Federico_Pistono - I Robot Ti Ruberanno Il Lavoro Ma Va Bene Così

October 9, 2017 | Author: uounoupr | Category: Science And Technology, Science, Philosophical Science
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I Robot Ti Ruberanno Il Lavoro Ma Va Bene Così...

Description

FEDERICO PISTONO

ITI RUBERANNO ROBOT IL LAVORO

ma va bene così COME SOPRAVVIVERE AL COLLASSO

ECONOMICO ED ESSERE FELICI [email protected]

FEDERICO PISTONO

I ROBOT TI RUBERANNO IL LAVORO MA VA BENE COSÌ Come sopravvivere al collasso economico ed essere felici

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ii

I ROBOT TI RUBERANNO IL LAVORO, MA VA BENE COSÌ COPYRIGHT © 2012-2013 FEDERICO PISTONO DESIGN COPERTINA – FEDERICO PISTONO DESIGN LIBRO – FEDERICO PISTONO TRADUZIONE – ALICE PISTONO E MICHELE GIANELLA CREATESPACE VERSIONE ORIGINALE INGLESE – 5 NOVEMBRE 2012 CREATESPACE VERSIONE ITALIANA – 12 AGOSTO 2013 ISBN–10: 1492138177 ISBN–13: 978-1492138174 ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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iii Quest’opera è pubblicata con una licenza Attribuzione - Non commerciale Condividi allo stesso modo 3.0 Unported.

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Indice

Indice

v

Prefazione

ix

Dedica

xi

Prologo

xiii

Introduzione

xvii

Parte I

Automazione e disoccupazione

1

1

La disoccupazione oggi

3

2

La fallacia luddista

9

3

La crescita esponenziale

13

4

La tecnologia dell’informazione

19

5

L’intelligenza

25

6

L’intelligenza artificiale

29

7

Le prove dell’automazione

35

8

L’accettazione sociale

57

9

La disoccupazione domani

61 v

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vi

INDICE

Parte II Lavoro e felicità

71

10 L’identità e il lavoro

73

11 La ricerca della felicità

79

12 Lo scorpione e la rana

85

13 La felicità e la crescita

87

14 La felicità e il reddito

95

15 La scienza della felicità

99

16 La felicità e il lavoro

105

17 Lo scopo della vita

111

Parte III Soluzioni

114

18 Consigli pratici per tutti

117

19 Costruire il domani

137

20 Un bellissimo futuro

151

Appendici

153

A Come può una famiglia vivere meglio spendendo bene

155

B Crescita

159

Note

169

Bibliografia

195

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~

“Davvero eccellente. Un libro molto significativo. Mi è piaciuto moltissimo.” – Peter Diamandis Fondatore e Presidente di X PRIZE Foundation Presidente di Singularity University Autore best-seller del New York Times Co-Fondatore di Zero-Gravity Corporation

“Grazie per aver condiviso questo splendido lavoro. Non ho mai fatto uso di droghe, ma penso che sarebbe un’esperienza simile alla lettura del tuo libro.” – Vivek Wadhwa “Libro dell’Anno” di The Economist periodista per The New York Times The Wall Street Journal & Science Magazine

“Mi è davvero piaciuto. Statistiche accurate e buoni consigli. E alla fine ottime note, di grande aiuto.” – Dan Barry astronauta della NASA co-fondatore di 9th Sense Robotics

“WOW – SEI STRAORDINARIO” – Michael Smolens Imprenditore Fondatore e Presidente di Dotsub vii

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viii

INDICE

“Comprendere il complesso rapporto tra automazione e occupazione richiede un’analisi empirica e un’indagine variegata. Il libro di Federico Pistono è un contributo unico e audace alla conversazione in corso su questo argomento. Pistono affronta i problemi con una prospettiva che riflette il suo amore per le persone e la tecnologia [. . . ] Inesorabilmente costruttivo, ottimistico e controverso. Leggetelo, poi trovatevi in accordo o in disaccordo con i vari punti, ma unitevi al dialogo!” – Neil Jacobstein Co-presidente AI and Robotics Singularity University

“L’ampiezza del libro è impressionante: i suoi capitoli toccano argomenti come economia, sociologia, filosofia, la moralità e l’intelligenza artificiale, a volte tutte nello stesso paragrafo. [. . . ] Pistono sta cercando di costruire una società futura in cui gli esseri umani saranno felici, anche se meno necessari. Invece di una visione apocalittica del futuro, Pistono è uno di quei rari profeti con una visione panglossiana del futuro [. . . ] Il suo libro è una ventata d’aria fresca: no, non siamo condannati. E questo è di per sé un buon motivo per leggerlo.” – Piero Scaruffi autore e storico culturale Stanford University

“Molto ben scritto e presentato. Un’opera davvero notevole.” – Kay Koplovitz Creatore di Sci-Fi Channel Fondatore di Springboard Enterprises

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Prefazione

Quando, all’inizio del 2012, sono stato contattato da Federico che mi chiedeva l’opportunità di scambiarci qualche idea, fui lieto di accontentarlo. Da un iniziale scambio di email, siamo passati velocemente a conversazioni audio e video, e qualche giorno dopo abbiamo concordato di incontrarci di persona. Così e venuto a farmi visita, ed è rimasto per la notte con me e la mia famiglia. Incontrare Federico è come far entrare la luce nella propria vita. Il suo entusiasmo, la sua curiosità, la passione per i suoi interessi e per la condivisione di esperienze con altre persone rende impossibile non apprezzarlo. Avevamo molti argomenti comuni di cui parlare, ed è stato fantastico poter citare a vicenda gli stessi libri, rendendosi conto che anche l’altro li aveva letti, oppure menzionare movimenti, organizzazioni globali e vedere che entrambi le seguivamo o vi partecipavamo attivamente. Questa non è solo una breve descrizione dell’autore di questo libro e delle mie esperienze insieme a lui. Penso offra anche un?anticipazione di quello che sempre più persone sapranno fare del loro tempo libero, dei loro interessi. Potremo utilizzare la tecnologia e la comunicazione online per trovare persone coi nostri stessi obiettivi. Riusciremo a stabilire molto rapidamente una fiducia condivisa, comunicare usando strumenti flessibili, e agire insieme per promuovere gli stessi scopi. Sarà una crescita esponenziale delle connessioni umane! I robot vi ruberanno il lavoro, ma va bene così è un approccio intelligente, umoristico, ma anche profondo e potenzialmente rivoluzionario a una delle questioni fondamentali dei nostri tempi. Sapere che Federico ci stava lavorando, e che nell’estate 2012 avrebbe avuto la possibilità di arricchire le sue vedute con le esperienze che avrebbe fatto alla Singularity University, mi ha riempito di aspettative. Nel suo stile semplice ma ricco di spunti, il libro mostra come i problemi trattati in questo libro saranno sentiti e condivisi da miliardi di persone. In futuro, tutti noi dovremo ridefinire i nostri ruoli, obiettivi e scopi nella vita. Moltissime persone stanno lavorando a diverse soluzioni tecnologiche, e anche se non abbiamo certezze assolute, statisticamente parlando possiamo contare che una o l’altra di queste soluzioni verrà prima trovata, e poi diffusa rapidamente. Ecco perché è importante concentrarsi sulle persone: come esseri ix

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x

PREFAZIONE

umani biologici, non siamo facili da “aggiornare”. I nostri pregiudizi ed errori sono molto più difficili da correggere, rispetto alla versione 2.0 di un qualsiasi dispositivo. E se vogliamo progettare un futuro prospero, pieno di meraviglie, non possiamo non mettere quante più persone possibile a conoscenza delle opportunità di fronte a noi. È questo il motivo per cui sono così felice che questo libro sia ora disponibile, e che tu abbia scelto di leggerlo. Se ti dovesse piacere, come spero, consiglialo agli amici che in futuro vivranno, lavoreranno e ameranno insieme a te. – David Orban Amministratore Delegato di dotSUB Direttore del “Singularity Institute for Artificial Intelligence Europe” Ottobre 2012, New York

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Dedica

A tutte le fantastiche persone che dedicano le loro vite a rendere il mondo un posto migliore per tutti. All’emergente e crescente zeitgeist della scienza libera, la cultura libera, Creative Commons, e il movimento per il software libero. Siete gli eroi di questa generazione, e la nostra speranza per il futuro.

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Prologo

Per anni ho avuto intenzione di scrivere un libro, ma non riuscivo mai a finirne uno. Ogni volta che mi interessavo a un argomento, esso mi apriva un nuovo e inesplorato territorio, che conduceva poi a un altro Universo di cose da scoprire e da comprendere. Più cercavo, più c’erano cose da trovare. Ogni volta che credevo di aver raggiunto una discreta conoscenza di un argomento, saltava fuori qualcosa di nuovo che metteva alla prova le mie precedenti assunzioni. E così tornavo ai miei studi. Forse la colpa è della mia natura interrogativa. Troppe cose mi interessavano, e limitarsi a un determinato argomento per lungo tempo è difficile. Fu solo ad Ottobre 2011, pensando al mio futuro e preparando un discorso per la mia successiva conferenza, che finalmente decisi di voltare pagina. Durante un giorno di pioggia, in Svezia, capii che la mia odissea di mille pagine su come sistemare la società era un obiettivo irrealistico (e un po’ egomaniacale). Troppe materie, tutte troppo complesse, e troppo poco tempo. Decisi che avrei affrontato una sola questione, tra quelle che ritenevo in cima alle nostre priorità, e mi sarei concentrato su quella. Mi vennero in mente la sostenibilità ambientale e il cambiamento climatico, ma con tutti gli eccellenti trattati già scritti su tali temi (da persone molto più qualificate di me, peraltro) la mia sarebbe stata soltanto un’altra voce del coro. Il futuro della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale erano altre due questioni di rilievo, ma giunsi alla stessa conclusione. Poi capii che la letteratura stava profondamente trascurando uno dei problemi più pressanti che dovremo affrontare, come individui e come società: la sostituzione del lavoro umano a opera della tecnologia. Pochissimi autori, finora, si sono dedicati a questo argomento. E io ero determinato a riempire questa lacuna culturale. Il mio pubblico non è la torre d’avorio del mondo accademico, ma la vivace strada della folla. Dopo tutto, le persone più coinvolte dal problema saranno i comuni lavoratori, ed è raro trovare una spiegazione in termini semplici, concisi e comprensibili a tutti di un argomento tanto complesso. Mi sono ripromesso di farlo, ma con un occhio di riguardo per gli agenti del cambiamento, siano essi politici, tecnofilantropi o Amministratori Delegati. xiii

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Una delle cose più difficili per me è stato decidere cosa tenere e cosa escludere. Dovevo trovare un equilibrio tra chiarezza e sintesi, e potrei aver completamente fallito. Alcune parti sono probabilmente troppo prolisse, mentre altre sono state trascurate. Ma così è: l’argomento è complesso di suo, il mio primo libro non può essere perfetto, e il tuo vostro commento sia positivo che (specialmente) negativo mi aiuterà a migliorare in futuro. La mia speranza è che questo libro vi stimoli a proiettarvi nel futuro, vi aiuti a orientarvi meglio nel mondo attorno a voi, con le sue infinite e sempre nuove meraviglie, e che vi regali, nel farlo, un sorriso e una rinnovata fiducia nel futuro. In tal caso, il tempo e lo sforzo impiegati nello scriverlo saranno stati ben spesi.

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Riconoscimenti

Al lancio del progetto, volevo provare qualcosa di diverso dalla tipica routine di pubblicazione di un libro. È stato un esperimento sociale, se volete. Anziché utilizzare il solito metodo di ricerca di un agente, per poi forse ricevere un’offerta da una casa editrice e infine prendere il 10% sulle vendite (se tutto fosse andato bene), ho deciso di seguire una strada completamente diversa. Mi sono ricordato che scrivo per i lettori, non per gli editori. Se le persone credono in me e nel progetto, allora mostreranno il loro supporto. Altrimenti, pazienza. Naturalmente, farsi strada da soli è un po’ più difficile che sulle spalle di qualcun altro. Devi continuamente provare la tua credibilità, costruirti una base di gente che ti supporti, rilasciare interviste, scrivere articoli, gestire tu stesso la tua promozione e creare una relazione di fiducia con il tuo pubblico. Ho deciso dunque di provare con il sito di crowdfunding IndieGoGo, e in poche settimane 78 persone hanno deciso di contribuire al mio progetto, oltrepassando il mio obiettivo iniziale di finanziamento del 130%. E così ho potuto assumere un grafico professionista per la copertina del libro. Un ringraziamento speciale va alla mia adorata sorellina Alice. Oltre a essere una gioia della mia vita, insieme a Michele Gianella ha tradotto questo libro in italiano, rendendolo così disponibile al mio paese natale e ai miei connazionali. Sul mio sito (http://robotswillstealyourjob.com/supporters) trovate una lista di quelle persone lungimiranti che mi hanno supportato durante il progetto. Tra di loro, alcuni si sono distinti per generosità, quindi vorrei dedicare un particolare ringraziamento a Ben McLeish, Marco Bassetti, Daniele Mancinelli, Mark Henson, Justin Gress, Eric Ezechieli e Jonathan Jarvis. Per finire, un saluto a tutti quegli amici che mi hanno elargito consigli inestimabili, sia nella “vita reale”1 che nel mondo virtuale, ai miei fan su Facebook e ai follower di twitter. Grazie a tutti. Siete fantastici.

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Introduzione

State per diventare obsoleti. Credete di essere speciali, unici e insostituibili in tutto ciò che fate; vi sbagliate. Gli informatici hanno elaborato milioni di algoritmi che anche adesso, mentre parliamo, ‘girano’ su server sparsi in tutto il mondo, con un solo scopo: fare tutto ciò che gli umani sono in grado di fare, ma meglio. Questi algoritmi sono programmi “intelligenti”, che stanno permeando il substrato della nostra società. Sono in grado di prendere decisioni finanziarie, prevedere il meteo, ipotizzare quali Paesi dichiareranno guerra. Presto ci resterà poco da fare: le macchine prenderanno il sopravvento. Suona come una fantasia futuristica? Forse lo è: la comunità di pensatori, scienziati e accademici che vedono nell’avanzamento della tecnologia una forza dirompente, in grado di trasformare di qui a poco, e per sempre, il nostro intero sistema socio-economico, sta crescendo ma è ancora ristretta. Secondo loro, nel corso dei prossimi decenni lo spostamento dei carichi di lavoro verso le macchine e le intelligenze artificiale crescerà drasticamente. Tali cambiamenti saranno così radicali e veloci che il mercato non riuscirà a rispondere con nuove opportunità per chi ha perso il lavoro, rendendo la disoccupazione non solo una fase del ciclo, ma strutturale e cronicamente irreversibile. Sarà la fine del lavoro come lo conosciamo. La maggioranza degli economisti scarta queste argomentazioni. Molti di loro, in primo luogo, neppure affrontano la questione. E quelli che la affrontano dichiarano che il mercato trova sempre una via di uscita. E quindi, se le macchine sostituiscono i vecchi lavori, si creano nuovi lavori. Grazie all’inventiva della mente umana, e al bisogno di crescita, il mercato trova sempre una via di uscita, specialmente nel mercato di massa, sempre interconnesso e globalizzato, in cui viviamo oggi. In questo libro cercherò di non prendere posizione in base a convinzioni personali, sensazioni o intuizioni. Il mio obiettivo invece sarà quello di articolare un ragionamento logico e documentato, basato sulle prove finora a disposizione. Il libro è diviso in tre parti. Prima di tutto esploreremo l’argomento della disoccupazione tecnologica e il suo impatto su lavoro e società – ho scelto di conxvii

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centrarmi sull’economia degli Stati Uniti, ma le stesse considerazioni valgono per la maggior parte del mondo industrializzato. Nella seconda parte approfondiremo la natura del lavoro stesso, e la relazione tra lavoro e felicità. L’ultima parte è un ambizioso tentativo di fornire alcuni consigli pratici su come affrontare i problemi presentati nelle prime due parti. Fare un esame approfondito di ogni sezione richiederebbe un lavoro monumentale, lungo probabilmente migliaia di pagine, che supererebbe di molto l’obiettivo di questo libro. Non voglio scrivere una relazione accademica completa, ma iniziare una discussione su quella che ritengo una delle più grandi sfide future con cui dovremo, collettivamente e individualmente, fare i conti. Troppo spesso trattiamo le due cose come soggetti separati, non realizzando la natura interconnessa della nostra realtà, e questo errore ci ha resi deboli e vulnerabili. Negli ultimi 70 anni, abbiamo posto le basi della nostra stessa rovina, siamo diventati sempre più infelici, la qualità delle nostre relazioni è precipitata e abbiamo perso la prospettiva di ciò che realmente conta. Oggi tutto è incredibile, e nessuno è felice. È ora di fare un passo indietro e pensare a dove stiamo andando. Cominciamo questo viaggio.

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Parte I

Automazione e disoccupazione

1

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C APITOLO 1

L A DISOCCUPAZIONE OGGI

Di solito, giudichiamo quanto bene (o male) vadano le cose leggendo le notizie e dando un’occhiata al mondo intorno a noi. Osserviamo il nostro stile di vita, parliamo con i vicini, leggiamo quotidiani, blog, tweet e guardiamo la TV. Solo in pochissimi si prendono il tempo di consultare di persona le lunghe e noiose tabelle dell’OECD Factbook, o dell’US Bureau of Labor Statistics (Dipartimento Americano di Studi sul Lavoro, NdT). Nei quotidiani, poi, le rubriche di business fanno ampio ricorso al gergo finanziario, il che ostacola la comprensione di chi non si occupa spesso dell’economia e delle sue complessità. Di conseguenza, molte persone non hanno la minima idea di cosa stia realmente accadendo. Se dessimo una rapida occhiata alle recenti statistiche sull’occupazione negli Stati Uniti e in Europa, dovremmo quantomeno preoccuparci un po’. In un report del luglio 2011, il Governo Americano evidenziava come quel mese fossero stati creati 117.000 nuovi lavori, mentre il New York Times si lanciava in titoli rassicuranti come “Impieghi negli USA in netto aumento”2 . Questo velo di false speranze, tuttavia, nascondeva una sgradevole quanto nascosta verità: una crescita di 117.000 lavori non tiene testa neppure alla sola crescita demografica (circa 130.000 persone al mese), per non parlare dei 12,3 milioni di posti di lavoro persi durante la recessione del 2008-09. E leggendo l’articolo, le sorprese continuano. Il tasso ufficiale di disoccupazione era del 9,1%, che è già incredibilmente alto, ma diventa ancora più preoccupante se consideriamo che altri 8,4 milioni di persone lavoravano part time perché non riuscivano a trovare un lavoro a tempo pieno, e che 1,1 milioni di persone erano così scoraggiate che un lavoro nemmeno lo cercavano più. Contando queste persone, il tasso di disoccupazione nel luglio 2011 salirebbe al 16,1%. Per favore, prendetevi un secondo per assimilare la notizia: Gli Stati Uniti d’America, forse il paese più ricco del mondo, hanno avuto un tasso di disoccupazione, in un periodo recente come luglio 2011, del 16,1%. Come se non bastasse, è risultato che solo il 58,1% della popolazione stava 3

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4

CAPITOLO 1. LA DISOCCUPAZIONE OGGI

lavorando, il dato più basso in quasi tre decenni3 . Laura D’Andrea Tyson, professore alla “Haas School of Business” dell’Università della California, a Berkeley, ha calcolato che se anche riuscissimo in qualche modo a creare 208.000 nuovi lavori ogni mese, e da subito, non colmeremmo il divario prima del 20234 . Certo, a gennaio 2012, grazie al deciso intervento congiunto di Governo e settore privato, il tasso di disoccupazione è sceso all’8.3%5 . Ma è una magra consolazione, considerando che le persone impiegate part time per ragioni economiche, ai margini della forza lavoro, i lavoratori scoraggiati e la disoccupazione di lungo periodo sono variati molto poco nel corso dell’anno. A rendere le cose anche peggiori, il tasso di partecipazione della forza lavoro è del 63.7% (il più basso di tutti i tempi dal 1983, quando le donne non erano ancora una quota importante della forza lavoro) e ha continuato a scendere in maniera persistente ogni anno6 . Gli economisti del MIT Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee offrono una chiara analisi del problema nel loro libro Race Against The Machine: How the Digital Revolution is Accelerating Innovation, Driving Productivity, and Irreversibly Transforming Employment and the Economy 7 , che tratta l’attuale crisi di disoccupazione e prova a offrire alcune soluzioni, in particolare riformando l’istruzione, il sistema degli incentivi economici, e promuovendo l’imprenditorialità. Benché condivida la loro analisi, penso che le loro soluzioni siamo limitate a come le cose hanno funzionato fino a ora. Gli autori sembrano supporre che gli incentivi economici e la stessa natura umana siano quasi immutabili. Secondo Voltaire, “Il lavoro ci salva da tre mali: la noia, il vizio e il bisogno”, e avere un lavoro è stato senza alcun dubbio il modo in cui li abbiamo combattuti finora. Non penso, tuttavia, che questo sia l’unico modo di farlo e nei prossimi capitoli esploreremo il perché. Anche altri autori hanno affrontato la stessa questione. Jeremy Rifkin fu tra i primi a studiare a fondo questo problema. Nel 1995 pubblicò La Fine del Lavoro: Il declino della forza lavoro globale e l’alba dell’era post-mercato 8 , nel quale predisse che la disoccupazione mondiale sarebbe aumentata perché la tecnologia avrebbe sostituito decine di milioni di posti nell’industria manifatturiera, agricola e nel settore dei servizi. Rifkin descrisse l’impatto devastante dell’automazione sugli operai, sui venditori al dettaglio e all’ingrosso, con queste parole: “Mentre una piccola élite di manager aziendali e lavoratori della conoscenza raccoglie i frutti del progresso tecnologico, il ceto medio americano continua a ridursi e il luogo di lavoro diventa sempre più stressante”.9 . Forse Rifkin avrà sbagliato qualche dettaglio, ma i fatti hanno talmente confermato i tratti generali della previsione da farla suonare quasi profetica. Negli ultimi vent’anni, abbiamo potuto osservare la graduale scomparsa della classe media americana, con costi in aumento ed entrate in riduzione10,11 , mentre gli americani più ricchi hanno accumulato più ricchezza che mai nella Storia.

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5 Per farci un’idea precisa della spropositata quantità di ricchezza generata dal sistema, di quanto ingiustamente sia distribuita, e di come questa ingiustizia sia peggiorata dal 1979 a oggi, diamo un’occhiata al seguente grafico12 .

Average Household Income before taxes

2.0 $2M

top 1%

1.5 $1.5M

1.0 $1M

$0.5M .5

0

’79

’83

’87

’91

’95

’99

’03

top 20 % second 20% third 20% fourth 20% ’07 bottom 20%

Figura 1.1: Reddito familiare Medio

Come possiamo vedere dall’immagine 1.1, il reddito medio delle famiglie è rimasto all’incirca lo stesso per l’80% della popolazione, mentre per l’1% più ricco della popolazione è cresciuto enormemente, in particolare dal 1994 in poi. Ancora più rivelatore è il cambiamento della quota di reddito netto, calcolato cioè dopo il pagamento delle imposte (Figura ref fig: changeinshare). L’80% più povero della popolazione ha effettivamente subito una sensibile diminuzione del reddito, mentre i più ricchi ne sono usciti quasi illesi. E preoccupa ancora di più vedere quanto sia distorta la percezione pubblica del fenomeno, anche dopo che i vari movimenti ispirati a “Occupy Wall Street” hanno iniziato a proliferare in tutto il mondo. Un saggio del 2011, scritto dal professore di Harvard Michael Norton e dal professore della Duke University Dan Ariely, chiamato Costruiamo Un’America

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6

CAPITOLO 1. LA DISOCCUPAZIONE OGGI

Change in Share of Income vs. 1979, after taxes 1.5

150%

1.2

120%

.9

.6

0. 3

top 1%

90% 60% 30%

top 20 %

0%

second 20% third 20% fourth 20% bottom 20%

.0

-30% .3

.6

’79

’83

’87

’91

’95

’99

’03

’07

Figura 1.2: Variazione della quota di reddito 1979-2007, calcolato al netto delle imposte.

Migliore – Un quintile di ricchezza alla volta, mostra appunto quanto sia distorta la nostra percezione13 . La Storia ha dimostrato che Rifkin aveva ragione. La classe media sta scomparendo, i più ricchi stanno diventando ancora più ricchi, e noi non abbiamo la minima idea di quanto sia davvero brutta la situazione. La domanda è, Rifkin aveva ragione anche su lavoro e automazione? Martin Ford, col taglio da imprenditore e ingegnere informatico quale è, tornò sul tema. Il suo libro del 2009 Le luci in fondo al tunnel: automazione, tecnologia in accelerazione e l’economia del futuro cerca di dimostrare come l’automazione condurrà inevitabilmente alla disoccupazione strutturale, e come milioni di lavoratori, qualificati e non, verranno presto sbalzati fuori dalla forza lavoro, con poche o nulle possibilità di tornarci. Ford da allora ha scritto numerosi articoli sui principali siti d’informazione, rimettendo così il problema della disoccupazione tecnologica sotto i riflettori. Ed è stato una fonte di ispirazione anche per me, quando decisi di scrivere questo libro. Tuttavia, come per il libro di Brynjolfsson, ritengo le sue soluzioni né fattibili né, nella maggior parte dei

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Out of Balance A Harvard business prof and a behavioral economist recently asked more than 5,000 Americans how they thought wealth is distributed in the United States. Most thought that it’s more balanced than it actually is. Asked to choose their ideal distribution of wealth, 92% picked one that was even more equitable.

top 20%

second 20%

third 20% fourth 20% bottom 20%

actual distribution of wealth

what americans think it is

what they would like it to be

0

20

top 20%

second 20%

40

60

80

100

third 20%

fourth 20%

bottom 20%

Source: Michael I. Norton, Harvard Business School; Dan Ariely, Duke University Figura 1.3: Building a Better America – One Wealth Quintile at a Time, Michael I. Norton, Dan Ariely. Journal Perspectives on Psychological Science.

casi, desiderabili. Penso che tutti questi autori abbiano identificato il vero problema, e provato a elaborare soluzioni utilizzando le loro conoscenze, abilità, analisi ed esperienze. Ma leggendo quei libri, sentivo che mancava qualcosa. Qualcosa con cui nessuno aveva ancora fatto i conti. Mi sembrava che stessero cercando le soluzioni dove non c’era alcuna possibilità di trovarle. Prima che continui, chiariamo una cosa. Tutti gli autori che ho menzionato sono professionisti brillanti e altamente qualificati, con molti più riconoscimenti accademici ed esperienze lavorative di me. Su questo non si discute. Ma non sono nati in una cultura dove le cose cambiano radicalmente nel giro di pochi anni. Quella del cambiamento rapido è un’idea cui si sono dovuti adattare, non sono

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CAPITOLO 1. LA DISOCCUPAZIONE OGGI

nati nella generazione che questa enorme accelerazione del cambiamento l’ha creata la respira dalla nascita. Io invece sono stato abbastanza fortunato da far parte di questa generazione. Ho visto il movimento per l’Open Source crescere e diventare una delle più grandi forze del pianeta. I miei sogni di bambino, nei quali piccoli gruppi di persone specializzate e intelligenti cambiavano il mondo, sono diventati realtà. È stato esaltante assistere a questi eventi, la cui crescita inarrestabile, oltre a spaventare le imprese e infiammare i rivoluzionari, li rende sempre più onnipresenti. Certo, magari ho torto e quanto appena detto proviene dalla mia arrogante, beata ignoranza di gioventù. Anzi, è molto probabile che sia così. Ma forse c’è qualcosa di vero. Qualcosa che mi trascende come individuo, e che io mi limito a veicolare. È l’intelligenza collettiva di tutte le persone con cui ho parlato, i libri che ho letto, le esperienze che ho fatto in quell’organismo cibernetico perennemente connesso noto come Internet. Non pretendo di rappresentare tutta la mia generazione, o tutto il mondo del Web se è per questo. Ma è innegabile che queste intelligenze mi abbiano plasmato, influenzato e guidato nel corso degli anni. E adesso sto solo rielaborando ciò che ho ricevuto. È questa l’evoluzione sociale: copiare, trasformare e combinare14 . Tuttavia, resta un’altra possibilità. Può ben darsi che tutti noi, io e quegli autori, ci sbagliamo. Magari hanno ragione gli analisti e gli economisti tradizionali. Forse non capiamo alcuni concetti economici di base, e le nostre analisi sono solamente sofismi, risolvibili dando ragione agli economisti e studiando più a fondo il passato. Dopo tutto, abbiamo visto la disoccupazione salire e scendere per centinaia di anni, per poi ritornare ai livelli previsti senza alcun cambiamento sostanziale nella struttura dell’economia. Quando poi nuove, dirompenti tecnologie fanno il loro ingresso, noi ci muoviamo ciclicamente da un settore a un altro, creando nuovi lavori, e nel lungo periodo tutto procede bene. Gli economisti hanno un nome per questo fenomeno, che ci riporta indietro nel tempo. Prima di approfondire il punto, dunque, lasciate che vi racconti una storia.

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C APITOLO 2

L A FALLACIA LUDDISTA

S

iamo in Inghilterra, alla fine del XVIII secolo. Un ragazzo di nome Ned Ludd lavora come tessitore nel paese di Anstey, poco lontano da Leicester. Ancora non lo sa, ma sta per cambiare la Storia. È una dura e faticosa giornata di lavoro del 1779, e Ludd sta facendo l’apprendistato per imparare a lavorare col telaio. Ma batte la fiacca: quel giorno, la voglia di lavorare è ai minimi termini. Il padrone si lamenta del fatto con un pubblico ufficiale, che ne ordina la fustigazione. Per tutta risposta, Ludd afferra un martello e distrugge l’odiato telaio. Questo fatto verrà raccontato da tutte le generazioni successive, e Ludd entrerà nella Storia. O almeno, questo è ciò che si dice. Come per ogni mito, esistono molte varianti. Alcune raccontano che a Ludd era stato ordinato dal padre, un tessitore, di ’raddrizzargli gli aghi’. Ludd prese un martello e li ’scagliò in un mucchio’. Vi sono anche altre storie, ma nessuno sa quale sia vera, posto che ne esista una vera15 . Comunque, che una di esse sia realmente accaduta o no è irrilevante. Il punto è che la notizia dell’incidente, come in ogni buon racconto popolare, e pur con mille varianti, iniziò a diffondersi. Ogni volta che un telaio veniva sabotato, la gente diceva per scherzo: “È stato Ned Ludd”. Le sue azioni ispirarono il personaggio folkloristico del Capitano Ludd, meglio conosciuto come Re Ludd o Generale Ludd, che divenne il presunto leader e fondatore di un movimento chiamato, com’era prevedibile, “Luddismo”. Il movimento luddista probabilmente iniziò a Nottingham, Inghilterra, intorno al 1811. I luddisti erano soprattutto produttori di pizzi e maglieria, artigiani tessili inglesi che protestavano – spesso distruggendo telai meccanici – contro i cambiamenti portati dalla Rivoluzione Industriale. I telai erano il simbolo della disoccupazione creata dal progresso tecnologico, che permetteva di impiegare meno manodopera, e loro per protesta li facevano a pezzi. Per dirla fuori dai denti, le macchine stavano rubando lavoro umano, e a loro questa piega non 9

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CAPITOLO 2. LA FALLACIA LUDDISTA

piaceva. La gente iniziò a chiedersi se quello fosse l’inizio di un processo irreversibile, o se le cose sarebbero tornate alla normalità. Dopotutto, l’automazione di allora era limitata a una macchina a vapore, nella quale è difficile vedere un sostituto di ogni manodopera umana. Tuttavia alcuni ipotizzarono che il problema creato dall’automazione delle macchine si sarebbe aggravato in pochi anni, mettendo a rischio le aziende manifatturiere. L’industriale Henry Ford comprese a fondo il problema. E infatti pagò i suoi dipendenti il doppio della media dell’epoca, perché potessero permettersi le macchine che producevano16 . Il che ha una sua logica: la gente deve avere abbastanza denaro per comprare ciò che crei, altrimenti il ciclo di produzione-consumo si interrompe. Se le macchine sostituissero le persone prima che queste trovino un nuovo impiego, saremmo nei guai. Il risultato potrebbero essere tensioni sociali e l’assalto alle macchine, così che i lavoratori non perdano il loro reddito. Queste persone sono chiamate “luddiste” ancora oggi. Gli economisti neoclassici hanno liquidato questa tesi come priva di senso. Sostengono che questa linea di ragionamento è fallace, errata. Nel 2003, l’economista Alex Tabarrok pronunciò questa celebre frase: Se la fallacia luddista fosse vera, saremmo tutti disoccupati perché la produttività, in questi due secoli, ha continuato a crescere17 . E in effetti, guardandoci attorno, potrebbe sembrare che i luddisti si siano davvero sbagliati. Sul futuro dell’economia, i numeri del passato giustificano l’ottimismo più roseo. L’automazione e la meccanizzazione sono stati introdotti costantemente, trainando la produttività. Abbiamo realizzato più lavoro con meno manodopera. Le industrie hanno sfornato più prodotti. Si è generato più benessere. Ma l’esigenza totale di manodopera non aumentava. Con la crescita dell’economia, poi, cresceva anche lo standard di vita. E questo ha ridefinito la percezione di cosa sia necessario per una vita agiata. L’uomo più ricco del mondo, cent’anni fa, non poteva neanche sognare di possedere un piccolo apparecchio elettronico in grado di connettersi con chiunque volesse, in qualsiasi parte del mondo. Oggi invece la maggior parte delle persone trova inconcepibile vivere senza un telefono cellulare. L’accesso a questi ultimi si è esteso anche alle popolazioni più povere. C’è chi si è spinto a dire che i più poveri di oggi stiano meglio dei più ricchi re del passato. Non condivido letteralmente questa affermazione, perché questi prodigi tecnologici costano spesso meno del cibo. Però rende l’idea. Negli ultimi due secoli, ci siamo continuamente affidati alle macchine per aumentare la produttività, ma queste non ci hanno scalzato. Al contrario, abbiamo creato nuovi lavori, nuovi settori e nuove opportunità. Le macchine ci hanno

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11 permesso di diventare più creativi, più produttivi. Trasferendoci dal settore agricolo a quello manifatturiero, e infine a quello dei servizi, abbiamo iniziato a espandere il nostro dominio sul pianeta. E se la tesi che l’automazione causi disoccupazione è sbagliata, allora non c’è nulla di cui preoccuparsi troppo. In tal caso, il vertiginoso tasso di disoccupazione che stiamo sperimentando oggi, nel 2012 (8.2% negli USA, 24.1% in Spagna, 21.7% in Grecia, 14.5% in Irlanda18 ) riflette solo uno dei tanti cicli dell’economia, e nulla più. Oppure è dovuto a politiche inefficaci. O a politici incompetenti. O alla bolla finanziaria dei mutui subprime che è esplosa un paio di anni fa. O ancora, magari, a una combinazione di tutto ciò. Se le cose stanno così, allora dobbiamo solo eleggere politici migliori, chiedere riforme migliori e ridurre l’influenza del settore finanziario nell’economia. In altre parole, è solo una questione di tempo prima che le cose tornino alla normalità. Basta tornare sui nostri passi, lavorare sodo e tutto si sistemerà. Mi piacerebbe crederlo. Davvero. Ma forse la realtà è diversa. Queste risoluzioni sono certamente auspicabili, anzi necessarie se vogliamo creare una società migliore in cui vivere, ma potrebbero non bastare. Infatti, a prescindere da quanto ci impegnamo, da quanto sia capace la nuova generazione di politici, da quanto bene vadano i nostri affari, o da quanto ingegnosi possiamo essere, potremmo non uscire mai da questa crisi. Non sappiamo se le cose andranno così. Ma è una possibilità che dovremmo prendere in considerazione e valutare con attenzione. Kurt Vonnegut affermò di aver detto, nel discorso alle diplomate di una scuola privata femminile:19 Le cose andranno inimmaginabilmente peggio e non miglioreranno. Mai. Lo so, non è esattamente ciò che volevate sentire. I livelli crescenti di disoccupazione degli scorsi anni potrebbero solo essere la punta di un enorme iceberg, e noi potremmo navigare sul Titanic economico del 21esimo secolo. Vorrei credere che questo sia solamente pessimismo ingiustificato. Ma le credenze sono fortemente influenzate dalle emozioni, e alla verità non interessa ciò che crediamo. È quella che è, e basta. Come dovremmo, dunque, affrontare questo enigma? Sarete degli eterni ottimisti, fiduciosi nel potere del mercato di adattarsi a ogni nuova sfida? O degli incorreggibili pessimisti, che si credono condannati, senza più speranza? Da che parte vi schiererete? Non credo si tratti di schierarsi. O di credenze. O di sensazioni viscerali. Voglio prendere una posizione il più oggettiva possibile. Credo nei buoni dati e in una buona logica nell’interpretarli. Penso che dovremmo mettere da parte

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CAPITOLO 2. LA FALLACIA LUDDISTA

le nostre ideologie, le nostre intuizioni personali e usare la ragione per cercare di predire il futuro sfruttando le informazioni a disposizione. Se è questo che vogliamo fare, prima dovremo soffermarci su alcune nozioni. Non sono cose troppo difficili: in realtà sono molto semplici, se spiegate a dovere. Ma sono anche nozioni molto interessanti e sorprendenti, che ci aiutano a comprendere meglio il mondo intorno a noi. Potreste non crederci, ma queste nozioni sono così basilari che potrebbero essere facilmente insegnate alle scuole elementari, eppure ancora oggi incontro laureati che non riescono a comprenderne neppure le basi. Ovviamente queste persone l’intelligenza per comprenderle l’avrebbero; ma non è mai stato insegnato loro a pensare al futuro con questi strumenti. Da parte mia, farò del mio meglio per spiegarvi queste idee. Se riuscirò nel mio intento, sarete in grado di assimilare questi concetti abbastanza facilmente, e grazie a essi vedrete il mondo da una prospettiva completamente diversa. Avrete gli strumenti necessari per approcciarci a questo compito impegnativo, e decidere da soli in quale schieramento del dibattito prendere posizione. Da allora “decolleremo”, penseremo al futuro e vedremo come, di conseguenza, vivere meglio. Cominciamo.

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C APITOLO 3

L A CRESCITA ESPONENZIALE

U

no dei concetti più importanti, e tuttavia meno compresi, della nostra vita è la natura della funzione esponenziale. Potreste aver già incontrato questo termine. Magari scritto in qualche articolo di giornale nella sezione di tecnologia, brevemente citato e quasi non spiegato. Oppure avrete sentito parlare di “interesse composto” mentre accendevate un prestito in banca. Naturalmente, di norma si sorvola sul vero significato e raramente qualcuno spiega di cosa si tratti veramente. Eppure condiziona l’economia, ogni aspetto della nostra vita e le decisioni che dobbiamo prendere per il futuro. Comprendere la forza della progressione esponenziale è indispensabile, per apprezzare l’analisi presentata in questo libro. Albert Bartlett, professore emerito di Fisica all’Università di Colorado-Boulder, dichiarò in una sua famosa conferenza che “la più grave mancanza della razza umana è la sua incapacità di comprendere la funzione esponenziale.”’20 Non è un’affermazione da poco. Dal 1969 a oggi, il professor Bartlett ha tenuto più di 1600 conferenze su Aritmetica, Popolazione ed Energia, cercando di informare quante più persone possibili sui pericoli che comporta la mancata comprensione di questo concetto cruciale. Io vorrei che riusciste, in questo capitolo, a comprendere a fondo la funzione esponenziale. Vorrei che coglieste l’intuizione sottostante. Non importa se siete laureati in filosofia, o in economia, se siete disoccupati, se avete abbandonato l’Università o al contrario vi insegnate, o se amministrate una multinazionale; capita spesso che gente come loro non comprenda a fondo cosa sia una crescita esponenziale. Ma voi dovete comprenderlo, è indispensabile. In vita mia ho tenuto molte conferenze, a tutti i tipi di ascoltatori, e anche i più colti tra loro si trovavano in difficoltà davanti a esempi molto semplici di crescita esponenziale. La cosa curiosa è che lo stesso concetto, una volta spiegato a dovere, diventava ovvio per tutti, profani compresi. Ciò mi riempie di speranza, perché è fondamentale che tutti capiscano cosa significhi e cosa 13

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CAPITOLO 3. LA CRESCITA ESPONENZIALE

implichi una crescita costante per un certo numero di anni. Bando alle ciance, siete pronti? Bene, diamoci da fare! La funzione esponenziale serve a descrivere la dimensione di qualunque cosa cresca in modo costante nel tempo. Per esempio, immagina di dover comprare una cosa e che la banca ti conceda un prestito al 7% di interessi. Ciò significa che ogni anno la somma di denaro che devi alla banca cresce del 7%. Il primo anno la quantità cresce di poco (fino al 107% della somma iniziale), ma l’anno successivo crescerà in base all’ultimo importo, non rispetto a quello iniziale. Quindi sale al 107% del 107%. L’anno dopo crescerà ancora di più e avanti di questo passo. Potete immaginare a quanto ammonterà il capitale nel giro di 20 anni? Non è così semplice, a meno che non abbiate fatto un corso di statistica all’Università. Non voglio approfondire qui la matematica della funzione esponenziale (anche se vi consiglio di farlo, è molto interessante). Voglio spiegarvi il concetto in termini chiari ed efficaci, quindi vi darò una formula semplice da usare. Basta che conosciate la matematica di prima elementare. Se volete sapere in quanto tempo raddoppia una quantità che cresce a un tasso fisso, prendete il numero 70 e dividetelo per quel tasso di crescita21 . La formula del tempo di raddoppio è: Tempo di raddoppio =

70 Tasso di crescita costante

Torniamo al nostro esempio. La crescita era del 7% all’anno. Non sembrava così sconcertante prima, giusto? Ora, prendete 70, dividetelo per 7, otteniamo 10. Significa che ogni 10 anni circa il capitale che dobbiamo alla banca raddoppia. Era semplice, o no? Bene, perché lo è. Si tratta di un calcolo che anche un bambino di 10 anni può fare senza problemi, eppure molti politici, urbanisti ed economisti mondiali non riescono a capirlo. Per essere onesti, tutti gli economisti hanno seguito un corso di statistica all’Università, e la regola del 70 (o una delle sue varianti 22 ) è ben nota agli accademici. Ma se il calcolo può essere facile, ciò che il raddoppio implica nel tempo è molto meno ovvio e profondamente incompreso. Finora abbiamo visto cosa prevede il raddoppio del capitale iniziale. Esploriamo ora gli effetti del raddoppio nel tempo. Immaginiamo di aver preso in prestito $100.000 dalla banca al 7% di interesse. Come abbiamo visto prima, in appena 10 anni dovremo alla banca $200.000, il doppio della quota iniziale. Ma cosa succederà in 20 anni? Non saranno $300.000, ma $40.000, che è il doppio della precedente somma di $200.000 (che era a sua volta il doppio di quella iniziale). E in 30 anni? Sì, ben $800.000! Altri dieci anni e arriviamo a $1.6 milioni. Ancora qualche anno e dovreste restituire più di quanto guadagnerete in tutta la vostra vita. Fortunatamente, molti prestiti non superano il limite di 30 anni. Ma cosa accadrebbe tutte quelle altre cose, che prestiti ipotecari non sono,

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3.1. QUANDO LA POTENZA ESPLODE

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e crescono per più di 30 anni? Allacciate le cinture, perché abbiamo appena iniziato.

3.1 QUANDO LA POTENZA ESPLODE L’idea di crescita esponenziale non è di certo una novità. Infatti risale a migliaia di anni fa. La leggenda vuole che quando il creatore degli scacchi, secondo qualcuno un antico matematico Indiano23 , mostrò la sua invenzione al governante del paese, lo compiacque a tal punto che questo gli diede il diritto a un premio per la sua invenzione. L’uomo, molto saggio, chiese al re che per il primo quadrato della scacchiera gli fosse dato un chicco di grano, due per il secondo, quattro per il terzo e avanti così per il quarto, raddoppiando la quantità ogni volta. Il Re, che non aveva la minima idea del potere della funzione esponenziale, accettò l’offerta dell’inventore (offendendosi anche per una richiesta a suo avviso tanto modesta) e ordinò al tesoriere di contare il grano e consegnarglielo. Passarono alcuni giorni, l’inventore ricevette solo una manciata di chicchi e il Re fu alquanto perplesso. Qualche giorno dopo. . . vedete cosa sta accadendo? Abbiamo cominciato con 1, il giorno dopo raddoppiamo, quindi abbiamo 2 chicchi. Il giorno dopo sono 4. Poi 8, 16, 32, 64, 128, 256, 512... in appena 10 giorni siamo passati da 1 a 1024 chicchi. 10 raddoppiamenti vi danno una crescita di 1000 volte rispetto alla somma iniziale. Qui la situazione decolla. Altri 10 raddoppiamenti e avete 1 milione di chicchi. Altri 10: un miliardo di chicchi. Poi un trilione... possiamo fermarci qui. Abbiamo già oltrepassato il limite del nostro cervello. La tabella è una rappresentazione grafica che descrive il processo24 : Sull’intera scacchiera ci saranno 264 ° 1 = 18.446.744.073.709.551.615 chicchi di grano, che pesano 461.168.602.000 tonnellate quadrate. Dev’essere un bel po’ di grano. Ma di quanto grano stiamo parlando, esattamente? Più di quanto il Re si potesse permettere, questo posso dirvelo con certezza. Sarebbe infatti un cumulo più grande del Monte Everest, il monte più alto sulla Terra, con un picco di 8.848 metri (29.029 piedi) sul livello del mare. È molto grano. Potrebbe ben essere una quantità maggiore di quella prodotta in tutta la storia dell’umanità. Per quanto impressionante e incredibile sembri, dobbiamo ricordarci che non è solo una curiosità intellettuale, o una storia arguta e bella da raccontare. È una storia che ci aiuta a comprendere il mondo intorno a noi e a fare previsioni su come dovremmo costruire il nostro futuro. Negli ultimi tre anni ho tenuto molte discussioni, e spesso mi piace fare un piccolo gioco con il pubblico, per testare la loro comprensione della crescita

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CAPITOLO 3. LA CRESCITA ESPONENZIALE

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64

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512

1024

2048

4096

8192

256

512

1024

2048

4096

8192

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32768

65536

131K

262K

524K

1M

2M

4M

8M

65536

131 072

262 144

524 288

1 048 576

2 097 152

4 194 304

8 388 608

16M

33M

67M

134M

268M

536M

1G

2G

16 777 216

33 554 432

67 108 864

134 217 728

268 435 456

536 870 912

1 073 741 824

2 147 483 648

4G

8G

17G

34G

68G

137G

274G

549G

4 294 967 296

8 589 934 592

17 179 869 184

34 359 738 368

68 719 476 736

137 438 953 472

274 877 906 944

549 755 813 888

1T

2T

4T

8T

17T

35T

70T

140T

1 099 511 627 776

2 199 023 255 552

4 398 046 511 104

8 796 093 022 208

17 592 186 044 416

35 184 372 088 832

70 368 744 177 664

140 737 488 355 328

281T

562T

1P

2P

4P

9P

18P

36P

281 474 976 710 656

562 949 953 421 312

1 125 899 906 842 624

2 251 799 813 685 248

4 503 599 627 370 496

9 007 199 254 740 992

18 014 398 509 481 984

36 028 797 018 963 968

16384 32768

72P

144P

288P

576P

1E

2E

4E

9E

72 057 594 037 927 936

144 115 188 075 855 872

288 230 376 151 711 744

576 460 752 303 423 488

1 152 921 504 606 846 976

2 305 843 009 213 693 952

4 611 686 018 427 387 904

9 223 372 036 854 775 808

Figura 3.1: In alto a sinistra si comincia con 1 chicco. Si continua a destra con 2, 4, 8, 16... poi il numero diventa troppo elevato, e iniziamo a usare la notazione binaria: K=kilo (mille), M = Mega (1 milione), G = Giga (1 miliardo), T = Tera (1 trilione), P = Peta (1 quadrilione), E = Exa (1 quintilione).

esponenziale. Molte persone non lo capiscono immediatamente, anche tra gli spettatori più colti, quindi non scoraggiatevi se non lo afferrate al volo. Immaginate un bicchiere vuoto (tecnicamente un bicchiere è fatto di vetro ed è pieno d’aria, ma cercate di seguirmi). Metteteci dentro dei batteri e lasciateli replicare, dando loro del cibo. Il processo di replicazione raddoppia il numero di batteri ogni minuto. Dopo 60 minuti il bicchiere è pieno, e siccome non c’è più spazio per il cibo, i batteri muoiono. La domanda è: quale percentuale del bicchiere è piena al minuto 55? Quanto direste? Prendete una matita e usate questa pagina vuota per scrarabocchiare, disegnare e fare alcuni calcoli. La risposta è alla pagina seguente, ma

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3.1. QUANDO LA POTENZA ESPLODE

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NO BACTERIA

?

FULL OF BACTERIA

GLASS AT MINUTE 0

GLASS AT MINUTE 55

GLASS AT MINUTE 60

Figura 3.2: Sulla sinistra, al minuto zero, non ci sono batteri nel bicchiere. Sulla destra, dopo un certo numero di raddoppi, i batteri l’hanno riempito completamente. Ma cosa succede al minuto 55 (al centro)?

vi invito a divertirvi provando a risolvere il quesito da soli. Scarabocchiate, disegnate e divertitevi!

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CAPITOLO 3. LA CRESCITA ESPONENZIALE

Spero che abbiate provato a risolverlo da soli, perché imparare è molto più appagante quando avviene interattivamente. Se non l’avete fatto, peggio per voi.

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In realtà, i batteri hanno riempito solo il 3.125% del bicchiere. Ma come può essere? Semplice: se raddoppiano ogni minuto e riempiono l’intero bicchiere in 60 minuti, allora avranno riempito metà del bicchiere il minuto prima del 60esimo (o il 50% dopo 59 minuti), metà di questo il minuto prima del 59esimo (o 25% dopo 58 minuti) e così via. La tabella 3.1 è un riassunto degli ultimi 10 minuti, a partire dalla fine. Ora tutto ha più senso, vero? All’improvviso diventa chiaro, perfino ovvio. Chi non potrebbe arrivarci? È talmente semplice! Evidentemente, no. Le risposte più comuni sono tra il 50 e il 90%. Anche i laureati generalmente sbagliano. Per non parlare dei politici. Torneremo sul punto nell’Appendice, con altri esempi di vita reale. Per ora, penso di poter affermare che tutti noi capiamo cosa sia la crescita costante. Vediamo ora come questo si applichi al principale argomento di questo capitolo: la tecnologia dell’informazione.

Tempo Impiegato 60 minuti 59 minuti 58 minuti 57 minuti 56 minuti 55 minuti 54 minuti 53 minuti 52 minuti 51 minuti

Quantità riempita 100,000% 50,000% 25,000% 12,500% 6,250% 3,125% 1,563% 0,781% 0,391% 0,195%

Tabella 3.1: Crescita esponenziale dei batteri in un bicchiere negli ultimi 10 minuti.

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C APITOLO 4

L A TECNOLOGIA DELL’ INFORMAZIONE

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ra che sappiamo cos’è la funzione esponenziale, possiamo cominciare a leggere le cose in modo più informato. Potreste aver già sentito parlare della Legge di Moore, stando alla quale il numero di transistor inseribili in un circuito integrato raddoppia ogni due anni circa. La potenza di un computer, quindi, ogni 24 mesi circa raddoppia. Quando nel 1965 Gordon E. Moore, cofondatore della Intel Corporation, la più grande produttrice al mondo di chip semiconduttori, descrisse questa tendenza nel suo famoso saggio25 , la gente era molto scettica. Moore si accorse che dall’invenzione del circuito integrato, nel 1958, fino al 1965 il numero di componenti dei suoi circuiti integrati era raddoppiato ogni anno, e predisse che tale andamento sarebbe continuato “per almeno dieci anni”. Molti non gli credettero e ritennero la sua predizione poco accurata: non potevano credere che crescesse ulteriormente, a causa di vari problemi tecnici. Ma gli scettici avevano torto. Il raddoppio, anzi, è continuato per altri 50 anni, senza alcun segno di arresto. Ma la Legge di Moore non racconta l’intera storia. L’espansione esponenziale della tecnologia ha continuato a crescere indisturbata per molto tempo ancora, e i circuiti integrati sono solo una piccola frazione dello spettro completo dei cambiamenti in corso nel progresso tecnologico. Kurzweil26 notò che la Legge di Moore sui Circuiti Integrati non era il primo, bensì il quinto paradigma a descrivere l’accelerazione del rapporto qualitàprezzo. I dispositivi elettronici hanno incrementato costantemente la loro potenza (per unità di tempo), dai dispositivi di calcolo meccanici usati nel Censimento degli USA nel 1890, alla “Bomba” di Turing che decifrò il codice nazista Enigma, al computer UNIVAC, con tubi a vuoto, che predisse l’elezione di Eisenhower, alle macchine a transistor usate durante il primo lancio spaziale, fino al personal computer con circuiti integrati che Kurzweil usò per dettare il saggio che descriveva questo fenomeno nel 2001. Per farci un’idea di cosa significa crescita esponenziale, guardate il seguente 19

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CAPITOLO 4. LA TECNOLOGIA DELL’INFORMAZIONE

grafico, che rappresenta la differenza tra l’andamento lineare e quello esponenziale.

Figura 4.1: La differenza tra una curva lineare e una esponenziale. Per gentile concessione di Ray Kurzweil.

Come potete vedere, l’andamento esponenziale inizia a decollare in corrispondenza del “ginocchio? della curva. Prima, le cose non sembrano cambiare significativamente. È proprio quello che avveniva nella storia della scacchiera e del re. Nei primi giorni non succede nulla di eclatante; ma appena superato il “ginocchio”, le cose cambiano radicalmente e vanno fuori controllo. Se elaborassimo lo stesso grafico su scala logaritmica, la linea che rappresenta la crescita esponenziale – che nel primo grafico va presto fuori controllo – sembrerebbe molto più facile da rappresentare. Sull’asse delle ascisse (verticale), che rappresenta la quantità, anziché muoverci da 20 a 40 a 60, ci muoveremmo da 10 a 100 a 1.000. Quindi, la curva che nel grafico lineare “sfondava il tetto” in breve tempo, in un piano logaritmico sarà una linea retta. Ora dovreste capire perché utilizziamo la scala logaritmica, quando parliamo di crescita esponenziale – non ci sarebbe abbastanza spazio per mostrare la curva, altrimenti.

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21 Ma c’è di più: quando Kurzweil cominciò a mappare su un grafico i più veloci calcolatori del mondo dal 1900 in poi, scoprì una cosa sorprendente. Ricordate che una linea retta, in un grafico logaritmico, rappresenta la crescita esponenziale? Se pensate che quella crescita sia rapida, non avete ancora visto nulla. Date un’occhiata a questo grafico.

Figura 4.2: La Crescita Esponenziale della potenza di calcolo negli ultimi 100 anni. Per Gentile Concessione di Ray Kurzweil.

Il piano è logaritmico, badate. Potete notare che sull’asse delle ascisse, il numero 10 cresce di cinque ordini di magnitudo a ogni step (a ogni step aumenta cioè di 100.000 volte!), ma la curva non è una linea retta. Vediamo invece una crescita verso l’alto. Ciò significa che c’è un’altra curva esponenziale. Il tasso di crescita esponenziale, quindi, non è costante ma cresce esponenzialmente a sua volta! Considerando che abbiamo appena capito la forza della crescita esponenziale, direi che è la cosa è degna di nota. La velocità di un computer (per unità di costo) raddoppiò ogni tre anni tra il 1910 e il 1950, poi ogni due anni tra il 1950 e il 1960, e adesso sta raddoppiando ogni anno. La potenza dei computer non sta semplicemente aumentando. Anno dopo anno, sta aumentando sempre più in fretta. Stando ai dati a nostra disposizione, possiamo estrapolare che l’aumento

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CAPITOLO 4. LA TECNOLOGIA DELL’INFORMAZIONE

continuerà nel futuro prossimo, diciamo per altri 30 anni almeno. Poi, a un certo punto, toccherà i limiti fisici imposti dalle leggi della natura, e il suo aumento dovrà rallentare. Alcuni, tuttavia, suggeriscono che potremmo aggirare il problema, una volta raggiunta la Singolarità. La Signolarità Tecnologica si riferisce al momento in cui la velocità del cambiamento tecnologico sarà tale da non poter prevedere cosa avverrà. In quel momento, l’intelligenza dei computer supererà quella umana e non saremo neppure in grado di comprendere i cambiamenti in corso. Il termine era stato inizialmente coniato dallo scrittore di fantascienza Vernon Vinge, e divulgato da altri autori, e principalmente Ray Kurzweil, coi suoi libri L’Era delle Macchine Spirituali e La Singolarità è Vicina. Questa idea, comunque, è altamente speculativa, e valutarne la fattibilità va molto oltre gli scopi di questo libro. Mi limito a dire che, perché le macchine sostituiscano la maggior parte dei lavori umani, la Singolarità non è un requisito fondamentale, come vedremo nei seguenti capitoli. Che condividiate la nozione di singolarità oppure no, non importa. I dati sono chiari, i fatti sono fatti, e basta pensare a cosa avverrà tra qualche anno per giungere in ogni caso a conclusioni allarmanti. Il Test di Turing è un esperimento proposto nel 1950 dal brillante matematico inglese, e padre dei computer, Alan Turing. Immaginate di entrare in una stanza con un computer in cima a una scrivania, che aspetta solo voi. Notate che c’è una finestra di chat e due conversazioni aperte. Appena iniziate a scrivere qualche messaggio, vi informano che state effettivamente parlando con una persona e una macchina. Avete tutto il tempo che volete per distinguere l’una dall’altra. Bene: se non siete in grado di notare la differenza, la macchina ha passato il test. Ci sono molte varianti dello stesso esperimento, alcune con più interlocutori, di cui tutte macchine o tutti umani, così da fuorviarvi. In ogni caso, l’idea principale è chiara: la capacità di conversare con un linguaggio naturale determina se sei umano oppure no. Una macchina che superasse il Test di Turing può dirsi dotata di un livello di intelligenza umana, o almeno di intelligenza percepita umana (se consideriamo che l’intelligenza non deve per forza essere reale, quando si tratta di questo argomento). Alcuni la chiamano Intelligenza Artificiale Forte (IA Forte), e la ritengono un mito irraggiungibile, perché il cervello è complicato, molto più della somma dei suoi componenti individuali. Costoro insistono sul fatto che il cervello opera attraverso processi di meccanica quantistica sconosciuti e incomprensibili, e che ogni sforzo di comprenderlo attraverso delle macchine sia pura fantasia. Altri al contrario affermano che il cervello sia solo una macchina biologica, non molto diversa da qualsiasi altra macchina, e che sia solo una questione di tempo prima che le macchine artificiali riescano a surclassarlo. È un argomento affascinante, che richiede un’approfondita analisi.

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23 Forse lo tratteremo in un altro libro. Per ora concentriamoci sul presente, che conosciamo, e sul futuro prossimo. Come vedremo, non c’è alcuna necessità di raggiungere l’IA Forte perché le macchine cambino per sempre la natura dell’economia, dell’impiego e delle nostre vite. Inizieremo con lo scoprire cos’è l’intelligenza, come può essere utile e se le macchine sono diventate intelligenti, forse più di noi.

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C APITOLO 5

L’ INTELLIGENZA

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’è una grande confusione sul significato della parola intelligenza, soprattutto perché nessuno sa bene cosa sia. Sono stati proposti vari tentativi di definizione, ma quando li si confronta con domande logiche e informate si rivelano inadeguati. Il Dizionario di Inglese Oxford dà questa definizione: Intelligenza: La capacità di acquisire e applicare conoscenze e abilità. Una definizione tanto generica può ben includere gli animali, in particolare le scimmie antropomorfe, nella categorie degli esseri “intelligenti”. Ma possiamo fare lo stesso con i software. Pensate a Google. Acquisisce conoscenze (con la scansione delle pagine web), e mette in pratica le sue abilità (ritornando i risultati della ricerca in base alle conoscenze acquisite). Un aiuto in questa ricerca potrebbe provenire dall’etimologia della parola, che deriva dal latino intellegentia, ovvero “capacità di scegliere tra due cose” Potremmo perciò ridefinire la parola con “la capacità di acquisire conoscenze, mettere in pratica le proprie abilità e compiere scelte informate”. La maggior parte delle persone non ritiene che le macchine possano essere “intelligenti”, quando si usa il termine nel suo senso più comune. Certo, possono fare scelte in base ad algoritmi deterministici o eventi probabilistici, ma non capiscono nulla. Le macchine non capiscono ciò che stanno facendo, o il motivo per cui lo stanno facendo. Sembra perfino bizzarro utilizzare il verbo “capire”, quando si tratta di macchine. Non si può applicare, a loro. Qualsiasi cosa facciano, è una cosa loro, e noi siamo diversi. Questa è la tesi prevalente, sia presso il grande pubblico che negli ambienti accademici. C’è un famoso esempio, chiamato La Stanza Cinese27 , che illustra questo concetto, ma credo sia abbastanza noioso, quindi vorrei proporvene uno leggermente diverso, una storia personale. Qualche anno fa, camminando per i corridoi della mia Università, mi sono imbattuto in un mio amico. Sembrava al settimo cielo, quindi gli chiesi a cosa 25

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CAPITOLO 5. L’INTELLIGENZA

dovesse tutta quella eccitazione. Rideva come un matto, il che mi rese ancora più curioso. Dopo aver ripreso fiato disse che erano usciti i risultati dell’ultimo esame. Alcuni giorni prima si era dimenticato di dover sostenere l’esame ed era andato a farlo senza sapere nulla. Era un tipo che dormiva addirittura in classe, quindi non c’era speranza che rispondssre correttamente a qualche domanda basandosi sul buon senso. “Be’?” gli chiesi. “Non avevo la più pallida idea di cosa stesse succedendo. Poi ho notato che era un test a risposta multipla. Ho solo crociato AC/DC più e più volte, dall’inizio alla fine.” Gli diedi un facepalm da Picard28 . Poi lui scoppiò di nuovo a ridere. “Ciccio, ho preso 87%! Il secondo migliore della classe!”. Cosa possiamo apprendere da questo aneddoto? Escludendo una dubbia intercessione del Dio dell’Heavy Metal, una cosa è chiara: non aveva capito nulla di quello che c’era nel test, ma agli occhi del professore era intelligente. Anzi, era la seconda persona più intelligente della classe, almeno per quella materia. Ma solo perché risponde correttamente alle domande, non significa che una persona abbia capito qualcosa. Potrebbe essere fortuna. O forse si sa applicare meccanicamente una quantità di regole per arrivare al risultato. Tuttavia falliremmo miseramente, se le domande cambiassero anche di poco. Alcuni la chiamano semantica (dal Greco semantika, neutro plurale di semantikos), che è lo studio del significato. Ma cosa dà significato, esattamente? Possiamo quantificare il significato in maniera oggettiva? Credo di no. Cose, situazioni, frasi, sono tutte di per sé inerti. Non hanno uno scopo, né un significato intrinseco. Siamo noi ad attribuirl. Se non mi credete, provate questo esperimento: prendete una banconota da 20e(o il suo equivalente) dal vostro portafoglio. È solo un pezzo di carta. Un sottile strato di cellulosa con dell’inchiostro stampato sopra. In sé non ha nessun valore, significato o scopo. Buttatela per strada, ora: posso garantirvi che non ci rimarrà a lungo. Questo perché le diamo significato, la valutiamo attraverso un accordo collettivo. Ma alla banconota di carta non importa molto se starà lì o se verrà raccolta. Facciamo adesso la stessa cosa con i computer. Possono di certo sembrare intelligenti. Possono reggere il passo con gli umani, e in alcuni casi surclassare molti di noi, anche con abilità di alto livello come manipolazione del linguaggio, giochi di parole e composizioni musicali (ne parleremo meglio in questo capitolo). Ma come possiamo capire se intendono dire ciò che dicono, o se ci capiscono qualcosa? La risposta giusta, secondo me, è che non lo sappiamo. E potremmo non saperlo mai perché ai computer la domanda neppure si può applicare. Forse l’intelligenza non è una proprietà che esiste indipendentemente dal suo ambiente, e in definitiva è un qualcosa che siamo noi a vedere negli altri. O, come sostiene Rodney Brooks:29

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27 ”L’Intelligenza è negli occhi di chi osserva” Sarebbe certamente un argomento affascinante di cui parlare, e vi sono stati dedicati molti ottimi libri30 ; ma ha poca rilevanza quando si parla di come l”’intelligenza” delle macchine abbia cambiato profondamente la nostra cultura, e tra poco cambierà drasticamente l’economia e il nostro modo di vivere. Da un punto di vista puramente pratico, se tutto ciò che ci serve è svolgere un compito, non importa se chi lo fa è realmente “intelligente” o se capisce veramente cosa succede e perché. Tutto ciò che ci interessa è il risultato e la sua percentuale di successo. Mi rendo conto di non aver definito l’intelligenza, né abbiamo dimostrato se le macchine sono effettivamente intelligenti o no. Ma abbiamo dato all’analisi un taglio pratico, che ci permette di valutare l’utilità dell’intelligenza, non il suo significato. Approfondiamo ora il campo dell’Intelligenza Artificiale, o l’abilità delle macchine di comportarsi “intelligentemente”.

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C APITOLO 6

L’ INTELLIGENZA ARTIFICIALE

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evo confessarvi una cosa. Scegliendo il titolo del libro, I robot ti ruberanno il lavoro, non sono stato del tutto onesto. I robot vi ruberanno sì il lavoro, prima o poi, ma prima di loro ci sarà qualcos’altro. Anzi, quel qualcosa c’è già, ed è molto più diffuso di quanto una qualunque macchina fisica potrebbe mai. Sto parlando naturalmente dei software, dei programmi informatici in generale. Pianificazione e programmazione automatica, Apprendimento automatico, Trattamento automatico del linguaggio, Percezione artificiale, Visione artificiale, Riconoscimento vocale, Emotività artificiale, Creatività computazionale, sono tutti campi di Intelligenza Artificiale che possono felicemente ignorare le complicate questioni tecniche della Robotica. È molto più semplice potenziare un algoritmo che costruire un robot migliore. Un titolo come “L’Intelligenza delle Macchine e gli algoritmi informatici ti stanno già rubando il lavoro e lo faranno ancor più in futuro” sarebbe dunque stato più preciso – ma meno accattivante. Nell’immaginario collettivo, la macchina intelligente è un robot antropomorfo che svolge i nostri compiti quotidiani, somigliandoci sempre più nell’aspetto e nelle azioni (grazie, Hollywood). In realtà gli agenti più “intelligenti” non necessitano di un corpo fisico e operano per lo più a livello di computazione. Il meglio di sé lo danno nell’elaborazione e aggregazione di dati. Ironicamente, è più difficile automatizzare una domestica che sostituire un radiologo31 . Un radiologo è un dottore specializzato nell’interpretare immagini generate da tecnologie di scannerizzazione medica, ed è un ramo di specializzazione molto comune tra i medici delle nuove generazioni, perché offre uno stipendio relativamente alto, ore di lavoro regolari, weekend liberi e nessuna emergenza (lo svantaggio, d’altro canto, è che si tratta di un impiego molto ripetitivo). Ma benché richieda almeno tredici anni di studio ed esercizio dopo la scuola superiore, è un lavoro abbastanza semplice da automatizzare32 . Pensateci: sostanzialmente, si tratta di analizzare e valutare immagini, i cui parametri sono ben definiti perché derivanti, di norma, dai dispositivi di scansione 29

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stessi. Si tratta di un sistema chiuso, con un numero di variabili ben conosciuto e più o meno definito, e il processo è ripetitivo. Ciò significa che un database di informazioni (tredici anni di studio ed esercizio) connesso a un sistema di ricognizione visuale (il cervello del radiologo) è un processo che esiste già oggi, e che trova molte applicazioni. I software per il riconoscimento di schemi visivi sono già molto sofisticati; un esempio è Google Immagini. È possibile caricare immagini sul sistema di ricerca; Google usa poi tecniche di visione computerizzata per collegare la tua immagine ad altre già presenti nel suo indice o in altre collezioni aggiuntive. E a partire da questi collegamenti, cerca di descrivere nel modo più accurato possibile la tua immagine, oltre a trovare altre immagini con lo stesso contenuto della tua.

Figura 6.1: Homepage di Google Immagini. Potete vedere l’icona della macchina fotografica sulla destra della barra: cliccandola, potete caricare l’immagine.

Figura 6.2: Carico la mia immagine chiamata “indovina-cosa-sono.jpg”

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Figura 6.3: Il software riconosce, correttamente, che si tratta del Robot ASIMO della Honda, e offre immagini simili. Notare che le immagini proposte mostrano ASIMO in differenti posizioni e angolazioni, non la stessa immagine in dimensioni diverse. Questo algoritmo riconosce dunque milioni di schemi diversi, dimostrando un’intelligenza “generale”. Un software “ristretto”, preposto a riconoscere un solo schema specifico, è invece più semplice da sviluppare, ma deve essere molto più accurato (perché la posta in gioco è più elevata).

Allo stesso modo, molti governi hanno accesso a software che possono aiutare a identificare i terroristi negli aeroporti, basandosi sulle immagini riprese dai circuiti di sicurezza33 . A Londra, e in molte altre città, le telecamere a circuito chiuso sono equipaggiate con sistemi avanzati che registrano i volti delle persone e possono aiutare la polizia a identificare potenziali criminali34 . La radiologia è già soggetta alla delocalizzazione, in India e in altri luoghi dove lo stipendio medio per lo stesso compito è 10 volte inferiore35 . Quanto tempo passerà, secondo voi, prima di essere tutti “delocalizzati” da lavoratori cui non serve uno stipendio, ma solo una manciata di elettroni? Il lavoro di una domestica (che non richiede istruzione formale o capacità particolari) è al contrario davvero complicato per un robot. Richiede capacità di coordinazione e movimento in un ambiente 3D estremamente sofisticato. Bisogna riconoscere migliaia di oggetti, muoversi liberamente per casa, fare le scale,

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modulare la forza con estrema cura, prendere milioni di decisioni al secondo; il tutto consumando poca energia e per meno dei $15 all’ora di una domestica umana. Il più sofisticato robot esistente, l’ASIMO della Honda appunto, costa milioni di dollari e non svolge queste funzioni bene come una domestica umana. Certo, prima o poi arriveranno robot economici, affidabili e antropomorfi. Ma per ora, è l’AI a farla da padrona.

6.1 PIÙ INTELLIGENTE, PIÙ EFFICACE, PIÙ RAPIDO, PIÙ FORTE Potreste credere che i computer siano stupidi, perché a differenza di noi non colgono il senso di ciò che fanno. Il che è vero: se mostrate un’immagine a un bambino piccolo, vi dirà immediatamente se si tratta di una persona, un libro o un gatto. I computer non funzionano così. È molto difficile, per un software, riconoscere gli schemi bene come noi. Per noi è molto facile guardare delle immagini, coglierne l’insieme e capire cosa rappresentano. Ci riusciamo grazie a questa facoltà unica di riconoscimento degli schemi, che ci ha dato un vantaggio evolutivo sulle altre specie nella lotta per la sopravvivenza. I software, d’altro canto, non hanno dovuto evolversi come i nostri cervelli, infatti funzionano in maniera differente. Possono fare calcoli matematici molto complessi, risolvere milioni di equazioni differenziali in un secondo, mentre per molti di noi anche la matematica di base è uno scoglio duro. L’interpretazione di un’immagine, invece, che a noi riesce bene senza sforzo, rappresenta ancora una sfida fondamentale per l’Intelligenza Artificiale 36 . I computer macinano dati, mentre noi diamo loro un senso: è andata così per molto tempo. Ma è ancora vero, oggi? Grazie a recenti sviluppi nel campo dell’Intelligenza Artificiale, e in particolare in quello dell?Apprendimento Macchina, tutto questo sta iniziando a cambiare. Negli ultimi vent’anni abbiamo ideato e perfezionato vari algoritmi matematici che possono imparare dall’esperienza, proprio come noi. Il principio di base è molto semplice: esercitare un programma a imparare, senza programmarlo esplicitamente. E come ci si riesce? I metodi sono diversi: apprendimento supervisionato (e non), rinforzo dell’apprendimento, transduzione, con molte variazioni e combinazioni. Ciascuno di questi metodi applica poi algortmi specifici, di cui alcuni forse vi son già giunti alle orecchie (come ad esempio le reti neurali), ma che in gran parte dovrebbero suonarvi completamente nuovi (macchine a vettori di supporto, regressione lineare, apprendimento ingenuo di Bayes). Non serve cogliere i dettagli, ma l’idea generale, che è questa: proprio come noi impariamo attraverso l’esperienza, vivendo le nostre vite e raccogliendo stimoli dai sensi, così fanno questi software. Si sono evoluti. E potrebbero non essere così diversi da noi, dopotutto.

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6.2. È TUTTA UNA QUESTIONE DI ALGORITMI

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6.2 È TUTTA UNA QUESTIONE DI ALGORITMI Gli algoritmi di apprendimento stanno migliorando in termini di accuratezza e prestazioni ogni giorno. Solo cinque o sei anni fa erano molto rozzi e i loro risultati, francamente, alquanto imbarazzanti. Ma le cose stanno cambiando molto rapidamente. Quando si ricercava qualcosa su Google, si otteneva un certo numero di risultati, gli stessi per tutti, indipendentemente dalla provenienza della ricerca. Oggi, come è noto, due ricerche di Google non restituiscono mai gli stessi identici risultati. Si riceve invece una versione personalizzata, contenente le pagine che potrebbero, stando a una serie di criteri, interessarci di più. Proviamo a cercare una pizzeria. Google riconosce il tuo indirizzo IP, lo colloca geograficamente usando tecnologie GPS e mette tra i risultati principali quelli nella tua zona. Se hai anche un account Google registrato, può guardare la cronologia delle tue ricerche precedenti, dove hai cliccato, quando hai cliccato, quante volte, quale dominio hai visitato più (o meno) spesso. Sa se sei un uomo o una donna, più o meno giovane, e basandosi su questo può rendere la ricerca sempre più personalizzata. Se hai un account Gmail, allora Google sa molte cose sulle tue abitudini, i posti che hai visitato, quelli che desideri visitare, le persone con cui parli di più. Può rimandare le proprie ricerche e perfino usare quei dati. Naturalmente quando dico “Google”, non intendo qualcuno in particolare. Non c’è nessuno che guardi personalmente il tuo profilo, i tuoi dati, la tua cronologia o le tue abitudini. Intendo i programmi. Tutto ciò che ho descritto avviene miliardi di volte al giorno, ogni volta in meno di un millisecondo. Sottoporre tutte le nostre attività a supervisione umana, oltre a violare le leggi della privacy, sarebbe anche tecnicamente impossibile. Ma questi programmi, ogni giorno, proprio come noi, imparano qualcosa su di noi. Un’altra differenza sostanziale è che i computer possono imparare più velocemente (a causa dell’incremento esponenziale nella potenza di calcolo), e possono acquisire una quantità di informazioni virtualmente infinita (a causa dell’incremento esponenziale nello spazio di memoria). Pensateci: ci vogliono anni per insegnare a un bambino un linguaggio, a leggere, scrivere, riconoscere le cose, e anche di più a imparare abilità tecniche sofisticate. Per diventare un medico qualificato e competente servono più di 20 anni di studio e lavoro nel settore. Se un giorno una persona muore, o semplicemente smette di lavorare, va in vacanza permanente o in pensione, ci vorranno altri 20 anni perché qualcuno prenda il suo posto. I computer non hanno questo genere di limiti. Potrebbe volerci molto tempo all’inizio, ma ogni volta che qualche computer fa progressi, questi si propagano in tutto il network. Il prossimo computer non dovrà re-imparare tutto da zero; gli basterà connettersi al network esistente e accedere alla conoscenza collettiva che risiede negli altri computer. Certamente, l’algoritmo utilizzato conta. Un algoritmo inefficiente non

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produrrà nulla di interessante. Ma ciò che ha fatto veramente la differenza, negli ultimi 10 anni, è il totale di dati a nostra disposizione. Siamo stati letteralmente sommersi da dati di ogni genere, così tanti che tutte le nostre menti non bastano ad analizzarli e dar loro un senso. Negli ultimi anni c’è stata un’ondata di dati pubblici prodotta da fonti di ogni tipo: governi, ONG, biblioteche pubbliche, così come siti privati che raccolgono dati in tempo reale dagli utenti. Contribuiamo a questo immenso database di conoscenza collettiva semplicemente vivendo. Ogni tweet, ogni ricerca, ogni foto che carichiamo, amico che aggiungiamo su un social network, luogo che visitiamo, chiamata che facciamo, alimentano questa macchina gigantesca distribuita tra miliardi di computer nel mondo. Detto questo, ora vi starete chiedendo: a che punto siamo con i sistemi di Intelligenza Artificiale (IA)? Hanno già raggiunto un livello umano di intelligenza? Se no, ci riusciranno mai? Dov’è arrivata la tecnologia, oggi? Per ora siete al sicuro, i sistemi di IA non sono ancora vicini all’Intelligenza Artificiale Generale. Ma si stanno evolvendo rapidamente, e alcuni si aspettano che raggiungano e sorpassino gli umani entro il 203037 . Altri non sono d’accordo, ma solo il tempo ci dirà con esattezza chi aveva ragione. Ciò che sappiamo per certo è che già oggi abbiamo in molti ambiti macchine la cui intelligenza, nel loro settore specifico, surclassa quella umana. E adesso, vi mostrerò dov’è arrivata l’automazione.

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C APITOLO 7

L E PROVE DELL’ AUTOMAZIONE

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inora abbiamo visto cosa significhi crescere esponenzialmente, e quanto la tecnologia dell’informazione sia progredita negli ultimi 150 anni. Vediamo ora quanto ci ha cambiati tutto questo. Ho iniziato a raccogliere le fonti per questo capitolo nel momento stesso in cui ho deciso di scrivere il libro, nell’ottobre 2011. Da allora, ho trovato più di 300 articoli, tutti provenienti da fonti autorevoli e affidabili. Macchine che sanno agire come noi, computer che “pensano” meglio di noi, robot in grado di eseguire compiti incredibilmente complessi: ogni giorno, aprendo la mia news feed, trovavo qualcosa di nuovo da aggiungere alla mia lista. Ma a un certo punto ho capito che dovevo fermarmi. Sapevo di trovarmi di fronte a un trend inarrestabile, ma non mi aspettavo che le cose accelerassero così in fretta. Ancora una volta, avevo sottovalutato il potere della funzione esponenziale. Mentre la lista si allungava, decisi che avrei dovuto tracciare una linea, finire il libro e pubblicarlo, altrimenti non l’avrei mai dato alle stampe. Non c’è da preoccuparsi, comunque, perché continuerò a postare aggiornamenti sul sito http://robotswillstealyourjob.com per chiunque li voglia vedere. In questo libro, invece di inserire una lunga e sterile lista di tecnologie, ho scelto solo alcune tra quelle che ritengo più rilevanti per lo scopo della discussione.

7.1 SHOPPING AUTOMATIZZATO Potrete non considerarli tali, ma i distributori automatici sono dei primitivi tipi di robot. La loro funzione è molto semplice: mantengono un inventario, hanno un display elettronico, accettano denaro e ti forniscono l’oggetto per cui hai pagato. Una tecnologia vecchia di trent’anni, che non è progredita molto da allora - oppure sì? In Europa e negli USA non pensiamo molto ai distributori automatici, ma solo perché non diamo loro molto peso. In Giappone, dove c’è un’elevata densità di popolazione, uno spazio pro capite limitato, un alto 35

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costo della manodopera, tassi di vandalismo e piccoli crimini molto bassi, e le persone vanno a fare acquisti principalmente in bicicletta o a piedi, i distributori automatici sono al contrario presi molto sul serio. In Giappone ci sono circa 8,6 milioni di distributori automatici: uno ogni 14 persone, il più alto tasso pro capite al mondo38 . Questi robot, conosciuti come jido-hanbaiki (da jido, “automatic”; hanbai, “vending”; and ki, “machine”), spesso abbreviati con jihanki, sono molto diffusi e comunemente usati per ogni tipo di bene: non solo giornali, snack e bibite, ma anche libri, DVD, preservativi, gelati, spaghetti caldi istantanei, riso, riviste porno, bicchieri, uova bollite, ombrelli, cravatte, scarpe, verdure, iPod, aragoste vive, Onsen (acqua naturale), e perfino rosari Buddisti. Ok, possiamo riderci sopra, ma ha senso, non credete? I giorni del piccolo negozietto dietro l’angolo, con un proprietario sorridente, che sapeva cosa stava facendo e poteva darti un vero consiglio e assistenza, sono finiti. Oggi la maggior parte della transazioni commerciali di beni fisici sono fatti nei centri commerciali. In particolare, avvengono sempre più nelle grandi catene di supermercati, con addetti che fanno quel lavoro (e spesso, al contempo, altri) part-time, e solo perché hanno bisogno di soldi per pagarsi l’affitto, le spese mediche, scolastiche, le rate del mutuo e quant’altro. In realtà sarebbe molto più sensato per la società che nei centri commerciali la maggior parte dei processi fosse automatizzata. Solo che, naturalmente, le persone che attualmente ci lavorano finirebbero in guai seri. Immaginate: entrate in un negozio, e avete sul cellulare una mappa interattiva che mostra dove si trovano gli articoli. Puoi cercarli, filtrarli per categorie, ottenere informazioni su ogni singolo prodotto (come i valori nutritivi, ad esempio, ma anche il processo di produzione, le aziende della filiera) e potete comparare dinamicamente i prodotti basandovi su criteri di ricerca personalizzati. Potete anche leggere recensioni lasciate da altre persone, come già oggi su Amazon.com. Poi prendete ciò che vi serve, lo mettete nel cestino, prima di uscire vi fermate per qualche secondo sul passaggio di uscita (che attraverso una serie di chip RFID riceve segnali da ciascuno degli articoli che volete acquistare), strisciate la carta di credito (o pagate accettando la richiesta di versamento sul cellulare) e potete andare. L’intero processo, da quando decidere di uscire dal negozio a quando siete effettivamente fuori, richiede circa 10 secondi. Nessun umano coinvolto, nessun umano necessario. Niente code né tempo d’attesa, niente urla o schiamazzi, nessun bisogno di scavalcare la fila. Vi suona futuristico? Ogni singolo pezzo della tecnologia necessaria a realizzare questo scenario esiste già, da molti anni. Perché non è utilizzato, allora? Perché non vediamo questa tendenza espandersi in tutti i negozi? È troppo costoso, forse? In realtà sarebbe molto più economico che pagare delle persone

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7.1. SHOPPING AUTOMATIZZATO

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per farlo. Mi direte: ?Ma c’è bisogno di contatto umano! Che mi dici del valore aggiunto che solo un impiegato umano può offrire?”. Avete mai lavorato in un supermercato? Se sì, quanto eravate motivati, quanto è durato? ”Ma servono lavoratori umani per mettere i prodotti sugli scaffali, almeno questo!”. A dire il vero, anche la tecnologia per sostituire questa funzione è già disponibile, anche se è molto più recente delle altre. Alcuni magazzini sono già completamente automatizzati, e hanno bisogno solo di operatori che gestiscano l’intero incarico. Bancali e prodotti si muovono su un sistema di carrelli, gru e stoccaggio automatizzati, coordinati da controller a memoria programmabile e computer che funzionano grazie a software di automazione logistica. La loro accuratezza e produttività è decisamente maggiore di quella che un umano potrebbe mai sognare di raggiungere. Queste macchine sono più veloci, precise, possono sollegare pesi enormi senza problemi di schiena, lavorano giorno e notte e non richiedono grande manutenzione. Amazon.com ha recentemente acquisito Kiva Systems, un fabbricante di robot arancioni che gironzolano nei magazzini riempiendo gli ordini, per $775 milioni di dollari39 . La CNN possiede un video del sistema in funzione. È una vista incredibile: centinaia di robot che raccolgono articoli dagli scaffali, li spostano in magazzini immensi, con la precisione di un orologio e un tempismo perfetto, come se danzassero su un brano musicale silenzioso, scritto in codici di zero e uno. Questo robot sono abbastanza intelligenti da mettere gli oggetti nel posto e alla distanza più adeguata, basandosi sulla richiesta, il peso, e molti altri criteri. Lavorano 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, e non sbagliano mai. Adattare simili sistemi automatizzati nei supermercati e centri commerciali creerebbe solo qualche minore questione di ingegneria, che potrebbe essere facilmente risolta in pochi mesi, se solo lo si volesse. Se tutto ciò è fattibile, perché non lo si adotta? Tesco è il terzo rivenditore al dettaglio al mondo per fatturato (dopo Walmart e Carrefour) e il secondo per profitti (dopo Walmart). Tesco ha un grandissimo mercato in Corea del Sud (con il marchio “Home plus”), secondo solo ad EMart, soprattutto perché non ha lo stesso numero di punti vendita. Come al solito, volendo aumentare i loro profitti, il tipico approccio avrebbe richiesto la costruzione di più negozi per raggiungere la capillarità di E-marts nel Paese; ma hanno deciso di optare per una strategia diversa, che impiega più automazione e meno lavoratori. Immaginatevi ora in Corea, mentre state andando al lavoro. Dovete comprare un paio di cose per cena, ma non avere tempo. Entrate in metropolitana, e mentre aspettate il prossimo treno vedete i muri coperti di schermi che somigliano a un supermercato. Prendete il cellulare, scegliete quello che volete, passate il codice QR allo scanner e pagate. Quando tornate a casa, troverete la spesa consegnata davanti alla vostra porta. Comodissimo, vero? Ecco i risultati

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dell’esperimento fatto l’anno scorso: le vendite online comprese tra il novembre 2010 e gennaio 2011 sono aumentate del 130%, il numero di utenti registrati del 76%. Home plus è diventato lo store online numero uno e ha migliorato persino la qualità del mercato offline40 . Questo continuo trend potrebbe destabilizzare l’economia, considerando che milioni di posti di lavoro potrebbero risentirne. Se Walmart decidesse di usare questa tecnologia sistematicamente (rifornimento automatico, spesa e consegna), le conseguenze sarebbero disastrose, perché gli attuali impiegati avrebbero notevoli difficoltà a trovare un’altra occupazione. La maggior parte delle persone non comprende quanto sia grande Walmart. Oggi Walmart è il più grande rivenditore al dettaglio al mondo. Anzi, è molto più di questo: le risorse finanziarie, l’impatto sull’economia, e la forza lavoro di questo colosso mettono in ombra quelli di intere industrie e paesi41 I suoi stellari ricavi da $421 miliardi annuali superano il PIL di più di 170 paesi, e i suoi 2,1 milioni di impiegati formerebbero il più grande esercito sul pianeta. I ricavi di Walmart, nel 2010, superavano la più grande azienda petrolifera statunitense, la più grande azienda manifatturirera e la maggiore azienda farmaceutica. Anche sommate, le entrate di Chevron, Generale Electric e Pfizer non raggiungono quelle di Walmart. Per metterla in prospettiva, se Walmart fosse un Paese, il suo PIL sarebbe la 25esima maggior economia al mondo (due volte quella dell’Irlanda). Se Walmart iniziasse una strategia di automazione aggressiva, in alcuni anni potrebbe gestire il tutto con meno di 100.000 impiegati. Lascerebbe così 2 milioni di persone, per lo più lavoratori a basso livello di istruzione, senza lavoro. Che ne sarebbe di queste persone? Cosa mangerebbero? Cosa succederebbe alle loro famiglie? In passato, abbiamo visto l’automazione sostituire la forza lavoro, ma i lavoratori non qualificati gravitavano attorno a posti come Walmart per trovare lavori semplici (anche se molto insoddisfacenti). Questa è una delle tante tragedie silenziose della cosiddetta cultura moderna. L’idea che la più grande aspirazione di una persona debba essere lavorare in maniera meccanica e monotona, così da poter pagare le bollette, è un insulto alla dignità di tutti noi. Ogni essere umano, dal momento in cui nasce, è un capolavoro inestimabile, capace di grandezze al di sopra di ogni concezione attuale. Anche solo prendere in considerazione l’idea di affidarci a un sistema economico che ostacola l’innovazione e l’automazione, al fine di preservare posti di lavoro ripetitivi e senza cervello, mostra la profonda perdita di visione e di comprensione della realtà da parte delle nostre obsolete istituzioni. Se Walmart passerà all’automazione (e credo che lo farà), l’industria commerciale prenderà una strada senza ritorno. È un processo irreversibile, i posti di lavoro sostituiti non ritorneranno. Ma cosa faranno, a quel punto, milioni di persone?

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7.2. PRODUZIONE AUTOMATIZZATA

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Aspettate prima di rispondere, perché non abbiamo ancora finito. The advent of automation in the manufacturing industry is generally wellknown. It has been a century since we started using machines to increase our productivity. Just think of a car factory. The assembly line developed by Ford Motor Company between 1908 and 1915 made assembly widespread, mass production brought unprecedented social transformations. By utilising the old Latin proverb divide et impera (divide and conquer), we were able to transform long and difficult tasks into sets of many small and simple to execute mechanical operations. That went well with machines, who for a century worked alongside humans in a fruitful cooperation.

7.2 PRODUZIONE AUTOMATIZZATA L’avvento dell’automazione nell’industria manifatturiera è abbastanza conosciuto. È da un secolo, ormai, che utilizziamo le macchine per aumentare la produttività. Pensate a un’azienda di automobili. La catena di montaggio sviluppata dalla Ford Motor Company tra il 1908 e il 1915 rese l’assemblaggio diffuso, e la produzione di massa portò a una trasformazione sociale senza precedenti. Fedeli all’antico proverbio latino divide et impera (dividi e controlla), siamo riusciti a scomporre compiti lunghi e difficili in tante, piccole e semplici sotto-operazioni meccaniche. Con le automobili, che hanno lavorato per un secolo accanto agli uomini in felice sinergia, questo sistema ha funzionato molto bene. Certo, i robot stavano sostituendo i lavoratori umani. Ma abbiamo sempre trovato qualcos’altro da fare, principalmente per due ragioni: • C’era abbastanza tempo per imparare e adattarsi a nuovi compiti; • Alcune operazioni erano troppo complesse per lasciarle fare alle macchine, oppure il costo di creazione di una macchina in grado di fare determinate cose era troppo elevato. Perché darsi la pena di programmare un robot complesso solo per fare un lavoro che un uomo avrebbe potuto fare più facilmente e a costi minori? Così era in passato, ma ora le cose sono cambiate. La manodopera non è più tanto economica. Lo sviluppo umano sta avvenendo su vasta scala, la gente comincia (giustamente) a pretendere i propri diritti, e anche se milioni di persone ancora lavorano in quella che per gli standard attuali chiameremmo schiavitù, le condizioni di lavoro stanno migliorando e gli standard di vita stanno crescendo ovunque, anche in Paesi relativamente sottosviluppati. D’altro canto, gli algoritmi stanno migliorando esponenzialmente, la robotica si sta sviluppando

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rapidamente, le macchine sono meno costose, anche per i compiti più complessi, e ne stiamo già vedendo gli effetti. La cinese Foxconn è il più grande produttore e il maggior esportatore di componenti elettroniche al mondo42,43 , con un fatturato annuale che supera i 100 miliardi di dollari44 . Fanno praticamente qualsiasi cosa. Se avete un iPad, un iPhone, un Kindle, una PlayStation 3, una Xbox 360, di sicuro vengono da lì. Servizi pubblici nazionali a parte, i suoi 1,2 milioni di impiegati rendono Foxconn il terzo maggior datore di lavoro al mondo, subito dopo Walmart (2,1 milioni)45 . Lavora per Acer, Amazon.com, Apple, Cisco, Dell, Hewlett-Packard, Intel, Microsoft, Motorola, Nintendo, Nokia, Samsung, Sony, Toshiba, e probabilmente ogni altra azienda famosa di elettronica vi venga in mente46 . Se dovessero sostituire 1,2 milioni di lavoratori, le cose prenderebbero una brutta piega per molti. Come dichiarato lo scorso anno (2011) da Terry Gou, fondatore e presidente, la Foxconn intende installare un esercito di robot, in modo da “sostituire alcuni impiegati con 1 milione di robot nel giro di tre anni, e così tagliare le crescenti spese di manodopera, migliorando l’efficienza.”47 . Ancora non si sa se procederanno con il piano e a quanti impiegati questa operazione costerà il posto, ma è noto che abbiano già lanciato e costruito infrastrutture di Ricerca e Sviluppo e un’industria a Taiwan per la costruzione di questi robot; hanno anche iniziato ad assumere più di 2.000 ingegneri per portare avanti il progetto48 . Sembrerebbe che la Foxconn si stia davvero impegnando nell’automatizzare la sua produzione, e la cosa non dovrebbe sorprendere. Perché non dovrebbero? I robot sono più economici, più affidabili degli uomini, non chiedono vacanze, non si suicidano, non protestano (ancora) per i propri diritti, e possono assicurare all’azienda maggiori profitti – che è la cosa più importante, per una multinazionale e gli interessati. Voci di corridoio e reportage su queste operazioni iniziarono a diffondersi dopo che nel mondo occidentale i notiziari cominciarono a riferire ondate di suicidi. Quando quattordici lavoratori furono trovati morti, nel 2010, una ventina di Università cinesi realizzarono un servizio, con tanto di dettagli sull’abuso dei lavoratori e gli straordinari illegali, nel quale descrivevano le aziende della Foxconn come campi di concentramento49 . Di tutto quel che realmente accade in quell’inferno, le stanze piccole e affollate, le ore di lavoro lunghissime ed estenuanti, le guardie di sicurezza che picchiano gli impiegati a sangue sono solo l”’assaggio” che riesce a superare la muraglia di censura cinese e ad arrivare fino a noi50 . In breve tempo le proteste iniziarono a suscitare l’interesse di Europa e Stati Uniti, che chiesero condizioni di lavoro migliori. La risposta, infelice e malsana, di Foxconn fu che avrebbero installato delle reti di prevenzione al suicidio e degli impianti di recupero di coloro che avrebbero tentato il suicidio saltando giù dall’edificio (no, non sto scherzando), e promisero di offrire salari

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7.2. PRODUZIONE AUTOMATIZZATA

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più elevati negli stabilimenti a Shenzen. Ma andarono oltre: adesso gli impiegati sono costretti a firmare un documento giuridicamente vincolante che impone a loro e a tutti i loro discendenti di non citare in giudizio l’azienda in caso di morte improvvisa, autolesionismo o suicidio51 . La parte più triste di questa storia non è che i lavoratori di Foxconn vivano in condizioni di vita indegne. La cosa scioccante è che la Foxconn assicura davvero salari maggiori, condizioni di lavoro migliori, e ha un tasso di suicidio inferiore alla media delle aziende cinesi52 . Foxconn è solamente la storia che ha fatto notizia, e ne siamo improvvisamente rimasti oltraggiati. Ma non c’è nulla di cui stupirsi: questa è la vera natura dell’attuale sistema socio-economico, dove efficienza e profitto sono più importanti delle vite umane. La Foxconn non è l’unica azienda a investire in automazione. Canon ha annunciato nel giugno 2012 che alcuni dei suoi impianti di macchine fotografiche elimineranno gradualmente gli operai, per ridurre i costi. Possiamo dunque supporre che la prossima generazione di macchine fotografiche sarà interamente realizzata da robot, forse già nel 2015. Ovviamente Jun Misumi, il portavoce dell’azienda, ha rapidamente respinto l’idea che questo avrebbe significato licenziamenti per la Canon, dichiarando all’Associated Press: “Quando le macchine diventano più sofisticate, gli esseri umani possono fare nuovi tipi di lavori”53 . Sono belle parole, ma dubito che andrà così. Gli operai della catena di montaggio hanno fatto lo stesso ripetitivo, meccanico lavoro per anni. Prima che iniziassero a lavorare in una fabbrica erano dei capolavori dell’evoluzione e della selezione naturale, individui con immaginazione, sogni, aspirazioni, possibilità infinite. Sarebbero potuti diventare artisti, scienziati, musicisti, avrebbero potuto essere i conduttori di scoperte strabilianti che avrebbero spinto l’umanità sempre più avanti. Dopo alcuni anni in una fabbrica, sono diventati solamente un altro paio di mani in un mare senza fine di componenti mobili, i loro sogni sono stati distrutti, le loro speranze sono scomparse, le loro aspirazioni sono diventate ’portare a casa abbastanza denaro per il prossimo mese’. Dubito che queste persone diventeranno di colpo ingegneri, designer industriali, manager di vendita, informatici – posto che un numero proporzionalmente elevato di questi lavori servirà alla Canon nel 2015 (cosa che non succederà). Foxconn e Canon sono solo due dei tantissimi esempi. La Cina sta progressivamente sostituendo i suoi operai con i robot 54 , e ora anche le testate più importanti cominciano a capirlo. Alcuni giorni fa (rispetto al momento in cui scrivo), il New York Times è uscito con un pezzo di 6 pagine intitolato “Le Macchine stanno prendendo il sopravvento” 55 , il Wall Street Journal si chiede “Perché il Software si sta mangiando il mondo”56 , e penso che leggeremo articoli di questo genere sempre più spesso, in futuro. La tendenza è chiara: le aziende del settore manifatturiero si stanno auto-

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matizzando, e la tipica risposta “La gente troverà qualcos’altro da fare” è solo un ritornello che non affronta la realtà della situazione: il cambiamento sta avvenendo troppo in fretta, e la maggior parte dei lavoratori sarà sostituito dalle macchine prima di apprendere nuove abilità. E questo presumendo di creare una quantità di posti di lavoro pari a quella sostituita dalle macchine – cosa di cui dubito fortemente (approfondiremo l’argomento nel Capitolo 9).

7.3 STAMPA 3D Siete a casa vostra, durante una festa con i vostri amici. Come spesso succede, uno di loro beve un po’ troppo e rovescia il bicchiere sul pavimento. Rotto. Normalmente andreste a comprarne uno nuovo nel supermercato locale, o ne ordinereste uno online. Ma potreste anche andare al computer, scaricare il file CAD del bicchiere, cliccare “Stampa” e guardare la vostra stampante 3D mentre crea una perfetta replica del bicchiere così com’era, prima che il vostro amico lo rompesse. Fantastico, ma non è davvero un punto di svolta. Adesso immaginate di essere il Comandante di una nave container. Siete partiti dalla Cina alcuni giorni fa e siete sulla via per San Francisco, in mezzo all’Oceano Pacifico. Improvvisamente la nave si ferma, l’Ingegnere Capo arriva e vi informa che parte del meccanismo della nave si è rotto. Dal suono della sua voce scontrosa, intuite che non ha un pezzo di riserva, e non sa come sostituire quello rotto. Capite di essere bloccati. Potete solo chiamare aiuto, aspettare, e comunque mancare la scadenza e perdere un sacco di soldi. Non è il massimo. Oppure potreste avere una stampante 3D. Selezionate il file, premere “Stampa”, aggiustate il meccanismo e ripartite in meno di un’ora. Questo sì che è fantastico. Come il replicatore in Star Trek57 . “Thè. Earl Grey. Caldo.” Molti fan di The Next Generation riconosceranno queste parole. Basta parlare e qualsiasi cosa desideriate appare di fronte ai vostri occhi. Quanto tempo manca all’arrivo di questa fantastica tecnologia? Quella della stampa 3D è un’industria multi miliardaria già oggi, ed è in continua crescita esponenziale58 . Esistono molti tipi di stampanti 3D, dai modelli “Fai-da-te” e Open Source fino ad arrivare a prodotti commerciali più sofisticati, i cui costi vanno da qualche centinaio a migliaia di dollari. L’idea è semplice: proprio come le classiche stampanti a inchiostro o a laser, prendono un file dal computer e lo manipolano per creare ciò che si desidera. L’unica differenza è che possono stampare in tre dimensioni anziché due, usando materiali differenti. Attualmente, le stampanti 3D sono usate per la prototipazione rapida, la manifattura rapida, oltre che da molti appassionati del Fai-da-te e da hacker che li utilizzano a casa per divertimento. Anche se queste macchine non sono ancora pronte a sostituire tutti i prodotti commerciali, di sicuro prima o poi lo faranno. Il progetto Open Source RepRap ha dato origine a una pletora di successori,

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7.3. STAMPA 3D

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Figura 7.1: Il replicatore di Star Trek che crea una tazza da caffè.

grazie alla sua apertura e all’incredibile comunità che gli si è creata attorno. Solo per farvi qualche esempio di stampanti 3D disponibili sotto i e1.000, abbiamo MakerBot Thing-O-Matic, The Replicator, Ultimaker, Shapercube, Mosaic, Prusa, Huxley, Printrbot. Sono state create tutte negli ultimi due anni, e se acquistate il solo kit di assemblaggio, per montarvele da soli, il prezzo può scendere a circa e300. Le stampanti di primo prezzo sono ancora molto limitate, sia per la risoluzione (le imperfezioni sono ancora visibili) che per i materiali che utilizzano (per lo più plastica). Ma le stampanti commerciali sono diverse. Mentre scrivo, la macchina più sofisticata può stampare con un’accuratezza di 16 micrometri59 . Sono 0,016 millimetri! Per farvi capire, la risoluzione limite dell’occhio umano è attorno ai 100 micrometri, e i pixel del display ’Retina’ dell’iPhone 4 sono larghi 78 micrometri60 . Queste macchine possono stampare materiali diversi, come plastica ABS, PLS, poliammide (nylon), poliammide rinforzata con vetro, materiali di stereolitografia (resine epossidiche), argento, titanio, cera, polistirolo, ceramica, acciaio inossidabile, titanio, fotopolimeri, policarbonato, alluminio e leghe diverse tra cui cromo-cobalto61 . Si può stampare a colori o perfino creare strutture troppo intricate da realizzare con ogni altra tecnologia manifatturiera – anzi, impossibili da costruirle in qualsiasi altro modo62 . Si possono creare oggetti con componenti mobili, cerniere, e anche oggetti dentro a oggetti.

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Figura 7.2: Il “Replicatore”, una stampante 3D economica che stampa oggetti a colori.

Le stampanti 3D non sono usate però solo per la manifattura. È stato stampato di tutto, da protesi per gli arti personalizzate molto all’avanguardia63 , a materiali ossei64 , e perfino organi umani65 .

Un esempio molto stimolante di come le stampanti 3D possano essere messe al servizio dell’umanità ci è stato dato da Scott Summit e dal suo team, nel quale designer industriali e chirurghi ortopedici migliorano la vita di coloro che hanno subito una perdita di arti, congenita o traumatica. Le loro parole sono state: “Ogni corpo è unico, così come il gusto e gli stili. Non c’è una taglia unica per tutti, e il nostro team vuole prenderne atto, creando prodotti che permettano ai nostri clienti di personalizzare le loro protesi. La nostra speranza è di permettere

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7.3. STAMPA 3D

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ai clienti di connettersi emotivamente ai loro arti protesici, di indossarli come forma di espressione personale.”66 Per chi ha perso una gamba, la vita può essere molto difficile, e così invece di nascondere questo difetto e sentirsi infelici, possono mostrarlo con orgoglio, recuperando quella connessione col corpo che era andata perduta.

Figura 7.3: Bellissime immagini di protesi stampate in 3D. Concessione di Bespoke Innovations™, Inc.

A mio avviso, presto vedremo un rapido salto di qualità in queste macchine, e i costi scenderanno significativamente, così da diventare un bene di uso comune, che entrerà in ogni casa, come un forno a microonde. A turno seguiranno stores come iTunes, Android o Amazon.com, insieme alle loro controparti “pirata” e Open Source. Anzi, la comunità Open Source sta già spianando la strada (come sempre). Thingiverse ha milioni di modelli gratuiti che si possono scaricare, stampare, o migliorare, 67 , mentre The Pirate Bay ha recentemente introdotto una nuova sezione chiamata “Physible”, progetti CAD di oggetti fisici, legali o no68 . Tra pochi anni, la maggior parte di noi avrà una stampante 3D dalla precisione micrometrica che stamperà a casa loro in molti materiali e colori. E i progetti costeranno poco o nulla. Oggi la stampa 3D è poco più che un hobby, ma potrebbe diventare presto

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un punto di svolta per intere industrie. Un altro vantaggio della stampa 3D è che, anziché adeguarsi a dimensioni e forme definite dalla scala economica, gli oggetti possono essere adattati da noi stessi, spostandosi da un’economia di produzione di massa a una di personalizzazione di massa. Quanti posti di lavoro, oggi, si basano sul manifatturiero?

7.4 COSTRUZIONE AUTOMATIZZATA Tipicamente, costruire una casa a due piani negli USA o in Canada richiede da 6 settimane a 6 mesi di lavoro, soprattutto perché richiede il lavoro di dozzine di umani. Esistono tuttavia nuovi modi più intelligenti di costruire case, e alcuni stanno cominciando a usarli. In Cina si può costruire un grattacielo di 30 piani, con tutti i comfort moderni, in 15 giorni. Costruiscono due piani al giorno, senza mai fermarsi. L’edificio è fatto di parti prefabbricate e può restistere a terremoti di magnitudo 9, ha sistemi di isolamento eccellenti, è cinque volte più efficiente degli hotel tradizionali e ha sistemi di controllo intelligente della qualità e della circolazione dell’aria69 . Le implicazioni sono significative: hanno progettato un sistema che permette di costruire ovunque, con tolleranze costruttive di + / - 0,2 mm, il tutto in pochi giorni70 . Questo è ciò che possiamo fare oggi. Perché non guardiamo ciò che potrebbe succedere domani? Il Contour Crafting è un processo di costruzione che utilizza gru o ponteggi controllati da computer per costruire edifici velocemente e in maniera efficiente senza lavoro manuale. È possibile che in un decennio questa tecnologia avanzi a tal punto che potremo caricare le specifiche del progetto sul computer, premere stampa e guardare immensi robot che creano una vera e propria casa in meno di un giorno. Nessun intervento umano richiesto, a parte un paio di supervisori e il designer. Penserete che si tratti di un’immensa stampante 3D! Ed è così, infatti: l’idea è la stessa, cambiano solo la scala e i materiali. Questa tecnologia è stata studiata e sviluppata da Behrokh Khoshnevis, che lavora all’Istituto di Scienze Informatiche dell’Università della California del Sud. Era stato originariamente concepito come metodo per costruire gli stampi per prodotti industriali, ma Khoshnevis decise di adattare la tecnologia in maniera differente per ricostruire le case dopo disastri naturali, come i terremoti devastanti che avevano sconvolto la sua terra natia, l’Iran71 . Khoshnevis afferma che il suo sistema potrebbe realizzare una casa in un solo giorno, e che la sua gru a energia elettrica produrrebbe pochissimo materiale di scarto. È un’affermazione davvero notevole perché oggi la costruzione di una casa standard crea dalle 3 alle 7 tonnellate tra scarti e fumi esausti di macchinari e veicoli72 , per non parlare delle migliaia di morti ogni anno sul posto di lavoro73 . Il Contour Crafting

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7.5. GIORNALISMO AUTOMATIZZATO

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potrebbe ridurre i costi, diminuire l’impatto ambientale, risparmiare materiali e molte vite. Però, naturalmente, sparirebbero anche molti posti di lavoro. Alcune industrie e istituzioni hanno già mostrato interesse a questa tecnologia. Caterpillar Inc. finanzia il progetto Viterbi dall’estate 200874 , la NASA sta valutando l’uso del Contour Crafting nella costruzione di basi spaziali su Marte e sulla Luna75 , e gli studenti diplomati alla Singularity University hanno lanciato il progetto ACASA, di cui Khoshnevis è direttore tecnico, per commercializzare il Contour Crafting76 .

7.5 GIORNALISMO AUTOMATIZZATO Penserete che scrivere sia una di quelle cose che le macchine non faranno mai. Voglio dire, certo che possono creare testi, ma sembreranno sterili e fasulli, scritti senza anima. Sapreste riconoscere quei testi in un secondo, giusto? Giusto? Vediamo quanto siete bravi. Sotto trovate le righe iniziali di tre resoconti di una partita di baseball. Sapete dirmi quale è scritto da esseri umani in carne e ossa e quali (se ce ne sono) da macchine? a) La squadra di baseball dell’Università del Michigan con un quinto inning a quattro passaggi è riuscita a salvare l’ultima partita delle tre giocate contro l’Iowa, vincendo 7-5 sabato pomeriggio (24 aprile) al Wilpon Baseball Complex, casa dello storico Ray Fisher Stadium. b) Il Michigan ha tenuto a bada l’Iowa con un vincente 7-5 lo scorso sabato. Gli Hawkeyes (16-21) non sono riusciti a recuperare la mancanza di un sesto inning a quattro passaggi. Gli Hawkeyes hanno rimontato all’ottavo inning, riuscendo a realizzare un passaggio. c) La squadra di baseball dell’Iowa ha mancato la finale di una serie da tre partite, 7-5, contro il Michigan lo scorso sabato pomeriggio. Nonostante la sconfitta, l’Iowa ha vinto la serie avendo collezionato due vittore nel twinbill al Ray Fisher Stadium venerdì. Prendetevi un momento e provate a indovinare. Sono tutti abbastanza simili, ma quale di essi è il prodotto di una macchina senza vita? Nessuno? È ora di sapere la verità. Se pensate che l’articolo c) sia generato da un computer, allora avete ragione. Posso immaginarvi andare indietro nel paragrafo e rileggere le righe pensando, “Sì, adesso lo vedo, ha senso. Nessuno di questi merita il premio Pulitzer (gli sport sono noiosi), ma il c) sembra davvero più monotono degli altri.

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È fatto da un computer”. In qualche modo la vostra mente ha già interiorizzato la cosa, e sta iniziando a rinforzare il concetto. Se tornate indietro e lo rileggete, sono certo che troverete il difetto di nuovo. È come un messaggio subliminale, una volta che l’avete ricevuto, non funziona più. Mi spiace deludervi, ma siete appena stati trollati77 . La risposta corretta è infatti la b), quello è l’articolo creato da un computer78 . Se vi siete fatti ingannare, non disperate. Narrative Science e altre aziende hanno molti clienti nell’industria mediatica che utilizzano questa tecnologia. Solo che non ce ne siamo accorti. La lista di queste imprese mediatiche è segreta, ma sappiamo che esiste perché le aziende che hanno realizzato questi algoritmi intelligenti hanno incassato milioni di dollari in poco tempo. Ora come ora, il software è principalmente usato per sport, finanza, business, market e notizie in tempo reale. Non voglio spingermi ad affermare che questi algoritmi possono sostituire i giornalisti. Non avrebbe senso. E non mi aspetto che i software scriveranno un editoriale sulla carenza di diritti umani in Cina di qui a breve. Ma ricordate, per distruggere un’industria non c’è bisogno di sostituire tutti i lavori che essa comprende, basta raggiungere una quota significativa. Ho notato che le persone tendono spesso a cadere in questo tipo di errore. Se riuscite a trovare un esempio di persona che non può essere sostituita da una macchina, allora la tesi della disoccupazione tecnologica non è valida. Al contrario, direi che se dovete affidarvi a quel singolo esempio per sostenere la tesi a favore degli umani, avete appena dimostrato il mio punto: la persona statisticamente adatta a quel tipo di lavoro è destinata a cadere vittima della disoccupazione tecnologica. Adesso immaginate che accadrebbe se qualcuno dei grandi (Google, Amazon.com), che raccolgono milioni di terabyte di informazioni personali sulle vostre abitudini di lettura, decidesse di entrare nel mercato del giornalismo automatizzato. Abbiamo già visto come Google News influenzi i siti di notizie raccogliendo articoli in diverse categorie e creando dei newsfeed personalizzati, prima e meglio di quanto gli umani potrebbero mai. Cosa succederebbe se questi software iniziassero a scrivere gli articoli da soli? Quanto tempo credete che manchi, prima che accada? Se pensate a decenni, vi attende una sorpresa.

7.6 ASSISTENTI IA Vi ricorderete del maggio 1997, quando il leggendario giocatore di scacchi Garry Kasparov fu sconfitto da IBM Deep Blue in quella che venne chiamata “la più spettacolare partita a scacchi della storia”79 . Al tempo, il progetto di IBM era di fare affidamento sulla superiorità di calcolo della macchina con la forza bruta80 , generando milioni di combinazioni; contro le intuizioni, la memoria e la capacità di riconoscimento degli schemi del Maestro di scacchi russo. Nessuno

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7.6. ASSISTENTI IA

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vi vide allora un atto di intelligenza, meccanico com’era. Ma ci siamo evoluti così tanto, da allora! Il classico “approccio del Turing test” non è stato più considerato un obiettivo di ricerca realistico; oggi è solamente una curiosità intellettuale (vincerebbe il premio annuale Loebner per il chiacchierone più realistico)81 ), ma ha contribuito a divulgare i due temi dominanti della cognizione moderna e dell’Intelligenza Artificiale: calcolo delle probabilità e produzione di un comportamento complesso a partire dall’interazione di tanti sottoprocessi piccoli, semplici. Ad oggi (2012), crediamo che rappresenti in maniera accurata ciò che fa il cervello umano, ed è stato usato per molte applicazioni nella vita reale: le macchine autonome di Google, i risultati di ricerca, la traduzione automatica di lingue, assistenti personali, cibernetici motori di ricerca computazionali, e il super-cervello di IBM Watson. L’elaborazione del linguaggio naturale era ritenuto un compito che solo gli esseri umani potevano realizzare. Una parola può avere diversi significati a seconda del contesto, una frase può non significare letteralmente ciò che si è detto se si tratta di una battuta o di un gioco di parole. Si può dedurre un sottotesto implicito, fare riferimenti culturali specifici a una zona geografica o culturale, insomma le possibilità sono davvero infinite. Un gioco che cattura bene le complicazioni e le sfumature della lingua inglese è Jeopardy!. Questo show è stato mandato in onda per mezzo secolo, e ha prodotto alcuni geni degni di nota. Brad Rutter è il più grande vincitore della storia del gioco (ha ottenuto $3.455.102 fino a ora82 ) e Ken Jennings è il detentore del record per la più lunga serie di vittore (74)83 . Nel febbraio 2011 il team di IBM ha deciso di riunire i due campioni in un match storico tra uomini e macchine. Fu il momento della verità. Watson distrusse letteralmente entrambi gli umani, portando a casa il premio di $1 milione (che è stato dato in beneficenza), mentre Jennings e Rutter hanno ricevuto $300.000 e $200.000, rispettivamente (e hanno donato metà delle loro vincite in beneficenza). Un momento storico per i ricercatori di IA, perché sono riusciti a raggiungere una frontiera che solo gli scrittori di fantascienza e i pensatori futuristici credevano possibile fino a qualche anno fa. Nonostante il risultato di IBM sia impressionante, le cose vanno messe in prospettiva. Watson aveva accesso a 200 milioni di pagine, con contenuti strutturati e non, per un consumo totale di quattro terabytes di storage su disco, compreso il testo completo di Wikipedia. L’hardware è un mostro da 2.800 processori, capace di un parallelismo gigantesco che permette a Watson di rispondere alle domande di Jeopardy! in meno di tre secondi84 . Il costo totale dell’hardware è circa $3 milioni. Il cervello di Watson usa 80 kilowatt di elettricità e 20 condizionatori d’aria85 , mentre i cervelli di Ken Jennings e Brad Rutter starebbero in una scatola

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da scarpe e sono alimentati da un paio di bicchieri d’acqua e qualche sandwich. Torniamo alla forza della crescita esponenziale nel campo dell’informatica. Mentre i nostri cervelli rimarranno all’incirca gli stessi nei prossimi 20 anni, l’efficienza dei computer e il potere computazionale saranno raddoppiati una ventina di volte: un incremento finale di milioni e milioni di volte. Per $3 milioni, quindi, avrete un computer un milione di volte più potente di Watson, o potreste avere un equivalente di Watson per $3. Il potere computazionale di Watson e le sue abilità eccezionali di elaborazione del linguaggio naturale, recupero dell’informazione, rappresentazione della conoscenza, apprendimento macchina e risposta a domande aperte hanno già trovato un utilizzo migliore di un concorso televisivo. IBM e Nuance Communications Inc. stanno collaborando allo sviluppo di un prodotto commerciale che nei prossimi 18/24 mesi sfrutterà le capacità di Watson come sistema di supporto per decisioni cliniche e per aiutare le diagnosi e i trattamenti dei pazienti86 . Riprendiamo l’esempio precedente dei radiologi automatizzati. Watson potrebbe essere perfettamente in grado di farlo, se lo si volesse, e anche in quel caso useremmo solo una piccola parte del suo immenso potere. Questo è solo l’inizio. Le tecnologie come Watson potrebbero essere utilizzate praticamente per tutto: consigli legali, progettazione di città (Watson e Cisco stanno già lavorando a città intelligenti87 ) e, perché no? attività politica88 . L’Internet delle Cose, inoltre, sta arrivando e dobbiamo prepararci. La tecnologia sta diventando così economica e potente che sarà integrata negli oggetti di tutti i giorni, aiutandoci a prendere decisioni migliori. Quando tutti gli oggetti al mondo saranno provvisti di un minuscolo device di identificazione, la vita quotidiana sulla Terra subirà una trasformazione89 . Le aziende non finiranno mai i prodotti in magazzino e non ne sprecheranno, perché le parti coinvolte saprebbero esattamente quali prodotti sono richiesti e consumati90 . Gli oggetti smarriti e rubati sarebbero facilmente rintracciabili, così come le persone che li usano. La capacità di interagire con gli oggetti potrebbe essere alterata da remoto in base alle condizioni attuali e agli accordi presi dall’utente. Ritornando al presente, vediamo cos’ha da offrire il mercato oggi. Siri è il tentativo di Apple di creare un assistente personale, e i suoi utenti sanno che è poco più di un gioco: chiunque cerchi di convincervi del contrario sta solo usando sporche tecniche di marketing. Attualmente ha un’IA che gli permette di riconoscere il discorso e creare alcune connessioni nel dialogo, segnando appuntamenti e inviando e-mail; poi interroga il sistema di ricerca computazionale WolframAlpha per ottenere i risultati alle domande poste in linguaggio naturale; ma non va molto oltre. Il considdetto “assistente intelligente” capisce molto poco del linguaggio naturale, non si adatta a molti accenti diversi, e non sembra affatto di parlare con una persona vera. In generale, sembra di doversi adattare

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7.7. VEICOLI AUTONOMI

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al software, non il contrario. Tanto premesso, non si può trascurare il suo immenso potenziale, visto ciò che abbiamo imparato nel capitolo La tecnologia dell’informazione sul potere della curva esponenziale. Siri è solo il primo prototipo di quello che potrebbe essere a breve un assistente intelligente in grado di capire ogni lingua, parlare con chiunque e aiutarci in tutto ciò di cui abbiamo bisogno. È solo una versione beta; ma col tempo si evolverà, diventando sempre più intelligente (nel senso di funzionale, non necessariamente “intelligente” come noi). I suoi progressi saranno automaticamente condivisi con tutti i dispositivi connessi, ovunque nel mondo, all’istante. Google sta già lavorando a un rivale per Siri come parte della piattaforma Android, e possiamo aspettarci che il Watson di IBM giochi un ruolo, in tutto ciò. E questi sono solo i progetti noti. Oggi, un team di 3-4 persone con accesso al cloud computing può creare un nuovo sistema rivoluzionario e intelligente, utilizzabile da milioni di persone. L’investimento iniziale è basso, e la natura distributiva della computazione permette ai costi di crescere proporzionalmente al business. Stiamo per affrontare cambiamenti tremendi in queste tecnologie, le cui conseguenze sono, al momento, per noi inimmaginabili. Così come un uomo delle caverne non avrebbe potuto pensare alle complesse città e società in cui viviamo oggi, allo stesso modo noi non possiamo davvero prefigurarci ciò che sta per avvenire.

7.7 VEICOLI AUTONOMI Spesso si dice che qualcosa o è ovvio e cambierà ogni cosa, o non succederà mai. A quanto pare, le cose non sono così semplici. Le società hanno mille sfaccettature, sono organismi complessi in continua evoluzione, con molte variabili e un certo grado di imprevedibilità. I tecnici, dal canto loro, spesso sbagliano a ponderare il fattore umano, la psicologia delle masse e il modo in cui gli eventi si dipanano di conseguenza. Entrambe le prospettive, a mio avviso, non catturano appieno l’essenza di come noi, in quanto persone, reagiamo a questi eventi. Gli umanisti tendono a non comprendere la tecnologia, quindi le loro analisi sociali si rivelano inadeguate davanti a un cambiamento dirompente. Pensiamo per esempio ai veicoli automatici. Sono macchine - automobili, camion e bus - in grado di guidare da sole, senza un conducente umano. La visione di questi veicoli ha avuto un ampio spazio nella cultura popolare, grazie agli scrittori di fantascienza. Ma oggi, per la prima volta, abbiamo le capacità ingegneristiche, matematiche e la potenza di calcolo per trasformare questa idea in realtà. Alcuni ne sono entusiasti. “Finalmente. Non vedo l’ora di averne una!” - ha affermato una delle persone che ho intervistato - “è chiaro che i conducenti umani hanno le ore contate”. Ma ho ricevuto anche risposte diverse, come:

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CAPITOLO 7. LE PROVE DELL’AUTOMAZIONE

“Non mi fido delle macchine, non saranno mai come noi. Non salirò mai in una macchina del genere, voglio avere io il controllo. La gente non lo accetterà, non ci saranno mai macchine automatiche nelle strade.” Questa visione è condivisa da molti intervistati, alcuni dei quali erano particolarmente infastiditi dall’idea di macchine automatiche (con mia sorpresa, tra loro c’erano anche molti ragazzi giovani!). Sono molti i fattori da considerare, poiché l’evoluzione del progresso segue diverse tappe. All’inizio si sviluppa una nuova tecnologia. Informatici, matematici, fisici e ingegneri formano un piccolo team di ricerca, da qualche parte, e decidono di dedicarsi a un problema specifico. Dopo qualche anno di ricerca e sviluppo (e a volte basta solo qualche mese) hanno un prototipo. Lo testano, lo migliorano e poi lo testano ancora. Cambiano le condizioni, e lo testano in continuazione, finché non sono soddisfatti del risultato. A quel punto abbiamo una tecnologia funzionante, testata più volte (sotto condizioni sia normali che estreme) e tutti i dati suggeriscono che è affidabile. Anzi, è più affidabile di qualsiasi umano e anche più sicura da usare e più veloce. Questo, però, è solo il primo passo. Quello successivo è la diffusione di massa della tecnologia, e non è così scontato come potrebbe sembrare. Ricordate: le persone reagiscono in maniera molto varia all’idea di usare queste macchine. La maggior parte delle volte le opinioni contrastanti sono causate dal non comprendere i fondamenti della tecnologia in questione. Si formano un’idea in base alle loro percezioni, o sensazioni viscerali. La conseguenza è che le nuove tecnologie, solo perché esistono e ci aiutano a vivere meglio, non necessariamente saranno adottate. Per spiegare come questo processo si svolge, cercherò di prefigurare uno scenario a mio avviso plausibile per le macchine automatiche. Inutile dire che non ho la sfera di cristallo, ma cercherò di fare previsioni ragionevoli. Mentre scrivo, alcuni di questi eventi si sono già verificati. Altri no. Il tempo ci dirà di quanto mi sono sbagliato.

7.8 UNA (POSSIBILE) STORIA DELLE MACCHINE SENZA PILOTA Google annunciò di aver inventato le macchine senza pilota. Dopo alcuni anni di ricerca, con poco denaro e un piccolo team erano in grado di sfruttare la potenza delle macchine per risolvere un problema molto impegnativo del nostro tempo. Usando network neuronali, altri algoritmi sofisticati di apprendimentomacchina, una quantità immensa di dati e grazie alla forza dell’incremento esponenziale della tecnologia (che aveva migliorato la computazione, i sensori, i GPS e i sistemi laser, abbassandone al contempo il costo), Google aveva a quel punto un prototipo funzionante di una macchina che guida senza il bisogno di un conducente umano. Iniziarono poi a testare le macchine in strada, lasciandole andare per migliaia di chilometri. Riconoscevano segnali stradali,

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7.8. UNA (POSSIBILE) STORIA DELLE MACCHINE SENZA PILOTA

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semafori, pedoni, incroci, tutto. Possedevano una visione a 360 gradi dell’area circostante. Potevano operare in ogni condizione, compresi sole, pioggia, nebbia, strade ghiacciate, luoghi innevati, strade larghe e strette. Potevano muoversi in campagna, montagna e città trafficate, il tutto evitando gli ostacoli. Prevenivano addirittura gli incidenti in caso di eventi inaspettati, come ad esempio un bambino che salta in mezzo alla strada, o un ciclista che entra in carreggiata senza attenzione. Annunciarono i risultati al pubblico. La gente si divise e prese una posizione in proposito. La maggior parte non si prese neppure la briga di investigare: o amavano questa tecnologia a priori, o a priori la odiavano. I media non furono d’aiuto, dato che molti telegiornali liquidarono il tutto con un paio di lanci fuorvianti e il pubblico non ricevette informazioni che potessero far loro cambiare idea (eppure è per quello, che guardavano i notiziari: per essere informati. . . ). Alcuni canali di informazione fornivano un ottimo servizio; ma troppi non facevano che amplificare le opinioni personali di qualcuno senza la minima competenza in materia, pagato dal network per manifestare la sua ignoranza e propinarla agli ascoltatori. Nel frattempo, furono eseguiti altri test e queste macchine iniziarono a catturare l’attenzione di varie aziende e investitori. Pianificarono il rilascio di una prima versione di ibridi, veicoli parzialmente automatici, in cui l’opzione di default era il conducente umano, ma si poteva tornare all’automatico in qualsiasi momento e lasciare che la macchina si guidasse da sola. Alcuni Stati e paesi proposero nuove leggi per regolamentare queste macchine; le aziende assicurative pensarono a rimodulare le polizze di conseguenza. Ci volle un po’ per completare il processo, mesi, in alcuni casi addirittura anni, più che altro perché iniziarono a emergere tensioni sociali. I problemi centrali erano la sicurezza e la responsabilità: in caso di incidente, di chi sarebbe stata la responsabilità? Del proprietario della macchina? Dell’azienda produttrice della macchina? Del team di ricercatori? Lo stato, che aveva permesso a queste macchine di muoversi liberamente in città? Alcuni misero in luce un nuovo problema: la perdita dei posti di lavoro (da parte dei conducenti umani) senza un piano per riassorbirla. Molti lavori sarebbero stati portati via, da questa tecnologia. Queste persone furono ignorate e il problema nemmeno emerse, nel discorso politico: se fosse successo, sarebbe stato compito del mercato risolvere il problema. Dopo questa frenesia dei media, le prime macchine commerciali senza pilota arrivarono sul mercato. Potevano essere guidate in modalità automatica solo in alcuni Stati, così l’opzione manuale era indispensabile. Erano di fronte a una forte opposizione da parte di diversi gruppi: tecnofobi, gruppi politici, gruppi di pressione, i concorrenti che ancora non avevano la tecnologia, o semplicemente genitori preoccupati per i loro figli, perché il tg aveva detto che queste macchine avrebbero ucciso i loro bambini, senza un briciolo di coscienza. Non fu facile

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CAPITOLO 7. LE PROVE DELL’AUTOMAZIONE

accettare tutto questo. D’altro canto, gli utenti di questa tecnologia ne furono estremamente soddisfatti. All’inizio le acquistarono solo le persone con bisogni speciali (persone con mobilità e/o visibilità ridotte, gli anziani); ma in seguito le macchine iniziarono a diffondersi, a costare meno, e così il mercato crebbe. Gli ingorghi stradali, negli Stati in cui la guida automatica era permessa, scomparvero, e divennero inevitabilmente una cosa del passato91 . I proprietari delle macchine cibernetiche erano molto felici del loro investimento e si godevano i viaggi. Potevano rilassarsi, leggere il giornale, usare lo smartphone, lavorare, guardare il cielo fuori dal finestrino, come fossero su un treno. Si poteva semplicemente salire, scegliere la destinazione sul GPS e godersi la corsa. Ma la vera innovazione sarebbe stato il comando “portami a casa”. Particolarmente utile nelle situazioni critiche o stressanti. Dopo una lunga giornata di lavoro, non c’è niente di meglio che farsi portare a casa senza pensieri. Di più: si poteva uscire con gli amici, ubriacarsi, salire in macchina, farfugliare un “vai a casa” o premere l’enorme bottone “Casa” sul cruscotto e poi addromentarsi, mentre la macchina si occupava del resto. Iniziarono a fare la loro comparsa le storie di come queste macchine aiutino le persone e migliorino significativamente la qualità delle loro vite: editoriali sui giornali, interviste TV e anche alcune celebrità iniziarono a sponsorizzare la tecnologia. Gli ingorghi stradali diminuirono, il numero di incidenti venne abbattuto. La situazione stava cambiando, e l’opinione pubblica era per lo più favorevole. Poi, avvenne il primo incidente grave. Una macchina senza pilota scorrazzava per le strade come suo solito, quando un’altra macchina, guidata da un umano, la prese in pieno. Chi guidava il veicolo vecchio stile aveva ecceduto il limite di velocità e non si era nemmeno curato dei segnali stradali. In breve, era colpa sua. L’automobile cibernetica aveva provato a evitare lo scontro, ma l’altra era troppo veloce, e il tutto era accaduto troppo in fretta. Risultato: il conducente della vecchia macchina e il suo amico di fianco, morirono. I giornali impazzirono. Titoli come “La prima macchina senza pilota che uccide 2 persone”, “L’auto assassina”, e “Chi pagherà per questo?” dominavano la scena. Le famiglie delle vittime furono intervistate sulla TV nazionale, il loro dolore e la sofferenza fomentarono l’odio verso le macchine senza pilota che covava sotto la cenere fino ad allora. “Sapevo che sarebbe successo” – “Non ci si può fidare di una macchina” – “Ho votato contro questa legge” – “Faremo tutto il necessario per assicurare che non accada più”, e altre frasi insulse come queste arrivarono da ogni angolo dei notiziari. Solo alcuni ammisero che, nel tempo tra il rilascio delle macchine senza pilota e il primo grande incidente, migliaia di incidenti si erano verificati tra i conducenti umani, centinaia dei quali erano morti, e nessuno ne aveva parlato. Non era rilevante: i fatti non contano, conta

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7.8. UNA (POSSIBILE) STORIA DELLE MACCHINE SENZA PILOTA

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la nostra percezione della realtà. Alcuni Stati dichiararono che non avrebbero mai permesso a queste macchine infernali di fare altri danni, e rifiutarono di accettarle. Seguirono altre legiferazioni, discussioni, dibattiti e opposizioni. Nel frattempo, la tecnologia stava progredendo esponenzialmente: le automobili divennero ancora più affidabili, efficienti e i loro algoritmi migliorarono. Divennero più economiche, diffuse, più aziende svilupparono questo tipo di tecnologie, e la domanda crebbe. Presto divenne l’unico mercato in crescita nell’industria automobilistica, e le aziende che rifiutavano di innovarsi rischiarono di fallire. D’altro canto, rimase un piccolo gruppo di appassionati che parlava del piacere della guida, del tenere la mente occupata e dei “bei vecchi tempi”. Dissero inoltre che era importante mantenere il controllo dei nostri strumenti, che il mondo stava prendendo una direzione brutta e pericolosa. Conquistarono alcuni seguaci e rimasero fedeli a questa visione, senza riguardo per i continui progressi del settore. Alcuni anni dopo, queste automobili, ancora modelli ibridi, erano largamente diffuse nella maggior parte dei paesi sviluppati, e la gente smise di fare affidamento sulle proprie abilità di conducente. Le strade divennero più sicure, il traffico diminuì. Alcune aziende iniziarono a progettare nuovi modelli di macchine: veicoli cibernetici completamente autonomi, che non richiedevano un conducente umano. In questo modo ebbero la possibilità di ridisegnare l’intero veicolo. Sedili reclinabili in ogni direzione, dove quattro persone potevano sedersi una di fronte all’altra in cerchio. Il viaggio in automobile divenne un’esperienza del tutto nuova; potenzialmente un evento sociale enorme. Data la situazione, ci si aspetterebbe che ogni macchina, autobus, camion e taxi si guidi da solo, d’ora in poi. Sarebbe di certo la scelta giusta: più efficienza, meno incidenti, niente traffico, più economiche e affidabili dei conducenti umani. . . avere una macchina autonoma sarebbe logico. Ma le cose non seguono sempre la pura logica. Seguono dinamiche complesse che hanno a che fare con la società, la mentalità di gruppo; dinamiche complesse che hanno poco a che fare con la tecnologia e con ciò che è giusto e seguono invece la politica, il marketing, l’attaccamento emotivo, le vecchie abitudini, le delusioni, le convinzioni su ciò che sembra buono. Inventare e creare una tecnologia può essere difficile, ma a volte è molto più difficile farla accettare agli altri.

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C APITOLO 8

L’ ACCETTAZIONE SOCIALE

A

nche se una tecnologia è pronta, testata e affidabile, la sua accettazione sociale non è affatto ovvia. Paura, incertezza, dubbio, ignoranza, interessi particolari, tutti contribuiscono a soffocare l’innovazione e il miglioramento delle nostre vite. Prendiamo la rivoluzione probabilmente più grande della storia dell’umanità: Internet. Internet è un oceano di possibilità: democratizzazione dell’informazione, libertà di condivisione delle idee, comunicazione istantanea in tutto il globo, livellamento delle razze e delle classi sociali, parità di opportunità per chiunque, e dovunque. Questo a livello potenziale. La realtà, invece? Una manciata di aziende controlla i servizi essenziali di accesso ad Internet, e un numero ugualmente piccolo di corporazioni private gestisce una grande porzione del traffico Internet. Pur avendo le capacità e la tecnologia per dare a 7 miliardi di persone una connessione libera e gratuita, solo un terzo del mondo è connesso a questa mente globale92 . E anche quando Internet riesce a raggiungere le persone, le cose non vanno come ci si aspetta. I politici dovrebbero assicurare libertà di parola, ma i tentativi di censura di Internet sono sempre più comuni, nel mondo. Basta dare un’occhiata all’edizione 2011 del report di Freedom House chiamato Freedom on the Net: le cifre sono sconfortanti. Dei 37 paesi monitorati, solo 8 erano indicati come “liberi” (22%), 18 come “parzialmente liberi” (49%), e 11 come “non liberi” (30%)93 . I risultati dello studio indicano che le minacce alla libertà di Internet sono sempre di più e sempre più diversificate. Le principali sono gli attacchi cyber, le censure politicamente strategiche e i controlli governativi sulle infrastrutture Internet. E anche nei pochi Stati considerati “liberi” vigono restrizioni. Per esempio, gli USA sono apparentemente “liberi”, ma esiste una lunga storia di proposte federali e leggi statali che tentano di limitare l’accesso ad alcuni siti web e ad alcuni servizi, o di controllare la gente94 . Alcune di queste leggi iniziarono con buoni propositi, ma furono velocemente distorte a vantaggio di qualcuno. L’ultima di queste oscenità si chiamava SOPA (Stop Online Piracy 57

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CAPITOLO 8. L’ACCETTAZIONE SOCIALE

Act), che insieme alla sua gemella, la PROTECT IP Act (Preventing Real Online Threats to Economic Creativity and Theft of Intellectual Property Act of 2011; United States Senate Bill S.968), diede all’industria dell’intrattenimento il potere di censurare Internet. Kirby Ferguson ha saputo spiegare molto bene, in un video, questa situazione95 : ”PROTECT-IP non metterà fine alla pirateria, ma introdurrà un vasto potenziale di censura e abuso, rendendo il web meno sicuro e affidabile. Stiamo parlando di Internet, un mezzo vitale e vibrante di comunicazione, e il nostro governo ne sta minando le fondamenta per far comprare alla gente più film di Hollywood. Ma Hollywood non promuove l’elezione di candidati provenienti dal basso, non rovescia regimi corrotti, e l’intera industria dell’intrattenimento non contribuisce poi così tanto alla nostra economia. Internet sì invece, fa questo e molto altro. Le aziende posseggono già strumenti per combattere la pirateria. Possono oscurare selettivamente dati contenuti, far causa alle aziende che scrivono software peer-to-peer, oppure ai giornalisti che spiegano come copiare un DVD. Hanno alle spalle un passato di uso e abuso di potere. Hanno cercato di far rimuovere il video di un bambino su YouTube solo per la musica in sottofondo. Hanno fatto applicare leggi penali scritte per contrastare la pirateria su vasta scala contro singole famiglie e bambini. Hanno minacciato di proibire i VCR e i primi lettori MP3. Quindi la domanda è: fin dove si spingeranno? E la risposta a questo punto è ovvia: fino a dove gli permetteremo di farlo.” Il 18 gennaio 2012 la Wikipedia inglese, reddit e altri 7.000 siti web minori coordinarono un blackout di servizi, per sensibilizzare la gente contro questa pazzia. Quel giorno più di 160 milioni di persone videro l’insegna di Wikipedia; la Electronic Frontier Foundation, Google e molti altri raccolsero milioni di firme; molti iniziarono a boicottare le aziende che supportavano la legislazione e ci fu un rally a New York con migliaia di attivisti96 . Unendo le forze e gli interventi collettivi, siamo stati in grado di bloccare questa legge vergognosa, ma stanno tornando alla carica con altre proposte ugualmente idiote (o forse addirittura peggiori)97 . In materia di tecnologia, i politici non sono solo ignorano le basi dell’argomento, ma in buona sostanza si riducono a rappresentanti delle corporation nel governo. Per essere più specifici, la loro presunta ignoranza permette ai lobbisti finanziatori di scrivere direttamente i testi di legge, così che la maggior parte dei benefici vadano a chi, dietro ai nostri eletti, comanda davvero- le corporation e i loro proprietari, che non si accontentano della fetta più grande della torta, la

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59 vogliono tutta per loro. Il problema è che il denaro è stato considerato una forma di “libera espressione”. Siamo di fronte a una corsa agli armamenti con sempre più soldi in ballo dove si cerca di comprare le leggi “giuste”, così che i soggetti (le società) che beneficiano finanziariamente di tali leggi abbiano sempre più denaro per “comprare” ulteriori leggi98 . Non è una visione cinica, né un’ipotesi complottista, ma un fatto ben documentato che lo 0.1% più ricco negli USA guadagni metà di tutti i capitali sommati99 . Come se non bastasse, i politici e le grandi società sono solo una piccola parte del problema. Gli studi hanno dimostrato che la capacità media di capire i problemi e le sfide quotidiane è tristemente bassa. Negli USA l’87% della popolazione non è in grado di svolgere azioni mediamente complesse (come ad esempio leggere e capire un articolo di giornale sugli affari esteri, confrontare due punti di vista in un editoriale, confrontare percentuali, leggere un grafico) e il 22% è funzionalmente analfabeta100 . Lo stesso vale per l’Italia, il Regno Unito, il Belgio, l’Australia, il Canada e molti altri paesi sviluppati101 . Non dovrebbe sorprendere che la percezione pubblica delle problematiche complesse ne esca distorta. Come si può pretendere che il 60% della popolazione sia informato e agisca responsabilmente, quando il 60% delle persone non sa neppure cosa significhi 60%? Prendete il problema del cambiamento climatico (che la stampa popolare ama chiamare “riscaldamento globale”). Per anni è stato oggetto di dibattito nei giornali e nei confronti politici. Come se fosse una questione di opinione. Come se giornalisti, politici, economisti o chiunque altro che non sia un climatologo possa dire qualcosa a riguardo. Per anni la gente ha dibattuto e discusso, presentando le “prove” a favore o contro la “teoria del riscaldamento globale antropogenico”. Nel marzo 2010 un sondaggio di Gallup ha rivelato che il 48% degli Americani credeva che ”la gravità del riscaldamento globale sia generalmente sovrastimata”. Nel 2009 era il 41%, e nel 2006 il 30%102 . Risultati simili furono riscontrati nel Regno Unito e altri paesi103 . Sappiamo che il cambiamento climatico si sta verificando, sappiamo di esserne responsabili104 e anche i maggiori scettici hanno ammesso di aver sbagliato a dubitare dei dati sul riscaldamento globale, confermati da studi fatti da chi negava il cambiamento climatico e intendeva confutarlo105 . Tuttavia una combinazione di malainformazione, chiacchericcio politico, pseudoscienza e pubblica ignoranza rendono ancora difficile per la scienza fare dei passi avanti. Messi insieme, la paura, l’incertezza, il dubbio e l’ignoranza costituiscono un ostacolo formidabile all’accettazione diffusa delle tecnologie che migliorerebbero la qualità della vita. Ma non è l’unico. Considerate le code alle casse automatiche del supermercato. Se adeguatamente sviluppate, usando la giusta implementazione con un’interfaccia intuitiva, snellirebbero il processo, riducendo inefficienze e stress. Ma al costo, ovviamente, di milioni di posti di

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CAPITOLO 8. L’ACCETTAZIONE SOCIALE

lavoro. Infine, ci sono altre ragioni per le quali l’automazione non sostituirà tutta la forza lavoro, anche in quei settori dove in teoria potrebbe farlo. Prendiamo ad esempio un ristorante. Alcuni pensano che sia un posto dove mangiare e pagare. Sbagliato: questa è la descrizione di una catena di fast-food. In un ristorante, si paga per l’esperienza di mangiare un buon pasto, per il contesto, non (solo per) il pasto in sé. Entrando in un ristorante, ci si aspetta un contesto piacevole in cui godersi il pasto. L’atmosfera tranquilla, le luci accoglienti quando ci si siede al tavolo, il cameriere che dà il benvenuto e un consiglio sul vino da scegliere; tutti questi elementi concorrono a creare un’esperienza irrestistibile. Eliminare la componente umana dal quadro potrebbe essere più difficile di quanto pensino alcuni entusiasti della tecnologia. Alla gente piace la compagnia degli altri umani, amano entrare in sintonia con loro, sentire e raccontare storie, scambiare interessi e punti di vista. Anche se l’interazione con un cameriere può essere limitata, potrebbe essere comunque molto interessante e rappresentare una delle ragioni per cui si decide di andare in un ristorante di alta qualità anziché in un fast food. Immaginatevi ora l’immagine olografica di una bellissima donna, che conosce tutti i vostri interessi, si ricorda quando siete venuti la scorsa volta, con chi e fa domande a riguardo, sempre con voce gentile. Questo è uno degli esempi preferiti dei fanatici della tecnologia a favore dell’automazione106 , ma non credo che a molte persone piacerebbe – non di qui a breve, almeno. Come potete vedere, il processo di accettazione per ogni prova scientifica, tecnologia dirompente, o qualsiasi altra cosa che potrebbe cambiare il nostro modo di vivere non è lineare e prevedibile. Ci sono molti ostacoli e le opposizioni potrebbero venire da ogni direzione, per molte diverse ragioni. Tenendo a mente tutto ciò, analizziamo lo stato attuale dell’intera forza lavoro, e proiettiamo nel futuro le possibili conseguenze a cui l’accelerazione del cambiamento tecnologico potrebbe portare.

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C APITOLO 9

L A DISOCCUPAZIONE DOMANI

A

nalizzeremo ora la forza-lavoro statunitense, fascia per fascia. I motivi per cui ho scelto gli Stati Uniti sono principalmente tre: rappresenta una delle più grandi economie del pianeta; ha ottimi dati pubblici disponibili; gran parte dei paesi industrializzati si trovano in una situazione molto simile. Nel 2010, negli Stati Uniti, c’erano circa 139 milioni di lavoratori, su un totale di popolazione di 308 milioni107 . Il tasso di disoccupazione ha oscillato nel corso del tempo, ma i cicli di picco e caduta hanno preso la forma di una vera e propria tendenza. E questa tendenza rappresenta un aumento globale della disoccupazione. Nel 2010 la disoccupazione era al 9,6%108 , uno dei valori più alti nella storia americana, secondo solo al valore del 9.7%, raggiunto nel 1982109 . E ancora più interessante è il rapporto tra lavoratori e popolazione totale. Nel 2000 gli Stati Uniti avevano una popolazione di 281.421.000, con una forza-lavoro di 136.891.000. Nel 2010 la popolazione è aumentata a 308.745.000, ma la forzalavoro è rimasta circa a 139.064.000 (cfr. tabella 9.1). Anno 2000 2010

Popolazione Totale 281.421.000 308.745.000

Impiegati 136.891.000 (48,6%) 139.064.000 (45,0%)

Tabella 9.1: Totale forza-lavoro degli Stati Uniti tra il 2000 e il 2010.

Ci sono molte più persone senza lavoro negli Stati Uniti, e nel resto del mondo, di quanto si potrebbe pensare. Benché i report affermino che la disoccupazione negli ultimi due anni è in calo, la verità è un’altra. Nel marzo 2012, la disoccupazione nell’Eurozona ha raggiunto il livello record del 10,9%110 . Ma c’è di più. Nel 2011, oltre ai milioni di disoccupati, altri 86 milioni di americani sono stati esclusi dalla forza-lavoro perché un posto di lavoro non l’hanno neanche 61

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CAPITOLO 9. LA DISOCCUPAZIONE DOMANI

Figura 9.1: Gli americani fuori dalla forza-lavoro nel 2011, divisi per età. Immagine gentilmente concessa da CNN, i dati provengono dal US Labor Bureau of Statistics.

continuato a cercare. La maggior parte di loro aveva meno di 25 anni o più di 65111 . È facile per i politici e gli economisti ridurre al minimo la paura della disoccupazione, basta cambiare il metodo di misurazione e i dati suonano improvvisamente molto meglio! Questa è la situazione attuale, e non è un granché. Ma cosa ci riserva il futuro? Diamo uno sguardo al numero di posti di lavoro per occupazione, con un campione di almeno 1 milione di lavoratori.

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63 Occupazione Venditori, autotrasportatori, autisti Venditori al dettaglio Supervisori/manager di vendita al dettaglio Cassieri Segretarie e assistenti amministrativi Manager, il restante Agenti di vendita, commercianti all’ingrosso, settore manifatturiero, agenti immobiliari, assicurativi, pubblicitari Infermiere patentate Insegnanti di scuole medie ed elementari Inservienti e pulitori Camerieri Cuochi Aiuti domestici sanitari, infermieristici e psichiatrici Addetti al servizio clienti Operai, magazzinieri e trasportatori Contabili e revisori Supervisori/direttori d’ufficio e di operatori di supporto amministrativo Amministratori delegati Impiegati di magazzino, addetti al caricamento degli ordini Domestiche e collaboratori familiari Insegnanti universitari Addetti a contabilità e revisione contabile Accoglienza e informazione turistica Operai edili Assistenti per l’infanzia Falegnami Insegnanti di scuola secondaria Operatori ecologici Manager finanziari Supervisori/direttori di lavoratori non al dettaglio

Numero di lavoratori 3.628.000 3.286.000 3.132.000

Percentuale di lavoratori% 2,61% 2,36% 2,25%

3.109.000 3.082.000 2.898.000 2.865.000

2,24% 2,22% 2,08% 2,06%

2.843.000 2.813.000

2,04% 2,02%

2.186.000 2.067.000 1.951.000 1.928.000

1,57% 1,49% 1,40% 1,39%

1.896.000 1.700.000 1.646.000 1.507.000

1,36% 1,22% 1,18% 1,08%

1.505.000 1.456.000

1,08% 1,05%

1.407.000 1.300.000 1.297.000

1,01% 0,93% 0,93%

1.281.000 1.267.000 1.247.000 1.242.000 1.221.000 1.195.000 1.141.000 1.131.000

0,92% 0,91% 0,90% 0,89% 0,88% 0,86% 0,82% 0,81%

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CAPITOLO 9. LA DISOCCUPAZIONE DOMANI Capi cantiere Avvocati Informatici & Ingegneri informatici Direttori generali e operativi Totale delle Occupazioni Sopra Elencate Tutte le altre occupazioni Totale degli Impiegati

1.083.000 1.040.000 1.026.000 1.007.000 63.383.000

0,78% 0,75% 0,74% 0,72% 45,58%

75.681.000 139.064.000

54,42% 100,00%

Date un’occhiata alla tabella qui sopra. Ora ditemi: quanti lavori sono stati creati negli ultimi 50 anni? Le 34 professioni elencate sopra costituiscono il 45,58 % della forza-lavoro degli Stati Uniti. Quante nuove professioni sono nate grazie ai progressi della tecnologia? Una sola, quella degli scienziati e ingegneri informatici. Che però dà alla lista un contributo irrisorio: se dovessimo escludere queste due professioni, infatti, resterebbe nella lista il 44,12% dell’economia rappresentata, che non ha creato un solo lavoro negli ultimi 50 o 60 anni. La realtà è che i nuovi posti di lavoro creati dalla tecnologia impiegano una frazione molto piccola di persone, e anche quelli tendono a scomparire poco dopo essere stati creati. Pensate ai lavori creati nel settore IT durante gli anni Ottanta, e a quanti ne siano rimasti nel 2012. Se all’epoca foste stati programmatori, o amministratori di sistema, e non vi foste aggiornati sugli ultimi sviluppi tecnologici, oggi sarebbe molto difficile per voi trovare un posto di lavoro. Quanta occupazione è stata creata dall’introduzione di una nuova tecnologia, solo per soccombere all’arrivo di un’altra migliore? I nuovi posti di lavoro richiedono un elevato livello di istruzione, flessibilità, intelligenza, imprenditorialità - una formazione, insomma, che la maggior parte delle persone non possiede. In realtà, il nostro sistema educativo è stato ideato subito dopo la rivoluzione industriale, con l’idea di formare degli operai. I posti di lavoro necessari erano manuali, ripetitivi, e il nostro sistema educativo, da allora, non è stato sufficientemente aggiornato. È da molto tempo che l’economia chiede un nuovo tipo di lavoratori. Il cambiamento è, tuttavia, molto lento e difficile. Uno dei motivi è che gli insegnanti di oggi sono stati formati dagli insegnanti di ieri. Test standardizzati, corsi standardizzati, esami standardizzati, non possono che produrre menti standardizzate. Gli studenti non sono incoraggiati a mettere in discussione il libro di testo, o l’insegnante. E neanche a lavorare in gruppo, collaborare, o trovare soluzioni diverse112 . Insegnano loro che c’è sempre una sola soluzione, ed è sul retro del libro. Ma non bisogna guardare, perché questo è imbrogliare113 .

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65 La realtà è che esistono molte soluzioni a un numero infinito di problemi. Alcune sono migliori di altre. A volte non ce ne sono. A volte la soluzione si può trovare solo attraverso pensiero interdisciplinare, collaborando con persone provenienti da diverse aree di specializzazione. In passato ci sono stati tentativi di riformare il sistema scolastico, e alcuni ottimi esperimenti sono in corso (lo approfondiremo nella Parte 3: Soluzioni). Ma il sistema educativo è un elefante ancora più grande e lento delle industrie, e ci vorrà molto tempo prima che si adegui. La domanda è: sarà abbastanza veloce da adattarsi alla stessa velocità del progresso tecnologico? Non credo sia possibile. Alcune persone saranno abbastanza intelligenti da adattarsi a questo nuovo paradigma (se state leggendo questo libro significa che state già pensando a questo problema, e avete una buona probabilità di essere in quella ristretta cerchia), ma temo che la maggioranza della popolazione si troverà nei guai. Per avere un’idea della tendenza, esaminiamo alcune delle aziende più grandi e di maggior successo, elencate in ordine cronologico. Potete vedere l’anno in cui furono fondate, il numero di dipendenti nel 2012, e il ricavo medio per dipendente. Azienda McDonald’s (1940) Walmart (1962) Intel (1968) Microsoft (1975) Google (1998) Facebook (2004)

Impiegati 400.000 2.100.000 100.000 90.000 32.000 3.000

Fatturato per impiegato $60.000 $200.000 $540.000 $767.000 $1.170.000 $1.423.000

Tabella 9.3: Elenco delle maggiori aziende multi-miliardarie e il fatturato per dipendente.

Penso che capiate cosa sta succedendo. Le società multi-miliardarie appena create non hanno vincoli, come ad esempio impiegati “storici” di generazioni precedenti, dunque possono concentrarsi sull’efficienza fin dall’inizio. Le grandi aziende con più di 20 anni di età sono come vecchi elefanti che cercano di camminare in un luogo molto affollato. Sono pesanti, lenti. Hanno un sacco di “zavorra”114 (perdonatemi l’espressione), di cui vorrebbero sbarazzarsi, ma non possono. Le nuove imprese non hanno questi problemi. Sono agili. Possono assumere i migliori, e solo i migliori, fin dall’inizio. Incoraggiano l’automazione, piuttosto che resisterle. Implementano tutte le possibili strategie per aumentare la produttività, ossia il fatturato per dipendente. Guardate di nuovo la tabella 9.3. McDonald è stata fondata nel 1940, e il fatturato per dipendente è di $60.000. Avvicinandoci ai tempi moderni, si vede una progressiva diminuzione del numero di lavoratori (ad eccezione di Walmart; ma come abbiamo visto prima,

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probabilmente cambierà molto presto), e un aumento della quantità di ricchezza che ogni dipendente crea. Gli ultimi e più eclatanti valori sono rappresentati da Facebook, con soli 3.000 lavoratori, dove ognuno genera più di $1,4 milioni dollari di ricchezza per la società. Si potrebbe scartare Facebook ritenendolo un vapourware, una moda che presto svanirà. Ma riflettete: nell’economia di oggi, le attività più preziose non sono rappresentate da beni fisici. Si tratta di informazioni. Le informazioni personali su di noi, le nostre abitudini, i nostri desideri. Chi sono i nostri amici, con chi usciamo, a cosa pensiamo? Il prodotto siamo diventati noi. Facebook ha la più ampia banca dati di informazioni personali mai creata nella storia, ha quasi 1 miliardo di utenti in tutto il mondo, in continuo aumento. Governi, aziende e servizi di intelligence darebbero chissà cosa per quelle informazioni. In realtà, molti si chiedono se Facebook faccia soldi vendendo a questi enti i nostri dati personali115 , anche se Facebook ha respinto tali affermazioni116 . Indipendentemente dalla veridicità di queste accuse, è indubbio che Facebook possegga un valore intrinseco molto maggiore del suo fatturato totale. Che è già impressionante di per sé, vista la rapidità con cui ha raggiunto i $4,27 miliardi di dollari, con solo 3.000 dipendenti. Quindi, se le nuove industrie hanno bisogno solo di personale altamente istruito, intelligente e dinamico, e quelle vecchie stanno sostituendo i lavoratori umani in favore dell’automazione, che cosa faremo con coloro che non hanno alcuna istruzione formale né i mezzi per acquisire competenze sofisticate? Di fronte a questa domanda molto semplice, gli economisti mostrano due tipi di reazioni. La prima è negare che ci sia un problema. Non credono che la tecnologia stia soppiantando il lavoro umano, perciò neppure iniziano la discussione. La seconda è affermare che chi sostiene tali tesi dovrebbe passare meno tempo a parlare di ciò che non conosce, e più tempo a fare quello che sanno fare bene. Dicono che gente come Martin Ford, o come me, sono semplicemente ignoranti di economia, e che se fossimo economisti ne sapremmo di più. Forse è così: dopo tutto, molti di noi non sono economisti. Magari davvero ci sbagliamo. Ma questa non è una prova, è un pensiero circolare, una tautologia priva di sostanza che si auto-rafforza. Se pensate di avere una tesi migliore, e la sostenete, presentatecela e illuminateci. Ho chiesto a molti economisti, e sto ancora aspettando che me ne espongano una. Il rifiuto di spiegare è derivato probabilmente dal fatto che considerano questo l’ABC dell’economia, roba che avrei dovuto imparare all’Università, e non c’è motivo di perdere tempo a spiegarlo. Ma ogni volta che sento questo tipo di ragionamento, mi viene in mente quello che diceva il grande Albert Einstein:117 :

”Se non sai spiegarlo in modo semplice, non lo capisci abbastanza bene.”

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67 Con anni di esperienza alle spalle nella diffusione della cultura scientifica e nello smascherare creazionisti, negazionisti del cambiamento climatico, e ogni sorta di sciocchezze, credo che la citazione di Einstein sia più vera che mai. Se gli economisti tradizionali vedono me come io vedo i sostenitori del “disegno intelligente”, dovrebbe essere abbastanza facile confutarmi. Anzi, si dovrebbe essere pronti a respingere le mie affermazioni con alcuni semplici esempi. Dopo un anno di ricerca e di discussione, li sto ancora aspettando. Marshall Brain, autore di Robotic Nation, ha tenuto al Singularity Summit 2008 una conferenza sulla perdita di posti di lavoro causata dall’automazione. Alla fine della sua presentazione, è stato ridicolizzato da uno degli altri oratori: “Avete mai sentito parlare di questa disciplina chiamata storia? Siamo passati attraverso la stessa merda 150 anni fa, e niente di quello che dici è accaduto!”. Questo è il tipo di critica facile che le persone ignoranti fanno alla leggera: non è successo in passato, perché dovrebbe succedere adesso? Prima di tutto, semplicemente non c’è precedente storico per quello che stiamo per vivere. Anche se è vero che abbiamo trovato il modo di cambiare occupazione, inventando nuovi posti di lavoro e nuovi settori, ci sono due aspetti importanti da considerare. Uno. Il cervello umano ha dei limiti fisici. Certo, il nostro cervello è molto plastico 118 , e con un training adeguato è in grado di migliorare notevolmente nel corso del tempo. Ma proprio come la nostra forza fisica, per quanto ci possiamo allenare, è stata ampiamente superata da quella delle macchine, lo stesso succederà alle nostre facoltà mentali. L’evoluzione biologica è semplicemente troppo lenta rispetto alla velocità di crescita dell’intelligenza artificiale. Tutto ciò potrebbe cambiare, ma solo se accetteremo di essere “potenziati” dalle macchine fondendoci con queste. Non voglio però entrare in questa discussione, che richiederebbe un libro a sé stante solo per gli aspetti tecnici, senza parlare delle implicazioni etiche. Restiamo sul punto, e coi piedi per terra: sappiamo che la seconda specie potenziata dalla tecnologia (le macchine intelligenti, insomma) sta arrivando, e se non ci prepariamo ci troveremo in grossi guai. Due. Abbiamo mai pensato che trovare un lavoro sostituitivo, qualsiasi esso sia, potrebbe essere la scelta sbagliata? Sono sicuro che, potenzialmente, saremo in grado di trovare milioni di lavori inutili in futuro. Guardare ciò che abbiamo realizzato negli ultimi 50 anni, dovrebbe bastare a rendere questa ipotesi credibile. Abbiamo da tempo disgiunto l’utilità di un posto di lavoro dal suo scopo. Storicamente, lo scopo del lavoro è stato quello di creare ciò che ci serve per vivere meglio: cibo, vestiti, case, strade, automobili, eccetera. Ma grazie all’incremento esponenziale della produttività, avremmo potuto facilmente avere quelle cose lavorando meno. Si noti che questa non è una ideologia, né un pio desiderio: è matematica. Supponiamo che abbiate bisogno di una x quantità

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di lavoro per produrre un y livello di ricchezza. Dopo 50 anni, è necessario solo 1/10 di x per produrre lo stesso y. È una deduzione logica il fatto che si possa lavorare di meno per produrre lo stesso risultato. Ovviamente il carico di lavoro non può essere ridotto alla stessa identica proporzione, perché le tecnologie in avanzamento aumentano anche le nostre aspettative di aumento di qualità di vita. Ma le necessità fondamentali della vita sono cambiate di poco. Non abbiamo bisogno di 100 volte la quantità di cibo, acqua, e alloggio che avevamo 50 anni fa. Avremmo potuto facilmente ridurre la settimana lavorativa. E in genere, invece, lavoriamo più che mai. È pura follia: lo scopo della tecnologia è farci avere più tempo libero da dedicare a fini superiori. E invece, i posti di lavoro sono diventati lo scopo. In passato, i posti di lavoro sono finiti in Cina, India, Vietnam, e altri luoghi in cui le persone lottano per posti che negli Stati Uniti e in Europa sarebbero considerati schiavitù. Stiamo parlando di posti di lavoro che fruttano $200 al mese per 12 ore al giorno, 6-7 giorni alla settimana. E la gente, da quelle parti, questi posti se li contende. Non hanno assicurazioni, benefici, vacanze, regole di sicurezza, nessun diritto di lamentarsi. Certo, se ci lavori e non ti piace puoi sempre lasciare il posto, ma qualcun altro sarà lieto di prenderlo. Dovrebbe essere chiaro che non possiamo pensare di competere con loro per la corsa al ribasso, riportando qui la manifattura a basso costo. Non accadrà, né dovrebbe. Il tempo in cui con un diploma di scuola superiore, un sacco di buona volontà e duro lavoro si otteneva un dignitoso stile di vita di classe media è ormai lontano. Quei posti di lavoro che sono stati esternalizzati non torneranno, punto. E anche quei posti all’estero sono ora minacciati dai rapidi progressi nel campo dell’automazione e della robotica. Più aziende si automatizzano per aumentare la produttività, più posti di lavoro si perdono per sempre. Il futuro del lavoro e dell’innovazione non è nel passato che noi conosciamo, ma in un territorio sconosciuto del prossimo futuro. Nuovi ed esaltanti settori stanno emergendo ogni giorno: biologia sintetica, neurocomputazione, stampa 3D, contour crafting, ingegneria molecolare, bioinformatica, estensione della vita, robotica, calcolo quantistico, intelligenza artificiale, apprendimento macchina. Queste nuove frontiere in rapida evoluzione sono solo l’inizio di una nuova, sorprendente era della nostra specie che porterà alla più grande trasformazione di tutti i tempi. Una trasformazione che farà sembrare la Rivoluzione Industriale un evento di importanza minima. Questa nuova era creerà nuove opportunità e aprirà nuove frontiere per la ricerca e per l’innovazione che ora nemmeno riusciamo a comprendere. Su questo, non ho dubbi. Il problema è: saremo in grado di tenere il passo con questi cambiamenti rapidi, e dare a milioni di lavoratori non istruiti una formazione adeguata a questi nuovi tipi di lavoro? Penso che la risposta sia un grande e forte NO!

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69 Ci sono milioni di lavoratori con un diploma di scuola superiore al massimo, e a volte nemmeno quello, con più di 40 anni che svolgono solo lavori manuali o facilmente automatizzabili. Ogni nuovo lavoro che creeremo impiegherà una frazione di quelle persone, nella migliore delle ipotesi. E questi posti di lavoro richiederanno una mente molto ricettiva, flessibile, una profonda conoscenza di materie altamente sofisticate legate principalmente ai settori della biologia, della chimica, informatica e ingegneria. Ci vogliono dai 5 ai 10 anni per educare una giovane mente in questi campi, e parliamo di una mente non solo disposta, ma anche entusiasta all’idea di apprendere. Quanti dei milioni di disoccupati di mezza età sono disposti a reinventarsi e ricominciare da capo? E quanti di essi troveranno spazio nel sistema educativo? A quale prezzo? Anche supponendo che la maggior parte di loro abbia la motivazione giusta, quanti potranno permettersi il tempo e il denaro necessario ad aggiornare le loro conoscenze e competenze? La maggior parte dei paesi riescono a malapena a educare i propri figli, nella maggior parte dei casi con risultati disastrosi. Trovo difficile credere che il governo trovi magicamente un modo per rendere l’istruzione di livello universitario gratuita per tutti, compresi i milioni di nuovi studenti che dovranno improvvisamente tornare a scuola a 50 anni. L’idea che la società possa mantenere il numero di posti di lavoro, data l’espansione esponenziale della tecnologia, l’ascesa dell’automazione e il diffuso sviluppo di manifattura domestica a basso costo, è semplicemente irrealistica. Ho letto sull’argomento diversi libri, guardato centinaia di dibattiti e interviste, e finora non ne ho tratto una singola spiegazione del perché lo status quo potrà reggere, o del come. Con l’avvento di meraviglie tecnologiche come Watson, poi, anche gli scettici più incalliti si stanno arrendendo all’evidenza. I vecchi posti di lavoro non torneranno. Quelli nuovi saranno altamente sofisticati, tecnicamente e creativamente impegnativi, e una manciata di quei posti basterà a mandare avanti l’economia. La domanda, quindi, è semplice: cosa faranno i lavoratori non qualificati di oggi? Finora, nessuno è stato in grado di rispondere a questa domanda. La ragione, credo, è che non c’è una risposta. Non in questo sistema, non nel modo in cui è progettato per funzionare. Se vogliamo risolvere il problema più impegnativo del nostro tempo, dobbiamo a mio avviso ripensare l’intera struttura economica e sociale. Ripensare le nostre vite, ruoli, scopi, priorità, motivazioni. È il momento di cambiare paradigma, e trovarne uno che rivoluzionerà radicalmente il nostro sistema sociale. In questo Universo, l’unica costante è il cambiamento. Imparate ad amarlo, ad accoglierlo, e avrete successo. Se gli resisterete, se vi troverà impreparati, sarete invece spazzati via dalla piena di cambiamenti che sta per travolgere la

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CAPITOLO 9. LA DISOCCUPAZIONE DOMANI

nostra civiltà come la conosciamo. A questo punto potreste chiedervi: non saranno automatizzati anche questi posti di lavoro altamente specializzati e tecnicamente impegnativi, alla fine? Dato quel che abbiamo imparato sull’espansione esponenziale delle tecnologie, la risposta logica è: in gran parte sì. Sicuramente creeremo nuovi campi di ricerca, e i nuovi posti di lavoro seguiranno di conseguenza. Ma questi lavori saranno ancora più difficili, e la percentuale di popolazione in grado di svolgerli sarà ancora più ridotta, dato che la capacità della tecnologia di auto-innovarsi è più grande e veloce della nostra capacità di tenerle il passo. È un cane che si morde la coda, il numero totale di posti di lavoro richiesti dal settore sarà gradualmente ridotto nel corso del tempo, e ogni volta dovremo reinventarci, trovare nuove occupazioni per le nuove vittime dell’automazione. Questo diventa molto faticoso dopo qualche tempo. È un gioco che non si può vincere. Non è giusto, e non vi è alcuna via d’uscita. Viene quindi da chiedersi se questo sia l’unico modo, o se ci potrebbe essere un’altra soluzione. Nella prossima parte, esploreremo molti candidati alla soluzione di questo fondamentale problema. Non sappiamo ancora quale si rivelerà corretta. Forse nessuna, forse sarà una combinazione di tutte loro. Nessuno lo sa per certo. Quello che sappiamo è che ci impegneremo a trovare le migliori soluzioni, con la nostra ragione e la nostra immaginazione. Certo, potremmo anche fallire miseramente. Ma potremmo anche farcela, affrontando qualsiasi ostacolo con coraggio e forza, guardando al futuro, avanzando ed evolvendoci continuamente, e credo che riusciremo a farlo solo che se condividiamo un obiettivo comune. Parafrasando Martin Luther King Jr. e Carl Sagan: ”Siamo un solo pianeta, dobbiamo imparare a vivere insieme come una famiglia o perire da soli come stolti.”

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Parte II

Lavoro e felicità

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C APITOLO 10

L’ IDENTITÀ E IL LAVORO

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vete mai notato come, quando chiedete a qualcuno “Ciao, come ti chiami, cosa fai?”, di solito rispondono con qualcosa del tipo “Ciao, il mio nome è Bob, sono un ragioniere”, o “Sono un ingegnere elettronico (un insegnante, un idraulico, un responsabile commerciale, un agente assicurativo)”. Da notare che la domanda non era “Che lavoro fai?”, bensì “Cosa fai?”. La gente pensa che sia l’abbreviazione di “Cosa fai per vivere?”, il che è ancora più significativo. Quando ci viene chiesto chi siamo, cosa facciamo, immediatamente lo identifichiamo col nostro lavoro, perché è esattamente ciò che crediamo ci sia stato chiesto. Siamo quello che facciamo, e per la maggior parte del tempo quello che facciamo è lavorare. Che altro potremmo fare? Dopo tutto, viviamo in una società che si basa sullo scambio di lavoro per reddito, e il reddito determina la nostra qualità di vita. Ho lavorato fin da bambino, per pagare per quello che volevo. All’inizio, quando ero molto piccolo, questo significava solo dare una mano in casa, pulire il portico e i piatti. Erano piccole cose, ma contavano. I miei genitori mi hanno infuso la sensazione che le cose non dovrebbero essere date per scontate, e che alcune cose erano garantite, mentre se volevo qualcosa in più dovevo prendermi la responsabilità di guadagnarlo. Questo sentimento mi ha accompagnato per tutta la vita, e oggi penso che i miei genitori mi abbiano insegnato una lezione molto importante: è importante valutare gli sforzi delle persone, il loro lavoro, e se voglio qualcosa devo rimboccarmi le maniche e mettermi a lavorare. Non lamentarmi, non chiedere, ma guadagnarmelo. Crescendo ho iniziato a fare lavori più complessi, dal lucidare materiali industriali al giardinaggio; ma ho avuto la fortuna di poter mettere a frutto la mia precoce passione per l’IT. Quindi iniziai ad aggiustare computer, poi a gestire le reti di piccole imprese e costruire siti web. Avevo 15 anni. A 16 anni non contavo più sul sostegno finanziario dei miei genitori. Vinsi una borsa di studio per il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico, e mi trasferii 73

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CAPITOLO 10. L’IDENTITÀ E IL LAVORO

lontano da casa. Da allora ho sempre vissuto da solo, che è abbastanza strano per un italiano (la maggior parte di noi vive con i genitori ben oltre i 30 anni). Ora ho un Diploma di laurea, mi sono laureato in un programma di studio della NASA alla Singularity University, ho avviato una società e ho molti anni di esperienza di lavoro, sia nel mercato nazionale che internazionale. Ricordo quando, a 22 anni, il mio capo mi affidò la rappresentanza della società all’estero. Un giorno venne da me e mi disse semplicemente “Ciao Fede, ho bisogno di parlare del nuovo software. Ecco il biglietto, ed ecco l’indirizzo. Adesso me ne vado, ci vediamo a Londra tra qualche giorno”. Era il nostro maggior cliente, nonché una delle più grandi multinazionali al mondo, quindi ero un po’ sorpreso che il mio capo riponesse tanta fiducia nelle mie capacità, considerando che ero molto giovane. All’epoca lavoravo come amministratore di sistema e IT manager. Poi mi trasferii in un’altra società e misi in piedi il reparto Web & Media, che ha portato alla creazione di una squadra capace di triplicare la dimensione della società in poco più di due anni. Questo ha permesso la trasformazione di una piccola azienda di produzione video in una società di rete, media e comunicazione, in grado di competere sul mercato internazionale con imprese multi-milionarie, molto più grandi di lei. Se pensate che scriva tutto questo per cercare di impressionarvi, vi sbagliate di grosso. Anzi, la storia della mia vita è piuttosto insignificante (nulla in confronto a molti giovani imprenditori che hanno fondato società multi-miliardarie all’età di vent’anni). Voglio solo, prima di elaborare i prossimi punti, darvi un po’ di prospettiva. Non voglio che liquidiate le prossime righe come le idee di uno che non ha mai lavorato un giorno in vita sua, e quindi non può apprezzare il valore del lavoro.

10.1 ETICA DEL LAVORO, UTILITÀ DEL LAVORO Penso che avere un’etica del lavoro sia qualcosa di molto prezioso. Ed è proprio per questo che il lavoro, secondo me, sta oggi perdendo il suo significato. La gente dice:”Lavora sodo, e sarai ricompensato”, e io generalmente sono d’accordo. Ma manca qualcosa al quadro. Apprezziamo il lavoro di per sé, e pensiamo che la gente dovrebbe lavorare, ma ci siamo mai interrogati circa la sua utilità? Chiedetevi, qual è il valore del lavoro che svolgete? Aiuta gli altri? Vi rende più felici? Ha contribuito a migliorare la nostra società in termini di cultura, salute, efficienza, empatia, compassione, creatività, e vivibilità? Se lavoro solo per il gusto di farlo, sono solo un semplice strumento. Un burattino. Un robot che segue ciecamente gli ordini. Ecco un esempio pratico. Sono una donna di mezza età che lavora in una fabbrica di armi. Costruisco le bombe a grappolo. Queste bombe non sono utilizzate per combattere i terroristi o per fermare gli eserciti. Sono progettate

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10.1. ETICA DEL LAVORO, UTILITÀ DEL LAVORO

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per sfigurare e mutilare orribilmente chiunque abbia la sfortuna di incapparvi119 . Molte delle vittime sono bambini innocenti, che un momento stanno giocando in un campo con i loro amici, e quello dopo hanno perso una gamba. Lo so. Ma sto ancora facendo solo il mio lavoro. Cosa? Mi chiedi se sto facendo un buon lavoro? Un lavoro utile? Pensi che io sia il male? E se ti dico che ho due figli, e che il più giovane è malato ma il Governo non mi aiuta abbastanza? Non potevo permettermi di pagare i suoi farmaci, così ho cercato ovunque un posto di lavoro, ma tutto quello che ho trovato sono posti di lavoro part-time, che non mi permettevano di guadagnare abbastanza per pagare le spese mediche astronomiche. Così ho deciso di venire qui. A fare un lavoro orribile, lo so. Odio questo lavoro, e mi odio per quello che sto facendo. Ma pagano bene, e i miei figli così possono vivere. Non vedo altra scelta. Pensi ancora che io sia il male? Ho preso un caso limite per illustrare il punto, ma ci sono innumerevoli esempi più sottili, e tuttavia molto più insidiosi. Supponiamo che io sia un avvocato. Mi piacerebbe lavorare su casi di abusi sui minori, diritti dei lavoratori, class action contro le grandi industrie che inquinano l’ambiente e ne uccidono migliaia - cose che potrebbero aiutare ad alleviare i dolori e sofferenze di molte persone. Ma lavorare su questi casi non paga molto, così finisco a lavorare per le multinazionali. Divento un troll dei brevetti, osteggiando le piccole aziende che cercano di democratizzare l’accesso ai farmaci a basso costo. Casi come questo non sono l’eccezione, ma la norma. Quella che lavorando duro e facendo del proprio meglio si avrà successo è una visione avvincente e romantica dell’etica del lavoro. Purtroppo, in molti casi, è solo un’illusione. Una volta era diverso, e talvolta è possibile trovare delle eccezioni ispiratrici. Ma questi esempi virtuosi sono sempre più fuori dal comune. Nella mia vita ho viaggiato in più di 30 paesi. Durante i miei viaggi, ho conosciuto le persone che vivono in strada, anziché passarvi oltre. Ci ho parlato, ho ascoltato le loro storie, condiviso il cibo, e talvolta anche dormito accanto a loro, sul marciapiede, o di fronte a una stazione ferroviaria. Senzatetto, mendicanti, ladri, ubriachi, criminali. Sono tutti sintomi di un sistema che non è riuscito a dar loro una possibilità. L’idea che queste persone non ci abbiano provato abbastanza è un insulto, per usare un eufemismo. Anche se non scuso, né giustifico le attività criminali o gli atti di violenza, penso che non riuscire a riconoscere che le persone sono spinte a intraprendere azioni drastiche a causa delle circostanze in cui vivono sia intellettualmente disonesto, e mostra anche una completa mancanza di empatia. Supponiamo per un momento che questi siano fannulloni e ladri, e che meritino di stare dove sono. Se è così, perché la distribuzione di fannulloni e criminali non è uniforme tra le nazioni? E anche all’interno delle nazioni, perché la distribuzio-

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CAPITOLO 10. L’IDENTITÀ E IL LAVORO

ne cambia al variare di regioni, città e quartieri? Perché ogni studio accurato mostra una correlazione positiva tra la mancanza di accesso all’istruzione (e alla giustizia economica) e un aumento dei comportamenti violenti? Perché queste retroazioni negative si vedono sia nei paesi poveri, sia in quelli ricchi ma diseguali? Durante i miei viaggi e i miei studi ho avuto la fortuna di incontrare persone provenienti da letteralmente mezzo mondo (circa 100 paesi), entrando a contatto con le loro culture, e ho imparato molto dalle loro storie. Il film che mostrano è praticamente quello che ho descritto sopra. Montaggio e fotografia potrebbero cambiare, ma la sceneggiatura è molto simile. Di recente, in un bar, mi sono imbattuto in un uomo di colore che stava cercando di vendermi un po’ di paccottiglia, in modo da fare abbastanza soldi per tirare avanti. Ho preso una confezione di accendini (anche se non fumo), gli ho offerto un caffè e gli ho parlato. Prima di sedersi al tavolo sembrava un uomo senza istruzione, senza aspirazioni e senza una vera spinta a rendere la sua vita degna di essere vissuta. Ma non appena ci siamo seduti, trattandolo come una persona - come un essere umano - è accaduto qualcosa di molto interessante. Ha calato la maschera. Improvvisamente il ragazzo che faticava ad articolare un paio di parole pochi secondi prima, è diventato un oratore fluente in tre lingue. Mi ha detto che è arrivato in Italia come immigrato clandestino dalla Nigeria, dove ha studiato economia all’Università e si è laureato, ma non è riuscito a trovare alcun lavoro nel proprio paese. La Nigeria è notoriamente uno degli stati più corrotti del mondo120 , dove anche i bidelli devono corrompere i funzionari, per ottenere un lavoro. Il processo di integrazione attraverso i mezzi legali, in Italia, era quasi impossibile e proibitivamente costoso. È arrivato qui dopo settimane di viaggi pericolosi attraverso l’Africa, solo per raggiungere la costa del Mar Mediterraneo e intraprendere un viaggio quasi suicida su un gommone, durante il quale metà dei passeggeri sono morti. Da allora ha cercato di trovare un lavoro, senza successo. Il razzismo, la paura e il dubbio dell’ignoto sono ancora dilaganti, anche qui in Europa. Alla fine ha imparato a guadagnare abbastanza per sé stesso e per la sua famiglia in Africa, elemosinando i soldi per le strade e vendendo robaccia a basso costo che non serve a nessuno. Ha cercato un buon lavoro, e nessuno l’ha voluto perché non aveva i documenti (e perché la maggior parte delle persone, qui, è razzista), e non c’era modo per lui di ottenere i documenti, a meno che non si trovasse un lavoro. Ora vi chiedo una cosa: che scelta aveva? Ed è, questa, una fiera etica del lavoro? Storie come questa sono tutt’altro che casi isolati. Anzi, stanno diventando sempre più la norma. Alcune sono peggiori della sua, e i loro protagonisti ricorrono alla criminalità organizzata, costretti come sono dall’inadeguatezza dei sistemi economici, in sempre più Stati, a prendersi cura dei propri cittadini.

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Anche i comuni cittadini, che nascono in famiglie povere, non se la passano meglio. Le statistiche confermano questo scenario: la mobilità sociale è diminuita in modo significativo negli ultimi anni in molti paesi, in particolare nel mondo industrializzato. Il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno, infatti, la più bassa mobilità sociale tra i paesi OCSE, come confermato da studi della London School of Economics121 and the Journal of Social Science and Medicine122 . I poveri rimarranno poveri e i ricchi rimarranno ricchi, indipendentemente da quanto ci provino.

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C APITOLO 11

L A RICERCA DELLA FELICITÀ

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ra la fine del 1600 quando Richard Cumberland e John Locke promuovevano l’idea che il benessere dei nostri simili è essenziale per la ‘ricerca della nostra felicità’123 , e che ‘il più alto obiettivo per la nostra intelligenza è l’amorevole e costante ricerca di una vera e solida felicità’124 . Era un’idea talmente forte da essere stata integrata nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, ed è considerata da alcuni come parte di una delle migliori e più influenti frasi nella storia della lingua inglese125 . Vita, Libertà e Ricerca della Felicità sono elencati tra i diritti inalienabili di tutti gli uomini, e queste idee trascendono la società americana. Ma i diritti non sono tali se non tutti hanno la stessa possibilità di esercitarli. In tal caso, cessano di essere diritti. Diventano privilegi, e i privilegi si possono comprare e vendere, proprio come qualsiasi altra cosa. Quindi, dimenticate ciò che penso, dimenticate ciò che pensate, e atteniamoci ai fatti. Come abbiamo visto, molta solida ricerca dimostra quanto le disuguaglianze sociali ed economiche siano strutturali. Ciò significa che se sei nato povero, rischi di rimanere povero, anche se ti spacchi la schiena 12 ore al giorno. Allo stesso modo, se sei nato ricco, rimarrai ricco. L’esaltazione dei casi sporadici di abitanti delle baraccopoli che diventano milionari, promossi dai media, è una truffa malata e ingiusta - una favola per i creduloni, un gioco crudele che rafforza lo status quo, lasciando i poveri a combattere l’uno contro l’altro per gli scarti, mentre i più ricchi possono godersi il pasto abbondante. Certo, se si è veramente in gamba, molto bravi nel marketing diretto, e costruite forti legami sociali, potreste finire col fare un sacco di soldi. Ma per uno che ce la farà, in mille falliranno. È la natura del sistema. Analizziamo un esempio: Camden, New Jersey, è una piccola città di poco più di 70 mila persone. È, pro capite, la città più povera degli Stati Uniti. E la più pericolosa, anche. Nel 2008, Camden ha avuto il più alto tasso di criminalità negli Stati Uniti con 2.333 crimini violenti su 100.000 persone, mentre la media 79

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CAPITOLO 11. LA RICERCA DELLA FELICITÀ

nazionale è 455 su 100.000. La disoccupazione reale in città è difficile da determinare, ma probabilmente si aggira intorno al 30-40%. Il 70% di ragazzi delle scuole superiori abbandonano, e solo il 13% degli studenti riesce a superare gli esami di Stato in matematica. Nei prossimi anni ci aspettiamo di vedere tagli di bilancio draconiani, e il licenziamento di quasi la metà della forza di polizia. Il giornalista Chris Hedges scrive:126 “Camden è il posto in cui le persone scartate come rifiuti umani sono abbandonate, insieme al rifiuto fisico dell’America postindustriale. Un tentacolare impianto di trattamento delle acque reflue, esteso su quaranta ettari di terreno lungo la riva del fiume, processa i suoi 58 milioni di litri di acque reflue al giorno. La puzza di fogna aleggia nelle strade. C’è un inceneritore enorme che rilascia nuvole nocive, una prigione, un cementificio enorme e montagne di scarti metallici alimentano un gigante trituratore. La città è segnata da diverse migliaia di case a schiera, abbandonate e in decomposizione, da resti scheletrici di fabbriche di mattoni senza finestre e stazioni di benzina sventrate; i lotti liberi sono invasi dall’immondizia e dai vecchi pneumatici; cimiteri trascurati e pieni di erbacce; i depositi sprangati. La corruzione è dilagante, con tre sindaci finiti in prigione in poco più di due decenni. Cinque agenti di polizia, di cui due fuori su cauzione e tre rei confessi, sono stati accusati di inquinare le prove, arrivando a fare falsi arresti e spacciare droghe per estorcere informazioni dalle prostitute”. Come può la gente di Camden perseguire la felicità? Che libertà hanno? Attualmente, solo tre: la libertà di diventare criminali, di essere vittime di criminali e di lasciare la città. Ora, immaginate un’intera regione come Camden, o addirittura un’intera nazione. Le persone potrebbero fare ben poco, di fronte a tali avversità, soprattutto perché non si conosce niente di meglio, non si ha la possibilità di ricevere una buona educazione, quindi rispondono con quello che conoscono: le varie forme di tribalismo (bande, prostituzione, droga, piccoli crimini). È colpa loro? Improbabile. Sono stati truffati, privati della loro dignità e derubati della loro chance di perseguire la felicità. Le loro flebili voci arrabbiate rimangono inudite, le mani intrise del sangue delle occasioni perdute. Martin Luther King Jr. disse che ”Può darsi che dovremo pentirci, in questa generazione. Non solo per le parole al vetriolo e le azioni violente delle persone cattive, ma per lo spaventoso silenzio e l’indifferenza delle brave persone che siedono intorno e dicono: “Aspettiamo” 127 . È passata una generazione, e siamo ancora seduti. La nostra tecnologia potrebbe permetterci di realizzare la più grande trasformazione della storia, in cui tutti i 7 miliardi di persone avrebbero

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81 le stesse opportunità di perseguire la felicità. Ma siamo rimaniamo seduti a guardare American Idol128 , uccidendoci a vicenda in un venerdì nero, in un centro commerciale, per cose che butteremo nel giro di una settimana129 . Uno dei problemi è che crediamo ancora in questo mito dell’etica del lavoro - che poteva essere vero un secolo fa, quando l’economia era basata sulle merci reali, mentre i poteri societari e le istituzioni finanziarie non dirigevano i giochi. Ma oggi è solo fumo negli occhi, uno slogan, uno strumento di marketing per indurre la gente a credere ancora nell’impossibile, nell’irraggiungibile. Il motivo per cui questa illlusione continua è soprattutto che non vogliamo credere il contrario. Ci rifiutiamo di accettare l’idea che non possiamo migliorare la nostra situazione, e questo perché aspiriamo a essere come ‘loro’. Vorremmo essere ‘nel club’. In realtà, è questo il valore che ci è stato indottrinato fin dalla nascita, quasi ovunque, attraverso frontiere, culture, religioni, lingue diverse. Il valore universale che viene inesorabilmente impresso nella mente è quello di avere successo. E per successo si intende, ovviamente, essere ben piazzato in ambito finanziario e sociale. E se si diventa di successo, è perché l’abbiamo meritato. Più efficacemente lavoriamo, più ricchi diventeremo. C’è indubbiamente un gruppo di persone che appartengono a questa categoria - geni del business, inventori e innovatori, per i quali abbiamo grande stima, e che vogliamo emulare. Sono queste sono le menti brillanti che hanno determinato il cambiamento dirompente, sia esso in design, tecnologia, affari, arti, politica, società. Ma c’è anche un altro gruppo di persone che non si è guadagnato la sua posizione, e potrebbe essere molto più grande di quanto pensiate. Se duro lavoro significasse che tutti potremmo essere ricchi, allora avremmo una pletora di donne africane milionarie. Questo è ciò che l’autore George Monbiot ha detto130 : “L’affermazione che l’1% degli ultra-ricchi si faccia da sola – e sia in possesso di un’intelligenza unica o di creatività – è un esempio della fallacia dell’auto-attribuzione. Significa darsi il merito di risultati di cui in realtà non si è responsabili. Molti dei ricchi lo sono diventati perché erano in grado di fare certi lavori. Questa opportunità è meno dovuta al talento e all’intelligenza, e più a una combinazione di sfruttamento spietato degli altri e di incidenti di nascita, perché di queste opportunità di lavoro le persone nate in certi luoghi e in certe classi sociali si approfittano in maniera sproporzionata.” Lo psicologo e premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman scoprì che l’apparente successo degli ultra-ricchi è solo un’illusione cognitiva. Analizzando i risultati raggiunti da 25 consiglieri benestanti in otto anni, scoprì che la coerenza

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CAPITOLO 11. LA RICERCA DELLA FELICITÀ

della loro performance era pari a zero. ‘I risultati assomigliavano a quello che ci si aspetta da una partita a dadi, non da un gioco di abilità’. Quelli che ricevevano i più grandi bonus avevano semplicemente avuto fortuna. Questi risultati non sono isolati, anzi sono stati ampiamente replicati. E mostrano che trader e gestori di fondi di tutta Wall Street ricevono i loro compensi favolosi per non fare niente di più di uno scimpanzé che lancia una monetina. Quando Kahneman cercò di farlo notare, lo oscurarono. ‘L’illusione di abilità [. . . ] è profondamente radicata nella loro cultura.’131 Ma non finisce qui. In uno studio pubblicato dalla rivista “Psychology, Crime and Law”, Belinda Board e Katarina Fritzon testarono 39 senior manager e amministratori delegati di aziende leader britanniche. Nell’ospedale speciale di Broadmoor detengono i condannati per reati gravi. Board e Fritzon testarono sia i pazienti che i capi su alcuni indicatori di psicopatia. I risultati furono sorprendenti. I punteggi dei capi pareggiavano o addirittura superavano quelli dei pazienti a cui erano stati diagnosticati disturbi di personalità psicopatiche. Si scopre che questi tratti psicopatici sono molto simili alle caratteristiche che le aziende ricercano - grande abilità nell’essere lusinghieri e nel manipolare i potenti, egocentrismo, un forte senso di diritto, nonché disponibilità a sfruttare gli altri. Il dettaglio forse più rivelatore, infine, è la mancanza di empatia e di coscienza, che non ostacola la loro carriera, ma anzi può aiutarli a salire lungo la scala del successo132 . Paul Babiak e Robert Hare sottolineano nel loro libro Snakes in Suits che le vecchie burocrazie aziendali sono state sostituite da strutture flessibili, in continua evoluzione. Chi gioca in squadra è considerato di minor valore rispetto a chi si assume dei rischi gareggiando, e chi ha tratti psicopatici possiede maggiori probabilità di essere selezionato e premiato. La conclusione appare abbastanza buia e sconfortante: se avete tendenze psicopatiche e nascete in una famiglia povera, rischiate di andare in prigione. Se avete tendenze psicopatiche e nascete in una famiglia ricca, rischiate di studiare economia. Questo non significa che tutti i dirigenti siano psicopatici – alcuni di loro sono persone molto dignitose – ma mi sembra evidente che negli ultimi decenni l’economia abbia premiato le abilità sbagliate. Il mondo è cambiato molto, negli ultimi 50 anni. Eravamo abituati a lavorare per ottenere ciò che ci serviva a vivere meglio, ma non lo facciamo più. Pensavamo a quello che facevamo, ora seguiamo gli ordini, anche se non hanno alcun senso. Oggi, la maggior parte dell’economia è una ’economia fantasma’ delle transazioni finanziarie, sistemi di massimizzazione del profitto e algoritmi informatici, con scarsa attenzione per le conseguenze. Abbiamo permesso che il potere si concentrasse nelle mani di poche menti sull’orlo della follia. Oggi, un piccolo gruppo di 147 mega imprese transnazionali forma una struttura a

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83 papillon gigante, un super-entità economica che controlla il 40% dell’intero pianeta133 . Cosa siamo diventati?

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C APITOLO 12

L O SCORPIONE E LA RANA

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n giorno, uno scorpione girovagava per la montagna in cui viveva e decise di voler cambiare aria. Così partì in viaggio, attraverso i boschi e le colline. Si arrampicò sulle rocce e sulle viti e continuò fino a raggiungere un fiume. Il fiume era grande e impetuoso, e lo scorpione si fermò per analizzare la situazione. Non trovava nessun modo per attraversarlo. Quindi corse a monte e poi a valle, pensando che avrebbe dovuto tornare indietro. D’un tratto vide una rana seduta sui giunchi nella riva del torrente dall’altra parte del fiume. Decise dunque di chiederle aiuto, per attraversare il corso d’acqua. “Buongiorno Signora Rana!” disse lo scorpione dall’altra parte del fiume, “Saresti così gentile da darmi un passaggio a spalla attraverso il fiume?” “Bene, Signor Scorpione! Ma come posso sapere che, se ti aiuterò, non cercherai di uccidermi?” chiese la rana esitante. “Perché” rispose lo scorpione, “se provassi a ucciderti, morirei anche io; come vedi, non so nuotare!” Ciò sembrò giusto alla rana, che però chiese. “E quando sarò vicino alla riva? Potresti sempre tentare di uccidermi e tornare alla costa!” “È vero,” disse lo scorpione, “Ma poi non potrei arrivare all’altra parte del fiume!” “D’accordo, allora... come faccio a sapere che non aspetterai di arrivare dall’altra parte e poi mi ucciderai?” disse la rana. “Ahh. . . ,” canticchiò lo scorpione, “Perché vedi, una volta che mi hai portato sull’altra sponda, sarò così grato per il tuo aiuto da non volerti ricompensare con la morte, non credi?” La rana decise di trasportare lo scorpione sul fiume. Nuotò sull’altra riva, e si fermò vicino al fango per caricare il passeggero. Lo scorpione si arrampicò sulla schiena della rana, il suo pungiglione affilato pizzicava la morbida pelle della rana, che scivolò nel fiume. L’acqua fangosa turbinò attorno a loro, ma la rana 85

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CAPITOLO 12. LO SCORPIONE E LA RANA

rimase vicino alla riva così che lo scorpione non affogasse. La rana lottò con forza fino alla prima metà del fiume, le sue zampe remavano contro la corrente. A metà del percorso, la rana sentì improvvisamente il pungiglione affilato conficcarsi nella sua schiena e, con la coda dell’occhio, vide lo scorpione rimuovere la punta dalla schiena. Un intorpidimento mortale iniziò a farsi strada nelle sue membra. “Stupido!” gracchiò la rana, “Ora moriremo entrambi! Perché mai l’hai fatto?” Lo scorpione si strinse le spalle e si mosse un poco sulla schiena della rana che affondava. “Non l’ho potuto evitare. È la mia natura.” Questa è una storia che spesso raccontano nei corsi di psicologia per capire che la natura immutabile di qualcosa è di vitale importanza. Non ha senso lanciarsi in speculazioni astratte, scuse o sviluppo di analisi alternative, a volte una cosa è semplicemente ciò che è. Per l’umanità è necessario riconoscere la natura intrinseca del capitalismo. Si tratta di una forza illimitata che mette il valore del denaro, il profitto, e l’obiettivo finale di crescita sopra la vita stessa. Ci sono troppi esempi e storie reali a dimostrare che saremmo degli sciocchi a ignorare questa forza. A meno che non prendiamo misure per moderare il sistema capitalista attuale, poche persone sfortunate rimarranno sedute su una grande pila d’oro sulle macerie fumanti di un pianeta distrutto134 . Ho chiuso il capitolo precedente con la domanda “Cosa siamo diventati?”. Una domanda migliore sarebbe invece:”In cosa abbiamo permesso che ci manipolassero?”. Il paradigma della crescita si basa sul presupposto che crescita significa una vita migliore, quindi la gente deve adattarsi. Lavoro. Consumo. Produzione. Il ciclo continua.

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C APITOLO 13

L A FELICITÀ E LA CRESCITA

“Con troppa insistenza, e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato all’eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. [. . . ]Nel Pil è compreso l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil conta le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per chi cerca di forzarle. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, e comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, e i programmi televisivi che esaltano la violenza per vendere giocattoli ai nostri bambini. Tuttavia, il Pil non tiene conto della salute dei nostri bambini, della qualità della loro istruzione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’integrità dei nostri pubblici ufficiali. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza. Misura tutto, in poche parole, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta.” Robert Fitzgerald Kennedy, 18 Marzo 1968, discorso all’Università del Kansas

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l reddito determina il nostro standard di vita, quasi per definizione. Ma vi siete mai fermati, per un secondo, a chiedervi se la componente economica sia davvero la più importante della nostra vita? Sono in pochissimi a chiederselo, lo si prende quasi come un dato, una definizione. Guardando le notizie, leggendo i principali quotidiani, e ascoltando i dibattiti politici, sembra che le cose stiano senza dubbio così. I politici vengono votati a seconda dell’efficacia con cui 87

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CAPITOLO 13. LA FELICITÀ E LA CRESCITA

convincono gli elettori che le loro politiche porteranno più occupazione, e quindi più crescita economica, che per qualche motivo associano a parole come libertà e democrazia. Anche i media si comportano di conseguenza. Così mi appaiono le cose, vivendo in questa società e attingendo a varie fonti di informazione. Certamente, le cose sembrano andare così, ma non voglio parlare solo delle apparenze. Voglio guardare i fatti, i dati incontrovertibili, le affermazioni che possono essere sostenute da prove. Fortunatamente, la rivoluzione dell’informazione ci dà la capacità di controllare le statistiche pubbliche nel giro di pochi secondi – senza filtri né censure – per conto nostro.

Figura 13.1: Il confronto di Google Insights sulla frequenza di ricerca dei termini ‘economia’, ‘felicità e ‘GDP’ tra il 2008 e il 2011.

La figura 13.1 mostra la popolarità relativa, nel tempo, della ricerca di vari termini. In questa ricerca specifica ho confrontato le occorrenze dei termini ’crescita, felicità, PIL’ nel mondo sugli articoli di giornale. Naturalmente, questa ricerca si applica solo ai giornali scritti in inglese, principalmente negli Stati Uniti, India, Singapore, Australia, Regno Unito e Canada. Ritengo davvero degno di nota che i termini ’crescita’ e ’PIL’, entrambi concetti economici, ricorrano circa dieci volte più in fretta di “felicità”. Potreste obiettare che ’crescita’ si applica a una varietà di contesti, e che ’crescita economica’ sarebbe un termine più affidabile per il confronto. Anche se questo in parte è vero (benché ingiusto, visto che contiene due parole, il che scarta molti risultati di ricerca), non spiega perché l’acronimo PIL (Prodotto Interno Lordo) superi entrambi per numero di ricerche. Pensiamo davvero che il PIL sia dieci volte più importante della felicità, nelle nostre vite?

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89 Per essere onesti, il tempo che dedichiamo a parlare di una cosa non è perfettamente correlato con l’importanza che le diamo. Ma è un indice molto affidabile del trend culturale di una società col passare del tempo, del suo zeitgeist. Le notizie sono piene di storie sulla crescita economica come rimedio miracoloso, che risolverà la maggior parte dei problemi del mondo. L’equazione nella quale siamo arrivati a credere è cr esci t a = pr osper i t à, e la prosperità è un bene. E non solo; la crescita è la base di praticamente tutte le economie del mondo, tanto che usiamo la parola recessione, con delle connotazioni estremamente negative, per denotare un rallentamento generale nell’attività economica, ma anche una caduta dell’occupazione, spesa per investimenti, utilizzo delle capacità, redditi familiari, profitti aziendali, e inflazione; mentre le chiusure per bancarotta e il tasso di disoccupazione salgono. Lo zeitgeist delle notizie sembra dunque chiaro. Ma che dire delle opere di letteratura - libri, racconti e così via? Certo devono essere diverse, in qualche modo – i lavori degli autori professionisti non dovrebbero avere molto in comune con la trita cronaca quotidiana, vero? Nel 2010, un gruppo di ricercatori ebbe la folle idea di utilizzare tutta la conoscenza disponibile prodotta dall’umanità, e costruì un corpus di testi digitalizzati contenente circa il 4% dei testi mai stampati, ovvero circa 5,2 milioni di libri” L’analisi di questo corpus ci permette di sondare i trend culturali con un approccio quantitativo. Scrutiamo i vasti spazi della ‘culturomica’, concentrandosi sui fenomeni linguistici e culturali che si riflettevano nella lingua inglese tra il 1800 e il 2000. Mostriamo come questo approccio possa offrire spunti in campi diversi come lessicografia, evoluzione della grammatica, memoria collettiva, adozione della tecnologia, ricerca della fama, censura ed epidemiologia storica. La Culturomica supera i limiti di un’analisi rigorosamente quantitativa e arriva a lambire una vasta gamma di nuovi fenomeni vicini alle scienze sociali e alle arti umanistiche”135 . Il sistema N-gram Viewer, dei Google Labs, primo nel suo genere, è capace di quantificare precisamente e rapidamente i trend culturali basandosi su quantità enormi di dati. Con questo strumento, possiamo controllare come la nostra cultura si sia evoluta nel tempo riguardo alle nostre aree di interesse. Possiamo vedere in Figura 13.2 come ’felicità’ e ’crescita’, nel periodo 18002008, siano correlate negativamente: all’aumentare di ’crescita’, ’felicità’ cede il passo. Attorno al 1830, gli autori hanno iniziato a parlare più della crescita che della felicità. Ancora una volta, per essere onesti, “correlazione” non significa “nesso causale”, e il mero fatto di scrivere su qualcosa non la spiega completamente. Questi dati misurano il mero numero di occorrenze di queste parole nei libri, tralasciando significato e contesto. Gli autori magari parlavano della “perdita di felicità”, o di qualche cosa ancora più sfuggente. Ma mostra che l’interesse nella crescita è cresciuto, mentre gli scrittori hanno distolto l’attenzione dalla felicità.

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CAPITOLO 13. LA FELICITÀ E LA CRESCITA

Figura 13.2: Il confronto tra ’felicità’ e ’crescita’ nel tempo, misurato con gli n-grammi. Per gentile concessione di Google

Poi, negli ultimi 50 anni, avviene una cosa molto singolare. Andiamo ad approfondire.

Figura 13.3: PIL, crescita economica, e felicità dal 1940 al 2008. Gentile concessione di Google.

La figura 13.3 mostra come la correlazione sia ancora più forte. Ho preso la stringa specifica ’crescita economica’ per ridurre al minimo le occorrenze irrilevanti. ’Felicità’ declina dal 1950 al 1995, mentre ’crescita economica’ e

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91 ’PIL’ aumentano. Dopo osserviamo l’effetto contrario: sia ’PIL’ che ’crescita economica’ diminuiscono, mentre ’felicità’ aumenta considerevolmente. Ancora una volta, la correlazione non implica un nesso causale, ma certo questi dati rivelano un fenomeno degno di nota. Per più di mezzo secolo, la nostra cultura ha inculcato l’idea che la ricerca della crescita, il lavoro e l’espansione economica dovrebbero essere gli scopi primari della vita, se non proprio i principali. Ma ora stiamo mettendo in discussione queste certezze, che stanno lentamente crollando. Lo stesso libro che stai leggendo non è nato dal nulla. Si tratta del risultato dell’influenza del cambiamento culturale che stiamo sperimentando, e che in questi ultimi dieci anni è accelerato. Come potete vedere dal grafico, dal 2000 si osserva un costante cambiamento di livello. Nella letteratura, la felicità conquista uno spazio sempre maggiore, mentre l’interesse nel PIL sta diminuendo. Quando iniziai a scrivere questo libro ero motivato dalla convinzione che le società dovessero prestare meno attenzione al PIL e cercare invece di massimizzare la felicità, usando nuove misure come il FIL (Felicità Interna Lorda), l’Happy Planet Index, o il Satisfaction with Life index. La cosa sembrava accordarsi bene col fatto che la tecnologia sostituisse sempre più lavoratori, e pensavo che affrontare l’argomento con uno sguardo nuovo avrebbe potuto fornire nuovi contributi su come affrontare questa sfida. E da quel che avevo letto e ascoltato, sembrava ci fosse una mole schiacciante di prove, dagli studi sociologici, antropologici e di altri rami della scienza, che gli introiti monetari non rendono le persone proporzionalmente più felici. Vale a dire, non c’era correlazione positiva tra la quantità di denaro guadagnato e quanto si è felici. Per dirla in una frase, quel denaro non ti rende felice. Ma controllando le mie fonti più approfonditamente, scoprii che il mio assunto di base non era completamente corretto. Da scienziato, dovevo guardare le prove e sfidare le mie convinzioni, per quanto sgradevole fosse inizialmente. Scoprii così un mondo molto complicato e intricato di ricerca sulla felicità, molto più complesso di quanto inzialmente pensavo sarebbe stato. Richard Easterlin, economista e professore di economia all’Università della California meridionale, ha discusso i fattori che contribuiscono alla felicità nel suo fondamentale saggio ‘Does Economic Growth Improve the Human Lot? Some Empirical Evidence’136 . Scoprì così che il livello medio riportato di felicità non varia molto al variare del reddito nazionale pro capite, almeno in quelle nazioni con un reddito sufficiente a soddisfare i bisogni di base. Allo stesso modo, sebbene il reddito pro capite degli Stati Uniti, tra il 1946 e il 1970, sia cresciuto costantemente, la felicità media dichiarata non ha mostrato trend di lungo termine, e tra il 1960 e il 1970 è diminuita. In pratica, quando un paese esce dalla povertà, la forte correlazione tra reddito e felicità si perde. Oggi questo

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CAPITOLO 13. LA FELICITÀ E LA CRESCITA

è noto come Paradosso di Easterlin, che è stato in seguito confermato da uno studio successivo, pubblicato nel 2010 negli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze, che riafferma il paradosso con dati provenienti da 37 paesi137 . Lo studio si concludeva con la seguente affermazione: ”Dove ci porta tutto questo? Se la strada maestra verso una maggiore felicità non è la crescita economica, allora qual è? Una risposta semplice, ma non esaustiva, è che serve più ricerca. Forse sarebbe meglio condurre studi che puntino al bisogno di dirigere la politica più direttamente sulle urgenti preoccupazioni personali rispetto a cose come la salute e la vita familiare e la formazione delle preferenze materiali, piuttosto che sulla mera accumulazione di beni materiali.” Una possibile spiegazione del paradosso di Easterlin viene da una caratteristica del comportamento cognitivo che i ricercatori chiamano adattamento. Se migliori i tuoi standard di vita, in breve tempo ti adatti a quei nuovi standard, e le tue aspettative salgono di conseguenza. Questo porta al cosiddetto adattamento edonico. Immaginate di essere sopra un tapis roulant, e volete raggiungere il vostro scopo ultimo – la felicità, che si trova proprio di fronte a voi. Man mano che iniziate a muovervi, si muove anche il tapis roulant, alla vostra stessa velocità. In effetti, siete voi a farlo muovere! Potreste anche ottenere qualche ricompensa, nel percorso, ma ve ne dimenticate poco dopo averle ricevute, perché il vostro vero scopo resta davanti a voi. Perciò accelerate il ritmo, e iniziate a correre. Ma il tapis roulant fa lo stesso, e a prescindere da quanto duramente vi impegniate, non fate che dare la caccia a un sogno irraggiungibile, perennemente fuori dalla vostra portata. Insieme al denaro, anche le aspirazioni si fanno più grandi e ambiziose, e quindi sempre più difficili da ottenere. Un’altra possibilità è l’effetto relativistico, chiamato confidenzialmente “tenere il passo coi Jones”, stando al quale confrontiamo la nostra condizione con quella dei nostri vicini. È noto che H.L. Mencken disse “un uomo è ricco quando guadagna $100 all’anno in più del marito della sorella di sua moglie”138 . Non importa davvero quanto ricco sei, basta che tu sia più ricco di quelli attorno a te. I ricercatori hanno persino condotto studi nei quali chiedevano alle persone: “Cosa preferiresti? Vuoi guadagnare settantamila dollari quando tutti gli altri nel tuo ufficio ne guadagnano sessantacinquemila o settantacinquemila dollari quando tutti gli altri ne guadagnano ottantamila? Conta il denaro che porti a casa o quanto ne guadagni rispetto agli altri? Nello studio, le persone preferivano guadagnare meno, se questo significava guadagnare di più delle persone attorno a loro 139 .

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93 Stando alle leggende metropolitane, la star dell’opera Maria Callas e il professore di inglese Stanley Fish utilizzavano la stessa strategia di negoziazione. Quando Fish fu assunto nel suo Dipartimento, disse “Non voglio parlare del mio stipendio. Non ho nemmeno un numero particolare in mente. Voglio solo essere pagato cento dollari di più della persona più pagata in questo dipartimento.” Lui sa, che conosceva il segreto della felicità (peccato solo che funzioni per una persona sola a dipartimento...). In conclusione, man mano che rapidamente ci adattiamo alle nuove situazioni, la felicità mostra la sua natura relativa, e Easterlin ha dimostrato che il denaro non rende necessariamente le persone più felici. Un momento, però.

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C APITOLO 14

L A FELICITÀ E IL REDDITO

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ecenti studi condotti da Betsey Stevenson, Justin Wolfers e Angus Deaton, basati sui dati più recenti del Gallup World Poll, hanno rilevato una costante correlazione, al variare dei paesi, tra reddito e felicità 140 , il che sembra suggerire che il denaro faccia la felicità eccome. Ma com’è possibile? Il paradosso di Easterlin mostrava l’esatto opposto, no? Com’è possibile che due studi scientifici ugualmente validi, che controllavano variabili diverse, entrambi provenienti da fonti rispettabili e verificate, arrivino a conclusioni diametralmente opposte? La questione ha sollevato tra gli accademici un intenso dibattito, che ancora non sembra giunto a una conclusione. Man mano che mi immergevo anima e corpo nello studio della felicità, mi imbattei nelle ricerche di Carol Graham. Nei suoi due libri, Happiness around the World: the Paradox of Happy Peasants and Miserable Millionaires (Oxford University Press, 2010) e The Pursuit of Happiness: An Economy of Well-Being (Brookings Institution Press, 2011), Graham offre una lucida analisi e dei validi spunti nel mondo degli studi sulla felciità. Come lei fa notare, tutto dipende dalla domanda che poni. “Felicità” è un termine “ombrello”, generico, per etichettare una varietà di sensazioni, non un unico stato della mente ben definito. Nello studio di Easterlin, alle persone veniva fatta una domanda molto aperta, come: “Generalmente parlando, quanto sei soddisfatto/a della tua vita?. Il Gallup World Poll, invece, usa la domanda di Cantril nota come “Scala della vita”: “Immagina una scala coi gradini che vanno da zero, in fondo, a dieci, in cima. La cima della scala rappresenta la vita per te migliore possibile, e il fondo della scala quella peggiore. In quale gradino diresti di sentirti, in questo momento?” Come potete vedere, domande diverse creano contesti differenti, e di conseguenza significano cose differenti. Il primo studio misurava il Benessere Emozionale, che si riferisce alla qualità emotiva delle esperienze quotidiane di un individuo – la frequenza e l’intensità delle esperienze di gioia, stress, tristezza, rabbia e 95

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CAPITOLO 14. LA FELICITÀ E IL REDDITO

affetto che rendono la nostra vita piacevole o meno. Il secondo misurava la Valutazione (o Soddisfazione) della Vita, valutando i giudizi che i partecipanti davano alla propria vita, quando ci pensavano. In un certo senso, entrambi gli studi potevano aver contemporaneamente ragione, senza contraddirsi. Sembra che abbiamo risolto il paradosso, e che le cose siano finalmente chiare. Salvo che non lo sono. Resta da considerare il fenomeno dell’adattamento. Come dimostrato nel precedente capitolo, man mano che eleviamo il nostro standard di vita, lo stesso succede alle nostre aspettative. Un analogo dell’adattamento a standard di vita inferiori è quello a cui Lora e Graham si riferiscono col termine paradosso della crescita infelice. Osservando i tassi di crescita economica dei vari paesi, hanno notato che i soggetti dei paesi con tassi di crescita maggiori erano, in media, più infelici dei soggetti con i tassi di crescita minori. La crescita economica spesso accompagna aumenti dell’instabilità e dell’iniquità, due cose che sappiamo rendere la gente molto infelice141 . Inoltre, sembra che siamo più inclini ad adattarci alle certezze spiacevoli che all’incertezza stessa. Continua Graham: “Benché, in tutto il mondo, vi siano con tutta evidenza degli schemi coerenti nelle determinanti della felicità, esiste anche una notevole capacità umana di adattarsi alla prosperità e all’avversità. Pertanto, le persone in Afghanistan sono felici quanto gli abitanti dell’America Latina – ossia più felici della media mondiale – e i Keniani sono soddisfatti delle loro condizioni di salute quanto gli Americani. Il crimine rende le persone infelici, ma più ce n’è, meno fa la differenza in termini di felicità; e lo stesso vale per la corruzione. Le persone obese sono meno frustrate quando sono obese anche le persone intorno a loro. La libertà e la democrazia rendono le persone felici, ma meno comuni sono queste condizioni, meno impattano sul livello di felicità. In poche parole, le persone possono adattarsi a tremende avversità senza smettere di sorridere alla vita, così come possono anche avere virtualmente tutto – inclusa una buona salute – e soffrire lo stesso dell’infelicità più nera. Come potete vedere, le cose iniziano a farsi molto complicate. Benché questi studi analizzassero il ruolo giocato dai fattori economici nella felicità delle persone tra i differenti paesi, potremmo chiederci: cosa succede alle persone della stessa nazione? Esiste una correlazione? Di che tipo? E quanto è significativa? Di recente, il premio Nobel Daniel Kahneman e il suo collega Angus Deaton dell’Università di Princeton hanno pubblicato uno studio negli Atti dell’Accademia Nazionale Delle Scienze 142 che si occupa proprio di queste doman-

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97 de. Hanno pubblicato i risultati della loro analisi su più di 450.000 risposte al Gallup-Healthways Well-Being Index, un sondaggio quotidiano di 1.000 cittadini americani condotta dall’organizzazione Gallup. Lo studio ha concluso che le valutazioni che davano alla propria vita – misurate su una scala da uno a dieci – aumentavano costantemente all’aumentare del reddito. La ricerca, quindi, mostra che all’interno di un paese il livello di reddito era positivamente correlato alla Soddisfazione di Vita. C’è un punto da considerare, tuttavia. La Soddisfazione di Vita non aumenta proporzionalmente col reddito, ma col suo logaritmo. Ecco che il capitolo sulla crescita esponenziale torna a esserci di grande aiuto. Supponiamo che guadagniate 30.000$ all’anno. Un aumento di 30,000$ ti permette di fare un grande salto, nella Scala Delle Soddisfazioni Di Vita. Ma man mano che salite la scala, l’ammontare di denaro che dovete aggiungere al vostro reddito per salire di un gradino nella Scala Delle Soddisfazioni Di Vita deve aumentare esponenzialmente. Per una persona che guadagna 100 milioni di dollari, quindi, guadagnare un altro milione o due non farebbe molta differenza, ma un miliardo la farebbe. D’altro canto, si è riscontrato che la Qualità delle Esperienze Emotive Quotidiane (esperienze di gioia, affetto, stress, tristezza o rabbia) non mutano, una volta superato un certo livello. Un reddito superiore ai 75.000 $ annui non porta di per sé a più esperienze di Felicità Emozionale (o Ben-essere), né a un maggiore sollievo dall’infelicità o dallo stress. Al di sotto di questo livello di reddito, invece, i soggetti dichiaravano una minore felicità e stress e infelicità crescenti, il che implica che il dolore provocato dalle sfortune della vita (come la malattia, il divorzio e la solitudine) sia esacerbato dalla povertà. In conclusione, sembra che il denaro possa procurarti alcune Soddisfazioni di Vita, ma non il Benessere Emozionale. Di contro, la mancanza di denaro può causare sia insoddisfazione che infelicità. Dove ci porta tutto questo? Come abbiamo iniziato a vedere, questa faccenda della felicità sta iniziando a farsi più complicata del previsto. Prima di saltare alle conclusioni, quindi, dobbiamo capirne un po’ di più.

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C APITOLO 15

L A SCIENZA DELLA FELICITÀ

”Il denaro non può comprarti la felicità. Ma aiuta.”143 ”Spero che tutti diventino ricchi e famosi e ottengano tutto ciò che hanno sempre sognato, cosicché capiscano che non è quello ciò che in realtà cercano.”144

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a felicità è una cosa molto misteriosa. Sfuggente come solo il nostro desiderio di raggiungerla. La stiamo cercando da migliaia di anni. Alcuni sembrano averla trovata con la meditazione profonda. Altri liberandosi da ogni possesso materiale. Altri ancora hanno percorso la strada opposta, accumulando miliardi su miliardi di dollari, solo per scoprire che li gratificava di più aiutare qualcun altro, fondare una no profit e delle fondazioni filantropiche o educative. Alcuni trovano la gioia nei momenti semplici di tutti i giorni. Secondo alcuni filosofi e psicologi, gli umani sono per definizione incapaci di felicità a lungo termine. Per anni scienziati sociali, antropologi ed economisti hanno cercato di determinare cosa renda felici le persone. Fino a poco tempo fa, era stata prodotta sul tema molta poesia, molta arte, ma non avevamo molti dati. Ci affidavamo a buon senso, intuizioni filosofiche, esperienze personali, rivelazioni varie; ma non avevamo modo di sapere se quelle opinioni corrispondessero a realtà. Argomenti come la felicità, soddisfazione nella vita, ben-essere, ’il buon vivere’, e quello che i Greci chiamavano eudaimonia (vivere secondo virtù, e con uno scopo), sono tutti connessi l’un l’altro, ma molto diversi tra loro. Ma allora, cosa sappiamo davvero sulla felicità? Non molto, ma sappiamo che alcuni fatti scientifici conservano la loro validità al variare di culture e nazioni. In primo luogo, sappiamo che non siamo biologicamente progettati per massimizzare la nostra felicità. Ci siamo evoluti vivendo in piccoli gruppi, abbiamo stretto legami forti con cerchie ancora più ristrette di amici, abbiamo cercato di trasmettere i nostri geni, evitando i predatori e temendo l’ignoto. Ci saremmo potuti evolvere per cercare il piacere e la gratificazione istantanea, ma la felicità 99

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è una faccenda molto più complicata, ed evolutivamente parlando non ha voce in capitolo. In secondo luogo, sappiamo che la nostra felicità è in parte determinata dai geni. Non conosciamo l’importanza esatta del loro contributo, ma sappiamo che fanno la differenza. Uno studio recente di De Neve e al.145 suggerisce che ben un terzo della variabilità nei livelli di felicità tra le persone potrebbe essere ereditabile146 . Potreste guardare questo studio ed essere disgustati al pensiero del determinismo genetico; oppure potreste metterne in discussione la validità. Forse la genetica non spiega un terzo della nostra felicità, ma molto meno, o molto di più. Francamente, non penso che la cosa sia molto importante (non in questo momento storico, almeno), ma forse lo sarà tra 15 anni147 . Guardatela così: se la gran parte della vostra felicità non è geneticamente determinata, allora c’è molto margine di miglioramento! Per non parlare del fatto che i geni non sono tutto, è la loro espressione che conta, e alcuni di loro dipendono da effetti epigenetici. La nostra biologia potrebbe essere responsabile per una specie di ‘felicità di fondo’, a cui gli scienziati sociali si riferiscono come a ‘punti di regolazione’; ma i fattori esterni, le nostre azioni, e le nostre reazioni giocano indubbiamente un ruolo preponderante. Essere felice, sentirsi felici, avere ricordi felici, esperienze felici, sono tutti stati mentali diversi tra loro, e non possono essere rappresentati da un singolo numero unificato. Comprendere questo fatto è cruciale nell’affrontare la questione della felicità. A volte gli economisti si riferiscono alla Qualità della Vita, un termine molto vago che definisce il benessere delle persone durante la loro vita. Vale a dire, quanto siete felici. Ma non è affatto così. La Qualità della Vita è un indicatore, un numero, che non dice molto di voi. È una statistica, e una persona non è una statistica. La felicità è inoltre molto soggettiva: quello che rende felice voi potrebbe non fare felice me, e nemmeno voi stessi tra qualche anno. Siamo organismi in evoluzione, le nostre menti continuamente cambiano e ricevono input dall’ambiente esterno. Mutevole, imprevedibile e personale – la felicità è una faccenda seria.

15.1 SPERIMENTARE LE SIMULAZIONI Facciamo un piccolo esperimento.Supponiamo che io vi metta di fronte a due scenari possibili. Nel primo vincete la lotteria, e portate a casa la bellezza di 300 milioni di dollari. Nel secondo scenario, invece, subite un terribile incidente che vi rende paraplegici, paralizzati dal collo in giù. La domanda è, quale scenario pensate che vi renderebbe più felici, e quale vi getterebbe nella disperazione, rispetto alla vostra situazione attuale?

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15.1. SPERIMENTARE LE SIMULAZIONI

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Tutto mi fa pensare che preferireste vincere la lotteria. Con tutti quei soldi, potreste iniziare una nuova vita, godervela, e intraprendere ogni sorta di fantastiche iniziative. Peccato solo che non sia così. È probabile che, dopo un anno circa, sarete felici quanto ora. Nulla di significativo cambierebbe nella vostra vita. In effetti, la maggior parte delle persone che vincono la lotteria in realtà diventano infelici, rovinano la maggior parte delle loro amicizie, la loro famiglia si distrugge, e così la loro vita; mentre il paraplegico finisce per accettare la sua nuova condizione, e impara a conviverci. Adattamento. Perfino nei pazienti con la sindrome locked-in, che sono completamente paralizzati, e possono al massimo sbattere una palpebra (riuscendo così a comunicare), i livelli di felicità sono più o meno gli stessi di tutti gli altri. Cosa succede? Com’è possibile? Dan Gilbert, professore di psicologia al’Università di Harvard, spiega questo e molti altri fenomeni nel suo bestseller internazionale Stumbling on Happiness (Knopf, 2006). Gilbert nota che tendiamo a sopravvalutare notevolmente l’effetto degli eventi principali, nel valutare la nostra felicità a lungo termine. Da studi sia sul campo che in laboratorio, vediamo che vincere o perdere un elezione, conquistare o perdere un partner romantico, ottenere una promozione o meno, passare un test al college o meno, hanno molto meno impatto, intensità e durata di quanto le persone si aspettino. In effetti, un recente studio che mostra come i maggiori traumi condizionino le persone suggerisce che se il trauma è avvenuto più di tre mesi fa, con pochissime eccezioni, non ha quasi impatto sulla vostra felicità. Questo avviene perché la corteccia prefrontale, la regione del crevello che, tra molte altre cose, simula gli eventi futuri nella vostra mente, lascia molto a desiderare come simulatore di esperienze. Lo piscologo Ed Diener ha scoperto che la frequenza delle vostre esperienze positive è un predittore della vostra felicità molto migliore della loro intensità148 . Coltivare e sperimentare molti piccoli momenti di felicità è molto più efficace e gratificante di qualche grosso evento sporadico149 . Ma com’è possibile che vincere o perdere un’elezione, conquistare o perdere un partner romantico, ottenere una promozione o meno, passare un test al college o meno, hanno molto meno impatto, intensità e durata di quanto ci aspettiamo? Una ragione è che in realtà la felicità la sintetizziamo. Pensiamo che la felicità si trovi, quando in realtà la creiamo. Questa ricerca è ben nota, in psicologia, ed è chiamata il ’paradigma della libera scelta’. È un test molto semplice. Porti con te qualche oggetto, diciamo alcune stampe di Monet, e chiedi a un soggetto di classificarle dalla più alla meno gradita. È una cosa che chiunque può fare. Ora dai al soggetto una scelta: “Abbiamo delle stampe in più nel cassetto. Te ne regaliamo una come premio da portare a casa. Abbiamo la numero tre e la numero quattro.” È una scelta un po’ difficile da fare, perché nessuna delle due è fortemente preferita, ma

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CAPITOLO 15. LA SCIENZA DELLA FELICITÀ

naturalmente le persone prendono la numero tre perché l’hanno leggermente preferita alla numero quattro. Qualche tempo dopo – possono quindici minuti; possono essere quindici giorni – il soggetto è sottoposto agli stessi stimoli, e gli viene richiesto di riclassificarti. “Dicci quanto ti piacciono, ora.” Cosa succede, secondo voi? Notate che quanto esposto non proviene da un singolo studio: l’esperimento è stato replicato in continuazione, con gli stessi risultati. Guardate ora la sintesi della felicità in azione. A questo punto, il soggetto continua a collocare la stampa scelta più in alto nella classifica, e quella scartata più in basso. Per dirla in italiano, “Quella che ho scelto è davvero meglio di quanto pensassi! Quella che ho scartato fa davvero schifo!”. Questa è sintesi della felicità. Per dimostrare che errori, menzogne o illusioni non disturbavano i risultati dello studio, i ricercatori hanno replicato lo stesso esperimento con un gruppo di pazienti che soffrivano di amnesia anterograda. Sono pazienti ospedalizzati con la sindrome di Korsakoff, una polineurite psicotica che non permette loro la formazione di nuove memorie. Ricordano la loro infanzia, ma se entri nella stanza, ti presenti, e poi lasci la stanza, quando ritorni non ti riconoscono più. Furono portate le stampe di Monet all’ospedale, e chiesero ai pazienti di classificarle dalla più alla meno gradita, proprio come al solito. Poi diedero loro la possibilità di scegliere tra la tre e la quattro. Come chiunque altro, risposero:” Wow, grazie dottore! Fantastico, ho una stampa tutta per me! Sceglierò la numero tre” Spiegavano che avrebbero preferito farsi spedire la tre. I ricercatori a quel punto raccoglievano il materiale, uscivano dalla stanza, aspettavano fino a mezz’ora, e rientravano nella stanza. “Salve, siamo tornati.” I pazienti dicevano “Ah, Dottore, mi dispiace. Ho un problema di memoria, è per questo che sono qui. Se l’ho incontrata in passato,non lo ricordo.” “Davvero, Jim’ non ricordi nulla? Non ricordi che ero qui con le stampe di Monet?” “Mi spiace, dottore, non ricordo nulla” “Nessun problema, Jim. Voglio solo che tu classifichi le stampe da quella che ti piace di più a quella che ti piace di meno.” Cosa fanno, a quel punto? Per prima cosa vediamo di sincerarci che siano davvero amnesici. I ricercatori chiesero a questi pazienti amnesici che stampa hanno scelto, l’ultima volta. E scoprirono che gli amnesici tirano a indovinare. Questi sono controlli normali: se facessi il test con voi, tutti voi ricordereste che stampa avete scelto. Ma i pazienti amnesici non sanno quale scegliere. Non possono semplicemente prendere la loro stampa dalla fila. I pazienti di controllo normali sintetizzano la felicità. E gli amnesici? Fanno esattamente la stessa cosa. “Quella che possiedo è migliore di quanto pensassi. Quella che non possiedo, che ho scartato, non è bella come pensavo.” Queste persone preferiscono la stampa che possiedono, ma non sanno di possederla. Riflettete su questo risultato. Nella sintesi della loro felicità, hanno realmente

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cambiato le loro reazioni edonistiche, affettive, estetiche a quel poster. Non lo dicono solo perché ora la possiedono, visto che non ricordano di possederla”150 . Nelle parole del Professor Gilbert: ”Storciamo il naso perché crediamo che la felicità sintetica sia di rango inferiore a quella che potremmo chiamare felicità naturale. [. . . ] La felicità naturale è quella che sentiamo quando otteniamo ciò che vogliamo, e quella sintetica quando non otteniamo ciò che vogliamo. E nella nostra società, abbiamo una forte convinzione che la felicità sintetica sia di rango inferiore. Perché abbiamo questa convinzione? Semplice: quale economia continuerebbe mai a girare se credessimo che non ottenere ciò che vogliamo possa soddisfarci quanto l’ottenerlo?”151 È davvero così. Gli strumenti del marketing usati dalle corporation per vendere più prodotti sfruttano la nostra incapacità di prevedere correttamente cosa ci renderà felici. E così continuiamo a rifornire la macchina del consumo compulsivo – illudendoci che questo allevierà il nostro senso di disagio, e che la gratificazione istantanea possa creare la vera felicità. Sappiamo che non funziona, e malgrado ciò continuiamo a ripetere gli stessi errori, in continuazione. Ma c’è una speranza. Diventare veramente consapevoli di questo inganno può aiutarci a sfuggire alla trappola, e riassestare la direzione delle nostre vite, verso uno stato di benessere più positivo, genuino e reale – basato sull’empatia, collaborazione, il brivido della scoperta, e la spinta a fare qualcosa di significativo.

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C APITOLO 16

L A FELICITÀ E IL LAVORO

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a un lato, ho la sensazione di insistere troppo a lungo sul tema, ma al contempo ho la sensazione opposta di aver appena scalfito la superficie degli studi sulla felicità. Un’analisi più approfondita richiederebbe una serie di monografie sul punto, e anche così avremmo solo un quadro incompleto. In questo libro – come ho detto prima – ho deciso di concentrare l’attenzione sulla felicità e il suo rapporto coi livelli di reddito e soprattutto di occupazione, visto che è l’argomento principale del libro. Come abbiamo visto, la ricerca mostra che esiste una correlazione (per quanto complessa e sfaccettata) tra reddito e il benessere generale, ma non è chiaro se vi sia un nesso causale. E anche se fosse, in che direzione va? Sappiamo che le persone più felici sono generalmente più ricche della media, e anche che le persone felici sono meno stressate, più connesse socialmente, più produttive, e quindi più di successo. Ma cosa causa tutto questo, esattamente? La causazione inversa e la distorsione da selezione sono un problema serio. Le persone generalmente sole e infelici tendono a essere scartate durante la ricerca di un lavoro, a ritrovarsi più facilmente disoccupate e a restare disoccupate. C’è un’altra questione, poi. Le persone sarebbero altrettanto felici se avessero lo stesso reddito, ma senza dover lavorare? Forse non è il lavoro in sé che conta, ma quello che rappresenta: l’accesso. L’accesso a una bella casa, a cure mediche, alle vacanze con la propria famiglia, al cinema con gli amici. . . . Se tutte queste cose fossero semplicemente erogate, saremmo altrettanto felici? La risposta è un chiaro e forte. . . NO. Non ve lo aspettavate, vero? Pensavate avrei detto che dando alle persone abbastanza denaro o accesso a ciò di cui hanno bisogno, non dovrebbero preoccuparsi di altri dettagli e potrebbero finalmente concentrarsi su ciò che conta per loro nella vita, il che li renderebbe più felici. Ma pare che il semplice dare denaro alle persone non basti. Lo sappiamo perché risulta che chi gode di ogni ammortizzatore sociale sia meno felice delle persone con un impiego, a parità di altre caratteristiche. Lavorare fa la differenza, 105

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CAPITOLO 16. LA FELICITÀ E IL LAVORO

dopo tutto. La disoccupazione gioca un tale ruolo nella nostra felicità che è difficile liquidarla in poche frasi. Molti studi, in molti paesi e in diversi periodi di tempo, hanno riscontrato che l’esperienza personale della disoccupazione rende le persone molto infelici152 . Nel loro rivoluzionario studio sulla Gran Bretagna, Clark e Oswald riassumono il risultato: “la mancanza di lavoro nuoce al benessere più di ogni altra singola caratteristica, comprese altre circostanze fortemente negative come la separazione o il divorzio”153 . Bontà divina: più di separazione e divorzio?! L’avere un impiego è così importante, per il nostro benessere? Evidentemente, sì. Poco fa abbiamo valutato la possibilità di scambiare la causa con l’effetto al variare dei livelli di reddito esaminati; è possibile che accada la stessa cosa con l’occupazione? In molti studi, i dati trasversali raccolti prima e dopo che alcuni particolari lavoratori perdessero il lavoro, suggeriscono che le persone infelici facciano effettivamente più fatica a rientrare nel mondo del lavoro, ma il principale nesso causale procede dalla disoccupazione verso l’infelicità154 Anche altri studi di psicologia sociale giungono alle stesse conclusioni155 . Fermiamoci un momento, e osserviamo quel che abbiamo scoperto fino a ora. La felicità è davvero una faccenda complessa, ma stiamo iniziando a comprenderla, e ne sappiamo certamente di più ora che 20 anni fa. Sappiamo che i fattori genetici, personali (un partner stabile, la famiglia, salute mentale e fisica e familiare, buona istruzione) e sociali (partecipazione democratica, senso della comunità) rivestono un ruolo principale. Sappiamo di non essere affatto bravi a prevedere la nostra felicità futura, perché tendiamo a sovrastimare l’effetto che gli eventi ritenuti principali avranno nel lungo termine. Sappiamo che i ricordi delle nostre esperienze sono distorti dalla mente, e che ci inganniamo facilmente. Sappiamo di poterci adattare a quasi tutto, tranne pochissime cose (rumore, chirurgia estetica156 ). Sappiamo che è difficile sfuggire all’adattamento edonico. Sappiamo che la felicità è relativa, visto che tendiamo a confrontarci con le persone attorno a noi. Sappiamo che il reddito influisce sulla nostra soddisfazione di vita (su scala logaritmica), ma solo fino a un certo livello per la nostra felicità emotiva (circa $75,000). Ancora più importante, sappiamo che avere un impiego è di fondamentale importanza per il nostro benessere generale. Ma se lavorare è tanto importante, e stiamo per assistere a un’ondata di disoccupazione di massa, allora stiamo per avere grossi problemi. La disoccupazione porta a depressione, ansietà, perdita di autostima e di controllo personale. Numerosi studi hanno stabilito che le persone disoccupate soffrono di una salute mentale e fisica peggiore degli occupati157 . Come se non bastasse, hanno una maggiore tendenza a consumare ingenti quantità di alcool, le loro relazioni personali sono messe a più dura prova, hanno un tasso di mortalità più alto, ed è

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107 anche più probabile che commettano suicidio. Per mettere le cose in prospettiva, negli Stati Uniti l’aumento di un punto percentuale nel tasso di disoccupazione interna nel periodo 1972-1991 spiega un aumento medio dei suicidi del 1.3%158 . Provate ora a immaginare cosa produrrebbe un tasso di disoccupazione del 25-30%. Non sembrano buone notizie, vero? A questo punto, sembrerebbe che non vi sia via d’uscita. Da un lato sappiamo che il sistema di mercato, orientato com’è al profitto, richiede un aumento della produttività, che è ottenuta dall’automazione. Abbiamo già visto come il meccanismo potrebbe rompersi – la tecnologia avanza esponenzialmente, ma il nostro adattamento culturale no. Di conseguenza, milioni di persone potrebbero presto perdere il loro impiego, e solo pochi di loro saranno abbastanza rapidi a trovare nuove abilità e un nuovo posto di lavoro. D’altro canto, sappiamo che se anche trovassimo i mezzi per mantenere i disoccupati, le loro esistenze resterebbero infelici. Cosa dovremmo fare? Dovremmo spremerci le meningi e trovare dei lavori insignificanti, così da dar loro l’illusione di essere utili (anche se in realtà non stanno facendo nulla di produttivo)? Dovremmo fermare l’automazione con leggi che impediscano il collasso del sistema? Ricordatevi che questa soluzione funzionerebbe solo per i lavori nel settore pubblico, perché le aziende non conoscono confini, e nel mercato globale non possono permettersi di operare a lungo a livelli di efficienza sub-ottimali. Gli Stati, dunque (molti dei quali sono già falliti), dovrebbero in qualche modo assumere e pagare milioni di lavoratori inutili, così da evitare depressione endemica, suicidi, e altri effetti collaterali. Prima che continui con le mie folli e scatenate proiezioni mentali, penso sarebbe più saggio chiedersi: “Perché?”. Perché la disoccupazione ha delle conseguenze tanto disastrose? Perché le persone devono lavorare, per essere felici? Cosa c’è di magico, nel lavoro? Le norme sociali condizionano pesantemente il benessere soggettivo delle persone, e questo è particolarmente vero tra i disoccupati159 . Se la norma sociale è avere un lavoro, chi non ce l’ha si sente alienato, si vergogna, ed è costantemente tormentato da un senso di inferiorità. Sappiamo quanto tutto ciò sia significativo, dato che tendiamo a confrontare continuamente i nostri risultati con quelli degli altri. La cosa piuttosto interessante è che questo produce anche un’altra conseguenza imprevista. I disoccupati accusano un’infelicità minore se circondati da una maggioranza di disoccupati, come confermato da molti studi160 . È paradossale, se vogliamo: un alto livello di disoccupazione nuoce molto al benessere individuale, ma un livello significativamente più alto non sarebbe così deleterio. Prima di saltare alla conclusione che non dovremmo preoccuparci molto del futuro, prendete in considerazione il dolore e la sofferenza che le persone do-

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CAPITOLO 16. LA FELICITÀ E IL LAVORO

vranno sperimentare nelle fasi intermedie. Che tipo di società sarebbe, inoltre? Ricordiamo che la ragione per cui la felicità dei disoccupati aumenta è che: 1. Si adattano alla loro nuova situazione, abbassano i loro standard, le loro aspettative, i loro sogni. 2. Man mano che diventa la norma, la cultura generale di quella società si adatta, le persone perdono uno scopo di vita, e invece di sentirsi infelici e meschine da sole, sono leggermente meno infelici e meschine insieme. Non so voi, ma io non vorrei vivere in una società di questo tipo. Mi vengono i brividi al pensiero che questo possa rappresentare il destino prossimo futuro della nostra specie. Dev’esserci una strada migliore.

16.1 FLUSSO ”Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare un solo giorno in vita tua.” – Confucio Il concetto di flusso è stato proposto dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi, e rappresenta lo stato mentale nel quale, durante una certa attività, una persona è totalmente immersa in un campo di concentrazione potente, di coinvolgimento totale, e alla fine di conseguimento dei risultati. È una vera e propria immersione mentale, ed è forse l’incanalamento definitivo delle emozioni al servizio dell’esecuzione e dell’apprendimento. Nel flusso, le emozioni sono domate, orientate, positive, cariche di energia, e operano al servizio del compito che si sta svolgendo161 . “Il ‘me’ scompare, durante il flusso, mentre l’‘Io’ decolla. In uno dei primi studi sul flusso, un arrampicatore lo descrive così: ‘Sei così coinvolto in quello che fai da non sentirtene più separato. Non sei più un’osservatore partecipante, solo un partecipante. Ti muovi in armonia con un qualcosa di estraneo a te, di cui sei parte”. Il flusso è uno stato soggettivo che le persone dichiarano quando sono completamente coinvolte in qualcosa, fino al punto di dimenticare il tempo, la fatica, e ogni cosa diversa dall’attività stessa. È quello che sentiamo quando leggiamo un romanzo scritto bene, o giochiamo una bella partita di squash, o prendiamo parte a una stimolante conversazione. Il Poeta Laureato Mark Strand ha descritto così le sensazioni di questo stato mentre scriveva:”162 Sei immerso nel tuo lavoro, perdi il senso del tempo, sei totalmente preso, catturato da quel che fai. . . Quando stai facendo un buon

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lavoro su qualcosa, senti che non c’è altro modo di dire quel che stai dicendo. Norme sociali, adattamento, reddito e confronti coi propri pari non spiegano completamente perché il lavoro ci faccia vivere una vita ricca di significato. Lo sappiamo perché gli studi hanno mostrato che i lavoratori autonomi sono più felici, anche se questo significa lavorare ore più lunghe e/o guadagnare meno denaro163 . Lo stesso vale per i volontari, che donano anima e corpo al mondo non profit164 . Queste persone non stanno solo lavorando a qualcosa che amano fare, ma ricevono ancora più gratificazione dal fatto di aiutare gli altri. Un’altro dato interessante emerge confrontando il numero di ore lavorate annualmente da una persona con la valutazione media che dà alla propria vita.

Figura 16.1: Valutazione della propria vita a confronto col numero di ore lavorate nei paesi OECD (2009). Nell’asse delle y è segnata la percentuale delle persone che prosperano, sull’asse delle x le ore medie annuali effettivamente lavorate per lavoratore. I dati sulla felicità vengono dal Gallup World Poll 2005-2009 e le ore di lavoro dalla biblioteca ufficiale OECD. Per una versione interattiva del grafico, visitate http://robotswillstealyourjob.com

Come possiamo vedere dalla Figura 16.1165 166 , le persone che vivono in paesi dove si lavora meno sono più felici di quelle in cui si lavora di più. Prendiamo ad esempio la Danimarca. In ogni sondaggio risulta uno dei paesi più felici della Terra e ben l’82% delle persone dice di ‘prosperare’ (si sentono rilassati, rispettati, liberi da sofferenze e intellettualmente impegnati), eppure lavorano solo 1,559 ore all’anno, 200 ore in meno della media di tutti i paesi OECD. Facciamo il confronto con la Corea del Sud, dove le persone lavorano 2.232 ore, 473 in più della media, e solo il 28% di loro prospera. Gli stessi schemi si osservano

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CAPITOLO 16. LA FELICITÀ E IL LAVORO

in continuazione: nei paesi dove la settimana lavorativa è più breve (Svezia, Finlandia, Norvegia, Paesi Bassi) le persone prosperano; nei paesi con più ore di lavoro (Grecia, Polonia, Ungheria, Russia, Turchia) le persone soffrono di più. Quello che vediamo al lavoro è un principio sottostante che va al di là delle aspettative sociali, dello status o della classe, o del reddito che generano. L’indipendenza, l’auto-determinazione, la libertà, la capacità di seguire i nostri sogni, la libertà di creare un cambiamento positivo, l’essere in uno stato di costante flusso. È questo che ci spinge. È questa la differenza tra vivacchiare alla giornata ed esplodere di energia, vivendo i giorni al massimo, assaporando ogni momento, rendendoli esaltanti e indispensabili. Fare la differenza, trascendere la nostra condizione, aiutare gli altri, creare nuove cose che nessuno poteva sognarsi di fare, andare dove nessuno è andato prima. Spinta, flusso, obiettivi. Il lavoro è solo un mezzo per promuovere queste condizioni, non un requisito in sé.

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C APITOLO 17

L O SCOPO DELLA VITA

Se vivete negli Stati Uniti, in Giappone, e molte altre nazioni in Europa, probabilmente avete sentito i vostri amici insistere su quanto sono occupati. “Sono così impegnato”, ”Follemente impegnato!” In continuazione. Non riescono nemmeno a farsi una passeggiata al parco senza controllare diverse volte il calendario sullo smartphone, o spendere un po’ di tempo libero, non organizzato, coi propri figli. Sono davvero impegnati. E molto stressati, pure. Ma perché? Credo che una delle ragioni sia il bisogno compulsivo, indotto socialmente, di mantenerci occupati, o piuttosto di sembrare occupati, in ogni momento. Iniziamo fin da piccoli, a scuola. Perché facciamo lezioni da un’ora quando la nostra attenzione diminuisce dopo venti minuti 167 ? Perché non permettiamo ai bambini di imparare con i loro tempi? La solfa continua, poi, sul posto di lavoro. Perché così tante aziende sorvegliano i dipendenti come fossero bambini? Perché li pagano in base al numero di ore lavorate, invece che in base alla performance? Perché manteniamo lavori senza significato, mentre cerchiamo disperatamente di trovare nuovi modi di tenerci occupati? Ho fatto molte discussioni sulla questione della disoccupazione tecnologica, in particolare durante il mio Programma di Studi Post-laurea alla Singularity University, il NASA Ames Research Center, dove ho avuto l’opportunità di parlare con alcune delle più grandi menti al lavoro sul campo, inclusi gli autori del libro “Race Against the Machine” Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee, l’ex editore e fondatore di “Wired” Kevin Kelly, l’inventore e futurista Ray Kurzweil, e lo scrittore di fantascienza Vernor Vinge. Resto della mia idea, l’economia non manterrà la sua promessa di creare nuovi posti di lavoro alla stessa velocità a cui la tecnologia li distruggerà. Molti disapprovano, e potremmo discutere con loro, ma penso che così ci sfugga il punto. Posso immaginare una moltitudine di futuri possibili dove ciascuno di noi ha un lavoro. Uno di questi lavori potrebbe essere presentarsi in ufficio, sedersi, 111

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CAPITOLO 17. LO SCOPO DELLA VITA

sembrare impegnato, e leggere le e-mail tutto il giorno. Un altro potrebbe essere guardare i robot al lavoro, e assicurarsi che niente vada storto. Il fatto che solo un robot su diecimila alla settimana faccia cilecca, e che un responsabile per impianto sia più che sufficiente, non importa. Possiamo avere centinaia di supervisori. E poi supervisori di supervisori. E poi manager, e manager di manager, su per la catena alimentare. Possiamo mettere a punto nuove malattie, e poi creare professioni che curino queste malattie indotte. I desideri, come gli economisti ci insegnano, sono in definitiva illimitati, pertanto possiamo perpetuamente generare cose che li soddisfino, non importa quanto frivoli o bizzarri possano essere. Per quanto questo scenario possa suonarvi ridicolo, forse vi suona anche terribilmente simile a quello in cui già viviamo. Dopo anni spesi a documentarmi e riflettere sul tema, sono giunto a questa radicale conclusione: Dobbiamo sbarazzarci dell’idea, convincente solo in apparenza, che tutti noi si debba guadagnare da vivere. È un fatto, oggi, che una sola persona ogni diecimila possa realizzare un cambiamento tecnologico in grado di mantenere tutti gli altri. Le giovani generazioni hanno assolutamente ragione, nel denunciare l’insensatezza di doversi guadagnare da vivere. Continuiamo a inventare lavori a causa di questa falsa idea che tutti devono dedicarsi a qualche tipo di schiocchezza perché, stando alla teoria Malthusian-Darwiniana, devono giustificare il loro diritto a esistere. Quindi abbiamo ispettori di ispettori e persone che costruiscono strumenti per aiutare gli ispettori a fare ispezioni sugli ispettori. La gente, in realtà, dovrebbe tornare a scuola e pensare a quel che stava pensando prima che qualcuno saltasse fuori a dir loro che dovevano guadagnarsi da vivere. Lo so, queste parole sono radicali. E magari ingenue. Il parto di una mente troppo giovane, ignara delle complessità sociali, un’anima bella ma senza una reale comprensione dei sistemi complessi e del comportamento economico. Ma a quanto pare, ricalcano quasi letteralmente quelle del genio futurista Buckminster Fuller, intervistato nel 1970 dal New York Magazine168 Il punto è che “Preferiamo inventare nuovi lavori piuttosto di fare lo sforzo di inventare un nuovo sistema che non richieda a tutti di lavorare.”169 In questo libro, ho lanciato l’idea che i robot vi ruberanno il lavoro, ma va bene così. Ora faccio un passo oltre, e oso dire che lo scopo della vita è farsi rubare il lavoro dai robot. OK, siamo seri – non è questo lo scopo della vita. Ma oggi penso sia una condizione necessaria, benché non sufficiente, per trovare lo scopo della vostra vita. Non conosco lo scopo della mia vita, per non parlare della vostra, o di chiunque altro su questo pianeta. Ma sono ben sicuro di quello che non è lo scopo della vita. Quante persone avete sentito dire, in punto di morte: “Dannazione,

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113 avrei davvero voluto spendere più tempo a controllare gli errori di quei bilanci.” Oppure: “Se avessi avuto, in quell’affare, un ritorno sugli investimenti del 2.5% invece di un misero 2%, la mia sarebbe una vita più piena”. Nessuno dice cose del genere. Potrebbero semmai pensare “Vorrei aver speso più tempo coi miei figli”, “Vorrei aver detto più spesso a mia moglie quanto l’amavo”, “Vorrei aver confessato alla mia cotta delle superiori quanto mi piaceva”, o “Se solo avessi viaggiato di più, avrei visto il mondo”. Fui davvero commosso dalla storia di una donna, paziente oncologica terminale. Aveva due mesi da vivere, ma il sogno della sua vita era imparare l’analisi matematica. Poi scoprì la Khan Academy, e capì di avere finalmente quell’opportunità. E così fece – dedicò gli ultimi due mesi della sua vita a studiare calcolo. Ed era felice170 . Un altro noto pelandrone buono a nulla ha affermato che: “Lo scopo del futuro è la disoccupazione totale, così da poter giocare. Per questo dobbiamo distruggere l’attuale sistema politico-economico.” Non è un’affermazione da poco, visto che a farla è il leggendario autore e futurista Arthur C. Clarke (2001: Odissea Nello Spazio, Incontro Con Rama), che per primo concepì l’idea di usare satellliti geostazionari per la telecomunicazione (oggi ci riferiamo all’orbita geostazionaria come all”’Orbita di Clarke” o “Fascia di Clarke” in suo onore). Ma cosa significa “giocare”? Forse Clarke stava parafrasando Confucio – “Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare un solo giorno in vita tua”. O forse intendeva qualcosa di diverso. Trovare un lavoro che ami – che ti dia soddisfazione e ti permetta di rispettare il tuo codice morale – è molto difficile, al giorno d’oggi. In effetti – stando al Deloitte’s Shift Index – l’80% delle persone fa un lavoro che odia171 . Dobbiamo adattarci a quello che l’economia permette di fare, e la triste realtà è che molti lavori non sono appaganti né creano valore per la società. Come se non bastasse, verranno automatizzati ben presto – durante la nostra vita, credo. Ma – sono lieto di dirvelo – c’è una luce alla fine del tunnel. Lo scopo di questo libro non è convincervi che l’automazione vi renderà obsoleti, ma piuttosto indurvi a come sfruttare questa opportunità. Ho valutato, fatto ricerche, condiviso le idee e i suggerimenti di centinaia di persone, e le ho raccolte nella terza parte del libro. È il mio regalo per voi. Spero possa esservi utile.

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Parte III

Soluzioni

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C APITOLO 18

C ONSIGLI PRATICI PER TUTTI

E

d eccoci, finalmente, al momento che stavate aspettando. Mi scuso per aver messo questa sezione così in fondo al libro, ma sono sicuro che ne capirete il motivo. Molti dei prossimi consigli sembrerebbero insensati, se non avessi approfondito a dovere le premesse, e ora dovrei fermarmi a spiegare le ragioni di ciascun consiglio – rischiando di diventare prolisso, e di distogliere l’attenzione dal punto centrale. Ma ora che avete gli strumenti, e l’abito mentale, adatti a valutare questi consigli in maniera critica, dovrebbero suonarvi sensati. Anzi, alcuni di essi potrebbero esservi già venuti in mente durante la lettura, e in tal caso questa lista servirà a riepilogare i vostri pensieri in modo chiaro e conciso.

18.1 MENO BISOGNI, PIÙ VITA ”La persona più ricca non è quella che ha di più, ma quella con meno bisogni.” – Anonimo L’economia sta evolvendo rapidamente, l’automazione sta sostituendo i lavoratori umani, e così via. La disoccupazione aumenta, e anche chi ha un lavoro si trova potenzialmente in pericolo. Pochi sono al sicuro, in una situazione come questa. Quali sono le nostre scelte, allora? I libri di auto-aiuto si concentrano tipicamente su come massimizzare il reddito. Alcuni sono utili; la maggior parte sono fesserie. Se siete abbastanza fortunati da pescarne uno dalla pila giusta, e vi ci dedicate tempo e sforzo, potreste anche avere successo (fortuna e serendipità, sappiatelo, svolgeranno in tal caso un ruolo importante). I consigli per lo più ruotano attorno ai seguenti punti: creare un forte network di connessioni e amicizie di alto livello, lavorare in modo autonomo e flessibile, imparare a gestire le spese. Questo è quanto. In genere leggerete 400 pagine su come farlo, poi toccherà a voi provare. Questo 117

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CAPITOLO 18. CONSIGLI PRATICI PER TUTTI

approccio può anche funzionare per qualcuno – perché funziona, in alcuni casi – ma non credo sia consigliabile a un pubblico più ampio. Prima di tutto, non è un approccio scalabile. La natura intrinseca del sistema non può offrire a tutti il “successo”, così com’è tradizionalmente definito. È impossibile sia logicamente che matematicamente. Supponiamo che tutti diventino connessi, svegli e che imparino a gestire le spese da soli. Cosa succederebbe? Siccome il sistema richiede un vantaggio competitivo su qualcun altro per vincere la competizione, le persone che vogliono eccellere devono diventare ancora più sveglie, e sviluppare tecniche di marketing ancora più sofisticate. Queste persone graviteranno l’una verso l’altra, come masse dell’Universo che si attraggono a vicenda, creando un nuovo network di élite dalle connessioni ancora più forti. È un circolo vizioso, dove i vincitori sono sempre pochi, per natura. Di per sé non è una brutta cosa: una meritocrazia è basata sull’idea che se sei migliore di qualcun altro nel fare qualcosa, eccellerai in quel campo e i tuoi risultati saranno riconosciuti. Non ci vedo niente di male, se volete arrivare al gradino più alto. Il problema è che non siamo neppure a quello base. Ci sono milioni di persone nei Paesi altamente sviluppati, e miliardi nei paesi in crescita, che non hanno accesso alle necessità richieste per vivere una vita sana e decente. Il che ci porta all’altra impossibilità. Dovreste dedicare la vita a rincorrere il successo economico, garantendovi così la capacità di perseguire i vostri sogni? O dovreste invece smettere di inseguire l’inarrivabile sogno del successo, spogliarvi dei beni materiali e vivere una vita austera? Non c’è forse una terza opzione, che le comprenda entrambe? È possibile permettere a tutti di vivere felicemente, inseguendo i propri sogni? Difficile a dirsi. I Greci parlavano di virtù (Latin: ‘virtus’, Greek: ÆΩ≤ø¥ – ‘arete’), una sorta di eccellenza morale che valutavano come base di un ’essere con principi saldi e buona morale’, promuovendo in tal modo la grandezza collettiva e individuale. Nella sua opera Etica Nicomachea, Aristotele definì la virtù come un punto di equilibrio tra la deficienza e l’eccesso di una caratteristica. Il punto della virtù più grande non giace esattamente a metà, ma in un’Aurea mediocritas, talvolta più vicina a un estremo che all’altro. Per esempio, il coraggio è la misura aurea tra l’auto-disapprovazione e la vanità, e la generosità è la misura aurea tra l’avarizia e la prodigalità. Trovare l’aurea mediocritas richiede buonsenso, non necessariamente un’intelligenza elevata. Nel senso che le dà Aristotele, la virtù è eccellenza nell’essere umano, una qualità che aiuta a sopravvivere, prosperare, stabilire relazioni significative e trovare la felicità. Imparare la virtù all’inizio è difficile, ma diventa più semplice con la pratica e col tempo, finché non diventa un’abitudine172 .

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C’è un’idea, ispirata alla filosofia aristotelica, che sta lentamente trovando conferma in gruppi di riflessione, di attivisti, e in comunità sparse per il mondo. L’idea è che, invece di provare guadagnare sempre più denaro, o al contrario abbandonarlo in massa, dovremmo provare a cercare l’aurea mediocritas riducendo il bisogno di denaro. Questo concetto è spesso frainteso, quindi voglio essere chiaro. La ricchezza è un concetto relativo. Se guadagnate $100.000 all’anno ma avete $120.000 di spese, siete relativamente poveri. Si è poveri in relazione alla somma di denaro che si necessita per soddisfare i propri bisogni. Se, d’altro canto, guadagnate $40.000 (come la maggior parte della gente173,174 ), ma le vostre spese si aggirano intorno ai $30.000, siete relativamente ricchi. Ridurre il bisogno di denaro non significa condurre una vita di sacrifici, o rinunciare alle cose che ci piacciono. Al contrario. Non bisogna sentirsi costantemente male per ciò che si fa. Non dovete fare un’inversione a u e ribaltare la vostra vita. Potete fare ciò che vi piace, e a volte anche molto di più, con molto meno. Potete vivere virtuosamente, nel senso greco del termine, una vita di grandezza e appagamento, senza dover guadagnare centinaia di migliaia di dollari, e senza vivere in austerità. Alcuni lo chiamano downshifting, e l’idea è molto semplice. Vivere più semplicemente, fuggire dalla corsa al successo del materialismo ossessivo e ridurre lo stress, gli straordinari, e le spese psicologiche che tipicamente ne conseguono. È possibile trovare un equilibrio migliore tra il tempo libero e il lavoro, concentrando i propri obiettivi sulla realizzazione personale e la costruzione di relazioni, invece che inseguire continuamente il successo economico. Non servono cambiamenti radicali o drammatici, che mettano a repentaglio la vostra stabilità; si può iniziare da cose semplici, fare un piano, costruirci sopra e vivere meglio, con più soddisfazioni, una vita più felice. Sembra che così vincano tutti, quindi qual è il trucco? Il trucco è che non c’è nessuna soluzione ottimale. Nessuna formula che funzioni per tutti. E, cosa più importante, nessuno vi darà delle istruzioni da seguire. Non tutti possiamo essere fisici, biologi, informatici, biotecnologi. I vostri punti forti, le cose che amate fare e il modo in cui possono darvi da vivere, dovete scoprirle voi. Non possiamo essere tutti geni matematici o prodigi musicali, ma possiamo trovare tutti qualcosa in cui siamo bravi e che ci piace fare. Per ottenere una vita virtuosa, piena di passioni e interessi, garantendosi la sufficienza, dovete osservare con attenzione tutte le possibilità che vi si presentano. E per farlo si inizia studiando e imparando nuove cose, espandendo i propri orizzonti.

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CAPITOLO 18. CONSIGLI PRATICI PER TUTTI

18.2 AUTO-EDUCAZIONE ”Dai a un uomo un pesce, e avrà da mangiare per un giorno. Insegnagli a pescare e avrà da mangiare per tutta la vita.” – Proverbio Cinese175 Questo antico proverbio Cinese è stato vero per migliaia di anni. Ma dati i recenti declini nell’industria ittica 176 , credo abbia bisogno di qualche modifica. Ecco la mia versione: ”Dai a un uomo un pesce e avrà da mangiare per un giorno. Insegnagli a pescare e ne avrà per più tempo. Insegnagli come risolvere i problemi e potrà affrontare ogni sfida che la vita gli presenterà” Qualsiasi lista di cose da fare io vi possa proporre, non risolverà mai i vostri problemi. Potrebbe essere un buon punto di inizio, un’ispirazione, ma le situazioni cambiano di continuo, e l’unico modo per tenere il passo con il modo è auto-educarsi, diventando un pensatore critico e in grado di risolvere i problemi. Il tema dell’educazione mi ha sempre interessato. Ricordo vivamente i miei anni di scuola, dalle elementari alle superiori. Uno dei periodi più sgradevoli della mia vita. Ricordo la noia assoluta che provavo sedendomi al banco, ascoltando lezioni prive di ispirazione, imparando serie di regole, memorizzando numeri e parole, guardando l’orologio, aspettando che arrivassero le 16:30, quando il fastidio finalmente finiva e potevo andarmene a casa. Ma non era sempre così. Mia mamma è una bibliotecaria. Quando frequentavo la scuola materna, lei mi portava alla biblioteca pubblica in cui lavora, fino alla fine del suo turno. Stavo lì, seduto a una scrivania, senza nessuno che mi dicesse cosa fare o come farlo. Potevo prendere libri di ogni genere, ben prima di saper leggere. Secondo mia mamma i libri di scienza mi affascinavano fin da piccolissimo. Guardavo i disegni di atomi e campi elettromagnetici, le immagini di animali di ogni specie, stelle e galassie, apparecchi elettronici, dinosauri, e ogni genere di cose interessanti. Non ricordo molto, ma mi disse che, per quanto si ricordasse, volevo conoscere il mondo ed esporare ogni ramo della conoscenza. Il mio entusiasmo e l’interesse per l’Universo erano insaziabili. Poi, ritornando a scuola, venivo colpito in faccia, come un autobus che si schianta a tutta velocità contro un muro di mattoni. Non capivo perché gli insegnanti non potessero – o più probabilmente non volessero – rispondere alle mie domande. Ma più di tutto, non potevo credere che non avessero interesse per la materia che insegnavano. Io provavo, provavo, provavo e . . . nulla. Ero deluso, più che arreso. Ero considerato un bambino strano. Mi chiedevo sempre quale fosse l’animale più grande, come facessimo a sapere che c’erano stati dinosauri 60 milioni

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di anni fa, e non 2 o 10 milioni (questo molto prima che uscisse Jurassic Park), perché gli elefanti fossero così grandi, perché i ragni avessero otto zampe anziché sei, come potesse un colibrì volare e quanto fossero veloci i battiti delle sue ali, come e perché i pianeti si fossero originati. Per i miei insegnanti, queste erano domande irrilevanti. Non avevo bisogno di queste risposte per passare il test. Non erano nel programma. Perché, dunque, mi interessava così tanto sapere di più? La frustrazione raggiunse il punto in cui rinunciai al sistema scolastico e iniziai a cercare risposte per conto mio. Non lasciai la scuola, comunque. Feci ciò che mi dissero, zittendomi durante le lezioni come richiesto. Ma puntai tutti i miei sforzi verso la ricerca e lo studio per conto mio di quello che esulava dal programma obbligatorio. Divorai ogni edizione del libro dei Guinness e il World Factbook. Non riuscivo a fermarmi. Mi sentivo come attratto dai dati, come se una forza invisibile mi spingesse. Solo dopo realizzai come dare senso a quelle informazioni, come mettere in dubbio e verificare la loro autenticità, contestualizzarle. Nessuno me lo aveva insegnato, e dovetti impararlo nella manierà più difficile. Ciò avvenina prima che il fenomeno Internet si diffondesse. Pensare allo sforzo immenso che impiegai per conoscere anche solo un po’ di più, comparato con quanto sia facile oggi, mi manda fuori di testa. Quello che richiedeva dozzine di ore si estenuanti ricerche, spesso con libri non interattivi e poco attraenti, oggi è disponibile in pochi secondi, spesso tramite video, lezioni e conferenze tenute dai più grandi pensatori dei nostri tempi. Un ragazzo povero, in Uganda, ha accesso a più conoscenza di quanta ne avesse il presidente degli USA 30 anni fa. Un cambiamento così radicale non ha precedenti nella storia umana. L’invenzione della stampa è un pallido, quasi insignificante evento, a confronto. Oggi è possibile ricevere un’educazione di massimo livello, con i migliori insegnanti provenienti dalle più prestigiose Università del mondo, su ogni materia, gratis. È un pensiero talmente sconvolgente e rivoluzionario che mi sorprende quante poche persone ne siano a conoscenza. iTunes è installato su più di 400 milioni di computer nel mondo177 , e tuttavia quando ne parlo con le persone, pochi sanno che può essere usato per altro, oltre ai film e alla musica. Il 30 maggio 2007, la Apple ha annunciato il lancio di iTunesU, che mette a disposizione lezioni universitarie dalle più prestigiose Università in giro per il mondo, gratis. Videolezioni ad alta qualità, spesso le stesse che si avrebbero pagando per una laurea da $200.000, solo che si possono guardare a casa, sull’autobus, metterle in pausa, riguardarle, e non costano nulla. I materiali sono presi da una varietà di luoghi in giro per il mondo, compresi college, Università, musei, biblioteche e altre istituzioni culturali di valore educativo. Attualmente ci sono più di 100.000 file disponibili per il download, da Oxford a

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CAPITOLO 18. CONSIGLI PRATICI PER TUTTI

Yale, Harvard, Stanford, Cambridge. . . Ce ne sono letteralmente a centinaia. Il pioniere di questa nuova ondata fu l’OpenCourseWare, un movimento culturale nato nel 1999 in Germania, che divenne famoso quando il Massachusetts Institute of Technology lanciò il suo MIT OpenCourseWare nell’ottobre 2002. Da allora sono arrivati a dare man forte progetti simili a Yale, alla Michigan University, e alla University of California, a Berkeley. Sono stati sviluppati istituti simili in Giappone e Cina, che si sono velocemente diffusi in tutto il pianeta. Il pensiero del MIT dietro all’OCW era di ‘potenziare l’apprendimento umano in tutto il mondo con la disponibilità di un bacino di conoscenza grande come il web’178 . A mio parere questo potenziale immenso rimane largamente inepresso, anche se sta rimontando. Il motivo sta nella mancanza di motivazione personale a seguire i corsi, così come la difficoltà del materiale. Ma un nuovo giocatore ha già iniziato a cambiare le regole. Verso la fine del 2004, Salman Khan stava discutendo con la sua cuginetta Nadia della natura dell’Universo e cose del genere. L’intelligenza di Nadia, pronta a iniziare una carriera scientifica di lì a poco, lo sorprese. Quando ne parlò coi suoi genitori, anche loro restarono stupefatti, perché a scuola lei aveva avuto problemi con il corso base di matematica. Sal non poteva crederci. Come poteva avere problemi con la matematica di base una persona in grado di affrontare questioni tanto sofisticate? Doveva esserci qualcosa di sbagliato nel sistema scolastico. Iniziò così a darle lezioni su Internet, che diedero grandi risultati. Quando i parenti e gli amici vollero mettersi sotto la sua guida, decise che sarebbe stato più pratico e benefico distribuire le lezioni su YouTube. Era il 16 novembre 2006. A quel tempo Sal era un analista di Copertura Fondi, pieno di soldi e sul punto di diventare un uomo d’affari di successo. Denaro, potere, stabilità. Cosa poteva chiedere di meglio? Uno scopo. Sal lavorava ancora di giorno, mentre registrava micro-lezioni per i suoi parenti la notte. Presto altre persone iniziarono a guardare i video. Sempre di più. E iniziarono a scrivergli. Un giorno ricevette questa lettera: “Caro Signor Khan, Nessun insegnante mi ha mai fatto del bene – potrebbe suonare duro, ma dico sul serio. Mi obbligavano a prendere farmaci per impedirmi di parlare e mi rimproveravano quando lo facevo senza essere interpellato. Dalle mie parti, i neri non sono accolti a scuola a braccia aperte – mia mamma e sua sorella dovevano andare in un capanno a due ore di distanza da casa, per studiare. Circa cinque anni fa la mia famiglia ha raccolto abbastanza denaro per andarcene da dove sono nato, così che io potessi avere un’educazione e vivere una vita vera. Senza una padronanza vera della matematica elementare, tuttavia, i miei progressi erano lenti.

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Ora sono al college a imparare più cose di quante ne abbia mai apprese in vita mia. Ma un background matematico inadeguato mi ha sempre condizionato. Ho scoperto la Khan Academy nel Giugno del 2009, poco dopo aver finito Matematica 141 (un corso di algebra al college). Ho passato l’intera estate sulla sua pagina YouTube. Volevo solo ringraziarla per tutto ciò che fa. lei è una benedizione. La scorsa settimana ho fatto un esame di collocamento matematico e adesso sono uno di coloro che hanno ottenuto la Lode in Matematica 200. Non ho sbagliato nessuna domanda. Il mio esaminatore era talmente impressionato dall’ampiezza delle mie conoscenze matematiche che mi ha consigliato di seguire algebra Lineare. Signor Khan, posso dire con certezza che lei ha cambiato la mia vita e quella dei miei famigliari”. Alcuni giorni dopo, Sal lasciò il suo lavoro per dedicarsi alla ’Khan Academy’ a tempo pieno (http://khanacademy.org). Il pensiero e la consapevolezza di aiutare altre persone, e costruire una “civiltà empatica”179 , basata sulla condivisione del sapere scientifico per il miglioramento del genere umano; questo sì che è un motivo valido per svegliarsi la mattina. “Con così poco sforzo da parte mia, posso potenziare una quantità illimitata di persone tutto il tempo. Non potrei immaginare un modo migliore per usarlo.” – ha detto Sal. La missione dell’academy non è altro che “garantire un’educazione di alto livello per tutti, ovunque”. Scommetto che vi ricordate i tempi universitari, quando voi e i vostri amici provavate a scoprire l’intuizione dietro a un concetto, o come risolvere un problema specifico. Richiedeva ore, un gruppo di menti che lavoravano senza sosta per trovare la soluzione, e un numero considerevole di mal di testa, quando finalmente qualcuno gridava ‘Eureka!’ (o ‘Sì, cazzo!’, in molti casi). La persona spiegava poi la soluzione dell’enigma a tutti gli altri, che tipicamente non richiedeva più di 10 minuti. Non sarebbe stato fantastico saltare quelle quattro ore e avere un insegnante pronto a spiegarlo in maniera intuitiva e pratica in pochi minuti? Pensavo fosse solo un sogno, finché vidi i video di Sal. L’intera vicenda è assurda e affascinante al tempo stesso. Un tizio sorpassa MIT, Stanford, Harvard, e diventa più popolare e apprezzato di queste istituizioni affermate in tutto il mondo? Una persona che vuole costruire la più grande scuola online, un polo intellettuale, artistico e scientifico, da solo? Sì, evidentemente sì. Sono passati un paio di anni da quando ho deciso di imparare chimica. Quando scoprii il MIT OpenCourseWare e iTunesU ne fui stupefatto. Lezioni di Stanford, Harvard e del MIT registrate, disponibili gratis su internet? Wow.

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“Ho bisogno di una pausa per imparare tonnellate di materie”, pensai. Ma naturalmente, non c’era mai tempo. Tornavo dal lavoro alle 8 di sera, esausto, e nonostante mi piacesse tenere il cervello allenato, di solito guardavo un intervento a TED o una conferenza della Singularity University. Era difficile seguire un corso di Entanglement Quantistico o di Biochimica alle 11 di sera. Con i video di Sal, nel loro formato da 13 minuti, potevo imparare a ogni ora del giorno. In pausa pranzo, sul treno, dopo cena, sempre. I concetti sono semplici, presentati bene e, non smetterò mai di ripeterlo, intuitivi. Mi è sempre interessato il motivo per cui le cose accadono, come funzionano, cosa le fa funzionare, quali sono le condizioni per le quali non accade e così via. Chiunque può applicare una formula, soprattutto i computer. Ma sapete ricavarla? Spiegare da dove viene? Con l’avvento di Wolfram Alpha180 , diventa chiaro che i calcoli a mano sono alquanto obsoleti, al giorno d’oggi. Ciò che conta di più è l’idea, il concetto, l’intuizione. Iniziai immediatamente a seguire le lezioni di chimica alla Khan Academy, e ogni volta che guardavo uno di quei video sentivo il brivido della scoperta. Sembra tutto alquanto strano, ma ha molto senso se lo si contestualizza. La crescita esponenziale dell’informaizone tecnologica e l’avvento dei movimenti per i software liberi ha portato a un cambiamento radicale nella nostra impostazione mentale. Le informazioni sono più accessibili, affidabili e per lo più gratuite per tutti. GNU, Linux, Creative Commons, Wikipedia, OpenCourseWare, e ora la Khan Academy. È una conseguenza logica della crescita esponenziale della tecnologia e della cultura. Sal ha espresso il desiderio di insegnare più materie possibile. Ad oggi (metà del 2012) ci sono più di 3.200 lezioni, dalla matematica alla storia, medicina, finanza, fisica, chimica, biologia, astronomia, economica, cosmologia, chimica organica, diritto americano, storia dell’arte, microeconomia e informatica. E in pratica c’è solo lui a insegnare (nonostante si stia espandendo rapidamente con nuovi insegnanti fantastici). Di certo vi sarete chiesti: ‘Chi è questo tizio? Cosa lo rende qualificato per insegnare una tale varietà di materie?’. Sal era il primo della sua classe al liceo e ottenne un punteggio perfetto nella sezione matematica dei suoi SAT. Ha ottenuto una Laurea in Matematica, un’altra in Ingegneria Elettrica e informatica, e poi un Master in Ingegneria Elettrica e informatica al Massachusetts Institute of Technology. Come se non bastasse, ha anche un Master in Amministrazione Finanziaria della Harvard Business School. Il tutto prima di compiere 32 anni. Insomma, sa di cosa parla. Iniziai a scrivere della Khan Academy nel 2009, quando (quasi) nessuno la conosceva. Ora è la più grande scuola nella storia dell’umanità. Ha erogato più di 150 milioni di lezioni a studenti da tutto il mondo. Ed è solo l’inizio. Ha ricevuto milioni di dollari di donazioni dalla Fondazione Bill and Melinda Gates, da

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Google e dalla Fondazione O’Sullivan. Ha collaborato con CNN, PBS, CBS, TED, Charlie Rose, tanto per citarne alcuni. Si espande e migliora giorno dopo giorno. Le traduzioni sono attive in 40 lingue, ed è prevista la traduzione completa nelle 10 lingue più parlate al mondo nel giro di qualche anno. Alcune scuole stanno facendo dei test per cercare di integrare questo approccio nell’ambiente educativo classico. I risultati preliminari sono sbalorditivi: invece di rendere gli insegnanti obsoleti, li aiuta a diventare mentori migliori, lasciando più tempo per l’interazione personale con gli studenti. Questi possono imparare per conto loro, a casa, e poi hanno più tempo produttivo a scuola per fare esercizi insieme, consolidare le loro conoscenze, o insegnarsi a vicenda ciò che hanno appreso. Per dirla con Sal: “Questo potrebbe essere il DNA per una scuola fisica dove gli studenti passano il 20% delle giornate guardando video e facendo esercizi di autoapprendimento e il resto del giorno costruendo robot o disegnando o componendo musica o quant’altro.”181 Di conseguenza gli insegnanti diventano dei mentori, delle guide, anziché una figura autoritaria. Hanno un “pannello di controllo” degli studenti, nel quale possono vedere su cosa stanno lavorando, come stanno andando, e intervenire solo quando hanno delle difficoltà su un argomento specifico. Sembra incredibile. Stupefacente. Troppo bello per essere vero. Qual è il trucco, allora? Difficile a credersi, ma non esiste. La Khan Academy è gratis. Le lezioni sono in Creative Commons. Il codice del sito web e la piattaforma sono completamente Open Source. Si può usare a casa, da soli. Si più scegliere di seguire una sola materia, oppure un percorso guidato. Si può addirittura chiedere alla propria scuola di integrarla. Oppure potete usarlo per conto vostro e poi andare a scuola e fare scintille in ogni caso. Le lezioni sono divertenti, semplici, molto intuitive. Si stanno espandendo rapidamente e migliorano ogni giorno. Qual è il pezzo mancante del puzzle, ora? Ce ne sono due: la carenza di certificazioni accademiche e la difficoltà nell’insegnare le arti e le discipline umanistiche in questo modo. Ma nessuno di essi è un ostacolo. Come abbiamo visto, si evolvono rapidamente. Tutto ciò che viene toccato dall’espansione esponenziale tecnologica segue la legge dei ritorni acceleranti182 . Sarà il sistema educativo a doversi adattare a realtà come la Khan Academy, non il contrario. Il motivo per cui i genitori mandano i propri figli a scuola non è apprendere (purtroppo), ma ottenere un diploma, che li aiuterà a trovare un lavoro. Questa equazione non è più realistica. Come hanno fatto notare Dale J. Stephens, Michael Ellsberg, e molti altri, l’educazione tradizionale è sopravvalutata, e ciò che rende competitivi nel mondo del lavoro non è per forza il successo accademico. Certo, avere un dottorato a Stanford aiuta, ma non è un requisito sufficiente per

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CAPITOLO 18. CONSIGLI PRATICI PER TUTTI

avere successo. Non più, almeno. Se l’obiettivo è andare a lavorare per Google, PayPal, Microsoft, o uno di questi giganti della tecnologia, allora l’acquisizione di una competenza con la Khan Academy potrebbe essere più stuzzicante di un diploma di scuola tradizionale. Le Università intelligenti l’hanno capito, e si stanno riformando in fretta. MIT ha appena lanciato MITx, che offre un portfolio di corsi MIT gratis a una comunità virtuale di studenti nel mondo. Questo accrescerà anche l’esperienza educativa dei suoi studenti nel campus, offrendo loro strumenti online che integrano e arricchiscono le lezioni e gli esperimenti in laboratorio. Con una piccola quota, chi segue il corso online riceve anche un certificato valido dal MIT. Lo scorso autunno ho preso parte a uno di questi esperimenti di apprendimento online di massa, quando Sebastian Thrun, Peter Norving, e andrew Ng lanciarono a Stanford i corsi di Intelligenza Artificiale e di Apprendimento Macchina. Erano ancora esperimenti abbozzati, con alti e bassi, ma i risultati furono incredibili in ogni caso. Centinaia di migliaia di persone presero parte a questi corsi da 10 settimane, che erano all’incirca l’equivalente di un corso di un normale studente di Stanford. Alla fine, se eri bravo e facevi tutti i compiti (tutto con un software automatizzato), oltre ad acquisire una conoscenza solida e una comprensione di oggetti sofisticati e molto utili, potevi ricevere un attestato da inserire nel curriculum. La cosa migliore era poter seguire il corso settimana dopo settimana, insieme a migliaia di persone con cui lavorare, fare domande, discutere delle lezioni e degli esercizi. Un’esperienza meravigliosa. Sebastian Thrun fu così soddisfatto che decise di lasciare la sua cattedra a Stanford per dedicare il suo tempo a insegnare a milioni di studenti nel mondo, gratis (http://udacity.com). Vi suona familiare? L’idea di Andrew Ng ha ispirato molti altri, che attualmente insegnano sotto un’associazione non-profit chiamata ‘Coursera’, con materie di alto livello quali Model Thinking, Natural Language Processing, Teoria del Gioco, Probabilistic Graphical Models, Crittografia, Design e Analisi di Algoritmi, SAAS (Software as a Service, Software come Servizi, N.d.T), Visione Automatica, Informatica, Apprendimento Automatico, Interazione Uomo-Macchina, Realizzazione di Edifici Verdi, Teoria dell’Informazione, Anatomia e Sicurezza Informatica. Neanche a dirlo, è solo l’inizio. È la naturale evoluzione dell’educazione che incontra la tecnologia. Accogliere il cambiamento, o morire. E a voi, come si applica tutto questo? Come può aiutarvi? Nel caso in cui non l’abbiate notato, questa è la vostra carta vincente. Potete diventare degli esperti, o per lo meno avere accesso a strumenti che ve lo permettano, il tutto gratuitamente. Presto ci saranno corsi di alto livello di ingegneria molecolare, nanotecnologia, tecnologia sostenibile per la produzione di energia, cibo, case, qualsiasi cosa. L’educazione sarà più pertinente che mai: semplice, avvincente e,

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18.3. EDUCARE GLI ALTRI

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soprattutto, gratis. Oggi, il miglior investimento che possiate fare è quello su voi stessi. Gli strumenti della creatività sono nelle mani di tutti, e stanno diventando sempre più semplici e accessibili. Avete un’opportunità che nessun altro, nella storia dell’uomo, ha mai avuto. Carpe diem.

18.3 EDUCARE GLI ALTRI Ora, a che serve migliorarsi, se tutti gli altri falliscono? Non tenete queste conoscenze per voi, condividetele con più persone possibile! Non pensate che questo porti a maggior competizione per voi. Questa è la vecchia, miope visione egoistica. Più persone diventano istruite e conoscono queste cose, più aiuteranno a risolvere problemi e sfide che dobbiamo affrontare. La felicità è condivisione, e la condivisione porta a scoperte incredibili. Vedo il giorno, non così lontano, in cui le persone non saranno giudicare in base alla loro abilità di superare gli altri, ma di aiutarle. Non di essere i migliori studenti, ma i migliori insegnanti. Questo sì, che è un mondo in cui vale la pena vivere.

18.4 COLTIVARE IL PROPRIO CIBO È talmente ovvio che mi sento stupido a dirlo: il cibo è una forma di energia, possibilmente la più importante. È il carburante del nostro corpo. Ma è anche una forma di potere. Coltivare il proprio cibo non è solo un hobby. È riportare il potere nelle proprie mani. Roger Doiron lo chiama Piano Sovversivo, che anziché essere basato sulla segretezza, promuove l’apertura e la condivisione. È un piano che non porta beneficio ai pochi e danno alle masse, ma potenzia ogni individuo, e nel complesso ci rende più sicuri, sani, indipendenti. Ci sono molti vantaggi nell’avere un orto personale, ve ne elencherò alcuni. • Migliora la vostra salute (e quella della vostra famiglia). Gli studi dimostrano che la maggior parte delle malattie sono causate dalle cattive diete e dal cibo. Non solo mangiare più frutta e verdura fresca è una delle cose più importante per mantenersi in salute, ma se coltivate personalmente danno ai vostri figli il doppio del piacere nel mangiare sano183 . • Fa risparmiare denaro. Non serve neanche dirlo: il prezzo del cibo è aumentato negli ultimi anni, e continuerà a crescere in futuro. Perché? Perché servono almeno 10 calorie di petrolio (equivalenti) per ogni caloria di cibo prodotta. I prezzi del petrolio sono in aumento, e cresceranno

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CAPITOLO 18. CONSIGLI PRATICI PER TUTTI ancora. Il cibo di casa può essere un eccellente supplemento dei fruttivendoli, e in una famiglia tipica di quattro persone si possono risparmiare circa $3.000 dollari o più (l’importo esatto dipende da molti fattori). • Riduce l’impatto ambientale. Potrebbe non interessare a tutti, ma dovrebbe, se consideriamo che gli ecosistemi sono tutti connessi, e che ne dipendiamo. Anche se l’ambiente di per sé non vi interessa, dovreste almeno sapere che trascurarlo prima o poi vi si ritorcerà contro. Provate a non usare pesticidi chimici e fertilizzanti: ci sono molti siti internet con ottime guide su come usare metodi naturali (ad esempio la permacoltura), col minimo sforzo e i migliori risultati, anche se vivete in città (agricoltura urbana, giardini idroponici/aeroponici) • Permette di godersi la vita all’aria aperta. Piantare, estirpare, innaffiare e raccogliere sono ottimi modi di fare esercizio fisico. Il giardinaggio aiuta a rilassarsi e ad avere del tempo per pensare e immaginare. • Aumenta il tempo in comunione con la famiglia. Avere un giardino è un’attività gratificante. Può essere un ottimo modo di passare del tempo con i propri figli, e fare qualcosa di utile al tempo stesso. Similmente, se avete degli amici senza un cortile dove coltivare l’orto, condividete il giardino! Vi darà anche la possibilità di condividere i prodotti con il vicinato, aiutandovi a vicenda, e ricostruendo il senso di comunità. • Si mangia cibo migliore. Il cibo più fresco che possiate avere è quello che raccogliete voi. Al supermercato il cibo sugli scaffali è stato prodotto in luoghi lontani, raccolto, impacchettato, spedito, trasportato su camion, aerei, treni, barche, container (petrolio, petrolio, petrolio). Quanto tempo è rimasto lì prima che voi lo prendeste? Un giorno? Una settimana? Un mese? Che strada ha fatto, esattamente? Dove lo hanno depositato? Cosa ci hanno messo per renderlo così perfetto (e spesso privo di gusto)? Credetemi, quando prenderete un frutto o una verdura che avete coltivato voi e gli darete un succulento morso, saprete di aver fatto la scelta giusta. • Non si è più schiavi delle aziende alimentari. Devo aggiungere altro?

18.5 MANGIARE MENO CARNE Questo punto è spesso incompreso, perché tocca le corde emotive di oppositori e sostenitori del consumo di carne. Non voglio schierarmi, sto solamente facendo un’affermazione analitica basata su semplici leggi fisiche e biologiche. La fisica. La produzione in grandi quantità di carne come fonte primaria di cibo è altamente inefficiente. L’allevamento intensivo richiede grandi quantità

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18.5. MANGIARE MENO CARNE

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di mangime coltivato. Secondo la FAO, ‘La deforestazione indotta dall’allevamento è una delle cause principali di perdita di alcune piante uniche e di specie animali nelle foreste tropicali dell’America Centrale e Meridionale, che causa serie degradazioni ambientali nelle regioni.’ Uno studio precedente della FAO ha dimostrato che il 90% della deforestazione è causato da pratiche agricole insostenibili. La silvicoltura delle piantagioni, che di norma non si annovera tra i maggiori contribuenti alla deforestazione, gioca invece un ruolo importante a riguardo184 . Il bestiame allevato per il consumo umano è il maggior consumatore di terreno al mondo, visto che occupa approssimativamente il 40% dell’intera produzione agricola nei paesi industrializzati. I pascoli occupano il 26% della superficie terrestre non occupata dai ghiacci, e la produzione del grano per alimentare gli animali distrae circa un terzo della terra arabile185 . Su scala globale, si stima che il contributo dell’allevamento, diretto e indiretto, alle emissioni di diossido di carbonio sia intorno al 9%, 37% per quelle di metano e 65% per l’ossido nitroso186 . Solo per darvi un metro di paragone, la produzione di 1 kg di grano richiede circa 1 tonnellata di acqua. Per produrre lo stesso quantitativo di manzo, ne servono più di 15187 . Per non parlare di altre esternalità negative nella produzione di carne, come la perdita di biodiversità e di razze animali locali, la produzione e la disseminazione di batteri patogeni resistenti agli antibiotici negli animali e nel cibo, il rilascio di ormoni sintetici e naturali, ectopesticidi e derivati, l’accumulo di metalli pesanti e agenti inquinanti organici persistenti. La biologia. L’eccessivo consumo di carne (in particolare carne rossa) è stato correlato a molti problemi di salute, come cancro al colon188 esofageo, al pancreas, endometriale189 , al seno190 , allo stomaco191 , linfoma192 , alla vescica193 , polmonare194 , oltre a varie malattie cardiovascolari195 , al diabete196 , all’obesità197 , all’ipertensione e all’artrite198 . Penso che sia sufficiente. La conclusione. Significa che dovremmo diventare tutti vegani? No. Dal punto di vista etico è in corso un acceso dibattito, davanti al quale mi fermo. Per il resto, anche con i dati di cui sopra, non tutti convengono che la carne sia ’cattiva di per sé’. Le stime fisiche e biologiche dimostrano semplicemente che la sovrapproduzione e il sovraconsumo della carne non è una così bella idea. Poi, in aggiunta alla realtà fisica, c’è anche l’aspetto umano. A molti la carne piace. Molte delle delizie preparate nelle cucine di tutto il mondo comprendono la carne. Dobbiamo pretendere che tutti abbandonino la carne volontariamente (o peggio, forzatamente) per abbracciare lo stile di vita vegano? Io propongo un approccio più realistico. Perché non riduciamo il consumo di carne? Causerebbe meno danni ambientali, e in più è salutare. Non bisogna abbandonare tutti la carne, solo provare a non mangiarla 14 volte a settimana. Magari iniziate

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CAPITOLO 18. CONSIGLI PRATICI PER TUTTI

con 10, per poi scendere a 5 o 2. Vedete come va. Sperimentate. Non deve sembrare un sacrificio. Basta provare, e se proprio non riuscite a vivere senza due pasti al giorno di carne, pazienza. Se, d’altro canto, riuscite a vivere meglio, con metà della carne cui eravate abituati, tanto meglio: vivrete meglio, aiuterete l’ambiente e risparmierete denaro!

18.6 CASE MOLTO AFFAMATE (RISPARMIARE ENERGIA) Quando si parla di problemi energetici e di eventuali soluzioni, la gente tende ad associarle alle energie rinnovabili. L’idea comune è che il problema derivi solo dalla fonte (idrocarburi, che sono molto limitati e impiega molto tempo a formarsi), e che se passassimo al solare, eolico, geotermino, idroelettrico, biomasse, biocarburante, energia delle maree (che sono rinnovabili) si sistemerebbe tutto. È un po’ come dire che se una botte perde acqua perché ha più buchi del formaggio svizzero, la soluzione è buttarci dentro più acqua. Produrre energia rinnovabile in casa è ottimo, ma prima bisognerebbe proccuparsi dell’elefante nella stanza. La maggior parte dell’energia che usiamo viene sprecata. Non parlo dei bambini che tengono le luci accese (anche se sarebbe meglio non farlo). Sì, dovremmo chiudere l’acqua del rubinetto quando ci laviamo i denti, ma comparatela alla quantità di acqua potabile che sprechiamo per tirare lo sciacquone e l’idea di prima fa sorridere. L’energia è sprecata in riscaldamento, cattivi sistemi di isolamento, vecchi elettrodomestici, cattivi design, cattive abitudini, e soprattutto dalle cattive idee. Perché installare 10kW di pannelli solari fotovoltaici, quando si potrebbe riadattare la propria casa prima, così dopo ci basterebbe una frazione di quell’energia? Gli edifici sono il 68% degli utilizzatori finali di carbone e il 55% di gas naturale negli USA. C’è un enorme margine di miglioramento nel consumo di combustibili fossili in questo settore, e bisogna ancora sfruttarlo. Considerate, inoltre, che l’energia non è solo elettricità o benzina. Anche l’acqua è energia, e riducendo il consumo della metà avrete bisogno della metà del gas per riscaldare, metà dell’elettricità per muovere le pompe. Non vediamo mai le cose in questo modo, ma tutto è connesso e tutto ciò che si muove ha bisogno di energia. Ceteris paribus [A parità di altre condizioni, N.d.T], il riadattamento è sempre più economico ed efficiente che passare a un’altra fonte di energia. Ciò si traduce in un grande ritorno degli investimenti, costi minori e maggior risparmio. Ci sono un milione di soluzioni possibili, eccone alcune: • Lampadine a LED. Consumano meno, non contengono sostanze chimiche tossiche, durano più a lungo. Per chi ama la sensazione “vecchio stile” del colore giallo, sono in vendita anche colorate.

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18.6. CASE MOLTO AFFAMATE (RISPARMIARE ENERGIA)

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Figura 18.1: Una vignetta che ho realizzato nel 2009 per il Blog Action Day.

• Elettrodomestici a elevata efficienza. In Europa sono le classi A++ e a+++, negli USA sono certificati dalla Energy Star. Risparmiano un sacco di energia. • Termostati programmabili che usano software di Intelligenza Artificiale . Queste meraviglie risparmiano fino al 50% del consumo annuale (il Nest è

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CAPITOLO 18. CONSIGLI PRATICI PER TUTTI un buon esempio di questo sistema199 ).

• ”Coperte” per il riscaldamento dell’acqua. Le caldaie nuove sono relativamente ben isolate: per verificare se la vostra ha bisogno di una coperta isolante, metteteci una mano sopra. Se sentite calore, risparmierete denaro installandola200 .

• Riduzione della potenza in standby. Risparmiate denaro con alcune prese ’intelligenti’, quando potete. Percepiscono immediatamente la modalità standby, riducono le perdite fantasma e ogni elettrodomestico ’associato’ che viene loro collegato201 .

• Riduzione del consumo di acqua installando aeratori e docce a basso flusso (un altro 50% di risparmio).

Una stima prudente dice che i “trucchi” menzionati sopra si ripagano in genere nel giro di un anno, che l’investimento ritorna al 100%, e che se combinati possono far risparmiare ogni anno più di $1,000. Ogni anno. E con l’aumentare dei costi di elettricità, gas e acqua, i risparmi non possono che aumentare. Potete essere creativi, trovare molte altre idee, e ci sono una pletora di siti gestiti da chi si dedica con entusiasmo al risparmio casalingo. Il sito GreenAndSave.com ha un eccellente prospetto di tutti i tipi di riutilizzo (ottimizzazione, ristrutturazione, sistemi avanzati), completi di tempo di ammortamento, costi aggiuntivi, risparmi annuali, su 10 anni, e ritorno degli investimenti202 . Se poi volete fare le cose sul serio, potete fare riutilizzo energetico con design integrativi203 , a cominciare dalla coibentazione delle pareti, del tetto, della cantina, dei condotti e sostituendo le finestre. Questo richiede più tempo e denaro da impiegare, ma nel lungo tempo vi aiuterà a risparmiare e migliorare la qualità di vita di casa vostra. Ricordatevi che non dovete fare tutto, né dovete farlo in una volta. Siate intelligenti, e fate uso delle giuste tecnologie a seconda delle vostre condizioni di vita e ambientali, della progettazione della vostra casa, delle vostre abitudini. Secondo la simulazione di Green And Save, seguendo tutti i passaggi, ristrutturando e ottimizzando con sistemi avanzati, un investimento di $86.000 ve ne farebbe risparmiare $300.000 in 20 anni. Ovviamente la casa cambierà un po’ di aspetto, quindi potreste fare anche solo alcuni aggiustamenti, ma è per darvi un’idea generale. La tabella 18.1 è un riassunto delle Tabelle di Ritorno sugli Investimenti.

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18.7. PRODURRE LA PROPRIA ENERGIA

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Accorgimenti Verdi Tempo di ammortamento

Costo aggiuntivo

Risparmi annuali

Risparmi su 10 anni

1,2 anni $1.320 Ristrutturazioni Verdi

$1.136

$11.360

Tempo di ammortamento

Risparmi annuali

Risparmi su 10 anni

4,2 anni $15.814 Green advanced systems

$4.348

$43.480

Tempo di ammortamento

Costo aggiuntivo

Risparmi annuali

Risparmi su 10 anni

8,7 anni

$69.590

$7.309

$182.170

Costo aggiuntivo

ROI 96,5% ROI 26,8% ROI 11,8%

Tabella 18.1: Riassunto dei risparmi di ottimizzazione della casa.

18.7 PRODURRE LA PROPRIA ENERGIA L’indipendenza energetica, in passato, era molto difficile. Oggi sembra un crimine non averla. Mentre il costo dei combustibili fossili è aumentato, quello delle tecnologie rinnovabili è sceso drasticamente. Il solare è già più economico del nucleare204 , e in alcuni posti (come l’Italia e la Spagna) diventerà più conveniente del petrolio dall’anno prossimo, forse persino senza incentivi205 (certo, con gli incentivi la previsione si fa ancora più semplice 206 ). Il solare è una tecnologia a crescita esponenziale, dove osserviamo una riduzione dei costi e un aumento dell’efficienza costanti207 . A seconda di dove si vive, i pannelli solari hanno un tempo di ammortamento delle spese compreso tra i 4 e i 10 anni, il fotovoltaico dai 6 ai 12, i collettori di aria calda da 1 a 2. Considerate che queste tecnologie agiscono all’80% delle loro capacità iniziali dopo 30 anni di utilizzo (in punta di garanzia!), ma anche dopo quel periodo continuano a funzionare, solo con un po’ meno di efficienza. Inoltre, i solari fotovoltaici riducono i costi in un paio di anni, sono già diventati incredibilmente economici rispetto a cinque anni fa e continueranno a migliorare. Ci sono pompe di calore, turbine eoliche, vari sistemi di microgenerazione e una miriade di tecnologie disponibili per aiutarvi a generare l’energia necessaria. Ma ricordate, dev’essere l’ultimo passaggio. Il risparmio viene prima, la produzione dopo. La forma di energia più importante è quella dei nostri cervelli. Usatela con saggezza.

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CAPITOLO 18. CONSIGLI PRATICI PER TUTTI

18.8 ABBANDONARE L’AUTO Un’automobile è comoda. Si può usare in qualsiasi momento, ci si muove agevolmente, si fanno lunghi viaggi, si va al lavoro, si esce con gli amici. La vita non sarebbe diversa, senza una macchina. Se vivete in una zona rurale, poi, non avete gran scelta: senza una macchina siete bloccati in mezzo al nulla. Tuttavia, se invece vivete (come la maggior parte delle persone) in città, possedere una macchina può essere più un ostacolo che una comodità. Ecco alcune ragioni per cui non dovreste avere un’auto: • Fa risparmiare denaro. Tutti associano il costo di una macchina con quello del carburante. Dato che cresce ogni singolo giorno, questo fatto singolo dovrebbe farvi ragionare sul fatto che ne valga veramente la pena, ma in effetti vi sono molte altre cose da considerare. Pagamenti, riparazioni, manutenzione, assicurazione, deprezzo. . . il vero costo di una macchina si aggira tra i $5,000 e i $15,000 annuali (a seconda della macchina, del luogo, dell’utilizzo)208 . Sono un sacco di soldi! Pensate a quanto risparmiereste con una combinazione di trasporti pubblici, bicicletta, camminate, e il noleggio di un’auto occasionale. • Si riducono gli incidenti. Se provaste a far autorizzare una tecnologia che ogni anno ferisce 1,6 milioni di persone e ne uccide 40.000 solamente in Europa, non vi lascerebbero mai aprire bottega. Ma è esattamente ciò che fanno le macchine209 . Le cose cambieranno con le macchine autoguidanti, ma a quel punto, ancora una volta, quasi nessuno avrà bisogno di possedere una macchina. Perché crearsi problemi quando si può chiamare la macchina automatica più vicina a casa dal cellulare, saltarci su, e farci portare in giro? I pagamenti si possono fare automaticamente dal cellulare, e le macchine funzioneranno con la massima efficienza, a un costo minore. • L’aria si ripulisce. Finché non passeremo completamente alle macchine elettriche, alimentate con energie rinnovabili, le macchine inquineranno. Più la gente le usa, meno la città è vivibile, punto e basta. • Si riscopre la propria comunità. Gli studi dimostrano un rapporto diretto tra la quantità di traffico su una strada e il numero di vicini che si conoscono per nome. Meno auto ci sono, più la gente è invogliata a passare del tempo fuori dalla porta di casa. Se volete conoscere la gente del vostro quartiere, camminate210 . • Si evitano traffico e stress. Soprattutto nelle ore di punta, usare una bici può farvi risparmiare tempo, per non parlare dello stress.

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18.8. ABBANDONARE L’AUTO

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• È salutare. Nel 2010 la CDC ha riportato numeri crescenti ancora una volta, conteggiando il 35.7% degli adulti americani e il 17% dei bambini come obesi211 . Nel febbraio 2012 gli esperti hanno previsto che metà della popolazione negli USA sarà obesa nel giro di 3 anni, comparata al 33 % del Regno Unito nel 2020212 . Camminare, andare in bici, correre, fare skate, qualsiasi cosa, vi renderà più sani. E non solo: risparmierete un sacco di denaro in cure mediche (medicine, visite, operazioni e chissà quale altra conseguenza della trascuratezza del vostro corpo). Inoltre, potreste non aver bisogno di andare in palestra, il che vi fa risparmiare ulteriore denaro. In caso abbiate veramente bisogno di un’auto per urgenze specifiche, potreste condividerla, un metodo molto popolare che si sta diffondendo in tutto il mondo. Si chiama Carsharing, ed è diverso dal tipico servizio di affitto e offre numerosi vantaggi, poiché non è limitato da un orario; la prenotazione, il prelievo e la restituzione sono tutti self-service; i veicoli possono essere affittati a minuti, a ore, a giorni; sono localizzati in tutte le aree di servizio, e spesso sono collegati a trasporti pubblici; assicurazione e costi dei carburanti cono compresi nel prezzo. Molti sistemi paralleli si stanno sviluppando su questa idea, come il sistema di affitto auto peer-to-peer in Germania, nei Paesi Bassi, nel Regno Unito, USA, Canada, Spagna e Slovenia213 . Ovviamente c’è sempre il vecchio carpooling (condivisione di una macchina con amici o colleghi di lavoro), che oggi è molto più semplice grazie ad Internet e alle app per smartphone. Ci sono molti siti che vi possono far trovare un passaggio, e si può anche scegliere il tipo di persona con cui si vorrebbe viaggiare a seconda dei gusti musicali, cinematografici, artistici o sportivi. E perché no... potreste anche conoscere il vostro partner in questo modo!

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C APITOLO 19

C OSTRUIRE IL DOMANI

”Il miglior modo di prevedere il futuro è crearlo.” – Peter F. Drucker 214 Un tempo il grande cambiamento sociale proveniva dalle menti e dalla determinazione di individui straordinari. Poi è cambiato tutto. Dopo la seconda rivoluzione industriale, poiché le società sono divenute più complesse, sono serviti investimenti sempre maggiori, per inventare, sperimentare e distribuire i frutti delle idee di una sola persona – finché la quantità di denaro necessaria a realizzare qualsiasi manufatto non banale divenne così cospicua che solo poche società potevano permettersela. Oggi siamo sull’orlo di una nuova rivoluzione industriale, che redistribuirà il potere alle persone comuni – gli operai, gli hacker, gli inventori industriali e i creatori che stanno lentamente dando forma al futuro. Con l’arrivo delle comunità DIY (Do it Yourself, ovvero Fai-da-Te N.d.T.) gli innovatori stanno costruendo gli strumenti fisici, digitali e culturali per la nuova società. Questi eroi silenziosi spesso non hanno un nome, o un volto, ma ogni giorno raccogliamo i frutti del loro lavoro. E possiamo farlo perché stanno costruendo nuove cose, scrivendo codici, creando bellissime opere d’arte, e rilasciandoli sotto licenze Gratuite/Open Source. È l’alba, credo, di una nuova civilizzazione.

19.1 SUPPORTARE I PROGETTI OPEN SOURCE Quando dico “Open Source”, la gente tende o a non sapere cosa significhi, o pensa che si tratti di un software. “Non è come quella roba, Linux?”. Esatto. Linux, GNU e migliaia di altri progetti sono Gratis e Open Source, ma sono solo un’infinitesima parte del tutto. 137

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CAPITOLO 19. COSTRUIRE IL DOMANI

L’Open Source non è solo un software. È una filosofia. È l’idea che la condivisione sia meglio della segretezza; è la prova che la cooperazione è molto più efficiente della competizione spietata, e che aprendo i progetti lo sviluppo di scienza, cultura, arte e tutto ciò che è positivo, accelera. È forse il più grande esempio di tutte le imprese umane, la luce nel tunnel della nostra cupa idiosincrasia, il trionfo del superamento della nostra condizione primitiva. È ciò che mi dà speranza per il futuro dell’umanità, il motivo per cui penso che riusciremo a evadere dal sentiero di auto-distruzione e a progredire come specie. Negli ultimi 30 anni, la filosofia Open Source ha pervaso ogni aspetto delle nostre vite, e tutto ciò che ha toccato è diventato migliore. È una forza incontenibile, che ispira milioni di persone a realizzare un cambiamento positivo nel mondo. Ciò che è iniziato come ‘semplice software’215 si è virtualmente esteso a ogni campo della scienza, dell’arte e anche della nostra cultura. Abbiamo hardware Open (per esempio Arduino, una piattaforma di microcontrollo per hobbistica, artisti e designer), bevande Open (Open Cola e Open Beer!), libri “aperti”, film “aperti”, robot “aperti”, progetti “aperti”, giornalismo “aperto”, e anche esperimenti di governo “aperto”216 . Il pioniere dell’Open Source, Linus Torvalds, padre di Linux, disse:217 ”Il futuro è rendere tutto Open Source.” Per capire il significato di questa celebre frase, non serve andare molto al di là del libro che tenete in mano. Lo sviluppo di ‘I robot ti ruberanno il lavoro, ma va bene così: come sopravvivere al collasso economico ed essere felici’ è stato possibile grazie a una campagna di raccolta fondi che ho lanciato su un sito. Il software usato per scrivere il libro è Gratuito e open Source (FOSS, sigla inglese), e funziona su un sistema operativo che si basa su FOSS per funzionare218 . Il browser che avete usato per trovare il mio libro era probabilmente FOSS anch’esso. Google Chrome, Firefox, Safari, sono tutti FOSS. Ma anche Wikipedia, Creative Commons, molte foto su Flickr e video su YouTube e Vimeo sono rilasciati sotto licenza gratuita/libera. Di recente c’è stata un’ondata di progetti Open Source ad ampio spettro, perfino per oggetti fisici come torce elettriche, sensori, biciclette, pannelli solari e stampanti 3D. Comunità internet come IndieGoGo e Kickstarter sono ottimi posti per iniziare progetti a supporto diretto Open Source che vi aiuteranno a vivere meglio. L’idea è semplice. Qualcuno ha una grande idea che vorrebbe sviluppare, lo dice alla comunità e chiede un certo quantitativo di denaro per completare o continuare il progetto. Chi è interessato contribuisce, e ottiene una ricompensa. Più del 90% dei soldi va all’artista/inventore, ma ciò che creano va a beneficio di tutta la comunità. Molti scelgono di rilasciare il progetto/le specifiche tecniche al pubblico, Open Source.

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19.1. SUPPORTARE I PROGETTI OPEN SOURCE

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È un ottimo modo per supportare ciò che vi piace, come vi piace. Si può scegliere quali progetti finanziare, il capitale che si vuole investire. Dà un senso di appagamento e potere. Fa sentire parte di una comunità di persone che la pensano allo stesso modo. Ma, più di tutto, è giusto. Non ci sono giochi sottobanco, nessun interesse, nessuna corruzione degli ufficiali governativi. È vera e propria meritocrazia. Per darvi un’idea, Kickstarter sta riuscendo a distribuire più di $150 milioni di dollari ai progetti dei suoi utenti nel 2012, più dell’intero budget 2012 del Fondo Nazionale di Investimento nelle Arti (NEA, sigla inglese), che era di $146 milioni219 . Non possiamo pretendere che i governi risolvano tutti i nostri problemi. Certo, sarebbe bello se il denaro pubblico fosse speso in maniera oculata aiutando tutti, operando al massimo dell’efficienza. Ma tutti sappiamo che per quanto si provi, questo rimane spesso un vano desiderio. Non dobbiamo perdere completamente fede nel nostro governo, ma nemmeno aspettare e fingere che un giorno tutto si sistemerà magicamente. Dobbiamo prendere in mano la situazione e accelerare il cambiamento positivo. Il mio consiglio è di supportare il più possibile quei progetti Open Source che sono fondamentali per lo sviluppo dell’umanità, come Wikipedia, Creative Commons, The Electronic Frontier Foundation, così come i piccoli progetti che vi interessano. Qualsiasi cifra donata può aiutare. $50, $20, o anche $1 può fare la differenza. Non aiuterete solo il creatore e la comunità, ma anche voi stessi, direttamente. Se riuscite a ridurre la vostra dipendenza dal denaro usando qualcosa creato con un progetto Open Source, che avete finanziato, siete nella posizione ottimale. Quando qualcosa è Open Source, è disponibile per l’intera razza umana, per sempre. Tutti vincono. Ecco un approccio più pragmatico, ora. Immagino che stiate pensando “Sì, è tutto molto bello, ma non posso vivere di Wikipedia”. A dire il vero, obietterei anche a questo (inesauribile fonte di conoscenza e referenze), ma capisco ciò che intendete. Serve anche roba fisica. Da usare per vivere. Giusto. Allora vi do solo un esempio, ma ce ne sono molti. Marcin Jakubowski è un uomo incredibile. Ci sono moltissime persone che parlano di costruire un mondo migliore. Molti hanno anche ottime idee, visioni futuristiche di come potrebbe essere il mondo, se solo lo si volesse. Ma uno lo sta facendo. Il suo obiettivo è addirittura creare una società post-scarsità dove si deve lavorare solo 1-2 ore al giorno per vivere, così da poter usare il resto del tempo per obiettivi personali. Lui sta costruendo le fondamenta del prossimo paradigma dell’evoluzione, tutto Open Source. Un visionario, ma con basi solide. Questa storia è stata raccontata da Marcin stesso, che ha parlato a TED nel 2011. Il suo discorso è stato visto più di 1,5 milioni di volte e tradotto in 41 lingue220 .

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CAPITOLO 19. COSTRUIRE IL DOMANI “Ho avviato un gruppo di nome Open Source Ecology. Abbiamo identificato le 50 macchine più importanti che riteniamo servano per far esistere la vita moderna – cose che vanno dai trattori, ai forni per il pane, a creatori di circuiti. Quindi ci siamo proposti di creare un Open Source, DIY, versione fai da te che tutti possono costruire e mantenere a una frazione del costo. Lo chiamiamo Set di Costruzione del Villaggio Globale. Quindi lasciate che vi racconti una storia. Ho finito i miei 20 anni con un dottorato in energia di fusione, e ho scoperto che era inutile. Non avevo abilità pratiche. Il mondo mi ha presentato delle opzioni, e io le ho colte. Immagino che possiate chiamarlo stile di vita del consumatore. Quindi ho avviato una fattoria in Missouri e ho conosciuto l’economia di una fattoria. Ho comprato un trattore... poi si è rotto. Ho pagato per farlo riparare... poi si è rotto di nuovo. Poi molto presto sono rimasto al verde. Ho capito che gli strumenti veramente appropriati, low-cost, di cui avevo bisogno per avviare una fattoria e uno stabilimento sostenibile semplicemente non esistevano ancora. Avevo bisogno di strumenti che fossero robusti, modulari, altamente efficienti e ottimizzati, low-cost. fatti da materiali locali e riciclati che durassero tutta la vita, non progettati per l’obsolescenza. Ho scoperto che li avrei dovuti costruire da me. Quindi l’ho fatto. E li ho testati. E ho scoperto che la produttività industriale poteva essere raggiunta anche su piccola scala. Quindi ho pubblicato i progetti 3D, gli schemi, video per le istruzioni e preventivi in una wiki. Poi hanno iniziato a farsi vivi sostenitori da ogni parte del mondo, con prototipi di nuove macchine durante visite dedicate al progetto. Finora abbiamo prototipi di otto delle 50 macchine. E ora il progetto sta iniziando a crescere da sé. Sappiamo che l’Open Source ha avuto successo con strumenti per la gestione della conoscenza e della creatività. E lo stesso sta iniziando a succedere anche con l’hardware. Ci stiamo concentrando sull’hardware perché è l’hardware che può cambiare le vite delle persone in modi davvero tangibili. Se riusciamo ad abbassare le barriere alla coltivazione, costruzione e produzione, potremo liberare enormi quantità di potenziale umano. Non solo per sviluppare il mondo. I nostri strumenti sono fatti da contadini, costruttori, impresari americani. Vediamo molto entusiasmo in queste persone, che possono iniziare un business di costruzione, produzione, CSA organici o semplicemente rivendere

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19.2. VOTA COL PORTAFOGLIO (NON È CIÒ CHE PENSI)

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potenza alla rete. Il nostro obiettivo è creare un deposito di progetti pubblicati, chiari, completi così che un semplice DVD masterizzato possa contenere tutto il kit di istruzioni per realizzarlo. E questo non accade solo nel mondo in via di sviluppo. I nostri strumenti sono stati fatti per gli agricoltori americani, imprenditori, creatori. Abbiamo visto grande entusiasmo da parte di queste persone, che ora iniziano un’attività di costruzione, produzione delle parti, agricoltura organica o semplicemente rivendono energia alla rete. Il nostro obiettivo è un deposito di progetti pubblicati così chiari, completi, da trasformare un singolo DVD in un kit per iniziare la civilizzazione. In un giorno ho piantato un centinaio di alberi. Ho pressato 5.000 mattoni in un giorno con la terra sotto i miei piedi e ho costruito un trattore in sei giorni. Da quello che ho visto, questo è solo l’inizio. Se questa idea è davvero buona, allora le implicazioni sono significative. Una maggiore distribuzione dei mezzi di produzione, una catena logistica nel rispetto dell’ambiente, e una nuova rilevante cultura del fai da te può sperare di trascendere la scarsità artificiale. Stiamo esplorando i limiti di quello che noi tutti possiamo fare per creare un mondo migliore con nuove tecnologie hardware aperte. .” Insieme possiamo iniziare la transizione verso una società di apertura di cui beneficino tutti, anziché una di segretezza che serve solo i potenti. L’autore Clay Shirky ha fatto notare che Wikipedia rappresenta un accumulo di 100 milioni di ore di pensiero umano. Con 100 milioni di ore di pensiero e collaborazione siamo riusciti a creare l’enciclopedia più grande e completa di tutti i tempo, ”un mondo in cui ogni singola persona sul pianeta ha libero accesso a tutta la conoscenza umana. Ecco cosa stiamo facendo” 221 . Mettetelo a paragone col guardare la TV. Ogni anno nei soli Stati Uniti vengono guardati duecento miliardi di ore di televisione. In altre parole, abbiamo 2.000 progetti Wikipedia che vengono spesi guardando la tv ogni anno e 100 milioni di ore (1 progetto Wikipedia) ogni fine settimana, semplicemente guardando la pubblicità222 . Pensate a cosa potremmo ottenere se fossimo in grado di intercettare anche solo una frazione di quel tempo, e di usarla per scopi utili. Le possibilità sono infinite – insieme, possiamo creare un mondo davvero meraviglioso. Tutto questo è già cominciato. Unitevi. ,

19.2 VOTA COL PORTAFOGLIO (NON È CIÒ CHE PENSI) Sappiamo tutti che la politica è ampiamente influenzata dalle imprese, che hanno il potere di esercitare pressioni. Per quanto mi riguarda il voto, non av-

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CAPITOLO 19. COSTRUIRE IL DOMANI

viene tanto nella cabina elettorale quanto piuttosto nei centri commerciali. Se ci pensate, avete più potere di voto decidendo di comprare qualcosa, perché influenzate le strategie di mercato, che hanno un effetto diretto sulla politica. Se c’è qualcosa che le aziende comprendono è il profitto, più precisamente la perdita di profitto. Walmart non ha iniziato un eco-business per coscienza personale, o una voglia improvvisa di aiutare l’ambiente, dando alla gente prodotti migliori e cibo più salutare. Lo hanno fatto perché ci hanno visto un mercato, uno spostamento di interesse da parte del pubblico. Se c’è un mercato da qualche parte, qualcuno lo riempirà. Essenzialmente votate col portafoglio, ogni giorno della vostra vita, spesso senza rendervene conto. La prossima volta che andate al centro commerciale e scegliete un prodotto, chiedetevi se vi serve davvero. Vi darà solo soddisfazione temporanea o vi servirà? Vi serve davvero il ventesimo paio di jeans? E gli altri 19? Non sono abbastanza belli? Perché li avete comprati, allora? O forse vi piacevano all’inizio, ma avete cambiato idea in fretta? Sbarazzatevi delle cose che non vi servono. Vendetele su eBay, ai mercatini, regalateli, non importa. Comprate bene (ma ne riparleremo), e smettetela di essere schiavi della macchina aziendale, riprendete il controllo delle vostre vite. Loro vogliono che il nostro concetto di libertà sia la possibilità di scegliere tra 200 marche di dentifricio. Voi, assaggiate la vera libertà.

19.3 LAVORARE MENO E AUTONOMAMENTE Tornate indietro, e date un’occhiata alle ultime trenta pagine circa. Avrete notato che hanno qualcosa in comune. Sono idee su come risparmiare denaro, senza rinunciare alle cose che vi piacciono. Anzi, potrebbero anche aiutarvi a vivere in maniera più salutare, meno stressata, più felice. Aggiungeteci che seguendo questi consigli risparmierete migliaia di dollari ogni anno. Questo denaro, che prima vi era utile, ora non lo è più. Cosa potete fare con i soldi extra, quindi? Potreste agire con furbizia e spenderli in cose che vi piacciono veramente (vedi il capitolo su come spendere bene), oppure, meglio ancora, potreste vederla come un’opportunità per lavorare di meno. Esatto. Se vi serve meno denaro, perché non fare il part-time? Perché non cambiare lavoro e fare qualcosa che vi piaccia veramente, anche se non paga quanto l’altro (meno soddisfacente) lavoro? Ora che avete ridotto il bisogno di soldi, ridurre il lavoro potrebbe essere il primo passo verso una vita più appagante e meno stressante. Dovrebbe essere ovvio ora, e non è un’idea radicale. Un gruppo di economisti del think tank britannico New Economics Foundation (NEF) ha consigliato di ridurre il lavoro settimanale, pubblicando un’inchiesta delineando le motivazioni e il piano generale: “Una ‘normale’ settimana di lavoro da 21 ore può

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19.3. LAVORARE MENO E AUTONOMAMENTE

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aiutare ad affrontare una serie di problemi urgenti e interconnessi: troppo lavoro, disoccupazione, sovraconsumo, emissioni di carbonio, il poco benessere, disuguaglianze radicate e la mancanza di tempo per vivere sostenibilmente, prendersi cura degli altri e godersi la vita”223 . L’inchiesta prosegue: “Una settimana di lavoro più corta cambia i ritmi di vita, rimodella le abitudini e le consuetudini, e altera profondamente la cultura dominante della società occidentale. Le discussioni sulla settimana da 21 ore ricadono in tre categorie, che riflettono tre ‘economie’, o fonti di benessere interdipendenti, derivanti dalle risorse naturali del pianeta, dalle risorse umane (beni e rapporti, inerenti alla vita quotidiana di tutti), e dai mercati. Le nostre sono basate sulla premessa che dobbiamo riconoscere il lavoro di tutte e tre le economie e fare in modo che cooperino per una giustizia sociale sostenibile. Salvaguardare le risorse naturali del pianeta. La transizione verso una settimana di lavoro più corta aiuterebbe la rottura dell’abitudine a vivere per lavorare, lavorare per guadagnare e guadagnare per consumare. La gente potrebbe diventare meno attaccata al consumo eccessivo di carbonio e più alle relazioni, ai passatempi, e ai luoghi che assorbono meno denaro e più tempo. Aiuterebbe la società a fare a meno di una crescita basata sull’utilizzo di carbonio, lasciando tempo per vivere in maniera sostenibile e riducendo le emissioni di gas da effetto serra. Giustizia sociale e benessere per tutti. Una ’normale’ settimana da 21 ore aiuterebbe a distribuire lavoro retribuito più equamente tra la popolazione, riducendo il malessere legato alla disoccupazione e le lunghe ore di lavoro che lasciano poco spazio al tempo libero. Sarebbe possibile distribuire equamente il lavoro, retribuito e non, tra donne e uomini; permetterebbe ai genitori di passare più tempo con i figli – e di passarlo meglio; l’età pensionabile giungerebbe prima, se lo si volesse, e si avrebbe più tempo per prendersi cura degli altri, partecipare ad attività locali e fare altre cose a scelta. Permetterebbe al ‘nucleo’ dell’economia di fiorire facendo un uso migliore delle risorse umane esistenti definendo e soddisfacendo i bisogni individuali e condivisi. Darebbe più tempo alle persone di agire come partner alla pari di professionisti e operatori del settore pubblico che cooperano per il benessere. Un’economia solida e prospera. Meno ore di lavoro potrebbero aiutare ad adattare l’economia ai bisogni della società e dell’ambiente, anziché sottomettere la società e l’ambiente ai bisogni dell’eco-

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CAPITOLO 19. COSTRUIRE IL DOMANI nomia. Le imprese beneficerebbero dalla presenza di più donne nella forza lavoro; gli uomini avrebbero vite più equilibrate; e la riduzione dello stress sul posto di lavoro, associata agli impieghi sottopagati e delle responsabilità personali. Aiuterebbe anche a fermare la crescita del credito alimentato, a sviluppare un’economia più resiliente e adattabile, e a salvaguardare le risorse pubbliche per gli investimenti in strategie industriali a basso consumo di carbonio e altre manovre per supportare un’economia sostenibile.”

Un’economia del genere, che si avvicini allo stato stazionario auspicato da Herman Daly e molti altri, avrebbe anche il grande vantaggio di essere appunto resiliente e adattabile. Ci sono molte condizioni necessarie da raggiungere prima di mettere in pratica la settimana da 21 ore, e l’inchiesta delinea una transizione con acume e lucidità ammirevoli. Ridurre il lavoro a parità di condizioni potrebbe non funzionare, come abbiamo precedentemente sperimentato (Francia 2000-2008): sono necessarie alcune modifiche, prima. La gente ha bisogno di tempo per adattarsi, quindi dovrebbe esserci un periodo di transizione per alcuni anni, bisogna soddisfare una vita giusta e un reddito, le norme sociali e le aspettative devono cambiare, per non parlare del genere di rapporti. Ma più di tutto, la cultura in generale deve cambiare. La gente ha bisogno di cogliere il valore e la necessità di un sistema diverso, così da chiederlo, anziché resistervi. Il mio consiglio è quello di fare un piano che, nel corso degli anni, vi permetta di andare verso orari di lavoro ridotti, o lavori che paghino meno ma vi diano più soddisfazione. La fuga dalla trappola del lavorare-per-guadagnare non è una faccenda semplice, e dovrebbe essere presa sul serio, altrimenti potreste trovarvi in situazioni davvero scomode (soprattutto se avete una famiglia che dipende da voi). Usate le risorse in questo libro, cominciate a esplorare nuove possibilità e non abbiate paura di chiedere aiuto ai vostri amici, alla famiglia o agli sconosciuti. Quando inizierete ad aprirvi a un nuovo modo di vivere, troverete comunità di persone entusiaste, vive, e disposte a darvi consigli. È la vostra vita. Vivetela appieno.

19.4 NON FATE I CAZZONI! Questo è un aspetto molto trascurato, nel mondo dell’attivismo. Sono stato coinvolto a lungo in organizzazioni non-profit e movimenti sociali. Avendone iniziati alcuni io stesso, so quanto irritante possa essere per coloro che non sono membri attivi avere qualcuno che gli insegni come vivere la propria vita. Non c’è nulla di più fastidioso che sentirsi dire che tutto ciò che abbiamo fatto per una vita è sbagliato, che dovremmo cambiare. Anche se fosse vero – e in molti casi non lo è – è comunque l’approccio sbagliato per invogliarvi a partecipare.

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19.4. NON FATE I CAZZONI!

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Prima di tutto, è una terribile strategia di comunicazione. Poche persone sono abbastanza aperte da mettere in dubbio quelle credenze e abitudini che li hanno accompagnati per tutta la vita, e lasciarli in pochi secondi. Anche se in rari casi accade, potrebbe essere fatto in maniera più efficiente con strategie diverse, anziché far sentire le persone colpevoli e inadeguate. È già abbastanza difficile tirare avanti senza che qualche borghese ambientalista presuntuoso salga su un piedistallo e inizi a farvi la ramanzina. Se volete che la gente si unisca a voi, dovete dimostrare il valore di quello che proponete, dare l’esempio. Lo so, agire è molto più difficile che parlare, e a volte potreste essere sopraffatti dagli eventi. Non ci si può fare nulla: siamo dentro a un sistema, e in qualche modo dobbiamo lavorare con gli strumenti a disposizione per costruire una società migliore. L’alternativa, d’altronde, è isolarsi dal resto del mondo. Penso che la seconda opzione sia un modo miope ed egoista di affrontare il problema, quindi mi concentrerò sulla prima. Il tempo sta scadendo, ma non c’è motivo di sbrigarsi e incasinare tutto. Dobbiamo invece capire che bisogna trovare il modo più efficiente ed efficace di passare al nuovo sistema. Prima che facciate qualsiasi cosa, chiedetevi: quanto è efficace? Pensate al problema del consumo di carne. La maggior parte dei vegani che conosco lo sono per vocazione, e se ciò fosse tutto non ci sarebbe questo gran problema. Solo che alcuni sono odiosamente arroganti e violenti nel loro approccio. Quelli che dissentono sono visti come assassini, o guardati con disprezzo, a volte addirittura con disgusto. Basta guardare un volantino di attivisti vegani o i loro siti web per notare subito le tattiche di terrore, che provano a nutrirsi dell’empatia di chi guarda e provocano reazioni emotive. Se lo scopo è di spaventare, indignare, distanziare le persone, questo è certamente il miglior modo di farlo. Se invece l’obiettivo è sensibilizzare le persone a un particolare problema, sarà meglio iniziare a rispettarle e mostrare loro i vantaggi del vostro modo di vivere. Di nuovo, chiedetevi: è più facile convertire il 10% della popolazione a non mangiare più carne o convincere il 50% a mangiarne meno? La risposta è semplice ed è stata ben articolata da Graham Hill nella sua breve storia Weekday Vegetarian: Finally, a Palatable solution [Vegetariano nei giorni feriali: finalmente, una Soluzione Appetitosa, NdT] e un discorso a TED (Graham Hill: perché sono vegetariano nei giorni feriali224 ). Immaginate di essere coinvolti nella causa. a un certo punto, guardarete il vostro ultimo hamburger, l’ultima bistecca, e sapete che non ne mangerete mai più una. Molti non sono pronti. Perché, quindi, non iniziare con un approccio più semplice, graduale? Essere vegetariani cinque giorni alla settimana sembra una soluzione più accomodante, che molti sarebbero disposti ad adottare senza dover cambiare drasticamente le proprie abitudini. Riducendo il consumo di carne a un pasto o due alla settimana, avrete

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ridotto i consumi del 70-80%. Lo stesso vale per ogni altro aspetto della vostra vita. È molto difficile essere fedeli al 100% ai propri valori, ma potete sempre battervi per uno stile di vita onesto, non ipocrita, senza renderlo invivibile.

19.5 VIVERE BENE Meditazione Consapevole Contrariamente a quel che vi fanno credere molti libri sulla psicologia positiva dell’auto-aiuto, scacciare i brutti ricordi e i pensieri tristi, cercando di sostituirli con soli pensieri positivi, non funziona nemmeno se vi costringete a farlo. Piuttosto, prendetevi un po’ di tempo ogni giorno per voi stessi, e per lasciare la mente libera. Trovate un luogo tranquillo, spegnete il cellulare, chiudete gli occhi, respirate piano e provate a rilassarvi. Questo permetterà alla mente e al corpo di creare una connessione e di imparare dalla quantità travolgente di stimoli a cui siete costantemente esposti. Scrivere le cose da risolvere L’importante non è trovare una soluzione (anche se sarebbe l’ideale), ma distaccarsi dai problemi che pensate di avere. Aiuta a concentrarsi, e a mettere quei problemi in prospettiva. Di norma, tendiamo a sottovalutare l’importanza e gli effetti che certi eventi hanno su di noi, e lasciamo che i sentimenti influenzino indisturbati i nostri stati d’animo. Così, invece, avrete un approccio più razionale alle cose. Scrivere le belle cose che vi sono successe oggi Le piccole cose contano, anche se tendiamo a trascurarle. Alla fine della giornata, prendetevi un momento per pensare a tre cose di cui siete grati, tre buone cose che avete fatto, o che sono successe oggi. Notate che non vi state obbligando a essere felici, o ad avere solo pensieri felici; semplicemente, vi state ricordando le cose felici che altrimenti potreste dimenticare. Scendendo dal tapis-roulant edonico, imparerete ad apprezzare la vita un pochino di più, e a farlo di buon umore. Esercitarsi Il nostro corpo è un’estensione della mente. Il sistema nervoso si dirama nelle braccia, nelle gambe, nei muscoli. Le prove sperimentali mostrano (in condizioni controllate) che chi fa più esercizio è più felice di chi non ne fa. Non

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19.5. VIVERE BENE

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dovete fare corsi costosi o sport estremi. Iniziate con qualcosa di semplice, come una corsa di 10-20 minuti. Se potete, usate la bicicletta invece dell’automobile. Presto vi accorgerete di sentirvi meglio (e vi terrete anche in forma). C’è una pletora di studi, infatti, che dimostra come una camminata nella natura sia una delle migliori medicine. Sembra che potendo scegliere una sola cosa da fare per la propria salute, camminare almeno 30 minuti al giorno sia la migliore225 . Se riuscite a limitare il tempo in cui state seduti o dormite a 23 e 1/2 ore al giorno o meno, siete sulla giusta strada per essere più sani e felici. Atti casuali di gentilezza Le ricerche mostrano che chi aiuta gli altri dichiara livelli di felicità più elevati. Pensate di trovare una banconota da $10 per strada. Se spendete quel denaro per voi, sarete molto meno felici di quanto lo sareste stati spendendoli per qualcun altro. Comprate ai vostri amici una tazza di caffè, una cena, un biglietto per un concerto della loro band preferita. Ma gli atti casuali di gentilezza non devono essere necessariamente monetari. Potrebbero essere un regalo fatto a mano, una telefonata inaspettata a un amico distante, o a un parente che vedete di rado, cantare una canzone con gli amici. Un gesto, non importa se piccolo o grande. Gli aspetti cruciali sono due: casualità e gentilezza. Se iniziate a fare un regalo al mese al partner, diventerà un’abitudine e creerà aspettativa, che renderà il destinatario meno felice nel mese in cui il regalo non arriverà, o sarà poco costoso, o non genuino. La natura inaspettata delle nostre azioni le rende più potenti: meno se le aspettano, maggiore sarà l’effetto. Coltivare nuove esperienze Seguendo la stessa linea del punto precedente, provare nuove cose vi aiuterà a scendere dalla routine edonica e dalla trappola dell’adattamento edonico. Di nuovo, non deve essere una gran cosa. Se siete destri, provate a lavarvi i denti con la mano sinistra. Tornando a casa stasera, prendete una strada nuova. Assaggiate un piatto di cui non avete mai sentito parlare. Provate uno sport nuovo. Ricordate di non esagerare con nessuno di questi consigli. Passare compulsivamente da una cosa all’altra senza fare un respiro non vi farà granché bene. Siate equilibrati, invece. Prefissarsi obiettivi piccoli, realistici. Ci piace sognare in grande, e se l’obiettivo è particolarmente positivo e appagante proveremo il senso di flusso e unità di cui abbiamo parlato prima. Il che va bene, ma non dobbiamo dimenticare che la vita è fatta di diversi momenti,

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CAPITOLO 19. COSTRUIRE IL DOMANI

ognuno dei quali conta. Prefissatevi degli obiettivi molto piccoli, anche assurdamente facili, come un minuto di corsa improvvisa. Ricordate quando eravate piccoli e cercavate a evitare un fiume immaginario di lava saltando da un divano all’altro? Più o meno la stessa cosa. Bere un bicchiere d’acqua? Provate a farlo in cinque secondi. Dovete finire un libro in fretta? Provate a mettere come obiettivo quello di leggere due pagine in meno di un’ora. Due pagine sembra semplice, quindi fatelo. Una volta che siete entrati nell’idea di leggere, sarà più gratificante continuare a farlo.

19.6 SPENDERE BENE Abbiamo visto come guadagnare più di $75,000 all’anno abbia poco a che fare con la felicità in generale. Questo perché concorrono altri fattori, come le relazioni personali, la famiglia, gli amici, aspirazioni, sogni. Ma chi ha detto che queste siano cose reciprocamente esclusive? Un saggio pubblicato di recente nel Journal of Consumer Psychology spiega come “Se i soldi non fanno la felicità, allora non li stai spendendo bene”226 . Tendiamo a spendere un sacco di soldi in cose che ci danno un effimero istante di soddisfazione, anziché in quelle che ci renderanno più felici. Una delle ragioni è la nostra difficoltà a prevedere le conseguenze edonistiche del futuro, oltre al fatto che pochissimi affrontano con approccio scientifico la questione della felicità. Tendiamo ad affidarci ai sentimenti che, come abbiamo visto, quasi sempre hanno torto. Il lavoro condotto da Dan, Gilbert e Wilson è impressionante a dir poco. È il risultato di anni di pensiero e ricerca meticolosa, e fa riferimento a molti più documenti di quanti molti di noi possano sognare di leggere. Quindi, se non ve la sentite di leggere migliaia di pagine di ricerca scientifica, ecco un riassunto in 8 punti che vi aiuterà.

Comprare esperienze anziché oggetti “Esci e comprati qualcosa di carino” è il consiglio che spesso diamo agli amici che hanno ricevuto una brutta notizia; ma non è un così buon consiglio, ahimè. Il piacere di possedere un oggetto materiale non dura a lungo. Ci abituiamo alle cose abbastanza velocemente. Sono sempre le stesse, e sono difficili da condividere. Le esperienze sono diverse. Sono uniche come le persone che le provano. Le esperienze possono essere anticipate, vissute, ricordate. Ma, cosa più importante, si possono condividere con altre persone, e le altre persone – come vedremo – sono la più grande fonte di felicità.

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19.6. SPENDERE BENE

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Aiutare gli altri anziché noi stessi Gli esseri umani sono gli animali più sociali del pianeta. Siamo l’unica specie che crea complesse reti sociali anche con coloro che non sono direttamente collegati a noi. Spendere denaro per noi stessi ci rende significativamente meno felici che spenderne per altri. Che sia in beneficenza o per gli amici, donare denaro migliora il benessere generale. Anche piccole cifre contano, anche il solo pensarci aiuta: una spesa prosociale ha un potere straordinariamente forte sulle relazioni sociali. Comprare molti piccoli piaceri, invece di pochi grandi “L’adattamento è un po’ come la morte: ne abbiamo paura, lo combattiamo, e a volte lo preveniamo; ma alla fine perdiamo sempre. E come la morte, possono esserci benefici nell’accettare la sua inevitabilità.” Poiché ci adattiamo praticamente a qualsiasi cosa, pochi grandi acquisti non sono un’idea molto intelligente; è meglio imparare e assaporare l’esperienza che deriva da tante piccole cose. Più è difficile capire, spiegare e infine adattarsi a una nuova situazione, più esaltante diventa. I piaceri piccoli ma frequenti sono imprevedibili, ci sorprendono, sono nuovi. Una birra con gli amici dopo il lavoro non è mai la stessa cosa che berla con la propria ragazza, ma il tavolo della cucina che avete comprato una settimana fa è sempre lo stesso. Abbracciate l’emozione della novità e dell’incertezza di coltivare piccole esperienze. Comprare meno assicurazioni Se la cattiva notizia è che adattiamo alle cose buone, quella buona è che ci adattiamo anche a quelle cattive. Può accaderci virtualmente di tutto, e nel giro di un anno l’impatto sul nostro benessere generale è praticamente nullo. È come un sistema immunitario psicologico, che ci protegge dalle brutte esperienze. Comprare costose garanzie estese per salvaguardarci dalla perdita di beni di consumo è una precauzione emotiva non necessaria. La gente cerca garanzie estese e polizze dai rimborsi generosi per prevenire futuri rimpianti, ma le ricerche mostrano che le garanzie potrebbero essere inutili per la felicità, e che le polizze di rimborso potrebbero in realtà addirittura minarla. Pagare ora e usare poi La gratificazione immediata può portare a fare acquisti che non potete permettervi, o che neppure volete. L’acquisto impulsivo, inoltre, vi priva del distacco necessario a prendere decisioni ponderate. Elimina ogni senso di aspettativa, che è una potente fonte di felicità. Ritardare l’uso garantisce il beneficio dell’aspettativa, e può promuovere la felicità in altri due modi. Primo, può indurvi

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a fare un’altra scelta (che potrebbe essere migliore e più informata), secondo crea incertezza (che è di nuovo una buona cosa). Per il massimo della felicità, assaporate (o addirittura prolungate!) l’incertezza di decidere se comprare, cosa comprare, e il tempo di attesa prima che l’oggetto desiderato arrivi. Pensare a ciò cui non si pensa Quando consideriamo un acquisto futuro tendiamo a dare estrema importanza a caratteristiche che hanno poco a che fare con quelle che migliorerà effettivamente la nostra vita una volta fatto l’acquisto. Cerchiamo delle caratteristiche generali, come la bellezza esteriore di una casa, invece delle piccole cose che cambieranno il modo di viverci. Sopravvalutiamo l’importanza delle caratteristiche generali, mentre la felicità giace nelle piccole cose di ogni giorno. Prima di fare un grande acquisto, considerate la meccanica e la logistica del possederla, e dove verrà utilizzato il tempo quando ce l’avrete. Provate a immaginare un tipico giorno della vostra vita, nei dettagli, ora dopo ora: come potrebbe modificarla questo acquisto? Diffidare dello shopping comparato Uno dei pericoli dello shopping comparato è che i paragoni che facciamo durante lo shopping non sono gli stessi che faremmo mentre usiamo ciò che abbiamo comprato. In altre parole, il motivo per cui compriamo qualcosa non è lo stesso per cui quell’acquisto ci piacerà. Non fatevi ingannare dal comparare per il piacere del paragone; provate a pesare solo quei criteri che importeranno davvero per il piacere o l’esperienza. Seguire il gregge invece della propria testa Non sopravvalutate la vostra abilità di prevedere indipendentemente quanto vi piacerà qualcosa. Siamo, scientificamente parlando, veramente pessimi in questo. Ma se qualcosa rende gli altri felici, probabilmente renderà felici anche voi. Grazie ad Internet abbiamo una profusione di siti dove la gente può recensire gli acquisti, e dire quanto sono loro piaciuti. Soppesate le opinioni degli altri e le recensioni degli utenti nelle vostre scelte di acquisto, immaginate che effetto farebbe possederlo e usarlo. Sappiamo che il denaro non fa la felicità, ma può dare il suo contributo, se usato correttamente. Seguite questi otto passi prima di decidere come spendere il vostro denaro. Solo se volete davvero spenderlo, però!

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C APITOLO 20

U N BELLISSIMO FUTURO

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no dei miei film preferiti di sempre è l’avventura onirica filosofica in rotoscope scritta e diretta da Richard Linklater, Waking Life (2001)227 . Questo film ha profondamente influito sulla mia vita e sulla mia visione del mondo. C’è una scena in particolare, che credo catturi l’essenza dell’essere vivi, in vista del futuro che verrà, e vorrei condividerla con voi. Uomo sul treno: Hey, sei un sognatore? Wiley: Già. Uomo sul treno: Non se ne vedono molti in giro ultimamente. Le cose sono diventate difficili, per i sognatori. Sognare è un’attività superata, secondo loro, che nessuno fa più. Ma non è superata, è stata solo dimenticata, rimossa dal linguaggio. Nessuno la insegna, quindi nessuno sa che esiste. Il sognatore è condannato all’oscurità. Beh, sto provando a cambiare tutto questo, e spero che lo stia facendo anche tu. Ogni giorno, sognando. Sognare con le mani e disegnare con la mente. Il nostro pianeta sta affrontando il più grande problema di sempre. Qualsiasi cosa tu faccia, quindi, non essere annoiato. Questo fatto semplice e spesso dimenticato è ancora più vero oggi. Sin dagli albori della storia umana, 200.000 anni fa, abbiamo sempre rivolto lo sguardo alle stelle, o guardato nel fuoco e lasciato correre selvaggiamente l’immaginazione. La nostra neo corteccia evoluta ci ha permesso di sviluppare un linguaggio, pensieri astratti e desideri. Da quando abbiamo deciso che non saremmo rimasti ad accettare passivamente il destino che gli elementi hanno creato per noi, abbiamo trasceso le nostre condizioni. Siamo capaci di immaginare un mondo diverso, un futuro migliore, e avevamo il potere di renderlo reale. 151

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CAPITOLO 20. UN BELLISSIMO FUTURO

Il mondo è un luogo molto grande, ma anche molto piccolo. È la nostra società – un organismo complesso, apparentemente impossibile da capire o controllare, ma pochi idee semplici e potenti potrebbero cambiare tutto. Siamo fatti per credere che le nostre azioni, quello che un individuo fa, non può sperare di avere impatto su milioni, o anche miliardi di persone. Per migliaia di anni abbiamo potuto solo sperare di cambiare un po’ la storia nel corso di un’intera vita. Magari avere impatto su un centinaio, al più qualche migliaio di persone. Oggi posso letteralmente cambiare in meglio la vita di più persone in dieci anni di quanto chiunque altro abbia fatto nella storia dell’umanità. E anche voi potete. È un privilegio che nessuno ha mai avuto prima. Pensare che siamo la prima generazione a vivere questa opportunità è come minimo esilarante. Elettrizzante. Impressionante. E bellissimo. Voglio concludere con l’ultima frase dell’Uomo sul treno, parlando per Linklater e per me stesso: ”Questo è di certo il miglior momento in cui potessimo desiderare di vivere. Ed è solo l’inizio”.

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Appendici

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A PPENDICE A

C OME PUÒ UNA FAMIGLIA VIVERE MEGLIO SPENDENDO BENE

I

n questo libro ho delineato i vari modi di dirigersi verso un modo migliore di spendere il denaro, attraverso il downshifting. Quello che segue è un esempio delle spese essenziali che una tipica famiglia italiana di quattro persone deve sostenere. Ovviamente, le famiglie sono di diverse dimensioni, hanno diversi bisogni, e in paesi diversi ci sono diverse legislazioni, tasse, e quindi costi. Negli Stati Uniti, ad esempio, le tasse si pagano dopo, mentre in Italia e in quasi tutta Europa sono detratte dallo stipendio (che copre la maggior parte delle spese mediche e altri servizi offerti dallo Stato). Lo so, ci sono molte differenze, ma volevo inquadrare il problema – con dati reali – per dare un po’ di prospettiva. Ho preso i dati dalle spese 2011 della mia famiglia – una famiglia di quattro persone (i miei genitori, mio fratello e mia sorella), che vive nel Nord Italia, di classe media. Ho diviso le spese per categoria e le ho convertite da Euro a Dollari USA; il totale era di $45.400. Potete vedere il risultato nella tabella A.1. Ho solo elencato quelle spese essenziali che ritengo necessarie per una vita decente. Ad un primo sguardo notiamo immediatamente le voci anomale. Le auto sono la spesa principale – $15.000. Ho diviso le spese delle auto in costi di leasing (media di $20.000 per macchina, spalmati su circa 8 anni di vita)228 , e i costi annuali di assicurazione, tasse, benzina, manutenzione e riparo – circa $7.500). Mia mamma lavora vicino a casa, quindi usa volentieri la bicicletta. Mio fratello ha molti colleghi al lavoro, e decide di condividere con loro la macchina e i costi della benzina. Abbiamo comunque bisogno di una macchina, perché mio padre viaggia spesso, e parlando in generale, in famiglia è essenziale avere almeno una macchina a disposizione. Poi il cibo, che ’mangia’ $12.000 all’anno. Coltivando il nostro cibo, possiamo risparmiare fino a $3.000 (Lo abbiamo visto nel capitolo 18.4, Coltivare il Proprio Cibo). I costi di elettricità e gas ($2.000 e $3.000, rispettivamente) possono essere 155

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APPENDICE A. COME PUÒ UNA FAMIGLIA VIVERE MEGLIO SPENDENDO 156 BENE Voce di spesa Cibo Elettricità Gas (riscaldamento e cucina) Tasse (Tassa di proprietà, Acqua, Rifiuti) Assicurazione sulla Casa Leasing di 3 Auto 3 Auto (tasse, polizze, carburante, manutenzione) Vestiti Viaggi (treno, bus) Imprevisti Spese mediche

Costo annuale ($) 12.000 2.000 3.000 1.000 700 7.500 7.500 3.000 2.000 3.000 3.700

Totale

45.400

Tabella A.1: Spese approssimate della mia famiglia (quattro persone) nel 2011.

ridotti coibentando. D’altro canto, i costi di spostamento sono aumentati – visto che facciamo più affidamento sui trasporti pubblici e la condivisione dell’auto. Con gli aggiustamenti appena detti, ecco che aspetto avrebbe la nuova tabella dei costi: Voce di spesa Cibo Elettricità Gas (riscaldamento e cucina) Tasse (Tassa di proprietà, Acqua, Rifiuti) Assicurazione sulla Casa Leasing di 1 Auto 1 Auto (tasse, assicurazione, carburante, manutenzione) Vestiti Viaggi (treno, bus) Imprevisti Spese mediche

Costo annuale ($) 9.000 0 500 1.000 700 2.500 2.500 3.000 3.000 3.000 3.700

Totale

29.400 Tabella A.2: Una stima di riduzione delle spese spendendo bene.

La tabella A.2 mostra la previsione delle riduzioni di spesa. Siamo scesi a $29.400 dalla somma iniziale di $45.400. Ovviamente non ci si può arrivare in un anno, la coibentazione e le fonti di energia alternativa richiedono da 3 mesi a 8 anni per essere ripagate. Dobbiamo prendere questo esperimento per quello che

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157 è – un piano pluriennale, non una sistemata veloce che risolverà magicamente tutto.

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A PPENDICE B

C RESCITA

N

el suo Discorso sullo Stato dell’Unione del 2012, Barack Obama ha redatto un piano per ’rimettere in piedi l’America’. Quasi tutti i propositi avevano una premessa comune: se vogliamo migliorare, dobbiamo far ’crescere l’economia’. Ogni singola linea proposta aveva come presupposto che la crescita economica, rilanciando l’occupazione, sia la forza trainante che risolverà le tensioni e renderà tutti più felici. Sembra ragionevole. Ogni nazione industrializzata ha sperimentato, grazie alla crescita economica, un miglioramento della qualità di vita dei propri cittadini. Ci siamo sollevati dalla povertà. Siamo passati da una cultura principalmente agricola alla produzione di massa da parte di macchine inarrestabili, che hanno globalizzato il mercato mondiale. La crescita economica ci ha dato tutte le fantastiche cose che rendono la nostra vita più facile, e in generale migliore. Strade, luci, trani, elettricità, aeroplani, acqua corrente in casa, computer, cellulari, TV a schermo piatto, Internet, la medicina moderna. Abbiamo raddoppiato l’aspettativa di vita in meno di un secolo. In altre parole, la crescita economica ha reso non solo le nostre vite più piacevoli, ma anche lunghe il doppio. Bene. Ottimo! FANTASTICO! Basterà dunque seguire questo percorso all’infinito, sicuri che risolverà tutti i nostri problemi, e vivremo sempre meglio? Prima di saltare a conclusioni affrettate, vediamo quanto a lungo potremo andare avanti così.

CRESCITA E CONSUMO DI ENERGIA “Eravamo cacciatori e raccoglitori. Ovunque era frontiera. Il mare e il cielo erano i nostri unici limiti. La strada ancora aperta chiama a mezza voce. Il nostro piccolo globo terracqueo è il manicomio di quelle centinaia, migliaia, milioni di mondi. Noi che non possiamo nemmeno badare alla nostra casa planetaria, lacerata dalle rivalità 159

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APPENDICE B. CRESCITA e dagli odi, andremo mai nello spazio? Quando saremo pronti a raggiungere anche il più vicino dei sistemi planetari, saremo cambiati. Il semplice passaggio di tante generazioni ci avrà cambiato. La necessità, ci avrà cambiato. Siamo una specie adattabile. Non saremo noi a raggiungere Alpha Centauri e le altre stelle vicine. Sarà una specie molto simile a noi. Ma con più punti di forza e meno debolezze rispetto a noi. Più fiduciosa, lungimirante, capace e prudente. Con tutti i nostri difetti, e malgrado i nostri limiti e fallibilità, noi umani siamo capaci di grandi cose”. – Carl Sagan, The Pale Blue Dot

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on molto tempo fa, eravamo nomadi, che vivevamo di quel che riuscivano a raccogliere e a cacciare. Eravamo già umani, sì, ma per centinaia di migliaia di anni abbiamo vissuto in maniera molto diversa rispetto a oggi. Vivevamo in piccole tribù, alla mercé delle forze naturali, lottavamo per sopravvivere. Poi, qualcosa ci ha cambiati. L’agricoltura prima, e la rivoluzione industriale poi, insieme alla scoperta dell’energia economica e abbondante, ci hanno portati a un’era di scoperte scientifiche, esplorazione, e crescita apparentemente illimitata. Questo ci ha portati ad avere i comfort moderni che ora diamo per scontati. Il computer o il libro che avete in mano mentre leggete queste frasi, la luce artificiale in camera che usate per vedere queste pagine, il riscaldamento o l’aria condizionata per farvi stare bene, l’elettricità in casa; tutto questo non sarebbe stato possibile senza la convergenza dell’inventiva umana con la tecnologia, l’energia e un sistema economico a gestirli. Prendete ad esempio gli Stati Uniti. Estrapolando i dati dalla Energy Information Agency sul consumo di energia negli USA dal 1650 vediamo una traiettoria notevolmente regolare nella curva del consumo di energia, costante a quasi il 3% annuo. Nella figura B.1 si può vedere il consumo totale di energia negli USA in tutte le sue forme dal 1650. La scala verticale è logaritmica, quindi una curva esponenziale, risultato di un costante tasso di crescita, appare come una linea dritta. La linea rossa corrisponde al tasso di crescita annuale del 2,9%229 . Proviamo ora a fare un esperimento mentale. Assumendo che si continui su questa traiettoria, quanto in là possiamo andare, cercando di acchiappare il ’Beep Beep dell’energia infinita’, prima di capire che corriamo sul vuoto, e che prima o poi cadremo, come Will E. Coyote? Per facilitarci, prendiamo una stima prudente del 2,3% di crescita annuo, anziché il 3% sperimentato fino a ora. Questo ben si adatta alla nostra stima di Fermi230 perché ogni 100 anni abbiamo un fattore di crescita pari a 10231 , ovvero dopo un secolo moltiplichiamo per 10 l’ammontare di partenza.

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Figura B.1: Consumo totale dell’energia negli USA in ogni sua forma dal 1650. Fonte dati: EIA. Gentilmente concessa dal prof. Tom Murphy.

Oggi usiamo a livello globale una media di 15 terawatt (TW) di potenza. Essendo 7 miliardi di individui, ciò significa che dovremmo consumare circa 2 kilowatt (KW) pro capite. Gli USA e il Canada usano circa 10 KW pro capite, ossia circa cinque volte quello che dovrebbero, se la torta fosse equamente distribuita in ogni nazione. Per contro gli Europei, nonostante abbiano uno standard di vita simile ai Nordamericani, se la cavano tranquillamente con la metà di quella cifra (l’Italia ne usa circa 3.6 KW, il Regno Unito 4,2). Il Messico ne usa esattamente 2 KW, mentre il Bangladesh, al lato opposto del globo, ne usa in media circa 0,2 KW pro capite232 . Ora, immaginiamo di coprire tutta le terre emerse del pianeta con pannelli solari ad altissima efficienza (operanti al 20%), in quel caso otterremmo 7.000 TW di potenza, circa 470 volte il nostro uso corrente. Ricordate che al 2,3% di crescita aggiungiamo una decina ogni 100 anni, quindi 15 TW diventa ben presto 150. Se aspettiamo altri 100 anni, ne avremo 1500. in 300 anni avremo raggiunto 15.000 TW, più del doppio dell’energia che riusciremmo a ottenere con i pannelli solari. Facciamo un passo indietro e vediamo che, di questo passo, in appena 270 anni anche coprendo l’intera superficie terrestre di pannelli non riusciremo a saziare la nostra fame di energia. 270 potrebbero sembrare molto tempo, ma in termini di storia della civiltà sono solo un batter d’occhio.

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APPENDICE B. CRESCITA

Perché sono così pessimista? Di sicuro per allora avremo superato il 20% di efficienza dei pannelli solari. Nuove menti, nuova tecnologia, infinite possibilità! Ok, al diavolo quella stronza di termodinamica, e supponiamo di andare al 100% di efficienza. Questo ci fa solo guadagnare un fattore di 5, o circa 70 anni. D’accordo, ma abbiamo coperto solo le terre emerse del pianeta (chi ha bisogno di cibo, dopotutto?), quindi perché fermarci? Abbiamo anche gli oceani! Facciamo una gigantesca installazione di pannelli solari fotovoltaici, grandi quanto tutta la superficie del pianeta, che operano all’impossibile efficienza del 100%. Non importa che tutta la vita sul pianeta sarebbe distrutta (noi inclusi), abbiamo bisogno di energia! Questo ci aiuterebbe per altri 55 anni, al massimo. In soldoni, dopo circa 400 anni di crescita saremo arrivati a consumare tutta l’energia disponibile sulla Terra proveniente dal Sole. Ma, direte voi, abbiamo altre energie! Devo ricordarvi che le biomasse, il vento e l’idroelettricità derivano tutti dalle radiazioni solari? E i combustibili fossili? Primo, sappiamo che spariranno abbastanza rapidamente, e che si esauriranno prima della fine del secolo. Secondo, i combustibili fossili provengono anche loro dal Sole. Sono piante morte che in migliaia di anni sono diventate forme di energia idrocarburica concentrata. Ad oggi, abbiamo solo tre fonti di energia che non dipendono dalla luce solare: il nucleare, il geotermico e le maree (che derivano dall’attrazione gravitazionale della Luna), di cui le ultime due producono, per questa analisi, troppi pochi terawatt. A questo punto, so che voi fan di Star Trek sarete indignati dalla mia mancanza di apertura mentale. Perché limitarci alla Terra? Il futuro è chiaramente nello spazio, quindi perché non costruiamo una sfera Dyson e circondiamo l’intero Sole con pannelli solari? E mentre lo facciamo, costruiamoli super sottili (spessi 4 mm), con un’efficienza perfetta del 100%. E che importa se la costruzione richiede una massa di materiali pari al nostro pianeta! Al 2,3% di crescita, otteniamo comunque solo 1,300 anni di energia. Ovviamente, ragiono per assurdo: perché mai dovremmo voler usare la prima fonte di vita del pianeta? Lasciamo stare il Sole, e usiamo altre stelle: abbiamo un’intera galassia nel cortile! 100 miliardi di stelle, che aspettano solo di farsi risucchiare dal nostro ’buco nero’ energetico. A parte il piccolo problema del superare la velocità della luce (a quel punto l’avremo raggiunta), supponiamo invece che i viaggi interstellari siano fattibili. Ricordate che ogni fattore di 10 ci fa guadagnare 100 anni. Cento miliardi è dieci alla undicesima, quindi la galassia ci garantisce solo altri 1,100 anni. È la crescita esponenziale, bellezza. In 2,500 anni, useremo una quantità di energia pari a quella di una galassia. Tutto ciò, supponendo di raggiungere una perfetta (ed impossibile?) efficienza, aggirare i limiti della velocità della luce (altamente improbabile), e che l’energia utilizzata per raccogliere e trasportare tutto ciò costi meno dell’energia stessa

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163 che estrapoliamo da una stella (non ci scommetterei). Ma supponiamo di superare anche questi ’piccoli’ problemi di ingegneria. Sicuramente per allora avremo navicelle a energia negativa che piegano lo spaziotempo, avremo imparato la meccanica quantistica e i suoi misteriosi effetti tunnel; la fusione nucleare sarà un gioco da ragazzi! E ciò può fornire energia e abbondanza infinita per sempre, no? Per farla breve, no. Non importa quale sia la tecnologia, un tasso di crescita del 2,3% richiederà di produrre una quantità di energia pari a quella prodotta dal sole in 400 anni. Anche se costruissimo una centrale di fusione nucleare, non sarà abbastanza. La termodinamica afferma che se si genera una quantità di energia pari a quella del Sole sulla Terra, la superficie della Terra - essendo più piccola di quella del Sole - dovrebbe essere più calda di quella solare!233 Questi risultati sono ovviamente ridicoli. È chiaro che non vogliamo bollire vivi, e non renderemo il pianeta completamente inospitale per la nostra specie. Dal punto di vista puramente matematico e fisico, una cosa è certa: il consumo di energia non continuerà a crescere a un ritmo esponenziale. È semplicemente impossibile. Non importa che tecnologia tireremo fuori, non importa quanta estrosi e intelligenti si possa diventare, e non importa la fonte di energia: la termodinamica lo impedirebbe. Questo significa che se dobbiamo ancora parlare di paradigma della crescita, esso dovrebbe essere basato su una sorta di crescita che non richiede risorse né fisiche (merci) né energetiche. Che cosa vuol dire? L’unico modo per continuare a crescere senza violare le leggi della fisica, è quello di produrre solo beni e servizi immateriali. Allora diventiamo tutti musicisti, scrittori, psicologi, massaggiatori! E vendiamoci l’un l’altro ogni momento concepibile della nostra vita. Non solo la nostra conoscenza ed esperienza, ma anche le nostre capacità intellettuali e creative, le nostre idee, e, perché no, la nostra intimità. E a un prezzo sempre più alto. Vivremo in mondi virtuali, come Second Life, o in un’evoluzione di Facebook e Twitter. E passeremo il nostro tempo a venderci a vicenda beni digitali con valute digitali. Abbiamo già iniziato la ludificazione in molti aspetti della nostra vita, perché non portarlo al livello successivo? Tutto sarà un grande, grande gioco. Che brillante futuro ci attende. Sembra assurdo? Sì, sono d’accordo. Ma è l’unico modo per mantenere questa crescita del business, senza imbatterci in qualcosa che non solo è assurdo, ma anche chiaramente impossibile. È abbastanza sorprendente che questi risultati siano tanto incontrovertibili quanto ignorati dai principali economisti. Non sono riuscito a trovare a trovare un solo economista che discuterebbe con fisici e matematici sull’accuratezza di questa analisi. Scelgono semplicemente di ignorarla. Ma per quanto tempo possiamo continuare a giocare a questo gioco di “non vedo, non sento, non

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APPENDICE B. CRESCITA

parlo”? Anche persone come Ray Kurzweil, che comprendono a fondo cosa significa crescita esponenziale e come essa influenzi l’economia mondiale, in fondo accolgono questi risultati come se non li riguardassero. Non fraintendetemi, Ray è un tipo molto intelligente, quindi se lui non è interessato forse mi manca qualcosa. Così ho parlato con economisti e futuristi, ho letto i loro libri, ma non ho trovato una soluzione a questo enigma. Secondo loro, l’economia troverà un modo, perché . . . be’, perché trova sempre un modo. Questa sorta di tautologia sarebbe comprensibile se fosse sostenuta da qualche prova diversa dalla crescita passata su questo pianeta, che non ha mai affrontato i limiti fisici di quel che è effettivamente realizzabile. Una delle poche critiche che ho sentito contro l’impossibilità di una crescita continua è che non stavo prendendo in considerazione l’aspetto più importante del sistema di mercato: l’efficienza. La critica è la seguente: quando la tecnologia progredisce, l’efficienza aumenta, quindi non c’è alcun motivo di preoccuparsi, e il mercato si auto-regola. Voglio farvi capire perché le persone che fanno questa affermazione o sbagliano inconsapevolmente, o stanno semplicemente mentendo. Concedendo il beneficio del dubbio, direi che nella maggior parte dei casi sono molto sinceri: semplicemente, non sanno di cosa stanno parlando. Vediamo perché il ragionamento sull’efficienza è sbagliato. Una cosa da capire è che, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata e da quanto sei intelligente, o bravo come imprenditore, esistono limiti fisici nei guadagni di efficienza che si possono ottenere. Non importa quanto ci si sforza, non si può superare un rendimento del 100%. In realtà, la termodinamica non permette nemmeno di raggiungere un’efficienza del 100%, ma in pratica riusciamo ad andarci abbastanza vicino. Centrali termoelettriche e nucleari funzionano al 3040% di efficienza, e le automobili funzionano al 15-25%. Le macchine termiche rappresentano quindi circa i due terzi del consumo energetico totale negli Stati Uniti (27% nei trasporti, 36% della produzione di energia elettrica, un po’ per l’industria). Il Professore di Fisica Tom Murphy, che originariamente ha fatto questa analisi, continua dicendo: “L’efficienza delle auto a benzina non può essere facilmente migliorata da alcun fattore significativo, ma il rendimento effettivo può essere nettamente migliorato passando alla trazione elettrica. Mentre una macchina che ottiene 40 m.p.g. può avere un motore a benzina efficiente al 20%, la trazione a batteria potrebbe ottenere qualcosa come il 70% di efficienza (85% in batterie di ricarica, 85% guidando il motore elettrico). Il fattore di miglioramento dell’efficienza del 3,5 suggerisce una resa chilometrica effettiva di 140 m.p.g. Un avvertimento, però: se l’elettricità proviene da una centrale di combustibili fossili funzionante al 40% di efficienza, e l’efficienza di

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165 trasmissione arriva al 90% , l’efficienza effettiva fossile di locomozione si riduce al 25%, e non è passo così significativo. [. . . ] Dato che i due terzi delle nostre risorse energetiche vengono bruciate nei motori termici, e che questi non possono migliorare più di un fattore di due, i guadagni più significativi ottenuti altrove perdono valore. Per esempio, sostituendo il 10% del nostro budget energetico speso per produrre direttamente calore (nei forni e riscaldatori di acqua calda, ad esempio) con pompe di calore funzionanti alla loro massima efficienza teorica, sostituiremmo efficacemente una spesa del 10% con una spesa dell’1%. Un fattore di dieci suona come un fantastico miglioramento, ma il miglioramento complessivo dell’efficienza nella società è solo del 9%. Lo stesso succede con la sostituzione delle lampadine: grandi guadagni in un piccolo settore. Dobbiamo ancora perseguire questi miglioramenti di efficienza con vigore, ma non dobbiamo aspettarci che questo dono ci garantisca una forma di crescita illimitata.”234 Per riassumere, il meglio che ci si può aspettare di raggiungere è quello di raddoppiare l’aumento netto di efficienza, prima che i limiti teorici e i problemi di ingegneria ci saltino in testa. Al tasso globale attuale dell’1%, questo significa che ci si potrebbe trovare senza margini di miglioramento entro questo secolo. Questo per quanto riguarda l’argomento efficienza. Perdonatemi se sottolineo questo punto fino alla noia, ma mi sento in dovere di ripetere e sottolineare ciò che ho scritto in precedenza: quello che abbiamo descritto prescinde dalla tecnologia, dal tempo o dai mercati. Questa è fisica. A prescindere da quel che facciamo, con un tasso di crescita del 2,3% l’anno (che è molto inferiore al tasso degli ultimi 150 anni), raggiungeremo i limiti fisici in pochi decenni al massimo. Non è esattamente un piano per la sopravvivenza a lungo termine, vero? Senza proiettarci troppo nel futuro, i limiti pratici dell’efficienza interesseranno la maggior parte di noi durante le nostre vite, e certamente in quelle dei nostri figli. Non è uno scherzo. La prossima volta che sentite qualcuno affermare che la crescita economica continuerà per sempre, e che proprio non capisce perché non si stia prendendo in considerazione l’efficienza, saprete cosa rispondere. Per concludere, vorrei provare a vedere le cose da una prospettiva più ampia. Come il Prof. Murphy ha sottolineato, noi, come società, siamo come bambini che chiedono un pony ai loro genitori. Non abbiamo ancora imparato a prenderci cura del nostro topolino (picco del petrolio, il degrado ambientale), ma già vogliamo un pony (fusione o qualunque fornitura di energia che abbiamo in mente, la colonizzazione dello spazio, la crescita infinita). Mi sembra abbastanza arrogante e irresponsabile al tempo stesso.

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APPENDICE B. CRESCITA

Dobbiamo essere qualcosa di più che piccoli bambini viziati. È tempo di crescere, e andare avanti.

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Ultima nota di ringraziamento

Come promesso, un’ultima nota di ringraziamento per alcuni individui straordinari che mi hanno sostenuto durante la campagna di crowdfunding IndieGoGo: Maurizio Bisogni, Susi Guarise, Simone Roda, Alessandro Ronca, Sirio Marchi, Lorenzo Grespan, Søren Lassen Schmidt, Steve Friedrich, e Jason Souders. Grazie ancora.

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Note

RICONOSCIMENTI 1.

Dovrei dire AFK (sigla del termine gergale Inglese Away From Keyboard, che significa letteralmente Lontano dalla Tastiera del Computer. Credo che Internet sia reale).

CAPITOLO 1 – LA DISOCCUPAZIONE OGGI 2.

3.

Impieghi negli USA in netto aumento, Mokoto Rich, 2011. The New York Times. http://www.nytimes.com/2011/08/06/business/economy/us-posts -solid-job-gains-amid-fears.html?pagewanted=all Settore Privato in aumento, Governo in discesa, David Leonhardt, 2011. The New York Times. http://economix.blogs.nytimes.com/2011/08/05/private-sector

-up-government-down/ 4.

Deficit di Occupazione, Deficit di investimenti, Deficit fiscale, Laura D’Andrea Tyson, 2011. The New York Times. http://economix.blogs.nytimes.com/2011/07/29/jobs-deficit

-investment-deficit-fiscal-deficit/ 5.

Lo Stato dell’Occupazione, 2012. Bureau Of Labor Statistics http://www.bls.gov/news.release/pdf/empsit.pdf

6.

Tasso di Partecipazione alla Forza Lavoro dei Cittadini. Bureau of Labor Statistics. http://data.bls.gov/timeseries/LNS11300000

7.

Contro Le Macchine: come la rivoluzione digitale sta accelerando l’innovazione, trainando la produttività, e trasformando in maniera irreversibile l’occupazione e l’economia, Erik Brynjolfsson e andrew McAfee, 2011. Digital Frontier Press. http://raceagainstthemachine.com 169

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NOTE

8.

The End of Work Website, Jeremy Rifkin. http://www.foet.org/books/end-work.html 9. The End of Work, Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/The_End_of_Work 10. Un decennio difficile per la classe media, Annalyn Censky, 2011. CNNMoney. http://money.cnn.com/2011/09/21/news/economy/middle_class _income/index.htm. 11. 22 statistiche che dimostrano come la classe media stia sistematicamente scomparendo dall’America Michael Snyder, 2010. Business Insider. http://www.businessinsider.com/22-statistics-that-prove

-the-middle-class-is-being-systematically-wiped-out-of -existence-in-america-2010-7 12. Ufficio Bilanci del Congresso Americano, 2011. Grafico adottato da Mother Jones. http://motherjones.com/politics/2011/02/income-inequality

-in-america-chart-graph 13. Costruiamo Un’America Migliore – Un quintile di ricchezza alla volta, Michael I. Norton, Dan Ariely. Prospettive sul Journal Psychological Science. http://pps.sagepub.com/content/6/1/9 14. Raccomando caldamente la serie di video in quattro parti Tutto è una rielaborazione di Kirby Ferguson, uno dei migliori lavori che abbia mai visto su tale argomento. http://www.everythingisaremix.info

CAPITOLO 2 – LA FALLACIA LUDDISTA 15. Il Lavoratore Qualificato 1760-1832, Hammond, J.L.; Hammond, Barbara, 1919. Londra: Longmans, Green and co.; p. 259. http://www.archive.org/details/skilledlabourer00hammiala 16. Difference Engine: L’Eredità Luddista, 2011. The Economist. http://www.economist.com/blogs/babbage/2011/11/artificial

-intelligence 17. Produttività e Disoccupazione, 2003. Marginal Revolution. http://www.marginalrevolution.com/marginalrevolution/2003/ 12/productivity_an.html 18. Tasso di disoccupazione armonizzato per genere. Eurostat. http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table &language=en&pcode=teilm020&tableSelection=1&plugin=1 19. American Notes: Vonnegut’s Gospel, 1970. Time Magazine. http://www.time.com/time/magazine/article/ 0, 9171, 878826, 00.html

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CAPITOLO 3 – LA CRESCITA ESPONENZIALE 20. Sostenibilità 101: Aritmetica, Popolazione ed Energia, Albert Bartlett. http://jclahr.com/bartlett/ 21. La ragione è molto semplice: 70 è all’incirca 100l n(2). Quindi, t empod i r ad d oppi o = 100l n(2) = 69.3. Se volete il tempo per triplicarla: t empod i t r i pl i cament o = 100l n(3) = 109.8. Il tempo di crescita n-volte Ã? 100l n(n). 22. Regola del 70. Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/Rule_of_70 23. Secondo altre versioni, si trattò invece del leggendario Dravida Vellalar. Popolazioni Dravidiche è un termine utilizzato per riferirsi a diversi gruppi di persone che parlano lingue appartenenti al ceppo dei Dravidiani. Questi ceppi, che contano circa 200 milioni di persone, si trovano principalmente nell’India meridionale. I Vellali (detti anche Vellalar o Vellala) furono, originariamente, una ristretta cerchia di proprietari terrieri Tamil nel Tamil Nadu, gli stati del Kerala in India e del vicino Sri Lanka; essi costituivano la nobiltà, l’aristocrazia dell’antico ordine Tamil (era Chera/Chola/Pandya/Sangam) e avevano strette relazioni con le diverse dinastie reali, http://en.wikipedia.org/wiki/Dravidian_peoples http://en.wikipedia.org/wiki/Vellalar chiamate Sessa o Sissa. Ci sono diverse varianti della stessa storia, una ambientata nell’Impero Romano con un coraggioso generale e il suo Cæsar, un’altra con due commercianti al mercato. Tutte ambientazioni diverse che portano allo stesso risultato. http://en.wikipedia.org/wiki/Wheat_and_chessboard_problem 24. Immagine per gentile concessione di Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/File:Wheat_Chessboard_with _line.svg

CAPITOLO 4 – LA TECNOLOGIA DELL’INFORMAZIONE 25. Stipare più componenti nei circuiti integrati, Gordon E. Moore, 1965. Electronics Magazine. p. 4. http://download.intel.com/museum/Moores_Law/Articles-Press _Releases/Gordon_Moore_1965_Article.pdf 26. La legge dei Ritorni Accelerati, Ray Kurzweil, 7 Marzo 2001. http://www.kurzweilai.net/the-law-of-accelerating-returns

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NOTE

CAPITOLO 5 – L’INTELLIGENZA 27. La Stanza Cinese è un tentativo di esperimento presentato da John Searle. Si suppone che esista un programma che dia ai computer l’abilità di sostenere una conversazione intelligente in cinese scritto. Se il programma viene dato a qualcuno che parla solamente inglese e segue le istruzioni del programma alla lettera, poi in teoria l’interlocutore inglese potrà sostenere la conversazione in cinese scritto. Comunque, l’interlocutore inglese non sarà in grado di capire la discussione. Allo stesso modo, conclude Searle, un computer che esegue il programma non sarà in grado di capire la conversazione. http://plato.stanford.edu/entries/chinese-room/ http://en.wikipedia.org/wiki/Chinese_room 28. Un ‘facepalm’ è il gesto fisico di mettere la propria mano piatta di fronte alla faccia o di far ricadere la testa nella mano stesa. Il gesto è comune in molte culture ed è simbolo di frustrazione, delusione, imbarazzo, shock o sorpresa. È diventato popolare come meme Internet basato sull’immagine del Capitano Jean-Luc Picard che fa questo gesto nell’episodio “DéjàQ” di Star Trek: The Next Generation. http://picardfacepalm.com/ http://en.wikipedia.org/wiki/Facepalm 29. Intelligenza Senza Ragione, Rodney A. Brooks, 1991. Istituto di Intelligenza Artificiale del Massachusetts Laboratory. http://people.csail.mit.edu/brooks/papers/AIM-1293.pdf 30. Sull’Intelligenza: Come una Nuova Conoscenza del Cervello ci guiderà alla Creazione di Macchine Veramente Intelligenti, Jeff Hawkins, 2004; La Macchina Emotiva: Pensieri Comuni, Intelligenza Artificiale , e il futuro della Mente Umana, Marvin Minsky, 2006

CAPITOLO 6 – L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE 31. L’esempio è preso da The Lights in the Tunnel: Automation, Accelerating Technology and the Economy of the Future, Martin Ford, 2009. CreateSpace. pp.64-67. 32. ”In realtà, c’è un altro fattore che potrebbe rallentare la piena automazione in Radiologia: la tendenza all’errore. Il risultato di un errore o di una svista nella lettura di un referto radiologico potrebbe essere disastroso per il paziente, e i costruttori di un sistema completamente automatizzato dovrebbero mettere in conto l’enorme danno che si verificherebbe in caso di errori. Questo rischio, naturalmente, esiste anche coi radiologi umani, ma

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173 è distribuito tra migliaia di dottori. Tuttavia, è sicuramente possibile che la legislazione e/o la giurisprudenza rimuovano questa barriera in futuro. Nel Febbraio 2008, per esempio, la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì 8-1 in una decisione che, in alcuni casi, i dispositivi medici dovessero essere sollevati da tale responsabilità nel caso in cui la FDA li abbia approvati. In generale, possiamo aspettarci che fattori non tecnologici come la tendenza all’errore dei prodotti, o il potere della manodopera organizzata, rallenteranno l’automazione in certi campi, ma essa rimarrà, complessivamente, implacabile.” da: The Lights in the Tunnel: Automation, Accelerating Technology and the Economy of the Future, Martin Ford, 2009. CreateSpace. p.67. 33. Can AI Fight Terrorism?, Juval Aviv, 2009. Forbes. http://www.forbes.com/2009/06/18/ai-terrorism-interfor

-opinions-contributors-artificial-intelligence-09-juval -aviv.html 34. Smart CCTV System Would Use Algorithm to Zero in on Crime-Like Behavior, Clay Dillow, 2011. Popular Science. http://www.popsci.com/technology/article/2011-08/new-cctv

-system-would-use-behavior-recognition-zero-crimes 35. The offshoring of radiology: myths and realities, Martin Stack, Myles Gartland, Timothy Keane, 2007. SAM Advanced Management Journal. http://www.accessmylibrary.com/coms2/summary

_028630757731_ITM 36. Comparing machines and humans on a visual categorization test, François Fleuret, Ting Li, Charles Dubout, Emma K. Wampler, Steven Yantis, and Donald Geman, 2011. Proceedings of the National Academy of Sciences. http://www.pnas.org/content/early/2011/10/11/ 1109168108.full.pdf 37. La Singolarità è vicina, Kurzweil, 2005, Apogeo.

CAPITOLO 7 – LE PROVE DELL’AUTOMAZIONE 38. Secondo il sito web dell’Associazione di Produttori di Distributori Automatici Giapponesi, ci sono 8,610,521 distributori in Giappone, uno ogni 14 persone. http://www.jvma.or.jp/information/qa_01.html 39. Amazon buys army of robots, Julianne Pepitone, 2012. CNN Money. http://tinyurl.com/cnn-kiva

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174

NOTE

40. Tesco Homeplus Virtual Subway Store in South Korea. http://www.youtube.com/watch?v=fGaVFRzTTP4 41. The Weight of Walmart (Infographic) http://frugaldad.com/2011/12/01/weight-of-walmart

-infographic/ 42. Strikes End at Two Chinese Automotive Suppliers, 2010. Reuters. http://www.reuters.com/article/idUSTRE66L0A220100722 43. Table 3. The Circuits Assembly Top 50 EMS Companies, 2009. Circuits Assembly. http://circuitsassembly.com/cms/images/stories/ArticleImages/ 1003/1003buetow_table3.pdf 44. Forbes Global 2000: The World’s Biggest Companies – Hon Hai Precision Industry, 2010. Forbes. http://www.forbes.com/companies/hon-hai-precision/ 45. Which is the world’s biggest employer?, 2012. BBC News. http://www.bbc.co.uk/news/magazine-17429786 46. Apple partnership boosting Foxconn market share, 2010. CNET. http://news.cnet.com/8301-13579_3-20011800-37.html 47. Foxconn to replace workers with 1 million robots in 3 years, July 2011. Xinhuanet News. http://news.xinhuanet.com/english2010/china/2011-07/30/c _131018764.htm 48. Companies Making The Necessary Transition From Industrial To Service Robots, 2012. Singularity Hub. http://singularityhub.com/2012/06/06/companies-making-the

-necessary-transition-from-industrial-to-service-robots/ 49. Foxconn Factories Are Labour Camps: Report. South China Morning Post. 50. Foxconn Security Guards Caught Beating Factory Workers, 2010. Shanghaiist. http://shanghaiist.com/2010/05/20/foxconn-security-guards -beating.php 51. Revealed: Inside the Chinese Suicide Sweatshop Where Workers Toil in 34-Hour Shifts To Make Your iPod, 2010. Daily Mail (London). http://www.dailymail.co.uk/news/article-1285980/Revealed

-Inside-Chinese-suicide-sweatshop-workers-toil-34-hour -shifts-make-iPod.html

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175 52. Suicides at Foxconn, 2010. The Economist. http://www.economist.com/node/16231588 53. Canon Camera Factory To Go Fully Automated, Phase Out Human Workers, June 2012. Singularity Hub. http://singularityhub.com/2012/06/06/canon-camera-factory

-to-go-fully-automated-phase-out-human-workers/ 54. China Is Replacing Its Workers With Robots, 2012. Business Insider. http://www.businessinsider.com/credit-suisse-chinese

-automation-boom-2012-8 55. The Machines Are Taking Over, Sep. 14, 2012. The New York Times http://www.nytimes.com/2012/09/16/magazine/how-computerized -tutors-are-learning-to-teach-humans.html 56. Why Software Is Eating The World, 2011. The Wall Street Journal. http://on.wsj.com/pC7IrX 57. Nella serie TV Star Strek, un replicatore funziona riorganizzando particelle subatomiche, che sono abbondanti ovunque nell’Universo, formando molecole e disponendole a formare l’oggetto. Per creare una braciola di maiale, ad esempio, il replicatore prenderebbe gli atomi di carbonio, idrogeno, nitrogeno, ecc., poi li disporrebbe in aminoacidi, proteine, cellule e assemblerebbe le particelle formando una braciola di maiale. http://en.wikipedia.org/wiki/Replicator_(Star_Trek) 58. Will 3D Printing Change The World?, 2012. Forbes. http://www.forbes.com/sites/gcaptain/2012/03/06/will-3d

-printing-change-the-world/print/ 59. Objet Connex 3D printers. http://www.ops-uk.com/3d-printers/objet-connex 60. iPhone 4’s Retina Display Explained, Chris Brandrick, 2010. PC World. http://www.pcworld.com/article/198201/iphone_4s_retina _display_explained.html 61. 3D printing.

http://www.explainingthefuture.com/3dprinting.html 62. A primer on 3D printing, Lisa Harouni, 2001. TEDSalon London Spring 2011. http://www.ted.com/talks/lisa_harouni_a_primer_on_3d _printing.html 63. 3D-printed prosthetics offer amputees new lease on life, 2012. Reuters. http://www.reuters.com/video/2012/02/27/3d-printed -prosthetics-offer-amputees-ne?videoId=230878689

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176

NOTE

64. 3D printer used to make bone-like material, 2011. Washington State University. http://wsutoday.wsu.edu/pages/publications.asp ?Action=Detail&PublicationID=29002&TypeID=1 65. Making a bit of me, a machine that prints organs is coming to market, 2010. The Economist. http://www.economist.com/node/15543683 66. What drives us. Bespoke. http://www.bespokeinnovations.com/content/what-drives-us 67. Thingiverse.

http://www.thingiverse.com 68. First Downloaded and 3D Printed Pirate Bay Ship Arrives, 2012. TorrentFreak. http://torrentfreak.com/first-downloaded-and-3d-printed

-pirate-bay-ship-arrives-120205/ 69. 30-storey building built in 15 days Construction time lapse. YouTube. http://www.youtube.com/watch?&v=Hdpf-MQM9vY 70. Time lapse captures 30-story hotel construction that took just 15 days to build, 2012. The Blaze. http://www.theblaze.com/stories/time-lapse-captures

-30-story-hotel-construction-that-took-just-15-days-to -build/ 71. Annenberg Foundation Puts Robotic Disaster Rebuilding Technology on Fast Track, 2005. University of Southern California School of Engineering. http://viterbi.usc.edu/news/news/2005/news_20051110.htm 72. House-Bot, December 30, 2005. The Science Channel. 73. Census of Fatal Occupational Injuries Summary, 2010. Bureau of Labour Statistics. http://bls.gov/news.release/cfoi.nr0.htm 74. Caterpillar Inc. Funds Viterbi ‘Print-a-House’ Construction Technology, 2008. University of Southern California School of Engineering. http://viterbi.usc.edu/news/news/2008/caterpillar-inc-funds .htm 75. Colloquium with Behrokh Khoshnevis, 2009. Massachusetts Institute of Technology. http://www.media.mit.edu/node/2277

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177 76. GSP-09 Team Project: ACASA, 2009. YouTube. http://www.youtube.com/watch?v=172Wne1t_2Q 77. Problem? http://www.urbandictionary.com/define.php?term=trolling 78. Are Sportswriters Really Necessary? Narrative Science’s software takes sports stats and spits out articles, Justin Bachman, 2010. Newsweek. http://www.businessweek.com/magazine/content/10_19/b 4177037188386.htm 79. Garry Kasparov vs. Deep Blue, Frederic Friedel. Daily Chess Columns. http://www.chessbase.com/columns/column.asp?pid=146 80. In informatica, la ricerca della forza bruta o ricerca esaustiva (conosciuta anche come “Generate and Test”), è una tecnica banale ma molto generale di risoluzione dei problemi che consiste nell’enumerare sistematicamente tutti i possibili candidati alla soluzione e verificare se ognuno soddisfa la questione relativa al problema. Per esempio, un algoritmo di forza bruta, per trovare i divisori di un numero naturale n, enumera tutti i numeri interi dall’uno alla radice quadrata di n, e verifica se ciascuno di essi può dividere n senza resto http://en.wikipedia.org/wiki/Brute-force_search 81. Chatbots fail to convince judges that they’re human, 2011. New Scientist. http://www.newscientist.com/blogs/onepercent/2011/10/turing -test-chatbots-kneel-bef.html 82. Did you Know?, Jeopardy! http://www.jeopardy.com/showguide/abouttheshow/showhistory/ 83. Computer Program to Take On ’Jeopardy!’, John Markoff, 2009. The New York Times. http://www.nytimes.com/2009/04/27/technology/27jeopardy .html 84. Secondo IBM, Watson è un sistema di carico di lavoro ottimizzato progettato per analisi complesse, rese possibili integrando i processori POWER7, massivamente paralleli, e il software IBM DeepQA per rispondere alle domande di Jeopardy! in meno di tre secondi. Watson è costituito da un cluster di 90 server IBM Power 750 (più I / O aggiungtivi, reti e nodi di controller del cluster in 10 rack) con un totale di 2880 processori core POWER7 e 16 terabyte di RAM. Ogni server Power 750 utilizza un 3.5 GHz POWER7 a otto core, con quattro thread per core. Il processore POWER7 ha una capacità di elaborazione in parallelo ed è un partner ideale per il software di Watson IBM DeepQA in parallelo (che è un carico di lavoro che può essere facilmente suddiviso in più attività in parallelo). http://www-03.ibm.com/systems/power/advantages/watson/index .html

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NOTE

85. Instant Reaction: Man-Made Minds, David Ferrucci, 2011. World Science Festival. http://worldsciencefestival.com/blog/instant_reaction_man

_made_minds 86. IBM’s Watson heads to medical school, Nick Wakeman, 2011. Washington Technology. http://washingtontechnology.com/articles/2011/02/17/ibm -watson-next-steps.aspx Wikipedia, Watson. https://en.wikipedia.org/wiki/Watson_%28computer 87. Mission Control, Built for Cities. I.B.M. Takes ‘Smarter Cities’ Concept to Rio de Janeiro, Natasha Singer, 2012. New York Times. http://www.nytimes.com/2012/03/04/business/ibm-takes -smarter-cities-concept-to-rio-de-janeiro.html ?pagewanted=all 88. Will IBM Watson Be Your Next Mayor?, 2012. Slashdot. http://yro.slashdot.org/story/12/04/27/0029256/will-ibm

-watson-be-your-next-mayor 89. Computers to Acquire Control of the Physical World, P. Magrassi, A. Panarella, N. Deighton, G. Johnson, 2001. Gartner research report. T-14-0301. 90. A World of Smart Objects, P. Magrassi, T. Berg, 2002. Gartner research report. R-17-2243. http://www.gartner.com/DisplayDocument?id=366151 91. Study: Intelligent Cars Could Boost Highway Capacity by 273%, 2012. Institute of Electrical and Electronics Engineers. http://spectrum.ieee.org/automaton/robotics/artificial

-intelligence/intelligent-cars-could-boost-highway -capacity-by-273

CAPITOLO 8 – L’ACCETTAZIONE SOCIALE 92. INTERNET USAGE STATISTICS. The Internet Big Picture. World Internet Users and Population Stats. http://www.internetworldstats.com/stats.htm 93. Freedom on the Net 2011 – A Global Assessment of Internet and Digital Media Freedom, 2011. Freedom House. http://www.freedomhouse.org/report/freedom-net/freedom-net

-2011

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179 94. Internet censorship in the United States. Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/Internet_censorship_in_the

_United_States 95. PROTECT IP / SOPA Breaks The Internet, Kirby Ferguson, 2012. http://vimeo.com/31100268 96. Stop Online Piracy Act. Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/Stop_Online_Piracy_Act 97. Anti-Counterfeiting Trade Agreement What is ACTA?. Electronic Frontier Foundation. https://www.eff.org/issues/acta 98. Extracts from the Slashdot discussion on SOPA, 2012. Slashdot. http://tech.slashdot.org/story/11/12/16/1943257/congresss

-techno-ignorance-no-longer-funny 99. The Top 0.1% Of The Nation Earn Half Of All Capital Gains, Robert Lenzner, 2011. Forbes. http://www.forbes.com/sites/robertlenzner/2011/11/20/the

-top-0-1-of-the-nation-earn-half-of-all-capital-gains/ 100. A nationally representative and continuing assessment of English language literary skills of American Adults, National Assessment of Adult Literacy (NAAL). National Center for Education Statistics. http://nces.ed.gov/naal/kf_demographics.asp 101. Human Development Report 2009: Overcoming barriers: Human mobility and development, 2009. United Nations Development Programme. http://hdr.undp.org/en/media/HDR_2009_EN_Complete.pdf 102. Americans’ Global Warming Concerns Continue to Drop, 2010. Gallup. http://www.gallup.com/poll/126560/americans-global-warming -concerns-continue-drop.aspx 103. Climate scepticism ’on the rise’, BBC poll shows, 2010. BBC. http://news.bbc.co.uk/2/hi/8500443.stm 104. Climate change: How do we know?. NASA. http://climate.nasa.gov/evidence/ 105. Climate Change Skeptic Results Released Today, 2011. Slashdot. http://news.slashdot.org/story/11/10/31/1255205/climate

-change-skeptic-results-released-today 106. Robotic Nation, Marshall Brain. http://marshallbrain.com/robotic-nation.htm

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NOTE

CAPITOLO 9 – LA DISOCCUPAZIONE DOMANI 107. Employed persons by detailed occupation, sex, race, and Hispanic or Latino ethnicity. Bureau of Labor Statistics. ftp://ftp.bls.gov/pub/special.requests/lf/aat11.txt 108. Employment Situation Summary. Bureau of Labor Statistics. http://www.bls.gov/news.release/empsit.nr0.htm 109. Employment status of the civilian noninstitutional population, 1940 to date. Bureau of Labor Statistics. ftp://ftp.bls.gov/pub/special.requests/lf/aat1.txt 110. Eurozone Unemployment Hits 10.9%, A Record High, 2012. Huffington post. http://www.huffingtonpost.com/2012/05/02/eurozone -unemployment-hits-record-high_n_1470237.html 111. The 86 million invisible unemployed, Annalyn Censky, 2012. CNNMoney. http://tinyurl.com/cnn-kiva 112. Ken Robinson dice che la scuola uccide la creatività. Ken Robinson, 2006. TED Global. http://www.ted.com/talks/ken_robinson_says_schools_kill _creativity.html 113. Sir Ken Robinson: Comincia la rivoluzione dell’apprendimento!, Ken Robinson, 2010. TED Global. http://www.ted.com/talks/sir_ken_robinson_bring_on_the _revolution.html 114. Io, ovviamente, non credo che le persone siano “zavorre”, proprio il contrario. Ma agli occhi di una multinazionale, lavoratori inefficienti significano una perdita di profitto. Pochissime aziende illuminate valutano le persone al di là del profitto. 115. Facebook faces EU curbs on selling users’ interests to advertisers, Jason Lewis, 2011. The Telegraph. http://www.telegraph.co.uk/technology/facebook/

8917836/Facebook-faces-EU-curbs-on-selling-users -interests-to-advertisers.html 116. Does Facebook sell my information?. Facebook. https://www.facebook.com/help/?faq=152637448140583 117. Albert Einstein quotes. ThinkExist. http://thinkexist.com/quotation/if_you_can-t_explain_it _simply-you_don-t/186838.html

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181 118. La neuroplasticità si riferisce alla sensibilità alle variazioni fisiologiche del sistema nervoso, a causa di cambiamenti nel comportamento, dell’ambiente, dei processi neuronali, o parti del corpo diverse del sistema nervoso. Essa si verifica a diversi livelli, che vanno dai cambiamenti cellulari delegati all’apprendimento, ai cambiamenti su larga scala coinvolti nella rimappatura corticale conseguente al danno. Il ruolo della neuroplasticità è ampiamente riconosciuto in uno sviluppo sano, nell’apprendimento, nella memoria e nel recupero da danni cerebrali. Recenti scoperte rivelano che molti aspetti del cervello rimangono plastici anche in età adulta. Riferimenti: • Pascual-Leone, A., Freitas, C., Oberman, L., Horvath, J. C., Halko, M., Eldaief, M. et al. (2011). Characterizing brain cortical plasticity and network dynamics across the age-span in health and disease with TMS-EEG and TMS-fMRI. Brain Topography, 24, 302-315. • Pascual-Leone, A., Amedi, A., Fregni, F., & Merabet, L. B. (2005). The plastic human brain cortex. Annual Review of Neuroscience, 28, 377401. • Rakic, P. (January 2002). Neurogenesis in adult primate neocortex: an evaluation of the evidence. Nature Reviews Neuroscience.

CAPITOLO 10 – L’IDENTITÀ E IL LAVORO 119. Le munizioni a grappolo sono vietate per quelle nazioni che ratificano la Convenzione sulle munizioni a grappolo, adottata a Dublino, in Irlanda, nel maggio 2008. La convenzione è entrata in vigore ed è diventata legge internazionale vincolante per gli Stati ratificanti il 1 agosto 2010, sei mesi dopo essere stata ratificata da 30 Stati, a partire da agosto 2011, per un totale di 108 stati che hanno firmato la Convenzione e 60 che lo hanno ratificato. Tuttavia, questo tipo di bombe è ancora usato in guerre e conflitti interni, ovunque nel mondo. Sono prodotte e distribuite da Stati che non hanno ratificato, o agiscono attraverso il mercato nero. Potrei anche usare altri esempi, ma penso che il punto sia chiaro. 120. Corruption Perceptions Index 2010: In detail, 2010. Transparency International. http://www.transparency.org/policy_research/surveys

_indices/cpi/2010/in_detail 121. Intergenerational mobility in Europe and North America, Blanden J., Gregg P., Machin S., 2005. London: Centre for Economic Performance, London

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182

NOTE

School of Economics. http://cep.lse.ac.uk/about/news/IntergenerationalMobility .pdf 122. The problems of relative deprivation: why some societies do better than others, Richard Wilkinson, Kate Pickett, 2007. Social Science and Medicine 2007; 65. pp. 1965-78. http://www.equalitytrust.org.uk/docs/problems-of-relative -deprivation.pdf

CAPITOLO 11 – LA RICERCA DELLA FELICITÀ 123. A Treatise of the Laws of Nature, Richard Cumberland, 2005. Indianapolis: Liberty Fund. pp. 523-24. 124. Essay Concerning Human Understanding, Book 2, Chapter 21, Section 51, John Locke, 1690. 125. Justifying America: The Declaration of Independence as a Rhetorical Document, Stephen Lucas in Thomas W. Benson, ed., American Rhetoric: Context and Criticism, 1989. 126. City of Ruins, Chris Hedges, 2010. The Nation. http://www.thenation.com/article/155801/city-ruins 127. Remaining Awake Through a Great Revolution, Martin Luther King Jr., 31 March 1968, sermon at the National Cathedral; published in A Testament of Hope, 1986 128. American Idol è lo spettacolo più popolare nella recente storia della televisione americana. http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_most_watched

_television_broadcast 129. Diversi atti di violenza sono stati segnalati nei venerdì neri nel corso di questi ultimi anni. • Wal-Mart worker dies in rush; two killed at toy store, 2008. CNN. http://edition.cnn.com/2008/US/11/28/black.friday .violence/index.html • Black Friday shopper arrested on weapons, drug charges in Boynton Beach | boynton, arrested, beach - Top Story - WPEC 12 West Palm Beach, 2011. CBS. http://www.cbs12.com/news/boynton-4729776-arrested -beach.html • Black Friday – Violence. Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/Black_Friday_(shopping

)#Violence

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183 130. The 1% are the very best destroyers of wealth the world has ever seen, George Monbiot, 2011. The Guardian. http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/nov/07/one-per -cent-wealth-destroyers.Emphasismine. 131. How cognitive illusions blind us to reason, Daniel Kahneman, 2011. The Guardian. http://www.guardian.co.uk/science/2011/oct/

30/daniel-kahneman-cognitive-illusion-extract 132. Disordered Personalities at Work, Belinda Jane Board and Katarina Fritzon, 2005. Psychology, Crime & Law, Vol. 11(1). pp. 17-32. 133. The network of global corporate control, Stefania Vitali, James B. Glattfelder, and Stefano Battiston, 2011. ETH Zurich, Kreuzplatz 5, 8032 Zurich, Switzerland. http://arxiv.org/PS_cache/arxiv/pdf/1107/1107.5728v2.pdf

CAPITOLO 12 – LO SCORPIONE E LA RANA 134. Adapted from an anonymous comment on Slashdot. http://slashdot.org/comments.pl?sid=180945&cid=14970571

CAPITOLO 13 – LA FELICITÀ E LA CRESCITA 135. Quantitative Analysis of Culture Using Millions of Digitized Books, JeanBaptiste Michel, Yuan Kui Shen, Aviva Presser Aiden, Adrian Veres, Matthew K. Gray, William Brockman, The Google Books Team, Joseph P. Pickett, Dale Hoiberg, Dan Clancy, Peter Norvig, Jon Orwant, Steven Pinker, Martin A. Nowak, and Erez Lieberman Aiden, 2010. Science. http://www.sciencemag.org/content/early/2010/12/15/science .1199644 136. Does Economic Growth Improve the Human Lot? Some Empirical Evidence, Richard A. Easterlin, 1974. University of Pennsylvania. http://graphics8.nytimes.com/images/2008/04/ 16/business/Easterlin1974.pdf 137. The happiness-income paradox revisited, Richard A. Easterlin, Laura Angelescu McVey, Malgorzata Switek, Onnicha Sawangfa, and Jacqueline Smith Zweig, 2010. Proceedings of the National Academy of Sciences. http://www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1015962107 138. Money Doesn’t Make People Happy, 2006. Forbes. http://www.forbes.com/2006/02/11/tim-harford-money_cz_th _money06_0214harford.html

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184

NOTE

139. Psychology 110 Lecture 20 – The Good Life: Happiness, Prof. Paul Bloom. Yale University. http://oyc.yale.edu/psychology/psyc-110/lecture-20

CAPITOLO 14 – LA FELICITÀ E IL REDDITO 140.

• Economic Growth and Subjective Well-Being: Re-Assessing the Easterlin Paradox, Betsey Stevenson and Justin Wolfers, 2008. Brookings Panel on Economic Activity. http://bpp.wharton.upenn.edu/betseys/papers/Happiness .pdf • Income, Health, and Well-Being around the World: Evidence from the Gallup World Poll, Angus Deaton, 2008. Journal of Economic Perspectives, 22(2). pp. 53-72. http://www.aeaweb.org/articles.php?doi=10.1257/jep .22.2.53

141. Does Inequality Make Us Unhappy?, Jonah Lehrer, 2011. Wired. http://www.wired.com/wiredscience/2011/11/does-inequality

-make-us-unhappy/ 142. High income improves evaluation of life but not emotional well-being, Daniel Kahneman and Angus Deaton, 2010. Proceedings of the National Academy of Sciences. http://www.pnas.org/content/107/38/16489.full

CAPITOLO 15 – LA SCIENZA DELLA FELICITÀ 143. Adattato dal libro di Spike Milligan Money can’t buy you happiness but it does bring you a more pleasant form of misery e da molte altre varianti. http://thinkexist.com/quotation/money_can-t_buy_you _happiness_but_it_does_bring/220031.html 144. Questa frase è attribuita a Jim Carrey, ma ho trovato una sola fonte abbastanza affidabile. Comunque, penso sia una grande citazione. http://goo.gl/7Am3s 145. Genes, Economics, and Happiness, Jan-Emmanuel De Neve, James H. Fowler, Bruno S. Frey, 2010. CESifo Working Paper Series 2946, CESifo Group Munich. http://jhfowler.ucsd.edu/genes_economics_and_happiness.pdf

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185 146. ”Gli studi che confrontano i gemelli identici con quelli non-identici hanno aiutato a stabilire l’ereditarietà di molti aspetti del comportamento. Un lavoro recente suggerisce che circa un terzo della variazione nella felicità delle persone sia ereditabile. Jan-Emmanuel De Neve ha portato lo studio a uno stadio successivo, osservando un sospettato – il gene che codifica per la proteina che trasporta un neuro-trasmettitore chiamato serotonina attraverso le membrane cellulari – ed esaminando quante varianti del gene 5-HTT condizionassero i livelli di felicità. Il gene che trasportava la serotonina si presenta in due varianti funzionali – lunga e breve – e le persone hanno due versioni (note come alleli) di ciascun gene, una da ciascun parente. Dopo aver esaminato i dati genetici da più di 2.500 partecipanti nel National Longitudinal Study of Adolescent Health, De Neve ha scoperto che le persone con un allele lungo avevano l’8% di probabilità in più di sentirsi soddisfatte della propria vita rispetto a chi ne era priva, e i soggetti con due alleli lunghi avevano il 17% di probabilità in più di sentirsi molto soddisfatti. La cosa abbastanza interessante è che c’è una variazione degna di nota tra ceppi etnici: gli Asiatici Americani del campione avevano una lunghezza media dei geni pari a 0.69, gli Americani bianchi 1.12, gli afroamericani 1.47. ’A lungo si è sospettato che questo gene giochi un ruolo nella salute mentale, ma questo è il primo studio che mostra il suo ruolo determinante nei livelli individuali di felicità,’ scrive De Neve. ’Questa scoperta aiuta a spiegare perché ciascuno di noi abbia un livello-base di felicità tutto suo e perché alcune persone tendano a essere naturalmente più felici di altre, e che tutto questo è determinato in misura non piccola dal nostro personale corredo genetico.”’, 2011. Slashdot. http://science.slashdot.org/story/11/10/18/0515236/the

-genetics-of-happiness 147. Ingegneria genetica, medicina personalizzata, tutti campi affascinanti da discutere, e che saranno senza dubbio al centro della scena tra pochi anni. 148. Happiness is the Frequency, Not the Intensity, of Positive Versus Negative Affect, Ed Diener, Ed Sandvik and William Pavot, 2009. Social Indicators Research Series, 2009, Volume 39. pp. 213-231. http://dx.doi.org/10.1007/978-90-481-2354-4_10 149. Discoveries at the Diener’s Lab, Prof. Ed Diener, University of Illinois. http://internal.psychology.illinois.edu/ ~ediener/discoveries.html 150. L’esempio è stato adattato dall’intervento Dan Gilbert domanda, Perché siamo felici?, Dan Gilbert, 2004. TED Global. http://www.ted.com/talks/dan_gilbert_asks_why_are_we_happy .html

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NOTE

151. Dan Gilbert, Why are we happy?, Dan Gilbert, 2004. TED Global. http://www.ted.com/talks/dan_gilbert_asks_why_are_we_happy .html. I grassetti sono miei.

CAPITOLO 16 – LA FELICITÀ E IL LAVORO 152. Per controllare, si vedano i dati di Darity e Goldsmith, 1996. Bj´’orklund, Eriksson (1998) e Korpi (1997) offrono dati per i paesi Scandinavi, Blanchflower e Oswald (2004b) per Regno Unito e Stati Uniti, Winkelmann e Winkelmann (1998) per la Germania, e Ravallion e Lokshin (2001) per la Russia. 153. Unhappiness and Unemployment, Andrew E. Clark and Andrew J. Oswald, 1994. The Economic Journal Vol. 104, No. 424 (May, 1994). pp. 648-659. http://www.jstor.org/stable/2234639 154. Vedere, p.e, Winkelmann e Winkelmann 1998 per i dati sulla Germania, o Marks e Fleming (1999) per i dati sull’Australia. Quest’ultimo studio analizza in dettaglio i vari effetti sulla salute mentale. 155. Per approfondire, si veda Murphy e Athanasou (1999). 156. ”Ci sono alcune eccezioni molto interessanti. Per esempio, non ci abituiamo al rumore. Molta ricerca suggerisce che se il tuo ambiente è rumoroso, per esempio quando stanno costruendo un edificio vicino a te, non riesci ad abituartene. La tua felicità diminuisce e non risale. Il tuo sistema percettivo non riesce ad abituarsi al rumore prolungato. Ci adattiamo a cose buone, come vincere la lotteria, prendere 30 a un esame - ci adattiamo, ci abituiamo, malgrado alcune sorprendenti eccezioni. Un’altra sorpresa della ricerca sulla felicità è l’effetto della chirurgia estetica, come gli interventi al seno. Con grande sorpresa dei ricercatori, questi interventi rendono le persone permanentemente più felici. Una delle spiegazioni è l’importanza data al nostro aspetto. È molto importante perché cambia il modo in cui siamo visti dagli altri e da noi stessi, e non ti abitui mai a un certo aspetto. Se migliori il tuo aspetto, quindi, sei permanentemente più felice.” – Psychology 110 Lecture 20 - The Good Life: Happiness, prof. Paul Bloom. Yale University. http://oyc.yale.edu/psychology/psyc-110/lecture-20 157. Veum Goldsmith and Darity (1996). 158. Ruhm (2000). 159. Stutzer and Lalive (2004). 160. Clark e Oswald (1994).

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187 161. Handbook of Positive Psychology, Jeanne Nakamura and Mihály Csíkszentmihályi, 2001. pp.89-101. 162. Handbook of competence and motivation, Mihály Csíkszentmihályi, Sami Abuhamdeh, and Jeanne Nakamura, 2005. Chapter 32 – Flow. http://academic.udayton.edu/jackbauer/CsikFlow.pdf 163. Bruno S. Frey (2008), Hamilton (2000), Ryan e Deci (2000). 164. Meier and Stutzer (2008). 165. Tabella: Le Nazioni Più Felici Del Mondo, 2010. Time Magazine. http://www.forbes.com/2010/07/14/world-happiest-countries -lifestyle-realestate-gallup-table.html?partner=popstories 166. Ore annuali medie lavorate per lavoratore. OECD library, Organisation for Economic Co-operation and Development. http://stats.oecd.org/Index.aspx?DatasetCode=ANHRS

CAPITOLO 17 – LO SCOPO DELLA VITA 167. The Essential 20: Twenty Components of an Excellent Health Care Team, Dianne Dukette and David Cornish, 2009. RoseDog Books. pp. 72-73. 168. The New York Magazine Environmental Teach-In, Elizabeth Barlow, 30 March 1970. New York Magazine. p. 30. http://books.google.com/books?id=cccDAAAAMBAJ &printsec=frontcover#PPA30, M1. Fuller era anche, naturamente, un architetto, un ingegnere, un autore, un designer, uno dei più eminenti teorici dei sistemi, ed è considerato da molti uno dei più grandi pensatori dell’ultimo secolo, avendo coniato termini come “Astronave Terra”, efemeralizzazione, e sinergico, tra gli altri. 169. Philippe Beaudoin, 2012. https://plus.google.com/u/0/107988469357342173268/posts/

2MVoo5KG1eP 170. Rice University’s 2012 commencement, Salman Khan, 2012. http://www.khanacademy.org/talks-and-interviews/v/salman

-khan-at-rice-university-s-2012-commencement 171. 80% Hate Their Jobs – But Should You Choose A Passion Or A Paycheck?, 2010. Business Insider. http://articles.businessinsider.com/2010-10-04/strategy/

30001895_1_new-job-passion-careers

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NOTE

CAPITOLO 18 – CONSIGLI PRATICI PER TUTTI 172. Virtù. Wikipedia. http://it.wikipedia.org/wiki/Virtu 173. Average Salary In United States. http://www.averagesalarysurvey.com/article/average-salary -in-united-states/15200316.aspx 174. National Average Wage Index. The United States Social Security Administration. http://www.ssa.gov/oact/COLA/AWI.html 175. Purtroppo, l’origine di questa citazione è sconosciuta, nonostante sia generalmente citata come Cinese. Negli anni è stata erroneamente attribuita a Confucio, Lao Tzu, e Guan Zhong. È un proverbio cinese che genericamente significa “Meglio insegnare a qualcuno come fare qualcosa piuttosto che farlo per lui”. http://goo.gl/XdvT9 176. Decline in fish stocks, 1999. World Resources Institute. http://www.wri.org/publication/content/8385 177. iPhone 5 announcement: 3 important things to watch, 2012. MSN Finance. http://finance.ninemsn.com.au/newsbusiness/motley/

8531541/iphone-5-announcement-3-important-things-to-watch 178. Why MIT decided to give away all its course materials via the Internet, C. M. Vest, 2004. The Chronicle of Higher Education, 50(21), B20. 179. Vedi The Empathic Civilization: The Race to Global Consciousness in a World in Crisis, Jeremy Rifkin, 2009. Tarcher. 180. Wolfram Alpha è un servizio online che risponde a domande concrete cercando le risposte in alcuni dati strutturati, anziché fornire una serie di documenti o pagine web che potrebbero contenere la risposta, come fa di solito un motore di ricerca. Lo scopo è quello di “rendere tutta la conoscenza sistematica immediatamente computabile e accessibile a tutti.” http://www.wolframalpha.com/about.html 181. College 2.0: A Self-Appointed Teacher Runs a One-Man ‘Academy’ on YouTube, Jeffrey R. Young, 2010. The Chronicle of Higher Education. http://chronicle.com/article/A-Self-Appointed-Teacher

-Runs/65793/ 182. Accelerating change. Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/Accelerating_change

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189 183. Journal of the American Dietetic Association. http://eatright.org/cps/rde/xchg/ada/hs.xsl/home_7018_ENU _HTML.htm 184. FAO – Cattle ranching is encroaching on forests in Latin America, 2005. Food and Agriculture Organization of the United Nations. http://www.fao.org/newsroom/en/news/2005/102924/ 185. Ethics and Climate Change in Asia and the Pacific (ECCAP) Project, Robert A. Kanaly, Lea Ivy O. Manzanero, Gerard Foley, Sivanandam Panneerselvam, Darryl Macer, 2010. Working Group 13 Report, Energy Flow, Environment and Ethical Implications for Meat Production. http://unesdoc.unesco.org/images/0018/001897/189774e.pdf 186. Livestock’s Long Shadow: Environmental Issues and Options, H. Steinfeld et al, 2006. Livestock, Environment and Development. Food and Agriculture Organization of the United Nations. ftp://ftp.fao.org/docrep/fao/010/a0701e/a0701e00.pdf 187. Water footprints of nations, AK Chapagain, AY Hoekstra, 2004. Value of Water Research Report Series (UNESCO-IHE) 6. http://www.waterfootprint.org/Reports/Report16Vol1.pdf 188. Eating Lots of Red Meat Linked to Colon Cancer. American Cancer Society. http://209.135.47.118/docroot/NWS/content/NWS_1_1x_Eating _Lots_of_Red_Meat_Linked_to_Colon_Cancer.asp 189. Food, Nutrition, Physical Activity, and the Prevention of Cancer: a Global Perspective, 2007. World Cancer Research Fund. p. 116. 190. Breast Cancer Risk Linked To Red Meat, Study Finds, Rob Stein, 2006. The Washington Post. http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/ 11/13/AR2006111300824.html 191. Study Links Meat Consumption to Gastric Cancer. National Cancer Institute. http://www.cancer.gov/cancertopics/prevention-genetics

-causes/causes/meatconsumption 192. Study links red meat to some cancers. CNN. http://www.cnn.com/US/9604/30/meat.cancer/ 193. Associations between diet and cancer, ischemic heart disease, and all-cause mortality in non-Hispanic white California Seventh-day Adventists. The American journal of clinical nutrition 70 (3 Suppl): 532S-538S. http://www.ajcn.org/cgi/pmidlookup?view=long&pmid=10479227

194. Lung cancer risk and red meat consumption among Iowa women, M. C. R. Alavanja et al, 2011. Lung Cancer 34.1. pp. 37-46.

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NOTE

195. Relationship between meat intake and the development of acute coronary syndromes: the CARDIO2000 case-control study, Kontogianni et al, 2007. European journal of clinical nutrition 62.2. pp. 171-177. 196. Dietary Fat and Meat Intake in Relation to Risk of Type 2 Diabetes in Men, R.M. Van Dam, W. C. Willett, E.B. Rimm, M. J. Stampfer, F. B. Hu, 2002. Diabetes Care 25 (3). 197. Meat consumption is associated with obesity and central obesity among US adults, Y. Wang, M. A. Beydoun, 2009. International Journal of Obesity 33 (6). pp. 621-628. 198. Dietary risk factors for the development of inflammatory polyarthritis: evidence for a role of high level of red meat consumption, D.J. Pattison et al, 2004. Arthritis & Rheumatism 50.12. pp. 3804-3812. 199. Il Nest, un esempio di Termostato Intelligente. http://www.nest.com 200. Hot Water Heater ‘Blanket’. http://www.greenandsave.com/utility_savings/gas/hot_water _heater_blanket.html 201. Standby Power Reduction. http://www.greenandsave.com/utility_savings/electric/standby _power_reduction.html 202. Master ROI Table. http://www.greenandsave.com/master_roi_table.html 203. Integrative Design: A Disruptive Source of Expanding Returns to Investments in Energy Efficiency, Amory Lovins, 2010. Rocky Mountain Institute. http://www.rmi.org/Knowledge-Center/Library/2010-

09_IntegrativeDesign 204. Solar and Nuclear Costs – The Historic Crossover, John O. Blackburn and Sam Cunningham, 2010. Duke University. NC WARN: Waste Awareness & Reduction network. http://www.ncwarn.org/wp-content/uploads/2010/07/NCW -SolarReport_final1.pdf 205. Mapping Solar Grid Parity, John Farrell. http://energyselfreliantstates.org/content/mapping-solar

-grid-parity 206. Re-Mapping Solar Grid Parity, John Farrell. http://www.energyselfreliantstates.org/content/re-mapping

-solar-grid-parity-incentives

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191 207. Smaller, cheaper, faster: Does Moore’s law apply to solar cells?, Ramez Naam, 2011. Scientific American. http://blogs.scientificamerican.com/guest-blog/2011/03/

16/smaller-cheaper-faster-does-moores-law-apply-to-solar -cells/ 208. The True Cost Of Owning A Car, 2008. Investopedia. http://www.investopedia.com/articles/pf/08/cost-car -ownership.asp#axzz1u18EBznk 209. Road accident statistics in Europe, 2007. CARE and national data, European Union. http://ec.europa.eu/sverige/documents/traffic_press_stats .pdf 210. Cars and community – is it possible to have both?, 2009. http://makewealthhistory.org/2009/06/22/cars-and-community

-is-it-possible-to-have-both/ 211. National Obesity Trends, 2010. CDC – National Center for Health Statistics. http://www.cdc.gov/obesity/data/trends.html 212. Over half the US will be obese by 2015, YouTube. http://www.youtube.com/watch?v=rXNe3LHlVxU

213. Peer-to-peer car rental. Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/Peer-to-peer_car_rental

CAPITOLO 19 – COSTRUIRE IL DOMANI 214. Questa citazione viene attribuita a Peter Drucker, ma molte persone hanno espresso la stessa idea – Alan Curtis Kay, in un incontro del PARC del 1971 disse: “Il miglior modo di prevedere il futuro è inventarlo”. Più recentemente, Peter Diamandis fu reso celebre dalla frase: “Il miglior modo di prevedere il futuro è crearcelo” 215. Non sottovalutate l’importanza del software. La maggior parte delle cose che ci aiutano a vivere meglio sono software. Attrezzatura medica, server, PC, telefoni cellulari, elettrodomestici, semafori, Internet. . . pensate a quante cose diamo per scontate che non esisterebbero senza un software. 216. Open Source. Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/Open_source 217. Can We Open Source Everything? The Future of the Open Philosophy. University of Cambridge. http://www.sms.cam.ac.uk/media/517352;jsessionid=62FE4CCB

3807753999235E2EA54E5009

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NOTE

218. LATEX– a document preparation system. http://www.latex-project.org/ Open at the source. Apple. http://www.apple.com/opensource/ 219. Kickstarter Expects To Provide More Funding To The Arts Than NEA, Carl Franzen, 2012. http://idealab.talkingpointsmemo.com/2012/02/kickstarter -expects-to-provide-more-funding-to-the-arts-than-nea.php 220. Marcin Jakubowski: Progetti open source per la civilizzazione, Marcin Jakubowski, TED. http://www.ted.com/talks/marcin_jakubowski.html 221. Jimmy Wales interviewed by Miller, Rob ‘Roblimo’. Wikipedia Founder Jimmy Wales Responds, 2004. Slashdot. http://slashdot.org/story/04/07/28/1351230/wikipedia

-founder-jimmy-wales-responds 222. Gin, Television, and Social Surplus, Clay Shirky, 2010. Archived from the original on 2010-10-16. http://replay.web.archive.org/20101016111844/http://www .herecomeseverybody.org//2008//04//looking-for-the-mouse .html 223. 21 hours Why a shorter working week can help us all to flourish in the 21st century, Anna Coote, Jane Franklin and Andrew Simms, 2010. new economics foundation. http://neweconomics.org/sites/neweconomics.org/files/ 21_Hours.pdf 224. Graham Hill: Why I’m a weekday vegetarian, Graham Hill, 2010. TED. http://www.ted.com/talks/graham_hill_weekday_vegetarian .html 225. 23 and 1/2 hours: What is the single best thing we can do for our health?, Dr. Mike Evans. http://www.youtube.com/watch?&v=aUaInS6HIGo 226. If money doesn’t make you happy, then you probably aren’t spending it right, Elizabeth W. Dunn, Daniel T. Gilbert, Timothy D. Wilson, 2011. Journal of Consumer Psychology. http://www.wjh.harvard.edu/~dtg/DUNN%20GILBERT%20&%20WILSON %20(2011).pdf

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CAPITOLO 20 – UN BELLISSIMO FUTURO 227. Waking Life è un film d’animazione americano (rotoscope basato su azione dal vivo), diretto da Richard Linklater e uscito nel 2001. L’intero film è stato girato con video digitali e poi un team di artisti ha disegnato a computer linee e colori stilizzati su ogni frame. Il film è incentrato sulla natura dei sogni, la coscienza, e l’esistenzialismo. Il titolo è un riferimento alla massima del filofoso George Santayana: “La salute mente non è che pazzia tesa al buon uso; la vita da svegli è un sogno controllato”. Wikipedia. http://en.wikipedia.org/wiki/Waking_Life

APPENDICE A – COME PUÒ UNA FAMIGLIA VIVERE MEGLIO SPENDENDO BENE 228. Consumer Reports says the average life expectancy of a new vehicle these days is around 8 years or 150,000 miles. http://www.consumerreports.org

APPENDICE B – CRESCITA 229. Galactic-Scale Energy, Prof. of Physics Tom Murphy, 2011. Do the Math. http://physics.ucsd.edu/do-the-math/2011/07/galactic-scale

-energy 230. In fisica, in particolare nella didattica, la stima di Fermi (che prendere il nome dal geniale fisico italiano Enrico Fermi) è un problema di stima progettato per insegnare l’analisi dimensionale, l’approssimazione e l’importanza di identificare chiaramente le assunzioni fatte. Tali problemi consistono solitamente nel quantificare in modo motivato grandezze che che sembrano impossibili da calcolare, date le limitate informazioni disponibili. Fermi era noto per la sua abilità nel fare buoni calcoli approssimati con pochi o nessun dato effettivo, per questo ha dato il nome al problema. Un esempio ben documentato è la sua stima della potenza della bomba atomica esplosa nel Trinity test, basandosi sulla distanza che percorsero dei pezzi di carta che fece cadere dalla sua mano durante l’esplosione. http://it.wikipedia.org/wiki/Problema_di_Fermi 231. Ricordate la regola del 70, il numero di anni necessari a raddoppiare una quantità a un tasso fisso di crescita (che è derivato prendendo 100 volte il naturale logaritmo di 2. 100l n(2) = 69, 3147181)?. Per ottenere un fattore di 10 usiamo 100l n(10) = 230, 258509. Ora prendiamo 230/100 = 2, 3. Pertanto, il 2,3% è il tasso a cui possiamo ottenere un fattore di crescita pari a 10 ogni 100 anni.

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NOTE

232. Energy Use per Capita, 2012. World Bank. Explore it interactively with Google Public Data. http://goo.gl/olcMQ 233. Galactic-Scale Energy, Prof. of Physics Tom Murphy, 2011. Do the Math.

http://physics.ucsd.edu/do-the-math/2011/07/galactic-scale -energy/ 234. Can Economic Growth Last?, Prof. Tom Murphy, 2011. http://physics.ucsd.edu/do-the-math/2011/07/can-economic

-growth-last

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