G. Ricciotti - Vita Di Cristo

April 30, 2017 | Author: pablotrollano | Category: N/A
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Il libro più noto di G. Ricciotti, la vita di Cristo....

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V I T A D I GESÙ C R I S T O

La vita di Gesù, sia dal punto di vista religioso che da quello puramente storico, ha sempre attratto e messo alla prova intelligenze di prim'ordine. Cosi se ne sono interessati, per esempio, uno Strauss, un Mauriac, un Loisy e altri, fino a Robert Aron, col recente Gli anni oscuri di Gesù. E s'intende che ciascun autore vi ha messo implicitamente parte della propria personalità, saggiando tradizione, storia, leggenda e dando ai fatti e all'insieme quella che il Ricciotti chiama "coloritura". Coloritura nella quale si manifestano necessariamente idee e convinzioni di chi scrive. In quanto a Ricciotti, ecco come chiarisce: « H o voluto fare opera esclusivamente storico-documentaria: ho ricercato cioè il fatto antico e non la teoria moderna, la sodezza del documento e non la friabilità d'una interpretazione in voga; ho perfino osato imitare la nota "impassibilità" degli evangelisti canonici... Ho mirato, dunque, a far opera di critica». Premessa giustifìcatissima dato che con il problema della predicazione di Gesù, si identifica quello dell'essenza stessa del Cristianesim o ; da qui la necessità del vaglio accuratissimo delie fonti storiche, dell'abbondanza di riferimenti, di commenti a passi evangelici, delle esegesi eruditamente filologiche di cui quest'opera abbonda. La profonda analisi del variopinto mondo precristiano, del sincretismo religioso pagano di fronte alla mentalità assolutistico-religiosa della società ebraica del tempo (pur cosi variamente composita), l'attenzione dedicata a sette come quella degli Esseni (cui tanta importanza hanno dato le molteplici scoperte del Mar Morto), fanno della Vita di Gesù Cristo un classico della cristologia.

IL BOSCO volume 155

Giuseppe Ricciotti

VITA DI GESÙ CRISTO con una introduzione critica

ARNOLDO MONDADORI EDITORE

VITA DI GESÙ CRISTO

Prefazione alla 1" edizione La prima vaga idea di scrivere questo libro mi venne molti anni fa in circostanze straordinarie. Ero stato trasportato in un ospedaletto da campo, che stava rimpiattato sotto un bosco d'abeti in un vallone delle Alpi : per qualche tempo rimasi là tra la vita e la morte, più vicino a questa che a quella; notte e giorno il vallone rintronava dello schianto delle granate, attorno a me gridavano feriti e rantolavano moribondi, il lezzo delle cancrene che ammorbava l'aria sembrava un preannunzio del cimitero. Aspettando la mia sorte, a un certo momento pensai che, se fossi sopravvissuto, avrei potuto scrivere u n a Vita di Gesù Cristo ; il vangelo di- lui, infatti, stava là sul mio pagliericcio, e le sue pagine ove le macchie di sangue si erano sovrapposte a guisa di rubriche alle lettere greche mi parevano un simbolico intreccio di vita e di morte. Guarito che fui e tornato alla vita normale, quell'idea della Vita di Gesù Cristo invece di attirarmi mi sgomentava, e ogni volta che vi ripensavo ne avevo sempre più paura : eppure non solo non mi abbandonava giammai, ma piuttosto diventava per il mio spirito una specie di necessità. Come si fa istintivamente di fronte alle necessità paurose, cominciai con girarle dattorno, quasi per illudere me stesso : mi detti a pubblicare studi su testi ebraici e siriaci, quindi u n a Storia d'Israele e poi ancora la Guerra giudaica di Flavio Giuseppe, ma la vera roccaforte restava ancora là intatta nel bel mezzo dei miei giri, risparmiata dalla mia paura. Ben poco mi scossero esortazioni d'amici e inviti d'autorevolissime persone : rispòsi immutabilmente per molti anni che le mie forze non reggevano davanti a una Vita di Gesù Cristo. Invece più tardi, contro ogni previsione, ho ceduto. Ma ciò è avvenuto appunto perché l'agonia dell'ospedaletto da campo, dopo tanti anni, si è rinnovata e in circostanze assai peggiori : quando cioè vidi che la tempesta di una nuova guerra s'addensava sull'umanità, e che l'Europa secondo ogni più facile previsione sarebbe stata nuo9

PREFAZIONE

vamente allagata di sangue, allora mi parve che non la mia persona ma tutta intera l'umanità, quella cosiddetta civile, giacesse moribonda con un vangelo macchiato di sangue sul suo pagliericcio. Quest'immagine divenne allora cosi imperiosa su di me che fui costretto ad obbedire : essendo tornato il sangue sul mondo, bisognava pure che tornasse il vangelo. E cosi il presente libro è stato scritto mentre l'Europa era nuovamente in preda alla guerra ossia a ciò ch'è la negazione più integrale del vangelo.

Se faccio queste confidenze al lettore non è per parlare della mia insignificante persona : è invece per avvertire in quale stato d'animo è stato scritto questo libro. La quale avvertenza è, a parer mio, importantissima per giudicare ogni biografia di Gesù : il lettore che avrà la pazienza di scorrere l'ultimo capitolo dell'Introduzione si convincerà facilmente che le biografie di Gesù scritte dallo Strauss, dal Renan, dal Loisy e da tanti altri ricevettero le loro particolari coloriture soprattutto dallo stato d'animo del rispettivo autore. Altrettanto è avvenuto a me - e lo confesso onestamente - giacché lo stato d'animo con cui ho scritto è stato quello di uscire dal presente e raccogliermi nel passato, uscire dal sangue e raccogliermi nel vangelo. Ma appunto per questa ragione ho voluto fare opera esclusivamente storico-documentaria : ho ricercato cioè il fatto antico e non la teoria moderna, la sodezza del documento e non la friabilità d'una sua interpretazione in voga; ho perfino osato imitare la nota « impassibilità » degli evangelisti canonici, i quali non hanno né una esclamazione di letizia quando Gesù nasce né un accento di lamento quando egli muore. Ho mirato, dunque, a far opera di critica. So benissimo che quest'ultima parola, comparsa già nel titolo, sarà giudicata usurpata da coloro per i quali la scienza, critica è soltanto demolitrice e la sua ultima conclusione deve essere un « No » ; ma non è affatto dimostrato che cotesti valentuomini abbiano ragione, e tanto meno che la loro intenzione demolitrice sia risultata realmente efficace sui documenti presi di mira : anche su questo punto l'ultimo capitolo dell'Introduzione convincerà facilmente il lettore spassionato e imparziale. Del resto cotesti demolitori sono ormai quasi « superati » ; naturalmente essi, dopo aver imperato per parecchi anni, rifiutano di abdicare e rimangono tenacemente attaccati ai loro metodi; ma, come è già avvenuto per l'Antico Testamento, anche per il Nuovo la critica programmaticamente demolitrice è in decadenza e fra non molto rimarrà prerogativa non invidiata dei « vecchi ». Oggi, in forza sia delle recentissime scoperte documen10

PREFAZIONE

tarie sia di tante altre ragioni, la saggia critica mira ad essere costruttrice e la sua ultima conclusione vuole essere un « Si ». Compito difficile, senza dubbio : ma la riluttanza che provavo a scrivere questo libro era causata specialmente da questa difficoltà, di essere nello stesso tempo critico e costruttivo. Per amore di chiarezza, e per non costringere il lettore a ricorrere ad altri libri, ho dovuto riassumere nell'Introduzione alcune poche pagine del volume secondo della mia Storia d'Israele : trattavo infatti argomenti che ero costretto a trattare anche qui. Non si cerchino invece in questo libro moltissime altre cose che esso, già troppo ampio, non doveva né poteva trattare : tale è il caso, ad esempio, della bibliografia, che per il Nuovo Testamento forma quasi una scienza a sé e richiederebbe un volume a parte; solo eccezionalmente mi sono indotto a citare qua e là alcuni pochi lavori particolari, mentre per uno sguardo generale valgono - e sono anche troppi gli autori citati nell'ultimo capitolo dell'Introduzione... Roma, gennaio 1941

Prefazione

alla

15"

edizione

Dopo la l a edizione italiana ne sono state pubblicate altre 14, e in più una dozzina di traduzioni in varie lingue, compresa la cinese. In questa edizione sono state rinnovate molte illustrazioni, e accolte anche quelle artistiche che prima erano state escluse. Roma, aprile 1962

INTRODUZIONE

L'AMBIENTE

Il paese di Gesù § 1. La regione óve Gesù visse è in sostanza quel tratto della costa mediterranea che unisce la Siria meridionale con l'Egitto. Lungo i secoli questa regione geografica fu chiamata con vari nomi e racchiusa entro differenti limiti; oggi è chiamata, come già in Erodoto, Palestina, e i suoi limiti sono in parte naturali e in parte convenzionali. Ai suoi due fianchi la Palestina ha limiti naturali : ad occidente è limitata dal Mediterraneo, e ad oriente dal deserto siriaco-arabo. In alto e in basso i limiti naturali non sono cosi precisi. Tuttavia, a settentrione, un distacco abbastanza netto è segnato dalla catena del Libano, che scende parallela al Mediterraneo e all'interno è fiancheggiata dall'Antilibano, al quale fa da avanguardia l'Hermon : la stretta fra l'Hermon e il Libano può considerarsi come il limite settentrionale della Palestina. A mezzogiorno il limite geografico è rappresentato genericamente dallTdumea e dalle regioni desertiche che si estendono immediatamente sotto Beersheva e il Mar Morto. Sono i due limiti, settentrionale e meridionale, designati frequentemente nell'Antico Testamento con l'espressione da Dan fino a Beersheva, per comprendere la Palestina abitata dagli Ebrei. Questa striscia di costa mediterranea è dunque compresa fra i gradi 31-32,20 di latitudine nord, e 34,20-36 di longitudine Greenwich. La sua lunghezza, daìle falde meridionali del Libano (Nahr el-Qasimijje) fino a Beersheva, è di circa 230 chilometri; la larghezza, dal Mediterraneo fino al fiume Giordano, va da un minimo di 37 chilometri a nord, fino a un massimo di circa 150 sotto il M a r Morto. La superficie della porzione di qua dal Giordano (Cisgiordania) è di 15.643 chilometri quadrati; quella della porzione di là dal Giordano (Transgiordania) di 9.481. La superficie totale della Palestina è dunque di 25.124 chilometri quadrati, cioè poco minore di quella della Sicilia (25.461 Km 2 .) : la quale piccolezza materiale, sproporzionata all'importanza morale, già faceva esclamare a S. Gi15

IL PAESE DI GESÙ §§ 2-3

rolamo : Pudet dicere latitudinem terra repromissionis, ne ethnicis occasionem blasph-emandi dedisse videamur (Epist., 129, 4). § 2. L'intera regione è divisa, nelle due porzioni testé accennate, dal profondo avvallamento dentro cui scorre il Giordano e che è un fenomeno geologico unico sul globo. Questo avvallamento; prolungandosi giù dal T a u r o attraverso la Celesiria, si deprime sempre più avanzandosi nella Palestina, raggiunge il suo punto più profondo dentro il M a r Morto, e continuando a oriente della penisola Sinaitica raggiunge il M a r Rosso. Sopra a Dan il livello dell'avvallamento è ancora di 550 metri più alto del Mediterraneo; ma dopo una decina di chilometri, dov'era il lago di el-Hule, il livello è sceso a soli 2 metri sul mare, e dopo un'altra decina di chilometri, al lago di Tiberiade, il livello d'acqua è a 208 metri sotto il mare, mentre il fondo del lago è di 45 metri più in basso; infine, all'imboccatura del M a r Morto il livello d'acqua è a 394 metri sotto il Mediterraneo, e dentro il M a r Morto il fondo è a 793 metri sotto il Mediterraneo, costituendo cosi la più profonda depressione continentale conosciuta sul globo. Questo singolare avvallamento è percorso in lungo dal solo fiume importante della Palestina, il Giordano, che nasce dall'Hermon e, dopo aver superato il lago di Tiberiade, si espande nel M a r Morto e ivi muore senza sboccare nel mare grande. Il che è espresso da Tacito con la sua solita maniera scultoria : Nec Jordanes pelago accipitur, sed unum atque alterum lacum (el-Hule e Tiberiade) integer perfluit, tertio retinetur (Mar Morto) (Hist., v, 6). Dalla confluenza delle sue varie sorgenti fino al lago di el-Hule il Giordano percorre una quarantina di chilometri. Il lago di el-Hule, ora prosciugato, aveva una lunghezza di circa 6 chilometri. Subito dopo il Giordano, percorsa una rapida discesa di 17 chilometri, forma il lago di Tiberiade, chiamato più anticamente di Gennesareth. Questo lago, di forma quasi ovale, ha la larghezza massima di 12 chilometri e la lunghezza di 2 1 . Dall'uscita dal lago di Tiberiade fino all'entrata nel M a r Morto, il Giordano s'avanza per Km. 109, mentre il suo percorso reale è più del doppio a causa della tortuosità del letto ; a principio ha una larghezza media di 25 metri con una profondità da 2 a 3 e si avanza tra rive coperte di lussureggiante vegetazione selvaggia, ma ad una decina di chilometri prima del M a r Morto la vegetazione va scemando, l'acqua diventa salmastra e la corrente si fa meno profonda e più larga (metri 75). § 3. La costa mediterranea, dalle falde meridionali del Libano fino al promontorio del monte Carmelo, ha un'ampiezza da 2 a 6 chilometri, a oriente dei quali sorgono le alture del retroterra. Questo 16

IL PAESE DI GESÙ § 4

tratto di costa, salvo Tiro al nord che anticamente era un'isola, non ha che due mediocri porti naturali sotto il Carmelo, cioè Akka (Tolemaide) e Haifa (Gaifa), quest'ultimo recentemente ampliato dagl'Inglesi. La costa più in basso, dal Carmelo fin sotto Gaza, è uniforme e rettilinea con un'ampiezza che nella parte meridionale raggiunge anche i 20 chilometri; ricoperto dalle sabbie del Nilo, questo lido era per gli antichi un litus importuosum giacché non ha altri porti che quello assai scadente di Giaffa. Solo la tenacia e ]è ricchezze di Erode il Grande gli permisero di costruirvi l'eccellente porto di Cesarea marittima, ampiamente descritto da Flavio Giuseppe (Guerra giud., i, 408-415) e oggi ridotto a un grandioso ammasso di rovine. Il lido dal Carmelo a Giaffa era la pianura di Saron, celebrata dalla Bibbia per la sua amenità; il tratto da Giaffa in giù era propriamente la Filistea, o paese dei Pelishtim (Filistei), il cui nome si estese poi a tutta la Palestina. La Cisgiordania è divisa geologicamente in due parti dalla vallata di Esdrelon, che da sopra il Carmelo s'inoltra obliquamente verso il sud-est. Il territorio a settentrione di questa vallata è la Galilea, montagnosa a nord e un po' meno a sud; essa fu la patria di Gesù e la prima culla del cristianesimo, ma nella storia ebraica antica ebbe scarsa importanza perché la popolazione ebraica vi era piuttosto rarefatta e troppo lontana dai centri importanti di vita nazionale che stavano a sud. Più in basso della vallata di Esdrelon si estendono prima la Samaria e poi la Giudea; ambedue collinose, declinano verso oriente in zone pianeggianti e deserte. Tutte e tre le regioni - Galilea, Samaria e Giudea — sono descritte da Flavio Giuseppe (Guerra giud., va, 35-58) secondo le condizioni in cui si trovavano appunto verso i tempi di Gesù. § 4. A quei tempi però, mentre la Giudea con la sua capitale Gerusalemme formava la vera roccaforte del giudaismo, la sovrastante Samaria rappresentava uno stridente contrasto etnicamente e religiosamente. I Samaritani, infatti, discendevano dai coloni asiatici importati in quella regione dagli Assiri sullo scorcip del secolo vin av. Cr., e mescolatisi con i proletari israeliti lasciati ivi; la loro religione, che dapprima era stata una sostanziale idolatria con u n a semplice coloritura di jahvismo, più tardi si purificò di grossolanità idolatriche e sullo scorcio del secolo iv av. Cr. ebbe anche un suo proprio tempio costruito sul monte Garizim. Naturalmente per i Samaritani il Garizim era il luogo del legittimo culto al Dio Jahvè, in contrapposto al tempio giudaico di Gerusalemme, e soltanto essi erano i genuini discendenti degli antichi patriarchi ebrei e i depositari della loro fede religiosa. Di qui, ostilità continue e rabbiose fra Samaritani e Giudei, tanto più che la Samaria era un transito 17

IL PAESE DI GESÙ § 5

obbligatorio fra la sovrastante Galilea e la sottostante Giudea : le quali ostilità, mentre sono largamente attestate dagli antichi documenti, non sono ancora oggi cessate da parte dei miserabili avanzi di Samaritani dimoranti ai piedi del Garizim. La Transgiordania, generalmente collinosa e in antico ricca di boschi e ben irrigata, non fu occupata mai interamente dall'elemento ebraico. Prima dell'ellenismo vi erano numerosi insediamenti aramaici, specialmente nella parte settentrionale; con la colonizzazione ellenistica vi si impiantò saldamente l'elemento greco, il quale ai tempi di Gesù era rappresentato specialmente dalla cosiddetta Decapoli. Era questo un gruppo di città ellenistiche o ellenizzate, forse collegate tra loro da una specie di confederazione, e di numero vario secondo i tempi ma aggirantesi sul dieci : di qui il nome convenzionale del gruppo. Di queste città la sola Scitopoli (l'antica Bethshan, oggi Beisan) era situata di qua dal Giordano; tutte le altre erano in Transgiordania, e tra esse le più celebri erano Damasco a nord, Hippos sulla sponda orientale del lago di Tiberiade, Gadara, Gerasa, Pella, Filadelfia, ecc. Alcune di queste città erano state assoggettate dall'asmoneo Alessandro Janneo, ma Pompeo Magno verso il 63 av. Cr. le aveva nuovamente liberate. Ognuna di esse aveva attorno a sé un territorio autonomo più o meno grande, cosicché costituivano degli isolotti ellenistici su un territorio abitato in gran parte da Giudei e sottoposto a monarchi giudei. § 5. La Palestina è una regione subtropicale, e ha praticamente due sole stagioni : quella delle piogge o invernale, che va dal novembre .all'aprile, e quella della siccità o estiva, che va dal maggio all'ottobre. Le piogge estive sono rarissime; quelle invernali superano quasi dovunque la media di 600 millimetri. La temperatura varia a seconda dei luoghi. Nell'avvallamento del Giordano, chiuso e depresso, è sempre più elevata che nelle altre zone, e talvolta si avvicina anche ai 50 centigradi; lungo la costa mediterranea la media invernale è di 12 e, la primaverile di 18 e, - l'estiva di 25 e, l'autunno di 22 e. ; nelle regioni collinose dell'interno è alquanto più bassa. Gerusalemme, che è a circa 740 metri sul mare, ha una temperatura media di circa 16 e; la media del gennaio è di circa 10 e, e quella dell'agosto di circa 26 e, le temperature massime segnalatevi raggiungono raramente i 40 e, ma non di rado le minime scendono sotto zero. Nazareth, che è a circa 300 metri sul mare, ha una temperatura media annuale di circa 18 e; la media del gennaio è di circa 11 e, e quella dell'agosto di circa 27 e. ; le temperature massime segnalatevi superano spesso i 40 e, ma raramente scendono sotto zero. 18

ERODE IL GRANDE § 6

La neve è sempre rara e scarsa, e cade per lo più nel gennaio; rare anche le notti di brina. Frequenti nella primavera e in autunno il vento caldo dell'est, lo sherqijje o scirocco, e quello del sud-est, il khamsin, o « simun » ; grandemente dannosi all'agricoltura e anche alla sanità degli abitanti, questi venti erano stati raffigurati dagli Assiri come orridi mostri. Grandi differenze nel clima palestinese fra l'antichità e oggi, pare che non vi siano. L'abbandono dell'agricoltura e il sistematico diboscamento infierirono a lungo sotto il dominio musulmano. Oggi rinasce l'antica ubertosità, ad esempio attorno a Cafarnao e a Tiberiade, lungo la sponda nord-ovest del lago, che è la regione descritta con tanta e giustificata ammirazione da Flavio Giuseppe (Guerra giud., ni, 516-521). Anche in altri luoghi, ove sono stati promossi con mezzi razionali i lavori agricoli e di rimboschimento, riappare la fecondità dell'antica Terra Promessa, che fu già liricamente descritta come terra fluente di latte e di miele.

Erode

il

Grande

§ 6. Gesù, morto per l'imputazione di essersi proclamato re dei Giudei, nacque sotto un re dei Giudei che non era per sangue né re né giudeo. Erode il Grande, 1 di cui Gesù nacque suddito, non era giudeo di sangue : sua madre Kypros era araba, suo padre Antipatro era idumeo, e nessuno dei due era di stirpe regia. Figlio di tali genitori, Erode è giustamente chiamato da un suo contemporaneo un privato qualunque e idumeo, cioè semigiudeo (Antichità giud., xiv, 403). Quel poco di giudaico che Erode aveva non era più che una vernice esteriore, già applicata ai suoi antenati con la violenza; infatti la razza degli Idumei, insediata a sud della Giudea, era rimasta pagana fin verso il 110 av. Cr., allorché Giovanni Ircano la giudaizzò a forza obbligandola ad accettare la circoncisione : ma, pur incorporati ufficialmente alla nazione giudaica, gli Idumei erano considerati come bastardi dai Giudei genuini ed erano disprezzati come razza turbolenta e disordinata, sempre proclive a sommosse e lieta di sconvolgimenti (Guerra giud., iv, 231); del resto, anche il contegno tenuto dagli Idumei verso i cittadini di Gerusalemme durante la guer1

Quasi tutte le notizie di Erode ci pervengono da Flavio Giuseppe che, a sua volta, le attinge dagli scritti perduti di Nicola di Damasco, ministro di Erode. Secondo Antichità giud., xv, 174, Erode scrisse le proprie Memorie, ma è assai incerto che Flavio Giuseppe le abbia consultate direttamente. '9

ERODE IL GRANDE § 7

ra contro Roma (cfr. Guerra giud., rv, 224-352) fu di una crudeltà tale, che non poteva essere alimentata se non da un odio inveterato. Lo stesso nome di Erode (da 'Hpa)tSy)
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