Gurdjieff Estratti
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Esoterismo...
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Gurdjieff estratti La condizione fondamentale dell'uomo è il sonno; l'uomo è addormentato, la sua coscienza è ipnotizzata, confusa; egli non sa chi è, non sa perché agisce, è una specie di macchina, un automa, cui tutto "succede"; non ha il minimo controllo sui propri pensieri, sulle proprie emozioni, sulla propria immaginazione, sulla propria attenzione; crede di amare, di desiderare, di odiare, di volere, ma non conosce mai le vere motivazioni di questi impulsi che compaiono e scompaiono come meteore; dice "io sono, "io faccio", "io voglio", credendo di avere davvero un ego unitario, mentre è frammentario in una moltitudine di centri che di volta in volta lo dominano; si illude di avere coscienza di sé, ma non può svegliarsi da sé, può soltanto sognare
di svegliarsi; pensa di poter governare la propria vita, ma è una marionetta diretta da forze che ignora; trascorre l'intera esistenza nel sonno e muore nel sonno; passa tutto il tempo in un mondo soggettivo cui non può sfuggire; non è in grado di distinguere il reale dall'immaginario; spreca le proprie energie a inseguire cose superflue; e solo qualche volta si rende conto che non è soddisfatto, che la vita gli sfugge, che sta sciupando l'occasione che gli è stata offerta. Questo è l'uomo per Gurdjieff. Quando l'individuo incomincia a diventare cosciente di non essere padrone di se stesso, di vivere come uno zombi con il cervello annebbiato, ecco che si mette a considerare le varie strade che pu
percorrere per tentare di svegliarsi... Solitamente un uomo che cerchi il risveglio, anche se è colto e intelligente, si trova in una situazione quasi senza speranza. Il punto di partenza è la presa di coscienza della condizione disastrosa nella quale ci troviamo, primo perché non riconosciamo neppure il nostro stato di sonno; secondo, perché, anche quando ne siamo consapevoli, non sappiamo che cosa fare uscirne; e, terzo, perché la Terra e i suoi abitanti si trovano, nell'ordine cosmico, in una posizione svantaggiata (si veda la visione cosmologica di Gurdjieff). L'essenza è la nostra parte più autentica e originale, mentre la personalità è qualcosa di costruito e di posticcio, ossia tutto ciò che viene dalla cultura, dall'educazione, dall'imitazione, dalla tradizione, ecc.
Come direbbe lo zen, si tratta di scoprire il nostro volto prima della nascita. Tuttavia tale scoperta non dipende soltanto da ciò che possiamo sapere, ma soprattutto da come riusciremo a utilizzare queste conoscenze per sviluppare il nostro essere, la nostra essenza. Fra i principi che dobbiamo conoscere, importantissime sono la legge del Tre e la legge del Sette, perché influiscono su ogni nostra azione. La prima fa si che ciascun evento sia sottoposto a tre forze: attiva, passiva e neutralizzante. Anche se ci accorgiamo spesso che a ogni nostra azione (forza attiva) si oppone una certa resistenza (forza passiva), raramente ci rendiamo conto dell'influenza di una terza forza neutralizzante che opera nel senso di un equilibrio tra le altre due. Affinché
qualcosa accada, si deve verificare una combinazione delle tre forze, che sono quanto mai mobili e variabili: qualsiasi avvenimento, umano o naturale, nasce in conseguenza del loro incontro. Quanto alla legge del Sette, essa ci dice che nessun processo al mondo si sviluppa in linea retta, senza cioè interruzioni o deviazioni. Ed è per questo motivo che i nostri sforzi, le nostre azioni, le nostre determinazioni, dopo un certo periodo (ottava), tenendo a perdere la loro originaria intenzionalità. Per riuscire a portarli fino in fondo, occorre l'intervento di quello che Gurdjieff definisce uno "shock intenzionale". A tutti, egli dice, sarà capitato d'intraprendere una determinata azione, un certo lavoro, armati delle migliori intenzioni, e poi rallentare gradatamente, di diminuire lo sforzo e, alla
fine, se non è intervenuto qualche fatto eccezionale, di deviare dalla direzione originaria. Ebbene, questo avviene perché, in base alla legge del Sette, le forze agiscono discontinuamente, deviando a ogni salto. Prendendo come modello la scala musicale, Gurdjieff sostiene che ogni nostro sforzo avviene per ottave, cui mancano determinati semitoni, in corrispondenza dei quali si verifica la deviazione. Se perciò vogliamo mantenere a lungo il nostro sforzo, dobbiamo avvertire quando interviene il salto e, a quel punto, introdurre lo "shock addizionale", ossia un'ulteriore spinta a proseguire in linea retta. Purtroppo, di solito non ci rendiamo conto di questi salti, oppure siamo così pigri e abitudinari che preferiamo scivolare
lungo la linea di minor fatica. Per superare gli inevitabili momenti di crisi, di "deviazione", gli interventi più importanti sono il ricordo (la consapevolezza) di se stessi e la trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive. Tutto il lavoro di Gurdjieff si basa sullo sviluppo della consapevolezza, cui deve però accompagnarsi un incremento dell'emotività e dell'energia, che sono i veri motori dell'azione; e lo shock rappresenta l'impulso addizionale che si permette di superare l'ostacolo. Non conoscendo le leggi cui è soggetta la sua opera, l'uomo s'illude di essere lui ad agire, a fare, a costruire, a decidere; non si rende conto di essere dominato, nelle sue scelte, da forze superiori; non vede che cosa lo induce a muoversi in un modo
piuttosto che in un altro, a ripetere ciclicamente le stesse operazioni; non riconosce il suo grado di meccanicità, il suo stato di letargia, di autoipnosi, di automistificazione . Crede di essere libero, consapevole e responsabile. E invece mente a se stesso: non ammette di non saper nulla, di trovarsi in uno stato di confusione mentale di grave incertezza. Eppure, è proprio da questa condizione di dipendenza e di caos che nascono i suoi desideri di imitazione e di identificazione. L'uomo si identifica con il ruolo che è costretto a vivere: padre, figlio, padrone, operaio, impiegato, dirigente, professionista, intellettuale, guru, furbo, tonto, forte, debole, disoccupato, manager, ministro, ecc.
Per ognuno di questi ruoli, esistono comportamenti sociali, status symbol, abbigliamenti, modi di pensare e di esprimersi cui ciascuno si adegua inconsapevolmente. E quindi non siamo mai individui autentici, ma veri e propri imitatori: imitiamo modelli e stereotipi, prodotti dalla società in cui viviamo. Persino nei comportamenti più intimi recitiamo in realtà dei ruoli precostituiti, che non si limitano soltanto a comportamenti e ad atteggiamenti convenzionali, ma che penetrano anche all'interno delle nostre convinzioni, dei nostri giudizi, della nostra coscienza. Basta ascoltare una comune conversazione per rendersi conto della qualità dei luoghi comuni e delle banalità che si ripetono, pur nell'illusione di esprimere qualcosa di
autentico, qualcosa della propria esperienza. Il che ci dà un'idea di quanto sia profondamente condizionata la nostra coscienza. Ecco perché Gurdjieff non crede che possiamo vivere e decidere liberamente, e perché ritiene così ardua l'impresa della liberazione. Niente di più facile, infatti, che anche in questo caso ci si limiti ad imitare o a identificarci con qualcuno – un maestro, un santo, Cristo, Buddha o Maometto. Insomma continuiamo a recitare: l'inquinamento della nostra mente è troppo esteso. Non dobbiamo illuderci di poterci liberare con le nostre sole forze: ogni nostro tentativo, ogni sforzo, ogni pensiero o atto, sono già fortemente condizionati; non sappiamo neppure da che parte stia la libertà, che cosa significhi essere svegli.
Il primo passo perciò consiste nella presa di coscienza che siamo come in una prigione e che non sappiamo come uscirne. Per quanti sforzi facciamo, non possiamo evadere da soli; gli ostacoli sono troppi. Sarà più saggio trovare un gruppo di persone che come noi hanno il desiderio di risvegliarsi e che si avvalgono dell'esperienza di qualcuno che lo ha già fatto. Gurdjieff sostiene che il tentativo di risveglio ha più probabilità di riuscire se uniremo le nostre forze a quelle di altre persone e se saremo guidati da un maestro illuminato. Senza questi aiuti, è quasi impossibile riuscire nell'impresa. Quasi tutti i maestri di meditazione sono concordi nel sostenere la necessità di una guida illuminata... Tuttavia il maestro
serve soltanto ad aprire la strada, ma poi dev'essere abbandonato. Esiste anche un altro punto di vista (come ad esempio quello di Nisargadatta) che, pur riconoscendo l'utilità della guida spirituale, sostiene che quest'ultima si trova già dentro di noi, solo che la si sappia (e qui sta il difficile) rintracciare e identificare. Comunque sia, il punto di partenza della ricerca è, secondo Gurdjieff, la conoscenza di noi stessi o, come lui lo chiama “Lo studio di noi stessi”, “il ricordarsi di noi stessi”. Questa è la prima importantissima fase. In ogni momento della giornata – egli dice - dobbiamo volgere l'attenzione a quello che facciamo pensiamo, diciamo, immaginiamo, proviamo, ecc; dobbiamo riuscire a vederci per quello che siamo, come se ci guardassimo dall'esterno.
Diventare consapevoli di noi stessi, anche solo per pochi momenti, è la tecnica che può aiutarci ad uscire dallo stato di alienazione in cui ci troviamo abitualmente. Un simile esercizio presuppone e termina una certa tensione emotiva, un preciso stato d'animo che deve a poco a poco emergere e consolidarsi nel turbinio confuso delle emozioni abituali. E deve essere accompagnato da uno sforzo di riduzione del troppo parlare, del mentire a noi stessi e del dare espressione alle emozioni negative. «L'essenziale è che un gruppo è il principio di tutto. Un uomo solo non può fare niente, non può raggiungere niente, un gruppo veramente guidato può fare molto. Perlomeno ha una possibilità di arrivare a risultati che un uomo solo non sarebbe mai
in grado di ottenere. \"Voi non vi rendete conto della vostra situazione. Voi siete in prigione e tutto ciò che potete desiderare, se avete del buon senso, è di evadere. Ma come evadere? Occorre perforare un muro, scavare una galleria. Un uomo solo non può fare niente, ma supponete che siano dieci o venti e che lavorino a turno; assistendosi l’un l'altro, possono finire la galleria ed evadere. \"Inoltre, nessuno può fuggire dalla prigione senza l'aiuto di coloro che sono già fuggiti. Solo essi possono dire in qual modo l’evasione è possibile e far giungere ai prigionieri gli utensili e tutto ciò che può essere necessario. Ma un prigioniero isolato non può trovare questi uomini liberi o venire in contatto con loro. È necessaria una
organizzazione. Nulla può essere portato a compimento senza una organizzazione. [A Gurdjieff piaceva sottolineare che ogni prigioniero può trovare un giorno la sua possibilità di evasione, a condizione, beninteso, che egli sappia rendersi conto di essere in prigione. Ma fintanto che non riesce a rendersene conto, fino a quando si crede libero, quale possibilità potrà avere? Non si può cooperare con la forza alla liberazione di un uomo che non vuole essere libero, che anzi desidera assolutamente il contrario. La liberazione è possibile, ma esclusivamente come risultato di fatiche prolungate, di grandi sforzi e, soprattutto, di sforzi coscienti verso uno scopo definito.]
«Molte cose sono possibili, disse GURDJIEFF, ma occorre comprendere che l'essere dell'uomo, sia nella vita che dopo la morte, ammesso che esista dopo la morte, può essere di qualità molto differente. L'uomo macchina, per il quale tutto dipende dalle influenze esteriori, per cui tutto accade, che ora è un certo uomo, il momento dopo un altro e più tardi ancora un terzo, non ha avvenire di sorta: viene sepolto e basta. È polvere e ritorna polvere. Questo è detto per lui. Perché si possa parlare di vita futura, di qualsiasi genere, ci deve essere una certa cristallizzazione, una certa fusione delle qualità interiori dell'uomo: una certa indipendenza dalle influenze esteriori. Se in un uomo vi è qualcosa capace di resistere alle influenze esteriori, allora
proprio questo qualcosa potrà resistere anche alla morte del corpo fisico. Ora pensate: che cosa potrà resistere alla morte del corpo fisico in un uomo che sviene o dimentica tutto quando si taglia il dito mignolo? Se in un uomo vi è qualche cosa, questo qualcosa può sopravvivere; ma se non vi è niente, allora niente può sopravvivere. Ma anche se questo qualcosa' sopravvive, il suo avvenire può essere molto vario. In certi casi di completa cristallizzazione, dopo la morte si può produrre ciò che la gente chiama reincarnazione'; in altri casi, ciò che chiamano una esistenza nell'aldilà'. Nei due casi, la vita continua nel corpo astrale' o con l'aiuto del corpo astrale': sapete ciò che significa questa espressione.»
«Ma i sistemi che conoscete e che parlano di corpo astrale affermano che tutti gli uomini lo possiedono. Ciò è assolutamente falso. Ciò che può essere chiamato corpo astrale è ottenuto per fusione, cioè per mezzo di una lotta e di un lavoro interiore terribilmente duro. L'uomo non nasce con un corpo astrale, e soltanto pochissimi uomini arrivano ad averne uno. Una volta costituito, il corpo astrale può continuare a vivere dopo la morte del corpo fisico, e può rinascere in un altro corpo fisico: ecco la reincarnazione. Se non è rinato, allora, nel corso del tempo muore anch'esso; non è immortale, ma può vivere molto tempo dopo la morte del corpo fisico. \"Fusione, unità interiore, sono ottenute nell'uomo per frizione, per mezzo della lotta tra il sì' e il no'. Se un uomo vive senza lotta interiore, se in lui
tutto accade senza opposizione, se va sempre seguendo la corrente, o come il vento lo spinge, allora resterà come è. Ma se una lotta ha inizio in lui e soprattutto se questa lotta ha una linea definita, allora gradualmente certe caratteristiche permanenti cominciano a formarsi in lui; egli comincia a cristallizzare. Ma, se la cristallizzazione è possibile su una base giusta, lo è altresì su di una base falsa. Per esempio, la paura del peccato, o una fede fanatica in una idea qualsiasi, possono provocare una lotta terribilmente intensa tra il sì' e il no', e un uomo può cristallizzare su tali basi. Ma questa sarà una cristallizzazione sbagliata e incompleta. Quest'uomo perderà così ogni altra possibilità di sviluppo. Affinchè gli sia restituita la possibilità di uno sviluppo ulteriore, egli dovrà essere innanzitutto
rifuso e questo può essere compiuto soltanto attraverso terribili sofferenze. \"La cristallizzazione è possibile su qualsiasi base. Prendete ad esempio un brigante di buona razza, un brigante autentico. Ne ho conosciuti io stesso nel Caucaso. Un tale brigante resterà sul ciglio di una strada, fucile alla mano, dietro una roccia, per otto ore senza fare il minimo movimento. Potreste fare altrettanto? A ogni istante, cercate di capirlo, una lotta si scatena in lui. Egli ha caldo, ha sete, le mosche lo divorano; ma non si muove. Un altro è monaco; ha paura del diavolo; batte la testa contro il suolo e prega tutta la notte. Così la cristallizzazione si compie. In tal modo è possibile generare in se stessi una forza interiore enorme; si possono sopportare torture; si può ottenere tutto ciò che si vuole. Questo significa che in questi
uomini, a partire da un certo momento, vi è qualcosa di solido, di permanente. Persone di questa fatta possono diventare immortali. Ma con quale vantaggio? Un uomo di questa specie diventa una cosa immortale, una cosa, benché una certa quantità dì coscienza sia talvolta conservata in lui. Però, occorre ricordarlo, si tratta di casi eccezionali".» (O) - «Come si può sapere se un uomo possiede un corpo astrale?» (G) - « Vi sono modi precisi per riconoscerlo. In certe condizioni, il corpo astrale può essere visto; può essere separato e persino fotografato a lato del corpo fisico. Ma è più facile stabilire l'esistenza del corpo astrale semplicemente considerando le sue funzioni. Il corpo
astrale ha delle funzioni definite, che il corpo fisico non può avere e la presenza o l'assenza di queste funzioni ci indica la presenza o l'assenza del corpo astrale. Ma è prematuro parlare di questo, tutta la nostra attenzione deve portarsi ora sullo studio del corpo fisico... » (G) - «Gli uomini che hanno un corpo astrale possono comunicare l'uno con l'altro a distanza, senza ricorrere a mezzi fisici, ma affinché tali comunicazioni siano possibili essi devono stabilire qualche legame tra di loro. Con questo intento, quando qualcuno di loro va in un'altra regione, prende talvolta con sé un oggetto appartenente alla persona con la quale desidera rimanere in relazione, di preferenza un oggetto che sia stato in contatto con il suo corpo e sia permeato
delle sue emanazioni. Nello stesso modo, per mantenere una relazione con una persona morta, i suoi amici hanno l'abitudine di conservare degli oggetti che le sono appartenuti. Questi lasciano in qualche modo una traccia dietro di sé, qualcosa come dei fili o dei filamenti invisibili, che rimangono tesi nello spazio. Questi fili legano quel determinato oggetto alla persona, viva o morta, alla quale l'oggetto apparteneva. Gli uomini hanno avuto questa conoscenza fin dalla più remota antichità e ne hanno fatto gli usi più svariati. \ Se ne possono trovare tracce nei costumi di molti popoli. Sapete per esempio che sono numerosi quelli che praticano il rito della fraternizzazione per mezzo del sangue. Due o più uomini miscelano il loro sangue nella stessa coppa e ne bevono. In seguito sono
considerati fratelli di sangue. Ma l'origine di questa usanza deve essere ricercata su di un piano più profondo. Nei tempi primitivi si trattava di una cerimonia magica per stabilire un legame tra corpi astrali. Il sangue ha qualità speciali. Alcuni popoli, per esempio gli Ebrei, attribuiscono al sangue un significato particolare e proprietà magiche. Ora capite che secondo le credenze di certi popoli, se si stabilisce un legame tra corpi astrali, esso non è spezzato dalla morte. \"Il Cristo sapeva di dover morire. Questo era stato deciso prima. Lo sapeva ed anche i suoi discepoli lo sapevano. E ciascuno di essi sapeva qual era la sua parte. Ma al tempo stesso essi volevano stabilire un legame permanente con il loro Maestro. A questo fine il Cristo
diede loro da bere il suo sangue e da mangiare la sua carne. Non erano affatto pane e vino, ma realmente la sua carne ed il suo sangue. \ "La Santa Cena fu un rito magico analogo ad una fraternizzazione per mezzo del sangue' per stabilire un legame tra i corpi astrali. Ma chi saprebbe ancora ritrovarne la traccia e comprenderne il senso nelle religioni attuali? Da lungo tempo tutto è stato dimenticato e al senso originale sono state sostituite interpretazioni completamente diverse. Le parole sono rimaste, ma il loro significato si è perso da secoli".» (O) - [ Questa riunione, e soprattutto la sua conclusione, provocò molte conversazioni nei nostri gruppi. Molti rimasero rivoltati da ciò che GURDJIEFF aveva detto sul
Cristo e sull'Ultima Cena; altri, al contrario, sentivano che vi era una verità che non avrebbero mai potuto raggiungere da soli. ] (O.) «Perché la conoscenza è tenuta così accuratamente segreta? Se l'antica conoscenza è stata preservata e se, parlando in generale, esiste una conoscenza distinta dalla nostra scienza e dalla nostra filosofia, o ad esse anche superiore, perché non diventa proprietà comune? Perché i suoi detentori si rifiutano di lasciarla entrare nel circuito generale della vita, in vista di una lotta migliore o più decisiva contro la menzogna, il male e l'ignoranza?».
(G.)
«Vi
sono
due
risposte,
disse
Gurdjieff; in primo luogo, questa conoscenza non è tenuta segreta, e in secondo luogo non può, per la sua stessa natura, diventare proprietà comune. Esamineremo subito questo secondo punto. Vi proverò in seguito che la conoscenza, egli accentuò la parola, è molto più accessibile di quanto si creda a coloro che sono capaci di assimilarla; il guaio è che la gente o non la vuole o non la può ricevere. Ma innanzitutto bisogna capire che la conoscenza non può appartenere a tutti e non può neppure appartenere a molti. Tale è la legge. Voi non la comprendete, perché non vi rendete conto che la conoscenza, come ogni cosa di questo mondo, è materiale. È materiale, ossia possiede tutte le caratteristiche della materialità. Ora,
una delle prime caratteristiche della materialità è che la materia è sempre limitata, voglio dire che la quantità di materia in un dato luogo e in determinate condizioni è sempre limitata. Anche la sabbia del deserto e l'acqua dell'oceano sono in quantità invariabile e strettamente misurata. Di conseguenza, dire che la conoscenza è materiale significa che in un luogo e in un tempo dato ve ne è una quantità definita. Si può dunque affermare che, nel corso di un certo periodo, poniamo un secolo, l'umanità dispone di una quantità definita di conoscenza. Ma noi sappiamo, attraverso un'osservazione anche elementare della vita, che la materia della conoscenza possiede qualità interamente diverse a seconda che essa sia assorbita in piccole o in grandi quantità. Presa in
grande quantità in un dato luogo, da un uomo, o da un piccolo gruppo di uomini, essa da risultati molto buoni; presa in piccola quantità da ognuno degli individui che compongono una grande massa di uomini, essa non da alcun risultato, o forse talvolta dei risultati negativi, contrari a quelli che si attendevano. Ma se, al contrario, grandi quantità di conoscenza possono essere concentrate in un piccolo gruppo di persone, allora questa conoscenza darà risultati grandissimi. Da questo punto di vista, è molto più vantaggioso che la conoscenza sia preservata in un piccolo gruppo e non diffusa tra le masse. Se, per dorare degli oggetti, prendiamo una certa quantità d'oro, dobbiamo conoscere o calcolare il numero esatto
degli oggetti che con questa quantità si potranno dorare. Se tentiamo di dorarne un numero maggiore, la doratura risulterà ineguale, a chiazze, ed essi appariranno peggiori che se non fossero stati dorati del tutto; di fatto, avremo sprecato il nostro oro. La distribuzione della conoscenza si basa su un principio rigorosamente analogo. Se la conoscenza dovesse esser data a tutti, nessuno riceverebbe nulla. Se essa è riservata a pochi, ciascuno ne riceverà abbastanza non solo per conservare ciò che riceve, ma per accrescerlo. A prima vista questa teoria sembra molto ingiusta, perché la situazione di coloro ai quali la conoscenza è, in certo qual modo, rifiutata affinché altri ne possano ricevere di più, sembra tristissima, immeritata e più crudele di
quanto dovrebbe. La realtà è però del tutto diversa; nella distribuzione della conoscenza non vi è ombra di ingiustizia. Il fatto è che l'enorme maggioranza della gente ignora il desiderio di conoscere; essa rifiuta la sua parte di conoscenza, trascura persino di prendere, nella distribuzione generale, la parte che le è assegnata per i bisogni della vita. Questo è particolarmente evidente in periodi di pazzia collettiva, di guerre, di rivoluzioni, quando gli uomini sembrano ad un tratto perdere persino quel piccolo granello di buon senso che di solito avevano e, trasformati in completi automi, si abbandonano a giganteschi massacri, perdendo persino l'istinto di conservazione. Enormi quantità di conoscenza rimangono così, in certo modo, non richieste, e possono
essere distribuite a coloro che sanno apprezzarne il valore. Non vi è nulla di ingiusto in tutto questo, perché coloro che ricevono la conoscenza non prendono niente che appartenga ad altri, non privano gli altri di qualcosa; prendono soltanto ciò che gli altri hanno rigettato come inutile e che, in ogni caso, andrebbe perduto se essi non lo prendessero. L'accumulare conoscenza da parte di alcuni, dipende dal fatto che altri la rifiutano. Vi sono periodi nella vita dell'umanità, che generalmente coincidono con l'inizio del declino delle civiltà, in cui le masse perdono irrimediabilmente la ragione e si mettono a distruggere tutto ciò che era stato creato in secoli e millenni di cultura. Tali periodi di demenza, che spesso coincidono con cataclismi geologici, perturbazioni
climatiche, ed altri fenomeni di carattere planetario, liberano una grandissima quantità di questa materia di conoscenza. Ciò che, a sua volta, rende necessario un lavoro di ricupero, senza il quale essa andrebbe perduta. Così, il lavoro consistente nel raccogliere la materia sparsa della conoscenza, molto spesso coincide con il declino e la distruzione di culture e civiltà. Questo aspetto della questione è chiaro. Le masse non si preoccupano della conoscenza, non vogliono saperne, e i loro capi politici, nel proprio interesse, non lavorano che a rafforzarne l'avversione, la paura del nuovo e dell'ignoto. La schiavitù nella quale vive l'umanità è basata su questa paura. È persino difficile immaginarne tutto l'orrore. La gente non comprende il valore di ciò che perde. Ma per capire la
causa di tale schiavitù basta osservare come vivono le persone, ciò che costituisce lo scopo della loro esistenza, l'oggetto dei loro desideri, delle loro passioni e aspirazioni, a che pensano, di cosa parlano, cosa servono e adorano. Guardate dove va a finire il denaro della società colta dei nostri tempi; a parte la guerra, considerate ciò che impone i prezzi più alti, dove si riversano le grandi folle. Se si riflette un momento intorno a questi fatti, diventa chiaro che l'umanità, così com'è ora, con gli interessi di cui vive, non può aspettarsi niente di diverso da ciò che ha. Ma come ho già detto, non può essere altrimenti. Ecco un aspetto. L'altro, come ho già detto, consiste nel fatto che nessuno nasconde nulla; non vi è il minimo mistero.
Ma l'acquisizione o la trasmissione della vera conoscenza esige grande fatica e grandi sforzi, sia da parte di chi riceve che da parte di chi da. Coloro che possiedono questa conoscenza fanno tutto ciò che possono per trasmetterla e comunicarla al più gran numero possibile di uomini, per aiutarli ad avvicinarsi ad essa e renderli capaci di prepararsi a ricevere la verità. Ma la conoscenza non può essere data con la forza a coloro che non la vogliono e, come abbiamo appena visto, un esame imparziale della vita dell'uomo medio, dei suoi interessi, di ciò che riempie le sue giornate, dimostrerà immediatamente che è impossibile accusare gli uomini che posseggono la conoscenza di nasconderla, di non volerla trasmettere o di non desiderare di insegnare agli altri ciò che essi
sanno. Colui che desidera la conoscenza deve fare egli stesso gli sforzi iniziali per trovarne la sorgente, per avvicinarla, servendosi delle indicazioni date a tutti, ma che generalmente la gente non desidera vedere, né riconoscere. La conoscenza non può venire agli uomini senza che essi facciano degli sforzi. Essi lo capiscono benissimo quando non si tratta che di conoscenze ordinarie; ma nel caso della grande conoscenza, posto che ne ammettano la possibilità di esistenza, pensano che ci si possa aspettare qualcosa di diverso. Ognuno sa benissimo, per esempio, che chi voglia imparare il cinese dovrà lavorare intensamente per molti anni; tutti sanno che cinque anni di studi sono indispensabili per afferrare i principi della medicina, e più del doppio, forse, per lo studio della musica e della pittura. E
tuttavia certe teorie affermano che la conoscenza può venire senza alcuno sforzo, che essa può essere acquisita anche dormendo. Il solo fatto che esistano simili teorie costituisce una spiegazione supplementare del fatto che la conoscenza non può raggiungere gli uomini. Allo stesso tempo è essenziale comprendere che gli sforzi indipendenti di un uomo per raggiungere qualcosa in questa direzione non possono, da soli, dare alcun risultato. Un uomo può raggiungere la conoscenza soltanto con l'aiuto di coloro che la posseggono. Questo deve essere compreso fin dall'inizio. Bisogna imparare da coloro che sanno». (G.) "Secondo un insegnamento antico, del quale sussistono tracce in molti sistemi di
ieri e di oggi, l'uomo che abbia raggiunto il completo sviluppo possibile, un uomo nel pieno senso della parola è composto di quattro corpi. Questi quattro corpi sono costituiti da sostanze che diventano sempre più sottili, si compenetrano e formano quattro organismi indipendenti aventi tra loro una relazione ben definita, ma capaci di azione indipendente. Ciò che permette l'esistenza di quattro corpi è il fatto che l'organismo umano, ossia il corpo fisico, ha una organizzazione così complessa che in certe condizioni può svilupparsi in esso un organismo nuovo e indipendente che offra all'attività della coscienza uno strumento molto più adeguato e più sensibile del corpo fisico. La coscienza manifestata in questo nuovo corpo è in grado di governarlo, ed ha pieno potere e pieno controllo sul corpo fisico. In
questo secondo corpo, in certe condizioni, un terzo corpo può formarsi, avente anch'esso le proprie caratteristiche. La coscienza manifestata in questo terzo corpo ha pieno potere e pieno controllo sui primi due; e il terzo corpo può acquistare conoscenze inaccessibili sia al secondo che al primo. Nel terzo corpo, in certe condizioni ne può crescere un quarto che differisce dal terzo quanto il terzo dal secondo ed il secondo dal primo. La coscienza manifestata nel quarto corpo ha pieno controllo sui primi tre corpi e su di sé. Questi quattro corpi sono definiti in modi diversi dai vari insegnamenti: II primo è il corpo fisico, nella terminologia cristiana, il corpo carnale, il secondo, sempre secondo la terminologia
cristiana è il corpo naturale, il terzo è il corpo spirituale, e il quarto, nella terminologia del Cristianesimo Esoterico, è il corpo divino. Secondo la terminologia teosofica, il primo è il corpo fisico, il secondo è il corpo astrale, il terzo è il corpo mentale e il quarto il corpo causale. Nel linguaggio figurato di certi insegnamenti orientali, il primo è la carrozza (corpo), il secondo è il cavallo (sentimenti, desideri), il terzo è il cocchiere (pensiero), e il quarto è il Padrone (Io, coscienza, volontà). II corpo astrale non è un complemento indispensabile per l'uomo. È un gran lusso, che non è alla portata di tutti. L'uomo può vivere benissimo senza corpo astrale. Il suo corpo fisico possiede
tutte le funzioni necessarie alla vita. Un uomo senza corpo astrale può anche dare l'impressione di essere un uomo molto intelligente, persino molto spirituale, e ingannare così non soltanto gli altri, ma sé stesso. Naturalmente, questo è ancora più vero per il corpo mentale e il quarto corpo. L'uomo ordinario non possiede questi corpi, né le funzioni corrispondenti. Ma egli crede spesso di possederle, e riesce a farlo credere agli altri. Le ragioni di questo errore sono, in primo luogo, il fatto che il corpo fisico lavora con le stesse sostanze di cui sono costituiti i corpi superiori, ma queste sostanze non si cristallizzano in lui, esse non gli appartengono; in secondo luogo, il fatto che tutte le funzioni del corpo fisico sono analoghe a quelle dei corpi superiori, pur essendo naturalmente
molto diverse. La differenza capitale tra le funzioni di un uomo che non possiede che il corpo fisico, e le funzioni dei quattro corpi è che, nel primo caso, le funzioni del corpo fisico governano tutte le altre; in altre parole, tutto è governato dal corpo che è, a sua volta, governato dalle influenze esteriori. Nel secondo caso, la direzione o il controllo emana dal corpo superiore. Le funzioni del corpo fisico possono essere considerate parallelamente alle funzioni dei quattro corpi. Nel primo caso, disse GURDJIEFF, ossia nel caso delle funzioni di un uomo avente soltanto il corpo fisico, l'automa dipende dalle influenze esteriori, e le tre altre funzioni dipendono dal corpo fisico e dalle influenze esteriori che esso riceve. Desideri o avversioni — desidero, non desidero, mi piace, non mi piace — ossia
le funzioni che occupano il posto del secondo corpo, dipendono dagli choc e dalle influenze accidentali. Il pensare, che corrisponde alle funzioni del terzo corpo, è un processo interamente automatico. La volontà manca nell'uomo meccanico: egli ha soltanto desideri; la maggiore o minore permanenza dei suoi desideri e appetiti, è chiamata una forte o debole volontà.... Nel caso di un uomo in possesso dei quattro corpi, l'automatismo del corpo fisico dipende dall'influenza degli altri corpi. In luogo dell'attività discorde e spesso contraddittoria dei differenti desideri, vi è un unico Io, intero, indivisibile e permanente, vi è una individualità che domina il corpo fisico e i suoi desideri, e può superare le sue ripugnanze e le sue resistenze. Invece di
un processo meccanico di pensiero, vi è la coscienza. E vi è la volontà, vale a dire un potere non più composto semplicemente da desideri svariati, il più delle volte contraddittori, appartenenti ai differenti io, ma derivante dalla coscienza e governato dall'individualità o da un Io unico e permanente. Soltanto questa volontà può essere chiamata libera, perché essa è indipendente dall'accidente e non può più essere alterata, né diretta dall'esterno. (O.) "Si può dire che l'uomo possiede l'immortalità?" (G.) "L'immortalità, disse GURDJIEFF, è una di quelle qualità che l'uomo si attribuisce senza avere una sufficiente comprensione del loro significato. Altre
qualità di questo genere sono l'individualità, nel senso di unità interiore, l'Io permanente ed immutabile', la coscienza' e la volontà... Tutte le vie che conducono all'immortalità, quelle che sono generalmente conosciute e le altre, possono essere ripartite in tre categorie: La via del fachiro La via del fachiro è quella della lotta con il corpo fisico, è la via del lavoro sulla prima stanza ed è lunga, difficile e incerta. Il fachiro si sforza di sviluppare la volontà fisica, il potere sul corpo. Egli vi riesce attraverso terribili sofferenze, torturando il corpo. Tutta la via del fachiro è fatta di esercizi fisici incredibilmente penosi. Egli sta in piedi, nella medesima posizione,
senza un movimento, per ore, giorni, mesi o anni; oppure siede con le braccia tese, su un nudo sasso, al sole, alla pioggia, alla neve; oppure si infligge il supplizio del fuoco o quello del formicaio in cui egli tiene le gambe nude, e così via. Se non cade ammalato o non muore, si sviluppa in lui ciò che può essere chiamato volontà fisica ed egli raggiunge allora la quarta camera, vale a dire la possibilità di formare il quarto corpo. Ma le altre sue funzioni, emozionali e intellettuali, rimangono non sviluppate. Egli ha conquistato la volontà, ma non possiede niente cui applicarla, non può farne uso per acquistare la conoscenza o perfezionare se stesso. In generale, è troppo vecchio per cominciare un lavoro nuovo. La via del monaco
È la via della fede, del sentimento religioso e del sacrificio. Un uomo che non abbia fortissime emozioni religiose e una immaginazione religiosa molto intensa non può diventare un monaco nel vero senso della parola. Pure la via del monaco è molto dura e molto lunga. Il monaco passa degli anni, decine di anni, a lottare contro se stesso, ma tutto il suo lavoro è concentrato sulla seconda stanza', sul secondo corpo, ossia sui sentimenti. Sottomettendo tutte le altre emozioni a una sola emozione, la fede, egli sviluppa in se stesso l’unità, la volontà sulle emozioni, e per questa via egli raggiunge la quarta stanza. Ma il suo corpo fisico e le sue capacità intellettuali possono restare non sviluppate. Per essere in grado di servirsi di ciò che egli avrà raggiunto, dovrà coltivarsi fisicamente e
intellettualmente. Questo non potrà essere condotto a buon fine se non mediante nuovi sacrifici, nuove austerità, nuove rinunce. Un monaco deve ancora diventare uno yogi e un fachiro. Rarissimi sono coloro che arrivano così lontano; più rari sono ancora coloro che superano tutte le difficoltà. La maggior parte muoiono prima o non diventano monaci che in apparenza. La via dello yogi È la via della conoscenza, la via dell'intelletto. Lo yogi lavora sulla terza stanza' per arrivare a penetrare nella quarta con i suoi sforzi intellettuali. Lo yogi riesce a raggiungere la quarta stanza sviluppando il suo intelletto, ma il suo corpo e le sue emozioni restano da sviluppare e, come il fachiro ed il monaco, egli è incapace di
trarre profitto da ciò che ha realizzato. Egli sa tutto, ma non può fare nulla. Però in questo caso ha il vantaggio di comprendere la sua posizione, di conoscere ciò che gli manca, ciò che deve fare e la direzione da seguire. Ma, come sulla via del fachiro e del monaco, rarissimi sono coloro che acquistano una tale conoscenza sulla via dello yogi, ossia raggiungono il livello in cui un uomo può sapere dove va. La maggior parte si arrestano ad un certo grado e non vanno oltre. Tutte le vie, la via del fachiro come le vie del monaco e dello yogi, hanno un punto comune: tutte incominciano da ciò che vi è di più difficile, un cambiamento di vita totale, una rinuncia a tutto ciò che è di questo mondo. Un uomo che ha una casa,
una famiglia, deve abbandonarle, deve rinunciare a tutti i piaceri; attaccamenti e doveri della vita, e partire per il deserto, entrare in un monastero o in una scuola di yogi. Ciò mostra d'altronde come un tale sviluppo sia raro e difficile. Lo sviluppo di queste possibilità non è una legge. La legge per l'uomo è una esistenza nel cerchio delle influenze meccaniche, è lo stato di uomo macchina. La via dello sviluppo delle possibilità nascoste è una via contro la natura, contro Dio. Ciò spiega le difficoltà e il carattere esclusivo delle vie. Esse sono ardue e strette. Ma al tempo stesso nulla potrebbe esser raggiunto senza di esse. Nell'oceano della vita ordinaria, e specialmente della vita moderna, le vie sono un fenomeno piccolo, appena percettibile, che, dal
punto di vista della vita stessa, non ha la minima ragione d'essere. Ma questo piccolo fenomeno contiene in se stesso tutto ciò di cui l'uomo può disporre per lo sviluppo delle sue possibilità nascoste. Le vie si oppongono alla vita di tutti i giorni, basata su altri principi e assoggettata ad altre leggi. In ciò consiste il loro potere e il loro significato... La vita mondana, anche la più riuscita, conduce alla morte e non potrebbe condurre a nient'altro... ...Come regola generale, è duro per un uomo rassegnarsi a quest'idea; essa gli pare esagerata, ingiusta e assurda. Egli ha una povera comprensione del senso della parola possibilità. Si immagina che, se vi sono delle possibilità in lui, debbano svilupparsi e che debbano pur esserci dei mezzi di sviluppo alla sua portata. Da un totale rifiuto di riconoscere in se stesso
qualsiasi genere di possibilità, l'uomo, in generale, passa immediatamente a un'esigenza imperiosa del loro sviluppo inevitabile. È difficile per lui abituarsi all'idea che non soltanto le sue possibilità possono restare al loro stadio attuale di sottosviluppo, ma che esse possono atrofizzarsi definitivamente e che d'altra parte il loro sviluppo esige da lui sforzi prodigiosi e perseveranti... (G.) È indispensabile persuadersene profondamente per comprendere ciò che sto per dire. "Nelle condizioni ordinarie della vita civilizzata, la situazione di un uomo, anche intelligente, che cerca la conoscenza, è senza speranza, poiché egli non ha la minima possibilità di trovare attorno a sé qualcosa che somigli ad una
scuola di fachiri o ad una scuola di yogi; quanto alle religioni dell'occidente, esse sono degenerate a tal punto che da molto tempo non vi è più nulla di vivente in esse. Infine dall'occultismo o dallo spiritismo non c'è altro da aspettarsi che qualche ingenua esperienza. E la situazione sarebbe veramente disperata se non esistesse un'altra possibilità, quella di una quarta via. La quarta via non richiede che ci si ritiri dal mondo, non esige la rinuncia a tutto ciò che formava la nostra vita. Essa comincia molto più lontano che non la via dello yogi. Ciò significa che bisogna essere preparati per impegnarsi sulla quarta via e che questa preparazione deve essere acquisita nella vita ordinaria, essere molto seria e abbracciare parecchi aspetti
differenti. Inoltre un uomo che vuole seguire la quarta via deve riunire nella sua vita condizioni favorevoli al lavoro, o che in ogni caso non lo rendano impossibile. Infatti, bisogna convincersi che sia nella vita esteriore che nella vita interiore di un uomo, certe condizioni possono costituire per la quarta via barriere insormontabili. Aggiungiamo che questa via, contrariamente a quella del fachiro, del monaco e dello yogi, non ha una forma definita. Prima di tutto essa deve essere trovata. È la prima prova. Ed è difficile, poiché la quarta via è ben lontana dall'essere conosciuta quanto le altre tre vie tradizionali. C'è molta gente che non ne ha mai sentito parlare ed altri che negano semplicemente la sua esistenza o anche la sua possibilità. Tuttavia, l'inizio della quarta via è ben più facile dell'inizio
delle vie del fachiro, del monaco e dello yogi. È possibile seguire la quarta via e lavorare su di essa rimanendo nelle condizioni abituali di vita e continuando il lavoro usuale, senza rompere le relazioni che si avevano con la gente, senza abbandonare nulla. Anzi, le condizioni di vita nelle quali un uomo si trova quando inizia il lavoro — dove il lavoro, per così dire, lo sorprende — sono le migliori possibili per lui, perlomeno all'inizio. Infatti, queste condizioni gli sono naturali. Esse sono quell'uomo stesso, poiché la vita di un uomo e le sue condizioni corrispondono a ciò che egli è. La vita le ha create sulla sua misura; di conseguenza ogni altra condizione sarebbe artificiale e il lavoro non potrebbe, in questo caso, toccare contemporaneamente tutti i lati del suo essere. Così, la quarta
via tocca tutti i lati dell'essere umano simultaneamente. È il lavoro sulle tre camere contemporaneamente. "La quarta via differisce dunque dalle altre in quanto la sua principale richiesta è una richiesta di comprensione. L'uomo non deve fare nulla senza comprendere — salvo a titolo di esperienza, sotto il controllo e la direzione del suo maestro. Più un uomo comprenderà quello che fa, più i risultati dei suoi sforzi saranno validi. È un principio fondamentale della quarta via. I risultati ottenuti nel lavoro sono proporzionali alla coscienza che si ha di questo lavoro. La fede non è richiesta su questa via; al contrario, la fede di qualsiasi tipo costituisce un ostacolo. Sulla quarta via un uomo deve
assicurarsi da sé della verità di ciò che gli viene detto. E fin quando non avrà acquisito questa certezza, non deve fare nulla". "Il metodo della quarta via è il seguente: se si comincia un lavoro su una camera, un lavoro corrispondente deve essere intrapreso simultaneamente sulle altre due; ossia, mentre si lavora sul corpo fisico, bisogna lavorare simultaneamente sul pensiero e sulle emozioni; lavorando sul pensiero, bisogna lavorare sul corpo fisico e sulle emozioni; mentre si lavora sulle emozioni, occorre lavorare sul pensiero e sul corpo fisico. Ciò che permette di riuscire è la possibilità, nella quarta via, di fare uso di un sapere particolare, inaccessibile nelle vie del fachiro, del monaco e dello yogi. Questo sapere rende possibile un lavoro
simultaneo nelle tre direzioni. Tutta una serie di esercizi paralleli sui tre piani: fisico, mentale ed emozionale, servono a questo scopo. Inoltre, nella quarta via è possibile individualizzare il lavoro di ciascuno; vale a dire, ogni persona deve fare solo ciò che gli è necessario e nulla che sia inutile per lui. Infatti, la quarta via fa a meno di tutto il superfluo che si è mantenuto per tradizione nelle altre vie. Così, allorché un uomo raggiunge la volontà mediante la quarta via, egli può servirsene, poiché ha acquistato il controllo di tutte le sue funzioni fisiche, emozionali ed intellettuali. Egli ha risparmiato per giunta molto tempo con questo lavoro simultaneo e parallelo sui tre lati del suo essere. La quarta via è talvolta chiamata la via dell'uomo astuto.
L'uomo astuto conosce un segreto che il fachiro, il monaco e lo yogi non conoscono. In che modo l'uomo astuto abbia appreso questo segreto — non si sa. Forse l'ha trovato in qualche vecchio libro, forse l'ha ereditato, forse l'ha comperato, forse l'ha rubato a qualcuno. Fa lo stesso. L'uomo astuto conosce il segreto, e con il suo aiuto supera il fachiro, il monaco, lo yogi. .... sulla quarta via la conoscenza è ancora più esatta e più perfetta. L'uomo che la segue conosce con precisione di quali sostanze ha bisogno per raggiungere i suoi scopi e sa che queste sostanze possono essere elaborate nel corpo con un mese di sofferenza fisica, una settimana di tensione emozionale o un giorno di esercizi mentali — e anche, che queste sostanze possono
essere introdotte nell'organismo dal di fuori, se si sa come fare. E così, invece di passare un giorno intero in esercizi come lo yogi, una settimana in preghiere come il monaco, e un mese in supplizi come il fachiro, l'uomo che segue la quarta via si accontenta di preparare e di ingoiare una piccola pillola che contiene tutte le sostanze richieste e in questo modo, senza perdere tempo, ottiene i risultati voluti. Bisogna ancora notare, disse GURDJIEFF, che oltre a queste vie giuste e legittime, vi sono anche vie artificiali che non danno che risultati temporanei e vie decisamente sbagliate che possono anche dare risultati permanenti, ma nefasti. Pure su queste vie l'uomo cerca la chiave della quarta stanza e qualche volta la trova. Ma ciò che trova nella quarta stanza, non ci è dato sapere. \"Accade
anche che la porta della quarta stanza venga aperta artificialmente con un grimaldello e in entrambi i casi è possibile che la stanza sia vuota. ..."Ma che volete, disse GURDJIEFF ...Gli uomini sono macchine. Le macchine sono obbligatoriamente cieche, incoscienti, non possono essere altrimenti, e tutte le loro azioni devono corrispondere alla loro natura. Tutto accade. Nessuno fa nulla. Progresso e civiltà nel senso reale di queste parole, possono apparire soltanto al termine di sforzi coscienti. Non possono apparire come risultato di azioni incoscienti e meccaniche. Quali sforzi coscienti potrebbe fare una
macchina? E se una macchina è incosciente, cento macchine lo sono pure, e mille e diecimila e milioni di macchine. Ora, l'attività incosciente di milioni di macchine deve necessariamente concludersi in sterminio e rovina. È precisamente nelle manifestazioni incoscienti e involontarie che sta tutto il male. Voi non capite ancora e non potete immaginare tutte le conseguenze di questo flagello. Ma verrà il giorno in cui comprenderete. (O.) " ...avevo già afferrato alcuni punti fondamentali dell'insegnamento psicologico di GURDJIEFF. Il primo, quello sul quale insisteva maggiormente, era l’assenza di unità nell'uomo".
(G.) "Il più grande errore, egli diceva, è credere che l'uomo abbia un'unità permanente. Un uomo non è mai uno. Continuamente egli cambia. Raramente rimane identico, anche per una sola mezz'ora. Noi pensiamo che un uomo chiamato Ivan sia sempre Ivan. Ma non è così. Ora è Ivan, in un altro momento è Pietro, e un minuto più tardi Nicola, Sergio, Matteo, Simone, anche se tutti pensiamo che sia sempre Ivan. Sapete che Ivan non può commettere certe azioni, mentire per esempio, ed ora scoprite che Ivan ha mentito e siete tutti sorpresi che lui, Ivan, abbia potuto fare questo. Infatti, Ivan non può mentire, è Nicola che ha mentito ed a ogni occasione Nicola mentirà nuovamente, perché Nicola non può fare a meno di mentire. Rimarrete stupiti
rendendovi conto della moltitudine di questi Ivan e Nicola che vivono in un solo uomo. Se imparerete ad osservarvi non avrete più bisogno di andare al cinema". (O.) "Tutto ciò, domandai, ha qualcosa a che fare con la coscienza delle diverse parti ed organi del corpo? Credo di capire ciò che avete detto, perché ho sovente sentito la realtà di queste coscienze. So che non soltanto ogni organo, ma ogni parte del corpo avente una distinta funzione, ha una coscienza sua propria; vi è una coscienza della mano destra e una coscienza della mano sinistra. È questo che volete dire?". (G.) "Non del tutto, disse GURDJIEFF. Anche queste coscienze esistono, ma sono relativamente innocue. Ognuna di esse
conosce il suo posto e sa quello che deve fare. Le mani sanno di dover lavorare, i piedi di dover camminare. Ma questi Ivan, Pietro, Nicola, sono del tutto diversi: si chiamano tutti 'IO', ossia si considerano come padroni e nessuno di loro vuole riconoscerne un altro. Ciascuno di essi è il Califfo per un'ora, fa ciò che gli piace senza riguardi per nessuno: saranno poi gli altri a farne le spese. Nessun ordine regna fra di loro. Colui che si impone è il padrone. Distribuisce frustate da tutte le parti senza tener conto di nulla. Il momento seguente però, quando un altro avrà preso la frusta, toccherà a lui riceverne i colpi. E così vanno le cose per tutta la vita. Immaginate un paese in cui ciascuno possa essere Re per cinque minuti, e durante questi cinque minuti
fare del suo regno tutto ciò che vuole. Ecco la nostra vita. (G.) "L'evoluzione dell'uomo, rispose GURDJIEFF, può essere considerata come l'evolversi in lui di quelle facoltà e di quei poteri che non si sviluppano mai da soli, ossia meccanicamente. Solo questo tipo di sviluppo, solo questo tipo di crescita caratterizza la vera evoluzione dell'uomo. Per parlare con maggiore precisione, l'evoluzione dell'umanità corrisponde all'evoluzione dei pianeti, ma il processo evolutivo dei pianeti si svolge secondo cicli di tempo per noi infinitamente lunghi. Nello spazio di tempo che può essere abbracciato dal pensiero umano, nessun cambiamento essenziale può verificarsi nella vita dei pianeti, e di
conseguenza nessun cambiamento essenziale può verificarsi nella vita dell'umanità. L'umanità non progredisce e neppure evolve. Ciò che ci sembra essere progresso o evoluzione non è che una parziale modificazione che può essere immediatamente controbilanciata da una corrispondente modificazione nella direzione opposta. L'umanità, come il resto della vita organica, esiste sulla terra per le necessità e gli scopi propri alla terra. Ed essa è esattamente ciò che deve essere per rispondere ai bisogni della terra al momento attuale. Solo un pensiero così teorico e così separato dai fatti quale il pensiero europeo moderno, poteva concepire che un'evoluzione dell'uomo fosse possibile indipendentemente dalla natura che lo
circonda, oppure considerare l'evoluzione dell'uomo come una graduale conquista della natura. Questo è assolutamente impossibile. Che egli viva, muoia, evolva o degeneri, l'uomo serve egualmente le finalità della natura o, piuttosto, la natura si serve allo stesso modo, sebbene forse per differenti scopi, dei prodotti sia dell'evoluzione che della degenerazione. L'umanità, considerata come un tutto, non può mai sfuggire alla natura, poiché l'uomo agisce in conformità agli scopi della natura, anche quando lotta contro di essa. L'evoluzione di grandi masse umane è opposta alle finalità della natura, mentre quella di una piccola percentuale di uomini può essere in accordo con tali finalità. L'uomo contiene in se stesso la possibilità della propria evoluzione, ma l'evoluzione
dell'umanità nel suo insieme, cioè lo sviluppo di questa possibilità in tutti, gli uomini o nella maggior parte di essi, o anche in un grande numero, non è necessaria ai disegni della terra o del mondo planetario in generale: questo anzi potrebbe essere pregiudizievole o persino fatale all'umanità. Vi sono di conseguenza speciali forze, di carattere planetario, che si oppongono all'evoluzione di grandi masse umane e che le mantengono al livello in cui esse devono restare. Per esempio, l'evoluzione dell'umanità oltre un certo limite, o più esattamente oltre una certa percentuale, sarebbe fatale alla luna. Attualmente la luna si nutre della vita organica, si nutre dell'umanità. L'umanità è una parte della vita organica;
questo significa che l'umanità è un nutrimento per la luna. Se tutti gli uomini divenissero troppo intelligenti, non vorrebbero più essere mangiati dalla luna. Ma, allo stesso tempo, le possibilità di evoluzione esistono e possono essere sviluppate in individui distinti, con l'aiuto di conoscenze e metodi appropriati. Tale sviluppo può soltanto avere luogo nell'interesse dell'uomo, in opposizione alle forze e, si potrebbe dire, agli interessi del mondo planetario. Una cosa l'uomo deve ben comprendere: la sua evoluzione non è necessaria che a lui. Nessun altro vi è interessato, ed egli non deve contare sull'aiuto di nessuno; infatti, nessuno è tenuto ad aiutarlo e neppure ne ha l'intenzione. Al
contrario, le forze che si oppongono all'evoluzione di grandi masse umane, si oppongono anche all'evoluzione del singolo. Spetta a ciascuno di NOI eluderle. E se un uomo può sottrarsi ad esse, l'umanità non lo può. Comprenderete più tardi come questi ostacoli siano utili; se non esistessero bisognerebbe crearli intenzionalmente, poiché soltanto vincendo degli ostacoli l'uomo può sviluppare in sé le qualità di cui ha bisogno. Queste sono le basi per una visione corretta dell'evoluzione umana. Non esiste evoluzione obbligatoria, meccanica. L'evoluzione è il risultato di una lotta cosciente. La natura non ha bisogno di tale evoluzione; anzi non la vuole e la combatte. L'evoluzione può essere
necessaria soltanto a colui che si renda conto della sua situazione e della possibilità di cambiarla, e si renda conto che ha dei poteri che non usa e delle ricchezze che non vede. Ed è nel senso della presa di possesso di questi poteri e di queste ricchezze che l'evoluzione è possibile; ma se tutti gli uomini o la maggior parte di essi comprendessero questo e desiderassero di ottenere quello che loro spetta per diritto di nascita, l'evoluzione, lo ripeto, diverrebbe impossibile. Ciò che è possibile per il singolo è impossibile per le masse. L'individuo ha il vantaggio di essere molto piccolo e di conseguenza di non contare nell'economia generale della natura, dove non fa nessuna differenza che ci sia un uomo meccanico in più o in meno.
Possiamo farci un'idea di questo rapporto di grandezze se immaginiamo il rapporto esistente tra una cellula microscopica e il nostro corpo intero. La presenza o l'assenza di una cellula non cambia niente nella vita del corpo. Noi non possiamo esserne coscienti e questo non può avere influenza sulla vita e le funzioni dell'organismo. Esattamente nello stesso modo un individuo distinto è troppo piccolo per influenzare la vita dell'organismo cosmico, con il quale egli si trova (per quanto riguarda le dimensioni) nello stesso rapporto che una cellula ha con il nostro intero organismo; ed è questo precisamente ciò che rende la sua evoluzione' possibile, ciò su cui si basano le sue possibilità'. Riguardo all'evoluzione è indispensabile comprendere fin dall'inizio, che non esiste
la possibilità meccanica.
di
una
evoluzione
L'evoluzione dell'uomo è l'evoluzione della sua coscienza, e la coscienza non può evolvere inconsciamente. L'evoluzione dell'uomo è l'evoluzione della sua volontà, e la Volontà non può evolversi involontariamente. L'evoluzione dell'uomo è l'evoluzione del suo potere di fare, e fare non può essere il risultato di ciò che accade. La gente non sa che cosa è l'uomo. Si trova alle prese con una macchina molto complicata, molto più complicata di una locomotiva, di un'auto o di un aereo, ma non sa nulla o quasi nulla della struttura, della marcia e delle possibilità di questa macchina; non capisce neppure le sue più
semplici funzioni perché non conosce lo scopo di queste funzioni. Immagina vagamente che un uomo dovrebbe imparare a guidare la sua macchina, come deve imparare a guidare una locomotiva, un'auto o un aereo, e che una manovra incompetente della macchina umana, è altrettanto pericolosa di una manovra incompetente di qualsiasi altra macchina. Tutti se ne rendono conto quando si tratta di un aereo, di un'auto o di una locomotiva. Ma è molto raro che si prenda la cosa in considerazione quando si tratta dell'uomo in generale o di se stessi in particolare. Si crede giusto e legittimo pensare che la natura abbia dato all'uomo la conoscenza necessaria della propria macchina; tuttavia si converrà che una conoscenza istintiva di questa macchina è lungi dall'essere sufficiente. Perché gli uomini
studiano la medicina e ricorrono ai suoi servizi? Evidentemente perché si rendono conto di non conoscere la propria macchina. Ma non sospettano che potrebbero conoscerla molto meglio di quanto fa la scienza e che potrebbero allora ottenerne un lavoro completamente differente". "Ogni pensiero dell'uomo, ognuno dei suoi desideri si manifesta e vive in un modo completamente indipendente e separato dalla sua Totalità. E la Totalità dell'uomo non si esprime mai, per la semplice ragione che non esiste come tale, salvo che fisicamente come una cosa, ed astrattamente come un concetto. L'uomo non ha un Io individuale. Al suo posto vi sono centinaia e migliaia di piccoli io separati che il più delle volte
si ignorano, non hanno alcuna relazione, o, al contrario, sono ostili gli uni agli altri, esclusivi ed incompatibili. Ad ogni attimo, ad ogni momento, l'uomo dice o pensa Io. Ed ogni volta il suo io è differente. Un attimo fa era un pensiero, ora è un desiderio, poi una sensazione, poi un altro pensiero e così via, senza fine. L'uomo è una pluralità. Il nome dell'uomo è legione. L'alternarsi di questi io, le loro lotte manifeste, di ogni istante, per la supremazia, sono comandate dalle influenze esteriori accidentali. Il calore, il sole, il bel tempo richiamano subito tutto un gruppo di io. Il freddo, la pioggia, la nebbia richiamano un altro gruppo di io, altre associazioni, altri sentimenti, altre azioni. E non c'è niente
nell'uomo che sia in grado di controllare i cambiamenti di questi io, principalmente perché l'uomo non li nota, o non, ne ha alcuna idea; egli vive sempre nell'ultimo io. Alcuni, naturalmente, sono più forti degli altri, ma non della loro propria forza cosciente. Essi sono stati creati dalla forza degli avvenimenti o dagli stimoli meccanici esterni. L'imitazione, l'educazione, la lettura, l'ipnotismo della religione, delle caste e delle tradizioni, o la seduzione degli ultimi slogans, danno origine nella personalità dell'uomo a degli io molto forti che dominano intere serie di altri io più deboli. Ma la loro forza non è che quella dei rulli nei centri. E tutti questi io che
costituiscono la personalità dell'uomo hanno la stessa origine delle incisioni sui rulli: sia gli uni che gli altri sono i risultati delle influenze esteriori e sono messi in movimento e comandati dalle influenze del momento. L'uomo non ha individualità. Non ha un grande Io unico. L'uomo è diviso in una moltitudine di piccoli io. Ed ogni piccolo io separato è capace di chiamare se stesso col nome della Totalità, di agire in nome della Totalità, di fare delle promesse, prendere delle decisioni, essere d'accordo o non essere d'accordo con quello che un altro io, o la Totalità dovrebbe fare.
Questo spiega perché la gente prende così spesso delle decisioni e le mantiene così raramente. Un uomo decide di alzarsi presto, cominciando dall'indomani. Un io, o un gruppo di io, prende questa decisione. Ma l'alzarsi è una cosa che riguarda un altro io, che non è affatto d'accordo, e che può persino non essere stato messo al corrente della cosa. Naturalmente quest'uomo continuerà a dormire il mattino seguente e la sera deciderà di nuovo di alzarsi presto. In certi casi questo può comportare conseguenze molto spiacevoli. Un piccolo io accidentale può, a un certo momento, fare una promessa, non a se stesso, ma a qualcun altro, semplicemente per vanità o per divertimento.
Poi scompare, ma l'uomo, ossia l'insieme degli altri io che sono assolutamente innocenti, dovrà forse pagare tutta la vita per questo scherzo. È la tragedia dell'essere umano, che qualunque piccolo io abbia così il potere di firmare assegni e cambiali e che sia in seguito l'uomo, ossia la totalità, che debba farvi fronte. Vite intere trascorrono così, per regolare dei debiti contratti da piccoli io accidentali. Gli insegnamenti orientali contengono varie immagini allegoriche che cercano di ritrarre la natura dell'essere umano da questo punto di vista. Secondo uno di essi, l'uomo è paragonato a una casa senza Padrone né sovrintendente, occupata da una moltitudine di servitori che hanno interamente dimenticato i loro
doveri: nessuno vuole fare ciò che deve; ognuno cerca di essere il padrone, non fosse che per un momento, e, in questa specie di anarchia, la casa è minacciata dai più gravi pericoli. Il paragone dell'uomo con una casa che aspetta l'arrivo del padrone è frequente negli insegnamenti orientali che hanno conservato tracce dell'antica conoscenza e, come sapete, questa idea appare sotto varie forme, anche in molte parabole dei Vangeli. Ma anche se l’uomo comprendesse nel modo più chiaro le sue possibilità, questo non lo farebbe progredire di un solo passo verso la loro realizzazione. Per essere in grado di realizzare queste possibilità, deve avere un desiderio di liberazione molto forte, deve essere
pronto a sacrificare tutto, a rischiare tutto per la propria liberazione". Per quello che è il senso della parola mondo, bisogna comprendere in primo luogo che vi è una molteplicità di mondi, e che noi viviamo non in un mondo unico, ma in parecchi mondi. Questa idea è difficile da afferrare, perché nel linguaggio ordinario, la parola mondo è usata generalmente al singolare. E se il plurale mondi è usato, lo è solamente per sottolineare comunque la stessa idea o esprimere l'idea di mondi differenti, esistenti parallelamente gli uni agli altri. Il linguaggio abituale non comporta l'idea di mondi contenuti gli uni negli altri.
D'altronde, l'idea che noi viviamo in mondi differenti implica precisamente dei mondi contenuti gli uni negli altri, coi quali noi siamo in relazioni differenti. Se cerchiamo la risposta alla domanda: che cos'è il mondo o i mondi nei quali viviamo, dobbiamo prima di tutto domandarci qual è il mondo che ci concerne più intimamente o immediatamente. A ciò possiamo rispondere che diamo sovente nome di mondo al mondo degli uomini, all'umanità della quale noi facciamo parte. Ma l'umanità è parte integrante della vita organica sulla terra. Per conseguenza, sarà giusto dire che il mondo più vicino a noi è la vita organica sulla terra, il mondo delle piante, degli
animali e degli uomini. Ma la vita organica è compresa nel mondo. Che cosa è dunque il mondo per la vita organica? Il mondo per la vita organica è il nostro pianeta, la terra. Ma anche la terra è nel mondo. Che cosa è dunque il mondo per la terra? Il mondo per la terra è il mondo dei pianeti, del sistema solare di cui la terra fa parte. Cos'è il mondò per tutti i pianeti presi insieme? Il sole, o l'influenza della sfera solare o il sistema solare di cui i pianeti fanno parte. Per il sole a sua volta il mondò è il mondo delle stelle o la Via Lattea, un ammasso enorme di sistemi solari. E più lontano ancora, da un punto di vista astronomico, è del tutto possibile presumere l'esistenza di una moltitudine di mondi a distanze enormi gli uni dagli altri, nello spazio di tutti i mondi. Questi mondi presi insieme saranno il mondo
per la Via Lattea. E adesso, passando a conclusioni filosofiche, noi possiamo dire che tutti i mondi devono formare, in qualche modo sconosciuto a noi e incomprensibile, una Totalità o una Unità (come una mela è un'unità). Questa Totalità o questa Unità, questo Tutto, che può essere chiamato l'Assoluto o l'Indipendente, perché, includendo tutto in se stesso, non dipende da nulla, è mondo per tutti i mondi. Logicamente è possibile concepire uno stato di cose in cui il Tutto formi una sola Unità. Una tale Unità sarà certamente l'Assoluto, ossia l'Indipendente, poiché essendo Tutto non può che essere indivisibile e infinito.
L'Assoluto, vale a dire quello stato di cose in cui l'Insieme costituisce un Tutto, è lo stato primordiale, fuori dal quale, per divisione e differenziazione, sorse la diversità dei fenomeni che noi osserviamo. L'uomo vive in tutti i mondi, ma in modi differenti. Ciò significa che egli è prima di tutto influenzato dal mondo più vicino, con il quale vive in contatto immediato, giacché ne fa parte. I mondi più lontani, anch'essi influiscono sull'uomo, sia direttamente, sia attraverso i mondi intermedi, ma la loro azione diminuisce in ragione diretta della loro lontananza o dall'aumento della differenza tra essi e gli uomini. Come vedremo più tardi, l'influenza diretta dell'Assoluto non raggiunge l'uomo. Ma l'influenza del mondo
immediatamente consecutivo, quella del mondo delle stelle, è già del tutto evidente nella vita dell'uomo, benché la scienza' certamente non ne sappia nulla... “Ciò che è necessario è la coscienza. Noi non insegniamo la morale. Insegniamo come si può trovare la coscienza. Alla gente non piace sentirselo dire. Dicono che non abbiamo amore, solo perché non incoraggiamo la debolezza e l’ipocrisia ma, al contrario, rimuoviamo tutte le maschere.” (G.I.Gurdjieff) La condizione attuale dell’uomo non corrisponde al suo vero destino,
addormentato dalle forze dell’identificazione e dell’automatismo, nell’ignoranza delle sue possibilità, perde il contatto con la Realtà. Qualcosa di nuovo è urgentemente richiesto nelle nostre vite e questo qualcosa riguarda innanzitutto lo studio e la conoscenza effettiva di noi stessi, un insegnamento pratico da applicare nel momento presente della nostra esperienza quotidiana ed una nuova comprensione dello scopo dell’esistenza umana. La nostra intenzione è di facilitare l’incontro tra le persone che hanno iniziato a comprendere la necessità di un lavoro su di sé, promuovere attività e fornire informazioni a chiunque senta il desiderio
di partecipare agli incontri e ai seminari dedicati allo studio e all’applicazione pratica delle idee e dei metodi trasmessi da G.I.Gurdjieff e J.G.Bennett. Crediamo nel valore del Lavoro e nella necessità di uno sforzo condiviso per raggiungere una comprensione ed uno scopo comuni. Il Lavoro non è semplicemente un’idea astratta, un processo, o un’attività, o qualcosa del genere. Il Lavoro è la mia casa, la mia realtà. Non lasciate che per voi sia solo un’idea! E’ la realtà più intima. E’ la realtà del nostro sé più profondo. Quando troviamo noi stessi, troviamo questo.
(J.G.Bennett) Se un uomo ragiona e pensa bene, non importa quale cammino egli segua..deve inevitabilmente ritornare a se stesso ed incominciare dalla soluzione del quesito di che cosa egli stesso sia e di quale sia il suo posto nel mondo che lo circonda. - G. I. Gurdjieff [Estratto da “I Racconti di Belzebù a suo nipote”] Risulta, sia dalle indagini di molti sapienti dell’antichità, sia dalle ricerche svolte con metodi veramente eccezionali dall’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo del signor Gurdjieff, che – in conformità alle
leggi superiori e alle condizioni del processo della vita umana stabilitesi sulla Terra sin dall’inizio e fissatesi poco a poco – l’individualità integrale di ogni uomo, qualunque sia l’eredità di cui è il risultato nonché le condizioni accidentali della sua comparsa e del suo sviluppo, deve, sin dall’inizio dell’età responsabile, per rispondere al senso e alla predestinazione della sua esistenza come uomo e non come semplice animale, deve, ripeto, essere necessariamente costituita di quattro personalità ben determinate e distinte. La prima personalità indipendente non è altro che l’insieme del funzionamento automatico – tipico dell’uomo come degli animali – i cui dati sono costituiti vuoi
dalla somma totale dei risultati delle impressioni ricevute sin dalla nascita e provenienti sia dalla realtà esterna sia da ciò ch’è stato intenzionalmente e artificialmente inculcato in loro, vuoi dai risultati del processo, anch’esso inerente ad ogni animale, detto “sognare a occhi aperti”, o “fantasticare”. La totalità di questo funzionamento automatico viene chiamato per ignoranza da quasi tutta la gente “conscio”, o nel migliore dei casi, “pensiero”. La seconda personalità, che spesso funziona in modo del tutto indipendente dalla prima, è costituita dalla somma dei risultati dei dati che si depositano e si fissano nella presenza dell’uomo – come di
ogni animale – attraverso i sei organi “ricettori delle vibrazioni di qualità differenti”, organi che funzionano in base alle nuove impressioni percepite e la cui sensibilità dipende dall’eredità e dalle condizioni in cui è avvenuta la formazione preparatoria a un’esistenza responsabile. La terza parte indipendente di un essere integrale è costituita sia dal funzionamento di base del suo organismo, sia dal gioco delle manifestazioni riflesso-motorie reciprocamente interagenti al suo interno, manifestazioni la cui qualità dipende, a sua volta, dall’eredità e dalle circostanze della formazione preparatoria di ogni essere. La quarta personalità dell’uomo, che pure dovrebbe rappresentare una parte distinta
dell’individuo integrale, non è altro che la manifestazione dell’insieme dei risultati del funzionamento ormai automatizzato delle tre personalità precedenti, formatesi separatamente ed educate in modo indipendente: in altri termini, è ciò che gli esseri chiamano “io”. Nella presenza generale dell’uomo, per la spiritualizzazione e la manifestazione di ognuna delle tre parti separatamente formate del suo tutto integrale, esistono le cosiddette “localizzazioni centri di gravità” indipendenti, o cervelli; ed ogni localizzazione con tutto il suo sistema possiede, per l’insieme delle sue manifestazioni, certe particolarità e predisposizioni che sono proprie a lei sola.
Pertanto, affinché sia possibile il perfezionamento integrale dell’uomo, è assolutamente necessario che ognuna delle tre parti riceva l’educazione che le conviene, e non il trattamento che ai nostri giorni viene loro inflitto sotto il nome, appunto, di “educazione”. Solo allora l”io” che deve esistere nell’uomo sarà il suo vero “Io”. Secondo le ricerche sperimentali di cui vi ho parlato, condotte per molti anni con la massima serietà e persino secondo una riflessione sana ed imparziale, accessibile anche all’uomo contemporaneo, non soltanto la presenza generale dell’uomo – soprattutto di quello che, per qualche ragione, è convinto di non essere un uomo
comune ma un “intellettuale” nel vero senso della parola – dev’essere composta da quelle quattro personalità ben definite e distinte, ma ogni personalità dev’essere sviluppata in modo appropriato affinché, durante l’esistenza responsabile, le manifestazioni di ciascuna si armonizzino con tutte le altre. Per mettere in piena luce la diversa natura e origine delle personalità che possono manifestarsi nell’organizzazione generale dell’uomo, e per sottolineare la differenza fra l’Io ” che deve esistere nella presenza generale dell’uomo senza virgolette, cioè di un vero uomo, e lo “pseudo-io” con cui oggi tutti lo confondono, possiamo ricorrere a un’ottima analogia che, pur proposta “in
tutte le salse”, come si suol dire, dai cosiddetti spiritisti, occultisti, “teosofi” ed altri contemporanei abilissimi a “pescare nel torbido” e a parlare a vanvera di “corpo astrale”, “corpo mentale” o di altri presunti corpi dell’uomo, conserva tutto il suo valore per illustrare la questione che stiamo esaminando. Considerato come un tutto, l’uomo, con le sue diverse localizzazioni dal funzionamento distinto, ovvero con le sue varie “personalità” formate ed educate indipendentemente una dall’altra, presenta un’analogia quasi perfetta con un veicolo destinato al trasporto di un passeggero e composto da carrozza, cavallo e cocchiere. Anzitutto bisogna notare che la differenza fra un vero uomo ed uno pseudo-uomo,
cioè tra l’uomo che ha l’Io e quello che non ce l’ha, in questo paragone è resa esplicita dal passeggero seduto in carrozza. Nel primo caso, quello del vero uomo, il passeggero è il padrone, il proprietario della carrozza, mentre nel secondo è un passeggero casuale che cambia ogni momento, come il cliente di una vettura di piazza. Il corpo fisico dell’uomo, con le sue manifestazioni riflesso-motorie, corrisponde pari pari alla carrozza; l’insieme del funzionamento e delle manifestazioni del sentimento corrisponde al cavallo che è attaccato alla carrozza e la tira; il cocchiere seduto a cassetta che guida il cavallo rappresenta ciò che la gente chiama “conscio” o “pensiero”;
infine, il passeggero che è seduto in carrozza e che dà ordini al cocchiere viene detto “Io”. La sfortuna degli uomini contemporanei deriva essenzialmente dal fatto che, grazie agli assurdi metodi usati ovunque per educare le giovani generazioni, la quarta personalità, che dovrebbe essere presente in ogni uomo appena raggiunta l’età responsabile, è del tutto assente, sicché tutti, o quasi, possiedono solo le prime tre parti già descritte che, per giunta, si sono formate a casaccio e da sole. In altri termini, gli uomini contemporanei d’età responsabile sono giusto l’analogo di una “vettura di piazza”: e che vettura!… La carrozza sgangherata ha ormai fatto il suo tempo…
fra le stanghe c’è un vecchio ronzino… e a cassetta un vetturino rincitrullito, mezzo addormentato e mezzo ubriaco, che, perso in fantasticherie, trascorre il tempo assegnatogli da Madre Natura per il perfezionamento di sé ad aspettare un passeggero occasionale all’angolo della strada. Infatti chiunque lo paga dispone di lui come vuole, e non solo di lui ma di tutte le parti del tiro a lui sottomesse. Continuando l’analogia fra il tipico uomo contemporaneo con tanto di corpo, sentimenti e pensieri, e una vettura di piazza con carrozza, cavallo e cocchiere, è chiaro che in ogni parte costituente i due termini del confronto devono formarsi abitudini, bisogni e gusti nettamente
definiti e propri a lei sola. Infatti, in base alla diversa origine, alle diverse condizioni formative e alle diverse possibilità specifiche, ognuna possiederà necessariamente un proprio psichismo e proprie nozioni, regole soggettive, punti di vista, e così via. L’insieme delle manifestazioni del pensiero umano, con tutto quanto è inerente al suo funzionamento e tutte le sue particolarità specifiche, corrisponde sotto quasi tutti gli aspetti all’essenza e alle manifestazioni di un tipico vetturino di piazza. Come tutti i vetturini in genere, costui corrisponde al tipo “Leo Patacca”. Non è completamente analfabeta, perché, data l’ “istruzione pubblica obbligatoria” in vigore nel suo
paese, egli nell’infanzia ha dovuto di tanto in tanto consumare il fondo dei pantaloni sui banchi della scuola annessa alla parrocchia. Per quanto egli venga dalla campagna e sia ancora ignorante come i suoi compaesani rimasti al villaggio, tuttavia, portato dalla sua professione a bazzicare gente di un altro livello educativo e sociale, ha raccolto qua e là tutta una serie di frasi fatte contenenti le più svariate nozioni, ed ora guarda dall’alto in basso con totale disprezzo qualunque cosa sappia di campagnolo, tacciandola sdegnosamente di “oscurantismo”. Insomma, è un tipo al quali si adatta perfettamente l’adagio:”Una cornacchia non sarà mai un pavone!” Egli si considera
competente persino in religione, politica o sociologia. Coi suoi pari gli piace discutere; con chi considera inferiore, discetta; coi superiori è adulatore e servile, e davanti a loro “si butta in ginocchio”. Correre dietro le fantesche o alle cuoche del quartiere è una delle suo occupazioni preferite. Ma soprattutto adora centellinarsi un paio di bicchieri dopo una buona scorpacciata, dopodiché, completamente sazio e annebbiato, si mette a sognare… Per soddisfare questi vizietti, egli sottrae regolarmente un po’ del denaro che il padrone gli dà per foraggiare il cavallo. In nostro Meo Patacca, come ogni buon mercenario, marcia solo a suon di bastonate, e se mai fa qualcosa senza
essere spronato, vuol dire che si aspetta una mancia. Poco per volta, l’avidità della mancia l’ha portato ad accorgersi di alcune debolezze nella gente che bazzica e a trarne profitto, e automaticamente ha imparato ad agire con astuzia, ad adulare, a lisciare il pelo: in una parola, a mentire. Appena ha un momento libero e una buona occasione, si infila in un caffè o un bar e ci resta per ore, vaneggiando davanti ad un bicchiere di vino e chiacchierando con qualche suo pari, o leggendo il giornale. Per darsi l’aria importante porta la barba e se è smilzo si fa imbottire la giacca per sembrare imponente. Il cavallo, trascurato da tutti nei suoi primi anni e lasciato continuamente da solo, si è
in qualche modo rinchiuso in sé stesso; in altri termini, la sua “vita interiore” è stata soffocata mentre le sue manifestazioni esterne avvengono solo per forza d’inerzia. A causa delle anormali condizioni circostanti, esso non ha mai ricevuto un’educazione speciale, anzi è cresciuto e si è formato esclusivamente sotto l’influenza di bastonate brutali e di urla continue. Legato continuamente in pastoie, per cibo non ha mai ricevuto fieno o avena ma sempre e solo paglia, che non risponde affatto ai suoi bisogni reali. Non avendo mai percepito in alcuna manifestazione dell’ambiente che lo circonda un segno anche di tenerezza o di amicizia, ora il cavallo è pronto a dare tutto sé stesso a
chiunque gli faccia una piccola carezza. Le tendenze di un cavallo del genere, privo di qualsiasi aspirazione o interesse, debbono inevitabilmente concentrarsi sul mangiare, sul bere e su un’attrazione automatica per l’altro sesso; perciò si aggira sempre nei paraggi in cui può soddisfarle, e se per caso vede il luogo dove uno dei suoi bisogni è stato appagato anche una sola volta, non aspetta che il momento propizio per correrci ancora. Bisogna aggiungere che il cocchiere, per quanto limitato nella comprensione dei suoi doveri, è ancora capace di pensare in modo vagamente logico e, per timore di perdere il posto o con la speranza di una ricompensa, ogni tanto, pensando al domani, ha l’impulso di
fare qualcosa per il suo padrone senza esservi letteralmente costretto. Il cavallo invece, nel quale, per l’assoluta mancanza dell’educazione speciale adatta alla sua natura, non si sono formati a tempo debito i dati necessari a manifestare le manifestazioni proprie di un’esistenza responsabile, non è in grado di capire perché dovrebbe far qualcosa, né ci si può aspettare che lo capisca. Esso infatti compie il suo dovere per inerzia e lavora solo per paura di un’altra scarica di bastonate. Quanto alla carrozza, che nella nostra analogia corrisponde al corpo isolato dalle altre parti indipendenti della presenza generale dell’uomo, la sua situazione è
ancora peggiore. La nostra carrozza, come tutte le carrozze, è fatta di vari materiali, e la sua struttura è complicatissima, perché è stata concepita – com’è evidente a chiunque abbia un po’ di giudizio – per il trasporto di qualsiasi carico e non secondo l’uso che se ne fa oggi, per il solo trasporto di clienti occasionali. Le innumerevoli disfunzioni di cui è vittima sono causate principalmente dal fatto che i costruttori, avendola destinata a percorrere strade sterrate, avevano ideato appositamente allo scopo certi particolari interni della sua struttura. La lubrificazione ad esempio – esigenza prioritaria in un veicolo costruito con materiali diversi – è concepita in modo che l’olio possa distribuirsi in tutte le parti
metalliche proprio grazie alle scosse e ai sobbalzi inevitabili sulle strade sterrate. Invece ormai la carrozza, destinata a stradine di campagna, è quasi sempre ferma in città, e quando viaggia percorre solo viali asfaltati e lisci come biliardi. Senza i sobbalzi, il lubrificante non si distribuisce alle varie parti in maniera uniforme, sicché alcune finiscono per arrugginire diventando inservibili per la funzione loro assegnata. Una carrozza va bene, in linea di principio, quando le sue parti mobili sono ben oliate, mentre quando non lo sono abbastanza si scaldano e si arroventano danneggiando i pezzi vicini. Peraltro se in qualche punto il lubrificante è eccessivo, l’andatura della carrozza è
squilibrata. In un caso come nell’altro, il cavallo incontra difficoltà sempre maggiori nel traino. Il cocchiere contemporaneo, il nostro Leo Patacca, non sa e non sospetta nemmeno che sia necessario lubrificare la carrozza, e anche se provvede alla bisogna lo fa senza un’idea precisa, per sentito dire, seguendo alla cieca i suggerimenti del primo venuto. Di conseguenza la carrozza, ormai più o meno adatta alle strade lisce, quando per una ragione qualunque deve avventurarsi in strade accidentate subisce sempre qualche avaria: o salta un dado, o si piega un bullone… insomma, c’è sempre qualcosa che si sfascia; ed è raro che dopo un’avventura del genere il viaggio termini
senza necessità di riparazioni più o meno ingenti. Insomma, oggi è diventato pericoloso usare la carrozza allo scopo a cui in origine era destinata. Al momento di ripararla, bisogna innanzitutto smontarla completamente, esaminare i pezzi a uno a uno e, come sempre in simili casi, metterli a bagno nella benzina per pulirli accuratamente prima di rimontare tutto. Molto spesso, del resto, si rivela urgente sostituire un pezzo importante: cosa non grave quando si tratta di un pezzo non molto costoso; ma capita a volte che la riparazione sia più cara di una vettura nuova. Orbene, è chiaro che quanto abbiamo detto sulle diverse parti il cui insieme costituisce una “vettura di piazza”
si applica esattamente all’organizzazione generale della presenza dell’uomo. Mancando nei nostri contemporanei la minima conoscenza e capacità di preparare gli adolescenti in modo appropriato a un’esistenza responsabile mediante un’educazione specifica delle diverse parti che compongono la loro presenza generale, oggigiorno ogni individuo è qualcosa di assurdo e tragicomico al massimo che, per riprendere il nostro esempio, offre un quadretto di questo genere. La carrozza è proprio l’ultimo modello appena uscito di fabbrica e verniciato da autentici carrozzieri tedeschi della città di Brema. Tra le stanghe, c’è una specie di cavallo che in Transcaucasia la gente chiamerebbe
“dglozidzi”: dove “dzi” vuol dire cavallo,e Dgloz è il nome di un Armeno specializzato nell’acquisto di ronzini da scuoiare. A cassetta della splendida carrozza siede un cocchiere sonnolento, mal rasato e irsuto, vestito di una marsina unta e bisunta – ricuperata nella pattumiera dove l’ha gettata come uno straccio la sguattera Petronilla – un cappello a cilindro nuovo fiammante in testa, copia esatta di quello di Rockefeller, e all’occhiello un immenso crisantemo. È inevitabile che l’uomo contemporaneo presenti un aspetto così ridicolo perché sin dal primo giorno della sua comparsa, le tre parti che si formano in lui – e che pur essendo di origine diversa e dotate di qualità distinte
tuttavia, al fine di perseguire un unico scopo durante l’esistenza responsabile, devono costituire nell’insieme il suo “tutto integrale” – cominciano a “vivere” isolatamente, per così dire, e a rinchiudersi ognuna nelle proprie manifestazioni specifiche, in quanto nessuno le ha mai addestrate neppure al comportamento indispensabile e automatico di sostenersi, aiutarsi e comprendersi reciprocamente, almeno in modo approssimativo, col risultato che in seguito le previste manifestazioni d’insieme non possono prodursi. Grazie al “sistema educativo” delle nuove generazioni, già ben fissato nella vita dell’uomo – e il cui unico principio consiste nell’obbligare gli allievi
a ripetere, fino a completo abbrutimento, una quantità di parole e di espressioni prive di senso, e a far loro riconoscere, solo attraverso la differenza dei suoni, la realtà che si presume essere indicata da tali parole – il cocchiere è ancora più o meno capace di spiegare a gente del suo stesso tipo il desiderio ch’egli prova, e talvolta è persino capace di comprendere vagamente i suoi simili. Chiacchierando con gli altri vetturini mentre attende i clienti o corteggiando sulla soglia della cucina le servette del vicinato, il nostro Patacca ha persino assimilato alcune forme di “galateo”. Egli, in base alle condizioni in cui si svolge di solito la vita dei vetturini, ha acquistato automaticamente la capacità
di distinguere una via dall’altra, e se una strada è chiusa per lavori, è in grado di escogitare qualche altro percorso per raggiungere l’indirizzo richiesto. Ma il cavallo!… È ben vero che la funesta invenzione contemporanea detta “educazione” non è arrivata fino a lui, e così vengono preservate dall’atrofia le sue facoltà ereditarie; ma formandosi nelle anormali condizioni del processo di esistenza ordinaria degli uomini, esso cresce come un orfano, dimenticato da tutti, anzi bistrattato e senza la possibilità di acquisire alcuno strumento di comunicazione con lo psichismo specifico e le conoscenze del suo cocchiere sicché, ignorando completamente le forme di
relazioni reciproche a lui consuete, in definitiva non si stabilisce tra i due alcun contatto che permetta loro di capirsi. Tuttavia può succedere che il cavallo, pur conducendo una vita rinchiusa in se stessa, riesca a scoprire qualche forma di relazione col cocchiere e persino a familiarizzarsi un po’ col suo “linguaggio”; ma purtroppo il cocchiere ignora tutto ciò, anzi lo ritiene addirittura impossibile. Oltre al fatto che queste condizioni anormali impediscono la formazione dei dati necessari a una reciproca comprensione automatica, sia pure limitata, tra il cavallo e il cocchiere, molte altre ragioni esteriori e indipendenti da loro rendono vana qualsiasi possibilità che entrambi concorrano insieme all’unico
fine cui sono destinati. Infatti, come le diverse parti indipendenti di una carrozza a cavalli sono collegate tra loro – il carro al cavallo con le stanghe, il cavallo al cocchiere con le briglie – così tutte le parti distinte dell’organizzazione generale dell’uomo sono collegate tra loro: il corpo al sistema del sentimento mediante il sangue, e il sistema del sentimento a quello del pensiero mediante il cosiddetto “hanblezoin”, sostanza che si forma nella presenza generale dell’uomo a partire da tutti gli sforzi esserici compiuti intenzionalmente. Il deplorevole sistema educativo contemporaneo ha determinato l’incapacità del cocchiere di avere la benché minima influenza sul cavallo, ed è
già molto se per mezzo delle briglie costui può suscitare nel conscio dell’animale queste tre idee: destra, sinistra e alt. La non sempre ci riesce, perché generalmente le briglie sono fatte di materiale sensibile ai fenomeni atmosferici: per esempio sotto una pioggia battente si ammollano e si allungano, mentre quando fa caldo accade il contrario; quindi la loro azione sulla sensibilità automatica di percezione del cavallo è incostante. La stessa cosa si produce nell’organizzazione generale dell’uomo ordinario tutte le volte che, sotto l’effetto di un’impressione qualunque, si modifica in lui ciò che potremmo chiamare “la densità e il ritmo del hanblezoin”, col risultato che il suo pensiero perde ogni
possibilità di agire sul sistema del sentimento. Dunque, per riassumere quanto detto sin qui, ci tocca riconoscere, volenti o nolenti, che ogni uomo deve sforzarsi di avere il proprio “Io”, altrimenti non sarà mai che una “vettura di piazza” su cui qualsiasi passeggero può prendere posto per disporre di lui a suo talento. Non mi pare superfluo sottolineare a questo punto che l’Istituto per lo Sviluppo Armonico nell’Uomo si è dato, tra gli altri suoi obiettivi fondamentali, da un lato quello di educare nei suoi allievi, anzitutto separatamente e poi nei rapporti reciproci, secondo i bisogni della vita soggettiva futura di ognuno, le tre personalità indipendenti di cui abbiamo parlato; e
dall’altro di generare e sviluppare in ogni allievo ciò che chiunque porti il nome di uomo senza virgolette dovrebbe avere, ossia il proprio “Io”. [Estratto da “Vedute sul Mondo Reale: Gurdjieff parla ai suoi allievi”] Affrontando vari argomenti, ho notato quanto è difficile comunicare la propria comprensione, anche quando si parla dell’argomento più comune e ci si rivolge a una persona ben conosciuta. Il nostro linguaggio è troppo povero per poter fornire delle descrizioni esatte e complete. E ho scoperto che questa mancanza di comprensione tra gli uomini è un fenomeno matematicamente regolato con
la stessa precisione della tavola pitagorica. La comprensione dipende, in generale, dalla cosiddetta «psiche» degli interlocutori, e più in particolare dallo stato di questa «psiche» nel momento considerato. L’esattezza di questa legge si può verificare a ogni passo. Per una reciproca comprensione, non è sufficiente che chi parla sappia come parlare, è anche necessario che chi ascolta sappia come ascoltare. Per questo motivo posso affermare che se parlassi nel modo che ritengo esatto, tutti coloro che sono qui, con pochissime eccezioni, penserebbero che sono pazzo. Ma dal momento che devo parlare a questo uditorio così com’è, e che i
partecipanti mi devono seguire, occorre prima di tutto porre le basi per una comprensione comune. Nel corso del nostro incontro dovremo fissare dei punti di riferimento affinché la conversazione risulti efficace. Per ora vorrei soltanto proporvi di provare a osservare le cose, i fenomeni che vi circondano, e soprattutto voi stessi, da un punto di vista diverso da quello che vi è abituale o naturale. Osservare soltanto, perché fare di più non è possibile se non con la volontà e la cooperazione dell’ascoltatore, quando esso smette di ascoltare passivamente e comincia a fare, cioè quando entra in uno stato attivo.
Molto spesso, parlando con la gente, sentiamo esprimere più o meno apertamente l’idea che l’uomo, così come l’incontriamo nella vita ordinaria, è in qualche modo il centro dell’universo, la « corona della creazione » o, per lo meno, un’entità grande e importante; che le sue possibilità sono quasi illimitate, e i suoi poteri quasi infiniti. Ma, contemporaneamente, vengono avanzate un certo numero di riserve: perché l’uomo sia così, si dice che occorrono delle condizioni eccezionali, delle circostanze speciali, l’ispirazione, la rivelazione, e così via. Tuttavia, se studiamo questa concezione dell’uomo, ci accorgiamo subito che essa è
costituita da un insieme di caratteristiche che non appartengono a un unico uomo, ma a più individui reali o immaginari. Nella vita reale non incontreremo mai un uomo del genere, né nel presente, né come personaggio storico del passato. Infatti ogni uomo ha le proprie debolezze e, se lo guardiamo da vicino, il miraggio di grandezza e di potenza svanisce. D’altra parte, il fatto più interessante non è che gli uomini vedano gli altri attraverso questo miraggio, ma che, per una particolare caratteristica del loro psichismo, essi, come per riflesso, lo trasferiscano a se stessi e se l’attribuiscano; e se non proprio per la totalità, almeno in parte. Così, pur essendo delle nullità o
quasi, essi immaginano di corrispondere a questo tipo collettivo, o di non esserne molto lontani. Ma se un uomo sa essere sincero verso se stesso, non sincero come s’intende abitualmente, ma spietatamente sincero, allora, di fronte alla domanda: «Che cosa sei?» non conterà su una risposta rassicurante. E ora, senza aspettare che arriviate da soli all’esperienza di cui sto parlando, e perché possiate comprendere meglio ciò che intendo dire, vorrei suggerire a ciascuno di voi di porsi la domanda: «Che cosa sono?» Sono certo che il 95% di voi si troverà in imbarazzo, e che finirete per rispondervi con un’altra domanda: «Che cosa significa?»
Questa è la prova che un uomo ha vissuto tutta la vita senza porsi tale domanda, e che ritiene scontato di essere «qualcosa», addirittura qualcosa di molto prezioso che non è mai stato messo in dubbio. Nello stesso tempo egli è incapace di spiegare che cos’è questo qualcosa, incapace persino di darne una minima idea, dal momento ch’egli stesso l’ignora. E se l’ignora, non è forse perché questo «qualcosa» molto semplicemente non esiste, ma solamente si suppone che esista? Non è strano che le persone dedichino così poca attenzione a se stesse, alla conoscenza di se stesse? Non è strano che chiudano gli occhi con tanto sciocco compiacimento su ciò che sono realmente, e che passino la
vita nella piacevole convinzione di rappresentare qualcosa di prezioso? Esse si dimenticano di guardare il vuoto insopportabile che si cela dietro la superba facciata creata dal loro autoinganno, e non si rendono conto che questa facciata ha un valore puramente convenzionale. Per la verità, non è sempre così. Non tutti si guardano così superficialmente. Ci sono degli uomini che cercano, che hanno sete della verità profonda e si sforzano di trovarla, che tentano di risolvere i problemi posti dalla vita, di arrivare all’essenza delle cose, dei fenomeni, e di penetrare in se stessi. Se un uomo ragiona e pensa in modo corretto, qualunque strada segua per risolvere questi problemi, deve
inevitabilmente ritornare a sé e cominciare a risolvere il problema di ciò che egli stesso rappresenta e di qual è il suo posto nel mondo che lo circonda. Infatti, senza questa conoscenza, la sua ricerca sarà priva di un centro di gravità. Le parole di Socrate: « Conosci te stesso » restano il motto di tutti coloro che cercano la vera conoscenza e l’essere. Ho appena usato una parola nuova: l’«essere». Per garantirci che con questa parola intendiamo tutti la stessa cosa, sono necessarie delle spiegazioni. Ci siamo appena chiesti se ciò che un uomo pensa di se stesso corrisponde a ciò che egli è in realtà, e voi vi siete interrogati su ciò che siete. Qui ci sono un medico, un ingegnere, un artista. Essi sono realmente
ciò che noi pensiamo che siano? Possiamo ritenere che la personalità di ciascuno di essi sia assimilabile alla professione, all’esperienza che tramite la professione, o per la sua preparazione, essi hanno acquisito? Ogni uomo viene al mondo simile a un foglio di carta bianca; ma le circostanze e le persone che gli stanno intorno fanno a gara per imbrattare questo foglio e per ricoprirlo di ogni genere di scritte. Ed ecco intervenire l’educazione, le lezioni di morale, il sapere che chiamiamo conoscenza, tutti i sentimenti di dovere, onore, coscienza ecc. E ogni educatore proclama il carattere immutabile e infallibile dei metodi ch’egli stesso utilizza
per innestare questi rami all’albero della «personalità» umana. A poco a poco il foglio si macchia, e più è macchiato di pretese «conoscenze», più l’uomo è considerato intelligente. Più sono numerose le scritte nel posto chiamato «dovere», più il possessore è considerato onesto; e così via per ogni cosa. Il foglio così sporcato, accorgendosi che le macchie vengono scambiate per meriti, le considera preziose. Ecco un esempio di ciò che chiamiamo «uomo», cui aggiungiamo spesso delle parole come «talento» e «genio». Eppure il nostro «genio» vedrà il suo umore guastarsi per tutto il giorno se al mattino, svegliandosi, non trova le pantofole accanto al letto.
L’uomo non è libero, tanto nelle sue manifestazioni che nella vita. Non può essere ciò che vorrebbe essere, e nemmeno ciò che crede di essere. Non somiglia all’immagine che ha di se stesso, e le parole «uomo, corona della creazione» non gli si adattano. «Uomo»: una parola altisonante, ma dobbiamo chiederci di che tipo di uomo si tratta. Non certo l’uomo che si irrita per delle sciocchezze, che presta attenzione a delle meschinità si lascia coinvolgere da tutto ciò che gli succede intorno. Per avere il diritto di chiamarsi uomo, bisogna essere un uomo, e «essere un uomo» è possibile soltanto grazie alla conoscenza di sé, e al
lavoro su di sé nella direzione indicata da tale conoscenza. Avete mai provato a osservare ciò che vi succede quando la vostra attenzione non è concentrata su un problema preciso? Suppongo che per molti di voi questa sia una condizione abituale, sebbene ovviamente pochi l’abbiano osservata sistematicamente. Forse siete consapevoli del modo in cui il nostro pensiero procede per associazioni fortuite, quando sfilano scene e ricordi senza alcun rapporto, quando tutto ciò che cade nel campo della nostra coscienza, o semplicemente lo sfiora, ci suscita delle associazioni casuali. Il filo dei pensieri sembra svolgersi senza interruzione, tessendo insieme frammenti
di immagini di precedenti percezioni, estratte da diverse registrazioni immagazzinate nella nostra memoria. E mentre queste registrazioni scorrono e si svolgono, il nostro apparato formatore tesse incessantemente la trama dei pensieri a partire da questo materiale. La registrazione delle nostre emozioni scorre nello stesso modo: piacevole e spiacevole, allegria e preoccupazione, riso e irritazione, piacere e dolore, simpatia e antipatia. Qualcuno vi loda, e voi siete contenti; qualcuno vi rimprovera, e il vostro umore si guasta. Qualche novità vi attira, e immediatamente dimenticate ciò che tanto vi interessava un attimo prima: in poco tempo questa nuova cosa assorbe il
vostro interesse al punto da sommergervi completamente; e d’un tratto voi non la dominate più; siete spariti, vi trovate legati a questa cosa, dissolti in essa; in realtà, è la cosa a dominarvi, a tenervi prigionieri. Questo smarrimento, questa propensione a lasciarsi dominare è, sotto svariate forme, propria a ciascuno di noi è questo che ci lega e ci impedisce di essere liberi. E, quel che è peggio, questo fatto assorbe tutte le nostre forze e il nostro tempo, e ci toglie ogni possibilità di essere oggettivi e liberi, due qualità essenziali per chi decide di seguire la via della conoscenza di sé. Dobbiamo lottare per liberarci, se vogliamo lottare per conoscerci. Conoscere e sviluppare se stessi costituiscono un
impegno così importante e così serio, cui bisogna dedicare uno sforzo così intenso, che assumerselo nel modo solito, in mezzo a tutte le altre cose, è impossibile. L’uomo che si assume questo impegno deve metterlo al primo posto nella propria vita, perché la vita non è così lunga da poterla sprecare in cose inutili. Che cosa permetterà all’uomo di consacrare utilmente il proprio tempo alla ricerca, se non la libertà da ogni attaccamento? Libertà e serietà. Non la serietà delle sopracciglia aggrottate, delle labbra tirate, dei gesti accuratamente calcolati, delle parole misurate fra i denti, ma la serietà che vuol dire determinazione e perseveranza nella ricerca, intensità e
costanza, in modo che l’uomo, anche nei momenti di riposo, persegua il suo obiettivo principale. Chiedetevi: «Sono libero?» Molti saranno tentati di rispondere di sì, se si trovano in una condizione di relativa sicurezza materiale, senza preoccupazioni per il domani, e se non dipendono da nessuno per la propria sussistenza o per la scelta delle proprie condizioni di vita. Ma è quella la libertà? É soltanto una questione di condizioni esteriori? Hai parecchi soldi, vivi nel lusso e godi del rispetto e della stima generale. Alla testa delle importanti aziende da te controllate si trovano uomini capaci, che ti sono profondamente devoti. In poche parole, la
tua vita è un vero letto di rose. Pensi di essere totalmente libero, poiché, dopo tutto, il tuo tempo ti appartiene. Sei un patrono delle arti, dai disposizioni su problemi mondiali sorbendo una tazza di caffè, e ti interessi allo sviluppo dei Poteri spirituali nascosti. Non sei estraneo alle cose spirituali e ti senti a tuo agio di fronte alle questioni filosofiche. Sei colto e istruito. Grazie alle tue conoscenze che coprono i più svariati campi del sapere, hai la reputazione di uomo intelligente in grado di risolvere qualunque problema. Sei il modello dell’uomo raffinato. In breve, sei una persona da invidiare. Questa mattina ti sei svegliato sotto l’influsso di un brutto sogno. Questo leggero malumore
è scomparso rapidamente, ma ha lasciato qualche traccia: una specie di lentezza, di esitazione nei movimenti. Vai allo specchio per spazzolarti i capelli e, inavvertitamente, lasci cadere la spazzola. Appena la raccogli, ti sfugge di nuovo. La riprendi con un po’ di impazienza, e per la terza volta ti scivola dalle mani. Cerchi di afferrarla al volo, e invece la mandi a colpire lo specchio. Inutilmente cerchi di fermarla. Crac! Una stella di frammenti compare sullo specchio antico di cui andavi così fiero. Accidenti! I nastri del disappunto cominciano a girare. Hai bisogno di scaricare l’irritazione su qualcuno. Accorgendoti che il tuo domestico si è dimenticato di posare il
giornale accanto al caffè del mattino, il vaso trabocca e decidi che quel buono a nulla non può stare più a lungo in casa tua. É venuta l’ora di uscire. Dal momento che è una bella giornata e non hai da fare molta strada, decidi di andare a piedi, mentre l’automobile ti segue al passo. Il bel sole ti fa un effetto rilassante. Un assembramento formatosi all’angolo della via attira la tua attenzione. Avvicinandoti, scorgi un uomo svenuto sul marciapiede. Con l’aiuto dei passanti, qualcuno lo adagia su un taxi che lo porta all’ospedale. Tu osservi che il viso stranamente familiare del tassista ti ricorda per associazione l’incidente che ti è capitato l’anno scorso. Stavi rientrando a casa dopo aver festeggiato allegramente un
anniversario, c’erano dei pasticcini così deliziosi! Quel dannato domestico,dimenticandosi il giornale del mattino, ti ha rovinato la colazione. Non si può rimediare a questo guaio? Dopo tutto, i dolci e il caffè hanno la loro importanza! Eccoti proprio davanti al famoso caffè dove vai ogni tanto con gli amici. Ma perché ti era venuto in mente l’incidente? Hai quasi dimenticato i fastidi della mattinata… E adesso, il dolce e il caffè sono proprio così buoni? Toh! Due belle ragazze al tavolo vicino. Che bionda incantevole! Ella ti lancia uno sguardo malizioso e sussurra all’amica: “Ecco il tipo di uomo che mi piace“. Certamente nessun fastidio merita più la
tua attenzione, né val la pena di prendersela per delle sciocchezze. C’è bisogno di farti notare com’è cambiato il tuo umore mentre facevi conoscenza con la bella bionda, e come si è mantenuto per tutto il tempo passato in sua compagnia? Ritorni a casa canticchiando un motivetto allegro, e persino lo specchio rotto può solo strapparti un sorriso. Ma… e l’affare per cui eri uscito stamattina? Solo ora te ne sei ricordato… Niente di grave! Dopo tutto, si può sempre telefonare. Stacchi il ricevitore e la centralinista ti passa un numero sbagliato. Chiami un’altra volta, e l’errore si ripete. Un uomo ti avverte sgarbatamente che lo stai seccando. Tu rispondi che non dipende da te; ne
segue una discussione dalla quale apprendi con stupore che sei un cafone, un idiota, e che se chiami ancora… Il tappeto che ti si è arricciato tra i piedi ti esaspera, e dovresti sentire con che tono di voce sgridi il domestico che ti porta una lettera. É la lettera di una persona che tu stimi e la cui opinione ti preme molto. Il contenuto del messaggio è così lusinghiero che la tua irritazione a poco a poco svanisce, per lasciare il posto a quella deliziosa sensazione di imbarazzo che è solita suscitare l’adulazione. Al termine della lettera, sei di ottimo umore. Potrei continuare a lungo a descrivere la vostra giornata, o voi, uomini liberi! Pensate forse
che esageri? No, sono dell’istantanee prese dal vivo. Quella che vi ho raccontato era una giornata di un uomo importante e di fama internazionale, ricostruita e descritta dal medesimo quella sera stessa, come esempio vivente di pensieri e sentimenti associativi. Dov’è allora la libertà, quando le persone e le cose dominano un uomo al punto ch’egli dimentica il suo umore, i suoi affari e se stesso? Un uomo soggetto a cambiamenti del genere è in grado di avere un atteggiamento almeno un po’ serio verso la propria ricerca? Ora siete in grado di capire meglio che un uomo non è necessariamente quel che sembra, e che non sono i fatti esteriori o le situazioni che
contano, ma la struttura interna dell’uomo e il suo atteggiamento in rapporto a quei fatti. Ma forse pensate che quanto abbiamo appena detto sia vero soltanto per le associazioni passeggere. Forse la situazione è diversa rispetto alle cose che l’uomo «conosce». Ma io chiedo a tutti voi: se per qualche motivo vi fosse impossibile mettere in pratica per molti anni le vostre conoscenze, che cosa ne resterebbe? Non sarebbe come avere del materiale che col tempo evapora e diventa secco? Ricordatevi del foglio di carta bianca. É un dato di fatto che nel corso della nostra vita impariamo continuamente delle cose nuove. E chiamiamo
«conoscenza» i risultati di questa accumulazione. Ma, a dispetto di tutte queste conoscenze, non siamo spesso lontani dalla vita reale, e quindi disadattati? Noi siamo sviluppati a metà, come i girini, o, più spesso ancora, semplicemente «istruiti», cioè in possesso di frammenti di informazioni su tante cose, ma tutte vaghe e inadeguate. E infatti si tratta soltanto di informazioni: non possiamo chiamarle «conoscenze». La conoscenza è una proprietà inalienabile dell’uomo, non può essere né più grande né più piccola di lui. Infatti un uomo « conosce » soltanto quando egli stesso « è » quella conoscenza. Quanto alle vostre convinzioni, non le avete mai viste cambiare? Non sono
soggette anch’esse a delle oscillazioni, come tutto ciò che è in noi? Non sarebbe più corretto chiamarle opinioni anziché convinzioni, visto che dipendono tanto dal nostro umore che dalle nostre informazioni, o anche, semplicemente, dallo stato della nostra digestione in quel momento? Ognuno di voi non è che un banale esemplare di automa animato. Probabilmente pensate che, per fare ciò che fate e per vivere come vivete, siano necessari un’«anima» e persino uno «spirito». Ma forse basta una chiavetta per ricaricare la molla del vostro meccanismo. La vostra razione quotidiana di cibo contribuisce a ricaricare questa molla e a
rinnovare continuamente l’inutile sarabanda delle vostre associazioni. Da questo sfondo emergono dei pensieri slegati, che voi cercate di connettere insieme presentandoli come preziosi e personali. E, altrettanto, coi sentimenti e le sensazioni passeggere, con gli umori e le esperienze vissute, ci creiamo il miraggio di una vita interiore. Ci vantiamo di essere coscienti, capaci di ragionamento, parliamo di Dio, dell’eternità, della vita eterna, e di argomenti elevati; parliamo di tutto ciò che si può immaginare; discutiamo, definiamo e valutiamo, ma omettiamo di parlare di parlare di noi stessi e del nostro reale valore oggettivo. Infatti siamo tutti convinti che se ci manca qualcosa,
possiamo sicuramente acquisirlo. Se con tutte le cose che ho detto sono riuscito a chiarire, anche minimamente, in quale caos vive quest’essere che chiamiamo uomo, voi stessi sarete in grado di trovare una risposta alla domanda di ciò che gli manca, di ciò che può aspettarsi restando com’è, di quali valori può aggiungere al valore che ha. Ho già detto che certi uomini hanno fame e sete di verità: se un uomo del genere si interroga sui problemi della vita ed è sincero con se stesso, si convincerà presto che non gli è più possibile vivere come ha vissuto, né essere ciò che è stato finora; che ha bisogno a ogni costo di trovate una via d’uscita da questa situazione, e che un
uomo può sviluppare dei poteri e delle capacità nascoste soltanto ripulendo la propria macchina da ogni incrostazione accumulata nel corso della vita. Per cominciare razionalmente questa pulita, è necessario vedere ciò che va pulito, dove e come; ma vederlo da sé è quasi impossibile. In questo campo, per cogliere una cosa qualunque, è necessario osservare dall’esterno: ecco perché è indispensabile l’aiuto reciproco. Se ricordate l’esempio di identificazione che vi ho fatto prima, potrete capire quanto un uomo sia cieco quando si identifica ai propri umori, sentimenti e pensieri. Ma la nostra dipendenza si limita a ciò che possiamo cogliere a prima vista, a ciò che è
così evidente che non mancherà di attirare la nostra attenzione? Vi ricordate quanto abbiamo detto circa il modo in cui giudichiamo il carattere delle persone, dividendole arbitrariamente, in buone e cattive?. Man mano che un uomo comincia a conoscersi, scopre continuamente dentro di sé nuove zone di meccanicità, che chiameremo automatismo: zone in cui la sua volontà, il suo «io voglio» non ha alcun potere, e dove tutto è così confuso e sfuggente, che gli è impossibile raccapezzarsi senza essere aiutato e guidato dall’autorità di qualcuno che sa. Riassumendo, ecco lo stato delle cose per quanto riguarda la conoscenza di sé: per fare, bisogna sapere, ma per sapere,
bisogna scoprire come sapere; e questo non possiamo scoprirlo da soli. Ma c è un altro aspetto della ricerca: lo sviluppo di sé. Vediamo un po’ qui come stanno le cose. É chiaro che un uomo, abbandonato a se stesso, non può imparare dal proprio mignolo come sviluppare se stesso, né tanto meno che cosa, precisamente, deve sviluppare. Ma a poco a poco, incontrando persone che cercano, parlandone, leggendo libri sullo sviluppo di sé, viene attratto nell’orbita di questi problemi. E cosa troverà? In primo luogo un abisso di ciarlataneria spudorata, interamente basata sull’avidità, sul desiderio di rendersi la vita facile, ingannando gli ingenui che cercano di uscire dall’impotenza spirituale. Prima
di aver imparato a separare il grano dal loglio, passerà molto tempo, durante il quale il bisogno di scoprire la verità rischia di vacillare e di spegnersi, o di pervertirsi. Privo di fiuto, l’uomo può lasciarsi trascinare in un labirinto che finisce dritto dritto sulle corna del diavolo. Se riesce a tirarsi fuori da questo primo pantano ‘ egli rischia di cadere in una nuova palude, quella della pseudo conoscenza. In questo caso la verità gli verrà servita in una forma così vaga e indigesta da dare l’impressione di un delirio patologico. Gli verrà indicato il modo di sviluppare poteri e capacità nascoste che, a condizione di perseverare, gli consentiranno certamente, senza troppi guai, di poter dominare
qualsiasi cosa, dalle creature animate alla materia inerte e agli elementi. Tutti questi sistemi, fondati sulle più diverse teorie, sono straordinariamente seducenti, ovviamente proprio per la loro vaghezza. Essi attirano particolarmente le persone «semi-istruite » che hanno un’infarinatura nel campo della conoscenza positivista. Dal momento che la maggior parte delle questioni studiate dal punto di vista delle teorie occulte o esoteriche oltrepassa i limiti delle nozioni accessibili alla scienza moderna, tali teorie guardano quest’ultima dall’alto in basso: pur riconoscendo i meriti della scienza positiva, ne minimizzano l’importanza e lasciano capire che la scienza è un fallimento, e anche peggio.
A che scopo andare all’università e consumarsi sui testi ufficiali, se teorie di questo genere permettono di disdegnare tutte le altre conoscenze e di pronunciarsi definitivamente su tutte le questioni scientifiche? Ma lo studio di queste teorie non riesce mai a darci una cosa essenziale: esso, ancor meno della scienza, non genera l’oggettività in materia di conoscenza. Questo studio tende a offuscare il cervello dell’uomo e a ridurre la sua capacità di ragionare e di pensare in modo giusto, col risultato di condurlo alla psicopatia. Ecco l’effetto di queste teorie sull’uomo semi istruito che le scambia per autentiche rivelazioni. D’altra parte, la loro azione
non è molto diversa nei confronti di quegli scienziati che sono stati anche minimamente toccati dal veleno dell’insoddisfazione per come vanno le cose. La nostra macchina mentale ha la proprietà di poter essere convinta di qualunque cosa, purché venga sottilmente influenzata nella direzione voluta, in modo ripetuto e persistente. Una cosa che all’inizio può apparire assurda, finirà per sembrare razionale, purché la si ripeta con insistenza e convinzione sufficienti. E mentre un particolare tipo di uomo si limiterà a ripetere le frasi fatte che gli sono rimaste impresse nella mente, un altro cercherà prove e paradossi sofisticati per giustificare le proprie asserzioni. Ma
entrambi sono da compiangere nello stesso modo. Tutte queste teorie fanno delle affermazioni che, come i dogmi, non possono essere verificate: in ogni caso, non coi mezzi che abbiamo a disposizione. A questo punto, al ricercatore verranno suggeriti dei metodi di sviluppo di sé, ritenuti in grado di condurre a uno stato in cui le loro affermazioni possono essere verificate. In linea di principio, non ci sarebbe nulla da ridire. Ma, in realtà, la pratica prolungata di questi metodi rischia di condurre il ricercatore troppo zelante a risultati del tutto spiacevoli. Un uomo che aderisce alle teorie occulte e si crede dotato in questo campo, sarà incapace di resistere alla tentazione di applicare i metodi che ha
studiato, cioè passerà dalla teoria alla pratica. Potrà anche agire con prudenza, evitando i metodi che, a suo parere, comportano dei rischi, e scegliendo i mezzi più sicuri e autentici. Potrà anche prenderli in esame con la massima cura. Tuttavia, la tentazione di applicarli e l’insistenza con cui gli sollecitano la necessità di farlo, magnificandogli la natura miracolosa dei risultati e tenendone accuratamente nascosti gli aspetti negativi, tutto ciò porterà quest’uomo a provarli. Può darsi che, sperimentandoli, scopra dei metodi che sono inoffensivi. Può addirittura trarne dei benefici. Ma, molto spesso, i metodi di sviluppo di sé che vengono proposti alla verifica, sia come
mezzi che come fini, sono contraddittori e incomprensibili. Dal momento che questi metodi vanno applicati a una macchina così complessa e mal conosciuta come organismo umano, e coinvolgono contemporaneamente quell’aspetto della nostra vita che gli è intimamente legato, che chiamiamo psichismo, allora il minimo errore di applicazione, la minima inavvertenza, il minimo eccesso di pressione, possono provocare alla macchina danni irreparabili. È già fortunato chi riesce a uscire indenne da questo vespaio! Purtroppo, la maggior parte di coloro che si dedicano allo sviluppo di poteri e facoltà spirituali terminano la loro carriera in
manicomio, oppure si rovinano la salute e la psiche al punto da ridursi a essere dei malati incapaci di adattarsi alla vita. Le loro fila vengono ingrossate da coloro che sono attirati verso lo pseudo occultismo dal fascino del mistero e delle cose miracolose. Ci sono poi degli individui dalla volontà estremamente debole, che sono dei falliti nella vita e che, per certe mire personali, sognano di sviluppare il potere e la capacità di sottomettere gli altri. Infine, ci sono quelli che cercano semplicemente delle novità, che cercano un modo per dimenticare le preoccupazioni o per sottrarsi alla noia della routine quotidiana, così da sfuggire a ogni conflitto.
Man mano che svaniscono le speranze di raggiungere i poteri cui mirano, costoro cadono facilmente in una ciarlataneria più o meno consapevole. Mi ricordo sempre un classico esempio di ricercatore di poteri psichici un uomo agiato, molto istruito, che aveva girato il mondo in cerca di cose miracolose. Alla fine aveva perduto tutti i suoi beni, e nello stesso tempo aveva perduto ogni illusione circa le sue ricerche. Dovendo escogitare nuovi mezzi di sopravvivenza, gli venne in mente di utilizzare la pseudo conoscenza che gli era costata tanti soldi ed energie. Detto e fatto. Scrisse un libro, con uno di quei titoli che spiccano sulle copertine dei libri di
occultismo, qualcosa come “Metodo di sviluppo delle forze nascoste dell’uomo”. L’opera si presentava sotto forma di sette conferenze, e costituiva una breve enciclopedia di metodi segreti per sviluppare il magnetismo, l’ipnotismo, la telepatia, la chiaroveggenza, i viaggi nel mondo astrale, la levitazione, e altre seducenti facoltà. Lanciato con gran pubblicità, questo metodo fu messo in vendita a un prezzo spropositato, ma alla fine veniva concesso uno sconto notevole (fino al 95%) ai clienti più recalcitranti o più parsimoniosi, a patto che ne raccomandassero la lettura agli amici. A causa dell’interesse generale suscitato da
tali questioni, il successo superò tutte le aspettative dell’autore. Ben presto egli cominciò a ricevere numerose lettere di acquirenti che, in termini entusiasti, rispettosi e deferenti, gli si rivolgevano come «Caro Maestro» e «Molto Saggio Iniziatore», esprimendo la loro più profonda riconoscenza per la pregevole esposizione di quelle istruzioni preziosissime, che avevano loro consentito di sviluppare diverse facoltà occulte in modo sorprendentemente rapido. In breve tempo ne raccolse una bella collezione, e ogni lettera era per lui una sorpresa. Alla fine ne arrivò una con la rivelazione che, grazie al suo metodo, lo scrivente, in meno di un mese, era riuscito
a levitare. Egli raggiunse allora il colmo dello stupore. Ecco le esatte parole che disse in quell’occasione: «Sono stupefatto dell’assurdità di ciò che sta succedendo. lo stesso, che sono l’autore di questo metodo, non ho affatto le idee chiare circa la natura dei fenomeni che insegno. E questi idioti non solo sguazzano in questi discorsi senza capo né coda, ma si industriano persino di cavarne qualcosa. E adesso un super-idiota ha imparato addirittura a volare. Che assurdità… Se ne vada al diavolo! Presto gli metteranno la camicia di forza in piena levitazione, e sarà un bel sollievo. Si vive meglio senza imbecilli del genere tra i piedi».
Signori occultisti, siete d’accordo con le conclusioni dell’autore di questo manuale di sviluppo psichico? Se si ha questa consapevolezza, allora non è escluso che si possa trovare accidentalmente qualcosa di vero in un’opera del genere, perché spesso un uomo, benché ignorante, è in grado di parlare con singolare correttezza di molte cose, senza nemmeno saperne il motivo. Ma poiché, contemporaneamente, dice un’enormità di sciocchezze, tutte le verità enunciate ne restano completamente sommerse, e risulta praticamente impossibile isolare da quel mucchio di scempiaggini la perla vera. Voi chiederete: «Come si spiega questo mistero?» Il motivo è semplice. Come ho
già detto, noi non abbiamo delle conoscenze che ci appartengano, cioè forniteci dalla vita stessa in modo tale che non ci possano essere sottratte. Tutte le nostre conoscenze non sono altro che semplici informazioni, e possono essere tanto utili quanto inutili. Assorbendole come spugne, noi possiamo facilmente restituirle parlandone con logica e convinzione, pur senza capirci nulla. E con la stessa facilità possiamo perderle, perché non sono nostre, ma sono state riversate dentro di noi come un liquido in un recipiente. Briciole di verità sono sparse dappertutto, e per coloro che sanno e comprendono, è impressionante constatare
come la gente viva a contatto con la verità, e tuttavia sia cieca e incapace di penetrarla. Per l’uomo che cerca la verità, è molto meglio non addentrarsi negli oscuri meandri della stupidità e dell’ignoranza umana, piuttosto che avventurarsi da solo. Infatti, senza le indicazioni di qualcuno che sa, egli può subire a ogni passo una modificazione impercettibile della macchina, che lo obbligherà in seguito a perdere molto più tempo a ripararla di quanto ne abbia impiegato a danneggiarla. Che pensereste voi di un tipaccio grande e grosso che si presenta come un «essere di dolcezza angelica», aggiungendo che «nessun altro intorno a lui è in grado di giudicare il suo comportamento, dato
ch’egli vive su un piano mentale cui le regole della vita psichica non si applicano»? In verità, da molto tempo tale comportamento avrebbe dovuto subire un esame psichiatrico. Questo è l’esempio di un uomo che con coscienza e perseveranza «lavora » su se stesso ogni giorno per delle ore, di un uomo, cioè, che consacra tutti i suoi sforzi ad approfondire e ad aggravare una deformazione psichica ormai così seria che, sono convinto, verrà presto rinchiuso in manicomio. Potrei citarvi centinaia di esempi di ricerche mal dirette e spiegarvi dove vanno a finire. Potrei farvi i nomi di persone molto note nella vita pubblica, che sono state squilibrate dall’occultismo e vivono
in mezzo a noi, sorprendendoci per la loro eccentricità. Potrei dirvi esattamente quale metodo li ha deviati, cioè in quale campo hanno «lavorato» e si sono «sviluppati», e come e perché questi metodi hanno colpito il loro psichismo. Ma questo argomento costituirebbe da solo il tema di una lunga conversazione e, per mancanza di tempo, non mi permetterò di dilungarmi ora. Più un uomo si rende conto degli ostacoli e degli imbrogli che lo attendono a ogni passo in questo campo, più si convince che è impossibile seguire la via dello sviluppo di sé tramite istruzioni date a caso da persone incontrate per caso, o tramite informazioni raccolte qua e là in letture e conversazioni fortuite.
Contemporaneamente, egli comincia a intravedere, prima come un tenue barlume, poi sempre più chiaramente, la viva luce della verità che non ha mai smesso di illuminare l’umanità attraverso le epoche remote. Le origini dell’iniziazione si perdono nella notte dei tempi. Da un’epoca all’altra si delineano culture e civiltà emerse dalle profondità di culti e misteri che, perpetuamente in trasformazione, compaiono e scompaiono per poi nuovamente riapparire. La Grande Conoscenza viene trasmessa per successione di era in era, di popolo in popolo, di razza in razza. I grandi centri iniziatici in India, Siria, Egitto, Grecia, rischiarono il mondo di vivida luce. Di
generazione in generazione, vengono tramandati con reverenza i nomi venerati dei grandi iniziati, portatori viventi della verità. La verità, fissata per mezzo di scritti simbolici e di leggende, viene trasmessa alle masse per essere conservata sotto forma di costumi e di cerimonie, di tradizioni orali, di monumenti, di arte sacra, tramite il messaggio segreto della danza, della musica, della scultura e dei vari riti. La stessa verità viene comunicata apertamente, dopo particolari prove, a coloro che la cercano, e viene conservata intatta per trasmissione orale lungo la catena di coloro che sanno.
Ma, dopo un certo tempo, i centri iniziatici si estinguono uno dopo l’altro, e l’antica conoscenza si ritira in fiumi sotterranei, sottraendosi agli occhi dei ricercatori. Anche i portatori di questa conoscenza si nascondono, e pur risultando sconosciuti a coloro che li circondano, non per questo cessano di esistere. Ogni tanto emergono in superficie delle correnti isolate, rivelando che da qualche parte, in profondità, anche ai nostri giorni scorre il possente fiume dell’antica conoscenza dell’essere. Aprirsi un varco fino a questa corrente, trovarla, ecco l’obiettivo e lo scopo della ricerca; poiché, una volta trovata, un uomo può coraggiosamente affidarsi alla via nella quale si impegna; in seguito, non gli resta
che «conoscere» per «essere» e «fare». Su questa via, un uomo non sarà mai completamente solo; nei momenti difficili, riceverà un sostegno e una direzione, perché tutti coloro che seguono questa via sono collegati in una catena ininterrotta. Forse, come unico risultato positivo di tutte le divagazioni nei meandri dell’occultismo l’uomo che cerca potrà sviluppare in sé, a condizione di conservare la capacità di pensare e giudicare correttamente, quella speciale facoltà di discriminazione che si può chiamare fiuto. Quest’uomo respingerà le strade della psicopatia e dell’errore, e cercherà instancabilmente le vie autentiche. E anche qui, come per la conoscenza di sé, il principio che ho già citato resta sovrano:
«Per fare, bisogna sapere; ma per sapere, bisogna scoprire come sapere». L’uomo che con tutto il proprio essere, con il proprio «io» più profondo, cerca la verità di questo principio, arriva inevitabilmente alla convinzione che per «scoprire come sapere per fare», deve trovare innanzitutto colui dal quale può imparare ciò che significa realmente «fare», cioè una guida illuminata, sperimentata, che comincerà a dirigerlo spiritualmente e diventerà il suo maestro. Ed è qui che il fiuto di un uomo assume tutta la sua importanza, Egli stesso si sceglie una guida. Naturalmente, la condizione indispensabile è di scegliere un uomo che sa; altrimenti tutto il senso della
sua scelta è perduto. Chi può dire dove vi può condurre una guida che non sa! Ogni ricercatore sogna una guida che sa. La sogna, ma è raro che si domandi oggettivamente e sinceramente: «Sono degno di essere guidato? Sono pronto a seguire la via?» Esci una sera sotto il vasto cielo stellato, alza gli occhi a quei milioni di mondi sopra la tua testa. Forse su ognuno di essi formicolano miliardi di esseri simili a te, persino superiori a, te per costituzione. Guarda la Via Lattea. In quell’infinità, la Terra non può nemmeno essere considerata un granello di sabbia. La Terra vi si dissolve, sparisce, e con essa sparisci anche tu. Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi? Dove
vuoi andate? L’impresa cui ti stai accingendo non potrebbe essere pura follia? Di fronte a tutti quei mondi, interrogati sui tuoi scopi e le tue speranze, sulle tue intenzioni e i mezzi per realizzarle, su ciò che si può esigere da te, e domandati fino a che punto sei preparato a rispondere. Ti attende un viaggio lungo e difficile; ti stai dirigendo verso un paese strano e sconosciuto. La strada è infinitamente lunga. Non sai se ti potrai riposare, né dove ciò sarà possibile. Devi prevedere il peggio. Devi prendere con te tutto ciò che è necessario per il viaggio. Cerca di non dimenticare nulla, perché poi sarà troppo tardi per rimediare all’errore: non avrai
tempo di ritornare a cercare ciò che hai dimenticato. Valuta le tue forze. Sono sufficienti per tutto il viaggio? Quando sarai in grado di partire? Ricordati che più tempo passerai per strada, più avrai bisogno di portarti delle provviste, cosa che ritarderà ulteriormente la tua marcia, e allungherà pure la durata dei preparativi. E ogni minuto è prezioso. Una volta che ti sei deciso a partire, perché perdere tempo? Non contare sulla possibilità di tornare. Questa esperienza potrebbe costarti carissima. La guida si è impegnata soltanto a condurti alla meta, non è obbligata a riaccompagnarti indietro. Sarai abbandonato a te stesso, e guai a te se ti infiacchisci o perdi la strada, potresti non
ritornare mai più. E anche se la trovi, resta il problema: tornerai sano e salvo? Ogni sorta di disavventure attendono il viaggiatore solitario che non conosce bene la via, né le regole di condotta che essa comporta. Tieni a mente che la tua vista ha la proprietà di presentarti gli oggetti lontani come se fossero vicini. Ingannato dalla prossimità della meta verso cui tendi, abbagliato dalla sua bellezza e non avendo misurato le tue forze, non noterai gli ostacoli sulla via; non vedrai i numerosi fossati che tagliano il sentiero. In mezzo a prati verdi cosparsi di splendidi fiori, l’erba alta nasconde un profondo precipizio. É molto facile inciampare e cadervi dentro,
se gli occhi non sono attenti a ogni passo che stai per fare. Non dimenticarti di concentrare tutta la tua attenzione su ciò che ti sta immediatamente intorno. Non occuparti di mete lontane, se non vuoi cadere nel precipizio. Però non dimenticare il tuo scopo. Ricordatene continuamente e mantieni vivo il desiderio di raggiungerlo, per non perdere la direzione giusta. E una volta partito, stai attento; ciò che hai oltrepassato, resta indietro e non si ripresenterà più: ciò che non osservi sul momento, non lo osserverai mai più. Non essere troppo curioso, e non perdere tempo con ciò che attira la tua attenzione ma non ne vale la pena. Il tempo è prezioso, e non deve essere sprecato per
cose che non sono direttamente in relazione con la tua meta. Ricordati dove sei e perché sei lì. Non aver troppa cura di te, e rammenta che nessuno sforzo viene mai fatto invano. E adesso puoi metterti in cammino. Tu sai che “Giustizia” è una grande parola, è una cosa grande nel mondo. Le cose oggettive non sono cose piccole come i microbi, esse procedono in accordo con la legge, come la legge le ha abituate a procedere. Ricorda, come semini, così raccoglierai. Non solo le persone raccolgono, ma anche le famiglie e le nazioni. Succede spesso questo, che ciò che accade sulla terra proviene da qualcosa
che è stato fatto da un padre o da un nonno. I risultati convergono su di te, il figlio o il nipote, colui che deve regolarle, allora, sei tu. Questa non è un’ingiustizia, è un vero grande onore per te, sarà un’occasione che ti consentirà di regolare il passato di tuo padre, nonno o bis-nonno. Se nella tua giovinezza ti accadono disgrazie, significa che qualcuno l’ha portate – e per questo tu devi raccogliere. Lui è morto, è qualcun altro sulla terra le raccoglie. Non devi guardare a te stesso egoisticamente. Sei una maglia nella catena del tuo sangue. Sii orgoglioso di questo, è un onore essere questa maglia. Più sarai obbligato a riparare il passato, più avrai rimorsi di coscienza. Riuscirai a ricordare tutto quello che nel passato non hai fatto come dovevi.
Queste cose che hai fatto contrarie alla giustizia, hanno mortificato i tuoi antenati. Per tanto puoi avere dieci volte più rimorsi di coscienza e il tuo lavoro aumenterà in proporzione. Non sei la coda di un asino, hai delle responsabilità, una famiglia. Tutta la tua famiglia, passata e futura, dipende da te, l’intera tua famiglia dipende dal modo in cui tu ripari il passato, se lo ripari per tutti è bene, se non lo ripari per tutti è male. Tu vedi la tua situazione, logicamente, vedi cos’è la giustizia? La giustizia non si occupa dei tuoi piccoli affari, delle tue irridenti suppliche, è occupata da cose grandi. E’ da idioti credere che Dio pensi a cose piccole. E’ lo stesso per la giustizia. La giustizia non tocca tutto ciò, e allo stesso tempo niente è
fatto sulla terra senza di essa. Cerca le ragioni per cui sei obbligato ad avere una posizione di responsabilità nella linea del tuo sangue. Devi lavorare di più per riparare il passato. E’ difficile da capire tutto in una volta sola. Tu vuoi studiare la psicologia, ma non hai psiche, come puoi studiare allora qualcosa che ancora non esiste? Vorresti conoscere te stesso come uomo, ma non sei ancora un uomo, solo una macchina. Dovresti allora cominciare a studiare te stesso come una macchina. La psicologia è solo lo studio delle idee delle altre persone; è molto meglio studiare te stesso che studiare le fantasie degli altri.
Tu vuoi che ti dica molte cose, e anche io voglio condividere con te ciò che so dell’uomo e delle sue maniere. Ma non potresti capire ciò che vuoi sapere anche se te lo dicessi. Non abbiamo il linguaggio. Il nostro linguaggio ordinario è fatto solo per cose semplici. Non abbiamo parole disponibili per le cose “più alte”. Le parole sono necessarie perché senza di esse non possiamo ancora capirci l’un l’altro. Quando avrai imparato a studiare la tua propria macchina, potremo capirci meglio tra noi. Quando studi te stesso devi essere capace di concentrare la tua attenzione su quella parte che vuoi osservare. Al momento non puoi concentrare la tua attenzione perché il
tuo centro emozionale non farà silenzio. Così la tua attenzione è governata dalle tue emozioni e non da te. Finché non smetterai di essere governato dalle tue emozioni, non puoi essere imparziale. Dunque non puoi capire il significato delle parole. Chiunque, comprende le parole in accordo con l’umore nel quale gli capita di essere. Se sono affamato, la parola “desiderio” significa cibo per me; ma se sono soddisfatto significa “dormire” o forse “sesso”. In ogni momento il significato delle parole cambia, e le persone neppure lo notano. Abbiamo bisogno di parlare di cose molto importanti. Per esempio dobbiamo parlare del perché l’uomo esiste. Questo
appartiene alla vera conoscenza, e per parlare di questo dovremmo capire le cose in modo differente. Per conoscere qualcosa di vero dobbiamo conoscere tutto. C’è un antico detto: “Conoscere significa conoscere tutto, non conoscere tutto significa non conoscere. Conoscere tutto non è impossibile. E’ necessario per questo conoscere anche molto poco. Ma per conoscere questo poco bisogna conoscere abbastanza.” In questo caso il poco che dobbiamo sapere è che l’uomo non vive per se stesso, egli esiste per trasmettere vibrazioni necessarie alla luna. L’uomo è parte della vita della terra. La terra è circondata da una pellicola organica, tenuta in equilibrio da pianeti,
terra e luna. La vita organica è così forte che nessuno può cambiare la sua situazione da solo. Supponiamo che Dio voglia aiutarci; Egli non può. La Terra è troppo piccola per essere toccata dalla volontà di Dio e se la terra è troppo piccola quanto lo sarà di più l’uomo? Da dove possiamo prendere allora l’aiuto di cui abbiamo bisogno? Potete essere aiutati quando cominciate a conoscere voi stessi. Fintanto che non conoscete la vostra macchina, anche se l’aiuto vi è offerto non potete farne uso. Dovete cominciare dal capire lo scopo delle vostre funzioni. I vostri centri sono ricettori per diverse velocità di vibrazioni. I centri non sono influenzati allo stesso
modo da tutte le vibrazioni. Ogni centro è un apparato ricevente e trasmittente. Ciascuno riceve le vibrazioni corrispondenti alle sue stesse funzioni. Al momento potete solo ricevere meccanicamente, senza discriminazioni. Non sapete ciò che state ricevendo, e dunque potete solo trasmettere meccanicamente. E questo non dà nulla a voi stessi. Supponete di voler trasmettere qualcosa consapevolmente; voi non potete perché la vostra mente non farà silenzio. Per far smettere alla vostra mente di chiedere, adesso dovete usare la forza, ma non avete una forza sufficiente. Dunque non potete fare quello che desiderate. In seguito potete
apprendere sistemi meccanici per far fermare le domande della mente, e dopo forse potete usare la vostra propria forza per fare ciò che avete bisogno di fare. Tutta la vostra energia che non è necessaria a restare in vita, è presa dall’immaginazione e altre attività inutili. Osservare la vostra immaginazione – e cioè tutte le conversazioni interiori che entrano nella vostra mente senza la vostra stessa intenzione- aiuterà. Poiché quando osservate trascinate via un po’ di energia dall’immaginazione alla forza dalla quale proviene l’osservazione di sé. In questo modo questa forza può crescere e un bel giorno scoprirete di avere un essere
indipendente dentro di voi, che sarà capace di fare ciò a cui aspira. Per il momento dovete capire che non potete osservare tutto ciò che volete. La vostra osservazione è limitata dalle associazioni già presenti in voi. In un bambino appena nato ciascuno dei centri è libero di rispondere a tutte le impressioni che entrano. È come un sistema di rulli di un grammofono, in bianco, dal giorno dell’apparizione del bambino nel mondo di Dio, i significati esterni degli oggetti e le sue proprie esperienze interiori sono registrate su questi rulli in accordo con la corrispondenza tra le impressioni e la materia di cui i diversi centri sono fatti. Questa “materia” che è in realtà un tipo di
energia, ha la possibilità di assorbire le corrispondenti vibrazioni e di rifiutarne altre. In questo modo, taluni posti in ognuno dei tre cervelli dell’uomo, sono riempiti da famiglie di impressioni, raggruppati insieme per la loro similarità, o per la casualità di essere stati ricevuti insieme. Poco a poco queste diventano le abituali caratteristiche che costituiscono la personalità. Queste caratteristiche appartengono a tutti i centri, ma quelle nel corpo sono più stabili. E’ per questo che potete studiare meglio un uomo dalle sue posture e gesti che da quello che dice. Vi farò un esempio. Ogni uomo o donna ha i suoi propri gesti e posture del corpo ma
questi sono connessi alle abitudini mentali ed emozionali e a caratteristiche che non possiamo vedere. Per ciò per capire questo dobbiamo considerare qualcosa che molte persone fanno. Osservate come le persone ballano. Ogni nazionalità ha il suo proprio modo di ballare, potete sempre riconoscere la nazionalità dal modo in cui un uomo balla. In oriente, dove le tradizioni sono molto più forti, potete persino riconoscere, dal modo in cui ballano, da quale tribù o villaggio le persone provengono. In questo modo le danze diventano una specie di linguaggio attraverso il quale le persone, inconsciamente, di certo, ci parlano di loro. E’ lo stesso con ogni cosa. Ogni nazione ha un repertorio limitato di movimenti che
proviene dalle impressioni dell’infanzia. Per questo c’è anche un repertorio limitato di pensieri. Persino i sentimenti assumono le proprie caratteristiche abituali, che fissano per l’intera parte restante della vita i modi nei quali una persona può provare sentimenti. Dopo l’infanzia molto poco può essere cambiato. A meno che non siano prese delle speciali misure, delle quali parleremo più tardi, la capacità di recepire nuove impressioni si indebolisce con l’età. I bambini ricevono nuove impressioni, ma le persone più vecchie non possono; dunque in tarda età tutto ciò di cui si può fare esperienza è il risveglio e la ricombinazione di queste vecchie impressioni dell’infanzia. Delle vere nuove
impressioni possono essere ottenute solo con violenza perché i rulli nei centri sono già riempiti. E’ difficile penetrare fino ad essi perché la nostra forza è limitata. Tuttavia, rimane sempre in un uomo un posto dove le impressioni possono essere ricevute, a condizione che queste siano ricevute con un’intensità sufficiente. Questo posto rimane vuoto fino a che non inizia la vita adulta; se esso non ha ricevuto impressioni prima di allora, è molto difficile raggiungerlo. Per molti di voi che sono qui ora, questo posto è già quasi impossibile da raggiungere. Sarà necessario un grande sforzo se state per iniziare una nuova vita.
Qual è il rapporto dell’insegnamento che voi esponete con il Cristianesimo quale noi lo conosciamo?”, domandò qualcuno. “Non so quello che sapete del Cristianesimo, rispose G., accentuando questa parola. Sarebbe necessario parlare molto a lungo per chiarire che cosa intendete con questo termine. Ma per coloro che sanno, dirò, se volete, che questo è Cristianesimo esoterico. ”Dovete capire, diceva, che ogni vera religione, parlo di quelle create con uno scopo preciso da uomini veramente sapienti, comporta due parti. La prima insegna ciò che deve essere fatto. Questa parte rientra nella sfera delle conoscenze generali e si corrompe col tempo man
mano che si allontana dalla sua origine. L’altra parte insegna come fare ciò che insegna la prima. Essa è conservata segretamente in certe scuole e col suo aiuto è sempre possibile rettificare ciò che è stato falsato nella prima parte, o reintegrare ciò che è stato dimenticato. “Senza questa seconda parte, non può esistere conoscenza della religione o, in ogni caso, questa conoscenza resta incompleta e molto suggestiva. “Questa parte segreta esiste nel Cristianesimo, così come in tutte le altre religioni autentiche, e insegna come seguire i precetti del Cristo e ciò che essi realmente significano”. “In genere conosciamo pochissimo del Cristianesimo e delle forme del culto
cristiano, non conosciamo affatto la sua storia, come pure l’origine di un’infinità di cose. Per esempio la chiesa, il tempio dove si riuniscono i fedeli e dove sono celebrati gli uffizi secondo riti particolari, quali origini ha? Quanta gente non vi ha mai pensato! Taluni ritengono che le forme esteriori del culto, i riti, i cantici, siano stati inventati dai Padri della Chiesa. Altri pensano che le forme esteriori sono state prese a prestito in parte dai pagani, ed in parte dagli ebrei. Ma tutto ciò non è vero. La questione delle origini della Chiesa cristiana, vale a dire del tempio cristiano, è molto più interessante di quel che pensiamo. Innanzi tutto, la Chiesa e il culto, nella forma sotto la quale
apparivano nei primi secoli dell’era cristiana, non poteva derivare dal paganesimo; non vi era niente di simile, né nei culti greci e romani, né nel giudaismo. La sinagoga, il tempio ebreo, i templi greci e romani, con i loro numerosi dei, erano molto differenti dalla chiesa cristiana, quale essa apparve nel primo e nel secondo secolo. La chiesa cristiana è una scuola e nessuno sa più che lo sia. Immaginatevi una scuola, dove i maestri tengano le loro lezioni e le loro dimostrazioni senza sapere che si tratta di lezioni e di dimostrazioni e dove gli allievi o i semplici auditori considerino questi corsi e dimostrazioni come cerimonie, riti o ‘sacramenti’, ossia magia. Questo
assomiglierebbe molto alla chiesa cristiana dei nostri giorni. “La chiesa cristiana, la forma cristiana del culto, non sono state inventate dai Padri della Chiesa. Tutto è stato preso in Egitto — ma non dall’Egitto a noi noto: bensì da un Egitto che non conosciamo. Quell’Egitto era nello stesso luogo dell’altro, ma era esistito molto tempo prima. Solo infime vestigia sono sopravvissute nei tempi storici, ma furono conservate in segreto, e così bene che non sappiamo nemmeno dove. “Vi sembrerà strano se dico che questo Egitto preistorico era cristiano molte migliaia d’anni prima della nascita di Cristo, o per meglio dire che la sua religione si fondava
sugli stessi principi, sulle stesse idee del vero Cristianesimo. In questo Egitto preistorico, vi erano speciali scuole chiamate ‘scuole di ripetizione’. In quelle scuole si davano a date fisse, e in alcune di esse anche tutti i giorni, delle ripetizioni pubbliche, in forma condensata, del corso completo delle scienze insegnate. La ‘ripetizione’ durava talvolta una settimana intera o anche un mese. Grazie a queste ‘ripetizioni’ coloro che avevano seguito i corsi conservavano il contatto con le scuole e potevano così ritenere tutto ciò che avevano imparato. Alcuni venivano da molto lontano per assistere a queste ‘ripetizioni’ e ripartivano con un sentimento nuovo della loro appartenenza
alla scuola. Nel corso dell’anno, c’erano giornate speciali consacrate a delle ripetizioni molto più complete, che si svolgevano con una solennità particolare e questi stessi giorni prendevano un senso simbolico. “Queste scuole di ripetizione servirono di modello alle chiese cristiane. Nelle chiese cristiane le forme di culto rappresentano, quasi interamente, ‘il ciclo di ripetizione’ delle scienze che trattano dell’Universo e dell’uomo. Le preghiere individuali, gli inni, il responsorio, tutto aveva, in queste ripetizioni, il suo proprio senso così come le feste e tutti i simboli religiosi; ma il loro significato è stato perso da molto tempo”.
"Le possibilità dell'uomo sono immense. Non potete neppure farvi un'idea di ciò che un uomo è capace di raggiungere. Ma nel sonno nulla può essere raggiunto. Nella coscienza di un uomo addormentato, le sue illusioni, i suoi 'sogni', si mescolano alla realtà. L'uomo vive in un mondo soggettivo al quale gli è impossibile sfuggire. Ecco perché non può mai fare uso di tutti i poteri che possiede e vive sempre soltanto in una piccola parte di sé stesso." G.I.Gurdjieff Ciò che un uomo semina, raccoglie. Il futuro è determinato dalle azioni del presente, sia esso buono o cattivo, è il risultato del passato. E' dovere di uomo preparare il futuro in ogni momento del
presente, e di aggiustare quello che è stato fatto di sbagliato. Questa è la legge del destino. Benedetta sia la fonte prima di tutte le leggi! - G.I.Gurdjieff ESTRATTO DA “FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO” di P.D.Ouspensky Come può l’uomo essere indipendente dalle influenze esteriori, dalle grandi forze cosmiche, quando è schiavo di tutto ciò che lo circonda? Egli è in balia di tutte le cose intorno a lui. Se fosse capace di liberarsi dalle cose, potrebbe anche liberarsi dalle influenze planetarie. “Libertà, liberazione. Questo deve essere lo scopo dell’uomo. Diventare libero, sfuggire alla schiavitù —
ecco ciò per cui un uomo dovrebbe lottare allorché è diventato, anche solo un poco, cosciente della sua situazione. Questa è la sola via d’uscita per lui, poiché nient’altro è possibile finché resta uno schiavo, interiormente ed esteriormente. Ma non può cessare d’essere schiavo esteriormente finché resta schiavo interiormente. Così, per diventare libero, deve conquistare la libertà interiore. “La prima ragione della schiavitù interiore dell’uomo è la sua ignoranza, e, soprattutto l’ignoranza di sé stesso. Senza la conoscenza di sé, senza la comprensione del moto e delle funzioni della sua macchina, l’uomo non può essere libero, non può governarsi e resterà sempre uno schiavo, in balia delle forze che
agiscono su di lui. “Ecco perché, negli insegnamenti antichi, la prima richiesta a chi si metteva sulla via della liberazione, era: ‘Conosci te stesso’ “. “Queste parole, disse G., che sono generalmente attribuite a Socrate, si trovano alla base di parecchie dottrine e scuole molto più antiche della scuola socratica. Ma benché il pensiero moderno non ignori l’esistenza di questo principio, non ha che un’idea molto vaga del suo significato e della sua portata. L’uomo ordinario del nostro tempo, anche se si interessa alla filosofia o alle scienze, non comprende che il principio ‘Conosci te stesso’ si riferisce alla necessità di conoscere la propria macchina, la
‘macchina umana’. La struttura della macchina è più o meno la stessa in tutti gli uomini; è quindi questa struttura che l’uomo deve per prima cosa studiare, cioè le funzioni e le leggi del suo organismo. “Il principio ‘Conosci te stesso’ ha un contenuto molto ricco. Esso richiede in primo luogo, all’uomo che vuole conoscersi, di comprendere ciò che questo significa, in quale insieme di relazioni s’inscriva questa conoscenza e da che cosa essa necessariamente dipenda. “La conoscenza di sé è uno scopo molto alto, ma molto vago e distante. L’uomo nel suo stato attuale è molto lontano dalla conoscenza di sé. Questa è la ragione per cui, rigorosamente parlando, lo scopo di un
uomo non può essere definito la conoscenza di sé. Il suo grande scopo deve essere lo studio di sé. Per lui sarà ampiamente sufficiente comprendere che deve studiare sé stesso. Ecco lo scopo dell’uomo: cominciare a studiare sé stesso, conoscere sé stesso, nel modo più giusto. “Lo studio di sé è il lavoro, o la via, che conduce alla conoscenza di sé. “Ma per studiare sé stessi, occorre innanzitutto imparare come studiare, da dove cominciare, quali mezzi impiegare. Un uomo deve imparare come studiare sé stesso, deve imparare i metodi dello studio di sé. “Il metodo fondamentale per lo studio di sé è l’osservazione di sé. Senza una osservazione di sé eseguita in modo
corretto, un uomo non comprenderà mai come le diverse funzioni della sua macchina siano collegate e in correlazione tra loro, non comprenderà mai come e perché, in lui, ‘tutto accade’. “Vi sono due metodi di osservazione di sé: il primo è l’analisi, o i tentativi di analisi, cioè i tentativi di trovare una risposta a queste domande: Da che dipende tale cosa, e perché si verifica? Il secondo è il metodo delle constatazioni, che consiste semplicemente nel registrare nella propria mente tutto ciò che si osserva nel momento presente. “L’osservazione di sé, soprattutto all’inizio, non deve con nessun pretesto diventare analisi, o tentativo di analisi. Prima di poter analizzare i fenomeni anche
più elementari, un uomo deve accumulare sufficiente materiale sotto forma di ‘registrazioni’. Le registrazioni, risultato di una osservazione diretta di ciò che avviene in un determinato momento, sono il materiale più importante nello studio di sé. Quando le registrazioni siano state raccolte in numero sufficiente e al tempo stesso le leggi siano state studiate e comprese fino a un certo punto, allora l’analisi diventa possibile. “Quante volte mi avete domandato se non sarebbe possibile arrestare le guerre? Certamente, sarebbe possibile. Basterebbe che la gente si svegliasse. Sembra una cosa da nulla. Non vi è nulla, invece, di più difficile, perché il sonno è indotto e
mantenuto dall’intera vita circostante, da tutte le condizioni dell’ambiente. “Come svegliarsi? Come sfuggire a questo sonno? Queste domande sono le più importanti, le più vitali che un uomo si possa porre. Ma prima di porsele, egli dovrà convincersi del fatto stesso del suo sonno. E gli sarà possibile convincersene solo tentando di svegliarsi. Quando avrà compreso che non si ricorda mai di sé stesso, e che il ricordarsi di sé significa risvegliarsi fino ad un certo grado, e quando avrà visto per esperienza quanto sia difficile ricordarsi di sé, allora comprenderà che per svegliarsi non basta desiderarlo. Più rigorosamente, diremo che un uomo non può svegliarsi da sé. Ma se venti uomini si mettono
d’accordo e stabiliscono che il primo di essi che si sveglierà, sveglierà gli altri, essi hanno già una possibilità. Tuttavia, anche questo è insufficiente, perché questi venti uomini possono dormire nello stesso tempo e sognare di svegliarsi. Dunque è necessario qualcosa di più. Questi venti uomini devono essere sorvegliati da un uomo che non sia addormentato o che non si addormenti così facilmente come gli altri, o che si metta coscientemente a dormire quando ciò è possibile, quando non può risultarne alcun male né per lui, né per gli altri. Essi devono trovare un tale uomo e accaparrarselo, affinché li svegli e impedisca loro di ricadere nel sonno. Senza
questa condizione, è impossibile svegliarsi. Questo bisogna comprenderlo. “È possibile pensare per migliaia di anni, è possibile scrivere biblioteche intere, inventare teorie a milioni e tutto questo nel sonno, senza alcuna possibilità di risveglio. Al contrario, queste teorie e questi libri inventati e scritti da gente addormentata, avranno semplicemente l’effetto di trascinare altri uomini nel sonno, e così di seguito. “Non vi è niente di nuovo nell’idea del sonno. Fin dalla creazione del mondo, è stato detto agli uomini che essi erano addormentati e che dovevano svegliarsi. Per esempio, quante volte leggiamo nei Vangeli: ‘Svegliatevi’, Vegliate’, ‘non dormite’. I discepoli del
Cristo, persino nel Giardino di Getsemani, mentre il loro Maestro pregava per l’ultima volta, dormivano. Questo dice tutto. Ma gli uomini lo comprendono? Essi considerano ciò una figura retorica, una metafora. Non vedono affatto che deve essere preso alla lettera. E di nuovo è facile capire perché. Per prenderlo alla lettera occorrerebbe svegliarsi un po’, o per lo meno tentare di svegliarsi. Mi è stato sovente chiesto, seriamente, perché i Vangeli non parlano mai del sonno, mentre se ne parla in ogni pagina. Ciò dimostra semplicemente che la gente legge il Vangelo dormendo. “Fintante che un uomo è in un sonno profondo, interamente sommerso dai suoi sogni, non può neppure pensare di essere
addormentato. Se potesse pensare di essere addormentato, si sveglierebbe. E così vanno le cose, senza che gli uomini abbiano la minima idea di tutto quel che perdono a causa del loro sonno. Come ho già detto, l’uomo, così come è, così come la natura lo ha creato, può diventare un essere cosciente di sé. Creato a questo scopo, nasce per questo scopo. Ma egli nasce fra gente addormentata e, naturalmente, cade a sua volta in un sonno profondo, proprio nel momento in cui dovrebbe incominciare a prendere coscienza di sé. Ogni cosa vi ha parte: l’involontaria imitazione degli adulti da parte del bambino, le suggestioni volontarie o involontarie e la cosiddetta
‘educazione’. Ogni tentativo di risveglio da parte del bambino è stroncato sul nascere. È inevitabile. Quanti sforzi più tardi per svegliarsi! E di quanto aiuto si avrà bisogno allorquando migliaia di abitudini, che spingono al sonno, saranno state accumulate. “Le possibilità dell’uomo sono immense. Non potete neppure farvi un’idea di ciò che un uomo è capace di raggiungere. Ma nel sonno nulla può essere raggiunto. Nella coscienza di un uomo addormentato, le sue illusioni, i suoi ‘sogni’, si mescolano alla realtà. L’uomo vive in un mondo soggettivo al quale gli è impossibile sfuggire. Ecco perché non può mai fare uso di tutti i poteri che possiede e
vive sempre soltanto in una piccola parte di sé stesso. “È già stato detto che lo studio di sé e l’osservazione di sé, se condotti in modo corretto, portano l’uomo a rendersi conto che vi è ‘qualche cosa di sbagliato, nella sua macchina e nelle sue funzioni, nel loro stato ordinario. Egli capisce che, proprio perché è addormentato, vive e lavora solo in una piccola parte di sé. Capisce che per la stessa ragione la maggior parte delle sue possibilità restano non realizzate e la maggior parte dei suoi poteri, non utilizzati. Egli sente di non ricavare dalla vita tutto ciò che essa potrebbe dargli, e che la sua incapacità dipende da certi difetti funzionali della sua macchina, del
suo apparecchio ricevente. L’idea dello studio di sé acquista ai suoi occhi un significato nuovo. Egli sente che forse non vale neppure la pena di studiarsi così com’è ora. Vede ogni funzione nel suo stato attuale, e come potrebbe o dovrebbe diventare. L’osservazione di sé induce l’uomo a riconoscere la necessità di cambiare. Praticandola, egli si rende conto che il solo fatto di osservare sé stesso produce certi cambiamenti nei suoi processi interiori. Comincia a capire che l’osservazione di sé è per lui un mezzo per cambiare, uno strumento di risveglio. Osservando sé stesso, egli proietta in qualche modo un raggio di luce sui suoi processi interiori, che fino ad allora si
erano effettuati in un’oscurità pressoché totale. E, sotto l’influenza di questa luce, tali processi cominciano a cambiare. Vi sono un gran numero di processi chimici che possono aver luogo soltanto in mancanza di luce. Esattamente nello stesso modo, un gran numero di processi psichici possono aver luogo soltanto nell’oscurità. Anche un barlume di coscienza è sufficiente a cambiare completamente il carattere dei processi abituali e rendere impossibile un gran numero di essi. I nostri processi psichici (la nostra alchimia interiore) hanno molti punti in comune con questi processi chimici nei quali la luce cambia il carattere del processo, e sono soggetti a leggi analoghe.
E per cominciare l’osservazione di sé e lo studio di sé, è indispensabile imparare a dividersi. L’uomo deve rendersi conto che in realtà è composto da due uomini. Ricordatevi ciò che è stato detto prima: l’osservazione di sé conduce un uomo alla constatazione del fatto che egli non si ricorda di sé. La sua impotenza a ricordarsi di sé è uno dei tratti più caratteristici del suo essere e la vera causa di tutto il suo comportamento. Questa impotenza si manifesta in mille modi. Egli non ricorda le sue decisioni, non ricorda la parola che ha dato a sé stesso, non ricorda ciò che ha detto o provato un mese, una settimana, un giorno o soltanto un’ora addietro. Inizia un lavoro, e dopo un certo lasso di tempo
dimentica perché l’ha cominciato. È soprattutto nel lavoro su di sé, che questo fenomeno si produce con una frequenza del tutto particolare. Un uomo non può ricordare una promessa fatta ad altri se non con l’aiuto di associazioni artificiali, di associazioni educate in lui, le quali, a loro volta, si associano a ogni genere di concezioni, anche queste create artificialmente, quali 1′ ‘onore’, l ‘onestà’, il ‘dovere’ e così via. Parlando in generale, si può affermare con certezza che per una cosa che l’uomo ricorda, ve ne sono sempre dieci, ben più importanti, che dimentica. “Per questo, le sue opinioni e i suoi punti di vista sono privi di qualsiasi stabilità e precisione. L’uomo non ricorda
ciò che ha pensato o detto; e non ricorda come ha pensato o come ha parlato. “Ciò è, a sua volta, in rapporto con una delle caratteristiche fondamentali dell’atteggiamento dell’uomo verso sé stesso e verso gli altri, vale a dire: la sua costante ‘identificazione’ a tutto ciò che prende la sua attenzione, i suoi pensieri o i suoi desideri, e la sua immaginazione. “L’ ‘identificazione’ è una caratteristica talmente comune, che nell’intento di osservare sé stessi, è difficile separarla da altre cose. L’uomo è sempre in stato di identificazione, ciò che cambia è solo l’oggetto della sua identificazione. “L’uomo si identifica con un piccolo problema che trova sul suo cammino e
dimentica completamente i grandi scopi che si proponeva all’inizio del suo lavoro. Si identifica con un pensiero e dimentica tutti gli altri. Si identifica con una emozione, con un umore, e dimentica gli altri suoi sentimenti più profondi. Lavorando su di sé, le persone si identificano talmente con scopi isolati da perdere di vista l’insieme. I pochi alberi più vicini finiscono per rappresentare, per loro, tutta la foresta. “L’identificazione è il nostro nemico più terribile, perché penetra ovunque e ci inganna proprio nel momento in cui crediamo di lottare contro di essa. Se ci è tanto difficile liberarci dalla identificazione, è perché ci identifichiamo più facilmente con le cose a cui siamo
maggiormente interessati, quelle alle quali diamo tutto il nostro tempo, il nostro lavoro e la nostra attenzione. Per liberarsi dall’identificazione, l’uomo deve stare costantemente in guardia ed essere inflessibile verso sé stesso: non deve aver paura di smascherare tutte le sue forme più sottili e nascoste. “L’identificazione è l’ostacolo principale al ricordarsi di sé. Un uomo che si identifica è incapace di ricordarsi di sé stesso. Per potersi ricordare di sé, occorre per prima cosa non identificarsi. Ma per imparare a non identificarsi, l’uomo deve innanzi tutto non identificarsi con sé stesso, non chiamare sé stesso ‘io’ sempre e in tutte le occasioni. Egli deve ricordarsi che in lui sono due,
che c’è lui stesso, cioè ‘Io’ in lui, e un altro, con il quale deve lottare e che deve vincere se desidera raggiungere qualcosa. Fin quando un uomo si identifica o è suscettibile di identificarsi, è schiavo di tutto ciò che può accadergli. La libertà significa innanzi tutto: liberarsi dall’identificazione. Durante quasi tutte le sue spiegazioni G. ritornava su un tema che evidentemente considerava della massima importanza, ma che parecchi tra noi avevano molta difficoltà ad assimilare. “Lo sviluppo dell’uomo, egli diceva, si effettua secondo due linee, ‘sapere’ ed ‘essere’. Ma affinché l’evoluzione avvenga
correttamente, le due linee devono procedere insieme, parallele l’una all’altra e sostenersi reciprocamente. Se la linea del sapere sorpassa troppo quella dell’essere, e se la linea dell’essere sorpassa troppo quella del sapere, lo sviluppo dell’uomo non può farsi regolarmente; prima o poi deve fermarsi. “La gente afferra ciò che si intende per ‘sapere’. Si riconosce che il sapere può essere più o meno vasto e di qualità più o meno buona. Ma questa comprensione non viene applicata all’essere. Per essi l’essere significa semplicemente ‘ l’esistenza ‘ che contrappongono alla ‘non esistenza’. Non comprendono che l’essere può situarsi a
livelli molto differenti e comportare diverse categorie. Prendete per esempio l’essere di un minerale e l’essere di una pianta. Sono due esseri differenti. L’essere di una pianta e quello di un animale sono anch’essi due esseri differenti, e così pure l’essere di un animale e quello di un uomo. Ma due uomini possono differire nel loro essere più ancora di quanto un minerale e un animale differiscono tra loro. E questo è proprio ciò che le persone non comprendono. Non comprendono che il sapere dipende dall’essere. E non soltanto non lo comprendono, ma non lo vogliono comprendere. In modo particolare nella civiltà occidentale, si ammette che un
uomo possa avere un vasto sapere, che per esempio egli possa essere un illustre sapiente, autore di grandi scoperte, un uomo che fa progredire la scienza, e nello stesso tempo possa essere, ed abbia il diritto di essere, un povero piccolo uomo egoista, cavilloso, meschino, invidioso, vanitoso, ingenuo e distratto. Sembra normale che un professore debba dimenticare dappertutto il suo ombrello. Eppure è proprio questo il suo essere. Ma si ritiene, in occidente, che il sapere di un uomo non dipende dal suo essere. Le persone accordano un valore massimo al sapere, ma non sanno accordare all’essere un valore eguale e non si vergognano del livello inferiore del loro essere. Non si
comprende neppure ciò che questo significhi. Non si comprende che il grado del sapere di un uomo è in funzione del grado del suo essere. “Allorché il sapere sorpassa di troppo l’essere, esso diventa teorico, astratto, inapplicabile alla vita; può anche diventare nocivo, perché invece di servire la vita e aiutare le persone nella lotta contro le difficoltà questo sapere comincia a complicare tutto; di conseguenza non può che apportare nuove difficoltà, nuovi turbamenti ed ogni sorta di calamità che prima non esistevano. “La ragione di ciò è che il sapere, quando non è in armonia con l’essere, non potrà mai essere abbastanza grande, o per meglio dire, sufficientemente
qualificato per i reali bisogni dell’uomo. Sarà il sapere di una cosa legato all’ignoranza di un’altra; sarà il sapere del particolare legato all’ignoranza del tutto, il sapere della forma che ignora l’essenza. “Una tale preponderanza del sapere sull’essere può essere constatata nella cultura attuale. L’idea del valore e dell’importanza del livello del l’essere è stata completamente dimenticata. Non si comprende più che il livello del sapere è determinato dal livello dell’essere. Effettivamente ad ogni livello di essere corrispondono determinate possibilità di sapere, ben definite. Nei limiti di un certo ‘essere’ la qualità del sapere non può essere cambiata; solo è possibile l’accumularsi di
informazioni di una sola e medesima natura. Un cambiamento della natura del sapere è impossibile senza un cambiamento nella natura dell’essere. “Preso in sé, l’essere di un uomo presenta molteplici aspetti. Quello dell’uomo moderno si caratterizza soprattutto per l’assenza di unità in se stesso e per l’assenza della benché minima traccia di quelle proprietà che specialmente ama attribuirsi: la ‘lucidità di ‘coscienza’, la ‘volontà libera’, un ‘Ego permanente’ o ‘Io’ e la ‘capacità di fare’. Sì, per stupefacente che ciò possa sembrarvi, vi dirò che la caratteristica principale dell’essere di un uomo moderno, e ciò spiega tutto ciò che gli manca, è il
sonno. “L’uomo moderno vive nel sonno; nato nel sonno, egli muore nel sonno. Del sonno, del suo significato e della parte che ha nella vita, parleremo più tardi, ora riflettete soltanto su questo: che cosa può conoscere un uomo che dorme? Se ci pensate, ricordandovi nello stesso tempo che il sonno è la caratteristica principale del nostro essere, subito vi diverrà evidente che un uomo, se vuole realmente conoscere, deve innanzi tutto riflettere sulla maniera di svegliarsi, cioè sulla maniera di cambiare il suo essere. “In generale l’equilibrio dell’essere e del sapere è anche più importante di uno sviluppo separato dell’uno o dell’altro. Poiché uno sviluppo separato dell’essere o
del sapere non è in alcun modo desiderabile. Benché sia precisamente questo sviluppo unilaterale che sembra attrarre particolarmente la gente. “Allorché il sapere predomina sull’essere, l’uomo sa, ma non ha il potere di fare. È un sapere inutile. Al contrario, quando l’essere predomina sul sapere, l’uomo ha il potere di fare, ma non sa che cosa deve fare. Così l’essere che egli ha acquisito non può servirgli a nulla e tutti i suoi sforzi saranno stati inutili. “Nella storia dell’umanità, troviamo numerosi esempi di intere civiltà che perirono sia perché il loro sapere superava il loro essere, sia perché il loro essere superava il loro sapere”.
Il sapere è una cosa, la comprensione è un’altra. Ma la gente confonde spesso queste due idee, oppure non vede nettamente dove sta la differenza. “Il sapere di per sé stesso non dà comprensione. E la comprensione non potrebbe essere aumentata da un accrescimento del solo sapere. La comprensione dipende dalla relazione tra il sapere e l’essere. La comprensione risulta dalla congiunzione del sapere e dell’essere. Di conseguenza l’essere ed il sapere non debbono divergere troppo, altrimenti la comprensione risulterebbe molto distante dall’uno e dall’altro. Ripetiamo: la relazione tra il sapere e l’essere non cambia per un semplice accrescimento del sapere.
Essa cambia solamente quando l’essere cresce parallelamente al sapere. In altri termini, la comprensione non cresce che in funzione dello sviluppo dell’essere. “Le persone, sovente confondono questi concetti e non afferrano chiaramente quale è la differenza tra di essi. Pensano che se si sa di più, si deve comprendere di più. Questo è il motivo per cui esse accumulano il sapere o quello che chiamano così, ma non sanno come si accumula la comprensione e non se ne preoccupano. “Tuttavia una persona esercitata all’osservazione di sé, sa con certezza che in differenti periodi della sua vita ha compreso una stessa idea, uno stesso pensiero, in modo totalmente diverso.
Sovente le sembra strano, di aver potuto comprendere così male ciò che adesso crede di comprendere così bene. E, ciononostante, si rende conto che il suo sapere è rimasto lo stesso, e che oggi non sa niente più di ieri. Che cosa dunque è cambiato? È il suo essere che è cambiato. Quando l’essere cambia, anche la comprensione deve cambiare. “La differenza tra il sapere e la comprensione ci diventa chiara quando ci rendiamo conto che il sapere può essere funzione di un solo centro. La comprensione, invece, risulta dalla funzione di tre centri. Così l’apparecchio del pensiero può sapere qualcosa. Ma la comprensione appare soltanto quando un
uomo ha il sentimento e la sensazione di tutto ciò che si ricollega al suo sapere. “Non vi è nulla nel mondo, dal sistema solare fino all’uomo e dall’uomo fino all’atomo, che non salga o non scenda, che non si evolva o non degeneri, che non si sviluppi o non decada. Ma nulla si evolve meccanicamente. Solo la degenerazione e la distruzione procedono meccanicamente. Ciò che non può evolversi coscientemente, degenera. L’aiuto esterno non è possibile che nella misura in cui è apprezzato e accettato, anche se esso lo è all’inizio solo dal sentimento. “Il linguaggio che permette la comprensione, si basa sulla conoscenza del rapporto dell’oggetto che si esamina con la
sua evoluzione possibile, sulla conoscenza del suo posto nella scala evolutiva. “A questo fine, un gran numero delle nostre idee comuni sono divise in conformità agli stadi di questa evoluzione. “L’uomo non ha un ‘Io’ permanente ed immutabile. Ogni pensiero, ogni umore, ogni desiderio, ogni sensazione dice ‘Io’. E ogni volta sembra doversi ritenere certo che questo ‘io’ appartiene alla Totalità dell’uomo, all’uomo intero, e che un pensiero, un desiderio, un’avversione sono l’espressione di questa Totalità. In realtà nessuna prova può essere portata per convalidare questa affermazione. Ogni pensiero dell’uomo, ognuno dei suoi
desideri si manifesta e vive” in un modo completamente indipendente e separato dalla sua Totalità. E la Totalità dell’uomo non si esprime mai, per la semplice ragione che non esiste come tale, salvo che fisicamente come una cosa, ed astrattamente come un concetto. L’uomo non ha un ‘Io’ individuale. Al suo posto vi sono centinaia e migliaia di piccoli ‘io’ separati che il più delle volte si ignorano, non hanno alcuna relazione, o, al contrario, sono ostili gli uni agli altri, esclusivi ed incompatibili. Ad ogni attimo, ad ogni momento, l’uomo dice o pensa ‘Io’. Ed ogni volta il suo ‘io’ è differente. Un attimo fa era un pensiero, ora è un desiderio, poi una sensazione, poi un altro pensiero e così
via, senza fine. L’uomo è una pluralità. Il nome dell’uomo è legione. “L’alternarsi di questi ‘io’, le loro lotte manifeste, di ogni istante, per la supremazia, sono comandate dalle influenze esteriori accidentali. Il calore, il sole, il bel tempo richiamano subito tutto un gruppo di ‘io’. Il freddo, la pioggia, la nebbia richiamano un altro gruppo di ‘io’, altre associazioni, altri sentimenti, altre azioni. E non c’è niente nell’uomo che sia in grado di controllare i cambiamenti di questi ‘io’, principalmente perché l’uomo non li nota, o non, ne ha alcuna idea; egli vive sempre nell’ultimo ‘io’. Alcuni, naturalmente, sono più forti degli altri, ma non della loro propria forza cosciente. Essi sono stati creati dalla forza
degli avvenimenti o dagli stimoli meccanici esterni. L’imitazione, l’educazione, la lettura, l’ipnotismo della religione, delle caste e delle tradizioni, o la seduzione degli ultimi slogan, danno origine nella personalità dell’uomo a degli ‘io’ molto forti che dominano intere serie di altri ‘io’ più deboli. Ma la loro forza non è che quella dei rulli nei centri. E tutti questi ‘io’ che costituiscono la personalità dell’uomo hanno la stessa origine delle incisioni sui rulli: sia gli uni che gli altri sono i risultati delle influenze esteriori e sono messi in movimento e comandati dalle influenze del momento. “L’uomo non ha individualità. Non ha un grande ‘Io’ unico. L’uomo è diviso in una moltitudine
di piccoli ‘io’. “Ed ogni piccolo ‘io’ separato è capace di chiamare se stesso col nome della Totalità, di agire in nome della Totalità, di fare delle promesse, prendere delle decisioni, essere d’accordo o non essere d’accordo con quello che un altro ‘io’, o la Totalità dovrebbe fare. Questo spiega perché la gente prende così spesso delle decisioni e le mantiene così raramente. Un uomo decide di alzarsi presto, cominciando dall’indomani. Un ‘io’, o un gruppo di ‘io’, prende questa decisione. Ma l’alzarsi è una cosa che riguarda un altro ‘io’, che non è affatto d’accordo, e che può persino non essere stato messo al corrente della cosa. Naturalmente quest’uomo continuerà a
dormire il mattino seguente e la sera deciderà di nuovo di alzarsi presto. In certi casi questo può comportare conseguenze molto spiacevoli. Un piccolo ‘io’ accidentale può, a un certo momento, fare una promessa, non a se stesso, ma a qualcun altro, semplicemente per vanità o per divertimento. Poi scompare, ma l’uomo, ossia l’insieme degli altri ‘io’ che sono assolutamente innocenti, dovrà forse pagare tutta la vita per questo scherzo. È la tragedia dell’essere umano, che qualunque piccolo ‘io’ abbia così il potere di firmare assegni e cambiali e che sia in seguito l’uomo, ossia la totalità, che debba farvi fronte. Vite intere trascorrono così, per regolare dei debiti contratti da piccoli ‘io’
accidentali. “Gli insegnamenti orientali contengono varie immagini allegoriche che cercano di ritrarre la natura dell’essere umano da questo punto di vista. “Secondo uno di essi, l’uomo è paragonato a una casa senza Padrone né sovrintendente, occupata da una moltitudine di servitori che hanno interamente dimenticato i loro doveri: nessuno vuole fare ciò che deve; ognuno cerca di essere il padrone, non fosse che per un momento, e, in questa specie di anarchia, la casa è minacciata dai più gravi pericoli. La sola speranza di salvezza è che un gruppo di servitori più sensati si riuniscano ed eleggano un sovrintendente temporaneo, cioè un sovrintendente delegato. Questo
sovrintendente delegato può allora mettere gli altri servitori al loro posto, e costringere ognuno a fare il proprio lavoro: la cuoca in cucina, il cocchiere nella scuderia, il giardiniere in giardino, e così via. In questo modo, la ‘casa’ può essere pronta per l’arrivo del vero sovrintendente, il quale a sua volta preparerà l’arrivo del vero Padrone. “Il paragone dell’uomo con una casa che aspetta l’arrivo del padrone è frequente negli insegnamenti orientali che hanno conservato tracce dell’antica conoscenza e, come sapete, questa idea appare sotto varie forme, anche in molte parabole dei Vangeli. “Ma anche se l’uomo comprendesse nel modo più chiaro le sue possibilità, questo non lo farebbe
progredire di un solo passo verso la loro realizzazione. Per essere in grado di realizzare queste possibilità, deve avere un desiderio di liberazione molto forte, deve essere pronto a sacrificare tutto, a rischiare tutto per la propria liberazione”. “ Riguardo all’evoluzione è necessario comprendere fin dall’inizio che non esiste possibilità di una evoluzione meccanica. L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione della sua coscienza, e la coscienza non può evolvere inconsciamente. L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione della sua volontà, e la Volontà non può evolversi involontariamente. L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione del suo potere di fare e
“fare” non può essere il risultato di ciò che “accade.” (G.I.Gurdjieff) L’uomo rimane un mistero a sé stesso. Nel mondo in cui vive tutto è impermanente e condizionato, tuttavia, egli sente in sé una grande nostalgia per l’assoluto, l’incondizionato, un’aspirazione ad essere. Questo crea in lui un’inquietudine, un grande vuoto, una mancanza essenziale che si esprime in un linguaggio insolito che non riesce a comprendere. E’ una mancanza che fa sorgere quesiti a cui non trova risposte. Si rende conto di non sapere da dove proviene e di non sapere dove sta andando. Le grandi religioni sono degenerate così tanto che da molto tempo
poco o nulla di vivo è rimasto in ognuna di esse per poterlo aiutare. Ciononostante, il bisogno di comprendere e di trovare un insegnamento per la crescita spirituale rimane vivo nell’essere umano. L’uomo è un organismo capace di intraprendere un’evoluzione interiore che può eventualmente portarlo ad acquisire un Io Reale ed imperituro. Egli occupa un posto importante nella Creazione, ma è imprigionato in un profondo sonno e così com’è, vive utilizzando solo una piccola parte delle sue potenzialità. Si trova in una condizione di esistenza irreale che provoca in lui grande squilibrio e separazione. Reagisce meccanicamente ad una serie di stimoli interni ed esterni non avendo
nessun controllo su di essi e senza avere niente che gli permetta di dare una risposta adeguata alle impressioni che riceve. Lo sviluppo delle potenzialità nascoste della natura umana e la liberazione dalla schiavitù interiore richiede metodi appropriati e sforzi coscienti, non è un processo automatico o solo un sapere teorico. Per questo motivo sin dai tempi più remoti sono esistite scuole e monasteri legati all’insegnamento delle tradizionali vie di perfezionamento spirituale: la via della conoscenza basata sull’intelletto; la via della devozione e della fede religiosa; la via della lotta con il corpo fisico per acquisire potere su di esso. La Quarta Via è
il cammino della trasformazione accelerata, che non richiede l’isolamento dalle condizioni della vita ordinaria. E’ un insegnamento di saggezza pratica che si applica nel momento presente della nostra esistenza quotidiana. L’insegnamento della Quarta Via fornisce un’educazione equilibrata dei differenti lati della natura umana e offre i metodi pratici necessari allo sviluppo armonico dei centri fisico, emotivo ed intellettuale. Lo scopo primario della Quarta Via è il raggiungimento di uno stato bilanciato dei tre centri, il cui manifestarsi nella vita quotidiana risveglia l’uomo ad uno stato di coscienza che gli permette di percepire se stesso, di ricevere impressioni di una
qualità più fine e di avere un sapore delle Realtà che inizia a rendere la sua essenza attiva e la sua personalità passiva. Per questo scopo è necessario un lavoro individuale, una lotta cosciente per rimanere svegli ed acquisire una profonda conoscenza di sé stessi accogliendo le possibilità presenti qui ed ora. “ Dovete comprendere che se ci siamo avventurati alla ricerca del cammino della trasformazione accelerata, stiamo facendo qualcosa di molto difficile ma possibile. Ciò è possibile per coloro che seguono un cammino equilibrato. Non è possibile attraverso nessuna via esagerata o estrema. Questo è il motivo per cui è chiamata la via di mezzo. Nessun metodo
dovrebbe essere usato esclusivamente. Non si dovrebbe lavorare su nessun lato della nostra natura più che un altro. Dobbiamo imparare a lavorare in un modo equilibrato. “ (J.G.Bennett) Enneagramma “Le persone hanno del mondo migliaia di idee diverse, ma manca loro quell’idea generale che permetterebbe di comprendersi l’un l’altro e di determinare subito da quale punto di vista essi intendono considerare il mondo. “È impossibile studiare un sistema dell’universo senza studiare l’uomo. Allo stesso tempo è impossibile studiare l’uomo senza studiare l’universo. L’uomo è
un’immagine del mondo. Egli è stato creato dalle medesime leggi che crearono l’insieme del mondo. Se un uomo conoscesse e comprendesse se stesso, conoscerebbe e comprenderebbe il mondo intero, tutte le leggi che creano e che governano il mondo. E inversamente, con lo studio del mondo e delle leggi che lo governano, apprenderebbe e comprenderebbe le leggi che governano anche lui. L’enneagramma è un simbolo sacro, un diagramma universale. Dal greco Ennea “nove” e grammema “punti”. L’enneagramma è una bussola per il ricercatore in viaggio dall’illusione verso la Realtà, dalla separazione all’unione.
L’enneagramma è un sistema dinamico di nove coordinate e può essere utilizzato per rappresentare ogni processo reale: vegetale, animale, umano, cosmico. Il simbolo dell’enneagramma ha la capacità di applicarsi a vari livelli, poiché esso è un simbolo oggettivo che presenta le leggi della creazione e del mantenimento dell’universo, secondo il principio “come in alto così in basso”; esso si applica al grande come al piccolo. Il disegno dell’enneagramma è stato presentato per la prima volta da Gurdjieff all’inizio del’900 ai suoi studenti aprendo la porta a questo strumento per l’occidente. L’enneagramma permette di osservare come i nostri processi, così come i processi del mondo,
prendono forma in armonia con le leggi cosmiche. Tali leggi fondamentali sono la Legge dell’Uno, la Legge del Tre e la Legge del Sette. L’enneagramma mostra l’interazione di queste leggi combinando la fusione ed il dinamismo proprie alla natura della triade e dell’esade.
Il cerchio rappresenta l’identità del fenomeno o Legge dell’Uno. Il triangolo è il simbolo della triade creativa o Legge del Tre. L’esade è la rappresentazione dell’ordine della manifestazione o Legge
del Sette. La prima legge ci mostra come ogni essere e ad ogni processo possiedono una propria identità, come essi siano un tutto integrale in relazione con sé stesso e gli altri. Il lavoro con l’enneagramma in questo caso ci aiuta a scoprire qual’è la vera identità di un fenomeno o il nostro vero sé, oscurato dal falso. La legge del tre manifesta come ogni fenomeno reale per sorgere ha bisogno di tre forze o principi: attiva, passiva e riconciliante. La legge del sette ci parla di come nulla di ciò che è stato creato rimane statico, ma evolve o involve, secondo sette passaggi fondamentali. “In senso generale, bisogna comprendere che l’enneagramma è un simbolo
universale. Ogni scienza ha un posto nell’enneagramma e può essere interpretata per mezzo dell’enneagramma. Sotto questo rapporto si può dire che un uomo non conosce veramente, cioè non comprende, se non quello che è capace di inserire nell’enneagramma. Ciò che non è in grado di porre nell’enneagramma non lo comprende. Per un uomo che sappia utilizzarlo,l’enneagramma rende libri e biblioteche del tutto inutili; ogni cosa può essere inclusa e letta nell’enneagramma. Un uomo isolato nel deserto che tracci l’enneagramma sulla sabbia, può leggere in esso le leggi eterne dell’universo. Ed ogni volta egli può imparare qualcosa di nuovo, qualcosa che prima ignorava del
tutto. L’enneagramma è il geroglifico fondamentale di un linguaggio universale con tanti significati diversi quanti sono i livelli umani. “L’enneagramma è il moto perpetuo, è quel perpetuum mobile che gli uomini hanno cercato dalla più lontana antichità, e sempre invano. Non è poi difficile capire perché essi non abbiano potuto trovarlo. Essi cercavano al di fuori di sé stessi ciò che era in loro; essi cercavano di costruire un movimento perpetuo come si costruisce una macchina, mentre il movimento perpetuo è parte di un altro movimento perpetuo, e non può essere creato separatamente da questo. L’enneagramma è un diagramma schematico del moto perpetuo cioè una
macchina dal movimento eterno. Ma naturalmente è necessario sapere come leggere questo diagramma. La comprensione di questo simbolo e la capacità di farne uso dà all’uomo un grandissimo potere. È il moto perpetuo ed è anche la pietra filosofale degli alchimisti. “La scienza dell’enneagramma è stata tenuta segreta molto a lungo e se ora è, in certo modo, resa accessibile a tutti, lo è solo in forma incompleta e teorica, inutilizzabile in pratica da chiunque non sia stato istruito in questa scienza da un uomo che la possieda.
“ Conoscere vuol dire conoscere tutto, non conoscere tutto vuol dire non conoscere. Per conoscere tutto è necessario conoscere assai poco, ma per conoscere quel poco una persona deve prima conoscere molto” G.I.Gurdjieff Movimenti e Danze Sacre “ Ogni danza ha un certo significato; ogni movimento ha un certo contenuto ” Gurdjieff non fu soddisfatto di lasciare solo un sistema di idee ma ritenne necessario trasmettere un repertorio di Danze Sacre e Movimenti. In più di un’occasione disse che lo studio delle idee e la pratica dei
Movimenti dovevano essere complementari. Gurdjieff lavorò ai Movimenti fino a poche settimane prima della sua morte e volle essere conosciuto e ricordato prima di tutto come un “Maestro nelle Danze dei Templi”. Egli trascorse più di vent’anni viaggiando attraverso l’Europa, l’Africa, e l’Asia in cerca dei segreti contenuti nelle Danze Sacre e nei metodi di insegnamento delle scuole tradizionali. Le Danze Sacre costituiscono da sempre una parte importante delle vere scuole e sono un lascito spirituale di incalcolabile significato. Con i suoi Movimenti Gurdjieff ci ha lasciato un grande tesoro, poiché essi racchiudono e preservano una
conoscenza definita. I Movimenti manifestano una dimensione sconosciuta, rivelano ciò che è nascosto all’uomo ordinario. In realtà, l’essere umano non è limitato alla parola per comunicare, ma si manifesta attraverso i suoi movimenti, in ogni suo gesto. Siamo stati abituati a credere che l’unico modo attraverso cui possiamo esprime la nostra intelligenza è attraverso le parole. Così, abbiamo scordato la grande scienza nell’utilizzo del corpo come mezzo cognitivo, come strumento per la trasmissione di conoscenze e la percezione di realtà più profonde. La danza non è solo un mezzo di espressione corporea ma è un linguaggio attraverso cui è possibile
esprimere verità e leggi universali. Attraverso le danze è possibile produrre un effetto sulle persone tramite alcune caratteristiche simpatetiche del corpo; che è capace di rispondere e ricevere impressioni trasmesse per imitazione. Nell’antichità, particolarmente prima della scoperta della scrittura, le danze erano usate per trasmettere la conoscenza di generazione in generazione. Gli antichi saggi usavano le danze ed i rituali per registrare e trasmettere la loro comprensione delle leggi del mondo. In questo modo le future generazioni avrebbero potuto decifrarle. Le Danze Sacre sono come libri, scritti un tempo attraverso il linguaggio dei gesti. Coloro
che scrissero questi libri sapevano che le parole via via che il tempo passa perdono il loro significato originario e che il senso loro attribuito si va modificando. Tuttavia, esistono delle verità che devono essere trasmesse all’umanità, che devono perdurare intatte nei secoli, superare le differenze ed i cambiamenti esteriori, così da poter raggiungere gli uomini di ogni tempo e di ogni cultura ed essere comprese. Queste verità non possono essere comunicate attraverso il linguaggio scritto e per questo motivo furono inserite all’interno delle Danze. Esse sono essenzialmente un linguaggio, un linguaggio universale che promuove una più profonda comprensione dell’essere e
delle leggi cosmiche; un linguaggio matematico che si accorda a esatte misure, a un’esatta durata e ad un esatto peso. “L’arte antica ha un certo contenuto interiore. Nel passato, l’arte aveva lo stesso scopo che hanno attualmente i libri: quello di conservare e trasmettere una certa conoscenza. Nei tempi antichi non si scrivevano libri, ma si incorporava la conoscenza nelle opere d’arte. Se soltanto sapessimo leggerle potremmo trovare molte idee nelle antiche opere d’arte pervenute fino a noi. Lo stesso discorso vale per tutte le altre arti compresa la musica. Le persone dei tempi antichi vedevano l’arte in questo modo”
“Supponete che, per studiare i movimenti dei corpi celesti, per esempio il movimento dei pianeti del sistema solare, venga costruito un meccanismo apposito, destinato a rappresentare e a ricordarci le leggi di tali movimenti. In questo meccanismo, ogni pianeta, rappresentato da una sfera di dimensione appropriata, viene posto ad una certa distanza da una sfera centrale che rappresenta il Sole. Mettendo in moto il meccanismo, tutte le sfere cominciano a girare su se stesse, spostandosi lungo traiettorie prestabilite, così da riprodurre visibilmente le leggi che governano il moto dei pianeti. Questo meccanismo avrebbe come risultato quello di richiamarle alla memoria le sue
conoscenza sul sistema solare. Nell’andamento di alcune danze avviene qualcosa del genere. Attraverso i movimenti e le combinazioni ben precise dei danzatori, vengono rese manifeste ed intellegibili determinate leggi a coloro che le conoscono. Si tratta delle cosiddette” Danze Sacre “.” “Avete visto i nostri Movimenti e le nostre Danze. Ma voi avete visto solo la forma esteriore, la bellezza, la tecnica. Ma l’aspetto esteriore che voi vedete a me non piace. Per me, l’arte è un mezzo per arrivare ad uno sviluppo armonico. Tutto quel che facciamo qui è stato previsto in modo tale che non si possa fare nulla automaticamente e senza la partecipazione
del pensiero. La ginnastica e le danze ordinarie sono meccaniche. Se il nostro fine è lo sviluppo armonico dell’uomo, allora le Danze ed i Movimenti, per noi, sono un mezzo per associare la mente ed il sentimento ai movimenti del corpo, in modo da ottenere una manifestazione comune. In tutto ciò che facciamo, cerchiamo di sviluppare qualcosa che non può essere sviluppato direttamente o meccanicamente, qualcosa che esprime l’uomo totale: mente, corpo e sentimento. Il secondo scopo delle danze è lo studio. Certi movimenti contengono la dimostrazione di qualcosa, racchiudono una determinata conoscenza, delle idee religiose e filosofiche.”
I Movimenti hanno due scopi: lo studio e lo sviluppo. G.I.Gurdjieff Il primo passo è quello di raggiungere una consapevolezza del corpo. Il corpo come la coscienza possiede differenti livelli ma nella nostra vita quotidiana viviamo solo ad un livello molto basso del nostro potenziale. Per questo motivo inizialmente i Movimenti richiedono uno sforzo fisico, una preparazione. Agiscono sulla coordinazione, fisica e spaziale, sul rilassamento delle tensioni, sulla capacità di attenzione nel corpo ed attraverso quest’ultima, sullo sviluppo della nostra capacità di attenzione generale. Ci aiutano così a liberare il corpo, de-condizionarlo, a
riscoprire le sue potenzialità e ad utilizzare la sua intelligenza specifica. Il corpo umano è un mezzo attraverso cui vengono trasformate energie. Nel modo più semplice ciò avviene con il cibo che ingeriamo ed assimiliamo. Attraverso i Movimenti abbiamo la possibilità di trasformare energie più sottili necessarie alla crescita interiore. I Movimenti sono un efficace strumento per la conoscenza di sé, poiché offrono l’opportunità di vedere sé stessi da una diversa prospettiva. “Ad ogni posizione corrisponde un certo stato interiore e ad ogni stato interiore corrisponde una certa postura. Un uomo nella vita ha un certo numero di posture
abituali ed egli passa da una all’altra senza fermarsi in quelle di mezzo. Prendendo nuove, insolite posture avrete la possibilità di osservare voi stessi in maniera diversa dal modo in cui lo fate di solito nelle condizioni ordinarie.” I Movimenti ci danno il sapore di ciò che è possibile. “ L’utilizzo più profondo della danza è quando non è per sé stessi, per la propria formazione e sviluppo, né per gli altri, ossia per la manifestazione e la trasmissione, ma quand’è un atto di adorazione. Uno danza per Dio, o per l’Immagine Sacra in cui crede. Quando la danza è in questa forma è veramente sacra e porta le persone in comunione.”
J.G.Bennett Incontro del 7 dicembre 1941 D: Accade qualcosa di intollerabile nel mio lavoro. Nonostante i miei sforzi non riesco a ricordare me stesso; ottenere una miglior qualità. Mi ci metto inutilmente per intere ore. Non ottengo risultati. Perché? G: Questo deriva dal tuo egoismo. Particolarmente il grande egoismo in cui sei vissuto fino ad ora. Tu sei racchiuso in esso, devi uscirne. Per uscirne devi imparare a lavorare. Non solo per te soltanto, ma per gli altri. Comincia con il lavoro sui tuoi genitori. Devi cambiare il tuo compito. Prendine uno nuovo, the same one on the neighbor, non importa chi, tutti gli esseri, o scegli tra le persone tra cui ti
trovi. Devi lavorare per te stesso mediante lo scopo di essere capace di aiutarli. Solo questo lotta contro l'egoismo. Io vedo che tu hai un passato molto cattivo, un egoismo particolare. Tutto il vecchio materiale viene a galla. E' per questo motivo che non puoi fare niente. E' normale; in accordo con l'ordine, in accordo alla legge. Prima di raggiungere lo scopo, ci sono molte salite e discese. Questo dovrebbe rassicurarti. Potrebbe rassicurarti completamente, ma tu devi lavorare su te stesso. D: Per uscire da questo stato di sofferenza, così vivido e così negativo. (Due tipi di sofferenza, una oggettiva, una soggettiva.) Posso fare uso di mezzi esterni, assumere dell'oppio, per esempio?
G: No, tu devi lavorare su te stesso. Distruggere l'egoismo nel quale hai sempre vissuto. Prova quel che dico. Cambia il tuo compito. Ora è necessario raggiungere un nuovo stadio. Voi entrambi siete sulla strada per la Gare de Lyon, ma tu passi per strade diverse, una da Londra e una dall'Opera. Siete entrambi a circa la stessa distanza. D: Vedo la mia impotenza e la mia codardia. Non posso dire niente e fare niente per un altro. Poiché la mia testa non è pulita. I have a sensation of whether a thing is right or not, ma non posso spiegare chiaramente il perché. G: Tu non puoi dire niente o fare niente per un altro. Tu non sai di cosa hai bisogno per te stesso, non puoi sapere di cosa ha bisogno un altro. Lavora di proposito per
lui. Ma recita la tua parte. Sii distaccato interiormente: Vedi. Externally speak as he does, in modo da non urtarlo. Devi acquisire la forza di farlo. Recita una parte. Diventa doppio. Per adesso lavori come coordinatore. Fai quello che ti dico, non puoi fare di più. Amore per il tuo prossimo; quella è la VIA. Porta a tutti quello che hai provato per i tuoi genitori. D: Si ha questo desiderio fin dall'inizio del lavoro. G: Certo, è la stessa cosa; sempre la stessa cosa che ritorna in gradazioni diverse. Ora a un altra gradazione. Tu devi superare questa crisi. Tutto arriva dal falso amore di
se', dall'opinione che si ha di se' stessi, che è menzogna. D: Ogni cosa in me è stata messa sottosopra dall'esercizio - in tutto il mio lavoro. Ha portato via la gioia del lavoro, l'ha reso doloroso, senza speranza, mi sento come un asino che tira una pesante carretta su per la collina. G: E' perché in te ci sono altre parti che sono state toccate. E' come un pittore che mischia sempre gli stessi colori e non c'è mai nessun rosso. Quando ci metter dentro il rosso, esso cambia ogni cosa. Devi continuare. D: Questo esercizio mi ha fatto sentire qualcosa che per me è nuovo; quando provo a farlo e pongo la mia attenzione su
quel piccolo punto immobile e vedo che non posso trattenermi davanti ad esso, ho la sensazione della mia nullità e ho visto come comprendere meglio l'umiltà. Questo piccolo punto è più grande di me. G: Perché in te hai un cane che ti ostacola in ogni cosa. Si chiama insolenza verso se' stessi. Devi distruggere questo cane. Dopodiché ti sentirai padrone di questo puntino, che tu sei più forte ed esso è nulla. Io non ho fiducia nel tipo artistico che vive nell'immaginazione, ha idee dietro la propria testa, non dentro, pensa di sentire ed esperire, ma in realtà è solo occupato con cose esteriori. Vive solo sulla superficie, al di fuori, non dentro, non in sè stesso. Gli artisti non sanno niente della realtà e immaginano di conoscerla. Non ti fidare di te stesso. Entra dentro te stesso, in
tutte le parti di te stesso. E' assolutamente necessario imparare a sentire e pensare nello stesso momento in ogni cosa che fai, in ogni giorno della vita. Sei una persona vuota. D: Come si dovrebbe pregare? G: Lo spiegherò, ma è per dopo. Nel nostro sistema solare alcune sostanze emanate dal sole e i pianeti, come quelle emanate dalla terra, fanno contatto in certi punti del sistema solare. E questi punti possono riflettersi in immagini materializzate che sono le immagini invertite del Tutto Più Alto - L'Assoluto. Vi dico che è sempre esistita in immagine materializzata nella nostra atmosfera. Se la gente potesse avere abbastanza concentrazione da entrare in contatto con queste immagini, riceverebbe
questa sostanza; in tal modo ricevendo, non stabilendo una linea telepatica come il telefono. D: Queste immagini si materializzano in forma umana? G: Sì. D: Se qualcuno mette se stesso in contatto con questa immagine, e una seconda persona può mettere se stessa in contatto con lui?, e una terza e una quarta, posso loro tutti ricevere questa immagine? G: Se sette persone possono concentrarsi abbastanza da mettersi in contatto con questa immagine, essi possono comunicare, a qualsiasi distanza, tramite la linea stabilita tra di loro, e le sette ne
formano una. Essi possono aiutarsi tra loro. Comunque, è solo spiegando qualcosa agli altri che uno comprende e assimila da sè completamente. D: Voglio sapere se materializzando l'immagine di un santo, questo mi porterà quello che desidero particolarmente. G: Tu pensi come una persona ordinaria. Non hai l'idea di materializzare niente ora. Per adesso prendi un compito di autosuggestione, così che una parte convince l'altra e ripete e ripete all'altra che cosa hai deciso. C'è una serie di sette esercizi per lo sviluppo successivo dei sette centri. Citiamo il primo, il cervello, che è quello che conta nella vita ordinaria. (la testa è un lusso) gli altri, anche l'emozionale, che è il solo che è necessario
è la corda spinale, quella che devi sviluppare è sofferenza per prima. Questo esercizio la rafforzerà. Allarga le braccia orizzontalmente ad un angolo preciso, contemporaneamente, fissa lo sguardo in un punto di fonte a te. Dividi la tua attenzione esattamente tra il punto e le braccia. Troverai che non ci sono associazioni, non c'è posto per loro, così tu sarai occupato con il punto e la posizione delle braccia. Fallo da seduto, da in piedi, poi sulle ginocchia. 25 minuti ogni posizione, parecchie volte al giorno - o meno. Una volta ho avuto un allievo che poteva stare per due ore senza muovere le braccia di un centimetro. Su altre cose era una nullità.
D: Quando desidero fare degli sforzi per il lavoro, si forma una dura barriera nel mio petto, impossibile da superare. Che potrei Fare? G: Non è niente. Non sei abituato a usare questo centro - è un muscolo che si contrae - solo muscolare. Continua, continua. D: Ho fatto questo esercizio fino a quando mi facevano male le spalle. Mentre lo facevo, ho avuto una sensazione di Io. Ho sentito me stesso distaccato, realmente Io. G: Tu non puoi avere un "Io". L' "Io" è una cosa molto costosa. Tu sei a buon mercato. Non filosofizzare, non mi intereressa, e non parlare di "Io". Fai l'esercizio come un esercizio, come un obbligo, non per i risultati (come l' "Io"). I risultati verranno
dopo. Oggi è solo servizio. Solo quello è reale. G: Non è una porta ma molte porte. Devi aprire ogni porta, impara a farlo. D: Ho lavorato in particolare sull'amor proprio. G: Senza amor proprio un uomo non può fare nulla. Ci sono due qualità di amor proprio. Una è una cosa sporca. L'altra, un impulso, amore del vero "Io". Senza di questo, è impossibile muoversi. Un antico detto indiano dice - "Felice è chi ama se stesso, per potermi amare" - Vedo dal rapporto di Mme. S. che nessuno mi ha compreso. Si ha bisogno di fuoco. Senza fuoco, non ci sarà mai niente. Questo fuoco è la sofferenza, sofferenza volontaria,
senza la quale è impossibile creare nulla. Ci si deve preparare, bisogna sapere che cosa farà soffrire e quando è lì, fare uso di esso. Solo tu puoi preparare, solo tu sai cosa ti fa soffrire, che fa il fuoco che cuoce, cementa, cristallizza, fa soffrire tramite i tuoi difetti, nel tuo orgoglio, nel tuo egoismo - ricorda te stesso, dello scopo. Senza sofferenza preparata non c'è niente, for by as much as one is conscious. non c'è più sofferenza. No further process, nothing. Questo perchè con la tua coscienza tu devi preparare cosa è necessario. Tu appartieni alla natura. Il cibo che mangi, che nutre la tua vita. Tu devi pagare queste sostanze cosmiche; tu hai un debito, un'obbligazione, da ripagare con il lavoro conscio. Non mangiare come un animale,
ma rendi alla natura quello che ti ha dato. Natura, tua madre. Lavoro - una goccia, una goccia, una goccia - accumulato durante il giorno, mesi, anni, secoli, forse darà risultati. D: Sono arrivato al punto di essere infelice, ogni cosa mi è disgustosa, di nessun interesse. G: E quel fazzoletto sistemato a modo come quello nel tuo taschino? Quello ti interessa. Bene, la natura vuole il tuo bene, ne sono felice. Lei ti conduce al lavoro reale rendendoti tutto il resto disgustoso - è un passaggio che devi fare. Più lavori, più verrai fuori da questa scomodità, questo vuoto, questa mancanza. D: Anche il lavoro mi è disgustoso.
Mme de Salzmann: Perché tu non lavori, non c'è mai nessun lavoro con te, sempre niente tra noi quando siamo insieme - è il vuoto. Una persona non può portare tutto da sola. Sei tu che devi fare lo sforzo per te stesso. Stasera è lo stesso. Nessuno è lì nessuno fa lo sforzo. G: Poi si deve cambiare il modo di lavorare. Invece di accumulare per un'ora, si deve provare a mantenere costantemente la sensazione organica del corpo. Sentire il proprio corpo ancora, senza interrompere le proprie occupazioni ordinarie mantenere un po' di energia, per prendere l'abitudine. Ho pensato che l'esercizio ti avrebbe permesso di mantenere l'energia a lungo, ma vedo che non è così. Bagna un fazzoletto, strizzalo, mettilo sulla tua pelle.
Il contatto ti farà ricordare. Quando è asciutto, ricomincia. LA CHIAVE DI OGNI COSA Rimani aperto Rimani distaccato. Il nostro scopo è quello di avere costantemente la sensazione di noi stessi, della propria individualità. Questa sensazione non può essere espressa intellettualmente, poiché è inorganica. E' qualcosa che ti rende indipendente, quando sei con altre persone. Incontro di Giovedì 8 aprile 1943 D: Si può "lavorare" in un bagno turco e cosa è meglio fare? G: L' "hammam" è un posto eccellente per lavorare se uno ci può lavorare. (In particolar modo quando si è nella stanza
più calda o tra le mani del massaggiatore.) Ricordare sé stessi senza smettere. Tutto fa esercizio lì. (Tracol dice che qui teme particolarmente l'immaginazione nel lavoro. Gurdjieff gli risponde che comunque in questo caso non sarebbe molto pericoloso poiché il tempo trascorso lì è poco.) 2 Per essere capace di lavorare lì dà a te stesso la tua parola prima di andarci. Pensa. Mentre sei lì. Datti un compito poiché all'inizio è difficile; comunque, se si è capaci, lì si può fare un eccellente lavoro. L'animalismo si espande, si è completamente dentro la sua piacevole sensazione corporea e lavorare qui pone delle difficoltà. Phillippe: Come si dovrebbero capire le parole: "sacrifica la tua sofferenza."
Gurdjieff: (Prima, da dove vengono queste parole?) (Da un discorso con Gurdjieff) Sacrifica la tua sofferenza per il tuo prossimo, la tua sofferenza volontaria, non per te stesso, ma per gli altri. (Questa regola faceva parte del giuramento pronunciato in passato dai dottori quando erano astrologi e tanto tempo fa quando dovevano promettere di sacrificare il loro sonno, la loro fatica, la loro sofferenza, per gli altri). Phillippe: Perché la maggior parte della sofferenza umana gira intorno all'amore e cose di sesso? Gurdjieff: Perché questa domanda? Non riguarda la tua personalità. Chiedilo in un altro modo.
Phillippe: Perché la maggior parte delle associazioni, che interferiscono con il lavoro, sono associazioni sessuali? Gurdjieff: Questa domanda è soggettiva. Non è così per tutti gli uomini. È un'anormalità risultato della masturbazione infantile. Ma qual è il nesso tra questo e la sofferenza? Non c'è traccia di sofferenza qui. Ogni uomo ha in se tre escrementi che si elaborano da soli e che devono essere espulsi. Il primo è il risultato del nutrimento ordinario ed elimina sé steso naturalmente, e questo deve essere ogni giorno, altrimenti seguirà ogni sorta di malattia. (I dottori lo sanno bene.) Per lo stesso motivo per cui vai in bagno per questa manutenzione, devi andare al bagno per il secondo escremento che è espulso da
te tramite funzione sessuale. È necessario per la salute e l'equilibrio del corpo; ed è necessario certamente per qualcuno farlo ogni giorno, in altri ogni settimana, in altri ancora ogni mese o ogni sei mesi. È soggettivo. Per questo devi scegliere un bagno appropriato. Uno che è buono per te. Un terzo escremento si forma nella testa; è immondizia del nutrimento delle impressioni, e le scorie accumulate nel cervello. (I dottori lo ignorano, come ignorano anche il ruolo dell'appendice nella digestione, e lo rifiutano come immondizia.) Non è necessario farsi coinvolgere nell'atto con sentimento. Qualche volta è anormale farli coincidere. L'atto sessuale è una funzione. Uno lo può considerare come esterno a sé, anche se l'amore è interno. L'amore è l'amore. Non ha bisogno del sesso. Può essere sentito per
una persona dello stesso sesso, persino per un animale, e la funzione sessuale non c'entra. Qualche volta è normale unirli; questo corrisponde a uno degli aspetti dell'amore. È più facile amare in questo modo. Ma, allo stesso tempo è poi difficile rimanere imparziali come l'amore richiede. Ugualmente se uno considera la funzione sessuale come necessaria medicalmente, perché dovrebbe amare un rimedio, una medicina? 3 Originariamente l'atto sessuale doveva essere eseguito solo per la riproduzione delle specie, ma a poco a poco l'uomo ne ha fatto uno strumento di piacere. Dovrebbe essere un atto sacro. Si dovrebbe sapere che questo seme divino, lo Sperma, ha un'altra funzione, quella della costruzione in noi di un secondo corpo, da cui la frase "Felice colui che capisce la
finzione degli 'exioeccari' per la trasformazione del proprio essere. Infelice colui che li usa in un solo modo". Aboulker: Perché le religioni proibiscono l'atto sessuale? Gurdjieff: Poiché all'origine conoscevamo l'uso di questa sostanza, da cui la castità dei monaci. Ora noi abbiamo dimenticato questa conoscenza e rimane solo la proibizione che attrae ai monaci una quantità di disordini specifici e malattie. Guarda ai preti dove crescono "come grassi maiali", (li domina l'interesse del cibo) oppure sono "magri come il diavolo" (e hanno dentro poco amore per il prossimo), i grassi sono meno pericolosi e più affabili. Giovedì, 1° luglio 1943
S: Mi inganno spesso nella mia opinione su altri. Questo è brutto per me. Do credito alle persone per qualità che non possiedono; lo vedo solo più tardi quando le conosco meglio. Non so come riconoscere l'ipocrisia e la vedo sempre troppo tardi. Mi piacerebbe avere un mezzo per giudicare le persone e riconoscere chi può essermi utile e chi inutile. Gurdjieff: Tu non puoi, devi prima preparare te stesso a vedere la realtà. Nel frattempo, recita esteriormente una parte. Interiormente, riconosci la tua non-entità (non entityness). Tu non sai niente. Se hai l'abitudine di fare le cose in un certo modo, falle in questo modo. Dì “Buongiorno" come dici sempre buongiorno. Ma allo stesso tempo lavora per rimanere nel
lavoro che stiamo facendo qui e poi sarai capace di riconoscere le persone. Per ora, ognuno è come te: niente, zero. Non importa se è un operaio, o un senatore, egli è una merde come te. Lavora per non essere una non-entità; lavora, così che sia tra un giorno, un mese o un anno tu non sarai una non-entità. Fai tutto esattamente come sei abituato a farlo. Ma devi recitare una parte, senza partecipazione, senza identificarti interiormente: e ricorda che il tuo valore è - zero. Lavora, lavora e ancora lavora, al fine di cambiare quella nullità in qualcosa di definito. L'educazione fa una maschera. Quando guardi la gente, tu credi a questa maschera. Dopo un po' la maschera cade e tu vedi che sono la stessa merde che sei tu. Non importa chi tu stia guardando, egli rappresenta una maschera. Se lo osservi a
lungo, con imparzialità e attenzione, vedi che non è sempre capace di tenersi la maschera; nello stesso istante, la merde verrà mostrata attraverso, è la stessa che è in te. Egli è niente, come tu sei niente, fosse anche un colonnello, senatore o milionario. E' solo le combinazioni di vita che ci sono qui (?). Ma egli stesso rappresenta soltanto una nullità. Non è nulla soltanto chi ha compreso la propria nullità e ha lavorato su di sè per cambiarlo. Quell'uomo è un'altra qualità di merde: con "rose". E' ancora merde ma non ha lo stesso odore. Lavoro, metti ogni cosa a confronto con esso, e stai certo che tutti quelli che non lavorano sono nullità come te. Tu non sei nulla, ma anche lui non è nulla. Egli è un
generale, un colonnello, queste sono cose esteriori: non valgono (costano) nulla. Nella vita, ogni cosa è accidentale occupazione, posizione, tutti gli obblighi; che uno sia il sindaco o il poliziotto all'angolo. E' la vita che crea queste anormalità. Interiormente, ogni cosa è sempre la stessa cosa. Le cose esteriori non cambiano le cose interiori. Solo il lavoro cosciente è capace di cambiare l'interiorità - lavoro cosciente e sofferenza volontaria. Sim: Ho notato per un lungo periodo che molto spesso, e riguardo faccende molto diverse tra loro, una voce interiore mi ha detto quel che dovevo fare. Io la percepivo, ho sentito quel che diceva, ma senza eseguire quello che mi diceva. Ho agito diversamente e poi ho visto che la voce ha sempre ragione. Mi piacerebbe sapere se
non devo prestarle attenzione o al contrario darle più retta. Gurdjieff: Non fare nulla di tutto questo. Compra un quadernetto, fai una registrazione. Scrivi ma non fare niente. Quella voce è il tuo istinto; qualche volta l'istinto può apparire attraverso la coscienza, ma è raro. Forse essa proverà che tu hai un vero istinto. Guarda se le registrazioni lo dimostreranno. Ora forse troveremo un esercizio. Ma non fare niente prima. Sim: Ma per scriverlo, devo farlo al momento (rendermi conto). Gurdjieff: Fai una nota, parlerò dopo. Forse è suggestionabilità, fantasia, idiozia. In base al risultato io dirò matematicamente
che cos'è. Qualche volta l'istinto è una cosa molto indipendente. Ma come sia per te, non lo so. Parlerò dopo. Prima di quello, continua come stai facendo, prima di quando non noti niente Sim: Sarebbe meglio dopo se io ho eseguito quello che essa mi dice. Gurdjieff: Vedremo. Tu la pensi così, ma forse è il contrario. Forse è psicopatica. Io non voglio credere a niente tranne che a i fatti dati dalle registrazioni. (Statistica). Tu parli soggettivamente. L'oggettivo non lo conosco. Lu: Io provo a mantenere il sentimento di non-entità e sofferenza volontaria quanto più spesso possibile. Ma noto che dà un paralisi lunga tanto quanto l'azione implicata. Mostra la futilità di tutte le
azioni e occupazioni. Se, prima, dovevo fare uno sforzo per fare una data cosa, oggi mi devo anche portare il collare di ferro di questa non-entità. Lo sforzo è raddoppiato. Cosa dovrei fare perché questo sentimento di nullità non mi paralizzi, non interferisca con la vita esteriore? Gurdjieff: Fai quello che ti ho già detto. Uno deve lavorare solo la terza parte del proprio stato di veglia. Stabilisci un tempo speciale per il lavoro. Non mischiare le cose: stabilisci un tempo: domani tra le dieci e le undici, vita ordinaria. Le altre idee, il lavoro, mandale al diavolo. Lu: Non si è mai liberi di mandare via il sentimento della propria nullità?
Gurdjieff: Metti da parte il tuo nuovo stato. E fai quello che ti ho detto prima, quando non avevi cominciato il lavoro. Non si devono mai mischiare le faccende. Per adesso non usare ancora i risultati del lavoro interiore per il lavoro esteriore. Non ancora. Tu sei a scuola, come un bambino. Non è per la vita, non per guadagnare soldi. Tu vorresti sapere un grande segreto che non useresti. Quello è una cosa, la vita un'altra cosa. Mercoledì, venerdì, domenica, fai quel che ti piace, manda al diavolo tutti gli altri pensieri; se li mischi, uno ostacolerà l'altro. Lu: Il sentimento di nullità, non chiamato, che viene da sé, è davvero automatico e quindi distruttivo?
Gurdjieff: Nel tempo accantonato per il lavoro, fai un commento più vivace. Il resto del tempo, al diavolo. E' psicopatia. Gurdjieff a An: Non ho mai sentito il suono della tua voce. Io conosco la tua voce nella vita, ma non nel nostro circolo. Puoi dirmi qualcosa? An: Non ho lavorato ancora abbastanza per fare una domanda. Gurdjieff: Come lo sai? An: Perché non oso. Gurdjieff: Prima avevi una domanda. An: Non oggi.
Gurdjieff: Bene, prima, ieri. (Mme. de Slzman dice a Gurdjieff la domanda che aveva posto An) Gurdjieff: Chi lavora diventa un attore, un vero attore nella vita. Essere un attore è recitare una parte. La vita è il teatro dove ogni uomo recita una parte. Ogni giorno essi la cambiano. Oggi una parte, domani un'altra parte. Solo che lui è un buon attore che è capace di ricordare sé stesso e recitare consciamente la sua parte, non importa quale possa essere. An: Ma come si può conoscere la parte che si deve recitare? Gurdjieff: Tu parli con Boussik - tu sai chi è lei, come uno dovrebbe essere con lei,
cosa le piace. Bene, poi fallo. Interiormente lei è nulla per me, è una merde per me. Le piace la gente che le fa il baciamano; io glielo faccio perché le piace. Sono gentile con lei. Interiormente voglio insultarla, ma non lo faccio. Recito la mia parte. Così poi lei diventa (la) mia (schiava). Interiormente io non reagisco. An: Non ho successo nell'essere buona con gli altri. Gurdjieff: Forse non sei ancora libera. An: Vorrei approfittare trarre profitto da ogni cosa, egoisticamente per me stessa. Gurdjieff: Devi lavorare. Ammazza il cane in te. Tu reciti la tua parte solo teoricamente, ma ti dimentichi in fretta e
torni alla tua nullità. Il tuo compito sarà di ricordare più a lungo. Dr. Ab: Che c'è di buono nell'avere schiavi? Gurdjieff: Per la vita; se tu non hai nessuno schiavo, sei schiavo di qualcuno. Dr. Ab: Non si può semplicemente essere uguali? Gurdjieff: Mai. Come è possibile? Tu hai quattro occhi e io due. Questa è già una differenza. Tuo padre amava tua mamma se si sdraiava a sinistra; mio padre amava mia mamma se si sdraiava a destra. Il risultato: io sono uno, tu un altro. Per me una legge, per te un'altra.
Il benessere dell'uomo è che ognuno sia suo schiavo. Tu dici che il lavoro ti ha cambiato. Grazie al lavoro non sei più una merde; grazie al lavoro conscio e alla sofferenza volontaria. Obiettivamente te lo meriti. Dr. Be: Per ora i nostri cani ci obbligano a usare gli altri per i nostri fini. Gurdjieff: Lì hai buon terreno per esserelavoro. Oggi sei un uomo ordinario; nel tuo lavoro prova ad essere un uomo superiore. Dopodiché, forse, sarai un uomo completo, un vero uomo. Per adesso, quando senti i tuoi cani, lotta contro di loro; questo conflitto ti è necessario, per diventare un vero uomo; è buon terreno per il lavoro. E ci sono ancora molti cani in te che sono invisibili.
Dr. Be: Ma uno dovrebbe arrendersi a usare i propri poteri sugli altri? Gurdjieff: Oggi lo fai inconsciamente; prova a farlo consciamente. Allora sarà buono, sia per gli altri che per te. Non c'è altra giustizia. Incontro di giovedì 22 luglio 1943 Simone: Prima di conoscere il lavoro, ero molto più inquieto, perché sentivo brutte cose delle quali pensavo che non avrei mai potuto sbarazzarmi. Questo mi manteneva inquieto, non costantemente forse, ma molto di frequente. Ho percepito che con il lavoro, é passato, e mi sono sentito più calmo interiormente. Mi piacerebbe ritrovare il stato di inquietudine perché mi
manca. Cosa posso pensare o fare per ritrovarlo? Gurdjieff: Prima credevi che potevi riuscirci con quello. Con questi risultati non puoi fare mai niente. Riuscirai soltanto se fai uno sforzo più forte dell'ordinario. Ma tu forse non ne hai neanche il gusto. Tu sei stato qui per molto; sei limitato per capire cos'è lo sforzo. Auto-sforzo. Sto per dirti una segreto: l'auto-sforzo non è possibile tutto in una volta sola; è necessaria una preparazione. È necessaria la lotta. Finché uno riesce, uno dimentica, uno ricorda, uno dimentica, uno ricorda. Ma quando sei accomodato, calmo, puoi pensare e cominciare a fare; fino ad ora non hai fatto ancora alcuno sforzo.
Simone: Per questo ho fatto la domanda. Sono lì e mi sento troppo tranquillo. Gurdjieff: Tu immagini, credi che andrai direttamente in Paradiso. No, ci devono essere sforzi sopra l'ordinario. Per esempio, per questa persona (indica un nuovo arrivato) è abbastanza buono per lei, ma tu, non andrai lontano con questo. Devi cominciare a fare un super sforzo, e ora, se non lo fai, è perché non hai uno scopo. Come puoi stare calmo? Con lo sforzo che stai facendo oggi, non riuscirai mai. Una persona normale non potrebbe rimanere calma. Simone: È proprio per questo motivo che questo mi rende inquieto.
Gurdjieff: È necessario fare sforzi qui. Sei abituato a rendere come prima nella vita. Prima, andava bene, ora non è abbastanza. Lo sforzo deve tendere tutti i tuoi muscoli, tutti i tuoi nervi, anche tutti i tuoi cervelli. Una simile concentrazione deve essere tua. Dovresti averlo fatto da molto tempo. All'inizio, per una persona nuova, è perdonabile. Per te, tu hai il gusto del lavoro vero. Devi realizzarlo nella tua vita ordinaria. Io sono - sempre: io sono. Non dimenticare mai. A poco a poco il tuo "io" farà un contatto con la tua essenza. È necessario ripeterlo molte volte. Dr. Arboulker: Sono arrivato a preferire emozioni violente piuttosto che l'abituale e passiva inerzia.
Gurdjieff: Questo non esiste per il tuo vero "me", attivo o passivo. Dipenda dal tuo stato. Le cose esteriori sono indifferenti. Ricorda qualche volta, tu pensi che sia negativo, e forse è il contrario. Per avere una verità materiale, non pensare al tuo stato. Non filosofare; osserva soltanto; punta al tuo vero "me". Luc: Ho fatto quasi la stessa osservazione del dottore. Ma questo invita le emozioni negative a ritornare più fortemente. Questa settimana è stata la migliore, poiché ho avuto alcune emozioni negative. È pericoloso, è reale, è possibile la devastazione, ma ho avuto il gusto di quel che può essere una vita. Gurdjieff: Continua. Ma con la comprensione che stai accumulando una
cosa sostanziale non solo per il presente, ma per il futuro. Questo è molto importante. È già tempo di pensare al ricordo e allo stesso tempo di raffigurare a te stesso in forme, non parole, quello che ti sta accadendo. Luc: Sono stato esaurito persino organicamente dalle mie emozioni negative. Oggi, non mi sono mai sentito così bene, così animato. Gurdjieff: Non hai mai avuto, precedentemente, alcun argento liquido. Devi sentire che tu oggi hai dell'argento liquido. Luc: Si sente che il corpo è sotto pressione, che è il teatro di una tale lotta che sta per andare in pezzi.
Gurdjieff: Ho detto: l'uomo non è un maiale, non può scoppiare quando mangia. Il maiale ha uno stomaco normale; non può mangiare di più di quello che gli permette il suo stomaco; scoppierebbe; l'uomo è un furfante; ha uno stomaco di gomma d'India. È peggio del maiale; ingoia, ingoia senza scoppiare mai. Non solo lo stomaco, tutti gli organi sono di gomma. Ma a poco a poco ha degenerato. Persino la gomma, se non la si usa, si restringe. È soltanto se lo si gonfia un migliaio di volte più grande che è come deve essere. (It is only if one restores it a thousand times bigger that he is like he must be). "Scoppiare", è una parola fantastica. Solo i maiali possono scoppiare, l'uomo non può. Il maiale ha uno stomaco normale, può scoppiare: Lo stomaco dell'uomo è di gomma, e tutti i
suoi organi. Continua senza paura, se è dieci volte più forte, tanto meglio; andrai dieci volte più veloce qui nel mio gruppo. Non avere paura, non scoppierai. È immaginazione. Come si può scoppiare se si mangia bene? Sei abituato a ingoiare come una maiale. Non hai mai mangiato bene. Solo ora cominci a imparare cos'è il vero mangiare. Non essere spaventato. Continua e continua. Lascia questa sensazione che crea questo si espanda ogni volta; sei esattamente come un bambino che ha il singhiozzo quando ha mangiato un grande pasto. La natura allarga il suo stomaco. Un bambino può avere il singhiozzo un migliaio di volte. Sei alla prima volta. Non ti spaventare; li avrai 999 volte in più.
Madame Franc: Capisco bene la lotta contro le emozioni negative ma quello che mi disturba è un leggero aspetto del mio carattere che scherza, anche sulla mia miseria stessa. Questo mi impedisce il rimorso e la pietà. Come posso sbarazzarmene? Gurdjieff: Questo prova che non sai cosa stai cercando. Ti interessi di queste questioni senza partecipazione del tuo istinto. Lo hai detto molto bene. Io capisco perché non vai avanti. Io conosco il segreto del perché rimani lì ferma, uno, due, uno, due; fino ad ora il tuo istinto era isolato. Non ha mai preso parte al tuo lavoro. ti darò una serie di esercizi. Ma hai capito cosa ho spiegato. Tu hai sentito che il tuo interiore non è mai interessato a queste cose per cui stiamo lavorando. Qualcosa in
te rimane da parte; esso guarda. Un'altra parte di te fa qualcos'altro; lavori senza istinto. Ogni cosa lavora; la testa, il sentimento, tranne quella che deve. Non ha mai fatto nulla per cambiare. 6 Hignett: Ho provato ad usare le emozioni negative. Le ho sopraffatte molto bene, ma ho avuto la sensazione di annientarle invece di convertirle. Non riesco a usarle come una forza. Le sopprimo. Gurdjieff: Non devi sopprimerle. Quel che succede in te è un altro impulso che per un breve tempo prende il posto dell'impulso negativo. Così da parte, per un momento. Ma non è distrutto. Si deve fare tante volte "Chick", "Chick", per distruggerle. Non puoi accertarti che è assente; ma se tu cambi stato vedrai che funziona più
debolmente. Perciò, hai un programma di lavoro. Se hai capito, continua a estirpare, a cacciare via gli impulsi. Ma non stare tranquilla. Fallo serenamente. Questo è un altro impulso che rimpiazza, troppo flebile da percepire per te; e immagina di non avere più emozioni negative. Solo le vibrazioni forti raggiungono la tua coscienza. Mechin: Negli esercizi, sono molto disturbato dalle associazioni. Contro di loro non posso fare niente. Che dovrei fare? Gurdjieff: Le associazioni sono una parte della nostra presenza. Se la nostra presenza avesse uno scopo, vorrebbe che accadesse qualcosa. Questo prova che la nostra presenza non ha uno scopo. Tu hai uno
scopo solo con un centro - (che vuole arrivare in Paradiso con gli stivali sporchi). Si deve avere uno scopo con tutta la propria presenza e lavorare per questo obiettivo. Non con una parte, un solo centro. Io ho associazioni; ma esse non raggiungono la mia coscienza. La circolazione del sangue fa anch'essa tutto da sola. È una funzione automatica. Non mi disturba. Va giorno e notte. Ci sono anche le associazioni; come il mio cuore sta lavorando; e ci sono altre funzioni; per esempio, io vedo, presto attenzione; quel che ho mangiato viaggia. Posso pensare a questo tutta la sera, ogni centimetro dà sensazioni differenti. Automaticamente tu sei occupato con questo. Devi avere uno scopo, e lasciare da parte le funzioni organiche. Non ascoltarle con, la coscienza, col pensiero. Si deve imparare a
pensare imparzialmente. Solo questa somma di sforzo ti porterà al pensiero normale. L'esercizio che deve fare, Madame de S. può formulare. Gurdjieff a Ansi: Hai capito? Ansi: No. Gurdjieff a Luc: Hai capito? Luc: Sì. Gurdjieff: Spiegalo a lui; questo sarà il tuo compito. Ansi: Ho notato che prima, le mie emozioni negative, my negative emotions came most of all in my relations with
People. Ero violento e indesiderabile quando dicevo cose alle persone. Per un po' di tempo ho provato a lottare contro questo. Ma sono caduto nell'indifferenza e non so come cambiare il mio stato. Gurdjieff: Non è necessario cambiare; è molto buono. In te sta crescendo un riapprezzamento dei valori. Prima, ti interessavi di cose a buon mercato. E per te non aveva valore quel che non era interessante. Ora quel che per te ha valore è quello che prima non ti interessava. Questo è il motivo. Ansi: Ma io voglio cambiare. Gurdjieff: Perché? Il tuo stato è già cambiato. Prima non vedevi che eri
interessato da cosa senza valore. Più di così ora. il tuo stato è cambiato. Ansi: Ma se qualcosa mi ferisce, anzichè essere arrabbiato o offeso, sono indifferente. Gurdjieff: Normale; è poco ma è normale. Prima avevi il tuo amor proprio. Non vale niente, è una cosa ordinaria;ora lo hai capito. Vedi che è idiota, una nullità, un escremento; prima non lo sapevi. Oggi lo vedi; non sei arrabbiato. Vedi le manifestazioni dell'escremento. Se è così, sono molto contento. Senza volerlo, senza saperlo, sei già avanzato oggettivamente, avanzato meccanicamente. Presto sarai il nostro stimabile camerata.
Lanctin: È possibile nelle condizioni attuali evitare uno sviluppo troppo disarmonico del corpo rispetto lo sviluppo generale? Gurdjieff: Per lo sviluppo fisico non esistono le stagioni. Non stagioni politiche. È sempre necessario. Devi educare il tuo corpo con la tua testa, coscientemente. È molto semplice. Non permettergli mai di fare quello che vuole. Fargli fare tutto il contrario di quello che ama. Gli piace lo zucchero; non dargliene. Si deve ferirlo per lottare, hai sempre ragione quando resisti al tuo corpo. Ogni cosa al contrario; è così che Dio ha creato il tuo corpo e il tuo intelletto. È una cosa molto semplice. Per questo non è necessario leggere. Il programma è molto semplice. Sotto tutte le condizioni, in tutte le situazioni politiche, l'uomo deve educare il suo corpo a
sottomettersi a lui. La tua personalità può educare il tuo corpo. Colui nel quale il corpo è forte e prende l'iniziativa su di lui, è nulla. Chi ha il corpo reso schiavo, è intelligente. Capisci il significato di intelligente? Intelligente significa colui che comanda il suo corpo. Se il corpo comanda, sei una nullità, un villano - se tu comandi il tuo corpo sei intelligente. Perciò scegli cosa vuoi. Intelligente o villano? Se vuoi essere un villano lascia che il tuo corpo ti comandi. Se vuoi essere intelligente, lascia che la tuo coscienza comandi il tuo corpo. Più vuoi comandare il tuo corpo, più esso ti si oppone. E nel resisterti più forza ti dà. Incontro di Sabato 18 settembre 1943
Lettura: Introduzione alla ottava serie. Alcuni libri di Gurdjieff. Dopo cena, il Sig. Gurdjieff chiede a quelli che sono tornati dalle vacanze di fargli un resoconto del loro lavoro. Mme Franc: Durante le vacanze ho fatto i due esercizi che mi hai dato, l'esercizio sulla divisione in due e sulle sensazioni di caldo, freddo, e lacrime (n.d.t. la parola tears tradotta "lacrime" potrebbe anche essere "strappo"). Non posso dire di aver avuto molti risultati da questi esercizi, ma ho avuto risultati nel comprendere. La divisione in due, non posso dire di essere riuscita a farla, ma il lavoro mi ha dato un centro di gravità nella mia testa. Questo ha cambiato molte cose per me e mi ha permesso di deidentificarmi un po' dal mio corpo e posso vedere più chiaramente nel
mio lavoro. So meglio cosa sto facendo e cosa devo fare. Questo ha cambiato i valori. Gurdjieff: Avevo già capito che avevi una personalità. Ora senti in te qualcosa, una separazione. Il corpo è una cosa e tu sei un'altra cosa. Mme Franc: È quello che sento, ed è una cosa che giudica. Gurdjieff Devi congratularti con te stessa. Sono contento con tutto il mio essere. È la prima cosa. Senza questo non puoi mai continuare. Senza questo per 10 anni, 100 anni, il tuo lavoro sarebbe soltanto titillazione.
Mme Franc: Mi sembra che ora qualcosa sia stato oltrepassato. Gurdjieff: Ora devi renderlo fisso. Si deve nutrire il bambino che potrebbe crescere. Dargli buon latte, delle uova, ogni cosa necessaria a un bambino. Quando sarà un ragazzo, sarà capace di parlare e io sarò capace di capirlo. Per me il tuo cliente è lungo abbastanza. Mme Franc: Volevo anche dirti che l'esercizio delle sensazioni mi ha mostrato che vivevo nell'immaginazione, Poiché noto che è soltanto quando esperisco qualcosa organicamente che è reale; ma non sono capace di concentrarmi abbastanza sulla figura dell'immagine.
Gurdjieff: In generale questa è la tua debolezza. Non è necessario parlarne. È ancora una cosa soggettiva. Ora se ti spiego qualcosa, puoi capire. Prima non avresti potuto capire niente. La prima volta ti sei sentita offesa. E se dico la stessa cosa ora tu puoi comprendere. Mechin: Ho provato a continuare l'esercizio della divisione in due e, vedendo che non ci riuscivo, ho pensato che era perché l' "io" in me non era abbastanza forte. Tutta la mia attenzione era spostata a "io sono" e, in effetti, questo ha sviluppato a poco a poco una sensazione molto più forte, che non avevo mai avuto, di "io". Ho accertato in effetti che questo ha cambiato tutti i valori in me, che quello che avevo capito teoricamente fino ad ora, ora lo capisco in un modo diverso e questo mi ha fatto
capire anche molti problemi, che fissati in me specialmente la necessità per me, ha smesso da questo momento di recitare una parte. Ma, come durante le vacanze, ero abbastanza solo nella parte che dovevo recitare, dovevo recitarla con i miei genitori e sopratutto con mia madre, che era il momento dove arrivava la difficoltà. Ho accertato che ero completamente incapace di recitare una parte, che era impossibile. Gurdjieff: Tu hai capito che cos'è recitare una parte; hai capito che valore ha per te, hai assaggiato? Bravò! Mechin: Poi, mi sono sforzato ulteriormente con l'esercizio di divisione. Ho provato a capirlo e un giorno, passando
davanti a uno specchio, sono rimasto molto sorpreso che vedevo me stesso come un estraneo. Ho pensato che avrei dovuto usare questa prova per fare questo esercizio; dopo, facendo l'esercizio, ho visto me stesso come mi sono visto allo specchio; ne ho avuto solo una fredda figura, senza vita. Ho visto un corpo senza vita e ho provato a stabilire relazioni con il mio vero corpo. Nel provare a farlo mi è sembrato che questo mi desse, in più, un gusto di cosa potrebbe essere la divisione. Ho sentito che si deve fare questo. Gurdjieff: È abbastanza, sei nato. La tua individualità è nata. Prima eri come un animale senza "io". Ora hai un “io" e le proprietà di un uomo. Te le ha date questo esercizio. Prima non avevi individualità, eri il risultato del tuo corpo, come un cane, un
gatto o un cammello. Ora se hai delle corna, puoi vederle e stupirtene. Prima non potevi vedere niente. Ora hai un'individualità che non avevi. (Rivolgendosi agli altri) Lui ha acquisito un'individualità. Prima non l'aveva. Era un pezzo di carne. Avrebbe potuto lavorare mille anni, non avrebbe mai avuto alcun risultato. Sei un camerata di Mme Franc. Entrambi potete diventare iniziati alla prima iniziazione. È una cosa piccola ma è una cosa grande, una garanzia del futuro. Mi congratulo anche con voi. Per la prima volta in tre anni sono felice internamente. Sono felice dei miei sforzi. Poiché questo non è per caso, che ce ne sono altri due. Tu non sei più fidanzato, non più Mechin, tu sei mio fratello più giovane (a Mme Franc) tu sei mia sorella. Dopo parleremo separatamente.
Gurdjieff a Yvette: Non sei felice? Yvette: Sì, e posso dire che quel che Mme Franc ha detto mi sembra che ero io che lo dicevo perché per qualche tempo c'è qualcosa di completamente nuovo in me e c'è anche il timore di vederlo sparire. Poiché, in generale, tranne che in momenti molto rari, c'era in me qualcosa che prima non c'era ed essenzialmente qualcosa nella mia testa, qualcosa che sentivo nella mia testa, sulla quale mi appoggio e che mi separava dal resto, distinta dal mio corpo, da tutto quel che sono, dal mio sentimento. Gurdjieff: Puoi forse dire che tu sei una cosa e il tuo corpo un'altra cosa. Prima non potevi dirlo sinceramente.
Yvette: È una cosa che si può mantenere? Gurdjieff: Abbiamo trentatré qualità di liquido che posso darti. Non è necessario capire; mi hai chiesto se è possibile e io ho detto sì. Ho detto anche che ci sono trentatré qualità di fluido. Tracol: Mi hai fatto accuratamente sentire, per un momento, la mia attitudine di oggi di fronte al lavoro. È stato quando hai ricordato durante la cena l'aneddoto del Curdo. L'esercizio che mi hai dato diciotto giorni fa e che consiste in un continuo richiamo: a ogni inalazione e a ogni espirazione io devo pensare "io sono” e devo depositare l'elemento attivo dell'aria nelle mie gambe mentre sono reclinato o seduto, e nel plesso solare quando sono in piedi. Ho provato a fare questo esercizio,
provo a farlo sempre e, più lo faccio, più mi diventa quasi impossibile farlo, tranne nei momenti in cui posso riunire le condizioni più favorevoli. Ma meno le riunisco, più desidero riunirle e non potrei veramente abbandonare questo esercizio prima di avere, alla fine, un gusto un po' migliore di quello che ho fatto. Nei migliori momenti di questo esercizio, non nei momenti più favorevoli ma nei momenti in cui lavoro con maggiore intensità, che sarebbero nella vita, quando riesco a eseguire l'esercizio continuando le mie occupazioni ordinarie, provo un gusto che è interamente ingannevole; ho l'impressione di vivere in un doppio sogno. Da un lato faccio la mia vita esteriore come in un sogno e provo a recitare una parte in esso; e dall'altra parte, faccio il mio lavoro come in un sogno, e ho l'impressione di
una parte che sto per recitare interiormente. In compenso, quando faccio questo esercizio solo in condizioni favorevoli, succede che bruscamente ho una sensazione di "io" che è più forte ancora che nell'esercizio di divisione; e mi piacerebbe conservare, nella mia vita ordinaria, il gusto che ho avuto in quel momento. Gurdjieff: Continua questo. Devi esercitarti a poco a poco. Fare di questo sentimento la tua proprietà. Si deve avere prima il sentimento. Che è come dire, non avere le tue associazioni. Il sentimento viene in te, è tua proprietà ma in uno stato speciale. Cioè, non può venire nella vita. In uno stato speciale quando ti rilassi un po', puoi ricordare questo sentimento e devi afferrarlo.
Tracol: E, allo stesso tempo sento che il vero lavoro è nella vita ordinaria. Mme de S: Ma si deve fare prima questo, in uno stato speciale, e a poco a poco arriverai ad esso nella vita ordinaria. Tracol: Il sentimento più forte di divisione è quando la faccio in condizioni confortevoli. Mme de S: Per questo è necessario accrescerlo in te in questi momenti. Dopo, a poco a poco, sarai capace di far durare questo stato. Kahn: Parecchi mesi fa ho posto questa domanda: "Quando ho un impulso di vero amore verso qualcuno, mi sembra che, non
solo questo stabilisce una relazione tra me e quella persona ma che questo da prova di una forza superiore in me.” Al tempo mi hai risposto che non dovevo pensare a tali cose al momento, che questa era psicopatia, che dovevo fare il mio lavoro come un servizio. Ti ho ascoltato e cominciai a essere capace di distaccarmi dal mio corpo, ora specialmente che ho visto la profondità della mia passività e che ho capito che devo concentrare tutte la mia forza, tirar fuori tutti i miei sforzi per oppormi a qualcosa in me che è la mia abituale nullità, ora ho l'impulso di diventare indipendente. Per esempio, ho come un impulso a riuscire a recitare la mia vera parte rispetto a mio figlio o a mio padre; ho come se ci fosse un impulso nel l'avere successo nel diventare un uomo nei confronti del gruppo, ma mi sembra che
ognuno di questi impulsi non sia abbastanza potente perché il distacco sia completo. In uno dei miei migliori momenti di lavoro, ho visto recentemente tutto il mio corpo, tutte le mie emozioni, tutti i miei sentimenti e i miei desideri abituali come quello che ho dovuto riuscire ad uccidere in me per nascere, e ho capito che sarei riuscito nell'essere quel che volevo essere se fossi riuscito a fare quel che io muoio. Quindi, ora ti chiedo, mi chiedo e chiedo anche a te, se non potrei essere aiutato nei miei sforzi da una relazione se non potrei essere aiutato nei miei sforzi by a relationship of what there is of an "I" in me with a superior form - se questo non è l'impulso che manca in me? Gurdjieff: No; continua. Perché usi la parola "vero"? Non puoi ancora avere un
"vero amore". Un aspetto del "vero amore" deve essere l'odiare giustamente, odiare oggettivamente, non l'oggetto ma le sue manifestazioni. Tu non puoi ancora usare la parola "vero". Nel frattempo continua ad ammassare materiale. Ma smetti di usare la parola "vero". Non si dovrebbe dare questo valore alle cose. Non puoi ancora amare, non puoi fare niente. Non hai ancora il sentimento e io ho bisogno che tu ce l'abbia. Quando sarai capace di avere un impulso, sarò capace di darti soddisfazioni. Come usarlo, come dirigerlo, come realizzarlo. Vedo che la forma di lavoro che ti ho dato ti ha aiutato; e se questo ti ha aiutato, non è necessario cambiare. Kahn: Questo lavoro mi ha dato quello che nessun'altra cosa ha fatto.
Gurdjieff: Il resto non conta niente. Anche se potesse esserci in noi, non ce n'è abbastanza in te per un "vero impulso". Gurdjieff: (a Simone) Hai capito? Anche per te qualcosa è aperto? Simone: Infatti, mentre ascoltavo Mechin, Gabrielle e Yvette parlare, ero con loro. Gurdjieff: Tu hai sentito con la tua testa, con la tua intelligenza. Per esempio, rispetto a Mechin, tu hai capito prima di lui; lui capisce meno di te, ma comprende col suo intero essere. Capisce con la sua individualità, tu col tuo corpo. Per me, questo ha più valore del tuo. Simone: Ora sento qualcosa nella mia testa che rimane quasi sempre; non è molto forte
ma è molto costante, qualcosa che mi fa vedere esseri e cose in un modo diverso. Gurdjieff: È normale. A poco a poco deve essere diverso. Stai cominciando ad avere una vera vista. Tu avevi, fino ad ora, un punto di vista di fantasia. Giovedì 30 settembre 1943 Ja: (Comincia a leggere le domande che ha scritto): Sempre di più sento quanto il mio lavoro sia mentale, quanto poco mi rallegra. E ho capito che non posso approcciare il mio lavoro con fuoco vero (elan). Gurdjieff: Scusami, ma quello che hai appena detto non è logico. Uno distrugge
l'altro. Non ho capito cosa vuoi dire. Non leggere, metti via il foglio. Ja: Mi manca una spinta per il mio lavoro. Non riesco ad approcciare il mio lavoro in maniera soddisfacente a meno che non senta un certo sprone il quale solo venga a me da una chiara realizzazione della mia situazione presente e della mia presente nullità. L'ho capito molto chiaramente. E questo mi ha fatto capire che dovrei avere un rimorso di coscienza per questa nullità. Ma non riesco ad andare oltre questo stato. Cosa posso fare per avere rimorso di coscienza? Gurdjieff: Questa domanda porta con sé sette aspetti; non uno, ma sette. Uno te lo dirò: ogni uomo, quando viene al mondo, ci viene per certe ragioni. Ci sono cause,
che è come dire, forze esterne l'hanno creato. Queste forze forse non erano obbligate a darti la vita. Sei felice di essere vivo? La vita significa qualcosa per te? Bene poi, se tu sei vivo e sei contento di esserlo, dovresti pagare qualcosa in cambio. Per esempio, io vedo qui tua madre. ma per lei, avresti potuto non venire mai al mondo. E' a lei che devi la tua vita. Se sei contento di vivere la devi ripagare. Tu ora sei grande, è ora di saldare il tuo debito. Una delle cause principali per cui sei in vita è tua madre. E' grazie a lei che hai i tuoi piaceri e che hai la possibilità di svilupparti. Una delle ragioni, uno degli aspetti della tua venuta in questo mondo,è, quindi, tua madre. E io ti domando, hai cominciato a pagare il tuo debito con lei? Ja: No.
Gurdjieff: Ci sono ancora altri sei aspetti. ma io ti parlo di un aspetto. Comincia, quindi, da questo primo aspetto: tua madre. Ripagala. Anche se fosse oggettivamente cattiva, lei è tua madre. E come puoi ripagarla? Dovresti uniformare la sua vita. Ma, invece, tu che fai? Rendi la sua vita molto difficile. La fai snervare, la irriti. Inconsciamente, il rimorso di coscienza potrebbe venire da quello. Prendi gli anni appena passati, ricorda: spesso sei stato molto cattivo. Tu sei una merde. Non hai eseguito i tuoi obblighi. Se hai capito questo, il rimorso in te può cominciare. Questo è solo un aspetto. Potrei spiegartene altri sei, ma dimenticateli. Prima di conoscerli, comincia da questo. Per gli
scorsi due anni, quante volte sei stato cattivo, molto cattivo, verso di lei? Ricorda questo e prova a riparare il passato con il tuo futuro nel presente. E' una cosa molto difficile. Se dimentichi, non lo fai, è il tuo difetto e raddoppi il tuo difetto (colpa); primo sei da biasimare per il passato, e sei una seconda volta da biasimare per non riparare oggi. Una buona risposta, no? Ognuno qui è contento. Tranne una persona - sai chi è? Tua madre. Madame, è per il bene di suo figlio che dico questo. (Parla in russo con Mme. de Salzmann) Mme. de Salzmann (A Mme. E.): Potrebbe pensare che se il signor Gurdjieff parla così, è perché è (our kind host) il nostro gentile padrone di casa e perché Lei è qui. Ma non è per quello.
Jac: Ho pensato a quel che mi hai detto l'altro giorno, che devo scegliere "tutto o niente". Ho deciso di prendere il compito e attenermi ad esso qualsiasi cosa succeda. Questo compito era di riservare un certo tempo della giornata per fare un esercizio, l'esercizio delle braccia allargate. E, provando a fare questo esercizio, ho capito per la prima volta cos'è una non-entità. Fino ad ora pensavo di aver capito, ma era solo per motivi esteriori. Ho visto che ero incapace di qualunque cosa perché qualcosa in me si rifiutava di fare lo sforzo. Gurdjieff: (Prima parla in russo a Mme. de Salzmann) Scusami. Forse hai creduto che ti avevo dimenticato. Ho chiesto a Mme. de Salzmann: "Quando tutti sono partiti per le vacanze, ho dato a ognuno una bottiglia di medicina da prendere durante il lavoro.
E' possibile che a te non l'abbia data?" Lei mi ha detto che a te non l'ho data. Ora capisco perché mi hai fatto quella domanda. Se tu avessi avuto quella bottiglia non avresti pensato in quel modo riguardo la tua nullità. (Parla a tutti) Lui si è sentito in generale una nullità. Ma oggi non possiede niente; non ha accumulato niente durante le vacanze. Voi al contrario state a poco a poco mietendo i risultati del vostro lavoro. Ora avete una base per misurare come può essere fatto. (A Ab.) Capisci ora la forza della chimica? Ab: Io ne ho presa circa un terzo. Gurdjieff: Quelli sono affari tuoi. Avresti solo un terzo della forza. Non è colpa mia; se l'avessi presa tutta avresti tre volte più
forza. E' per quello che l'ho detto. Forse non hai dato abbastanza importanza a questa medicina. Forse questo ti darà un rimorso di coscienza in futuro al fine di ottenere un'altra qualità di attenzione. Come a lui (as to him) (Jac) posso dire che mi dispiace di non avergli adato la bottiglia che ho dato a tutti per le vacanze. Mme. de Salzmann dice che non gliene ho data una. capisco la ragione di questa domanda. Se avesse avuto la bottiglia avrebbe fatto qualcos'altro del suo tempo durante le vacanze - non avrebbe posto la domanda. Capisci, Tracol? Mi dispiace che non sia nel gruppo del sabato. Lui non c'è ed è per questo che ha fatto la domanda. Se ha fatto quella domanda da idiota è perché non ha avuto la sua bottiglia di medicina. E' colpa tua, è colpa di Mme. la Presidente e la colpa di tutti i suoi amici. Lui è stato qui
molto tempo; è stato vostro amico per molto tempo; e per molto tempo è stato deprivato. E' colpa di Mme de Salzmann, del Presidente, di ogni persona qui. (Offre una sigaretta a Mme. Et.) Madre, tu meriti di avere tutto. Dovresti avere tutto. I tuoi figli dovrebbero darti tutto, e anche gli amici dei tuoi figli. Hai cresciuto i tuoi figli fino a un'età responsabile. dovrebbero darti quello che ti piace. Se ti piacciono le sigarette, dovresti avere le sigarette. Se non hai niente, è colpa dei tuoi due risultati; devono essere annientati. Jac: Posso finire la domanda? Gurdjieff: Finisci. Jac: Ho notato nel fare questo esercizio che per la prima volta e per un momento molto
breve, che ho avuto il sentimento di essere libero, libero da quest'inerzia contro cui lotto sempre, e che mi ha dato il gusto esatto di cosa potrebbe essere la libertà. (Gurdjieff interrompe Mme. de Salzmann che traduce, ma Gurdjieff la ferma.) Gurdjieff: Ho già capito. E' per lo stesso motivo. tu hai capito con la tua testa., ma il tuo organismo non ha la possibilità di essere quello che la tua testa desidera.. Bene quindi, la materia chimica che dicevo di poterti dare i quali risultati si accumulano in te e ti danno il fuoco per rivitalizzare le tue funzioni. E' lo stesso motivo. Di chi è colpa io non so, ma in futuro dovresti prendere ogni misura, chiedi, elemosina, supplica Mme. de Salzmann di aiutarti. Mme. President ha anche la possibilità di introdurti nel gruppo
del sabato. (A Mme. Er.): You oght to see to it that your title has a meaning. All'inizio pensavi che fosse uno scherzo, ma ha preso una brutta piega. Tracol, come sta il tuo allievo (Gerb.)? Dovresti aiutare il tuo allievo, illuminandolo perché possa capire. Ha un aspetto molto simpatico. Lo conosco esteriormente ma non interiormente. Per cui, si deve manifestare con la sua lingua. Dovresti aiutarlo affinché io possa capire la sua interiorità. Nello stesso modo in cui il Procuratore Distrettuale è governatore per lei (Mlle. Dol). Hai notato che quando conosco bene qualcuno sono capace di dare buoni consigli? Ora non posso. Devo sapere di che cosa è imbottito. Come per lui (Mlle. Dol), io so di che spezie è ripiena. (Scherza con Mlle. Dol e Sunn sul risparmiare sigarette, invita alcune persone
per domenica, regala caramelle e le congeda). Incontro di giovedì 21 ottobre 1943 Gurdjieff: Madre, posso fumare? (a Jac) Nota questo esempio - lei è madre, la madre della casa; tu ricordi che l'ultima volta ho detto che nessuno può far niente senza il permesso della madre. La madre è la testa (della casa). (Gurdjieff scherza su Jac., dice che Jac. è geloso perché sua mamma non appartiene più solo a lui ma a ognuno presente, e quando gli mancherà realizzerà il valore di quello che possedeva). Gurdjieff: Ehi, dopo quello che abbiamo appena letto della cerimonia di Cristo,
penso che sia difficile per chiunque porre una domanda. Comunque sia, bisogna provarci. Anche se fosse una domanda egoistica. Hig: Signore, vorrei fare una domanda. Avendo finito parecchie settimane fa i compiti che mi ero preso, mi trovo da allora in un felice equilibrio senza uno iato e senza un desiderio. Voglio andare avanti col lavoro perché sento che c'è un universo sopra quello in cui sono ora, ma non posso fare alcun progresso da allora e sento che da solo non posso fare niente. Gurdjieff: E' un brutto segno. Devi cercare uno shock dall'esterno. Ti accontenti di poco. Ora, durante questo periodo, dovresti fare uno sforzo. Dovresti avere un lotta interiore tra la tua individualità e le tue
funzioni. Non devi tranquillizzarti. Il fatto che non puoi lavorare è un segno molto buono. Devi forzare te stesso. Se superi questa crisi, questa piccola crisi, in seguito potrai ricominciare. Hig: Non vedo esattamente quale percorso seguire e che scopo avere in vista. Gurdjieff: Non è necessario un percorso. E' necessario soltanto che tu ottenga i risultati in te stesso. Raccogli, accumula i risultati della lotta. Ne avrai bisogno per continuare. Devi accumulare; hai delle batterie in te nelle quali devi accumulare questa sostanza, come per l'elettricità. Questa sostanza può essere accumulata soltanto lottando. Perciò crea una lotta tra la tua testa e il tuo animale. L'ho già spiegato l'altra volta. Scusami. E' sabato
che l'ho detto. La mia memoria sta invecchiando. Non sono solito fare errori e ora sto cominciando. Ti consiglio - ora che ti conosco mille volte meglio - di non fermarti. Continua la tua lotta, ma senza l'aspettativa di risultati. Accumula i risultati del processo di lotta. Quando lottiamo interiormente con il pensiero, il sentimento e il corpo, questo produce una sostanza nel posto a cui appartiene. Accumula. E' questo che sta mancando in te. Tu sei giovane. Non hai esperienza. Sei vuoto. Continua la lotta iniziata accidentalmente. Così che se tu dici di essere soddisfatto, questo prova che sei sulla strada giusta. Ma non ti devi fermare. Tu avevi come un piano per andare all'Etoile. Ora sei in Rue d'Armaillè. L'Etoile è ancora lontana: Boulevard
Carnot, ci sono venti lampioni, venti stazioni. Quindi, ora, svolta a destra. Quella è la strada giusta. Questo c'è da dire, continua la tua lotta. Stai cercando dei mezzi? Cosa stai facendo non ha importanza. Quel che importa è che tu abbia in te il processo di lotta. Che mezzi impiegherai? Non importa. Lotta. Tu sai meglio di me cosa lotta. Per esempio, qualunque cosa piaccia al tuo corpo, qualunque cosa sei abituato a dargli, non darglielo più. La cosa importante è avere un continuo processo di lotta, perché hai bisogno la sostanza che la lotta ti dà. Jac: Signor Gurdjieff, mi ha dato un compito allo scopo di ricordarmi di me, di lavorare con qualcuno che mi è vicino. E ho notato, e così mia moglie, che questo scopo ha cambiato la nostra relazione, ma
solo a un certo punto, e quello era un ostacolo a cui né lei né io potremmo passare sopra. E Lei le disse che avrebbe detto cosa fare per superare questo ostacolo. Gurdjieff: Primo, per ogni genitore, si deve cominciare ponendo una domanda; tu e tua mogli avete dei bambini. Bene, se avete dei bambini, essi creano per voi doveri speciali. Vivere solo per voi stessi è finito. Saresti obbligato a sacrificare ogni cosa per i tuoi bambini, nella vita ordinaria. In questo momento tu e tua moglie dovete progettare come scopo, di vivere per i vostri bambini; è lo scopo tuo e di tua moglie. Niente dovrebbe interferire con il vostro mutuo rapporto. Dovreste avere questo
scopo comune tra voi. Dovreste avere uno scopo, uno scopo comune, tra di voi, e questo scopo comune tra voi darà un contatto con il lavoro, perché è uno scopo oggettivo e anche il lavoro è oggettivo. Cominciate da questo. Discutilo con tua moglie. Con lei, progetta di sacrificare ogni cosa ai tuoi bambini. Non per sempre, ma per un periodo di tempo particolare. tutto per i tuoi bambini. Il vostro sarà uno scopo comune. E nelle vostre relazioni personali ci sarà una lotta, per il motivo che entrambi programmate questo scopo con la vostra mente, dato che i vostri caratteri sono diversi, ognuno avrà - poiché ognuno avrà scelto il suo scopo - in sé stesso una lotta da sostenere. E chi si atterrà a questo scopo avrà passato l'esame per avere un altro mezzo oggettivo che verrà in seguito. intanto, parla tranquillamente e
francamente con tua moglie e programmate lo scopo. Se lo fai per una o due settimane, meriterai di conoscere il modo oggettivo. Pomereu: Posso fare una domanda? Gurdjieff: Se ti va. Questa è la prima volta che parli, vero? Pomereu: Mi piacerebbe sapere come fare a evitare, al di fuori del lavoro che dura un certo periodo di tempo, che la mia immaginazione scappi con me. Gurdjieff: Bene, per quello ti darò un consiglio molto semplice e molto ordinario. Anche tu sei sulla strada giusta. Ora quello che ti consiglio è una cosa molto semplice. Capire logicamente non ti porta assolutamente nulla. Capirai in
seguito che il solo consiglio buono è quello che sto per darti. Durante tutto il tuo tempo libero, conta: 1, 2, 3, 4, 5, 6, fino a 50. Dopodiché: 50, 49, 48, 47, 46, eccetera fino a tornare all'inizio. Per tutto il tempo. E se lo fai sette volte, cinque o dieci minuti, siediti, rilassati e dì a te stesso: "Io sono", "Io voglio essere", "Io posso essere", "Non per usarlo per fare il male, ma il bene", "Io aiuterò il mio prossimo quando Io sarò. Io sono". Dopodiché, conta ancora. Ma consciamente, non automaticamente. Fai questo tutto il tempo libero. La prima volta ti sembrerà assurdo. Ma quando lo avrai fatto per due o tre settimane, mi ringrazierai di tutto cuore. Mi hai capito? Pemereu: Molto bene.
Gurdjieff: Non ti do nient'altro. ne so un altro migliaio. Ma ti do questa cosa semplice. (Agli altri) E quello lo salverà. La sua intera vita cambierà e fino all'ora della sua morte mi ringrazierà, non mi dimenticherà mai. fai quello, e quello è tutto. Mme. Et.: Posso chiederle qualche consiglio? Volevo chiederle: quando faccio il mio lavoro di ricordo di me, sono sempre intralciata dalla stessa idea: come posso fare il mio lavoro, come organizzare la giornata, per far felici tutti in casa? E durante il giorno, è proprio il contrario. Sono intralciata dalle idee che hanno a che fare con il lavoro. Penso a quello che ho sentito qui e da Mme. de Salzmann, e questo mi intralcia continuamente.
Gurdjieff: Questo è l'effetto delle esigenze del vivere ogni giorno. Succede a tutti. L'ho detto spesso. Devi riservare ogni giorno un tempo particolare per il lavoro. Non tutto il tempo, il lavoro è una cosa molto seria. Non puoi lavorare interiormente tutto il giorno. Devi dedicare un tempo particolare e aumentarlo a poco a poco. A questo lavoro dedica mezz'ora delle ventiquattro ore. Durante questa mezz'ora dimentica tutto il resto, metti da parte tutto il resto. E' una piccola cosa. Sacrifica ogni cosa per il tuo lavoro interiore e in seguito lo puoi mettere da parte per le cose della vita ordinaria. Non puoi fare questo lavoro per tutto il giorno. Mme. Et.: Penso anch'io. Diviene meccanico: io sono, io voglio essere.
Gurdjieff: Tu mischi, non devi. Non mischiare questo lavoro col lavoro ordinario. Abbiamo due stati di veglia. Per questo lavoro, dovresti avere uno sto di veglia attivo. Ma mezz'ora di questo stato di veglia è abbastanza per tutto il resto del giorno, nel quale vivi come sei abituata a fare. Puoi fare questo? E se non riesci a farlo per mezz'ora, anche dieci minuti sono ricchezza per chi può lavorare dieci minuti. Devi dare e sacrificare a questo lavoro un tempo particolare. Non puoi dare tutto il tempo. La vita è una cosa, il lavoro un'altra. La sostanzialità di ognuna è diversa: per questo lavoro devi essere più attiva. Ho detto questo molte volte. Quando cominci il tuo lavoro, il tuo
compito, esso è il tuo lavoro. Dovresti, sempre prima di cominciare, rilassarti, prepararti, raccoglierti. Poi, con tutto il tuo essere, esegui il tuo compito. E' una cosa molto complicata. Non puoi farla per molto il tempo. Ti stancherai presto. Prende tutta la tua forza; se lo fai per cinque minuti di troppo, sarai scaricata di tutta la forza. E' per questo che ho detto che si deve aumentare a poco a poco, fino a quando ti ci abitui: cinque minuti, sei minuti, dieci minuti. Solo questo sistema ti darà sempre un buon inizio per prepararti a raggiungere lo stato che appartiene a un uomo vero. E se tu lavori a lungo, questo prova che non lavori con tutto il tuo essere - stai lavorando solo con la mente. Ma così, puoi farlo per un migliaio di anni senza guadagnarci niente; non vale niente. Lavora per breve tempo, ma lavora bene.
Non mischiarlo con altre cose. Cinque minuti di buon lavoro valgono più di ventiquattro ore di altro tipo. Se non hai molto tempo, lavora cinque minuti. Lascia che la vita ordinaria continui secondo le abitudini, il resto del tempo. Quel che dici non riguarda il lavoro. La nostra vita è una cosa, il lavoro un'altra cosa. Altrimenti diventerai una psicopatica. Tu ricordi te stessa con la tua mente - non serve; ricorda te stessa con tutto il tuo essere. Non puoi farlo a lungo, ti scarichi. Fallo per cinque minuti, ma dimentica ogni altra cosa. Sii un'egoista assoluta, dimentica ogni cosa, il tuo dio, tuo marito, i tuoi bambini, i soldi ricorda solo il lavoro. Breve, ma di sostanza. (Parla in russo con Mme. de Salzmann).
Bar: Posso fare una domanda? Come faccio a distinguere tra il mio centro mentale e il mio centro fisico? Gurdjieff: Prendi un compito semplice. Quando pensi, pensa. Le associazioni vanno avanti automaticamente; quella è la tua mente. Quando senti caldo o freddo, quando sei nervoso, arrabbiato, quando ti piace, quando non ti piace - quello è il tuo sentimento. Bar: Ma nelle proprie azioni, come si può evitare che i centri si invadano l'un l'altro: pensare col sentimento, avere un sentimento mentale, e confondere uno con l'altro. Gurdjieff: Vuoi dire che non puoi pensare perché sei emotivo?
Bar: Voglio dire che ho un pensiero emozionale. Gurdjieff: Tu hai una debolezza, una malattia; tu non devi pensare con il tuo sentimento; devi pensare con la tua testa. Pensare col sentimento è una debolezza, una malattia. L'inizio viene dal sentimento e il centro del pensiero è solo una funzione. Ma il centro di gravità deve essere il pensiero. E ora puoi sapere cos'è l'individualità. E' quando il tuo centro di gravità è nel pensiero. Così, se il tuo centro di gravità non è nel pensiero, tu non sei un individuo, tu sei un automa. E' una spiegazione semplice. Ogni uomo dovrebbe provare ad abituarsi ad essere un individuo, una persona indipendente, qualcosa, non merde (scusa
la parola), non un animale, cane, gatto. E' un sintomo molto semplice. Se concentri il tuo essere nel tuo pensiero, sei un individuo; ci sono molti gradi tra gli individui, ma al momento non è importante. tu sei un individuo quando hai il tuo centro di gravità nel tuo centro pensante. E se è in un altro centro, sei un automa. Può essere nel corpo o nel sentimento, ma quando lavori dovresti avere come scopo di essere nel pensiero. E fare questo consciamente. Se non lo fai, ogni cosa si fa in te inconsciamente. Il tuo lavoro dovrebbe essere di concentrarti esclusivamente nel tuo pensiero. E' una spiegazione semplice, Philip? Anche a te questo spiegherà molte cose. Philip: Teoricamente lo so.
Gurdjieff: Ma per la tua comprensione questo dovrebbe averti dato qualcosa di nuovo, qualche conclusione interessante? Zuber: Signore, le ho chiesto giovedì scorso, se c'era un modo per sviluppare l'attenzione; ha detto che l'attenzione si misura nel grado in cui uno si ricorda di sé. Mi ha detto di guardare specialmente dentro me stesso. Gliel'ho chiesto in particolare poiché non ero capace di porre la mia attenzione alla lettura di Belzebù. In questa settimana ho capito che l'attenzione era quello che io ero. Più "io" c'erano, più attenzioni differenti. Volevo chiederle se c'era, per sviluppare l'attenzione, solo il metodo del "Io sono" o ci sono altri metodi speciali?
Gurdjieff: Ti posso dire una cosa. i metodi non esistono. io non ne conosco. Ma ora posso spiegarti tutto semplicemente. Per esempio, in Belzebù, io so, c'è ogni cosa che si dovrebbe sapere. E' un libro molto interessante. Ogni cosa è lì. Tutto quello che esiste, tutto quello che è esistito, tutto quello che può esistere. L'inizio, la fine, tutti i segreti della creazione del mondo; tutto e lì. Ma si deve comprendere, e comprendere dipende dalla propria individualità. Più un uomo è stato istruito in un certo modo, più può vedere. Soggettivamente, ognuno è capace di comprendere in base al livello che occupa, per quello è un libro oggettivo, e ognuno potrebbe capirci qualcosa. Una persona capisce una parte, un'altra mille volte di più. Ora, trova il modo di porre la tua attenzione al comprendere tutto di Belzebù.
Questo sarà il tuo compito, ed è un buon modo di fissare una reale attenzione. Se no puoi porre reale attenzione su Belzebù, non puoi avere una reale attenzione nella vita. Tu non conoscevi questo segreto. In Belzebù c'è ogni cosa, io l'ho detto, perfino come fare una omelette. tra le altre cose, è spiegato; e allo stesso tempo non c'è in Belzebù una sola parola sulla cucina. Allora, poni la tua attenzione su Belzebù, un'altra attenzione rispetto a quella a cui sei abituato, e sarai capace di avere la stessa attenzione nella vita. (Scherza con Pomereu sul tabacco e di come asciugarlo, e poi sulla polvere di riso e la polvere da sparo; e sulla lingua francese che è ricca solo di insulti tra tassisti).
Mme. de Salzmann: Adesso, qualcuno ha nient'altro da dire? Jacques: Signor Gurdjieff, poco fa ero molto interessato alla domanda di Pomereu e dalla sua risposta. nella mia vita, che è abitudinariamente molto confusionaria e molto banale, noto quante poche stanze ci sono per il lavoro. Il più delle volte mi sento smarrito. Il che è normale. Ma quel che è meno normale è che io ci sono attaccato a questa confusione, a questa banalità che mi calza a pennello, il me ordinario, l'individuo che è più forte in me. E le chiedo se non potrei applicare al mio proprio caso il consiglio che ha dato a Pomereu, poiché io credo che contenga qualcosa di semplice e chiaro che mi spingerà fuori dalla gabbia per scoiattoli nella quale giro sempre.
Gurdjieff: Non farebbe per te, per niente. E' difficile contare così: 1, 2, 3, fino a 50. Ti do qualcosa di ancora più facile. Tu hai una famiglia. Un padre? Una madre? Un fratello? Jacques: E una sorella. Gurdjieff: Anche una sorella: cinque persone. Cominciando domani mattina, prendi come compito: ogni dieci minuti, più o meno, circa dieci minuti - per me è lo stesso se otto o diciotto - ricorda tuo padre, dieci minuti dopo tua madre, eccetera. Ricordali e rappresentali a te stesso. E quando hai finito con il quattro, dieci minuti dopo "io sono", "io voglio essere", con il sentire di tutta la tua presenza; e dieci minuti dopo cominci di nuovo - tuo padre, tua madre, eccetera. E
fai così tutto il tempo. E' più semplice dell'altro. Hai capito? Comunque sia, devi avere una idee fixe. Quando pensi a tua madre ogni cinque volte, pensa che lei è qui e ha degli orecchini d'argento, cose economiche; e tu dai la tua parola a te stesso che quando sarai cresciuto e guadagnerai dei soldi, ti prenderai come compito di regalarglieli d'oro. (A Mme. Et.): Il dieci per cento a me. (A Jacques): Mi hai capito? Bar: Signor Gurdjieff, quando uno si trova con un sentimento di profonda tristezza dal quale non riesce a uscire, con quali mezzi meccanici può farcela? Gurdjieff: Se uno non ne conosce la causa? Bar: No, non la conosce.
Gurdjieff: Non esiste una tale tristezza; è un'idiozia. Fatti vedere da uno specialista. Io posso raccomandarti un neuropatologo. Lo conosco molto bene, mi da il dieci percento. Bar: Qualche volta la avverto dopo il pranzo. Gurdjieff: Oh, oh: è un sintomo; mangi di più di quel che dovresti. Mangia di meno. Non mangiare l'ultimo pezzo, è tutto. Hai capito che cos'è? L'ultimo pezzo. Capito? Poi bravo. Prova e la prossima volta ne parleremo. E' possibile che la causa sia lì. Se non lo è troveremo un altro modo. (Scherza col dottor Ab. sulla Medicina).
Hig: Signore, mi piacerebbe fare un'altra domanda. Non capisco cosa possa essere l'amore conscio. Non capisco perché la lucidità con la quale si esamina la propria passione e che dischiude la sua causa non debba, a sua volta, ucciderla. Gurdjieff: Bene, poi dico che l'amore interessa solo le funzioni. E' solo la polarità fisica che sta lavorando. Quando hai pensato a quello, l'amore ti diventerà ripugnante. L'amore che tutti hanno, che hai tu. Ma l'amore conscio, quello è vero amore. Tu hai solo amore basato sul sesso; è una malattia, una debolezza. Non puoi avere amore. Quello che forse aveva tuo nonno. Oggi, per ognuno, l'amore è basato sul sesso, e il sesso sulla polarità. Così, se una persona ha un naso come questo, tu l'ami; se non ce l'ha come quello, tu non
l'ami. L'amore reale è oggettivo; ma a Parigi l'amore oggettivo non esiste. Tu hai detto la parola sentimento per sesso, per cose sporche; hai dimenticato l'amore reale. Hig: Ma si dovrebbe cercare di reprimerlo nell'interesse di un altro? Gurdjieff: Guardalo come una debolezza e mettilo da parte. E, allo stesso tempo, usalo per osservare te stessa. Approfitta di ogni cosa. E dall'istinto forse sarai capace di sentire l'amore reale. Il gusto forse verrà a te. Quando avrai pietà per una persona col naso che non ti piace, o per un'altra che sembra malata, per un bambino senza madre, per un affamato, per un uomo senza una moglie - allora, per
ogni persona, sarai capace di entrare nella sua situazione. Abbi contatto con i tuoi diversi impulsi; e se rimani imparziale, vedrai che ogni cosa che ogni cosa che hai avuto in te fino ad ora è merde, è allo stesso tempo sarai capace di provare ad avere il gusto di un'altra qualità di amore. E se il gusto di esso viene a te, io posso spiegartene i dettagli. Ab: Signore, per provare questo amore conscio, la polarità può essere un aiuto o un intralcio? Gurdjieff: Un ostacolo, naturalmente. Ma non ci puoi fare nulla. Sei schiavo di questa legge. Che tu voglia o no. E' il tuo corpo che ti fa amare o non amare. Consciamente, puoi non essere più schiavo della tua polarità. Ma prima devi averne il
gusto. Tutto quello che posso dire al momento è che quell'amore esiste, l'amore oggettivo. Ma devi averne il gusto. Dopodiché ne parleremo. tutto quello che diremo prima rimarrà teorico. Su questo, Belzebù spiega molte cose. Riguardo ai comandamenti di Ashyata Sheymash c'è questo: L’Amore della coscienza richiama lo stesso in risposta. L’Amore del sentimento richiama l’opposto. L’Amore del corpo dipende solo dal tipo e dalla polarità. E c'è anche questo sulla speranza: La Speranza della coscienza è forza. La Speranza del sentimento è schiavitù. La Speranza del corpo è malattia.
E sulla fede: La Fede della coscienza è libertà. La Fede del sentimento è debolezza. La Fede del corpo è stupidità. E ora, District Attorney, prova prima a guadagnare un mucchio; e tu, madre, vieni a vedermi. Io conosco un posto dove ci sono cose d'oro. Io ho un amico al banco dei pegni.
Incontro di giovedì 9 dicembre 1943 Lettura: I Santi lavori del Santo Ashiata Shiemash. Cena.
(Scherza con Miss Gordon e Boussik sullo sbucciare uva secca.) Hignette: Signor Gurdjieff, mi piacerebbe farti una domanda. Gurdjieff: Scusami, puoi aspettare? Vorrei dire qualcosa a quel signore (Indica Jacques Baratier). Oggi posso verificare qualcosa. Io lo conosco, l'ho visto più di una volta e allostesso tempo non sono sicuro che sia lui. Non mi è mai successo. Io fotografo le persone. Ma nella mia testa questa foto di lui era solo trasparente e per parecchi giorni mi sono detto: “Perché questo". Oggi ho capito. Baratier: Perché, signor Gurdjieff?
Gurdjieff: Ho visto là tuo fratello; non sapevo che fosse qui. Ho creduto che tuo fratello fossi tu e tu fossi lui. Non ho fissato tuo fratello. Ma oggi vi vedo indipendentemente, uno a sinistra, l'altro a destra: non avete niente in comune esteriormente, ma nell'essenza siete simili. Si può scommettere che è lo stesso padre. Perché ridete tutti? Quel che ho detto è molto normale. Ha! È abbastanza. Oggi è giovedì e allo stesso tempo, un giovedì che comincia in modo nuovo. È il giovedì di una sequenza di giovedì che saranno di nuova qualità. I giovedì di prima sono morti. Non potremo più ricominciare. È una qualità diversa di giovedì, con più dettagli. Tra gli altri, per questo giovedì, parecchie persone mi hanno detto: "Non posso rispettare la condizione, che era stata stabilita, di interessare e portare sette
persone al lavoro". Ho posto come condizione che sarebbero venuti di giovedì solo quelli che speravano di essere capaci di portare e interessare sette nuove persone, senza spiegare loro niente di strano riguardo le idee, interessandole solo con le idee, le mie idee, con quello che ha studiato qui, fatto qui, gli strumenti che gli abbiamo dato e nient'altro. Sette persone in sei mesi. Questa era la prima condizione. E certuni mi hanno fatto questa domanda: e io rispondo che è un idiota chi mi chiede questo. Non è questione di portare sette persone in sei mesi;se veramente uno interessa una singola persona a venire, questa persona può aiutarti a portarne quattordici. Non è difficile. Non è una questione di sette. Basta una per cominciare. Solo che deve essere una persona che sarà stata veramente avviata,
ben iniziata, che si può interessare alle nostre idee. E automaticamente sarà capace di assisterti, poi tu sarai, tu, come un presidente francese - che è come dire, non avrai niente da fare. Non farà niente. (a Hignette) Ora, mia cara, cosa desideri? Hignette: Mi sento troppo calma e troppo felice; senza il desiderio di continuare, come acqua stagnante. E ancora, ho sentito che devo fare qualcosa. Ho scelto un compito intellettuale e primitivo, e specialmente in condizioni spiacevoli. Ora mi sento estremamente stanca. In più, non si accorda col mio lavoro. Vorrei dormire venti ore al giorno se potessi. Vorrei sapere, ora come diminuire il mio compito, non ne ho più la possibilità e non lo voglio, ma come sopportarlo meglio e riposarsi meglio?
Gurdjieff: In generale il tuo lavoro procede bene? Hignette: Intellettualmente, sì. Gurdjieff: Allora, se sì, fai una cosa sola. Il riposo te lo sto per dare. Sto per darti delle pillole da prendere due volte al giorno, al mattino appena sveglia, e la sera quando vai a letto. Ma tu, da parte tua, ogni mattina quando ti alzi, lavati con acqua fredda, poi ti riscaldi facendo ginnastica. Fai solo questo. Questo cambierà ogni cosa in tre giorni. E vedrai che la tua fatica era immaginaria. Come puoi essere stanca? Sei ancora giovane; non hai consumato le riserve degli accumulatori. È psichico. Fa questo: lavati, asciugati bene e prendi le tue pillole. Se non senti niente in tre giorni (niente il primo giorno ma già meglio il
secondo, e il terzo, bene) puoi venire a casa mia e sputarmi in faccia. Una cosa somma a questo la fatica; un'ossessione intermittente. È o speranza o rammarico di una persona della quale posso solo pensare, e che occasionalmente durante qualche ora. Non c'è quindi niente da spiegare; devi fare quello che ti ho detto. Ma allo stesso tempo, giustamente, queste cose richiedono una spiegazione che può servire al mondo intero; quindi la spiego per te e allo stesso tempo per tutti. Tu ricordi che dico spesso che devi essere interiormente libera. Tu capisci cos'è essere liberi. Non identificarsi con niente. La parte più importante della nostra schiavitù dipende da fattori cristallizzati in noi e che sono relativi agli estranei, alle relazioni con persone non familiari a noi. E, per essere capaci di essere liberi, il primo lavoro nelle scuole
esoteriche di tutti i tempi comincia esattamente con questa questione: "Decristallizzare tutti i fattori che sono consentiti dalle relazioni con altri" (eccezion fatta dei fattori cristallizzati che sono concernenti con persone dello stesso sangue, padre, madre, sorella, fratello, eccetera… è lo stesso sangue, la stessa famiglia, i fattori devono continuare). Ma tutti gli altri fattori devono essere decristallizzati; devi essere un assoluto egotista. Tutto l'amore, tutto il rispetto per chiunque possa essere devi liquidarlo; è necessario che l'amore sia trasformato in odio. Devi influenzarti particolarmente e lavorare al fine di non avere mai un'intima unione con alcuno. Non devi né amare né stimare interiormente, né avere alcuna simpatia o antipatia. Dico interiormente, non esteriormente. Esteriormente devi
recitare una parte. ma non interiormente. Chiunque sia estraneo a te, devi rifiutarlo, tranne le persone dello stesso sangue. Lotta in tutti i modi. Conosci te stesso meglio di me; sai come influenzarti e quali pensieri e sentimenti sono necessari per resistere al fine di decristallizzare questi fattori. Quindi comincia e, se vedi che non puoi, ti aiuterò e ti dirò cosa devi fare. La vertà rimane la verità. Tutti quelli che sono coinvolti nel lavoro interiore non devono mantenere fattori di contatto, buoni o cattivi, con chiunque sia; si deve essere liberi, completamente liberi da contatti con estranei. Ripeto, eccetto le persone dello stesso sangue. Per loro, non si devono prendere misure per cambiare queste qualità di relazione. Non dobbiamo cambiare i nostri contatti con i nostri padri,
madri, eccetera. Si cambierà solo la forma di contatto con i nostri padri, madri, zii eccetera. È lo stesso sangue. Gli estranei sono di un altro sangue; un'altra sorgente; interiormente ci devono essere completamente indifferenti. Si deve essere liberi da essi. Senza alcuna schiavitù. Esteriormente, puoi recitare una parte e fare quel che è necessario fare. Quello è affare tuo. L'uomo deve sforzarsi di non identificarsi interiormente e recitare una parte interiormente. Luc: Ma se ci si proibisce la simpatia verso tutti, non ci mancherà un sentimento, in particolare l'impulso di rimorso, che potrebbe riparare il nostro passato e che è un fattore molto importante del lavoro?
Gurdjieff: Per questo, le persone dello stesso sangue ti basteranno. Hai commesso molti errori verso di loro; è a loro che deve andare il tuo rimorso di coscienza. Luc: Ma io non ho famiglia. Gurdjieff: Anche una persona è sufficiente. Nella tua vita passata, puoi usare molto materiale per il rimorso di coscienza, verso questa persona. (A Hignette) In quel caso, ora, se analizziamo, che motivi avevi per fare la tua domanda? La ragione è che hai avuto un contatto con qualcuno, un contatto di tipo di polarità. Si deve lottare tanto di più, devi usare questa lotta per il tuo lavoro. Uccidi in te stessa i fattori che hanno permesso questo contatto con una persona estranea, se è estranea. Se è del tuo sangue non si tocca, è un'altra cosa. Se non
mi avete capito, parlate con Mme. De S. Le ho spiegato tutto quello che era necessario. Hignette: Vorrei soprattutto avere qualche cosa di concreto e come liberarsi di un'immagine ricorrente. Gurdjieff: Fa quello che fai per molte altre cose. Siediti, sii tranquilla, rilassati con cura. Poi comincia a suggerire a te stessa come a una persona estranea. Con la tua coscienza, tu spieghi al tuo subcosciente che tutto quello è schiavitù e che è idiota avere contatto con chiunque possa essere. Lo spieghi come a un estraneo. Poi lo spieghi a te stessa. Una volta, te lo spieghi dieci volte. E, sarai capace, in fatti, di ricevere come un estraneo queste cose che sto per dirti, e che dirai a te stessa. Come a un estraneo a cui si spiega dieci volte la
stessa cosa. Poiché, la tua individualità e il tuo corpo sono esattamente come te e un'altra persona, un estraneo. Per te, il tuo corpo è una persona estranea, la differenza è che è più facile pungere qualcuno vicino che uno lontano. Ora, il tuo corpo è il più vicino; è quindi più facile. Non una, ma dieci volte al giorno, puoi parlare a te stessa. Si deve fare tutto diversamente in questo lavoro; da voi devono essere uccisi perfino gli obblighi sacri. Chi vuole avere la libertà, deve uccidere ogni cosa in sé stesso. Anche se ami Dio o la Madonna, devi ucciderli in te stesso. Anche l'idea da fusi (sic) di credere a un Santo, devi mandarlo al diavolo e il Santo non avrà niente contro di te per questo. Luc: Sono molto sorpreso da quello che dici. Poiché io, che vanto di avere molti
contatti nella mia vita, ho percepito quindici giorni fa, e sono preoccupato, che non sento più niente per nessuno nelle relazioni con la gente. Sono assolutamente secco e indifferente, continuando sempre a fare le cose che devo fare e continuando a dare il massimo di me stesso nei miei rapporti umani. Gurdjieff: E pensi di esserci arrivato da solo? Luc: È il risultato del lavoro. Gurdjieff: Tranne forse che io ho fatto qualcosa di speciale per te, per farti arrivare a questo? (crede di essere diventato così in modo completamente naturale). Io ho fatto di te un candidato speciale per il lavoro. L'ho fatto di
proposito. Come se ti avessi dato una pillola. Tu sei cambiato e io sono contento. Luc: Ho parlato con qualcuno che mi ha detto che non ha mai provato amore per nessuno. Lo comandava la sua testa. Poi non ho saputo come rispondere, poiché sono colpito dalla stessa incapacità. Qualcosa in me è debole. Gurdjieff: Perché ricordi questa persona? Luc: In relazione al lavoro. Gurdjieff: Il consiglio non ti aiuterà. La tua volontà non basta per cambiarti, devi avere un aiuto esterno. Luc: Ne sono sicuro.
Gurdjieff: Ho detto a questo giovane uomo che è metà e metà, da una parte l'aiuto esterno: sto per darti qualche pillola, dall'altra parte, lui, da solo, deve lavarsi con l'acqua fredda e fare ginnastica. Le pillole da sole non possono aiutarti. L'esercizio da solo non può aiutarti senza le pillole. Le due cose insieme possono cambiarti in una o due settimane. Alain: C'è un impulso che sto provando a coltivare per il mio lavoro e che credevo buono. Era il cercare una chiara intelligenza logica, con la logica, che il mio corpo obbedisse. Avevo un modo speciale. Il mio pensiero distaccato dal mio lavoro personale. Ed ho trovato al momento un'inclinazione o piuttosto una sorpresa di esistere, che credevo essere capace di intensificare, che potesse aiutarmi, a
richiamare uno sforzo più potente. ma ho capito che è esterno, che il lavoro è diviso in due; che la prima parte del lavoro ha più forza in proporzione a quanto lo si fa, e mi chiedo se è buono continuare. Gurdjieff: Posso dirti una cosa. Abbiamo una proprietà. Se sei su un buon percorso, la natura ti mette dentro immediatamente un'idea; essa cristallizza in te l'esatto fattore per calmarti e impedirti dal continuare sulla buona strada. Più sei sulla buona strada, più la natura usa queste cose. Nella vita succede così. Quindi dovrai fare questo: diventerai calmo in un buono stato; ti sederai, molto tranquillamente (lo farai per una o due settimane in un mese). E non crederai più a niente e nessuno. Fai un programma. Quando non hai un programma, qualsiasi cosa, anche idiota,
priva di valore, marcia, ti può comandare. Fidati solo del programma che avrai fatto in uno stato speciale. La cosa principale e fare questo programma: come vuoi comportarti, cosa vuoi fare, i rapporti che vuoi avere con ogni persona; questo è un programma. E credi solo a questo. E anche se viene Dio a disturbarti e dirti di fare qualcos'altro, non Gli credere. Forse è venuto giusto per farti uno scherzaccio. Fai solo quello che hai deciso nel tuo stato speciale. Alain: Ma è difficile credere che lo spostamento del pensiero basterà ........ , l'impulso. Gurdjieff: Allora ti perderai sempre; sarai sempre come sei. È il cane, il diavolo che la natura mette in te. A causa di questo, non
credete niente. Manda al diavolo anche Dio. Non credere in Dio. Ma solo nel programma che hai fatto. Tu hai capito che sto dicendo una cosa importante. Questo stato non può venire spesso. Ma si può avere una o due volte al mese; seduto, calmo, accorgiti dei tuoi tre tipi di muscoli e poi pensa in maniera assoluta e imparziale. Considera il tuo stato, la tua classe, il tuo carattere, e come fare tutto quello che devi fare nei mesi a venire. Che rapporti, per esempio, vuoi avere con questo uomo o quella donna. Il programma stilato, lo metti nella vita e fai solo quello che corrisponde al tuo programma. Nella vita ci sono migliaia di persone che vogliono comandarti. Manda al diavolo il mondo intero; credi solo al tuo programma e alle tue decisioni. È la sola strada esatta per te; le altre non esistono, non esiste
nessun altro modo; ci sono molti cani che la natura mette in noi espressamente per indebolirci. Alla natura forse interessa che ci siano meno persone sulla strada giusta. Incontro del 16 gennaio 1944 (Viene descritta a qualche allievo la seconda parte dell'esercizio 1, e qualche persona nuova è interrogata e consigliata.) Gurdjieff: Piccolino, domanda?
qual
è
la
tua
Luc (ndT, probabilmente Luc Dietrich lo scrittore, piccolino si riferisce alla sua corporatura. Morirà nell'agosto del 1944 a seguito di un'infezione causata da un bombardamento americano. Celebre l'episodio di Gurdjieff che gli porta le
arance all'ospedale, sul letto di morte): L'esercizio che consiste nel richiedere al corpo la sostanza necessaria a portare sul viso espressioni di bontà, giustizia, onestà, imparzialità e intelligenza, mi ha portato a riconsiderare ognuno di questi termini e particolarmente l'onestà. Qual è la relazione dell'onestà, l'equilibrio tra quello che si prende e quello che si dà in cambio? Ho avuto molta soddisfazione quando guadagnavo poco e sono imbarazzato ora in una situazione più comoda e facile. Gurdjieff: Ho già capito la tua domanda. vai avanti. Luc: Mi sento in dubbio sulla mia onestà, anche se dessi via tre quarti dei miei soldi. Io voglio che la mia vita sia fondata su
princìpi tali che i miei mezzi sostentamento siano purificati.
di
Gurdjieff: E ora, vuoi formulare la domanda? Luc: Da cosa si può sentire di essere onesti? Gurdjieff: C'è un principio, un criterio: Quando hai dato a te steso la parola di fare qualcosa e l'hai fatto, hai un certo sentimento di soddisfazione. E' questo sentimento di soddisfazione in te stesso che ti mostra che sei onesto. tu capisci questo sentimento? Luc: Sì. Ma ora nella mia vita di ogni giorno devo usare trucchi uno dopo l'altro e questo mi fa rivoltare.
Gurdjieff: Quella è la vita esteriore. Tu fai questo per loro. Ho già detto che adesso devi essere un egoista assoluto, un buon egoista. Per il bene del tuo futuro altruismo. Oggi non puoi dare molto agli altri, e se provi a farlo, non sarai capace di cambiare te stesso, rimarrai quello che sei. Devi fare il sacrificio di dare a un altro. Ma devi dare a te stesso la tua parola che in futuro la ricompenserai dieci volte. Così puoi promettere. Ho due indizi, due princìpi; soddisfazione in te stesso e promettere di ripagare molto di più in futuro. Esteriormente, si recita la propria parte, secondo quello che richiede la situazione, e interiormente non ci si identifica. Se stai lavorando interiormente la natura ti aiuterà. Per l'uomo che sta lavorando, la natura è una sorella di carità;
gli procura quello che gli serve per il suo lavoro. Se hai bisogno soldi per il tuo lavoro, anche se non fai niente per procurarteli, i soldi ti arriveranno da tutte le parti. In un altro caso, la natura taglierà tutte le risorse di un uomo se è necessario al suo lavoro. (A Simone) Capisci? Per esempio, dovevi avere dei soldi una certa sera, avresti voluto andare al caffè ma non ne avevi, sei rimasta a casa e hai lavorato. La natura è più intelligente di te; conosce meglio di te quali sono le condizioni migliori per il tuo lavoro; e se tu lavori, la natura richiama spiriti consci che prepareranno per te le condizioni di cui hai bisogno. Per l'uomo ordinario, per l'uomo che non lavora, non c'è altro tranne il destino. Ma per l'uomo
che lavora, la natura gli dà attraverso spiriti consci tutto quello di cui ha bisogno. Philippe: Quello che ha appena detto mi ha dato di più di tutti gli esercizi. Sento in me in questo momento che spirito è. Sento una vita in me. Come se capissi quel che devo fare. Devo salire la mia "scala". Devo intraprendere gli obblighi, dare la parola a me stesso su piccole cose, non quelle grandi che sono troppo lontane per me. Gurdjieff: C'è una legge che è formulata molto semplicemente. Un uomo deve mantenere la parola data; in ogni caso, qualunque cosa succeda. E' un comando assoluto. Se hai dato la tua parola di venire a trovarmi a una certa ora, anche se ti tagliano a pezzi, ti uccidono, tu devi venire. una cosa piccola ma forse è
collegata con molte altre cose che non conosci. Se tu non vieni, ti potrebbe costare un milione di franchi. Sposterò l'appuntamento che ho dopo il tuo e questo renderà necessario cambiare qualcos'altro e così di seguito in una catena di eventi che non puoi prevedere. Se non si trasportano piccole cose, poi non si potranno portare grandi cose. Con le grandi cose è facile; esse sono lontane e ti riguardano solo di tanto in tanto, quando ti va. Ma le piccole cose sono vicine a te tutto il tempo, che tu lo voglia o no. Prova una volta a darti la parola su una piccola cosa. Non su tutto, perché una promessa deve essere mantenuta e devi sapere che sei capace di mantenerla. prendi una piccola cosa che puoi fare.
(Dopo aver pranzato Gurdjieff: rimprovera "T" per non aver adempiuto bene i suoi doveri, i suoi obblighi come direttore del pranzo.) Gurdjieff: E' una piccola cosa, ma se si capisce come si devono dirigere i propri affari nella vita, è una grande cosa. Non c'è un aspetto solo, ce ne sono sette. Se hai sette affari e ne fai uno bene, gli altri sei possono andare bene automaticamente. Ne trascuri uno, anche se per la prima volta in vita tua, il risultato è cattivo. Per esempio, se tu intraprendi l'obbligo di dirigere il servizio, devi dirigere tutti i dettagli. Dimentica ogni cosa, perfino il tuo dio, per controllare tutti i dettagli con esattezza. Se tu sei il direttore, non esiste niente tranne quello, anche se hai affari da milioni. Li devi dimenticare. Fai al meglio quel che
hai da fare. Quando i tuoi affari varranno milioni, li tratterai allo stesso modo. Non guardare solo un aspetto, ma sette, e tutto andrà bene. Se un aspetto non è buono, niente è buono. Abituati a fare bene tutte le cose contemporaneamente, e in parallelo con questo, imparerai a fare bene ogni cosa. Tu sei qui, tu sacrifichi ogni altra cosa. Tutta la tua presenza, tutto il tuo pensiero, tutte le tue associazioni devono essere indirizzate alle faccende che costituiscono il tuo lavoro. Se fai bene quel che devi fare nel wc, farai bene anche quel che devi fare in chiesa. Se non fai bene quel che devi fare nel wc, non farai niente di buono neanche in chiesa. Nelle cose ordinarie della vita devi compiere tutti i tuoi obblighi, pensa ad essi perfino due o tre settimane prima e non sbagli mai. tu hai il tempo. Pensa ogni cosa. Prepara ogni
cosa; stai sempre perdendo tempo. Con una tale organizzazione interiore, un uomo non andrà lontano. D: Posso fare una domanda? Gurdjieff: Perché fai di una mosca un elefante? Se hai una domanda, falla. E' la mia specialità parlare, parlare, parlare. Aiutatemi a fermare la mia macchina del parlare. Fai la tua domanda. D: (Chiede a proposito della sua ricerca di Dio, i suoi dubbi e le lotte.) Gurdjieff: Ho già risposto a questa domanda quando qualcuno mi ha chiesto la stessa cosa. Ho detto: se non hai un ideale, se non credi in Dio, allora tuo padre, tua
madre, il tuo maestro possono servirti come ideale. D: Io ho un ideale, sono sempre stato cattolico. Ma non vedo più Gesù Cristo nello stesso modo. Gurdjieff: All'inizio il cattolicesimo era molto buono, ma non più tardi. Hanno cercato mezzogiorno alle due; hanno diluito ogni cosa. All'inizio era superiore alla religione Ortodossa e a tutte le altre. D: Non posso riconquistare la fede della mia infanzia. Gurdjieff: Non è necessario. Hai perso quella possibilità. Non sei più un bambino, sei grande ora. Devi avere logica e non cercare automaticamente. Avere contatto
diretto con Dio è impossibile. milioni e milioni di non-entità vogliono avere relazione diretta con Mister Dio. Questo è impossibile. ma puoi avere una relazione diretta in questa linea. Quel che fai qui, per esempio, ha cambiato il tuo ideale interiore - da quando hai preso parte alle nostre conversazioni? (Sì) Quindi forse tu hai fiducia nella persona che dirige qui? (Sì) Quindi lui può servire da maestro momentaneamente. D: Questo non mi soddisfa appieno. Io voglio qualcos'altro. Gurdjieff: Allora fai un programma. Tu non hai quel che vuoi. Voglio che tu capisca che il tuo prossimo - padre, madre, maestro - può servire come tuo ideale al posto di Dio. Il vero dio, dimenticalo. Così come
sei, non potrai mai avere rapporti con Dio. Crescendo, potrebbe essere, ma tu sei uno tra milioni di non-entità. Nel mentre, prendi un ideale che è sempre il più vicino e poi tu puoi pregare Dio, perché anche questa persona ha un ideale, questo ideale ha a sua volta un ideale, e così via. Dio è così lontano, ci sono molti stadi prima che tu lo raggiunga, non pensare a lui. Il tuo ideale sarà il tuo dio. Dopo puoi avere un altro ideale. Mme de Salzmann. Dio è troppo lontano. Tu sei troppo piccolo per avere diretto contatto con lui. Solo chi è immediatamente sopra di te può essere dio per te. E' un dio chi a sua volta ha un dio. E' una scala, c'è sempre qualcosa al di sopra. Ogni grado (scalino) ti porta ad un
altro e tu ottieni la tua risposta dalla stessa catena. Gurdjieff: Non puoi pregare direttamente Dio. Tu lo immagini, ma sprechi il tuo tempo. E' da questo che proviene la psicopatia. Come un monaco. Egli dice direttamente, "Dio". Lui manipola così (gesticola) e sessant'anni dopo muore come un cane senza aver mai ricevuto niente. Voleva Dio direttamente. Nessuno Lo ha visto, per la legge dei contatti è rigoroso. Questa legge esiste ovunque. Cercherai il tuo dio quando ti sentirai guidato nella giusta direzione, su una buona strada, per esempio da Mme de Salzmann. Quindi lei sarà il tuo dio. Lei non è Dio, ma sarà il tuo primo grado; puoi avere contatto con Dio tramite lei; fai che tutte le tue preghiere e buone manifestazioni passino da lei e
questo farà contatto con il grado successivo. Poi un terzo grado e finalmente è possibile che la tua preghiera raggiunga il vero Dio. Esattamente come il telegrafo; un messaggio a un parente nella campagna vicino a Lione. Prima da Parigi a Lione; poi a un'altra città, poi al villaggio, poi alla casa del parente. Da regolamento, è per questo che ci vuole tempo. Domanda: (Questa domanda chiede delle "ingiustizie") Gurdjieff: Tu sai che la "Giustizia" è una grossa parola - è una cosa grossa nel mondo. Le cose oggettive non sono piccole come microbi, esse vanno in accordo alla legge, come la legge le ha abituate ad andare. Ricorda: come semini, raccogli. Non solo le persone raccolgono, ma anche
famiglie e nazioni. E' spesso accaduto quello che accade sulla Terra venga da qualcosa che fu fatto da un padre o un nonno. I risultati convergono in te, il figlio o nonno, sei tu che devi regolarli. Questa non è ingiustizia, è un grande onore per te; sarà un mezzo che permetterà di regolare il passato di tuo padre, nonno, bisnonno. Se ti accadono disgrazie in giovinezza, significa che qualcuno le ha portate - per questo devi raccoglierle. Lui è morto, è un altro sulla Terra che raccoglie. Non devi guardare a te stesso egoisticamente. tu sei un collegamento nella sedia del tuo sangue. Sii fiero di questo, è un onore essere questo collegamento. Più sei obbligato a riparare il passato, più avrai rimorso di coscienza. Avrai successo nel ricordare tutto quello che non hai fatto come avresti dovuto nel tuo passato. Quelle
cose che hai fatto contrarie alla GIUSTIZIA hanno mortificato tuo nonno. Quindi puoi avere dieci volte più rimorso di coscienza e il tuo valore aumenterà in proporzione. Tu non sei una coda d'asino. tu hai responsabilità, una famiglia. tutta la tua famiglia, passata e futura, dipende da te. La tua intera famiglia dipende dal modo in cui tu ripari il passato. Se tu ripari per tutti, è buono. Se non ripari per nessuno, è cattivo. Tu vedi la tua situazione. Logicamente, vedi cos'è la Giustizia? La Giustizia non si occupa dei tuoi piccoli affari, debiti non pagati, è occupata con grandi cose. E' idiota pensare che Dio pensi a piccole cose. E' lo stesso con la giustizia. La Giustizia non si occupa di quelle, allo stesso tempo, sulla Terra nulla è fatto senza di essa. Cerca i motivi. Tu sei obbligato ad avere una posizione di responsabilità nella
linea del tuo sangue; devi lavorare molto per riparare il passato. E' difficile comprendere tutto in una volta. D: (Un uomo dice di non poter lavorare bene, non poter fare niente di sua soddisfazione, è disturbato dalla coscienza.) Gurdjieff: E' impossibile far questo tutto in una volta, si deve cercare. Comincia con cose piccole. Quando ti svegli, ricorda coscientemente di mettere prima il calzino sinistro, al posto di quello destro, ricordando te stesso. Lava prima l'orecchio sinistro, non quello che sei abituato a lavare per primo. Fai un programma, sempre che qualche mosca o qualcosa del genere appaia a impedirti di attuare questo programma. Ma anche se fosse è un fuoco,
fai quel che ti dico. Poi quando uscirai in strada, invece di guardare alla finestra a sinistra la bionda che ti interessa, guarda verso la finestra a destra la brunetta. E così via. Se non riesci a fare questo, non parlarne più. Se lo fai, puoi fare ancora domande, e io risponderò e spiegherò un migliaio di dettagli in più. D: Alla base delle mie emozioni negative ci sono due cose: da una parte, l'opinione che ho di me stesso, e dall'altra una certa paura. Se ho successo nel ricordare la mia nullità, l'opinione di me cambia e non mi ostacola più, ma cresce la paura e cresce l'emozione negativa e mi impedisce di resistere. Non ho trovato un mezzo per lottare contro la paura.
Gurdjieff: Si deve decidere. "Tutto o niente". E' semplice, tutto o niente. Se tu comprendi la tua passata nullità, poi decidi; o vuoi trasferire questa nullità dentro qualcosa, o morirai. Se tu decidi, tutto o niente, dopo di questo la tua paura sarà meno importante. Se decidi di morire, allora è un'altra questione. Non sei spaventato? (No) Allora la paura è nulla. Questo è il mezzo per liquidare la tua paura. Quello che hai detto prima riguardo la tua opinione di te stesso è fou-four. Già tuo padre era fou-four. Allora che opinione vuoi avere? Tu sei una non-entità, merde. Devi capirlo. Oggettivamente che opinione puoi avere? Tu non puoi fare nulla. E' tutta immaginazione. Non puoi neppure fare una sigaretta. Devi decidere nel campo della tua nullità. Il tutto o niente può finire la tua paura. O qualcosa succederà o morirai
come un cane. Non dovresti esistere come sei. Sei una sorgente di male nel mondo, per il tuo prossimo e per tutti. O cesserai di essere una tale sorgente per acquisire una vera individualità, reale non di fantasia, o morirai. Hai capito? E' una nuova "Giustizia", ha un altro abito. Una cintura e anche un cappello - un cappello alto. Incontro del 18 gennaio 1944 Mme Dubeau. E' difficile per me separare quello che sento, cosa è vero, da quello che è immaginario; difficile vedere se quel che percepisco ha una base reale. Per esempio, sembra impossibile nell'esercizio del riempire le mie braccia... Gurdjieff: Ti ho detto di non aspettarti niente da questo esercizio. E' l'esercizio
che ti darà comprensione. Altro verrà dopo. Poi forse troverai possibile capire cos'è la fantasia e cos'è reale. Per capire, è necessario FARE, fare esperienza. L'esercizio ti darà l'esperienza. Questo esercizio fu stabilito secoli fa, prima che esistesse l'Europa. Pomereu: Vorrei sapere se il lavoro è compatibile o no con l'ambizione - un desiderio di potere - nel mondo esteriore. Gurdjieff: Se ti aiuta con il tuo esercizio, puoi farlo. Per esempio, puoi sempre ammazzare qualcuno. Io ti ho dato questo esercizio categorico: Sii un egoista. Non puoi fare niente al presente. Prima reggiti in piedi solidamente. Dopodiché, puoi fare qualcosa. La tua domanda è astratta.
Pomereu: Si può avere ambizione fuori del lavoro?. Gurdjieff: Puoi darla a te stesso come compito ma non puoi contare sul successo potresti o non potresti. Forse può essere compatibile con il lavoro. Pomereu: Quindi non è necessario provare a distruggerla subito? Gurdjieff: No. Ma se sorpassa il tuo lavoro vero, se è una debolezza, devi ucciderla. Se lo fai consciamente, puoi tenerla. Pomereu: Ma se è una cosa fisica... Gurdjieff: Può essere una cosa fisica, ma non automatica. Datti un compito conscio e portalo avanti, even by inertia.
Pomereu: Come posso sapere se la mia decisione è conscia? Se voglio i soldi, per esempio, è sicuramente per stupidità. Gurdjieff: Un'altra questione. Quello che hai acquisito con il lavoro non deve essere usato nella vita ordinaria. So long as you have to do with me, tu devi esteriormente recitare una parte, ma interiormente devi imparare a non identificarti mai. Durante il lavoro avvengono tali cose - possibilità straordinarie - non devi usarle mai per la vita ordinaria. Mme Dollinger: Nel lavoro si può essere aiutati dalla preghiera e come si dovrebbe fare?
Gurdjieff: Puoi pregare solo con i tuoi tre centri, e allo stesso tempo è un esercizio. Quello che mi interessa non è la tua preghiera, è la tua concentrazione con i tuoi tre centri. La tua preghiera non va più lontano della tua atmosfera. (aura) Quando la tua preghiera può andare più lontano dell'America, sarai capace di pregare il Presidente. Mme Dollinger: Come si può pregare con i tre centri? Gurdjieff: Ora devi fare una cosa seria. Impara, per il bene futuro, a concentrarti non solo con un centro ma con tre. Devi pensare, sentire e percepire. Questo è importante. Per questo ci sono diversi esercizi. Puoi pregare, cantare - quello che ti va - ma con tre centri.
Hignette: La regola formulata ora mi lascia stupita. Mi sembra che qualche volta uno non possa aiutare usando certi risultati del lavoro. Sto pensando alla mia classe e come riesco a gestirla adesso rispetto a prima. Gurdjieff: Quel che voglio dirti è qualcosa di diverso. Non parliamo di quello. Questa è una cosa naturale. Avresti potuto farlo anche senza di me. Ogni anno sei più grande, più pratica. Acquisti esperienza e cambi il tuo modo di fare le cose. Alain: Qualche volta riesco ad arrivare ad una specie di pensiero che è più chiaro e più grande, nel quale capisco molte più cose. Posso usarlo?
Gurdjieff: Fa il tuo esercizio... Esattamente come si impara a suonare il piano. Prima di tutto, fai molto esercizio prima di suonare un accordo. Ora tu devi fare il tuo esercizio e vivere come prima. Nessuno si deve accorgere del tuo lavoro interiore. Questo è il tuo scopo - non identificarti interiormente. Recitare una parte non è uno scopo ma un mezzo. Alain: Volevo indicazioni più dettagliate su come non identificarsi. Gurdjieff: Ogni cosa arriva al suo tempo, è solo necessario praticare. Stai filosofando. Ora il tuo scopo e di non identificarti. Considera le tue azioni passate. Cosa puoi dire di esse imparzialmente? Questo servirà da inizio per il tuo lavoro e riconoscerai che tu eri sempre identificato. Per noi è
necessario essere interiormente imparziali. Questo al momento è impossibile. Guardiamo ogni cosa, animata o inanimata, parzialmente. Qui è dove giace la nostra debolezza. Horande. Signore, mi sento male al momento e sono molto stanco. Gurdjieff: Te l'ho detto all'inizio, dottore, questo lavoro brucia molta elettricità. Horande: Per una settimana non sono stato capace di fare l'esercizio, anche il più piccolo sforzo di ricordare per un quarto o un'ora, perché sono stato intossicato dai risultati che ho avuto. Io penso al lavoro ma non riesco a fare niente di preciso.
Gurdjieff: Non puoi ancora aspettarti risultati. Puoi solo fare gli esercizi.Per essere capaci di suonare accordi occorre molto tempo. Forse ti sei illuso, poi una disillusione. Succede così. Pensa solo al futuro, quando il tuo suonare potrà acquisire diverse qualità e potrai diventare un pianista. Mme Dollinger: Il mio modo di ragionare qualche volta mi fa pensare che tutto questo è un sogno. Quando non mi sento di lavorare, mi dico che tutto questo non è vero. Gurdjieff: Hai molti cani in te. Come "Mr. Gurdjieff" non ti posso aiutare, ma solo come dottore. Ma io non ho l'abilitazione in Francia. Accetto solo pazienti inglesi e americani.
Mme Dollinger: Allora potrei proprio arrendermi. Gurdjieff: Devi superare questa crisi. Ora se hai riconosciuto la tua nullità, puoi prendere una vera decisione per cambiare qualcosa. Se io avessi una pillola per calmarti, non te la darei. Devi ringraziare la natura per l'inizio di questa crisi, e che sia cominciata così presto. Philippe ha una crisi come quella due volte l'anno. Denise: La sincerità è compatibile con la spontaneità? Gurdjieff: Possono andare insieme, ma è desiderabile che non lo facciano. La spontaneità non è controllata. Non devi essere sincera con gli altri, ma con te
stessa. Non devi fidarti di nessuno, nè sorella nè fratello. Devi essere sincera con te stessa. Se sei sincera con un altro, metti in tavola tutte le tue carte. Lui si siederà sulla tua testa. Questa sincerità è una malattia. Forse non hai dentro niente, ma gli altri si immaginano che tu abbia qualcosa. Lasciaglielo immaginare. Incontro del 28 gennaio 1944 Dr. Aboulker: Mi hai consigliato di fare una pausa nel mio lavoro questa settimana. Questa pausa mi ha mostrato che stavo lavorando quel giusto per sentirmi soddisfatto e sottomettere le emozioni negative. Quando non lavoro, ho un sentimento di rimorso; le emozioni negative mi prendono per intero. Per
esempio, sono preso dall'invidia per altri.
costantemente
Gurdjieff: Non è colpa tua. E' colpa di tua madre e tuo padre. Distruggeremo i risultati di questa educazione. Lanctin: Ho notato che quando lavoro, allo stesso tempo certe rozze tendenze e desideri, certi appetiti di bassa lega diventano più forti e prendono un posto più importante di prima. Gurdjieff: In questa stanza ci sono dodici persone. Se volessi far entrare due persone in più, sarebbe necessario per due persone che sono già qui, uscire. E' lo stesso per te. Lo spazio è stato fatto per fare spazio, qualsiasi cosa occupi questa stanza deve uscirne. Se una persona vuole uscire
mentre un'altra vuole entrare, si bloccano una con l'altra. Essi hanno gli occhi alla porta. Forse tu sei in quella situazione. In questo lavoro non ci devono essere compromessi. A poco a poco, fai spazio. Una persona esce, un'altra entra. Lecaze: Monsieur Gurdjieff Gurdjieff: E' già da molto tempo che sono Gurdjieff. Lecaze: Questa settimana mi è venuto, molto dagli esercizi e dal lavoro, un certo gusto di me stesso che non avevo mai sentito prima e che mi obbliga ad essere in una parte di me stesso nella quale di solito non sono mai. Questo è stato dissipato
perché non so cosa fare con esso; non voglio che si perda ma che mi aiuti ad andare avanti. Gurdjieff: Devi fermare tutto e fare interiormente quel che si deve fare per il tuo lavoro e che può aiutarti per il tuo futuro. Lecaze: Ma questo sentimento viene nel momento in cui sto facendo qualcosa di completamente diverso, quando sono impegnato con persone e non posso smettere quel che sto facendo. Gurdjieff: Non stiamo parlando delle stesse cose della vita. Questo è qualcosa di completamente diverso. Tu devi recitare una parte. Per esempio, tu stringi la mano
(saluti) con la mano destra. Non hai bisogno di pensarci. Zuber: Questa settimana mi sono trovato in una situazione in cui avrei dovuto sentire rimorso ma di fatto ho sentito solo una leggera fitta che non si potrebbe paragonare al vero sentimento. Vorrei sapere se ci sono mezzi speciali per provare il rimorso. Gurdjieff: Pensa a tutto quel che hai fatto nella tua vita, tutti i momenti in cui non sei stato come avresti dovuto. Ricorda e allo stesso tempo abbi un sentimento di rimorso. Solange: Ho notato che ero solita avere un sentimento di rimorso più forte rispetto ad ora che sto lavorando. Avevo sentimenti
violenti; Ora essi sono intellettuali. Io giudico le mie azioni ma non sento come ero abituata a sentire. Gurdjieff: E' una cosa molto semplice. Prima eri abituata a fare un elefante da una mosca e una mosca da un elefante. Questo è come sei di natura. Ora vedi la mosca come mosca e l'elefante come elefante. Solange: Mi stupirei se continuassi con il lavoro che sto facendo o prendo qualcos'altro di più adatto alle mie capacità. Mi piacerebbe avere uno scopo nella vita. Gurdjieff: Il mio consiglio è di fare qualcosa di completamente nuovo, senza alcun collegamento con quello che stai facendo adesso. Meno sei soddisfatta del
tuo lavoro, più grande è la possibilità di fare di più. Ricomincia a imparare per il futuro. Una nuova carriera è la cosa migliore per te. Nella vita uno può fare ogni sorta di compromessi, ma con questo lavoro non ce ne sono. Tu devi cambiare la tua intera vita esteriore e ricominciare ancora una volta. Incontro dell'8 febbraio 1944 Gilles: Ho un po' di conoscenza di me stesso, specialmente della mia essenza. Non so mai come essere certo riguardoa me stesso. Quali mezzi di indagine posso usare per sapere se una cosa viene da me o no? Gurdjieff: Ora stai filosofando. E' necessario cominciare da qualcosa di reale.
Ora questo è vuoto per me perché tu sei vuoto. Non ti sei avviato sulla via di un uomo reale. Questa è l'educazione: mancavano sette fattori alla tua educazione. Posso dirti il primo. Non ti è stato insegnato che per te, tuo padre è il tuo dio. Per ogni uomo, sopra una certa età, suo padre deve essere il suo dio. Dio ama chi stima suo padre. Quando il padre muore, poi c'è un posto nel quale può entrare Dio. Tu non hai questo rapporto con tuo padre e la tua domanda nasce da questo. Ora prendi come compito di criticare (mortificare) tutti quei fattori in te che ti intralciano; stabilisci un rapporto vero con tuo padre. Mme. Debeau: Ma se il padre è indegno, spregevole?
Gurdjieff: Anche se è il peggior criminale, se è una merde, il più spregevole degli uomini, tu devi riconoscere il tuo debito. Tu non sai perché è diventato così. C'è una legge. Lui ti ha creato. Devi a lui la tua esistenza. E lui è garante della tua vita in un altro mondo. Se lui è il peggiore degli uomini agli occhi di tutti, lascia che sia così - ma interiormente tu devi sentire il tuo debito. Devi ripagarlo per la tua esistenza. Gilles: Ma per stabilire un giusto rapporto con qualcuno si deve essere sicuri di quello che si è. Gurdjieff: Dividi te stesso in due parti. Interiormente non identificarti, esteriormente devi recitare una parte.
Prendi tutte le cose come una guida. Il tuo compito ora è di acquisire libertà interiore. Questo è il punto di partenza per andare oltre. E per questo devi fare quel che ti ho detto. Cosa significa recitare una parte? Prova a capirlo in senso generale. Fai ogni cosa che gli dà piacere. Se gli piace che tu ti sieda alla sua destra, siediti a destra. Se in un altro momento gli piace il contrario, fallo. Ruolo soggettivo. Con ogni persona una parte diversa. Abituati a compiere i tuoi doveri. E' uno degli aspetti del futuro di un uomo libero. Non è necessario filosofare. Dopo, sì. Prima prepara il terreno. Il terreno ha sette aspetti. Dopo quello puoi andare come ti pare. In futuro, con ogni uomo devi recitare una parte; per il tuo egoismo. Per rendere ogni persona tua schiava. non fai quel che piace a te, ma quel che piace a lui.
Mme. D.: Verso il proprio padre, è un dovere interiore o esteriore? Gurdjieff: Ho detto che interiormente hai un dovere oggettivo. Ma allo stesso tempo reciti una parte con lui esteriormente, come con tutti. Questo è difficile all'inizio, ma poi verrai a vedere come tutto cambia. Forse in seguito tuo padre diverrà tuo schiavo. Denise: Così per ora non dovremmo fare quel che ci piace. Gurdjieff: Ora non hai il tempo per soddisfare la tua debolezza. Devi ucciderla. Se lavori, non puoi perdere tempo con la tua debolezza. Devi essere spietato.
Denise: Anche se lo scopo è consolare qualcun altro? Gurdjieff: Per ora stiamo parlando di noi stessi. Denise: Per esempio, vivo tra persone che parlano sempre di devozione e mutuo soccorso. E' stato anche il mio scopo. Ora so che si può fare poco per gli altri. Gurdjieff: Questo è vero, è un'idea fantasiosa. Primo, non puoi fare niente di buono per alcuno. Ora dai la tua parola di non fare niente tranne che per te stessa; metti i piedi per terra, prepara il tuo futuro. D: Ora la gente mi considera indifferente.
Gurdjieff: Poi tu non hai recitato una parte. Altrimenti non avrebbero notato il cambiamento. Tu sei aperta. Gli altri non devono vedere cosa succede in te. D: Queste sono le persone che sono sempre intorno a me. Gurdjieff: persone.
E'
esattamente
con
quelle
D: E' difficile. Gurdjieff: Sono facili le brutte cose. Mme. D.: Quando confido a qualcuno qualcosa che mi è accaduto, sento che quel che dico perde la sua forza per me. Sento che contagio gli altri a ottenere brutte cose dal mio togliermi un peso dallo stomaco
(Traduzione letterale che pare avere significato incerto in italiano, il testo originale è "I feel I affect others in getting bad things off my chest"). Gurdjieff: Perché hai recitato male la tua parte. Mme. D.: Sì, ma prende forza da quel che c'è di brutto in me. Gurdjieff: Oggi devi sacrificare ogni cosa nell'interesse del futuro. Tutti i piaceri di adesso. Non si può entrare nel regno dei cieli e allo stesso tempo mangiare dolci. Stabilisci un buon rapporto con tutti e impara a non identificarti mai. Questo sarà un buon strumento per cambiare te stessa. Allo stesso tempo crescerà in te una certa energia che ti consentirà di lavorare
meglio. Le cose facili non danno mai energia. Pomereu: Mi piacerebbe sapere se c'è un modo migliore di usare l'energia fisica che facendo sport. Gurdjieff: Gli esercizi con numeri, nomi e così via. Per farlo bene si deve avere cinque volte più energia di quella che hai tu. Pomereu: Ma non lo abbiamo ancora fatto. Gurdjieff: Bene, fai quello che è stato dato domenica. In mezz'ora posso pompare in te dieci volte più energia di quella che hai. Se ti senti come dici, vuol dire che non hai capito.
Mme. D.: A lungo non ho lavorato perché sentivo di fare correttamente l'esercizio del riempire il corpo. Poi ho ricominciato. Gurdjieff: Riprovaci. Viene a poco a poco. Può non venire per dieci volte - devi farlo e fare tutti gli esercizi. Prima devi averne il gusto, e poi diventa facile. Attieniti strettamente alle regole; rilassati e così via, e quello ti aiuterà. Prima o poi ci riuscirai. Non ci si deve risparmiare. Mme. D.: Non ho realmente la sensazione di riempire il corpo, ma una sensazione generale. Gurdjieff: All'inizio puoi usare quella. Gerbeau: Si può avere una tenue conoscenza della propria essenza? La mia
sensazione si confonde con una sorta di immaginazione e con sensazioni molto diverse, spesso completamente opposte. Come posso riuscire a farlo meglio? Gurdjieff: Hai un esercizio. Gerbeau: Non riesco a farlo tutto al meglio. Gurdjieff: Forse perché stai pensando ad altre cose; filosofia, fantasia - non hai ancora alcuna essenza. Sei un cagnolino un piccolo pezzo di merde di cane. Gerbeau: E' perché la mia attenzione è naturalmente distratta da cose molto piccole.
Gurdjieff: Attieniti al due per due fa quattro. tu vai troppo avanti. Per cui hai questi malintesi. A: Ancora in molti modi rimango su un punto. Gurdjieff: Perché vai oltre in anticipo. (Marvellous) A.: A proposito dell'esercizio di domenica, mi meraviglierebbe se non fosse una questione di sesso che mi impedisce di farlo bene. Gurdjieff: Non filosofare. Per te in particolare do un esercizio. Ogni volta che senti l'inizio di debolezza, rilassati, e poi pensa seriamente: "Io voglio che il risultato della mia debolezza divenga la mia propria
forza." Questa si accumulerà in te per il lavoro futuro. Ogni uomo sa quale debolezza c'è in lui. Ogni volta che questa debolezza appare, fermati e fai questo esercizio. E' un esercizio che ti è molto necessario. Parlerai di esso sinceramente un giorno con Mme. de Salzmann. Horande: Ho una bambina di quattro anni. Che parte dovrei recitare con lei? Gurdjieff: La parte del padre. Horande: Ma io sento di non essere un vero padre. Gurdjieff: Sii un buon padre. Non incoraggiare, criticare ogni cosa, così la bambina non avrà immaginazione. Ma
interiormente, ama la bambina. In questo modo il tuo vero amore verrà nell'essere. Horande: Ci sono momenti in cui sento che è necessario essere severo. Altre volte lascio che vinca il mio affetto. Gurdjieff: Non deve essere mostrato. Deve essere giusto (equo). Se mostri per una volta il tuo affetto, la tua autorità sarà a repentaglio. Non devi mai mostrare alla bambina il tuo Sé interiore. La tua debolezza - amare, accarezzare, e così via lasciala a qualsiasi altro. Non te. L'autorità di un padre è una cosa molto importante. E in questo modo sarai un vero padre. Hignette: Non c'è il rischio di crescere un bambino timido e soffocare la sua personalità?
Gurdjieff: Se fa come ho spiegato, il bambino non sarà timoroso. Avrà rispetto. E' un'altra qualità di paura. Non devi spaventarlo. Incontro del 20 aprile 1944 Dr. Aboulker: Ho provato a sentire rimorso di coscienza, ma il rimorso mi sopraffà. Non posso dimenticare che fu per rimorso che Giuda si impiccò. Gurdjieff: Perché parli di Giuda in questo caso? Cosa sai di Giuda? Egli fu un grande iniziato. Egli fu il secondo discepolo dopo San Giovanni il Battista. Tutto quello che è detto su di lui è falso. Se vuoi sapere, era persino il maestro di Cristo.
Dr. Aboulker: La ricerca del rimorso mi porta alla depressione. Devo aver fatto l'esercizio in modo sbagliato. Come posso trovare il rimorso? Gurdjieff: Per esperire il rimorso è necessario svegliare la vera volontà, ricordare il vero scopo. Devi distruggere la tranquillità. Dr. Aboulker: Ho sentito a sprazzi il rimorso due o tre volte. Ma non so come farlo venire. Quando lo cerco intenzionalmente, non riconquisto questa qualità ma trovo il tipo che mi deprime. Gurdjieff: Quando il rimorso arriva senza amor proprio, ci dà il desiderio per qualcosa di migliore. Ma quando è mischiato con l'amor proprio, ti butta giù.
L'effetto del vero rimorso è odio di te stesso, ripugnanza di fronte a sé. Queste due cose fanno il vero rimorso di coscienza. Dr. Aboulker: Una volta, quando l'ho provato, fui nauseato, letteralmente. Gurdjieff: Devi sentirne molto di quello per uccidere il tuo nemico. Quando senti questa depressione, dovresti fare il "Io sono", poi non dovresti spaventarti di diventare più depresso. Solo attraverso questo impulso puoi trascendere la tua nullità. Dovresti gioire che un impulso abbia svegliato in te una vera volontà di cambiare. Non devi fare cerimonie con l'amor proprio. L'amor proprio è il tuo più grande nemico. Si dovrebbe punire impietosamente questa peccaminosa
creatura. Non solo tu - ma tutti. Il sentimento di rimorso può fare da riparazione per tutte le cose, tutti gli sbagli dei tuoi genitori, dei tuoi educatori, dei tuoi compagni d'infanzia. Devi acquisire la libertà interiore che ti renderà degno di diventare un candidato uomo futuro. Mio caro dottore, questo è quel che consiglio ed è una cosa molto difficile. Non è piacevole, ma non è colpa mia. Se vuoi avere un futuro, prova questo nel presente. Più esperisci questo, più possibilità hai per il futuro. Devi riuscire a portare il rimorso di coscienza a un punto dove esso diventa odio di sé e odio del tuo passato, dei tuoi genitori, dell'educazione che hai avuto. Condanna (tormenta) ogni cosa. Chiama il tuo ideale ad aiutarti a sopportare le difficoltà e divenire degno di esso. Da una parte maledici il tuo passato; dall'altra, nel
nome del tuo futuro, dai la tua parola - nei confronti di questa condanna - di aiutarli più che puoi. (i genitori?) Devi raggiungere il punto dove coscienza parla impietosamente in te.
la
Mme. Etievan: Ho provato la stessa depressione del dottore, ma non l'ho più. Mi sento come ero prima. Gurdjieff: Sospetto qualcosa; forse ti sei abituata automaticamente. Il che è pure sbagliato - una idee fixe. Non ci si può abituare al rimorso; esso deve penetrare al Sé interiore. Se ti abitui, lo rendi automatico; diventa esteriore, senza peso, lo fai solo con la testa. Stai sprecando il tuo tempo. Per essere ancora più impietoso,
devi farlo con i tre centri, non solo con la testa. Kahne: Quando esamino i pochi anni che sono stata nel lavoro, noto che non scarseggiavo mai nella forza (?) guida, ma quella parte di me è sempre scappata dal lavoro. Ho visto questo quando mi ha detto che scarseggiavo di volontà fisica. dove posso trovare la forza che mi darà volontà fisica? Gurdjieff: Solo una cosa ti può aiutare. Devi soffrire fisicamente. Per esempio, non mangiare abbastanza, sii affamata. oppure, se al tuo organismo non piace l'acqua fredda, renditi sopportabile l'acqua fredda. Lo stesso con l'acqua calda. Fai l'opposto di quello che il tuo corpo è abituato a fare. Fallo soffrire. E' il solo e unico modo di
fare la forza che ti manca. Non sofferenza mentale. Abbiamo sette tipi di sofferenza. Per te è necessaria la sofferenza corporea. Con la tua mente puoi governare il tuo corpo spietatamente, farlo soffrire. In te lavorano due parti, ma il corpo no. Hai capito la tua emozione? Se l'hai osservata, se mi credi, fallo, lotta, soffri. Dopodiché sarai capace di lavorare su te stessa. Sono contento che sei arrivata da sola a questa domanda. Mme. D.: Non riesco a dominare l'esercizio. Divento identificata. Quando sono tranquilla ci riesco meglio. Gurdjieff: allora è meno utile. Mme. D.: Un'altra difficoltà. Quando visualizzo una persona che è morta, non ho
contatto con essa. ho l'impresione di non averla mai vista. (viste) Gurdjieff: Un esempio molto buono per te. Forse conosci quelle persone solo con una parte di te stessa - la parte intellettuale, per esempio - e ora vuoi cambiare e raffigurartele col sentimento. Avrai contatto con tutti i tuoi centri, ma uno per volta. Mme. D.: Devo trovare qualcuno che soddisfi le condizioni. Gurdjieff: Forse non troverai mai una tale persona. Forse tu sei monolaterale (un lato). Se non puoi trovare una persona, prendine due o tre. Con una sarai nella parte del sentimento, con un'altra nel pensante, e così via.
Pomereu: Ho notato che quando guardo il mio respiro sono meglio capace di ricordare me stesso. Dovrei fa questo? Gurdjieff: Non se pensi che ci sia il rischio che diventi un'idea fissa (una fissazione). Se ti aiuta, continua. Solo tu puoi giudicare? Pomereu: Come faccio a sapere che è un'idea fissa? Gurdjieff: Ora ho capito. Dalla tua domanda. Ho capito il tuo stato interiore. Qual è il centro di gravità del tuo lavoro? Pomereu: L'esercizio consiste nel nutrire l' "Io" e i sette respiri.
Gurdjieff: Qual è quello che ti interessa di più, che ti dà più fiducia? Pomereu: Non li faccio nelle stesse condizioni. Sono entrambi importanti per me. Gurdjieff: Cambia le condizioni in cui fai gli esercizi. Fai quello che hai fatto nel tempo riservato al lavoro, nella vita e viceversa. Cambia il tempo (l'ora) per superare l'automatismo. Sospetto qualcosa e questo me lo chiarirà. Mme. Vera Daumal: (Fa una domanda sull'esercizio dei sette respiri) E' il modo giusto per continuare o devo pulire di più? Gurdjieff: Continua. Forse lo stai facendo solo con parte di te. Ora cominci a
svegliarti, questo produce incomprensione. Vai avanti fin quando non hai un contatto oggettivo con i tuoi tre centri. Il contatto con uno solo è isteria. Una persona reale è sé stessa. Io sono me; se io amo, è con l'interezza del mio essere; se odio anche. Mme. Vera Daumal: Di quello non ne voglio più. Gurdjieff: Allora fallo sempre, fissa una nuova abitudine. Dopodiché ti aiuterò. Mme. Vera Daumal: Ho fatto un grande sforzo tutta la settimana. Ho sentito qualcosa di nuovo.
Gurdjieff: Per la prima volta si è svegliato in te qualcosa di nuovo. Ma non sei ancora abituata a questo, non hai ancora abbastanza materiale. Sei sulla buona strada. Se sei capace di condannare un errore ed essere disgustata dal tuo passato, questo ti aiuterà. Realizza quanto tempo hai perso. Quello è rimorso di coscienza. In questo modo prepari un buon futuro. Senza brutte cose, le cose buone non vengono mai. Wack: C'è una parte di me che non sono mai riuscito ad educare intenzionalmente quando cerco di ricordare me stesso. Questa parte si sveglia soltanto come risultato di uno shock esterno. Come posso farlo apparire?
Gurdjieff: Devi uccidere qualcosa in te. Devi fare spazio per questo nuovo sentimento. Noi abbiamo nel nostro sistema (organismo?) un numero di fattori definito. In te tutti i fattori sono già stati incisi, come dischi del grammofono, e queste incisioni sono già false. Devi distruggere una di queste incisioni, mettine un'altra al suo posto. Wack: Come si può distruggere? Gurdjieff: Tramite una forza definita. Scegli un ideale esterno. Fede religiosa, per esempio. Qualcosa di cui sei sicuro che sia esterna a te. Quindi liquida questa credenza, distruggila. Non perderai niente, per questo è falsa. Prima o poi ogni cosa deve essere nuova in te. Per il momento ogni cosa è merde. Fai spazio, così da
cristallizzare un nuovo fattore per una nuova vita. A te consiglio di prendere la fede; forse tu hai un altro sentimento di cui sei sicuro. In ogni caso, ce n'è uno in cui devi avere successo nel distruggerlo e sostituirlo, cosicché avrai un reale contatto col sentimento. Wack: Cosa sarà il nuovo fattore? Gurdjieff: La coscienza. Fino ad ora tu hai cristallizzato solo abnormalità provenienti dall'esterno. Mme. Davi domanda: Cosa si deve fare per seguire il consiglio che hai dato nel tuo libro; convincere tutte le cose, tutte le parti inconscie della propria presenza a lavorare come se fossero consce, e così via?
Gurdjieff: Non è il mio libro, è del signor Belzebù, ed è il consiglio che sta dando a suo nipote. Mme. Davi domanda: Quindi è solo per suo nipote? Gurdjieff: Te lo spiegherà Belzebù. In quanto a me, ti do un altro pezzo di consiglio: abituati a chiamare Belzebù "mio caro nonno". Questo ti aiuterà. La condizione è che tu ti rivolgi a lui rispettosamente, "mio caro nonno, con tutti i dettagli". Poi forse risponderà. Incontro del 13 luglio 1944 Mme de S: Ci sono delle domande?
Dr. Blano: Mentre lavoro ho l'impressione della completa sparizione del mio corpo fisico. Sento due cose distinte; una di proporzioni più grandi del mio solito e della quale non conosco i limiti. L'alta più interna, più limitata capace di dirigermi e che non ha una forma precisa, anche se è comparabile al mio corpo. Gurdjieff: Quello che spieghi ora, non sembra il nostro lavoro. Se continui, hai una buona possibilità di diventare una candidato per il manicomio. È lo stato che conoscono gli spiritualisti e i teosofi. Fermati immediatamente. Non devi dimenticare che tu sei un corpo. Devi sempre ricordare il tuo corpo. Non hai ancora un "io", nessun "me". Non dimenticarlo. Soltanto così puoi avere un futuro. Più avanti il tuo corpo avrà un vero
"io", un vero "me" come dovrebbe averli ogni persona normale. Ora tu senti l'assenza del corpo, no? Blano: Sì Gurdjieff: Bene, devi sentire il tuo corpo dieci volte tanto. Non è necessario lasciare il tuo corpo. È necessario rinforzarlo. C'è tanta gente come te; sono degli psicopatici. Blano: Come posso intensificare la sensazione del mio corpo quando sento che se ne sta andando? Gurdjieff: Lavati la testa con acqua fredda. Fai una ginnastica difficile. Per esempio, tieni le braccia a croce per quindici, venti minuti, mezz'ora, mentre pensi "io sono", "io voglio essere". Pensa come con il
corpo. Senti il tuo corpo. Caccia via tutte le associazioni psicopatiche; queste sono malattia, debolezza. Yahne: A me sembra di essere sempre più fisico. La mia sola coscienza è quella delle sensazioni. Nella mia vita ordinaria e nei miei esercizi, provo la scomodità di essere incollato alle mie funzioni e di non essere capace di staccarmene. Come posso raggiungere una vita più spirituale? Gurdjieff: Yahne, quello che chiedi, che vuoi, lo capisco. Non hai lo psichismo interno del sentimento. Lo vuoi rafforzare. Sto per darti due esercizi che sono solo per te, per nessun altro. È necessario separare le tue funzioni organiche dalla tua individualità. Al momento, quando stai lavorando, quando ricordi te stesso, hai un
altro stato rispetto al solito. È necessario separare questi due stati. Per questo c'è un esercizio, una serie intera di esercitazioni persino. Incontro di giovedì 10 maggio 1945 Mme Dub.: Non posso venire di sabato, come da Lei permesso, per motivi di lavoro. Ho trovato un impulso per lavorare di giorno, ma mi confondo con l'esercizio del ricordarmi di me, ho la stessa difficoltà che all'inizio. Cado addormentata quando faccio l'esercizio del rilassamento. (Gurdjieff dice a Mme. de Salzmann di andare avanti con la lettura) Mlle Tal: L'insegnamento ha causato in me la nascita di una specie di testimone che mi osserva spietatamente e che mi ostacola
grandemente. Devo lottare contro questo testimone. Non posso più fare l'autoricordo. Non mi posso più rilassare. Sono in uno stato di rivolta assoluta. Gurdjieff: Along with this witness, perhaps something else has closed up in you? (traduzione incerta: E con questo testimone, forse qualcosa in te appare più grande). Mlle Tal: Sì, c'è una lotta tra due cose. Il testimone mi fa vedere come sono a tal punto da disgustarmi. Ma io non ho nessuna forza. Gurdjieff: Il desiderio di cambiare a qualsiasi prezzo è cristallizzato in te?
Mlle Tal: Sì, ma non abbastanza fortemente. Prima, avrei potuto. Ora non posso. Gurdjieff: Devi lavorare duro. Ancora più duramente. Così da vedere quale non-entità tu sei. Tu senti che esiste una possibilità di cambiare. tu forse ne hai il gusto. Cambiare è possibile solo grazie a un duro lavoro interiore. Se tu non hai desiderio di esso, stai sprecando tempo. Non devi andare oltre. Mlle Tal: Ma quello è proprio ciò che voglio fare. Gurdjieff: Allora lavora. Lotta, lotta. Mlle Tal: Il mio lavoro è teorico, al momento.
Gurdjieff: Allora, lotta. Hai capito che sei due persone. Il risultato della tua lotta sarà una sostanza che cristallizza in te diversi fattori per una reale funzione di associazione. (In russo) Mme de Salzmann: Associazioni conscie. Gurdjieff: Tu hai fattori meccanici. Tu sei una macchina. Ora puoi cristallizzare fattori per associazioni conscie. (In russo) Mme de Salzmann: La coscienza è una proprietà di un uomo senza virgolette. Mlle Dol: Lei mi ha consigliato, per fare meglio l'esercizio del ricordo, di allargare le braccia e vigilare contro il rilassamento, principalmente nella nuca (nape of the
neck). Nella mia nuca ci sono molte "crepe". (Gurdjieff è stupito dalla parola "crepe" e dice a Mlle Dol. che sta usando espressioni in "slang"). E ogni volta scendo in un livello di associazioni, più profondo di prima. Ora io arrivo sempre allo stesso livello che non riesco a rompere. Gurdjieff: Perché romperlo? Mlle Dol: Voglio andare più in profondità. Gurdjieff: Questo non è il nostro scopo. Le associazioni non possono cambiare. Possono fermarsi solo alla nostra morte. Quando la tua attenzione è consciamente occupata con qualcosa, essa non le vede. Questo è un buon esempio. Le tue associazioni scorrono più liberamente. Ma in questo caso, la tua coscienza è
assolutamente a un punto morto. Non nota nulla. Durante il giorno, è la stessa cosa. La tua attenzione è occupata con un lavoro di cui hai bisogno per il tuo scopo. Se tu fai il lavoro consciamente, se non masturbi, allora le associazioni non ti disturberanno. Esse esistono per sé stesse. Puoi sempre formularlo così: l'ostacolo portato dalle associazioni è proporzionale al grado di concentrazione conscia. (In russo) Mme de Salzmann: Esse ti intralciano tanto più quanto sei poco concentrata. Mlle Dol: Tuttavia sogno sempre. Gurdjieff: Lo fai troppo. Mlle Dol: Sì, sono stremata.
Gurdjieff: Ho detto all'inizio; fai un programma. Lavora non più di undici, diciotto minuti. Qualche volta, accidentalmente, mangi qualcosa che ti permette di lavorare per un'ora. Non farlo, potresti rompere qualcosa. Non usare le possibilità quando si presentano. Per esempio, delle possibilità di prendere un caffè con me. Questo caffè ti agita. Non puoi lavorare un'ora. Non dovresti farlo. Non dovresti usare questa forza. Il tuo progresso è solo undici minuti. Hor: Signor Gurdjieff, nello svolgere il mio compito ci sono dei momenti in cui non riesco, e poi soffro del fallimento. Gurdjieff: E' una cosa normale. Ma dovresti avere speranza, a poco a poco, fai
crescere la sostanza che ho io. Servirà a far cristallizzare in te i fattori per essere un uomo reale. Lotta. Lotta senza accettare niente. fallo come se fosse un servizio per qualcuno. Hor: Sì, ma anche quando lotto così, io lo faccio per uno scopo predeterminato; io eseguo un compito. E sono sicuro che se facessi uno sforzo in più non morirei. Gurdjieff: Non è così, puoi rilassarti. Devi lottare consciamente solo in proporzione all'energia che possiedi. Tu hai delle batterie. Se sono vuote, non poui fare niente. Hor: Quindi non si deve lottare?
Gurdjieff: Undici minuti, non di più. La prossima settimana, dodici minuti. Abbiamo bisogno del risultato, questa sostanza. In seguito saremo capaci di usarla. Ora tu sei vuoto. Quando ce l'avrai, ti darò un'iniezione ed essa sarà cristallizzata. Devi avere un vero desiderio, un desiderio di tutti i centri. Non solo con la mente. E' necessario desiderare il lavoro reale con tutto il tuo essere. Tu sei giovane. Devi abituarti ad esso poco per volta. Chi va piano, va sano (viene detto in italiano, n.d.t.). Queste domande non sono molto desiderabili. Mi riempiono la testa. La mia testa è già piena di preoccupazioni. La vita è difficile in questo periodo, e se la mia attenzione se ne va a queste difficoltà, non posso rispondere a queste domande. Giovedì, 16 settembre 1945.
Gurdjieff: (Guarda verso Mme. V. seduta al lato opposto e dice a Mme. F.): Ora, dopo le vacanze, tua sorella ti assomiglia di più. Al primo sguardo, ho visto che la sua espressione è cambiata. Ho pensato che eri tu seduta laggiù. (Agli altri): Ero sicuro che fosse Blonde, ma è sua sorella. (A Mme. V.): Di solito ti siedi sempre al lato. Ora sei all'opposto. Sei in buona posizione per beneficiare. Ora, Mr. District Attorney, se nessuno fa una domanda, chiedi a uno il quale domanda una risposta facile da formulare, una risposta buona per ognuno. (Mentre J. sta scrivendo la domanda, Gurdjieff chiede a L. di prendere il posto di B. che è in cucina. B. ritorna, si siede dietro Gurdjieff che chiede a K. di cambiare posto con lui). Tu capisci, io non lo conosco ancora. Se lui pone una
domanda e non è di fronte a me, io non vedo la sua faccia e non posso formulare una risposta che sarà soggettivamente buona per lui. E' una regola che non è ancora stata formulata. Eccola: la gente nuova si dovrebbe sedere qui. Per esempio, lui non ha ancora bevuto alcun alcolico. L'alcol apre, mostra aspetti molti del tuo interiore; è molto importante per conoscere qualcuno. Non è colpa mia, l'alcol costa troppo, ormai 1.800 franchi la bottiglia. Hai scritto la tua domanda Mr. Specialist? Ja: Signore, Lei mi ha grandemente illuminato sul modo in cui si dovrebbe compiere il proprio compito. Fino a un certo punto, ci riesco. Ma durante la giornata, le proprie attività qualche volta
assorbono molto. Uno non vede la persona che ha scelto per il proprio compito e poi vede che la giornata è stata vuota. Come si può mantenere, in assenza della persona, il fuoco necessario per il proprio compito? Come si può mettere qualcosa al suo posto? Gurdjieff: In generale, è una cosa molto importante. Tu hai scelto un compito verso qualcuno. Ma non sei sempre con quella persona. Ci deve essere una pausa. E' impossibile lavorare sempre, su un soggetto; non hai abbastanza energia. Per questo motivo, metà del tuo tempo andrebbe al tuo compito e metà alla preparazione al compito. E' una combinazione molto buona. Devi usare il tempo in cui non vedi la persona, a prepararti. Come prepararsi? Puoi fare solo
una cosa - puoi consciamente aumentare il desiderio di vedere quella persona. Puoi aumentarlo dicendo a te stesso: "Io sono". Respiri consciamente. Dici "Io sono". Quando dici "io", respiri nell'aria tutti i suoi elementi attivi consciamente. Quando dici "sono", accumuli dell'energia nella batteria e pensi a come usarla. Rappresentati la persona con cui stai lavorando e pensa che quando la vedrai sarai molto concentrato, avrai molto più contatto con essa. Così, quello che dovresti aver fatto in sette volte, l'avrai fatto in una. E ora, dottore, spiegagli in buon francese cosa ho appena detto. Ab: Il compito è composto di due parti; nella prima, svolgi il compito verso la persona che hai scelto, e nell'altra ti prepari ad avere una relazione più diretta con lei.
Gurdjieff: No, dottore. Non spiegare così. Quella non è una parte. Non ci sono parti. La persona è assente. Tutto il suo tempo è libero. Se tu dici "una parte", è come se dicessi, per esempio, una parte tu pensi, una parte tu fai. Non usare questa parola (non dirlo così (?)). Lui come ha posto la domanda? Ha detto che a volte la persona è via e ha chiesto come impiegare il suo tempo. Tutto il suo tempo per quello; non una parte. (Dialogo in russo) Mme. de Salzmann: Il signor Gurdjieff dice, why did he hook unto that? (Silenzio) Ja: Ho notato - è una constatazione - che, oltre al fatto che sto lavorando meglio,
nella realtà ci sono un migliaio di motivi che non ho mai visto e che ora mi appaiono, ragioni per l'interesse a quel ragazzo. Primo, facilita il mio lavoro esteriore e mi dà una migliore relazione con lui. Gurdjieff: Comunque sia, hai notato qualcosa (di particolare) dall'ultima volta che ti ho assegnato un compito? Questo tempo trascorso è stato produttivo? Ja: Certamente sì. Gurdjieff: Ma non teoricamente seriamente, solidamente. Ja: Sì.
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Gurdjieff: Se ti dico che se lavori sempre così, farai in un anno quello che avresti forse fatto in cinquanta, mi credi? Ja: Posso sempre dire che l'ho visto come una nuova porta. Gurdjieff: Fratello, ascolta quel che dice. Se continua a lavorare bene, quello potrebbe anche aiutarlo a continuare bene. Ora, prendilo come un compito, l'aiutarlo; e comprendi bene che lo stai aiutando egoisticamente, che lo stai aiutando per te stesso, cosicché dopo lui può aiutare te. E per quello, perché tu possa ricordarlo, ti darò un mezzo molto buono. Vado a ripeterti qualcosa che Blonde mi ha ricordato per associazione. Ogni giorno tu e tuo fratello vi vedete. Prendi come
compito di non incontrare mai tuo fratello senza fare quello che ti sto per dire. Gli dirai: "Ricorda te stesso". E quando lo hai detto, pensa interiormente, "io sono te, tu sei me" con tutto il tuo essere. E continuerai questo processo il più a lungo di cui sarai capace. Al: Per tutto il tempo che lui e lì? Gurdjieff: Sì. E con queste parole, è necessario che le tue emanazioni escano anche verso di lui. Fai un contatto con tuo fratello. Ha il tuo stesso sangue; attraverso il sangue tuo fratello riceverà questo contatto. Il tuo aiuto può consistere in quello. Dopodiché, se esce per affari o per qualcos'altro, dal momento in cui rientra, fallo di nuovo. Ogni volta che lo rivedi
dopo che è stato assente, anche se fosse per cinque minuti, comincia di nuovo. Se è presente un estraneo, diglielo piano; ma se siete soli diglielo forte. Se c'è qualcuno, puoi sempre fargli un segno. Puoi pestargli il piede, agitare le mani. Ti puoi mettere d'accordo in anticipo con lui. Puoi sempre dargli una pacca… dopodiché cominci il compito. E non dimenticartelo mai: quello che stai aiutando non è lui, ma te stesso. Se lui potrà stare solidamente in piedi da solo, ti potrà aiutare dopo. Lui è l'unica persona che puoi aiutare. Dottore, ha qualcosa da dire? Ab: Signore, la preparazione di cui parlava poco fa, uno deve provare a farla per tutto il resto del tempo, quando non si è con la persona?
Gurdjieff: Dipende dall'individuo, quanto è occupato nella vita, che tipo d'affari uno ha. Tu hai forse cento cose (da fare); dividile in cento parti, dividi il tuo tempo. Una parte del tempo fai quello; un'altra parte, un'altra cosa. All'inizio, dovresti preparare te stesso. Ma lui ha un compito, tu ne hai un altro. Tu sei un dottore, hai qualcosa da fare, hai molte attività; lui è solo un parassita di suo padre, non fa niente. Tu, tu non sei un parassita. Lui ha forse più di altre cose. Ma tu, tu hai un'occupazione. (A Ja) Se formuli bene quel che ho appena detto, c'è in essa una buona filosofia che può servire per comprendere molte cose. Colui che può afferrarlo comprenderà molte cose riguardo l'educazione.
Qualche volta ti spiegherò perché sei, tu, un parassita. Qualcun altro un semiparassita. Un altro ancora un quarto di parassita. L'unica persona che non lo è; il vostro stimato Mullah Nassr Eddin. Lui è imparziale. Ba: Chi è? Mme. de Salzmann: Un uomo saggio dell'Oriente che tu non conosci ancora, di cui si parla nel libro. Ha sempre una frase appropriata per ogni cosa. Gurdjieff: E' un uomo saggio, unico sulla Terra. Mme. de Salzmann: Ha una massima per tutte le circostanze della vita. Per esempio, dice che se al padre piace ballare al suono
del violino, il figlio finirà sempre battendo il (gran) tamburo. Gurdjieff: (A Zuber) Bene, cara nuova persona, non ti sei ancora seduto sulle galosce. Zuber: Sì, con un poggiapiedi. Gurdjieff: Non ricordo che... E' candidato per essere messo in galosce. Le galosce di un vecchio ebreo. Forse hai qualcosa da chiedere. Zuber: Quando uno comincia a lavorare qui (qui o fuori) la relazione che uno può avere con diverse persone sembra essere cambiata rispetto a prima, incerta. Si dovrebbe mantenere la stessa impressione come in passato (è imbarazzante, per uno
che si sente cambiato), o si dovrebbe fingere e mettere sé stessi in una confusione e in una prova che non sarebbe capace di portare avanti? Gurdjieff: Bene, non hai capito il compito che ti ho dato. Io ti ho detto di imparare, di prepararti a recitare esteriormente una parte e interiormente di non identificarti, Interiormente, fai il lavoro dato qui. Esteriormente non devi cambiare niente, dovresti essere come prima. Prima facevi cosà, ora fai lo stesso. Recita una parte senza che nessuno si accorga di cosa sta avvenendo in te. Non cambiare niente. Rimani come prima, ma reciti una parte. Bene, poi capirai cosa significa recitare una parte. Farai le stesse
cose che facevi sei mesi fa. Cambi solo interiormente. Zuber: Mi ha dato un consiglio per una persona, ma vale anche in generale? Gurdjieff: Per quelle persone che potrebbero essere come quella. Fino a quando sarai interiormente cambiato. Poi, in quel momento, se altri notano che sei cambiato, ti possono soltanto rispettare. Altrimenti, se si nota oggi che sei cambiato, ti prenderà per un idiota; crederà che tu hai una nuova fissazione. Gli darai l'impressione di allegria, tristezza, o idiozia, o che ti sei innamorato, o che hai perso a carte. La gente non deve accorgersi che sei cambiato. Per loro, prima e dopo lo stesso. Dottore, tu che hai capito. Lui no.
Le due cose devono essere ponderate, interiore e esteriore. Ab: La difficoltà sta nel fatto che uno non sa che persona era prima. Si era inconsci. Non si sapeva chi si era. Finché non si è osservato sé stesso. Come può uno imitare il sé stesso di prima? Gurdjieff: Se tu avessi un gusto oggettivo, sapresti cosa sei. Puoi ricordare guardando all'indietro. Ab: Ma la personalità aveva qualcosa di spontaneo che è inimitabile. Forse col tempo riusciremo a imitarla. Ma è difficile. L'imitazione è (wretahed, wretabed, wretched?) pessima.
Gurdjieff: C'è una sola cosa che ti può aiutare. Ogni giorno prima di andare al lavoro siediti per quindici minuti sul bidet. (A Denise, che sta ridendo): e tu, suora della carità, tu capisci bene le faccende mediche. Il tuo dottore deve consultarti spesso. (A Jacques): Hai scritto? Anche quel che ho detto del bidet? Bravo! Una parola contiene molte spiegazioni per chi è intelligente. Una parola può spiegare più di mille parole. Una sola figura. (A Mme. Vis): Comunque, ho appena notato qualcosa. E' passata mezz'ora: io ricordo che un momento fa avevi lo stesso colore di tua sorella. Da mezz'ora sei diventata pallida. Blonde, tu sei rimasta come prima. Tua sorella è impallidita. E' molto possibile che alla sua destra o alla sua sinistra sia seduto un
vampiro che la sta dissanguando. Può essere trovato a cinquantaquattro centimetri a destra o sinistra. Ab: Io non credo che Luoise sia una vampira. Sono proprio sicura che non lo è. Gurdjieff: Non devi mai essere sicura. Questo prova che tu non sai cosa sia un vampiro. Il vampirismo è una scienza. Può essere praticata inconsciamente. La scienza medica non sa niente al riguardo. Per esempio, voi siete marito e moglie. Lei è magra così e tu anche. Tre mesi dopo, lui è magro come questo, lei è grassa come quella. O al contrario. O tra fratello e sorella. O due amici. Sei mesi dopo tutto è cambiato. Inconsciamente. Il vampirismo esiste conscio e inconscio. Qui dove siamo noi succedono certi vampirismi... E' una
legge molto spiegabile. Noi siamo tutti attorno al tavolo. C'è una catena che collega ognuno. Se io prendo la mano al mio vicino e ci stringiamo tutti le mani, io posso dissanguare il dottore (Andree) fino a morirne. Forse è lei quella che, senza somigliare a un vampiro, lo è. Non lo so. Sarebbe necessario esaminare la questione dans l'ordre. Io vedo il fatto. Se succede che noto qualcosa di più, lo noto. Se due volte, commento. Se tre volte, per me è un fatto. Poi io studio seriamente e specificamente. La prima volta può essere un caso; lo percepisco, ma è unico, non dico niente. Lo vedo una seconda volta. Così faccio attenzione, cerco una ragione, e se succede una terza volta lo studio specificatamente. (A Jacques): Il tuo lavoro è molto difficile, nostro stimato capo segretario. Mi metto nei tuoi panni. Ho
pena per te per il presente. ma sono felice per te per il futuro. Il tuo conto in banca sta crescendo senza che tu abbia depositato alcun denaro reale. Ba: Mi piacerebbe fare una domanda. Mi piacerebbe sapere... io ricordo me stesso molte volte al giorno, ma credo che il mio ricordare non sia volontario. E' solo il risultato di un'associazione che mi porta a lavorare. Come posso avere un ricordo che dipenda dalla mia volontà e non dalle mie associazioni? Gurdjieff: Esiste un modo molto buono. Tua madre e tuo padre sono vivi? Ba: Entrambi
Gurdjieff: Buono, puoi essere felice. Ti darò un esercizio. Impara a farlo, Poi ti spiegherò i dettagli. Prima di tutto fissa un contatto con tuo padre e tua madre Ba: E quando sono con loro? Gurdjieff: Con o senza di loro. Lo fai interiormente. Per esempio, "io sono". Quando loro ci sono, tu li osservi. Quando non ci sono, tu li rappresenti a te stesso. Tu dici a te stesso: per ognuno di loro, "io sono te, tu sei io". Tu sei il risultato dei tuoi genitori. tu sei lo steso sangue. Ricordalo. Più tardi ti spiegherò. Nel frattempo, fai questo. Abitua te stesso interiormente a essere molto calmo e vedere sinceramente e con affetto tuo padre, tua madre. Oggettivamente, essi sono più di Dio. Dio
stesso disse: finché tua padre e tua madre sono vivi, io non esisto per te. Ba: Perché ci si dovrebbe rappresentare i propri padre e madre? Gurdjieff: Tu devi la vita a loro. Ma quella è un'altra faccenda; la vedremo in seguito. E' la legge. Nel frattempo, prendila oggettivamente. Tuo padre e tua madre sono più che Dio. Se tu preghi Dio, Dio stesso può mandarti al diavolo: "dopo la loro morte tu verrai a me" (chez moi). E' un modo di dire. Io ti dò questo esercizio che consiste in questo contatto al fine di prepararti per un altro esercizio. Questo ti aiuterà. E' difficile ricordare sé stessi. Non puoi farlo teoricamente, renderlo automatico. Le associazioni non ti aiuteranno, per ricordare te stesso, dovresti
fare uno sforzo di volontà. Hai capito cosa voglio dire. Niente può nascere spontaneamente. Le tue associazioni non sono te, sono automatiche. In seguito (quando avrai lavorato) le tue associazioni rimarranno sempre automatiche, ma il tuo lavoro avrà una relazione, non più con le tue associazioni, ma con te. Dalle Letture (Domande e risposte del gruppo francese) 9 settembre 1943 D: Vorrei chiedere riguardo lavoro e fatica. mi sembra che sia una differenza tra sforzi di lavoro e sforzi automatici. Il lavoro esteriore si prende la nostra energia; l'altro lavoro, al contrario, accumulerebbe
energia. Ma è il contrario. Uno è molto stanco, perde energia. Gurdjieff: E, nel mentre, la conservi. Consciamente, mangi l'elettricità che hai nel corpo e la trasformi. Questo costituisce la tua forza. Non lo stesso tipo di fatica. La ftica da lavoro reale ha un futuro; tu sei stanco, questo ti darà un solido risultato, ricarica il tuo accumulatore. E se continui, accumuli una sostanza consistente che riempie il tuo accumulatore (batteria). Più ti stanchi, più il tuo organismo elabora questa sostanza. D: Quella fatica (stanchezza) è favorevole o no agli sforzi di concentrazione? Gurdjieff: Se è fatica (stanchezza) ordinaria, non ha valore per lo sforzo.
Dipende dagli altri accumulatori. Non sarai capace di fare cose ordinarie. Perderai le tue ultime forze. MA per altri tipi di fatica c'è un'altra legge: più dai, più riceverai. Gurdjieff: Ho notato che al mattino, quando sono riposato, non posso lavorare. La sera, al contrario, dopo tutta la fatica della giornata, ci riesco di più. Gurdjieff: Perché una parte di te è stanca e perché lavori senza quella parte. Tu lavori con uno o due centri. Se un centro è stanco, non partecipa al lavoro e non ottieni risultati. Se pensi di poter lavorare meglio di sera, è soggettivo; non ha importanza, è di poco conto. D: Si può dormire consciamente rimanendo consci durante il sonno?
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Gurdjieff: E' possibile, ma non per te ora. Uno può ricordare qualcosa così che entra dentro di te automaticamente. Autosuggestione. Uno può suggerire a sé stesso durante il sonno. Prima di essere capaci di dormire consciamente si deve avere una diversa qualità di sonno. Ci sono dei gradi. Ci sono quattro tipi di sonno; uno può dormire un sesto, un quarto, metà o completamente. Dipende da quale stato di risveglio si ha. Se tu sogni mentre dormi, dormi solo a metà. Poi hai bisogno di un sonno di sette ore e mezzo. Se non sogni, quattro ore e mezza bastano. E' la qualità che è importante. tu dormi sette ore e mezzo. Impieghi due ore a rilassarti di sera, due ore a contrarti di nuovo al mattino. Questo ti lascia tre ore e mezza di sonno. Non ti rilassi consciamente ma
automaticamente, e questo richiede tempo. Puoi rilassarti consciamente fino ad addormentarti mentre, d'altra parte, stabilisci la relazione necessaria tra il tuo corpo e la tua coscienza. Al mattino, quando ti svegli, fai la stessa cosa. Fai un programma immediatamente, riflettendo, suggerendo a te stesso in che modo sei determinato a trascorrere la giornata. Fai lo stesso lavoro al quale hai pensato. La tua attività si raddoppierà. Fai un programma reale, non di fantasia. Devi creare l'abitudine. Puoi farlo solo poco a poco. Niente accade tutto in un a volta. Cambia la qualità del tuo sonno. Fatti una bella strofinata prima di dormire. Quando vai a dormire, prega per i tuoi che sono morti. Queste cose sono una buona preparazione al sonno. Altrimenti, proseguirai i tuoi sogni e fantasie della sera.
Due dei presenti dicono di non riuscire a dormire di giovedì, il giorno delle riunioni per domande e risposte. Gurdjieff rivolto a un terzo: Gurdjieff: Succede a te, dottore? R: No, appena chiudo gli occhi mi addormento. Gurdjieff: Bene, non tutti sono un cugino come te. Sai io cosa chiamo un cugino dell'uomo. (la mucca). D: Come possiamo acquisire il distacco? Gurdjieff: Si deve avere un ideale. Crea un ideale per te stesso. Questo ti preserverà dagli attaccamenti automatici. Pensa a
questo consciamente e questo crescerà automaticamente e formerà un centro di gravità. D: E' più facile distaccarsi dalle cose materiali o dai sentimenti? Gurdjieff: Tutto ha lo stesso valore. Tu hai attaccamento con un centro o l'altro. Devi vedere l'argomento in questo modo, senza filosofare. Tu non hai né un ideale né uno scopo serio. Così ogni cosa ti tocca (ha contatto con te) - tu sei uno schiavo. Devi abituarti a prepararti per il lavoro. Una certa parte del giorno deve essere consacrata al lavoro; non fare altro. Sacrifica questa. PENSA al lavoro. Leggi qualche cosa di collegato al lavoro. E permetti a tutte le associazioni connesse al lavoro di scorrere. Non è ancora lavoro.
Ma fissa una data in cui il futuro sarà riservato al lavoro. Prepara il terreno. Consacra questo tempo al lavoro. Accetta l'idea che un certo tempo deve essere consacrato al lavoro. E se ti è dato un compito, o se ne fai uno per te stesso, lo farai durante il tempo che hai stabilito per esso. Il posto sarà fatto. E' FACENDO che l'uomo comprende. Vedrai il risultato che ti porterà. Dì a te stesso di lavorare. Pensa così. Ma qui nessuno lavora ancora. Tutto questo è solo un gioco da bambini. E' un po' meglio della titillazione. Nel lavoro vero il sudore cola sulla fronte, arriva perfino ai tacchi. D: Quando incontro delle persone che sono un pochino interessate a queste questioni, oppure inquietati da questo soggetto, non appena accenno a qualche piccola
esperienza, tutto quello che ho imparato qui diminuisce e dopo mi sento più piccolo. Gurdjieff: Qui c'è una regola; qui la nostra vita è eccezionale. Quello che diciamo qui, quello che facciamo, nessuno deve saperlo. D: Ma non dico niente di quello che facciamo. Gurdjieff: Ma questa regola concerne anche le idee. Quel che ti interessa diminuisce se lo dai alla mamma, e ti senti vuoto. Tieni per te le nuove idee. Nella vita puoi usare le idee come strumenti. Ma senza identificarti. Ogni cosa esce da te con le tue parole.
D: Penso che io sia spinto dal mio sentimento di superiorità, è per questo che lo faccio. Gurdjieff: Ti dirò anche un'altra cosa. Tu hai una debolezza che chi lavora con me deve distruggere. Tu credi. Tu non devi mai credere. Devi criticare ogni cosa, non accettare nulla che non puoi provare come che due più due fa quattro. Il credere non conta niente, non vale niente. Tu credi, tu ti identifichi e desideri passare sul tuo credere, con le tue emozioni. Ti identifichi, dai tutte le tue energie. Se tu non credi, se rimani del tutto imparziale, nel desiderare di trasmettere qualcosa a qualcuno, fallo come se stessi rendendo loro un servizio (a qualcun altro). Have you experienced this? Lo hai provato?
Domanda: Ho notato che si perde quel che si ha se lo si dà agli altri. D: Ho l'impressione di non potermi impedire di usare le forze datemi dal lavoro al fine di essere superiore alle persone che frequento. Gurdjieff: Sei una piccola persona. E' cresciuto in te un aspetto. Ne devono crescere altri sei. Dopo questo, puoi immaginarti di non essere come gli altri. Non devi dimenticarti che la prima cosa da ricordare è la tua nullità. Tu hai molta immaginazione. Se tu avessi la comprensione della tua nullità, questa idea di te stesso ti mostrerebbe meglio che gli altri ti hanno superato.
D: Quando sono da solo, o con persone notevoli, vedo la mia nullità. La dimentico quando sono con persone mediocri. Gurdjieff: Ti darò un compito. Lavora su questo. Riconosci la tua debolezza e lavora. Se incontri ostacoli sul cammino, ti aiuterò correggendoti. Per esempio, ecco un esercizio: io sono Quando dici "io" senti i tre centri. Quando dici "sono", senti anche i tre centri ma diversamente. "Io", è come se qualcosa stood up. "Sono", è come se, nei tre centri (posti) qualcosa si fosse seduto. Questa è una spiegazione originale. Hai capito? Horande: (Chiede spiegazioni sulla circonferenza della sfera del plesso solare)
Gurdjieff: È come in chirurgia. (Gurdjieff mostra la circonferenza dei lati. All'altezza del diaframma, la linea discende sullo stomaco e rimonta loro per ricongiungere i lati) Horande: Le due linee rimangono nella sfera? Gurdjieff: No. Solo la sfera. Ho mostrato la circonferenza della sfera. Quando è inserita non importa molto. Lebeau: I due tracciati si uniscono l'un l'altro prima di entrare nel plesso solare? Gurdjieff: No. Entrano indipendentemente. Poi se ne vanno altrettanto separatamente. Come in una città. Due vie per entrare, due vie per andarsene.
Zuber: Se c'è qualcosa come una brutta contrazione su uno dei due percorsi, ci si deve astenere di dominare la contrazione? Gurdjieff: Non fare a caso a questo. Fa l'esercizio. Non fare niente di particolare per questo. Mechin: Le spalle devono essere lasciate all'esterno? Gurdjieff: Passa solo da qui (Mostra il tracciato situato vicino al collo, un poco sopra la clavicola.) Per le spalle, è la colonna vertebrale. C'è il posto di comando. Tracol: Posso avere la sensazione del plesso solare e sentire che il mio
sentimento non è lì. A quel momento mi piacerebbe capire cosa dice Gurdjieff. Gurdjieff: È normale. Se tu hai la sensazione del tuo plesso solare, hai già mobilitato il posto del sentimento. È occupato. Non puoi sentirlo. Non devi sentirlo tranne che per avere la sensazione. Se, da questo posto, vuoi sentire la tua colonna vertebrale, puoi ri-esperire l'iniziativa da lì, ma non puoi esperirla. Per esperirla, è necessario che la cosa sentita sia calma e non funzioni. Tracol: Quindi, non è possibile che i tre centri possano essere presenti quando ho la sensazione delle tre localizzazioni? Gurdjieff: No.
Tracol: Allora come posso essere attento? Gurdjieff: Si deve avere la sensazione di tre cose. O li vedi o li senti. La cosa importante è un contatto. In ogni momento. Tu osservi diverse forme di contatto. Una volta, tu senti. Un'altra volta hai la sensazione. O puoi vederli, or you might guess at them. È necessario che tu sia occupato tutto il tempo, che ti occupi con questa obbligazione. Se tu lo vuoi, se lo decidi, la parte di te che stimi è obbligata a farlo. Altrimenti, punisci te stesso. Se non lo fai, è colpa della tua individualità. Devi educare la tua individualità. Rifiutale quel che le piace. Non darle nulla. Opponiti in tutte le cose. Per esempio, quel che fai alla destra, fai alla sinistra. Ogni cosa per opporlo. E la tua individualità può trovarsi
in una situazione molto brutta. Peggio che in prigione. Mme de S: Non c'è peggior sofferenza. Gurdjieff: È difficile ma utile. Domanda: Non ho mai fatto un compito per intero. Ci penso, lo faccio, ma solo per un secondo. Non riesco a mantenere un pensiero o un sentimento. ("un compito", evidentemente significa uno degli esercizi del signor Gurdjieff.) Gurdjieff: Tu dimentichi, non hai memoria, dimentichi. Devi ripetere, ripetere, ripetere. Tu vuoi dire che non hai potere di concentrazione. E' lo stesso per tutti. Questo è lo scopo del lavoro. Se un uomo potesse concentrarsi soltanto per un quarto
o per un'ora, sarebbe grande come la vostra Notre Dame, come Cristo. Gli chiederei di essere il mio maestro. Se tutti potessero farlo, sarebbero tutti santi. In tre secoli ci sono stati forse tre santi e mezzo. Devi provare a raggiungere forse un secondo al mese ripetendo, ripetendo, ripetendo. D: Quando vedo un'emozione negativa, vedo molto chiaramente che non è l'oggetto che conta. Esso non esiste, è la copertura. Appena lo vedo, esso scompare, ma l'emozione negativa rimane e va ad occuparsi di un altro oggetto, non importa quale, poi di qualcos'altro ancora. Ho notato che la stessa emozione negativa ritorna più volte tramite associazione e queste sembrano corrispondere a una tendenza. Vedendole, posso pensarle come se fossero degli "io"?
Gurdjieff: Non ci sono tutte queste complicazioni. (Per esempio) sei affamato. Ci sono diversi tipi di fame; la fame del mattino, di mezzogiorno, della sera. Non sono tutte uguali. L'Inglese mangia molto al mattino, il Francese alla sera. Tu hai l'opportunità di avere questo materiale. E' già pronto per te. Altrimenti avresti dovuto farlo. (Mme de Salzmannn) Dalle emozioni negative si comprende qualcosa che non si potrebbe comprendere senza averle. Invidia, paura, rabbia, eccetera. Si deve separare questo da sé stessi cosicché non rimanga nell'essenza e possa essere usata quando necessaria rimanendo distaccati. D: Io vedo quanto sono vuoto, pieno di piccoli desideri mondani, contraddizioni, come un mulino dove tutti vanno e
vengono. Non ho volontà e non ho rimedi per questo. mi manca la forza. Gurdjieff: Il compito è stato dato per quello. Se non fai il compito, che ti faccia partire, apra una vena (venatura?), sarà più facile. Posso darti una pillola che ti tenga sveglio per sempre. Una pillola costa poco per dormire bene da soli. Una notte costa molto di più. Se uno dorme bene per una notte, uno può avere poi un buono stato di veglia. D: Quando vedo la mia nullità, sono completamente scoraggiato. Poi, il vedere che ho visto questo, mi ridà speranza e grande soddisfazione di me stesso. Me lo dovrei permettere?
Gurdjieff: No. Osserva, impara a vedere sempre di più. Ricerca il tuo passato. Nella tua intera vita. Soffri per tutti i tuoi fallimenti. Dì a te stesso che hai già venticinque anni, che è troppo tardi per fare qualcosa; che il tempo è contato. Ogni volta che si è un anno più vecchi, è già tardi. Guarda sempre di più i tuoi sbagli e ripara. D: io vedo me stesso nei miei sogni con tale chiarezza, con tale forza e disgusto, che questo mi sveglia. Gurdjieff: Io ho impiegato quindici anni per imparare a non sognare. Non si dovrebbe sognare, si deve fare. Ci sono due stati: Sonno e stato di veglia. Quando uno dorme, deve dormire. Fai una doccia fredda, datti una strofinata vigorosa, stai
per dieci minuti con le braccia allargate e tu dormirai. Se si dorme bene, si vede bene. Se si sogna, ogni cosa è fatta a metà. Le associazioni non si fermano mai fino alla fine. Questa è la vita. Ma si può smettere di prestare attenzione alle associazioni. I sogni o associazioni che continuano sono quelle che sono le più abituali e (di conseguenza) che ricorrono. C'è anche (il libro) la Chiave dei Sogni e i Modelli per Lettere d'Amore. Puoi scegliere. D: Solo la mia testa partecipa (agli esercizi). Posso evitarlo? Gurdjieff: La testa è solo il regista. E' il poliziotto col suo manganello che indica la strada. Uno deve percepire e provare (One must sense and feel, forse è la distinzione
tra l'atto del pensiero e l'atto del sentimento). Lavora sul sentimento, sul percepire-sentire te stesso. "Io-sono", "me-sono". Non solo la tua testa - l'intero uomo. Ripeti, ripeti, ripeti. Esercitati, esercitati, esercitati, migliaia e migliaia di volte. Solo questo porterà dei risultati. D: Come si deve capire "riparare il passato"? E' con il rimorso? Gurdjieff: Sei troppo complicato. E' molto semplice. Il presente è il risultato del passato. Se hai acquistato una cattiva abitudine in passato, devi fermarla. Vedo che ho l'abitudine di girarmi i pollici nella stessa direzione. La fermo. Questo è riparare. Non fare ancora lo stesso errore e
prepararsi per il futuro, preparare il futuro. Pratica, pratica come se volessi suonare il piano. Devi sviluppare la forza delle tue dita. Ripeti, ripeti. D: Vedo come trascorro ore intere al giorno con sentimenti molto piccoli e insignificanti, molto disgustoso. Potrei cominciare un compito per rimediare a questo, o non c'è nient'altro da fare? Gurdjieff: E' la stessa cosa per tutti. E' sempre stato così. Per te adesso è solo che tu lo vedi. Questo è quello che vogliamo cambiare. Fai qualcosa che tu sai fare bene, anche fosse mangiare. Se mangi bene, preghi bene. Sii appassionato in ogni cosa che fai. Si deve lavorare precisamente su qualcosa di preciso. Il lavoro non dovrebbe essere un desiderio, ma un bisogno, una
necessità. Quando diventerà un bisogno avrai una risposta. Non hai il diritto di avere solo desiderio. Non è abbastanza. Non ti darà niente. Crea un bisogno in te. Ripeti, ripeti, ripeti. Non si ripete mai abbastanza. Ogni cosa che ti viene facile, fai "tchick". (Distruggila). Scegli qualcosa che ti costa qualcosa, che sia uno sforzo. Quello che è facile è cattivo per la tua vita interiore.
LO SCOPO. Avere sempre uno scopo immediato. Questo è il tuo obiettivo. Devi raggiungere questo. Ci sono molti zig-zag sulla strada. Non indugiare. guarda sempre lo scopo. Sappi dove stai andando e troverai i mezzi per andarci. Prima devi raggiungere il
primo; lo scopo dovrebbe essere chiaro e sempre di fronte a te. D: Quando provo a lavorare sul rimorso, c'è sempre qualche parte di me che si rifiuta, che mi dice che è inutile, che non mi porterà da nessuna parte o a nulla. Vorrei comprendere meglio l'uso del rimorso, la sua necessità, per rendermi capace di convincermi e lottare contro questo rifiuto. Gurdjieff: E' molto semplice: Guarda. (Prende uno spicchio di mandarino dal suo piatto). Questo è destinato a diventare marmellata, deve diventare marmellata, è stato fatto per quello. Ma è pieno di sale. Che fare? Dovrebbe essere lavato, messo a mollo, pulito per rimuovere il sale. Dopodiché può diventare marmellata. Con
il sale è impossibile. Il rimorso è quello che toglie il sale. E' quello che purifica. Capito? D: Quando tengo lezione devo fermarmi per un momento a raccogliermi. Mi sembra vuoto, inutile, vano. Come posso prevenire questo? Gurdjieff: Devi fare in modo che i tuoi obblighi entrino nel tuo lavoro. Questo deve essere il tuo compito. La tua classe deve essere parte del tuo compito. Il tuo compito è di aiutare. Non devi vedere i bambini nelle loro manifestazioni, ma nel loro futuro. Devi desiderare di aiutare quel futuro. Devi metterti al loro posto. Ricordati come eri alla loro età. Poi farai in modo che vedano diversamente.. Quando pensi "io sono" allo stesso tempo desidera
aiutare. Dopo vedrai come i bambini ti ameranno. Sarai capace di andare a dire loro di andare a uccidere i loro padri e madri e loro lo faranno. Non sarà niente per loro. Ho visto questo laggiù con i veri Maestri. (Magi) Questo è il lievito del lavoro, i bambini. E' un'opportunità per te. Devi diventare una buona lavoratrice. D: Quando provo a mettermi al posto di qualcuno, c'è sempre una parte di me che si rifiuta, che non partecipa, che nasconde, che è occupata con sé stessa e che gode di sé stessa. E' qualcosa che scivola via e che non posso afferrare. D'altra parte, non appena ho un piccolo risultato nel mio lavoro, la vanità prende il suo posto. "Sono io che ho fatto questo" - e questo sciupa tutto.
Gurdjieff: Ti darò un sacro segreto. Ricordi Belzebù - ci sono due correnti, due fiumi. Tu devi attraversare da uno all'altro; sei come il pesce il cui elemento naturale è l'acqua e che è costretto a vivere nell'aria. Devi imparare a vivere in entrambe le correnti contemporaneamente. C'è la corrente abituale che è la vita ordinaria nella quale vivi, e poi in te deve esistere l'altra corrente, che è la tua vita interiore. Finora hai avuto contatto con te stesso solo quando eri da solo, va bene, ora devi imparare con gli altri. Quando sei con una persona, rimani nella tua propria corrente, la tua corrente interiore. D: Nel sistema, sembra che la soddisfazione, i piaceri, siano rigettati. Tutti quanti? Ho capito correttamente?
Gurdjieff: Tutti i piacere sono merda. Tutti i piaceri fanno di te uno schiavo. La tua soddisfazione. Ci sono due qualità di piaceri, due qualità di sensazioni piacevoli. Da un parte il piacere oggettivo; se lavori bene e ottieni un risultato, puoi avere soddisfazione di te stesso. Questa è buona soddisfazione che corona lo sforzo. Gli altri, i piaceri meccanici, ti distruggono. Sei perso in loro. Sono tutti dannosi, eccetto che per dare a sé stessi rilassamento volontario, necessario per uno scopo. D: Noto (in me stesso) una aridità, una assenza di emozioni. Vivo o nell'indifferenza o nell'ostilità. Che si deve fare?
Gurdjieff: Tu mi interessi. Voglio aiutarti. I tuoi genitori sono ancora vivi? Noi non li abbiamo conosciuti, ma forse avevano un'anima. Forse hanno sofferto. Loro non possono fare più niente dove sono, non hanno corpi. Tu devi fare qualcosa per loro. Devi pensarli. Devi raffigurarteli in te stesso, rivederli, avere le loro facce davanti ai tuoi occhi, devi pensare che tutto quello che sei lo devi al oro. Tu sei un piccolo pezzo di loro, della loro vita. Li devi amare, esprimere loro la tua gratitudine. Ripensa a tutto quello che hanno fatto per te. Devi vedere tutti i tuoi sbagli nei loro confronti. Persisti in questo, ricostruisci la scena di quando li hai fatti soffrire, forse piangere. Rivivi i tempi in cui fosti un bambino cattivo. Devi avere rimorso di coscienza. Rimorso. Si deve soffrire volontariamente per riparare. Si deve
pagare per il passato. Il passato deve essere riparato. Cerca nel tuo passato. Crea il rimorso. Dottore, fai anche tu questo esercizio. Per il momento, i tuoi genitori sono il tuo dio. Non puoi conoscere Dio. E' troppo lontano. Non c'è posto per lui in te. I tuoi genitori sono Dio, essi sono il posto futuro per Dio in te. Tu devi loro ogni cosa, la vita, tutto. Lavora prima con loro; dopodiché ci saranno altri esercizi. D: Ho fatto il lavoro che ci ha detto. Io amo i miei genitori veramente molto e ho scoperto un'emozione di una qualità veramente speciale; per un secondo, forse, una particella di amore reale, anche grande sofferenza, una vera sofferenza per i miei peccati verso di loro. Di rimorso. C'erano
le due emozioni allo stesso tempo, sofferenza molto viva e felicità data dal sentimento d'amore. E? stato il rimorso che ha portato la felicità, per sparire quando è sparita anche la felicità. Qualche volta quando aspetto i miei pazienti ho scoperto in me stesso per un secondo emozioni d'amore della stessa qualità. E in quel momento potevo avvertire la loro sofferenza fisica e portare loro un sentimento di felicità. C'è un nesso. Gurdjieff: L'amore reale è la base di tutto, il fondamento, la Sorgente. Le religioni hanno pervertito e deformato (l'amore). Fu con l'amore che Gesù fece i miracoli. Amore reale unito al magnetismo. Tutte le vibrazioni accumulate creano una corrente. Questa corrente porta la forza dell'amore. L'amore reale è una forza cosmica che ci
attraversa. Se noi la cristallizziamo, diventa un potere - il più grande potere del mondo. Più tardi studierai il magnetismo sui libri, non importa quali, vi darà materiale. E con l'amore come base, sarai capace di curare i paralitici e far vedere i ciechi. D: Sono rimasto sorpreso dell'acutezza delle sensazioni osservate a lungo, così intense, così vivide, con tutte le impressioni che avevo in me e che ritornavano. Gurdjieff: Questo è normale. I nostri centri registrano ogni cosa, dall'ora della nascita. Se ti metto in un sonno ipnotico, tu puoi dirmi cosa accadde intorno a te una settimana dopo la nascita. Ogni cosa è scritta, ogni cosa è lì. Un soggetto, messo a dormire da me, mi ha detto le pulsazioni
della persona che era vicino a lui al momento che io gli ho fatto rivivere. Ogni cosa è scritta, come su una fotografia, ma un migliaio di volte più sensibile. Questo è il motivo per cui devi stare attento alle iscrizioni. Sceglile. (Belzebù: "Guarda la purezza dei tuoi rulli".) D: Il fare questo lavoro porterà qualcosa ai miei genitori? Li riguarda, dà loro qualcosa? Gurdjieff: Tu devi farlo per te stesso, per riparare. Avere rimorso. Lascia che il tuo rimorso sia il più forte possibile. E' il rimorso che conta; è la sofferenza che conta; la sofferenza volontaria che paga il passato, che ripara gli errori.
D: Ho scoperto la stessa qualità di emozioni delle quali stiamo parlando, ma questo mi dà un tale pienezza interiore, un tale sentimento di felicità che non sento più il rimorso; mi risento di me stesso per questa felicità, per non averla meritata. Gurdjieff: Tu hai immaginazione e fantasia. io ho sempre detto così. Tu sei un rappresentante dell'arte. Foufou. Non c'è peso. E' leggero. Filosofia, immaginazione. Uno stato è un risultato. E' questo che dà peso. Questo è il contrappeso di una felicità reale che va al passo con esso. Allo stesso tempo, al fine che sia genuino, non si dovrebbe avere l'uno senza l'altro. La tua natura ha una tendenza (il risultato dell'inerzia); tu ti lasci andare di fronte a queste tendenze di avere stati straordinari senza una base reale, senza peso. Devi
eliminare questo, caccialo. Non appena appare uno stato di soddisfazione, fai "tchick". Schiaccialo, eliminalo. Lavora sul rimorso, ricorda te stesso, rivivi la scena di quando eri un bambino cattivo, quando hai fatto piangere i tuoi genitori, forse. Senti ancora tutti i dettagli, ritrova le tue colpe.. Cerca nel tuo passato. Soffri. In quella sofferenza puoi avere vera felicità data dal vero amore. Ci sono due cose diverse sotto leggi diverse: 1) Il corpo organico; 2) il corpo psichico. Il corpo organico obbedisce alle sue leggi. Desidera soltanto soddisfare i suoi bisogni - mangiare, dormire, sesso. Non conosce altro. Non desidera altro. E' un vero animale. Dovremmo sentirlo come un animale. Si dovrebbe sentire come un estraneo. Lo si deve assoggettare, allenarlo e farlo obbedire, al posto di obbedirgli.
Il corpo psichico conosce qualcos'altro rispetto al corpo organico. Ha altri bisogni, altre aspirazioni, altri desideri. Appartiene a un mondo diverso. E' una lotta che si dovrebbe volontariamente rinforzare. Con il nostro lavoro; con la nostra volontà. E' questa lotta che esiste naturalmente, che è uno stato specifico dell'uomo, che dobbiamo usare per creare una terza cosa, un terzo stato diverso dagli altri due, che è il Padrone (Master, maestro), che è unito con qualcos'altro. Il compito è quindi qualcosa di preciso che rinforza questa lotta, perché dalla lotta e SOLO dalla lotta può nascere una nuova possibilità di essere. Per esempio, il mio organismo ha il vizio del fumo. Quello è il suo bisogno. Io non voglio fumare elimino questo vizio. Il bisogno è sempre
lì, ma io mi rifiuto di soddisfarlo. Questa è una lotta, una volontaria lotta conscia che richiama la terza forza. E' la terza forza che sarà il fattore - "io" - che concilierà e equilibrerà. Il corpo è un animale. La psiche è un bambino. Uno deve educare sia uno che l'altro. Prendi il corpo, fargli capire che deve obbedire, non comandare. Metti ognuno al suo posto. Uno dovrebbe conoscersi. Uno dovrebbe vedere cosa va. Prendi un compito che è nelle tue possibilità, molto piccolo per cominciare. Sul mangiare. Su un vizio. Ognuno conosce sé stesso e può trovare un compito; è la sua cosa interiore, una volontà che opposta a un bisogno crea lotta. La sola possibilità di creare un secondo corpo è tramite l'accumulazione di una
sostanza diversa. Il solo scopo è che ogni cosa dovrebbe servire a questo scopo. D: Ho accuratamente capito tutto durante la settimana in cui ha parlato sul corpo fisico e il corpo psichico e per tutta la settimana ho lavorato in questa direzione; ho lottato. Una notte ero sveglio. Ero stato svegliato da mio figlio - ho un figlio di quattro anni - che era stato punto dalle zanzare e sentiva male, ha cominciato a piangere e chiamarmi. Stava soffrendo e piangendo. Sono andato da lui perché piangeva e soffriva, prima di rendermene conto, l'ho picchiato. Non mi sono permesso di andare di nuovo a letto. Come posso annientare questa violenza in me stesso? Ho visto quel che è il mio corpo, di
cosa è capace e la sua reazione dopo una settimana di lavoro su di esso. Gurdjieff: Ci sono forze intorno a te, estranee a te. E' possibile che quando un uomo lavora veramente, desidera realmente lottare, esse producano un evento come quello. Possono anche creare le zanzare. In ogni caso, che sia stato questo o altro, niente poteva andare meglio. Lì hai sentito, hai capito, non solo con la tua testa. Sono molto contento e ora ti chiedo di prendere nota di tutto quello che succede nel tuo lavoro per una settimana, due settimane, tre settimane, e ne parlerai qui, perché questo sarà utile ai tuoi compagni. E non dimenticare che ora tuo figlio è il tuo maestro. Ringrazialo. Per me, lui è mio amico. E ti incarico di una commissione
per lui; cinque caramelle al giorno per un anno.
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