Fondamenti Di Tipologia Linguistica

February 26, 2021 | Author: Anonymous | Category: N/A
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FONDAMENTI DI TIPOLOGIA LINGUISTICA – Nicola Grandi 1. La tipologia linguistica: nozioni introduttive 1.1 Ambito di studio, metodo di indagine e obiettivi 1.1.1 L’oggetto della tipologia linguistica e la definizione di “tipo” La tipologia linguistica si occupa della variazione interlinguistica classificando le lingue storico/naturali in base ad affinità strutturali sistematiche. Le lingue vengono ripartite in gruppi  tipi linguistici (modelli di descrizione delle lingue) La scelta delle proprietà su cui si fondano i tipi deve consentire di operare previsioni attendibili sulla struttura delle lingue indagate. Altro parametro è relativo all’ordine dei costituenti delle strutture sintattiche (verbo, soggetto etc) 1.1.2

Indagine tipologica: metodi e obiettivi

Primo passo è quello di individuare i parametri pertinenti del sistema lingua (potenzialità predittiva), e stabilire quanti e quali tipi possano essere ricondotte a lingue storico/naturali. Secondo passo cogliere la ratio profonda del fenomeno e abbandonare il livello descrittivo e spostarsi sul livello predicativo e predittivo. La ratio profonda deve tenere presente la funzione cui la lingua deve assolvere, cioè consentire alle comunità di comunicare 1.1.3

La costruzione del campione

È impensabile procedere alla comparazione di tutte le lingue del mondo, quindi per tracciare un quadro esauriente è necessario selezionare un campione altamente rappresentativo che dovrebbe essere immune da:  Distorsioni genetiche, rappresentare in egual misura le famiglie linguistiche  Distorsioni areali, le lingue possono sviluppare tratti comuni in virtù dei contatti tra i parlanti  Distorsioni tipologiche, non deve essere sbilanciato a favore di alcune tipologie  Distorsioni legate alla consistenza numerica delle comunità parlanti. Oggi sono parlate + 6000 lingue e circa 100 sono parlata da + dell’80% della popolazione. Il campione deve riprodurre al suo interno qs rapporti numerici 1.2 Tipologia e sintassi Il lessico è escluso dal dominio della tipologia perché è il componete della lingua + vulnerabile Il livello fonetico/fonologico è + impermeabile alle influenze provenienti dall’esterno Morfologia e sintassi occupano una posizione intermedia perché da un lato hanno inclinazioni assolutamente specifiche e dall’altro rivelano gli effetti di tendenze linguistiche generali; in qs senso sono da sempre considerate un ottimo banco di prova per la tipologia linguistica. 1.2.1

L’ordine dei costituenti

un parametro è rappresentato dall’ordine in cui gli elementi della frase vengono disposti.  POSIZIONE DEL SOGGETTO La frase può essere segmentata in tre costituenti: - Soggetto - Verbo - Oggetto La loro disposizione all’interno della frase è, per la maggioranza delle lingue del mondo, è in prevalenza di due tipi: SOV per il 45% e SVO per il 42% e solo il 10% VSO. Per la totalità coprono il 97% della variazione interlinguistica su scala mondiale. La ragione di qs uniformità (S prima di O) è che di norma il soggetto dà via all’azione espressa dal verbo e quindi gli assegna una preminenza rispetto all’oggetto. In fase di comunicazione qs chiarisce di chi o di che cosa si intende parlare.

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 ORDINE NATURALE E ORDINE MARCATO L’ungherese dà ampia libertà si costituenti che possono mutare posizione senza pregiudicare la grammaticalità della frase, e ciò che indica tale qs discrepanza è la marcatura dei costituenti. Dati 2 costrutti uno si definisce marcato rispetto all’altro se in esso compare un elemento in + detto MARCA, elemento assente nell’altro costrutto (es p e b b è marcata perché si contraddistingue dal tratto sonoro di p). La struttura sintattica naturale è quella in cui si intende trasmettere esclusivamente l’info che deriva dalla somma dei significati parziali degli stessi costituenti. È la struttura prevalente.  TESTA E MODIFICATORI Per ciò che riguarda la posizione del soggetto si è visto che la quasi totalità delle lingue adotta la medesima strategia (il 97% antepone il S all’O), quindi un’analisi basata solo si qs parametro sarebbe destinata all’insuccesso……….. poniamo invece attenzione agli altri costituenti: V e O. I principali parametri in correlazione con la loro posizione sono la presenza di preposizioni e posposizioni Testa a sinistra - VO  preposizioni, nome genitivo, nome aggettivo etc  tailandese Sintagma verbale  VO, il verbo precede il suo complemento  è alla testa Sintagma nominale  nome genitivo  testa - precede i propri complementi Sintagma adiposizionale  proposizioni  alla SX dei complementi Testa a destra - OV  posposizioni, genitivo nome, aggettivo nome etc  turco Sintagma verbale  OV, la testa segue i modificatori Sintagma nominale  genitivo nome Sintagma adiposizionale  posposizioni La Branching Direction Theory prevede però che i una lingua storico-naturale vi è una tendenza a collocare i costrutti di natura sintattica sempre prima o sempre dopo la testa. Entrambe le ipotesi quindi ricorrono a fattori interni per spiegare correlazioni tipologiche in ambito sintattico, spiegazione che può essere ricondotta alla tendenza all’economia che porta ogni lingua ad avere la maggior efficacia comunicativa riducendo al minimo la dotazione formale. 1.3 tipologia e morfologia la tipologia morfologica presuppone l’azione di 2 parametri: indice di sintesi  nr di morfemi individuabili in unaparola - indice di fusione  segmentabilità della parola stessa, difficoltà di individuare i morfemi la combinazione dei due indici permette di individuare 4 tipi di riferimento  tipo isolante indice di sintesi ha valore minimo, ogni parola tende ad essere morfemica ed esprime un solo significato, quindi esistono solo confini tra parole  CINESE MANDARINO  tipo polisintetico indice di sintesi ha valore massimo, nr elevato di morfemi, in una sola parola info che richiederebbero una frase  ESCHIMESE, SIBERIANO  tipo agglutinante indice di fusione con valori minimi, parlola con + morfemi, corrispondenza tra livello di forma e contenuto  tipo fusivo indice di fusione con valori massimi, i confini tra morfemi perdono visibilità, la loro segmentazione ostica e non c’è corrispondenza tra livello di forma e contenuto le lingue indoeuropee hanno qs tipo di carattere indice di sintesi ha valori medio-bassi: la possibilità di far convergere + unità semantiche su un singolo morfema consente di ridurre il nr complessivo di morfemi all’interno della parola. 1.3.2. marcatura della dipendenza sulla testa VS sul modificatore

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Una seconda classificazione concerne la strategie morfologiche che le lingue adottano per codificare le relazioni di dipendenza. Può essere espressa mediante dispositivi di natura sintattica (ordine costituenti) o con il ricorso ad afissi (strumenti di natura morfololgica) che riguarda le lingue che marcano la relazione di dipendenza sulla testa. Si possono prevedere 3 tipi di riferimento: 1- marcatura sulla testa  tipico delle lingue che collocano il V inizio frase dichiarativa 2- marcatura sulla dipendenza 3- sia sulla testa che sulla dipendenza 1.4 tipologia e fonologia Il TONO è una proprietà che caratterizza i suoni sonori, cioè i suoni che prevedono, nella loro articolazione, la vibrazione delle corde vocali, tanto più elevata è la frequenza con cui vibrano le corde vocali, tanto più alto è il tono del suono prodotto; ha valore distintivo per circa la metà delle lingue parlate oggi, è possibile cioè che due parole, con significato diverso, siano uguali in tutto a eccezione del tono. Lingue di questo tipo vengono definite lingue a toni o lingue tonali (il cinese mandarino distingue il significato delle parole a seconda del tono) L’unità a cui deve essere associato il tono e la funzione cui il tono deve assolvere si possono identificare in base a diversi parametri: 1. la distinzione più frequente è quella tra toni associati a vocali 2. meno usata quella tra toni associati a sillabe Alla funzione dei toni, la prima e più importante suddivisione è tra i toni che distinguono morfemi lessicali e quelli che distinguono invece morfemi con valore più specificatamente grammaticale. 1.5 tipologia e lessico Quando le unità della fonologia paiono assolutamente refrattarie ad assecondare condizionamenti extrasistemici, tanto il lessico appare vulnerabile rispetto a perturbazioni provenienti dall’esterno. BERLIN E KAY hanno individuato undici colori che sembrano essere riconosciuti ed indicati allo stesso modo dai parlanti di oltre 100 lingue incluse nel campione. Queste undici classi cromatiche paiono disporsi in una gerarchia organizzata in modo rigidamente implicazionale:  vertice bianco/nero (se due parole)  rosso (se una terza)  giallo/verde (se quinta/sesta)  blu etc………  marrone  porpora/rosa- arancio/grigio è impossibile che una lingua abbia i termini per il blu senza avere il giallo e verde…….. 1.6 non esistono tipi puri Le lingue storico-naturali si caratterizzano come tipologicamente miste. L’inglese esibisce un ricco campionario di incongruenze e di contraddizioni tipologiche, si configura come una lingua VO. Nel sintagma nominale l’aggettivo precede sempre il nome (the black dog) in aperta contrapposizione con il principio soggiacente al tipo VO. A quale tipo morfologico appartiene l’inglese? Viene spesso ascritto al tipo isolante, ogni parola è morfema e invariabile. Il plurale dei nomi e il comparativo degli aggettivi vengono realizzati con strategie di natura agglutinante. Sono fusive le forme pronominali di terza persona singolare,alternanza vocalica introflessivo. Quindi è di tipo isolante, ma con una componente agglutinante non trascurabile; una quantità non indifferente di elementi fusivi e qualche forma introflessivi. Ed è una condizione estrema e sotto molti aspetti eccezionale. 1.7 classificazione tipologica e genetica delle lingue

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Quali sono i rapporti tra la classificazione tipologica e la classificazione genetica delle lingue, o più in generale tra la linguistica e la linguistica storico-comparativa? Vi sono alcuni importanti punti di contatto tra questi due settori della linguistica: 1. essi ricorrono di norma al medesimo procedimento di analisi quello comparativo, in questo senso il contributo maggiore è quello fornito dalla linguistica storica che ha affinato il metodo rendendolo ormai uno strumento di estrema efficacia. 2. la tipologia non può prescindere dall’apporto della linguistica storico-comparativa ha una rilevanza teorica maggiore, per sancire l’esistenza di una tendenza tipologica più o meno generale, è necessario escludere che questi tratti siano la conseguenza di una comune filiazione genetica. La tipologia può supportare la classificazione genetica delle lingue e quindi la linguistica storico-comparativa per tre motivi: a. la tipologia può suggerire alla linguistica storico-comparativa una sorta di “gerarchia di pertinenza” di tratti linguistici nei processi di legami di parentela. b. La tipologia può contribuire ad avvalorare o smentire le ipotesi ricostruttive formulate dalla linguistica storico-comparativa. c. La classificazione tipologica può sostenere: la classificazione genetica in aree geolinguistiche particolarmente intricate e l’assenza di un’adeguata documentazione scritta; sono le affinità di natura tipologica a dare l’input alle ipotesi ricostruttive della linguistica storico-comparativa. 1.8 il ruolo della tipologia in una teoria del linguaggio La tipologia può classificare tanto le lingue storico-naturali quanto singoli elementi delle lingue storico-naturali. Nel primo caso le singole lingue vengono classificate in virtù di proprietà strutturali condivise, nel secondo caso, viene proposta una classificazione tipologica di particolari strategie formali. In entrambi i casi rimane imprescindibile il metodo comparativo, non ha senso realizzare un’indagine tipologica basata su una sola lingua. Ciò non significa che non sia possibile tracciare un ritratto tipologico di una singola lingua. La tipologia linguistica non può e non vuole essere una teoria generale del linguaggio, ma una tipologia del linguaggio ambisce a capire come funzioni il linguaggio inteso come capacità cognitiva e come esso si realizzi nelle lingue storico-naturali. La tipologia si propone di individuare schemi e strutture ricorrenti a livello interlinguistico, esplicitando i principi che ne giustifichino le correlazioni. Per trovare la spiegazione di fatti linguistici, la tipologia svolge uno sguardo sovente all’esterno del singolo sistema , tendono a privilegiare condizionamenti intrasistemici. In chiave tipologica è naturale attendersi che ogni segmento del sistema lingua obbedisca a un proprio principio organizzativo. Per riassumere:  La tipologia linguistica si occupa essenzialmente della variazione interlinguistica sul piano sincronico, con l’obiettivo primario di rendere espliciti i limiti di quest’ultima.  Lo strumento d’indagine privilegiato della tipologia linguistica è rappresentato dai tipi linguistici, insiemi di proprietà strutturali reciprocamente indipendenti, ma correlate in virtù dell’azione di un unico principio organizzativo soggiacente.  I tipo sono modelli di descrizione linguistica, cioè entità astratte, non oggetti linguistici esistenti nella concreta realtà linguistica. Le lingue storico-naturali, fatte salve pochissime eccezioni, tendono dunque a essere tipologicamente miste. 2. Gli universali linguistici Gli UNIVERSALI LINGUISTICI indicano proprietà o correlazioni di proprietà che si suppone contraddistinguano ogni lingua storico-naturale del presente come del passato. La tipologia e la ricerca sugli universali paiono perseguire obiettivi diametralmente opposti, la prima si occupa della variazione interlinguistica; la seconda studia ciò che è comune a tutte le lingue.

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I punti di contatto tra le due discipline sono molteplici, entrambe si collocano a livello sincronico; hanno un carattere descrittivo e non normativo né esplicativo; fotografano uno stato di cose : osservano che una specifica proprietà occorre in tutte le lingue storico-naturali; né gli universali né le correlazioni tipologiche hanno in sé la ragione della propria esistenza. La tipologia e la ricerca sugli universali ricorrono ai medesimi fattori, interni o esterni, per spiegare le generalizzazioni proposte. Gli universali individuano ciò che è tipologicamente irrilevante, delimitano e circoscrivono il campo di indagine della tipologia stessa. Non tutti gli universali hanno la medesima rilevanza per la tipologia, distinguere tra universali assoluti e implicazionali, sono questi ultimi a interagire più fruttuosamente con la tipologia. 2.1 Gli universali assoluti Gli universali assoluti sanciscono la presenza (o l’assenza) di una particolare proprietà in ogni lingua storico-naturale, senza fare riferimento ad alcun altro parametro e senza stabilire correlazioni fra tratti differenti, l’esempio cui tutte le lingue hanno vocali orali. Gli universali assoluti non lasciano alcuno spazio alla variabilità, la rilevanza di questi universali sta nel fatto che stabilendo dei requisiti imprescindibili per ogni lingua forniscono informazioni sulla natura profonda del linguaggio umano. Nell’interazione comunicativa l’uomo impiega principalmente la memoria a breve termine, che rende problematico il recupero di informazioni legate a strutture sintattiche molto complesse. 2.2 Gli universali implicazionali Gli universali implicazionali pongono in relazione due (o più) proprietà , vincolando la presenza di una di esse alla presenza dell’altra. Ponendo in relazione due proprietà distinte e teoricamente indipendenti, un universale implicazionale lascia alle lingue un buon margine di reciproca differenziazione e offre parametri affidabili e attendibili per lo studio della variabilità interlinguistica. Gli universali imlicazionali rappresentano un valido supporto per la tipologia linguistica: essi stabiliscono i limiti estremi della variazione interlinguistica, indicando i terreni sui quali le lingue non possono avventurarsi, la tipologia proietta queste generalizzazioni sulla realtà concreta. 2.3 Come spiegare gli universali? A livello intuitivo gli universali indicano una serie di requisiti che ogni lingua storico-naturale deve soddisfare, e paiono proiettare sulla concreta realtà linguistica proprietà essenziali del linguaggio. Gli universali in base alle loro specifiche caratteristiche e al livello della lingua cui fanno riferimento, possano obbedire a fattori di natura diversa. Se il fine ultimo di ogni lingua storico-naturale è la comunicazione, gli universali possono essere concepiti come strategie comunicative così efficaci da essere condivise da tutte le lingue storiconaturali. 2.3.1 Economia, iconicità e motivazione comunicativa Esistono vari principi in grado di giustificare la presenza o l’assenza di particolari strutture linguistiche: 1. l’economia può essere definita come la tendenza a snellire il più possibile l’apparato formale di un sistema linguistico, pur preservando intatte le sue potenzialità comunicative. L’economia si manifesta a vari livelli: nel contenimento entro limiti compatibili per la memoria umana dell’inventario delle unità di base della lingua e nella limitazione di strutture ridondanti. 2. con iconicità si intende la tendenza a riprodurre le sequenze di base a cui viene organizzata l’informazione da trasmettere. Il piano dell’espressione mira a fotografare con una certa fedeltà la scansione dell’informazione che avviene a livello mentale. 3. la motivazione comunicativa , se la lingua ha come traguardo essenziale la comunicazione, è logico attenersi che essa faccia convergere tutte le proprie risorse su

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questo obiettivo. E proprio questa motivazione comunicativa offre una spiegazione dell’universale secondo cui tutte le lingue hanno categorie pronominali implicanti, almeno tre persone (prima,seconda e terza persona)e due numeri (singolare e plurale). 2.3.2 L’universale 38: la marcatura del soggetto nei sistemi di caso L’universale in questione afferma che in presenza di un sistema di casi, l’unico caso che può essere espresso mediante un affisso zero è quello che include tra le sue funzioni quella di soggetto del verbo intransitivo. Il sistema nominativo accusativo è quello con cui un parlante occidentale ha la maggior dimestichezza. 2.4 Universali e tendenze Anni ’60 JOSEPH H. GREENBERG l’allargamento del campione di lingue ha fatto affiorare una copiosa messe di eccezioni e di controesempi a molte generalizzazioni ipotizzate. Tutto ciò ha obbligato a rivedere i cardini della disciplina e rimettere in discussione lo statuto stesso degli universali. La distinzione tra universali e tendenze universali: i primi indicano quelle proprietà, correlazioni o strutture linguistiche che, senza alcuna eccezione, ricorrono in ogni lingua sorico-naturale. Le seconde designano le proprietà, le correlazioni o le strutture linguistiche che sono attestate in una porzione statisticamente rilevante delle lingue storico-naturali. Il valore delle tendenze, intese come descrizioni di situazioni statificamente significative, sta nel fatto che esse dimostrano inequivocabilmente che la distribuzione dei tratti linguistici e delle correlazioni tra essi non è casuale, ma obbedisce a una ratio rigorosa. Per riassumere  proprietà condivise dalla totalità delle lingue del mondo ( gli universali linguistici) o almeno da una porzione statisticamente significativa di esse (le tendenze universali). Rispetto alla tipologia, gli universali hanno una rilevanza maggiore di quella degli universali assoluti.  Spiegazione convincente da trovare per le tendenze universali e per gli universali per i fenomeni o processi linguistici osservati. I fattori che paiono più influenti in questo senso sono l’economia, l’iconicità e la motivazione comunicativa. 3 La tipologia e il contatto interlinguistico Ogni lingua è intrisa si elementi alloglotti in buona parte delle proprie componenti. L’interferenza interlinguistica può manifestarsi a più livelli: -attraverso semplici prestiti lessicali, mediante l’assimilazione di regole morfologiche -con l’adozione di costrutti più complessi a livello microsintattico. L’interferenza è uno di quei fenomeni in cui può essere ricondotto il fatto che non esistono nella concreta realtà delle lingue storico-naturali, tipi puri. 3.1

La tipologia areale e la nozione di area linguistica

Le lingue storico-naturali rappresentano una fonte estremamente preziosa per la ricostruzione delle intricate vicende storiche delle singole comunità umane e dei territori da esse abitate. Se il popolamento di una regione si è concretizzato mediante una fitta relazione di scambi tra i diversi gruppi umani, le abitudini linguistiche possono serbare tracce di qs contatti. Si possono ricavare testimonianze preziose per far luce sulle vicende passate delle comunità umane. L’insieme dei tratti linguistici che si sono imposti in una data regione geografica a seguito di una profonda contaminazione interlinguistica costituisce un “tipo areale”. Vi è stata una spinta propulsiva degli eventi storico-sociali che hanno innescato i processi di convergenza.

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Per poter asserire che le somiglianze hanno una motivazione di natura areale è indispensabile escludere che esse siano dovute a tendenze tipologiche generali o a familiarità genetica. Due implicazioni metodologiche: 1. per poter individuare eventuali tracce di contatto areale è indispensabile operare una comparazione più ampia tra le situazioni osservate nell’area in esame e le tendenze tipologiche prevalenti nelle lingue del mondo. Le regioni geografiche in cui tipi areali si concretizzano maggiormente, cioè le regioni in cui le lingue sviluppano tratti comuni per il fatto di essere fisicamente contigue, vengono definite aree linguistiche. Un’area linguistica deve caratterizzarsi per la presenza di più lingue parlate nel medesimo contesto geografico, ma non immediatamente imparentate e di tratti linguistici da esse condivisi. 3.1.2. Storia e linguistica un’area linguistica per poter essere tale deve aver assistito a movimenti di popoli di vaste proporzioni e alla conseguente creazione di aree bilingui o plurilingui. L’implicazione teorica più rilevante, del rapporto tra storia e linguistica nella verifica delle ipotesi di diffusione areale di tratti linguistici consiste nell’ineludibile necessità di attribuire un ruolo preminente alla storia. Non si può prevedere la formazione di un’area linguistica contro l’evidenza della storia, al contrario è del tutto plausibile che l’evidenza storica non si trasformi in evidenza linguistica. Un’area linguistica deve essere prima di tutto un’area culturale-storica. 3.2 Alcune aree linguistiche 3.2.1 I Balcani Il primo esempio di contesto areale, teatro di intricati fenomeni di convergenza interlinguistica, sono i Balcani. Di fatto sono divenuti il primo LIMES naturale tra Oriente e Occidente, due mondi non solo opposti ma spesso contrapposti. Presentano una stratificazione etnica certamente senza pari in Europa, conseguenza di una serie di ondate migratorie, che hanno più volte stravolto l’assetto complessivo della regione. L’area Balcanica è il territorio europeo in cui si concentra il maggior numero di lingue appartenenti a gruppi linguistici diversi: oltre al neogreco e all’albanese, due lingue isolate, va notata la presenza di lingue slave meridionali, di una lingua romanza, di una lingua altaica e di una lingua uralica. I tratti essenziali del tipo areale balcanico sono:  sistema vocalico neogreco articolato su 5 fonemi vocalici (/i/, /u/, /e/, /o/, /a/).  Sincretismo tra i casi genitivo e dativo  la tendenza prevalente è quella a far confluire nel genitivo le funzioni precedentemente esercitate dal dativo.  Formazione di un futuro perifrastico  verosimilmente come effetto di attrazione del greco bizantino e medievale.  Formazione dei numeri da 11 a 19  che prevede una matrice “numero + preposizione su+ 10”.  Perdita dell’infinito  sostituito da preposizioni finite di natura finale, consecutiva o dichiarativa (finse che dormiva, finse di dormire).  Preposizione dell’articolo definito  tra le lingue balcaniche la collocazione postnominale dell’articolo definito riguarda il bulgaro, il macedone, l’albanese e il rumeno dove l’articolo postposto consente di preservare la distinzione tra un caso nominativo-accusativo e un caso genitivo-dativo. 3.2.2 L’Europa centro occidentale (l’area di Carlo Magno) In Europa si registra la presenza di oltre 100 lingue diverse, non tutte immediatamente imparentate, ma caratterizzate da una serie di tratti comuni e condivisi. Alcuni tratti che paiono caratterizzare in modo quasi esclusivo alcune lingue d’Europa e il cui insieme è noto come standard average european (SAE) alcuni di questi tratti sono: 1. somiglianze lessicali  che di fatto si articolano su due livelli distinti:

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a. presenza di un comune lessico di matrice greca e/o latina b. presenza di comuni strategie nelle formazione delle parole 2. ordine dei costituenti maggiori della frase indipendente, assertiva relativamente rigida e di tipo SVO 3. presenza di preposizioni e di genitivi postnominali 4. uso di “avere ed essere” come ausiliari  nella formazione di alcuni tempi verbali complessi 5. presenza simultanea di articoli definiti e indefiniti 6. carattere no pro-drop le lingue pro-drop, altrimenti dette a soggetto nullo tollerano l’omissione del pronome personale in posizione di soggetto nella frase dichiarativa, senza che ciò pregiudichi la grammaticalità e la conseguente piena comprensibilità della struttura linguistica prodotta. Nelle lingue non pro-drop la mancata espressione del soggetto produce stringhe del tutto agrammaticali e quindi incomprensibili (inglese e francese) le lingue romanze sono pro-drop. 7. agente e soggetto possono divergere il ruolo semantico di “agente” viene assegnato all’argomento che designa l’autore dell’azione, il costituente a cui è attribuito il ruolo semantico di agente corrisponde al soggetto grammaticale della frase 8. la forma passiva consente l’espressione dell’agente 9. accordo delle forme finite del verbo con il soggetto nella maggior parte delle lingue europee il verbo nelle sue forme finite concorda solo con il soggetto 10. paradigmi di caso fortemente semplificati e di tipo nominativo-accusativo  la tendenza piuttosto marcata, che emerge da una disamina della morfologia flessiva nominale delle lingue europee è quella che porta ad una progressiva riduzione delle terminazioni del caso. La combinazione dei 10 tratti rappresenta la combinazione centrale del nucleo del SAE. Tedesco/francese/nederlandese  la quasi totalità dei tratti si realizza Basco/turco solo un numero esiguo dei tratti si realizza Italiano/inglese/lingue slave/neogreco/albanese/lingue baltiche, celtiche e maltese i tratti 1,3,4,5,7,8,9 trovano una piena realizzazione. Le lingue che realizzano il maggior numero di tratti del SAE si collocano nella regione Renana. UN’AREA LINGUISTICA NON COPRE UNO SPAZIO OMOGENEO

3.3 Due sogni infranti: il Mediterraneo e il Baltico Vi sono nel mondo vari contesti regionali in cui i sistemi linguistici non hanno intrapreso alcuna marcia di progressivo avvicinamento ad un tipo strutturale parzialmente unitario. NE IL MEDITERRANEO NE IL BALTICO POSSONO ESSERE CONSIDERATI AREE LINGUISTICHE. Nel mediterraneo e nel baltico emergono delle costellazioni di microprocessi di convergenza ma mancano tratti condivisi globalmente. E per sancire l’esistenza di un’area linguistica quest’ultima condizione pare imprescindibile. Per riassumere  le condizioni necessarie alla formazione di un’area linguistica sono: la presenza in una stessa regione di più lingue non strettamente imparentate, la condivisione, da parte di queste lingue, di tratti tipologicamente significativi, contatti prolungati e sistematici tra le diverse comunità di parlanti  queste condizioni sono si necessarie, ma non sufficienti. Si è visto infatti che in alcuni casi il loro soddisfacimento non si traduce effettivamente nella formazione di un’area linguistica. 4. La tipologia e il mutamento linguistico 4.1 Il paradigma dinamico

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la tipologia linguistica costituisce un procedimento di classificazione delle lingue che si colloca su un piano sincronico, tuttavia i possibili punti di contatto con la linguistica storico-comparativa sono molti. La storia ci pone davanti agli occhi sia mutamenti marginali e quasi irrilevanti nell’equilibrio complessivo della lingua, sia trasformazioni radicali e dall’impatto devastante, nelle quali non sono solo singoli segmenti del sistema a mutare, ma è l’intero sistema ad essere coinvolto o addirittura sconvolto dal cambiamento. Nessuna configurazione tipologica può essere considerata come un’acquisizione definitiva, ma in continua trasformazione (DINAMICIZZAZIONE DELLA TIPOLOGIA) 4.2 Tipi stabili e tipi frequenti Vi sono tipi diffusissimi e altri assolutamente rari, tipi apparentemente duraturi e altri particolarmente vulnerabili, tipi diffusi in modo uniforme e altri che caratterizzano solo lingue concentrate in regioni limitate. I tipi linguistici non hanno la medesima probabilità di occorrenza e quest’ultima dipende solo in parte dalla loro coerenza interna. I fattori in grado di influenzare la distribuzione dei tipi linguistici sono due, indipendenti l’uno dall’altro:  la stabilità si intende la probabilità che un determinato tipo venga abbandonato o mantenuto. I tipi stabili di norma, esibiscono una diffusione omogenea all’interno delle famiglie linguistiche.  la frequenza corrisponde alla probabilità che un determinato tipo venga assunto dalle lingue storico-naturali. I tipi frequenti mostrano una diffusione più uniforme in termini areali. La combinazione dei due criteri consente di giustificare la diffusione di tutti i tipi linguistici secondo lo schema seguente:  tipi stabili e frequenti: diffusi geneticamente  tipi stabili e infrequenti: diffusi in singole famiglie linguistiche, ma non geograficamente.  Tipi instabili e frequenti: diffusi geograficamente e sporadico nelle varie famiglie linguistiche  Tipi instabili e infrequenti: piuttosto rari sia nelle famigli linguistiche che geograficamente

4.2.1 Tendenze tipologiche e areali nel mutamento linguistico L’azione dei criteri di stabilità e frequenza nella diffusione dei tipi linguistici e la loro efficacia nel prevedere le strategie coinvolte nel mutamento linguistico possono essere esemplificate in modo piuttosto chiaro analizzando la distribuzione sincronica e il percorso evolutivo dei diminutivi e degli accrescitivi. Latino  trasmissione dei propri diminutivi alle lingue romanze Greco antico trasmissione dei propri diminutivi al neogreco Slavo comune alle moderne lingue slave Protogermanico alle moderne lingue slave I diminutivi trasmessi fanno parte dell’eredità del protoindoeuropeo, mentre gli accrescitivi sono una strategia linguistica molto recente e più vulnerabile. Diminutivi fenomeno contraddistinto da un alto grado sia di stabilità che di frequenza. Accrescitivi fenomeno instabile ma frequente. I diminutivi stabili e frequenti si svilupparono diacronicamente secondo una matrice tipologica piuttosto generale e interlinguisticamente diffusa. Gli accrescitivi piuttosto frequenti ma instabili ricorrono a cliche diversi e ben connotati in senso areale. In sostanza in questo caso non è la parentela tra le lingue coinvolte, ma l’interferenza con i sistemi geograficamente adiacenti ad indirizzare il processo evolutivo. 4.3 I tipi devianti: quando la diacronia spiega la sincronia

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Se ci avvaliamo di un approccio in grado di conciliare le dimensioni sincronica e diacronica le lingue della fisionomia problematica non devono necessariamente essere relegate ai margini, ma trovano una loro ragion d’essere e una piena legittimazione come espressione della sintomatologia di un più o meno complesso di mutamento in atto. Esempio il latino, come lingua morta, se operassimo su un livello puramente sincronico no potremmo fare altro che certificare la natura incoerente del latino pompeiano. Se però aprissimo una finestra sulla diacronia il quadro complessivo ci apparirebbe in una luce diversa, il latino classico e le lingue romanze. Il latino pompeiano collocandosi in una posizione intermedia rispetto questi due estremi, rivela, che la transazione tipologica che ha accompagnato la formazione dei primi volgari romanzi era già avviata nel primo secolo d.c. 4.4 Universali e implicazionali e mutamento linguistico Il rapporto interlinguisticamente difforme tra diminutivi e accrescitivi è stato schematizzato nell’universale implicazione accrescitivi diminutivi : in sostanza, se una lingua dispone di un procedimento morfologico per realizzare gli accrescitivi, allora dispone necessariamente di un procedimento morfologico per realizzare i diminutivi, ma non viceversa. 4.5 Si può prevedere la direzione del mutamento linguistico? Rimane innegabile l’esistenza di mutamenti più naturali di altri e, una volta individuate le premesse tipologiche pertinenti, dovrebbe essere possibile stabilire almeno le direzioni precluse al cambiamento in atto. Ma, poste queste premesse, niente garantisce che il mutamento giunga in effetti al suo compimento. Edward Sapir ha definito “DERIVA” la lenta trasformazione della lingua. Il termine rende bene l’idea di un movimento libero e incontrollato. La storia delle lingue è in parte governata da agenti esterni, cioè dai successi e dagli insuccessi delle comunità umane, che possono intervenire in qualunque momento sulla deriva della lingua imponendole deviazioni di percorso, arrestandone l’azione o dirottandola verso mete inizialmente impreviste. Per riassumere  la tipologia dinamica studia il mutamento linguistico nell’ambito del complesso slittamento tipologico che coinvolge ogni lingua nel corso della propria storia.  Le caratteristiche dei mutamenti tipologici sono in parte desunte dal valore che viene attribuito agli indici di stabilità e frequenza.  Gli universali implicazionali possono fungere da efficaci strumenti di previsione circa le fasi del mutamento. 5. Ai margini della tipologia 5.1. Tipologia e dialetti La lingua cambia nello SPAZIO, la differenza + evidente è quella che viene comunemente definita “accento”. Qs variazione nello spazio è indicata come “variazione dialettale”. Quanto devono essere distanti 2 sistemi per essere definiti due lingue diverse piuttosto che due dialetti della stessa lingua? IL DIALETTO corrisponde all’uso linguistico di una comunità geograficamente ristretta facente parte a sua volta di una realtà sociale e politica + ampia; deve essere geneticamente imparentato alla lingua di cui è considerato una variante. 5.2.

Tipologia e variazione sociolinguistica

Conoscere e parlare una lingua vuole dire anche essere in grado di adeguare la propria produzione linguistica alle diverse situazioni comunicative. Quindi la lingua è un sistema che varia nel tempo- variazione diacronica - e nello spazio - variazione diatopica - in base alla situazione comunicativa - variazione diafasica -, alla caratterizzazione sociale dei parlanti -

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variazione diastratica - e al mezzo utilizzato per la comunicazione –scritto vs parlato variazione diamesica -. Le grammatiche fotografano in genere una sola varietà della lingua, quella che si è solito definire standard che include consuetudini linguistiche fortemente orientate alla scrittura; ne consegue che trascurano usi non standard delle lingue che invece caratterizzano le comunità linguistiche reali. SI TENDE INSOMMA AD ASTRARRE LA INGUA DAL CONTESTO DA CUI TRAE LINFA VITALE. 5.3. 5.3.1

Tipologia e acquisizione Gli universali implicazionali e l’apprendimento linguistico

Le interlingue sono le produzioni linguistiche di un apprendente, di chi sta studiando una lingua straniera. Vi sono fasi ricorrenti e talvolta universali. 5.3.2 La tipologia morfologica e le interlingue Per riassumere

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