Focus Storia Agosto 2015

April 25, 2017 | Author: xucortes | Category: N/A
Share Embed Donate


Short Description

Descripción: Focus...

Description

Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

MENSILE – Austria, Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna � 8 - Germania � 11,50 - Svizzera CHF 10,80 - Svizzera Canton Ticino CHF 10,40 - Canada CAD 11,50 - USA $ 11,50

n°106

1938 ITALIA NAZISTA

Avventura

Il conquistador che per primo attraversò il Nord America, tra deserti e cannibali

Le foto a colori della visita di Hitler

Tesori sommersi

Oro, gemme e statue nel Mediterraneo

AGOSTO 2015 � 4,90 in Italia

Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona

LIBERO AMORE DAI RITI DEGLI ANTICHI AI CASANOVA DEL ’700 FINO ALLE COMUNI HIPPIE 25 SECOLI DI SESSO SENZA LIMITI

A CANOSSA!

MATILDE, L’IMPERATORE E IL PAPA. RETROSCENA DI UNA SCENEGGIATA MEDIOEVALE

HOSTESS & PILOTI CURIOSITÀ E INVENZIONI ATTRAVERSO CENT’ANNI DI AVIAZIONE CIVILE

EX IUGOSLAVIA

BALCANI ANNI NOVANTA: IL RITORNO DELLA GUERRA IN EUROPA

È IN EDICOLA IL NUOVO FOCUS STORIA COLLECTION

LE INVASIONI BARBARICHE

Goti, Longobardi, Franchi, Vichinghi: le storie delle popolazioni venute dal nord, guerriere e primitive, che fecero dell’Italia una terra di razzìe e misero sotto assedio Roma, ma anche le gesta dei grandi generali che provarono a fermarli fino al fatidico 476, il capolinea per l’Impero romano. E infine il vero erede di Roma: il cristianesimo e la nascita dell’Europa moderna all’alba del Medioevo. Tutto in un nuovo imperdibile numero da collezione!

FOCUS STORIA COLLECTION. STORIA E STORIE DA COLLEZIONE. Disponibile anche in versione digitale su:

106 agosto 2015

focusstoria.it

Storia

C

Jacopo Loredan direttore

IN PIÙ... PERSONAGGI 14 Conquistador

del deserto

Nel ’500 Cabeza de Vaca attraversò per primo il Sud degli Usa da costa a costa, fra terribili sofferenze.

John Lennon e Yoko Ono, icone del movimento hippie.

LIBERI DI AMARE 34

Senza tabù Orge, poligamia e promiscuità degli antichi Greci e Romani.

40

Gli eretici dell’eros Lo strano rapporto con il sesso della setta medioevale dei bogomili.

44 Cose dell’altro mondo 48

RUBRICHE

6 NOVITÀ & SCOPERTE



9 AGENDA

10 MICROSTORIA

Festini in laguna Complice il carnevale, Venezia nel ’700 fu capitale della trasgressione.

54

Scandali in convento Suore, frati e persino papi non hanno saputo resistere al sesso.

62

12 TECNOVINTAGE

Ritorno alla natura

78 UNA FOTO UN FATTO 80 MANUALE PER VIAGGIATORI NEL TEMPO

A inizio ’900, i “padri nobili” del nudismo a Monte Verità, in Svizzera.

68

82 DOMANDE & RISPOSTE 110 FLASHBACK

particolare

Il reportage a colori della visita di Hitler in Italia, nel 1938.

a bordo

Le usanze “hard” di precolombiani, indiani e orientali.

4 LA PAGINA DEI LETTORI

NOVECENTO 20 Una giornata

26 TECNOLOGIA Benvenuti CORBIS

on motivazioni religiose, come avveniva nel caso dei rituali dionisiaci nell’antica Grecia e a Roma, ma anche presso certi popoli precolombiani e perfino in alcune comunità cristiane. Per obiettivi sociali, o addirittura politici, come nelle comuni hippie degli anni Sessanta negli Stati Uniti. Per semplice divertimento, che qualcuno potrebbe definire “dissolutezza”, come nella Venezia settecentesca. Attraverso tutte le epoche storiche e in ogni angolo del pianeta gli esseri umani hanno sempre escogitato modi creativi per superare freni, limiti e convenzioni in fatto di sesso. Ancora oggi in un’era, almeno sulla carta, desiderosa di liberarsi di ogni tabù, la fantasia degli antichi in camera da letto, come dimostra la nostra storia di copertina, è in grado di sorprendere e meravigliare. E forse, almeno ai cultori dell’estremo, suscitare qualche invidia. Buona lettura.

CI TROVI ANCHE SU:

L’amore in comune Il sesso libero e di gruppo, per gli hippie: una forma di protesta. In copertina: satiro e ninfa in un’elaborazione al computer. ILLUSTRAZIONE GRZEGORZ PĘDZIŃSKI

Curiosità e invenzioni di un secolo di aviazione civile.

84 LaMEDIOEVO sceneggiata di Canossa

Dietro le quinte dell’umiliazione dell’imperatore Enrico IV davanti al papa e il ruolo chiave di Matilde.

90 LaMEDITERRANEO mappa dei tesori

La carta dei relitti che in 2.500 anni hanno portato i loro tesori (a volte recuperati) sul fondo del Mediterraneo.

GRANDI TEMI 94 Balcani in fiamme

Negli Anni ’90 il conflitto nella ex Iugoslavia riportò la guerra in Europa. Vent’anni dopo Srebrenica, ecco come andò.

MODA 102 Tutti al mare

Dai mutandoni di fine Ottocento al bikini e al monokini, l’evoluzione dei costumi da bagno nelle foto storiche. 3

LA PAGINA DEI LETTORI Inviateci opinioni, idee, proposte, critiche. Pubblicheremo le più interessanti oltre a una selezione dei commenti alla nostra pagina Facebook. (www.facebook.com/FocusStoria). Scrivete a Focus Storia, via Battistotti Sassi 11/a, 20133 Milano o all’e-mail [email protected]

Flavio Giuseppe o Giuseppe Flavio?

Giovanni Antonio Nigro

Il tiramisù che non c’è più Su Focus Storia n° 104, a pag. 4, ho letto la lettera dell’assessore del Comune di Tolmezzo a proposito del tiramisù. Un viaggio a Tolmezzo s’imponeva e così hanno fatto due miei parenti in visita nel Nord-est il giorno 13 giugno scorso a mezzogiorno. Sorpresa: il ristorante “Roma” (dove peraltro hanno mangiato benissimo), oltre a non avere il tiramisù nel menù, ignorava d’esser depositario dell’originale ricetta. Che dire? Un viaggio di un incaricato di Focus Storia a Tolmezzo è necessario, con incontro con l’assessore e pranzo al “Roma”, se non altro per un armistizio in questa battaglia. Francesco Albrizio 4

SCALA

Nell’articolo “Il voltafaccia di Josef” (Focus Storia n° 105) è adoperata la forma “Giuseppe Flavio”, invalsa nell’uso: a rigore, il gentilizio romano andrebbe anteposto al nome proprio ebraico, trattandosi di un liberto imperiale. La forma corretta del nome dello storico è quindi “Flavio Giuseppe”. Nel boxino di pag. 41 dedicato ad Arminio, invece, è riportato che egli “fu trasferito in Pannonia (Germania del Nord)”. La provincia romana di Pannonia corrisponde in realtà all’odierna Ungheria occidentale, Burgenland austriaco e a parti della Slovenia e della Croazia Settentrionale. Probabilmente fu proprio in seguito al servizio militare, prestato in questa regione durante la grande rivolta dalmatopannonica, che Arminio concepì l’idea di opporsi con successo alla superpotenza romana e di liberare la Germania Centro-settentrionale, virtualmente ridotta a provincia.

Miniatura medioevale di Flavio Giuseppe.

Da un leghista risentito A pag. 63 di Focus Storia n° 103 mi ha molto indispettito come avete introdotto il tema dei Longobardi al Sud Italia. Premetto che sono leghista, sia “prima maniera” che maniera attuale. Noi leghisti non ci “davamo” appuntamento a Pontida, ma ce lo diamo ogni anno. Da buon militante sono sempre favorevole all’indipendenza della Padania. Noi leghisti non abbiamo trascurato il dato storico che il nostro Meridione fu abitato da popolazioni germaniche, perché lo si impara a scuola, almeno quando la frequentavo io.

Le tracce di questa presenza sono ben visibili a chi vuole notarlo, tanto che quando mi sono recato in villeggiatura in Puglia ho potuto fotografare dei bellissimi Soli delle Alpi in bella mostra in luoghi di culto. Anche se sono leghista non mi ritengo di essere considerato ignorante, sono abbonato a Focus Storia e Focus Storia Wars, mi appassiona tutta la Storia da sempre e, fra tante vicissitudini burocratiche e politiche, con degli amici abbiamo allestito un piccolo museo di cui sono il curatore. Il museo è allestito in una stupenda cornice storica, la Rocca d’Anfo situata sul Lago d’Idro a due passi da Monte Suello e Bezzecca, dove sono passati condottieri del calibro di Napoleone e Garibaldi . [...] Il museo per ora è chiuso, ma dovrebbe riaprire per agosto 2015 [...]. Emanuele Calabria

Quando c’erano tre “Banche centrali” Una precisazione sulla vignetta di pagina 10 del numero 103: la Banca d’Italia nacque nel 1893 ma divenne l’unico istituto di emissione solo dopo la riforma bancaria fascista. Sino ad allora gli istituti di emissione rimasero comunque tre. Emanuele Del Ferraro

La risposta dei nostri lettori: ingranaggio scovato Diversi lettori, tra i quali Caterina Borrello e G. M. Bordet, hanno individuato in una parte del meccanismo di un torchio a vite per la spremitura dell’uva l’oggetto misterioso proposto da Fulvia Di Maio in Focus Storia n° 105.

A proposito di eccidi Mi ha fatto specie vedere inserire questioni di fede in un articolo che pretende di essere storico. “Gli ultimi eccidi”, a pag. 96 del numero di luglio, contiene infatti i dogmi della Resistenza e giudizi che espressi in quel modo fanno a pugni con una logica storica [...]. “Il ritrovamento dei cadaveri di due ufficiali tedeschi” nella casa della Gil, evidentemente morti di freddo, fame o per cause naturali, “segnò la loro sorte”. A seguito della prevedibile rappresaglia tedesca viene compiuta una controrappresaglia verso militari della Repubblica Sociale, inermi e già traditi anche dall’ex alleato; ma questa invece è una bazzecola, in fondo erano solo incidenti della Storia sulla strada dei giovani sappisti che avevano liberato la Patria [...] . 

Achille Giovanni

La cipria di Cipro Leggo alla pagina 11 del numero 103 che la cipria deriverebbe il nome dall’Isola di Cipro. Sapevo che la “polvere di cipri” si chiamava così perché ottenuta dalla macinatura del cipero tondo e del cipero esculento (da cui si ricavava anche la base per ottenere l’orzata). Sul Petrocchi del 1890 si parla di derivazione da Cipro, mentre sulla Farmacopea si parlava della pianta. Potete darmi una spiegazione? Franca Ramella

L’etimologia prevalente sui dizionari etimologici è quella che abbiamo riportato noi. È vero però che anche la pianta Cyperus Tundus (da cui si otteneva la polvere) prende il nome dall’isola. Anche il termine latino per indicare il rame, cuprum, viene da “Cipro”, isola ricca di questo minerale.

I MISTERI DEL

1915

LUSITANIA

Corbis

anniversari

circa 2.200 percità di 27 nodi e ospitare e membri dell’equisone tra passeggeri questi i dettagli paggio. Ma non furono o, benresero famoso il transatlantic o, nel il Lusitania che affondament arato nel 1906, suo drammatico britannica sì il mondiale. della compagnia della Prima guerra più gran- corso il 1° maggio 1915 Cunard era uno dei Partito da New York i mai aveva a Liverpool, il Lusitania di e veloci transatlantic a diretto e e (1.264 passeggeri durante il suo viagcostruiti. Nel 1907, bordo 1.960 persone io). Quando fu un record di vegio inaugurale, stabilì 693 membri dell’equipagg tedesco U-20 appena in o l’oceano locità attraversand affondato dal sommergibilenautiche a sud miglia viaggiare a una velosei giorni: poteva si trovava a circa 15 dell’Irlanda. della costa meridionale era stato dichiaraQuel tratto di mare dal governo tedesco, civile guerra” di “zona Bersaglio to attorun blocco navale L’affondamento che aveva attuato il La decisione, ratificata del Lusitania in una no all’Inghilterra. nusu stata pubblicata ricostruzione moderna. 22 aprile 1915, era : “Ai viaggiatori In alto a sinistra, biglietto merosi giornali americani la traversata aiuto, con una richiesta di intendono intraprendere e su che che tra la Germania trovato tempo dopo atlantica si ricorda

I FATTI

V Il 7 maggio 1915 il transatlantico britannico fu silurato . da un U-Boot tedesco Morirono in 1.201 e subito si scatenarono le illazioni su quell’attacco

una spiaggia inglese.

tre giorni prima dell’affondamento. Inoltre, mi sembra giusto ricordare che il 4 agosto 1914 il Lusitania, insieme con il gemello Mauritania, vennero iscritti nel registro del naviglio militare come incrociatori ausiliari, e come tali comparivano sull’annuario navale Jane’s del 1914. Il Lusitania fu restituito alla Cunard il 24 settembre 1914, con l’obbligo di usarlo sulla rotta Liverpool-New York, mentre il Mauritania rimase in servizio come incrociatore ausiliario. Per quanto concerne il Leon Gambetta, vorrei ricordare un altro precedente: il 22 settembre 1914 il sommergibile tedesco U-9 affondava in meno di 30 minuti tre incrociatori corazzati inglesi Aboukir, Hugue e Cressy, causando la morte di 60 ufficiali e 1.400 fra sottufficiali e comuni della Royal Navy.

K. Marshall

99

98

Il Lusitania e altri affondamenti In merito all’articolo sull’affondamento del Lusitania, pubblicato sul n° 104, vorrei fare alcune precisazioni. Nell’articolo si scrive che la decisione del blocco delle acque inglesi fu ratificata il 22 aprile 1915, mentre il Kaiser Guglielmo II dichiarò zona di guerra quelle acque il 7/2/1915. Quello che è riportato (non molto fedelmente) è l’avviso che l’ambasciata tedesca diramò il 22 aprile 1915 ai giornali americani, che però fu pubblicato dai più solo il 1° maggio. Al capitano Turner giunsero messaggi che avvisavano della presenza di sommergibili, nella parte meridionale della Manica, zona distante dalla sua rotta. Più che dal governo britannico, la natura del carico è stata rilevata dal ritrovamento di una copia del manifesto di carico del transatlantico. Una serie di immersioni condotte per conto di Gregg Bernis, attuale proprietario del relitto, riscontrarono la presenza a bordo di proiettili calibro 303, stimandone le quantità in 4 milioni, di fabbricazione americana. Il siluro colpì la nave fra la plancia e la prima ciminiera, proprio dove si trovava la stiva contenente merci sospette. Fu il “cacciatore di relitti” britannico Ballard a ipotizzare l’esplosione della polvere di carbone, il grisou o grisù (un gas formato da una miscela di metano e altri componenti, presente nelle miniere, dove filtra da sacche sotterranee). Per quanto riguarda la medaglia, esistono versioni che l’attribuiscono al servizio segreto britannico, al fine di aumentare l’indignazione dell’opinione pubblica, la cosa strana è l’errore riportato nella data sulla medaglia, 4/5/1915

S.T.V. in congedo Virginio Trucco

Ancora a proposito del Lusitania Al termine dell’articolo “I misteri del Lusitania” fate riferimento alla guerra sottomarina totale nell’oceano Atlantico come causa dell’ingresso degli Usa nel conflitto mondiale. Ma credo che non sia secondario l’incidente del “telegramma Zimmermann”, cioè del ministro degli Esteri dell’Impero germanico, inviato all’ambasciatore tedesco in Messico per sondare un eventuale ingresso di quest’ultima nazione contro gli Stati Uniti, in modo da rioccupare le zone della frontiera meridionale perse nel secolo precedente. Il telegramma fu intercettato dagli inglesi e la notizia irritò molto il parlamento e l’opinione pubblica americana.

A mio parere, credenti o meno, una cosa dovrebbe essere ribadita, ovvero che essa non rappresenti il volto di Gesù. [...]. A tal proposito, vorrei ricordare che papa Clemente VII, il 6 gennaio 1390, dichiarò la “non autenticità” del telo, emanando una bolla che imponeva di dire ad alta e chiara voce, durante ogni ostensione, che la Sindone non era il vero sudario di Gesù, ma una figura o una sua rappresentazione. Per completezza d’informazione va ricordato che questo pontefice fu in realtà antipapa (il Clemente VII “ufficiale”, ossia Giulio de’ Medici, diventerà primate di Cristo nel 1523) e che Roberto da Ginevra (questo il suo vero nome) salì al soglio di Pietro nel 1378, essenzialmente col solo favore dei cardinali francesi. [...] Sebbene la classificazione di papi ed antipapi sia quanto mai opinabile e incerta e nonostante che per il diritto canonico la bolla di un antipapa non abbia valore giuridico, cotanta contestazione di autenticità non può essere sottaciuta. Come dire: sarebbe utile che prima, durante e dopo ogni sua esposizione si tornasse a leggere, con voce ferma, chiara e decisa, quanto imposto nel ’300. [...] . Daniele Venturi

Le opinioni del lettore sono naturalmente espresse a titolo personale. Segnaliamo però che sul controverso argomento della Sindone torneremo in uno dei prossimi numeri.

Il triste destino degli “indiani d’America” che avete raccontato su Focus Storia mi ricorda quello di un altro popolo, gli aborigeni australiani. Totalmente emarginati nelle loro riserve soprattutto nel corso del ’900 sono stati sfruttati dai bianchi e ridotti in sostanziale schiavitù. Gli abitanti delle comunità sono così finiti, molto spesso, preda dell’alcol, esclusi dalla società e dall’istruzione. Persino nelle adozioni incentivate in Australia negli Anni ’30 venivano discriminati i bambini con la pelle più scura. E mentre i nativi americani sono riusciti in anni più recenti a trovare forme di riscatto (seppure nel discutibile business dei casinò costruiti nelle riserve del Sud-ovest), per gli aborigeni il destino sembra restare quello dell’emarginazione, nonostante le leggi a loro favore emesse negli ultimi decenni. Sandro Salvatori

I NOSTRI ERRORI

Loris Zancanella, Rovereto (Trento)

Opinioni scottanti: la Sindone Prendo spunto da un fatto di stretta attualità per fare un tuffo nella Storia. Mi riferisco alla nuova, recente ostensione della Sindone.

La triste fine degli aborigeni

La Sacra Sindone.

Focus Storia n° 104, pag. 62: il capo indiano Pontiac si arrese agli inglesi nel 1764, non nel 1874; pag. 89: nella cartina, la parte Nord del Lago di Garda apparteneva all’Austria, non all’Italia. Focus Storia n° 105, pag. 41: la Pannonia non si trovava nella Germania del Nord, bensì nell’odierna Ungheria Occidentale; a pag. 33 è saltato, per una svista tipografica, il rimando all’articolo su Talleyrand. 5

SCALA

novità e scoperte

L’apocalisse nucleare, ma per sbaglio

U

cesso a documenti americani desecretati, dai cui sono emersi una serie impressionante di errori. Morale? Si sono corsi più rischi a causa di queste superficialità che per una reale minaccia nemica. La documentazione raccolta riguarda gli Usa, ma altrettante situazioni pericolose sono ipotizzabili per l’Unione Sovietica e, oggi, per le altre potenze nucleari. Insomma, la dottrina strategica della Guerra fredda chiamata “Mad” – acronimo di “reciproca distruzione assicurata” in caso di avvio di una guerra nucleare, che vuol dire anche “matto” – non era abbastanza, perché non considerava la possibilità che ci si distruggesse da soli. (a. b.)

Ritrovati in Turchia, raccontano come si viveva (e combatteva) 1.500 anni fa.

GETTY (2)

n cacciavite che nel 1980 buca un missile atomico. I fulmini che, tra il 1961 e il 1962, colpiscono per quattro volte le testate nucleari in Italia perché i parafulmini non erano stati installati. La manopola di un reattore che per disattenzione rimane spenta per 4 giorni. Il B52 con due bombe all’idrogeno che nel 1961 precipita tra New York e Philadelphia. Decine di episodi banali che negli ultimi decenni avrebbero potuto innescare apocalissi nucleari sono raccolti in un libro appena pubblicato, Comando e controllo (Mondadori) di Eric Schlosser. Autodistruzione. Lo storico ha avuto ac-

Graffiti da gladiatori

Missili americani teleguidati della serie Nike: potevano essere armati con testate nucleari. Sopra, riproduzione del “pulsante rosso” fatale.

IN PILLOLE

1

Orologio all’indietro

In Kenya sono state scoperte pietre lavorate di 3,3 milioni di anni fa. Sono gli utensili più antichi conosciuti e hanno 700mila anni più di quelli finora studiati. 6

2

Musicista veterana

Un sigillo in terracotta di 5.000 anni fa dissotterrato in Israele mostra l’immagine di una donna intenta a suonare. Potrebbe essere la prima di un musicista all’opera.

3

Il museo del cristianesimo

Posata la prima pietra del Terra Sancta Museum, dedicato alle radici del cristianesimo e alla conservazione dei luoghi santi. Sorge entro le mura antiche di Gerusalemme.

S

coperti ad Afrodisia, nell’odierna Turchia, centinaia di graffiti (i più numerosi dell’Oriente romano) rivelano come si viveva nell’importante centro anatolico (capoluogo della Caria in epoca romana). Risalenti tra il 350 e il 500, mostrano tra l’altro combattimenti tra gladiatori, corse con i carri, scritte e simboli religiosi, immagini pornografiche. Le incisioni più interessanti riguardano i seguitissimi scontri nell’arena. In particolare, sono rappresentate le fasi dello scontro tra un reziario, gladiatore armato di rete e tridente, e un secutor munito di spada e scudo: in una, il reziario vittorioso, punta il tridente contro l’avversario ferito a terra; in un’altra, i due si affrontano controllati da un arbitro; in una terza, il secutor insegue il reziario che fugge. Rivalità. Altri graffiti rivelano che in città c’erano tre club di carri: i verdi, i blu e i rossi, che gareggiavano nella piazza del mercato. Anche le religioni erano tre, come mostrano la croce per i cristiani, il candelabro a nove bracci (una delle più antiche rappresentazioni trovate) per gli ebrei e l’ascia bipenne (simbolo di Zeus Cario) per i politeisti.  • Giuliana Lomazzi

Un reziario armato di tridente (evidenziato in rosso) in un mosaico del I secolo e (in alto) nei graffiti turchi.

4

Guerriere di 2.500 anni fa

Su una scatolina ateniese del V secolo a.C., usata per contenere gioielli e cosmetici, è stato scoperto il disegno di un’amazzone: è a cavallo, in battaglia contro i guerrieri greci.

5

Il più antico delitto mai commesso dall’uomo

U

n efferato omicidio, un corpo occultato per millenni, una vittima senza nome. Potrebbe essere l’incipit di una storia dell’orrore, ma si tratta invece della recente scoperta fatta dai paleontologi dell’Instituto de Salud Carlos III di Madrid, trovatisi di fronte ai resti di un macabro delitto, il più antico finora documentato. Lo studio di Nohemi Sala e della sua équipe si è concentrato sul “Cranio 17”, appartenente a un individuo in età giovanile vissuto 430.000 anni fa e geneticamente prossimo all’Uomo di Neandertal, rinvenuto nella “Cava delle ossa”, profonda fossa sotterranea sita tra le Montagne di Atapuerca, nel Nord della Spagna, nella quale il cadavere del malcapitato venne gettato. Cold case. Sbriciolato in 52 frammenti, il teschio, pazientemente ricostruito, ha rivelato la presenza di due fori sull’osso frontale, poco sopra l’occhio sinistro, attribuiti dagli esperti non alla caduta nella fossa, ma a una fatale violenza perpetrata con un oggetto in pietra o in legno. Null’altro, tuttavia, è dato ancora sapere su questo delitto, destinato a rimanere per sempre insoluto.  (s. z.)

Le “croste” di Hitler

Quattrocentomila euro in poche ore: è quanto è stato raccolto dalla vendita dei (mediocri) acquarelli dipinti da Adolf Hitler. L’asta si è tenuta a Norimberga (Germania).

I fori sull’osso frontale del teschio di 430mila anni fa. Fu omicidio.

novità e scoperte

Viaggiatrice d’altri tempi

F

(g. l.)

I resti della ragazza di Egtved, vissuta 3.500 anni fa. 8

Francesco d’Assisi “visto” da Giotto (12761337). In alto, il nuovo manoscritto biografico.

LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

in dalla loro scoperta in un villaggio danese, nel 1921, i resti della “ragazza di Egtved” erano un forte simbolo nazionale. Ma la giovane, vissuta 3.500 anni fa nell’Età del bronzo e morta a 18-20 anni, veniva invece dalla Foresta Nera, a ben 800 km di distanza. Lo rivela una ricerca, recentemente pubblicata, effettuata su denti, capelli, unghie e abiti (le parti meglio conservate). Le analisi dello stronzio presente nei denti hanno svelato il luogo di origine; da lì venivano anche la gonna di lana e la blusa corta. L’analisi dei capelli, poi, ha mostrato che negli ultimi due anni la ragazza si era spostata spesso. Globe-trotter. Non sappiamo perché si trovasse in Danimarca. Karin Frei, archeologa del Museo nazionale danese e autrice dello studio, ipotizza che fosse stata data in sposa a un clan locale per stabilire legami anche commerciali. Ma secondo alcuni, dal momento che al Nord le donne avevano anche ruoli politici, forse la ragazza conduceva personalmente negoziati. Certo è che di strada ne aveva fatta.

San Francesco d’Assisi inedito Ritrovato un nuovo manoscritto di Tommaso da Celano, biografo del santo.

È

il ritratto di un Francesco più integralista quello che emerge da un nuovo manoscritto nelle mani degli studiosi. Il medievista francese Jacques Dalarun sospettava da tempo l’esistenza di un codice che anticipasse la seconda biografia francescana di Tommaso da Celano, autore appunto di due Vitae del santo. A metterlo sulla giusta pista, il ritrovamen-

to di frammenti inediti di una Leggenda (biografia di un santo, vera o presunta, che si leggeva nel giorno della sua festa). Dalarun, che ha rinvenuto il manoscritto in vendita su Internet, ha realizzato che si trattava dell’anello mancante fra le due biografie, ricco di rivelazioni inedite. Ne esce infatti un ritratto in cui la povertà diventa una scelta radicale, sen-

za deroghe. Tommaso racconta per esempio che Francesco riparava i buchi nella sua tonaca usando fibre tratte dalla corteccia degli alberi e dalle erbe. Work in progress. Il codice è stato acquistato dalla Bibliothèque nationale de France e sarà presto disponibile on-line. Dalarun ritiene che questo volume, con ulteriori analisi, potrebbe rivelare altri particolari sulla spiritualità della prima generazione minoritica. • Anna Magli

Il vero volto di due geni

L

eonardo e Shakespeare sarebbero stati riconosciuti in raffigurazioni a loro contemporanee. Quello del drammaturgo inglese potrebbe essere l’unico ritratto realizzato quando era ancora in vita. Lo storico Mark Griffiths ha rintracciato sul frontespizio di un libro di botanica del 1598 (Shakespeare aveva 34 anni) quattro personaggi caratterizzati da una

simbologia vegetale: uno di questi impugna un fiore della famiglia delle liliacee e una spiga di mais, elementi che rimanderebbero a opere di Shakespeare di quel periodo, identificandolo (sotto). Tracce. È invece del 1505 l’incisione (a destra) in cui, secondo Ross Duffin dell’Università di Cleveland, comparirebbe Leonardo da Vinci. Si pensava che l’immagine raf-

figurasse Orfeo, ma lo studioso ha notato come l’uomo di mezza età, con barba e capelli lunghi, non coincide con l’iconografia dell’eroe greco, mentre assomiglia molto agli altri due ritratti conosciuti di Leonardo. L’uomo suona una lira da braccio, strumento musicale del quale Leonardo era virtuoso assai rinomato.  (a. b.)

agenda A cura di Irene Merli

MOSTRA

PAVIA

Gli arazzi di Carlo V

SAGRA

MASSA MARITTIMA (GR)

Il Balestro del Girifalco Sfida all’ultima freccia nella gara medioevale di tiro, dopo il corteo storico e giochi degli sbandieratori. 14 agosto, Piazza Garibaldi. Info: 0566 903908, www.società terzierimassetani.it

MOSTRA

POMPEI

Rapiti alla morte

I

l 24 febbraio 1525 l’imperatore Carlo V sconfigge Francesco I, re di Francia e rivale nella Guerra d’Italia, massacrando i suoi cavalieri con una soldataglia povera ma dotata di armi da fuoco. È la fine di un’epoca bellica: quella della cavalleria pesante. Non solo. Il Ducato di Milano finisce così sotto il dominio spagnolo. Oggi, 490 anni dopo, la città intorno alla quale si svolse l’epico scontro ricorda quei fatti con la mostra “Pavia. La battaglia. Il futuro. Niente fu come prima”, allestita in un’ala del Castello Visconteo appena restaurata. Mecenati. Dopo la vittoria i rappresentanti degli Stati Generali commissionarono nelle Fiandre 7 monumenta-

li arazzi sulle fasi della battaglia, per donarli a Carlo V. Nella Torre Sud Ovest oggi è esposto il più celebre e rappresentativo di questi capolavori, cui si giunge dopo un percorso multimedia-

le che ricostruisce il ciclo artistico e lo scontro. Grazie alle retroproiezioni in 3D si entra infatti virtualmente negli arazzi e nella battaglia, tra lanzichenecchi, artiglieri e cavalieri.  •

Fino al 15/11. Pavia, Castello Visconteo. Info: 0382 399770, www.labattagliadipavia.it

Trame di guerra Sopra, l’arazzo esposto: La sortita delle truppe imperiali da Pavia. Rotta degli svizzeri che annegano in gran numero nel Ticino. A lato, la cattura di Francesco I.

20 calchi delle vittime dell’eruzione, restaurati e collocati per la prima volta tutti insieme (molti non erano mai stati esposti).

Fino al 2/11. Scavi di Pompei, Anfiteatro. Info: 081 8575347, www.mostrapompeieuropa.it

EVENTO

TRENTINO

Il museo più alto d’Europa È nato il Marmolada Grande Guerra, a 3mila metri: un museo multimediale dove si rivive il duro conflitto in alta montagna. Punta Serauta (Tn). www.museo marmoladagrandeguerra.com

EVENTO

MONZA

Concerto di giocattoli Un’insolita esecuzione (con mostra degli “strumenti”), nel Teatrino di corte. Alle 17:30 e alle 21. 26 luglio. Villa Reale. Informazioni: 039 39464213, www.reggiadimonza.it 9

microstoria

WWW.SCALARCHIVES.COM

A cura di Aldo Carioli, Marta Erba, Giuliana Rotondi e Daniele Venturoli

PAROLE DIMENTICATE

A C C U L A T T A T O Come aggettivo indica lo stare seduti. Con la “a” finale, invece, era una pena inflitta nel Medioevo ai debitori insolventi, fatti spogliare e buttati a sedere pesantemente per tre volte su una pietra.

La storia di CRONO, Saturno per i Romani (foto) è una delle più truci della mitologia greca. Figlio di Urano e Gea, Crono nacque dopo aver evirato il padre, che gli impediva di venire alla luce. Divenuto il più potente degli dèi, insieme alla sorella Rea generò una serie di figli (tra cui Demetra, Era e Poseidone), ma avvertito che uno di loro lo avrebbe spodestato, li divorava appena nascevano. Rea riuscì a salvare l’ultimo nato, Zeus, nascondendolo a Creta. Tale padre... A quel punto Zeus, dopo aver fatto vomitare a Crono gli altri suoi fratelli e dopo un conflitto durato ben dieci anni (la titanomachia), evirò il padre detronizzandolo e regnando da allora sull’Olimpo. Il mito, narrato da Esiodo nella Teogonia (VII sec. a.C.), fa forse riferimento alle lotte per la supremazia nella Penisola ellenica, quando era diffusa l’evirazione dei nemici. 10

FOTOTECA STORICA GILARDI

IL MITO

LA VIGNETTA

IL RE LEONE La tradizione satirica delle vignette risale soprattutto alle stampe inglesi e francesi del Seicento e del Settecento. Ma ci sono anche precedenti medioevali. Come questa miniatura, tratta da un manoscritto del Roman de Renart, poema satirico composto in Francia fra il 1170 e il 1250, i cui diversi autori sono rimasti anonimi. Zoo medioevale. Il protagonista del poema è la volpe Renart (renard, in francese moderno, significa appunto “volpe”). Tutti i personaggi di questi racconti in versi sono animali e secondo gli storici della letteratura corrispondono a figure della società feudale, prese di mira dalla satira del poema. Oltre a Renart (simbolo del popolino) ci

sono il leone Noble (allegoria del signore o del re, a capotavola nell’immagine sopra, satira di un banchetto nobiliare), Ysengrin il lupo (l’avversario di Renart, identificato come la borghesia), Brun l’orso (la nobiltà), Chanteclair il gallo (gli ecclesiastici) e molti altri. Per il popolino. I capitoli in versi venivano recitati ad alta voce nelle fiere e nelle piazze e si rivolgevano a un pubblico non aristocratico (nobili e clero erano al centro della satira del Roman de Renart). Il successo di questi racconti fu tale che la furbizia attribuita alla volpe dalla tradizione risalirebbe proprio a questo poema satirico, che tra l’altro ha ispirato molte fiabe successive.

ULLSTEIN/ALINARI

IL NUMERO

CHI L’HA DETTO? “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”

La frase è del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht (18981956), che la fa pronunciare, nel testo teatrale Vita di Galileo, allo scienziato toscano. Meglio vivere… Il dramma si concentra sul processo intentato dalla Santa Inquisizione contro Galileo, reo di sostenere che la

Terra non è al centro dell’universo, ma solo uno dei tanti pianeti che orbitano intorno al Sole, contraddicendo la tradizione teologica. Lo scienziato, per non incorrere in torture, sceglie di abiurare e ritrattare. E replica a un suo allievo deluso: “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”.

Si presenta come due bastoni di diversa lunghezza uniti da uno snodo in cuoio e un’asola. Il bastone più lungo misura 88 cm; quello più corto 48 cm. Il peso è di 1 kg: a che cosa serviva?

D.VITTIMBERGA

L’OGGETTO MISTERIOSO

Aspettiamo le vostre risposte, indicando anche la località, a: Focus Storia, via Battistotti Sassi, 11/a - 20133 Milano oppure a [email protected]

GETTY IMAGES

È stato Bruno Zorat di Aquileia (Udine) il lettore più veloce nell’indovinare l’oggetto misterioso del numero scorso: si trattava di una coppia di ferri per bovini, usati per proteggere gli zoccoli. Ci sono due buchi perché venivano applicati su entrambe le unghie di ogni zampa.

500

TOP TEN

LE ECLISSI “STORICHE”

1

6 aprile 1178 a.C. Il ritorno di Ulisse a Itaca è preceduto da un’eclissi di Sole. In base a ciò, alcuni hanno stabilito la data della caduta di Troia.

2

28 maggio 584 a.C. La fonte è Erodoto: durante le guerre tra Medi e Lidi, i capi interpretarono l’eclisse come presagio e cessarono le ostilità.

3

3 agosto 431 a.C. All’inizio delle Guerre del Peloponneso, lo storiografo Tucidide cita le eclissi frequenti tra le cause del conflitto.

4

15 agosto 310 a.C. Dopo la fuga di Agatocle, tiranno di Siracusa, “scese il buio più fitto durante il giorno”: lo riporta Diodoro Siculo.

5

7 aprile 33 d.C. Il Vangelo di Luca e alcuni apocrifi alludono a un’eclisse dopo la morte di Cristo. La data è controversa: 31 o 33 d.C.

6

30 aprile 59 d.C. Descritta negli Annali di Plinio, coincise con la caduta della città di Artaxata, quando Roma tentò di conquistare l’Armenia.

7

24 novembre 632 Un’eclissi totale di Sole sarebbe avvenuta in prossimità della morte di un figlio di Maometto, Ibrahim ibn Muhammad.

8

5 maggio 840 Si dice che Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, rimase atterrito nei cinque minuti di un’eclissi di Sole: due mesi dopo morì.

9

29 febbraio 1504 Cristoforo Colombo approfittò di un’eclissi lunare per sedare una rivolta di indigeni caraibici nella colonia spagnola.

VOCABOLARIO: SARCOFAGO Parola greca composta da sarx, “carne”, e phagein, “mangiare”. Indica il contenitore in cui il corpo del defunto è destinato ad essere “divorato” dagli animali, che si inseriscono nel ciclo biologico di ogni essere vivente. L’allusione, però, ha anche un significato metaforico per alcune religioni: il corpo fisico alla morte viene “mangiato”, ovvero sparisce dal contesto materiale per trasmigrare nell’Aldilà o per reincarnarsi.

Le tonnellate di agenti chimici usate dagli italiani in 7 mesi di guerra d’Etiopia (1935-36), in cui morirono circa 250mila etiopi e 4.500 italiani.

29 maggio 1919 L’eclisse confermò la teoria della relatività di Einstein: si misurò l’attrazione gravitazionale sulla radiazione luminosa.

10

11

tecnovintage A cura di Eugenio Spagnuolo

1914

Ventata (calda) di novità

S



S.LAFORGIA

cegli tra aria calda e fredda, semplicemente girando un interruttore. Asciuga i tuoi capelli comodamente e senza il rischio di prendere freddo”. La pubblicità del primo asciugacapelli, prodotto dall’americana Lindstrom Smith, col marchio White Cross, oggi ci fa sorridere. Ma da quando apparve sulla rivista Popular Mechanics è passato più di un secolo: l’invenzione del fon risale infatti al 1914, epoca d’oro della Chicago industriale. Oggetto del desiderio per migliaia di donne, arrivò nei negozi dopo diversi (e goffi) tentativi di usare l’aria prodotta dagli aspirapolvere o da ventilatori a manovella per togliere l’umidità dai capelli. Fu una delle più rivoluzionarie tecnologie del secolo: costava 13 dollari (300 dollari di oggi), era ricoperto di nichel e aveva il manico di legno. Conviene comprarlo? Non funzionerà mai con le attuali prese elettriche e abituati ai leggeri fon di plastica, faremo fatica a tenerlo in mano. Ma come simbolo di un’epoca è perfetto. Anche se non è facile trovarlo in giro, tantomeno su eBay. •

Pezzo forte Nichel e metallo sono gli “ingredienti” del primo asciugacapelli prodotto negli Usa nel 1914. Ciò rendeva l’aggeggio piuttosto pesante: d’altronde la plastica non veniva ancora sfruttata nell’industria.

CINEMA Charlie Chaplin debutta con la sua inconfondibile comicità nel cortometraggio Per guadagnarsi la vita (in italiano Charlot giornalista). 12

GUERRA

GETTY IMAGES (2)

ALBUM/CONTRASTO

CORBIS

E NELLO STESSO ANNO...

L’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’Impero austro-ungarico, è la scintilla della 1a guerra mondiale.

MONDO Ghandi vince in Sudafrica con la resistenza passiva: gli indiani possono contrarre nozze miste e non pagano per restare a lavorare.

SOCIETÀ La Ford Motor Company adotta la giornata lavorativa di 8 ore: solo nel 1937 una legge proporrà le 8 ore a tutti i lavoratori americani.

PERSONAGGI

A

tlantico Meridionale, una mattina di maggio del 1545. Un brigantino a due alberi è in difficoltà. Gigantesche onde spazzano l’oceano, la tempesta dura da quattro giorni. I 27 uomini dell’equipaggio si aspettano un naufragio imminente e chiedono pietà alla Santa Vergine. Incatenato

S I E R R A

10

M A D R E

sottocoperta c’è il 28° passeggero: il 57enne governatore deposto del Rio de la Plata, Álvar Núñez Cabeza de Vaca. A un certo punto il comandante ordina di liberare il prigioniero. È sicuro che il temporale sia una risposta di Dio ai maltrattamenti inflitti a quel nobile e famoso spagnolo. Il marinaio ubbidisce e subito dopo il teso-

9

1528-1536 MESSICO SETTENTRIONALE Cabeza de Vaca (che da schiavo è diventato sciamano) si unisce ad altri 3 spagnoli: per 8 anni percorrono a piedi il Messico Settentrionale dall’Atlantico al Pacifico.

MAGGIO 1536 CULIACÁN I quattro intercettano alcuni compatrioti spagnoli che li rifocillano per due settimane.

riere reale García Venegas si inginocchia ai piedi dell’ex governatore e chiede perdono. La tempesta si placa. I dettagli di questa scena da film sono raccontati nei documenti dell’Archivio delle Indie, a Siviglia. Il che dimostra l’importanza dell’accaduto, se non la sua veridicità, e l’alto rango del protagonista. Ma

D E L T A

M I S S I S S I P P I

7

8

NOVEMBRE 1528 ISOLA DI GALVESTON Cabeza de Vaca naufraga sull’Isola di Galveston. Nel raggiungere la riva, molti marinai annegano. Arrivano in 80, ma dopo mesi sopravvivono in 3 (tra cui Cabeza de Vaca che viene fatto schiavo dagli indios).

OTTOBRE 1528 GOLFO DEL MESSICO La navigazione sulla costa è drammatica. Per oltre un mese gli spagnoli vagano senza meta. Arrivano alla foce del Mississippi, ma un tornado distrugge gran parte delle imbarcazioni.

G O L F O D E L M E S S I C O

MESSICO GIUGNO 1536 COMPOSTELA Gli spagnoli trasferiscono i quattro superstiti a Compostela, nella Nuova Galizia.

D E L

11

YUCATÁN 12 VERACRUZ

O C E A N O P A C I F I C O

LUGLIO 1536 CITTÀ DEL MESSICO Cabeza de Vaca e i suoi compagni di avventura sono ricevuti dal viceré spagnolo, Antonio de Mendoza, e da Hernán Cortés. Nell’estate del 1537 Cabeza de Vaca si imbarca per la Spagna.

Cabeza De Vaca CONQUISTADOR               14

GETTY IMAGES

O C E A N O A T L A N T I C O 22 SETTEMBRE 1528 TAMPA BAY Dopo giorni di peregrinazioni alla ricerca dell’oro, i conquistadores ritornano sulla costa e riprendono il viaggio: 250 uomini si imbarcano su 5 piccole navi rudimentali. 6

5

12 APRILE 1528 FLORIDA Nonostante le tempeste, la spedizione raggiunge le coste della Florida. Narváez guida 40 uomini, tra cui Cabeza de Vaca, in avanscoperta. Scoprono la Baia di Tampa. Da lì parte una fallimentare esplorazione dell’interno. JAGUA Narváez decide di trascorrere l’inverno nel porto di Jagua per riprendersi e fare provviste. Vi resta fino al febbraio del 1528. LA HABANA

4

3

CUBA

SANTIAGO DE CUBA La spedizione si dirige a Cuba e si ferma a Santiago. 2

SANTO DOMINGO

TRINIDAD Cabeza de Vaca, con due navi e 100 uomini, cerca rifornimenti a Trinidad. Li sorprende una tempesta. I superstiti sono recuperati dopo 5 giorni da Narváez.

1

AGOSTO 1527 SANTO DOMINGO La flotta di Pánfilo de Narváez fa la prima tappa nell’isola di Hispaniola, l’attuale Santo Domingo: vi rimane 45 giorni.

HONDURAS

M A R D E I C A R A I B I

CARTINA: F. SPELTA

La storia dell’hidalgo che attraversò l’America del Nord dalla Florida alla California fino a Città del Messico: un viaggio verso l’ignoto tra atti di cannibalismo, fame, sete e scoperte Viaggio infinito

NICARAGUA COLOMBIA

Nella cartina, le tappe dei 10 anni di peregrinazioni di Cabeza de Vaca nel Nuovo Mondo. Sopra, il conquistador e alcuni suoi compagni in Messico, in un disegno moderno.

DEL DESERTO

15

Via dall’inferno

BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

In una illustrazione moderna, gli uomini di Cabeza de Vaca costruiscono piccole imbarcazioni con mezzi di fortuna. Fuggivano dalle terre desolate della Florida in cui avrebbero dovuto trovare l’oro.

Nella sua odissea americana scoprì il fiume Mississippi, la Sierra Madre, e visse insieme a numerose tribù indigene. Ne scrisse nella sua Relazione chi era il “magico” Cabeza de Vaca, passato in un attimo da prigioniero a ospite degno di venerazione? A spese della moglie. «La vita di don Álvar Núñez, detto Cabeza de Vaca, è un’autentica epopea. Probabilmente la più affascinante e avvincente di un conquistador, anche se poco conosciuta», spiega Paulo Markun, giornalista brasiliano e autore di un recente saggio (in portoghese) su di lui. «Nobile di Jerez de la Frontera, nel Sud spagnolo, Núñez veniva da una tradizione orgogliosa di nobili, da una famiglia titolata di una casta guerriera, gli

N

Questi era il governatore delle terre spagnole da Capo Florida verso nord ed era autorizzato a colonizzare quei territori. Allora si pensava che la Florida fosse un’isola, ma Narváez era sicuro che, avanzando, avrebbe trovato oro a montagne. Solo che, di lui, l’imperatore Carlo V non si fidava. Così, Cabeza de Vaca ebbe l’incarico di tesoriere e di alguacil mayor, una sorta di commissario generale. Era lui l’uomo di fiducia della Corona, a bordo. Il problema era però che quella stessa Corona non intendeva sborsare un centesimo per la spedizione. Né per altre. Chiun-

Quando faceva il cortigiano, fra una battaglia e l’altra

el 1519 Cabeza de Vaca, in un periodo di ristrettezze economiche, prese servizio come cortigiano presso il palazzo del giovane duca di Medina-Sidonia, Alonso Pérez de Guzmán, uno degli uomini più ricchi di Spagna. Una corte che presto si rivelò

16

hidalgos. E immaginava per sé un destino di battaglie, grandi imprese e gloria», aggiunge Rolena Adorno, docente dell’Università di Yale (Usa), che gli ha dedicato vari libri. Terzogenito, Álvar Núñez non aveva diritto all’eredità e per questo fu avviato alla carriera militare. Prestò servizio in Spagna, in Navarra e in Italia, con le truppe della Lega Santa. Finché, nel 1527, decise di imbarcarsi per il Nuovo Mondo, aggregato a una spedizione verso una terra scoperta da poco, chiamata La Florida, sotto il comando del conquistador Pánfilo de Narváez.

più pericolosa dei campi di battaglia: lotte di potere, tradimenti, sequestri, omicidi erano all’ordine del giorno. Per di più, il duca venne dichiarato “mentecatto e impotente” poiché non riusciva a consumare il matrimonio con la principessa Anna di Arago-

na, figlia del re. E Cabeza de Vaca finì sotto processo. A caccia di donzelle. Secondo i documenti dell’epoca, il futuro conquistador fu accusato di aver “infilato” un’attraente donna nel letto del duca, per risvegliare i suoi istinti sopiti. Provocò soltanto la reazione

isterica del suo padrone. «Cabeza de Vaca era un alcoviteiro, che cercava di propiziare incontri galanti al nobile che serviva. Ma, con un così poco interessato datore di lavoro, la sua carriera fu stroncata sul nascere», spiega Paulo Markun.

cristiane nella guerra contro i Mori. Grazie a questo espediente, il re Alfonso VIII di Castiglia sorprese l’esercito musulmano e vinse lo scontro. In segno di riconoscenza il sovrano nominò Martín Alhaja cavaliere di “Cabeza de Vaca” e gli concesse uno stemma per la sua famiglia

que volesse imbarcarsi in un’impresa nelle Americhe, doveva farlo di tasca propria. Chi poteva, metteva mano alle finanze di famiglia: fu il caso di Álvar, che chiese il denaro necessario alla moglie. «Non si sa come la convinse. Di certo fu persuasivo, visto che la donna sborsò oltre 2mila ducati. Una cifra che equivaleva a un anno di stipendio di un medico, o a dieci di salario di un manovale», spiega Markun. Si trattava di un investimento, poiché gli spagnoli partivano con l’idea di trovare oro e argento. Ma, purtroppo per la moglie, non fu questo il caso. F accia a faccia . Le cinque navi di Narváez salparono da Sanlúcar de Barrameda (Andalusia) il 17 giugno 1527, con 680 uomini, 80 cavalli e la speranza di un ricco bottino. «Poteva essere una spedizione a caccia di tesori e di schiavi come tante altre. E invece in quel viaggio tutto quello che poteva andare storto andò storto», commenta Markun. Giunti a Cuba, due navi e cento uomini furono inviati in cerca di cibo a Trinidad, un villaggio spagnolo sull’isola caraibica. Il comando di una delle imbarcazioni fu affidato a Cabeza de Vaca, che qui ebbe la sua prima disavventura: dopo essere sbarcato con una trentina di uomini, una terribile tempesta si abbatté sulle imbarcazioni e sul villaggio, distruggendo tutte le abitazioni. Le imbarcazioni, così come i marinai rimasti a bordo, sembrarono scomparse nel nulla. Dopo cinque giorni senza cibo né acqua, Cabeza de Vaca e i suoi furono recuperati da Narváez. Era un assaggio dell’inferno che li attendeva. Il 12 aprile 1528 i conquistadores raggiunsero la Florida, dalle parti della Baia di Tampa. Qui avvenne il primo incontro, pacifico, con gli indios. Che però la mattina, guardinghi, avevano abbandonato il villaggio: gli spagnoli sbarcarono quindi tutti gli uomini e i 42 cavalli sopravvissuti alla traversata. Solo in seguito i conquistadores chie-

che rappresentava proprio un teschio di mucca. Tutto in famiglia. Un altro antenato, Pedro de Vera, riuscì a conquistare le Canarie nel 1483. Un avamposto che si sarebbe rivelato fondamentale per la spedizione di Cristoforo Colombo e che permise a de Vera di accumu-

sero ad alcuni nativi prigionieri dove scovare il metallo giallo: risposero indicando l’entroterra e dicendo “Apalache”. Miraggi. Cabeza de Vaca avrebbe voluto proseguire per mare, evitando di spostarsi “muti” (cioè senza interpreti per comunicare con gli indigeni). Gli altri, però, non erano d’accordo: il richiamo dell’oro era troppo forte. Il piano era arrivare a Pánuco, un villaggio fondato da Hernán Cortés nel 1522, a una cinquantina di km. E

lare un enorme patrimonio e di tornare in patria con diversi schiavi. La famiglia di Álvar Núñez contribuì quindi in maniera decisiva, benché indirettamente, a due avvenimenti fondamentali per la storia della Spagna: la Reconquista e la colonizzazione delle Americhe.

da lì proseguire in cerca della fantomatica Apalache. A piedi. “Narváez era uno sbruf­ fone, incapace di distinguere i sogni dal­ la real­tà. Si immaginava come un novel­ lo Cortés e si raffigurava un’altra Tenochti­ tlán (la capitale azteca, ndr) nascosta tra le foreste della Florida. Ma era pura im­ maginazione”, racconterà Cabeza de Vaca nella Relazione dei suoi viaggi, scritta per Carlo V. E “pura immaginazione” erano anche i 50 km: in realtà erano oltre 1.600.

Nel bene e nel male Indigeni malati di vaiolo in una miniatura del XVI secolo. Il vaiolo era stato portato in Messico dalla spedizione di Pánfilo de Narváez, su cui viaggiava anche Cabeza de Vaca. Sotto, targa in memoria di Álvar Núñez nella Baia di Tampa, in Florida.

ALAMY

lvar Núñez ereditò lo strano soprannome “Cabeza de Vaca” da un antenato, Martín Alhaja. Quest’ultimo era un pastore spagnolo che nel 1212, durante la Battaglia di Las Navas de Tolosa, utilizzò il teschio di una mucca per segnalare un passaggio alle truppe

EVERETT/CONTRASTO

Á

“Cabeza de Vaca”, uno strano soprannome ereditato

17

GRANGER/ALINARI

Alla conquista della fiducia Álvar Núñez in un quadro del 1905. Il conquistador è ritratto assieme ad alcuni nativi, di cui diventò amico.

Cabeza de Vaca fu prima fatto schiavo e poi adorato dagli indios del delta del Mississippi. Che poi lo seguirono attraverso il Sud-ovest Si misero in marcia con oltre 300 uomini e 40 cavalli: un’infinità di bocche da sfamare in un territorio semiarido. L’entusiasmo si trasformò in disperazione, tra fame, caldo asfissiante e attacchi indiani. Arrancarono per settimane nutrendosi di germogli di palma e morendo come mosche. Ed eccola, finalmente, la “mitica” Apalache: “Un pantano sconfinato, un vasto agglomerato di capanne coperte di paglia, di insopportabile squallore”, scriverà Cabeza de Vaca. L’unico giallo che si vedeva era il mais, il vero “oro” dei nativi. Lotta per la sopravvivenza. Dopo 25 giorni passati in quel nulla, Narváez deci-

se di riprendere il viaggio a ovest. Marciarono per altri quattro mesi, dopodiché il capospedizione cedette: i conquistadores puntarono verso la costa, ovvero verso la salvezza, il mare. Peccato che non avessero più imbarcazioni. Disperati, gli spagnoli fusero tutti i loro oggetti metallici e fabbricarono gli utensili per costruire delle piccole navi con i pochi alberi a disposizione. I loro vestiti divennero vele: alla fine le 5 navi realizzate “erano appena un palmo fuori dall’acqua”. Il 22 settembre 1528, i 250 superstiti si imbarcarono, dopo aver diviso la carne dell’ultimo cavallo sacrificato. La naviga-

zione sottocosta non fu meglio della marcia forzata. Per oltre un mese vagarono ignorando dove fossero, respinti a frecciate dai villaggi costieri. Raggiunsero (senza saperlo) il delta del Mississippi, dove un tornado distrusse gran parte delle imbarcazioni. Quella di Cabeza de Vaca naufragò su un’isola ma nella foga di raggiungere la riva molti annegarono (pochissimi sapevano nuotare). I sopravvissuti chiamarono quel lembo di terra Isola della Cattiva Sorte. Oggi è l’Isola di Galveston. Solo 80 uomini avevano calpestato la spiaggia: alla fine dell’inverno, 15 di loro erano vivi, costretti a nutrirsi dei cadaveri dei compagni. In 12 costruirono una zattera e lasciarono l’isola, puntando alla Nuova Spagna (il Messico): non se ne seppe più nulla. Dei tre rimasti sull’isola uno, malato, era Cabeza de Vaca. Fu a quel punto che entrarono nuovamente in scena gli indiani: visto lo stato pietoso dei bianchi, nudi e magri “che le costole si potevano contare una a una”, decisero di farli schiavi. Cabeza de Vaca restò nell’isola del delta del Mississippi, lavorando “come una bestia da soma”. Fu l’unico dei tre a sopravvivere. Da schiavo a sciamano. Di questi anni in schiavitù Cabeza de Vaca ha lasciato un resoconto preciso, ma privo di odio per i suoi carcerieri: “Tutti gli indiani che vedevo erano affamati come me”, scrisse. “Il corpo emaciato, le guance infossate, lo sguardo febbricitante, la pelle raggrinzita, l’andatura sfiancata, rattrappiti il petto e le anche. Fu allora, mi par di ricordare, che presi a pensare agli indios come a esseri umani simili a noi”. Durante una delle frequenti carestie Cabeza de Vaca si avvicinò per caso a un nativo febbricitante. Quello, dopo “un segno di croce e un soffio sul malato”, riprese le forze. Agli occhi degli indiani, il bianco si trasformò all’istante in guaritore, la voce si sparse e dai villaggi limitrofi arrivarono frotte di “clienti”. Si sospesero le guerre tra le tribù rivali – raccontò lo spagnolo – per permettere a tutti di essere curati. Un giorno il conquistador, durante le sue peregrinazioni, incontrò per caso altri tre

C R ON OLOGI A

Una vita spericolata 18

1488-90 ca. Álvar Núñez nasce in una famiglia di hidalgos a Jerez de la Frontera.

1512 Partecipa alla battaglia di Ravenna con le truppe della Lega Santa.

1519 Per arrotondare, si offre come cortigiano presso un ricco nobile spagnolo.

1520-22 Di nuovo in armi, aiuta a sedare la rivolta dei “comuneros” (Castiglia).

ALAMY

E dopo, alla conquista del Brasile ssere sopravvissuto ai deserti del Nord America non bastò ad Álvar Núñez. Tornato in Spagna, ottenne il governatorato del Rio de la Plata (tra Argentina, Uruguay, Paraguay e Brasile Meridionale): lì si mise alla ricerca di una catena montuosa misteriosa e ricol-

ma d’argento (e invece scoprì le cascate dell’Iguazú, nella foto): lo fermò la malaria. Sotto accusa. Tornato, fu deposto da nemici interni, imprigionato per quasi un anno e rispedito in Spagna, questa volta in catene, imputato di corruzione e malversazioni.

membri della spedizione di Narváez. Come lui, erano naufragati nel delta dopo la tempesta. Erano Andrés Dorantes, Alonso del Castillo e Estebanico. Quest’ultimo era uno schiavo nero e, secondo gli storici, il primo africano a mettere piede nelle Americhe. I quattro fuggirono l’estate successiva, quando “le tribù costiere si riunivano per orge stagionali”. Raggiunto il continente, si trovarono di fronte le praterie sconfinate del Nuovo Mondo, “dove i bisonti si contavano a migliaia”. Fu così che fecero l’impresa: dall’Atlantico al Pacifico, attraverso il Sud-ovest americano. La fine del viaggio. A ogni villaggio gli spagnoli raccoglievano una piccola folla di indiani. Un giorno fu portato a Cabeza de Vaca un indiano ferito con la punta di una freccia vicino al cuore. Lui non esitò: estrasse il coltello, aprì il petto del ferito, infilò la mano ed estrasse la freccia, chiudendo con due punti di sutura. Il poveretto per un po’ fu più morto che vivo. Ma questa volta la fortuna fu dalla loro: l’uomo sopravvisse e Cabeza de Vaca fu adorato come un semidio. Camminando senza sosta raggiunsero la Sierra Madre, nell’attuale Nuovo Messico. Puntando a sud, Cabeza de Vaca incontrò un indiano che portava al collo una fibbia e un chiodo di cavallo di chiara fattura spagnola. I loro compatrioti non dovevano essere lontani. A tappe forzate cercarono di raggiungere gli spagnoli e pochi giorni dopo incontrarono un gruppo di cavalieri, guidati da un cacciatore di schiavi. Era il maggio del 1536 ed erano passati oltre otto anni dall’inizio della spedizione. La loro fu un’apparizione: tre spa-

17 giugno 1527 Si imbarca con Pánfilo de Narváez alla conquista della Florida.

gnoli e uno schiavo nero, nudi, sporchi e magrissimi alla testa di una folla di indigeni adoranti e danzanti. «Cabeza de Vaca fu un conquistador diverso, un “amico” degli indios. Probabilmente per questo, in seguito, non durò molto come governatore del Rio de la Plata», conclude Markun. Dei quattro spagnoli che avevano attraver-

sato il deserto nordamericano, Cabeza de Vaca fu l’unico a tornare in patria. E l’unico a morire di morte naturale, dopo altre imprese. Quando, undici anni dopo, ormai ex governatore, fu liberato dalle catene per aver “domato” l’ennesima tempesta, era già una leggenda.  • Carlo Cauti IBERFOTO /ALINARI

E

Uomo dalle mille risorse Un ritratto di Álvar Núñez: fu uno dei quattro superstiti della disastrosa spedizione di Pánfilo de Narváez alla conquista della Florida.

12 aprile 1528 Dallo sbarco in Florida passa anni da schiavo e poi da sciamano.

1537 Torna in Spagna dopo la traversata avventurosa del Nord America.

1540-45 Esplora il Sud America da governatore, ma è rovesciato e condannato.

1558 ca. Dopo un decennio in esilio ad Algeri, Cabeza de Vaca muore. 19

LIFE/GETTY IMAGES (10)

NOVECENTO

Italia schierata A sinistra, bandiere italiane e naziste sulle facciate dei palazzi per accogliere Hitler. A destra, la folla si assiepa a Firenze durante il passaggio dei dittatori. Sotto, Piazza del Plebiscito, a Napoli, avvolta nei vessilli. Il film di Ettore Scola del 1977 Una giornata particolare, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni rievoca il clima della visita del Führer a Roma, il 3 maggio 1938.

Dal 3 al 10 maggio 1938 Hitler arrivò in Italia per celebrare l’alleanza militare con Mussolini. Ecco il reportage a colori di quei giorni, in un Paese “nazificato”

Una giornata particolare

21

Asse Roma-Berlino Doppie bandiere alle finestre sul percorso ferroviario del treno di Hitler. Qui siamo in Alto Adige: si noti il nome di Sterzing-Vipiteno, solo in italiano. I toponimi tedeschi erano vietati dal fascismo.

Le immagini di queste pagine furono scattate da Hugo Jaeger, fotografo personale di Hitler che dopo il 1945 nascose i suoi scatti Nell’Urbe dei Cesari Roma. I dittatori, con il re Vittorio Emanuele III e consorte, assistono alla grandiosa parata militare sulla via dei Fori imperiali, tra le rovine dell’antica Urbe, dove il duce aveva fatto costruire archi e quinte in cartapesta.

Firenze uncinata A Firenze, Hitler rimase così incantato dagli Uffizi da sconvolgere il piano della visita per poterli visitare per 4 ore, prima del pranzo a Palazzo Vecchio.

23

Bottino imperiale Santa Marinella (Roma): perché lo sfoggio della grandezza italica sia completo, il duce schiera dignitari delle colonie.

Nella baia di Napoli il Führer e Mussolini assistettero alle manovre della Regia Sfoggi tattici A Santa Marinella davanti a Hitler si svolse un’esercitazione terrestre di 3 battaglioni. Qui, la parata della Confederazione fascista dei lavoratori italiani (Cfli).

L’esercito a Firenze Soldati dell’esercito italiano schierati davanti alla Loggia dei Lanzi, in Piazza della Signoria, durante la tappa fiorentina di Hitler.

marina italiana. Le unità incrociarono anche al largo dei Faraglioni di Capri Pranzo all’aperto Parata di donne in costume tradizionale: dopo poco, il Führer e il duce andranno a pranzo a Castello Odescalchi (sempre a Santa Marinella) con il re e la regina.

25

TECNOLOGIA

DEBUTTO ITALIANO

Dopo il 1918 debuttarono i primi aerei di linea, riconvertiti dall’uso militare al trasporto passeggeri. Un secolo dopo, ecco la curiosa storia dell’aviazione civile

BENVENUTI A BORDO O

GETTY IMAGES

ggi l’aviazione civile dà lavoro, direttamente o come indotto, a 58 milioni di persone in tutto il mondo, con un fatturato di 2.400 miliardi di dollari. Se si pensa che la “prima volta” di un volo di linea risale a un secolo fa – in Florida con l’idrovolante della Airboat Line (v. riquadro a destra) – viene da chiedersi quale sia il segreto di tanto successo. Prima degli aerei così come noi oggi li conosciamo, in Germania il conte Ferdinand Von Zeppelin nel 1910 aveva già aperto la strada a voli tra città e città con i dirigibili. Ma la sua compagnia, la Delag, non ebbe successo a causa del fatto che era disorganizzata e i voli erano soprattutto di piacere (in ogni caso il dirigi-

Idro-gigante L’arrivo a Berlino, nel maggio del 1932, del grande idrovolante Do X dopo un giro durato 18 mesi. 26

A destra, l’idrovolante dell’Airboat Line che compì il primo volo di linea, in Florida, il 1° gennaio 1914: c’era posto per un unico passeggero.

FSNGILARDI (2)

inita la Prima guerra mondiale, il costruttore Gianni Caproni (nel tondo) modificò un bombardiere ricavandone un veicolo per il trasporto civile. Il suo primo volo, quello inaugurale, avvenne il 2 agosto del 1919. Partito da Milano avrebbe dovuto raggiungere Venezia, ma sorvolando Verona si disintegrò e morirono tutti. L’incidente spaventò imprenditori e pubbli-

solo 4 passeggeri a una co, ritardando l’avvento in Italia delle prime com- velocità di 150 km/h. Si pagava un salatissimo pagnie aeree. Via d’acqua. Dopo biglietto di 375 lire per qualche anno i triestini andare dal Piemonte al Cosulich fondarono la Veneto in 3 ore e mezza. Società Italiana Servizi Ma già il primo giorno, Aerei (Sisa), e inauguraper problemi al motore rono il 1° aprile 1926 la vi fu un ritardo di oltre prima linea regolare, la tre ore. Torino-Venezia con scalo a Pavia, tre volte a setti- A destra, cartolina del 1959 mana. Si volava seguen- da Malpensa: gli aerei sono do il corso del Po con uno Klm e l’altro Alitalia. idrovolanti biplani Cant 10. Ognuno portava

LA PRIMA LINEA AEREA

S

i iniziò a “prendere l’aereo” nel 1914, sui 35 chilometri fra St. Petersburg e Tampa, in Florida, con l’idrovolante della Airboat Line. La compagnia americana fu fondata il 13 dicembre 1913 da un industriale di Saint Louis, Thomas Benoist, costruttore dell’ “idro”, un biplano Benoist XIV, lungo 7 metri, con apertura alare di 13 metri. A bordo, soltanto il pilota e un passeggero, che viaggiavano a 105 km/h. Con la testa fra le nuvole. Fu la prima linea aerea regolare, inaugurata il 1° gennaio 1914 e Abram Pheil ne fu il primo passeggero: sborsò ben 400 dollari (una cifra enorme allora) per questo privilegio. Ma il biglietto regolare costava solo 5 dollari, più 5 centesimi ogni oncia di bagaglio. Nessun lusso: si stava seduti con la testa all’aperto come il pilota, esposti a vento e schizzi d’acqua dell’ammaraggio. La Airboat Line assicurava un volo al giorno di andata e ritorno. 27

SMITHSONIAN MUSEUM

F

I passeggeri dei voli degli Anni ’20 viaggiavano su velivoli di legno e tela che non davano certo l’idea di essere sicuri. Ma a bordo erano lussuosi

“NON BUTTATE OGGETTI DAL VELIVOLO”

L

a linea aerea italiana Sana, Società Anonima Navigazione Aerea, che dal 1926 al 1934 operò con idrovolanti Dornier Wal sulla tratta Genova-Ostia-Napoli-Palermo al prezzo di 800 lire (circa 700 euro di oggi) per l’intero percorso, aveva stabilito un regolamento di bordo per i passeggeri. Ecco le norme più curiose.

● Contro il mal d’orecchi e contro i disturbi auricolari in genere, che sicuramente vengono dal rombo dei motori, premunitevi sempre dei noti batuffoli d’ovatta che il personale della società con molta cortesia, distribuisce al momento del decollo.

Letto volante

GETTY IMAGES

Negli Anni ‘30 su alcuni voli esisteva la possibilità di dormire in comode cuccette.

bile non fu più usato dopo il disastro dell’Hindenburg, esploso durante la fase di attracco negli Usa, il 6 maggio 1937). Coloniali e postbellici. Dopo la Prima guerra mondiale il trasporto aereo civile cominciò a diventare importante. Già nel 1918 i militari inglesi avevano istituito voli (di fortuna) tra Gran Bretagna e Francia con bombardieri disarmati Handley Page 0/400. Ma fu nella Germania sconfitta che esordì la prima vera compagnia aerea: la Deutsche Luft Reederei. Il 5 febbraio 1919 si tenne il volo inaugurale sulla linea BerlinoWeimar (193 km) percorsa con biplani Aeg capaci di trasportare appena 2 passeggeri per volta, in una cabina chiusa. L’aeronautica civile era una realtà e ben presto divenne anche una necessità, specie per i collegamenti tra i Paesi e i loro imperi coloniali. Le compagnie, oggi celebri, debuttarono proprio allora: l’olandese Klm nel 1919, nel 1924 la Imperial Airways britannica (antenata della British Airways), nel 1926 la tedesca Lufthansa, poi la russa Aeroflot (1932) e nel 1933 la francese Air France. La nostra compagnia di bandiera, l’Alitalia, arrivò soltanto nel 1947. 28

CORBIS

● Non aprite il boccaporto né sporgete il capo fuori di esso quando il velivolo è in volo.

● Evitate assolutamente di toccare organi o meccanismi interni del velivolo. Si astenga il viaggiatore dal ghiribizzo di scambiare parole col personale di volo, che deve compiere il proprio dovere senza essere minimamente distratto o disturbato. ● Non buttate oggetti dal velivolo.

Una hostess della Braniff Airlines, la cui divisa prevedeva un casco in plexiglass.

L’EROICO DAKOTA

C

ol nomignolo “Dakota”, il bimotore americano Douglas DC-3 (primo volo 17 dicembre 1935) è stato l’aereo passeggeri più diffuso al mondo, con oltre 16mila esemplari fra quelli originali Usa e quelli copiati in Russia e Giappone. Esordì il 26 giugno 1936 con la American Airways sulla rotta notturna New York-Chicago, con cuccette per 14 passeggeri, mentre nella versione diurna portava 32 persone. A una velocità di crociera di 290 km/h volava per circa 2.000 km. Robusto e affidabile, nella Seconda guerra mondiale fu usato dai paracadutisti alleati. Riconversione. Tornata la pace, migliaia di Dakota di seconda mano furono comprati da aerolinee di tutto il mondo, compresa la neonata Alitalia, che lo usò fino al 1964. Vita più lunga ha avuto nei Paesi africani e sudamericani, dove tuttora, tra quelli da collezione e i cargo, volano ancora un centinaio di esemplari.

Un gruppo di modelle posa sulle ali di un DC-3 Dakota nel 1937.

DA SUBITO, LA TOILETTE

I

l primo servizio igienico installato su un aeroplano risale al lontano 1913, quando volò in Russia il biplano quadrimotore Sikorskij, battezzato “Russkij Vitiaz”, cioè Cavaliere russo. Il suo progettista, nonché pilota, Igor Sikorskij aveva ideato una spaziosa cabina per 8 passeggeri con comodità all’avanguardia per i tempi. Comfort. C’erano divano, tavolo, sedie, un tradizionale samovar russo per bollire il tè e ovviamente la toilette: una piccola latrina chimica occultata da una parete e accompagnata da un lavabo. Assenti sui monomotori degli Anni ’20, che portavano da 1 a 5 passeggeri su tratte brevi, i servizi igienici si diffusero largamente, e definitivamente, sui grandi idrovolanti del decennio seguente, che coprivano rotte superiori alle 3 ore.

IL VERO THE AVIATOR

L’

aereo civile più pesante è il colossale cargo a 6 motori An-225 Mriya, prodotto dalla Antonov di Kiev, collaudato nel 1988 quando l’Ucraina era ancora in Urss. Pesa 600 tonnellate e ha un’apertura alare di 88 metri per 84 di lunghezza. Ma non è il più grande paio d’ali che abbia mai volato. Kolossal. Tale primato, con ben 97 metri di apertura, per una fusoliera lunga 66, spetta all’idrovolante americano Hughes H-4 Hercules, costruito 40 anni prima dal miliardario Howard Hughes,

immortalato da Leonardo DiCaprio nel film The Aviator (2004). L’H-4, tutto in legno d’abete e pesante 181 tonnellate, fece un unico breve volo il 2 novembre 1947 sulla baia di Los Angeles, pilotato dallo stesso Hughes. Si calcola che avrebbe potuto portare oltre 500 passeggeri, ma rivelatosi lento e poco pratico riposa da allora nel suo hangar-museo.

GETTY IMAGES

CORBIS

Il miliardario Howard Hughes e il primo aereo da lui costruito nel 1935, lo H-1 Racer.

Il biplano di Sikorskij (a destra nella foto) del 1913: fu il primo aereo con la toilette.

Mirko Molteni

PAURA DI VOLARE? I MORTI (OGNI 100 MILIONI DI MIGLIA) DAL 1929 AL 1945 0

5

10

15

20

25

1929 1930 1931 1932 1933 1934 1935 1936 1937 1938 1939 1940 1941 1942 1943

Il grafico mostra il calo della mortalità sui voli civili nel corso dei decenni.

1944 1945 30

U

na vera svolta, dopo la Seconda guerra mondiale, fu il primo aereo civile a reazione, l’inglese De Havilland Comet. Entrò in servizio con la Boac il 2 maggio 1952, sulla rotta LondraJohannesburg. Portava 80 passeggeri a 800 km/h e anche se subì diversi incidenti, aprì la strada ad altri jet come il Boeing 707 americano e il francese Caravelle, quest’ultimo comprato

anche dall’Alitalia, nata nel 1947, che usava inizialmente trimotori Fiat e bimotori DC-3. Decollo. Con i jet si superò il centinaio di passeggeri e nel 1969 apparve il primo colosso da 400 posti, lo statunitense Boeing 747 Jumbo, giunto fino a noi, opportunamente ammodernato. L’ultima versione è il 747-8, inaugurato nel 2010. GETTY IMAGES

Fin dai loro esordi le compagnie cercarono di trovare il modo di imbarcare il numero maggiore di passeggeri, per abbattere gli elevati costi di gestione dei velivoli. Negli Anni ’30 cominciarono a volare bimotori e trimotori a elica capaci di portare da 10 a 40 persone, a una velocità di circa 300 km/h. Alla fine della Seconda guerra mondiale, i grandi quadrimotori americani (Douglas DC-4 o Lockheed Constellation) segnarono l’apogeo dell’elica. Era tuttavia anche l’inizio della fine, poiché poco dopo furono abbandonati per quelli con il motore a reazione. Tutti in volo. A rendere più popolare il viaggio aereo non fu solo la maggior capienza dei velivoli, ma anche la liberalizzazione delle tariffe a partire dal 1978. I risultati non si fecero attendere: nel 1979 avevano volato nel mondo 747 milioni di passeggeri, nel 1987 un miliardo e nel 2014 più di 3 miliardi di persone.  •

ARRIVANO I JET

Un De Havilland Comet nel 1950.

PAN AM: DALLE STELLE ALLE STALLE DELLA BANCAROTTA

P

arabola singolare, quella della compagnia statunitense Pan American: dagli inizi modestissimi al grande successo fino al fallimento. Fondata dai militari Hap Arnold e Carl Spaatz, iniziò a operare il 19 ottobre 1927 con 1 solo idrovolante, Fairchild FC-2 (preso in prestito dalla West Indian), sulla rotta tra la Florida e Cuba. Dal 1930 crebbe in Sud America e dal 1945 sull’Atlantico del Nord. Nel 1960 divenne la prima nei collegamenti con l’Europa con 368mila passeggeri, contro la rivale Twa, ferma a 243mila. Fine tragica. Un attentato terroristico a Lockerbie (Scozia), il 21 dicembre 1988, distrusse un 747 Pan Am e uccise 270 persone, incrinando la fiducia nella compagnia. A questo si aggiunse il risarcimento di 300 milioni di dollari ai familiari e l’aumento dei costi del carburante con la crisi del Golfo (1990-91). Pan Am nel 1991 dichiarò bancarotta.

GETTY IMAGES

I primi velivoli a elica trasportavano appena 2 persone, fino a 40 negli anni Trenta. Ma la vera rivoluzione arrivò con il motore a reazione

L’eliporto sul grattacielo Pan Am a New York, per gli eli-taxi da e per l’aeroporto, negli Anni ’70.

Il Concorde pronto per il volo inaugurale (1976).

IL SUPERSONICO DIMENTICATO

N

delta, ma con l’aggiunta di normali piani orizzontali di coda, doveva pesare 288 tonnellate, un 60% in più dei rivali, e portare fino a 321 passeggeri a una velocità di 2.700 km/h. Troppo caro. Ma in quegli anni si spendeva già molto per la guerra in Vietnam e per le missioni lunari Apollo, così il Senato americano il 24 marzo 1971 fece retromarcia. Quando il prototipo era stato completato al 15% i fondi furono bloccati.

SCALA

CORBIS

GETTY IMAGES

ella gara fra l’anglofrancese Concorde e il sovietico Tu-144 per il primo supersonico civile si inserirono pure gli Stati Uniti. Il progetto americano fu definito nel 1968 e il 23 settembre 1969 il Congresso approvò il suo finanziamento per l’esorbitante cifra di 1,3 miliardi di dollari. Più grande degli altri due, il Boeing 2707 SST doveva avere una lunghezza di 87 metri per un’apertura alare di 43 metri. Anch’esso con ala a

Hellen Church, prima hostess Usa, nel 1930. A sinistra, un’assistente di volo pesata nel 1935: non doveva superare i 55 chili.

P

er gli americani la prima hostess resta l’infermiera 26enne Hellen Church, che iniziò a lavorare nel 1930 per la United Airlines a bordo dei trimotori Ford 4AT, sulla rotta San Francisco-Chicago. Ma i francesi sostengono che già nel 1922 l’allora 25enne Jeanne Fontaine lavorasse sui Farman Goliath della Compagnie Aerienne Française, sulla linea Parigi-Bruxelles. Incoraggianti. La trovata di imbarcare accattivanti ragazze al posto

dei maschi impiegati inizialmente serviva a convincere i titubanti passeggeri a salire su aeroplani di legno e tela, che non davano l’idea di essere sicuri. La Fontaine, intervistata in seguito, in proposito dichiarò: “Si dovevano anzitutto tranquillizzare i primi passeggeri, che avevano molta paura. Poi aiutarli a salire sull’aeroplano e a sedersi in cabina. Spesso si sobbalzava per i vuoti d’aria, ma non avevo paura”. Le prime hostess Alitalia arrivarono invece molto più tardi, nel 1950.

1972: il motto tra i manager della Southwest Airlines (Texas) era “Il sesso vende posti”. Per questo le hostess dovevano indossare shorts e stivaloni.

GETTY IMAGES

HOSTESS, LA PRESENZA RASSICURANTE

Storia viaggi

In collaborazione con

CAMBOGIA

Meraviglie khmer Da Angkor Wat ai templi remoti che pochi hanno visto

F

ocus Storia propone a tutti i suoi lettori un altro viaggio eccezionale alla scoperta di una grande civiltà del passato, organizzato come sempre dal tour operator I Viaggi di Maurizio Levi. Questa volta la meta è la Cambogia, un Paese recentemente riemerso da decenni di guerra e isolamento. Nei 10 giorni del viaggio si toccheranno i luoghi-simbolo dell’antico impero khmer, fiorito tra il IX e il XV secolo, e siti archeologici di epoche precedenti, in gran parte ancora misteriosi. Templi nella giungla. Via terra, dalla vivace Phnom Penh, si arriverà a Battambang, la capitale dell’Ovest, attraverso la verde campagna cambogiana irrigata dai numerosi fiumi che

scorrono verso il lago Tonlé Sap, per proseguire in battello lungo il fiume Sangke, tra splendidi scenari, villaggi galleggianti, pagode, fino al lago Tonlé Sap, il più esteso lago del Sudest asiatico. Da qui si raggiungono i magici templi del complesso di Angkor, cuore dell’impero khmer, che desta ancora stupore nonostante i turisti. Ma l’emozione più forte sarà scoprire i remoti e poco conosciuti complessi khmer di Beng Mealea e Koh Ker, immersi nella foresta lussureggiante. Sulla via del ritorno, infine, percorrendo l’antica Via Rea­le, si incontrerà Sambor Prei Kuk, il più importante complesso archeologico pre-angkoriano del Paese. Un’occasione unica, da non perdere. •

◆ Partenza: 29 ottobre 2015 ◆ Durata: 10 giorni ◆ Prezzo: da € 2.150 (più spese accessorie) ◆ Ulteriori informazioni:

www.viaggilevi.com/focus-storia contatti e prenotazioni: ◆ www.viaggilevi.com ◆ [email protected] ◆ Tel. +39 02.34934528

THAILANDIA

LAOS

ANGKOR WAT KOH KER SIEM REAP BENG MEALEA BATTAMBANG TONLÉ SAP

CAMBOGIA SAMBOR PREI KUK PHNOM PENH

Un particolare del tempio di Angkor Wat (in alto). 32

VIETNAM

Prenotazioni entro il 31 luglio, 24 posti disponibili.

in libertà

PRIMO PIANO

BRIDGEMANART/MONDADORI PORTFOLIO

SESSO

Il lato più disinvolto dell’amore: dall’antichità greca all’età dei libertini, dagli eretici medioevali alle comuni hippie negli Anni ’60.

GLI ECCESSI DEGLI ANTICHI pag. 34 ■

EROTISMO ERETICO pag. 40 ■

NELLE ALTRE CIVILTÀ pag. 44 ■

I CASANOVA DI VENEZIA pag. 48 ■

SCANDALOSI CONVENTI pag. 54 ■

I PADRI NOBILI DEI NUDISTI pag. 62 ■

IL LIBERO AMORE HIPPIE pag. 68 ■

Classici Ninfe dei boschi e satiro in un dipinto del francese William-Adolphe Bouguereau (1873).

PRIMO PIANO LESSING/CONTRASTO

Orge, poligamia, promiscuità e tradimenti: ecco come, dove e quando facevano sesso i nostri disinibiti antenati

SENZA TABÙ 34

Amori mitici

RMN/ALINARI

Satiro e baccante in una scultura di James Pradier (1790-1852), al Louvre di Parigi. Nella pagina accanto, statuette egizie contenenti peni mummificati (VII sec. a.C.).

A

ltro che la toilette dell’aereo e le manette con il peluche rosa: sul pavimento di un tempio, su un altare o nei boschi, con animali, sfilatini di pane o falli di legno, uomini e donne dell’antichità non mettevano molti freni alla loro sessualità. E se l’appuntamento al buio è il massimo che riuscite a pensare in fatto di “fa-

molo strano”, vi lascerà forse interdetti sapere che orge, poligamia, prostituzione, tradimenti facevano parte del bagaglio sessuale degli antichi. E anche della loro religione. In nome degli dèi. Sacre, ma pur sempre prostitute, erano le ierodule, donne libere che sceglievano di prostituirsi nel tempio della dea della fertilità e dell’amo-

re. Questa “schiavitù sacra”, praticata fin dal 2300 a.C. in onore di Inanna (in Mesopotamia), Ishtar (in Babilonia) e, secoli dopo, di Afrodite (in Grecia), fruttava al tempio ingenti entrate. Incrementate dal rito di passaggio delle giovani vergini, costrette a offrire a Mylitta, tra le babilonesi, i proventi del loro primo rapporto con un qualsiasi pellegrino di passaggio. 35

Donne di potere

Nel mondo antico il matrimonio era aperto e si poteva passare da un letto all’altro: l’importante era non dare troppo scandalo

BRIDGEMANART/MONDADORI PORTFOLIO

Stando alla mitologia, una buona dose di sesso era contemplata anche nel mondo delle divinità pagane: nel III millennio a.C. Enki, “Signore della Terra” sumero e amatore instancabile, aveva affollato il paradiso terrestre grazie alle sue molteplici performance. E che dire del padre degli dèi greci, Zeus? Fedifrago incallito, bisessuale senza inibizioni, si dava da fare sull’Olimpo e sulla terra, spesso con slanci piuttosto fantasiosi che sconfinavano nella zoofilia erotica. Dopo essersi trasformato in toro bianco per rapire la principessa fenicia Europa, si era unito a lei sotto forma di aquila; per Leda, la bella moglie del re di Sparta Tindaro, aveva scelto un altro pennuto: un cigno. Prestazioni mitiche. «Molto spesso i miti, anche quelli più strani, ci raccontano qualcosa della vita e della realtà sociale di un popolo. Bisogna però stare attenti a non confondere il linguaggio immaginifico del mito con la realtà di tutti i giorni: nella vita quotidiana la zoofilia non era certo pratica comune, ma costitutiva una fantasia», sostiene Marxiano Melotti, docente di Storia dei processi formativi all’Università Niccolò Cusano di Roma. Una fantasia rea­lizzata in Egitto, a Menfi, dove secondo lo storico greco Erodoto poteva succedere

Frine in un quadro dell’800. L’etèra (cortigiana dell’antica Grecia) vissuta nel IV secolo a.C. fu accusata di empietà per aver presieduto cerimonie per una divinità dionisiaca.

che per evitare la sterilità, alcune donne si unissero al toro simbolo in terra di Apis, dio della forza fecondatrice. «Di solito si tende a pensare che il mondo pre-cristiano, per lo meno nella sfera del sesso, fosse più libero e quindi anche più felice del mondo cristiano: meno regole, meno tabù, nessun peccato da confessare a un parroco curioso o a un dio vendicativo, nessuna Chiesa ufficiale a con-

Da che mondo è mondo A sinistra, sarcofago egizio (1076-946 a.C. ca.) con il dio dell’aria Shu nell’atto della creazione: la divinità sostiene il cielo (la dea Nut), separandola dalla Terra (Geb). A destra, un’orgia in onore di Dioniso su un vaso del V secolo a.C.

WERNER FORMAN ARCHIVE/SCALA

36

BPK/SCALA

trollare i nostri gusti o la nostra vita privata. In parte è vero, ma non bisogna dimenticare che la libertà sessuale era parte integrante di un mondo maschile e maschilista, in cui il sesso era spesso violenza e raramente fondato su un’idea di mutuo ed equilibrato piacere tra uomo e donna», sottolinea Melotti. Niente scandali. Le fresche sposine romane del I secolo a.C., la prima notte di

Antico Egitto e Roma gay-friendly

G

BRITISH MUSEUM/SCALA

nozze, dovevano sedersi in presenza del mo poteva avere, oltre alla moglie, anche marito sopra il grande fallo di legno di una compagna ufficiale, senza che la cosa Priapo per propiziare la nascita di un fi- destasse scandalo. Nell’antica Atene queglio, uno dei pochi motivi, oltre alla politi- sto sistema era addirittura formalizzato», ca, per cui in genere i Romani si sposava- afferma Melotti. no. Il resto della notte trascorreva in modo Lato B. Alle concubine, i mariti aggiunabbastanza freddo e brutale: lei sdraiata gevano anche le prostitute e le professiosupina e immobile in quella che oggi co- niste chiamate a movimentare i banchetti, nosciamo come “posizione vantandosi poi senza pudel missionario” o a quat“È male amare dore delle loro prestazioni. tro zampe nella posa “delOstia, su un muro della propria moglie laAcasa la leonessa”, mentre lui, un di Giove e come se fosse Ganimede, un anomarito semisconosciuto e di solito molto più vecchio, un’amante”, disse nimo maestro di raffaceva i propri comodi penfinatezza lasciò ai poSeneca delle sando solo a se stesso. steri il suo indelebile “È male amare la propria nozze a Roma ricordo: “Qui, in locamoglie come se fosse un’alità Callinico, ho fottumante”, sosteneva il filosofo romano Sene- to in bocca e nell’ano”. ca. Così la pudicitia, virtù inderogabile di I sederi formosi (non solo femminili) ogni buona matrona, avallava la tendenza erano la passione degli antichi, lo sapemaschile a sfogare le passioni più sfrenate va bene la chiacchieratissima imperatrice in altri letti. «Il matrimonio era tutto som- bizantina Teodora (500-548 d.C.), moglie mato flessibile: l’uomo poteva tradire la di Giustiniano con un passato da attrice moglie e la moglie il marito, purché non si e prostituta: secondo lo storico Procopio sapesse. Nelle famiglie più abbienti esiste- di Cesarea, nonostante “mettesse a dispova una sorta di poligamia informale: l’uo- sizione tutti e 3 i suoi orifizi”, lamentava

li imperatori romani Nerone, Tiberio ed Eliogabalo, ma anche Giulio Cesare e il poeta Catullo; alcuni faraoni, i sovrani macedoni e persiani. Vissuti in epoche diverse, hanno in comune l’orientamento sessuale di quasi tutti i loro contemporanei: la bisessualità. I rapporti con i membri del proprio sesso non sostituivano ma precedevano e affiancavano quello con la propria moglie, salvo il raro caso della prima coppia omosessuale di cui la Storia ci abbia dato notizia: Khnumhotep e Niankhkhnum, due giovani “profeti di Ra” vissuti intorno al 2400 a.C. e ritratti sulla loro tomba mentre si sfiorano teneramente, naso contro naso (nella foto, una scena più esplicita sulla Coppa Warren, forse di età romana). Da battaglia. Omosessuali pare fossero il faraone Pepi II (2200 a.C.), che ogni notte andava a trovare uno dei suoi generali, il sovrano macedone Filippo II e suo figlio Alessandro Magno, che tra le altre ebbe una relazione con il generale e amico d’infanzia Efestione. Negli eserciti dell’antichità, i rapporti omosessuali non erano rari: nel IV secolo a.C. il tebano Gorgida mise insieme il “battaglione sacro di Tebe”, un corpo sceltissimo composto da 150 valorose coppie gay. E anche tra i Celti il sesso tra commilitoni era un modo di rafforzare lo spirito di squadra. Per i Romani, invece, il rapporto sessuale era un segno di potere: l’importante non era con chi, ma come si faceva. Il ruolo passivo spettava a donne, ragazzini e uomini di rango inferiore.

37

CORBIS

Ispirazioni classiche Gli amori disinibiti degli antichi visti nel Cinquecento dal pittore fiammingo Pauwels Franck.

A catalogare tutti i modi di fare sesso degli antichi ci pensò un filosofo tedesco nell’800: ne selezionò una novantina. Amore di gruppo compreso la mancanza di un quarto o quinto buco. In barba alla pudicizia muliebre, le donne potevano stupire i loro amanti con quelle posizioni che le mogli dovevano quanto meno fingere di non conoscere. Tra le più praticate c’erano la Venus pendula, cioè la donna seduta a gambe larghe sull’uomo sdraiato e l’equis aversis, in cui la partner si accomodava in modo tale da mostrare il lato B all’amante; ma oltre a questi, gli antichi conoscevano una novantina di mo-

di diversi di far sesso, catalogati nell’Ottocento dal filosofo tedesco Friedrich Karl Forberg. Erano inclusi i symplegmata, in greco gli “intrecci”: non biscotti da colazione, ma sesso di gruppo. Sesso acrobatico. «L’orgia non era pratica sconosciuta agli antichi: ne abbiamo moltissime rappresentazioni su vasi, lucerne e pitture murarie. Ma è difficile dire quanto fosse diffusa», precisa Melotti. «I celebri affreschi erotici di Pompei mo-

strano una certa fantasia: amplessi a tre o quattro, performance acrobatiche con l’ausilio di corde e maniglie e coinvolgimento di servi e voyeur». I partecipanti usavano ogni mezzo e strumento messo loro a disposizione dalla morfologia umana: tra le posizioni più usate c’erano appiccicatissimi “trenini” a tre, con la donna capotreno e gli uomini a seguire, o degli amplessi a toast, con la donna sottiletta e gli uomini pancarré.

Dalla dea romana Pudicizia alla minigonna: il senso del pudore

I

l concetto di pudore – inteso come il riserbo per la sfera sessuale – comparve nella Roma repubblicana, dove nel 270 a.C. vennero coniate monete con l’effigie della dea Pudicizia. Ma si dissolse presto, fin quasi a scomparire, in epoca imperiale. Così come il concetto di osceno, anche quello di pudore non ha infatti nella

38

Storia un andamento lineare: basti confrontare la spregiudicatezza dei libertini del ’700 con i rigidi principi morali dell’epoca vittoriana, appena un secolo dopo, quando le donne erano coperte dalla testa ai piedi e non potevano nemmeno menzionare parti anatomiche che non fossero la testa o il cuore.

E adesso spogliati. Il pudore vittoriano si ridimensionò nel corso del secolo scorso, riflettendosi in vistosi mutamenti dell’abbigliamento femminile. Dopo la Prima guerra mondiale, le donne si liberarono del tipico corpetto semirigido allacciato alla schiena. Nel 1914 le loro gonne si accorciarono, rivelando per la

prima volta le caviglie, e dalla metà degli anni Venti anche le ginocchia, mentre profondi scolli a V mostravano l’intera schiena. A metà degli Anni ’60 la rivoluzione, favorita anche dalla diffusione dei collant: l’inglese Mary Quant lanciò la minigonna, mettendo in mostra anche buona parte della coscia. (m. e.)

Sesso sì o no? Quel che dice il Corano

N

iente sesso al di fuori del matrimonio, dall’alba al tra­ monto durante il mese di Rama­ dan o durante il pellegrinaggio alla Mecca; tutto, entro il matri­ monio, è lecito, esclusa la sodo­ mia, ma attenzione all’adulterio: potrebbe anche costarvi la vita. Il Corano, il libro sacro dell’islam che contiene il volere di Allah, e la Sunna, che raccoglie il pensie­ ro del profeta Maometto, sono precisi sui precetti che i fedeli dovevano (e devono) seguire nella vita sessuale. Nozze affollate. La “regola” oggi più discussa è quella che riguar­ da la poligamia: nelle regioni arabe e non solo, per gli uomini delle tribù preislamiche era ab­ bastanza comune avere persino una decina di mogli. Il Corano non vietò ma neppure avallò questa pratica: semplicemente cercò di regolamentarla, ridu­ cendo il numero di spose. Alla pari. E le donne? All’epoca (il nostro Medioevo), come suc­ cedeva anche in Europa, la pre­ senza di un uomo al loro fianco era ritenuta necessaria, ma non obbligatoria. Nella coppia mu­ sulmana era il marito a coman­ dare, ma sappiamo che Mao­ metto, che ebbe come prima moglie una vedova più vecchia di lui, rispettava le sue spose: Khadigia, considerata la madre dei musulmani, non era segre­ gata in casa, non era costretta a coprirsi il viso e condivideva con il marito i piaceri della carne.

Sotto mentite spoglie

BRITISH MUSEUM/SCALA

ALAMY

Ma se si voleva prender parte a un’orgia incustodite e spalancate pecchi con i tuoi come si deve, la via più rapida era parteci- amanti, né nascondi i tuoi atti; ti fa godepare alle feste in onore di Dioniso (in Gre- re di più chi ti sbircia che l’uomo che sta cia) o di Bacco (a Roma): i due riti aveva- con te”, diceva, in un epigramma, lo sfronno in comune il vino, la musica ipnotica, i tato poeta Marziale a una matrona di nosimboli fallici in bella vista. E, appunto, il me Lesbia. Svetonio, una specie di Dagosesso collettivo con Menadi o Baccanti se- spia d’epoca imperiale, era convinto che il minude e uomini-satiri ubriachi. Alle sa- poeta romano Orazio si fosse fatto costrui­ cerdotesse di Priapo, la divinità superdo- re per lo stesso motivo uno speculatum tata (originaria della Misia, in Asia Mino- cubiculum, una camera da letto ricoperre) simbolo della forza sessuale, i maschi ta di specchi, dove “disponeva le sue pronemmeno servivano: ad affiancarle nei stitute in modo tale che da qualunque parloro riti misterici notturni bastava la vir- te volgesse lo sguardo gli ritornasse semtù più grossa del dio, rappresentata su si- pre l’immagine dell’amplesso che stava mulacri di pietra di svariaconducendo”. In Grecia in onore Molta più riprovazione te dimensioni. aveva destato all’inizio del Fai da te. Insomma: le di Dioniso e a I secolo un certo Hostius donne, potevano cavarseRoma in onore Quadra, con i suoi specchi la da sole. Secondo uno deformanti “nei quali un dei tanti pettegolezzi che di Bacco, le supera in lunghezza e riguardano l’ultima regina feste orgiastiche dito in grandezza un braccio”: d’Egitto, Cleopatra sareb“Diviso fra un maschio e be stata la prima a far uso avevano in una femmina e con l’intenel I secolo a.C. di una comune vino, ro corpo abbandonato agli specie di vibratore ante litmusica ipnotica stupri, contemplava la sceteram: una zucca vuota riempita di api ronzanti. Ma e sesso di gruppo na abominevole”, immaginando che le dimensiogià cinque secoli prima, in Grecia, le donne si intrattenevano con l’o- ni che vedeva fossero reali. lisbos (in greco olisbein significa “infilarVietato. Eppure, un tabù il macho rosi, scivolare dentro”): un fallo artificiale di mano ce l’aveva: il cunnilingus. Abituato circa 15 centimetri, con un’anima in legno a godere senza dar molto in cambio, mai foderata di cuoio imbottito. Ne esistevano avrebbe praticato il sesso orale alla propria diversi tipi, ma il meno costoso era l’oli- donna: ne andava del suo onore. Ma i mosbokollix, il dildo-grissino in pasta di pa- di per sopperire non mancavano. “Vuoi sane: fai da te e su misura. Autoerotismo a pere Pannicchio come va che la tua Gellia parte, questi sex-toy offrivano anche libe- intorno alle sottane non ha che dei castraro sfogo al voyeurismo maschile. ti?”, chiedeva Marziale a un ignaro mariI Romani amavano “sbirciare” e ad al- to. “Teme la levatrice, adora i peccati”. • cune donne piaceva lo facessero. “A porte Maria Leonarda Leone

In un mosaico del III secolo Leda sedotta da Zeus nei panni di un cigno: si tratta di uno dei tanti episodi che dipingono il capo dell’Olimpo come un farfallone. A destra, un particolare della Coppa Warren in cui un giovane è ritratto mentre sbircia una scena di amore omosessuale.

39

PRIMO PIANO AKG/MONDADORI PORTFOLIO

Nacque in Bulgaria e attecchì nell’Est Europa. La setta medioevale dei bogomili aveva uno strano rapporto con il sesso: alcuni dei suoi seguaci praticavano quello estremo per raggiungere la salvezza Misteri d’Oriente Steli della necropoli di Radimlja, oggi in BosniaErzegovina, risalenti al XV-XVI secolo. C’è chi le riconduce alla setta eretica dei bogomili ma risalirebbero a un’epoca successiva. In alto, in un’immagine medioevale, un’unione mistica da un trattato degli alchimisti.

40

IL GLI

ERETICI

Fondatore alternativo A lato, un’immagine di Pop Bogomil, il “guru” bulgaro che attorno al X secolo fondò la setta dei bogomili. Alcuni di loro, seguaci di Cirillo lo Scalzo, praticavano sesso di gruppo come via di redenzione.

BILDARCHIV HANSMANN/MARKA

MARKA

N

el cuore del Medioevo, nascosti fra le montagne impervie della Bosnia, si aggiravano completamente nudi i seguaci di un monaco predicatore chiamato Cirillo lo Scalzo. Vivevano a contatto con la natura praticando sesso rituale, spesso sotto l’effetto di erbe “magiche” con effetti allucinogeni. Si chiamavano “bogomili” dal nome del fondatore bulgaro Pop Bogomil (X secolo) e si diffusero dalla Bulgaria a Costantinopoli, passando per i Balcani occidentali: Bosnia, Montenegro, Kosovo, Serbia e Croazia. Questi credenti “alternativi” appartenevano a sette eretiche del cristianesimo (altri erano i càtari, gli ofiti, i setiani, gli euchiti, i luciferani) e contestavano l’ordine costituito. Irretiti da predicatori itineranti che interpretavano in modo personale e radicale le scritture, vaneggiavano spesso di un ritorno al giardino dell’Eden.

DELL’EROS

Saluto al Sole Una delle enigmatiche pietre tombali di Radimlja (Bosnia-Erzegovina): mostra un guerriero di probabile fede bogomilitica con la mano aperta. Tra pollice e indice c’è un disco solare: potrebbe essere un simbolo di benvenuto derivato da un precedente culto pagano.

PROVENIENZA Tra i seguaci del bogomilismo c’erano fieri guerrieri, come questo ricostruito a partire dalla stele a sinistra.

PRIMA DIFESA L’arciere indossava una pellegrina che serviva a protezione del collo e della testa.

ALL’ATTACCO Era equipaggiato con un arco composto a quattro curvature.

BILDARCHIV HANSMANN/MARKA

G. ALBERTINI

BEN PROTETTO Completavano la sua “uniforme” una giubba di lino trapuntata e calze di lana.

Solo conoscere il male può salvare l’anima: era questa la filosofia di alcune Satana creatore. I bogomili, in particolare, credevano che alla creazione del mondo avesse partecipato non solo Dio, padre del mondo spirituale, ma anche Satana, suo figlio maggiore e responsabile di tutte le cose terrene. Per essere buoni credenti era necessario quindi professare un rifiuto di ogni piacere terreno. Tutto ciò che imprigionava lo spirito andava respinto: si astenevano da cibi animali e ripudiavano la guerra, per esempio.

Tra loro si amavano e si aiutavano; con gli altri erano freddi, diffidenti, sprezzanti, tanto da essere scambiati per pericolosi cospiratori; da qui le persecuzioni. «La loro unica preghiera era il Padre nostro che recitavano 120 volte al giorno», racconta lo storico Norman Davies nel suo Storia d’Europa (Bruno Mondadori). Se i bogomili delle origini aspiravano all’ascesi, ben presto alcuni predicatori svilupparono un’idea un po’ più ardita:

pensavano che solo grazie a una profonda conoscenza del male si potesse conquistare la redenzione. Le estenuanti orge erano quindi un buon mezzo per raggiungere la salvezza dell’anima. Siccome però accadeva che a seguito di queste “ammucchiate” una o più donne rimanessero incinte, la vita coniugale era considerata una di quelle false gioie create da Satana, e il bambino veniva crudelmente offerto in sacrificio pro-

Dal matrimonio “aperto” alla “pesca amorosa”: le sette Usa del sesso

N

egli Stati Uniti alcune sette e confessioni cristiane praticarono interpretazioni della religione che, a partire dall’Ottocento, capovolsero molti dogmi della Chiesa. È il caso di Oneida, fondata nel 1831 da John Humphrey Noyes nel Vermont. Per Noyes il rapporto sessuale non doveva mai condurre all’eiaculazione, per insegnare al maschio la ricerca dei piaceri spirituali del sesso (tra i quali non c’era dunque la parte 42

conclusiva del coito). Più che questa pratica gli adepti si specializzarono però in quella del matrimonio di gruppo, chiamato “matrimonio complesso”. Nella convinzione che l’onore e la fedeltà che unisce due persone possa essere estesa anche a 100 coppie, tutti erano “sposati” con tutti. Ai “membri centrali” della setta, sorta di reverendi, il compito di iniziare le vergini al matrimonio complesso e all’attività sessuale.

In nome del sesso. Il massimo fu raggiunto nel 1969 dai “Bambini di Dio”, una setta cristiana che fece del sesso una ragione di esistenza, al motto “il sesso è per Gesù”. Il fondatore reverendo David Brandt Berg giunse nel 1974 a teorizzare la “pesca amorosa”, inducendo le donne della setta (dette “bambine”) a prostituirsi per fare proseliti. La setta esiste ancora e ha 10mila adepti sparsi nel mondo.

Il sesso estremo dei flagellanti russi

L

THE ART ARCHIVE/MONDADORI PORTFOLIO

e sette che incoraggiavano più il sesso che la preghiera proliferarono anche in tempi più recenti ripescando riti pagani e, appunto, medioevali. Nel XIX secolo in Russia si diffuse la setta dei flagellanti (chlysty in russo, dal verbo “frustare”): vivevano in caverne, si frustavano con verghe e rami e avevano rapporti sessuali indiscriminati fino a essere disgustati dalle proprie stesse perversioni. Ciò avrebbe consentito di pentirsi meglio e di elevarsi verso la redenzione. Carisma magnetico. Fu accusato di appartenere a questa setta – forse soltanto per screditarlo – anche il monaco russo Rasputin (18691916). Considerato pazzo da molti, era solito dire che “senza peccato non c’è pentimento”. La seduzione era considerata fra i doveri spirituali, anzi sosteneva che giacendo con le donne le liberasse dai peccati. Di lui si dice fosse superdotato e che si abbandonasse a riti orgiastici con le novizie dei monasteri e dormisse con più donne in “sedute di felicità”. Nonostante la sua dubbia fama, Rasputin (sotto, fotografato a inizio ’900) grazie alle presunte capacità di guaritore e all’indubbio carisma divenne uno degli uomini più influenti della sua epoca, eminenza grigia alla corte dello zar Nicola II. Almeno finché una congiura di palazzo lo assassinò.

Tutti nudi nel giardino delle delizie Le figure nude del Giardino delle delizie di Hieronymus Bosch (1480-1490 circa) potrebbero essere un insegnamento per mettere in guardia dalle tentazioni carnali o, secondo alcune interpretazioni, una visione del Paradiso perduto. Altri vi vedono invece l’eco dell’eresia degli adamiti, secondo i quali la nudità era segno di purezza, e non di peccato.

prio al demonio. Diverse fonti antiche riportano che gli adepti del predicatore itinerante Teodosio, non senza essersi prima dedicati a un’orgia, mettevano poi al rogo il frutto di quelle unioni. Lo scrittore bizantino Michele Psello (XI secolo) racconta invece che i bambini venivano fatti a pezzi e il loro sangue bevuto. Esagerazioni, probabilmente, messe in giro per screditare quella che era considerata dalla Chiesa una setta eretica. Paradiso in terra. Altri documenti narrano di “incontri pazzi” in cui i bogomili e i pauliciani (altra setta eretica, questa volta armena) si riunivano in cantine e grotte. Qui portavano gruppi di ragazze e, spente le candele, si gettavano su di loro, facendo violenza e non di rado consumando rapporti incestuosi con sorelle e madri. Ancora nella prima metà del XIV secolo Lazaro, un monaco ex seguace dei bogomili, trovò dimora nei monasteri del

monte Athos (Grecia). Lì fondò una setta che, nell’isolamento del luogo, viveva senza nulla addosso in totale promiscuità fra uomini e donne. I seguaci di Lazaro, un po’ come quelli di Cirillo lo Scalzo, vivendo nudi si illudevano di essere nel Paradiso terrestre, nascosti nella vegetazione, nutrendosi dei frutti della terra. La chiesa di Roma e quella ortodossa condannarono i bogomili, bollandoli come eretici. Furono perciò oggetto di persecuzioni e processi sommari. Le accuse non si limitavano alle orge. Cosa ancor più grave per i tempi, li si accusava di sodomia, punita con il rogo dall’Inquisizione. E non è un caso se all’origine della parola “buggerare” – che significa “raggirare, fregare, truffare” e per estensione, un tempo, anche “sodomizzare” – ci sia il termine “bulgaro”. E proprio dalla Bulgaria proveniva Pop Bogomil, il fondatore dei bogomili. • Piero Pasini

BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

sette eretiche medioevali, riscoperte poi nell’800

PRIMO PIANO

PRECOLOMBIANI Sui vasi dei Mochica del Perù cadevano tutti i tabù sessuali

COSE DELL’ALTRO MONDO

LEEMAGE

Le abitudini più hard di Maya, Inca, antichi cinesi e giapponesi. Fino all’India del Kama Sutra

44

CINESI

BRIDGEMANART/ONDADORI PORTFOLIO

Vera perversione erano già nel X secolo i “loti d’oro”, ovvero i mini-piedi deformati delle donne

L’

osceno è negli occhi di chi guarda. E oscenità videro i colonizzatori spagnoli nei costumi sessuali delle civiltà precolombiane, quando le incontrarono per la prima volta nel XVI secolo. Anche perché quella di reprimere la libertà di queste genti, che sul sesso avevano molti meno tabù degli europei, fu una buona scusa per decimarli. Ma anche guardando il resto del mondo un occidentale avrebbe potuto trovare abitudini ai suoi occhi poco ortodosse: dai manuali del sesso in Cina (copiati anche dai giapponesi) all’India del Kama Sutra.

“Si congiungevano come bestie” Tornando al Sud America, i missionari giunti a convertire i “peccatori” raccontavano scandalizzati che i Maya dello Yucatán, i primi con cui i conquistadores entrarono in contatto, ammettevano e incoraggiavano l’omosessualità tra adolescenti maschi: lo scopo era evitare che finissero per sfogare i loro ardori con ragazze vergini, le compromettessero e fossero poi costretti a sposarle. Questo popolo accettava anche l’omosessualità tra adulti, a differenza di quanto avveniva tra gli Aztechi

della Valle del Messico, i più “bacchettoni” tra i precolombiani, e gli Inca del Perù, che la punivano invece con una morte inflitta in modo lento e crudele. Eppure anche gli Inca godevano della riprovazione spagnola. Il principe Garcilaso de la Vega, madre inca ma padre iberico, nei suoi Commentari regali (1609) scrisse che i suoi connazionali “si congiungevano nel coito come bestie, senza conoscere moglie propria, ma come capitava, e altri si accasavano a capriccio, persino con sorelle, figlie e madri. […] In altre province, le usanze erano le opposte e le madri vigilavano sulle figlie con grande oculatezza, e 45

BRIDGEMANART/ONDADORI PORTFOLIO

quando s’accordavano di dar loro marito lo facevano in pubblico [...] e le defloravano con le proprie mani, esibendo a tutti la testimonianza della loro buona vigilanza”. Poche chiacchiere e più pratica per i Mochica, una civiltà preincaica che abitò in Perù tra il I e il VII secolo: su molti dei loro vasi, coppie di amanti si adoperano con soddisfazione in rapporti anali od orali.

Esotici piaceri negli harem d’Oriente Neppure i cinesi amavano l’astinenza: tra il III secolo a.C. e il III secolo d.C., i mae-

GIAPPONESI Nelle loro stampe erotiche del ’600 non mancano contorti amplessi di gruppo

46

stri taoisti sostenevano che “se l’uomo può cavalcare dieci donne in una notte, tutto ciò è molto positivo”. “Fare nuvola e pioggia”, secondo loro, serviva a far interagire le forze cosmiche dello yang, il principio maschile, e dello yin, il principio femminile: l’unione delle due essenze creava un tipo di energia sessuale che donava essenza vitale (lo jing) sia all’uomo che alla donna. Ma l’uomo doveva fare attenzione: lo jing si disperdeva insieme al suo liquido seminale, quindi, per mantenersi in salute doveva praticare coiti interrotti e poligamia con 3, 9 o 11 donne per notte. Nel gruppo

andavano escluse le over 30 e preferite le vergini tra i 14 e i 19 anni, meglio se con i piedini minuscoli, malformati da strette e dolorosissime fasciature, segno di vera bellezza per i cinesi. I manuali del sesso del XVII secolo descrivevano con illustrazioni molto esplicite non solo 48 diversi modi di utilizzare questi poveri moncherini, i cosiddetti “loti d’oro”, per dare piacere al proprio partner, ma anche tutte le possibili posizioni dell’amore. Le stesse ritratte nelle antiche stampe erotiche cinesi, diffusesi intorno al V secolo a.C. ma diventate una moda nel periodo della dinastia Ming (1368-1644).

INDIANI

LEEMAGE

Si amavano seguendo il Kama Sutra e, a giudicare da certe sculture, avevano rapporti con animali

Da queste immagini i giapponesi trassero ispirazione per gli shunga, stampe e dipinti ai limiti del pornografico, smerciati clandestinamente nel Paese del Sol Levante tra il XVII e il XIX secolo, dove compaiono tra gli altri anche complicati amplessi a quattro.

Nella terra del Kama Sutra e del tantrismo Nell’antica India, la patria del Kama Sutra, rapporti arditi che a volte comprendevano anche gli animali furono scolpiti in modo realistico persino sulle pareti di al-

cuni templi. Il sesso di gruppo era praticato anche dagli Agorafanti, una setta di fanatici sessuali attiva in India nel ’600: dediti all’incesto, “curavano” le donne sterili costringendole a rapporti sessuali con i capi della setta. Le “dimissioni” avvenivano dopo un’orgia collettiva alla luce della Luna. C’era poi il versante “sesso sacro”, ovvero il lato spirituale della sessualità, molto presente nell’Oriente induista. Il fallo (lingam), simbolo del dio Shiva, e lo yoni, organo sessuale femminile associato alla di lui moglie Parvati, sono oggetto di vene-

razione ancora oggi. Lo stesso autore del trattato Kama Sutra, Vatsayana, avvisava: le 64 posizioni del sesso non erano tanto consigli per garantirsi un piacere più intenso bensì un modo per raggiungere, attraverso l’amplesso, l’estasi. E per la corrente mistica del tantrismo la coppia doveva puntare all’estasi in nome della Dea Madre, prolungando il più possibile l’amplesso e astenendosi dall’eiaculazione. Insomma, il sesso all’indiana, per quanto ai nostri occhi disinibito, ubbidiva a severe leggi morali.  • Maria Leonarda Leone

47

PRIMO PIANO

FESTINI IN LAGUNA

SCALA

Nel ’700 Venezia divenne, complice il carnevale, la capitale del sesso libero. Lo testimoniano le avventure di Casanova e degli altri libertini

U

n allegro e vivace casino. Questa era la Venezia del Settecento. Con il culmine toccato negli ultimi anni di vita della Serenissima (caduta per mano napoleonica il 12 maggio 1797) e una coda nei primi due decenni dell’Ottocento. Non è un caso che la parola “casino” venga proprio da lì. I primi – già attivi nel ’500 – erano appunto piccole case il cui principale pregio era quello di esser calde d’inverno. I grandi palazzi nobiliari, con i soffitti alti fino a sei metri, erano impossibili da riscaldare, perciò i nobili veneziani adattarono alcuni piccoli appartamenti a luoghi dove trascorrere ore piacevoli e ricevere gli ami-

48

ci e le amiche. Il concetto di piacevolezza era piuttosto vasto: si cominciava conversando, si continuava giocando e si finiva – inevitabilmente, verrebbe da dire – a letto. Età d’oro. L’apice si raggiunse nella seconda metà del XVIII secolo, quando attorno a San Marco si contavano almeno 120 casini. E non erano una prerogativa esclusivamente maschile: anche le nobildonne avevano le loro case di piacere, come testimonia l’unico di questi eleganti appartamenti sopravvissuto fino ai nostri giorni. Si tratta di quello di Elena Priuli Venier, procuratessa e cioè la moglie di un procuratore, seconda carica della Serenissima dopo quella di doge. Costruito attorno al

Ti conosco mascherina Dettaglio del Ritorno del Bucintoro al Molo e al Palazzo del Doge, del Canaletto (1729). I due personaggi sono in maschera: a carnevale si usava per non farsi riconoscere e per “peccare” indisturbati. A sinistra, illustrazione di una delle conquiste descritte da Casanova nelle sue Memorie.

LUISA RICCIARINI/LEEMAGE

da

Lode alla mona

Cara mona, che in mezzo a do colone ti xe là messa, come un capitelo, per cupola ti gà do culatone, e ’l bus del cul de sora xe ’l to cielo. Perché t’adora tutte le persone ti stà coverta sotto un bianco velo, che, se qualcun te l’alza, e che t’espone, vittima sul to altar casca ogni oselo. Giorgio Baffo (1694-1768)

AISA/LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

Il prologo del piacere Il Minuetto di Tiepolo (1756): uomini e donne in maschera danzano a Venezia. Si iniziava conversando e giocando e poi molto spesso si finiva a letto.

I più ricchi visitatori stranieri potevano passare una notte di passione con una 1760, oggi è sede dell’Alliance française. Ogni tanto si tentava di limitare queste attività, come quando nel 1720 fu emanato un provvedimento contro il casino del patrizio Alvise Contarini, frequentato da venti gentildonne, ognuna delle quali poteva portare, oltre al marito, un altro uomo. Ma nulla cambiò, visto che i casini esistevano ancora quando lord Byron approdò a Venezia, nel 1816. Il poeta inglese vi trascorse lunghe e piacevoli ore, raccontando che nel 1818, durante il Carnevale – periodo nel quale è possibile girare in maschera, senza farsi riconoscere – davanti allo scannatoio di Santa Maria del Giglio si formava una coda di veneziane desiderose di verificare se la sua fama di superdotato fosse veritiera. Nell’alcova. La descrizione migliore di un casino ce la fornisce il libertino Giacomo Casanova, che cercava un luogo dove intrattenersi con la sua giovane e bella amante, la monaca MM, identificata con 50

la nobildonna Maria Morosini. Amante se, che si facevano notare per le immagini che Casanova dovette spartire con l’am- che vi erano dipinte: coppie di amanti nubasciatore francese François-Joachim de di che eccitavano i sensi con le loro pose Pierre de Bernis, poi ministro degli Esteri voluttuose. A destra e a sinistra, poltrondel suo Paese e infine cardinale. “Il casi- cine e sofà eleganti. C’era un’altra stanno si componeva di cinque stanze, ammo- za, ottagonale, tappezzata di specchi fin biliate con gusto squisito. Non v’era nul- sul pavimento e sul soffitto che riflettevala che non fosse fatto per la gioia dell’a- no gli oggetti in mille modi diversi. Quemore, della buona tavola e d’ogni sorta sto locale dava su un’alcova fornita di due di voluttà”, scrive Casanova. I cibi era- uscite segrete che immettevano in un gabinetto e in un salottino inno serviti attraverso una timo con bagno e stanzifinestra cieca, aperta nelno all’inglese. Sui tavoli si la parete, interamente ocpotevano trovare stampe cupata da un portavivana soggetto erotico e poesie de girevole, così i padrotipo quelle composte da ni e i domestici non poteGiorgio Baffo, la cui Lode vano vedersi. Il casino si alla mona (la trovate nelLa stanza era adorna di componeva di le pagine precedenti) è sospecchi, lampadari, di uno lo la più famosa. splendido trumeau sistecinque stanze, mato sopra un caminetto galeotta. Ma ammobiliate con seGciondola di marmo bianco con matsi voleva appartare, tonelle di porcellana cinela Venezia settecentesca gusto squisito

SCALA

Liberi di tradire

nobile veneziana. Ma il prezzo era spesso altissimo offriva anche altre soluzioni. La gondola, al tempo chiusa da una cabina detta felze, era la soluzione più gettonata. Mentre nell’isola della Giudecca, più o meno dove attualmente sorge il Molino Stucky, si trovava un esteso giardino in cui i ricchi veneziani tenevano delle piccole costruzioni che usavano come alcove. Si potevano affittare e c’era un sorvegliante che provvedeva ai bisogni delle coppie di amanti. Venezia era, dopo Parigi, la capitale del libertinismo europeo. E se in Francia c’erano principesse di sangue reale che di notte si travestivano da popolane e si prostituivano per provare l’ebbrezza dell’amore mercenario, Venezia non era da meno. Visitatori stranieri particolarmente ricchi potevano trascorrere una notte d’amore con una patrizia veneziana in cambio di una saccoccia di monete d’oro bella pesante. La cosa preoccupava gli inquisitori di Stato che intervenivano per impedire che gli stranieri, una volta tornati a casa,

narrassero di essere stati per denaro con una nobildonna veneziana. E non tanto per moralismo: a Venezia la sovranità risiedeva nelle famiglie patrizie, quindi andare a letto con una nobildonna significava, in qualche modo, portarsi a letto una frazione della sovranità nazionale. Di fatto, divieti o no, tutti facevano sesso con tutti, in un carnevale che durava 365 giorni l’anno. Anche gli amori gay non causavano problemi né troppa riprovazione. Un’altra morale. Oltre ai verbali dei processi che venivano istruiti quando si passava il segno (ma l’asticella, lo abbiamo visto, era parecchio in alto), le fonti più importanti per comprendere che cosa accadesse nella Venezia tra Settecento e Ottocento sono di nuovo gli scritti di Giacomo Casanova e di Byron. Dall’avventuriero veneziano veniamo a sapere, per esempio, che doveva essere piuttosto normale tentare di rimorchiare il predicatore in chiesa. Quando, da abate, pronun-

La lista di Giacomo

G

iacomo Casanova è un po’ come Marco Polo. Il mercante veneziano non era certo l’unico a esser stato in Cina, ma è il solo ad averne scritto; l’avventuriero non era di sicuro un’eccezione tra chi praticava il sesso seriale, ma è stato l’unico a lasciarci le sue memorie. Che però non si sa quanto siano attendibili. Ovvero: quante furono le amanti di Giacomo? Il catalogo è questo. I biografi di Casanova – lo scrittore Piero Chiara, scomparso nel 1986, è stato forse il più importante – si sono dati da fare a contare le sue conquiste e sono arrivati a quota 116. Un dato assai poco impressionante se suddiviso per gli anni di vita dell’avventuriero veneziano. Casanova, infatti, muore a 73 anni. Considerando che ha il suo primo rapporto completo a 18 e che nei quattordici anni di isolamento in Boemia dovette avere ben poche occasioni di accompagnarsi a qualche compiacente signora, significa che nei quattro decenni di vita sessuale attiva aveva totalizzato una media di tre donne all’anno, prostitute comprese. Da un Casanova ci si poteva aspettare di meglio. Una delle avventure di Casanova, nel segreto di una gondola.

SCALA

Un’altra illustrazione dalle Memorie di Casanova: l’avventuriero, che per alcuni biografi ebbe almeno 161 donne, lasciò descrizioni accurate della vita nei “casini” veneziani.

AGK/MONDADORI PORTFOLIO

Le avventure di De Sade in Italia

A

SCALA

nche il famigerato marchese De Sade, autore di opere dissacranti come Justine, o le disavventure della virtù, il seguito Juliette e Le 120 giornate di Sodoma, transitò e soggiornò in Italia negli anni hard del libertinismo. Il “divin marchese” si rifugiò nel Bel Paese dopo l’ennesimo scandalo. Aveva 35 anni e un curriculum di tutto rispetto: una condanna a morte in contumacia per avvelenamento (forse ingiusta) e sodomia, e un’evasione. Amorale. In Viaggio in Italia raccontò il Paese che incontrò: splendido nella sua arte, ma disgustoso nei suoi costumi, specie in quelli della Santa Sede. Il marchese partecipò ovunque, nel nostro Paese, a orge e avventure. Incontrò un francese, amico di Casanova, e divenne amante della di lui moglie, già “apprezzata” da uomini illustri della corte di Napoli. Ma sedusse anche fiorentine – descritte impietosamente come sporche e grasse – e aristocratiche romane e napoletane. Molte di queste esperienze ispireranno i suoi racconti, inclusa la scena (del tutto inventata) di Juliette sodomizzata in San Pietro.  (g. r.) Il “divin marchese” nel boudoir con un’amante già legata (incisione del XIX secolo).

52

Tutto è permesso Il pagliaccio innamorato, di Tiepolo (1793). Nel periodo del Carnevale (e non solo in quello) la Serenissima era la città preferita dai libertini d’Europa.

Non ci si scandalizzava neppure davanti ai rapporti multipli. E siccome gli amanti erano i mariti delle altre, tutti sapevano di tutti ciò la sua prima predica nella chiesa di dina in gondoleta” della canzone) e a San Samuele, Casanova ricevette un muc- Isabella Teotochi Albrizzi: entrambe tichio di biglietti delle fedeli, con richieste tolari di salotti letterari ed amatrici seriali. La seconda è nota per aver “iniziadi appuntamenti. Gli amori multipli del resto non doveva- to” un imberbe Ugo Foscolo e per esseno essere infrequenti, tanto che Casanova re stata amante di Vivant Denon, il fona Venezia ebbe la sua prima esperienza datore del Louvre, in epoca napoleonica. con due sorelle, Nanette e Marton. Quan- La Benzon, invece, è stata una fra le tanto a Byron, spiegò che tutte le veneziane te ad apprezzare le doti di Byron. Cecilia Zen Tron, che dava più scanavevano svariati amanti, meno di 5 non erano neanche da prendere in considera- dalo per gli abiti maschili che per il nuzione, oltre i 20 non si contavano più. Na- mero dei suoi amanti, è passata infine turalmente gli amanti erano mariti di altre, alla Storia per un epigramma. La sua quindi tutti sapevano tutto di tutti. Il poeta famiglia aveva un palco privato al teatro di San Beneto. La noinglese specificò che l’abildonna lo affittò al fimore libero non era escluglio della zarina Caterisiva dei nobili. Una delle na II, in visita a Venezia sue “morose” veneziane nel 1782. Il prezzo era coera una popolana, moglie sì alto che nel teatro comdi un fornaio. E non si parve un biglietto anoniera affatto preoccupata di Le veneziane mo: “E brava la Trona passare dal letto del maavevano non che vende il palco più caro rito a quello dell’amante. de la mona”. Al che lei riAnche le donne, dunque, meno di 5 spose: “La Trona, la moerano libertine. amanti. Oltre 20 na, la dona”. Basti pensare a Marina • Benzon Querini (la “bionAlessandro Marzo Magno non si contavano

presenta

LA STORIA DA LEGGERE

LI



BRO

,99

9

TIRANNI LE VITE DEI DESPOTI PIÙ POTENTI E CRUDELI DI TUTTI I TEMPI. Cenare in mezzo ai nemici impalati mentre si contorcono dal dolore, oppure far frustare il mare per la sua disobbedienza. Proclamarsi tredicesimo apostolo della Chiesa o provocare la morte di milioni di connazionali. Da Vlad “l’Impalatore” al re dei re Serse, dal nero Bokassa al “rosso” Pol Pot, solo i veri tiranni possono mostrare la volontà di ferro, il vanaglorioso egoismo e lo spietato abuso di potere necessari per realizzare qualsiasi cosa bramino, a prescindere da quanto possa essere terrificante o scellerata. Clive Foss descrive la vita di cinquanta tra i più brutali despoti mai esistiti e, muovendosi tra avidità, corruzione, follia, vanità, sadismo e terrore, mostra in tutta la sua spietatezza ciò che è stata e che continua a essere la piaga della disumanità dell’uomo sull’uomo.

NON PERDERE I PROSSIMI APPROFONDIMENTI. CHIEDI IN EDICOLA I LIBRI DI FOCUS STORIA!

PRIMO PIANO

Dal Medioevo fino al XX secolo preti, frati, suore, vescovi, e persino alcuni papi hanno ceduto alle tentazioni del sesso

Seduzione storica Fra’ Filippo Lippi e Lucrezia Buti in un dipinto di Gabriele Carmagnola. Lucrezia era una giovane monacata a forza: fu rapita dal frate e da lui ebbe un figlio, il pittore Filippino Lippi. Il legame destò scandalo nella Firenze di metà ’400. Nell’altra pagina, disegno satirico anticlericale, pubblicato su un giornale francese del XIX secolo. 54

BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO (2)

SCANDALI IN CONVENTO Q

uello più celebre sicuramente riguarda “La Signora”, l’affascinante e peccaminosa Monaca di Monza dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, che ha ispirato libri, film, dipinti e fumetti, tra ricostruzioni storiche e interpretazioni pruriginose. Ma nel corso dei secoli si è sviluppata

un’abbondante produzione storico-letteraria su amori illeciti nei conventi, molti dei quali riconducibili a fatti reali. Gli scandali che coinvolgono religiosi hanno sempre sollevato indignazione, ma anche esercitato un certo fascino sull’opinione pubblica. E appunto sugli uomini di lettere. Giovanni Verga nella sua Storia di una capi-

55

Le “famigliole del clero” nell’Urbe

S



i non caste, tamen caute” (“se non castamente, almeno con cautela”): era questa la regola seguita da sacerdoti e vescovi che continuarono nei secoli a mettere su famiglia, nonostante i richiami di papi e predicatori alla castità (requisito fondamentale, fin dalle origini del cristianesimo, insieme al celibato). L’importante era non dare scandalo e non vivere con le compagne o i figli. Del resto prima del Mille ci furono persino pontefici contrari a celibato e castità, come Adriano II. Ostinato. Divenuto papa nell’867, Adriano non aveva nessuna intenzione di separarsi dalla moglie Stefania e dalla figlia e riservò loro un’ala del palazzo del Laterano. Ma i suoi nemici decisero di colpirlo negli affetti più cari. Moglie e figlia furono rapite e i cadaveri decapitati furono ritrovati appesi sotto un ponte sul Tevere. Forse per il dolore, forse perché convinto di essere stato punito per la lussuria, Adriano divenne un sostenitore di castità e celibato. Norme che però rimasero spesso disattese prima del Concilio di Trento (1545-1563), che le rese obbligatorie per tutto il clero.  (r. r.)

Per denaro, non per fede Una religiosa persa nei suoi pensieri, in un quadro dell’Ottocento francese. Molte giovani donne erano obbligate a consacrarsi senza vocazione, per preservare il patrimonio di famiglia.

Così fan tutte? Una monaca si toglie il corsetto e mostra il seno in una stampa del tardo XVIII secolo.

56

In un celebre processo una nera (1870-1871) narra l’amore impossibile di Maria, costretta come un uccello in gabbia alla vita monastica, per il giovane Nino: una passione che la porterà alla follia e alla morte. Il libro rievoca l’innamoramento dell’autore per una giovane educanda del monastero in cui era suora sua zia. Realmente accaduta è anche la vicenda cui si ispira Denis Diderot nel libro La monaca (uscito postumo nel 1796), in cui la ribelle Suzanne, rinchiusa in convento contro la propria volontà, racconta le violenze subite e le molestie sessuali a opera di una superiora. E ancora: esplicito è il titolo L’inferno monacale, di Arcangela Tarabotti, monaca e scrittrice della prima metà del Seicento, anch’essa condannata alla vita claustrale. La sua condizione non le impedì di pub-

Alessandro VI, il papa libertino

Da Storia di una capinera ai Promessi sposi, la letteratura ha raccontato vocazioni forzate e trasgressioni

suora accusò le consorelle di iniziazioni saffiche blicare libri e avere frequentazioni, seppure dietro la grata, con intellettuali, politici e dame influenti del tempo. In effetti all’epoca, a Venezia e non solo, i parlatori dei conventi somigliavano a salotti ed erano spesso frequentati dai cosiddetti “monachini”, gentiluomini che con vari pretesti visitavano le monache per corteggiarle. Sesso e inquisizione. Alcune vicende, invece, più che le pagine dei romanzi finirono per riempire carte processuali. Basti pensare al polverone sollevato dalla principessa Katharina von Hohenzollern. Lo scandalo, nella Roma di metà Ottocento, sfociò in un processo presso il tribunale della Santa Inquisizione, nonostante i tentativi della Chiesa di soffocarlo. Questi i fatti: entrata in monastero di propria volontà, dopo una vita come moglie e ma-

dre, la nobildonna, influente e vicina ad alti prelati e al papa stesso (Pio IX), lanciò varie accuse alle consorelle. Compreso il tentativo di avvelenarla per farla tacere su ciò che di turpe accadeva nel convento di Sant’Ambrogio. Ma che cosa accadeva, esattamente? Le monache veneravano come santa, anche dopo la sua morte, una badessa già condannata dall’Inquisizione per “affettata (cioè falsa, simulata, ndr) santità”; si celebravano riti d’iniziazione saffica; la giovane e bella madre vicaria andava in (finte) estasi, aveva le visioni e di queste si serviva per manipolare le persone, seduceva le novizie e intratteneva rapporti “biblici” con un esterno e con un gesuita. I padri confessori sapevano, si prestavano al gioco e tacevano. C’erano tutti gli ingre-

el Rinascimento i piaceri della carne riempivano le giornate di molti alti prelati. Come dimostra la vicenda del cardinale Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI. Nipote di papa Callisto III, il cardinale viveva tra feste e banchetti, circondato da musici, teatranti e cortigiane. Rodrigo (sotto, un ritratto) aveva un debole per le belle dame e le attirava come una calamita. Impossibile contare le sue amanti, anche se era uomo da metter su famiglia, ma a modo suo. Le “mogli”. La sua prima compagna fu Vannozza Cattanei, conosciuta nel 1466 e rimasta al suo fianco fino al 1489. Da lei il Borgia ebbe diversi figli, tra cui i celeberrimi Cesare e Lucrezia, anche se per salvare le apparenze fece sposare ben tre volte Vannozza con mariti di comodo. Il tutto durò fino a quando Rodrigo conobbe la bellissima e giovanissima Giulia Farnese (19 anni lei, 58 lui). Se ne innamorò tanto da volerla accanto anche divenuto papa, minacciandola di scomunica se lo avesse lasciato. Giulia divenne così potente da essere soprannominata la “sposa di Cristo” e diede inizio alle fortune della sua casata. Vannozza invece con il denaro della buonuscita si comprò una locanda, a Campo dei Fiori, che i romani ribattezzarono “Locanda della vacca”.  (r. r.)

SCALA

BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO (2)

N

C

ittà santa ma anche luogo di postriboli e salotti compiacenti: questa era la Roma del Cinquecento. In pieno Rinascimento le prostitute erano circa 7mila su 50mila abitanti. Nel 1566 Pio V decise di cacciarle, ma dovette desistere perché tra meretrici e protettori se ne sarebbero dovuti andare in 25mila. Meglio, si pensò, regolamentare e far pagare le tasse. Le prostitute vennero chiamate “donne curiali”, perché dipendevano dalla Curia che rilasciava licenze per l’esercizio della professione e incassava parte degli introiti: con essi i papi finanziarono opere pubbliche come il Borgo Pio e il restauro del Ponte Santa Maria. Cortigiane. Tra le donne curiali, erano ricercatissime le “onorate puttane”, le cortigiane: brillanti e colte conversatrici, amanti della musica e della poesia, maestre nei piaceri. La loro vita era un costante contendersi i favori dei potenti e si sfidavano a colpi di lusso anche alle messe nella chiesa a loro riservata, la Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio. Arrivavano con paggi e fantesche al seguito e si schieravano nelle prime file, per non distrarre i fedeli. Accorgimenti che non diminuivano la calca di ammiratori. (r. r.)

ROYAL COLLECTION / BRIDGEMAN IMAGES / MONDADORI PORTFOLIO

Roma e le sue tante prostitute

Visti dai nordeuropei Frati in un convento di suore, in un quadro dell’olandese Pieter Aertsen (1508-1575): cibo in abbondanza sulla tavola e “coccole” dalla giovane suora.

Sotto le vesti, il diavolo In una stampa francese di inizio ’700, il gesuita Jean Baptiste Girard bacia la mistica Marie-Catherine Cadière, che andava spesso a trovare e aveva sedotto. Lei poi finì accusata di stregoneria in un celebre processo.

BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

Nel 1907 si parlò di orge dienti per uno scandalo che infatti coinvolse novizie, badesse e alte gerarchie ecclesiastiche. Come finì? I colpevoli vennero condannati, anche se non sempre con giustizia e severità. Anzi, i “pezzi grossi” la passarono liscia. La sentenza non fu resa pubblica, né si seppero i nomi degli inquisiti, ma la stampa liberale dell’epoca venne a conoscenza del fattaccio e ne riferì ampiamente. Dietro allo scandalo e dietro al processo che ne seguì c’erano, però, non tanto questioni e motivazioni morali, quanto lotte tra correnti teologiche e di politica ecclesiastica. La stampa liberale, d’altra parte, poteva sfruttare l’affaire in funzione antipapale: non dimentichiamo che il potere temporale del papa ostacolava l’unificazione italiana. Ma questa è un’altra storia. Complotti? Notizie di scandali in seno alla Chiesa trovarono terreno fertile, in Italia e in Europa, negli ambienti anticlerica-

Quando i peccati dei religiosi finivano in tribunale, i pezzi grossi la passavano liscia e le punizioni non erano severe

li dell’inizio del XX secolo. Nel 1907 la vicenda del collegio salesiano Don Bosco di Varazze (chiuso di recente) fece scoppiare violenze e moti contro la Chiesa che la stampa socialista sfruttò a dovere. Un giovane collegiale di ottima famiglia francese denunciò messe nere, orge tra frati, suore di un convento vicino e giovani convittori. In effetti, su alcuni ragazzi furono trovate tracce di sevizie e più d’uno dei religiosi incriminati fece perdere le proprie tracce. Sempre in quegli anni non mancarono altri episodi scabrosi a Torino, Milano, Brescia, Verbania. Tutti contribuirono ad alimentare fantasie su complotti massonici, sempre in funzione anticlericale. Ma tra le mura dei conventi si nascondevano davvero tante sconcezze? Il problema era reale, e nascondeva una questione sociale. Sì, perché in passato vestire l’abito monacale era sovente una scelta obbligata, dovuta più a ragio-

I

decenni immediatamente precedenti il Mille furono un periodo oscuro di lotte tra le famiglie patrizie romane: i papi finivano trucidati come era accaduto agli imperatori romani. A dominare la scena di quel tempo furono due donne: Teodora e Marozia, madre e figlia. Meretricio. Teodora, descritta dal vescovo Liutprando come una “sfacciata meretrice che giaceva con prelati e cardinali per governare e ottenere favori”, iniziò appoggiando il colpo di Stato con cui Sergio III divenne papa al posto di Leone V e per controllarlo meglio gli mise al fianco la figlia Marozia. I pontefici erano marionette nelle loro mani. Chi si ribellava, come Giovanni X (914-928), prima amante di Teodora, poi suo nemico, finiva strangolato da sicari. Marozia riuscì a far eleggere papa Giovanni XI (931-936), nato dalla relazione con Sergio III. Ma Alberico II, suo figlio legittimo, la rinchiuse in convento e fece arrestare Giovanni XI, mettendo fine alla cosiddetta “pornocrazia”.  (r. r.)

All’attacco dei papi Papa Giovanni XI con Marozia in una stampa ottocentesca: Giovanni sarebbe nato da una relazione della donna con Sergio III.

SCALA

in un seminario italiano

La pornocrazia in San Pietro

59

Venga a prendere un tè da noi Il parlatorio delle monache di San Zaccaria, a Venezia, in un dipinto di Francesco Guardi del 1746: era un luogo con un’aria di grande mondanità.

Nel Rinascimento alcuni monasteri erano definiti “aperti”: ospitavano donne che volevano condurre una vita di fede senza prendere i voti ni economiche e sociali che a una sincera vocazione. Tutto ai maggiori. Era infatti a causa del cosiddetto maggiorasco (o maggiorascato) che molti figli di nobili erano destinati alla vita monastica, anche senza vocazione. Era un istituto di diritto successorio di origine spagnola e si affermò soprattutto nel XVI secolo. Il figlio maggiore ereditava l’intero patrimonio famigliare, mentre ai cadetti veniva imposta la carriera ecclesiastica o quella militare.

Alle femmine, se non si sposavano perché prive di dote, restava solo la prima alternativa. Divenne una consuetudine in uso fino al XIX secolo: praticata da molte nobili famiglie, era finalizzata a conservare integra la ricchezza del casato. Ma una dote era richiesta anche per entrare in convento: il governo veneziano, nel XVII secolo, arrivò a stabilirne l’ammontare. Ben sapendo che la maggior parte delle giovani prendevano i voti per forza, la Serenissima cercò di mitigare la regola degli ordini per rendere la vita più sopportabile, mentre la Chiesa la voleva rigida e severa. Così, teoria e pratica spesso non coincidevano. Le famiglie e la Chiesa, consapevoli delle monacazioni forzate, esercitavano pressioni sulle giovani infelici, perché a entrambi conveniva: il convento guadagnava con le doti, la famiglia manteneva intatti i be-

ni e si sbarazzava di una zitella da mantenere. Perciò, se in convento si cedeva a qualche peccato carnale, spesso si fingeva di non vedere. Trasgressione e pratiche illecite nei conventi erano del resto la norma nel Rinascimento: alcuni monasteri venivano chiamati “aperti” perché ospitavano anche donne che volevano condurre una vita religiosa senza prendere i voti: ma erano più simili a bordelli che a conventi. Per questo gli Statuti criminali di Genova (del 1576) prevedevano pene severe, compresa quella capitale, e multe per chi avesse rapporti sessuali con suore, o anche per chi entrasse in convento senza permesso. In caso di clausura, soprattutto, la “violazione” era considerata reato gravissimo. Con buona pace della Monaca di Monza e del suo amante. • Antonella Donzelli

Caro vescovo, ti scrivo (e denuncio)

Q

uesta lettera (firmata) fu inviata da un privato di Patti (Messina) a un vescovo. Oggi è solo parzialmente leggibile, ma la data dovrebbe essere 1892 (o 1792). Tra l’altro vi si legge: “Vi sono de’ Frati Riformati che vivono quasi pubblicamente concubinati”. E di un frate si dice che “vive con una tale detta la Mora, che ha molte volte partorito”.

60

SCALA

I parlatori dei conventi erano salotti e i gentiluomini che li frequentavano venivano detti “monachini”

I N O I Z O M E E L I V I WARS. RIV DELLE GRANDI . A I R O T S A L L E D BATTAGLIE

In questo numero tutte le battaglie combattute nel luogo più estremo e inospitale: il deserto. Dai persiani dispersi nel grande deserto egiziano fino alla missione “Desert Storm” in Iraq, passando per la lunga marcia di Alessandro Magno e la sconfitta di Rommel a El Alamein. In più: i reparti di eccellenza prussiani, reportage fotografici dal Vietnam, le uniformi del periodo napoleonico.

WARS. LA STORIA IN PRIMA LINEA Disponibile anche in versione digitale su:

Abbonati su: www.abbonamenti.it/wars

PRIMO PIANO

Da comune ad albergo Sul Monte Verità, nella Svizzera italiana, fu fondata una delle prime comuni d’Europa. Dopo qualche anno si trasformò in sanatorio e poi in un albergo (sotto e a sinistra).

A inizio ’900 un gruppo di naturisti fondò nella Svizzera italiana una comune: Monte Verità. Arrivati in cerca di una vita pura, alcuni vi scoprirono poi il sesso libero

Ritorno alla

S

NATURA

e vi parlassimo di un gruppo di amici dediti alla tintarella integrale su una collina del Lago Maggiore, non vi stupireste: siamo in estate, niente di strano. Ma se vi dicessimo che lo facevano oltre un secolo fa? Naturisti ad Ascona. I primi naturisti infatti, arrivarono all’inizio del ’900 a piedi da Monaco di Baviera, o almeno così si tramanda benché non ci siano testimonianze certe. Si stabilirono sul monte Monescia, sopra Ascona (nella Svizzera italiana), acquistarono i terreni e cominciarono una nuova vita. Fu quello il momento in cui in questo lembo del Canton Ticino prendeva avvio un esperimento epoca62

le: la cooperativa “vegetabiliana” (vegana) del Monte Verità (così si è cominciato a chiamare il monte dopo la nascita della comunità).«Non era certo un’esperienza di collettivismo o socialismo proletario», dice Andreas Schwab, curatore del complesso museale del Monte Verità. «I fondatori erano tutti borghesi, con un alto livello culturale e sociale, dei privilegiati. Per esempio Henri Oedenkoven, il finanziatore, apparteneva a una famiglia di industriali belgi». Insieme a lui, Ida Hofmann, pianista montenegrina; Lotte Hattemer, la ribelle e femminista figlia di un sindaco di Berlino; i fratelli Karl e Gusto (ex ufficiale) Gräser, transilvani.

Cambio vita. Indossato il bianco camicione, che chiamavano “la riforma”, le donne si tolsero il corsetto mentre gli uomini divennero “capelloni” ante litteram. Insieme, costruirono capanne di legno senza nessun comfort ma con tanta luce e aria, dedicandosi a coltivare orti e giardini. Per rilassarsi e ritemprarsi prendevano il sole nudi e salutavano l’astro nascente danzando. Normale che fossero guardati con sospetto dagli abitanti del posto, cattolici conservatori. «Questi liberi pensatori si guadagnarono l’appellativo di balabiòt (in dialetto lombardo, “balla nudo”). Ma tutto sommato erano tollerati». Chi erano, dunque, questi precursori delle comu-

In cerca di armonia

HARALD SZEEMANN/MONTEVERITÀ.ORG (3)

Sotto, uno degli ospiti di Monte Verità negli Anni ’20. A destra, un momento di vita comunitaria nella comune svizzera, negli Anni ’70.

Glossario NUDISTI Praticano il nudismo prevalentemente in zone balneari (ma non solo), senza particolari convinzioni sul rispetto della natura o sulla conduzione di una vita sana.

NATURISTI Per loro la nudità è parte di un modo di vivere in armonia con la natura (e inoltre ritengono che abbia effetti benefici sulla salute). I naturisti, oltre a praticare il nudismo, si alimentano con prodotti naturali (in genere sono vegetariani o vegani), praticano attività sportiva all’aria aperta, sono impegnati nella difesa dell’ambiente e nel rispetto del prossimo.

SMOOTH NATURISTI I “naturisti lisci” ritengono che il corpo non vada spogliato solo dai vestiti ma anche dai peli: sono dunque depilati dal collo in giù, e talvolta anche in forma più estrema (eliminano anche capelli e sopracciglia).

CRISTIANI NATURISTI Sostengono che il corpo umano sia la migliore creazione di Dio, e che quindi non ci sia motivo di nasconderlo. Partono dal presupposto che Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, prima di conoscere il peccato, erano nudi.

SCALA

TOPFREE Sono donne appartenenti a un movimento sociale che si è diffuso negli Stati Uniti e in Canada negli ultimi decenni. Reclamano la libertà di stare a petto nudo in tutti quei luoghi dove è permesso farlo agli uomini, come le spiagge, le piscine, i parchi. (m. e.) 63

Piccola storia del nudismo Anche se Greci e Romani praticavano lo sport completamente nudi, l’usanza scomparve con l’affermarsi del cristianesimo. La storia del nudismo è quindi relativamente recente: fu con la fine dell’800 che nell’isola tedesca di Sylt fu inaugurato il primo stabilimento balneare per nudisti. Nel 1906 Richard Ungewitter, autore del bestseller Die Nachheit (“La nudità”), fondò invece la prima associazione naturista, che affermava gli effetti benefici della nudità sul corpo e sulla mente. Il nudismo si affermò soprattutto dopo la Prima guerra mondiale, prendendo il nome di Fkk (Freikörperkultur , “cultura del corpo libero”), anche se il nazismo nel 1933 bandì il movimento. In Europa. Nel frattempo, e ancor più dopo la Seconda guerra mondiale, il nudismo si estese a gran parte dell’Europa, soprattutto in Francia, Inghilterra, Svezia, Croazia e Danimarca (dove ancora oggi le spiagge con l’obbligo del costume sono una minoranza). In Italia fece capolino soltanto alla fine degli Anni ’60, ma rimanendo un fenomeno nascosto e illegale. Era un reato contro la morale, depenalizzato solo alla fine degli Anni ’80. Storiche spiagge del naturismo italiano sono il lido di Dante, a Ravenna, e la spiaggia di Guvano a Corniglia, nelle Cinque Terre (La Spezia). (m. e.)

ni? Per rispondere dobbiamo fare un passo indietro. Più vicino alla natura. Alla fine del XIX secolo in Europa nacquero movimenti di rifiuto della società industriale e dell’urbanesimo: tra questi, la tedesca Lebensreform, la “Riforma della vita” ispirata alle idee del filosofo illuminista Rousseau. I fondatori della colonia ne erano appunto seguaci, e scelsero il Canton Ticino per il clima mite e i paesaggi lussureggianti, l’opposto della fredda e urbanizzata Germania. «I fondatori cercavano una vita diversa da quella in città», spiega Schwab. «Per loro, il contatto con la natura era un concetto fondamentale, perciò praticava-

no il naturismo sotto il sole». La nudità era parte di questo avvicinamento alla natura. «Per loro era l’individuo a dover cambiare, più che la società», precisa Schwab. I coloni presero le distanze dai partiti, dal capitalismo ma anche dal comunismo, cercando piuttosto una terza via, una sorta di “cristianesimo comunista”, o di “spiritualismo comunitario”. La loro scelta di vita era ispirata alle filosofie orientali e alla teosofia. Quest’ultima era una corrente di pensiero misticheggiante, molto in voga ai primi del Novecento, basata sulla meditazione e che credeva nella trasmigrazione delle anime. Nonostante le apparenze, i “nudisti di Ascona” erano piuttosto mo-

dall’anarchico Erich Mühsam, che per un periodo fu loro ospite e definì il posto “la repubblica dei senza patria”. «Questa prima fase utopistica durò un anno», prosegue Schwab. «Coltivare la terra non rendeva, sopravvivere era difficile. I fondatori cominciarono a litigare e alcuni se ne dovettero andare». Da luogo di accoglienza gratuito per tutti la colonia divenne un sanatorio a pagamento. Nome inquietante, ma da non confondere con gli ospizi montani per i tubercolotici. Qui soprattutto ci si rilassava, come nei moderni centri benessere. Fu allora che cominciarono ad arrivare i vip del tempo. Frequentò Monte Verità il

Ospiti famosi GETTY IMAGES (2)

ralisti: rifiutavano alcol, tabacco e droghe. Soprattutto, sottolinea Schwab, non praticavano, come molti mormoravano osservandoli da fuori, l’amore libero. Anche se non accettavano l’istituzione del matrimonio, preferivano fare coppia fissa. Belli dentro. Il ritorno alla natura significava anche una dieta adeguata alla purezza dello spirito: niente cibi animali, per loro. E da qui la scelta pionieristica di una dieta vegana, sulla quale a dire il vero non tutti erano d’accordo. “Mangiamo insalata, mangiamo insalata / mangiamo verdura a ogni portata. / Anche di frutta è ricca la dieta / di tutto il resto mangiare si vieta”, recita una poesia scritta nel 1905

ISADORA DUNCAN

Vita da nudisti CARL JUNG

Partecipanti alla prima Conferenza sul nudismo, a Londra nel 1934. A destra, due momenti importanti per i membri di Monte Verità: il contatto con la natura (sopra) e i riti comunitari (sotto).

HARALD SZEEMANN/MONTEVERITÀ.ORG (2)

IMAGNO/AUSTRIAN ARCHIVES (S)

Molte celebrità passarono di qui: la danzatrice Isadora Duncan, lo psicanalista Carl Jung, il pittore Paul Klee e lo scrittore Hermann Hesse

65

Abbigliamento comodo

HARALD SZEEMANN/MONTEVERITÀ.ORG

Le donne che risiedevano a Monte Verità avevano abbandonato i corsetti, tipici dell’epoca, per indossare larghi camicioni bianchi.

GETTY IMAGES (2)

Sul sesso c’era massima libertà, ma non è vero che praticavano l’amore libero per principio. La maggior parte dei seguaci faceva infatti coppia fissa

HERMANN HESSE

66

AKG-IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO

PAUL KLEE

Solo vegetali I menù erano rigorosamente vegetariani: il contatto con la natura doveva portare anche benefici per la salute.

celebre scrittore Hermann Hesse nel 1907, per disintossicarsi dall’alcol. «Si mangiavano cibi crudi ma a caro prezzo: si pagava di più che negli alberghi di Locarno, con l’eccezione del Grand Hotel», spiega Schwab. Non era l’unico paradosso della colonia: «I residenti furono tra i primi ad Ascona ad avere la corrente elettrica, a dispetto del ritorno alla natura». Insomma, dall’idealismo agli affari. Attrazione fatale. Il mix disinvolto di teosofia, naturismo, vegetarianismo, spiritualismo, principi di medicina naturale si rivelò una calamita per i personaggi più disparati. Vi giunsero anarchici come Kropotkin, intellettuali del calibro di Jung, politici comunisti e socialdemocratici, scrittori “libertini” come D.H. Lawrence (l’autore dello scandaloso libro L’amante di Lady Chatterly), poeti, star del balletto come le bellissime Mary Wigman e Isadora Duncan. E poi artisti: i pittori Jean Arp e Paul Klee. Forse perfino Lenin e Trotzkij, nel periodo dell’esilio svizzero. Del resto, le occasioni culturali, fra un bagno di sole integrale e l’altro, non mancavano. Su questa grande esperienza di libertà del corpo

e della mente non mancano però le ombre. Per esempio l’ambiguità di certe idee, esaltate poi anche dal nazismo. «La ricerca della purezza, il culto del corpo, il rifiuto delle imperfezioni e della malattia evocano l’idea nazista della razza pura», fa notare Schwab. Eredità. Nel 1920 i due fondatori, Oedenkoven e la sua compagna Hofmann, partirono per il Brasile per fondare una nuova colonia. La comunità di Ascona fu presa in gestione da tre artisti tedeschi e assunse una piega bohémienne e un po’ chiacchierata, con feste in maschera. Non potendo più sostenere le spese di manutenzione, nel 1926 il terreno fu venduto al barone von der Heydt, banchiere dell’ex imperatore tedesco Guglielmo II, che vi fece costruire un albergo in stile Bauhaus e sistemò la propria collezione d’arte nella casa Anatta (cioè “delle anime”), costruita da Oedenkoven in “stile teosofico”. Tuttavia l’esperienza del Monte Verità influenzò gli sviluppi sociali del ’900, quali l’emancipazione femminile e la rivoluzione sessuale degli Anni ’60.  • Giuliana Lomazzi

PRIMO PIANO

Sesso pubblico Una coppia di “figli dei fiori” (così vennero chiamati gli hippie in Italia) nel 1971. A destra, un bacio saffico durante il festival dell’Isola di Wight, dove spesso si assisteva a sesso “pubblico”.

BRIDGEMANART/MONDADORI PORTFOLIO

Nelle prime comuni hippie, nate negli Usa a metà degli Anni ’60, la libertà sessuale era la regola. E una forma di protesta

L’AMORE IN COMUNE 68

M

«

MAGNUM/CONTRASTO

ani che stimolavano se­ ni rotondi e capezzoli turgidi, sinuosi fondi­ schiena, mentre gocce di sudore brillavano sulla pelle e bocche si spalancavano in preda ad orgasmi esta­ tici. Tutto era avvolto in un’atmosfera di assoluta e tranquilla sensualità», così Bar­ bara Cramer, nel suo libro di memorie An Extraordinary Life, rievoca la vita a Sand­ stone, la prima comune per adulti in cui il sesso era esplicitamente incoraggiato e praticato. Nella grande sala, la Ballroom, come era stata ribattezzata, si era accolti da una palla di specchi appesa al soffitto, che illuminava i corpi nudi e aggroviglia­ ti di una dozzina di coppie. Il rifugio. Agente di una compagnia di assicurazioni in carriera, nel 1968 Cra­ mer aveva deciso di cambiare vita e fon­ dare con il marito John Williamson, ex ingegnere aeronautico diventato visiona­ rio del libero amore, la comune di Sandstone Retreat, in California. Erano sei et­ tari di pura bellezza con vista sulle mon­ tagne di Malibu e sul Pacifico, un rifugio dal consumismo nel mezzo dell’area bo­ schiva sulle colline del Topanga Canyon. «Era una comunità dove la mente, il cor­ po e la sessualità di una persona erano tutt’uno in un totale abbandono. Il suo dress code era la nudità integrale, mentre il mind set (l’atteggiamento mentale) l’ac­ cettazione di tutto ciò che era piacevole, sensuale e sessuale».

The Farm, un caso particolare

I

l buon funzionamento e la popolarità alimentata dai mass media porteranno la comune The Farm, nel Tennessee, a superare i 1.600 residenti con l’avvicinarsi degli anni Ottanta. Un record. Come molte altre, si fondava su cooperazione, egualitarismo, non violenza, agricoltura sostenibile e condivisione del reddito. Tuttavia, soprattutto agli inizi, la Farm aveva regole abbastanza anomale nel panorama hippie. La comunità si ispirava infatti al cristianesimo della prima ora, mixato con religioni orientali, sotto la guida del suo storico fondatore Stephen Gaskin. “Bacchettoni”. Nella Farm il matrimonio era sacro, anche se non come noi immaginiamo. Molti infatti praticavano il matrimonio “di gruppo” in cui era consentito scambiarsi il partner. Il controllo delle nascite era malvisto, l’aborto proibito e, come accadeva in molte comuni, l’educazione dei bambini era responsabilità dell’intera collettività. Le regole erano ferree: il sesso prematrimoniale era scoraggiato, e nella comune erano banditi alcool, tabacco e droghe, con l’eccezione della marijuana. Oggi The Farm esiste ancora, ma conta soltanto 150 abitanti.

A Sandstone potevano contare su molti avventori (paganti) del week end: trascorrevano il loro tempo libero a discutere e fare sesso di gruppo C’era un’unica regola da osservare: non nuocere a nessuno in alcun modo e non forzare nessuno a soddisfare i propri desideri. Quella nuova realtà fece subito discutere. Le celebrità cominciarono ad arrivare a frotte, per conoscere questo nuovo modo di stare insieme. «Offrivamo uno stile di vita così unico e allettante che in breve giornalisti e produttori televisivi chiesero a gran voce di rendere pubblico il nostro formidabile concetto di piacere sessuale condiviso senza gelosie o possessività». Per Barbara e John, poi noto come il “Messia del sesso”, era chiaro che la monogamia non era più in grado di appagare i bisogni affettivi e sessuali delle persone: impediva loro di vivere appieno la propria vita. Votati com’erano alla più totale libertà, sessualità e nudità restarono comunque una

scelta, come ogni altra cosa, per i membri della comune. Quest’ultima, nei momenti di maggior popolarità, oltre a una decina di coppie residenti, contava circa 500 soci paganti (240 dollari per l’adesione e 15 dollari al mese per il soggiorno). Comparivano nei fine settimana per stare insieme nudi, discutere, pranzare o giocare a scacchi, prendere il sole. Ovviamente molti cominciarono a frequentare Sand­stone anche per praticare lo scambio di partner e il sesso di gruppo. Nonostante il grande successo, però, gli introiti non furono mai sufficienti e agli inizi del 1973 l’esperimento finì. Una nuova famiglia. L’esperienza di Sandstone non fu certo un caso isolato. Era fiorita sulla scia della rivoluzione sessuale scoppiata in quegli anni. I giovani americani, etichettati dai mass media co-

CAMERA PRESS/CONTRASTO

Era uno stile di vita basato sul piacere sessuale condiviso. Senza gelosie né intenti possessivi

MAGNUM/CONTRASTO

Ritratto di “famiglia” A sinistra, il gruppo dei fondatori di Sandstone in una foto ufficiale del 1971. L’essere disinibiti, contrariamente ai propri genitori considerati repressi, per gli hippie voleva dire vivere la vita appieno. Sopra, una coppia balla al festival di Glastonbury (Gran Bretagna). Il festival di musica e danza, nato agli inizi del ’900, ebbe il suo apice negli Anni ’70, ma si tiene ancora oggi.

MAGNUM/CONTRASTO

Monogami aperti Le coppie delle comuni erano spesso “aperte” e anche l’educazione dei figli era ispirata alla massima libertà. Sotto, il dottor Alfred Kinsey, sessuologo autore del rapporto che svelò il “lato segreto” del sesso in America.

spostavano con un autobus dipinto, guidato da Neal Cassady, l’ispiratore del personaggio di Dean Moriarty, co-protagonista dei romanzi di Jack Kerouac. Del resto gli hippie erano eredi della libertà on the road esaltata dagli scrittori della beat generation fin dagli Anni ’50. Rivoluzione sessuale. Ma non era solo una questione di ideali. L’arrivo della pillola anticoncezionale, in vendita dal 1960, diede una mano al sesso libero. A casa dei giovani hippie, i genitori erano in allarme. Si scandalizzavano non solo per l’uso degli anticoncezionali, ma anche per i dati delle ricerche sul boom dei

rapporti tra persone dello stesso sesso, sull’adulterio e su abitudini sessuali particolari come il sadomasochismo. Ne parlò il celebre Rapporto Kinsey: l’America stava cambiando anche sotto le lenzuola e qualcuno ne rimase sconvolto. Lo slogan Free Love, preso a prestito dai riformatori radicali americani del secolo precedente, divenne una bandiera generazionale. I giovani delle comuni, però, andarono ben oltre. Non si trattava soltanto di scegliere liberamente il proprio partner, ma anche di non limitarsi più ad amare una sola persona e di avventurarsi alle frontiere del sesso. Persino chi sceglieva la monogamia (almeno sul piano sentimentale) si sentiva legittimato a sperimentare il sesso anche fuori dalla coppia. A incoraggiare il libe-

ULLSTEIN/ALINARI

me “hippie” (da hipster, termine che negli Anni ’40 indicava i bianchi appassionati di jazz), avevano iniziato a mettere in pratica il loro rifiuto sempre più radicale del modello di vita degli adulti. La comune, spiega Mario Maffi nel suo libro La cultura underground (Odoya), nasceva dalla volontà di abbandonare la famiglia tradizionale con i suoi rapporti circoscritti e le sue regole repressive. La vita in comunità era la risposta dei giovani di allora alla famiglia monogamica, borghese e patriarcale, che cominciava a dare evidenti segni di crisi. Alla base di queste esperienze c’erano la volontà di provare nuovi modi di rapportarsi tra adulti, una diversa concezione dell’educazione dei figli (che si pensava dovessero crescere più liberi), l’obiettivo di garantirsi l’autosufficienza economica. Insomma, tutto quello che in una parola si cominciò a definire controcultura e che doveva portare, nelle intenzioni dei suoi ideatori, a una “nuova rivoluzione americana”. C’è comune e comune. Le comuni erano però molto più variegate di quello che si potrebbe pensare. Ce n’erano di urbane e di rurali e persino di itineranti. I Merry Pranksters di San Francisco, per esempio, erano attori, musicisti e artisti, che si

Il Rapporto Kinsey negli Anni ’50 scandalizzò l’America con i suoi dati sulla diffusione di alcune abitudini sessuali 71

Sentimentali MAGNUM/CONTRASTO

Raduno hippie ad Aspen, (Colorado). La musica giocò un ruolo fondamentale e alcune comuni nacquero dall’incontro fra artisti.

Un’esperienza italiana: gli Elfi

S

ulle colline pistoiesi si trova una comune tutta nostrana: il Popolo degli Elfi, fondata negli Anni ’80 sulla scia delle comuni straniere che rifiutavano la famiglia tradizionale. Oggi gli Elfi contano una decina di villaggi sparsi nella vallata, distanti anche un’ora di cammino uno dall’altro e con un centinaio di membri in tutto. Ogni villaggio ha la sua autonomia. Nelle vecchie case di pietra ristrutturate da loro non ci sono corrente elettrica né gas e nemmeno le fognature. Per i bisogni fisiologici c’è il bosco e per chi vuole un po’ di privacy c’è la compost toilette (“bagno a secco”). Il mantenimento della comunità è affidato a piccoli orti e qualche mucca per il latte. Verso la modernità. I soldi, che servono per acquisti indispensabili come la benzina o la carne, li guadagnano facendo ogni tanto i pizzaioli a qualche festival. Ma negli ultimi decenni qualcosa è cambiato: i giovani usano Internet e alcune case hanno cominciato a mettere i pannelli fotovoltaici per l’illuminazione e per... caricare i telefonini. Per chiamare a raccolta tutti i membri, infatti, non usano più il corno ma il ben più comodo cellulare.  (f. c.) 72

Oltre alla libertà sessuale e a nuove tipologie di famiglia si sperimentarono forme di economia autosufficiente. Non sempre con successo ro amore erano del resto anche molti in- non aiutò i fan della vita in comune. Ma tellettuali. Come Wilhelm Reich, che tra la maggior parte dei giovani delle comul’altro coniò l’espressione “rivoluzione ni erano lì perché speravano davvero di sessuale”. Fuggito dai nazisti negli Usa costrui­rsi una vita diversa da quella dei alla fine degli Anni ’30, era uno psicana- loro genitori e nonni. lista austriaco che si era fatto conoscePer realizzare il loro sogno, quei rare per le sue teo­rie sul ruolo sociale della gazzi scelsero quasi sempre la campasessualità. Ovvero: oppressione sociale e gna. L’idea era dedicarsi all’agricolturepressione sessuale vanno a braccetto, ra secondo i princìpi del naturismo. Tra ergo la famiglia tradizionale è la culla del- le prime comuni rurali ci fu quella di la conservazione e la sua funzione princi- Drop City, sorta nel 1965 poco distante pale è quella di “laboratorio di ideo­logie da Trinidad, in Colorado. Il programma era ambizioso: costruire una nuova città autoritarie e strutture conservatrici”. sulle macerie della società Capelloni di campagna. tradizionale. Con queste premesse, era Due anni dopo, uno dei ovvio che le comuni ditanti autobus pitturati a ventassero fumo negli ocmotivi psichedelici arrichi per l’opinione pubbliNegli Anni vò sulle montagne di Sanca, che invocava periodicamente l’intervento della ’60 gli hippie ta Cruz, nei pressi di Holiday, in California. E qui polizia. Le consideravano viaggiavano si fermò: una cinquantina covi di drogati, pervertiti di persone si insediarono sessuali, criminali, psicosu pullman e un terreno scegliendo di patici. La folle violenza di si insediavano su vivere in casette di legno Charles Manson e della sua setta (v. riquadro a destra) fuori dalle città lungo un torrente.

CORBIS

Viaggi acidi Sopra, i Merry Pranksters mentre decorano con motivi psichedelici il loro autobus con cui giravano gli Stati Uniti. A destra, hippie inscenano una danza per favorire la meditazione. MAGNUM/CONTRASTO

Ben più imponente e organizzata era la carovana di decine di autobus e furgoni che nel 1971 partì da San Francisco con destinazione Tennessee, contea di Lewis. Qui fondarono The Farm (v. riquadro alla pagina precedente): 7 chilometri di terra su cui vivevano 300 persone. Sarà la comune hippie più grande di quel periodo, destinata a crescere anche quando le altre entrarono in crisi, a metà degli Anni ’70. I conti con la realtà. Alcuni gruppi presero una deriva religiosa o spiritualista. Una tipica novità fu l’importazione di pratiche di meditazione di discendenza buddista e induista, che (per esempio nel caso del tantrismo) coinvolgeva anche aspetti della vita sessuale. Le nuove forme del libero amore erano anche nuovi modi per mantenere l’armonia tra mente, corpo e anima a contatto con la natura. Il mix di orientalismo, neopaganesimo e recupero del cristianesimo originario (le cosiddette comunità dei Jesus Freaks) fu, tra l’altro, all’origine dei successivi movimenti new age. Ma c’erano anche dei lati “oscuri”, o per lo meno discutibili. Guru e santoni di vario tipo misero in piedi veri e propri culti della personalità, arrivando a plagiare i più fragili (e qualche volta ad abusare di loro). Le vere difficoltà arrivarono quando si trattò di fare i conti. Letteralmente. Se il sesso di gruppo e la convivenza di famiglie più che atipiche creavano infatti frizioni in qualche modo sanabili, mettere insieme il pranzo con la cena divenne per molti un problema insormontabile. Vivere di ciò che può dare la terra o allevando qualche animale, soprattutto per giovani di città senza esperienza agraria e poco abituati, come si dice, a “zappare la terra”, non era facile. E mettere in comune i beni era più difficile che farlo

con mariti e mogli. Così, a metà degli anni Settanta, molti di coloro che pensavano di aver trovato un modo per vivere in maniera “alternativa” realizzarono che quella nuova America era solo un sogno. Delle circa 1.600 comuni sorte negli Anni ’60 e ’70 (le ha censite lo storico Timothy Miller), le più durature furono proprio quelle che avevano un carattere religioso. Ma comunque poche sopravvis-

sero: solo un centinaio esistevano ancora dopo gli anni Ottanta. Tra le comuni rimaste attive la gran parte si è trasformata in quelli che oggi sono chiamati ecovillaggi e alcune sono ancora un’attrazione, con tanto di lunghe liste d’attesa. E questo nonostante molto sia cambiato rispetto al passato, non soltanto per quanto riguarda il sesso. • 

Gian Domenico Iachini

L

a più famigerata delle comuni, in realtà una setta succube del leader, fu la Family di Charles Manson (foto). Manson si era stabilito nella zona hippie di San Francisco nel 1967, con una ventina di seguaci, quasi tutte ragazze. Suonava la chitarra e sperava di fare carriera grazie all’amicizia con Dennis Wilson, membro dei Beach Boys. L’anno successivo, la Family si trasferì

in un ranch a nord di Los Angeles. Nella comune, che si manteneva con furti e rapine, si praticava sesso di gruppo, spesso sotto effetto di droghe. Apocalisse. L’insuccesso nella musica e le sue deliranti profezie di un’imminente guerra razziale negli Usa, confermate a suo dire da messaggi nascosti nelle canzoni dei Beatles, avrebbero condotto la setta verso l’epilogo sanguinario.

E la sera del 9 agosto 1969 si consumò un orrendo delitto. Alcuni membri della Family entrarono nella villa del regista Roman Polansky (che in quel momento era via), uccidendone la moglie, l’attrice Sharon Tate, incinta di 8 mesi, e 4 amici. Condannato a morte, Manson si vide commutare la pena all’ergastolo nel ’72, quando lo Stato della California sospese la pena capitale.

MONDADORI PORTFOLIO

La comune maledetta di Charles Manson

LA STORIA CHE NON HAI MAI LETTO

EDIZIONE DIGITALE INCLUSA

1 ANNO

1 ANNO

FOCUS STORIA

FOCUS STORIA

FOCUS STORIA COLLECTION4 NUMERI

FOCUS STORIA WARS 4 NUMERI

39,90 56

34,90

12 NUMERI edizione digitale inclusa

SCONTO



%

anziché € 86,40

anziché € 90,40

+ € 5,90 come contributo spese di spedizione per un totale di € 45,80 IVA inclusa anziché € 90,40

FINO A

a solo

SUPER SCONTO

60

%

+ € 5,90 come contributo spese di spedizione per un totale di € 40,80 IVA inclusa anziché € 86,40

FINO AL

OLTRE

DI SUPER SCONTO

DI GRANDE RISPARMIO

60% 50€

8

NUMERI GRATIS

Ogni mese Focus Storia ti accompagna alla scoperta degli eventi importanti e dei grandi personaggi che hanno segnato le epoche del passato. Lasciati conquistare dalle curiosità storiche e dai preziosi approfondimenti che, pagina dopo pagina, ti aprono la porta alla Storia. Scegli l’abbonamento che preferisci e risparmi fino al 60%! OGNI MESE COMODAMENTE A CASA TUA Ricevi puntualmente la tua rivista.

PREZZO BLOCCATO

Per tutto l’abbonamento ti assicuri Focus Storia senza aumenti di prezzo.

SODDISFATTI O RIMBORSATI Rimborso delle copie non ricevute in caso di disdetta.

EDIZIONE DIGITALE INCLUSA

Disponibile dal 1° giorno di uscita in edicola.

ABBONATI SUBITO! WWW.ABBONAMENTI.IT/R40261

INFORMATIVA AI SENSI DELL’ART. 13 DEL D.LGS. 196/03 La informiamo che la compilazione della cartolina di abbonamento autorizza Gruner+Jahr/Mondadori S.p.A., in qualità di Titolare del Trattamento, a dare seguito alla sua richiesta. Previo suo consenso espresso, lei autorizza l’uso dei suoi dati per: 1. finalità di marketing, attività promozionali e commerciali, consentendoci di inviarle materiale pubblicitario o effettuare attività di vendita diretta o comunicazioni commerciali interattive su prodotti, servizi ed altre attività di Gruner+Jahr/Mondadori S.p.A. e di società terze attraverso i canali di contatto che ci ha comunicato (i.e. telefono, e-mail, fax, SMS, mms); 2. comunicare ad altre aziende operanti nel settore editoriale, largo consumo e distribuzione, vendita a distanza, arredamento, telecomunicazioni, farmaceutico, finanziario, assicurativo, automobilistico, della politica e delle organizzazioni umanitarie e benefiche per le medesime finalità di cui ai punti 1 e 3. 3. utilizzare le Sue preferenze di acquisto per poter migliorare la nostra offerta ed offrirle un servizio personalizzato e di Suo gradimento. Il conferimento dei suoi dati per le finalità sopra riportate è facoltativo, la mancanza del suo consenso non pregiudicherà l’attivazione dell’abbonamento. Responsabile del trattamento è Press-di Distribuzione e Stampa Srl. Ulteriori informazioni sulle modalità del trattamento, sul nominativo del Titolare e del Responsabile del trattamento nonché sulle modalità di esercizio dei suoi diritti ex art. 7 Dlgs. 196/03, sono disponibili collegandosi al sito www.abbonamenti.it/privacygruner o scrivendo a questo indirizzo: Ufficio Privacy - Via Mondadori, 1 Segrate (Milano) 20090 - [email protected].

Compila e spedisci la cartolina allegata, è già affrancata. Oppure se preferisci, inviala tramite fax al n. 030.7772385

Lo sconto è computato sul prezzo di copertina al lordo di offerte promozionali edicola. La presente offerta, in conformità con l’art.45 e ss. del codice del consumo, è formulata da Gruner+Jahr/Mondadori S.p.A. Puoi recedere entro 14 giorni dalla ricezione del primo numero. Per maggiori informazioni visita www.abbonamenti.it/cgagruner



a solo

12 NUMERI edizione digitale inclusa

PRIMO PIANO

saperne di più

EROTISMO E LIBERTÀ Il sesso disinibito nell’antichità greca e romana, tra gli hippie, nelle religioni, al di là di pudori e tabù. Eros tiranno Giulia Sissa (Laterza) Prima dell’affermarsi del cristianesimo e del concetto di peccato, il mondo greco-romano conosceva infinite possibilità di vivere la sessualità. Una delle studiose più autorevoli ci conduce nei territori del desiderio, del piacere e del corpo dall’antichità fino alle severe prescrizioni dei Padri della Chiesa. Tra sesso e castità Dag Oistein Endsjo (Odoya) Un viaggio fra dogmi e tabù nelle religioni del mondo, alla scoperta di come in molte culture sessualità e sacralità vadano a braccetto. E di come i tabù religiosi cambino nel tempo e nello spazio. Il vizio e la grazia Hubert Wolf (Mondadori) Gli atti del processo rivelano lo scandalo che nel 1859 travolse il monastero di Sant’Ambrogio, non lontano dal Vaticano. Ne emerge un

racconto di novizie vittime di abusi, padri confessori che somministrano benedizioni tramite baci assai poco casti, rapporti saffici, monache che sperimentano estasi misticosessuali, sparizioni misteriose e persino sospetti omicidi. L’amore è un dio Eva Cantarella (Feltrinelli) Eva Cantarella, autorità in materia di sessualità di Greci e Romani, ci aiuta a comprendere, grazie alle testimonianze letterarie, alle iscrizioni e alle leggi giunte fino a noi, il rapporto dei Greci con il sesso. Un rapporto assai diverso dal nostro e per certi versi molto più libero (soprattutto per gli uomini, meno per le donne). Amore e rivolta a tempo di rock Luca Pollini (No Reply) La storia del movimento hippie, che mise il pacifismo al centro della propria critica al sistema di valori occidentale e fece del libero amore un modo per tentare

Venere e Adone, di Luca Cambiaso (1527-1585).

(senza riuscirci) di innescare una rivoluzione nella società. Il libro ripercorre, tra storie, leggende e aneddoti, i quattro anni chiave del movimento hippie: dal 1965 al 1969. Secondo natura Eva Cantarella (Bur) L’omosessualità nel mondo antico non era tabù, anzi. Questo saggio, ormai classico e ancora attuale, ci spiega perché. Ricostruendo il rapporto fra amore, sesso e quotidianità attraverso fonti giuridiche, letteratura e testimonianze artistiche. Love Generation. L’amore al tempo degli hippie Carlo Masi (Castelvecchi) Il loro motto era “Fate l’amore e non la guerra”, e gli hippie degli Anni ’60 lo hanno messo in pratica, lanciando una campagna

di liberazione sessuale e di critica alla società i cui effetti si vedono ancora. Storia dell’oscenità Hugo Martínez de León (Odoya) Il senso del pudore è relativo, come tanti aspetti delle culture e delle civiltà. Questo libro ripercorre la storia di ciò che in passato è stato considerato, in materia di sesso, oltre i limiti della decenza. Memorie scritte da lui medesimo Giacomo Casanova (Garzanti) Le memorie di Casanova sono una carrellata di avventure nel Settecento libertino. Non vi si raccontano soltanto le avventure galanti del cavaliere veneziano, ma anche le rocambolesche fughe da mariti traditi e donne ingannate.

La Storia raccontata in queste pagine rivive anche in tv

A

nche questo mese History HD, il canale di Sky interamente dedicato alla Storia, approfondisce il tema in primo piano su questo numero di Focus Storia: il sesso libero attraverso i secoli. Sono due le epoche al centro dei documentari presentati: il cristianesimo delle origini e l’antichità romana. TI PRESENTO I ROMANI: VITA DA STRADA Questo episodio di una serie sulla vita quotidiana a Roma ci porta nelle vie della Suburra,

76

lontano dai palazzi dell’aristocrazia. I quartieri malfamati dell’Urbe rivelano il lato perverso (oltre che ai confini della criminalità) dell’antichità romana. Martedì 21 luglio, ore 17:00 IL SESSO E LA CHIESA La Chiesa è davvero al passo con i tempi? E quanto lo è stata nei secoli passati? Per rispondere (almeno riguardo agli aspetti dell’intimità nella coppia) bisogna indagare il rapporto tra il cristianesimo e la sessualità nel mondo oc-

cidentale ripercorrendo una storia cominciata oltre 2mila anni fa. Da mercoledì 29 a venerdì 31 luglio, ore 9:40 LA GRANDE BELLEZZA: TRA VIZI E PERVERSIONI La serie dedicata agli splendori di Roma si sofferma in questo episodio sugli eccessi (sessuali e non) degli imperatori. Il filmato ci condurrà tra le rovine del Palazzo del piacere, dove Tiberio organizzava i suoi festini. Mercoledì 26 agosto, ore 9:40

Tiberio, che aveva un Palazzo del piacere.

GAMMA-RAPHO/GETTY IMAGES

una foto un fatto

BAGHDAD (IRAQ) 17 GENNAIO 1991

78

Desert storm: la guerra alla tivù Agosto 1990: Saddam Hussein invade il Kuwait. Cinque mesi dopo l’Occidente bombarda Baghdad, in diretta televisiva.

P

Traccianti nella notte Notte fra il 17 e il 18 gennaio 1991: la flotta Usa lancia su Baghdad il primo di una lunga serie di attacchi missilistici. Queste immagini, trasmesse dalla Cnn americana, raggiunsero tutte le case.

rima guerra del Golfo, 1991. Ce n’è stata una seconda nel 2003, più lunga e devastante, ma nella memoria di molti di noi sono queste le immagini simbolo del conflitto tra lo “Stato canaglia” di Saddam Hussein e l’Occidente. Saddam, padrone dell’Iraq dal 1979, convinto che il piccolo Stato del Kuwait avesse fatto crollare i prezzi del suo petrolio nazionale, il 2 agosto 1990 invase l’emirato con 100mila uomini e 300 carri armati. La reazione degli Stati Uniti del presidente George Bush (padre), a capo di una coalizione di 30 Stati (Italia compresa), arrivò qualche mese dopo, legittimata da una risoluzione dell’Onu: nel gennaio del 1991 iniziò l’operazione militare culminata nell’invasione di terra chiamata Desert storm (Tempesta nel deserto).

Cnn live. Questa foto si riferisce al primo raid americano, avvenuto il 18 gennaio: le luci dei missili solcano la notte di Baghdad. Si tratta di un’immagine storica: per la prima volta un conflitto si poteva vedere in diretta, grazie alle telecamere della statunitense Cnn (unica emittente sul posto). Gli occidentali videro dalle loro case le scie, accompagnate dal commento del giornalista che seguì tutta la guerra, Peter Arnette. Dalla terrazza dell’Hotel Rasheed di Baghdad, Arnette fu il primo ad annunciare l’attacco americano (era l’unico con un telefono satellitare), mostrando alle proprie spalle i bagliori verdi dei traccianti. Arnette, in seguito unico giornalista autorizzato a rimanere sul posto, raccontò il conflitto per 42 giorni.  • Irene Merli

79

manuale per viaggiatori nel tempo A cura di Giorgio Albertini

Wilderness altomedioevale

Se all’improvviso veniste trasportati in un’epoca passata, per esempio nell’Europa di 1.200 anni fa, sapreste cavarvela? Sì, grazie a queste istruzioni per l’uso.

S

e volete immergervi nella natura, se amate le lunghe passeggiate a cavallo durante le quali lo sguardo spazia lontano, libero da (quasi) ogni segno di civiltà, la vostra destinazione perfetta sono i primi secoli del Medioevo (VX secolo). Gli spazi del continente europeo saranno a vostra disposizione, in un mare infinito di foreste che, dopo la caduta dell’Impero romano, si sono riappropriate di ampie porzioni di territorio. Non pensiate però che spostarsi in quella wilderness fosse facile. C’erano popoli in migrazione, eserciti in marcia, mercanti e pellegrini. E ognuno di loro aveva bisogno di mangiare e di riposare. Quindi gli incontri non erano sempre raccomandabili e trovare un tetto per passare la notte non era scontato. L’ospite è sacro. Per quanto fosse comune dormire sotto le stelle, capitava di dover chiedere ospitalità. Di solito gratui­ ta, visto che quella a pagamento, in locande o taverne, era diffusa nelle grandi città, con più di 10.000 abitanti. Stava nascendo in questi anni anche una nuova forma di ospitalità offerta dai religiosi negli hospitali o nelle foresterie dei monasteri. In questo contesto il vostro principale problema sarà, più che l’alloggio, il vitto: procurarselo necessita di un’attenta pianificazione, essendo impossibile comprare cibo per la maggior parte dell’itinerario. Portate dunque con voi una scorta di alimenti non deperibili: riso, cereali, carne secca, formaggio e frutta secca. • 80

1 Un bacile in rame vi sarà utile per cucinare

nelle vostre soste all’aperto.

2 Il tripode serve per sostenere il bacile

sul fuoco.

3 Una borraccia in terracotta,

per l’acqua.

4 Il corno si usa come calice

per bere.

5 Un acciarino sarà indispensabile,

per accendere il fuoco.

6 Un coltello fa parte del corredo

di tutti gli uomini medioevali.

7 Pettine d’osso. 8 Per la “toilette” si usavano ferretti

per pulire i denti e le orecchie. 9 Una coperta di lana. 10 Ascia, per la difesa e per fare la legna.

1

7 4

8

9 10

5

2

3

6

KIT DA VIAGGIO Fare un trekking nell’Alto Medioevo significa soprattutto viaggiare leggeri. Portate con voi i vostri abiti e queste poche cose.

Il cavallo è il mezzo di trasporto che vi consigliamo. Triplicherete i chilometri che riuscirete a coprire ogni giorno e non vi stancherete troppo. Non pensiate però di andare di fretta. Il galoppo sostenuto non è consigliabile, stremerà voi e il vostro cavallo inutilmente e, soprattutto, aumenterà le probabilità di incidenti, anche gravi, per i quali non ci sono medici.

Nell’Alto Medioevo la staffa era poco utilizzata: cavalcare quindi non è semplicissimo, anche se avete fatto una scuola di equitazione. Per quanto possiate essere allenati, non lo sarete mai abbastanza per sostenere molte ore in sella. Limitate i vostri spostamenti a massimo sei ore per giornata.

Ricordate che anche il cavallo ha le sue esigenze: vi consigliamo per questo di viaggiare accompagnati da qualcuno che se ne occupi professionalmente; una figura che in quei secoli veniva semplicemente definita “servo”, una sorta di scudiero.

Entrato in casa vi si chiederà di deporre le armi (si viaggia armati, se si è uomini liberi) e vi si offrirà da bere facendo un brindisi che renda sacro il vostro arrivo. Subito dopo vi verrà offerto un bagno e anche dei vestiti puliti così da potervi presentare a cena con un aspetto meno “polveroso”. Il padrone organizzerà una cena in vostro onore.

In un mondo dove la comunicazione e le notizie viaggiavano di bocca in bocca, avere un ospite straniero era una ventata di novità: saranno proprio le notizie che saprete dare il vostro “pagamento” per vitto e alloggio. Attenti al posto a tavola: più sarete vicino al padrone di casa, più vi verrà concessa fiducia e importanza.

Dopo cena vi verrà mostrato il letto, dove potrete finalmente riposarvi dalle fatiche del viaggio. Non vi offendete se vi viene offerto un pagliericcio; in quel caso la sistemazione del padrone di casa non sarà diversa dalla vostra. Come forma di benvenuto vi verrà probabilmente offerta la compagnia di una donna della casa.

Tra le genti altomedioevali il viandante era sacro e l’ospitalità gratuita era un dovere. Annunciatevi chiamando i padroni di casa e aspettate che arrivi il capofamiglia: vi accoglierà armato, per timore di essere di fronte a un brigante. Una volta presentato, il vostro ospite vi tenderà la mano (se gli andate a genio).

Non trattenetevi più di due o tre giorni. Al momento dei saluti, il padrone di casa vi restituirà gli abiti lavati e vi farà un regalo. Non ricambiate: potrebbe sembrare che vogliate pagare il disturbo, e lui si offenderebbe. Vi accompagnerà inoltre per un pezzo di strada e vi indicherà magari la casa di un parente per la tappa successiva.

domande & risposte Queste pagine sono aperte a soddisfare le curiosità dei lettori, purché i quesiti siano di interesse generale. Non si forniscono risposte private. Scrivete a Focus Storia, via Battistotti Sassi 11/a, 20133 Milano o all’e-mail [email protected]

Perché la Notte di san Lorenzo è associata alle stelle cadenti?

Perché il Colosseo si chiama così? Domanda posta da Camillo Costa.

Domanda posta da Valentina Russo.

GETTY IMAGES

Una “pioggia di stelle” il 10 agosto, notte di San Lorenzo (a destra).

T

ra il 17 luglio e il 24 agosto la Terra è investita dallo sciame della cometa Swift-Tuttle. I detriti rocciosi del corpo celeste entrano velocissimi nell’atmosfera e, fondendosi, producono scie luminose visibili a occhio nudo. Il fenomeno fu osservato per la prima volta dai cinesi nel 36 d.C., ma solo nel XIX

secolo si comprese che si ripeteva ogni anno in quel periodo. Leggende. Per spiegare l’insolito fenomeno, nel tempo sono nati miti come quello greco, secondo cui le scie ricordano il giorno in cui Zeus, si unì alla mortale Danae dandole un figlio, Perseo. Per i cattolici, invece, la pioggia di stelle

è associata a san Lorenzo diacono, festeggiato il 10 agosto, anniversario del martirio avvenuto durante le persecuzioni dell’imperatore Valeriano (nel 258). Le scie sarebbero le lacrime del santo o i carboni ardenti della graticola su cui, secondo la tradizione, fu arso vivo (anche se in realtà fu decapitato).  (g. l.)

Perché i pirati sono raffigurati spesso con la benda su un occhio?

Domanda posta da Sara Zampa.

D

i tutti gli indumenti che fanno parte del bagaglio iconografico del pirata dei Caraibi, la benda nera sull’occhio è di sicuro il più pittoresco. Ma anche il meno realistico. Vero è che la vita su un veliero del XVII-XVIII secolo era pericolosa e facilmente gli uomini di mare perdevano un occhio, anche a causa del sestante che richiedeva di guardare a lungo il sole, ma non erano certo tutti bendati. Visione notturna. L’ipotesi più fantasiosa è quella che vede i pirati indossare la benda durante 82

l’abbordaggio per toglierla sottocoperta, e avere così un occhio già abituato alla visione in penombra. L’improbabile tecnica sarebbe controproducente per i duelli all’arma bianca, dove serve una visione di profondità (che si ha solo utilizzando i due occhi). Insomma, sull’esistenza dell’occhio bendato dei pirati non ci sono prove storiche, si tratta di un mito popolare alimentato dai romanzi di Robert Louis Stevenson, dalle illustrazioni (come quelle di Howard Pyle) e adottato da Hollywood.  (g. z.)

L’attore David Niven nella serie tv Gli inafferrabili (1964-65).

Colosso di Roma Il Colosseo, è un anfiteatro “colossale”, ma il suo vero nome, quando fu inaugurato nell’80 d.C., era Anfiteatro Flavio.

inaugurato nell’80 d.C. dall’imperatore Tito (della dinastia flavia). Ma il suo appellativo attuale risale al Medio-

evo. Il “soprannome”, che si è poi diffuso fino a oscurare il nome orginale, deriva dal latino tardo colosseum, ossia “colossale”. A che cosa si riferisca però l’aggettivo non è chiaro. Probabilmente a una gigantesca statua di Nerone, alta pare 30 metri, che si trovava vicino all’anfiteatro e an-

data poi distrutta. O forse il termine è riferito alle dimensioni dell’arena stessa, la più grande del mondo tra quelle giunte fino a noi (poteva ospitare 50-70 mila spettatori). Nel Medioevo l’edificio doveva infatti apparire colossale rispetto alle piccole casette basse che lo circondavano.

Tempio diabolico. Naturalmente fiorirono anche leggende. Una di queste vuole che l’anfiteatro sia stato un tempio del diavolo. Per entrarvi si chiedeva: “Colis Eum?” (Adori Lui?, dove “lui” era il demonio). Da qui, secondo questa leggenda, il nome “Coliseum” e poi Colosseo. (f. c.)

SCALA

L

Flavio, que’ Anfiteatro sto il suo vero nome, fu

Chi ha inventato il frigorifero?

C

ome succede quasi sempre, anche all’invenzione del frigorifero hanno concorso, con i loro lampi di genio e i loro esperimenti, diverse persone. Il primo a brevettare qualcosa che aveva a che fare con la refrigerazione fu John Gorrie, medico della Florida, che mise a punto un apparecchio per rinfrescare le stanze di un ospedale per i malati di malaria, un protocondizionatore dell’aria. Lo brevettò nel 1850. Pericoloso. Il sistema di refrigerazione a vapore acqueo era nato. Ora bisognava poterlo utilizzare per i cibi deperibili. A questo pensarono due francesi, Charles

Tellier e Ferdinand Carré, che con i loro esperimenti resero possibile fabbricare il primo frigo servendosi dell’ammoniaca, che assorbe molto più calore del vapore acqueo. L’ammoniaca può però essere tossica e quindi fu poi sostituita dal “freon” prima, infine dall’isobutano. Nel 1876 grazie al frigorifique montato su un piroscafo fu trasportata una partita di carne dall’Argentina alla Francia. Era fatta: per conservare gli alimenti non si doveva più ricorrere alla salagione o all’essiccazione, che ne alterano il sapore. Ma per il primo frigo domestico si dovette aspettare il 1913.  (f. c.)

Un frigorifero negli Stati Uniti degli Anni ’40.

GETTY IMAGES (2)

Domanda posta da Roberto Santellani.

MEDIOEVO Alla porta del papa

AKG/MONDADORI PORTFOLIO

Enrico IV, nel cortile del castello di Matilde a Canossa (Reggio Emilia), chiede di incontrare papa Gregorio VII per chiedere la revoca della scomunica.

L’umiliazione di Enrico IV davanti al papa, nel 1077, fu solo una messa in scena? Secondo le ultime ricostruzioni, pare di sì

LA SCENEGGIATA DI 84

CANOSSA

N



La “comitissa” della trattativa Documento firmato da Matilde di Canossa, “comitissa” (contessa) e sostenitrice del papato nella lotta per le investiture. Nonostante il re Enrico IV fosse suo secondo cugino. 85

SCALA

oi non andremo a Canossa, né con il corpo né con lo spirito!”. Così disse il cancelliere di ferro Otto von Bismarck al parlamento tedesco. Era il 1872 e la Santa Sede non voleva riconoscere un suo ambasciatore, agitando lo spettro dell’umiliazione del potere politico inflitta dalla Chiesa sette secoli prima. Che cosa significhi “andare a Canossa”, oggi nel mondo lo sanno più o meno tutti. Ha il senso universale di presa d’atto della forza e delle ragioni dell’avversario, e anche di estrema umiliazione. Ma che cosa accadde effettivamente a Canossa nel 1077, quando, come scrisse il mo-

DEA/ALINARI

Lo scenario del confronto Le rovine del castello di Canossa, in provincia di Reggio Emilia, sull’Appennino. Qui nel 1077 Enrico IV incontrò papa Gregorio VII.

L’espressione “andare a Canossa” deriva in realtà da una frase pronunciata nell’Ottocento dal cancelliere tedesco Otto von Bismarck

86

naco di corte Donizone, “gennaio aveva portato più neve del solito e un freddo pungente e intenso”? Fu davvero la bruciante umiliazione di un re pentito davanti a un papa misericordioso? Trattativa a oltranza. Non tutte le fasi del­ l’incontro sono chiare. Ma è possibile distingue­ re, sulla base dei documenti, i fatti dalla costru­ zione semileggendaria che ne derivò e stabilire chi vinse davvero quel braccio di ferro. Il castello di Canossa, a 572 metri di altitudi­ ne sulla destra del fiume Enza, a circa 30 km da Reggio Emilia e ai tempi considerato inespugna­ bile, fu il teatro della disputa. Sulla scena, tre personaggi: Enrico IV (26 anni all’epoca dei fat­ ti), re di Germania; Gregorio VII (47 anni), pa­ pa riformatore; Matilde di Canossa (31 anni), di cui proprio quest’anno ricorrono i 900 anni dal­ la morte (avvenuta il 24 luglio 1115). Sullo sfon­ do, la lotta per le investiture, il duro confronto fra impero e Chiesa pro o contro la nomina dei vescovi da parte imperiale. Proprio per ristabi­ lire il primato della Chiesa, e per contenere le pretese di sacralità dello stesso imperatore, pa­ pa Gregorio aveva iniziato una riforma e sco­ municato Enrico IV. Un provvedimento grave: essendo fuori dalla Chiesa, anche il giuramento dei suoi vassalli non aveva più validità; il siste­ ma di potere di Enrico IV, erede al trono impe­ riale, stava crollando come un castello di carte.

Molti prìncipi tedeschi erano già con il papa, che si stava recando in Germania per presiede­ re la Dieta di Augusta, giudicare con loro il re scomunicato ed eleggere un successore. A quel punto Gregorio VII fu raggiunto dalla notizia che Enrico, attraversate le Alpi, gli stava venen­ do incontro nel territorio di Matilde. Vicina po­ liticamente alla Chiesa, Matilde ospitava in quei giorni il papa al sicuro nel suo castello di Canos­ sa. Dato che era anche cugina dell’imperatore, la Comitissa si attivò come mediatrice. Invitò il cugino scomunicato nell’altro suo castello di Bianello, a 10 km da Canossa. Lì Enrico trascor­ se alcuni giorni trattando attraverso il potentis­ simo abate Ugo di Cluny (suo padrino di battesi­ mo) e Adelaide di Torino: con Matilde facevano pazientemente la spola tra Canossa e Bianello. Il papa si mostrava intransigente: era dispo­ sto a concedere il perdono, ma a condizione che Enrico rimettesse nelle sue mani la coro­ na di Germania e si dichiarasse indegno di esse­ re re. Una richiesta irricevibile. L’imperatore era ormai deciso a girare i tacchi, ma tentò un’ulti­ ma mossa. La trattativa si spostò nella Cappella di San Nicola, nel vicino castello di Montezane. Enrico chiese all’abate di Cluny di farsi garan­ te, con un giuramento, del pentimento. Peccato che la regola cluniacense vietasse a Ugo i giura­ menti. Allora Enrico supplicò la cugina (Matil­

DE AGOSTINI/GETTY IMAGES

de) di fare lei da garante, promettendo di accettare il giudizio politico della Dieta. L’importante era il risultato: essere di nuovo accolto nel seno di Santa Madre Chiesa dal papa. Era un passaggio politico essenziale, visto che da scomunicato Enrico non avrebbe avuto speranze: mancava un mese alla definitiva espulsione dalla cristianità, essendo passato un anno (senza perdono) dalla scomunica. Partita a scacchi. Tornati a Canossa, Matilde e l’abate ottengono dal papa assicurazioni: se Enrico giurerà fedeltà, facendo anche penitenza, avrà il perdono. E qui inizia la parte tramandata dalla tradizione. La mattina del 25 gennaio un messo inviato da Matilde porta a Enrico la notizia. Il re si reca subito a Canossa con alcuni dignitari. Depone l’abito regale, indossa un saio a capo scoperto, scalzo nella neve. Trova aperta la porta della prima delle tre mura di cinta del castello. Ma quella delle seconde mura resta ostinatamente chiusa. Come in una partita a scacchi, il sovrano sa che deve aspettare la mossa dell’avversario e che non può più tornare indietro. Passano tre giorni. “A piedi nudi, sulla neve ghiacciata, da mattina a sera”, racconta Donizone, il biografo di Matilde (v. riquadro nella pagina seguente). La letteratura tedesca posteriore (protestante e anticattolica) parlerà di fiumi ghiacciati in un inverno rigidissimo. Tutto

Perché non si fece l’Italia

«M

atilde, la Magna Comitissa (a destra, in un dipinto del ’500), era una statista che avrebbe potuto fare nascere con i suoi vasti possedimenti il nucleo di uno Stato nazionale, così come avvenne in Germania o in Francia», afferma lo storico Paolo Golinelli. «Le terre da lei controllate occupavano gran parte dell’Italia Centro-settentrionale, dall’Alto Lazio al Lago di Garda e collegavano la costa tirrenica a quella adriatica». Non riuscì a formare lo Stato italiano per la crisi del feudalesimo e il sorgere delle autonomie cittadine. «Ma anche perché non ebbe una discendenza, requisito fondamentale per conservare principati, signorie, feudi. Inoltre, la sua fedeltà

al papato, fu una scelta “scomoda” per i tempi che correvano». Nemmeno il matrimonio combinato con Goffredo il Gobbo, figlio del padre adottivo, non funzionò. L’unica figlia morì dopo la nascita. Nozze di Stato. «All’età di 43 anni, Matilde si risposò per ragioni politiche con un giovane di 16, Guelfo di Baviera, nei pettegolezzi dell’epoca un impotente, che lasciò quasi subito», spiega Clementina Santi. Le malelingue avevano in passato indicato

in papa Gregorio VII il suo amante. «Sto traducendo con un gruppo di colleghi una raccolta di lettere dal latino di Matilde», rivela Santi, «e abbiamo scoperto che una figura poco nota le stava sempre vicino. Si chiamava Arduino della Palude. È presente anche in una miniatura dell’opera di Donizone». Morta a 69 anni, Matilde non si fece seppellire a Canossa, ma nel Monastero di San Benedetto in Polirone, confinante proprio con il feudo di Arduino.

I PROTAGONISTI DELLA CONTESA 2 ENRICO IV

Abate e padrino di Enrico IV, mediò, per intercessione della stessa Matilde, a favore di Enrico IV.

Futuro sovrano del Sacro romano impero, chiede a Matilde di intercedere per la revoca della scomunica.

3 MATILDE

Contessa, feudataria e marchesa, cugina di Enrico IV e sostenitrice della politica di papa Gregorio VII. BRIDGEMANART/MONDADORI PORTFOLIO

SCALA

1 UGO DA CLUNY

3 1

Eterni rivali

2

Gregorio VII (al centro, con la tiara) mentre tratta con i vescovi la seconda scomunica di Enrico IV. L’episodio è successivo ai fatti di Canossa. Dopo il primo tentativo di accordo si giunse infatti a un nuovo conflitto, culminato con la nomina di un antipapa da parte dell’imperatore. 87

Come finì tra Enrico e Matilde?

D

opo la sconfitta di Volta Mantovana e la perdita di Lucca, durante la guerra scatenata da Enrico IV contro il papa Matilde si arroccò nei suoi possedimenti dell’Appennino. Una volta espugnata Roma, l’imperatore risalì le terre della “comitissa” per

sottometterle in modo definitivo. Inaspettatamente, il suo assedio a Sorbara, nel Modenese, si tramutò in clamorosa vittoria di Matilde. Enrico ridiscese in Italia nel 1190 per saldare i conti con la cugina rimasta a fianco di papa Urbano, dopo la morte di Grego-

rio nel 1184. Mantova capitolò e lei fu costretta a trincerarsi ancora una volta nell’Appennino e a convocare nel settembre del 1192 un consiglio di fedelissimi nel castello di Carpineti. Lì prevalse l’opinione di uno sconosciuto eremita di nome Giovanni.

Vittoria. Con parole toccanti, rianimò i presenti e li convinse che si doveva continuare la guerra. Enrico IV tentò allora di espugnare Canossa. Fra Bianello e Canossa avvenne lo scontro finale. Una fitta nebbia confuse gli imperiali mentre i com-

battenti locali erano favoriti dalla conoscenza del territorio. Matilde ebbe la meglio ed Enrico si ritirò. Giunta nei boschi di Marola, Matilde come ringraziamento pose la prima pietra dell’abbazia romanica che lì fece edificare e che esiste ancora.

Fu una trattativa condotta con realismo politico, secondo i riti della diplomazia medioevale. E forse Enrico IV rientrava ogni sera a Bianello per ristorarsi

Summit alla medioevale

SCALA

Matilde di Canossa in una miniatura medioevale: secondo le ricostruzioni storiche la donna si offrì di mediare tra papa e imperatore, pur prendendo le difese della Chiesa.

88

vero? C’è di che dubitarne. «È probabile che il contesto non fosse così estremo», dice la latinista e storica reggiana Clementina Santi. «E che la sera il re tornasse a Bianello con i suoi a cavallo, per ristorarsi». Anche sui tre giorni di attesa non c’è accordo tra le fonti. Paolo Golinelli, medievista dell’Università di Verona, conferma: «Non fu una sottomissione, ma piuttosto una penitenza pubblica, secondo il rituale cristiano dell’epoca». Stallo. Iniziata la procedura di penitenza, Enrico IV non si poteva certo tirare indietro. Si sarebbe coperto di ridicolo. Ma forse il pontefi-

ce aveva un piano B: farlo stancare nell’attesa, senza negargli ufficialmente il perdono, nella speranza che tornasse sui suoi passi. Mossa che avrebbe comportato la sicura fine politica di Enrico. Donizone racconta che Matilde e gli altri membri della corte fecero pressioni sul papa, anche con suppliche e lacrime. La mattina di sabato 28 gennaio l’ultima porta del castello finalmente si aprì ed Enrico avanzò scalzo, in abito da penitente, gridando più volte “Perdonami, padre bea­to! O santo, perdonami, che te lo chiedo di tutto cuore!”. Spiega Golinelli: «Ci sono tutti gli ingredienti del rito di penitenza

Il Virgilio di Canossa

Quasi santa

pubblica, persino le suppliche dei mediatori». L’incontro faceva comunque parte delle mosse diplomatiche. «Fu organizzato come una pausa, un momento di tregua della lotta per le investiture. Situazione che dava respiro anche a Matilde, che da una parte doveva restare fedele al papa e dall’altra non poteva ignorare i legami politici e di parentela con il re di Germania». Insomma, si trattava di realismo politico, da entrambe le parti. E la mitizzazione successiva prese spunto proprio da quel rituale religioso ben codificato: il saio, i piedi scalzi, la posizione distesa e il bacio ai piedi del papa, le suppliche e i pianti dei presenti. «La cerimonia confermava gli accordi raggiunti grazie alla mediazione di Matilde», aggiunge Clementina Santi. «Ma non si può stabilire se l’assoluzione abbia avuto luogo prima o dopo la firma del testo di tali accordi, lo Jusiurandum Heinrici regis Theutonicorum». Nella lettera del papa ai prìncipi tedeschi, datata 28 gennaio, si legge: “Sciolto il vincolo dell’anatema, accogliemmo Enrico nella grazia e nella comunione e nel seno di Santa Madre Chiesa, ricevute da lui le assicurazioni scritte qui sotto”. Garanzie scritte. Le “assicurazioni” di Enrico (cioè la certificazione del suo pentimento) potrebbero essere arrivate persino prima dell’entrata del re nel castello. Secondo il cronachista Bertoldo di Reichenau pervennero al papa quando Enrico ancora non era giunto a Canossa. Ma in che cosa consistevano? Lo spiegano le clausole dello Jusiurandum: il re s’impegna a presentarsi alla Dieta, garantisce il libero transito del pontefice in qualsiasi parte della terra e dichiara che lo difenderà da ogni offesa e che

non farà nulla contro il suo onore. Lamberto da Hersfeld fornisce una versione ancora più precisa dei fatti: Enrico fu assolto dalla scomunica solo dopo un ulteriore scambio di pareri delle due parti su punti contenuti nello Jusiurandum. I cronisti dell’epoca sono invece tutti d’accordo sul fatto che alla fine Matilde offrì un banchetto. Ma c’era chi ancora remava contro. Colpo di mano. Donizone racconta che il re, dopo avere ottenuto il perdono, “andò fino a Reggio dove stava riunita la maligna congrega dei vescovi che temevano si facesse la pace […]. Sei giorni dopo il sovrano ritornò a Bianello con il cuore ricolmo d’inganni”. Il pontefice scese da Canossa con Matilde e lì incontrò ancora Enrico per predisporre un più articolato trattato di pace. “L’astuto sovrano parlò a lungo con il papa”, continua Donizone, “invitandolo a un nuovo incontro oltre il fiume Eridano; il papa accettò la proposta e anche Matilde approvò, ma ignoravano queste illustri persone le vere intenzioni del re”. Spiega Golinelli. «In effetti, passato il fiume e sulla via per la Germania, Matilde ebbe la notizia che Enrico stava preparando un’imboscata per arrestare lei e il papa. Fece marcia indietro portando in salvo il pontefice nel castello di Carpineti, dove il papa risiedette al sicuro per tre mesi dirigendo da lì gli affari della Chiesa. Vincitori e vinti. Ma allora, chi vinse a Canossa? «In realtà, vinse Enrico IV», afferma lo storico dell’Università di Firenze Franco Cardini. «Con il perdono lui si rimise in gioco. Circa due anni dopo, nel Concilio di Bressanone, fece deporre Gregorio VII ed eleggere un antipapa (Guiberto) con il nome di Clemente III». E chi fra i due poteri, Chiesa e impero, ebbe la meglio? «Le cose andarono nella direzione di togliere sacralità alla figura dell’imperatore», spiega Cardini, «e di rimuovere quell’alone divino che ostentavano i primi imperatori romani convertiti al cristianesimo, quelli bizantini e quelli del Sacro romano impero. Se dunque Gregorio ebbe la peggio in vita, la sua riforma continuò dopo la sua morte a produrre effetti, diventando un seme di modernità: cominciò la separazione fra potere spirituale e temporale, avviando un processo di secolarizzazione che porterà poi alla laicità occidentale. Se il potere politico ha perso sacralità lo dobbiamo proprio alle mosse di Gregorio». • Franco Capone

“P

SCALA

AKG/MONDADORI PORTFOLIO

La tomba di Matilde di Canossa (morta pare di gotta il 24 luglio 1115) a Roma, in San Pietro, dove fu traslata nel 1645: è opera di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680).

erché possan i posteri conoscere una donna sì grande”. È uno dei versi del prologo di Vita Mathildis, opera di poetica-encomiastica del monaco di corte Donizone, iniziata nel 1112 e in fase di rifinitura quando la contessa morì (sotto, una miniatura del manoscritto). In pratica, una sorta di racconto epico realizzato per impreziosire le origini e le azioni dei Canossa, due volumi di cui uno dedicato a Matilde. «Un racconto di parte, ma che si dimostra tale per le omissioni più che per le esagerazioni: non viene per esempio citata la figlia morta di Matilde, né accennati i suoi matrimoni falliti», spiega Clementina Santi. Omissioni. Inoltre non si dice che il nonno, Adalberto Atto, che costruì la rocca di Canossa, non era uno stinco di santo, avendo ottenuto molti suoi territori con violenze e intimidazioni. «Ma resta un documento di straordinaria importanza perché fu la stessa Matilde, pare, a dettare al monaco gli episodi salienti della storia della sua vita e della famiglia, quindi non dovrebbe contenere errori grossolani», spiega la ricercatrice. La Vita Mathildis raccoglie infatti le fasi più importanti di un grande principato descritto come se fosse un regno. «Ed è anche uno spaccato del potere esercitato da una donna nel Medioevo e della considerazione di Matilde per il mondo rurale e i suoi abitanti».

MEDITERRANEO

LA MAPPA

LE FLOTTE DELL’ARGENTO Fuori dal Mediterraneo, al largo delle coste spagnola meridionale e portoghese, si trovano molti relitti di galeoni dei secoli XVI-XVIII. Affondati nelle secche alla foce del fiume Guadalquivir nel Golfo di Cadice (scenario di dure battaglie), hanno trascinato sul fondale i loro tesori, soprattutto argento delle miniere americane.

ETÀ ANTICA Relitti del periodo dal 1000 a.C. al 1000 d.C.

MEDIOEVO E ETÀ MODERNA Relitti dal 1000 al 1900

NOVECENTO Relitti del XX secolo (esclusa la 2a guerra mondiale)

LIONE VENEZIA

FRANCIA 9

G o l f o d e l L e o n e

PORTOGALLO

10

SPAGNA

14

11

16

12 17

13

BARCELLONA

6

30 15

MARSIGLIA

7 TARRAGONA

ITALIA

GENOVA

8

29

19 18

5

20

ROMA

M A R T I R R E N O

CAGLIARI

4

21

ALICANTE

22 MALAGA

G o l f o d i C a d i c e

1

O C E A N O A T L A N T I C O

MAROCCO ono almeno 80 le navi colate a picco con un carico prezioso nel Mare Nostrum, in oltre 2.500 anni di navigazione e conflitti navali. Dai Fenici ai Greci, dalle Repubbliche marinare agli Ottomani, tutti hanno lasciato il loro “obo-

90

24

25

3

2

S

23

ALGERIA

ALLE COLONNE D’ERCOLE Le acque tra Gibilterra e l’Atlantico sono ricche di tesori sommersi: non navi antiche (che pure attraversarono lo stretto), bensì vascelli seisettecenteschi e navi del Novecento, molte affondate nei conflitti mondiali. A rendere insidiosa questa rotta erano soprattutto le correnti.

lo” sul fondo del Mediterraneo; oro, argento, monete, statue antiche. Le acque più ricche di relitti sono intorno alle isole dell’Adriatico, per secoli infestate dai pirati pronti ad assaltare le galee veneziane, l’Egeo per i venti impetuosi e lo Stretto di Gibilterra con le

TUNISI

TUNISIA

C a n a l e d i S i c i l i a

26

28 27

sue correnti insidiose. Altre zone “calde” sono Golfo del Leone, battuto dai venti del Nord, Dardanelli e Canale di Sicilia. Nella cartina i relitti sono distinti in 3 epoche. Nelle pagine seguenti trovate le informazioni dettagliate. • Aldo Carioli

DEI TESORI In oltre 2.500 anni di commerci e guerre, il Mediterraneo si è trasformato in uno scrigno di relitti: alcuni giacciono ancora sui fondali con i loro tesori, altri hanno restituito il prezioso carico

C r i m e a

31

M A R

SPALATO

CARTINA: VITTORIO SACCHI, FONTI: NIGLE PICKFORD, ATLANTE DEI TESORI SOMMERSI (DE AGOSTINI), WWW.WRECKSITE.EU

63 N E R O

32 33

NAPOLI

BULGARIA

M A R A D R I A T I C O

ALBANIA

TARANTO

34

SALONICCO

GRECIA

35

46 43 41

40

38

44

62

TURCHIA 60

ATENE

56

66

BODRUM

ALANYA

48

51

55

49

42

A

61

59

57

47 50

39

M

58

D a r d a n e l l i

45

M A R I O N I O

36

37

ISTANBUL

53

R

54

52

M

E

D

64 65

I

C r e t a

67

72

68

E

73

R

R 78

BENGASI

A 77

N

E

76

EGITTO

O

74

LIBANO

ISRAELE GIAFFA

75 79 80

LIBIA

71

C i p r o

T

SIRIA

70

69

GERUSALEMME

ALESSANDRIA

VOLTA PAGINA PER LA DESCRIZIONE DI RELITTI E TESORI

I NOMI, LE ROTTE, L’EPOCA E IL CARICO (A VOLTE RECUPERATO) DEI RELITTI RELITTI DI TORRE DE VELEZ

1

affondamento: 1562,

al largo di Malaga nave: galeoni spagnoli rotta: Americhe-Malaga carico: 80mila ducati

MEUSE

11

NAMUR

2

affondamento: 29/10/1917,

presso Gibilterra

3

12

4

14

JUSTINA

16

8

RELITTO DEL RODANO I affondamento: 1564, Bocche del Rodano (Francia) nave: fluviale francese rotta: Arles-Parigi carico: tesoro di Notre Dame

17

18

RELITTO DEL RODANO II

9

10

affondamento: 1800 circa,

Bocche del Rodano (Francia) nave: fluviale francese rotta: Arles-Parigi carico: statue greco-romane per Napoleone RELITTO DI GRAND CONGLUE affondamento: 200-100 a.C., al largo di Marsiglia nave: oneraria romana rotta: sconosciuta carico: anfore (recuperato) 92

al largo di Livorno nave: veliero corsaro inglese rotta: sconosciuta carico: monete d’oro affondamento: 1806, isola d’Elba nave: veliero spagnolo rotta: Italia-Francia carico: tesoro di Ferdinando I delle

24

25

26

31

BOMBAY

32

33

RELITTO DI SPARGI

27

Corsica e Sardegna

nave: greca carico: anfore e piatti

28

affondamento: dopo il IV secolo

a.C., al largo di Fano (Marche)

nave: greca rotta: Grecia-Ancona carico: statua in bronzo attribuita

NAVE DI CARLO II D’ANGIÒ

34

affondamento: 5 giugno 1284,

Battaglia del Golfo di Napoli tra angioini e aragonesi nave: galea ammiraglia angioina carico: gioielli e pietre preziose RELITTO “DI SAN PIETRO”

35

affondamento: I secolo a.C., al

affondamento: 200-250, Taranto nave: romana rotta: Asia Minore (Turchia)-Roma carico: sarcofaghi in marmo

RELITTO DI LIPARI

largo di Mahdia (Tunisia) nave: greca rotta: sconosciuta carico: colonne di marmo, statue per templi, mobili, lingotti di piombo (recuperato nel 1907-13)

36

RUPERRA

37

affondamento: 20/6/1916, per un siluro tedesco, al largo di Pantelleria nave: mercantile britannico rotta: Port Sudan (Mar Rosso)-Londra carico: oro (una cassa recuperata durante l’affondamento)

la costa croata nave: veliero austriaco rotta: Spagna-Trieste carico: monete (recupero parziale)

allo scultore greco Lisippo (oggi al Getty Museum di Malibù, Usa)

affondamento: 1609, incendiate

nel porto di Tunisi nave: velieri pirata carico: bottino dei pirati

affondamento: 9/11/1859, lungo

RELITTO “DI LISIPPO”

affondamento: 20/10/1806, presso

lo scoglio Keith, Banco Skerki nave: vascello inglese di 3a classe rotta: Gibilterra-Malta carico: 40mila “pezzi da otto” e monete inglesi (recuperato)

(Croazia), per una tempesta

perle, spezie e merci orientali

affondamento: X-XIII secolo, per

scogli affioranti fra Sicilia e Tunisia nave: greche e bizantine carico: vari reperti, tra cui statue in bronzo (recuperato dal 1955)

affondamento: 1417, isola di Ulbo nave: galea veneziana rotta: Alessandria d’Egitto-Venezia carico: porcellane, smeraldi, rubini,

RELITTO DI MAHDIA

(in parte recuperato)

19

NAVE DEL CAPITANO BINNY affondamento: 1608, al largo di Cartagine (Tunisia) nave: veliero pirata rotta: sconosciuta carico: bottino pirata

RELITTO DI ULBO

RELITTI DI TUNISI

Corsica Orientale nave: lancia rotta: Africa-Corsica carico: oro e gioielli sottratti agli ebrei (in parte recuperato) e tesoro della Banca d’Italia

RELITTO DEL GIGLIO affondamento: 750-500 a.C., Isola del Giglio nave: etrusca carico: elmi, ceramiche, strumenti musicali (in parte recuperato)

affondamento: 26/7/1917,

colpito da un siluro tedesco al largo della Tunisia nave: transatlantico inglese, P&O rotta: Australia-India-Inghilterra carico: oro

affondamento: 1592, attacco pirata nave: saettìa (una veloce

imbarcazione a tre alberi) veneziana rotta: salpata da Venezia carico: gioielli e oro per 30mila ducati (saccheggiato dai pirati)

ATHENIENNE

affondamento: 18 settembre 1943,

affondamento: 170-100 a.C., tra

30

RELITTI DEL BANCO SKERKI

TESORO DI ROMMEL

per un siluro tedesco

générale des transports maritimes rotta: Francia- Africa carico: oro

23

Due Sicilie e una carrozza d’oro

affondamento: 15/5/1916, nave: cargo francese, Société

affondamento: 1757,

di un U-Boot tedesco

VIDALA

MOOLTAN

22

POLLUCE

Tarragona (Spagna)

MIRA

7

affondamento: 1582 nave: galea spagnola rotta: Barcellona-Genova carico: 56 casse di reali d’oro

affondamento: 8/11/1915, da parte

affondamento: 1192, costa istriana nave: veliero inglese rotta: dalla Siria carico: tesoro personale di

Riccardo I d’Inghilterra

(vari tentativi di recupero)

SAINT GEORGE

15

affondamento: 1822, presso nave: da trasporto spagnola rotta: sconosciuta carico: denaro e monete

Bocche di Bonifacio nave: piroscafo inglese rotta: India-Inghilterra carico: gioielli e pietre preziose (in parte recuperati)

29

nave: piroscafo italiano rotta: Napoli-New York carico: una tonnellata d’oro

e altre casse di monete

recuperato dopo il naufragio)

6

affondamento: 17/4/1887,

largo della Toscana

nave: greca carico: statua di Apollo in bronzo e

ANCONA

21

ANONIMA

RELITTI DI MINORCA

5

affondamento: 1592 nave: galea spagnola rotta: Barcellona-Genova carico: 600-800mila corone

affondamento: V secolo a.C., al

rame (recuperato nel 1832)

TASMANIA

13

sarcofaghi

affondamento: 1682 nave: velieri olandesi rotta: sconosciuta carico: oro e argento (in parte

20

e casse di monete di una compagnia di ventura

FRANÇOIS LULLIER

affondamento: XVIII secolo nave: veliero francese rotta: Egitto-Francia carico: antichità egizie, mummie e

al largo di Marsiglia nave: cargo francese rotta: sconosciuta carico: oro (in parte recuperato)

NAVE DI RICCARDO CUOR DI LEONE

RELITTO DI PIOMBINO

RELITTO DI COMPAGNIA DI VENTURA

nave: mercantile della P&O Line rotta: Malesia-Francia-Londra carico: oro

ESPIRITU SANCTO affondamento: 1563, capo Palos (Cartagena, Spagna) nave: galeone spagnolo rotta: Caraibi-Spagna carico: oro e argento

affondamento: 1899,

affondamento: V secolo a.C., Eolie nave: greca rotta: sconosciuta carico: statue (recuperato)

NAVE DI GIANANDREA DORIA

affondamento: 1559, Capo Passero nave: galea spagnola carico: monete d’oro

NAVE “DI SAN PAOLO”

38

affondamento: 60 d.C., Malta nave: romana rotta: Cesarea (Israele)-Roma carico: preziosi, il prigioniero

Paolo di Tarso

RELITTO DI CAPO KELYDONIA

Oggi recuperare un tesoro sommerso non solo è costosissimo, ma anche regolato da leggi severe. Molti relitti però sono stati esplorati e in qualche caso i loro carichi ripescati in varie epoche. Ecco ciò che sappiamo di 80 navi e rispettivi tesori colati a picco nel Mediterraneo.

69

39

affondamento: 4/12/1916,

colpito da un U-Boot tedesco nave: piroscafo inglese rotta: Salonicco-Marsiglia carico: monete d’argento

ANN

49

50

MINAS

41

affondamento: 15/2/1917, colpito

da un U-Boot tedesco al largo di Capo Matapan (Peloponneso) nave: piroscafo italiano rotta: Taranto-Salonicco (Grecia) carico: 25 casse di lingotti d’oro

affondamento: 6/11/1916, colpito

da un U-Boot tedesco a sud di Capo Matapan (Peloponneso) nave: transatlantico inglese, P&O rotta: Australia-Gran Bretagna carico: argento e gioielli ITALIA UNA

43

affondamento: 20/9/1865, al largo

di Zante (Grecia) nave: russa rotta: Zante-Kalamai (Grecia) carico: monete per 100mila euro RELITTO DI NAVARINO

44

affondamento: 1827, al largo di

NAVE DEL PIRATA BERTONI

52

53

54

GUIDOTTA E SIMONA

46

55

56

pirati presso Zante (Grecia)

57

affondamento: 1609,

isole Strofadi (Grecia) nave: galea veneziana carico: argento BALBI

48

affondamento: 1608, attacco di

pirati nel porto di Pilos (Grecia)

nave: galea veneziana carico: oro e preziosi

62

affondamento: 1606, isola di Milos nave: veneziana rotta: Cipro-Venezia carico: diamanti

affondamento: prima del I sec. a.C.,

prima del I sec. a.C.

(recuperato in parte)

al largo di Sebastopoli (Crimea)

75

65

66

67

RELITTO DI SERÇE LIMANI affondamento: 1000 circa, costa turca meridionale nave: mercantile bizantino carico: gioielli, oro e argento, armi (recuperato) RELITTO DI RODI affondamento: prima del I secolo, isola di Rodi nave: greca carico: statua di Afrodite (recuperato nel 1929)

76

affondamento: 1411,

Alessandria d’Egitto nave: cocca catalana rotta: Spagna-Egitto carico: corallo per 80mila ducati L’ORIENT

77

affondamento: 1798, Battaglia di

Abukir (Egitto) tra francesi e inglesi

nave: vascello da guerra francese carico: tesoro napoleonico e

reperti della spedizione in Egitto PERASTANA

78

affondamento: 1605, presso

Alessandria d’Egitto

nave: mercantile veneziano rotta: Egitto-Venezia carico: oro

SAN MICHELE

79

colpito da un U-Boot tedesco

lingotti, monete e diamanti

U-Boot tedesco, Port Said (Egitto)

NAVE CATALANA

affondamento: 30/12/1915,

nave: mercantile inglese rotta: Londra-India carico: 11.340 kg di argento in

affondamento: 21/12/1915,

(in parte recuperato)

PERSIA

68

pirata, S. Giovanni d’Acri (Israele) nave: galea veneziana carico: oggetti preziosi

nave: transatlantico giapponese rotta: Londra-Giappone carico: 200mila sterline in oro

di Bodrum (Turchia)

RELITTO DELL’ANATOLIA affondamento: prima del I secolo, presso Bodrum (Turchia) nave: sconosciuta carico: statua di bambino africano (recuperato nel 1965)

affondamento: 1609, attacco

YASAKA MARU

affondamento: 625, al largo

(recuperato)

affondamento:

nave: greca carico: statue di divinità

74

nave: mercantile bizantino da 40 t carico: ceramiche, anfore, preziosi

RELITTO DI SKIATHOS

58

SALVETTA

RELITTO DI YASSI ADA

64

affondamento: 21/1/1895 nave: mercantile turco rotta: Libano-Israele carico: 75mila sterline in oro

(dichiarato ma non trovato)

affondamento: 14/11/1854,

nave: veliero mercantile inglese rotta: Gran Bretagna-Crimea carico: 500mila sterline in oro

baia di Maratona (Grecia) nave: greca carico: statua (recuperato)

RELITTO DI CAPO ARTEMISIO affondamento: I secolo a.C. nave: greca carico: statua in bronzo di Poseidone (recuperato nel 1927)

73

BLACK PRINCE

63

affondamento: 11/11/1863 nave: mercantile austriaco rotta: Turchia-Cipro carico: monete (recuperato)

MABROUK

MARTINENGA

affondamento: XVII secolo, Creta nave: corsara francese, catturata

RELITTO DI MARATONA

VENIER

47

RELITTO DI ANTIKYTHERA affondamento: 120-80 a.C. nave: romana rotta: Grecia-Roma carico: statue, recipienti in vetro, fibule d’oro

MORESINA

affondamento: 1612, attaccata dai nave: galea veneziana rotta: Alessandria d’Egitto-Venezia carico: pietre preziose e oro

REINERA E SODERINA affondamento: 1609, Kythera nave: ragusea (mercantile) veneziana catturata dai pirati rotta: Cipro-Venezia carico: bottino dei pirati

EUROPA

72

Istanbul (Turchia)

affondamento: 1594, Istanbul nave: mercantile veneziano rotta: Istanbul-Venezia carico: oro, argento e monete

collisione al largo della Siria

(vari tentativi di recupero)

affondamento: 1452, presso nave: mercantile veneziano carico: preziosi

dai cavalieri di Malta carico: oro e argento

del porto di Leucade (Grecia)

nave: sconosciuta rotta: sconosciuta carico: oro (in parte saccheggiato)

isola di Kythera

affondamento: 22/6/1895,

nave: corazzata inglese carico: paghe dei soldati inglesi

affondamento: prima del

I secolo a.C. nave: greca carico: statua di Demetra (recuperato nel 1953)

assalto a nave veneziana, Cipro

HMS VICTORIA

71

NAVE VENEZIANA

61

LA COMÈTE

recupero)

45

affondamento: settembre 1802,

marmi del Partenone (recuperato)

Pilos (Grecia), in battaglia

RELITTO DI LEUCADE

60

affondamento: 1607, durante nave: veliero pirata carico: bottino dei pirati

RELITTO DI MARMARIS

nave: brigantino inglese rotta: Grecia-Gran Bretagna carico: reperti archeologici, statue,

nave: ammiraglia ottomana carico: oro (vari tentativi di

affondamento: 1610, all’imbocco

RELITTO DEL GOLFO DI CORINTO affondamento: II secolo a.C. nave: greca carico: statua di Zeus (recuperato nel 1809) MENTOR

51

ARABIA

42

59

spezie d’Oriente, tessuti

affondamento: 18/1/1916, colpito

da un U-Boot tedesco nave: mercantile inglese rotta: Australia-Gibilterra carico: lingotti di metalli preziosi

presso Modone (Grecia)

nave: cocca inglese rotta: Giaffa (Israele)-Inghilterra carico: pietre preziose, perle,

MARERE

40

affondamento: 23/12/1446,

RELITTO DI PELAGOS affondamento: XII secolo, isole Sporadi nave: mercantile da 100 t carico: 1.200 pezzi di ceramica lavorata

turca meridionale

nave: dell’Età del bronzo carico: lingotti di bronzo

(in parte recuperato)

70 CALEDONIA

affondamento: 1200 a.C., costa

affondamento: 1605,

Alessandria d’Egitto nave: napoletana carico: oro e preziosi RELITTO DI ABUKIR

80

affondamento: 1411, al

largo di Abukir (Egitto)

nave: cocca catalana rotta: Spagna-Egitto carico: corallo, zafferano, olio,

stoffe e merci preziose

93

I GRANDI TEMI

EX IUGOSLAVIA

BALCANI IN FIAMME

ELIGIO PAONI/CONTRASTO

L’estate di 20 anni fa il mondo assisteva impotente al massacro di Srebrenica. Punto di non ritorno di una guerra iniziata nel 1991, dopo la disgregazione della Iugoslavia socialista.

Le torri di Sarajevo I grattacieli di Sarajevo colpiti dalle bombe. La capitale della Bosnia ed Erzegovina, era un centro multiculturale, dove fino a prima della guerra diverse etnie convivevano in pace. A destra, un cecchino e un cittadino che fugge ai colpi di fucile.

INTANTO NEL MONDO

4 maggio 1980 Muore Josip Broz Tito (foto), che per oltre trent’anni aveva tenuto unita la Iugoslavia.

8 maggio 1989 Slobodan Milošević diventa presidente della Repubblica di Serbia dopo aver promosso una riforma che toglieva ogni autonomia al Kosovo.

ALTRI PAESI

20 gennaio 1981 Negli Stati Uniti si insedia per il suo primo mandato il presidente Ronald Reagan.

9 novembre 1989 Cade il muro, simbolo della guerra fredda, che da 28 anni divideva Berlino Ovest da Berlino Est.

ASSOCIATED PRESS

2 agosto 1990 Inizia la prima guerra del Golfo, combattuta per sette mesi in Kuwait e in Iraq e seguita dai media di tutto il mondo.

CULTURA 6 ottobre 1980 Umberto Eco pubblica Il nome della rosa.

26 marzo1990 Il film di Giuseppe Tornatore Nuovo cinema paradiso vince l’Oscar come miglior film straniero.

ALBUM/CONTRASTO

GETTY IMAGES

EX IUGOSLAVIA

25 giugno 1991 La Croazia e la Slovenia si dichiarano indipendenti dalla Repubblica Socialista Federale di Iugoslavia. 27/6- 6/7 1991 Scoppia la guerra dei dieci giorni: l’esercito iugoslavo attacca senza successo la Slovenia.

25 agosto 1991I Serbi attaccano la città croata di Vukovar, cingendola d’assedio nelle settimane seguenti.

8 agosto 1991 Nel porto di Bari arrivano 20mila albanesi su un mercantile.

6 agosto 1991 L’informatico britannico Tim Berners-Lee mette online il primo sito internet: nasce il World Wide Web.

17 febbraio 1992 A Milano viene arrestato il socialista Mario Chiesa (foto) per una tangente: è l’inizio di Mani pulite.

MONDADORI PORTFOLIO

I

l 9 novembre 1993 gli abitanti di Mostar (Bosnia ed Erzegovina) furono sconvolti dall’improvviso crollo dello Stari Most, sotto i colpi di mortaio dell’artiglieria croata. Si trattava di un suggestivo ponte ad arco che univa la zona Est a quella Ovest. Era stato edificato nel XVI secolo per volere del sultano Solimano I il Magnifico. E da sempre simboleggiava la convivenza pacifica tra le molte anime della regione: bosniaci (musulmani), croati (cattolici) e serbi (ortodossi). Il crollo rappresentò l’ennesimo scempio di un conflitto che stava dilaniando la Repubblica socialista federale di Iugoslavia, teatro dal 1991 di una guerra civile così cruenta da rievocare gli eccidi del nazismo. «Quello iugoslavo fu un conflitto combattuto senza rispetto per le convenzioni del diritto internazionale, da truppe spesso ubriache o drogate che usavano il terrore per costringere genti di etnia diversa ad abbandonare le proprie terre», sintetizza lo storico sloveno Jože Pirjevec nel saggio Le guerre jugoslave. 1991-1999 (Einaudi).

95

Tutti contro tutti L’assedio di Vukovar, in Croazia (1991), da parte dell’Armata Popolare Iugoslava con l’appoggio di milizie paramilitari serbe. A destra, barricate al confine sloveno-croato.

Morto Tito (1980) il potere fu gestito da politici deboli e corrotti. Fino all’ascesa L’inizio della fine. La federazione iugoslava, guidata dal 1945 dal carismatico presidente comunista Josip Broz, meglio noto come Tito, era nata alla fine del secondo conflitto mondiale. Ne facevano parte sei repubbliche (Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia, Slovenia) e due province autonome (Kosovo, Vojvodina). «Si trattava di un Paese atipico, privo di una propria identità, dove si parlavano più lingue, si usavano due alfabeti (latino e cirillico) e si praticavano diverse religioni», prosegue Pirjevec. Con mano ferma e non disdegnando l’uso della forza, Tito era riuscito a tenere unito il mosaico iu-

I CAPI POLITICI I leader degli Stati nati dalla disgregazione della ex Iugoslavia. Alcuni furono processati per crimini contro l’umanità.

96

goslavo creando uno spirito di fratellanza che trovava linfa vitale nell’appartenenza all’ideologia socialista, pur adottando una politica equidistante dall’Urss e dai Paesi occidentali. Con la sua morte (4 maggio 1980) l’equilibrio tra gli Stati iniziò a vacillare e la federazione si avviò verso una profonda crisi, mitigata in parte, nel 1984, dall’assegnazione dei Giochi olimpici invernali a Sarajevo. Le tensioni intestine covavano però sotto la cenere e il governo federale non sembrava avere le forze per sopirle. A esacerbare gli animi contribuì l’ascesa di Slobodan Miloševic´ presidente della Serbia dal 1987. Ex comunista, accanito nazio-

GETTY IMAGES

EX IUGOSLAVIA

GETTY IMAGES

I GRANDI TEMI

Milan ucan K Presidente della Repubblica slovena: proclamò l’indipendenza il 25 giugno del 1991 dopo un referendum popolare.

Slo bo

vić dan Miloše

Presidente della Serbia. Accusato di crimini contro l’umanità, è stato trovato morto nel carcere dell’Aia l’11 marzo 2006.

Rad ć ovan Karadzi Presidente della Repubblica serba di Bosnia. È stato arrestato nel 2008 a Belgrado come criminale di guerra. Il processo è ancora in corso.

AP

INTANTO NEL MONDO

5 aprile 1992 Le forze serbe cingono d’assedio Sarajevo, che resterà sotto scacco per quasi quattro anni.

23 maggio 1992 Strage di Capaci: muore in un attentato di mafia il giudice Giovanni Falcone; a luglio morirà il collega Borsellino.

24 novembre 1991 A Londra scompare Freddie Mercury, storico leader dei Queen, ammalatosi di Aids.

ià a inizio Novecento i Balcani erano terra di conflitti. L’antefatto storico furono le guerre balcaniche combattute tra il 1912 e il 1913 da Bulgaria, Grecia, Montenegro e Serbia, schierate dapprima contro le forze turche e poi in guerra tra loro. Cause del contendere: il crescente nazionalismo di questi Stati e il desiderio di espandersi a spese del moribondo impero ottomano. Doppio conflitto. I quattro Paesi formarono nel 1912 un’alleanza detta Lega Balcanica e mossero guerra agli ottomani, strappando loro, in pochi mesi, molte terre. Le ostilità terminarono nel maggio 1913 (anno in cui fu riconosciuta anche l’indipendenza dell’Albania), ma a quel punto

sorse il problema di come spartirsi i territori. In particolare, i bulgari contestarono le assegnazioni a Serbia e Grecia. Iniziò così una Seconda guerra balcanica, con la Bulgaria che attaccò i suoi ex alleati prima di subirne la controffensiva ed essere attaccata anche dai turchi e dalla confinante Romania. La guerra finì il 10 agosto 1913 con il trattato di Bucarest, che garantì ai serbi il controllo della Macedonia, ai greci il possesso di parte della Tracia e ai rumeni un allargamento nella regione bulgara della Dobrugia. Oltre a causare migliaia di morti, il doppio conflitto gettò le basi per l’esplodere del nazionalismo serbo e confermò per la Penisola balcanica la nomea di “polveriera d’Europa”.

6 maggio 1993 L’Onu istituisce varie “zone protette” in Bosnia ed Erzegovina, tra cui Sarajevo e Srebrenica.

9 novembre 1993 A Mostar (Bosnia ed Erzegovina) l’artiglieria croata distrugge lo Stari Most, ponte di pietra del XVI secolo. 5 febbario 1994 Strage del mercato di Markale a Sarajevo.

del carismatico leader serbo Milošević nalista, sognava, rifacendosi a vecchie teorie ottocentesche, la nascita di una “Grande Serbia”. «Tale entità avrebbe dovuto abbracciare tutte le antiche parti della nazione serba, frantumatasi nel corso dei secoli in una miriade di isole etniche sparse sia in Bosnia-Erzegovina sia in Croazia», spiega Pirjevec. “La Serbia è là dove c’è un serbo”, amava ripetere Miloševic´, che nel 1989 introdusse una nuova costituzione limitando le autonomie del Kosovo, abitato in gran parte da albanesi, ma con minoranze serbe. La situazione economica iugoslava era intanto precipitata, il debito pubblico cresceva e il dinaro (la valuta ufficiale) si svalutava

GETTY IMAGES

11 luglio 1995 Le truppe serbe penetrano a Srebrenica (Bosnia-Erzegovina) e in una settimana massacrano oltre 8.000 musulmani.

Fran jo Tudjman

Alij a Izetbegović

Primo presidente della Croazia, è stato dichiarato post mortem criminale di guerra dal Tribunale di guerra dell’Aia per crimini contro i serbi.

Presidente della Bosnia ed Erzegovina. Non è stato messo sotto accusa dal tribunale internazionale dell’Aia, in Olanda.

20 gennaio 1993 Alla Casa Bianca si insedia Bill Clinton, 42º presidente degli Stati Uniti.

20 gennaio 1993 Muore l’attrice inglese Audrey Hepburn, diventata famosa per film come Colazione da Tiffany.

1 novembre 1993 Entra in vigore il Trattato di Maastricht e nasce ufficialmente l’Unione Europea. CONTRASTO

G

GETTY IMAGES

La “polveriera d’Europa” degli Anni ’10

6 aprile 1994 Ha inizio il genocidio del Ruanda: gli scontri etnici tra Hutu e Tutsi faranno quasi un milione di morti.

11 dicembre 1994 Inizia la guerra in Cecenia, regione indipendentista del Caucaso i cui guerriglieri si scontreranno per quasi due anni con le forze russe.

3 dicembre 1994 In Giappone viene lanciata la prima Playstation, approdata in Europa l’anno seguente.

28 agosto 1995 Il secondo attentato dei serbi al mercato di Sarajevo provoca la morte di 39 civili.

21 novembre 1995 A Dayton, Ohio, viene stipulato l’accordo di pace tra bosniaci, croati e serbi. 97

I GRANDI TEMI

EX IUGOSLAVIA Ponte-simbolo

SYGMA/CORBIS

Il ponte di Mostar (Bosnia ed Erzegovina) durante la guerra. Di origine ottomana, univa due parti della città, una cristiana e una musulmana.

Le terre balcaniche sono sempre state zone di frizione. Tra barbari e Romani, tra Bizantini e cattolici, infine tra musulmani e mondo cristiano

98

ASSOCIATED PRESS

AFP/GETTY IMAGES

di giorno in giorno. In tale contesto, mentre l’Urss spariva dagli atlanti, tra il 1990 e 1991, la Iugoslavia iniziò a perdere i pezzi. Dai referendum alla guerra. A opporsi alla prospettiva della disgregazione era soprattutto “Slobo” Miloševic´, che mal digerì le dichiarazioni d’indipendenza della Slovenia e della Croazia, proclamate il 25 giugno 1991 dopo un referendum. All’iniziativa slovena la Serbia rispose con un blitz che si consumò in dieci giorni. «L’attacco dei serbi si arenò di fronte alla ferma volontà degli sloveni di uscire da una federazione percepita ormai come una camicia di forza; volontà che si tradusse in una strenua ed efficace resistenza armata», racconta Pirjevec. Un percorso simile sarà quello della Macedonia, dichiaratasi Soldati croati e, a destra, membri delle truppe paramilitari di Ražnatović, “la Tigre” Arkan. indipendente l’8 settembre 1991. Ben diverso il cammino della Croazia dell’ultranazionalista «Già provati da un lungo assedio, tutti i cittadini che non riusciFranjo Tudjman. Dopo il referendum croato, Miloševic´ lanciò rono a fuggire furono catturati e deportati, centinaia scomparveun’azione armata per impedire che territori croati abitati da ser- ro nel nulla e 261 che si trovavano nell’ospedale della città venbi finissero sotto altra bandiera. Fece devastare così città storiche nero giustiziati e gettati in una discarica, mentre la tv serba ancome Dubrovnik e Vukovar, dove le due etnie avevano a lungo nunciava cinica: “Vukovar è una città distrutta, ma libera”», rivissuto in pace. Vukovar venne assediata ed espugnata dai ser- corda Pirjevec. Nel settembre 1993 furono invece i croati a dare bi nel novembre 1991. Qui avvennero episodi tra i più cruenti. il peggio di sé nella battaglia della sacca di Medak, dove massa-

S LO VA K REPUBLIC

Il massacro di Srebrenica, 20 anni dopo

AUSTRIA

N. JERAN (4)

BALCANI

UNGHERIA

“S

Lubiana

SLOVENIA 1991

Zagabria

Vojvodina

CROAZIA 1991

R O M A N I A

(provincia autonoma) Novi Sad Belgrado

BOSNIA - HERZEGOVINA 1992

SERBIA

Sarajevo

M A

MONTENEGRO 2006

R A D

KOSOVO 2008

Pristina

BULGARIA

Non riconosciuto dalla Serbia

Podgorica

R I A T

Skopje

I C

I T A L I A

MACEDONIA 1991

O

ALBANIA

M

IMPERO BIZANTINO

A

R

M

IMPERO ROMANO

A

R

A

S

P

G R E C I A

I

C

A

S

P

I

O

C

O

MAR NERO

MAR NERO

0

50

100 M

150 A

R

200 M

250

300 Km M

E

D

I

T

E

R

R

A

N

E

A

O

R

M

E

D

I

T

E

R

R

A

N

E

cene tratte dall’inferno”. Così il Tribunale penale internazionale dell’Aja ha commentato gli eventi accaduti esattamente 20 anni fa a Srebrenica, città della Bosnia ed Erzegovina poco distante dal confine con la Serbia. Abitata per tre quarti da musulmani, la località fu brutalmente attaccata nel luglio 1995 dai soldati serbi, di fede ortodossa, artefici della più crudele carneficina compiuta su suolo europeo dai tempi del secondo conflitto mondiale. Zona (mal) protetta. Enclave musulmana in territorio a maggioranza serba, nella primavera 1993 Srebrenica fu dichiarata dall’Onu “zona protetta”. Per garantirne la sicurezza furono inviati contingenti di caschi blu di provenienza olandese, la cui

presenza non valse però a impedire scontri tra le due parti, culminati l’11 luglio 1995 nella penetrazione delle forze serbe in città. Genocidio. Tra il 12 e il 19 luglio i serbi trasformarono Srebrenica nell’inferno. Artefici principali, i soldati del generale Ratko Mladić e i paramilitari di Željko Ražnatović, alias “la Tigre” Arkan. Separati gli anziani, i bambini e le donne dagli uomini, gli invasori perpetrarono stupri di massa e violenze d’ogni sorta, trucidando – dicono le stime ufficiali – 8.372 civili musulmani, gettati a grappoli nelle fosse comuni. I responsabili di tali orrori, accusati formalmente di genocidio, sono stati condannati a varie pene detentive dal Tribunale internazionale dell’Aja.

O

In alto, gli Stati nati dalla disgregazione della Iugoslavia. Sotto, le dominazioni che hanno interessato i Balcani. Questi territori sono sempre stati terreno di frizione tra diverse culture, fin dall’età romana. M

A

R

C

A

S

P

I

O

MAR NERO

1500 Miles 2000 Kilometres

0

500

0

500

1000 1000

M

A

R

1500 Miles

1500 M

E

D

I

2000 Kilometres

T

IMPERO OTTOMANO R

R

A

N

E

O

crarono senza pietà anziani, bambini e donne di etnia serba. Gli orrori della guerra non erano finiti: una carneficina era già in atto in terra bosniaca. Macello e assedio. All’interno dei confini della Bosnia-Erzegovina vivevano minoranze croate e serbe al fianco della maggioranza composta da bosniaci musulmani: i bosgnacchi. Questo multiculturalismo valse a Sarajevo, capitale del Paese, l’epiteto di Gerusalemme d’Occidente (nome recentemente rievocato da papa Francesco in visita in città). La convivenza tra le varie etnie si complicò tra il 29 febbraio e il 1° marzo 1992, quando si tenne il referendum sull’indipendenza. Ad avere la meglio furono proprio i secessionisti, suscitando la furiosa reazione della Serbia (che nello stesso anno si unì al Montenegro). In questo bollente scenario prese il via la fase più logorante di tutto il conflitto: un “tutti contro tutti” carico di odio che ben si espresse nell’assedio di Sarajevo. La città, attaccata dai serbi nell’aprile 1992, rimase accerchiata per 43 mesi. La popolazione si ritrovò senza cibo, medicinali, elettricità e gas, martoriata da una pioggia di bombe che mieterà oltre 10mila anime. I giorni felici delle Olimpiadi erano così lontani che molte delle vittime furono seppellite presso lo Stadio Olimpico Koševo, con il mondo che assisteva in diretta attraverso i telegiornali. «Il cosiddetto “effetto Cnn”, ossia la trasmissione da parte dei telegiornali di ripetute immagini di guerra, ebbe un tale impatto sull’opinione pubblica da obbligare i politici europei e statunitensi ad attivarsi per risolvere quanto prima il problema iugoslavo», dice Pirjevec. A colpire i telespettatori furono

1500 Miles 2000 Kilometres

AP

1000 1500

E

Caschi blu dell’Onu presidiano Srebrenica, enclave musulmana in territorio a maggioranza serba. Sotto, Ratko Mladic´, comandante dell’esercito serbo bosniaco, responsabile del massacro del luglio 1995.

AFP/GETTY IMAGES

1000

1500

00

UKRAINE

EX IUGOSLAVIA

Il conflitto nella ex Iugoslavia non fu solo etnico. Fu anche uno scontro tra la cultura rurale e quella urbana, più evoluta e cosmopolita

ASSOCIATED PRESS

I GRANDI TEMI

Tavolo di pace I leader di Usa, Europa ed ex Iugoslavia alla conferenza di pace di Dayton (1995).

soprattutto i servizi sui cecchini che uccidevano a freddo, senza una strategia precisa; metafora perfetta della guerra in corso. Poi fu la volta della strage al mercato di Markale, a Sarajevo. Il 5 febbraio 1994 l’artiglieria serba uccise 68 persone e ne ferì il doppio. «Frattanto, a Mostar, erano stati i croati a macchiarsi di numerose atrocità, mostrando un profondo odio antimusulmano: furono rase al suolo le moschee, distrutti monumenti storici e compiuti saccheggi e stupri», dice Pirjevec. L’episodio più sanguinoso si registrò invece a Srebrenica (v. riquadro nella pagina precedente), dove nel luglio 1995 i serbi trucidarono oltre 8.000 musulmani. Il conflitto comprese anche numerose deportazioni in campi di concentramento, allestiti da tutti i contendenti e destinati alla pulizia etnica e teatro di stupri di massa. Pacificazione difficile. Per molto tempo la guerra sembrò un groviglio inestricabile e a poco valse l’invio da parte dell’Onu, dal 1992, delle forze di pace. «La situazione di stallo si sbloccò soltanto nel 1994, quando gli Stati Uniti compresero che se non avessero sbrogliato la matassa balcanica la loro immagine ne avrebbe risentito», sostiene Pirjevec. «Si cominciò quindi a pianificare un intervento delle forze aeree Nato, con la consapevolezza che solo così si sarebbero costretti i serbi a sedersi al tavolo delle trattative». Le ostilità continuarono fino al 1995, quando gli Stati della ex Iugoslavia tentarono, stremati, la via della negoziazione (non prima che gli aerei Nato avessero bombardato varie postazioni serbe). A novembre si giunse così all’accordo di pace, siglato a Dayton (Ohio) dai premier di Bosnia ed Erzegovina, Croazia e Serbia con i colleghi tedeschi, inglesi e statunitensi. Gli accordi sancirono il riconoscimento delle diverse etnie presenti in B ­ osnia ed Erzegovina, al cui interno sorsero due entità in parte autonome: la Federazione croato-musulmana e la Repubblica serba. Fu stabilito che i profughi potessero far ritorno a casa. Inoltre, le frontiere degli Stati belligeranti furono ricondotte a quelle della Iugoslavia di Tito. La guerra era finita: bilancio complessivo, 250mila morti e 2 milioni di profughi. Ma un nuovo focolaio stava per esplodere nel Kosovo, tra serbi e albanesi da tempo ai ferri corti (v. riquadro a destra). Nel 2006 la Serbia si separò a sua volta dal Montenegro. Quell’anno uscì di scena anche “Slobo” Miloševic´: arrestato nel 2001 come criminale di guerra, morì in carcere a L’Aja, in attesa 100

delle decisioni di un tribunale internazionale incaricato di giudicare i criminali di guerra della ex Iugoslavia. «L’istituzione del tribunale, con tutti i suoi limiti, portò una luce di speranza nelle tenebre in cui erano precipitati gli ex popoli iugoslavi. Si affermò il principio che i crimini contro l’umanità si possono perseguire, al di là delle cariche ricoperte», conclude Pirjevec. Due anni prima della morte del leader serbo, era intanto rinato, restaurato, il ponte di Mostar. I cittadini tornarono a percorrerlo nel luglio 2004 e l’anno seguente il ponte è entrato nel Patrimonio dell’Umanità Unesco, simbolo di “riconciliazione, cooperazione internazionale e coesistenza di diverse comunità culturali, etniche e religiose”. Un risultato notevole, nonostante le cicatrici della guerra brucino ancora. • 

Matteo Liberti

Kosovo, una questione aperta

I

l conflitto iugoslavo ebbe una sanguinosa appendice in Kosovo, provincia abitata da albanesi e in minima parte da serbi. Le tensioni emersero dopo la morte di Tito (1980), allorché la popolazione albanese iniziò una lotta indipendentista scontrandosi nel 1989 con la decisione serba di revocare l’autonomia della provincia. I kosovari albanesi misero allora in atto una campagna di resistenza che dal 1995 sfociò in una guerra tra l’Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK) e le forze serbe. Gli scontri causarono migliaia di vittime e pesanti traumi psicologici, con ambedue gli eserciti che si macchiarono di atti di pulizia etnica e stupri di massa (20.000 le donne albanesi violentate).

Percorso difficile. Fallita ogni proposta di pace, la Nato dispose nella primavera 1993 una serie di bombardamenti contro la Serbia, molto criticati anche sul piano internazionale. La guerra fu interrotta, le fosse comuni smisero di essere riempite e i rifugiati albanesi poterono tornare in patria, mentre migliaia di civili non albanesi fuggivano oltre confine. Una risoluzione Onu pose il Paese sotto protezione internazionale (ma le forze di sicurezza non sedarono del tutto le tensioni etniche). Nel 2008 il parlamento ha proclamato l’indipendenza del Paese. Il Kosovo non ha però ancora ottenuto il pieno riconoscimento internazionale, pur beneficiando di quello di molti dei Paesi dell’Onu.

MODA Elegantissima Un “bagno di mare” con un costume intero a mezza coscia e cuffia coordinata, nel 1911.

Dalle prime spiagge attrezzate del Nord Europa fino agli anni del boom, in camicioni a righe o in bikini

MARE A cura di Irene Merli

300 ANNI AL NATURALE

Nei tempi antichi si nuotava nudi. Almeno fino al IV secolo d. C., epoca del mosaico romano nella Villa del Casale, a Piazza Armerina (Enna): si vedono alcune giovani indossare calzoncini e una fascia per il seno, una sorta di bikini, per i giochi con la palla.

IN COSTUME 1650 IN TUNICA

Dopo il 1650 le donne iniziano a indossare lunghe maglie, che nascondono le forme del corpo, quando sono in luoghi appartati o si bagnano. Gli uomini usano mutandoni della stessa stoffa delle maglie femminili, resistente all’acqua.

DA BAGNO 1800 AL CALDUCCIO Nuotare nudi era accettato nell’800, anche se uomini e donne frequentavano spiagge separate. In alternativa i signori indossavano costumi di lana, simili a tute termiche. Del resto, i primi stabilimenti balneari nacquero nella fredda Inghilterra, sulla Manica.

BRIDGEMANART/MONDADORI PORTFOLIO

TUTTI AL

ALINARI (2)

Fai da te A Ostenda, nel 1900, bagnanti spingono una cabina a ruote.

Sorrida! Bellezza al bagno su una spiaggia italiana nel 191015: costume al ginocchio, ma semitrasparente.

Mare di massa

BRIDGEMANART/MONDADORI PORTFOLIO

Bagnanti a Coney Island, la spiaggia di New York, nel 1915.

1880 FANTASIA!

A partire da questo decennio l’abbigliamento marino si fa più pratico, per le signore: abito a sottana corta e calze nere, al posto dei pantaloni da harem o dei “leggings” che si usavano prima. Copricapo fantasia, colletto e pantofoline completano l’insieme.

1900 STILE MARIN

Lo stile “marinaretto” per le signore resta in voga fino agli anni Venti, periodo in cui erano le spiagge della Costa Azzurra a dettare la moda. I costumi si fecero col tempo più femminili e scollati, e le calze divennero sottilissime.

1921 SHORTS

Le gambe si scoprono sempre di più e vengono introdotti i colori. La popolarità delle sfilate di moda, infatti, è in continua crescita: il primo concorso di Miss America si tiene nel 1921 e le ragazze sfilano in costume da bagno.

103

Che muscoli! Livorno, 1930: un gruppo di sportivi si esibisce in una figura acrobatica.

Tutti in fila Saint-Malo, Francia: tre bimbi posano con tutine baby nel 1909.

Grandi curve ALINARI (2)

Una florida signora si gode la risacca con un tipico costume inizio Novecento.

I primi testimonial dei “bagni di mare” sono i re, alla fine del Settecento: nuotavano a scopo curativo. Gli stabilimenti in Italia debuttano nel 1843

1935 TORSO NUDO

Gli stilisti di “Mabs of Hollywood” avviano la produzione di modelli in Lastex, un materiale elastico che si usava per le cinture. Nel 1935 si vedono invece i primi costumi da bagno maschili “topless” che nel 1936 diventano legali sulle spiagge Usa.

1946 IL BIKINI

Nel 1946 il francese Louis Réard inventa il bikini, dal nome dell’atollo nel Pacifico dove gli americani conducevano test atomici: la vista del nuovo costume poteva provocare una reazione “esplosiva”. Le pin-up lo sfruttarono per mettersi in mostra.

1950 MODESTIA

La richiesta di abbigliamento marino cresce grazie alla classe media. Sia uomini sia donne sfoggiano look più “morigerati”, ma gradualmente si torna a mostrare sempre più centimetri di pelle. Dopo la guerra si affermano i tessuti idrorepellenti.

Viva il duce! Ostia, 1932: una donna indossa un costume di regime, con foto di Mussolini

Gambe nude ALINARI (2)

Nel 1950 i bikini sono ormai diffusi. Ma già dagli Anni ’30 ci si abbronza.

1964 IN MONOKINI

P. GHISALBERTI

Lo stilista Rudi Gernreich lancia il monokini: si trattava di un castigato costume intero, senza parte superiore, sostituita da due bretelline che lasciavano scoperto il seno. Il “topless” in Europa giunge al successo dai Settanta, ma negli Usa è ancora vietato.

1970 STRINGHE

Tra la fine dei Settanta e l’inizio degli Ottanta il top sono i due pezzi a fantasie psichedeliche, con le stringhe, e quelli all’uncinetto. L’equivalente per gli uomini sono gli aderenti Speedo, indossati ad esempio dal campione olimpico di nuoto Mark Spitz.

1980 BAYWATCH

In questa decade vanno soprattutto le stoffe luccicanti, i disegni animalier e i modelli molto sgambati. Nel 1985 sempre Rudi Gernreich presenta il “pubikini”, così tagliato a V da mostrare il pube. La serie tv Baywatch rende popolari i modelli rossi.

105

2

3

Storia

Ti aspettiamo su www.facebook.com/focusstoria

IN EDICOLA CON NOI

Estate 2015 � 7,90

Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

rie e sto n a r st ola llott la pa

E rice inat insem

TRE LE AL

RATE ILLUST

I fatti più incredibili e curiosi. Dall’ultimo lupo mannaro agli Ufo nostrani Da Cesare a Beethoven, nessun grande è scampato alle maldicenze. Spesso vere

LE STRANE STORIE ILLUSTRATE Una selezione imperdibile di storie curiose: Ufo e altri fenomeni paranormali, mostri inafferrabili, dicerie sui grandi del passato. In edicola dal 24 luglio, a soli € 4,90.

IL “BEST OF” DELLE DONNE I migliori articoli dedicati alle donne protagoniste del passato usciti su Focus Storia Biografie in un imperdibile “best of”: Lucrezia Borgia, Elisabetta II, Maria Callas, l’imperatrice Sissi, Marlene Dietrich, le più famose first lady. Con questo numero di Focus Storia a soli € 3,00 oltre al prezzo della rivista. Fino al 6 agosto disponibile anche da solo, a € 4,90. NON VENDIBILE SEPARATAMENTE DAL NUMERO DI FOCUS STORIA IN EDICOLA * PREZZO RIVISTA ESCLUSA

Roma contRo i baRbaRi

i galli di vercingetorige • i celti • i pitti, terrore della scozia • le legioni perdute a teutoburgo • arrivano i vandali • la sconfitta di attila • adrianopoli: l’inizio della fine • i goti si prendono l’italia • dalla lingua ai pantaloni: quello che ci hanno lasciato gli invasori

4,90€ *

il meglio di

NON VENDIBILE SEPARATAMENTE DAL NUMERO DI FOCUS STORIA IN EDICOLA * PREZZO RIVISTA ESCLUSA

STORIA COLLECTION ROMA CONTRO I BARBARI Il conflitto epico fra due civiltà: quella romana e quella dei cosiddetti “barbari”: Galli, Germani, Unni, Vandali. Una “grande migrazione” inarrestabile che rimodellò l’Europa e che mise in ginocchio grandi generali romani e imperatori senza più un regno. Ma che mise anche in luce personaliroma tà eccezionali. contro i barbari In edicola a € 7,90.

il meglio di

LEONARDO IN E-BOOK Leonardo da Vinci è sinonimo di genio italiano. Come si formò quella personalità punica? Risponde questo nuovo e-book di Focus Storia. A soli € 1,99 su www. bookrepublic.it (digitando Focus nel campo di ricerca) e nelle principali librerie online.

solo

4,90€ *

la vita segreta delle

grandi donne da lucrezia borgia alla principessa Sissi da Marlene Dietrich a Jackie Kennedy le protagoniste femminili degli ultimi dieci secoli

Storia

Gruner+Jahr/Mondadori S.p.A. - via Battistotti Sassi 11/a - 20133 Milano

Amministratore Delegato, Chief Operating Officer e Publisher Roberto De Melgazzi Direttore del Personale e Affari Legali Lucio Ricci

Direttore responsabile Jacopo Loredan [email protected] Ufficio centrale Aldo Carioli (caporedattore centrale, [email protected]), Marco Casali (Photo Editor, vicecaporedattore, [email protected]), Massimo Rivola (Art Director, caporedattore, [email protected]) Redazione Federica Ceccherini, Lidia Di Simone (caporedattore), Irene Merli (caposervizio), Giuliana Rotondi, Anita Rubini Ufficio fotografico Patrizia De Luca (caposervizio), Rossana Caccini Redazione grafica Katia Belli, Mariangela Corrias (vicecaporedattore), Barbara Larese, Vittorio Sacchi (caposervizio) Segreteria di redazione Marzia Vertua, [email protected] Hanno collaborato a questo numero: G. Albertini, A. Bacci, F. Capone, E. Cattaneo, C. Cauti, A. Donzelli, M. Erba, G. D. Iachini, M. L. Leone, M. Liberti, G. Lomazzi, M. Lombardi, A. Magli, A. Marzo Magno, M. Molteni, P. Pasini, R. Roveda, E. Spagnuolo, D. Venturoli, G. Zerbinati, S. Zimbardi.

Magazine Publishing Coordinator Carolina Cefalù Digital Publishing Coordinator Daniela Grasso Business Manager Barbara Ferro Subscription Manager Alessandro Scampini Coordinamento Tecnico Valter Martin 108

Direttore Controllo di Gestione Paolo Cescatti

Focus Storia: Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Milano, n. 753 del 3/11/2004. Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica sono riservati. Il materiale ricevuto e non richiesto (testi e fotografie), anche se non pubblicato, non sarà restituito. Direzione, redazione, amministrazione: via Battistotti Sassi 11/a, 20133 Milano. Tel. 02/762101; e-mail: [email protected]; e-mail amministrazione: [email protected] Stampa: Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche - via Zanica, 92 - 24126 Bergamo. Distribuzione: Press-Di Distribuzione stampa & Multimedia s.r.l., Segrate (Mi). Abbonamenti: 12 numeri € 29,90 + spese di spedizione. Non inviare denaro. Per informazioni o per comunicare il cambio di indirizzo telefonare esclusivamente ai numeri: dall’Italia 199 111 999 costo da telefono fisso € 0,12+ Iva al minuto senza scatto alla risposta, costo da cellulare in funzione dell’operatore; dall’estero +39 041.5099049; fax 030.7772387. Il servizio abbonamenti è in funzione da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 19.00. Oppure scrivere a Press-di Srl Servizio Abbonamenti – Via Mondadori, 1 – 20090 Segrate (Mi); E-mail: [email protected]. Internet: www.abbonamenti.it/gruner Servizio collezionisti: I numeri arretrati possono essere richiesti direttamente alla propria edicola, al doppio del prezzo di copertina per la copia semplice e al prezzo di copertina maggiorato di € 4,00 per la copia con allegato (DVD, libro, CD, gadget). La disponibilità è limitata agli ultimi 18 mesi per le copie semplici e agli ultimi 6 mesi per le copie con allegato, salvo esaurimento scorte. Per informazioni: tel. 045.888.44.00. Fax 045.888.43.78. Email [email protected] Garanzia di riservatezza per gli abbonati L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli

abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 D. leg. 196/2003 scrivendo a: Press-Di srl Ufficio Privacy – Via Mondadori, 1 – 20090 Segrate (MI). E-mail: [email protected].

Periodico associato alla FIEG (Federaz. Ital. Editori Giornali)

Accertamento Diffusione Stampa Codice ISSN: Certificato n. 7151 del 14/12/2011 1824-906x

neI prossimI numerI

IN EDICOLA dal 14 agosto con tante altre storie e personaggi

COSTUME

FOTOTECA GILARDI

OTTOCENTO

Nordisti contro sudisti

Prima dei serial tv

Le vere ragioni e le conseguenze della Guerra civile americana che nel 1861-65 contrappose abolizionisti del Nord e schiavisti del Sud.

Le vicende dimenticate dietro ai fotoromanzi che hanno fatto sognare due generazioni di italiani.

2 A GUERRA MONDIALE

CORBIS (2)

ANTICA ROMA

La congiura di Lucilla

La corazzata kamikaze

Moglie dell’imperatore Lucio Varo, sorella di Commodo, quando questi salì al trono tentò di farlo fuori. Ma poi...

Nell’aprile del 1945, a guerra ormai decisa, il Giappone si gioca il tutto per tutto con un attacco disperato della Yamato, la più grande corazzata mai varata.

AP/ANSA

flashback

Il caldo umido di New York non perdona. Figurarsi in metropolitana. Per questo già nell’estate del 1956 partì il primo esperimento di aria condizionata su sei nuovi vagoni della subway, sulla linea East Side. Alla partenza dalla Grand Central Station, lo storico della scienza Paul Forman sembra fresco e a suo agio, mentre i curiosi guardano all’interno con invidia. I nuovi vagoni, oltre agli impianti di condizionamento (circa 12 gradi in meno rispetto all’esterno), prevedevano deodoranti, filtri per ridurre i germi e persino musica di sottofondo. 110

Cavalcata dell’Assunta Fermo 1-15 agosto I giorni di Azzolino Grottazzolina 1-5 agosto Giostra dell’Anello Servigliano 9-16 agosto

Vivi l’emozione del Medioevo nell’antica Marca fermana lungo un itinerario che attraversa la città di Fermo e i castelli di Belmonte Piceno, Grottazzolina, Monsampietro Morico, Montegiberto, Ponzano di Fermo e Servigliano, in un’atmosfera unica fatta di cultura, arte e sapori che narrano di un’epoca gloriosa. Ad agosto immergiti nelle coinvolgenti rievocazioni storiche fra cortei di dame, cavalieri, musici e sbandieratori, osterie, arti e mestieri, spettacoli e giochi medievali, corse di cavalli, duelli e tornei fra contrade. seguici su

fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’europa investe nelle zone rurali Progetto cofinanziato nell’ambito del Piano di Sviluppo Locale del Gal Fermano Leader - sottomisura 4.1.3.7 Promozione territoriale e certificazione d’area

Unione Europea / Regione Marche programma di sviluppo rurale 2007-2013

ministero politiche agricole alimentari e forestali

unione europea

Ph © Sibrikov - iStock

dame, cavalieri e fragor d’armi

View more...

Comments

Copyright ©2017 KUPDF Inc.
SUPPORT KUPDF