Gli allucinogeni nel mito. Racconti sull'origine delle piante psicoattive

May 5, 2017 | Author: www.psiconautica.in | Category: N/A
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SAMORINI GIORGIO, 1995, Gli allucinogeni nel mito. Racconti sull’origine delle piante psicoattive, Nautilus, Torin...

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GIORGIO

SAMORINI

GIORGIO SAMORINI

GLI ALLUCINOGENI

NEL MITO

RACCONTI

SULL'ORIGINE DELLE PIANTE PSICOATTIVE

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NAUTlLUS c. P. 1311

10100 TORINO - 1995

INTRODUZIONE

Alcuni comporcam enri accompagnano l'uomo d a sempre, ovvero da quando egli è "diventato" uomo, c, in un cerro qual senso, lo caran c­ ri zzano e lo d efiniscono. Ad esempio. l'uomo produce arre, è mosso da un'im pulso artistico che lo accompagna sin dalle sue origini. Ne ab biamo una dimostrazione considerando la d atazione delle rappre­ sentazioni artistich e, ritenute pill anti che, che sono gi unte fìn o a noi: pitture preistoriche rupesrri localizza te in Tanzan ia e in Austra­ lia, datate attorno ai 45.000-40.000 anni [, (una data "vicina" a quella generalmc,uc an ribui rJ all ' uhi mo, in ord in e cronologico, degli Ominidi, l'Homo sapiens). ' Q uesti atavic i co mportame nti uman i - tra cui l' impu lso anistico ­ possono essere consideratj come "costan ti comportamentali", che co n­ rinuamente rinnovano il di ve nire dell'uomo. Si Ha([a di impulsi com portamentali irreprimibili, che si manifestano all' interno della società degli uomini, senza distinzione di razze o popoli : sono corn­ portalllenti (fans-c ulturali. Un'altra di q ueste "costa nti" è la tendenza dell 'uo mo a cercare, attra­ verso i più disparati metodi, di modifìcare il suo staro di coscien za ord inario, allo scopo di vivere esperienze psico-fìsiche in altri stati mentali; stati mentali che, per loro natura, so no poss ibili e >'naturali" nel medesinlo modo in cui riteni am o "naturale" lo stato di coscienza in cui ordi nariamente conduciamo la nostra esistenza. Tale conside­ razione risulta avvallaradall'atavicità insita nell'impul.so a vivere q uesto tipo di esperienze, e dalla loro insopprimibili tà, storicamente accer­ tata.

La storia del rapporto fra l'uomo e i suoi stat i m odifìcat i di coscien­

za, dimostra come questi siano in stretta relazione co n un'altra im­

porrante "costante" Limana: l'impulso rdigioso. Non può essere ca­

sual e il fatto che, presso (utti i popoli, i rapimenti eS[atici e di tcanse

- co nsiderat! fca gli stati pill elevati della coscienza - vengano cui tu­

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ralmente in terpretati com e fenom eni di squ isito carattere misti co, spiritua.le, religioso. Anzi, è da ri te nere che l'origi ne del rapporro dell'uomo con gli stati modificati di coscienza sia direttamen te con­ nessa alla nasci ta del suo im pulso reli gioso. V'è anche chi ritiene che, nella storia del ge nere umano, la coscienza sia apparsa originalmente come quello che viene o ra chiamato lo "stato mistico di coscienza", C iò spieghe rebbe il mori vo per cui i misrici parlano d i una "erà del­ l'oro" in cui le visio ni mistiche erano molto comuni . 2 La modifì cazio ne del lo statO di coscienza, o ltre a presentarsi in casi forse malamente definiti "spontanei", viene indona attraverso un am­ pio spettro di tecni che, che l'uomo ha via via sco perto ed elaboratO nel corso della sua storia. Dalle tecniche di deprivazione se nso riale e di mortifìcazio ne fisica, a quelle meditative e asceti che, sino a quelle che ut ilizza no , come fattori scatena nti gli sta ti. di transe e di possessio ne. la danza e il suono di determinati strum enti musicali; infine (non certo in o rdin e di importanza), le tecniche che prevedo­ no l' uso di vegetali dorari di effetti psicoattivi, per lo più di tipo allucinogeno. Q uest' ult ima è una delle pill ant iche tecni che di mo­ dificazio ne dell a coscienza, e origi na quasi certamente dalla lunga Età della Pietra. In rutto il mo ndo sono diffuse piante e funghi , il cui consumo indu­ ce nell'uomo allucinazioni e visio ni , acco mpagnate da profondi stari emotivi inruitivi, "illuminanti", "rivela to ri ", e in tutti i ci nque conti­ nenti sono es istite e continuano a esistere culture che utilizzano que­ sti particolari vegetali come srrùm enti per trascendere la realtà ordi­ nar ia e per comun icare con il mondo degli spiriti e degli dei, con l'al di là, co n l'Altro. La maggio r parte di qu este pianre ri entra nel gruppo dei cosiddetti allucinogeni, nori anche come psichedelici (" rivelato ri della mente") o come enteogeni (" che rivelano la divin ità che è in te")' co n esplicito riferimento al fatro che 10 scopo principale del lo ro impiego è qu ello di o ttenere stati mentali di ispirazione rel ig iosa.3 Numerose cu lture han no pOSto il vegetale sacro al centro del loro sistema reli gioso e come fu lcro del sisrena in te rprerat ivo dei di vers i asperti della realtà e della vira, allo stesso modo in cui popolazio ni, n'ibll e sette, hanno posto le tecni che med itJ ri ve e asceti che. e le esperi enze mentali conseguenti, come fulcro de Ua loro vita spirituale e terrena. Piante e funghi psicoattivi so no stati ovunq ue considerat i come un

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dono lasciato agli uomini dalle divinità, e, a volte, sono stati identi­ ficati totalmente con un dio. E' il caso del Soma de i RgVeda - i più antichi testi religiosi indiani - consideratO al contempo un dio e una bevanda dell'immortalità, ricavata, seguendo l' ipotesi di Ri chard G. \X'asson , dal fungo psicoattivo Amanita 'lnuscaria,4 fl Soma veni va preparato ritualmente e consUlTIaro dagli officianti nel corso di pre­ cise cerimonie religiose. Un noto inno dei RgVeda reci ta: (Abbiamo bevuto il Soma I siamo diventati immonali / siamo giunti alla luce / abbiamo inco ntrato gli dei ».5 Dagli Huichol del Messico, il cactuS del peyote, identifìcato con il cervo e con il mais, è considerato "fame della loro vita". G li shivaiti indiani utilizzano gli effetti del bhmzg (marijuana) per comunicare co n il dio Shiva. I Fang de l Gabon, durante alcuni riti iniz iatici, consumano enormi quaNt ità di radice di iboga - un potente a11ucinogeno - che provoca un prolungato stato di coma, durante il quale l'anima dell'iniziando comp ie un "viaggio" sino alle "radici della vita e al contatto direno con Nzamé", il lo ro dio. Le piante sacre sono ut ilizzate anche per sco pi curativi, sebbene tale uso no n sia separabile da un pill ge nera le co m esto spirituale-reljgio­ so: nelle culture tradizionali gli enteogeni no n vengono considerari mere medicine per il corpo um ano, bensì medicine sacre, per il siste­ ma inscindibile m em e/co rpo. I sistemi di cura trad izionali, incen­ trati sulla figura del lo sciamano (o, comunque, del lo "specialista" ­ sciamano, curandero, vegetalista - che conduce la cerimonia visionaria collettiva), che si basano sull' impiego di un enteogeno, operano at­ traversò un m eccanismo che alcuni studiosi occidentali definiscono "sociopsicoterapeutico" . Nella magg ior parte dei casi - fra i quali ricordiamo le velttdas mazateche (Messico), sedute di cura in cui ven­ gono uti lizzati i fun ghi allucinogeni, e le mesadas del Perù andino, in cui viene utilizzato il potente cactus del San Pedro - la pianta psicoattiva viene consumata da tutti i pa rtecipanti alla cerimonia, malati compresi. N el corso del successivo stato visionario, lo sciamano "capta" i messaggi inviati dallo spirito del la pianta, o dall'entità spi­ rituale o divina ch'essa rappresenta, e li "u ad uce" per la colJettività. Si tratta di un fenom eno di "diagnosi magica" med ian te il quale le enti tà sovrann aturali , che "ab itano" ne lla pianta, comunicano allo sciamano le cause della malau ia e quali rimedi ut iJizzare (ad esem­ pio, quali piante medi cinali impiegaIe). In diverse culture questi vegeta li vengo no impiegati anche per scopi magici, ovvero per indurre po teri psichici paranormali, mediante i

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quali effenuare operazioni magiche: prevedere il futuro , vede re e co­ mLLtlicare con person e distanti, ritrova re un oggeuo smarrito, indi­ viduare il co lpevole di un misfatto, ecc. G li stati modificati di co­ scienza - secondo quantO affermano coloro che vivono queste espe­ ri enze - possono esse re accompagnati dall a liberazione di pote ri paranormali. Si incontra, ad ese mpio, un parallelismo di quesro fenomeno nei siddhi (poteti psichi ci), acquis iti dagli yogi" indiani nel CO rso delle loro prati che ascetiche, e no n è cas uale che nel Bengala la canapa indiana venga denomin ata co n il medesimo te rm ine siddhi. V i so no cas i in cui la medesima pianta viene uti li zzata per differen ti sco pi, a seconda del co ntesto e degli specifìci pres upposti cul tu ra li . E' il caso , ad ese mpio , del pqote, il cactus all ucinogeno con siderato co me un'ostia sacra (il "Crisro Rosso") dalle tri bll di Indi ani del No rd America. Tali rri bù hanno dato vira, dalla metà .del secolo sco rso, medi ante l'uso rituale collettivo di qu esto cactus, al co nsolidato movimento religioso della Native Amer;can Cburch. Nel Messico set­

tentr io nale, i Tarahumara contin uan o invece a urili zza re il peyote

escl usivamen te du rante le ceri mo ni e di cura dei loro malati, me ntre

gli Aztechi del Messico precolo m biano - secondo q uanto riportano

le fonti del periodo della Conquista - ne faceva no uso a scopi mag ici,

per ri trovare un oggetto smarrito , per predire avve niment i futuri , o

per smaschera re un colpevole.

[I grado di socializzazione dell e esperienze ch e prevedon o il consu­

mo di vege tali sacri varia notevo lmente, a seconda del contestO so­ ciale e del tipo di approccio culturale conn esso all'esperi enza. Nel riro del Soma, la bevanda ven iva co nslimaca un icamente dagli officiami. E ' questo un ese mpio di uso di vegetali inebrianti ri se rva­ [Q escl usivamente alla cas ta prelatizia, o a si ngo li indj vidui prescelti come interm edi ar i, mediante i quali avve ni va il co ntatto fra gli dei e il popolo. Anche nelle culmre reli giose sciamaniche, probabile culla d'origine d el sentimenm reli gioso um ano, lo sciamano fun ge da in­ te rmedi ario fra la sua ge nte e l'al di là. Le esperien z.e visio narie, al­ l'in terno dell e sedute, posso no essere vissute da un folto gruppo di individui, ma lo scia ma no resta com unque la figura-chiave dell 'espe­ rienza colleniva. Frequente è pure il caso di movimenri reli giosi al cui in terno la consumazione della pianra psicoattiva avv iene in ma­ niera più apertamente collettiva, a mo' di comunione, allargata a tutti i partecipanti al rito. In [ali co n testi, l'allucinogeno viene co nsi­ deraro e vissuto co me intermediario individuale fra ciascun ind ivi­ duo e la div inità.G

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Lo stretto rapporto che si viene a creare fra l'uomo e le piante psicoattive giunge naturalmente a influenzare anche i miti e le cre­ denze dei popoli che fanno uso di tali piante, sino al punto in cui ­ soprattutto se questo rapporto è di origine locale, e non di importa­ zione - esse arrivano a ricoprire un significativo ruolo simbolico nel­ le cosmogonie e nelle antropogonie di queste popolazioni. Fra i miti e i racconti che trattano di piante psicoanive si evidenziano - per numero e per ricchezza d'elaborazione - quelli che trattano della loro origine, o dell'origine del rapporto di questi con l'uomo. Riguardo a molte di queste piante, la scienza occidentale, e partico­ larmente 1'etnobotanica, non è tuttora in grado di spiegare in che modo, e con quali logiche deduttive, l'uomo sia arrivato a scoprirne le particolari proprietà psicoattive, spesso confinate unicamente ad alcune loro parti (fiori, semi, radici, ecc.), o accompagnate da effetti tossici tali da far ritenere la pianta velenosa, ancor prima che psicoattiva. Per alcune piante è plausibile la scoperta casuale, mentre per altre si è fatto riferimento all'osservazione compiuta dall'uomo sul comportamento di alcuni animali, dopo che questi avevano con­ sumato la pianta, rimanendone inebriati (tali osservazioni vengono, in effetti, riportate in vari miti). Ad esempio, le popolazioni della Siberia che utilizzano l'agarico rnuscario - il noto e vistoso fungo dal cappello rosso cosparso di macchie punti formi bianche - affermano di averne scoperto gli effetti osservando le renne che, dopo averlo ingerito, ne rimanevano inebriate. 1\1a vi sono anche vegetali psicoattivi la cui scoperta da parte dell'uo­ mo rimane enigmatica. E' il caso dello yajé, una bevanda allucinogena diffusa nell' Amazwnia, ricavata cucinando insieme due distinte pian­ te, entrambe indispensabili ai fini degli effetti visionari della bevan­ da; se assunta da sola, ciascuna di queste piante non induce alcun effetto. V'è quindi da chiedersi come abbiano potuto gli abitanci dell' Amazzonia, migliaia di anni fa, scoprire che "questa piantà' e "quella pianta", fra le migliaia della foresta, solo se utilizzate contem­ poraneamente potevano indurre un effetto allucinogeno. Per gli in­ digeni il problema non sussiste: non l'hanno di certo appreso da loro, ma è stato lo spirito della foresta o lo Spirito dello yajé, meglio noto come Donna-Yajé, che, UJl giorno, tanto tempo fa, glielo ha personalmente indicato.

Di qui, il "miro d'origine" della pianta psicoattiva, più o meno ela­

borato, che spiega, motiva - e continuamente fonda -la sua esistenza e il suo rapporto causale con l'uomo.

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Frequentemente. in questi raccomi gli enteogeni originano da un'ema­ nazione diretta del1e divinjtà, per volon tà del le quali le piante sacre vengono donate all'umanità, come mezzo di co municazione con le realtà extra-umane. NeUa mjtologia dei Fang del Gabon, gli spirjti dei mani indicano a Bandzioku, una donna, la piama dell 'iboga, e le insegnano co me util izzarl a. affi nché essa possa "vederli" e comuni­ care con loro. Fra gli Indian i del No rd America, lo Spirito del Peyote si presenta in sogno a un uomo (o a un a donna) e indica loro il peyote, la sacra radice, come strumento di salvezza della sua tribù. Diversi miti trattano dell'origine della pianta fuoriu scem e dal cada­ vere o dalla tomba di un uomo, il più delle volte un eroe culrurale che, dopo aver fondatO le regole rribali, i rir i di passaggio, i principi dell'agricoltura, o altre importanti istituzioni sociali, elargisce un ultimo dono alla sua tribì:l trasfo rmandosi, al momenro della sua morte, nel vegetale psicoattivo. Questi l'acco nci ri entrano nel pill vasto insieme dei mitj relativi all'origine delle piante coltivate dal­ J'uomo, peculiari dei popoli colrivatori, e caratteri zzati dal mo ri vo della trasformazione di uno spirito - di un dema, per dirla con Jensen7 - spesso mediante smembramento, nella pianta omonima. Per una medesima pianta possono esistere differenti miti relativi alla sua origine, e per ciascuno di questi posso no essere sta te riportate differenti versioni: ciò avviene sop rattutto in base alla diffusio ne geo­ etnografica dell'utilizzo della pianta. Ad esempio, si co noscono deci­ ne di versioni del m edesimo mito d'ori gin e dell'uso deJ peyote pres­ so gli Indiani del Nord America; in pratica, ne esiste una versione per ogni tribù indiàna che ha adottato questo cactus allucin ogeno come droga sacramen rale. Si presentano casi in cui un mito tratta co ntemporanea mente il tema dell'origine della pianra e qu ello dell'o rigine del suo uso da parte dell'uomo, soprattutto in quei racconti in cui l'origine dell' uomo e l'origine della pianta sacra sono in stretta relazion e tempo rale fra di loro (nel tempo del mito, si in tende) . In numerosi altri cas i, in vece, i racconti trattano esclusivamente dell'origin e del rapporto dell 'uo­ mo con la pianta. considerando questa come preesistente all 'evento raccontato nel mito, senza specifìcarn e l'origin e. Fra i miti qui riportati , si rileva un a cerra vari abilità nel grado di "purezza etnografìca". Va ri racconti hanno subìto le influenze e le interpretazioni di culture esterne, fìno a perdere, in alcuni casi, le caratteri sti che di mito d'origine. sepolte sotto una spessa coltre di modifìcazioni interp retacive. [n di ve rsi casi ciò che ci è pervenu to è

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un racconro, una storiella O un semplice aneddoto, Frutto della seco­ lare volgarizzazione e fo lclorizzazione degli antichi miti. Quelle popolazioni la cui cul tura e la cui religio ne so no state sogget­ te a un Feno meno di sincretismo co n reli gioni esterne, quali il cri ­ stianesimo, l'islamismo, il buddhismo, hanno elaborato e adattato la loro mi tologia attraverso un processo di sovrapposizio ni e di com pa­ razioni simboliche, che si riAettono anche sui Illiri d'origine delle pian te psicoanive. Ad esernpio, in alcune version i del mico d'origine del l'uso del peyote tra gli Indiani del No rd America, non è pill lo Spirito del Peyore, bensì Gesù Cristo, che si ri vela all'indiano per indicargli la sacra radice. Come ri cercatore nel campo di indagine muhidisciplinare dell'uti­ lizzo umano dei vegetali psic03nivi, e senza pretesa di usurpare cam­ pi di ricerca pertinenti agli studiosi specialisti della mitologia, del­ l'antropologia e della sto ria delle religioni, CO I1 il presente lavoro ho inteso ordinare e offrire un insieme di materiali mitologici - la mag­ gior parre in edi ta in Italia - ritenendo uti le, o per lo meno soggetti­ vamente interessante, il fatro di pote re leggere, uno di segu.ico all'al­ tro, i racco nti sulle origini del la marijuana, del tabacco, del peyote, dell' amanita ffiuscaria, del1a mandragora, ecc. Accanto a una più estesa presentazione dei mi ti riguardantj le piante allucinogene (enteogeni) , ho riportato alcuni miti relatIvi al1e piante eccitanti e alle piante dalle quali si ricavano bevande alcooliche.

YAJÉ

(AYAH UASCA)

Lo yajé, aln i menti noto com e ayahU'llSco, caopil natem, è il pi ù im­ po rtante al lucinogeno della foresta amazzo ni ca. Il suo im piego per sco pi rel igiosi e magico-rera peucici è anu almenre diffuso presso la m aggior parte dell e [[ibll che occ upano l'area di fo resta t ropicale d istribuita fra Pe rtI, Ecuador, C olo m bia e Bras ile. Le sue o rigini si perd ono nel lungo neo lirico tro pi ca le: la d oc um entaz io n e archeologica ne avrebbe evidenziata un'anti ch ità di 5000 ann i. ] Lo ynjé si presen ta come una beva nd a o ttenu ta dalla pro lungata cot­ tura di u na liana de lla famiglia d elle Malpighiaceae - Banisteriopsis caapi (S pr. ex G riseb. ) Morto n - assieme alle foglie di un arbusto ­ P'ychotria vi/idis Rui z & Pavon, d eUa fa miglia d elle Rubiaceae. Una peculi a ri tà d i qu esto a llu cinoge no consiste nel la necessa ri a compresenza di ènrrambi i tipi di vegetaJi affin ché si mani fes ti l'ef­ fetto vis ionario. Frequentemente, alla beva nda-base vengono aggiunti altri in gredien ti vege tali che influisco no sull 'effetto allu cinogeno, o ffrendo una serie di esperi enze psichiche t radizionalmente ben col­ laud ata. Dai tempi di Ri chard Spruce (l85 1), il bo tanico che per p ri mo, fra gli europei, en trò a co ntatto co n q uesta beva nda e ne d escrisse gli usi e le propri età, numerosi antropo logi ed etn og rafi hanno osservato le tribù amazzo niche che fa nno LI SO d ello yajé, descrivendo ne i ri ti e riporta ndo un ricco materi ale m itologico. L USO de lla beva nda è tra­ dizio nalmen te legato aU e prat iche sciamaniche, e anche nell' ut ilizzo collettivo, la distribuzio ne dello yajéè sotto il d iretto co ntro llo d el lo sciamano. Lo yajé viene bevuto allo scopo di raggiungere il mo ndo sov rann aturale e co ntattare gli spiriti della fo resta, ottenere poteri sovrann aturali, o anche curare le frequen ti vitt ime di malefi ci. Q ue­

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st\dtimo tipo di cu ra si basa sull'individuazio ne e sulla rimozione dal co rpo del paziente di particolari oggetti magici (q uali le "frecce magiche", virotes), che rappresentano le armi invisibili pitl temute degli stregoni e dei fattucch ieri . Presso molte tribù amazzon iche le esperienze visionarie ottenute con lo yajé rappresentano un a fonte di info rmazioni d' importanza primaria per l'interpretazione della real­ rà e degli accadimenti della vira. I temi pitl comuni delle vision i indotte dalla bevanda riguardano, per gli indios, anaco nde, altri renili, e di ve rsi animali, in particolare il giaguaro. Il rettile rappresenta la liana dello yajé, e il suo simbo li­ smo raggi unge le immagini e gl i eventi che possono essere oggetto d i una "renilifìcazione": d alla complessa rete tluviale della fo resta sino all'ar[o del vo mitare, frequente sinto mo fi siologico conseguente all' ingestione della bevanda, interpretato come la fuo riuscita di un serpente dal corpo del consumatore, atuaverso la bocca. Il giagua ro è il tipico animale nel quale si trasform a lo sciamano. Una comune es pe ri enza rigua rda la separazio ne dell'anima dal co rpo dello sciam ano, con conseguente sensazione di "volare"; anche la sensa­ zione d i vedere spiriti e di vinità, così come quella di poter vede re luoghi e perso ne dista nti, o i res po nsabili dell'invio di malatti e attra­ verso pratiche srrego niche, Fanno parre del le comuni esperienze vis­ sute dagli sciamani. 2 Verificaro il ruolo centrale ass un ro da questa bevanda nelle credenze e nell'interprerazione del mondo di queste popolazioni, v'è da pre­ suppo rre l'esistenza di miti relativi alla sua o ri gi ne specifici e ben srrut[lJraci. Il seguente m ito è Staro racco lto da Reichel-Dolmatoff presso iTukano della regio ne del Vaupés, nell'estrema zo na Sud -Est della Colombia, ai confini con il Brasile. G li eventi narrari sono riferiti al1'epoca della comparsa dei primi uomini sulla terra. Nel mi to, Ipanoré è il luogo Qve i primi indian i del fiume Va upés discesero dal cielo, portati da un a canoa a fo rma di anaconda. La Casa delle Acque è il luogo in cu i fu eretta dagli uomini la prima capanna (ma/oca): I p rimi uomini si erano riuniti nella Casa delle Acque. situata in UrlO macchia proprio sotto lpanoré. suLfiume Vaupés inferiore. e sta­ vano preparando cashiri. 3 Stavano cercando una bevanda, una po­

zione intossicante cbe li avrebbe portati oltre gli stretti confini del­ lesperienza di ogni giorno, per cui stavano preparando differenti

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tipi di birra fermentata. Il Padre-Sole aveva promesso loro una be­ vanda miracolosa; alleVa detto foro che stavano per riceverla come supremo dono che avrebbe per sempre legato la gente di questa terra con i poteri splendenti delle forze celesti, Gli uomini erano in aspet­ tativa; si erano riuniti per ricevere il fovore esaltato, e, attendendolo,

bevevano e cantavano nella Casa delle Acque. Una donna era fra loro, /4 prima donna deLfa Creazione, e mentre L'eccitazione degli uomini aumentava e la CIIJtl inizùwll Il riempirsi delle voci e dei movimenti deL/a folla, essa si mosse inosservata e uscì.

La donna portava un bambino (nel grembo). Quando il Padre-Sole la creò nella Casa delle Acque, egli aveva ingravidato il corpo di lei attraverso gli ocd)J~' guardando ii suo splendore si ingravidò,4 e ora stava per partorire, per cui lasciò la casa e camminò nel buio della foresta. Mentre gli uomini continuavano a cantare, lei diede vita a un bambino, un bambino che stava per diventare lo yajé, la liana lltl.rcotictl., un bambino sttperumano che era nato in un accecante bagliore di luce. La donna - Donna Yajé era il suo nome - tagliò ii

cordone ombelicaie, quindi prese aicune foglie rOHO-SCU,.e della pian­ ta carayurù5, e iniziò a strofinare con queste il corpo del bambino. Di seguito, prese una manciata di foglie di rooka 6 , che sono verdi sulla superficie superiore ma rosse brillanti su quella inferiore, e nuo­ vamente sfregò con queste il corpo de! bambino. E mentre stava

sfi-egando e pulendo il bambino, diede forma al suo piccolo corpo. la sua testa, le sue braccia e le sue gambe, una per una.

Quando il bambino fo luminoso e risplendente, lo prese fi" ie brac­ cia e tornò verso la Casa aelle Acque. Camminò per tutta la notte, fa

via le era mostrata dalla lllce emanata dal corpo del bambino. Quando giunse alla fine del sentiero, di fronte alla casa, si reggeva ancora in piedi. ALl'interno gli uomini erano seduti e ora, improvvisamente, si sentirono paraliZZdti e agitati. Non era dovuto alla bevanda che avevano bevuto; era p er qua!cos'altro, ma nessuno sapeva cosa fosse. Si sentivano storditi e intorpiditi, e stavano tutti guardando attra­ verso la po rta la donna che si ergeva in piedi al tetmine del sentiero, di fronte alla casa. Lentamente, la Donna Yajé camminò verso la casa ed entrò, Tenendo il bambino fra le sue braccia si dispose neL mezzo deLla grande stanza, ave era collocato un paniere con orna­ menti di piume, vicino al focolare, e qui si fermò. Gli uomini la guardavano e si sentivano impallidire; la luce brillante e la vista deL

bambino rosso sangue stava causando ioro la perdita dei sensi. Si sentivano come se stessero affogando in acque vorticose.

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La donna si guardò attorno e chiese: "Chi è il padre di questo bam­ bino?J~ Un uomo che le era seduto vicino disse: "Sono io suo padre.": Togliendosi uno dei suoi orecchini di rame, lo ruppe a metà per il

lato della sua lungheZZll e, affirrando il bambino, tagliò via un pez­ zo del cordone ombelicale con la lama affikrta dell'orecchino. Un altro uomo si alzò ed esclamò: ''Sono io il padre del bambù10 1" e strappò via la gamba destl'll del bambino. Quindi tutti gli uomini si alzarono e urlarono: ''Siamo t1lttipadri del bambino'; e siprecipita­ rono suL corpo dell'infante e lo ridussero a pezzi. Ciascun uomo ne strappò una parte e se lo tenne per se, fino a che nulla jù lasciato.

E da allora, ogni tribù, ogni gruppo di uomini, ebbe kr sua propria liana narcotica?

Lo stesso Reichel-Dolm~toff8 aveva raccolto , aJ c uni anni prima, una versione del medesimo miro presso i D esana , una tribù apparte nen­ te alla medesima farniglia linguistica rukanoide, stanziata lungo il ramo co lombian o del Rio Papurì. In questa versione, l'avvento dello

yajé presso gli uomini è collocato più espliciramen te "al prin cipio del tempo". Presso le rribùTukano, un motivo co mun e ri g uarda l' arrivo dei primi uomini sulla terra, po n ati da una g rande canoa celeste a

forma di anaconda: la Canoa-Anaco nda, che è viva ed è guidata da Pamurl- mah se, il "germinaw re", un esse re sovrannaturale, diretta emanazione del Pad re-So le (Panl1lri sign ifi ca "fermentare") . Mentre la canoa risaliva i fiumi per diffondere su tutta la terra la razza uma­

na, apparve Donna Yajé. L'origine dello yajéviene quindi posta in su etra relazione temporale con }'origine degli uomini: dopo essere stati depositati nella foresta dall'Anaconda celeste, e dopo aver costrui to la prima maloca, giunge inna nzi a loro, come prima donna, la rnad re del lo yajé, e il primo parto di una donna, 3vvenu ro in qu es to mondo , riguarda non un essere umano, bensì la sacra lia na. Seco nd o un al[J'o mito 9 della m edes im a reg io n e del Va upés colo mbiano, i prim i abitan ti della te rra gi unsero dalla Via Lauea in una canoa trascin ata da una anaco nda c he trasportava un uomo , una donna e tre piante. tu ne dotate di effe tti in ebriaJHi : cflSsavo) coca e

canpi (yaje).

Ogni sciamano Tukano (pay!) possiede particolari oggetti, conside­

rati basilari strumen ti magi c.i della sua professione. Fra questi si annovera no degli orecchini di rame, che il payé orriene direttamente dal Tuono - una di vini tà in relazion e con lo spirito del giaguaro ­

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durante il suo apprendistato. E' il Tuono stesso che indossa questi monili , utilizzandoli per produrre il fulmine. IO Il fatto che strum enti magici peculiari del payé vengano, nel miro, portati e utilizzati dai primi uom ini per fare a pezzi il Bambino Yajé, fa supporre che questi primi uomini fossero contemporaneamente i primi sciamani. Anche la preparazione e la ricerca di bevande inebrianti è competenza degli sciaman i, e in un altro miro D esana ll si specifica che Pamurl-mahse, il "germinatore" del ge nere umano, era un payé, allo stesso modo del Padre-Sole. Nella versione D esana si riporta che gli avi di tutti i gruppi dei Tukano si erano riuniti nella Casa delle Acque per ricevere il rampicante yajé. di Bambino Yajé fu parrorico mentre gl i uomini cercavano un modo di inrossicarsi),.l2 Analogamente, nella versione Tukano esiste un espli­ cito riferimento al fatto che i primi uomini che vennero a contatto con lo yajé lo stavano cercando e attendendo, secondo quanto aveva comunicato loro lo stesso Padre-Sole. L'elemento d i anticipata con­ sapevolezza del sopraggiunge re del nuovo vegetale sacro e della sua ricerca, si presenta solo in quesro mito, fra tutti i miti di origine delle diverse piante qui prese in co nsiderazione. Il 111iro riporta che gli uomini cosÌ riuniti, alla ricerca della bevanda promessa dal Padre-Sole, stavano realizza ndo ca,hiri e "differenti tipi di birra fermentata"; ciò potrebbe essere un indizio di una più antica presenza de lle bevande fermemate rispetto a quella dello yajé. Va tuttavia osservaro, che lo stato di stupore in cui si ritrovano gli uo­ mini non è causaro dalle bevute di cashiri - come viene esplicitato nel testo - bensì è dovutC> aUa presenza del bambi no-yajé o, nella versione Desana, tale stupore si è manifestaro dal momento stesso della sua nascita. Come ha giustamente posto in rilievo Reichel-Dolmatoff," il sacri­ ficio finale del bambino-yajé, compiuto dai primi uomini mentre si trovavano in uno statO di stupore e di agitazione - "uno sraro di transe narcotica"14 - riveste il mito di un [Ono dionisiaco. La versione Desana di questa parte del miro, che inizia col rientco della Donna Yajé nella maloca dopo ave r partorito, offre ul(eriori e in teressanti particolari: La donna si era portata al centro della maloca. Vi erano una scatola di copricapi fotti con piume e un focolare. Quando entrò, soltanto uno degli uomini aveva tenuto la testa ti posto e non SI: era stordito. Gli IImnini stavano bevendo quando la donna aveva avuto il bam­

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bino, e subito erano stati presi dallo stordùnento. Prima si erano sentiti afferrare dalle vertigini; poi era sop raggiunta una luce mssa, ed essi vedevano colori rossi, il sangue del parto. Quindi essa era entrata con il bambino, e quando aveva attraversato la porta, tutti avevano perso i sensi. Solo uno di essi aveva resistito e aveva afferrato

il primo ramo di yajé. Fu in quel momento che il nostro avo agì come un ladro; si tolse uno dei suoi orecchini di mme e Lo spezzò in

due, e con la pane tagliente I~cise il cordone ombelicale. Ne tagliò un grosso pezzo. Questa è La ragione per cui Lo yajé cresce a forma di

rampicante. Tutti strapparono brandelli del bambino (.r "

Da quesro brano risalta l'associazione esistente fra la liana dello yajé e il cordone o mbelicale, dovuta alla rassomiglianza nella form a, e alle comuni valenze simbo liche. Più o ltre si verificherà anche "asso­ ciazione simbolica fra la liana-cordo ne o mbelicale e il serpente, un animale frequentemente citato nelle all ucinazioni indotte dallo yajé. Il tema centrale delle differenti versio ni di questo mito è suscerribile di interpretazio ni di natura sessuale. Fra i Tukano, la grande casa comune, la maLoca, rappresenta un utero; la porta della casa simbo­ leggia una vagina; anche la scatola nella quale sono contenuti gli

ornamenti di piume è legata a un simbolismo femminile, poich é le stesse piume di uccelli , specifici ornamenti per gli uomini, vengono interpre tati come lo ro "fertilizzanti". La scena della Donna-Yajé che entra nella po rta-vagina e penetra nella casa-utero, in mezw allo stordimento degli uomini, equivarrebbe, quindi, a un atto sessua,le.

Lo stàto emotivo-visionario indotto dall'assunzione dello yajée quello del mo rnento del coito vengono cons iderati dai Tukano equi vaIenrj;

un'equivalenza che si rispecchia nell'affinità tra le rispettive parole che li des ignano. L6 In un'altra versione del medesimo mito Tukano, il Bambin o-Yajé sopravvisse e si trasformò in un anziano, che custodiva gelosamente il segreto dell'azione allucinogena: le Da questo vecchio formarono il

seme, po iché fu il possessore dello yajé. li desidetio di possedere que­ Sto pene portò alla cteazione del seme. Il vecchio era un do no dello yajé, cioè, il dono dell 'atto sessuale. Essi erano i fi gli ed egli eta il padre)). l ì In questa var iante del miro viene maggiormente esplicitata l'idemirà fra lo yajé e il membro virile, analogamente a quella esi­ stente tra gli effetti allucinatori della li ana e l'atto sessuale. Un payéDesana, commentando alcuni passi del mito d'origine dello yajé - in particolare le motivazioni che avrebbero ponaro il Padre

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Sole a donare la sacra bevanda agli uom ini - fornisce una sp iegazio ne che ci ill um ina sul rapporto fra l'u omo e i suo i allu cin ogeni p resso questa popolazione: Era la luce gialla. Le persone erano come animali; essi non sapevano

come usare la Luce gialla. lL Padre SoLe doveva insegnare Loro come usarla (.) L'umanità aveva bisogno di un mezzo di comunicazione;

era per questo motivo che il Padre SoLe stava cercando Lo yaj" (.) EgLi pensò e pensò, fino a che trovò iL giusto colore che le persone avrebbe­ ro usato quando scelgono le Loro dOline. EgLi diede il coLore aLla gente; diede Loro La Luce gialla. Diede Loro Lo yaj". E dando Lo yajé, diede Loro la Loro vita,· diede Loro Le regole con le quaLi avrebbero vissuto. Una volta che ebbero yajé, essi trovarono i loro argomenti, le loro conversazioni. Ora avevano trovato iL loro posto, anche se era in mezzo ad affin"i ed errori. Lì seduti, nella Casa delle Acque, aveva­ no trovato il/oro modo di vivere. 18 In un'a ltro passo relativo al mito di creazio ne, si ripon a che il Padre Sole creò l'uman ità quando ebbe r"intenzione gialla". Q uesta espres­ sione si ri ferisce all'arra sessuaJe. li co lo re giall o è per i Desana iJ co lo re delrarro sessuale e, al con te mpo, per l'id entificazione simbo­

lica fra q uesto e la beva nda, il colo re del lo ya}é." Q uesto passo espri­ me un concetto basilare dell a cu ltura Desana e, più in ge nerale, delle

diverse popolazio ni tr ibali che utilizzano lo ya}é: questo allucinogeno è la fonte del l"'lIrnanizzazione" dell'uomo, prom omre del processo d i accul tu razione umana. .

Anche fra i Desana che vivono lungo la parte brasiliana del Rio Vau pés - separati da quelli della regio ne colombiana, oltre che dal confine po li tico. dall'insed iame nto di un grup po di Indiani \X1itoro, di lin­ gua e cul tura tupì - è conosc iu ta una versione del miro di origine del caapi, inserita in una lunga cosmogonia. che ai uta a comprendere meglio il rapporto e la sim ulta neità tra gli eventj rela tivi al parto del Cflllpi da pane di una donna o rig inaria. e gli uomi ni testimoni inrerarti vi di questa nascita sovrannatura le. Proni pote del Mo ndo, generato da Bisnonna del Mo ndo (il primo essere aU[Qcrearosj dal

nulla), è il C reato re del Mondo; Boléka è il primo uomo, il primo sciam ano e il capo deUa scirpe dei Desana. La Grande Casa del Ma­ estro di CantO è cons iderata la casa più im porrante (la tren tesima) fra le sessantanove Case success ivamente visitate dal1a lunga [fama cosmogo nica. Gahapf è una va ri ante locale d i Caapi:

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Quando Pronipote del Mondo giunse alla Crande Casa del Maestro di Canto, insieme al fi"{/tello Boléka, Uomo dell'Universo, nacque l'E'sere Misterioso chiamato Cahapi Mahsan, Persona di Cahapi. Ecco come avvenne.

Creatore del i\1onclo e Boiéka fleero un rito con sigaro [di tabacco} e

ipadu {coca'O} per le due prime donne che Terzo Tuono, Serpente Trasformatore, aveva creato da! loro vomito. Una di esse masticò ipadu, l'altra jùmò sigaro. Quella che masticò j padu partorì, e nac­ quero da questo parto gli uccelfi ara e japll e altri tlcceili ancora, dai colori variopinti. Fu così p ossibile Il tutti avere gli ornamenti di piu­ me,

La donna chefirmò sigaro partorì, e da questo parto nacque Persona di Cahap/' nel giorno in cui il Creatore distribul i linguaggi alle varie tribù. Quando avvertì le doglie, le sue garnbe com in ciarono a tremare e ii suo tremito si trasmise alle gambe degli uomini che si

trovavano nella Crande Casa deliVaestro di Canto. Quando poi ebbe il sussulto del parto, questo si comunicò anche aLl'umanità, che era nella Grande Casa. Per riscaldarsi attizzò ilfuoco, il cui caiore si trasmise uguaLmente a tu tta l'umanità. Essa collocò sul suolo su cui doveva cadere il nascituJ'o degli intrecci di afllma di differenti colo ri: stuoia di arllma-ranocchio di foresta; stuoia di arllma-man ioca grattugiata; stuoia di aruma -pioggia; scuoia

di aruma-serpente. La visione della molteplicità dei colo ri di quegli intrecci penetrò negli occhi deli'umanità, che si trovava nella Gran­ de Casa del Maestro di Canto. Mentre bevevano caapi", il baia, il kllllìu e j danzatori videro i disegni sulle stuoie intrecciate che erano apparse magicamente quando nacque Persona di Cahapi. Il kumu proclamava I1d alta voce, uno per lino, il nOl'ne dei disegni, affinché fossero ricordati. Tali nomi erano: quarti di beij u, ginocchio di fan­ tasma, picciolo di peperoncino, losanga, ramo d'albero. Prima che Persona di Cahapi nascesse, la madre perdette sangue. Il rosso di quel sangue impregnò gli occhi dell'umanità. Dopo la nasci­ ta del bambino, la madre recise il cordone ombelicale. Nella visione che gli uomini ebbero, il cordone apparve come piccoli serpenti. Poi la madre andò a lavare Il figlio, che a contatto con l'acqua rabbrivi­ dì di freddo. Anche questo trem ito raggiunse gli uomi"i, Subito dopo dipime il volto del bambi>lo con il colol'e estratto dalle foglie della liana carajuru e con argilla bianca, rossa e gialla. Cii uomini, stimoLttti dal caapl, videro in visione i colori della pittura del volto del bambino. 21

Successivamente, la madre introdusse iL figLio nella maloca dove si

trovava l'umanità, cioè nella Grande Casa del Maestro di Canto. Quando Persona di Gahapl entrò nella maloca, le visioni erano così numerose che nessuno riusciva più a vedere. anzi non riuscivano neppure a riconoscersi tra 10ro. 12

Segue la scena sacrificale dello smembramento del bambino-yajé da pan e degli uomini presenti nel la maloca. Le diverse tribù del gruppo linguistico tukano hanno creato un par­ ticolare sistema di classificazione delle immagini percepite durante lo stato allucinatorio indotto dallo yajé. Esse distin guo no quelle per­ cepite duran te il primo stadio dell'effettO, chiamate t'lOméri ("dipin ­ gere con punti co lo rat i") , caratterizza te da forme geometriche sem­ plici, da quelle percepite durante un se,eondo stadio. chiamate tere, caratterizzate da forme geometriche più co mplesse (griglie, linee a zig-zag. ondulate. ecc.), sino a quelle percepite in uno stadio ancora più avanzato dell'effetto allucinatorio, cos tituite da im magini figu­ rati ve e pittoriche, interpretate dagli indios per lo più come scene mi tologiche. Dalle immagini no,!,-éri e tere, fra le quali rientrano quelle cicate nel mito sopra riportato. è influenzata no n solo rutta rarte tukano, ma anche il loro sistema classificatorio e relazionale del mondo esterno.23 Cinstaneabile Reiehel-Dolmatoff pubblicò la versione Desana di un differente mito di origine dello yajé, in associazione a quello della pianta della coca, nel quale il tema dei parto divino continua a gioca­ re un ruolo centrale. In questo caso, la portatrice sovrannaturale del­ lo yajéè una delle fìglie di Val-mahse, il Signore degli Animali . Vìh6 è una polvere da fìuto all ucinogena ricavata dai bacelli di piante del­ la famiglia delle leguminose:"

11 Sole aveva la polvere vih6 nel SitO ombelico, ma una figlia di Val­ mahs!!possedeva la pianta yajé. Era gravida, e con le doglie delparto andò sulla spiaggia e~ stesa al suolo, si contorceva nel dolore. Ut'la vecchia donna Desana volle aiutarla e afferrò fa sua mano, ma La figlia di Vaì-mahse si contorse così duramente che ella ruppe il suo dito, e la vecchia donna lo prese. Mise il dito nella sua maloca, ma un giovane uomo lo rubò e lo piantò. La pianta yajé originò da questo dito. La stessa cosa successe con un'altra figlia di Vai-mahse.

Quando ebbe le doglie del parto, si contorse sdraiata sulla spiaggia, e una vecchia donna giunse in suo aiuto. Afferrò fa sua mano e ruppe

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una delle dita della '''gazza e lo seppellì. La pianta di coca originò da questo dito." La continuazio ne del racconto non spi ega cosa accada in seguito alle figlie di VaÌ-mahse, in tal modo mutilate, e ai loro figli , ma v'è da supporre che i figli siano considerati oggeni del sacrificio attraverso cu i avviene la trasformazione in pianta. L'informatore Desana del racconto precedente fece un breve riferim en to a un mito in cui sono coinvolte le dira delle mani e le droghe allucinogene: queste ultime "furono rubate, in forma di un dito o di un fallo , da aquile che le porrarono nella Via Lattea»26 (nella cosmovisio ne dei Tukano la Via Lanea è la dimora delle allucinazioni e delle visioni). In un altro mito Desana è riportato che "l'aquila rubò il dito della pianra della coca e lo mangi ò fi no a che non ne fu 5atollo».27 Rirroviamo il simbolismo delle dita in un mito d'o ri gine dello yajé degli Indiani Wiroto - gruppo emico disp erso fra i fiumi tributari del Rio delle Amazzoni, in particolare a occidente del porto di Lerlcia - inserito nel racco nto noto com e "storia di Unamaray" . Questo eroe culturale scoprì le proprietà dello yajé mentre studiava le virtll delle diverse liane della foresta: "Afferrò la liana dello yajé per il suo apice, che non era altro che il dito indice del dio della saggezza, Unamara". 28 Fra i miri cosmogonici dei Tariana, una tribù Tukano che abita in una zona vicino a qu ella dei Desana e dei Tukano veri e propri, lun­ , go il corso del Rio Papur', è presente un mito di origine del caapi, inserito in un più articolato racconto della creazione. 29 Agli inizi dei tempi, Coadidop, una fanciulla giovane e vergine, viveva sola nello spazio vUOto. Con il fumo di tabacco, impreg natO dellarre del suo seno, creò un uomo, il Tuono, e gli impartì il compito di creare altri uomini. Per prima cosa, questo primo uomo-Tuono creò altri tre fratell i Tuoni. Coad idop, da parte sua, e sempre con l'ausilio del tabacco e del latte dei suoi seni , creò due ragazze vergini , due sorelle, Caiçaro e Paramano. 11 raccomo prosegue con la descrizione della creazione della terra e dell' istituzione dei ri tuali femminili del pas­ saggio dalla pubertà all'ado lescenza. A un certo punto, i Tuoni , dopo aver fallito nel tentativo di autoingravidarsi, invitarono le due sorelle a un incontro festoso, durante il quale esse vennero magicamente ingravidate, con l'apparente assenza dei Tuoni, mentre mangiava no, l'una l'abi!,30 e l'altra ipadù. Caiçaro - apparentemente la sorella che ,

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aveva man giato abiL - diede alla luce un b ambino tutto pie no di buchi, J lIrliparì, un noro eroe cui turale delle tri bù tu ka noidi, Illen tre Parama no, che aveva ma ngiato ipadù (coca), died e alla luce il caapi:

Era iL tempo in cui Daxsea, Vanana, Pirà-tapuya, Aropaço. 7ityuca31 arrivavano in [Olmo di pesci, risaLendo iL fiume (noi Tariana siamo stati creati diversamente). Un serpente era la Loro canoa. Avvicina­ rono fa canoa alla riva e scesero; i pesci diventarono gente. Essi videro l'altra delle due sorelle (Paramano) che stava riposando, e dissero: "Questa deve avere un bambino'~ !lfiglio delid prima sorella Uuruparì) fu allevato ,u,i Tuoni, ilfiglio della seconda da questa gente, efu il padre del caapi. Da lui focero il caapi. TImi bevvero il caapi creato da quel fondullo." Inco ntriamo anco ra una volta il tema del sac rifì cio di un ba mbino "sovrannaturale", mediante il qual e il genere uma no ottiene la pia n­ ta sacra. Second o un differente racconto Taria na,33 è ]uruparì stesso a fare d o no del caapi agli uo mini , poco prima di sco mparire definiti vamen te dalla loro vis ta: il caapi sarebbe il suo sa ngue. Ne lla pur ricca mi rologia delle diverse rribù Sh uar d ell'Ecuador, che utili zzano la medesima bevanda, da essi d enom inata natem, no n sem­ bra siano presenti veri e p ro p ri miti d'ori gine dell'allu cinoge no, ad eccezione, forse, di un "mi to cL Na tem" ripo rtato da Pluta rco Naranjo, racco lto [fa i Ji varo. 34 Il racco nto tra tta d i un uom o molro saggio e veggente, una specie di eroe culturale, chiamato Natem, il guaie, dopo ave re insegnato alla sua tribù [a man iera di caccia re gli a nimali e di curare i malat i, divenuto o rm ai vecchio ed esse ndo in procinto di lasciare questa terra, fece sì che il suo sp iri to si reinca rn asse nella pianta d el natem, affin ch é gli uomini avessero ancora la possibilità di inco ntra rlo (so tto l'effetto vis ionario) e di chi ed ergli de i co nsigli . Appaiono (facce di un mito d'origine della lian a al lucinogena in un odierno testo did attico Shuar, d edicato alla corretta preparazione e uti lizw d ella bevand a3' . Un cacciatore dei tempi an tichi, nel tacco­ gliere liane e altre p ian te dall e quali ricavare il veleno pe r le frecce, raccolse un gio rno la sacra liana e la porrò a casa. Durante la notte ebbe un sog no rivelatore del le proprietà visiona rie e cu rative di quel­ la liana. Presso le popolazio ni urbane meticce dell'Amazzonia Peruv iana, l' uso d ella bevanda al lucinogena - qui denominata ayahuasca - è srrena­

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mente finalizzato alla diagnosi e alla cura delle malattie. Le sedute

terapeutiche sono gu idate dal vegetalista, lo sciamano conoscitore

delle erbe e delle loro proprietà. Lormai secolare influenza delle mis­

sioni catro liche ha po na tO, presso queste popolazioni , un ceno gra­

do di sincretismo col cristianesimo riguardo il simbolismo e l'inter­

pretazio ne dell' esperienza visio naria. 36

Luis Eduardo Luna ha ri portato un mi ro d'origine delI' ayahuasca

raccontato da Pablo Am ar ingo, un ex-vegetalista di Pucallpa (Dipar­

timenro dell'Ucayalli), noto per i suoi dipinri influenzati dall'espe­

rienza visionaria indotta dalla bevanda:

Questo è ciò che vidi in una visione che quasi mi uccise. Posso atte­ stare che fra le più remote tribù del Perù, ve n'è una chiamata Shiris, di gra'ndi guerrieri. Fra loro v'era un re chiamato Sillchihuyacui, il quale, dopo essere stato sconfitto da un altra tribù, giunse, affianto dal dolore, in un giardirlO ove egli aveva piantato diversi alberi. Lì egli morì, e venne seppellito nei dintorni. Alcuni anni più tardi, egli apparve in sogno a sua moglie, "egina Gaamacuina, e le chiese di andare presso la sua tomba con alcune deLLe sue principesse, portando con se il suo scudo, La sua lancia, la sua mazza di bronzi) da guerra e la sua fionda, la zucca dalla quale era solito bere, e il SItO vaso per la chicha {birra di mais]. Le diede quindi alcune istruzioni riguardo La pianta che era cresciuta sulla sua tomba. La regina fece come indicato, e mentre stava lasciando Le armi del marito vicino alla tomba, vide con gran terrore che egli emergeva dJ2ILa tomba, col suo corpo brii/ante e radiante di luce, portante una mazza da guerra d'oro fra le mani. La regina e le sue compagne stramazzarono al suolo inorridite, in faccia al terreno, incapaci di guardare direttamente il re. Una di loro iniziò a urlare: "Ayaruna/! Reim i.'! Ayaruna/!': IL re disse: "lVon abbiate paura, sumac huarmicitas. Ascoltate le mie parole, affinché in futuro siate in grado cii comu,nicare con me. Mo­ rii triste e amareggiato a causa di unl1 sconfitta che non fui in grado di prevedere. Ogni volta che lo desiderate, potete ricevere buoni con­ sigli e conoscenza su altri mondi. Ho fotto crescere una pianta filoii dai miei capelli. Questa liana è cresciuta e si è arrampicata all'albe­ ro vicino alla mia tomba, e li è fiorita, producendo semi. Da questa pianta prenderete delle fette, e la chiamerete ayahuasca. 37 Ecco per­ ché le canzonP8 che questa pianta insegna sono tristi e mejanconiche,

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come sefossero suonate su arpe e quenas. 39 E dovete mescolar/a con fa pianta chiamata chacru na40 che sta crescendo vicino ai miei piedi.

Con l'aiuto di queste due piante sarete in grado di vedere colori fon­ tastici e suoni, e sarete in grado di sviluppare la vostra psiche e acqui­ sire profonda conoscenza dnlfe eu/t/tre det passato".41 Siamo ben lontani dalla ricchezza simbolica e dall'o riginalità dei miti precedenti; in o ltre, dell'origine sovrannaturale della sacra pianta, collocata in itlud tempore, ai tempi delle origini dell'umanità, non v'è più traccia.

Uno degli informatori mes,izo di Luna affermò che fra gli Zaparo del l' Ecuado r amazwnico si ri teneva che la liana dell 'ayahuasca creb­

be dalla carne e dalle ossa di un uomo ucciso da suo fra ,elio; dal suo corpo si formò la pianta ehacruna. 42

C itiamo, ancora, un miro d'origine dell'uso della beva nda, registra­

ro nel 1948 daAlfred Métraux presso la piccola tribù dei Cashinahua, stanziata lungo il Rio Curanja, nel Perù sud-orientale:

Le proprietà into55icanti delfhoni (ayahusca) fitrono rivelate agli uomini da uno spirito flmminile delt'acqua. Un uomo che aveva

o55ervato le SIle [dello spirito dell'acqua} relazioni intime con il tapiro, riuscì a catturarla. Essa lo portò sott'acqua e gli diede un decotto di ho ni, che provocò strani turbamenti in lui, ma anche g/i foce vedere visioni meravigliose. 7òrnò in questo mondo e rivelò il segreto agli uomini deLla tribù. Fu inghiottito successivamente da numerosi ser­

penti, ma gli rimase ancora il tempo per insegnare agli (altri) uomi­ ni come usare layahuasca. 43

'

Più recentemente, A. Marcel44 ha riportatO un'estesa versione di questo miro, il cu i nucleo non si discosta dalla precedente.

Anche presso i Piaroa del Venezuela del Sud la sacra bevanda, chia­ mara da'dii, viene offerra all'eroe cu lturaleWahari da un serpente gigante, O huoda'e, suo antena to sovrannaturale. 45

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PEYOTE

Il peyote' è un piccolo cactus che vive nelle zo ne desertiche del Mes­ sico settentrionale e degli ad iacenti territori degli Stati Uniti. Le po­

polazioni che vissero e si susseguirono pe r diversi millenni Sli questo

territorio, hann o f} ve rso le regioni del sovrannaturale:

In jhinjhgarh viveva Korwassi Dewar il Baiga e ma moglie Andaro. Avevano una figlia il cui nome era Suknibai. Mahadeo venne per servirfa come Lamsena, e lavorò per cinque anni nella loro casa, Ma il Dewar e sua moglie non diedero cibo a sufficienza al ragazzo) con

il risultato ch'egli o'ebbe molto magro.

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Quando ii servizio di cinque anni fit compLetato~ iL Dewar e sua moglie dissero il Mahadeo: "Ora vai e chiama i tuoi parenti e cele­ breremo iL tuo matrimonio': Mahadeo chiamò tigri, orsi, serpenti, scorpioni, e Li portò aLla sua festa di matrimonio. IL Dewar aveva raccolro una grande quantità di cibo e di liqum-e, e quando vide gli animaLi e i rettiLi alLa fista di matrirnonio di Mahadeo~ si arrabbiò moLto, poiché diceva: «Chi mangerÌl il festino che ho procurato?".

Allora Mahadeo, con il suo potere magico, foce il1 modo che gli ani­ mali dicessero che avrebbero bevuto il liquore del Baiga, ma i serpen­ ti e gli scorpioni dissero: "Noi dobbiamo avere ganja (canapa)". Il Baiga offrì le tazze di liquore agli orsi e ttlle tigri per bere, ma non aveva ga nj a, e si domandò come ottenerla. Alia/ine, inviò sua mo­

glie a raccoglien foglie di datura e, quando le portò a Cilia, le spre­ mette fino a c~e cadde a terra una goccia di sl/cco. Da questa goccia

nacque la pianta di canapa. Allora, il Baiga prese l'acqua di dodici taniche efoce una pipa grossa come dodici aie. Miscelò le foglie di datu ra con l'acqua, riempì la pipa, e la offrì da bere ai serpenti e agli scorpioni. Presto divennero ebbri e si misero Il danmre. Mentre i serpenti danzavano - a quei giorni avevano la posizione eretta come gli uomini - i loro posteriori si ruppero, e da allora strisciarono piatti suL ten-eno. 8 Il rapporro tra ganja e datura è qui ambivalence, sino a giu nge re a u na certa identi ficazio ne dell e due piante nel passo in cu i la pozio ne acq uosa d i datura viene offe rra ai serpenti e agli sco rpioni - entramb i animali velenosi - dentro a un a pi pa, strumento co m un emente im­ p iegato pe r fumare la canapa e la sua resi na. A rigor di logica, la canapa appena creata, e non la datura, dovrebbe essere offerra dal Ba:iga ai se rpent i e agli scorpioni, ma la sostituzione nel testo potreb­ be vo ler prop ri o sotto lineare l'equivalenza simbolica e funzio nale fra le d ue pian te. II seguente racconto, tra tto dalla m edesima seri e di quello preceden­ te, è anch'esso ambientJro in un mo ndo zoo-mitologico fanrasrico arcaICO: Maisur Dewar viveva nella giungla RanjhukaroLa, e si manteneva filando i vestiti. Un giorno, quando era nella profònda foresta, trovò un cobra nero femrnùza e se ne innamorò. Prese l'abitudine quoti­ diana di andare a massaggiare le sue mani e i suoi piedi. Un giorno lo fice con tanto vigore, che si sentì stanco e si Lamentò profondamen­ ,

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te. Il cobra femmina pensò: '1l mio Dewar è stanco, come posso man­ dargli via la stanchezza?" Si graffiò la testa ed estrasse due semi e gLieli offrì. "Pianta questi - disse - e quando gli alberi cresceranno,

raccogli lefoglie. foi una pipa di terracotta, efumarle) ", Ma Dewar p er errore prese le foglie con acqua, e ciò Lo rese così ubriaco che non potè nè vedere, nè udire. 9

In questo racconto, come in quello precedente, è riscontrabile un'asso­ ciazione sim boli ca fra la canapa e i serpenti ; in quest' ul timo, anzi, i primi semi del la pianta originano dalla testa d i un co bra. Q uesto rapporto sim bolico porrebbe essere molto arca ico, e porrebbe esse re stato elaboraro nel le regioni meridionali delJ'Ind ia. Va ricord ato an­ che, che il cobra è il serpente sacro a Shiva; esso accompagna costan­ temente la di vini tà nelJe rappresentazioni iconografì che. Il motivo del l'e rro re commesso nella preparazione e nell'assunzione

della prima dose d i d roga vegetale. con conseguente eccesso di ineb riamen ro di colui (o di coloro) che la es perimentano. si presenta anche in altr i m iti che riguardano d ifferenti piante psicoartive. I mistici sufì della Persia tramandano una leggenda sulla scoperra degli efferri psicoarrivi del1a canapa, dov uta all'attenta osservazione e all'intuizione di un monaco. Rjporri amo la ve rsione proposta da Paolo Mantegazza nel 187 1:

Haidel; capo degli asceti e dei jlagelùmti, viveva fra le più rigide privazioni su di un monte fra Nishabol' e Rarna, dOlle aveva fondato

un convento di fochiri, Egli viveva già da dieci anni in quella solitu­ dine, senzaverla mai lasciata per un'ora; quando in un !l'orno ar­

dente d'estate partì tlltto solo pei campi, Al ritorno il suo volto bril­ lava di gioia, accolse le visite dei suoi confrateLLi e li invitò alla C011­ versazione. Interrogato sulla sua letizia narrò come avesse trovato nella sua gita una pianta~ che sotto il calore più soffocante sembrava

ballare alsole piena di gioia, mentre tutte le altre se ne stavano torpide e tranquille, Egli allora raccolse di quelle foglie e ne mangiò, Con­ dusse colà i suoi frati; tutti ne mangiarono e tutti divennero allegri. Pare però che lo sceicco Haider usasse specialmente di una tintura

alcoolica di canape. perché un poeta arabo canta la coppa di smeral­ do di Haider. Questi sopravvisse dieci anni alla Sila scoperta, e quan­ do rnorì, i suoi discepoli, assecondando un suo desiderio, piantarono suLla sila tomba una pianta di canape. Da quella tomba santa si

spa"e l'haschisch ne! Khorasan, 'o

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E' probabile che, originariamente, questo racco nro ve nisse traman­ dato segretame n te fra i memb ri d elle sene sufì, i quali ado narono l' uso della canapa fra le tecniche di modificazione della coscienza ch'essi praticavano per scopi mistico-ri velatori. La ca napa è considerata anche un potente afrod isiaco, un a proprietà che emerge dalla seguente leggenda ne palese riguardante il dio Shi va e la sua sposa di vina Parvati: Shiva, il creatore e distruttore del mondo, viveva con la sua compa­ gna Pal'vati sulla cima del monte Himalaya , il tetto del m ondo. Ma non rimaneva mai in casa, bensì amava vagare suLLe montagne, ove si dava ai piaceri conviviali con le ninfe celesti. Ciò dùpiaceva a Parvati. Cosi ella si mise a cercare un meZZfJ per legare lo Jposo Il se e alla elISa. Trovò una pianta di canapa, della quale portò con se i resinosi fiori femminili. Appena Shiva fece ritorno a casa, Parvati gli diede da fumare Id canapa. Immediatamente Shiva, colto da gran­ de eccitazione e da infinita concupùcienza, afferrò la sua compagna. Con divina beatitudine essi si unirono. Shiva sperimentò un'estasi santa, che più tardi dOtlella aprire le porte del paradiso ai suoi adoratori. Da allora) Shiva rimase con la sua sposa Parvati. E sem­ pre, prima di unirsi, fomavano la canapa. Per questo, la canapa è il miglior afi'odisiaco: è stata donata agli esseri u.mani perché possano vivere insieme felici nella pace domestica. Il

. La mot.Ìvazione d ell'uso della canapa come afrodisiaco "per la pace domestica" ha un carattere più profano dell e motivazioni del suo uso, a scopo srrenamente religioso, del monaco sufì d el passo prece­ dente; un fa tto che uadisce una certa mo derni rà del raccon to. Inol­ t re, questo non rrana dell'origine del la canapa: Parva ri "rrova", e non crea, la pianta che farà fwnare allo sposo divino. Riportiamo, an co ra, un'anri ca leggenda cinese, nella quale il motivo d egli effetti visio nari d ella canapa è accompag nato da ulla descrizio­ ne sa rcastica e ridico lizzan te della loro scoperta: Un contadino aveva raccoLto una specie di canapa e, dopo averla fotta seccare in tm capanno, l'aveva venduta al governo, che aveva bisogno di corde per le navi della marina imperiale. Un anno, l'aiu­ tante del contadino - u.n ragazzo grasso e pigro - s'addormentò men­ tre sorvegliava ilfuoco neL capanno dove si seccava la canapa. Poc~

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dopo, una favilla incendiò il capanno, e fù una fortuna se il ragazzo riuscì a svegliarsi in tempo e a correre per chiamare il contadino. Quando tornarono, il capanno bruciava allegramente, e per un caso fortunato, un colpo di vento soffiò quelfùmo inftrnale verso di loro. Tossendo e qUflSi soffocando per quello che avevano respirato, il con­ tadino e il ntgazzo si diressero verso un grande campo lì vicino, d ove jùrono vinti da un fungo sonno da ubriachi, pieno di sogni paradisiaci e di donne lascive. Quei sogni furono così vividi che il contadino, al suo risveglio, decise di rinunciare a picchiare il ragazzo, e di mettersi invece subito al lavoro per costruire un altro capanno e fore un altro raccolto di canapa. Quando il nuovo capannofu riempito di canapa fresca, il padrone diede fuoco a una fascina, ve la gettò dentro e si inumidì un dito per vedere da che parte timva il vento. Ancora una l/olta respirarono fiano in abbondanza e furono sopra/fotti da sogni decisametlte lascivi; una volta svegliatisi, costruirono, riempirono e incenerir01w un altro capanno. Altri capanni si consumarono tra le fiamme, mentre il contadino e l'aiutante jùmavano sempre di più queila canapa che faceva sognal'e. 12

Si evidenzia in questa leggenda uno sfondo denigrarorio nei con­ fronti deg li efferri della canapa o, forse, solamente, nei confronti del rapporto dei contad ini co n la pianta. E' interessante notare come il tipo di ca napa che provoca i sogn i visionari ai due contadini sia quella coltivata per le sue fibre, un fatto che dimostra una consapevolezza di amica da[a circa il po tenziale psicoanivo anche di questo tipo di canapa.

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SOLANACEE

La grande fam iglia deUe Solanacee an novera generi e specie di pialHe di gra nde importanza alimentare per l'uo mo: la patata, il pomodo­ ro, e anche un fo lto gruppo di p ia nte m ed ici nali , toss ic he e aJJ ucinoge ne. Diverse specie, ora largamente impiegate in rutti i COI1­ ri n enri, so no ori gin a rie d el le Ame ri che , e la loro di ffu s io ne exrracol1 tinenraJe è datata ai periodi post-colombian i.

Fra gli aJ lucinogeni vegetali, le solanacee psicoa[[Ìve rappresentano il pill fol to gruppo biochimico. 1 Si (ran a di specie tossiche, oltre che PSiC03 tt ive; a certi dosaggi, gli effetti sull' uomo ris ulrano prevalente­ mente psicoattivi, mentre, co n dosaggi a volte d i poco superi ori. subentrano efferri maggio rmenre tossici per il co rpo. spesso letali. Per q uel che riguarda il loro effetto psichico, q ues te piante inducono un tipo particolare di es perienza, e non è u n fatto casuale che alcuni ùud iosi le abbiano classifì cate in una categoria a pan e, q uella dei "delirogeni".2 Un'al tra cararreristica riscon trata frequentemente nel­ l'uso d i tali piante, a dosaggi medio-alti, risiede nell a diffìcoh à d i ricordare, in segui to, ciò che si è vissuto dura nte l'esperienz.:,l. Il loro utilizzo in dosi sbagli ate e in un contesto inadeguato, può provocare effe tti devastant i sulla psiche wnana (d i ripo, per r appu nro, del iran­ ti). D i ciò sono ben consapevoli i consumarori tradizionali , che han­ no elaborato siste.mi cerim o ni ali di p uri fì cazione e di preparazione fisico- psichica all 'uso di queste piante. allo scopo di assicurare un a buona riuscita dell 'esperienza (ovvero, d i ass icurare la rispos ta esperenziale pitl attesa e meglio interp retabile nel co ntesto cultu rale in cui essa avv iene). Le solanacee all ucinogene sono U[ilizz..1te dai tem pi preistori ci come enteogeni , strum ent i magico-divinatori, e medicine dagl i effett i porrenros i. Era proba bil mente una sola nacea - neUa tattispecie la

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mandragora - l'erba mo(y della maga C irce in O mero, tanto celebra­ ta dai poeti greci e romani. E' una solanacea - un a specie di DahtraO di Solandra - la malevola pianta-spirito che, presso gli Huichol del Messico, e a un li\'ello mitologico, osa sfidare il potente e benevolo spi rito del peyo te, rimanendo ne sopraffa tta. E' ancora un a solanacea, u na datu ra, la pian ta che, insieme aHa canapa indi ana, è prescelta daJ di o indiano Shiva e dai suo i devoti . Inoltre, un gruppo di ben nOte solanacee eutopee - mandrago ra, giusquiamo, bellado nna, datura - è da considerare come la fo nte principale delle esperie nze visio narie dell e "streghe" dei peri odi medievali, le quali mescolava no con do­ vuta pe rizia qu esti ingredi enti nella preparazio ne degli un guenti impiegati per "volare" 3. No nostan te l'importanza che queste piante hanno avutO nell a storia delle culture euro pee, l'o pera secolare deU'Inquisizio ne sembra esse­ re riuscita nel suo intento di smantellare le relative conoscenze ac­ quisite e tram and ate per secoli . Anche i miti e le credenze relative a qu este pi an te europee hanno fo rtemente risenti to del l'opposizione ecclesiast ica, col risultato che ci sono pervenuti solo rar i pass i che le riguard ano, con moti vi originali sepolti daUe srratifìcate incrostazioni dell ' interpl'etatio cristiana.

Datura Tutte le specie del genere Datura so no potenti allucinogeni . Si pre­ sentan o com e arbus ti 'piuttosto ramificati, e aJcune specie del Sud Ameri ca, ca ratte rizzate da dimensio ni arbo ree, sono stare recente­ mente inserite dai bo tanici in un distin to genere di Solanacee, quel ­ lo de Ue Brugmansia. Le dature hanno Ra ri a calice molto appari­ scenti, d i colore va riabile; i fru tti sono per lo più spi nosi, e conten­ go no ciascun o centi naia di semi. Nell'impiego a scopo allucinogeno della pianta, le foglie, la radi ce e i semi sono le parti più freq uente­ mente utili zzate; vengono consumate direttamente o ne viene pre­ parato un decorro. Po tendo essere co nsumate diretmmentc, il lo ro uso, in vari e pani del mo ndo, po rrebbe avere un'età molto antica, originando nei periodi neolitici dell'umanità, o essere ancora prece­ dente. No nostante ciò, i datj archeologici a ri guardo sono pochi , co ncentrati principalmente in No rd Am eri ca, dove riguard ano le antiche popolazioni Pueblo e altri gruppi di pra to-Indiani ' Nelle Ameri che, le Darure s sono largamente utilizza te nei ri ti inizia­

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tici e in altri tipi di cerimon ie religiose. Possono essere considerate come gli allucinogeni pie, diffusi nel Nuovo Mondo, fra gli ap ici generativi di quel "complesso narcoti co" amerindiano, evidenziato da Wesron La Barre'" Presso gli Z uni - indiani pueblo del Nuovo Messico - la D inoxia, chiama ta a-neg-Ia-kya, viene utilizzata dagli "sciamani del la pioggia" durante le sedute no([u rne: essi ne masticano la radice per comuni­ care con gli spiriti . Per gli Z uni, questa pianta ha un'origine divina, e appaniene agl i sciamani della pioggia, cbe sono gli unici ai quali è concesso raccoglierla. Q uesti ritengono che, quando uno sciamano consuma una certa quantità di radi ce di datura, Ida pioggia verrà sicuramente il giorno dopo la consumazione della medicina (datura), a meno che colui alla quale è Stata data non abb ia un cuore mal va­ gIO>!.

Un altro cuti oso ucilizzo della pianta riguarda ]'ind ividuazione del responsabile di un furto. La persona derubara si appella allo sciamano della pioggia, il quale raggiunge di sera l'ab itazione del derubaro, portando COI1 se un pezzo di radi ce di datura; nelle dovute condizio­ ni di oscurità e di assenza di fuoco, lo sciamano fa consumare al derubato la sacra medicina, lo rin chiude in una piccola stanza del­ l'abitazione, e si mette in attento ascolto in una stanza attigua. Quan­ do gli effetti deUa "medicina" iniziano a farsi sentire. il derubato si muove, scalpita, e parla dicendo cose apparen[emenre senza senso; durante il suo delirio verbale, si ritiene ch'egJi pronunci il nome di colui che lo ha derubato. TaJe nome viene prontamente captaro daJlo sciamano in asco lto. La manina seguenre) il deruba to non ri ­ corda nulla di ciò che ha detto o ha t:'ltto durante la notte, ma sarà lo sciamano a rivelargli il nome del responsabile del furto .? M.C. Stevenson riportò il seguenre racconro zuni su ll'origine del­ l'a-neg-la-kya Ci D ivini so no figli gemell i del Padre Sole):

Nei tempi antichi, un ragazzo e una ragazza, fratello e sorella (il l/ol/1e del ragazzo era A'neglakya e il nome della ragazza A 'neglakyatsi'tJa), vivevano nelL'interno deLLa terra, ma di frequente venivano neL mondo eJterno e gir01lagavano, osservando moLto atten­ tamente ogni cosa che vedevano e udivano, e ripetendo tutto alla loro madre. Questo costante pariare non piaceva ai Divini. [ncontrando il ragazzo e La ragazza, i Divini chiesem; "Come state?': e il frateLLo

e la sorella risposero: "Siamo felici" (A volte A'lIeglakya e A'negiakyatsiisa apparivano sulLa terra come persone vecchie). Es; i

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disse~'o ai D ivin i come potevano fare un

SOn1W e vedere spiriti, e come potevano caml1zinare per un po' e vedere uno che a veva com­ messo un f urto. D opo questo inco ntro, i D ivin i co nclusero che

A'neglalryll e A 'neglalryatsi'tsll sapevano troppo e che sa>~b bero stati esiliati per sempre da questo mondo; così, i Divini causarono fa scom­

parsa delfratello e della sm~11a nella terra per sempre. Nell/togo dove i d ue discesero, spuntarono d ei fiori - fiori esattamente come quelli ch'essi po rtano su ogni lato delle 10m teste quando sono in visita sulla terra.8 I Divi1~i chiamarono la pianta a' neglakya, dal nome del ra­ gazzo. La pianta originale ha 'm olti bambini sparsi sulla terra; alcu­ nifiori sono tinti d i giallo>alcuni di blu, alcun i di rosso, alcuni sono tutti bianchi - i colori che provengono dai quattro punti cmdinali.'J

"Vedere spiriti" e "ved ere il responsa bile di un furto" sono pro prietà magiche e parano rm ali, considerare ripiche degli effetti delle darure, possedute nel raCConto dalla co ppia di ragazzi - fratell o e sorella - e rrasferite, in seguiro, alla prima pianta di d atura, nella quale semb ra­ no implicitamente confluire entrambe le valenze, maschile e femmi­ nile, det lo Stato modifì cato di coscienza (s pesso in fo rma di vera e propria "possessio ne") indotto da qu es ra droga.

Nel ca pitolo d edi caro al peyote, trattando dell a mirologia degli Hui cho l del Messico settencrio nale, si era acce nnato al fa tto che in essa è presen te un raccon to, appartenente al ciclo cosmogo nico, che ri ferisce di un a lona mirica fra 1'eroe culturale Kau yt'lInari - qui nel ruolo di "spirito del 'peyote" - e Kiéri T éwiyari, Persona- D atura, personifìcazione della D. innoxia, il toloache dei Messican i. Gli Huichol considetano questa pianta (chiamara kiéri o kiéli, o anch e Arbol del Vien to) come il capo sovrannaturale degli stregoni, e le attr ibuiscono poteri malvagi, in netta contrapposizione ai poteri benevoli elargiri dal peyo re. N el racconto, è Ka uyum ari a uscire vittorioso dalla lotta, uccid endo Persona-D atura. C ome hann o posro giustamente in rilie­ vo Pe(cr Furst e Barbara M ye rhoff, che hanno racco lto e d iscusso un'estesa ve rs io n e d e l mito d i Ki é ri T éw iyari , IO qu es ta contrapposizione fra le due figure mitologiche è molto probabi lmente frutto dell' ideal izzazione d.i una conflittualità di poteri realmente verifi catasi all' interno della stori a religiosa e cul(llraJe huichol, fra il culto del pe)'ore e quello della darura. Q uesti due auro ri so no giunri alla concl usio ne che gli Huicholutilizzaro no la datura prima di adot­ tare il peyote, nonostante, nel mi ro, il peyote sia considera to pre­

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es istente alla nascita di Persona-Datura, e quindi all a sua tras torma­ zio ne nell 'omonima pianta. Il ciclo di Kiéri T éwiya ri inizia con la nascita di questo essere sovran ­ natura le dal ve nto. Si n da piccolo, dalla sua bocca fuoriescono pipi­ suel li, lupi, serpenti, e altre creature identifì cate con la strego neria, con le malanie e con la morte. Kiéri T éwiyari agisce co me un vero scia mano, un mard'akd me: utilizza il tamb uro sciamanico, le sacre frecce cerimoniali, e offre ad altri la datura; alcune del le sue vittime i mpazziscono, al tre apprendo no l'an e della stregoneria, potendo così inviare malan ie e morte. A questo punro del racconto interviene Kauyamari, il quale affronta Perso na-Datura. lniziaLllente, q uesti cerca di sfuggire al destino mu tando più volte la sua torma; qui ndi, chiedendo aiuw al Padre So le, fa un ulcimo tentativo di sfuggire al duel lo offrendo a Kali)'umari (Uno il suo sape re in cambio cleUa vita, ma egli rifiuta, poiché già conosce tutro ciò ch e gli serve sui segreti del rivale. Nella lotta che segue, Kauyumari lancia de ll e frecce con­ tro Ki éri, il quale renta in vano di difendersi, vo mitando tutti i tipi di cose cattive in forma di colori brillanri. Ma Kallyùmari (o KallymaIi) neutralizza il potere del suo nemico per mezzo del peyote, e uccide infine Kiéri co n un a freccia al cuore. In realtà, .Kiéri non muore, non può morire, e viene quindi trasfo rmato nella pi anta deUa datura: Quando [Kiértj morì, non morì. Solamente la sua anima ritornò al vento, dove era nato. Quando morì, quando le frecce di Kduydmari lo uccisero, si trasformò. Giunse a una rupe dove poter crescere, per essere trasformato in Albero. Poiché Nostro Nonno e Nostro Padre non lo avrebbero ammesso in alcun luogo: "Sei malvagio. Perciò resti qui in questo m ondo!': Giunse alfa rupe e Lì cadde fa sua anima, cadde come una pietra. Lì si trasformò in Albero, che corninciò ti crescere, a crescere verso l'alto, sino ad arrivare al quinto livello; un albero con cinque rami. Allora il vento ebbe comptlSsione; lo soffiò

per di qua e per di là, nelle cinque direzioni. Gli disse: "Là, in quei campi; là stai verde, là puoi crescere': Il

Kiéri non ha un sesso ben defìniro: a volre è uomo, a volte è donna. Più specificatamente, viene ri ferito che è uo mo quando la persona che ne rimane posseduta è un a donna, m entre è donn a quando la persona possed uta è un uo mo. 11 Il numero cinque è ri co rrente nel simbolismo huichol: ricordiamo le cin que direzio ni, le ci nque frecce necessarie per catturare il cervo­

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peyote, le cin que im pronte dell'orma lasciata da un cervo, e le cin­ que costo!arure di cui sono normalmente dotate le pian te di peyote, considerate le più sacre e le pred ilette dagli sciamani. Riportiamo di segui(Q una versione estesa dello stesso mito, raccolta

da R,M, Zingg nel 1934:

Però, quando erano passati appena lO giorni da quando Kallymdli avetJa ammansito il Sole e aveva fatto sparire la malattia mediante i suoi canti e le sue cerimonie, il perverso sciamano Kieli Tewiali in­

gannò la gentefocendosi pagareper un cantofolso, Attraverso il crepitio deljùoco, Tatevali (Nonno Fuoco) disse a Kauymdli che ciò non a",~b­ be causato alcun danno importante, sempre che si fossero messi Il intonare canei corretti in altra cerimonia. La malattia {/ncora una volta iniziò ad attraversare il mondo. . Per tanto, Kau)'l1uili si mise a cantare, usando al contempo le sue piume di sciamano con i crotali di serpente a sonagli. Per mezzo di questo pennacchio da sciamano afferrò una reaka. 13 La teaka venne gettata alfuoco. Dopo, gli animali vennero puLiti ritualmente con erba, per curarli. Il pasto contaminato venne poi bruciato. Sebbene Datura, lo stregone, avesse fabbricato le ulll tuweli l 4, Kauymdfi non ne aveva paura. Si impadronì di queste frecce e le scagliò contro gli animali e iL mais, prima che Datura avesse offerto

il polline della datura ai quattro punti cardinali, Nel canto che segu.ì, a Kauymdli venne detto di catturare il perverso

sciamano, Datura" e di tagliargli l'orecchio e l'alluce del piede affin­ ché fuoriuscisse il sangue. Qu.esto sarebbe stato il castigo per Datura per la sua stregoneria. Oltre a questo, a Kauynuiti venne ordinato di

legare il perverso sciamano, e di portarlo fino al folò all'interno del tempio, Poi, seguendo le istruzioni delle grandi dee del mare, doveva b,-uciare la Datura Ile!folò e seppellire il suo corpo in un luogo molto lontano.

Quando Kauymdli fece ciò, dal corpo bruciato dello megone spuntò una pietra.

Poiché il Sole temeva ancora le grandi dee del mare, decise di aiutare

Datura, sempre che questo gli pmmettesse di aiutarlo nelle sile lotte con le dee della pioggia, Di conseguenza, il Sole trasformò Da,ura affinché fosse meno cattivo. Gli consegnò una rancheria in un luogo vicino al mare, do've ci sono cinquanta scogliere. Lì crebbe la datura.

fl perverso sciamano [ne] mangiò 1m pezzetto di foglia, e in tal modo non pote'più toccare

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il peyote. Preparò i suoi p arajèrnalia allo stesso

modo in cui lo fanno gli Jmichol per una cerimonia. Poi celebrò la prima cerimonia di magia nera, che ancora oggi eseguono gli huichol

malvagi. Le grandi dee del mare inviarono a Datura un armadillo femmina. Questo animale divenne Jua sposa. Poiché Datura era ancor più

malvagio che buono, Armadillo smise di essere una grande dea del mare per trasformarsi in un animale. Agli huichol mangia Le zucche~ perché nei _primi tempi le aveva mangiate per disseminare i semi nelle quattro regioni del mondo. Le venne comandato anche di rnan­ giare larve e vermi. Ancora oggi larmadillo si nutre in questo modo. 15

G li sciamani huichol che praticano la magia nera (strego neria) man­

giano un pezzo ~i foglia di datura. ma non devo no toccare il peyore.

G li Huichol rirengo no che, se quakuno mangiasse datura e peyote

ass ieme, porrebbe inebriarsi fìn o a morire.

La ve rsione d i Z ingg prosegue co n il tentativo di Kauyma,li di co n­

trastare gli effetti noci vi della magia nera della Datuta, dal cu i cada­

vere (p rima di essere trasformato nella pianta omonima) erano fuo­

riusciti lupi. serpemi, fe lini, e altri animali che ancora oggi terroriz­

zano gli Huichol. Kauymali decide, per questo, di consultare il dio

Sole, con l'ausilio del peyote:

Per questo scopo venne preparata una cerimonia. Come auspici di

buon esito, il Sole collocò dieci collane di peyote' mllaltare. Ciò me felice la gente. Macinarono ilpeyote e lo mescolarono con il tesguino. 17 Ciò nonostante, commisero l'errore di bere la miscela prima della conclusione della cerimonia, e si ubriacarono, e impazzirono alpun­

to che Kal/ymdli temerte per la loro vita. Ma Kal/ymdli poté risanar­ li sputando" sul peyote che era rimasto. Diede quindi agli uomini un pezzetto di queJto peyote. per via deL quale essi si calmarono e poterono rimanere seri durante tutto ii canto del mito. 19

Mediante la cerimonia di consu ltazione e durante questo canto,

KauymaJi apprende che il dio Sole avrebbe placata la sua collera pro­

vocata dal falso canto della Datura, solo se gli fossero stati offetti

parafernalia cerimoniali nel paese del peyote (nel mitico luogo di

W irikuta, presso San Luis Porosi). e se fosse stata eseguita la danza

del peyote in determinate cerimonie (la cui nascita trova un'origine

causale proprio in qu esro mito).

~incompatibi lità fra datura e peyote, segnata da precisi tabù rimaI i,



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è descritta anche in alt ri racconti mitologici. [n uno di questi, rac­ ca iro da T. Knab, viene riferito di come Kayuyamari una volta cercò di prendere un ra!TIO della pianta-d io kié/i con lo sco po di "rubare la sua magia". Come pu ni zione per tale audace azione, Kayuyamari venne trasFormato in pietra. Tuttavia, essendo un dio, il suo cuore, dopo aver assunro la forma di un framm ento di quar,lO, tornò all a grotta degli dei; in tal modo egli continuò a vivere. La for mazione rocciosa che si dice sia il corpo di Kayuyamari , può essere oggi vista sulla scogliera, sopra la parti co lare pianta-dio kié/i, dell a quale Kayu ya mari aveva cercato di rubare un ramo. 20 Lo stesso autore offre un'aJtra versio ne del mito d'ori gine del kié/i, ma identifica la pianta con alcune specie di Solandra, appartenenti all a medes ima fami gli a dell e Solan aceae, e anc h' esse potenti allucinogeni , dagli effetti affini a quelli della d'"ura. Queste piante, chiamate kié/itsa, "cattivo kiélt, vengono impiegate dagli sciamani huichol nel corso di riti segreti, ed è questo Stato di segretezza a creare una certa co nfusione fra gli antropologi e gli etnobotanici nell'identificazione del Riéli. Nella versione di K nab della battaglia fra Kiéri Téwiya ri e Kau yùmari, vien e specifìcato che Kié ri vomitò tutta la sua stregoneria sul mondo per ferma re Kauyumari, cosicchè egli non ebbe più nulla per sconfiggere Ki uyL'ln13ri. 2 L In questa ver­ sio ne, Kiéri Téwiyari appare potente e pericoloso, ma non totalmen­ te malevolo c, dopo che si è trasformato in pian ta (Datura o Salandra che sia), gli viene affìdato il compi to d i governare sui venti. Presso l'a ttuale gruppo etni co Tepehuan del Messico Occidentale, è srato raccolw un racconto che tratta del tofoache. Q uesto termine deri va dal nihuatl tofoatzin~ «testa inclinata", così chiamata poiché si ri tiene che i semi di ta le pianta abbiano la proprietà di fa re addor­ mentare, quindi di fare "inclinare la testa", A una attenta osservazio­ ne, il ra cco nto parrebbe contenere la trama di un mito delle ori gini della pianta, rrasfiguratO in seguito all'interpretazione cristiana:

Cerano due fratelli che erano molto pigri ed erano entrambi musici­ sti, Non volevano cercare nè mais nè aftro, e La madre li rimproverò percfJé non cercavano mais, Essi si misero a canzmillare fino a giun­ gere a una pianura. Si avvicinarono a un burrone che stava su un'af­ ta rupe e videro che lì vera una vasca d'acqua. Stavano morendo per la sete, e abbassarono le loro foscie per bere acqua, Ma non era acqua ciò che brillava: era ,unaro. Allora presero tutto il denaro. Il Fratello

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maggiore se ne andò con tutto il denaro lasciando lì il minore, nel

mezzo del burrone.

Passaro no cinque gt"orni, e dopo cinque giorni cadde una scala di

denti di vipera (cuamecate). Allora, poiché Dio lo aiutò, egli" sal!

,fino t'n cima, e là sul bordo trovò il suo violino, e si m.ise a suonare gumdando Il oriente. Là scorse un fùmo molto alto fino al cielo, e

allora di,.,-e: "Che Dio mi dia il permesso di giungere fino a quel fiono ". Così andò per il piano suonando fino a che vi giunse, e tutto

nebbia. Si stava riposando, quando giunse una ragazza molto bella alla la­ gtma. Le propose il matrimonio e la ragazza acconsentì. Vissero in­ sieme per un anno, e il Toloache ritornò con le sue cose e con la mI

consorte. Arrivando, disse a stia madre di sistemare la casa, di erigere un piccolo altare, p oich1 ritornava con moglie. Q uando la vecchia se ne andò, non vide altro che una vipera. La vecchia si arrabbiò col

figlio e andò a prendere la moglie. E la portò e la mise in un altare. Dalla fattoria della vecchietta, L'acqua si trovava molto lontano, e la moglie chiese in prestito una brocca per andare ad attingere l 'acqua. La vecchiaie disse che avrebbe impiegato un giorno intero per anda­ re e tornare. Afferrò la brocca e immediatamente, lì vicùlO, compar­ ve un pozzo. E tornò Il casa. Arrivando, disse aLla suocera che aveva farne. La vecchia le disse che non aveva nè rortilfas, nè mais. La donna le disJe di avvicinarsi afla madia per vedere se era vero. Si JjJorsero, e la madia era piena di mais; Ji avvicinarono a un'altra, e questa era piena fino in cima di mais colorato, e l'altra di mais gial­ lo.. E vissero cosÌ alcuni giorni di piacere. Aflora il Toloaehe si cercò una donna, un'amante. Le amanti erano la Tlaeoache e Corvojemmina. Usciva tutte le notti per ballare. Poi

iniziò a sospettare il Mais, che era la moglie di Toloache. Allora Tolotlc;'e fitggì e la dorma se ne tornò dalla madre. Ed egli andò presso di lei, e le chiese perdono e tornò a prenderla. E vissero alcuni giorni in accordo. In seguito, egli riprese a mortificarla e Mais se ne

andò dal padre, Dio Nostro Signore; gli disse che se avesse accordato le setteparole, l'avrebbe perdonato. altrimenti no. Non potè accorda­ re le sette parole; giunse appena a cinque.

Poi Dio Nostro Signore disse a San GiovanrJi Battista e a San Giu­ seppe di battezzarlo, ma egli n.on si prestò. Aliom lo affimtrono e gli inchiodarono la testa in un tepetate. 23

Probabilmente, la parte fi nale del raccolHo originale riguardava la

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trasformazione di Toloache nella pianta omonima; l'influenza cri­ stiana, eliminando quesro motivo e sostituendolo con quello del rifìu­ to del bauesimo e dell'uccisione di Toloache, senza la successiva ri­ nascita vegetale, ha svuotato di significato l'intero raccon to. Un interessante mito sulle origini di differenti specie di darura è presente fra il gruppo Jlvaro degli Aguaruna, stanziato lungo il corso superiore del Rio Mayo, nel Perù settentrionale. G li Aguaruna uti­ lizzano quattro specie di Datura?i ciascuna con specifiche modalità e finalità d'uso: per curare, per stregare, per l'acquisizione di visioni. Una di queste specie, chiamata mamabaikua, non viene coltivata dagli indigeni, bensì è raccolta allo stato selvatico. Le al[re tre specie, chiamate baikua, bltkute tsuak, ve ngo no coltivate, e nel mito vengo­ no farre originare dal corpo d_i un uomo, che personifica la prima specie di da tu ra, quella selvatica: . Tempo fa, un giovane uomo si trovò ad essere affamato mentre tor­ nava da un viaggio di caccia. Si fermò a mangiare i frutti di mamabafkua, non conoscendo la pianta, e presto cadde in un pro­ fondo sonno come fosse morto. \lénne trovato dalla sua famiglia, la

quale lo portò alla sua casa. Dopo molto tempo si svegliò eparlò delle visioni che aveva avuto. EgLi era ora un waimaku.25 Altri giovani iniziarono a piantare fa pianta mamabafkua, così da poter ricercare i sogni che li avrebbero resiwaimaku. Un altro giovane (chiamato Bikut in molte versioni del mito), che non aveva mai avuto.rapporti sessuali con una donna, bevve i/succo di mamabafkua venti volte. Dopo aver preso mamabaikua così tan­ te volte, egLi poteva vedere Le cose come uno sciamano. Se urta donna

lasciava la casa per commettere adulterio, egli lo vedeva e le tagliava la testa con un macete. EgLi poteva dire se un uomo era venuto a mangiare dopo aver defecato senza essersi lavato le mani. Egli vede­ va se un uomo aveva commesso incesto, e uccideva sempre una simiLe

persona con la sua lancia dicendo agli altri: "Non vedete che questa era una persona cattiva, che aveva appena avuto rapporti sessuali con sua sorella o qualcun'altra nella sua fomiglia? Egli è qui giunto {on i suoi vestiti coperti di vermi. Un uomo coraggioso che mangia

con lui diviene un codardo", egli disse. Uccise molte persone, e alla fine venne legato con corde dagli altri. Durante questo tempo, era in atto una guerra con queLli della parte inferiore deL fium e (Huam bisa). Costoro uccisero moLti Aguaruna.

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!l giovane Bikut venne slegato e gli venne tlata la sua lancia affinché potesse combattere. Egli si bagnò, tirò indietro i suoi capelil: e si svestì. Poi andò incontro ai suoi nemici. Poiché ii suo sogno era così forte, uccise molti Hllamhisa. Uno di

quelli tlella parte inforiore tlel fiume si recò presso un riparo nella foresta per cercare una visione uguale a quella di Bikut. Egli ottenne una visione, e ferì Bikut in battaglia. Infine, i nemici della parte inferiore del fiume uccisero Bikut. Essi lasciarono il suo corpo sul terreno, e venne bruciato dalla sua famiglia. Dal flmore destro tlel corpo tli Bikut crebbe shiwang baikua, e tlal femore sinistro crebbetahimat bikut. Dalla sua spina crebbe muntuk rsuak. Da queste piante, i nostri anteuoti presero le piante che ab­ biamo oggi: baikua, bikut e tsùak 26 Nel testo non viene illronraro il tema dell 'ori gine della datura selva­ tica, il mamabafkua, ma in un aJrro racconro aguaruna, registrato da Brent Berlin nel 1977,27 si riporta che il mamabaikua venne creato quando Nungkui. un "donatore" mitologico di manioca e di tutte le altre piante coltivate, trasformò molte di queste in specie simili, ma meno utili. Esiste una relazione di reciprocità fra l'eroe e le piante del mito. Seguendo Michael F. Btown, «Bikut acquista i suoi poteri attraverso l'uso del mamabaikua, ed è implicito che i tre discendenti del mamabaiklla che sorgono dalle sue ossa acq uistano il loro potere per virtù delle sue gesta come visionario e guerriero. Egli, cosÌ. aiuta le piante nel trasformarsi da uno stato naturale a uno culturale, ed esse ricambiano, trasformandolo da una persona o rdinaria a un eroe culturale»." Anche in questo racconto, come in quelli degli Huichol , risalta la stretta relazione esistente tra la pianta - o meglio, tfa gli effetti della pianta - e la stregoneria. Tale relazione è ambivale nte, conseguentemente all'ambivalenza della stessa stregoneria, nei suoi opposti aspetti funzionali benevoli e malevoli. Nel racconto aguaruna è l'eccesso di ch iaroveggenza, indono da un forte uso della datura, che trasforma Bikut da un perso naggio socialmente benefico a uno socialmente dannoso. Le tribù Huachipaite e Zap iteri del gruppo indigeno Mashco, stanziate nei dipartimenti peruviani amazzonici di C uzco e Madre de D ios, utilizzano la Brugmansiax insignis (Barb.­ Rodr.)Loclnvood, chiamata xayapa, per curare e per ottenere delle visioni. Per gli Huachipaire, Xayapa era un uomo che, un giorno, si avvicinò alla fatto ria annuncia ndo la sua trasformazione in una "me­ dicina", e quindi si mutò in pianta. l ?

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Nel Vecchio Mondo, la Datura metelL., di o ri gine as iatica, è la spe­ cie più diffusa e la pitl u ti lizzata co me narcoti co, fra le popolazio ni euroas iatiche. In India, essa è ri tenuta una delle piante sacre a Sh iva, e i suoi appariscenti fìori bianchi ve ngo no offerti sugli altari, nei gio rni dedi cati all'ado razione di qu esta di vini tà. I fiori di datura so no anc he tra i più frequenti atrributi nell' ico nografia del dio, collocati sull e sue trecce insieme a un teschi o e all'immagine di un quarto di luna.30 Nel Vttmana Purano, si ripo rta che qu esta pianta nacq ue ori ~ ginalmenre dal petto di Shiva, 31 La stessa Datura metei è cirata nel testo cinese di Materia Medica 'Peu t'sao kang mu, scritto nel 1590 da Li-Shi -Chen; q uesto autore riporta che il nome d ella pianta, man t'o fohua, è preso da un noto sutra buddista, in cui si afferma che quan­ do Buddh a predica un sermone, i cieli irrora no i petal i d ei fiori di qu esta pian ta co n gocce di pioggia. Second o una piil antica tradi zio­ ne tao ista, il nome della pianta è q uello d i u na delie stelle circumpolari, e si ritiene che ogni messaggero, maJ,daro d a questa stella sull a terra, tenga nella sua mano un o di questi fi o ri . Per tal e motivo, i C inesi chiamano questo fiore con lo stesso nome d ell a stella." Si potrebbe q ui ravv isa re la traccia di un antico mi ro d 'origine della pianta, che la d escri veva come originaria del mond o as trale.

Mandragora Presso le culture d el baci no del Mediterra neo, la mandragora" pos­ siede una lunga tradiz ione co m e pi a n ta m ag ica , afro disiaca, allucinoge na e medi cinale. E ' una delle più rin omate piante d ella strego neri a medievale eu ropea, ma le sue virtù sono nOte fin dal II millennio a.C. La conoscenza di ques ta pia n ta è inFatti tes timoniata da reperti archeologici egiziani a partire dal XIVsecolo a.c. (d urante la Di nastia), e immagini d ella pianta sono State identificate in antichi bassorilievi a Boghaz-ke ui. Assieme alla nin feaJ e "femmina", è stata fonte di ispirazione nella mitologia, nelle credenze e nei riti relativi a qu es ta pian ta. Come aveva evidenziaro Mircea Eliade,41 i racconti su lla mandrago ra hanno influenzato un più vasto cerchio di miti ri guardanti piante dalla grossa radice, e fortemente antropomorfizzate nella loro imer­ pretazione simbolica. Un'altra nota radi ce del medesimo gruppo mirologico è il ging-seng. In diverse fo nti d ei periodi medi evali, è ripart'ata la credenza secon­ do la qual e, quando un condannato a mo rte viene impiccato, nel mom ento in cui muore, emette il suo seme, o la sua urina, che, ca­ dendo al suolo, d anno o rigin e alla mandrago ra. A qu es to tema segue solitamenre la descri zio ne del procedimento per la raccolta deUa pian­ ta: si riteneva che chiunque tentasse di sradicarl a, ma anche chiun­ .. . . . . que VI IIlClampasse lI1aVVe rrl[am ente, o VI passasse troppo VICIl10, ne m orisse. La raccolra si basava sul sacrificio di un ca ne, per lo pitl nero, che veniva legato per la coda o per il collo, alla radi ce della pianra: nei momento in cui, co rrendo in direzione opposta alla radi ­ ce, l'avesse srad icara, il cane sarebbe mano. E' un racconto diffuso nei paesi germanici, in Isl ~nda, in Francia e altrove. H E' probabile che il rema dell a nascita dell a mandrago ra d alle gocce di sperma o dall 'urina di un impiccato, facesse originariamente pane di un mito di origine della pianta. La perso na impiccata - un con­ d annato a morte per rea ti gravi, oppure per furto, ma innocen te, come viene specificato in ruverse fOllri - sarebbe quindi s[ata un cer­ ro uomo, probabile protagonista d el raCCO nto originari o: nella cra­ sformazione del mito in credenza popolare, scompare il motivo d ella condanna iniqua, e l'analogia viene riferita a ogni co ndannato im­ piccato. II rappo rto fra mandrago ra e morte è p resente in altre cre­ denze, com e qu ella che associa la sua presenza a luoghi ove siano se ppelliti dei cadaveri (i dintorni di un cimitero sarebbero il suo habitat preferito). Nella cultura greca, è stato evidenziato un certo rappono fra la mandragora, il cane, e la dea Ecate;4J il regno di questa ten ebrosa

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divinità ddr oltretomba è identificato proprio con j cimiteri. A un differente mito originario potrebbero essere farri risalire un gruppo di racco nti popolari e mitologici presenti nelle culture euro­ pee, arabe e asiatiche. Da questi racconti emerge un tema collocato al tempo delle origini dell'uomo, nel quale l'uomo stesso viene farro originare dalla mandragora, sfruttando, a questo sco po, l'immagine fortemente antropomorfa (o antropomorfìzzata) della sua radice. ((I primi uomini sarebbero stati una famiglia di gigantesche mandragore sensitive, che il sole avrebbe animato e che, da sole. si sarebbero distaccate daJIa terra); oppure, 1(l'uo mo apparve ori ginariamente sulla terra in forma di mostruose mandragore, animate da una vita istinti­ va, e che il soffio dell'Altissimo costrinse, traslllutò, sgrossò, e infine sradicò, per farne degli esseri dotari di pensiero e di movimento pro­ prio (..) Da ciò potremmo dedurre che la mandrago ra è legata a un miro d'origine dell'uomo»,44 Sebbene non si trarti di un miro d'ori­ gine d ella mandragora, è interessa nte nota re come, in qu este cosmogonie, l'origine della pianta sia ritenu ta più antica di quella dell'uomo. Un mito d'origine della mandragora è presente nella seguente leg­ genda, raccolta in Siria da M.R. Puaux:

Quando Dio creò il mondo, si riservò La creazione degli esseri viventi suLla ten-a, nelle acque e neLl'aria; ma, neL suo contratto con Satana, aveva dimenticato ilsotto-SIIolo. Lo spirito del Male, geloso del Cre­ atore. volle, anche lui, fabbricare degLi uomini e deLLe donne viventi sotto terra, Il suo genio inventivo, ma incompLeto, non portò che alfa plasmazione informe delle mandragore. Dal momento che queste, strappate da te17'd, penetrano neL r-egno di Dio, cessano di vivere,45 Come si vede, un mito d'origine della mandrago ra vero e proprio, ben srru([urato non ci è pervenuco; solo qualche traccia isolara e continuamente rimaneggiata ha incontrato una certa fortuna nella credenza popolare e nella favolistica. Resta il fatto che la mandrago ra è stata considerata una pianta primordiale, creata ptima, o ai primordj, dell'umanità, ed è probabile che, seguendo Massimo Izzi, "la local iz­ zazione della mandragora in Paradiso (o comunque in un giardino primordiale, teatro della creazione prim.ige nia), sia antecedente al cristianesimo,},46 Fo rse, ciò che si avvicina maggior mente a un mi to d'origine, se non proprio della pianta, del suo uso, lo incontriamo neUe fonti più an­ l

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riehe che trattano della mandragora, nella cultura egiziana. Si tratta

di un racconto chiamato Distruzione e salvataggio del genere umano,

che si è conservato in va rie tombe regali, e appaniene alla letteratura

egiziana di caratrere strettamente rel igioso.

In questo racconto, il dio solare Ra ha intenzione di punire gli uomi­

ni perché no n lo venerano. In via quindi la dea Hatho r a distruggere

l'umanità. Ma cambia id ea, ed escogita lino stra tagemma per fe rma­

re la dea, che è già pronta alla strage:

Disse allora Ra: "Chiamatemi messaggeri che corrano rapidamen te,

che si affrettino come l'ombra di un corpo".

Furono portati allora questi messaggeri sull'istante. E disse quindi fa

Maestà di qliesto dio: "Recatevi Il Elefontina, e portatemi didit in

quantità': Gli j;,rol1o portate questedidit, e la Maestà di questo dio grande foce che i/ Chiomato" che abita a E/iopoli macinasse queste d idir, e che inoltre schiave spremessero f'orzo perfarne birra. Quin­ di, jùrono pO:ite queste didir in questa bevanda, ed essa fu come il sangue degli uomini.

Sificero 7.000 brocche di birra. Venne quindi la Maestà del re dell" Valle e re del Delta Ra con questi dei per vedere questa birra. Ora~ venne la mattina dell'uccùione clegLi uomini d.a parte del/a dea nei giorno in cui essi rientravano. Disse allora la Maestà di Ro: "Quanto è bello questo' Con questo io proteggerò gli uomini/" Disse Ra: "Portatelo al luogo dove eJ~·a vuole uccidere gli uomini",

Si levò presto la Maestà del re della Valle e re del Delta Ra, al t"mi­ ne della notte, perfare che si ver:iflSSe questa bevanda sopo rifera. Fu­ rono cosÌ- sommersi i campi per tre palmi sotto f'acqua,48 per la po­

tenza della Maestà di questo dio. Vénne allora questa dea del mattino presto, e trovò questo sommerso.

Bella ne fu la sua foccia, ed essa si mise a bere, e fil una cosa gradita

al suo ctiore, tanto che se ne venne ubriaca, e non riconobbe gLi uo­

mnll.

DÙJ'e allora fa Maestà di Ra a questa dea: "Benvenuta in pace, o

diletta' Uamyt) '~ E questa fù l'orzgine delle Giovanette di Jamu 4 9 Disse allora la Maestà di Ra a questa dea: "Si facciano per lei bevan­ de soporifere nella celebraz ione della festa annuale, e si distribuisca­

no alle schiave': Questa è l'origine de! fa'~ bevande soporifere in distribuzione alle scbiave per la fista di Hathor da parte di tutti gli uomini fino ai primo giorno. 50

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Le piante didit, come le d'dym in ugaritico e le duda'im in ebraico, so no le mandragore. Concordi amo con le conclusion i di Izzi: «No n siamo di fronte a un semp lice resoconto di una terapia: siamo al cospetto di una sorta di seconda antropogenesi, di un salvataggio dell'umanità. La mandrago ra qui non è un semp lice sonnifero, ma un a radi ce di vita, lo strumento scelto dal dio per la salvezza del mo nd o\>j51 un mito d'origine dell'uso della mandragora, attraverso l'isriru zione di un cul to che prevede il suo consumo rituale.

Tabacco In un recente articolo, Si lvio Pagani presenta la pianta del tabacco com e segue: Il tabacco '- nelle sue du e principali specie Nicotitma tabacum L. e N rustica L - è o riginario dell'Am eri ca del Sud e di qu ell a Centrale. La sua diffusione e il suo utilizzo come droga volu rruari a fra i popoli occidentali , sono sto ri camente frutro del con­ tatto fra il Nuovo e il Vecc hio Mondo (in maniera ana loga ad altre spec ie vegetaJi origin ari e dell e Am eri che, des tin ate a diventare cultigeni primari neJl e eco nomie agricole di tUt to il mondo, quali il mais, la patata, il pomodoro, ecc.). Nelle Ameri che, il tabacco è sta­ ro e viene ancora impiegato come un puro allucinogeno, capace di indurre modificaz ioni del lo stato di coscienza che frequentemente raggiungono la transe e l'''uscira'' dal corpo. L'uso del tabacco ri entra nel la maggior parte dei riti reli giosi dell'Arneri ca indigena, e tale pianta viene utilizzata come mezw di com uni cazione con gli spiriti. E' inoltre ritenuta ulla indispensa bile "medicina" nelle cerimonie sciamaniche di cura, insieme ad altri allucinogeni (ayahuasca, datura, ecc.), op­ pure da solo, ricoprendo efficacemente il ruo lo di vegetale sacro, di strumenw "psicodiagnosti co"52. Una pratica diffusa fra gli sciamani dell'Amazwnia consiste nell'espellere i mali dal co rpo del malato att rave rso il fum o del tabacco, precede nte mente inalato dall o scia mano;5J inoltre, il fumo del tabacco è denso di valenze sovranna­ rurali che si rispecchiano nei numerosi luoghi mitologici am erindiani (il G rande Fumo, la Casa del Fumo, ecc.). Presso le culture originari e, il tabacco è dunqu e considerato e i'Her­ pretato come una pi a nta visiona ri a ed enreogena; un fatto co ntraddirorio con la nocività e l'assenza di effett i allucinoge ni attr i­ buite a questa droga dalla culrura occidenta le. V 'è chi ha cercato di porre un rimedio a questa stridente co ntraddizione chiamando in

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causa vari fattori: le differenze nei mod i d i assun zione, dei process i

di lavorazione della pi anta, le diffe renze biochimiche fra i cultiva r.

D'altro lato, v'è chi ri tiene che le di ffe renze nell'approccio culturale

al tabacco siano la causa di reazion i così contras tanti. Rico rdiamo

che, in Europa, il tabacco 54 fu in izialmente consideratO come una

miracolosa pianta medicinale, e che l' idea che esso sia dan noso alla

salute è una recente appropriazione deUa cultu ra occidentale.

Nel l'America del No rd, il tabacco viene sopratturto fu mato, ma nel­

l'America del Sud, diverse rribill'assumono per via nasale, o rale (suc­

chiando ne le foglie, tenute fra le ge ngive, o, pitl di rettamente, be­

vendone un in fuso), e persino retrale. Il rapporto de ll 'uo mo con il

tabacco potrebbe essere moltO antico, mi Uenario, e la sua ricca e

sedimentata mitologia avvalorerebbe questa ipotesi. E' noto che i

principali popoli centro- e sud-a mericani del periodo de lla Co nqui ­

sta avevano riservato un ruolo signifìcativo al tabacco all'interno delle

pratiche rel igiose, così come nei pantheo n d ivin i, e i resti archeologici

aztechi e maya sono ricchi di vestigia d i tale culto. 55

I miti sull'origine del tabacco e sul suo uso sono nu merosissimi: in

pratica, ogni trib ù indigena americana ha elaborato un mi to d'ori gi ­

ne deUa pianta. Anche fra le popolazioni indigene del Vecchio Mon­

do, che hanno ado[(aro da alcuni secoli il tabacco come loro droga, o

pian ta sacra - come quelle africane o ind iane - ritroviamo miri in cui

la scoperta del tabacco è considerata di origine d ivina, o sovran natu­

rale.

Il seguente racconro è stato raccolto presso i Warrau della Guiana.

Esso contiene tutti gli eleme nti relativi all'app rocc io sacro con la

pianta, adottato da questa popolazio ne:

Un uomo aveva vissuto con una donna per molto, molto tempo: que­

sta era bravissima a fare le amache, ma non poteva avere bambini.

Allora egli prese con se una seconda compagna; da essa ebbe un bam­

bino, e cosi fo folice.

Il bambino. Kurusiwari, crebbe rapidamente, e mentre la matrigna

tesseva L'amaca, soleva andare adattaccarsi aLla corda sospesa, allen­

tandola. La vecchia sopportò per un po' tutte queste noie, ma un

giorno che il bambino era ancora più fostidioso deLsolito, gli disse:

"litI' via e mettiti a giocare laggiù ". /1 piccolo obbedì, si allontanò,

ma presto trotterellò indietro e di nuovo prese Il giocare con La corda.

Allora la donna lo respinse, di modo che il bambino cadde per terra

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e pianse. Nessuno notò L'incidente, e nessuno lo vide uscire dalla casa. Suo padre e sua madre intanto giacevano insieme nella loro amaca, ed era giorno inoltrato quando s'accorsero della sua mancanza. Il bambino non si trovò da nessuna parte. cosicchè essi andar01w da un loro llicino e lì VIdero il loro bambino che giocava con alcuni altri bambini. Spiegarono ai loro vicini la ragione della lo~'o visita, come fossero venuti a cercare il loro piccolo e così, passando da una cosa a un'altra, entrarono in animata conversazione, e dimenticarono il loro vero scopo, col risultato che quando ebbero finito di chiacchiera­ re, non si trovò più non solo il loro bambino. Kurusiwari, ma nep­ pure uno dei bambini dei ioro vicini, Matura-UJari. COSt. i quattro genitori si misero alla ricerca dei due bambini, e andarono aLla casa di un 'vicino, dove ii ·videro giocare con un terzo bambino, Kdwai­ wari. Ma anche in~ questa cllsa accadde ciò che cm accaduto nell'al­ tra: tutti i genitori cominciarono a chiacchierare e dimenticarono il loro vero JCOpO, finchè si accorsero che tutti e tre i bambini mancava­ no. Si ebbero così sei genitori alla ricerca di tre bambini; ma, alla

fine del primo giorno, la terza coppia abbandonò la ricerca, e alla fine del secondo giOl'no la seconda coppia fece altrettanto, Ne! frattempo, i tre bambini aveV(,lnO continuato a vagabondare, facendo amicizia con le m arabu ntas [ve~pe variopinte}, che a quei

tempi parlavano ma non pungevano. Fu.rono questi bambini che dissero alle vespe nere di pu.ngere la gente e alle vespe rosse di dar loro anche la febbre. E fil quando i bambini arrivarono sulla spiaggia del mare, ch'essi furono raggiunti dalla prima coppia di genitori. 1'-'1a essi ormai non erano più bambini, bensì ragazzi grandi. I genitori espressero la loro gioia per averlifinalmente ritrovati, e, llaturalmente, si aspettavano di vederli tornare a casa; ma il capo dei tre - Kunw:wari, il ragazzo che era mancato dalla prima casa - disse: «lo non posso tornare. Quando la mia matrigna mi ha respinto, sono caduto e ho pianto, mentre voi non mi avete neppure rivolto uno sguardo. Non tornerò ':

Ma quando il pad,~ e la madre lo implorarono con le lacrime agli occhi di ritornare, egli cedette e promise loro che, se avessero costruito

una adatta hebu-anoku ["Casa dello Spirito'] e lo avessero 'èhia­ mato" con il tabacco, lo av,~bbero visto. Egli e gli altri due ragazzi attraversarono ii mare, e i genitori tornarono a casa. Non appena vi furono giunti, il padre cominciò a costruire la 'casa

dello Spirito", e quando questa iù finita, vi bruciò foglie di papaia,

foglie di cotone e foglie di caffè, ma tutte furono inutili: non c'era

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"forza" in nessuna di queste, e una simile forza poteva essere fornita soLo dai tabacco. Ma Il quei tempi non avevamo qui questa pianta: cresceva lontano, in un'isola ai di là del mare. Non so se quest'isola fosse Trinidcrd o no, ma noi Warrau In chiamiamo Niho-yuni [''sen­ za uomini"}, perché era popolata soltanto da donne, secondo quei che ne raccontano i nostri vecchi. Dunque, il padre addolorato spedì una specie di aironeS6 a prendere qualche seme di tabacco; ma questo uccello 11011 tornò, ed egli inviò varie alfre specie di uccelli marini, uno dopo l'aLtro, e tutti ebbero fa stessa sorte. Venivano uccisi dalLa donna che stava di guardia, non appena si posavano suL campo di tabacco. Perduta ogni speranza di veder mai tornare nessuno dei suoi messag­ geri, egli si recò a consultare un fratello, che gli portò una gru. Que­ st'uccello andò a cercarsi un posto, per passar"vi La notte sulla riva del mare, in modo da essere pro11to a partire di buon'ora il mattino se­ guente. Mentre si stava riposando, venne il suo piccolo amico, iL colibrì, e gli domandò cosa stesse focendo: "Mi preparo per domattina - gli rispose - debbo volarefino a Nibo-yuniper prendere il seme di tabac­ co". IL colibrì si offrì di andare lui ili sua vece, ma l'altro considerò assurda la proposta. e gli ricordò che la sua barca era troppo piccola e che sarebbe andata a fondo. Per nulla scoraggiato. però. l'uccellino si svegliò prima ciel giorno, com'è sua abitudine, e, dicendo "fo vado': si alzò in volo. All'alba. la gru aprì le ali e, navigando maestosamen­ te. già aveva percorso metà del viaggio. quando vide il colibrì che lottava nell'acqua. . Questi aveva fotto 1m coraggioso tentativo, ma naturaLmente non poteva avanzare contro vento. La gru Lo raccolse e se fo posò sulla parte posteriore delle cosce, che sporgevano aLl'indietro. Questa posi­ zione andò benissimo per il piccolo colibrÌ fintanto che non capitò aLcun incidente; ma quando La gru si mise Il fare i propri bisogni, III faccia del colibrì s'insudiciò, ed egli si trovò costretto a fidarsi ancora delle proprie ali. sicchè raggiume Nibo-yuni per primo. e vi attese la sua grande amica che giunse poco dopo. Egli disse alla gru di rima­ nere lì mentre sarebbe andato al campo del tabacco; era piccolo. po­ teva volare veLocemente, e nessuno lo avrebbe visto mentre rubava il seme. Stava dunque mettendo in opera il suo piano, quando la don­ na di guardia cercò di coLpirlo, ma egli era troppo astuto e, saLtando rapidamente di fiore in fiore, subito raccolse quanto seme gli occorre­ va e tornò daLla gru. '/Imica - disse - torniamo Il casa adesso ': e flcendo seguire l'atto alle parole. l'uccellino pme il volo. e questa

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volta, sospinto daL vento, giunse a casa per primo e senza incidenti.

Qui consegnò il seme al padrone della gru, e questi lo passò a suo fintello, dicendogli di piantarlo. Una volta piantato, il seme crebbe rapidamente, e quando le foglie forono diventate ben grandi, il fiu­ tello gli mostrò come preparare il tabacco. Ilfratello lo mandò anche a cercare della corteccia per avvolgere la foglia," ed egli portò il winnam6ru che era proprio quello che serviva. Lo mandò poi a cer­ care ! hebu-mara ro [sonaglio}, ed egli portò zucche di tutte le di­ mensioni, ma alfa fine tornò con una zucca che aveva staccato daL

lato ad est dell'albero; questo era quel che ci voleva. Il padre senza figliolo cominciò dunque a 'cantare" con il sonaglio, e ilfiglio e gli altri due giovani vennero alla sua chiamata; adesso essi erano tre spiriti, e tutti e tre, rivolgendosi a lui come a un padre, chiesero del

tabacco, cf/egli dette loro. Sono questi medesimi tre spiriti del Tabac­ co, Kurusi-wari, Matura-wari e Kdwai-wari, che sempre rispondo­ no quando il sonaglio del piai58 li chiama, e, naturalmente, fo il povero padre abbandonato che divenne il primo piai , tutto per il

gran dolore che ebbe per aver perduto il SItO bambino e per il deside­ rio di rivederlo ancora una volta. 59 C . Lévi-Strauss, che ri porta un riassunto e discute quesw miro nelle sue Mythologiques, fa notare come quesro sia da ricollegare a un più generale grup po di miti guianes i, riguardan ti l'origine delle bavande narcoriche, fra le quali figura il tabacco macerato in acqua. GO rn que­ sro e in altri racco nti Wa rrau, il tabacco è consideraro presente, nei tèmpi mitici, in un'isola al di là del mare o in mezzo al mare, luogo privilegiato poiché sede dell'al di là e del regno dei morti e degli spiriti. li fatto che il primo uomo - il padre citato nel racconm - che impiegò il rabacco per contattare gli spiriri . sia divenuto, per diretta conseguenza, il primo sciam ano, è significativo dell' impo rtanza at­ uibuita a questa pianta nelle teorie e nelle pratiche scia man iche. Nella mitologia amerinda, si incon trano numerosi rife rimenti che associano il co librì con il tabacco, come nel racconto warra u in cui l'uccello è l'artefice principale del recupero dei semi di tabacco. C iò può essere in parte spiegato con il fatto che questi piccoli uccelli sono soliti nidifìcare presso questa pianta. li colibrì è il personagg io principale anche del seguente racco ntO mitologico dei Cherokee, una tr ibù nord-americana, attualmente stanziata in un territorio fra il Tennessee, l'Alabama e la Georgia: Agli inizi del mondo, quando uomini e animali erano simili, cera



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una sola pianta di tabacco, presso la quale tutti si recavano per [pren­ dere} il loro tabacco, fin quando le oche Dagul'ktlla rubarono e la portarono fontano verso sud La gente soffriva senza di essa, e c'era una vecchia donna che divenne così magra e debole, che ciascuno pensò che sarebbe presto morta se non fosse stato possibile darle del tabacco per mantenerla in vita.

Diversi animali si offrirono per andare a cercarlo, uno dopo l'altro, prima i più grandi e poi i più piccoli, ma i Dagtìl'k,11i vedevano e li uccidevano tutti quanti, prima che potessero raccogliere la pianta. Dopo gli altri, la piccola làlpa tentò di raggiungerla viaggiando sot­ to ten'a, ma i Dagitul'kit scorsero la sua traccia e la uccisero appena sbucò fuori. Alla fine si offrì il Colibrì, ma gli altri gli dissero che era troppo piccolo e che avrebbe ben potuto starsene a casa. Egli li supplicò di !asciarlo tentare, e così essi gli mostrarono una pianta in un campo, e gli dissero di mostrar lum ii modo in cui si sarebbe aV1Jicinato [alfa pianta). Il momento dopo egli era andato, ed essi lo lJidero seduto sulfil pianta, e poi il momento dopo era nuovamente dietro, ma nes­ suno lo aveva visto andare o venire, poiché era molto veloce. "Questo è il modo in c-ui agirò ", disse il Colibrì, e così lo lasciarono tentare. Volò verso est, e quando giunse in vista del tabacco, i Dagl'd'ki't erano t1itti alla sua ricerca, ma non erano in grado di vederlo poiché era così piccolo e volava rapidamente. Egli si lanciò sulfil pianta - tsa.' - e strappò via la cima con le foglie e i semi, ed era già lontano quando i Dagld'ktt compresero cosa era accaduto. Prima di giungere a casa con il tabacco, la vecchia donna aveva perduto i sensi, e la si credette morta, ma egli [il Colibrì} soffiò il

filmo [di tabacco} nelle sue narici, e con un grido di "Tsd'li1!" ["là­ bacco''] ella aprì gli occhi e fil di nuovo in vita 61 LI tabacco assume in questo racconto il valore di "erba dell'immorta­

lità", che riporta in vita i mo ribondi; lIna pia nta dalla quaJe d ipende

il benessere di tutta la com uni tà. II coli brÌ è un uccello sciamanico,

adottato per simboleggiare il "volo" dello sciamano, e anzi, nel rac­

co nto cherokee rapp resenta probabilmente lo stesso sciamano. E'

infatti questO uccello a ridare vita alla vecchia do nna. soffiando nel le

sue narici il fumo di tabacco: un'operazio ne magico-terapeutica pe­

cul iare delle pratiche degli sciamani ame rind i.

Non ma ncano, un po' ovunque, mi ti che f.'10110 originare il tabacco

dal cadavere o dalle tombe di perso ne decedute per morte violenra,62

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o dalle ceneri di uno spirito della foresta bruciato mentre risiedeva in un albero. 63 In altri racconti , la pianta o i semi di tabacco vengo no donati agli uomini da cerri animali, in particolare uccelli, considera­ ti spiriti protettori degli sciamani; così, presso gli Irané (MUnkU), vicini dei Mundurucu, è un avvo ltoio a dona re la pianta a un uomo,6~ mentre presso gli Yanoama dell'Alto O rinoco (Venezuela) si ritiene che «quando gli an imali erano ge nte, Wasciò (pippistrello) fu il pri­ mo che coltivò il tabacco. Un giorno, inco ntrò un uomo Yanoama, e lo in vitò a prova.te il tabacco (... ),.65 In un racconto degli Shuar dell'Amazw nia equadoriana, noto come ((mito di Etsa", il tabacco nasce dai genitali di un mostro, dopo che questi è stato affrontato e ucciso da Etsa, un eroe culturale che si trasformerà, alla fine delle sue gesta terrene, nel sole.66 In vari racconti cosmogonici e antropogonici sudameri cani, il tabac­ co gioca un ruolo-chiave, inserito nell e storie del la creazione, quale age nte fondante del divenire e del comporranlento umano. 67 Esso gioca un significativo ruolo anche nelle mitologie degli Indiani del Nord America, i quali hanno fatto del tabacco e della sacta pipa i loro principali oggetti di cul to. In uno di questi racconti, della rribll dei Piedi Neri, la consapevolez­ za delle magiche proprietà del tabacco, e l'opportuna maniera di trartarlo e di uu lizzarlo, vengono ricevute in sogno da quattro uomi­ ni di potere, fratelli fra di loro, i quali, tuttavia, non intendono con­ dividere qu esta conoscenza con gli altri uo mini e, costituendo fra loro lIna Società del Tabacco, ne mantengono segreto il culto. Eppu­ re, proprio la manca nza della pianta fra la gente comu ne è causa di irrequietezza di spirito, di tensioni, di g uerre, e di malvagità. Un giovane uomo, di nome Discorre da Solo, ri ceve allora dai castori la pianta, e la conoscenza dei canti e dei riti ad essa ded icati, e insieme alla moglie potta il sacro tabacco a tutte le tribù." Appare sottinteso che, co n il d iffondersi del tabacco fra tutti gli uomini , sia terminata l'era della discordia e della malvagità. I Crik di lingua maskoki dell'Alabama possiedono un mito in cui la prima pianta di tabacco nasce nel luogo dove un a giova ne coppia aveva consumato un rapporto sessuale. e questa associazione fra il vegetale psicoattivo e l'amp lesso è ancora più signifì cativa se si con­ sidera che i Crik chiamano la pianta del tabacco hitci, ma quando la fu mano la denominano nello stesso modo con cu i indicano l'am­ plesso, haisa.(,') Abbiamo già incontrato una simile identificazione fra lo stato modificato d i coscienza, indotto da un vegetale psicoattivo, ,

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e lo stato mentale al momento dell'amplesso, presso le popolazion i rukanoane dell' Amazzonia, trattando dell' ayahuasca. Ripo rtiamo una versione di questo miro degli Indiani H itchi ti, che vivono contigui ai C rik: Un uomo aveva perso i suoi cavalli e li scava cercando. Anche una donna stava cercando dei cavalli. Essi, l'uomo e la donna, si incon­ trarono e si misero a conversare. Si sedettero parlando assieme sotto tl un albero hickory che foceva una buona ombra. La donna disse: "Sono in cerca di alcuni callalli che si sono nascosti". L'uomo disse: (.:4nch'io sto cercando dei cava!!i'~ Mentre parlavano seduti, qualco­ sa avvenne nell'uomo, ed egli così parlò alla sua compagna: "fo sto cercando dei cavalli, anche tu stai cercando dei cavalli. Permetti che dilJentiamo amici, e giaciamo assieme qui, dopo di che ripartiremo "'. La donna considerò la questione e dù:iC: "Va bene': Entrambi si ~'d1'a­ iarono, e quando si rialzarono L'uomo se ne andò per la sua strada e la donna se ne andò per la sua. L'estate seguente, l'uomo era nuovamente alla ricerca di cavalli, e gli

capitò di passare nel luogo dove aveva parlato con la donna. L'uomo pensò: "Andrò in quel luogo per guardarlo': Quando lo raggiunse, vide che una pianta si ergeva dove avevano giaciuto, ma egli non la conosceva. Stette a osservarla per qualche tempo, e poi ripartì.

Viaggiò eparlò della pianta agli uomini anziani [della tribù). Dis­ se: uHo visto qualche cosa (fatta) così e così crescere'~ Uno di loro rispose: "Esaminala pe1' vedere se è buona. Quand o sarà matura sco­ primi che cosa è'~ SucceSJivamente, l'uomo partì per andarla a vede­

re. Vide che era diventata ancora più grande. Zappò attorno alla pianta per rendere soffice il terreno, e così crebbe meglio, IVe ebbe

cura, e vide le foglie

diventa1~

sempre più g",ndi. Quando fiorì, i

fiori erano graziosi, e vide che erano grossi. Quando maturò, il seme

era molto piccolo. Egli prese i semi dal guscio, raccolse delle foglie, e portò il tutto agli anziani. Essi li osservarono, ma non riconobbero alcuna pianta a loro nota. Dopo aver osservato i semi e le foglie per

qualche tempo, si arresero. Poi, uno di loro polverizzò le foglie e le mise in una pipa ricavata da una pannocchia di mais, l 'accese, e la

filmò . L'aroma era gradevole. Tutti gli anziani dissero: "Le foglie di quella cosa sono buone" e le diedero un nome. La chiamarono hitci

(che significa sia "vedere" che "tabacco''). In tal modo, la donna e l'uomo insieme crearono il tabacco. 7o

Anco ra per il No rd America, citiamo un mitO degli Indiani Wasco,

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di lingua chinoo k, abirami lungo il co rso del fiume Columbia. Nel raCCOI1W, una donna e suo fì glio o ([en gono il tabacco in un mondo sovrannaturale, dove viene loro offerto dagli abitanti del luogoj essi lo parrano quindi sulla rerra di ffo ndendolo fra gli altri uo mini . I.:in­ reressante di qu esto racconw risied e nell a d escrizione del luogo fa n­ tasti co:

La collina che dominava la casa era ricoperta di tabacco seLvatico. Il vecchio passava nuto il suo tempo il fo re punte difrecce, e quando la faretra era piena, saliva suLlA montagna. Poi n'discendeva con la

faretra vuota, ma con le mani piene di tabacco. Sia egli che sua figlia si nutrivano esclusivamente di fitrno di tabacco, e si servivano di una pipa che aveva ilfornello aperto nelp"oùmgamento del cannello. Per la tlerità, quettuomo .era un cacciatore, ma la moltitudine del tabac­ co costituiva fa sua unica sefvagginaJ\

Nel mondo sovrannaturale - suo luogo d'origine e di dim o ra - il tabacco ass ume le sembianze di un animale a cui dare la caccia come selvaggina. C iò ricorda un'altra pianta sacra e animale al co ntempo, il peyote e il cervo, e la raccolta/caccia degli Huicholes del Messico del peyote/cervo , che culmina co n la sua uccisione a colpi di freccia. I Portoghesi introdussero la pianta del tabacco in [ndia ne l XVI se­ colo, e presto il suo uso si diffuse e si rad icò fra la molti tudin e di em ìe di cui è po polato il subco ntinente, entrando pro ntamente a far parre, come soggetto, delle mitologie tr ibali. In un racco nto, un a div inità rivela in sogno a un uomo la conoscen­ za della pianta, considerata abitante o riginaria della foresta. In un altro, incontriamo il motivo della ragazza amata da ness uno che, per ques to, si sui cida, e dalle sue ceneri n asce la pianta di tabacco, che sarà, da quel mo mento, cercata e amata da tu n i. 72 In realtà, il mod vo della "ragazza amata da ness uno" è caratte risti co di un diffuso mi ro d 'origine del papavero da oppio, da l qu ale è staro, in ques to caso, tratto e adattato all a pianta del rabacco. C itiamo, infine, un mito d'origi ne deJ tabacco dei Kamba, popo lo di agr icoltori sedentari del Kenya. In qu esto racconto africa no, un uomo, entrand o neUa tan a di un porcospi no, raggiunge l'al d i là, dove incon tra i suoi genito ri defu nti; qu es ri gli fanno do no di alcuni semi del la pianta di tabacco, ch'egli porta co n se al ritorno sulla ter­ ra. 7}

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POLVERI DA FIUTO

N umerose droghe vegetali sono assumibili per via nasale. E' So.&l­ ciente ricordare l' uso di fiutare il tabacco ·neU'Europa del XIX seco­ lo. un costume imponato dall' America, ben presro abba ndonato da una popolazione - q uella occidentale - storicamente non abituata alle tecniche inaJatorie. In effeni, i.I "co mplesso" delle polveri da fiu­ to è sviJuppato essenzialmente nel N uovo Mondo, in particolare nell' Ame ri ca del Sud, da cui sembra originare. In Am eri ca btina, le principali fonti vegetali delle polveri da fiuto ­ polveri dag~ effetti allucinogeni - so no alberi dei gene ti Anade1ltmthera e Viro/a, I dei quali ve ngono impiegati rispettivamente i bacelli e la corteccia. I bacel li vengono abbrusroJjri, ridotti in polvere, frequen­ temente arricch iti di una miscela alcalina o di cenere; dalla correccia, invece, si ricava un es.tratto che, fattO essiccare e polverizzato, viene inalato, 2 Per inalare queste polveri , gli indige ni si avvalgono dell 'aiutO di tubi inalatori , il cui materiale costitutivo e le cui dimensioni e forme so no variabili , a seconda delle etnle e della aree geografi che interessate. Un tipo di inaJatore molto co mune co nsiste di un rubicino a forma di Y ricavato da ossa, legno, o plasmato con la terracotta, la cui dop­ pia estremità viene inserita nelle narici. AJcune tribù amazzo niche, come quella degli Yanoham i, hanno elaborato una tecnica inalatoria in cui lunghe ca nne ve ngono utilizzate in co ppia: un estremo della canna viene "caricato" di polvere allucinoge na e inseriro quindi nelJa narice di un uomo; l'altra es tremità'~ viene portata alla bocca di un secondo uomo, il quale soffia coo forza nella cavi tà deUa canna, pro­ vocando ulla istantanea e violenta introduzione della polvere nelle profondità del condotto nasale del primo uomo. I reperti archeologici. costituiti so prattutto di tubi inalarori e di (a­ 70

volerte impiegate co me supporto per le polveri al momento dell'uso, sono numerosissi mi, sparsi fra i manufatti delle più svariate culture del Sud- e Centro-Am eri ca, e coprono un periodo di almeno 3.000 anni. Nonostante si presenti un'elevata concentrazion e di questi re­ perti sia nell 'antica culrura Taino delle Anti lle (dove la droga veniva chiamata cohoba) , che, all 'altro estremo geografico, nell'antica cul­ tura del deserto di San Pedro de Atacama, nel C ile settentrionale, si sono volute ritenere come aree o riginari e dell'uso delle polveri da fLUto le regioni amazzo niche e quelle sub-andin e.4 Recentemente, nel deserto di Atacama, è stata rin ve nuta un a seri e completa di parafernalia per l'inalazione di polve ri . face nte parte di un corredo funebre datato al 780 d. C. [11 un co menicore era an cora conservata una parte della droga polverizzata, la cll i ana lisi chimica ha ri velato la presenza dei pri ncipi a' essi. Ebbero due figlie dal lo ro matrimonio: Ossigui-Gnidjogho e Nkene-Gnidjogho. Dopo qualche anno Me/onga morì. Come esigeva il costume, egli fo interrato in un luogo ig1loto alla sua donna. E/amba restò dunque vedova per molti anni, pOJ'ché l'usanza non lepermetteva di risposarsi. Essa 1)iveva con le sue duefiglie, in grande povertà. Il marito Me/onga

si lagnava spesso dall'al di là a Nzame, e lo pregava di aver pietà della sua donna e di permettergli di recarsi da essa per aiutarla o per lo meno per vederla. Avendo ottenuto questo permesso, Me/onga ispirò un giorno alla sua donna !'idea di andare Il pescare. Essa prese dunque la sua rete e si

recò con le sue figlie al fiume. Per tutta la mattina tutte e tre si diedero da fore ma invano. Non presero nulla. Siccome erano già

molto stanche, si riposarono un po' all'ombra. Ma malgrado la fome e la sfinitezza, E/amba incoraggiò Le figLie a han tornare ancora al

villaggio bensì a insistere nella pesca. Avendo lasciate le figlie al/'om­ bm, essa partì alla ricerca di un altro luogo propizio. Là essa conti­ nuò a fare tutto il possibile ma senza risultati. Di nuovo non pescò

nulla. Pertanto, guarelandosi attorno, già disperata, vide un piccolo buco al bordo de/l'acqua. Pensò cheforse avrebbe potuto trovarv; dei pesci o almeno dei granchi. Così tentò di allarga,.e il buco con il

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macete. Quando in seguito mise dentro le mani, in luogo dei pesci sperati, prese delle ossa; essa ne totalmente meravigliata e spaven­ tata. Ma malgrado la sua paura, le ,.iunì tutte; verano le clavicole, le



vertebre, le tibie, le ossa lunghe e anche i polmon?' e il ventre. Si domandò che significato avesse trovare delle ossa al posto dei pesci. Proprio mentre stava pensando a questo, udì una VOft proveniente

dalla boscaglia: "Chi mi parla''', essa domandò. Aveva un bel da guardare ovunque, ma non vide nessuno. Domandò dunque nuova­ mente: "Chi mi parla, e da dove viene questa voce?': Si rese allora conto che la voce usciva da un termitaio. Poco dopo, udì ancora queL

che diceva (la voce): "lÌ< non puoi vedermi nel tuo stato attuale. Se vuoi vedermi, guarda proprio accanto al luogo ave ti trovi. Vedrai

due piante. Prendi/e!". Elamba vide in effetti le due piante, le sradi­ cò dal suolo con le loro radici. La prima era /'iboga, l'altra si chiama ekasso.

Come le aveva detto di fare la voce, preparò con lefoglie di ekasso e le radici dell'iboga un miscuglio, una polvere che consumò. In segui­ to tomò sulla sponda del fiume, sempre secondo gli ordini della voce misteriosa. Doveva anche tenere la schiena verso la boscaglia e guar­ dare l'acqua. Non appena scrUtÒ f'acqua, vide apparire in essa, rlQn

il suo viso, ma

lo scheletro di 5110 marito. Grande fi' la sorpresa, soprattutto perché non aveva la testa. Si ricordò allora che in effetti non l'aveva raccoL­

ta. Fu Lui aflom che andò a cercarla. Mettendosela a posto, disse:

"Ora va bene - e proseguì - donna mia, sono io, tuo marito Melonga,

. che ti ha fotto venire qui. Sono io che ho trovato questa possibilità di

vedem~

perché volevo potervi consolare, tu e le bambine. Ti ho chia­

mata per darti il potere di guarire i malati; così avrai Le loro offerte per vivere. Tu dovrai guarire tutti i malati, ma mai gratuitamente. Dovrai esigere sempre qualche cosa in cambio, anche un'oJferta mol­ to piccola. Sulla tua strada, tornando al villaggio, incontrerai un piccolo animale, un gatto selvatico. Passerà con'endo davanti a te.

Uccidilo e prendi la sua pellel': Il marito quindi scomparve. E/amba tornò verso le sue figlie che si

eram inquietate molto per il ritardo della madre. "Non ho preso nulla - disse loro - ma sono moLto affaticata; torniamo dunque aL

villaggio': Mentre tornavano al villa&,oio, a metà del viaggio le figlie furono

sorprese da un animale che passò davanti a loro. Sotto ordine della madre, le bmnbine lanciarono lo rete sul gatto selvatico, e, a partire

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da quel momento, esso fu macchiato a causa delLe tracce della rete,

bianche e nere. La donna si ricordò allora delle parole di 5110 marito: "Quando guarirai un malato, prendi la pelle del gatto selvatico, mettifa a terra affinché iL malato vi si sieda sopra. Attraverso qu.esta

pelle tutta la forza degli antenati discenderà su di te e sul malato". Essa aLLora disse: "Visto chefino ad ora succede tutto ciò che ha detto mio marito, voglio fore i'esperienw anche sulle bambine. Verificherò

così lo potenza di queste piante prima di parlarne al villaggio'~ Si mise quindi sotto a un albero, una ceiba, dopo aver ben pulito il luogo. Vi depose Le ossa di suo marito che aveva trasportato con se neL

paniere. Preparò il miscuglio di piante e lo diede da consumare alle bambine. Poco dopo, udl le sue figliole piangere: "Oh' mamma, ve­ diamo nostro papà. E' 1Jz, oh!, ooh"~ Visto che anche con lo ro era riuscito, Eiamba decise di raccontare "tutto al villaggio. 29 Al villaggio viveva il fratello di Elamba. Si accorse presto che Slta sorelLa si recava regolarmente nelia boscaglia con Le bambine, e decise di spiarLe. Un giorno dunque, avendole seguite, si avvicinò aL Luogo

nascosto ove la sorella si recava e la vide circondata daLLe sue figlie. Essa suonava l'arpa e le sue figLie lobaka." Quando Elamba Gnindjogo si accorse della presenza di suo fra tello, entrò in gran col­ lera: "Quale curiosità ti spinge a voLere rubare il mio segreto.'. Vieni qui e ascoLta bene. Nessu.no deve sapere che cosa faccio qui. Tu dun­ que, poiché sei stato cosÌ curioso, devi ora essere iniziato. Siediti qui e guarda ciò che facciam o".

Il fratello di Elamba Gnindjogo cominciò in seguito a mangiare

lekasso e tibog~. Dopo averne mangiata una quantità sufficiente, guardò neLl'acqua, e co n sua grande sorpresa vi lJide uno spettro: il suo buon fratello. "Vattene! - gli disse lo spettro - Tutto il potet~ ripo­ sa fra le mani di tua sorella".

Elamba p,"{!se allora la pamla e disse: "Fratello mio, poiché tu hai visto il mio segreto, devi formi un regalo (okandzo), perché mio marito mi ha detto di non far 12ul!.a senza esigere un regalo in cam­

bio. Bisogna quindi che tu mi dia: due piatti bianchi, due galline, una ciotola bianca, due piume di pappagallo, due pelli di civetta, due aghi, una stuoia e una torcia'~3 1 Suo frateLlo fil allora molto triste perché non vedeva co me poter sod­ disfore una simile esigenza . .Quindi rispose: "SoreLla mia, noi siamo neLla fores ta: come vuoi ch'io trovi queste cose per dartefe? Ma se bisogna assoLutamente ch'io ti dia qualcosa, allora offrirò te come pagamento per iL seg,.eto'~

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Fu così che Elamba Gnidjogo venne avvelenata. Prima di morire, essa disse a suo fratello: «Fratello mio. tu mi haifiuto del male. Poi­ ché mi hai ucciso, dovrai restare e prendere il mio posto. Ma siccome mi hai fiuto del male, ti maledico e resterai maledetto per sempre. Sarai sempre accusato di mangiare gii uomini'~ Così cominciò ii

Buiti, società segreta degli uomini. L'Ombwiri fu continuato dalle figlie di Elamba."

In turti i mi ti sull'o rigine del Bu i,i Bandjoku è l'eroina principale, la do nna che ha fatto scoprire un a nuova realtà, e resterà semp re la figura principale del mj[Q. Ma, come si riscontra in vari miti d'origi­ ne rel ati vi ad altri vegetali psicoartivi, ques ta prerogativa viene po i m ira alla donna dall'uo mo, a volte in maniera violenta, come nel caso del sacr ificio di Bandjoku.

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SANPEDRO

Il San Pedro è un cactus colonnare - Trichocereus pachanoi Br. & R. 1 - che cresce in Perù e in Ecuador. in parricolare nelle regioni andin e. Può raggiungere l'altezza di alcuni metri, e viene frequentemente coltivato attorno all e case, come magica protezio ne COl1tro gli influs­ si malevoli. E' dotato di proprietà allu cinogene 2 da tempo ricon o­ sciute dall e popolazioni andi n e, c he lo utilizzano nelle pratiche scia maniche e magi co- rerapeutiche.

I dati archeologici datano il rapporto dell'uomo co n il San Pedro ai periodi preincaici. E' diffìcile determinare di quanto questo rappor­ ro affondi nel luogo periodo preincaico. Va tuttavia nmato ch e que­ sto cacrus, in natura pressoché privo di spine, può essere consumam così co m'è, per percepirne gli effetti psicoarrivi: tale da(Q, come già rilevato in precedenza per altri vegetali, favorisce l'ipotesi che la sco~ pena delle sue proprietà risal ga a periodi piuttos(Q anti chi d ella sto­ ria dell" uomo sudamericano. La più anti ca raffigurazione del San Pedw è stata rico nosciuta su una stele risalente al primo periodo della C ultura di C havln, e datata atto rn o al 1. 300 a.C. Nell'incisione riprodotta su lla stele, un essere mitologico antropomorfo regge nella mano destra lUl caCtuS co lo llnare dotato di qu anTO nervature (vientos) : un tipo di San Pedro raro e co nsiderato fra i più sacri.3 Questo grafema si presenterà pressoché invariato nei reperti archeo logici delle differenti culture che si sono succeclure nel Pertl andino e costiero, di frequente in relazione con feli ni e uccelli , animali tipi camente associa ti ai poteri sciaman ici. 4 Va rico rdata anche la documentazione archeologica costituita da in~ cisioni rupestri e da monoliti , recentemen te scoperti da Mario Polia, nei dintorni di Samanga, neUa provincia peruviana di Ayabaca, a un'altitudine di 2.300 metri. Fra i diversi motivi geometrici so no state individuate immagini del San Pedro. 5 Q uest'ultimo rin ven i­ mento, per il quale no n è ancora possibile offrire una datazio ne, è ancora più signifìcativo se si osserva che si è verificato nel cuore del ­

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l'area geografica interessata dalI'uso attuale del cactus per scopi ma­ gico-terapeutici: un fatto che avvalora l'ipotesi di lIna continuità dell'uso del San Pedro durante alcuni millenni. A quanro pare, non ci sono pervenuti miti sul San Pedro elaborati in epoca preispanica, sebbene ne siano certamente esistiti. I primi cro­ nisti spagnoli hanno riportatO scarse notizie circa il suo uso. Il se­ guente passo, datato nel 161 7, è trano daU'archivio dei Ges uiti , ed è caratterizzato - come la maggior parre delle cronache redatte da mis­ sionari cristiani - da un' interpretazione dei fatti in termini di pagana idolatria: « . . . Essi adoravano l'achuma [il San Pedro} come un dio, persuasi che Santiago [così chiamavano il fulmin e] vi fosse nascosto. Essi danzavano davanti [all ' achumaJ, e le offrivano del denaro e degli altri doni, poi facevano la comunione bevendo questa stessa achuma che faceva Ior.o perdere i sensi. Così aveva no delle estasi e delle visio­ ni, il demonio appariva loro sono la forma del fulmin e (... ),,6 L asso­ ciazione fra il San Pedro e il fulmine è significativa, in quan to raro tassello pervenutoci di quella che doveva essere la sfera simbolica che ruotava attorno al sacro cactus. La credenza che all' interno del Sa n Pedro fosse nascosto un fulmine rispecchiava forse un perduto mi ro che faceva originare questa pianta proprio dal fulmine. Il cacms, conosciuto anche con i nomi di huachuma, h uaclmmo, aguacolla, viene attualmente utilizzato nelle zo ne mo ntuose del Perù settentrionale e dell'Ecuador dal curar/dero, erede di antiche tradi­ zioni sciamaniche e divinatorie, influenzate da secoli di convivenza co n la religione cristiana. Questa figura di guaritore, conoscitore del potere delle pi ante, utilizza il San Pedro nel corso di cerimonie not­ turne (mesadas), durante le quali egli contatta le entità sovrannarura­ li respo nsabili delle malattie, gli spiriti (encantos) del luogo e delle diverse piante, ol tre a percepire i remedios, cioè le piante dotate di pote re terapeutico , indicate dallo spirito del San Pedro.' Ma il curandero, sempre mediante l'aiuro del San Pedro, può anche indivi­ duare i responsabjJi di funi , di assassinii o di (radimenti , i luoghi dove sono nascosti dei tesori, o anche vede re persone lontan e: tutte pratiche pertinenti ai campi d'azione della divinazione e deUa ma­ gia. Il cactus viene cotto in un intruglio, chiamato cimora, nel quale sono di frequente aggiunte altre piante, dagli effetti "raffo rzan ti". Mario Polia ha recentemente raccolro alcuni miti presso i curanderos peruviani. Si tratta di racconti alquanto frammentari , trarri da epi­ sodi del Nuovo Testamento o dalla vita (immaginaria) di santi cri­ stiani , ai quali i peruviani attribuiscono la conoscenza della arti , ma­



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giche e cUvinatorie, in particolare San C ipriano. Lo stesso no me di "San Pedro" viene giustificato dal fatto che questo cactus, come San

Pietro, è I/avero del cielo, "ha le chiavi del cielo" .

il seguente racco nto è stato narraco dal curandero AJfon so Garda della provincia di Huancabamba (dipattimento di Piuta) :

li San Pedro, quest'erba, noi lo (sic) chiamiamo in distinte forme; huachumo, come San Pietro perché il San Pedro fo benedetto... Per dire, al tempo che nostro Signo"e Gesù Cristo (. ..) andava con i suoi

apostoli San Pietro, fo lui, per dire, il guardiano, il protettore delle porte del cielo. Allora Cmì fece uno scherzo a San Pietro: gli rubò le chiavi, le trasferì in un altro luogo... già, gli rubò le chiavi (...) Allo­ ra San P ietro andò in cerca delle sue chiavi e non le trovò (...) non sapeva dove erano. Cosa successe? .. aNoM gli disse poi Gesù.. . «Per­ ché non mangi ii tuo omonimo. il tuo bastone? (..) Perchè non lo

mangi? Mangia il tuo

omonimo'~

Allora lui l'affirrò: "Allora sei il

mio omonimo, tu (o ra) ti chiami San Pedro, ti chiamo San Pedro ~ Cucinò il San Pedro e lo mangiò. Preparò la sua mesa e giunse ti vedere dove Gesù gli aveva nascosto le chiavi. e (. . .) le trovò. Questa

era una prova, una rivelazione. Allora Gesù venne (...), /o benedisse con la mano destra, CaSt disse; "Con questo San Pedro si curerà, si otterranno molte cose'~ E con la mano sinistra lo benedisse e disse: 'Alcuni diranno la verità e altri mentiranno': Già, così è. quella effettiva è la destra, per questo ( .) ci menzogner;. 8

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dei veritieri e dei

Il San Pedro tisulterebbe dunque l'otiginario frutto dell a ttasfotma­ zione del baston e su cui si appoggia San Pie tro , un oggetto , anch'es­

so di origine vegetale, carattetistico dell'iconogtafìa del Santo. E' in­ teressan te notare come l'oggetto che Ges ù fa perdere, per apparence scherzo, a San Pietro, sia rappresentato proprio da quelle chiavi che, secondo l'associazione simbolica con il cactus, servono per trovare

gli oggetti perduti. An che nel seguente racconto, narrato dal curandero M Bo uqu et, 1952, p. 36.

46 lzzi, 1987, pp. 25-6.

47 Una divini tà minore egizia sconosciuta.

48 La birra con didit.

49 Mito e personaggi ignoti.

so Donadoni (cur.) , 1988, pp. 23 1-2; ri portato an che in Izzi, 1987, p. 37.

" Izzi, 1987, p. 37.

52 Pagani , 1994.

" Stahl, 1925; Wi lberr, 1987.

54 Vi giunse nel 1519.

" Elfer ink, 1983 ; Rob icsek, 1978 .

56 Pilerodius sp.

150

Cioè, per fare le sigarette.

Sciamano.

" Roth , 1915 , pp. 334-5, rip. in Perrazzoni, 1963, pp. 85-87.

60 Lévi-Srrallss, 1970, pp. 463-4 e 480.

" Mooney, 1900, pp. 254-5 .

62 Si vedano, ad es., i miti indicati con M 13 e M in Lévi-Strallss, 1990

24 (1966), pp. 138-140.

Gl Lévi-Srrallss, 1970, p. 429.

" [bid., p. 63, M",.

G5 Biacca, 1966, voI. Il , p. 229.

(,6 J. Fericgla, 1993 , comm.pers., che qui ringrazio per avermi fatto prende­

re visione di una versione di questo miro, recemememe raccolta nel corso

delle sue indagini antropologiche presso gli Shllar.

67 Ne è un bell'esempio il racconto mitologico raccolto presso i \'{!arrau e

riporraro in \X1ilbe rt , pp. 66-72, riportaw parzialmente in Halifax, pp. 226­ 232.

68 Erdoes & Orriz (EcIs.), 1989 pp. 11 2-7.

G9 Swanroo, 1929 , val. Ili, p. 504.

70 Swanron, 1929 , pp. 87-8.

n Lévi-Strauss, 1983(1974), p. 131.

" Mehra, 1979, p. 166.

7) Frolow, 1968.

57 58

Polveri da fiuto I Il primo genere appartiene alla famiglia delle Leguminosae, il secondo a

quella delle Myristicaceae.

2 De Smer, 1985.

3 Le canne possono raggiungere i due metri di lunghezza .

•j Wassen, 1979.

5 Torres et al. , 1991.

6 Ma v'è chj identifica la cohoba descritta dai cronisti spagnoli con il tabacco

da fium; cf. J. WiIben, 1987, pp. 16-7 . .

7 Akee, yato e épena sono cu[te ricava[e da specie del genere Virola, in parti­

colare V.theiodora (Spr. ex Benrh.)Warburg.

~ Tribù di lingua T ukano.

9 Polvere da fìuro allucinogena ricavata dai bacelli di Piptadenia spp.; il

nome deriva dal verbo vihfri, " inalare", "assorbire".

lO Reichel-Dolmaroff, 197 1, pp. 27-8.

" Ibid., p. 43.

" Reichel-DoImaroff, 1979, p. 44.

1.3 Preparato dalla corteccia di specie di Viro/a. 14 Nel racconto se ne COntano sessantanove.

,



151

Lana & Lana, J 986, p. 47. Ibid., p. 62-3. 17 In un ulteriore passo del racco nto , Boléka viene detto "natO da PariGi"; cf. [bid. , p. 67.

" [b/d., pp. 60-70.

" Biacca, 1966, val. no, p. 23 6.

15

16

Iboga Plurale melan, Alchomea f/o ribullda l\thil I.Arg., fam. Euphorbiaceae. Rapo nda-W., lker & Sillans, 1962, pp. 146- 154.

) Swiderski, J 990-9 J, p. 19.

' G. Samorini , 1992 e 1994.

5 Villaggio situatO nei dinrorni di Librev.ill e. 6 Swiderski , 1979, p. 194. 7 Ibid. , recira n. 19, p. 226. , Ibid., recira n. J8, p. 223. ' [bid., recita n. J5, pp. 21 0- 11. IO lbid., recita n. 1, p. 185 \1 Canarium (Pachylobus) ba/samifirum \'V'il1d., fam igl ia delle Piperaceae. 12 Nsin in fang, al trimemi noco come mosingui o ossingui, piccolo feli no selvati co dalla pelle maculata. 13 "Egl i mos tra la vi a" , Fernandez, 1982, pp. 32 1-322. [bid., p. 636. 1

2

l' l'

16

11

nuovo marito,

il fratello del defunto.

S. Swiderski, 1980, p. 526.

18 Ibid., p. 528.

l' Swiderski , 1965, p. 546.

lO Fernandez, 1982, p. 636.

" Swiderski, 1980, p. 525.

n Fernandez (1972, p. 246 e id., 1982, p. 636) aveva già so rrol inearo l' im­

portanza e l'urge nza di verifìcare se quesm fun go della reaJrà e dell a mirolo­ gia dei Fang fosse psicoanivo. ma la questione è tutto ra insoluta. Personali indagi ni condorre in Gabon hanno co nferma to la presenza di questo fungo nella memo ria collen iva dei Fang. Si (rana di una specie di gran di dimen­ sioni, che cresce sugli alberi, di consistenza dura e dorata di una superficie superiore concava. Vi ene utilizzato come med icinale per bamb ini e in certi riti srregon ici. Cf. Samorini, 1994, in particolare il paragrafo El hongo duna. Presso i Mitsogho, quesco fungo avrebbe un valore simboli co di longevità (Go llnhofer & Sillans, 1978, p. 457). 23 Questo liquido, che fa mo lro male, deve fa r"girare"loro gli occhi, affìnchè essi veda no '''altra cosa" (Swiderski, 1972, p. 186). 17

152

" Swiderski, 1980, p. 525.

" Fernandez, 1982, p. 261.

"$widerski , 1972.

27 Non è chiaro, pe r lo meno a chi scrive, se quesm preparato sia dotato di

propri età psicoattive, o se venga ut ilizzato per predisporre il corpo all'as­

sunzione della forte quan tità di iboga. Oggigiorno, in diverse comunità

ombw irisre, l' iboga rienrra direrram cme come ingrediente dell' ekasso.

28

Vale a di re, le coscole.

2~

Un proponimenro - quello di "parlarne al villaggio" - in conrradd izione

con l'alone di segretezza di cui si avvolge in seguito la donna.

3U Strumento musicale a percussione, cosri[U iro di due COfti pezzi di legno

che vengono percossi co ntro un pezzo di legno p iù lungo tenuco sospeso

alle estremi rà.

31 Questi oggenj fanno parte della lisca di materiale che l'iniziando deve

presema re come offerra alla comunità, nella cerimonia dell ' iniziazione.

D iversi di questi oggeni ve rranno util izzat i nel corso della cerim onia.

32

Swiderski, 1970, pp. 302-4 .

San Pedro Famigli a delle Caccaceae.

C ontiene, come principa le principio activo, la mescal ina, già presente nel

peyote.

3 Il num e ro di nerva ture (di "coscole") del San Pedro è soggeno a variazio­

ne; esso viene tenuto in gran COnto dagli sciamani nella valutazione e carat­

terizzazione del SliO parere psicoattivo. li numero quanro aveva un' im por­

(a nza prima ria nella visione cosmologic.1 incaica.

" Sharon & Donnan, 1977.

l

2

' Polia, 1986-87 .

1989, p. 824.

' Sharon, 1980; Joralemon , 1984.

8 Polia, 1990, p. 96.

6 Salazar-Soler,

') Nella figura di Gesù Cristo.

" Polia, 1993, p. 8 1.

"lbid. ,p.8 1. 12 Glass-Co ffin, 1994. Ringrazio l'Au trice per avermi co ncesso il permesso di riportare questo miro.

Jurema I In panLcolare M.hostiLis (Mart.) Benrh., M.verrucosa Benrh., della fami­ gl ia delle Leguminosae. I

• 153

In realtà è ancora aperta la questione se gru ppi di indios ne faccia no [Utw­ ra un uso trad izio nale; cf. SchuJces & Hofmann , 1983, p. 140. j Lowie, 1946. • Da Mota & Barros, 1990. ' Da Mota, 199 1, pp. 174 -5. 2

Kava Lebott, Merlin & Lindstcom, 1992.

Lebot et al. , 1992 , p. 6.

J Jbid., pp, 11 8 e 205 .

• R. Firth, 1954, tipo in Lebot et al. , 1992, p. 124. , E.G. Burrows, 1936, cip. in Lebot ec al. , 1992, p. 125. 6 F.W C hristian, 1895, rip. in Lebot et al" 1992, p. 125. 7 K. von den Scei nen, ] 934 , p. 227. , DA Mackenzie, 1933 , rip. in Lebot et al., 1992, p. 124. 9 Un SUO comune sinonimo è Macropiper /atifoii mn Miq. lO G. Landtman, 1927, rip. in Lebot et al. , 1992, p. 123-4. 11 G. Landtman, J 927, tip oin Lebot et al. , 1992, p. 124. " Jbid. , p. 124. 13 In alcune versioni il nome è abbrev iato a "K·wa".

14 A/ocasia macrorrhiza Schon in Schon & Endl. , fam iglia delle Araceae.

IS Anendemi cerimonial i.

16 E. Bott, 1972, rip. in LebO! et al., 1992, p. 123. 17 Raccolta anche questa in Tonga da E.\V. C ifrord, 1924, rip. in Turner J.w., 1986, p.211.

18 Lebor et al. 1992; p. 125.

19 Giffocd, 1924, rip. in Turner, 1986, p. 211.

m Lebot et al., 1992, pp. J 22-3 .

21 Rivers , 191 4, rip.i n]è De Felice, 1990(1936), pp. 104-5 .

22 Ibid. , p. 125 .

2J ].S. Gardiner, 1898, tipo in Pettazzoni, 1963, pp. 367-9.

" Frazer, J 993 (1930) , p. 58 .

25 Ficus sp. 26 Lebot et al., 1992, p. 127.

27 Fitth, 1970, rip. in Lebott et al., 1992, p. 124.

28 Tradizionalmence, la parre in fondo alla casa è il pOSto d'onore, mentre la zona frontale è il luogo dei capi per parlare.

1

2

29 Tato.



Holmes, 1979, p. 109.

31 J.S. Gacdiner, 1898, rip. in Pettazzoni, 1963, Il , pp. 367-9.

" Turner, J 986, p. 2 12.

jO

154

Funghi Samorini, 1992b. Famiglia delle Strophariaceae. l funghi allucinogeni si suddividono in du e grupp i principali: 1) Amanita muscaria e alcune altre conge neri , di grossa taglia e legare all a presenza d i betulle o di conifere; 2) i funghi psilocibinici, cioè producenti come principi attivi gli alcaJ oidi psilocibina e psilocina. So no conoscime oltre cemo di queste specie, diffuse in tutti i co ntin enti e apparcenenti p rin cipalmenre ai ge neri Psi/oeybe, Panaeolu.s, COflocybe, Gymnopi/us, P!uteUJ. Questi fungh i si diffe renziano da quell i del primo grup­ po per dimensioni, habitat ed effeni; cf. Co rnacchia et al., 1980; Fesri, 1985. 3 Per (utto ciò si co nsultino j lavo ri basilari del "pad re" dell 'ernomico logia moderna, llicha rd Gorde n Wasson e colI.: Wasson & Wasso n, 1957; H ei m & Wassol1. 1958; si veda anche Estrada. 198 1. 4 Famiglia delle Amanitaceae. ' Wasson, 1967. 6 E' stata recentemente conferma ta la persistenza di questo LISO fino ai no~ sui giorni; cf. Saar, 1991. 7 Wasson & Wasson, 195 7. 8 L'l renna, oltre alla passione per i funghi , ha una passio ne anc he per l'u ri­ na, particolarmente quella umana. 9 Capacità di ingrandimento dei partico lari di ciò che si vede.

lO Evidentemente si sta rivolgendo all'Essere Supremo.

" Wasson, 1967, p. 268.

" Chevalìer & Geerbram, 1986, p. 473.

" Wasson & Wasson, 1957, voI. I, pp. 16- 17 .

" Wasson, 1967, p. 281 -2.

15 Wasson & Wasson, 1957, voI. I, pp. 5 1-2.

16 Ferìcgla, 1993.

" Ferìcgla, 1985, p. 157.

" Mayer, 1977.

Lowy, 1972.

" Lowy, 1974.

" Mendel so n, 1959.

22 Ancora veneraro dai Tzuruhil. " Lowy, 1980, p. 100. 24 Ibid, p. 100. 25 Fam iglia delle Leguminosae. 26 Wasson, 197 9. " Keewaydì noquay, 1978. 28 Te nda ind iana. 2') Conren irore d i co n eccia d i betu lla . .30 Keewaydinoquay, 1979. I

2

l'

155

}l

J2

JJ YI

N. Morriseau, 1965. es tesame nte discusso da E. Navet, 1993.

Navet, 1993, p. 47. Ibid, p. 49. Le possibili relazioni co n il ciclo dell 'agarico muscario sono già state

evidenziate in P.T. Fu rst, 1989.

35 Noto anche co n il sin o ni mo di Pho!iota spectabilis (Fr.)Quél.. famiglia

del le Corrinariaceae.

36 La comp lessa bioch imica di questo fungo - che è anche psilocib inico ­ non è stata sufficientemcn te Stud iata, in particolare pe r i campion i di origi­

ne eu ropea. Cf. Festi, 1985, p. 204. Da mai, "danza" e take, "fungo"; "funghi danzanri", nel senso di "funghi

37

che fanno danzare".

Sanrord, 1972, p. 174.

Wasson, 1973, pp. 12- 13.

40 Sanfotd, 1972, p. 178 .

., Wasso n, 1973, p. 13.

42 Grifola frondos" (Dicks. ex Fr. )S.F. C ray.

43 Fra i giovani che au ualmente milizzano in Europa e in Italia il fungo Psilocybe semi!ancMlfl (Fr. )Quél. - anch'esso psi loc ibinico - per i suo i effeni allucinogeni, sono riponati casi di attacchi di irrefrenabili risate. ed è a loro noto che
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