Furio Jesi - Sopravvivenze Mitiche Nell'Esoterismo Nazista

July 10, 2020 | Author: Anonymous | Category: nazismo, Schutzstaffel, Adolf Hitler, Heinrich Himmler, Rudolf Hess
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Si riproduce qui - per gentile concessione della signora Marta Rossi Jesi - un interessante testo inedito rinvenuto fra le carte di Furio Jesi. Esso può essere considerato come un recente esempio di applicazione storica del «mito tecnicizzato». Si tratta di 6 cartelle dattiloscritte che recano, in alto a sinistra della prima pagina, la scritta autografa: «Appunti» e, a fianco dei singoli capoversi, alcuni rinvii di pagina al volume di François Bayle Psychologie et éthique du nationalsocialisme. Etude anthropologique des dirigeants 55, Paris 1953, abbreviato con la sigla «Bay» (in particolare alle pp. 394-97, 414, 424, 477 e 503). Per il suo contenuto, soprattutto in relazione al motivo delle «idee senza parole» e alla mistica del sangue, questo scritto risulta particolarmente vicino specialmente alle argomentazioni sviluppate da Jesi nel volume Cultura di destra, Carzanti, Milano 1979, pp. 60 sgg. e 71-72 [C.S.]

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Sopravvivenze mitiche nell 'esoterismo nazista

Nel linguaggio nazista, intenzionalmente colmo di elementi simbolici, la denominazione «Ordine nero» designava la «Schutzstaffel der Natiorialsozialistischen Deu tschen Arbei terpartei» (truppa di protezione del partito nazista), comunemente nota come SS. Le attività di questo gruppo e i documenti che testimoniano della sua struttura sono stati particolarmente studiati dai ricercatori che tendono a scorgere nell'esoterismo una caratteristica fondamentale e rivelatrice del nazismo. Ci riferiamo soprattutto agli studi di Pauwels e Bergier1, i quali, pur nella loro dichiarata provvisorietà, contengono alcune osservazioni particolarmente acute e stimolanti. Le SS furono istituite da Hitler nel 1925 come una sezione di élite delle SA, e proprio questo loro carattere di élite - che andò accentuandosi nel tempo - attira l'interesse dei ricercatori, quasi che nelle SS si possa trovare l'espressione più concentrata e depurata dello spirito nazista. La vicenda delle SS, dal 1925 al 1945, nei vent'anni della loro esistenza, presenta due aspetti fondamentali: da un lato un'organizzazione che si rivela impregnata di elementi esoterici, dall'altro lo scatenarsi di una forza gelida e terrificante che si prefisse e portò a termine il maggiore massacro della storia moderna. E evidente la tentazione di collegare fra loro in I [Cfr. L. Pawels e J. Bergier, Mondadori, Milano 1971'.)

Il mattino dei maghi, n'ad, il. di P. Lazzaro,

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modo particolarmente intimo questi due aspetti: Pawels e Bergier l'hanno fatto e, come vedremo, non sempre in modo opinabile. I discorsi e i decreti di Himmler, che dal 1929 fu a capo delle SS, ci consentono già di conoscere qualche importante aspetto dell'organizzazione. Innazitutto, nei discorsi di Himmler le SS sono un Ordine: «un Ordine di sangue puro per servire la Germania (ein Orden guten Blutes ... der Deutschland dienen kann). I membri di quest'Ordine (Ordine nero, dal colore dell'uniforme) erano scelti fra coloro che possedevano puro sangue tedesco: si indagava sulla genealogia di ciascun aspirante SS in modo da accertarne la purezza di sangue fin dal 1750, e si esaminavano accuratamente i suoi precedenti personali; e quelli dei suoi familiari. Occorreva, inoltre, che l'aspirante possedesse particolari caratteristiche somatiche quali garanzie del suo puro germanesimo; Himmler, che presiedeva alla selezione, non accettava uomini d'altezza inferiore a un metro e settanta: «So che uomini d'una certa statura devono essere portatori d'una certa quantità del sangue desiderato». Poi, lo stesso Himmler esaminava di persona le fotografie degli aspiranti e li selezionava in base ai suoi criteri di fisiognomica razziale: «Ho visto io stesso tutte le fotografie dei candidati, e mi sono sempre chiesto: si vedono in quest'uomo segni di sangue inferiore? Ha egli gli zigomi troppo sviluppati, sintomo di origine mongola o slava?». Se il candidato passava attraverso questi esami preliminari, era sottoposto al giudizio della commissione razziale, composta di Fùhrer SS, di etnologi e di medici. La commissione valutava accuratamente il fisico e la psiche: «Inoltre, è importante vedere come il giovane si comporta dinanzi alla commissione, come tiene le mani, se è

disciplinato, se ha un atteggiamento da servitore, se è capace di rispondere liberamente, ecc.». Se superava anche questa prova, l'aspirante poteva iniziare la carriera che l'avrebbe condotto a far parte dell'Ordine. A 18 anni era aspirante, tre mesi dopo prestava giuramento al Fuhrer e diveniva candidato; doveva quindi sottoporsi a un esame sportivo, e subire una preparazione fisica, morale e politica che gli avrebbe permesso a 19 anni di passare al servizio di lavoro. Seguiva il servizio militare, separato dall'attività delle SS. Di ritorno dall'esercito dopo due anni, il candidato era finalmente istruito a fondo sui princìpi dell'Ordine: «le leggi del matrimonio, della legislazione e dell' organizzazione familiare, e le regole dell'onore». Infine, il 9 novembre successivo al ritorno dal servizio militare, il candidato diveniva un SS, un membro dell'Ordine. Quel giorno egli riceveva un pugnale e giurava di osservare le norme dell'Ordine. A partire da quel giorno, gli era riconosciuto il diritto e il dovere di difendere il suo onore di SS con le armi. Fra i suoi doveri stavano fra l'altro il rispetto della proprietà altrui, e una norma di vita spartana. In base a questi primi dati dobbiamo concludere che si trattava soltanto di un corpo armato particolarmen te selezionato da esami psico-somatici sedicenti scientifici? Questa soluzione sembra difficilmente accettabile se si considerano gli scopi prefissi delle SS e innanzi tutto la mistica del sangue che regolava come norma suprema le loro attività. Proposito e dovere delle SS era la conservazione del puro sangue tedesco, nordico; il sangue tedesco era considerato dalle SS il migliore del mondo, su di esso si fondavano le aspirazioni ad una dominazione germanica del mondo che sarebbe stata raggiunta essenzialmente per opera dell'Or-

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FurioJesi dine. ei confronti degli altri popoli le SS dovevano comportarsi pensando solo alla difesa di quel sangue. I sangui inferiori dovevano essere distrutti, poiché erano più lontani dall'uomo di quanto lo siano gli animali. Se nei popoli stranieri si trovavano tracce di sangue «buono», bisognava catturare i bambini portatori di quel sangue e allevarli nello spirito nazista, o altrimenti sopprimerli. Bisogna riconoscere che la mistica del sangue non è stata comune ad alcun altro corpo armato organizzato entro un sistema militare moderno. Nessun altro corpo armato moderno si è, d'altronde, autodefinito un Ordine, con tutti i significati mistici ed esoterici che questa parola comporta. Queste particolari carattesistiche delle SS possono ben valere come prima giustificazione di una loro interpretazione in senso esoterico, la quale, nell'istante in cui si inquadra in una prospettiva storica, è destinata a coinvolgere l'intera ideologia nazista. Lo psichiatra americano Leo Alexander" ha posto alle origini della mistica del sangue nazista un riaffiorare delle antiche nozioni magiche del sangue, stimolato dalla lettura fatta da Hitler, nella prigione di Landsberg, di un volume sui rituali cruenti dei mongoli di Gengis Khan: rituali che Hitler avrebbe rievocato con la sanguinosa attività delle SS. Noi non vogliamo negare che la lettura di quel volume abbia costituito per Hitler un ulteriore sti-

, [Cfr. Leo Alexander, War crimes and their motivation. The Socio-Psychological Structure o/ the SS and the Criminalization o/ a Society, in: «[oumal of Criminal Law and Criminology», vol. 39, NO.3 (Septernber- October 1948), pp. 298-326. Vedi anche Id., Treatment of mental disorders, Philadelphia 1953.]

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molo alla realizzazione dei suoi programmi mistici e sinistri. Pensiamo, però, che il problema sia di più vasta portata. Già François Bayle" ha notato l'influsso della mitologia germanica, o forse più esattamen te della mi tologia wagneriana,- sulla mistica del sangue nazista: «Vi si può scorgere il ricordo ancora vivo delle leggende germaniche, come quella del Santo Graal, ricettacolo permanente delle forze spirituali, coppa ricolma di un liquido analogo al sangue, alla quale accede dopo le sue prove l'eroe wagneriano, in quell'opera panteistica e anticristiana in cui il Cristo non è altro che un iniziato sotto le sembianze di Parsifal». Sotto questo punto di vista, la mistica del sangue nazista si ricollega direttamente al filone del cosiddetto «irrazion alismno» tedesco, al poema Algabal di Stefan George, e anche a quell' «occulto, colpevole Dio-Fiume del sangue» che affiora dinanzi a Rilke all'inizio della lIra Elegia di Duino. In ambedue i casi, tuttavia (sia George o Rilke) , la mistica del sangue o diviene un emblema della super-umanità dell'artista o, nel caso specifico di Rilke, appare come colpeoole oscurità di cui l'artista è partecipe nella sua immensa apertura alle forze dell'essere. Nel caso del nazismo, la questione è nettamente diversa. el suo discorso conclusivo di auto difesa dinanzi al tribunale di orimberga, il generale SS Otto Ohlendorf, comandante di uno dei gruppi di sterminio in Russia, giustificò il comportamento proprio e quello dei suoi compagni affermando che la sua generazione si era trovata nel vuoto causato dall'isterilirsi e dalla morte del cristianesimo, ed aveva quindi visto nel nazismo un nuovo ordine , [Cfr. F. Bayle, Psychologie et éthique du nationalsocialisme. pologique des dirigeants SS, Paris 1953.]

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Étude anthro-

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FurioJesi salvatore, fondato su «valori puramente spirituali» e garante di chiarezza, di legge, di verità affermate senza esitazione. Ohlendorf era un uomo di discreta cultura, ma nella sua giovinezza non era divenuto un discepolo di George o di Rilke: non nei poeti aveva trovato la salvezza, bensì nella legge nazista. Dalle sue dichiarazioni appare chiara la potenza esercitata sulla sua generazione - o almeno sugli uomini di quella generazione simili a lui - da un Ordine che si valesse di elementi mistici, ma che su di essi fondasse appunto una disciplina militaresca, una legge di diritti e doveri. Ciò che i poeti avevano subìto come personale e solitaria esperienza, non priva di aspetti colpevoli e da sottrarsi al volgo, il nazismo proponeva come norma di vita, e nel proporla insisteva proprio sugli aspetti più violenti e - per i poeti - colpevoli. Se Rilke e George avevano avuto illuminazioni di mitologia genuina e si erano fermati, solitari e meditativi, dinanzi alle parvenze della rivelazione, i nazisti avevano portato quelle parvenze nelle piazze ed avevano conosciuto solo il mito «tecnicizzato», il mito che può «servire a qualcosa», che può indurre le masse all'azione. Ciò non significa che i nazisti, e prima di tutti Hitler, avessero avuto la percezione di quelle parvenze mitiche solo come strumenti di propaganda e di azione. Alle origini della formazione ideologica di Hitler stanno anche alcune dottrine esoteriche su cui Pauwels e Bergier hanno cominciato a far luce. Nei suoi primi anni di Monaco, Hitler subì l'influenza di alcuni personaggi e di alcune organizzazioni la cui natura è, a tutt' oggi, alquanto o~cura: ma non tanto da impedire ogni indagine. E probabile che egli sia appartenuto a quella società esoterica Thule che poneva nella mitica isola del ord il centro d'un regno iniziatico, sotto il

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segno del sangue nordico. Alla società Thule non fu estraneo Rosenberg, che a suo tempo insistette - anche in contrasto con Hitler - affinché si costituisse un Ordine nazista. E ad essa partecipò Dietrich Eckart, il poeta che agì sulla formazione di Hitler e fu uno dei sette fondatori del partito nazista. Eckart, autore di drammi e traduttore - non a caso - del Peer Gynt, era stato redattore del «Lokalanzeiger» di Scherl e poi aveva fondato un foglio satirico, «Auf gut Deutsch». Le sue parole: «Noi vogliamo ridiventare semplici, noi vogliamo ridiventare tedeschi» sarebbero state più tardi riecheggiate da Hitler: «Dobbiamo diffidare dell'intelligenza e della coscienza, e dobbiamo fidarci dei nostri istinti. Dobbiamo riconquistare una nuova semplicità». Cosa significasse per Hitler «diffidare dell'intelligenza» è chiarito da altre sue parole: «In una riunione di massa il pensiero è eliminato. E siccome è proprio questo lo stato mentale che io voglio, perché fa della folla una vera cassa armonica che vibra ai miei discorsi, io ordino a tutti di assistere alle riunioni ... ». Della società Thule è probabile che facessero parte - oltre Eckart - Rosenberg, Hitler e Hess. A questo punto, inoltre, si inserisce la figura singolare e misteriosa di Karl Haushofer, professore di geopolitica all'università di Monaco, maestro di Hess (che ne fu l'assistente) e, a quanto sembra, maestro anche di Hitler durante la prigionia a Landsberg. Conoscitore dell'estremo oriente, ove aveva vissuto, Haushofer fu probabilmente per Hitler uno dei trami ti verso le mistiche orientali che per tutta la vita egli avrebbe sentito fascinatrici. Ma se Haushofer fu per Hitler l'iniziatore nel senso etnologico del termine - e questa affermazione si basa soprattutto sulle rivelazioni di Hess -, non bi-

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FurioJesi sogna dimenticare che Rosenberg, membro della società Thule, aveva una formazione russa, e probabilmente alla sua influenza si debbono i facili rapporti a Monaco fra nazisti ed emigrati russi, i quali recavano nozioni del singolare esoterismo sviluppatosi negli ultimi anni della corte dei Romanov. Pauwels ricorda che il segno della svastica fu introdotto alla corte russa dalla zarina Alessandra Feodorovna, la quale avrebbe tracciato quel simbolo su di un muro della casa Ipatiev. Per quanto le supposizioni in questo settore siano piuttosto incerte, bisogna ricordare che nel maggio 1921 si tenne a Bad Reichenhall (Alta Baviera) un congresso dei rifugiati russi bianchi, nel quale si impose la figura dell' etmano Skoropadski i cui partigiani presero spesso la parola nelle riunioni naziste e scrissero sul «Vòlkischer Beobachter».

Nota alla presente edizione Contro l'ipnosi della «macchina mitologica»

Il testo che viene qui riproposto vide le stampe per la prima volta nel 1973 per i tipi dell'Istituto Editoriale Internazionale (ISEDI) di Milano e venne poi ripubblicato nella collana Oscar Studio delle edizioni Mondadori (Milano 1980 e 1989). Si trattava di un testo coraggioso, per il periodo e il clima in cui uscì. Jesi sapeva che, in particolare nella cultura di sinistra italiana di allora, regnava non poca diffidenza verso temi come quelli che il suo libro dibatteva, già di per sé scabrosi e appannaggio per lo più del 'pensiero di destra' e della filologia accademica: che bisogno c'era di dedicarvi ulteriore attenzione? Eppure il bisogno di perlustrare criticamente quei terreni paludosi esisteva, eccome! E la strada che egli percorreva anche in questo studio aveva un carattere pionieristico: si trattava di rileggere senza prevenzioni o preconcetti ed evitando letture «simpatetiche» l'operare di scienziati a confronto con il cosiddetto mito mantenendo un'igiene degli strumenti della conoscenza e praticando - a livello metodologico - una costante e impietosa auto-osservazione, consapevoli di trovarsi di fronte a materiali da «dissecare» e «conoscere anatomicamente» con un bisturi «adeguatamente attento», come egli osservò in una delle Prefazioni da lui previste per il suo libro La macchina mitologica, non realizzato e destinato intorno alla metà degli anni Settanta alle Edizioni di Comunità'. Quel

Ora in Appendice a F.Jesi, Materiali mitologici, nuova ed. Einaudi, Torino 2001, p. 344.

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