March 24, 2017 | Author: Χατζηγεωργιου Αντωνιος | Category: N/A
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Carissime e Carissimi, Sono Gianni Golfera e con questo scritto vi trasmetterò delle fondamentali informazioni, un vero e proprio tesoro di conoscenze che vi porranno in grado di pensare in maniera migliore, di conoscere meglio voi stessi scoprendo le vostre potenzialità che ancora sono prigioniere del dubbio e di una scarsa autostima. Per questo vi racconterò alcuni episodi della mia vita, come ho scoperto importanti aspetti della memoria, com’è nato il metodo che insegno, ma soprattutto vi fornirò dieci strategie per migliorare la memoria, dieci consigli che ritengo fondamentali, da applicare subito per ottenere vantaggi concreti nel lavoro e nella vita. Inoltre vi darò informazioni sulla storia della ricerca connessa all’arte della memoria, iniziando dalla Grecia del quinto secolo a.C. fino ai giorni nostri.
IL SOGNO NEL CASSETTO Quando avevo circa dodici anni a scuola feci un disegno che doveva simboleggiare quello che avrei voluto fare da grande. Disegnai un aereo, poiché il mio sogno era quello di divenire un pilota. Lo sono diventato, ma non ci sarei mai riuscito se non fossi stato in grado di ricordare. Grazie al mio metodo di memoria, ora volo in alto, fra le nubi. “Repetita iuvant” è una famosa locuzione latina che suggerisce che le cose, quando vengono ripetute, aiutano. Se questo è vero in alcune situazioni, come per un gesto che a forza di essere ripetuto può acquisire una migliore capacità esecutiva, non lo è senz’altro per ricordare qualcosa. L’ho sperimentato a mie spese, quando da giovane studente dovetti imparare a memoria, come tutti, le poesie. Ore dopo ore trascorse a ripetere versi, uno di seguito all’altro, momenti interminabili in cui l’unica cosa che imparavo era quella di prendere coscienza che probabilmente non ero così bravo come mi ritenevo. Inesorabilmente i miei voti peggioravano. Ci fu una poesia in particolare che proprio non mi riusciva di ricordare, quel Parlamento di carducciana memoria, composta da ben tredici strofe di dieci versi ognuna. La prima strofa la ricordavo bene, la seconda così così, ma i guai cominciavano con la terza, per non parlare di quelle successive. Sentivo i miei amici che, al contrario di me, la ricordavano benissimo, o meglio vedevo che possedevano una buona vista, dato che la leggevano da un foglio posizionato sulla schiena dei compagni seduti nei banchi davanti. Così formulai una mia locuzione cioè “Repetita stufant”, che fece divertire moltissimo anche i professori. Nel 1989 - allora frequentavo la seconda media inferiore - la professoressa di matematica convocò mio padre. In quel tempo il mio più grande desiderio era quello di diventare un pilota come lo era mio padre e lo era stato mio nonno prima di lui. La professoressa non usò mezzi termini suggerendo a mio padre che
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sarebbe stata cosa migliore non farmi proseguire negli studi: “Conclusa la terza media è bene che suo figlio vada a lavorare. Gianni è molto intelligente ma non riesce a ricordare. Non studia, peccato. Conosco benissimo il desiderio di Gianni di fare il pilota, ma temo che non ci riuscirà perché per diventarlo dovrà studiare molto e suo figlio non è portato per lo studio”. Fu così che terminata la scuola dell’obbligo fui indirizzato verso il mondo del lavoro.
LAVORI INGRATI La professoressa mi illustrò diverse attività che avrei potuto seguire invece di guidare un aereo. Ad esempio avrei potuto fare l’allevatore di maiali….. Non si trattava di una pena di contrappasso dantesco offertomi perché non avevo studiato, ma una necessità. Essendo infatti romagnolo, dalle mie parti esistono molti allevamenti di maiali. Non nascondo di aver provato quel lavoro, ma devo dire in tutta sincerità che non mi entusiasmava. In seguito mi fu suggerito di fare il bracciante agricolo. Seguendo tale attività avrei potuto continuare il lavoro dei miei nonni che lo praticavano da sempre. Andai con loro a lavorare e per ben due anni ho fatto il mestiere del contadino: mi alzavo alle quattro tutte le mattine, sabato e domenica compresi. Dopo un certo periodo mi accorsi che alzarmi alle quattro per andare a letto presto la sera, stanco morto, non è che mi piacesse molto. Il lavoro era faticoso: si lavorava con un caldo incredibile e se aveva piovuto molto, si faceva fatica a camminare nei campi, dove si affondava nel fango. Il mio incarico, fra l’altro, era pesantissimo: come sempre succede ai giovani, mi era stato affidato il compito meno glorioso, cioè quello di portare secchi di uva dal campo al trattore. In quel tempo il mio peso corporeo si aggirava sui trenta chili, lo stesso peso dei secchi che dovevo trasportare. Non c’era verso: i miei bagni di fango continuavano inesorabili. Con sforzi disumani cercavo di portare più secchi possibili. Finalmente giunse l’estate. Non affondavo più nella terra, ma in sostituzione sentivo che il sudore della fronte mi colava sugli occhi. Insomma, per farla breve, riuscii a terminare l’estate e a mettere da parte due milioni e mezzo di vecchie lire. Dopo una valutazione dei pro e dei contro decisi che quello non era un lavoro che mi soddisfaceva. Mi si propose di divenire operatore ecologico, un mestiere sicuramente degno, che però ritenni non facesse al caso mio. Desideravo qualcosa di più specifico ed allora pensai che avrei potuto fare l’operaio in una società di traslochi. Per provare, aiutai mia zia a traslocare, ma quando dovetti trasportare un pianoforte dal terzo piano fino all’ingresso del palazzo, mi venne un mal di schiena così forte che dovetti ricredermi ed accantonare anche questa possibilità. Mi cimentai anche come lavapiatti in un ristorante, però le mie mani delicate si arrossavano dato che i guanti mi causavano una forte allergia. Ritenni che non era il caso di sostituire quei guanti con analoghi anallergici, era meglio credere nell’impossibilità di trovarne di adatti. A questo punto del racconto avrete capito che non mi sarebbe rimasto molto altro da provare se non quello di fare…il minatore. Un lavoro che non richiede particolari doti se non la
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predisposizione a viaggiare, cosa che mi è sempre piaciuta, ma sapevo che gli spazi chiusi mi avrebbero reso ansioso. Come ultima prospettiva, mi fu proposto di dedicarmi allo smaltimento di rifiuti tossici, ma il fatto di dover studiare le varie scorie e di come queste dovessero essere smaltite non si confaceva alla mia indole. La situazione non poteva continuare in quel modo: stavo rischiando grosso, come si suol dire. Ero un ragazzo dotato di intelligenza media, direi oggi di me del Gianni di allora, e misi quella intelligenza al servizio di una scelta che cambiò radicalmente la mia vita. Non volevo essere da meno degli altri miei compagni e poi che figura avrei fatto con le ragazze la cui attenzione nei miei riguardi stava già scemando? Sapete come sono i ragazzi, basta coglierli nella loro vanità per raddrizzarli. Spinto da tutte queste motivazioni, decisi che per trovare un lavoro che mi interessasse veramente avrei dovuto imparare un’arte, ma ovviamente sapevo che per apprenderla avrei dovuto studiare, cosa a cui ero allergico. Allora pensai che se una lettura ripetuta di cose non mi avrebbe permesso di ricordarle, avrei però potuto imparare quel qualcosa che mi avrebbe permesso con una sola lettura di mandarle alla mente. Avrei potuto imparare ad usare la memoria. I medici, i notai, i commercialisti e tutti coloro che svolgono lavori appartenenti alla fascia della libera professione, compresi i manager che aprendo un’azienda ne diventano poi imprenditori, sono come sappiamo persone benestanti. É interessante notare che non tutte sono nate in una condizione di benessere, anzi molte di queste appartengono a famiglie di braccianti, di operatori ecologici, di operai. Solo con l’impegno nello studio hanno potuto raggiungere risultati ragguardevoli. Si tratta di persone che hanno dedicato gran parte della loro vita allo studio e che, in qualche modo, hanno utilizzato ed incrementato la loro memoria.
UNA FOLLIA DA EVITARE In riferimento a queste considerazioni riporto una frase che espresse un tempo un signore che forse conoscete. Mi ha fatto molto riflettere e che mi auguro faccia riflettere anche voi. Albert Einstein in una sua lezione universitaria ha detto: “la follia consiste nel fare le cose sempre allo stesso modo, sperando che i risultati possano cambiare”. In altri termini: se tu, come nel caso mio, studi sempre nello stesso modo come facevo io, cioè studiando, leggendo, ripetendo, leggendo e ripetendo fino all’esaurimento, ti assicuro che, non potrai affatto sperare di ottenere risultati migliori. Ho compreso a mie spese che la memoria non si può migliorare attraverso l’allenamento. Io ero allenato, mi impegnavo tutti i giorni per ricordare, ma inutilmente.
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UNA FORTUNA INSPERATA Cercai allora di conoscere se esistesse qualcuno che avrebbe potuto insegnarmi ad usare la memoria. Ricordo di averlo chiesto agli insegnanti che conoscevo, ma questi non avevano né idea di come migliorare la memoria né dove o a chi indirizzarmi. La fortuna non mi abbandonò. Ebbi infatti la ventura di conoscere il prof. Andrea Vitali, uomo brillante ed intelligente, un insigne storico del medioevo. Si accorse subito di quanto fosse fondamentale per me la richiesta di aiuto e prontamente mi indirizzò a quell’argomento che in seguito cambiò la mia vita. “Gianni” mi disse “personalmente non sono in grado di insegnarti, ma so chi lo potrebbe fare. Cerca Pico della Mirandola. Lui si che ti dirà cosa e come fare”.
NON SI NASCE SUPERIORI Nonostante moltissime opere critiche fossero state scritte su Pico, volli recarmi da principio a Mirandola, sua città natale, per vederla e in qualche modo viverla. Appresi che la sua scatola cranica era normale, uguale a quella di tutti gli uomini e che non era nato dotato di quella memoria straordinaria per la quale divenne famoso. Nacque invece da una condizione economica straordinaria, poiché era conte, e fu uno degli ultimi testimoni di un’arte antica che si chiamava “arte della memoria”, un’arte tramandataci dalla Grecia del quinto secolo a.C. Seppi allora che diversi personaggi del nostro passato avevano usavano metodiche particolari per la memorizzazione di dati. Vi premetto che per “arte” si intende un insieme di conoscenze specifiche in grado di apportare un miglioramento nei più diversi campi dello scibile: ad esempio Giotto dirigeva una sua scuola dove insegnava l’arte del disegno. Egli affiancava i suoi allievi fino al momento in cui essi raggiungevano una loro eccellenza. Probabilmente Giotto era il migliore fra tutti, ma anche moltissimi suoi allievi arrivarono ad un livello tale da rendere difficile il riconoscimento tra un loro dipinto e quello del maestro. Raffaello nei suoi disegni era talmente perfetto e preciso che diversi medici, studiando il tratto della sua penna, ipotizzarono che la sua mano fosse disarticolata e che correggesse qualsiasi forma di imperfezione attraverso un’innata capacità di disegnare. In realtà aveva avuto l’occasione di imparare al meglio grazie ad un ottimo maestro.
I GRANDI DELLA MEMORIA Vi informerò ora su alcuni precursori dell’arte della memoria, raccontandovi come la praticarono e come ne trassero grandi benefici. Simonide di Ceo, poeta lirico ed elegiaco, vissuto nella Grecia del quinto secolo a.C. è considerato l’ideatore dei sussidi mnemonici. Egli sosteneva che i principi fondamentali per possedere
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una buona memoria erano racchiusi in tre operazioni molto importanti e specifiche. Leggete attentamente quanto segue perché sto per fornirvi degli strumenti straordinari: Primo : Pensare per immagini Associare cioè le immagini visive a ciò che si vuole ricordare. Secondo: Coinvolgimento emotivo Quando siamo coinvolti emotivamente ricordiamo, quando non lo siamo dimentichiamo. Terzo: Collocazione delle immagini di memoria all’interno dei luoghi In questo senso i Romani - argomento che approfondiremo successivamente in forma molto chiara - possedevano una strategia per ricordare i discorsi. Ad esempio, il grande oratore Cicerone teneva tutto a mente. Più avanti vi dirò come ci riuscisse. Passando ad altri personaggi storici famosi per la loro memoria, Ciro, re dei persiani, conosceva per nome tutti gli ufficiali del suo esercito ed amministrava il suo impero parlando tutte le ventidue lingue in uso nel suo regno. Quintiliano scrisse molto nei riguardo dell’arte mnemonica. Gaio Plinio II conosceva a memoria i nomi di tutti i cittadini di Roma e anche dove questi abitavano. Egli svolgeva la professione del “nomenclator”, che consisteva nel ricordare al padrone di casa i nomi delle persone che partecipavano a ricevimenti o banchetti. I suoi discepoli riuscivano ad imparare centinaia di nomi di persone sentiti al primo ed unico ascolto, tale era formidabile la tecnica che il loro maestro utilizzava ed insegnava.
Il missionario gesuita Matteo Ricci, recatosi in Cina per divulgare il pensiero cristiano, imparò la lingua cinese in tre settimane. Nella sua opera, il Palazzo della Memoria, espresse un’insieme di strategie atte ad imparare le lingue. Il buon gesuita aveva capito quanto fosse fondamentale tale conoscenza per ottenere i risultati che si era prefisso. Wolfang Amadeus Mozart, musicista e compositore, riusciva a ricordare un concerto di quaranta voci dopo un solo e primo ascolto e pare che abbia usufruito anche lui delle basi dell’arte della memoria classica. Cosa dire poi di Napoleone che quando frequentava la scuola militare era considerato uno dei peggiore studenti dato che non ricordava niente, dotato com’era di una pessima memoria. Quando iniziò la sua carriera militare, si appoggiò a persone capaci e competenti, come hanno fatto e fanno tutt’ora molte persone di successo. Assunse come suo personale mentore e consigliere uno dei più grandi conoscitori dell’arte della memoria vivente a quel tempo in Francia. Quest’ultimo insegnò innanzitutto a Napoleone la tecnica per ricordare i nomi delle persone rendendolo capace di fargli memorizzare i nomi di tutti i suoi ufficiali, cosa che destò anche nei suoi nemici una qual certa stima. Come seconda cosa gli insegnò a ricordare i discorsi da tenere in pubblico e ciò incrementò in maniera esponenziale la sua sicurezza. Come terza, ma non ultima in ordine di importanza, gli insegnò a dettare sette lettere contemporaneamente,
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come era riuscito a compiere prima di lui il grande Giulio Cesare. Potendo fare ciò Napoleone, come Cesare, era divenuto un prodigio di efficienza esecutiva perché gli permetteva di impiegare un settimo del tempo che normalmente era necessario per impartire gli ordini ai suoi ufficiali. In realtà gli Antichi che usavano l’arte della memoria per ricordare soprattutto i testi, la praticavano anche per risparmiare tempo, così da poterlo dedicare ad altre cose. Oggi si ritiene che il grandissimo successo di Giulio Cesare sia da attribuire a quella efficienza esecutiva che aveva acquisito attraverso l’uso consapevole dell’arte della memoria. È stata infatti operata un’analisi molto approfondita sulla psiche di Giulio Cesare e su ciò che lo ha portato ad avere un successo così straordinario. Da quest’analisi sono emersi alcuni punti essenziali: in primo luogo si è evidenziato uno straordinario uso mnemonico della propria mente; per secondo un ardente desiderio di raggiungere i propri obiettivi; per terzo una ferrea disciplina nelle decisioni prese, che si esplicava nel non cambiare mai decisione una volta presa, nonostante qualcuno cercasse di fargli cambiare idea. Infine, probabilmente la più importante, il fatto che riuscisse a prendere decisioni immediate arrivando con ciò a far ribaltare completamente una situazione a suo favore. Una decisione immediata sul campo di battaglia può davvero fare la differenza. Tutto ciò ha reso differente la sua vita da quella dei comuni mortali: la sua capacità di prendere decisioni fondamentali ed importanti in pochissimo tempo, per non dire in pochi secondi, lo ha reso celebre ed immortale. Anche Cicerone, come abbiamo visto, possedeva una grande capacità oratoria che utilizzava soprattutto per i suoi discorsi in pubblico. Egli, seguendo i dettami dell’arte della memoria, divideva in più parti il discorso che doveva tenere, in tre, quattro, cinque, dieci parti importanti e se le raffigurava mentalmente. Ad esempio, con la mente avrebbe immaginato un senatore da lui conosciuto per rammentargli il Senato (noi potremmo pensare ad Andreotti); un gladiatore per i giochi nell’arena ed un legionario per la guerra. Per ricordare questi tre argomenti (ma gli argomenti su cui discutere potevano essere moltissimi) avrebbe immaginato: - per il Senato un luogo della propria casa (primo luogo), come l’ingresso, dove il senatore da lui conosciuto lo stava aspettando (noi, come detto, potremmo pensare ad Andreotti mentre aspetta nell’ingresso di casa nostra); - per i Giochi avrebbe immaginato un gladiatore seduto sul suo divano in una camera della casa (secondo luogo); - per la Guerra avrebbe posto mentalmente un legionario in altra stanza (terzo luogo), ad esempio la cucina, mentre stava mangiando. Giunto il tempo del discorso sarebbe riandato con la mente alla propria casa, visto il senatore nell’atrio, il gladiatore sdraiato sul divano della sua camera e il legionario mentre mangiava in cucina: “in primo luogo vi parlerò del Senato (il senatore), in secondo luogo vi parlerò dei giochi
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nell’arena (il Gladiatore) e in ultima istanza vi parlerò della guerra (Il legionario). Avete per caso già sentito l’espressione “in primo luogo parliamo di questo, in secondo luogo parliamo di quello?”: sono espressioni di un tempo che hanno raggiunto i giorni nostri e di cui non tutti sono a conoscenza del loro significato reale. Siamo giunti oramai ad uno tra i più grandi mnemonisti, a quel Pico della Mirandola di cui ho accennato all’inizio. Egli fu l’ultimo dei grandi che hanno arricchito le loro conoscenze attraverso l’arte della memoria e che ha segnato la mia vita in modo particolare.
IMPARIAMO AD APPRENDERE Anche Giordano Bruno da Nola, il cui vero nome era Filippo, prima di prendere i voti come frate domenicano, aveva imparato l’arte della memoria e questo durante la sua permanenza presso un monastero situato a Nola (NA). Riferisco di seguito quanto avvenne in occasione di un incontro di Bruno con Enrico III, Re di Francia citando testualmente dal libro che Bruno scrisse sull’arte della memoria dal titolo Le Ombre delle Idee: “Mi fece chiamare un giorno ricercandomi se la memoria che avevo e professavo era naturale o per arte magica al quale diedi soddisfazione e con quello che li dissi, e feci provare a lui medesimo, conobbe che non era per arte magica, ma per scienza, e dopo questo feci stampare un libro sulla memoria, sottotitolo: De Umbris Idearum il quale dedicai a sua maestà, che con questa occasione mi fece lettor straordinario provvisionato”. Esiste un concetto importantissimo in questa frase e cioè che l’arte della memoria può essere insegnata. E siccome il De Umbris Idearum è il testo che illustra ed insegna meglio di altri tale arte, capii subito che finalmente avevo trovato la risposta alla mia esigenza. Cosa mi restava da fare? Comprarlo! Detto fatto.
Tuttavia i testi in commercio non mi entusiasmavano, poiché o incompleti o curati approssimativamente. Dovevo assolutamente trovare una traduzione che fosse la più aderente possibile al pensiero dell’autore: in poche parole una vera propria edizione critica. Conoscendo un grande latinista, gli chiesi se poteva tradurlo secondo i miei intendimenti. Dopo lunga trattativa, quel professore mi chiese due milioni e mezzo delle vecchie lire: stavo per polverizzare i soldi guadagnati con il sudore della fronte durante la mia breve carriera di bracciante agricolo. Non nascondo che la cosa mi pesava non poco, dover spendere tutti i miei risparmi mi fece pensare, ma la motivazione era più forte, credevo in quanto stavo facendo e
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come Giulio Cesare dopo poco decisi. Oggi posso affermare di avere investito bene quel denaro: è stato un investimento su me stesso che ha permesso di mutare il mio destino. Inoltre nessuno mai potrebbe portarmi via quelle conoscenze specifiche, che rimarranno sempre con me. Stavo costruendo la possibilità di poter cavalcare l’onda, di imparare ad utilizzare quello strumento che mi avrebbe consentito di poter fare qualsiasi cosa avessi desiderato, anche il pilota d’aerei. Dopo aver fatto tradurre il De Umbris, iniziai a studiarlo, pian piano. Comprendevo cose fantastiche delle quali vi parlerò. Adesso posso chiedervelo: vi è capitato di leggere e ripetere, rileggere e ripetere, di studiare con impegno, ma nonostante ciò senza ottenere il migliore dei risultati? Sono pronto a scommettere di si. A chi non è mai capitato? A Roma, durante un corso introduttivo, feci la stessa domanda: “A chi di voi è capitato di leggere e rileggere, per poi ritrovarsi con solo metà delle nozioni memorizzate?”. Ad un certo punto un signore del pubblico alzò la mano ed io gli chiesi: “Ma scusi, allora lei cos’è venuto a fare?”. Al che lui rispose: “Per accompagnare mia moglie”. Ovviamente il pubblico esplose in una risata.
QUANDO LA TEORIA NON BASTA Ritornando a quanto stavo dicendo, mi resi conto ed avevo capito che fondamentalmente ignoravo il metodo giusto che mi permettesse di apprendere, non possedevo cioè un metodo per imparare ed inoltre non sapevo come incamerare stabilmente le nuove conoscenze. La sola conoscenza teorica di come agire per ricordare non era sufficiente, la sola lettura di un libro non bastava. Un ulteriore passo fu quello di dedicarmi all’applicazione, cioè iniziai ad applicare, a migliorare tutte le tecniche che avevo appreso mettendole insieme (oltre all’opera di Giordano Bruno avevo letto nel frattempo anche altre opere di diversi autori), scegliendo quelle migliori da quelle che lo erano meno, ritrovandomi così a svolgere un lavoro, da autodidatta, di profonda elaborazione di tutti i dati che avevo appreso. Un lavoro che occupò circa un anno della mia vita. Infine quando riuscii ad applicarle la mia autostima ne guadagnò moltissimo.
LA PULCE SOTTO IL BICCHIERE Desidero raccontarvi alcuni momenti in cui gli esiti negativi erano all’ordine del giorno. Durante un’interrogazione feci letteralmente la fine “della pulce sotto il bicchiere”. Ora vi racconto questa
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storia , in modo che possiate comprendere bene ciò che intendo. Una pulce, dopo essere stata catturata, fu messa sotto un bicchiere capovolto in modo che non potesse uscire. Dopo un po’ di tempo, la pulce saltò e batté la testa. Essendosi fatta male, cominciò a compiere dei salti bassi, per paura di sbattere ancora nel vetro. Dopo un certo periodo di tempo il bicchiere fu tolto e la pulce continuò a fare dei salti bassi. Poco dopo morì. Questa storiella deve intendersi ovviamente come una metafora. Il fatto che un’esperienza scolastica negativa ferisca emotivamente, porta a sottostimare le proprie capacità di apprendimento e quindi a peggiorare il rendimento di giorno in giorno. Si è appurato che la seconda paura più notevole degli inglesi è quella di parlare in pubblico. Ciò è frutto di un background negativo, di un insuccesso avvenuto a scuola, dove si è ottenuto un cattivo voto in un’interrogazione davanti ai compagni, nonostante un certo impegno profuso. Questa situazione può causare un grave blocco. La prima e più grande paura è invece quella provata dalla presenza di ragni. La paura di parlare in pubblico sale ovviamente dal secondo al primo se si deve parlare di fronte ad un pubblico di ragni.
UNA VITA FRA I MISTERI DELLA MEMORIA Torniamo ora al percorso da me compiuto tra i misteri della memoria. Come dicevo, dopo avere rialzato l’autostima e dopo aver visto che potevo effettivamente riuscire, attraverso una sola lettura, a ricordare una poesia, un po’ per volta iniziai a conseguire risultati sempre migliori. Mi iscrissi al liceo scientifico perché ero ancora dell’idea di fare il pilota ed in quarta liceo, quando l’età permetteva di poter accedere al brevetto di pilota, battei tutti i records dato che riuscii in appena sei mesi a prendere il brevetto di pilota privato. Ottenni questo successo perché quando leggevo il Trebbi, un manuale formato grande tomo che espone tutte le regole del volo, dell’aeronautica, del diritto, gli elementi di meccanica, di meteorologia, rotte di aeronavigazione, formule, galloni, litri-galloni, libbre e chili, a differenza degli altri, in una sola lettura riuscivo a ricordarne i contenuti. La mattina andavo a scuola, alle 13 pranzavo e alle 14 uscivo in volo per la parte pratica, dato che anche in questa disciplina la pratica e la teoria andavano a braccetto. Terminavo di volare verso le 17, tornavo a casa e fino alle 20 trovavo il tempo per svolgere i compiti scolastici, cenare e alle 20,30 ritornare all’aeroporto, dove rimanevo fino alle 23 partecipando alle lezioni teoriche della classe. Giorno dopo giorno per sei mesi. Finalmente dopo tanto lavoro riuscii a prendere il brevetto grazie alle strategie dell’arte della memoria, che mi avevano facilitato oltremodo il compito e ridotto il tempo di apprendimento.
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Ho intervallato la passione per il volo con la ricerca personale sulla memoria, ricerca che tutt’ora coinvolge gran parte della mia vita. Non provo alcun senso di grandezza, ma solo di orgoglio, nel comunicarvi che grazie al metodo che ho strutturato, sono giunto a conoscere a memoria molti testi: duecentosessantuno per l’esattezza. Sono poi giunto a formulare alcune valutazioni: ora non avevo soltanto la possibilità di fare il pilota, ma avrei potuto diventare, ad esempio, un avvocato. Studiate per caso Giurisprudenza? In caso di risposta negativa, significa che siete persone incentrate sulle soluzioni, perché gli avvocati cercano sempre problemi. Lavorate per caso nell’ambito del management? Siete dei managers, possedete un’azienda? Siete dei professionisti? Relazionare senza sussidio di note scritte è gratificante, come avrete sicuramente notato. Un direttore che relaziona senza bisogno di leggere gli appunti risulta sicuramente più professionale. Ricordare i nomi delle persone è fondamentale. Vi è mai capitato di chiamare qualcuno “carissimo” perché non vi ricordavate il suo nome?
L’IMPORTANZA DI RICORDARE I NOMI Certo è cosa molto imbarazzante, ma ci sono due situazioni che lo sono ancor di più: la prima è quando due donne vanno in bagno e voi rimanete sbilanciati perché al loro ritorno si siedono in maniera opposta rispetto a prima. Con la sicura opposizione dei nomi si corre il rischio di sbagliare sempre nome per tutta la sera. La seconda è quando trovandovi ad una tavolata, in una simpatica situazione in compagnia di amici appena conosciuti, si vorrebbe chiedere qualcosa a qualcuno, ma non lo si fa, imbarazzati dal fatto di non poterlo chiamare per nome per ottenere la sua attenzione. Questo limita la nostra capacità relazionale, non soltanto nella vita privata, ma soprattutto in ambito lavorativo. A questo proposito, voglio raccontarvi una storia vera, che potrebbe sembrare un aneddoto. Un giorno incontrai a Trieste una mia amica, una signora americana proprietaria di una catena di ristoranti a New York. Mi confidò che quando dirigeva un ristorante a Trieste i clienti erano molto più numerosi che a New York. Nonostante in quella città avesse investito molto, gli attivi erano quasi a zero, dato che i clienti erano andati progressivamente calando di numero. Quando le chiesi quale fosse la differenza sostanziale tra il servizio di Trieste e quello newyorkese, mi rispose che quest’ultimo era senz’altro migliore, in quanto i camerieri erano preparati, bravi, impeccabili. Nonostante ciò il numero ingente dei frequentatori, circa quattromila persone, impediva ai camerieri di ricordarne il nome, mentre invece a Trieste lei era amica di tutti i frequentatori ed i camerieri si ricordavano i nomi di tutti. Immaginatevi la sensazione che si prova, andando al ristorante, nel vedere il titolare venirvi incontro, darvi la mano, e per di più chiamarvi per nome mentre vi accompagna a sedere. Si tratta senz’altro di qualcosa di molto piacevole. Sono convinto che andreste sempre in quel ristorante. Dissi alla signora che, a mio parere, esisteva la possibilità di insegnare ai camerieri come ricordare i nomi di quelle diverse migliaia di clienti. Per fare questo mi sarebbe servita una
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giornata intera, che io stessi con loro almeno nove ore per insegnare a ricordare in un attimo i nomi di tutti. Per questo intervento chiesi un compenso di trentamila dollari. Poiché la mia richiesta le sembrava eccessiva per un solo giorno di formazione, non accettò la proposta, e così giungemmo ad un accordo diverso: le proposi vitto italiano ed un alloggio per la mia sopravvivenza newyorkese e il 10% del guadagno incrementato sull’aumento del fatturato dell’anno successivo. Lei accettò e l’anno dopo..... Per farla breve, le costai settantottomila dollari. Ma non finì qui. Difatti l’anno seguente si assistette ad una fuga di camerieri: alcuni cambiarono mestiere perché, divenendo amici dei clienti, furono oggetto di proposte di lavoro, da parte di questi, difficili da rifiutare; altri andarono a lavorare al ristorante di fronte, alcuni divennero manager. Insomma, attraverso l’amicizia con i clienti, si erano create le basi per una brillante carriera. Ritrovandosi da punto a capo, quella signora mi chiese di ritornare. Accettai subito e le chiesi lo stesso accordo dell’anno precedente. Al che rispose: “Preferirei darti trentamila dollari!”. Svolgete per caso la professione medica? O forse studiate medicina? Io dico sempre che se volete fare il medico e salvare delle vite, dovete fare i chirurghi. Se vi piacciono i bambini, i pediatri, se vi piacciono i soldi, i chirurghi estetici.”. Un po’ di humor non fa mai male, specialmente quando deriva da una verità consolidata. ESPERIMENTI SCIENTIFICI Anni fa all’ospedale San Raffaele di Milano si è svolta una ricerca, durata due anni, sulle mie capacità mnemoniche. Quando arrivai al San Raffaele, la prima volta citai 261 libri a memoria, (ovviamente non completamente, ma solo cosa vi era scritto in una tale o in tal’altra pagina, a richiesta dei dottori). Inutile dirvi che rimasero stupiti. Nella visita successiva mi posero davanti, affinché le imparassi, una serie di dieci numeri. I numeri diventarono venti, in seguito trenta ed infine mille. Al termine, poiché li avevo memorizzati senza sbagliarne alcuno, si stancarono di studiarmi e mi spedirono a casa. Dopo qualche tempo mi riconvocarono dicendomi: “Siamo interessati a capire se esiste una genetica del ricordo o se il ricordo è frutto di una metodologia specifica ed eventualmente capire come funziona il ricordo”. Questa parte è molto importante perché vi spiegherò in quale modo la memoria si attiva per ricordare le diverse informazioni, una memoria che viene chiamata “a lungo termine” e come invece alcune volte non si riesce ad attivare con conseguente perdita dei dati. Solitamente il ricordo permane per dodici secondi. Difatti quando qualcuno si presenta, dopo un minuto non ricordiamo più il suo nome. Dopo questi due anni di ricerca si è scoperto che
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la mia memoria non possiede niente di diverso da quella delle altre persone sottoposte ad esame e che possiamo definire provviste di una “memoria normale”. Infatti, i medici hanno compreso che la struttura del mio cervello è esattamente identica a quelle di queste altre persone e che non vi è nulla di straordinario in me. Straordinaria è stata invece l’attivazione del mio cervello nel momento in cui ho utilizzato quel mio metodo che gli stessi dottori ritengono straordinario. Una medesima straordinarietà si è potuta infatti individuare quando il mio metodo è stato utilizzato da un medico che ne aveva appreso la tecnica. Un metodo che si basa sulla grande tecnica dell’arte della memoria di cui Pico della Mirandola, Giordano Bruno, Napoleone e tutti i grandi personaggi del passato, ne avevano compreso l’utilità ed avevano utilizzato. Il mio unico merito è stato di fungere da reporter, di acquisire le conoscenze degli Antichi e portarle nel mondo moderno; se qualcuno fra voi avesse fatto la stessa cosa, avrebbe ottenuto i medesimi risultati. Al San Raffaele però hanno scoperto una cosa molto importante, che in parte già si conosceva e che ha confermato la funzionalità del mio metodo nel processo di apprendimento. Come saprete, la parte interna del cervello si suddivide in due strutture: una si chiama amigdala, ha la forma di una mandorla e serve per acquisire emozioni; l’altra si chiama ippocampo, dalla forma simile a quella di una cavalluccio marino e serve per consolidare le informazioni nella memoria a lungo termine. Curiosamente l’amigdala e l’ippocampo sono situati nella parte più interna del nostro cervello. Senza memoria ciascuno di noi sarebbe “deficiente”, dal latino deficere, cioè “mancante”: non avremmo la capacità di allacciarci le scarpe, di ricordare il nostro passato, la nostra storia, di conoscere la nostra identità. Non possiederemmo nessuna personalità perché essa è condizionata dai nostri ricordi. Dunque la memoria assume la parte più importante tra le funzionalità cerebrali. Ma come funzionano l’amigdala e l’ippocampo? Io fornisco sempre questa spiegazione ai ragazzi dell’università “Vita e Salute”, perché seppur semplice è molto pratica.
LA MEMORIA EMOTIVA L’amigdala si può immaginare come una ragazza vivace che si emoziona facilmente; l’ippocampo come un vecchio libraio che archivia informazioni. Quando l’amigdala è coinvolta emotivamente passa le informazioni all’ippocampo che registra tutto ciò che è emozione, tutto quello che sta succedendo in un preciso momento; quando manca questo coinvolgimento emotivo il passaggio dall’amigdala all’ippocampo non si attiva e in questo caso il cervello si attiva in maniera diversa non archiviando le informazioni. Vi suggerisco un esempio utile a riprova di questo meccanismo: vi ricordate il primo bacio o l’ultimo? Avete figli? Io ne ho due. Se ne avete, vi ricordate il giorno della sua o loro nascita ? E se ripensate a quella grande emozione che si prova nel prendere in braccio la propria figlia o il
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proprio figlio per la prima volta, la definireste come una grande emozione. Si tratta di quello stato emozionale che vi farà ricordare per sempre quella nascita, l’immagine del neonato, lo scenario intorno, tutto come se fosse successo ieri. Se avete figli vi rendete conto di quanto sto dicendo, i vostri genitori sanno questo. È inoltre importante sapere che l’amigdala passa all’ippocampo solo le informazioni emotivamente significative: a distanza di poche ore infatti si tendono a rimuovere i ricordi poco piacevoli. Si tratta di una specie di sistema conservativo. L’uomo è tendenzialmente ottimista, perché lo è il suo cervello: difatti rimuove i vecchi ricordi negativi, rielaborandoli in maniera positiva. Ad esempio l’emozione ci porta a ricordare dove eravamo e cosa stavamo facendo in un certo momento in cui è successo qualcosa che ci ha fortemente colpiti. Non ricordo dove ero due settimane fa, ma forse ricordo anzi “io ricordo” e forse anche voi ricorderete dove eravate l’11 settembre 2001 durante l’attentato alle due torri gemelle. Come funziona quindi il nostro cervello in relazione alla memoria? Esso è composto da due emisferi, quello destro, emozionale e quello sinistro, riconosciuto come emisfero razionale. I pubblicitari che vogliono far ricordare un oggetto o una situazione, mirano ad una maggiore attività neurologica, facendo vedere qualcosa capace di rimanere impressa nella mente. Anche attraverso la musica è possibile fissare il ricordo. Ad esempio il ritmo fa leva sull’emisfero destro, quello emozionale e quando si ascolta una canzone che piace, la melodia rimane nella mente. Il numero invece è qualcosa di astratto, difficile da ricordare. Se io fossi un pubblicitario non proporrei un numero in modo freddo ma agirei, come ha fatto Telecom, aggiungendo un piccolo jingle, che aiuti a ricordare: tipo il dodici, quaranta, ottantanove, ventiquattro, ventiquattro.
LE IMMAGINI CREANO IL RICORDO Il ritmo crea il ricordo e questa è una cosa molto importante da prendere in considerazione. Poiché il coinvolgimento emotivo crea il ricordo, in pubblicità vedrete che il testimonial è sempre dotato di grande bellezza. Un attore bello, un’attrice bella, rappresentano situazioni che suscitano interesse e quindi ricordo. Ma è soprattutto l’immagine che crea il ricordo ed alcune di queste rimangono particolarmente impresse nella mente. Esse fanno parte delle dieci strategie di cui vi parlerò a breve. Alcune immagini utilizzate sono particolarmente strane. Ad esempio la pubblicità più riuscita di tutti i tempi aveva tre caratteristiche: l’esagerazione, il movimento e l’inusualità. Per pubblicizzare (intendi “far ricordare”) un pennello, lo hanno rappresentato gigantesco, in movimento sulle spalle di un piccolo personaggio che andava in bicicletta. Ad un certo punto questo veniva fermato da un vigile che diceva all’imbianchino: “Ma dove va? Non vede che blocca il traffico?”. “Eh, per dipingere una parete grande, ci vuole un pennello grande”. “Non ci vuole un pennello grande ma un…Grande pennello!” Se qualcuno volesse ricordare la parola fidejussione e teme di non ricordarla, deve immaginare il
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cane Fido. Fido serve per “riacchiappare” il ricordo di quella parola, perché la memoria (questo è un concetto fondamentale), ha uno spazio infinito entro il quale vengono inserite le informazioni ed i ricordi, ma ha grosse difficoltà di ordine, cioè difficoltà a ritrovarle nell’ordine corretto. Vi sottopongo questo esempio: ad una festa di amici vi vengono mostrate cento fotografie. Si tratta di un esperimento già fatto che dimostra come la memoria non abbia problemi di spazio, ma di ordine. Ritorniamo alle cento foto: dopo averle viste vi chiedono di descriverle. Potreste forse ricordarle tutte? Certamente no! Forse ne potreste descrivere venticinque o trenta, non oltre. Tuttavia se queste foto vengono mescolate insieme ad altre che non avevate visto prima e ve le mostrano di nuovo sapreste perfettamente individuare quelle già viste da quelle nuove. Nel 98% dei casi dareste una risposta precisa e questo perché la memoria ha riconosciuto, quindi ha ricordato, qualcosa che ha già visto. Esiste dunque nella tua mente un grande spazio che contiene i ricordi, essi ci sono, ma noi non siamo più in grado di recuperarli in maniera strutturata ed ordinata.
UN ESPERIMENTO Vi dirò un insieme di parole per farvi capire quale è il difetto della memoria, poi lasceremo il tutto in sospeso. Nel frattempo, andrò avanti con la didattica, vi informerò su tutti gli strumenti che vi serviranno e a quel punto, rifaremo lo stesso esperimento per verificarne la differenza. Ecco le parole, da leggere attentamente: dottore, cappello, pescatore, scrivania, aereo, specchio, maschera, uva, serpente, computer, vicino di casa, chiave, libro, toro, telo, doccia, fucile, statua, topo, matrimonio. Ora dovrai rispondere a questa domanda: “Quale è il risultato di ventinove per quarantadue? Prendetevi il tempo necessario per calcolare e quando avrete risposto alla domanda, trascrivete le parole che ricordate, senza guardare, nell’ordine preciso come ve le ho comunicate. Più tardi quando faremo l’esperimento con un sistema per impararle, vedremo la differenza. Fin d’ora vi anticipo quali saranno gli errori che sicuramente avrete fatto. Il primo e più grave è legato all’attenzione distribuita in maniera sbagliata: quando stavate leggendo la decima parola eravate preoccupati di dimenticare quelle precedenti. Questo è uno dei dieci errori che si compiono quando si studia. Secondo, con ogni probabilità quando siete arrivati alla fine della lettura avete commesso un altro errore: concentrati sulle parole finali avete dimenticato la parte centrale. Di conseguenza se ci fosse stata qualche possibilità per recuperare, l’avete persa. Il terzo errore consiste nel non aver pensato per immagini: le parole hanno attraversato la vostra mente in modo veloce, proprio come una cometa, senza fissarsi perché non avete dato la possibilità ai vostri emisferi di lavorare insieme. Non voglio recriminare su questo, dato che è un problema sul quale anch’io sono incorso. Infatti io stesso non ricordavo più di cinque parole quando feci le prime prove di span, al tempo in cui frequentavo la scuola.
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Lo span è un termine inglese che serve per misurare la capacità di ricordare informazioni in successione. Quindi se uno ricorda sette parole su nove ripetendole nella successione corretta, sbagliando l’ottava, il suo span è sette, non nove, perché ne ha comunque ricordate sette. Dunque lo span è un intervallo di due misure. Lo span è costante in tutte le persone, dall’analfabeta all’astronauta, da un valore che varia da cinque a nove.
UN MARE DI ESPERIENZE Ora passo a raccontarvi qualche mia esperienza e il modo in cui ho aiutato alcune persone che si trovavano in seria difficoltà. Dopo la ricerca del San Raffaele, l’amico Piero Angela, venuto a frequentare il corso, ha commentato che i risultati ottenuti erano eccellenti, plaudendo al metodo adottato. Sul sito www.metodogolfera.com è possibile vedere la registrazione della puntata di Quark in cui egli espresse tale opinione. Ora voglio raccontarvi la vicenda che mi ha coinvolto direttamente con un amico imprenditore. Non stava molto bene: un’emorragia cerebrale lo aveva portato ad un gravissimo problema di memoria. Mi chiamò perché doveva studiare diverse pagine di testo in relazione alla sua attività, parola per parola, ed era disperato perché non ci riusciva. Ebbi la ventura di conoscerlo in occasione di un congresso nazionale al quale lui fece da relatore, presentando la sua multinazionale ed anche gli altri intervenuti. Dopo il mio intervento si rivolse a me dicendomi: “Gianni, sono disperato perché non riesco a ricordare niente. Vorrei fissare una sessione con te, stare con te qualche giorno per risolvere questo mio problema. Dimmi come possiamo metterci d’accordo”. Ci accordammo per cinquemila euro. Venuto dalle mie parti, trascorremmo insieme tre giorni, durante i quali gli insegnai prima di tutto che il testo va vissuto in maniera attiva, cioè che occorre interessarsi a quello che si sta facendo per comprendere quali sono i punti fondamentali, essenziali. Di seguito gli spiegai che questi punti essenziali andavano pensati come immagini visive e terza cosa che dovevano essere collegati tra loro all’interno di spazi conosciuti. Quindi procedemmo ad un collegamento delle informazioni all’interno di luoghi. Trascorremmo quei giorni ad Imola, presso un bellissimo hotel, immaginando e lavorando insieme su un testo molto complicato e lungo. Il risultato fu strepitoso. Voglio raccontarvi anche la storia di una bambina che aveva una particolarità: la sua eccessiva vivacità la portava a distrarsi facilmente in ambiente scolastico, con conseguente scarso rendimento. Sembrava che esistesse anche un problema di dislessia per cui il suo insegnante, che era considerato un “esperto dell’apprendimento”, consigliò ai genitori della bimba di farle prescrivere dal medico una sostanza chiamata Ritalin. Il medico aveva supportato questa teoria perché durante quel periodo in America andava di moda quel farmaco. Nel caso non lo conosceste, tengo a dirvi che il Ritalin è uno psicofarmaco. Dopo diverse somministrazioni la bambina aveva perso molta lucidità, sembrava uno zombie e il suo rendimento scolastico era
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ulteriormente peggiorato. Appena mi raccontarono questa triste storia, effettuai una ricerca su Wikipedia e scoprii che il Ritalin è di fatto un’amfetamina, capace se prescritto ad un adulto, di indurre un effetto enormemente eccitante, mentre ad un bimbo induceva l’effetto sopra riportato. Chiestomi come mai non l’avessero prescritto all’insegnante, consigliai ai genitori di sospendere quella crudeltà e di portarmi la bimba per una sessione. Le insegnai a pensare per immagini, risolvendo così il problema della dislessia, causa questa di molti errori comuni nel ricordare.
UN RE DI NOME DO Proseguendo, mi sembra utile darvi due informazioni sull’applicazione del mio metodo per i bambini. Ad esempio faccio loro ricordare le note musicali do, re, mi, fa, sol, la, si, si, la, sol, fa, mi, re, do con questa storia: “Una volta, nel medioevo, esisteva un regno governato da un re che si chiamava Do. Questo re un giorno vide un eclissi di sole che portò il buio in tutto il suo reame. Preso dalla disperazione disse: “Farò re, chiunque farà tornare il sole”. E così si presentò un mago che disse che avrebbe fatto tornare il sole il giorno successivo a mezzogiorno e quaranta. Chiese al re di essere nominato re a sua volta se fosse riuscito nell’intento e il re acconsentì. Il giorno dopo alle dodici e quaranta precise tornò il sole ed il mago disse ai suoi amici che sarebbe andato dal re a chiedergli il regno. Ma sappiamo che nel medioevo non parlavano come parliamo ora, dato che utilizzavano la lingua volgare. Il mago si era espresso in questi termini con i suoi amici mentre raccontava loro che il re gli avrebbe concesso il regno “do, re mi fa; sol la, si”. Quando andò dal re gli disse invece: “si, la sol, fa mi re, do”. In questa maniera le note vengono immediatamente visualizzate perché tali informazioni svegliano delle sinapsi che permettono di ricordare. Allo stesso modo, anche più semplicemente, ho spiegato che “bambino” si scrive con la emme in onore della signora Maria, perché una volta c’era un bambino che aveva una tata che si chiamava Nadia, ma lei era magra e bruciava sempre l’arrosto. I genitori allora la licenziarono ed assunsero Maria che era molto grassa e che faceva degli arrosti strepitosi. Quindi la signora Maria diede il nome al bambino che si scrive sempre con la emme: Maria, bambino. Esempi semplici, diretti che però centrano il risultato.
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IL CORSO PER STUDENTI Procederò ora a spiegarvi in che cosa consiste il corso per studenti. Si tratta di un investimento che serve ad ottimizzare il proprio tempo di studio attraverso il quale si acquisisce un metodo di studio facile da adattare per apprendere velocemente e in modo duraturo. Un anno fuori corso costa un patrimonio, ma si potrebbero risparmiare quei soldi con le strategie giuste, superando più esami per volta. C’è stato un momento in cui ho realizzato che cedere i diritti del mio sistema poteva essere una soluzione per trovare il tempo da dedicare al volo, ma ho cambiato idea dopo avere incontrato un signore che ha partecipato al corso che ho tenuto alla Camera dei Deputati. Mi riferisco ad un Onorevole che ho rincontrato a Roma dopo che era trascorso un anno dal corso. Egli mi disse una cosa che mi colpì e che mi ha portò a decidere di continuare in questo insegnamento. Le sue parole furono: “ Vedi Gianni, il corso mi ha cambiato la vita perché mi ha permesso di passare più tempo con i miei figli”. Lì per lì non capii quale relazione vi potesse essere, ma poi mi spiegò che l’ essere riuscito ad imparare la lingua inglese in due settimane, a ricordare i testi dei suoi interventi per i comizi elettorali oltre ai nomi della gente, gli aveva fatto guadagnare una quantità di tempo che ora poteva dedicare alla famiglia e a tutte quelle cose che amava svolgere durante il tempo libero.
ESPERIMENTO ALLA NASA Ora entriamo nell’ambito formativo dei dieci gravi errori e delle dieci risorse speciali. Un’azienda belga denominata ESA, Europe Space Agency, mi convocò per una collaborazione ad un progetto che durò circa quattro anni. Il progetto consisteva nel riuscire a capire se gli astronauti potessero imparare ad usare meglio la loro memoria. Sarebbe stato più facile addestrarli. Tutta la ricerca si basava infatti sulla procedura mnemonica in assenza di gravità dato che più volte gli astronauti avevano accusato una determinata incapacità di ricordare alcune procedure essenziali. La domanda che ci si poneva era dunque: “Come mai questi vengono addestrati a ricordare ma nonostante ciò dimenticano?” e soprattutto, “Quale metodo avrebbero dovuto usare per migliorare la loro capacità mnemonica in assenza di gravità?”. Fui interpellato a questo proposito per insegnare il mio metodo ad un gruppo di astronauti con conseguente volo assieme a loro in assenza di gravità. Ritornato dalla NASA, dalla Land Facility del Kennedy Space Center mi fu richiesto di testare l’efficacia del mio sistema nei memory item su un gruppo di controllo e su un gruppo addestrato. Vi rammento che i memory item sono le procedure di emergenza. È necessario ora aprire un piccolo paragrafo attraverso il quale spiegarvi meglio la motivazione e l’urgenza di questa ricerca. Durante la missione Apollo 13 si verificò un grave problema: una perdita di ossigeno costrinse i membri dell’equipaggio a rientrare subito a terra. Per
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ritornare dovettero circumnavigare la parte oscura della luna. In quella condizione di panico non riuscivano ad usare bene la memoria. Non ricordando bene le procedure di emergenza riuscirono a salvarsi solo perché da terra suggerirono loro il check list di emergenza, i memory item. Ancora oggi questo problema non è stato risolto. Quando ci si trova sotto stress si crea un aumento del cortisolo e se le informazioni sono state apprese in maniera tradizionalista vengono inibite, cioè non si riesce a recuperarle, proprio come quando si sostiene un esame, un concorso pubblico e non si riesce a ricordare quanto è stato appreso in precedenza. È ormai appurato che in caso di stress molte nozioni vengono dimenticate oppure si invertono. Sembra che all’interno della nostra memoria avvenga un black out. L’addestramento all’ESA iniziò su questi aspetti.. Dopo tre anni iniziò il progetto Zero G Memory realizzato al Kennedy Space Center: un gruppo di trenta astronauti fu addestrato a ricordare le procedure di emergenza con l’utilizzo di una mia strategia. Una delle tante appartenenti al Metodo Golfera. Un altro gruppo fu invece lasciato libero di imparare seguendo i vecchi schemi. Ai due gruppi venne assegnata un’ora per ricordare una serie di cento procedure da compiere, poi gli astronauti furono portati a bordo in assenza di gravità. Durante il volo vennero testate le loro capacità simulando una situazione di emergenza: il gruppo che non usava la mia strategia ricordò il 39 % delle informazioni; l’altro più dell’80%. Più del doppio quindi e sono sicuro che se avessero avuto a disposizione tutte le diciotto ore, invece delle sei concesse, come sono previste per apprendere con il mio sistema, sarebbero arrivati al 100%. Questo, che voleva essere solo un test preliminare, diede risultati così ottimi che sicuramente la ricerca andrà avanti. Ritornerò per continuare l’addestramento. In assenza di gravità il viso si gonfia notevolmente perché il cuore posizionato ai due/terzi dell’altezza del corpo, crea un’eccessiva pressione all’interno della testa, con conseguente effetto di rigonfiamento del volto. Si viene a creare inoltre una forte tachicardia perché il cuore è costretto a pompare all’estremità il sangue e nel far questo compie molta fatica e si sforza. Anche il labirinto, che è un organo deputato alla conservazione dell’equilibrio, strutturato più o meno come una pallina, posto in un canale dentro l’orecchio, viene sospeso nell’aria. Conseguentemente ogni volta che avviene un movimento brusco della testa viene avvertita immediatamente una forte nausea e questo perché non esiste più una correlazione tra la vista e l’equilibrio. Si tratta di una sensazione alquanto negativa che viene ampliata dalla condizione di assenza di gravità. Vi assicuro che un volo in tale situazione, anche se dura solo pochi minuti, porta ad una stanchezza fisica indescrivibile, ma soprattutto induce ad una grande difficoltà di concentrazione e di recupero delle informazioni.
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DIECI ERRORI FONDAMENTALI Quali sono i dieci gravi errori fondamentali? Primo grave errore: l’interferenza retroattiva Quando vengono apprese delle informazioni, queste giungono in successione e si tende a concentrarsi sulle prime. Secondo grave errore: interferenza proattiva Come ho accennato precedentemente, ci si concentra sulle ultime informazioni ascoltate o lette, trascurando di fatto quelle della parte centrale. Terzo grave errore: pensare senza immagini visive Se non vengono correlati i concetti ad immagini o a situazioni reali, si tende a dimenticare. Quarto grave errore: leggere e ripetere molte volte Ciò inibisce l’attività cerebrale con conseguente effetto disastroso ai fini del ricordo. Quinto grave errore: provare una sensazione di timore quando le informazioni sono troppe Come ho precedentemente enunciato, la memoria non ha problemi di spazio. Quando ad un gruppo di soggetti vengono presentate molte informazioni chiedendo di ricordare cento cose e poi viene chiesto di ricordarne solo dieci e ad un altro gruppo di soggetti viene semplicemente chiesto, fin dal principio, di ricordare solo dieci cose, il gruppo che pensava di doverne ricordare cento avrà grosse difficoltà. Entra infatti in causa un aspetto demoralizzante dovuto all’insicurezza durante l’acquisizione delle informazioni. Sesto grave errore: trascurare i fattori ambientali Quando si studia assume un valore fondamentale l’ambiente. Occorre studiare sotto la luce naturale, in un ambiente sgombro di rumori o al limite accompagnati da una musica trasmessa a basso volume. Vedremo in seguito questo aspetto. Comunque non bisogna mai trascurare il posto in cui si studia. Settimo grave, gravissimo errore: trascurare i fattori fisiologici Esistono altri elementi che condizionano la possibilità di ricordare: l’alimentazione, il sonno, il benessere psicofisico. In particolare l’idratazione è fondamentale: i liquidi aumentano la fluidità del sangue e ciò apporta maggiore ossigeno al cervello con conseguente migliore capacità di concentrazione. Ottavo grave errore: non mettere in pratica ciò che si è acquisito Se l’astronauta acquisisce delle informazioni che mirano a fargli eseguire correttamente una procedura di bordo, deve provare tale procedura in volo e non limitarsi alla sola lettura, pensando di ricordare tutto. Se si frequenta una scuola guida e non si sale mai su una macchina non sarà possibile imparare a guidare. Altro esempio: tempo addietro ho incontrato un mio cugino che aveva comprato un corso di lingue della De Agostini: “L’ho acquistato in edicola, voglio imparare l’inglese”. La cosa migliore è invece andare in Inghilterra e fare pratica sul
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posto. I libri non rispondono alle domande, i libri sono una teoria incompleta ed avulsa dalla pratica. Quindi ribadisco che mettere in pratica le cose che si sono studiate è fondamentale. Se si è studiato l’inglese, occorre parlarlo. In Inghilterra si impara l’inglese in tre mesi, a scuola in cinque anni.. Nono grave errore: mancanza di autostima Quando non si possiede una strategia di apprendimento, l’autostima si abbassa come le prospettive individuali, cioè ci si convince di non avere le possibilità di ricordare o di far fatica a ricordare in poco tempo. Ciò si ripercuote negativamente sul risultato finale. Decimo grave errore: studiare troppo la sera e non la mattina Il cervello, in un certo senso, è come un computer: anche lui deve fare il back-up. Durante la notte rielabora le informazioni e la mattina la mente è pronta, predisposta ad acquisirne di nuove. Questo significa che se una persona studia di sera, il suo cervello farà il doppio della fatica. Anche se si sentirà in forma e si metterà a studiare dopo un’intera giornata passata a lavorare, rischierà di sprecare solo tempo. Quando si devono apprendere delle nuove nozioni, una sola ora alla mattina renderà molto di più di tre ore serali. Parliamo un attimo del caffè. Il caffè è il peggior alimento da bere per migliorare la memoria perché, e mi dispiace dirlo, il suo aiuto è momentaneo. Il caffè ci conduce ad uno stato cosiddetto “beta”. È un dato consolidato che i cicli del nostro cervello al secondo sono oltre 14: dal 7 al 14 siamo in uno stato “alfa”, oltre i 14 in uno stato beta. Lo stato alfa implica rilassamento, il beta grande vigilanza ed attenzione, ma scarsissima concentrazione. Quest’ultima è necessaria per studiare. In occasioni delle olimpiadi coloro che si cimentano negli sport, ad esempio quelli che si dedicano al tiro al piattello, a volte assumono il doping. Si tratta di sostanze dette betabloccanti, cioè prodotti che tendono ad arrestare lo stato di onde beta per favorire il rilassamento. Tutto l’opposto dello stato che induce il caffè. Se si è particolarmente vigili e svegli non si può essere concentrati. Sono due stati che non possono coesistere. Come avviene in natura l’insegnamento fra gli animali? Se io fossi un leone come insegnerei al piccolo leoncino a cacciare? Giocando! E perché il gioco è la miglior forma di apprendimento in natura? Perché favorisce il divertimento, l’attenzione, il rilassamento e quindi l’apprendimento. Diversamente, uno stato di tensione e di paura, non aiuta l’apprendimento.
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CONSIGLI FONDAMENTALI Veniamo ora ai dieci consigli importanti per migliorare la memoria. I primi sono fondamentali, gli altri sono importantissimi e tutti insieme sono indispensabili. Consiglio numero uno: pensare per immagini Quando si vuole ricordare qualcosa si deve associare questa cosa ad immagini visive. Queste immagini aiutano e favoriscono la nostra capacità di concentrazione che con l’aiuto di una maggior attività cerebrale portano a ricordare. Secondo concetto importante: le immagini devono essere esagerate Se si visualizzassero delle immagini grandi, esageratamente grandi come un cappello enorme o un pennello della Cinghiale allora si riuscirebbe facilmente a ricordare tali immagini. Più grandi sono le immagini e più grande è la certezza di ricordarle. Terzo concetto: le immagini devono essere in movimento La parola anima deriva da “animato”, cioè “in movimento”. Se qualcosa si muove rimane impresso, se è immobile la dimenticheremo. Pensate agli animali: in natura quando vogliono nascondersi rimangono immobili. La tigre, quando va a caccia, si avvicina molto lentamente per non fare troppi movimenti. Quarto principio: immagini associate Le immagini devono essere associate fra loro, in modo che la prima ricordi la seconda, la seconda la terza e così via. Quinto principio: l’associazione deve essere inusuale Le immagini non dovranno mai essere scialbe, dozzinali, banali; dovrà esserci sempre un’associazione inusuale. Sesto principio: il coinvolgimento emotivo Se le immagini sono familiari e coinvolgono emotivamente vengono ricordate, diversamente si dimenticano. Settimo principio: si possono creare delle immagini acronime L’acronimo è un procedimento per ricordare una serie di parole complesse. Esse vanno associate tra loro prendendo la parte iniziale di ciascuna di queste parole per crearne una nuova che racchiuda in sé l’inizio di tutte le altre. Un esempio: se si mette insieme E di esagerazione, M di movimento, AI associazione inusuale, CE di coinvolgimento emotivo, si ottiene EMAICE, parola che mai dimenticheremo. Ottavo principio: corretta alimentazione ed idratazione Ciò serve per ottenere una concentrazione elevata. Per verificare il valore di questa asserzione in Inghilterra è stato eseguito il seguente esperimento: un gruppo di ricercatori scientifici ha invitato due campioni di scacchi. Ad uno di loro fu proposto per pranzo un piatto di pasta, mentre all’altro offrirono una pietanza a base di carne con insalata. Dopo aver mangiato, i due master di scacchi avviarono la partita. Il concorrente a cui toccò la pasta perse in maniera
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molto evidente, causa la lentezza nel prendere decisioni sulle mosse. Dopo circa un mese i due master furono riconvocati. Questa volta però le pietanze furono invertite. Anche in questo caso la partita fu vinta dal concorrente che aveva mangiato carne. Da questo esperimento è emerso che l’eccesso di carboidrati cosiddetti raffinati risulta sfavorevole, nel senso che alzando molto la glicemia inducono ad un duplice effetto: da un lato sembra che risveglino un ormone che induce sonnolenza, dall’altra spingono il corpo a produrre insulina e questa abbassa gli zuccheri nel sangue. Il cervello ha bisogno di zuccheri in maniera equilibrata per poter lavorare in forma ottimale. Da ciò si evince che quando si richiede una performance migliore a livello cerebrale, occorre mangiare verdura, formaggio, pesce, carne, soia, insomma quello che più piace, cercando di ridurre il più possibile pane, pasta e dolci. Lo stesso principio è stato applicato ad un gruppo di studenti di Harvard ottenendo nell’arco di sei mesi, quindi su una base di tempo lungo, un miglioramento delle performance scolastiche del 23 %. Infatti i ragazzi sono riusciti a ricordare e quindi a migliorare il loro rendimento del 23% mangiando nel modo consigliato. Per quanto concerne la prima colazione, consiglio una pietanza salata, poiché da varie ricerche sull’alimentazione è emerso che una colazione salata apporta maggiore capacità di concentrazione di una dolce tipo brioche. Avrete sicuramente notato che gli esami del sangue vengono eseguiti a digiuno. Evidentemente una brioche presa al mattino “sballa” completamente la nostra glicemia invalidando il risultato dell’esame. Personalmente non sono un maniaco delle diete, tuttavia mi piace fornire alcuni suggerimenti per aiutare le persone ad ottenere una maggiore concentrazione. Nono consiglio: mantenere il corpo sempre ben idratato Bere molta acqua, succhi di frutta o tè, aiuta ad essere più concentrati, perché tali sostanze fluidificano il sangue e questo, circolando meglio, giunge più abbondante al cervello. Non si può comunque esagerare con il bere durante il pasto, altrimenti avverrebbe una diluizione dei succhi gastrici e questo potrebbe compromettere la digestione, rallentando anche la concentrazione. La frutta andrebbe consumata lontano dai pasti, in quanto rallenta anch’essa la digestione. Suggerimento numero dieci (molto importante): cercare di studiare nelle stesse ore Se si è abituati a studiare alle 08:00, occorre studiare sempre verso quell’ora. Da una ricerca svolta su campioni, è stato dimostrato che studiando allo stesso orario e possibilmente nello stesso luogo, viene favorita la concentrazione, l’attenzione e la memoria.
ALTRI PRINCIPI Undicesimo principio: fare una pausa ogni 40 minuti quando si studia Ho voluto inserire anche questo consiglio, perché ritengo che sia molto importante e desidero che voi lo conosciate. Una pausa mentre si studia è fondamentale: personalmente suggerisco di farne una ogni 40 minuti. Questo perché ogni 40 minuti si assiste ad un calo fisiologico dell’attenzione che porta ad una grossa difficoltà di concentrazione. Per far fronte a questa difficoltà risulta
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sufficiente una piccola pausa di 10 minuti. Per motivi di completezza vi comunico il dodicesimo principio che scaturisce da una ricerca scientifica effettuata a Tokyo: è stato infatti scoperto che se si viene interrotti da una telefonata o da una qualsiasi altra situazione mentre si studia, non solo si dimenticano le cose che si stavano facendo poco prima, ma si inficia il ricordo di tutto quello che è fatto nell’ora precedente. Quindi sarebbe consigliabile, quando si studia, affidare il telefono a qualcun altro, così da dedicare allo studio 40 minuti ininterrotti. Se poi si segue il principio numero tredici che consiste nello studiare al mattino, difficilmente qualcuno verrà chiamato a quell’ora e così saranno risolti due problemi contemporaneamente.
RITORNANDO ALL’ESPERIMENTO INIZIALE Occorre ora mettere insieme tutte le cose che avete appreso e, per quanto segue, leggete e concentratevi senza sforzarvi di capire. Cercate solo di visualizzare le cose che faremo insieme. Prenderemo le parole di prima, le assoceremo tra di loro con immagini che dovranno devono essere pensate seguendo questi canoni: E come esagerazione, M come movimento, AI associazione inusuale, CE come coinvolgimento emotivo. Come prima cosa immaginiamoci un dottore. Associamo il dottore alla parola cappello, immaginando che sulla testa del dottore ci sia un Cappello. Ora immaginiamo quale tipo di cappello, un sombrero. Adesso dobbiamo associare la parola cappello alla parola pescatore. Ma attenzione, non pensate più al dottore perché occorre lavorare su due parole alla volta e non di più. La ragione è semplice: correlando due elementi alla volta assoceremo il primo elemento al secondo senza distrazioni, senza interferenze retroattive e proattive ottenendo una maggior capacità di concentrazione e del ricordo dell’informazione successiva. Ignorate il dottore come se non esistesse. Dottore, cappello, pescatore: immaginate un pescatore che pesca il cappello. Pescatore, scrivania. Immaginate che il pescatore si sieda su una scrivania. Scrivania, aereo. A questo punto, immaginate di fare decollare un aeroplano di carta da una scrivania. Non pensate più al pescatore che è seduto sopra la scrivania. Non si devono creare storie, ma legare due soli elementi alla volta. In questa maniera dalla scrivania decollerà un…? Aereo! L’aereo va a sbattere contro uno specchio, la parola successiva è specchio. L’aereo batte contro uno specchio. Dopo specchio vi avevo dato la parola maschera quindi specchio, maschera. Da dentro lo specchio fuoriesce una maschera. Maschera, uva. Immaginate che si abbassi la maschera e che fuoriesca dell’uva, ma deve essere dell’uva che per voi significhi qualcosa, come l’uva fragolina che mangiavate da bambino, uva nera, uva bianca, uva che avete assaggiato e che avete dato ai vostri figli, se ne avete. Uva, serpente. Dall’uva esce un grosso serpente, anzi enorme, e questo serve per evidenziare il concetto dell’esagerazione. Serpente, computer. Il serpente mangia un computer. Che tipo di computer? Un Apple va bene, il serpente mangia un Apple. Computer, vicino di casa. Quindi immaginate che dal computer esca il vostro vicino
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di casa. Chiave, il vicino tiene una chiave. Chiave, libro. Con la chiave egli apre un enorme libro. Libro, toro. Quindi da quest’enorme libro esce un toro nero con grandi corna. Il toro si mette un telo in testa, il telo viene messo sotto una doccia, dalla doccia parte un colpo di fucile. Concentratevi sull’immagine e non pensare al resto altrimenti si perde la concentrazione. Dalla doccia parte un colpo di fucile che colpisce una statua. Immaginiamo un discobolo. La statua si rompe ed esce un topolino, Il topolino si veste elegante perché è il giorno del suo matrimonio. Topo, matrimonio. Vi rielenco i nomi in maniera che voi possiate concentrarti fortemente sulle immagini. Non sforzatevi, non è necessario sforzarsi per concentrarsi e ricordare. Ripeto: non sforzatevi di ricordare, ma create immagini mentali. La prima immagine è quella del dottore e, di seguito, cappello, pescatore, scrivania, aereo, specchio, maschera, uva, serpente, computer, vicino di casa, chiave, libro, toro, telo, doccia, fucile, statua, topo, matrimonio.
UN UOMO DECISO Adesso vorrei parlarvi di un uomo che “ha fatto la storia”. Il suo nome è Benjamin Franklin. Franklin è stato l’inventore di moltissime cose. Vi dirò la più importante in assoluto, ma prima ancora che ha inventato il parafulmine, gli occhiali a lenti multifocali ed anche un qualcosa che forse tutti hanno visto almeno una volta nella loro vita e che è la sedia dondolo. L’effigie di Franklin è stata inserita sulle banconote da 100 dollari, perché aveva una grandissima capacità che lo ha reso famoso e che gli ha permesso di costituire gli Stati Uniti d’America. Questa sua capacità consisteva nel prendere decisioni importanti in modo veloce. Il suo successo fu determinato da una strategia particolare che egli utilizzava per prendere le decisioni. Disegnava una croce dove nella parte sinistra poneva gli aspetti positivi del far qualcosa mentre nella parte destra metteva quelli negativi. Una volta ottenuti tutti questi elementi, senza esitazione alcuna prendeva la sua decisione determinata dai pro e dai contro. Questo criterio viene ancora oggi utilizzato da molti manager per decidere o semplicemente dalla casalinga che deve prendere una decisione per la casa, per la vacanza al mare o in montagna. Come avrete notato, questo semplicissimo criterio è molto valido per prendere delle decisioni importanti.
LE SESSIONI FORMATIVE Ora desidero parlarvi delle mie sessioni formative. Una sessione formativa ha la durata di 18 ore. A differenza di tante altre sessioni formative, le mie vengono realizzate dalle persone che partecipano e non da me. Le persone che partecipano mi comunicano le loro necessità di apprendimento, portano i loro testi, mi scrivono quali sono le loro esigenze specifiche, dopodiché viene costruito il percorso formativo di quella sessione
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particolare. I risultati che vengono raggiunti in tutte le sessioni sono molteplici. Innanzitutto un guadagno di tempo: si studia in un’ora quello che normalmente si studia in cinque ore. Si superano gli esami in maniera facile, diretta e soprattutto si riduce enormemente lo sforzo, studiando in maniera divertente. Si ottiene la possibilità di fare carriera nei concorsi pubblici. Si imparano le lingue straniere e a questo riguardo vi informo che si possono apprendere duecento vocaboli in inglese in un’ora e questo lo si apprende durante la sessione. Si impara a parlare in pubblico e tutti fanno pratica di questo durante la sessione. Acquisire sicurezza significa professionalità: provate a pensare ad un medico che non si ricorda quello che deve prescrivere ai pazienti. In conclusione vi dico che in tutto quello che farete, se avrete più memoria, dimostrerete più professionalità, la vostra concentrazione ed attenzione miglioreranno. Immaginate cosa significherebbe per voi la possibilità di ricordare i nomi di cento persone appena incontrate. Vi assicuro che ciò si ottiene con estrema facilità. E sono certo che con i consigli che vi ho suggerito inizierete già da ORA. A presto, care amiche e amici. Gianni Golfera
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Migliora
la tua
Memoria
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