoco della vita, al quale puo ntcnrs1 li s1gmflcato d1 questo arco di tempo tra la nascita c la morte poiché cglt non vi è coinvolto". 114 Questa è la posizione dello spettatore giudicante così come lo pone la Arendt. nella "lacuna tra passato c futuro". In questo iato tra passato c futuro noi troviamo il nostro luogo temporale quando pensiamo, cioè quando siamo suftìcicntcmcnte discosti dal passato c dal futuro per confidare di pcnetrarne il significato, dt assumere la posi;:ionc di "arbitro" c di giudice sopra le vtcende moltepltct e senza fine dell'esistenza umana nel mondo ... E che cos'è la -~posizione di arbitro", il cui desiderio ispira il sogno, se non li segg1o degli spettatori di Pitagora, che sono "i migliori" perché non partecipano alla lotta per la fama ed il guadagno, dtsmteressati. distaccati imperturbabili, intenti soltanto allo spettacolo stesso. E a loro che è data la possibilità di scoprirne il significato e d t gtudtcare la rappresentazione. IJ'
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Questa posizione del giudizio "tra passato c futuro" è, come indica la Arendt, tdentica alla porta nietzschiana caratterizzata dalla scritta "attimo".
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Perché la porta è chiamata "attimo"') Perché non ha propositi al di là di se stessa, non porta altro che a se stessa. L'essere è circolare. Quindi. niente esterno all'attimo serve a giustilìcarlo: può giustificarsi in-se-stesso. L'affermazione dell'attimo è possibile solo rifcrendolo a se stesso, non riferendolo a qualcosa fuori da sé, perché. in ultima analisi, la conclusione finale o il risultato di questo attimo è il suo ritorno. L'insigniticanza della successione temporale (e perciò di tutto l'Essere, considerato come successione temporale) è la dura verità che dobbiamo atTrontare, secondo Nietzsche, per sopportare "il peso più grande". Il cerchio è il simbolo dell'inutilità e della futilità; quindi, se l'attimo deve affermarsi, non può fondarsi su altro che su se stesso. Questo è il significato dell'eterno ritorno: come scopo di affermazione esistenziale, l'attimo si basa interamente su se stesso; non porta in alcun luogo (dal momento che riporta semplicemente a se stesso). c non è nemmeno, esso stesso. il termine di una sequenza teleologica. Come si può riscattare. come si può atTermarc'> Per Nietzschc la volontà, larisoluzione ferrea a pensare questo problema in tutta la sua rigidità saranno i nuovi creatori. i redentori della decadenza Occidentale. La Arendt cerca altrove una soluzione allo stesso problema. Per Nictzschc, come per la Arendt. la grandezza del problema del significato dipende dalla possibilità di stabilire una relazione genuina con il passato. Il problema. per Nietzschc, è che l'incapacità di venire a patti con l'irredimibilità del tempo t~1ccia sorgere la vendetta; i mali socio-politici derivano da una frustrazione ontologica: "Che il tempo non possa camminare a ritroso, questo è ti suo [della volontà] rovello; «ciò che fu» così si chiama il macigno che la volontà non può smuovere ... [La volontà] infligge so!Tcrenza: c oggetto della sua vendetta, per non poter volere a ritroso, è tutto quanto sia capace di sotTrire. Ma questo, soltanto questo, è la vendetta stessa: l'avversione della volontà contro il tempo e il suo «così tu>>.'"' Permettere alla volontit di sentirsi "buona volontà" verso il tempo libererebbe l'uomo dalla vendetta c così rivoluzionerebbe la sua intera esistenza socio-politica: Redimere coloro che sono passati c trasformare ogni «così fu» in un «così volli che fosse!» solo questo può essere redenzione! Volontà è il nome di ciò che libera c procura la gioia: così io vi ho insegnato, amici miei l Ma adesso imparate ancor questo: la volontà, di per sé, è ancora come imprigionata. Volere libera: ma come si chiama ciò che getta in catene anche il liberatore'> «Così tu» così si chiama il digrignar di denti della volontà e la sua mestizia più solitaria. Impotente contro ciò che è già fatto, lavolontà sa male assistere allo spettacolo del passato. La volontà non riesce a volere a ritroso: non potere inti'angere
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1è abbastarJLa grande] per t~rre a meno del significato delle cose ...
il tempo c la voracitù del tempo, questa i: per la volontù la sua mestizia più solitaria. 1 n L'interesse d5 1Lectun:s notes. l lannah Arcndt Papcrs, l .ibrarv of Con~ress. Container 40. pp. 024(,37. 024651-024(,)2). L.: Inkrpolammi nella ~·ita/Jonc niel!~chiana sono di Il. Arcndt. Cfr. 1.11 /cm i a del giudi::io fJI' l l 3 '-li· pra. Per un ultcnorc dJscussiOI1l' del concetto "scelta d1 compagnia", vd. ~ 6 di questa saggio. pp. 16:? ss. H. Il. ;\rendi "Truth a!ld Politics" trad. it. di "Vcritù c politica". in ha J>aswto e jutum. op. ci t. pp. 2?.7-64. l riferimenti successivi alle pagine nel testo sono tratti da qu.:st' opera. 35. "Some ()uestions of Moral Phìlosophy" op. ciL citato anche nella
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57. J. Glenn Gray. "The Abyss ofFreedom and Hannah Arendt", in Hannah
lezione finale del corso "Basic Mora! Propositions", University ofChicago (Hannah Arendt Papers, Library of Congress, Container 40, p. 024648). 36. lbid. 37. H. Arendt On revolution Ncw York 1965 trad. it. di M. Magrini Sulla rivoluzione, Edizioni di Comunità, Milano 19X3 p. 264. 38. lbid., p. 264. 39. La vita della mente op.cit. p. 287. 40. lbid., p. 288. 41. H. Arcndt, "Pensieri c riflessioni morali" in La disohhedienza civile e altri saggi op. cit., pp. 113-152. 42. fbid .. pp. 151-152; cfr. La vita della mente op. cit., pp. 2X8. 43. "Il concetto di storia" in Tra passato efuturo. op.cit., p. 53-54. 44. "La crisi della cultura'" in Tì·a passato efitluro, p. 23 7. 45. Ihid. p. 229. 46. Ernst Vollrath, "Hannah Arendt an d the Method of Politica! Thinking" Social Research, 44, 1977. 47. '"Pensiero e considerazioni morali'", in La disobbedienza civile e altri saggi op. ci t., p. 116. 48. Per un'esatta esposizione di metodo connessa al suo lavoro sul totalitarismo vd. lo scambio di opinioni tra la Arendt c Eric Vogclin in "The Origins ofTotalitarism'' Review ojPo/itics 25, 1953, trad. it. di A. Guadagnin Le origini del totaliwrismo, Bompiani, Milano 1968. 49. V d. "II concetto di storia" in Tra passato ejìtturo, op.cit., p. 65. 50. "Some Questions ofMoral Philosophy'", op.cit.; vd. anche Il. Arcndt ""Personal Responsability under Dictatorship". The Listenu; agosto 6, 1964. 51. "Basic Mora! Proposition'", op.cit. 52. ""Some Questions of Mora! l'hilosophy", op. ci t.; vd. anche Ehrai.\"1110 c modernità, op.cit. p. 227, dove la Arcndt dice che "sebbene il pensiero cerchi di raggiungere una certa profondità, di andare alle radici, ""il male non è mai «radicale», ma soltanto estremo. e che non possegga né proiòndità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere c devastare il mondo intero, perchè si espande sulla superficie come un fungo. [Nel momento in cui il pensiero si rapporta al male, è frustrato perchè non trova niente. R. B.] Solo il bene è profondo e può essere radicale". 53. Per una convincente illustrazione della tesi arendtiana circa la hanalità-dcl-male. ve!. Hcmy T. Nash, "The Bureaucratization of llomicidc", in Protcst and ,','urvivc. a cura di E. P. Thompson e Da n Smith, Hamondsworth 19XO. 54. Ve!. ~ 2 di questo saggio: ve!. anche H. Arendt "La tradizione c l'età moderna" in Tra passato cfìtturo, op.cit. pp. 21-45. 55. H. Arene! t; "Thc Recovery of the Public World", op. ci t. 56. H. Arendt, '"Pensiero e riflessioni morali", in La disobbcdicn::.a civile e altri saggi, op. cit. pp. 151.
Arendt: Thc RecO\'CI)' ofthe Puh/ic World, op. ci t. . . , 58. La vita della mente, op. ci t. p. 546. La citazione agostmtana e tratta da La città celeste 12.20. 59. Postscriptum a Pensare p. 12 supra. . 60. I. Kant, Critica del Giudizio, trae!. it. di A. Gargiulo, a cura dt V. Verra, . ,. Laterza, Roma-Bari 19X7. introduzione, sezione IV. 61. lhid. Cfr. I. Kant, l-ogica, trae!. it. di L. Amoruso, Laterza, Ban, §§ 81. . "d l" 62. Cfr. i concetti di consenso potenziale e di '"situazione dtscorstva l ca e nel recente lavoro di J. Habcrmas, "On the German-Jcwish Heritage", Telos 44, !980 dove descrive la ""riscoperta dell'analisi kantiana deii'Urteilskraft o gmdizio,pcr una teoria della razionalità" come un "conseguimento di fondamentale importanza". È un "primo approccio ad un concetto d t ranonahta comu~Ic~ttva costruita sia in teoria che in pratica" c mira qumdt a un "progetto del! ettca dt comunicazione che mette in relazione la ragion pratica all'idea di discorso um-
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versale". . 63. H. Arendt, "Il concetto di storia", in Tra passato efitturo. op. CII. P· 59. 64. I. Kant, Antropologia pragmatica trad. it. di Ci. Vidari, revisione dt A. Guerra, Later;ra, Bari 1969, p. 12. . 65. Cfr. il saggio di Stanley Cave l! ""Aesthctic Prohkms of modern Phtlosophy", nel suo libro Musi We Mean Wlwt Wc Sav~ Cambr~~gc, Eng. 1976 .. 66. Fdmund Burke, "On Taste: Introductory Dtscourse , A Phz/osop/11< al Enquirv into the Origin of"Our Jdeas ofthc Su h/ime ami Bcautifitl, in The Writings w;d Speeches o/F'dmund Burkc. Beaconsficl cdition, 12 voli., London s.d. (>7. I. Kant, Critica del Giudizio. op. ctt. 19. 6X. Ihid .. ~~ 20-22. (,
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