FACS (LIE TO ME)
January 20, 2017 | Author: valestefano79 | Category: N/A
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F.A.C.S. IL PASSEPARTOUT DELLE EMOZIONI Il Facial Action Coding System (FACS) è il sistema elaborato da Paul Ekman e Wallace V. Fiesen attraverso il quale registrare, classificare ed interpretare qualsiasi espressione facciale sulla base di una combinazione delle unità di movimenti facciali (cosiddette unità d'azione). Il F.A.C.S infatti permette sia di identificare in maniera sistematica tutte le espressioni facciali attraverso le singole azioni dei muscoli del viso (cosiddetta codifica in unità d'azione), sia di associare alcune espressioni facciali alle dimensioni emotive primarie o di base: felicità, rabbia, disgusto, sorpresa, paura, tristezza (cosiddetta decodifica).
Esistono poi le emozioni secondarie (delusione, disprezzo, ecc.); le emozioni legate agli altri: amore, odio, gelosia pietà, invidia; quelle legate alla valutazione di sé: vergogna, orgoglio, senso di colpa, soddisfazione; le emozioni legate agli stimoli sensoriali: dolore, piacere, disgusto, orrore. L’utilità delle emozioni consiste nel permetterci di valutare nell’immediato se uno stimolo ci sorprende, ci piace oppure no, se può esserci utile o dannoso ed infine, se siamo in grado di affrontarlo o è meglio allontanarsi da esso. Perché il F.A.C.S. Prende in esame proprio il volto nello studio delle emozioni? Il viso è la nostra parte più loquace. Il volto è infatti sicuramente la parte più esposta allo sguardo dell'altro nella relazione tra individui. Inoltre il controllo che abbiamo di noi stessi si abbassa dalla testa arrivando ai piedi. Siamo generalmente poco coscienti di quello che avviene dalla cintura in giù.
Macroespressioni, Microespressioni ed Espressioni sottili. Paul Ekman distingue tre categorie di comportamento emozionale del volto: Macroespressioni, Microespressioni ed Espressioni sottili. Le prime due categorie – Macro e Microespressioni – si differenziano l’una dall’altra in relazione alla durata; la terza categoria – espressioni sottili – si contraddistingue, invece, per le sue caratteristiche nelle dimensioni dell’intensità e/o dell’estensione sul volto. Macroespressioni: Ciascuna delle emozioni di base si esprime nel volto attraverso una specifica combinazione di azioni muscolari – più o meno simultanee - che dà forma a dei prototipi espressivi nell’aspetto del volto che, normalmente, ciascuno di noi è in grado di riconoscere nei suoi interlocutori e di ricondurre ad uno specifico stato di attivazione emozionale, con una valenza positiva o negativa (es. gioia, rabbia) ed una data intensità. Le macroespressioni, pertanto, altro non sono che i cambiamenti universali nell’aspetto del volto legati alla manifestazione delle diverse emozioni. Infatti la parte più rilevante dello studio di Ekman delle emozioni consiste nell’aver dimostrato che le espressioni del viso che esprimono gioia, paura, rabbia, disgusto, tristezza, sorpresa, sono le stesse a prescindere dal luogo di nascita. Che si tratti di New York o della profonda foresta amazzonica, esprimiamo le stesse identiche emozioni negli stessi identici modi.
Microespressioni Con il termine microespressioni si fa riferimento a manifestazioni mimiche complete, con un’attività che può interessare l’intero volto e un’intensità che può essere alta, ma con una durata molto breve. Le microespressioni rimangono sul volto per un tempo inferiore al mezzo secondo (da 40 a 500 ms). Pertanto, la breve durata è l’unica caratteristica che distingue le microespressioni dalle macroespressioni. “ Queste espressioni brevissime possono presentarsi per due ragioni diverse, anche se fra loro collegate: … per uno sforzo consapevole di dissimulazione, oppure come prodotto di una rimozione, quando il soggetto non è consapevole dell’emozione che sta vivendo… In ogni caso, non ho rilevato alcuna differenza nella fenomenologia delle microespressioni, siano esse dovute a rimozione o all’attivo sforzo di reprimere le manifestazioni mimiche di un’emozione.” [Paul Ekman, 2011, I volti della Menzogna].
Pensiamo ad esempio quando ci fanno una domanda imbarazzante, inconsciamente proveremo vergogna e sul nostro volto potrebbe apparire una espressione di brevissima durata che serve a “manipolare” l'emozione, cercando di dissimularla agli occhi di chi abbiamo di fronte. Espressioni sottili “Sono espressioni minime che si manifestano solo in parte del viso, oppure coinvolgono l’intero viso ma in maniera molto attenuata. Le ragioni possono essere varie: un’emozione poco intensa, un’emozione incipiente – allora anche la mimica si accentuerà quando l’emozione prende piede – oppure un’emozione intensa che viene attivamente repressa, lasciando sfuggire solo un frammento rivelatore.”[Paul Ekman, 2011, I volti della Menzogna]. Microespressioni ed espressioni sottili, generalmente, sfuggono alla percezione. È sufficiente un battito di palpebre, per lasciarsele sfuggire. Pertanto non vengono prese in considerazione normalmente nei rapporti interpersonali. “Noi stessi le abbiamo scoperte per la prima volta esaminando al rallentatore il video del colloquio con Mary, la paziente psichiatrica che mentiva per nascondere il proprio tormento, in modo da ottenere una licenza per il fine settimana, così da poter mettere in atto i suoi propositi suicidi. Osservando il colloquio a velocità normale non si vedeva nulla di preoccupante: a tradirla erano solo le microespressioni osservabili al rallentatore. [P. Ekman, 2011].” Fin qui sembrerebbe che riconoscere macro e micro espressioni ed espressioni sottili possa portare l'indubbio vantaggio di riconoscere chi mente, ovvero chi, esprimendosi verbalmente, entra in contraddizione con ciò che il suo volto esprime. Paul Ekman, nella prefazione del suo libro Te lo leggo in faccia dice : “Il mio obiettivo era aiutare le persone a migliorare quattro abilità essenziali (…). Queste abilità sono: imparare ad essere più consapevoli di quando le emozioni prendono il sopravvento, anche prima di parlare o di agire; scegliere come comportarsi quando si è in preda alle emozioni, in modo da raggiungere i propri obiettivi senza nuocere agli altri; diventare più sensibili allo stato d’animo altrui; usare con cura le informazioni che acquisiamo sullo stato d’animo altrui.” Esiste un livello di percezione inconscia che si attiva al di là della nostra consapevolezza. Per esempio un datore di lavoro può rendere particolarmente pesante l'atmosfera in ufficio senza fare nulla di particolarmente disdicevole, ad esempio può ascoltare sorridendo le opinioni dei collaboratori, ma stringendo le labbra fino a farle diventare livide e tremanti. Alcuni elementi di un'espressione sincera -asimmetria dell'espressione nei due lati del volto. Sulle due metà del volto appaiono le stesse azioni, ma sono più intense da un lato. Questo perché l'emisfero cerebrale destro è più specializzato del sinistro nell'elaborazione delle emozioni, dato che l'emisfero destro controlla gran parte dei muscoli della parte sinistra del viso e il sinistro quelli della metà destra, le emozioni appaiono con maggiore intensità sulla parte mancina del volto. Se al contrario, è il lato destro a mostrare un certo atteggiamento più marcato, possiamo presumere che l'emozione non sia sentita davvero. -scelta sbagliata dei tempi di innesco e “disinnesco della mimica facciale Le espressioni “tirate” (che durano più di 10 secondi) sono probabilmente false: la mimica che esprime emozioni autentiche non resta sul viso più di qualche secondo o frazione di esso. Se la sorpresa è genuina ad esempio dura meno di un secondo. -errata collocazione dell'espressione nel discorso Nella rabbia se i segni di collera nell'espressione facciale vengono dopo le parole di minaccia, la persona non è poi così adirata come vorrebbe far credere. La regola in questo caso è che le
espressioni del viso non sincronizzate con i movimenti del corpo costituiscono probabili indizi di falso. Alcuni elementi del sorriso vero e sorriso falso Una delle azioni che compiamo più facilmente quando vogliamo mascherare un sentimento è il sorriso falso.
Il sorriso vero o Duchenne (immagine B) è un sorriso che coinvolge oltre ai muscoli della bocca anche quelli degli occhi. Infatti il sorriso sincero è contraddistinto da una contrazione del muscolo zigomatico maggiore che solleva gli angoli della bocca, inclinandoli verso gli zigomi. Al contempo avviene una contrazione spontanea di un muscolo dell'occhio , quello che produce le “zampe di gallina”. Infatti si suol dire che si sorride con gli occhi. Quando si produce un sorriso forzato (immagine A), il lieve abbassamento delle sopracciglia e le “zampe di gallina “ non sono presenti. Inoltre il sorriso falso risulta asimmetrico proprio perché forzatamente è difficile controllare entrambe le parti del volto, con un tempo di stacco anomalo, per cui può scomparire all'improvviso o a singhiozzo. Alcune ipotesi di indizio negli occhi Uno dei più intuibili e conosciuti è lo sguardo sfuggente, tipico di chi, temendo di venir scoperto difficilmente riesce a sostenere lo sguardo del proprio interlocutore. Esistono però altri segnali che richiedono maggiore attenzione. Infatti uno stato di agitazione e nervosismo, tipico di chi mente, provoca una dilatazione delle pupille, specie su domande dirette.
Un altro segnale è l'aumento dell'ammiccamento delle palpebre. Infatti è stato osservato che di fronte a prove che non intendiamo confermare, in un primo tempo le
riconosciamo e lo riveliamo battendo le ciglia più lentamente, ma in un momento successivo quando stiamo dicendo il falso, la tensione che si sviluppa nel mantenere la menzogna provoca un aumento dell'ammiccamento palpebrale. La mimica del volto fa parte di un argomento più vasto che è quello della comunicazione non verbale, ma come detto, il viso è la parte più loquace del nostro corpo, nonché quella più visibile. Riconoscimento delle emozioni e Intelligenza emotiva C’è un’importante relazione positiva tra l’abilità di riconoscere e decodificare il contenuto emozionale della mimica facciale e la competenza emotiva, la cosiddetta intelligenza emotiva. Il termine “Intelligenza Emotiva” è stato coniato da Peter Salovey e Jack Mayer che l’hanno definita come una capacità distinta di discernimento che ci permette di riconoscere le nostre emozioni e quelle degli altri in modo da poter organizzare di conseguenza le nostre vite e le nostre relazioni [Salovey et al. 2004]. Salovey e Mayer hanno individuato 4 “campi” o serie di competenze facenti parte dell’Intelligenza emotiva: • Percepire l’emozione • Utilizzare le emozioni per facilitare il pensiero • Comprendere le emozioni • Gestire le emozioni Percepire l’emozione Comprende: • La capacità di identificare un’emozione in se stessi • La capacità di identificare un’emozione negli altri • La capacità di esprimere correttamente le proprie emozioni e i propri bisogni emotivi • La capacità di esprimere la differenza tra emozioni genuine e meno genuine Utilizzare le emozioni per facilitare il pensiero Comprende: • La capacità di dirigere il pensiero sulla base delle emozioni • La capacità di immaginare le emozioni per ricordare e dare giudizi • La capacità di servirsi dello stato d’animo per valutare punti di vista diversi • La capacità di utilizzare le emozioni per favorire la creatività e il problem solvine Comprendere le emozioni Comprende: • La capacità di capire come un’emozione si può collegare agli altri • La capacità di conoscere antecedenti e conseguenze delle emozioni • La capacita di riconoscere le miscele di emozioni • La capacità di comprendere le trasformazioni di un’emozione in un’altra Gestire le emozioni Comprende: • La capacità di aprirsi alle emozioni, sia piacevoli che spiacevoli • La capacità di seguire il corso delle proprie emozioni e di riflettere su di esse • La capacità di coinvolgersi in uno stato emotivo, prolungarlo o distaccarsene • La capacità di governare le proprie emozioni • La capacità di far fronte alle emozioni altrui
Ovviamente imparare a riconoscere le emozioni è un passepartout per molteplici situazioni: in ambito familiare, sentimentale, medico (nella relazione di aiuto al paziente), investigativo, aziendale (nella gestione delle dinamiche aziendali) e così via.
“Probabilmente l’uso più importante delle microespressioni e delle espressioni sottili… è di servire a stabilire un buon rapporto a livello di colloquio, ottenendo la collaborazione dell’altro. Sono convinto che ognuno abbia una storia che desidera raccontare, se pensa che l’interlocutore ha mente aperta e desiderio di capire. La via per ottenere questa fiducia consiste almeno in parte nell’essere sensibile alle emozioni dell’altro, in particolare a quelle di cui non è consapevole o che ha paura di rivelare.” [P.Ekman, 2011]. Rita G. Cautela [fonti: Microespressioni e Intelligenza Emotiva – articolo di Paolo Negri, www.au6e12e.org, sezione Biblioteca, Te lo leggo in faccia e I volti della menzogna- Paul Ekmann 2011]
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