Guida CIA- MODERNA GESTIONE DEL VERDE ARBOREO ORNAMENTALE

March 28, 2017 | Author: Mauro Zambon | Category: N/A
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Manuale divulgativo edito da CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) e patrocinato da SIA (Società Italiana di ...

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MODERNA GESTIONE DEL VERDE ARBOREO ORNAMENTALE

AUTORI

Claudio Spessotto, Mauro Zambon

IDEAZIONE

Orlando De Pra

PROGETTO GRAFICO

Emanuele Toldo - Paola Botter Grafiche Vianello

COORDINAMENTO E DISEGNI FOTOGRAFIE

Miriam Zamai - Il Giardino snc di De Pra O. & C.

STAMPA

Grafiche Vianello - Ponzano TV

Il Giardino snc di De Pra O. & C. Mauro Zambon Copertina: Giada Eleonora De Pra Altre: vedasi citazione fonte

Tutti i diritti sono riservati: è vietata la riproduzione anche parziale o con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta della C.I.A. degli autori





C.I.A. - Confederazione Italiana Agricoltori di Pordenone Via Roveredo, 2 - 33170 Pordenone tel./fax 0434/361128 - [email protected] ISBN 978-88-7200-395-4



con il contributo e patrocinio di:

SIA Società Italiana Arboricoltori onlus



Banca di Credito Cooperativo Pordenonese



Bioforest onlus



Comune di Pordenone



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Provincia di Pordenone

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moderna gestione del verde arboreo ornamentale

Indice pubblicazione

◆ 4. LA GESTIONE DEGLI ALBERI GIOVANI

◆ PREFAZIONE • Dott. Gianmichele Cirulli - Presidente S.i.a. Onlus



◆ INTRODUZIONE • Presidente Pietro Roman - Banca di Credito Cooperativo Pordenonese

◆ 5. GLI ALBERI ADULTI 5.1 Interventi mirati e solo se necessari (abbandoniamo certe

◆ SAGGIO • Sig. Gabriele Centazzo - Titolare e Designer Valcucine Spa Socio Bioforest Onlus

◆ COMMENTO • Lucio Montecchio e Mario Pividori Università di Padova, Dipartimento Territorio e Sistemi Agroforestali





• Mauro Zambon • P.a. Orlando De Pra - Il Giardino Snc Di De Pra O. & C.

◆ ORGANIZZATORI E SPONSOR • P.a. Davide Vignandel - Confederazione Italiana Agricoltori di Pordenone





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Banca Credito Cooperativo Pordenonese - Presidente Sig. Piero Roman Bioforest Onlus - Dott. Leandro Cappellotto Comune di Pordenone Provincia di Pordenone

◆ CENNI DI BIOLOGIA DELLE PIANTE ARBOREE • La morfologia degli alberi



• L’anatomia degli alberi • La fisiologia degli alberi • Patologia: la degradazione del legno

◆ 1. LA MODERNA ARBORICOLTURA 1.1 Chi è Alex Shigo



1.2 Conoscere per comprendere l’entità albero

◆ 2. LA REALIZZAZIONE DI NUOVI IMPIANTI ARBOREI 2.1 La progettazione

2.2 Le caratteristiche del postime 2.3 I lavori d’impianto

◆ 3. LA POTATURA DEGLI ALBERI 3.1 Perchè potare?

errate prassi e convinzioni) 5.2 Come rovinare un patrimonio: le potature distruttive

◆ 6. GLI ALBERI VETUSTI 6.1 Differenza fra albero adulto e vetusto 6.2 La gestione degli alberi vetusti ◆ 7. GLI ESEMPLARI MONUMENTALI 7.1 Definizione di esemplare monumentale

◆ INTRODUZIONE DEGLI AUTORI • P.c. Claudio Spessotto

4.1 Definizione di albero giovane e le potature di formazione 4.2 Irrigazione, sfalci e concimazioni 4.3 La difesa fitosanitaria

7.2 Tecniche di gestione

◆ 8. GLI ERRORI DI GESTIONE PIÙ FREQUENTI 8.1 Lo spazio disponibile e la scelta della specie

8.2 8.3 8.4 8.5



La qualità del materiale vegetale Prelievo, trapianto e caratteristiche del terreno Malattie, parassiti e loro controllo Potature errate

◆ 9. LA CAPITOZZATURA: UN INTERVENTO DA BANDIRE

9.1 Come rovinare un albero e provocarne il declino

◆ 10. GLI ALBERI PERICOLOSI 10.1 I diversi tipi di rischio

10.2 Possibili cause di schianto o rotture 10.3 Metodi di valutazione della pericolosità

◆ 11. EMERGENZE FITOSANITARIE 11.1 Cancro colorato del Platano

11.2 Tarlo asiatico 11.3 Punteruolo rosso delle Palme 11.4 Morte improvvisa delle Querce

◆ 12. IL VALORE DI UN ALBERO 12.1 Valore economico

12.2 12.3 12.4 12.5

Valore materiale Valore di ricostruzione Valore ornamentale Determinazione del danno

◆ 13. RESPONSABILITÀ CIVILE E PENALE DEL PROPRIETARIO E DEL CONDUTTORE 13.1 Responsabilità del proprietario

3.2 Come si taglia un ramo 3.3 Periodi per fare la potatura 3.4 Le ferite da potatura



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13.2 Responsabilità del conduttore 13.3 Responsabilità civile e penale

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moderna gestione del verde arboreo ornamentale

PREFAZIONE

iNTRODUZIONE

La cultura dell’albero in Italia é purtroppo ancora scarsa ed anche se sono stati fatti dei passi in avanti negli ultimi anni la strada per far capire l’importanza degli alberi in ambiente urbano e la necessità di garantire cure appropriate è ancora lunga. I cambiamenti climatici, oramai riconosciuti ed ammessi dalla comunità scientifica, e lo spostamento delle popolazioni sempre più in agglomerati urbani renderanno la presenza degli alberi in città ancora più strategica di quanto non lo sia ora. La S.I.A. (Società Italiana di Arboricoltura) é una Associazione che da quasi venti anni opera per fare cultura dell’albero ed é pertanto con estremo piacere ed onore che abbiamo accolto la proposta di un nostro socio (Orlando De Pra) di fornire un contributo per la redazione e diffusione di questo manuale di arboricoltura. È un manuale che affronta tutti i principali aspetti di una corretta arboricoltura, sono citati temi che sono dei pilastri fondamentali delle attività della S.I.A. (sicurezza alberi e stabilità, cure colturali appropriate, alberi monumentali e loro tutela, ecc…) e sono citati alcuni personaggi dell’arboricoltura mondiale che hanno fatto avvicinare molti di noi a questo mondo facendolo diventare una passione oltre che una professione. L’elemento innovativo e degno di nota è che, a differenza di tanti altri testi esclusivamente rivolti ad operatori del settore, al mondo della ricerca e dei professionisti, questo manuale ha un taglio divulgativo che lo rende accessibile a tutti, con una particolare attenzione ai proprietari degli alberi, spesso trascurati dimenticando che la cultura dell’albero si fa educando chi opera ma anche e soprattutto chi gli alberi li possiede! È la prima volta che alla S.I.A. viene richiesta la partecipazione ad un progetto di questo tipo ed è un segnale decisamente positivo per il percorso di crescita dell’arboricoltura in Italia e speriamo che sia di stimolo per altre iniziative simili, ci uniamo pertanto con estremo piacere ai prestigiosi soggetti che hanno dato il loro patrocinio per la redazione di questa utile pubblicazione che sarà distribuita gratuitamente.

Siamo particolarmente lieti di promuovere questa pubblicazione che ha per oggetto un tema molto particolare che, tuttavia, non riteniamo sia rivolta ai soli “addetti ai lavori”. Il tema della cura e della attenzione alle piante che ci circondano e rendono più salubre e più bello il nostro ambiente, uno sguardo attento e progettuale rivolto alle nostre scelte di piantumazione e di intervento sul verde arboreo che è elemento a volte trascurato, ma, riteniamo, importantissimo, nel nostro paesaggio sono infatti argomenti che ci coinvolgono tutti ed evidenziano il nostro ruolo e la responsabilità delle nostre scelte. Anche sostenendo questa edizione la Banca di Credito Cooperativo vuole compiere un ulteriore passo che va nella direzione della valorizzazione del territorio in cui opera, della sua cura e della sua bellezza che, anche in modi differenti da quello strettamente economico, lo arricchiscono e lo rendono migliore.

Presidente - Pietro Roman Banca di Credito Cooperativo Pordenonese



Complimenti e che questo manuale possa contribuire a far si che ci siano più alberi per le città e più città per gli alberi. Dott. Gianmichele CIRULLI

Presidente S.I.A. Onlus

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moderna gestione del verde arboreo ornamentale

SAGGIO Quante volte percorrendo strade comunali, provinciali e statali mi sono vergognato per il massacro compiuto contro gli alberi, che con la loro presenza partecipano a creare quell’armonia che viene percepita dalla sensibilità umana come bellezza! Ho dedicato la mia vita a cercare di capire cos’è la bellezza; ho sempre discusso animatamente con chi dichiara che la bellezza estetica sia un fatto relativo, soggetto alle mode, alla cultura del luogo, ecc…. Sì, tutto questo è vero ma è solo lo strato superficiale della bellezza. Esiste una bellezza profonda che è ancestralmente impressa dentro di noi e che ogni uomo possiede, anche l’uomo della strada. Uno degli elementi di questa bellezza profonda è l’armonia della diversità. La natura lo insegna: guardate un bosco in autunno, ci sono milioni di foglie, non se ne possono trovare due identiche, ma l’insieme è in perfetta armonia. Proviamo a inserire in questo bosco un albero con le foglie blu, anche l’uomo della strada direbbe che stona. Armonia e diversità sono valori assoluti. Pensiamo solo ai disastri dell’architettura delle case-caserma, tutte uguali, dell’Unione Sovietica o di una certa architettura di edilizia popolare italiana. Se vogliamo creare bellezza, non possiamo dissociare diversità e armonia. Anche il Dio creatore ha seguito questa regola: ha elaborato un’architettura diversa per ogni specie di albero, ogni specie ha una sua forma particolare e caratteristica. Ridurre questa forma a un attaccapanni con le braccia monche lo ritengo un affronto al Creatore. Chi interviene per potare un albero deve avere la sensibilità di capire che sta eseguendo una ristrutturazione su un’opera creata da Dio, non è un lavoro da manovale ma da artista. Un lavoro da vivere con orgoglio, passione e rispetto. Per questo serve che le scuole di agraria inseriscano programmi di sensibilizzazione estetica perché solo con la conoscenza si può preservare il patrimonio paesaggistico italiano. Perché è così importante salvare la bellezza in Italia? Molte delle nostre aziende lavorano su commessa conto terzi, oppure realizzano prodotti senza alcun elemento di personalizzazione, dove l’unico elemento competitivo è il prezzo; con la globalizzazione tutte queste aziende sono destinate a chiudere con perdita di migliaia di posti di lavoro. Dobbiamo assolutamente recuperare terreno nel terziario, turismo in testa. Come possiamo attirare turisti se non con la bellezza italiana? Nel nostro paese viviamo circondati da paesaggi, tesori artistici e architettonici di inestimabile valore, ma non esiste una coscienza tale da considerare tutto questo come il principale capitale da lasciare in eredità alle generazioni future. Chi lo difende? In ogni paese ci dovrebbe essere un sindaco che sente come 8

compito fondamentale la difesa dell’armonia, ma sicuramente pochi dei nostri sindaci si impegnano per la difesa del paesaggio, dell’armonia, della bellezza. Fare politica è l’unico mestiere per il quale non è richiesta alcuna competenza. E’ come se un muratore potesse mettersi a fare il chirurgo. Purtroppo è così. L’Italia è piena di sindaci impreparati che permettono lo scempio con potature disastrose che trasformano gli alberi in mostri con le braccia mozzate e le siepi lungo i cigli delle strade, macinate da macchine mostruose, in campi di battaglia. I sindaci o altri responsabili non sanno che questo comportamento è anche contro i dettami della costituzione italiana, la più bella al mondo, che all’Art. 9 recita: “La Repubblica protegge il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”. Tutta l’Italia merita maggior rispetto. Occorre considerare la bellezza come il bene maggiore comune a tutti, come un capitale che è di tutti, ma soprattutto delle generazioni future e che rende anche sul piano economico oltre che su quello morale e culturale. Bisogna non distruggere l’armonia del rapporto uomo-natura. Bisogna riconsiderare l’uomo non solo come creatore di lavoro e ricchezza ma anche creatore e fruitore di opere d’arte, di pensiero, di cultura e di bellezza. Bisogna imparare a godere della bellezza e a indignarci di fronte al suo sfregio. Sig. Gabriele Centazzo

Titolare e Designer Valcucine Spa Socio Bioforest Onlus

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COMMENTO

INTRODUZIONE - Claudio SPESSOTTO

Progettazione, gestione e manutenzione del verde urbano sono aspetti che troppo sovente sono oggetto di scarsa considerazione da parte di proprietari e gestori. Il fatto che un albero sembri lì da sempre, fa dimenticare che qualcuno lo ha piantato, e che con il tempo esso è cresciuto adattandosi ad un ambiente spesso poco idoneo alle proprie necessità. A questo si aggiunga che le moderne tecniche disponibili permettono quasi a chiunque di mettere mano, o motosega, a queste silenziose ma fondamentali presenze del nostro quotidiano. Naturalmente, nel caso di una seria attività professionale la complessità degli argomenti trattati rende necessario l’approfondimento puntuale dei singoli aspetti, con una consultazione approfondita di testi specifici e la formazione pratica, facilmente accessibile anche grazie alle iniziative delle molte associazioni di categoria presenti sul territorio. Speriamo perciò che questo testo costituisca un elemento di base per stimolare gli operatori e chiunque si approcci all’argomento con l’intento ultimo di salvaguardare un bene prezioso, ma spesso dato per scontato come il nostro verde, che invece merita cure e gestioni attente che permettano a tutti noi di continuare a fruire delle sue molteplici funzioni. È perciò con viva e vibrante soddisfazione che elogiamo la pubblicazione di questo manuale, che nella sua voluta semplicità comunicativa è in grado di introdurre le diverse e complesse problematiche che l’arboricolture urbano deve affrontare nel suo lavoro quotidiano.

Dire in poche righe l’opera svolta da Claudio Spessotto nel verde urbano è difficile: la sua conoscenza del settore, e non solo, l’hanno portato ad occuparsi del verde a vari livelli in modo professionale, accurato e scientifico. L’amore e la cultura per il verde e le piante, unite alla sua capacità di sintesi e chiarezza, sono state le sue qualità per diventare un maestro e un relatore a numerosi convegni e corsi. Riportiamo di seguito una parte di una sua lettera, indirizzata a un giornale locale, che sembra fatta “a misura” per far comprendere al lettore il suo modo di pensare e lo spirito guida di questo manuale:



Lucio MONTECCHIO, Mario PIVIDORI Università di Padova, Dipartimento Territorio e Sistemi AgroForestali

“… In realtà la mia intenzione era di rendere non “ideologico” un atteggiamento della pubblica opinione rispetto alla gestione del verde urbano: in scienza e coscienza ho detto quelle cose che in ambito tecnico sono largamente condivise ma troppe volte, per carenza di informazione e formazione, non sono ovviamente patrimonio dei comuni cittadini. Ho sempre tentato, durante il mio lavoro, di perseguire la strada della corretta informazione tecnico-scientifica verso le persone diversamente impegnate nella gestione; credo possa far fede il mio impegno profuso nella preparazione di tecnici comunali e provinciali in occasione di corsi e stage da me tenuti in provincia ed anche fuori regione, nonché per tecnici di ditte private. In buona sostanza la mia posizione tende ad affermare la presa di coscienza che il verde urbano e l’ambiente dove viene predisposto, non può essere in alcun modo assimilato al verde naturale (bosco e foresta o prato e prateria); la sua fruizione è lontanissima da quella in ambito naturale, la sua stessa condizione è sottoposta a stress continuamente mutabili per tipologia e intensità, sono questi i parametri che impongono un’attenta progettazione e una costante manutenzione (in ciò compresi i problemi della salvaguardia in sicurezza dei beni e della incolumità dei cittadini). Sotto questo punto di vista, in questi ultimi anni, l’amministrazione comunale di Pordenone ha fatto notevoli progressi, uscendo dalle improvvisazioni che spesso hanno connotato gli investimenti di un recente passato (anni 70-80); ma detto ciò, mi auguro ancora - me lo consenta - che si faccia di più e si migliori soprattutto nel versante della corretta informazione verso il cittadino: per me è l’unica chiave a consentirci di uscire dalla solita impasse generata dalle posizioni meramente ideologiche che vedono una parte schierata sul mantenimento di un improbabile “ambiente naturale” urbano, sulla salvaguardia ad ogni costo e contro ogni ragionevolezza di esemplari degradati e pericolosi, e l’altra parte schierata verso un’inevitabile costante cementificazione. Nella speranza di essere stato in grado di chiarire il mio pensiero e i contenuti dell’intervista, la ringrazio per l’attenzione e le invio i miei più cordiali saluti.”

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Claudio SPESSOTTO

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moderna gestione del verde arboreo ornamentale

INTRODUZIONE - Mauro ZAMBON Questo manuale tratterà esclusivamente degli alberi ornamentali, senza considerare gli alberi in foresta e quelli coltivati per produrre legno o frutti; rispetto agli altri, gli alberi ornamentali sono i più vicini a noi, li ritroviamo spesso nel giardino di casa, lungo le vie e nei parchi cittadini. Proviamo allora a chiederci: “Qual è il rapporto fra noi e gli alberi ornamentali?”. È difficile rispondere a questa domanda, che in sé contiene altri quesiti, più semplici, e sui quali bisogna soffermarsi. Cercheremo ora, in tutta onestà, di dare una risposta. Interroghiamoci su: “Perché continuiamo a piantare alberi vicini casa o in città?”. E cioè: “Cosa ci aspettiamo da loro?”. Soddisfare queste prime due semplici curiosità non è difficile per nessuno di noi: piantiamo e coltiviamo gli alberi ornamentali perché essi arricchiscono l’ambiente in cui sono inseriti, offrendoci dei servizi utili e importanti, come l’ombreggiamento e l’effetto estetico; inoltre ci consentono di realizzare aree verdi per le attività ricreative, di mitigare certi fenomeni climatici e atmosferici sfavorevoli (caldo intenso, venti impetuosi, inquinamento, polveri, ecc...) e per altre ragioni ancora. Chiarite queste motivazioni basilari, possiamo proseguire chiedendoci: “Ma le aspet| Gelso sotto la neve

tative riposte su questi alberi, al momento dell’impianto, con l’andar del tempo vengono sempre pienamente soddisfatte?”. Premesso di essere onesti nelle risposte, come anche in questo caso, dobbiamo ammettere che non sempre le nostre aspettative vengono esaudite completamente. Spesso si può notare una carenza di tutte quelle riflessioni preliminari sul ruolo e sul servizio dati da una pianta, con il risultato di trovare degli alberi piantati a caso, senza un preciso ragionamento. Col tempo, si sommano poi spesso gli errori di gestione. Facciamo alcuni esempi? Alberi che non proiettano l’ombra della chioma dove servirebbe ma altrove, alberi che solo dopo un paio di decenni dall’impianto raggiungono dimensioni tali da essere incompatibili nel contesto circostante, alberi sempreverdi (che ombreggiano anche in pieno inverno) posti in aree dove sarebbe utile godere dell’irraggiamento solare durante la stagione fredda, alberi potati in modo pesante e maldestro, precludendone definitivamente l’effetto estetico, la salute e la durata. Dalle dimostrazioni appena fatte, si evince che il mancato raggiungimento degli obiettivi attesi è causato da due tipi di errori: scarsità (o totale assenza) di progettazione ed errori di gestione. Uno sbaglio tipico di progettazione è non considerare le dimensioni delle piante in età adulta, mentre un errore di gestione è intervenire con potature scorrette, che sfigurano irrimediabilmente l’estetica e sono dannose per la salute delle piante. Dobbiamo quindi trovare il coraggio per porci quest’ultima domanda: “Siamo in grado di realizzare e gestire il nostro verde arboreo ornamentale?”. Per non essere impietosi con noi stessi, giudicandoci tout court inidonei al ruolo, possiamo trovare nel nostro territorio degli esempi di successo nella realizzazione e gestione del verde arboreo ornamentale; purtroppo, allo stesso tempo, permangono assai diffusi e ripetuti di anno in anno, parecchi errori di progettazione e di gestione che, solo con un po’ più di attenzione e sensibilità, potrebbero essere ridotti significativamente. Sarebbe un bel passo avanti, per noi singoli e per la nostra società, riuscire ad evolvere verso un rinnovato approccio all’arboricoltura ornamentale, rendendo meno contrastato e più maturo l’esclusivo rapporto tra noi e gli alberi, ricordandone ancora la loro quotidiana vicinanza e presenza. Non come ultima nota, rammentiamo la non gratuità del verde arboreo ornamentale: l’arboricoltura svolta applicando le tecniche corrette ha dei costi - intesi nel lungo periodo e non riferiti al singolo intervento manutentivo - che risultano inferiori rispetto a una gestione basata sull’esecuzione di interventi estemporanei, specie se affidati a soggetti scarsamente qualificati. In quest’ultimo caso, vanno a perdersi l’efficacia delle nuove realizzazioni, la salute delle piante, la durata e la funzionalità degli stessi impianti, che devono essere rinnovati con maggiore frequenza. Il presente manuale non nasce con la pretesa di esaurire in pochi capitoli quest’argomento vasto e articolato, ma spera di porsi come ausilio tanto per il comune cittadino quanto per l’amministratore o il pubblico funzionario che devono decidere sul da farsi, sia nel caso di realizzazione di nuovi impianti arborei e sia nella gestione di quelli esistenti. Mauro ZAMBON

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moderna gestione del verde arboreo ornamentale

INTRODUZIONE - Orlando DE PRA La situazione del verde ornamentale in Italia è paragonabile a quella della società italiana. Tutti sanno cosa fare, tutti sono professori, tutti potrebbero allenare la nazionale, tutti sono bravi arbitri, tutti sono piloti di formula uno... In realtà non è così, anzi, sappiamo bene di avere molte mancanze e lacune; pochissime persone riescono a vedere lontano, a guardare in là nel tempo per scrutare e capire come si può evolvere una situazione... per lo più tendiamo a pensare al quotidiano. Pochi pensano che il proprio lavoro e il proprio impegno, potranno dare il loro frutto un domani, magari ai nostri figli, figli della società attuale; il denaro e la notorietà interessano di più. Questo manuale sarà regalato a tutti e credo sia un grande risultato; nasce dalla voglia di informare, specialmente il proprietario di alberi, con l’auspicio di avere un giorno un paesaggio più decoroso. Solo assecondando e rispettando il disegno che la pianta porta in sé si potranno avere soddisfazioni alla portata di tutti. Solo assecondando una pianta e rispettando il disegno che porta in se, ci potrebbero essere molte soddisfazioni alla portata di tutti. Sensibilizzare le persone verso una corretta gestione degli alberi significa anche insegnare il rispetto per il paesaggio. Oggi non vorrei avere la necessità di scrivere queste righe, però mi sembra giusto ringraziare chi, a questo progetto, ha lavorato molto e in maniera disinteressata: gli autori Claudio Spessotto e Mauro Zambon. Il Maestro Claudio Spessotto che da poco ci ha lasciato, ha dato un enorme contributo alla conoscenza del mondo vegetale e assieme a Mauro Zambon aveva iniziato questo manuale. Claudio era una persona semplice, con una conoscenza profonda, esponeva i concetti in forma perfetta e completa, con un piacevole erudito e spassoso ottimismo. Il ringraziamento va esteso a tutte le persone che hanno collaborato direttamente, e indirettamente, ma un distinguo per gli autori mi sembra oltremodo doveroso. In tutte le epoche, le piante sono state di riferimento: San Antonio da Padova si dedicava alla contemplazione su una celletta costruita su di un Noce (Juglans nigra); nella bibbia troviamo l’Olivo (Olea europaea), il Papiro (Cyperus papyrus), il Cipresso (Cupressus sempervirens), il Fico (Ficus carica), il Melograno, la Quercia, il Cedro, ecc…. Gesù ci invita ad osservare le piante per avvicinarci a Dio; si narra che Giuda traditore s’impiccò su di una pianta, l’albero di Giuda (Cercis siliquastrum); Marco Porzio Catone scriveva: “Pianta alberi che gioveranno in un altro tempo”. Nella pittura gli esempi sono infiniti: Vincent Van Gogh con i suoi alberi, i Peschi, i Cipressi.... Vari sono gli aforismi: “Lo stolto non vede lo stesso albero che vede il saggio” (William Blake - poeta, pittore, incisore). Spero che gli amministratori, i sindaci, i tecnici, i cittadini decidano di lasciare ai propri e ai nostri figli qualche esemplare che parli nel tempo. Non vogliamo che qualcuno si metta a fare le “Riflessioni sulle Ceppaje ovvero Zocche” (vedi Pietro Comparetti 1814), ma che ci sia un modus operandi logico e razionale alla guida di chi si occupa di alberi.

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Operare in maniera corretta, a regola d’arte, fin dalla progettazione è enormemente più conveniente. Se questo calcolo fosse fatto non su di un singolo intervento (per esempio la piantumazione), ma su tutto il ciclo di vita della pianta (viale, parco…) sconvolgerebbe il modo di intervenire anche dei più scettici; otterremmo così un verde composto da soggetti stabili, sicuri, sani, esteticamente belli, con un ciclo di vita molto più lungo e con minori costi di manutenzione. Un viale o una pianta plurisecolare sarebbero sinonimo di scienza, cultura, paesaggio, storia, turismo, economia, arte. Buona Lettura. De Pra Orlando Il Giardino snc di De Pra O. &. C.

| Ulmus campestris

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CENNI DI BIOLOGIA DELLE PIANTE ARBOREE Premessa Questa prima parte è dedicata alla spiegazione di com’è costituito un albero, macro e microscopicamente, come si svolgono le sue principali funzioni vitali e quali fenomeni esso manifesta quando è colpito dai suoi nemici naturali. Questi argomenti sono trattati succintamente per consentire, al lettore, una più agevole comprensione di alcuni concetti ripresi nei capitoli a seguire. Per ovvie ragioni, si è cercato di tradurre il linguaggio scientifico utilizzando termini più accessibili anche al lettore meno avvezzo in materia: non vi è la presunzione di aver messo completamente a segno tale arduo obiettivo, pertanto le scuse sono dovute a coloro i quali incontreranno delle difficoltà di lettura o di comprensione del testo.

Definizione Un albero è un organismo vivente e specificatamente una pianta legnosa perenne, generalmente di grandi dimensioni, che può raggiungere anche un’età considerevole.

La morfologia degli alberi Un albero è schematicamente costituito da: radici, fusto, rami, foglie, gemme. Le radici ancorano la pianta al terreno, spingendosi in profondità e assorbendo da esso l’acqua e i sali minerali necessari per la nutrizione. Il fusto si eleva in verticale anche per parecchi metri da terra, ha la funzione di sorreggere i rami principali che a loro volta si dividono ripetutamente in ramificazioni secondarie, formando la chioma. Oltre a questa funzione meccanica di so17

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stegno, il fusto assicura la circolazione della linfa dalle radici verso i rami e le foglie e viceversa. I rami costituiscono la porzione aerea periferica della pianta e si accrescono continuamente all’apice per esporre i germogli e le foglie alla luce solare. Le foglie sono il laboratorio chimico dove avviene una delle più importanti reazioni che condizionano la vita sulla terra: la fotosintesi clorofilliana. L’acqua, prelevata dal terreno e inviata alle foglie, reagisce con l’anidride carbonica presente nell’atmosfera e i prodotti finali sono zucchero (glucosio) e ossigeno. È importante ricordare che questa reazione avviene con la presenza dell’energia luminosa contenuta nei raggi solari che colpiscono le foglie. Questo è lo schema della reazione: 6CO2

+

anidride carbonica

6H2O + 2808,96 kJ ==> C6H12O6 + 6O2 acqua



(672.000 calorie)

energia solare

glucosio

ossigeno

Le gemme, infine, sono abbozzi di nuovi rametti allo stadio latente; sono ricoperte da piccole squamette (perule) e di norma si schiudono all’inizio di ogni stagione vegetativa per formare un nuovo germoglio.

Dettaglio e sezione di una gemma

L’anatomia degli alberi La crescita degli alberi avviene in due modi: in senso longitudinale, per lo sviluppo all’apice dei singoli rami e delle radici; in senso diametrico nel fusto, nei rami e nelle radici, per l’attività del cambio, che vedremo più avanti. Queste due aree di accrescimento definite meristemi, sono formate da cellule vitali che si moltiplicano velocemente. Nei meristemi (tessuti formati da cellule non specializzate), così come nei parenchimi (tessuti formati da cellule specializzate in determinate funzioni), le cellule sono vitali e mantengono la capacità di riprodursi. 18

Viceversa, altri tipi di cellule, che in termini di massa costituiscono la gran parte di un albero, dopo una breve vita volta alla loro specializzazione funzionale risultano morte e di esse rimane soltanto la parete cellulare fortemente ispessita. Per esempio, internamente al fusto e ai rami, troviamo il legno (o xilema), costituito quasi completamente da cellule morte. Il legno più interno al fusto (durame) svolge essenzialmente una funzione meccanica, garantendo la resistenza dell’albero alle sollecitazioni esterne (la spinta del vento, il peso della neve, ecc…). Il legno più esterno (alburno), prossimo alla corteccia e di più recente formazione, oltre alla funzione meccanica anzidetta, ha anche quella di trasporto della linfa grezza (composta da acqua e sali minerali) verso le foglie. Direttamente a contatto con il legno, andando verso l’esterno del fusto, troviamo il cambio, uno strato sottilissimo di cellule molto vitali, dove avviene l’accrescimento diametrale della pianta. Il cambio non è facilmente distinguibile a occhio nudo perche si confonde con gli altri tessuti che si trovano esternamente al legno. Durante la stagionale attività vegetativa, nel cambio avviene una continua e frenetica attività di divisione cellulare per la formazione di nuove cellule figlie, verso l’interno, e verso l’esterno del cambio stesso. Le cellule interne subiranno delle modificazioni strutturali e morfologiche per diventare cellule legnose, specializzate nella funzione meccanica e in quella di trasporto della linfa, mentre quelle esterne diverranno cellule del floema. Il floema (o libro) è uno strato di cellule vitali, di spessore limitato, che si trova all’esterno del cambio e costituisce la parte più interna della corteccia vera e propria. La funzione del floema è di assicurare il flusso della linfa elaborata, composta dall’acqua e dalle sostanze nutritive zuccherine formatesi con la fotosintesi e poi ulteriormente trasformate. Nel floema avviene la traslocazione delle sostanze nutritive: esse migrano dalle zone dove sono più concentrate (cellule e tessuti con funzione di riserva) verso altre aree (cellule e tessuti in accrescimento), dove vengono utilizzate e trasformate in energia e in “materiale da costruzione”, cioè molecole organiche complesse.

Sezione del tronco e i suoi tessuti

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Procedendo ancora verso l’esterno del fusto, sopra il floema troviamo un particolare tessuto meristematico (il cambio suberofellodermico), specializzato nel produrre nuove cellule che col tempo diventano cellule del sughero; quest’ultime costituiscono lo strato più esterno della corteccia e sono cellule morte nella cui parete è depositata una sostanza cerosa impermeabile (la suberina). Il sughero protegge il fusto dalla disidratazione, oltre che da danni fisici e dall’ingresso dei patogeni. Nella corteccia troviamo infine delle aree spugnose, note come lenticelle; esse permettono gli scambi gassosi tra l’interno del tronco e l’ambiente esterno, consentendo la respirazione delle cellule vive presenti all’interno. La crescita in lunghezza degli alberi avviene agli apici dei germogli e delle radici. In queste due regioni si trovano i meristemi di accrescimento, dove le cellule più prossime all’apice si moltiplicano velocemente, mentre quelle immediatamente sotto si accrescono in senso longitudinale e quelle appena più lontane subiscono il processo di Sezioni di apici differenziazione, radicali che porta alla loro specializzazione funzionale (andando così a costituire, per esempio: peli radicali nelle radici, foglie, gemme ascellari, tessuti conduttori dell’internodo nei germogli).

La fisiologia degli alberi Il flusso linfatico ascendente assicura il costante rifornimento di acqua e sostanze minerali necessarie; l’acqua è prelevata dal terreno e portata al livello delle foglie per mezzo di una combinazione di fattori che ne permettono il trasporto ad altezze notevoli (si pensi alle decine e decine di metri di altezza delle sequoie e delle douglasie). Il più importante di questi è la traspirazione, essa avviene a livello fogliare e consiste nell’evaporazione di gran parte dell’acqua che raggiunge le foglie. Si pensi che solo il 5% dell’acqua prelevata dal terreno è utilizzata dalla pianta, men20

tre il rimanente 95% viene liberato in atmosfera, per lo più come vapore. La traspirazione fogliare avviene a livello degli stomi, essi sono paragonabili a delle valvole che, chiudendosi o aprendosi completamente, sono in grado di regolare la perdita d’acqua in base alla disponibilità presente nel terreno (per esempio: quando l’acqua scarseggia gli stomi tendono a chiudersi quasi completamente e l’attività della pianta si riduce di conseguenza). Il movimento dell’acqua, dal terreno-radici alle foglie-atmosfera, è simile ad un sistema a pompa, dove la pianta svolge la funzione di pompaggio Dettaglio foglia | regolando costantemente la portata in base alle condizioni ambientali circostanti (disponibilità di acqua nel terreno, temperatura e umidità relativa dell’aria atmosferica, presenza di vento che aumenta la disidratazione, ecc...). L’effetto più negativo di uno stress idrico prolungato è l’indebolimento delle piante, che ne abbassa le difese naturali e le predispone all’attacco da parte dei patogeni. Parlando ora della nutrizione di una pianta, essa avviene mediante l’assorbimento delle sostanze necessarie dall’ambiente. I principali elementi di cui una pianta ha bisogno per vivere sono i seguenti: idrogeno (H), ossigeno (O), carbonio (C), azoto (N), zolfo (S), fosforo (P), potassio (K), calcio (Ca), magnesio (Mg) e ferro (Fe). Le piante introducono l’idrogeno e l’ossigeno sotto | Carenze nutrizionali forma di acqua; l’ossigeno necessario per la respirazione è inoltre assorbito sotto forma gassosa dall’atmosfera; il carbonio viene anch’esso assorbito dall’atmosfera sotto forma di anidride carbonica (CO2). Tutti gli altri elementi sono presenti nel terreno come sali minerali disponibili per la pianta. L’azoto si trova sotto forma di sali ammoniacali o di nitrati, lo zolfo sotto forma di solfati, il fosforo sotto forma di fosfati. Il potassio, il calcio, il magnesio e il ferro vengono assorbiti sotto forma di nitrati, solfati, fosfati, ecc.... La carenza di uno solo o più di questi elementi minerali contenuti nel terreno in forma salina (esclusi quindi l’idrogeno e l’ossigeno che costituiscono l’acqua e il carbonio, prelevato in atmosfera) deter21

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mina nelle piante un arresto della crescita e varie alterazioni del colore delle foglie. Oltre agli elementi fin qui elencati, ve ne sono altri indispensabili per la vita delle piante, seppure in dosi piccolissime (pochi milligrammi per litro di soluzione); tra questi ricordiamo il boro (B), lo zinco (Zn), il molibdeno (Mb), il rame (Cu), il manganese (Mn). Questi vengono definiti microelementi e sono legati a grosse molecole enzimatiche, divenendo così essenziali per la loro funzione catalitica. L’attività vegetativa delle piante non è lineare, varia cioè nell’arco dell’anno in funzione dei diversi periodi stagionali. Nel nostro clima temperato la variazione è evidente: durante l’inverno si verifica un periodo di completo riposo vegetativo; a primavera si assiste alla ripresa vegetativa, a cui segue un periodo di intensa attività, con crescita sostenuta fino all’inizio-metà dell’estate, per poi rallentare nella tarda estate e quindi fermarsi nuovamente verso l’autunno-inverno. Tutto ciò è influenzato sia dalle temperature sia dal fotoperiodo, cioè la durata giornaliera delle ore di luce, notoriamente maggiori d’estate. La pianta, come già detto, svolge la fotosintesi e da essa ricava il glucosio come prodotto energetico. Il glucosio può essere utilizzato direttamente, nella fase di crescita intensa, ma viene anche trasformato in sostanza di riserva, a cui attinge nei momenti di bisogno. La trasformazione avviene aggregando numerose molecole di glucosio (monosaccaride) e costituendo l’amido (polisaccaride), caratterizzato da molecole grosse e pesanti, contenenti molta energia nei loro legami chimici. L’amido viene immagazzinato nelle cellule parenchimatiche di riserva, immerse tra le cellule del legno, in senso assiale e radiale, formando un reticolo tridimensionale. Il tipico momento in cui la pianta attinge alle sostanze di riserva è quello della fioritura e del germogliamento, in primavera, quando non ha iniziato la fotosintesi, non avendo ancora formato le foglie e le altre parti verdi. Quindi, l’inizio della stagione vegetativa è un momento critico per la pianta, che deve fare largo impiego di queste sostanze accumulate. Si spiega così perché in questo periodo sono assolutamente da evitare tutte le azioni che vanno ad intaccare l’equilibrio della pianta (non si deve potare in questa epoca!). Viceversa, la pianta tende ad accumulare nuovamente le sostanze di riserva in piena estate e fino all’autunno, quando diminuisce il ritmo di crescita. In questo periodo le potature, ovviamente eseguite con criterio, non incidono sensibilmente sulla fisiologia della pianta. Sono le potature scriteriate - intendendo quelle molto intense - e gli eventi naturali estremi (trombe d’aria, temporali di forte intensità) a causare la perdita dell’equilibrio che la pianta, per sua natura, tende sempre a raggiungere e mantenere. Una pianta possiede una precisa proporzione tra lo sviluppo dell’apparato radicale e quello della sua parte aerea, formata dal fusto, dai rami e dal fogliame. Capita spesso di vedere la parte aerea ridimensionata dall’asporto di una consistente massa di materiale vitale, contenente energia, e ridotta così la superficie e la capacità fotosintetizzante. Se la riduzione operata è troppo intensa, la pianta faticherà a ristabilire un nuovo equilibrio e ridurrà quella parte dell’apparato radicale che non è più in grado di alimentare a sufficienza; tenderà, inoltre, a ricostituire il più possibile la biomassa aerea rimossa, attingen22

do direttamente alle sostanze di riserva e quindi indebolendosi progressivamente. Se lo squilibrio è ridotto, la pianta riuscirà a ristabilire il proprio assetto fisiologico in un certo tempo, senza eccessivi dispendi energetici e con limitato stress come nel caso delle potature ben eseguite. Nei casi più gravi come con la capitozzatura (drastico e indiscriminato taglio del fusto, branche e rami di un albero) la pianta potrà, molto lentamente, raggiungere un nuovo equilibrio ma in pessime condizioni, cioè si presenterà molto indebolita e poco reattiva nei confronti dei suoi nemici naturali, che saranno favoriti nell’aggredirla e nel portarla verso un declino irreversibile. La capitozzatura e le potature drastiche al pari degli eventi naturali, causa di gravi menomazioni alla struttura aerea dell’albero, si ripercuotono sulla sua fisiologia e favoriscono l’ingresso di malattie e parassiti, primi fra tutti i funghi agenti di carie.

Patologia: la degradazione del legno La carie del legno è la modificazione strutturale dei tessuti legnosi dovuta alla digestione fungina di una o più componenti della parete cellulare; essa determina la graduale diminuzione di elasticità, resistenza e volume Carie del legno | del legno colpito, con effetti diretti sulla portanza e sulla stabilità. I polisaccaridi (cellulosa ed emicellulose) costituenti la parete cellulare sono ridotti a monosaccaridi mediante la degradazione chimica operata dagli enzimi emessi dal fungo. Il monosaccaride (glucosio) derivante è l’alimento per il fungo; anche la lignina, altro componente della parete cellulare, viene degradata. Gli agenti di carie non sono parassiti in senso stretto (attaccano la parete delle cellule xilematiche, già morte) ma saprofiti; per consuetudine, però, comparendo e vivendo su piante vegete, sono considerati dei parassiti. A seconda dell’aspetto, della consistenza dei tessuti alterati e delle componenti digerite, la carie viene principalmente Carie bianca | distinta in carie bianca e carie bruna. La carie bianca si ha per opera di funghi che digeriscono tutte le componenti (lignina, cellulosa, emicellulose); a sua volta, viene ulteriormente suddivisa in “fibrosa” quando vi è una digestione sequenziale (inizialmente lignina ed emicellulose, in seguito anche la cellulosa), e in “non fibrosa” quando la digestione delle diverse componenti è simultanea. La carie bruna (detta anche cubica, perché il legno si presenta spaccato in cubetti o prismi) determina la 23

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| Linea di compartimentazione

| Esempio di compartimentazione

| Esempio di cavità

rimozione rapida della cellulosa e delle emicellulose, con la lignina parzialmente modificata. Quando una pianta arborea subisce una ferita, viene subito attaccata da funghi cosiddetti “pionieri”, che non danno origine alla carie del legno, ma vivono di essudati (zuccheri e acqua); essi determinano solo un colore anomalo nel legno colonizzato, senza modificarne le caratteristiche meccaniche. La pianta generalmente reagisce a questa presenza dei funghi pionieri ma, se la risposta è troppo debole e inefficace, avviene l’ingresso dei funghi cariogeni. Viceversa, quando la pianta reagisce efficacemente, si ha la compartimentazione dei tessuti colonizzati dai funghi pionieri. Con la compartimentazione, la pianta blocca l’infezione e la circoscrive, evitando il suo progredire e impedendo l’instaurarsi della carie. La compartimentazione è data della creazione di barriere di contenimento dell’infezione, costituite da un accumulo di tannini o di fenoli (dipende dalle specie arboree) nei raggi midollari; allo stesso tempo la pianta reagisce con la suberificazione delle cellule di alcuni anelli annuali e l’ostruzione dei vasi xilematici (tillosi). L’epoca della ferita (stagione) e la sua dimensione sono fondamentali per una compartimentazione più o meno buona. Quando la carie è molto avanzata, il tessuto legnoso degradato diventa inconsistente e viene in genere rimosso dalla sua sede originaria ad opera di insetti o per altre cause meccaniche; si aprono così delle cavità, anche di una certa ampiezza, nel fusto o nelle branche dell’albero. I fenomeni di carie del legno riducono la stabilità delle piante arboree, che molto spesso rimangono vitali per lungo tempo e creano, in ambiente ur24

bano, un costante rischio per le persone e le cose. In chiusura di questa parte riguardante la patologia del legno, ricordiamo il fenomeno noto come “cuore bagnato” o “legno bagnato” (wet wood). Pur non essendo particolarmente diffusa, questa alterazione comporta l’emissione di un flusso linfatico maleodorante dal fusto dell’albero colpito, ma può anche rimanere più o meno confinata nel legno interno (durame), senza dare luogo a manifestazioni esterne particolarmente evidenti. Si tratta di un’infezione batterica che causa la fermentazione della linfa e determina un anormale accumulo di acqua e di gas (metano e anidride carbonica) internamente al fusto. Le piante colpite non deperiscono velocemente: seppure indebolite dallo scompenso fisiologico, causato dalla pressione interna alterata dall’accumulo di gas, dalla presenza di sostanze tossiche e dall’innalzamento del pH, possono convivere per molti anni con il problema. Diversamente dalla carie, questa patologia non incide sulla consistenza e resistenza meccanica del legno interessato, che si presenta molto umido, di colore anomalo e maleodorante.

Essudato batterico |

Sezione trasversale di un ramo di Quercia dove si notano le infezioni del legno ben compartimentate

Carie e “cuore bagnato” nel fusto di un Tiglio

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1. LA MODERNA ARBORICOLTURA 1.1. Chi è Alex Shigo Quella che oggigiorno definiamo “arboricoltura moderna” corrisponde al progresso nelle nuove acquisizioni scientifiche - in materia di fisiologia delle piante arboree e di patologia del legno - applicato alla tecnica di gestione degli alberi coltivati a scopo ornamentale. Queste conoscenze di base trovano ampio fondamento nelle teorie formulate da Alex Shigo (8 Maggio 1930 - 6 Ottobre 2006), professore statunitense che, per l’intera vita lavorativa, si dedicò a studiare gli alberi in ambiente naturale (foresta) e in ambienti artificiali (in città, lungo le strade, nei parchi urbani, ecc...). Il grande lavoro di Alex Shigo ha fornito, al settore dell’arboricoltura, una nuova interpretazione del modo di vivere e di svilupparsi degli alberi, nonché delle loro modalità di reazione ai vari tipi di stimoli esterni a cui sono sottoposti.

1.2. Conoscere per comprendere l’entità albero Molto sinteticamente, queste acquisizioni scientifiche ci aiutano a comprendere i meccanismi di difesa adottati dalle piante arboree quando subiscono l’aggressione da parte di organismi patogeni che possono causarne il deperimento e/o la morte (funghi con diverso grado di patogenicità); allo stesso tempo possiamo trarre delle utili indicazioni per intervenire correttamente nell’esecuzione di determinate operazioni - in primo luogo le potature - evitando così di esporre eccessivamente le piante all’attacco di patogeni, preservandone il più possibile lo stato sanitario. Perciò, combinando le conoscenze anzidette con quelle di fisiologia vegetale - in particolare quelle inerenti all’equilibrio energetico proprio di ogni singola pianta - e, tenendo conto delle necessità d’intervento dettate da una gestione a fini ornamentali in ambiente urbano, si può giungere a definire, di caso in caso, il miglior compromesso tecnico atto a garantire l’esecuzione dei lavori di manutenzione nel rispetto della fisiologia e dell’integrità sanitaria delle piante. Partendo dalle considerazioni fin qui esposte, quale condizione essenziale nell’ottica di un’”arboricoltura moderna”, troviamo le conoscenze relative alle esigenze ecologiche delle singole specie arboree; esse ci devono guidare nella scelta delle piante più adatte da utilizzare per i nuovi impianti, tenendo presenti le caratteristiche dell’ambiente dove esse verranno collocate (clima, terreno, altitudine, ecc...). L’arboricoltura moderna, quindi, tende a porsi come strumento d’approccio evoluto e scientificamente corretto nel campo della coltivazione degli alberi ornamentali, richiedendo le conoscenze di base proprie di alcuni ambiti delle scienze biologiche, nonché la necessaria esperienza acquisita “sul campo” da parte dei tecnici che se ne occupano. 26

Tutto questo non significa andare alla ricerca di una complessità fine a sé stessa, ma una lucida applicazione di un meccanismo di causa-effetto, così riassumibile: più comprendiamo il modo di vivere e di reagire degli alberi, più aumentano le possibilità di interagire positivamente con loro, determinandone le migliori condizioni di vita fin dal momento dell’impianto e, successivamente, intervenendo in maniera appropriata in caso di necessità dettate dal loro vivere in ambiente artificiale, fonte di un’esposizione continua ai disturbi delle attività umane.

2. LA REALIZZAZIONE DI NUOVI IMPIANTI ARBOREI 2.1. La progettazione

La realizzazione di nuovi impianti arborei comporta sempre una progettazione, soggetta a variazioni notevoli, per complessità, in base all’ampiezza dell’area verde da realizzare, alle caratteristiche climatiche ed ambientali e dei risultati estetici e funzionali che s’intendono raggiungere. In ogni caso, il fatto di piantare uno o pochi alberi richiede comunque una progettazione semplificata ma con dei passaggi chiari e costanti; questo senza voler intendere la progettazione come produzione di consistenti progetti cartacei, fatti di numerose tavole e di approfondite relazioni tecniche, anche per lavori di minima entità. Per esempio, solo il fatto di chiedersi quali saranno in età adulta le dimensioni di un albero di una certa specie, ci spinge a verificare la disponibilità di tutto lo spazio necessario al suo libero sviluppo, nell’area individuata come sede d’impianto. Quando scopriamo che lo spazio richiesto è scarso o troppo ridotto, dobbiamo fin da subito pensare di impiegare un’altra specie arborea avente dimensioni, in età adulta, compatibili con lo spazio disponibile oppure, se proprio vogliamo quella specie, dobbiamo prevedere di allevare il nostro albero in forma obbligata, impostandolo fin da giovane e mantenendolo Giovani Platani allevati in forma obbligata

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così per il resto della sua vita attraverso adeguate potature. In questa situazione la specie arborea scelta dovrà sottoporsi a potature frequenti e all’allevamento in forma obbligata, dati da ben considerare prima di arrivare a una decisione definitiva. Lo stesso procedimento dovrà essere applicato anche alle capacità del nostro albero (o di tutti quelli che intendiamo impiegare, nel caso d’impianti polispecifici di una certa dimensione) di adattarsi all’ambiente in cui sarà collocato (intendendo con ciò il clima, il terreno, la disponibilità idrica, ecc...). Gli elementi di valutazione di tipo fisico e biologico, così raccolti, dovranno integrarsi con quelli di ordine architettonico, vale a dire il portamento della pianta, la forma della chioma, il colore del fogliame, il tipo e l’epoca di fioritura, la sua dislocazione spaziale, l’utilizzo come singolo esemplare o in gruppi di più esemplari, ecc... . Infine, per completare gli elementi di valutazione preliminare, indispensabili per una progettazione accurata, andranno esaminati gli aspetti funzionali che la compagine arborea dovrà assicurare, come per esempio l’ombreggiamento di aree specifiche, l’oscuramento di determinati scorci (effetto barriera visiva), il filtraggio e l’attenuazione di rumori, di polveri, del vento, ecc…. Solo un’attenta progettazione, che sappia coniugare le esigenze biologiche, architettoniche e funzionali, può portare alla realizzazione di aree verdi arborate dotate di un’armonia propria, data dal corretto sviluppo delle piante e dalla loro concordanza sul piano estetico e funzionale.

La progettazione, infine, si deve occupare anche di tutte le opere accessorie collegate agli aspetti fisiologici e sanitari degli alberi: da quelle più dirette come il sistema d’irrigazione, ad altre meno evidenti ma comunque inerenti come l’impianto d’illuminazione, con i relativi cavidotti interrati, la dislocazione di elementi di arredo (panchine, tavoli, fontane), dei percorsi pedonali e delle altre aree in vario modo pavimentate; da non dimenticare di prevedere degli spazi d’accesso per i mezzi pesanti (autogrù, autocarri) che potranno all’occorrenza raggiungere l’area verde senza arrecare particolare danno.

2.2. Le caratteristiche del postime La progettazione dovrebbe occuparsi anche di definire preventivamente le caratteristiche dimensionali e qualitative delle piante da utilizzare. Questi ultimi concetti sono legati alla morfologia della pianta e alla sua integrità complessiva ovvero l’assenza di traumi e lesioni che ne possano precludere lo sviluppo futuro.

A destra: Piante di Osmanthus in vaso Sotto: vivaio

Risultato della progettazione di un parco urbano

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In definitiva, un’accurata progettazione è la base fondamentale sulla quale realizzare con successo i nuovi impianti arborei. Sarebbe auspicabile fondere le conoscenze tecniche acquisite e l’esperienza accumulata nel tempo dai progettisti e dai tecnici che si occupano di realizzazione e manutenzione, per evolvere verso forme ancor più mature e complete di approccio all’arboricoltura. In questo caso l’istituzione di un “Libretto d’impianto”, come già peraltro esiste in altri settori delle costruzioni e dell’impiantistica, che indichi, fin dall’origine, la scansione temporale e la tipologia degli interventi manutentivi necessari, servirebbe a garantire il corretto sviluppo e la durata nel tempo dell’impianto. Con questo strumento di programmazione il proprietario avrebbe a disposizione un’utilissima traccia per pianificare economicamente e materialmente gli interventi per almeno i due decenni successivi alla realizzazione dell’impianto stesso.

2.3. Lavori d’impianto

| Esempio di alberatura di prima scelta

Per quanto riguarda i parametri morfologici va rispettato il rapporto/proporzione fra la circonferenza e l’altezza/dimensione dell’albero; inoltre non dovrebbero presentarsi difetti come: piante eccessivamente filate, doppie punte, chioma asimmetrica, fusti biforcati, contorti o curvati, lesioni, strozzature e scortecciature sul fusto e sui rami, ferite da potature volte alla mera commercializzazione (è frequente che piante non correttamente formate in vivaio vengano “adattate” al momento della vendita). È necessario perciò che il progettista conosca quale sia l’offerta disponibile sul mercato vivaistico, non solo a breve raggio (entro la provincia o la regione); si potranno così scegliere le piante che per morfologia e sviluppo saranno più idonee allo scopo prefissato.

Per quanto riguarda i lavori d’impianto, merita soffermarsi su poche, ma importanti, attenzioni da porre: preparazione della zolla radicale della pianta prima dell’interramento, profondità d’impianto, posa dei pali tutori, legatura della pianta al palo tutore. Prima di procedere all’interramento della zolla radicale dobbiamo verificare l’idoneità della buca e quindi le dimensioni dello scavo: devono essere più ampie del volume della zolla, almeno il doppio del diametro, in modo da riempire tutto lo spazio vuoto circostante con terreno di buona qualità miscelato con materiali inerti come la pozzolana, allo scopo di garantire una buona circolazione idrica e dell’ossigeno. Anche la natura del terreno dove si pianta influisce sullo sviOperazioni di corretta messa a dimora di alberature

Per esempio, vi sono differenze sostanziali tra gli alberi da collocare come esemplare unico, a libero sviluppo e senza limiti di spazio, e gli alberi da porre in filare ai margini di viali o strade. I primi hanno una forma più tendente al naturale, con chioma più espansa e inserita relativamente in basso, mentre i secondi si presentano con un fusto libero da rami per una certa altezza e la loro chioma è contenuta lateralmente per mezzo di adeguate potature di formazione, favorendone lo sviluppo in altezza. In funzione del loro utilizzo, il vivaismo propone diverse soluzioni di allevamento dei giovani alberi da trapiantare, anche restando all’interno della medesima specie. 30

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luppo dell’albero nei primi anni dopo il trapianto: se il terreno è eccessivamente compatto e argilloso o prevalentemente ciottoloso-ghiaioso e drenante, esso va rimosso, riportando al suo posto un ampio volume di terreno di buona qualità dove andrà collocato l’albero. La prima operazione sulla zolla prevede la rimozione dell’involucro di contenimento, questo può essere di vario materiale (telo di juta, di plastica traforata, ecc…) e dell’eventuale rete metallica sottostante. Non sempre questa semplice operazione viene svolta, con il risultato di impedire un corretto sviluppo dell’apparato radicale negli anni seguenti il trapianto. Il mercato vivaistico oggi propone anche alberi allevati in vasi o contenitoEsempio di fissaggio scorretto dei pali tutori: visti ri di plastica, di una certa ampiezza, che al momento dell’impianto e visti dopo 7/8 anni una volta estratti dal contenitore sono dalla messa a dimora dell’albero pronti alla messa a dimora. Un breve cenno va alla profondità d’impianto: l’albero andrebbe ricollocato allo stesso livello precedente (verificare il segno del terreno sul fusto) o appena un po’ più in basso (2-3 cm al massimo). Spesso si vedono dei trapianti effettuati a una profondità sensibilmente maggiore dell’origine determinando condizioni di sofferenza per la pianta, che deve ricostituire parte dell’apparato radicale più vicino alla superficie del terreno Per quanto concerne la posa dei pali tutori, essa va eseguita in funzione delle dimensioni e della massa dei soggetti arborei da sostenere, evitando soluzioni economiche e scarsamente efficaci (come il singolo esile paletto che dondola assieme alla pianta e poi si spezza). Un altro sistema di ancoraggio che si può adottare è quello a scomparsa, cioè l’ancoraggio a terra sulla zolla. I sistemi sono diversi ed uno dei più diffusi prevede di fissare verticalmente intorno alla zolla tre pali in legno posti a

triangolo (massima ottimizzazione delle forze elastiche che agiscono al colletto) e successivamente bloccando in orizzontale i pali stessi con tre tavole in legno poste ai loro vertici. Merita un cenno, la legatura tra pianta e palo tutore: troppo spesso sono uniti insieme formando un tutt’uno; questo determina, col dondolio della spinta del vento, lo sfregamento tra i due, il distacco della corteccia dell’albero e la messa a nudo del legno Esempio negativo di piantumazione eseguita sottostante con conseguente degrado prima della realizzazione delle opere edili: dovuto all’azione di funghi cariogeni. notare gli alberi ricoperti di cemento La corretta tecnica di legatura prevede l’interposizione, tra pianta e palo tutore, di un inserto in materiale morbido ed elastico, così da evitare lo sfregamento e l’asportazione della corteccia; molte volte è sufficiente utilizzare lo stesso legaccio elastico, in plastica morbida, usato per la legatura, facendolo passare più volte tra il palo e il fusto dell’albero, per creare uno strato elastico di separazione. Al momento del posizionamento dell’ancoraggio (tutori esterni o scomparsa) si può posare nella parte superiore della zolla un tubo microforato collegato con un tubo a T esterno per distribuire l’acqua dove serve e cioè nella zona di affrancamento evitando perdite per ruscellamento e ottimizzando in modo efficace la distribuzione dell’acqua. Nel caso sia presente un impianto d’irrigazione con ala gocciolante auto compensante, la stessa dovrà essere posta all’interno del tubo microforato e collegata alla linea nello stesso modo. Non si realizza quasi mai ma è di fondamentale importanza il posizionamento di una fascia salvacambio nella zona del colletto ad esempio con tubo corrugato o con altro materiale plastico che ha la funzione di proteggere il fusto dalle ferite causate dalle operazioni di sfalcio erba.

Esempi corretti di piantumazioni e fissaggio dei pali tutori

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3. LA POTATURA DEGLI ALBERI 3.1. Perché potare? Tra gli argomenti che alimentano il dibattito - e talora accese discussioni - in tema di alberi ornamentali, quello delle potature è senz’altro prevalente sugli altri. Può un albero vivere e svilupparsi senza essere potato? Sì, senz’altro! L’albero è in grado di autoregolarsi e trovare il giusto equilibrio nell’ambiente in cui si trova. Ma allora, perché continuiamo a fare le potature? Solo per perdere tempo e denaro? La risposta va data ragionando per gradi, facendo un discorso logico e razionale sull’entità albero. L’albero ornamentale non nasce spontaneamente, come quelli nel bosco, ma è piantato dall’uomo: s’inizia con una pianta allevata in vivaio, che poi viene collocata in un determinato posto e per dei motivi precisi (se c’è la progettazione...). Il processo appena descritto ha ben poco o quasi nulla di naturale ma è completamente artificiale, creato dall’uomo; senza l’intervento dell’uomo un albero in città, lì dove | Quercia cresciuta in forma libera

Esempio di viale alberato |

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si trova, di quella determinata specie e varietà, non ci sarebbe mai arrivato da solo! L’uomo pianta e diffonde gli alberi ornamentali per ricavare quei servizi che essi sono in grado di fornire (ombreggiamento, effetto estetico, influenza sul microclima, ecc...); spesso la diffusione degli alberi all’interno delle città, o comunque in contesti di forte antropizzazione, genera delle situazioni conflittuali tra le piante e le opere o le attività umaEsempio di autopotatura | ne. Si tratta quindi di trovare una forma di compromesso fra le necessità delle piante (fisiologiche e sanitarie) e le altre esigenze imposte dal contesto urbanizzato (contenimento delle dimensioni, altezza di inserimento dei rami e conformazione della chioma, garanzia di stabilità strutturale per limitare il pericolo di schianto dell’intera pianta o di distacco di rami, ecc...). Le esigenze di ordine pratico richiedono il ricorso alla potatura, mentre i motivi di carattere estetico e funzionale ne confermano l’indispensabilità. Per esempio, la potatura, su piante in via di sviluppo, ha lo scopo di individuare e favorire le future branche primarie e il cimale principale dell’albero, mediante l’asporto di quei rami che, in attesa del loro naturale declino e disseccamento (cioè l’autopotatura, che la pianta farebbe comunque), rimarrebbero in competiPotatura su pianta vetusta | zione con i rami più vitali sottraendo spazio e luce alla chioma, addensandola eccessivamente. L’effetto cercato è quello di una crescita armonica e simmetrica, con la creazione di una struttura ben conformata e robusta, difficilmente raggiungibile lasciando le piante al loro libero sviluppo, senza alcun intervento. La potatura degli alberi ornamentali non è assimilabile a nessun’altra potatura praticata sugli altri alberi, come quelli coltivati per produrre frutti (melo, pero, ciliegio, ecc...) o legno (pioppo, noce, altre varie specie di latifoglie...), visti i diversi obiettivi da raggiungere. L’albero ornamentale deve presentarsi - secondo la specie e la varietà - ben conformato dal punto di vista estetico e tale 35

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caratteristica deve integrarsi con le sue condizioni di salute e di resistenza ai fattori biotici (parassiti e patogeni) e abiotici (vento, temperature, tipo di terreno, disponibilità idrica, ecc...). Le potature ben eseguite sono in grado di “guidare” l’albero verso l’acquisizione di questi risultati, dai primi anni che seguono il trapianto, fino alla maturità e quindi alla senescenza. Molto importanti, per la perizia e la cura richieste, sono le potature su piante vetuste e senescenti, dove l’obiettivo primario è quello di ottenere il migliore compromesso fra delle esigenze opposte: quella di non intaccare la residua funzionalità fisiologica e di non accelerare i processi degradativi in atto, l’altra di garantire la resistenza statica per evitare lo schianto naturale o la caduta di branche o spezzoni di grossi rami, con i rischi derivanti in ambiente urbano.

3.2. Come si taglia un ramo Esaminando la corretta tecnica di potatura degli alberi ornamentali, si nota un modo di operare relativamente semplice: il ramo da tagliare deve essere asportato completamente, con un taglio alla base, evitando in ogni caso di lasciare al suo posto un moncone sporgente. In tal caso, l’albero non sarebbe in grado di rimarginare la ferita sul moncone e questo, disseccandosi, diverrebbe una via d’ingresso per i funghi agenti di carie del legno, che col tempo, avrebbero modo di insediarsi in profondità nel fusto.

Potatura scorretta: rami secondari troppo esili

Potatura scorretta: formazione del moncone

Sopra: sequenza corretta delle operazioni di un taglio di un ramo Sotto: esempi scorretti di taglio di un ramo

| Esempi di collare di un ramo

Il corretto modo di eseguire la potatura di un ramo prevede, come prima operazione, un taglio d’incisione (A), a distanza di 10/15 cm. da quello definitivo, praticato nella parte inferiore del ramo, procedendo dal basso verso l’alto per circa 1/3 della sezione, e poi un altro taglio (B), dall’alto in basso, praticato a poca distanza dal primo, così da recidere il ramo evitando che la corteccia, nella sua parte inferiore, possa slabbrarsi. Dopo questa operazione, quindi l’aver tolto la quasi totalità del peso del ramo che gravava sulla sua base, si deve tagliare il moncone rimasto, facendo attenzione a rispettare il collare di inserzione del ramo (C), ovvero la sede di produzione dei tessuti necessari alla chiusura della ferita generata con la potatura. Per quanto riguarda le tecniche di contenimento dei rami (per accorciarli e per contenerne la vigoria), si pratica il cosiddetto “taglio di ritorno”; esso consiste nell’asportare la parte terminale del ramo, per una certa lunghezza, fino in prossimità di una ramificazione laterale, lasciata allo scopo di sostituire l’asse principale che viene tolto. La dimensione, in diametro, del ramo secondario che andrà a sostituire la porzione di ramo asportato dovrà essere all’incirca 1/3 di quest’ultimo e non inferiore (non dev’esserci un’eccessiva sproporzione tra ciò che viene rimosso e ciò che rimane in sostituzione: un esile rametto non può sostituire - dal punto di vista fisiologico e funzionale - un ramo esageratamente più grosso). Questa tecnica consente di trarre dei buoni risultati sotto molti punti di vista: estetico, funzionale, fisiologico e sanitario. La pianta non viene sottoposta a uno stress imPunto corretto di taglio per l’asportazione di un ramo nel rispetto del collare

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provviso, spogliandola eccessivamente di legno giovane e fogliame, riuscendo a vegetare normalmente, senza particolari scompensi. Va inoltre ricordata una buona pratica di profilassi fitosanitaria non sempre eseguita con scrupolo dagli operatori: le lame o gli organi taglienti degli attrezzi impiegati nella potatura andrebbero sempre disinfettati prima di iniziare a potare un albero; essi potrebbero veicolare propaguli o organi di disseminazione di organismi nocivi depositatisi durante un precedente utilizzo su piante malate. Per fare ciò, è sufficiente sterilizzare la lama degli attrezzi impiegati per via chimica (soluzione acquosa di sali d’ammonio quaternario al 2% o di ipoclorito di sodio al 5%) oppure per via fisica, mediante un veloce surriscaldamento con la fiamma di un cannello a gas, senza mai esagerare, per non stemperare l’acciaio.

3.3. I periodi per fare la potatura Un cenno particolare va fatto alle epoche più adatte per la potatura: il periodo tardo invernale, fino a poco prima della ripresa vegetativa (indicativamente, nei mesi di febbraio e marzo) e quello estivo (luglio-metà agosto) sono quelli in cui la pianta è in grado di reagire in maniera appropriata perché non si trova né in riposo vegetativo (come in pieno inverno) né in attività di crescita (come in primavera, da aprile a giugno). Sopra a sinistra: potatura corretta su Cedro colpito da fortunale - Susegana (TV) Sotto a sinistra: potatura corretta su un Carpino Sopra a destra: cantiere dopo la potatura di un viale di Tigli - Pordenone (PN) Sotto a destra: esempio di Tigli potati a “testa di salice” (Spilimbergo - PN) - Intervento da eseguire periodicamente, ogni 2-3 anni al massimo

Sopra, a sinistra: potatura ben eseguita su Sophora japonica. Sopra, a destra: potatura per eseguita su Quercia

Potatura di contenimento su Pioppo cipressino: a sx prima dell’intervento, a dx a intervento quasi ultimato. Si noti come siano state mantenute le caratteristiche estetiche dell’albero pur avendone ridotto la sagoma complessiva (altezza e larghezza).

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1 - Callo di cicatrizzazione e quasi completa chiusura della ferita

potatura corretta appena eseguita su una conifera

2 - Formazione del callo di cicatrizzazione su una ferita da potatura molto ampia = cicatrizzazione non avvenuta 3 - Conseguenze derivate dall’asporto di una grossa branca o ramo = cavità e carie

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La stessa conifera dopo due anni dalla potatura (anche le conifere si possono potare purché si operi in modo corretto)

Viceversa, i periodi sconsigliati sono proprio quello primaverile e quello autunnale-invernale; potando in autunno o in pieno inverno, le ferite da potatura saranno esposte per alcuni mesi, senza le difese naturali prodotte in modo veloce quando la pianta è in attività.

3.4. Le ferite da potatura A proposito delle ferite causate dalla potatura, esse divengono spesso fonte di danno irreparabile per le piante quando dalle stesse si avviano i processi di carie del legno oppure quando fungono da vie di penetrazione di patogeni molto aggressivi (caso tipico è il fungo Ceratocystis platani fimbriata, agente del cancro colorato del Platano). Platano: capitozzatura con ferite di grande ampiezza

Effetti di una potatura errata = riscoppi su Ippocastano

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Per limitare il più possibile questo tipo d’infezioni fungine, oltre a operare in maniera tecnicamente corretta i tagli, rispettando il collare d’inserzione al fusto o alle branche principali, oltre ad eseguire la potatura in epoca favorevole per l’immediata reazione difensiva della pianta, dobbiamo considerare l’ampiezza delle ferite, che varia in funzione delle dimensioni dei rami tagliati. Le ferite di piccola dimensione (ø 1-2 cm, fino a 6 cm) vengono rimarginate agevolmente, in una o due stagioni, attraverso la produzione del callo di cicatrizzazione e di nuova corteccia. Le ferite più ampie di ø 6-7 cm tendono a richiudersi dopo vari anni quando va bene, ma spesso la loro chiusura rimane parziale. Le ferite molto ampie (ø > 12-15 cm) sono destinate, salvo rari casi, a non rimarginare mai completamente, innescando fenomeni di carie profonda nel legno del fusto o delle grosse branche. Secondo quest’ultime considerazioni, si consiglia di non rinviare per troppo tempo le potature, soprattutto quando sono tecnicamente necessarie: un ramo quando raggiunge le dimensioni massime (ø 6 cm circa), oltre le quali la chiusura della ferita diviene più difficile, andrebbe potato al più presto. Questo esempio ci fa capire come una cura costante delle alberate sia il metodo migliore per preservarne la funzionalità. Nella realtà di tutti i giorni, purtroppo, per motivi culturali, organizzativi ed economici la gestione 41

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attenta e puntuale è poco praticata, mentre rimane molto diffusa quella degli interventi estemporanei - non inseriti in alcuna pianificazione e talvolta nemmeno tanto ragionati - con il risultato di agire sulle piante in notevole ritardo e in modo pesante, esponendole a stress e innescando in esse i già citati fenomeni degradativi a carico del legno strutturale, compromettendone la stabilità e la durata. Un ultimo cenno riguarda il trattamento delle ferite da potatura: l’impiego di mastici per ricoprire le ferite oggigiorno è vivamente sconsigliato, grazie alle numerose osservazioni che confermano un loro effetto negativo a lungo termine. Una buona pratica è la disinfezione delle Esempio di ferita ricoperta ferite, subito dopo la loro apertura, spruzzando da mastice: pratica da evitare su di esse dei prodotti rameici in soluzione acquosa. Per finire, un elemento importante - e ogni attento proprietario di alberi non dovrebbe rinunciare - è verificare la preparazione tecnica dei soggetti ai quali affida i lavori di potatura, affinché sia riscontrata l’esperienza necessaria per la corretta esecuzione. Ciò è valido non solo per la potatura, ma anche per qualsiasi altra operazione inerente con l’arboricoltura (dalla progettazione alla realizzazione dell’impianto e alle successive cure). Tra le varie cose da chiedere a un’impresa operante nell’arboricoltura ornamentale, ricordiamo quella di farsi elencare alcuni lavori significativi già realizzati, potendo così verificarne l’esecuzione; l’impresa inoltre può appartenere a un’associazione di categoria e questo elemento potrebbe essere una garanzia di preparazione professionale. È meglio diffidare delle persone che promettono soluzioni rapide e definitive, specie quando la complessità del caso richiede degli approfondimenti diagnostici e strumentali, poiché si spenderebbero dei soldi per niente e talvolta peggiorando le cose.

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4. LA GESTIONE DEGLI ALBERI GIOVANI 4.1. Definizione di alberi giovani e le potature di formazione Quando parliamo di alberi giovani possiamo intendere quelli che si trovano nell’intervallo di tempo che va dall’attecchimento completo e segue il trapianto fino allo stadio sub-adulto, cioè quando l’accrescimento annuale viene progressivamente a ridursi per poi stabilizzarsi in una crescita più lenta e regolare, tipica dell’albero adulto. Questo periodo può variare in funzione della specie, della sua longevità e della rapidità di sviluppo. Una Quercia e un Pioppo, per esempio, hanno ritmi di crescita e longevità differenti, da cui deriva una diversa durata dello stadio giovanile. In ogni caso, per praticità, possiamo mediamente considerare come tale un periodo di circa 20 anni dal momento del trapianto. Le potature da eseguirsi sugli alberi giovani, come già accennato nel capitolo 3, sono finalizzate a predisporre, cioè a formare, la futura pianta adulta. Esse sono volte a dare una buona conformazione strutturale all’albero: adeguata altezza d’inserimento della chioma sul fusto, adeguata distribuzione spaziale delle branche primarie sul fusto e loro corretto inserimento sullo stesso, soppressione di doppie cime o fusti codominanti. Queste operazioni di potatura impostano la giovane pianta verso la sua forma definitiva, che sarà mantenuta nell’età adulta, evitando così di intervenire, troppo in là nel tempo, con interventi drastici e penalizzanti per la sua integrità sanitaria, fisiologica ed estetica.

4.2. Irrigazione, sfalci e concimazioni Nei primi anni dopo il trapianto e l’attecchimento degli alberi, di norma le cure principali possono riassumersi in irrigazioni, sfalci dell’erba (quando non c’è pacciamatura) concimazioni e difesa fitosanitaria (solo se strettamente necessaria!). L’irrigazione, in particolare, assume estrema rilevanza fin dal trapianto, dato che le radici dell’albero sono confinate entro la zolla originaria e il processo di espansione dell’apparato radicale nel nuovo terreno circostante deve ancora avvenire. Proprio per questo bisogna porre la massima attenzione a non portare a stress idrico le piante in via di attecchimento, garantendo il necessario apporto prima del manifestarsi dei classici sintomi di sofferenza (appassimento e avvizzimento fogliare). Questo è assolutamente d’obbligo durante la prima stagione vegetativa, nel post trapian43

Piante in sofferenza |

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to, ma assume enorme importanza anche nelle stagioni seguenti, fino a quando l’albero non abbia espanso e sviluppato a sufficienza l’apparato radicale. Nell’albero già ben sviluppato e avviato verso l’età adulta, le irrigazioni di soccorso sono necessarie in occasione di eventi siccitosi di una certa intensità, commisurate alle caratteristiche e agli adattamenti delle diverse specie arboree (igrofilia o xerofilia) e alla natura fisica del terreno (drenante o con buona capacità idrica), anche perché non sempre troviamo alberi della specie più adatta per vivere nell’ambiente dove sono stati posti. Per quanto riguarda lo sfalcio dell’erba nell’area sottochioma, esso assume molta importanza negli alberi giovani, poiché le erbe sono in grado di esercitare una certa concorrenza nell’assorbimento dell’acqua e dei nutrienti contenuti nel terreno. Un giovane albero, appena trapiantato, se rimane circondato da erbe di vario tipo (si può avere un tappeto erboso contenuto, ma spesso capita di vedere erbe infestanti di grande sviluppo) si vede sottrarre buona parte degli elementi vitali di cui ha bisogno. Il contenimento delle erbe deve essere costante, oppure si può prevedere la pacciamatura di un’area circolare con un’ampiezza proporzionata allo sviluppo della pianta. La pacciamatura, normalmente eseguita con materiale organico a lenta decomposizione (cortecce, fogliame, fibre vegetali) o con materiale inerte (ghiaia, pomice), ha lo scopo di impedire o contenere lo sviluppo delle erbe, di accumulare uno strato di humus superficiale e quindi garantire una maggiore disponibilità idrica all’albero. Danni da decespugliatore Nel caso di controllo delle erbe mediante lo sfalsu Pino domestico cio, particolare attenzione va posta quando si opera in prossimità del colletto della pianta (è frequente la scortecciatura, quasi sempre involontaria, dovuta all’uso del decespugliatore con filo di plastica). Anche le radici affioranti dal terreno, tipiche di piante già ben sviluppate, possono essere danneggiate dallo sfalcio con la macchina rasaerba o con il decespugliatore, quando l’altezza di taglio è molto bassa. Scavi in prossimità dell’apparato radicale

Danni alla parte basale del tronco

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| Pacciamatura di un’aiuola

La scortecciatura e l’asportazione di tessuti vivi però può favorire l’ingresso di vari agenti patogeni ai quali l’albero non è sempre in grado di rispondere efficacemente. Pertanto, la prevenzione consiste nel porre la massima attenzione nell’esecuzione delle operazioni di sfalcio e in qualsiasi altro intervento: meglio evitare le ferite inutili! Per quanto attiene le concimazioni, le piante arboree non hanno le stesse esigenze di concimazione di quelle erbacee; la concimazione, se intesa come quella praticata nell’orto di casa o in un’aiuola fiorita, è controproducente per gli alberi. L’azoto, in particolare, è da evitare poichè stimola eccessivamente il rigoglio vegetativo, inducendo una crescita rapida a scapito della solidità meccanica e della resistenza alle avversità (gelo, vento, parassiti e patogeni). Le concimazioni, aumentando la concentrazione di nutrienti nel terreno, espongono maggiormente le piante allo stress idrico. Di norma la concimazione eseguita all’atto del trapianto, con concimi a lenta cessione, è in grado di garantire all’albero, per i primi anni, gli elementi necessari; in seguito la pianta trova da sola le sostanze nutritive disponibili nel terreno, creando col tempo un proprio equilibrio di crescita.

4.3. La difesa fitosanitaria La difesa fitosanitaria dei giovani alberi varia in funzione di alcuni fattori: specie arborea, andamento climatico stagionale (piovosità, temperature, ecc...), situazioni predisponenti dati dall’ambiente urbano, ecc.... Quindi i trattamenti con prodotti fitosanitari sono da eseguirsi soltanto nei casi di malattie che minaccino gravemente la salute dell’albero oppure di infestazioni di parassiti che determinino - come effetto secondario - un evidente impatto sulle attività umane (gran numero d’insetti che si 45

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| Processionaria del Pino

| Cameraria dell’Ippocastano

spostano ben oltre le piante, imbrattamento dovuto alle emissioni di melata dalle piante) oppure un pericolo per la salute umana (processionaria del pino). Non devono invece destare allarme le manifestazioni, come ad esempio maculature o lievi decolorazioni fogliari, tipiche di molte malattie della chioma, poiché non sempre rappresentano una minaccia per la salute delle piante. In ogni caso, prima di decidere cosa fare, è bene consultare un tecnico preparato in malattie delle piante, essendo la materia molto complessa e considerando la continua evoluzione della legislazione regolante l’impiego dei principi attivi contenuti nei prodotti fitosanitari. Ricordiamo, infine, tra le pratiche a ridottissimo impatto ambientale - particolarmente indicate in ambiente urbano - l’impiego dell’endoterapia, cioè la tecnica basata sull’iniezione diretta nel tronco dei prodotti fitosanitari. Dalla sua prima diffusione in Italia - risalente a circa un ventennio fa - ad oggi, le varie tecniche di endoterapia si sono progressivamente evolute, soprattutto con lo scopo di ridurre i problemi legati all’invasività del metodo stesso (i fori praticati nel fusto, le pressioni esercitate nei vasi xilematici, ecc...). Essa rimane sempre una risorsa irrinunciabile per tutti quei casi in cui vi sia l’impossibilità di eseguire i trattamenti fitosanitari convenzionali, quelli cioè tramite aspersione sulla chioma con macchine irroratrici. L’endoterapia dev’essere esclusivamente impiegata in situazioni particolari e comunque dopo presa visione da personale specializzato.

5. GLI ALBERI ADULTI 5.1. Interventi mirati e solo se necessari (abbandoniamo certe errate prassi e convinzioni) Quando l’albero raggiunge l’età adulta è un organismo che continua un suo lento sviluppo all’interno di un equilibrio molto preciso basato sul rapporto fra energia prodotta dalla fotosintesi clorofilliana, disponibilità di nutrienti salini e acqua proveniente dalle radici, disponibilità di riserve accantonate durante la stagione vegetativa. L’albero regola la sua sopravvivenza dentro questi parametri e ne modifica le singole parti, in funzione dell’andamento climatico e di altri eventi ambientali, limitando o ampliando l’emissione di rami, foglie, fiori, frutti e crescita dell’apparato radicale, ricercando sempre quell’equilibrio dei vari fattori che gli consentirà il proseguimento della propria esistenza in quel luogo. Appare subito evidente che ogni fatto e/o evento che vada a toccare uno degli elementi dell’equilibrio, impone all’organismo di reagire per contrastare l’effetto prodotto sull’armonia generale. Una concimazione eccessiva, di alcuni componenti, ne stimolerà artificiosamente la reazione inducendolo, per esempio, a produrre una quantità di foglie Bagolaro |

| Mal bianco su Acero

BITE, recentemente brevettato dall’Università di Padova, è uno strumento endoterapico manuale che permette la somministrazione di liquidi senza ricorrere alla produzione di fori, i quali spesso sono all’origine di successive infezioni da parte di microrganismi responsabili di marcescenze interne e della conseguente perdita di stabilità dell’albero stesso.

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superiore a quella che potrebbe essere sostenuta dall’apparato radicale, richiedendo una maggiore quantità d’acqua all’apparato radicale e al suolo che non sarebbero in grado di fornire. È anche da sfatare l’idea che dopo le operazioni di potatura, oppure al fine di recuperare un albero adulto, scarsamente vitale, basti concimare: non è quasi mai vero. Intanto è difficile che il concime raggiunga efficacemente l’apparato radicale di un albero adulto ed inoltre, poiché di norma l’apparato radicale di un albero adulto si è esteso in funzione dell’equilibrio già più sopra ricordato, se manifesta sintomi di carenze nutrizionali ciò evidenzia l’incapacità del suo apparato radicale di raccogliere dal terreno ciò che gli sarebbe necessario; quindi, anche fornendogli nutrimento attraverso il concime, l’albero non sarà in grado di assorbirlo. Una potatura mal eseguita o eccessiva stimolerà l’albero a ripristinare la quantità di rami e foglie presenti prima dell’operazione, con un consumo eccessivo di riserve e quindi squilibrando la corretta funzionalità dell’apparato radicale e del sistema di difesa, inoltre compromettendone definitivamente la forma ideale. Gli interventi di potatura, qualora ritenuti improrogabili, devono essere attentamente valutati in funzione delle dimensioni raggiunte dall’albero e comunque eseguiti mantenendo la forma ideale per la specie (unica eccezione gli alberi potati fin da giovani in “forma obbligata”); inoltre è da evitare il taglio di grosse branche al fine di ridurne, con un’unica operazione, le dimensioni. Un albero adulto è quindi un organismo che, in quel luogo e in quelle condizioni, ha raggiunto e mantenuto, per un lungo periodo, un suo intrinseco equilibrio fra energie disponibili per la crescita e l’energia utilizzata per sopravvivere (costituzione delle riserve); in quell’ambiente ha esteso l’apparato radicale secondo le proprie dimensioni della chioma e la fertilità del terreno; risulta evidente che qualsiasi intervento che muti uno o più di questi parametri lo può mettere in condizioni di “stress”.

e in questa occasione si procede a tagli eccessivi sia nella quantità che nella qualità (intensi tagli della chioma, tagli di grosse branche, capitozzi). Con tali operazioni scriteriate s’introduce una situazione di forte squilibrio fisiologico dal quale la pianta può riprendersi oppure entrare in una fase di lenta degradazione, che vede la comparsa di ricacci e di rami epicormici (a bassa resistenza meccanica) che spesso si seccano e cadono dopo aver raggiunto velocemente una discreta dimensione; inoltre possono insediarsi, nelle grosse ferite di potatura, funghi di carie che degradano il legno, provocando spesso delle cavità o dei disseccamenti distali su grossi rami. Gli interventi su piante adulte vanno attentamente studiati, limitati e graduati nel tempo (in più stagioni) dando alla pianta il tempo, dopo ogni intervento, di ristabilire un nuovo equilibrio.

Esempi di potature scorrette e devastanti

5.2. Come rovinare un patrimonio: le potature distruttive Sugli alberi adulti sono continuamente attuati interventi che potremmo definire distruttivi. Ciò di norma avviene perché, anziché intervenire con gradualità nel corso delle stagioni, si è procrastinato ogni intervento di regolazione della chioma fino al momento in cui è divenuto assolutamente necessario (invasività dei rami, occlusione di foglie nelle caditoie, timore di schianti di grosse branche) Tentativo di mettere al riparo la coscienza potatura distruttiva

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6. GLI ALBERI VETUSTI

6.2. La gestione degli alberi vetusti

6.1. Differenza tra albero adulto e vetusto Per stabilire la differenza fra un albero adulto e uno vetusto è necessario conoscere alcune caratteristiche distintive delle due condizioni. Innanzitutto si deve tener conto del fatto che ogni specie arborea ha una sua fase temporale entro la quale nasce, cresce, deperisce e muore; per esempio i Pioppi iniziano generalmente a deperire dopo 80/100 anni, molte Querce superano agevolmente i 200 anni ed alcuni esemplari si spingono molto oltre, alcune Cupressacee possono facilmente superare i 500 anni; ovviamente, per quanto riguarda l’età massima, si tratta di esemplari che hanno trovato un ambiente a loro favorevole e non hanno subito particolari azioni di disturbo. Un’altra caratteristica distintiva riguarda l’emissione dei nuovi rami: negli esemplari giovani avremo la comparsa di germogli con crescita rigogliosa e che si allungano fortemente durante la stagione, creando internodi (distanza fra gemme nello stesso ramo) molto distanziati (secondo la specie); durante la fase adulta tale fenomeno raggiunge un suo equilibrio e per molti anni non si vedranno cambiamenti significativi, si stabilizzerà il rigoglio delle gemme e la distanza degli internodi si manterrà pressoché costante. Nella stagione della vetustà si potrà notare una certa diminuzione del rigoglio delle gemme, un accorciarsi degli internodi (i rametti non si allungano più come in precedenza) e se tali fenomeni vengono accompagnati anche da una diminuzione della dimensione delle foglie (microfillia) si è in presenza dei sintomi di vetustà.

In funzione dell’intensità dei fenomeni descritti si può stabilire se si è di fronte o meno a un fenomeno di deperimento reversibile o irreversibile, quindi stabilire se valga la pena di programmare degli interventi di mantenimento delle condizioni vitali o provvedere all’espianto e sostituzione. Poiché gli interventi su alberi vetusti implicano operazioni spesso molteplici e tecnicamente impegnative (ricostruzione sommaria della storia dell’esemplare, indagine fitopatologica, eventuale risanamento di cavità, messa in sicurezza statica, concimazioni mirate mediante pali iniettori, potature molto accurate, ecc…) è logico che siano effettuati su piante di un certo pregio sia per la specie rappresentata, sia per il valore storico o paesaggistico e talora per ragioni affettive. In generale su vecchi alberi, non ancora giunti in fasi di deperimento, gli interventi saranno limitati alla pulizia dei seccumi (rami secchi), al mantenimento in buona salute della chioma e dell’apparato radicale, a potature molto accorte e limitate sulla quantità di verde asportato, a eventuali apporti di concimi con formulazione completa di microelementi in dosi limitate ma che raggiungano efficacemente l’apparato radicale laddove possibile.

| Esempio di analisi su albero vetusto

Quercia plurisecolare Lignano Sabbiadoro (Udine)

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7. GLI ESEMPLARI MONUMENTALI 7.1 Definizione di esemplare monumentale Un esemplare arboreo raggiunge lo status di albero monumentale quando risponde ad alcune caratteristiche precise: appartenente a specie pregiata, dimensioni raggiunte, età documentata e qualità del sito (archeologico, storico, paesaggistico). In termini giuridici, la definizione dettagliata di albero monumentale è contenuta nel nell’articolo 7 della Legge 14 gennaio 2013, n°10, “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”.” approvato dal Senato il 21 dicembre 2012.

8.2. La qualità del materiale vegetale Il secondo errore più frequente riguarda la qualità delle piante da mettere a dimora: molto frequentemente esse sono scelte in funzione di aspettative esclusivamente estetiche ed inoltre non vengono scelte previo un controllo in vivaio delle condizioni dell’esemplare determinate dalle potature di formazione e di allevamento; in sostanza manca la verifica sulla presenza di errori fatti in vivaio inerenti alla loro formazione giovanile (potature tardive con innalzamento artificioso dei palchi, ferite da potatura non rimarginate, difetti di forma come per esempio la formazione di tronchi secondari, doppi germogli apicali, palchi asimmetrici, ferite sul tronco con evidenza del legno, ecc…).

7.2. Tecniche di gestione Sugli alberi definiti monumentali le operazioni di manutenzione divengono ancora più delicate ma solitamente si limitano, e debbono limitarsi, al controllo sulla presenza di parassiti o di infezioni fungine, al mantenimento delle condizioni ideali per la pianta rispetto all’insolazione, alla compattazione del terreno, all’apporto d’acqua, alla protezione da urti (danni meccanici) di qualsiasi tipo su parti del colletto e del tronco. Le potature saranno particolarmente limitate all’asportazione del secco e solo se strettamente necessario saranno eliminate piccole porzioni di chioma (rami dominati o deperienti), interventi più importanti solo se richiesti da ragioni di sicurezza statica (branche la cui proiezione ricade su percorsi frequentati da persone o che mettono a rischio pregiati manufatti).

Verde = esempio di albero proporzionato Rosso = esempi di alberi con difetti

8. GLI ERRORI DI GESTIONE PIÙ FREQUENTI 8.1. Lo spazio disponibile e la scelta della specie Il primo errore avviene al momento dell’impianto quando sono scelte delle essenze inadatte al sito (per le dimensioni raggiungibili a maturità) o inadatte per la tipologia del terreno e le condizioni dell’ambiente (ombreggiamento da fabbricati, coperture di asfalti o cementi che limitano l’apporto idrico, impossibilità di fornire alla pianta un’aiuola di dimensioni compatibili con le esigenze della specie). Questo errore può essere evitato solo ponendo molta attenzione al momento della progettazione del nuovo impianto o dell’impianto sostitutivo di uno già esistente; si dovranno scegliere le essenze in funzione degli spazi realmente disponibili nella loro maturità e prevedere per esse un sistema d’irrigazione di soccorso. Questa parte della progettazione dovrebbe essere sempre affidata a un arboricoltore che collabori strettamente con chi è deputato ai lavori edili. 52

Albero proporzionato

Albero non proporzionato filato

Prevalenze laterali Sviluppo eccessivo dei rami dell’anno

Albero non proporzionato astone filante

Sviluppo eccessivo dei rami dell’anno (succhioni). Forte presenza di calli e ricacci sul tronco (probabile sintomo di eccessi di concimazione o di assenza di trapianti)

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Diverse punte prevalenza di rami laterali Rametti a mazzo Ripresa laterale del fusto “a pipa”

Sviluppo asimmetrico Tronco storto Prevalenza di rami laterali

Doppia punta Vegetazione scarsa sui rametti dell’ultimo anno

Prevalenza di rami laterali dal punto innesto Perdita dell’asse centrale

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Esempio di fusti codominanti: la corteccia che rimane inclusa tra i fusti, per un lungo tratto, determina una struttura meccanicamente poco resistente soggetta a rottura

8.3. Prelievo, trapianto e caratteristiche del terreno Il terzo errore riguarda il prelievo della pianta in vivaio e la sua posa nel luogo di trapianto. Nel momento in cui si estirpa un esemplare arboreo, si perde una quantità più o meno elevata di radici (comunque sempre elevata per la fisiologia dell’albero), si deduce quindi che è un’operazione da commisurare alle dimensioni raggiunte dal soggetto e da attuare con una grande attenzione per poter conservare una “zolla” - contenente parte dell’apparato radicale che dovrà riformarsi - di dimensioni sufficienti e formata in modo da contenere delle radici di una certa dimensione, tagliate, rifilate e possibilmente disinfettate sui tagli principali. Per evitare questi errori sarà opportuno controllarne l’esecuzione. Le zolle sono poi racchiuse in sacchi di juta, reti plastiche o di metallo, in ogni caso tali protezioni andranno tolte al momento della posa nella buca d’impianto.

Scavi in prossimità dell’apparato radicale

Apparto radicale: zona del colletto e cordoni principali

Il quarto errore è di norma commesso al momento del trapianto e consiste nel non considerare le esigenze del soggetto arboreo: esso è stato prelevato da un determinato luogo avente determinate caratteristiche del terreno (spesso sabbioso e/o sciolto) e poi posto a dimora in altro luogo con terreno decisamente diverso (argilloso e pesante, ghiaioso, povero di humus). Di solito si pensa di ovviare la cosa ponendo nella buca una gran quantità di sostanza organica (torba, stallatico, compost, concime di fondo, ecc…), nulla di più falso; è necessario invece mescolare un’alta quantità di terreno originato dalla buca e mescolarlo con una bassa quantità di sostanza organica ed una bassissima quantità di concime. Ciò consentirà all’albero di diffondere al massimo, anche oltre le pareti della buca, il suo apparato radicale mentre, al contrario, se adottata la prima soluzione esso tenderà a sviluppare le radici solo all’interno delle pareti della buca dove trova più facilmente i principi nutritivi, producendo nel corso del tempo un affastellamento delle radici al quale faranno seguito facili marciumi radicali con conseguente deperimento del soggetto. Lo stato del terreno in cui è posto a dimora un albero, al di là delle esigenze specifiche e vincolanti di alcune essenze, deve innanzitutto soddisfare alcune condizioni come non essere eccessivamente compattato, essere di buona permeabilità all’acqua (non produrre ristagni) e avere una discreta fertilità.

8.4 Malattie, parassiti e loro controllo Per quanto riguarda eventuali malattie parassitarie, fungine o da insetti, una pianta in vivaio di norma non ne risente se non in caso di patogeni sfuggiti al conduttore, poiché in vivaio i trattamenti fitosanitari possono essere eseguiti con una certa efficacia e tempestività. Un altro discorso è quando le piante sono inserite nel luogo d’impianto definitivo: esse si trovano in un ambiente molto semplificato e favorevole allo svilupparsi di malattie specifiche, facilitate dal fatto che in un ambiente semplificato un patogeno non trova concorrenti o avversari biologici. In ambiente urbano infine sono molto frequenti le malattie indotte da condizioni di stress (eccessivo calore da riflesso di superfici e/o scarsa aerazione, aridità, infertilità del suolo, compattamento da calpestio o transito di veicoli), da urti per vandalismo o accidentali, dalla presenza temporanea d’inquinanti nell’aria o versati nel suolo. Tutte queste situazioni vanno attentamente valutate da esperti che potranno anche determinare i modi con i quali porre possibilmente rimedio al danno. Effetti-conseguenze dei danni fatti sulla parte basale del tronco

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Oggi sono a disposizione diverse tecniche utilizzabili in ambito urbano per combattere funghi ed insetti dannosi per le piante, senza produrre inquinamento, disturbo e/o danni alle persone (trattamenti antiparassitari per iniezione sia al tronco che eventualmente al terreno per aerazione e concimazione). Da far notare che i più frequenti problemi parassitari sono determinati da potature errate o da urti contro i tronchi da parte di mezzi meccanici o da operazioni di taglio dell’erba. I danni prodotti da tali operazioni consistono principalmente nell’apertura di ferite che possono scoprire il legno sottostante alla corteccia e quindi, in tali situazioni, possono trovare facile accesso i funghi degradatori del legno con conseguente innesco della “carie”.

8.5. Potature errate Il quinto errore, ultimo sì ma non per importanza, è commesso con le frequenti potature eseguite in funzione delle “esigenze” del proprietario e non del soggetto arboreo. Va sottolineato che un albero, in condizioni ottimali di crescita, regola la sua forma in funzione di precise necessità fisiologiche (rapporto fra quantità di energia prodotta dalle foglie e quantità di energia accantonata nelle riserve) e non ha mai bisogno di potatura; come affermato dal prof. Shigo: “Un albero resta vitale finché la produzione di nuovi tessuti in nuove posizioni supera il decadimento dei tessuti invecchiati”. Ogni eccessiva o errata asportazione di materiale costringe il soggetto arboreo a “rivedere” sia la produzione del nuovo apparato generatore di energia, sia la quantità di energia da accantonare nelle riserve. Diviene così facilmente comprensibile come interventi attuati su alberi adulti, solo perché il loro sviluppo inizia ad interferire con esigenze riguardanti gli spazi da loro occupati, arrivino normalmente fuori tempo massimo e, per recuperare gli spazi, si arrivi a danneggiare fortemente il soggetto arboreo con potature eccessive e/o sbagliate. Sarebbe stato molto meglio intervenire nelle annate precedenti, regolando con accuratezza e gradualità lo sviluppo dell’albero, mantenendolo in buona salute e senza danneggiarlo. Quindi la potatura non va mai eseguita con l’unico fine di ridurre drasticamente la dimensione raggiunta dall’esemplare arboreo, ma con lo scopo di condurre l’albero ad un suo proprio sviluppo regolare, mantenendone il più possibile l’equilibrio fisiologico. Avremo così delle potature apparentemente limitate nelle dimensioni (non si dovrebbe mai asportare una quantità superiore al 30% della massa verde) ma che garantiranno il contenimento della crescita e il suo sviluppo equilibrato nello svolgersi degli anni. Se invece vogliamo “stimolare” lo sviluppo di un’alberatura, sia in altezza che in larghezza, possiamo eseguire una potatura di sfoltimento della chioma; tale operazione permette anche di alleggerire ed “arieggiare” la pianta. 56

Esempio di potatura scorretta eseguita in ritardo (rami troppo grossi) e senza il rispetto del collare

Si consiglia di associare a questo tipo d’intervento una potatura di contenimento per favorire la crescita della chioma in direzione del tronco. Vediamo ora, succintamente, le cose che si possono fare e quelle che non si devono fare nelle potature. Quando è necessario potare un albero è doveroso chiedersi, prima di tutto, qual è l’epoca più adatta per eseguire tale operazione, evidenziando che le potature, influendo sull’equilibrio fisiologico, possono dare risposte diverse in base all’epoca in cui si effettuano, alcuni esempi possono far comprendere meglio la cosa. Potature effettuate nel periodo di riposo della pianta (autunno dopo la caduta delle foglie) stimoleranno l’emissione di molti nuovi germogli e una ricrescita tendente a recuperare l’apparato fogliare eliminato; le potature eseguite durante il periodo vegetativo, sul verde come si dice in gergo, ridurranno la chioma senza stimolare eccessivamente l’emissione di nuovi rami (dovrebbero comunque essere eseguite oltre la fine di giugno e fino alla prima decade di agosto nella nostra area). Da sottolineare che tagli di una certa dimensione cicatrizzano con difficoltà se eseguiti in periodo autunno-vernino, al contrario, invece, dei tagli eseguiti sul verde. I tagli di una certa dimensione vanno eseguiti lasciando intatto il cosiddetto collare senza lasciare monconi, rispettando la regola del taglio di ritorno (vedasi foto capitolo 3), evitando di rifilare il taglio a raso sul tronco o sulla branca e conservando il più possibile la “forma di specie” dell’albero. È necessario comprendere molto bene che l’albero (di qualsiasi specie) crea nel tempo una gerarchia delle sue gemme, che costituiscono il suo patrimonio futuro di sviluppo; l’intervento di potatura, se mal eseguito, sconvolge tale gerarchia ed il soggetto arboreo reagirà tentando di ripristinare una nuova gerarchia. Tagliare un apice vegetativo fa si che, tolte le gemme cosiddette dominanti, l’organismo vegetale cerchi una nuova dominanza facendo sviluppare gemme sottostanti alle dominanti eliminate, ricercando fra di esse una nuova dominanza, al fine di recuperare la sua “forma di specie” e nel fare ciò viene “costretto” ad adattarsi ad una nuova forma con grande dispendio di energia. Ecco che si comprende come la potatura debba essere l’arte di “condurre, cor57

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rettamente per l’albero, il percorso della linfa dalle radici alle foglie e viceversa dalle foglie alle radici”. Attraverso le figure schematiche, qui accanto, possiamo ora vedere le cose che si possono fare e quelle che non si devono fare nell’eseguire le potature.

induce a reagire fortemente con l’emissione di rami epicormici (solitamente poco resistenti e vitali) inducendo il germogliare confuso delle gemme dormienti alla ricerca di una nuova gerarchia delle stesse, essendo stata distrutta quella che l’albero manteneva prima dell’intervento di capitozzatura. Si tratta di un intervento sempre effettuato sugli alberi adulti che, al contrario, potrebbero sopportare solo delle potature molto limitate. La situazione di squilibrio (stress) così creata espone l’albero aad agenti fungini di degradazione del legno o a quelli che attaccano l’apparato radicale, anch’esso indebolito dalle condizioni indotte dall’operazione di esagerata potatura. Sotto: esempi di potature distruttive. A destra: effetto di un capitozzo e del conseguente attacco fungino su un Tiglio

9. LA CAPITOZZATURA: UN INTERVENTO DA BANDIRE | Esempio di capitozzatura

9.1. Come rovinare un albero e provocarne il declino La capitozzatura consiste nel taglio eseguito sul cimale di un albero, di grossi rami o addirittura di cime di tronchi secondari, al fine di abbassare l’altezza dell’esemplare arboreo o di diminuirne una presunta pericolosità statica rispetto al vento o per indurlo ad emettere fogliame nelle parti più basse della chioma. Questa operazione è distruttiva nei confronti dell’integrità del soggetto arboreo per tutta una serie di motivi riguardanti la fisiologia dell’albero, la sua struttura, la sua resistenza agli attacchi da parte di patogeni; inoltre si riduce fortemente la capacità vitale dell’albero poiché lo si 58

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Effetti della capitozzatura |

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10. GLI ALBERI PERICOLOSI Prima di parlare di alberi pericolosi può essere utile cercare di capire la differenza tra pericolo e rischio. Un albero può essere pericoloso se ha difetti significativamente correlati al cedimento; se una persona passa in prossimità di un albero quando si verifica l’evento pericoloso (cedimento), rischia di farsi male. Il pericolo è tanto maggiore quanto più l’albero è difettato. Il rischio è tanto maggiore quanto è maggiore la probabilità che si verifichi un evento dannoso a cose o persone.

10.1. I diversi tipi di rischio La pericolosità di un albero può derivare da molti fattori che riassumiamo di seguito. A) Caduta di rami e/o branche secche. Durante la crescita un soggetto arboreo tende autonomamente ad eliminare, con l’autopotatura (smettendo di fornire nutrimento) rami e branche che rimangono in zone d’ombra poiché dominate da altre strutture superiori; si tratta di un fenomeno naturale che, qualora divenisse importante per la sicurezza di fabbricati o di persone frequentanti l’area, andrebbe prevenuto mediante una accorta potatura di selezione dei rami vitali e non dominati. B) Caduta di branche di notevole dimensione, con schianti improvvisi. Il termine schianto è spesso usato in modo diversi ed è poco chiaro anche se molto espressivo. In fisica si parla, genericamente di cedimenti e, per quanto riguarda gli alberi, questi possono essere suddivisi in ribaltamento della zolla (ma anche slittamento o scivolamento a seconda della forma di cedimento che si verifica) ed in rottura del tronco o dei rami. Tale fatto si determina solitamente a causa di intensi eventi meteorici; in tali casi la sollecitazione indotta può essere talmente forte da superare la resistenza meccanica del legno. Zelkova di Latisana: schianto dell’intera pianta

Zelkova di Latisana: il responsabile

Sebbene gli eventi meteorici eccezionali non possano essere prevedibili facilmente e per loro natura sfuggano alla possibilità di predisporre azioni preventive efficaci, si deve osservare che molto spesso i cedimenti sono comunque dovuti a difetti più o meno ben visibili come la presenza di cavità, decolorazioni della corteccia con legno morto sottostante, carpofori fungini appartenenti a funghi agenti di carie del legno; se questa situazione si presenta, sorge la necessità di un intervento (dopo verifica tecnica specialistica) per eliminare la struttura colpita da tali fenomeni. C) Schianto dell’albero intero o (rottura parziale del tronco). Una tale drammatica evenienza accade quando esistono, in concomitanza, alcune condizioni: grave degradazione dell’apparato radicale e ancoraggio dello stesso insufficiente (scarsità di terreno a disposizione rispetto alle dimensioni della pianta, terreno non adatto all’apparato radicale, formazione irregolare dell’apparato radicale a causa di un cattivo impianto o sopravvenienza di condizioni avverse).

10.2. Possibili cause di schianto o rotture L’albero può essere paragonato ad una barca a vela dove lo scafo è l’apparato radicale e la vela è l’intera chioma; se la vela subisce un forte vento lei si adatta piegandosi ma invia una gran parte della forza subita, attraverso il tronco, a tutto l’apparato radicale e lo “scafo” può rollare un po’ ma può anche rovesciarsi e come si dice in gergo marinaro far “scuffiare” l’intera struttura. Il paragone nautico è il modo più diretto per far capire quanto un albero sia una struttura altamente organizzata che di fronte ad una sollecitazione (vento) cerca di dissiparla al suo interno e scaricarla sul terreno. Tutti i tipi di cedimento sono sempre e comunque un fatto esclusivamente meccanico. Il tronco o i rami si rompono o la zolla si ribalta quando la sollecitazione determinata dai carichi relativi al peso proprio, all’eccentricità, ai carichi aggiuntivi come vento, neve, supera la capacità di resistenza del tessuto legnoso nella sezione considerata. Questo fenomeno può verificarsi sia in alberi privi di difetti strutturali, allorquando i carichi che l’albero o una sua parte subisce sono estremamente consistenti (come nel caso di venti molto intensi o di una nevicata considerevole) che, molto più frequentemente, in albero o loro parti che presentano dei difetti strutturali significativi o hanno subito un’azione di degradazione del tessuto legnoso ad opera di agenti di carie.

Claudio e la Zelkova di Latisana: evitiamo di perdere la nostra storia

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| Carie sulla parte basale del fusto

Fungo a mensola (Ganoderma applanatum) alla base del tronco

La carie può insorgere in vari modi: a seguito di una ferita che ha distrutto la corteccia, esponendo i tessuti legnosi sottostanti poi infettati dalle spore di un fungo agente di carie, oppure attraverso infezioni verificatesi entro piccole discontinuità (fessure da spacco per crescita o per gelo) della corteccia, o direttamente attraverso infezioni nella zona, molto delicata, del colletto e dei cordoni radicali. Le carie spesso si manifestano con la presenza di carpofori fungini emergenti dalla corteccia e molto ben visibili; la loro presenza, in modo particolare quelli di alcune specie, segnala che il fenomeno ha raggiunto il culmine del suo sviluppo e i danni arrecati alla parte di legno colpita sono già di notevole entità e possono essere tali da compromettere seriamente la stabilità dell’albero, che pertanto deve essere considerato a rischio di cedimento.

| Carpoforo (Poliporus squamosus)

10.3. Metodi di valutazione della pericolosità Le valutazioni sulla reale pericolosità di un albero sono complesse e richiedono una considerevole preparazione tecnica; un albero sano, senza la presenza dei fenomeni precedentemente illustrati, che vegeta in un terreno profondo e fertile ed in uno spazio sufficiente per il suo sviluppo, non è mai pericoloso solo per l’altezza raggiunta e perché oscilla fortemente ad ogni refolo di vento! La sua struttura si è evoluta proprio per resistere “piegandosi” alla forza del vento, quindi valutare la sua reale pericolosità diviene un fatto tecnico che oggi si avvale di strumenti molto avanzati di analisi delle sue reali condizioni (TAC sonica, Resistograph, Radix, inclinometri, estensimetri ed accelerometri, Resistori di trazione, ecc…) e questi strumenti vengono usati di norma solo dopo che l’albero è stato valutato da esperti attraverso la tecnica VTA (Visual Tree Assessment). La valutazione VTA, attraverso la raccolta di osservazioni codificate, è in grado di valutare le condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità strutturale di un albero, reali condizioni di una pianta, osservando e raccogliendo tutte le informazioni inerenti all’area d’impianto, all’apparato radicale, al tronco e alle branche, all’apparato fogliare, nonché quelle riguardanti la presenza di patogeni fungini o fenomeni di carie. Tutti i dati raccolti consentono poi di classificare le piante sulla base della propensione al cedimento (ex FRC) elaborate dalla S.I.A. Onlus.

Carpoforo fungino (Laetiporus sulphureus) sul fusto

Carpofori (Schizophyllum commune) lungo il tronco

In questa foto : corrispondenza fra la sezione del tronco e il grafico A sinistra: indagine strumentale con tomografo

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11. EMERGENZE FITOSANITARIE Tra le emergenze fitosanitarie che interessano il verde arboreo ornamentale, segnaliamo quelle più temute, per il loro notevole impatto e per la non remota possibilità di una loro accidentale introduzione nel nostro territorio, quando non già presenti. Ricordiamo perciò al lettore che, qualora dovesse imbattersi in sintomi simili a quelli delle malattie qui sotto riportate o manifestazioni di non facile interpretazione, è importante segnalare il caso al Servizio fitosanitario regionale dell’ERSA.

11.1. Cancro colorato del platano

| Anoplophora - ovoposizione

Il cancro colorato del platano è una malattia mortale già molto diffusa in provincia di Pordenone e in quelle limitrofe; colpisce solo il platano e nessun’altra specie arborea. Non vale la pena di soffermarsi sul ciclo biologico del fungo (Ceratocystis platani), agente della malattia, mentre è importante ricordare che la sua diffusione è operata involontariamente soprattutto dall’uomo. Qualsiasi tipo di trauma o lesione esterna subita dalla pianta di platano, mediante l’asporto della corteccia e mettendone a nudo il legno, è una potenziale via di penetrazione per il fungo. Le potature sono un potente mezzo di diffusione della malattia, soprattutto quando si passa da una pianta malata a un’altra sana senza la disinfezione degli attrezzi da taglio. Anche i traumi diversi dalle potature sono degli efficaci diffusori della malattia: gli sfalci dell’erba sulle banchine stradali, attuati con testate trincianti portate dal trattore e azionate da braccio idraulico, ne sono un esempio poiché molto spesso l’attrezzo sbatte contro il colletto delle piante ferendole leggermente. L’unico mezzo per contrastare il dilagare della malattia è la profilassi, cioè l’adozione di tutti gli accorgimenti per ridurre notevolmente le probabilità di contagio e di diffusione del fungo nell’am| Cancro colorato del platano biente. Ricordiamo che questa malattia è soggetta a “lotta obbligatoria” in tutta Italia, disciplinata dal Decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 29/02/2012. Prima di eseguire qualsiasi intervento manutentivo su piante di platano è bene assicurarsi quale sia il loro stato di salute, rivolgendosi al Servizio fitosanitario regionale competente in materia. 64

| Anoplophora - larve

Anoplophora - fori su radice affiorante

11.2. Tarlo asiatico Il tarlo asiatico (Anoplophora glabripennis e Anoplophora chinensis) è un coleottero xilofago (si nutre di legno) di grosse dimensioni che, allo stadio di larva, vive a spese di diverse specie di latifoglie, nelle quali scava profonde gallerie nel fusto, nei rami e nelle radici affioranti dal terreno. Nel giro di pochi anni è in grado di debilitare gravemente l’albero, innescando quindi processi degradativi del legno, fino alla morte. Non è anAnoplophora cora presente in provincia di Pordenone, ma un focolaio fori su fusto importante è già attivo da alcuni anni in quella di Treviso, più precisamente nell’area di Cornuda. Si avvisa pertanto chiunque riscontri, su piante di latifoglie, dei grossi fori circolari simili a quelli in figura di segnalarlo al Servizio fitosanitario regionale.

11.3. Punteruolo rosso delle palme Punteruolo rosso delle palme |

Sebbene le palme siano poco diffuse da noi (e non siano botanicamente degli alberi), merita citare il punteruolo rosso (Rynchophorus ferrugineus), un loro parassita già parecchio diffuso in altre regioni, specie nel sud Italia. Il punteruolo rosso s’insedia nella parte più vitale della palma, ovvero la parte centrale della chioma, dove avviene l’accrescimento delle nuove foglie. Non è attualmente segnalato in 65

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provincia di Pordenone, ma l’eventuale improvviso disseccamento della chioma delle palme dovrebbe far sospettare una sua presenza, pertanto tale circostanza andrebbe prontamente segnalata al Servizio fitosanitario regionale.

Naturalmente la quantificazione in termini monetari, ancorché si stiano elaborando sistemi di calcolo, è estremamente difficile e complessa ed in questa sede non è il caso di proporla.

11.4. Morte improvvisa delle querce (o Peronospora del rododendro)

12.2. Valore materiale

La morte improvvisa delle querce è una malattia provocata da un oomicete (Phytophthora ramorum) che causa grave deperimento e morte di numerose piante arbustive (specialmente camelie, azalee, rododendri e viburni) e anche delle querce. La malattia non è stata ancora segnalata in Italia, ma la sua possibile comparsa è molto temuta, vista la sua presenza in diversi Paesi europei. In caso di sintomi di difficile interpretazione su piante di quercia (di varie specie) è necessario rivolgersi al Servizio fitosanitario regionale.

Il valore materiale di un albero si desume normalmente in base ai costi di mercato di un esemplare equivalente per specie e di pronto effetto (quando ha raggiunto le dimensioni di un albero giovane per quella data specie); al di sotto di tale misura, i valori variano ancora di molto se si tratta di piante con età di due, tre anni o più e abbiano subito varie operazioni di formazione e regolazione.

12.3. Valore di ricostruzione Il valore di ricostruzione è quello generalmente attribuito per ragioni di rarità di specie, storiche, paesaggistiche, estetichee non essendoci un mercato che fissa un valore bisogna ricorrere all’estimo per attribuire un valore ad un bene senza mercato.

A sinistra: manifestazione della malattia sul fusto di una Quercia A destra: manifestazione della malattia sotto la corteccia di una Quercia

12. IL VALORE DI UN ALBERO 12.1. Valore economico Un tempo, l’unico valore economico riconosciuto a un albero ornamentale era quello legato alla legna da ardere o al legname da opera eventualmente ricavabile, mentre oggi tale valore tiene conto anche della sua capacità nel fornire ombra utile per abbattere le temperature urbane, nell’assorbire la CO2 (anidride carbonica) e alcuni gas tossici, nell’emettere ossigeno, abbattere le polveri sottili e, in buona sostanza, nella sua capacità, a seconda della specie, di migliorare le condizioni ambientali in ambito urbano. 66

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13. RESPONSABILITÀ CIVILE E PENALE DEL

12.4. Valore ornamentale Il Valore della funzione ornamentale dell’albero è l’attribuzione di un prezzo alla sua capacità di valorizzare il luogo in cui vegeta, rendendolo più bello e gradevole. Costituisce un aspetto della pratica estimativa assai importante, grazie alla considerazione sempre maggiore che viene dedicata al verde urbano ed alla consapevolezza della sua importanza per il miglioramento della qualità della vita. A partire dall’impianto e con il passare degli anni, un soggetto arboreo acquisisce un maggior valore in funzione delle dimensioni e delle sue caratteristiche. Inoltre, avendo una durata di vita pluriennale ed essendo oggetto di cure colturali manutentive, esso rappresenta un bene patrimoniale. Pertanto, stabilire il valore ornamentale dell’albero in funzione della specie e localizzazione, aggiornandolo nel tempo in funzione del suo sviluppo, stato di salute e delle attività manutentive correlate, permette di monitorare l’andamento economico del Patrimonio Arboreo di una città. Può essere utilizzato come: • indicatore rispetto all’efficacia della gestione ambientale del verde urbano; • parametro economico nel valutare le conseguenze nella realizzazione di opere infrastrutturali che possono interessare il patrimonio arboreo e nel adottare criteri progettuali adeguati; • strumento per valutare l’indennizzo nel caso di danni causati da lavori e incidenti o nel caso di interventi infrastrutturali che coinvolgano l’albero.

12.5. Determinazione del danno Il danno è uguale alla differenza fra il valore ornamentale dell’albero sano e il valore ornamentale dell’albero danneggiato. I metodi di calcolo estimativo possono essere diversi e vengono applicati dal perito in funzione della situazione.



PROPRIETARIO E DEL CONDUTTORE

13.1. Responsabilità del proprietario Si parla, in questo capitolo, della responsabilità civile e penale con riferimento a danni a manufatti e/o persone, causati da schianti di alberi collocati in ambiti urbani, in filari stradali, a ridosso di confini fra edifici, in parchi urbani aperti alla frequentazione pubblica, ecc…. È utile affermare inizialmente che la responsabilità, rispetto agli eventuali danni materiali arrecati a terzi dalla caduta di un albero, è sempre del proprietario (c.c. Art. 2051 e art. 2043 per beni demaniali di limitata estensione, parchi, filari stradali). Se il fenomeno è stato provocato da un evento straordinario e imprevedibile e comunque il proprietario aveva assunto tutte le iniziative di manutenzione atte a mantenere in buone condizioni l’albero, onde prevenire gli schianti il più possibile in condizioni normali, il fatto potrà risolversi in sede di contenzioso esclusivamente con un equo indennizzo (anche con l’uso di una formula assicurativa).

13.2. Responsabilità del conduttore Qualora il proprietario affidi la custodia (con prova scritta dell’affidamento, con definizione molto completa e precisa dei limiti e delle libertà d’azione del custode) e la conduzione della manutenzione dell’albero a una persona di sua fiducia, tale persona assume in sè la responsabilità di eventuali danni arrecati dall’albero, salvo il caso in cui venisse accertata l’eccezionalità e l’imprevedibilità dell’evento. Nel caso in cui il proprietario o il custode affidi la valutazione della pericolosità di un soggetto arboreo a un perito: se il proprietario e/o il custode dimostra di aver seguito le indicazioni fornite dal perito e ciò nonostante la pianta ha causato un danno, questi potrà rivalersi, dopo aver pagato i danni, nei confronti del perito; non potrà invece rivalersi nel caso in cui, con apposita perizia del tribunale, venga stabilito che non abbia affatto seguito le indicazioni ricevute.

13.3. Responsabilità civile e penale Per quel che riguarda le responsabilità penali per lesioni colpose (art.590 c.p.) e omicidio colposo (art. 589 c.p.), si ricorda che la responsabilità penale è personale, non si risponde per fatto altrui; gli imputati possono essere solo persone fisiche e le persone giuridiche (le amministrazioni pubbliche, le società private, ecc…) queste possono essere chiamate in sede penale solo come responsabili civili e quindi obbligate al risarcimento del danno. Il singolo individuo, se ritenuto responsabile 68

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di lesioni o di omicidio colposi, subirà una pena e potrà anche dover risarcire il danno in causa civile. In conclusione, si può affermare che la responsabilità civile di un danno si manifesta (nei confronti del proprietario o del custode) solo nei casi in cui venga accertata la mancata o l’insufficiente azione di prevenzione del danno (riduzioni di chioma, operazioni di risanamento fitosanitario, ecc…); non si manifesta nei casi in cui il danno sia accaduto a causa di un evento imprevedibile ed eccezionale (trombe d’aria, tempeste di eccezionale intensità e non prevedibili, ecc…). La responsabilità penale è accertata sempre escludendo il fatto eccezionale e imprevedibile, e durante l’accertamento acquisiscono importanza rilevante i fatti collegati alle manutenzioni a carico del proprietario e dell’eventuale custode, volte alla per la messa in sicurezza della pianta causa che ha causato il danno.

CITAZIONE DELL’ORIGINE E/O FONTE DELLE FOTO UTILIZZATE Pag. 5, 8, 9, 10, 11 in alto dx, 13 in alto, 14 in basso, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30, 31, 32, 33 al centro, 34, 36, 40, 41, 42, 43, 44, 45 - immagine o scansione di disegni a mano tratti da Il Giardino snc di De Pra O. & C. Pag. 13 in basso, 14 in alto e in mezzo, 46 - immagine tratta da archivio foto Mauro Zambon Pag. 7 - immagine tratta dal sito www.amailtuoverde.it/cat/frutteto/332 Pag. 11 in basso sx - immagine tratta dal sito www.barbatella.it/nutrizione-vite.php Pag. 28 - immagine tratta dal sito www.marcelloparisini.org/cancrocolorato.html Pag. 33 in alto - immagine tratta dal sito www.comune.monzuno.bologna.it Pag. 33 in basso - immagine tratta dal sito www.forestry-dev.org Pag. 37 - immagine tratta dal sito www.ciaccimagazine.org/?p=8620 Pag. 38 - immagine tratta da “Prezziario verde 2005” Associazione Florovivaisti Bresciani Pag. 47 prima in alto a dx - immagine tratta dal sito www.agronotizie.imagelinenetwork.com Pag. 47 seconda in alto a dx, prima in basso sx - immagine tratta dal sito www.provincia.bz.it Pag. 47 in basso al centro - immagine tratta dal sito www.photos.eppo.org/index.php Pag. 48 in alto a sx - immagine tratta dal sito www.palmerasyjardines.com Pag. 48 in basso prima a sx - immagine tratta dal sito www.forestry.gov.uk Pag. 48 in basso prima a sx - immagine tratta dal sito www.cisr.ucr.edu/sudden_oak_death.html

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