Essere Stabili Non Basta

February 5, 2017 | Author: IronPaolo DangerousFitness | Category: N/A
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Essere stabili non basta I lettori del blog avranno notato che è da una vita che non parlo di schemi di allenamento: dato che il libro (esiste, non è frutto della mia immaginazione paranoica e schizofrenica) tratterà di biomeccanica, via via che rimetto a posto una sezione scrivo un pezzo o pubblico della roba. La prossima settimana parleremo di “esplosività”, poi devo rimettere in bella un modellino semplice della panca, poi dei pezzi sul pulley e rematore, forse le parallele. Però adesso vi beccate questa roba sulla stabilità che è ben complessa da rendere intelleggibile e non so nemmeno se ci riesco. Il prezzo della stabilità Nel precedente articolo mi ero scordato una parte della conclusione, ma i miei lettori sono così pazienti che mi perdoneranno la cialtroneria. La co-contrazione non ha solamente un impatto metabolico di spesa energetica, ma anche meccanico di stress compressivo articolare.

Bicipite

FB

Reazione vincolare del gomito

R

R FB

Gomito

FT

FT

Tricipite

Questo è lo schema completo del gomito quando co-contraete il bicipite insieme al tricipite: se l’avambraccio non ruota le due forze devono creare due momenti di stessa intensità e verso opposto, ma anche deve esistere una reazione vincolare nel gomito che impedisce all’articolazione di smembrarsi sotto la trazione dei due muscoli. In questo caso la forza R che è una forza compressiva sul gomito. La compressione è pertanto l’altro elemento fondamentale per la stabilità: le forze bloccano l’articolazione impedendogli di ruotare, ma è la reazione vincolare che insieme alle forze impedisce gli spostamenti del fulcro. Se i due muscoli non fossero contratti la compressione non sarebbe presente, non ci sarebbe questa compressione sul gomito, pertanto la co-contrazione si paga con un maggior stress sull’articolazione che è si più stabile ma anche più compressa.

I legamenti Legamento intertrasverso Legamento faccetta articolare

Legamento giallo

Legamento Crociato Anteriore (ACL)

Legamento collaterale laterale (LCL)

Legamento longitudinale anteriore Legamento longitudinale Legamento posteriore interspinoso Legamento sovraspinoso

Legamento coraco-omerale Fascio sul tubercolo minore Fascio sul tubercolo maggiore

Legamento Crociato Posteriore (PCL)

Legamento acromioclavicolare Legamento coracoclavicolare

Legamento gleno-omerale Fascio superiore Fascio medio Fascio inferiore

Legamento collaterale Mediale (MCL)

Legamento ischiofemorale Legamento ileofemorale

Legamento pubofemorale

Ogni articolazione blocca i suoi segmenti ossei tramite dei legamenti, delle corde robustissime che impediscono ai singoli pezzi di smembrarsi e ogni articolazione ha dei legamenti particolari con funzionalità particolari che possono distrarre nel processo di apprendimento dalle caratteristiche generali. Una caratteristica fondamentale è che i legamenti sono delle corde che agiscono in due modi: 

Impediscono all’articolazione di ruotare in una certa direzione.



Impediscono che l’articolazione ruoti in una certa direzione oltre una certa escursione.

Il disegno esemplifica questi due casi:

1 – L’articolazione ruota su questo piano …

2 - … il legamento lo impedisce

1 – L’articolazione ruota su questo piano …

2 – Il legamento limita l’escursione



A sinistra il legamento collaterale mediale del ginocchio destro (fiuuu… ce l’ho fatta a dirla tutta) impedisce al ginocchio di ruotare sul piano frontale esercitando la sua trazione. Immaginate che state facendo un cambio di direzione in uno scatto a zig zag o che vi abbiano dato una randellata “di lato” sul ginocchio”: questo non è fatto per ruotare in questo modo e qualcosa deve bloccarlo sempre quanto più rigidamente possibile.



A destra lo stesso legamento che ha il compito, insieme ai crociati e al collaterale laterale e a 2000 altri cazzi, di impedire che il femore oltrepassi la tibia. In questo caso il femore è progettato per ruotare sulla tibia, pertanto il legamento non deve impedirne il movimento se non quando si trova ai limiti delle specifiche di progetto.

Il primo aspetto fondamentale è che un legamento, pertanto, o blocca sempre una articolazione o lo fa solo agli estremi del movimento e quando le ossa non sono in quella posizione non deve assolutamente intervenire. Se infatti lo facesse ci sarebbe uno spreco di energia perché i muscoli dovrebbero contrastare anche le forze di tensione del legamento stesso, un’inutile spreco di energie. Un legamento o c’è sempre o non c’è mai perché gli estremi articolari non devono mai essere. Il secondo aspetto fondamentale è che i legamenti sono strutture passive: corde che per quanto robuste si tendono esercitando sempre e solo una data tensione che è determinata dalle posizioni delle ossa senza che il sistema nervoso possa influire minimamente sul loro comportamento. Infine, il terzo aspetto fondamentale è che i legamenti sono lenti ad intervenire: è necessario arrivare a fine corsa perché esercitino la loro trazione, come dire che aspetto ad agire solo al momento in cui ho un problema, una strategia non proprio brillante… Dolcetto o scherzetto? Palla da 1Kg!

Tutto Ok?

Sempre da 1Kg!

Scherzetto !

50 50 50 Kg Kg Kg

Lancia!

Lancia! Si si

Che ridere…

555000 K K Kggg

Questo è uno dei disegnini che già sono stati pubblicati, lo riprendo perché centra un punto fondamentale. Perché l’omino si fa male nella situazione di destra? Ma lo sanno tutti, no? Perché a destra non ha “tenuto di schiena”! Facciamo un pianto ed un lamento e vediamo cosa significa “tenere di schiena”. A sinistra nel disegno seguente due vertebre (una unità funzionale spinale o FSU, functional spinal unit) sottoposte alla forza F che è quella del peso del corpo, a destra la forza di botto è cresciuta al valore F1 a causa del peso che viene afferrato al volo. L’abbiamo visto 3000 volte e non sto a rispiegarlo perché la vertebra superiore si sposta in avanti, ma brevemente: la forza preme verticalmente ma la vertebra è ruotata, perciò verrà spostata sia in avanti che in basso. Ovviamente la vertebra si articola sulle faccette articolari che verranno deformate e i processi spinosi si sposteranno in alto ed in avanti.

F1

1 – la forza esterna aumenta improvvisamente …

F

2 - … e fa ruotare e spostare in avanti e in basso il corpo vertebrale … 3 – … e in avanti ed in alto i processi articolari …

3 - … il movimento è impedito dai legamenti e dal disco intervertebrale

I legamenti intervengono per impedire questi spostamenti, ma… quando? Solo nel momento in cui la vertebra raggiunge la sua escursione massima: si tenderanno e freneranno lo spostamento. Ovviamente la cosa è molto più complicata perché c’è anche il disco intervertebrale che può essere considerato un “legamento”, nel senso che viene “tirato” con la vertebra superiore e messo in tensione tanto che è il disco che si fa carico di assorbire lo slittamento (trovatevi gli articoli sulla spina per maggiori dettagli, ma se usate un po’ d’immaginazione vedrete che è così). Midollo spinale

Disco compresso in maniera non omogenea

Nervo

Ernia

Houston abbiamo un problema!

Faccette articolari compresse

1 - Frattura delle parti articolari …

2 - … scivolamento in avanti della vertebra … 3 - … compressione del midollo spinale

Non ci vuole molta fantasia per capire che affidarsi ai legamenti non sia il massimo: la vertebra ruotando comprime il disco intervertebrale in maniera disomogenea e spostandosi in avanti comprime e deforma la struttura che costituisce proprio l’articolazione della vertebra. Cosa succede a strizzare continuamente un palloncino sempre dallo stesso lato? Che si deforma dal lato opposto: in alto a destra il terrore assoluto del palestrato, l’ernia che non è altro che il disco intervertebrale che a causa delle continue compressioni disomogenee esce in parte dalla sua sede andando a comprimere il midollo spinale od un nervo. Incredibile come il palestrato identifichi nell’ernia il massimo terrore quando invece è solo una delle nefaste possibilità: in basso l’altro effetto della rotazione sotto carico di una vertebra su un’altra: le parti articolari si fratturano fino a che non possono sostenere più la trazione e la vertebra si sposta in avanti. La frattura è una spondilolisi mentre se la vertebra slitta si parla di spondilolistesi. I muscoli

Ileocostale

Semispinale

Multifido

Lunghissimo del dorso

Obliquo interno Retto dell’addome

Obliquo esterno

Questi sono alcuni dei muscoli della schiena che bloccano le vertebre in una fittissima rete di tiranti “attivi” che abbiamo già analizzato ma che adesso rivisitiamo in funzione di questa nuova visione. Cazzo serve tutto questo immenso casino?

F

F

= Muscoli estensori

Disco intervertebrale Muscoli flessori

Ecco il modello equivalente con le molle che potete trovare nella letteratura: i muscoli serrano strettamente le vertebre fra loro in una vera morsa elastica. Adesso l’omino prende al volo il peso ma con i muscoli della schiena assolutamente contratti e rigidi. 1 – La forza aumenta improvvisamente…

F1

F1

3 - … ma la forza muscolare … 4 - … lo impedisce

2 - … facendo flettere la vertebra In questo caso la forza farebbe ruotare la vertebra superiore, ma i muscoli estensori contratti reagiscono come una molla facendola ruotare nel verso opposto. Come abbiamo visto, questo accade in maniera automatica, in teoria senza ritardo perché l’effetto-molla è dato dalle proprietà meccaniche del tessuto muscolare messo in tensione: compito del sistema nervoso è pre-tenderlo, poi nel momento in cui è necessario agire non c’è nessun impegno neurologico.

Più i muscoli sono contratti e più la vertebra è stabile, pertanto non si sposterà né ruoterà. Questo è pertanto il motivo per cui i muscoli rendono stabile la spina!

Attenzione perché altrimenti sembra tutto gratis, a meno di un po’ di spesa energetica che per un allenamento di squat non è sicuramente un problema:

F

F F

R R

FE

Muscoli estensori

FF

FF

FE

Disco intervertebrale Muscoli flessori

Il punto è questo: la corretta contrazione dei muscoli che stabilizzano la spina è un’arma potente per sostenere sempre più peso in sicurezza, ma ciò non significa che vengono eliminate le forze che agiscono sulle vertebre e sui dischi: semplicemente che eliminate quelle che “tirano” nelle direzioni peggiori. Nel disegno a fronte delle forze muscolari FE degli estensori e FF dei flessori, ci becchiamo anche tutta la reazione vincolare R sul disco intervertebrale e sulle faccette articolari, che è enorme rispetto alla forza F. La reazione R è la forza con cui il disco e le faccette articolari impediscono alla vertebra superiore di penetrare in quella inferiore, o, vista dall’altro lato, è la forza con cui vengono compressi il disco e le faccette articolari. La direzione della trazione dei muscoli nel modello è tale per cui le vertebre funzionano “a specifica”, nel senso che sono sottoposte a forze compressive, quelle che reggono meglio: la contrazione muscolare aumenta anche in questo caso la compressione dell’articolazione, ma le vertebre sono proprio fatte per resistere a compressioni piuttosto che a forze di taglio. Nella realtà e non con le molle, accade proprio questo: i muscoli “tirano” le vertebre aumentando la compressione ma minimizzando lo stress di taglio. Beware! Il problema è che c’è un limite a tutto: è vero che contraendo correttamente i muscoli della schiena ottenere una spina stabile che può reggere molto di più in sicurezza, ma è anche ovvio che ad un certo punto la forza compressiva sarà talmente elevata che le vertebre si spaccheranno. Non solo, il problema è che più carico mettete e più dovete essere bravi a mantenere la corretta contrazione perché se per caso la mollate in un punto del movimento siete fritti: le vertebre ruoteranno, magari anche di pochissimo, le leve articolari cambieranno diventando più svantaggiose, per riprendere il controllo dovrete contrarre ancora di più aumentando la compressione dei dischi.

Quello che voglio dire è che un corretto controllo muscolare è una condizione necessaria per salvaguardare la spina, ma non è che le forze in gioco vengono limitate: vengono eliminate quelle pericolose, le compressioni non uniformi e le forze di taglio che tirano dove non devono tirare, mettendo la spina nella miglior condizione per sostenere le forze compressive perpendicolari alle vertebre. Ma quelle rimangono tutte, se non aumentano. Perciò, come sempre, casco in testa bel allacciato, luci accese anche di giorno e prudenza sempre. Non è terrorismo psicologico, da me poi… quello che ha fatto squat 1x20 e dopo ogni allenamento doveva stendersi sul letto da quanto i muscoli spinali erano contratti… ma proprio per questo se ve lo dico io… pensateci e fate le cose per bene: le sboronate si pagano alla prima, la perdita del senso di pericolosità può far fare delle cazzate anche a chi è esperto e navigato. Stabilità, uno schema generale

Sistema Sistemadi dicontrollo controllo (sistema (sistemanervoso) nervoso)

Forza Forza muscolare muscolare

Compressione Compressione

Sistema Sistemapassivo passivo (legamenti, (legamenti,tessuti tessuti connettivi) connettivi)

Sistema Sistema attivo attivo (muscoli) (muscoli)

Rigidità Rigidità

Stabilità Stabilità

Ok, alla fine abbiamo parlato sempre della fottuta spina dorsale, ma queste considerazioni sono generali e questi schemi sono importanti. A sinistra gli attori di questo gioco: i legamenti sono il sistema di contenimento passivo, ciò che tiene insieme i pezzi delle articolazioni, i muscoli che costituiscono il sistema di contenimento attivo dato che possono variare la tensione e un organo di controllo che riceve i segnali dai sensori del corpo per poi agire. Le frecce indicano la sinergia fra tutti gli elementi e non il verso di invio e ricezione delle informazioni. A destra il meccanismo che crea la stabilità: la forza muscolare che comprime le articolazioni rendendole rigide tramite l’effetto-molla, perciò la stabilità che aumenta. L’efficienza del corpo umano è sempre incredibile, da lasciare a bocca aperta: una struttura attiva permette di modulare la rigidità articolare sulla base delle esigenze: comprimere una articolazione ha un costo energetico e crea uno stress sui tessuti, non avrebbe senso mantenere la stabilità quando non serve, mentre quando serve il metodo utilizzato ha tempi di intervento minimi. Non solo, la stabilità essendo sotto il controllo del Sistema Nervoso è allenabile: l’uso di un numero elevato di “tiranti attivi” permette creazione dei giusti schemi motori, dati dalla pratica, che ottimizzano sempre gli elementi in tensione durante tutte le fasi di un movimento. L’atleta esperto sa cosa contrarre e cosa rilassare, ottenendo il minimo dispendio energetico e il massimo effetto di stabilità.

Nel caso dei pesi la stabilità è sicuramente incentrata su quella spinale, ma risulta determinante anche per l’anca che non deve ruotare e per la spalla dato che l’omero va tenuto fermo sulla scapola. Non basta tenere contratti i muscoli, dovete imparare a farlo per bene. Non c’è bisogno di sciropparsi questa roba, ma di sicuro tutto questo aiuta a capire perché dovete farlo.

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