Eduard Johnson (E. Joannides) - Parlare Greco Oggi - Conversazione Moderna in Greco Antico

April 20, 2017 | Author: Mateus Alves | Category: N/A
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E. JOANNIDES

Parlare greco oggi Conversazione moderna in greco antico Edizione italiana a cura di

E nrico R enna - C lau d io F eron e

Fratelli Ariello Editori

ADIUMENTA Collana di testi per l’incremento cognitivo delle lingue classiche diretta da E. R e n n a - C. F e r o n e 1

E. JOANNIDES

Parlare greco oggi Conversazione moderna in greco antico

Edizione italiana a cura di

E nrico R enna - C lau d io F erone

Fratelli Ariello Editori

C opyright © 1998 F.lli A riello E ditori s .a .s .

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale; con qualsiasi mezzo (compresi i microfilms e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. This book is Copyright and may not be reproduced in whole or in part without express permission of the publisher in writing.

Prima edizione: Gennaio 1998 Fotocomposizione: Bianco Fotocomposizione s.a.s. Aversa (CE) - Via De Chirico, 8 Tel. 081/5039643 Stampa e allestimento: Poligrafica F.lli Ariello - Editori s.a.s. Napoli - Corso A. di Savoia, 172 Tel. 081/5441323 - Fax 081/5442133 Sotto gli auspici dell’Accademia Vivarium Novum Contrada S. Vito, 5 - 83048 Montella (AV) In copertina: Scena di gineceo (dal fregio di una pisside del V secolo a.C., Parigi, Collezione privata) Raffigurazione marina con Tritone

Originally published in German under the title

Sprechen Sie Attisch? Berlin Verl. Ferd. Dümmlers Verlagsbuchhandlung 1922

PRESENTAZIONE E. Joannides (pseudonimo di Eduard Johnson) pubblicò la prima edizione del suo manualetto di «Conversazione moderna nella lingua corrente dell’Antica Grecia sulla base dei migliori scrittori attici» nel 18891. Dopo la prima, altre tre edizioni (la se­ conda, vivo ancora l’Autore, nel 19022, la terza, nel 19123, e la quarta, nel 19224, postume) attestano la fortuna ed il consenso critico che accompagnarono costantemente nel tempo questo aureo libretto, il cui titolo originario suona Sprechen Sie Attisch? («Parla Lei attico?»). In effetti, come abbiamo cercato di eviden­ ziare sia pure in modo non esaustivo5 e, come asserisce lo stesso Joannides, il fondo linguistico di cui si è avvalso l’Autore con sin­ golare perizia è costituito appunto dall’attico della lingua parlata, 1 Sprechen Sie Attisch? Moderne Konversation in altgriechischer Umgang­ sprache nach den besten attischen Autoren, von E. Joannides, Leipzig, C.A. Koch (J. Sengbusch), 1889, VIII, 68 pp. 2 Sprechen Sie Attisch? Moderne Konversation in altgriechisch er Umgang­ sprache nach den besten attischen Autoren, von E. Joannides, 2. Aufl. Dresden und Leipzig C.A. Koch, 1902, 80 pp. 3 Sprechen Sie Attisch? Moderne Konversation in altgriechisch er Umgang­ sprache nach den besten attischen Autoren, von dr. phil. E. Joannides, 3. Aufl., Dresden und Leipzig, C.A. Koch, 1912, 80 pp. 4 Sprechen Sie Attisch? Moderne Konversation in altgriechisch er Umgang­ sprache nach den besten attischen Autoren, von dr. phil. E. Joannides, 4. Aufl., Berlin, F. Dümmler, 1922, 80 pp. 5 Per non accrescere troppo la mole del volume: si tratta delle pp. 112-124. Tra gli altri interventi dell’edizione italiana, a parte la revisione generale, si segnala la numerazione progressiva delle singole frasi, espressioni, nomencla­ tura e proverbi, nonché l’aggiunta dei nrr. 1517-1519. Si è preferito mante­ nere l’uso del «Lei» (Sie) anche in italiano, secondo una consuetudine delle lingue moderne che non trova, però, corrispondenza in greco. Per l’edizione italiana abbiamo potuto rimuovere pochi refusi di greco ancora presenti nella quarta edizione tedesca e normalizzare alcune forme del neogreco. Qualche nostra aggiunta è segnalata in parentesi quadre.

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quale si rinviene soprattutto nelle Commedie di Aristofane e in misura minore nei Oialoghi di Platone. Su questo solido fonda­ mento Joannides ha, però, saputo spaziare attraverso l’arco ampio della grecità, attingendo anche a termini della letteratura di età el­ lenistica ed imperiale sino al neogreco, onde forgiarsi un duttile armamentario linguistico ed espressivo. Cura precipua dell’edizione italiana, la prima in una lingua europea diversa da quella originale, dopo il non agevole compito preliminare di traduzione dal tedesco stampato in caratteri gotici, è stata quella di distinguere i vari livelli di greco compresenti nel testo e di lumeggiare, anche sotto il profilo filologico e storico­ antiquario, alcune scelte dell’Autore, che, diversamente, sareb­ bero apparse discutibili. L’occhio di Joannides è volto al passato, ma il suo pensiero è costantemente applicato al presente: al greco (antico e non) Egli chiede l’espressione più idonea e, nel con­ tempo, più naturale, per esprimere concetti e peculiarità del nostro tempo: per es., darsi la mano in segno di saluto (nr. 56), l’indicazione del nome e cognome (nr. 145), il computo delle ore (nrr. 158-171), dei giorni e dei mesi (nr. 248), con le relative festi­ vità del nostro calendario (nrr. 210-215), il fumo delle sigarette (nr. 355), l’orologio da tasca (nr. 455), i giudizi sui compiti scritti (nr. 627), gli ordini militari basati anche sull’impiego delle armi da fuoco (nr. 649), la monetazione in marchi tedeschi (nr. 360), la luce elettrica (nr. 1148), l’uso del sapone (nr. 1153) e, soprat­ tutto, quel pezzo virtuosistico in greco, un vero e proprio pastiche di luoghi antichi, mirabilmente adattati o trasposti, del gioco a carte noto come Skat (sez. 63), con la sua mossa particolare detta Grand (sez. 64). Qui Joannides dimostra il dominio assoluto della lingua greca6 e, a ragion veduta, l’Autore - come afferma nella Premessa alla seconda edizione - si è astenuto dall’«attenuare le 6 Ioannides giunge a creare perfino dei neologismi in greco come τον τετράχορον (nr. 832), τό όρχηστοδιδασκαλεΐον (nr. 849), σκατιούμεθα (nr. 1312).

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espressioni tedesche nella sezione Ein Grand [...] allo scopo di di­ mostrare che con l’esiguo vocabolario della lingua attica corrente ce la si può cavare egregiamente anche su un terreno apparente­ mente difficilissimo». Il libro di Joannides, «nato nella gioiosa atmosfera delle va­ canze estive» (p. 11) non è un semplice lusus ο παίγνιον, come pure saremmo portati a credere: al tono festoso e piacevole del volume contribuisce sì l’inclusione di motti e proverbi delle se­ zioni finali, nonché il confronto serrato delle espressioni temati­ che in lingua moderna e antica, ma esso è soprattutto un libro di greco, di un greco non stantio e «morto», ma vivo, agile, mobilis­ simo, piegato alle più svariate esigenze e sfumature della civiltà contemporanea. Sprechen Sie Attisch? presuppone il possesso della morfologia greca, ma lo trascende sempre nella giusta con­ vinzione che sapere il greco non coincida tout court con la gram­ matica greca: è la lingua d ’uso del popolo greco che fa la diffe­ renza ... Le bellissime considerazioni che Joannides fa sulle sorti dell’apprendimento del greco in Germania nella seconda metà dell’Ottocento sono più che mai valide ed attuali per l’insegna­ mento del greco in Italia, oggi che, anche per il latino, si avverte, da più parti, l’esigenza di un approccio meno tradizionale che punti, invece, su una fu ll immersion nella lingua viva, prima an­ cora che nella grammatica. L’opera che presentiamo alla nostra Scuola classica ed alle persone colte è un unicum nel suo genere: non solo un’attraente «curiosità» linguistica, una chicca per bibliofili a caccia di rarità, ma anche, e soprattutto, un vademecum ineludibile per la lettura e la comprensione «gustosa» e consapevole dei classici greci, un ponte prezioso gettato tra passato e presente. Napoli, 27 novembre 1997 E. R e n n a - C. F er o n e 7

AVVERTENZA E ABBREVIAZIONI

Sono stati consultati i seguenti lessici e vocabolari: F. AST, Lexicon Platonicum sive vocum 1935-38 (w . M I), rist. Bonn 1956.

Platonicarum index, Leipzig

A complete Concordance to the Comedies and Fragments of Aristophanes. New edit, complet, revised and enlarged by

H. D unbar ,

B. M arzullo, Hildesheim - N ew York 1973. H.G. L iddell - R. Scott , A F. MONTANARI,

Greek English Lexicon, Oxford 19779.

Vocabolario della lingua greca, Torino 1995.

Abbreviazioni: Brighenti I = E. B righenti, Milano 1927 (rist. 1976).

Dizionario greco moderno-italiano, Parte I,

B righenti II = E. B righenti, Dizionario te II, Milano 1927 (rist. 1976).

greco moderno-italiano, Par­

= Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neoellenici, Dizionario Greco moderno - Italiano, Roma 1993.

ISSBI

Tosi = R. Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, Milano 199410.

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PREMESSA

La seconda edizione presenta, rispetto alla prima, sia pure qua e là, dove sembrava auspicabile, alcune aggiunte per quanto riguarda le citazioni dei termini greci adoperati. L’Autore ha preso atto delle richieste, espresse in ognuna delle numerose, benevoli discussioni del modesto libretto, accolto tanto amiche­ volmente, di attenuare le espressioni tedesche nella sezione Ein Grand, ma ha avuto esitazioni: qui il testo tedesco è preso, senza mutamenti, dai «Fliegenden Blättern» di Monaco, allo scopo di dimostrare che con l’esiguo vocabolario della lingua attica cor­ rente ce la si può cavare egregiamente anche su un terreno appa­ rentemente difficilissimo. Non c’era bisogno di rilevare particolarmente che il libretto presuppone un lettore che abbia familiarizzato almeno con la morfologia greca. Blauen, fine del 1901

La terza edizione è in sostanza una ristampa immutata della precedente. Sono stati corretti alcune sviste ed errori di stampa. Abbiamo ritenuto inopportuno apportare ampi mutamenti alla piccola opera dell’Autore, che, nel frattempo, è morto. La Casa Editrice

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Osservazioni preliminari

Nell’opinione generale il greco è considerato una lingua che sostanzialmente non si può apprendere, della quale mai e poi mai si può diventare padroni, come, invece, accade per una lingua moderna che si domina discretamente. Il presente manualetto, nato nella gioiosa atmosfera delle vacanze estive, vorrebbe costi­ tuire la controprova, facendo un primo tentativo di insegnare la lingua corrente attica nel suo impiego pratico. Chi conosce la lingua d ’uso di un popolo possiede la chiave per la comprensione della sua letteratura proprio alla stessa stre­ gua dei connazionali. Il fanciullo attico, per la lettura dei poeti greci, così come il contadino attico a teatro o nell’assemblea po­ polare, portava con sé soltanto la conoscenza della lingua d ’uso attica nella sua forma più semplice; questa conoscenza lo abili­ tava a comprendere le tragedie di Sofocle e i discorsi di Pericle. La lingua della vita di tutti i giorni forniva quelle analogie che erano necessarie per comprendere le creazioni più elevate della parola e della scrittura. Si è spesso sostenuto che sono sorprendentemente poche le parole e le espressioni sufficienti all’uomo comune nella sua lin­ gua madre, che gli consentono di capire anche ciò che per lui è un vocabolo nuovo. Non dovrebbe, dunque, essere possibile car­ pire all’Ateniese il suo patrimonio lessicale originario, relativa­ mente esiguo, in modo tale da consentire la comprensione della lingua nel suo nucleo essenziale e rendere familiari queste parole e queste espressioni a chi vuole realmente imparare il greco? A tal fine Aristofane offre sufficiente materiale linguistico in quelle parti della sua opera in cui fa parlare l’uomo comune nel tono popolare della conversazione; anche nelle altre opere lette­ rarie si trovano sparsi luoghi che possono essere validi, per la fe­ dele aderenza alla lingua della vita comune.

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Il compito, dunque, non è insolubile, anche se il presente manualetto porta solo un piccolo contributo alla sua soluzione. I vocaboli e le espressioni nelle conversazioni che seguono sono tratti principalmente dalla lingua di Aristofane. Alcuni vo­ caboli ed espressioni devono essere aggiunti mutuandoli dalla grecità seriore. Le integrazioni mutuate dal neogreco, adoperate per l’espressione di concetti moderni, sono contrassegnate da un asterisco [*]. Anche chi non ha intenzione di imparare a conversare in at­ tico può occuparsi della lingua d ’uso attica, traendo grande pro­ fitto per la comprensione del greco. Inoltre, mentre nei nostri ginnasi si leggono, in latino, quasi soltanto quelle opere che appartengono alla più alta lingua d ’arte - ci si occupa solo di Cicerone e di Tacito - nelle quali a stento qua e là è riconoscibile la lingua popolare, in greco ci troviamo molto più spesso a richiamare l’attenzione sulla lingua della vita comune. In greco leggiamo conversazioni negli autori drammatici e in Platone; gli oratori non parlano ai buleuti, ma cercano di ot­ tenere il consenso dell’uomo comune: già questa situazione li costringe ad aderire alla lingua abituale di lui e proprio tale circo­ stanza renderà utile la conoscenza del linguaggio della vita quoti­ diana per una più fine comprensione dei testi. In secondo Iuogo, il colorito della lingua e il tipo di stile sono riconosciuti solo da chi è in grado di misurare lo scarto dall’uso linguistico corrente. A chi avesse imparato il tedesco soltanto da Schiller sfuggirebbe la comprensione della singolarità e dell’al­ tezza della dizione poetica di Schiller. Solo chi si avvicina alla poesia di Schiller, partendo dalla lingua della quotidianità, porta con sé la misura per quella. Non accade diversamente in greco. In terzo luogo, l’occuparsi della lingua d ’uso greca costringe soprattutto a confrontare l’espressione tedesca con quella greca: ne risultano favorite la sicurezza e la naturalezza delle traduzioni dal greco, sicurezza e naturalezza dipendenti dal sicuro possesso lessicale delle due lingue. Ciò che si chiama «lo spirito» della lin12

gua si manifesta nella maniera più appariscente là dove il con­ fronto delle lingue tra loro è agevole e naturale, vale a dire, neirambito della lingua quotidiana. Il tono scherzoso che si ma­ nifesta spontaneamente non appena si mette a confronto l’espressione quotidiana della vita moderna col modo di esprimersi degli antichi coinvolgerà inevitabilmente il lettore nel corso di questo studio. Infine si ricordi che nulla crea tanti ostacoli agli studenti di greco nei nostri ginnasi quanto lo stesso fatto che il greco viene ritenuto una lingua che non si può imparare. Quello che il pro­ fessore belga Emil de Lavelehe afferma circa i risultati dell’espe­ rienza didattica al ginnasio da lui osservati: «risultato netto e incontestabile: si conosce poco il latino, per nulla il greco», a pa­ rere di molti, riguarda da vicino anche i ginnasi tedeschi. Sor­ prendentemente pochi, tra quelli che hanno imparato il greco, sono in grado di dire con una certa sicurezza come il cittadino at­ tico esprimeva i concetti più semplici: per es. «verrò da te». Se in latino qualcuno non dicesse subito veniam si penserebbe che a costui mancano i più elementari fondamenti e, se egli non fosse in grado di distinguere veniam da ibo, ci si lamenterebbe, e a piena ragione, dell’insufficienza dell’insegnamento, e si riterrebbe che tale insicurezza pregiudichi anche la piena comprensione del si­ gnificato di un’opera letteraria latina. E in greco? Si faccia il ten­ tativo e si troveranno sorprendentemente poche persone che ab­ biano a portata di mano l’espressione corrente nella lingua quoti­ diana attica ήξω παρά σέ. In greco si studiano diligentemente le norme linguistiche, ma poco la lingua corrente e, tuttavia, l’ap­ prendimento non dovrebbe tendere al semplice ammaestramento grammaticale - a questo bada sufficientemente il latino - bensì al possesso della lingua. Si presenti un bicchiere di vino greco ad un giovane che ha lasciato la scuola con l’attestato di maturità in greco: difficilmente sarà in condizione di ringraziare esprimen­ dosi in greco, sia pure con parole appena adeguate, o di dire che il vino gli piace. 13

D ’altra parte il compito e lo scopo dell’insegnamento del greco nel ginnasio non è lo sviluppo di questa prontezza di pa­ rola, ma il fatto che, malgrado studi lunghi e faticosi, non si riesce a conquistarla, anzi sembra restare così lontana, certamente non incrementa la voglia di conoscere il greco. U «maturo» è certa­ mente consapevole del fatto che fa un’indicibile fatica a rendere pensieri semplicissimi con espressioni autenticamente greche. Ciò rende scontenti e contribuisce molto alla creazione di nemici del greco. Anche per questo motivo il mio manualetto deve mostrare che è facile impadronirsi delle conoscenze del greco offerte dal ginnasio, al punto da farsi capire in questa lingua. Ma resta l’aspetto principale: i vocaboli usuali e le espressioni della comunicazione linguistica della vita quotidiana costitui­ scono il patrimonio di base, il nucleo d ’origine al quale e intorno al quale si sono legate e risalgono le ulteriori espressioni lingui­ stiche. Già per questo esse meritano la nostra attenzione. Com­ prendere la lingua vale molto per chi vuole veramente impararla. Erasmo e i suoi contemporanei, la cui conoscenza del greco am­ miriamo stupiti, lo imparavano a contatto con insegnanti che par­ lavano in greco, conversando su questioni della vita comune. Nessuno ha mai veramente imparato il greco solo dalla gramma­ tica e dalla lettura. Ma la lingua merita che chi voglia impararla cerchi di ap­ prenderla realmente e non solo apparentemente, poiché, come ha detto una volta nel suo libro su Tucidide l’eccellente Wilhelm Roscher, il celebre esperto di economia politica di Lipsia: «il greco è la lingua di tutte le lingue, in cui sono pro­ nunciate le più squisite parole dell’uomo. La solenne grandezza dello spagnolo, la fine dolcezza dell’italiano, la spedita indigna­ zione del francese, la forza patetica dell’inglese, l’inesplorabile ricchezza del tedesco, perfino la stessa dignità della lingua dei senatori di Roma, sono riunite in questa lingua, sono purificate nel fuoco dello spirito e fuse insieme nel più nobile metallo».

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Brevi regole e osservazioni

1. Nulla agevola tanto nel possesso di una lingua quanto il ravvisarne i punti deboli. Solo quando abbiamo scoperto le cose di cui manca una lingua, riusciamo a comprendere giustamente perché essa predilige questa o quella espressione, perché ama questo o quella concatenazione di concetti, perché essa si disco­ sta in questo o in quel modo dall’espressione tipica della nostra lingua. Comprendiamo quindi una buona parte del suo «spirito» quando si tiene ben presente la sostanza delle sue peculiarità. Una notevole debolezza della lingua greca consiste nel fatto che, malgrado la ricchezza delle forme verbali, spesso manca una voce adatta da impiegare al passivo. La coincidenza di una gran parte delle forme passive con quelle medie ne rende difficile l’impiego, poiché la prima legge della lingua è la chiarezza e molti tempi man­ cano, inoltre, di forme destinate esclusivamente al passivo. Per essere fedeli al tono proprio della lingua greca bisogna in­ nanzitutto prestare attenzione a quanto segue: si eviti possibil­ mente l’uso di forme mediali identiche a quelle passive e si faccia attenzione a come il greco bada a sostituirle. Bisogna adoperare senza esitazione solo le forme immediata­ mente riconoscibili come tali grazie al contesto e certe forme pas­ sive che si presentano nell’uso corrente. Perifrasi del passivo avvengono: a) tramite verbi attivi, per es.: μανύάνειν essere informato εύδοκιμειν essere esaltato κάμνειν essere affaticato essere trascinato dinanzi al tribunale είσιέναι εις δικαστήριον essere accusato φεύγειν essere giudicato p e r ... δοκειν 15

sono danneggiato in qualcosa essere allontanato essere privato di qualcosa essere ucciso essi furono allontanati mi fu risposto mi è fatto del bene fui scelto per sorte fui assolto fui diffamato fui preso da compassione

πάσχω τι έκχίχτειν άχολλύναι τι άποάνήσκειν άνέστησαν ήκουσα ευ πάσχω ελαχον άχέφυγον κακώς ήκουσα ελεός με εϊσήει

b)

spesso tramite γίγνεσθαι: esso si trova al posto di essere fatto, essere preparato, essere effettuato, essere trasferito, essere con­ cesso, essere comprato, essere acquistato, essere commesso, essere festeggiato, essere generato e altri passivi:

c)

tramite sostantivi c verbi, per es.: essere lodato si parla molto essere punito ci si adira ed altri

d)

έχαινον έχειν λόγος έστί χολύς δίκην διδόναι οργή γΐγνεται

con aggettivi in unione con είναι per es.: essere visto καταφανή είναι non ti si presta fede άπιστος ετ cd altre espressioni simili.

2, In greco manca la precisione nell'espressione delloggctto, a differenza delle lingue moderne. Queste ultime, qualora due verbi legati tra di loro richiedano lo stesso oggetto in casi diversi, per il secondo verbo, in luogo della ripetizione del nome, adope­ rano il pronome (suo, lo etc.) come oggetto, il greco lascia inesprcssa col secondo verbo la posizione dell’oggetto comune, indi­ pendentemente dal caso in cui dovrebbe trovarsi. L’oggetto corri16

spondente al francese en (quale), in greco non viene espresso, per es.: essi dovranno far venire l’oro dalla Lidia, se lo vogliono pos­ sedere, εκ Λυδίας μεταστέλλεσΟαι τό χρυσίυν δεήοει αυτούς, ήν έπιύυμήσωσιν. 3. Al greco, come al latino, manca il mezzo per dare rilievo alle singole parti del periodo, l.a nostra lingua, come le altre lin­ gue moderne, trasforma il concetto da mettere in rilievo in predi­ cato di una nuova proposizione con il soggetto impersonale es, mentre le altre parti del periodo vengono unite mediante un rela­ tivo o una congiunzione, formando proposizioni dipendenti. In greco la suddivisione binaria di una proposizione, mirante a mettere in evidenza un concetto, è tralasciata. Per es.: È la stessa persona che dice ciò ó αυτός ταύτα λέγει, Chi è l’uomo che tu chiami τίνα τον άνδρα καλεις: E vero che tu hai fatto ciò άρ' άληύως τουτ' έχοίησας: Com e possibile che ... χ ώ ς ...; (ionie avviene che ... χώς...: (così per es. anche Plat., Crito 43B; Soph., Oed. Rex 391). 4. Il greco non può lasciare senza legami proposizioni coordi­ nate o parti dì proposizioni coordinate. Proposizioni coordinate tra loro asindeticamente trovano applicazione solo raramente e in verità come espressione di una viva emozione. In un discorso ininterrotto ogni nuova proposizione dev‘es­ sere legata alla precedente da un’opportuna congiunzione (Sé, καί, ούν, γάρ, etc.). Il discente deve guardarsi dal considerare μέν come sostitutiva di una congiunzione con la frase che precede, poiché essa serve solo a rimandare a ciò che segue. La coordinazione senza congiunzione in un discorso ininter­ rotto è consentita soltanto: a) nei luoghi dove in tedesco poniamo i due punti come se­ gno d ’interpunzione; 17

b) se la nuova proposizione inizia con un dimostrativo forte· mente marcato; e) se la nuova proposizione inizia con εΐτα (= e poi) ο έπειτα; d) laddove in tedesco continuiamo con nicht aber [«ma non»], si trova poi correntemente un semplice ού (ο μή), poiché ού con δε significa «e non» o «neppure», spesso anche ού μέντοι. 5.

Si osservi:

e allora ... e quindi... allora venne, allora disse tuttavia davvero ... dunque, per es.: «così egli fu dunque» senza dubbio e già già da tempo proprio ora certamente solo quando d’altra parte invece probabilmente o (dopo negazione) di grazia (lat. quaeso) non tanto ... quanto piuttosto

άλλα άρα και ήλθε, καί ειπεν μέντοι γάρ δη δήπου καί δή (δη = ήδη) πάλαι δή νυν δή δε οΰτω δή, ούτω ... μήν ού μην αλλά ή που ... ουδέ, μηδέ δη τα ού τοσούτον δσ ο ν... ού τό πλέον... ά λ λ α ...

Dalla constatazione che «e quindi» si rende soprattutto con άρα non ne consegue, per converso, che άρα si traduce sempre con «quindi»: ei άρα = se realmente, γάρ άρα = davvero real­ mente; άρα esprime soprattutto una certa sorpresa provocata da una osservazione e dalle relative conseguenze. 18

Grande felicità grande infelicità grande abbondanza grande follia grande ignoranza grande stoltezza grande operosità grandissimo scoraggiamento

πολλή ευδαιμονία πολλή δυστυχία πολλή αφθονία πολλή μωρία πολλή άμαθία πολλή άλογία πολλή πραγματεία πλείστη άθυμία.

Un uomo cosi eccellente tin uomo così detestabile un uomo così esperto un uomo di idee così ristrette un uomo così pericoloso etc.

τοιουτος

una cosa così riprovevole una cosa così lodevole etc.

ì

ha un buon suono ha un buon sapore ha un buon odore

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(ora) così tardi (ora) così presto

τοιαϋτα

ήδύέστιν

τη vi κάδε.

espressione usuale per: sperare temere

è οιεσθαι

discutere minacciare rispondere replicare

è φάναι

... egli continuò

έφη. 19

8. Un amico un amico leale

9. I nostri 500 alunni i mici tre migliori alunni

Φίλος τις χρηστός τις άνθρωπος φίλος. οι ήμετεροι πεντακόσιοι μαθηταί oi τρεις άριστοι τών μαθητών μου.

10. Non chiedo denaro, ma affetto αιτώ ούκ άργύριον. άλλ' εύνοιαν. Π . Ho avuto = ειχον, per es.: ho già avuto una volta questa classe κάγώ ειχον την τάξιν ταύτην ποτέ, ieri è stato a casa mia παρ' έμοί χθες ήν. Il preterito dei verbi «essere» e «avere» e di tutti i verbi che esprimono una durata in greco e espresso con l’imperferto; nel caso degli altri verbi, con Paoristo, raramente col perfetto. Se al verbo si sottintende concettualmente un avverbio del passato (per es. allora), si trova Paoristo; se si sottintende un avverbio del presente (per es. ora, già), solo in tal caso si trova il perfetto. I lai trovato il denaro (re. ora)?

άρ’ εύρηκας τάργυριον;

Sì Pho trovato (re. ora)

εύρηκα νή Δία.

Dove Phai trovato (re. allora, alPepoca που εύρες; del rinvenimento)? L'ho trovato (allora) nel giardino έν τώ κήπο» εύρον. 12. L’infinito aoristo dopo i verba dicendi e putandi indica il passato; per es.: φησίν εύρειν 20

dice di averlo trovato.

13. Se «che» ha il valore di «bada che», si esprime con όπως e l'indicativo futuro, per es.: Che nessun uomo sappia ciò!

όπως ταύτα μηδείς άνύρωπων πεύσεται.

14. Con εξ ού ο έπεί (= da quando) non è compatibile ού ο μή: si è riversata molta pioggia da quando non ci vediamo

έξ ού (oppure έπεί) εϊδομεν άλλήλους, ύδωρ έγένετο πολύ.

15. Quando «essere» viene adoperato col valore di «andare», si usa πάρει vat εις: Lei è stato molte volte al teatro? ή πολλάκις παρήσΟα εις το όέατρον; 16. Gli indcPmiti diventano spesso negativi dopo negazione, πώ tuttavia rimane invariato. 17. Sì = certo (frane, si), per dare certezza a ciò che appare frutto di incredulità o di dubbia credenza: vai. 18. «Troppo» resta per lo più non tradotto; per cs. siamo troppo pochi ολίγοι έσμέν ... hai scritto troppo poco ολίγον έγραψας. Ίο ύδωρ ψυχρόν (troppo fredda) ώστε λούσασύαί έστιν ... Νέοι ετι έσμέν ώστε τούτ’ είδέναι... siamo troppo giovani per po­ ter sapere ciò. Non sufficiente: ολίγος. Egli ha da vivere non sufficiente­ mente βίον έχει ολίγον. Ho denaro non sufficiente άργύριον έχο) ολίγον. Sufficiente, col valore di «bastante» viene espresso per lo più con l'aggettivo ικανός. Sufficiente denaro ικανόν άργύριον. Penso che siano sufficienti 20 alunni ικανούς νομίζω μαύητάς είκοσιν. Sufficiente, col valore di «in quantità», ούκ ολίγος. 21

19. Un altro = ancora un altro, έτερος, qualunque altro = άλλος. εγώ παρεγενόμην και έτεροι Là eravamo io c molti altri πολλοί... άλλ έστιν έτερα νή Δ ία χρηστά Sì che ci sono ora altri buoni βιβλία ούκ ολίγα, libri in quantità sufficiente Nessun’altra cosa

ούκ άλλο πράγμα,

Chi altro?

τίς άλλος;

20. Ancora adesso ancora qualcosa ancora alcuni ancora uno qualunque possiede ancora denaro? Ne ha ancora

έτι καί νύν άλλο άλλοι άλλος τις άρ' έχει άργυριον άλλο; έχει.

21.

ώδύοπρεσβύτα τώ πρεσβύτα τώδε. τώδε (άμφω)

Voi due. vecchi signori questi due vecchi signori questi due

άμφω richiede sempre il duale del sostantivo che l’accompagna, άμφότερος sta per lo più al plurale col sostantivo che l’accom­ pagna. 22.

Solo (col valore di solo per sé) αυτός solo (col valore di l’unico) μόνος noi siamo soli αυτοί έσμεν noi siamo gli unici μόνοι έσμέν io ho finito (in forma scrìtta) αυτός εγώ ταϋτα da solo il lavoro έγραψα invece μόνος έγώ ταύτα έγραψα io sono il solo ad aver scritto ciò.

22

1

23. Io ho un maggior numero di questi (per es. figli) che di quelle (per es. figlie) πλείους έχω τούτους ή έ κείνος (tuttavia an­ che εκείνους ή ταυτας). 24. Volere nel senso di «aver piacere», «decidersi» volere nel senso di «desiderare» non ha piacere desiderare (ardentemente) volere, nel senso di «avere in animo»

έύέλειν βοΰλεσόαι ούκ έθέλει έπιύυμεϊν μέλλειν.

Dove corre? Voglio portare una lettera alla cassetta postale ποϊ ι3εις; επιστολήν μέλλω φερειν εις το κιβώτιο* (γραμματοκιβωτιο*). Voglio andare ειμι, βαδιοϋμαι. 25. Dov’è tuo fratello?

πού’ αϋ' ό σός αδελφός;

26. A casa di (frane, chez) da (frane, chez)

παρά col dat. παρά con acc.

27. Prendere, portare con se (di cose) prendere, portare con sé (di persone) Voglio portare con me il libro Voglio portarti con me (a casa di quello) 28. Vado (là) vengo (qua) sono venuto (qua) sono giunto sono di nuovo qua fino a che io non sia di nuovo qua vado (più lontano) voglio fargli visita

φέρειν άγειν. οιίσω τόβιβλίον. όξω σε παρ' αυτόν.

βαδίζω έρχομαι έλήλυόα ήκω ήκω μέχρι άν ήκω χωρώ είμι (εΐσειμι) ώς αυτόν 23

verrò [qua] voglio andare per chiedergli vengo qua per pranzare insieme uscire

ήξω ειμι έρωτήσων αυτόν έρχομαι δειπνήσων θύραζε έξιέναι oppure θύραζε βαδίζπν.

29. I buoni alunni

οί αγαθοί των μαθητών οί αγαθοί μαθηταί.

30. È qui che viene questo giovanetto!

τό μειράκιον τοδά (τάδε) προσέρχεται.

31. Non ho nulla da mangiare

ούκ έχω καταφαγειν.

32. Qui (indicante il luogo del parlante), si dice ενθάδε qui (= nel luogo stesso, sul posto) αύτοϋ. 33.

Conoscere qualcuno

34.

Certo, non grande ma bello

35. Egli ha un'ampia fronte Ella ha mani curatissime

γιγνώσκειν τινά. μέγας μέν ού. καλός δε. πλατύ έχει tò μέτωπον. τάς χειρας έχει παγκάλας.

36. Progettare, pensare έπινοεΐν oppure διανοείσθαι. 37. Imparo a memoria i canti di Omero μανθάνω τά 'Ομήρου έπη. Potrei citare l'Odissea a memoria δυναίμην òv τήν 'Οδύσ­ σειαν άπό στόματος είπείν. 38. Mio padre mi ha costretto ad imparare l’Odissea a memo­ ria, ό πατήρ ήνάγκασε με τήν 'Οδύσσειαν μαθειν = trovarsi real­ mente nella condizione [dt conoscere a memoria] con lo studio; ήνάγκασε με μανθάνειν significa solo: egli mi costrinse ad occu­ parmi, ad impegnarmi, ad adoperarmi nello studio. 24

59.

Ευ λέγει καλώς λέγει

ha ragione parla bene.

40. Ho più denaro di te, ma Carlo ne ha moltissimo έγώμέν άργύριον έχω πλέον σου, κλειστόν δέ Κάρολος. 41. L’uomo di cui leggi la lettera ó άνήρ. ού αναγιγνώσκεις την επιστολήν. Di chi leggi la lettera? τήν τίνος επιστολήν άναγιγνοίσκεις: 42. Metti in testa il tuo cappello? ή περί τίθεσαι τον πίλον; Togliti i tuoi stivali! άπόδυάι τάςέμβάδας. Col mediti e il passivo il possessivo è già espresso. 43. Ti libererà dalla tua sofferenza agli occhi απαλλάξει σε της οφθαλμίας. Un unico giorno mi ha sottratto tutta la mia prosperità μία ημέρα με τον πάντα όλβον άφείλετο. Mi ha rubato il mio denaro ΰφείλετό μου τάργύρια. Con verbi come «prendere» c simili il possessivo può non es­ sere reso, appena si ricavi dal corrispettivo pronome personale. 44. Hai bisogno di qualcosa? δέει τίνος; C’è qualcosa di nuovo? λέγεται ri Katvóv; 45. Da dove vieni? πόάεν ήκεις·. Dal giardino εκ τού κήπου. Da quale? έκ τού ποιου: Sc ποιος rimanda ad un nome comune (substantivum appella­ tivum) munito di articolo o ad un elemento della frase che lo rappresenta, richiede l'articolo; solo quando ποϊος ha valore pre­ dicativo l’articolo è di regola omesso. 46. Denaro in piccole somme denaro = capitali

άργύριον χρήματα. 25

47. Τάχα corrisponde precisamente alla nostra espressione usuale nella lingua popolare «alla fine» (= infine, in definitiva). ταχύ, ταχέως velocemente, presto διά ταχέων subito. 48. Tra = έν, per es. έν τοΐς Χριστιανο'ίς πολλοί εισιν ’Ιου­ δαίοι. ‘Εν νέοις άνήρ γέρων. 49. Non particolarmente = ού πάνυ. Egli non si sforza parti­ colarmente ού πάνυ σπουδάζει. 50. La posizione naturale dell'avverbio in greco c dinanzi al termine che dev'essere da esso determinato: ci si allontana da questa norma quando lo si vuole mettere in evidenza. Quando l'avverbio si trova alla fine, esso corrisponde all’espressione tede­ sca und zwar [= «in vero, precisamente»): χάριν σωθέντες υπό σου σοι άν εχοιμεν δικαίως (c invero doverosamente). 51. Le esclamative indirette nella grammatica latina sono equiparate alle interrogative indirette; in greco il valore esclama­ tivo si coglie in esse, rispetto alle interrogative indirette, in quanto queste ultime sono introdotte da elementi grammaticali [pronomi, avverbi, etc.] tipici delle interrogative dirette e indi­ rette, quelle altre proposizioni invece sono introdotte dal relativo e precisamente da un relativo semplice. 52. Il tedesco chiede: Dove si siede? Il greco: Dove? Dove vogliamo sederci? πού καθιζησόμεύα: 53. «Tutto il mondo» si dice πάντες άνθρωποι. 54. Il «per» con valore finale c volentieri espresso con βουλόμενος. 55. Ho ricevuto (ottenuto) = έχω, per cs.: ho avuto 10 marchi da mio padre δέκα μάρκα* έχω παρά τού πατρός. 26

56. Più volentieri che = piuttosto che μάλλον ή ... 57. Allora = τότε. 58. Μέν precede sempre le altre congiunzioni: dunque, non πολλοί γάρ μέν ma πολλοί μέν γάρ..., così pure μέν γε, μέν δή... μέν ούν..., μέντοι. 59. Altrimenti (= in caso contrario) è omesso in espressioni come per es. Soph., Oed. Rex 82-3. 60. Periodi come il seguente: «Se vengo a Dresda e passo sul ponte, vedo il monumento di Augusto il Forte ...», in greco ven­ gono suddivisi in «se vengo a Dresda, vedo, se passo sul ponte, il monumento d i n o n o s t a n t e che le due proposizioni seconda­ rie precedano la principale. 61. L’espressione corrente per la preghiera individuale, è προς (των) θεών ma si incontrano pure προς τού Διός e simili. Essa non equivale affatto, come di solito si ritiene, a «giuro per gli dèi», ma è una formula di preghiera. 62. Non ci sono soltanto, come appare dai grammatici, un ir­ reale del presente e un irreale del passato, per es. «io sarei (ora) contento se ...», «io sarei stato (allora) contento se ...», ma ci dev’essere anche un irreale del futuro. Io dico per cs.: «se io do­ mani fossi a New York, parteciperei alla festa», sebbene sappia che io domani in nessun modo potrò trovarmi là. Il greco esprime questo irreale del futuro con et e l’ottativo nella protasi, con άν e l’ottativo nell’apodosi. Si osservi: negli esempi del tipo φαίη δ' άν ή θανούσα, εί φωνήν λάβοι «se la defunta, in futuro, ottenesse voce, confer­ merebbe ciò», l’ottativo non sta insolitamente al posto del pas­ sato, ma indica, regolarmente, come in numerosi altri casi, l’ir­ reale del futuro. 27

63. Gli ordini si esprimono con l’imperativo aoristo. L’impe­ rativo presente significa: «adoperati per fare questo o quello» o anche «continua a fare ciò». Cf. Aristoph., Tkcsm. 261-62 (a pro­ posito di «continua»), come pure Av. 175-76. I verba dicendi e quelli di movimento spesso presentano il presente, in quanto l'azione è pensata nella sua durata. 64. L’imperativo che sottolinea l’urgenza, espresso in tedesco con so. doch (= «suvvia»), è reso in greco con οΰ e il futuro, per cs. suvvia sta zitto = ού σιγήσεις; la negazione c μή, per cs: suvvia non dire alcuna parola! ού μή λαλήσεις; suvvia non trattenerti! ούμηδιατρίψεις:

NOTE DELL'EDIZIONE ITALIANA Brevi regole e osservazioni $9. Il testo greco è il seguente ού γάρ αν κάρα / πολυβτεφής ώδ' r'ipar καγκάρχου δάφνης «j>erché altrimenti non verrebbe così incoronato il capo di fronde di alloro ricoperto di bacche», con ού γάρ » ci μή ήν. 62. L'esempio addotto dall'Autore richiama alla mente Eschilo l/tg. 37-8: οίκος δ' αυτός, ci φΛυγγήν λάβοι. / σαφέστατ' ctv λέξειεν «la stessa cosa, se ot­ tenesse voce, rivelerebbe nel modo più evidente»), assimilato da K. Kt'HNtR B. (»r.RTll, Ausführliche Grammatik der Griechischen Sprache (II Teil · II Band), Hannover und Leipzig 1904', rist. Darmstadt 1983. p. 478 Anm. 3. ai luoghi omerici . Venerdì Santo

ή μεγάλη παρασκευή*

214. Pasqua

τό πάσχα*,

tu . Pentecoste

ή πεντηκοστή,

216. Compleanno

τά γενέθλια.

21*. So che oggi (domani) è il tuo

οιδα τήν τήμερον (αύριον) ήμέραν ούσαν γενέθλιάν σου.

compleanno 21*. Anniversario (cerimonia della

ή έπέτειος εορτή.

fondazione) 219. I mesi

οι μήνες · Ιανουάριος. Φεβρουάριος. Μάρτιος. Απρίλιος. Μάιος, Ιούνιος. Ιούλιος. Αύγουστος. Σεπτέμβριος 'Οκτώβριος. Νοέμβριος. Δεκέμβριος

39

13. Tempo atmosferico 2». Che tem po fa?

ποιος ό αήρ το νϋν;

221. Com e appare il ciclo?

ri γ άρ ό Ζ εύς ποιεί:

222. Il tem po c bello

εύδίαέστίν.

22>. C 'c un tem po splendido

εύδία εστίν ήδίστη.

224. Splende (spunta) il sole

εξέχει έϊλη. έχομεν ήλιον, φαίνεται ό ήλιος, ήλιος λάμπει.

22$. Fa caldo

θάλπος εστίν.

22*. C e vento (si leva il vento)

άνεμος γΐγνεται.

227. Soffia un forte vento

άνεμος πνεί μ έγας

221. Abbiamo un vento da Nord,

άνεμος γΐγνεται βόρειος, νότιος, ανατολικός, δυτικός.

da Sud, da Est, da Ovest 229. 11 tem po si annuvola

ξυννέφει.

2K>. Pioviggina

ψακάξει.

2$i. Piove

ΰει.

2)2. Diluvia

όμβρος πολύς γΐγνεται.

2)>. Tuona

βροντςί.

2 ». Abbiamo un tem porale

βρονταί γίγνονται και κεραυνοί.

[= tuoni c fulmini] 2». Lampeggia molto

αστράπτει πολύ νή Δία.

2)6. È caduto un fulmine

έπεσε σκηπτός. έπεσε κεραυνός

2)7. Fa freddo (assai freddo)

ψύχός έστιν (ψύχος έστι μέγιστον).

2)4. Nevica, uh!

νίφετ βαβαιαξ.

2W. Nevica molto

χιών γΐγνεται πολλή.

40

240ι Sigeia

κρύος γίγνε tea.

241. Perché chiudi l’om brello (ombrellino)?

ri ιιάλιν ξυνάγειςτόσκιάδειον;

242. Aprilo di nuovo!

έκχέτασον a v rà

24). Porta Γombrello!

«pépe tò σκιάδειον.

244. Tieni l'om brello su di me!

ύχέρεχέ μου tò σκιάδειον.

24). Sta’ attento qui al fango!

tòv χηλόν τουτονί φόλαξαι.

14. Partenza 246. Mai sufficiente denaro per il viaggio? dp’ έχεις έφοδιον ικανόν; 247. Q uando vai a Berlino?

xóte ebrei εις Βερολίνο* (Λονδίνο*. Βιέννη* - Vienna - Γαστάιν*. Παρίσι*. Πετρουχολιν*. εις ’Ελβητία, Κίσσιγγεν*. Δρέσδη*. Βρυξέλλες*. Μονακό* - M onaco -).

248. Il 12 novembre

τη δωδέκατη Νοεμβρίου.

24V. Non sei andato ancora a Lipsia

εις Λειψίαν* ούχω έλήλυθας.

2)0. Nelle vacanze mi piacerebbe

èv tu) άνακαύλης χρόνω έχιθυμώ έλόεϊν εις άγρόν.

andare in campagna 2)i. Con quale mezzo vuoi viaggiare?

τις σοι γενήσειαι κόρος της όδοό:

2)2. Con il treno alle quattro

τη τέταρτη ώρα χρώμενος τή αμαξοστοιχία*

2)). O h è tem po di andare

ώρα βαδίζειν dp’ έστίν.

2U È tem po di andare alla stazione

ώραέστινείς tòv (σιδηροδρομικόν)* σταθμόν βαδίζειν.

41

u t. Era ora da tempo!

ώ ρα ήν κάλαι.

2S&. O ra buon viaggio!

άλλ'ίΟ ι χοίρων.

2)7. Addio!

χαιρε κοά σύ.

258. È partito

οΐχεται.

29». M io fratello è fuori d a cinque mesi

ό έμός αδελφός χέντε μήνας άχεσην.

260. È in viaggio

άκοδημών έσπν.

15. Andar· · Camminare 261. Mi segua!

εχου.

262. Venga con me!

εχου μετ' έμ ο ύ .

26). La stazione non è lontana

εστ* ο ύ μακράν άχοϋεν ό σταθμός.

264. Andiamo

σγε νυν ιωμεν.

26». Andiamo via

άπίωμεν.

266. Allontaniamoci

χωρώμεν.

267. Avanti!

χώρα.

26&. Vi precediam o

προίωμεν υμών.

26». Prenderò una vettura pubblica

άμάζη χρήσομαι.

270. No. piuttosto mi servirò di un autobus

εγώ μέν ούν χρήοομαι τφλεωφορείω“,

271. Per conto m io vado a piedi

βαδίζω εγωγε.

272. T u vai a cavallo

όχεϊ.

27). Mi dica, per quale strada possiamo raggiungere la stazione il piti velocemente possibile?

φράζε, όχη τάχιστα άφιξόμεόα εις τόν σταθμόν;

42

2?4. Non siamo capaci di trovare la strada

ού δυνάμεύα έξενρείν τήν όδόν.

275. Non so più dove siamo

οΰκέτι οίδα. πού γής έσμεν.

27& Lei ha sbagliato strada

τής οδού ήμάρτηκας.

277. 0 m io Dio!

ώ φίλοι ύεοί.

278> Vada p er questa strada e subito giungerà alla piazza del m ercato

ΐύ ι την όδόν ταυτηνί και εύάίις επί τήν αγοράν ήξεις.

27*. E poi?

e!t a t i ;

2» . Poi deve andare a destra

c ita βαδιστέα eoi έπι δεξιά (επ' αριστερά).

(a sinistra) 281. Diritto!

ορθήν.

2*2. Q uanto è distante?

πόση τις ή οδός;

2s>. Grazie

καλώς.

28«. O ra affrettiamoci

άλλα σπεύδωμεν.

285. Continui a camminare!

χώρει.

28«. Siamo giunti dopo il secondo

ύστερον ήλόομεν του δευτέρου σημείου.

campanello

16. Aspetta!

287. Ehi tu, fermati!

έπίσχες. ούτος.

288. Aspetta u n po’!

έχε νυν ήσυχος,

28». Fermo! Sta’ fermo!

μέν' ήσυχος, στήύι.

Carlo ti prega di aspettare

κελεύει σε Κάρολος περιμεϊναι.

2»i. Non andare avanti!

έχ' άτρέμας αυτού.

2»2. Aspetta qui!

ούμενείς:

29». Aspettami un po’!

έπανάμεινόν μ ' ολίγον χρόνον.

4)

2*». Riiom crò subito

ά λλ' ηξω ταχέως.

293. Dove ti devo aspettare?

που αναμένω-.

m . Ritorna presto

ήκέ νυν ταχύ.

297. Egli viene appresso

ούτος οπισύεν προσέρχεται.

2W. Aspettiamo!

αλλά περιμενούμεν.

2w. Eccomi di nuovo qui

ιδού, πάρειμι.

wo Sci di nuovo qui?

ήκεις:

soi. Forse che per te mi sono trattenuto abbastanza a lungo?

μών έπισχειν σοι δοκώ.

X». Dove mai sci stato tu tto questo tempo?

πού ποτ* ήσύα απ' έμού (άφ' ημών) τον πολύν τούτον χρόνον:

17. Vieni quat

303. Vieni qua! mm.

Vieni proprio qua!

Seùp' έλόέ. έλύε δεύρο.

)0s. Cammina qua!

χαίρει δεύρο.

)06l Vieni qua da me!

βάδιζε δεύρο, ώ ς έμέ.

ja?. Giungi a proposito [= «come per un prodigio»]

ήκεις ώσπερ κατά deìov.

)o& Da dove vieni?

πόΟεν ήκεις:

509- Ma da dove vieni precisamente?

άτάρ πόόεν ήκεις έτεόν:

sia Vengo dalla famiglia M üller

εκ Μυλλέρου έρχομαι.

in . Entra con me!

ε ΐσ ιύ ιά μ ’έμοί.

su. Ti prego di restare ancora con noi

δέομαι σου παραμείναι ήμΐν

m . Q uesto è impossibile!

άλλ" ούχ οίόν τε.

44

I

>n. Dove vai?

xo't βαδίζεις;

»>. Resta qui!

ού παραμένεις;

>16. N on tt lasceremo andar via

ού σ ' άφήσομεν.

>17.

Voglio andare dal parrucchiere

βούλομαι εις το κουρεΐον.

ns. Non ti lasciamo assolutamente andare

ούκ άφήσομεν σε μά Δία ουδέποτε.

>i9. lasciatem i andare!

μέϋεσύέ μου.

>20. Venite subito da me!

ιτε δεύρ' ώς εμέ ταχέως.

>2i. Verrò stasera

εις εσπέραν ήξω.

>22. È partito

φρούδος έστιν.

>2). Dov c andato?

ποϊ γάροΐχεταί;

>24. È andato dal parrucchiere

είς tò κουρεϊον οΐχεται.

>2). Torna a casa

οι καδ’έρχεται.

>26.

άπίωμεν οΐκαδ' αυΡις.

Ritorniamo a casa

in. Vuole andare loro incontro

άπαντησαι αύτοϊς βούλεται.

>28. L'ha incontrata

ξυνήντησεν αύτή.

>29. Dove c’incontreremo?

ποϊ άπαντησόμεΡα.

» 0. Qui

ένΡάδε.

18. Qui d a me! »i, Cameriere! Cameriere!

παϊ. παι,

» 2. Dove si è cacciata la servitù?

ού περιδραμεϊταί τις δεύρο τών παίδων;

>». Lei cameriere dove va? - A prendere i bicchieri

ούτος σύ. παί. ποι Ρείς; - 'Ex* έκπωματα.

45

)w. Venga quii

έλθέ δεύρο.

335. Mi porti subito birra e arrosto di lepre!

ενεγκέ μοι ταχέως ζύθον teen λαγώα.

m . Certam ente signore!

ταύτα. ώ Scoro τα.

»7. Ecco, porto tutto

ιδού, άπαντ' εγώ φέρω.

)». La birra è buona!

ώς ήδύς Ò ζύθος.

Non mi piace

ούκ άρέσκει με.

»9.

wo. La birra ha un gusto m olto forte, come di pece

όζει ιήττης ό ζύθος όξύτατον.

mi.

«pépe σύ ζύθον 6 παίς. - Rotori τέχνη.

Q ui la birra, cameriere! - Con la massima sollecitudine!

M2. Si affretti! M3. Lei si occupa m ale di noi! μ

. Cameriere mi versi ancora un bicchiere!

οϋ θάττον εγκονήσεις; κακιός έπιμελε'ι ημών, παί, έτερον εγχεον.

M». Versi anche a me!

έγχει κάμοί.

346. Stasera dopo lungo tem po vogliamo sborniarci ancora come si conviene

εις εσπέραν μεθυσθώμεν διά χρόνου.

M7.

Il b e re non serve a nulla

κακόν tò πίνειν.

348. La birra causa ebbrezza

κραιπάλη γίγνεται άκό τού ζύθου.

349. Vado a com prare la birra

έκί ζύθον είμι.

330. La chiam erò se dovesse essere necessario

καλώ (καλεσω) σε, εί τι Scoi a qualora dovesse essere necessario; invece εάν τι δέη = qualora sia necessario.

391. Vado a comprare ancora un’altra (birra)

έτερον ϊών κομιούμαι.

46

ιδού, τουτί λαβέ.

w . Ecco, prenda questo >s>. Bene. Le darò una mancia Non riesco a restare qui w . II fumo irrita i miei occhi

>56,

καλώς, ευεργετήσω σε. ούχ οιος τ' είμί ενθάδε μένειν. ό καπνός δάκνει τα βλέφαρά μου. ή π ίθ ι ή ά π ιθ ι.

O bevi o vattene!

M7. Vieni con me!

επου μετ' εμού.

jm.

ό καπνός μ* εκπέμπει.

11 fum o mi fa uscire

»6. Cam eriere faccia il conto

παϊ. λόγισαι ταύτα.

>60.

H anno consumato sei bicchieri di birra e carni di lepre e pane; sono dunque due marchi e mezzo

ειχετε ζύθου εξ (ποτήρια) καί λαγώα και άρτον- γίγνονται ουν ήμ'ιν δύο μάρκα* καί ήμισυ

m i.

Prego, prenda

ιδού, λαβέ.

M2. Me ne vado barcollando

σφαλλόμενος έρχομαι.

19. Sono affamato Μ>.

Mi prende la fame

λιμός με λαμβάνει.

>64.

Non ho nulla da mangiare

ούκ εχω καταφαγειν.

>65.

E divorato dalla fame

>66. M uoio di fame >67.

Le do qualcosa da mangiare (da bere)?

>6& Dammi qualcosa da mangiare

βουλιμίφ. άπόλωλα ΰπό λιμού. φέρε ri σοι δώφαγείν; (πιεϊν:). δός μοι φαγεϊν.

M9.

A ndrò a pranzo

βαδιούμαι επί δεϊπνον.

ito .

Non ancora hai pranzato?

ούπω δεδείπνηκας:

47

>71. N o

μ ά Δ ί'έγώ μ έν ού.

>72. Devo andare a pranzo

δετ με χω ρόν etti δεϊπνον.

>7>. Vada subito a pranzo

άλλ* έτιχ δεϊπνον ταχύ βάδιζε.

>74. Egli va a pranzo

èra δεϊπνον έρχεται.

>75. 11 pranzo è servito

τό δεϊπνον έστ’ επεσκευασμένον.

>74. 1) boccale

το κύπελλον.

J77. Il piatto

τόλεκάνιον.

>78. La coppa

τό τρυβλίον.

>79. Il coltello

το μαχαίριον.

wo. La forchetta

τό περόνιυ*.

mi. li tovagliolo

τό χειρόμακτρον.

20. Pasto

M2. Ti invito a colazione

εκ' άριοτον καλώ σε.

w>. Mi ha invitato a colazione

επ' άριστόν μ* έκάλεσεν.

mm. Noi dunque avremo un banchetto

εύωχησόμεάα ήμείς γε.

>es. Contavo sulla sua presenza

έλογιζόμην εγώ σε παρέσεσύαι.

um.

άριστά-

Egli fa colazione

>87. C*è arrosto

πάρεση κρέα ώητημένα

μ*. Patate e contorni di verdure

γεώμηλα* και λαχανικά*.

ww. Arrosto di vitello

(κρέα) μόσχεια.

>9a Arrosto d i bue

βόεια.

>9i. Arrosto di maiale

χ ο ίρ ο α.

•48

m . C c arrosto di agnello con patate m . A rrosto di capretto

πάρεση (κρέα) άρνεια μετά γεωμήλων*. έρϊφεια.

m Coscia

χωλή.

w . Arrosto di lepre

λαγφα.

m . Arrosto di uccelli

όρνίόεια.

197. Carni di anguilla

έγχέλεια.

m . Non gradisco le anguille, preferirei mangiare carni di volatili >99.

Q ueste le mangio molto volentieri

«η. Questo l’ho m angiato ieri

ού χαίρω έγχέλεσιν. ά λλ’ ήδιον άν φάγυιμι όρνίύεια. ταυτα γάρ ήδιστ' έσύίω. τούτο χύέςειραγον.

401. Mi p o n i dei tordi!

(pepe δεύρο κίχλας έμοί.

402. Prenda e assaggi!

γεύσαι λαβών,

4i». Mangi questo!

φάγε τουτί.

404. No, non mi giova per nulla

μά τον Δία. ού γάρ ούδαμώς μοι ξύμφορον.

4i». Mandi giù questo!

έντραγε τουτί.

40b. Non costringiamo affatto

ού προσαναγκάζομεν ούδαμοτς.

407. Le carni sono dolcissime

τά κρέα ήδιστά έσην.

400. Com 'è buono!

ώς ήδύ.

409. Com ’è buona la salsa

ώς ήδύ τό κατάχυσμα.

4ia Ne gradisco ancora

έν έτι ποθώ.

4ti. Mi dia un poco di pane!

δός μοι δήτα όλίγον η άρτου.

412. E un poco di salsiccia e purè di piselli

καί χορδής τι καί έτνος πισινόν.

4i). Il dessen

τό έπίδειπνον.

49

. Il genitivo di questa parola è disusato

ή γενική τής λέξεως ταύτης άχρηστός έσην.

484. Molto bene

όρύώςγε.

53

m . Qual c il presente indicativo di questo verbo?

486.

Questo m e lo voglio segnare

ποϊός έστιν ó ένεστώς (χρόνος) τής οριστικής τού ρήματος τούτου; μνημόσυνα τούτα γράψομαι.

4ì 7. Prendo nota di questo

γράφομαι τούτο.

4ML II congiuntivo, l’ortativo, l’imperativo

ή υποτακτική, ευκτική, προστακτική.

4S9.

L’infinito, il participio

ή άπαρεμφατος, ή μετοχή.

490.

L’imperfetto, il perfetto

6 παρατατικός, Ò παρακείμενος.

491.

Il piuccheperfetto, l'aoristo

ό ύπερσυντελι κός. αόριστος.

492.

Il futuro (primo, secondo)

ό μέλλων (πρώτος, δεύτερος).

49>. L'attivo, il passivo

τό ένεργετικόν. παθητικόν.

494. Non pone correttam ente l’accento

ούκ όρόως τονοΐς.

491.

L ’accento (acuto, grave, circonflesso)

ή κεραία (ή όξεΐα, βαρεία, περισπωμένη). δεί τού άρθρου.

4%. O ccorre l’articolo

25. Risposte errate 497.

Presti attenzione!

498- Risponda alle dom ande poste 499.

Risponda con precisione!

πρόσεχε τόν νοΰν. άπόκριναι. art* αν έρωμαι. άπόκριναι σαφώς.

soo. Parli ad alta voce!

λέςον μέγα (per es. Ar., Vesp. % 3 , anche Plat.. Protag. 310 B).

mi .

άποκινδύνευε λεπτόν τι καί σοφόν λέγειν.

54

Tenti di dire qualcosa di perspicace e di saggio

J02. Prego potrebbe dire altro!

λέγοις αν άλλο,

so>. Continui a parlare!

λέγε, ώ 'γαβέ.

w . Sembra che Lei non abbia che cosa dire

άλλ'ούκ έχειν εοικας, δτι

505. Perche tace?

τί σιωπάς,

5K. Mi dica che cosa vuoLe dire

είπέμυ ι,δτι λέγεις,

λίγος.

m Perché parla insensatamente?

τί τούτα ληρείς;

so*. Lei ciarla invano

άλλως φλυαρεί ς,

so*. O m io caro è tutta un'altra cosa!

ου ταύτόν, ώ τάν.

510. Non Le chiedo questo

ού τοΰτ* ερωτώ σε.

su. Risponda alla mia domanda (dopo l’interruzione)

καί μήν έπερωτηΛείς άπόκριναί μοι.

512. Lei parla per enigmi!

δι'αίνιγμώ ν λέγεις,

su. Dice sul serio o scherza

σπουδάζεις ταΰτα ή παίζεις;

514. Non dica sciocchezze!

ούδέν λέγεις μήλάλει.

515. Non parli a vanvera

ί σ»γα i σιώπα

5I& Taccia! si?. Vuole stare zitto?

ού σιγήσεις;

si* Stolto!

ώμώρε σύ.

26. Un’illustrazione

si«. Voglio mostrarvi un’illustrazione

εικόνα ύμίν έπιδείξω.

52α G uardate giù!

βλέψατεκάτω.

521. G uardate su!

βλέπετε άνω.

55

J22. Verso dove guarda?

not βλέπεις:

sa.

Lei guarda verso un’altra pane

έτέρωσε βλέπεις

su .

Guarda qui!

δεύρο σκέψαι.

525. Eppure avverto uno strepito di dietro

και μην αισθάνομαι ψόφου τίνος έξόπισΟεν.

526. Davanti

έν το) πρόσθεν.

527. La smetta di dire sciocchezze!

παύσαι λάλων.

52β. Basta con le ciarle!

οΰ μη λαλήσετε;

27. Poeti greci

529. Mi reciti ora il più bel passo dell’Antigone

έκ τής 'Αντιγόνης τό νύν είπε τήν καλλΐστην ρήσιν άπολέγων.

sm.

L'inizio dell’Odissea

τό πρώτον τής 'Οδύσσειας

sm.

Qual è il significato di questo passo? τί νοεί τούτο;

552. Lei e posseduto da un cattivo genio

κακοδαιμονϋς

555. Com’è ingenuo!

ώς εύηθικως

554. Dove ha la mente?

πού τόν νούν έχεις;

555.

παραφρονείς

Lei e fuori di senno!

55*. Sofocle non ha concepito questo passo come lo intende Lei. Rifletta meglio!

τήν ρήσιν τούτην ούχ ούτω Σοφοκλής ΰπελάμβανεν. ώς σύ υπολαμβάνεις, όρα δή βέλτιον.

557.

σκόπει τό ρήμα τούτο.

Consideri questa espressione!

550. ήκω ha lo stesso significato di κατέρχομαι

ήκω ταύτόν έστι τώ κατέρχομαι.

559. Che significa?

τίςόνού ς

56

mo.

O ra Lei dice assennatamente

τουτί φρονίμως ήδη λέγεις,

mi.

O ra ha compreso pienamente

πάντ'έχεις ήδη.

$4t H a bene collegato!

ευ γε ξυνεβαλές

$4$. Q uesto è il più bel dramma di Sofocle

τούτο δήπου κάλλιστον πεποίηκε Σοφοκλής

$44.

Sofocle c supcriore ad Euripide

Σοφοκλής πρότερός έστ' Εύριπΐδου.

$4$. Anche questi c un buon poeta

ό δ’ αγαθός ποιητής έστι και αυτός

$40. Non apprezzo Euripide

ούκ επαινώ ΕύριπίδηνμάΔία.

$4*. Non ricorda un verso di E uripidei

ούκ άναμιμνήσκει Ιαμβον Εύριπΐδου:

$4β. Conosce ciò abbastanza

τουτί μέν επιεικώς σύγ’ έπίστασαι.

$49. Lei si è nutrito attentamente di Euripide

Εύριπίδην πεπάτηκας ακριβώς.

sso. Dove ha imparato così bene queste cose?

πόόεν ταϋτ' εμαύες ούτω καλώς

$$i. 1lo trascritto molti passi di Euripide!

Εύριπΐδου ρήσεις έξεγραφάμην πολλάς.

$$2. Recitami qualcosa dei poeti più recenti

λέξον τι τών νεωτερων.

$$>. Non ne sono degni; tra questi infatti non potresti ancora trovare un autentico poeta

ούκ άξιοι είσι τούτου, γόνιμον γάρ ποιητήν ούκ άν έτι ευροις έν αύτοίς

$$4. Q ual è il Suo giudizio su Eschilo?

περί Αισχύλου δε τίνα έχεις γνώμην:

$$$. Eschilo lo ritengo prim o tra i poeti

Αισχύλον νομίζω πρώτον έν ποιηταίς.

$$6. Conosce questa poesia di Simonide?

έπίστασαι τούτο τό ςίσμα Σιμωνίδου;

57

957. Benissimo

μάλιστα.

558. Si, certamente

εγωγε νή Δία.

5». VuoLc che la reciti tutta?

βούλει Adv διεξέλόω;

sto. Non ce n ’è bisogno

ούδενδεί.

m i.

Q ual c Ü nome di questo m etro?

το φσμα οΰκ έπισταμαι.

542. N on conosco la poesia m i.

όνομα δέ τούτω τφ μέτρω τί έστιν;

Passerò ora alla seconda parte della tragedia

kcù μήν ò li

το δεύτερον τής τραγωδίας μέρος τρέφομαι.

28. T radurre 54«. Cercate nel libro il capitolo dedicato a Socrate. È il nr. 107

ζητήσατε τό περί Σωκράτους λοκάντες τό βιβλίον. έστί δί τό εκατοστόν kcù έβδομον.

M5. O ra prestate attenzione

άλλά προσέχετε τον νουν.

566. Traduciam o oralm ente in greco

λέγωμεν ελληνικως ταύτα μεταβάλλοντες

567. Cominci, N.

ΐό ι δή, λέγε, ώΝ.

568. Mi compiaccio della Sua traduzione

ταύτά μ ' ήρεσας λέγων,

Chi Le ha insegnato la lingua greca?

τις σ ’ έδίδαξε τήν ελληνικήν φωνήν;

sto .

Continui

λέγε (imp. pres.)

571.

Q uesta traduzione è perspicace

τούτ' otti δεξιόν.

μ

*.

572. Continui Lei

λέγε δή συ, ώ 'γαόέ.

57>. Traduce in m odo m aldestro

σκαιώς ταύτα λέγεις

574. Q uesto c u n vocabolo ionico

τούτ'έστ' Ιωνικόν τό ρήμα.

58

s ts.

Lei traduce in dialetto ionico

'Itovi κιώς λέγεις.

S7*.

Vediamo, come vuole tradurre?

φέρε δή. τι λέγεις;

777. Si sbrighi e traduca 778.

ά λλ' άνύσας λέγε.

Con Lei non c e niente da fare

sn. È mio dovere dirige ciò sm

.

σύγ' οΰδέν ci. δικαίως & τούτο σοι λέγω.

Lei non è in grado di dire nemm eno tre parole senza comm ettere errori

γάρ ουδέ τρία ρήματα έλληνικώςείπείν οιός τ' εί πριν έξαμαρτείν.

sei. Si fermi!

παύε.

sai. Traducete p er iscrìtto questo passo!

καί μεταγράφετε αυτό τούτο ελληνιστί.

ss). Anche il seguito

καί τόέξή ς (Plat., Menex. 241 A)

sm

.

Avete capilo?

μανθάνετε; πάνυ μανϋάνομεν.

sas. Certamente! sm

.

το έργον.

Il compito

sa?. Prenda il libro e legga!

λαβέ το βιβλίον καί λέγε.

see. Alla malora! Che rabbia per il fatto che h o dimenticato di portare U libro

ές κόρακας, ώς άχύομαι. ότιή έπελαόόμην τούς χάρτας (το βιβλίον) προσφέρειν.

589.

χρήσόν τί μοι γραφειον καί χάρτην.

Prestami una penna e un quaderno!

29. Occupato

sso. O gnuno si reca al lavoro

πας χώρο πρός έργον.

sot. Che cosa dobbiam o fare (noi due) d ’ora in poi?

άγε δή. τί νφν έντευόενί ποιητέον;

59

to .

ταυτι δέδραται.

Q uesto e stato fatto

m . Farò questo

ταυτα δράσω,

to .

μελήσει μοι ratita ,

Mi occuperò di questo

sw. Ecco tutto ciò di cui hai bisogno to

Hai tutto ciò di cui hai bisogno?

f9j. Sì, h o tu tto ciò che mi occorre

ιδού πάντα. ών δέει, άρ' έχεις άπαντα, à δει; ju iv ta νή Δία πάρεσή μοι. όσων δέομαι.

548. È un lavoro semplicissimo

«pauXótatov έργον.

599. Q ual e Io scojx) del vostro lavoro?

iv a δή ti toùro δράτε;

too. Cosi il lavoro procede molto meglio

χωρεί το πράγμα οϋτω πολλψ μάλλον.

tot. Sii diligente ne) lavoro

τώεργω πρόσεχε.

miì .

μή ποιεί, άπερ οί άλλοι δρωσιν.

Non fare le cose che fanno gli altri!

60). Il lavoro non procede

ού χωρει τούργον.

mm.

τί δαί ποιήσεις:

D unque, cosa farà?

60). O ra tocca a voi

ύμέιερον έντεύβεν έργον.

to .

συλλαμβάνου. εί μή σε τι κωλύει.

Assistimi, se non hai (ora) impedimenti!

ού σχολή (μοι).

607. Non ho tem po

30. Lode e richiamo

eoe. Che cosa pensa di questo alunno, rettore?

τι ούν έρεΐς περί εούτου τού μαόητού. ώ γυμνασίαρχε:

609. Non è sciocco

ού σκαιός άνόρωπος.

610. Non mi sembra essere sciocco

ού σκαιός μοι δοκεί rivea.

611. No, mi sem bra (piuttosto) abile

δεξιός μεν ούν έστιν.

612. E studioso e perspicace

και φιλομαθής καί άγχίνους.

60

6 I J.

Come si presenta l’altro?

ó δε έτερος πο(ός τις:

614. E di cattivo stampo

«orì του πονηρού κόμματος.

61)

αλλά προς τούτον μεν ύστερός έστί μοι λόγος.

616.

. Ma con costui parlerò più tardi Infatti e smemorato e lento

έπιλήσμων γάρ εστι κάι βραδύς

617. E non è diligente

και ούκ επιμελής έστιν.

618.

ήλιθιώτατός έστι πάντων,

E il più sciocco di tutti

*19. Si è trasformato totalmente

πολύ χάνυ μεΟέστηκεν.

620.

Lo so

οιδα τοι.

621.

Prenderemo qualche provvedimento utile

ποιήσομέν τι τών προύργου.

622. È sciocco, pigro e ingordo

ηλίθιός τε και αργός και γάστριςέστίν.

62 )

μελαγχολώ

. È tutto matto

*24. ('ome si presenta A.?

ό 6ε Ά. πώς παρέχει το εαυτού:

621.

Nella misura in cui è capace

καθ' όσον οιός τ' έστίν.

626 .

In modo appropriato

επιεικώς

627. (Voti dei compiti scrìtti):

1.

εύγε.

lb.

καλώς

2a.

ακριβώς

2.

όρθώς.

2b.

επιεικώς.

3a.

μετρΐως.

3.

μέσως.

3b.

φαυλως.

4.

ούκόρθώς

61

31. Cantare

638. Canta qualcosa!

$σόν ti.

6». Non so cantare

μελιρδείν ούκέκίσταμαι.

tM. Cantateci una canzone

μέλος τι . Dica cosa gradisce ascoltare

είπέ. οίσπσι χαίρεις.

4M. Un bei canto!

ώς ήδύ το μέλος.

6)5. Canteremo un'altra canzone

έτερον άαόμεόα

6)4. Mi consenta di cantare un canto a solo!

έαβόν με μονφδήσαι.

6)7. Canta quanto vuoi

άλλ' 4?2. Il club

ή λέσχη.

147)

. La sala di lettura

τό αναγνωστήριο)',

1474. Il concerto

ή συμφωνία,

147)

τά ανάκτορα*,

. Il palazzo

>476. La casa padronale

ήεπαυλις.

i4rr. II marciapiede

τό πεζοδρόμιο*,

Min. La posta

τό ταχυδρομείο*,

1479. Il francobollo

τό γραμματόσημο*,

14W. La cartolina postale

τό επιστολικό δελτάριο*,

1481. La passeggiata

ό περίπατος,

1482. N municipio

τό δημαρχείο*,

148)

ή όδός.

, La strada

Nim li sobborgo

τό προάστειον.

148). L'università

τό πανεπιστήμιο*,

■486. La cassetta postale

τό γραμματοκιβώτιο*,

1*87. La carta assorbente

το στυπόχαρΓσ*.

105

1458. li telegramma

io τηλεγράφημα*,

1489. Telegraficamente

τηλεγραφικές*.

1490.

1,‘inchiostro

tò μέλαν.

1491. Il calamaio

τό μελανοδοχείον.

1492. La busta

τό περικάλυμμα.

149). La spazzola

ή ψήκτρα,

1494. La botte

ό κάδος,

149j. La finestra

τό παραθύριον.

1496. 11 campanello

τό κωδωνιον.

1497. Suonare il campanello

κωδωνίζει V*.

1495. Legno, carbone

ξύλα, άνθρακες,

1499. Il mobilio

τά έπιπλα,

uwx La stufa

ή εστία

mi. Il pianoforte

τό κλειδοκύμβαλον*.

i$02. La veranda

ή αίθουσα

no}. La camera da letto

ό κοιτών,

1904. L'armadio

ή σκευοθήκη,

ms. Il guardaroba

ή ιματιοθήκη,

1 )06.

τα γραφείο*,

Lo scrittoio

no;, Lo zolfanello

τα θειαφοκέρια*.

Doe. li sapone

ό σήπων (anche σάκων)*.

1909. I! sofà

τό άνάκλιντρον,

d io .

La scala

ή κλίμαξ. τό άνάβαθρον.

isti. I,a tenda

τό παραπέτασμα,

1912. La vasca del lavandino

ή λεκάνη, ή κόγχη.

106

nu. 11 lavandino (prop, catinella, lavabo]

όνιπτήρ.

1514. La camera

rò δωμάτιον.

dm.

to κλειδί ov.

La chiavetta

1516. Lo stu2 2 tcadenti d i ?.

L'automobile

dis.

L'aereo

151». li computer

ή όδοντογλυφίς*. τύ αυτοκίνητο*. tò αεροπλάνο*. ó ηλεκτρονικός υπολογιστής*.

I giorni della settimana si chiamano nel neogreco: 1 )20.

Domenica

1521. Lunedì 1522. Martedì 152).

Mercoledì

1)24.

Giovedì

(ή) κυριακή. ή δεύτερα. ή τρίτη. ή τέταρτη. ή πέμπτη.

1525. Venerdì

(ή) παρασκευή (giorno dei preparativi).

1 )26.

(το) σάββατον.

Sabato

1)27. L’imperatore 1 )28.

Germania

ό αύτοκράτωρ. Γερμανία.

1529. 1 Tedeschi

οί Γερμανοί.

όχι. Austria

Αυστρία*.

id i.

Ungheria

Ουγγαρία*.

i))2 . Inghilterra

'Αγγλία*,

•5)). Gli Inglesi

οι "Αγγλοι’.

107

is m

.

i j ) s. is m

.

Russia

'Ρωσία*,

I Russi

οι 'Ρώσοι*.

Francia

Γαλλία,

us?. 1 Francesi

οι Γάλλοι.

uw, Danimarca

Δανία*.

uw. Italia

Ιταλία.

Spagna

Ισπανία.

i$4i. Turchia

Τουρκία*.

IS42. Berlino

Βερολίνο*.

im o .

IS4J. Vienna »S44.

Βιέννη*.

Pietroburgo

Πετρούπολις*.

IMS. Parigi

Παρίσι*.

i$46. Londra

Λονδίνο*,

•«λ Il congresso

tò συνέδριου,

isw. Il principe Bismarck

ό πρίγκιπας* Βίσμαρκ.

iw . La gioventù tedesca vivat,

οι νέοι τής Γερμανίας ζήτωσαν καί χαιρέτωσαν καί έρρωσβωσαν.

floreat, crescat!

Detti esemplari e citazioni isso. Le nove muse

Κλειώ τ’ Ευτέρπη τε θάλεια τε Μελπομένη τε Τερψιχόρη τ’ ‘Ερατώ τε Πολύμνια τ’ Ούρανίη τε Καλλιόπη 0*· ή δε προφερεστάτη έστίν άπασέων (Hesiod.. Theog. 77-9) Parola mnemonica latina: TUM PECCET 108

mi. Le tre G ra ie Άγλαιη τε και Ευφροσύνη Θαλίη τ’ερατεινή (Hesiod., Theog. 909) 1552. Le tre Parche Κλωθώ τε Λάχεσις τε κοά Άτροπος. α'ί τε διδούσι θνητοίς άνθρώποισιν εχειν αγαθόν τε κακόν τε (Hesiod., Theog. 905-6) 1555.

Le tre Gorgoni Σϋεννώ τ’ Εύρυάλη τε Μέδουσα τε λυγρά παρούσα (Hesiod., Theog. 276)

1554. Scipione a Numanzia a proposito di Gracco ώς άπόλοιτο και άλλος, οτις τοιαύτά γε ρέζοι. (Horn., Od. 147) 1555. Motto di Cicerone αιέν άριστεύειν και ύκείροχον έμμεναι άλλων. (Hom., II. VI 208) 1556. Motto di Nestore ίτς οιωνό; άριστος. άμύνεσθαι περί πάτρης. (Hom., II. X II24» 1557,

Motto di Alessandro il Grande άμφότερον βασιλεύς τ' αγαθός κρατερός τ’ αιχμητής. (H om .. 11. Ill 179)

I55S. Scipione sulle rovine di Cartagine έσσεται ήμαρ. ότ’ άν not' όλώλη Ίλιος'ιρή και Πρίαμος και λαός έυμμελίω Πριάμοιο. (H om ., ƒ/. V I 448-49)

1559. Futuro di Napoleone: si trova già scritto nel suo nome che si può scomporre in (alcune] forme lessicali omeriche ν

|

α

Ι

π

|

ο

|

λ

!

ε

|

ω

|

ν

Ναπολέων άπολεων πόλεων όλέων λέων έών ών = Napoleone, distrut­ tore di intere città, che c un leone tra i suoi.

109

im o .

I selle sapienti: 'Επτά σοφών. Κλεόβουλε, σέ μεν τεκνώσατο Λίνδος φατί δε Ιισ ο φ ία χόών Περίανδρον εχειν· Π ιττα κό ν ά Μ ιτυλάνα- Β ία ντα δε δ ία Πριήνη· Μ ίλητος δε θ αλή ν. άκρον έρεισμα Δίκας· ά Σπάρτα Χίλωνα Σάλωνα δε Κεκροπίς αια. πάντας άριζάλου σωφροσυνας φύλακας. { A n th . P a i V II 81)

im i.

im

*

P roverbi dei sene sapienti (secondo Diogene Laerzio): Talctc: γνωόι σαυτόν (Conosci le stesso!) Solone: μηδέν άγαν (N u lla d i tro p p o !) Chilone: έγγύα, πάρα δ' ά τα (Se dai una garanzia, il danno è vicino. Q uando si tratta di soldi non si guarda in faccia a nessuno) Pittaco: καιρόν γνώόι (Conosci ('o p po rtu nità ) Biante: oi πλείστοι κακοί (La maggior parte degli uom ini c m al­ vagia) Cle obulo: μέτρον άριστον (O ttim a è la misura) Periandro: μελέτη τό παν (L'esercizio è tutto ). Su antiche acquasantiere: In Francia e in Ing h ilterra (forse anche in Germania?) compare l ’anagramma greco: ΝΙΨΟΝΑΝΟΜΗΜΑΜΗΜΟΝΛΝΟΨΙΝ (= v iy o v α νόμ η μα μή μόνον όψιν) «Lava il peccato, non solo il volto». L ’origine d e ll’anagramma è da ricercare in Bisanzio, dove era possibile vedere questa significa­ tiva iscrizione incisa su una grande acquasantiera posta nel vestibolo di S. Sofia (cf. Zeitschrift fü r christliche Arch, und Kunst I 36- 232).

im ).

La maledizione del denaro οΰδέν γάρ άνόρώποισιν οΐον άργυρος κακόν νόμισμ' έ βλαστέ. τούτο κ α ι πόλεις πορθεί, τόδ' άνδρας έξα νίσ τησ ιν δόμωντόδ' έκδιδάσκει κα ί παραλλάσσει φρένας χρηστός προς αισ χρά π ρά γμα ό'ισ τα σ όα ι βροτώνπανουργίας δ’ εδειξεν άνόρώποις εχειν κα ί παντός έργου δυσσέβειαν είδέναι. (Soph., A n t i g . 295-301)

110

» « . I l (supposto) oracolo delfico su Socrate Σοφός Σοφοκλής, σοφοπερος 6' Ευριπίδης. Ανδρών S e πάντων Σωκράτης οοφώτατος. (Schol. A risto ph ., N u b . 144) ι»45. Le parole d i Archimede

1. Εύρηκα 2. δός μοι πού στώ κ α ί τάν γάν κινασω (per lo p iù citato così) ). n o l i i s t u d d i s tu r b a r e ! ism .

L'im p erato re Augusto sul le tto d i morte

— εί δέ παν έχει καλώς, τφ παιγνίψ Δότε κρότον καί πάντες υμείς μετά χαράς κτυπήσατε. (Suet., A u g 99) im

;.

U madre spartana a suo fig lio

Τέκνον. ή τάν ή òri τάς. (P lut.. iMcaenarum apophth. 241 F) IMS.

V ia le preoccupazioni! τό σήμερον μέλει μοι τό δ' αύριον τ ίς οι δεν;

1) 6«.

La divisione greca del giorno Sei ore per il lavoro e qua ttro ore per il piacere d i vivere:

[ Α η ώ . P al. X I 47 = A n a c r e o n tic a 8 W .)

έξώραι μόχθοι; ίκανώταται· αί δέμετ'αύτάς γράμμασι δεικνύμεναι ζήόι λεγουσι βροτοϊς. 1-6: α '. β'. Υ . δ', ε'. c ' 7-10: ζ'. η'. 0'. ΐ ' (antico proverbio).

111

L

NOTE DELL’EDIZIONE ITALIANA Conversazione 6. Cf. Ar.. Nub. 1145; cf. Plat.. Conv. 213 B. ». Cf. A r„/ld > .8 7 3 . I). Cf. Plat., h’p. I l l 315 A, dove, nello stile epistolare, si dice: Πλατών Λ ιονυσίφχαίρον όιαοτείλας. 17. Cf. Ar., Ran. 302 πάντ' αγαθά πεχράγαμεν. 28. Ar.. Αν. 156. ϊ ι . Cf. Plat., Conv 204 Β θαυμαστόν ούδέν επαόες. 52. Αγ.. Nub. 708. 37. A r , l.ys. 707; cf. Plat., Ale. I I 138 A φ α ίν ει... έσκτυιίρωχακτναι 40. Cf. in accezione metaforica Plat.. PbaeJ. 79 C ίλιγγιά ώσπερ μεΟύυυίτα (ή ψυχή). In senso proprio cf. Ar., Acarn. 581 e 1218. ■H. Per ναυτίας, cf. Ar., Tbesm. 882. St. Cf. Ar., Ran. 481 άλλ' ώραιαω. $2. Cf. A r.. E ed 477. 36. Già in età arcaica i G reci si salutavano dandosi la mano destra com e chiaramente attestato in O mero (//. X 541-2: το» 6c χαρέντες/ δεξιή ήσπάζοντο fneooi τε μ ειλιχίο ισ ι. «c quelli, felici, presero loro le destre con parole d i miele»). Filocleone. nelle Vespe d i Aristofane (w . 553-54). par­ lando del potere dei giudici, ricorda la folla dei questuanti, che, attenden­ d olo presso i cancelli del tribunale, lo salutano tendendogli la destra: εύΰυς προσιόντ» εμβάλλει μοι τήν χεϊρα. 63. Per questo imperativo, con valore d i «addio» in epitafì cf. G . K aibi l., Epigrammata G ratea ex lapidibus contecta, Berlin 1878, nr. 609. μ . Eur., Ale 463 $. Per la fortuna della formula dcU'cpitaOo anche in ambito epigrafico latino cf. Tosi nr. 610, p. 291. 69. A r „ Nub. 314. 75. A r , Tbesm. 939. 82 . In attico il congiuntivo deliberativo indipendente è introdotto anche dalle forme βούλη (·λει), βούλεσόε etc. Cf. Eurip., tìec 1042 βούλει σκοπο)· μεν; Soph.. Phil. 761 βοΰλεσύ' έπεισχέσωμεν; 89. At., Eed. 1045. 92. A r., Ran. 508. »5. Ar., L ys. 1291; per άλαλαλαί. con lo stesso significato, «alala!», «ev­ viva!» cf. A r., Av. 1763. io». Cf. Plat.. Charm. 159Αεπειδήπερέλληνίζεινέπ»στασαι. 127. Per η ή τί δη: si veda Ar., Vesp. 1155. 142. Cf., ex. gr.. Av. 649.

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145. La formula onomastica dei cittadino ateniese poteva prevedere sino a ite elementi: il nome personale, o nome proprio, il patronimico la nome del padre) e il demotico (o nome del demo): ad esempio, Δημοσθένης Δημοσθενους Γ Ια ια νιεϋς (Dem. X V III 181) (= Demostene, figlio di Demostene, del demo di Peania) ma cf. Περικλής τού ΞανΟίππου in Thuc. I 111. 2. «Dal 405/2 av. in poi, cioè dal ritorno in Atene della democrazia dopo la guerra del Peloponneso e le gesta di Trasibulo. l'indicazione del demotico fu. anzi, obbligatoria»: M. G uakdccu , L'epigrafia greca dalle origini al tardo impero, Roma 1987, pp. 112*15. 157. Cf. Ar.. Ran. 298. La doppia negazione οϋ μή può essere seguita dall'indicativo futuro o dal congiuntivo (specialmente aoristo). Il μή indica che il parlante ha un timore, ού contesta l'esistenza di tale timore. I l signifi­ cato d i un'espressione quale ού μή γενήσεται (γενηται) τούτο c. dunque, «non c’è da temere (οϋ) che (μή) ciò accada», vale a dire, «ciò non accadrà sicuramente». Nell'evoluzione della lingua greca la nozione di timore espressa dal μή passò sempre più in secondo piano, al punto che lo stilema potè essere impiegato per esprimere la forma categorica dell'affennazione negativa riferita al futuro c la doppia negazione οϋ μή fu sentita semplice­ mente come negazione rafforzata (cf. lat, neutiifuam), com’è evidente, per cs.. in Thuc. IV 95. 2 και ήν νικήσωμτν. ού μή ποτέ ύμιν Πελοποννήσιοι ές τήν χώραν άνευ τής τώνδε ίππου έσβάλωσιν. «e se vinceremo, non vedrete certo i Peloponnesiaci, senza la cavalleria di costoro (se. i Beoti), invadere il nostro paese» c in Herodot. V II 53 τιύν ήν κρατήσωμεν. ού μή τις ήμϊν άλλος στρατός άντιστή. «se li sconfiggeremo, nessun altro esercito potrà opporsi a noi». Lo stesso costrutto può esprimere anche il divieto. Occorre tuttavia sottolineare che ού μή col congiuntivo va interpretato come l ’unione di un congiuntivo proibitivo, preceduto dalla negazione ού con valore autonomo. In tal senso c interessante rilevare, con Io Schwyzcr (cf. E. Sc h w z e r . Grie­ chische Grammatik, Band II. München 19754, p. 317 nr. 8) che nei migliori manoscritti le due negazioni appaiono separate. L ’unione delle due negazioni col futuro, per esprimere il divieto, va interpretata, invece, come imperativo negati«» (dove ού denota il comando e μή il divieto). Quando poi l'ordine viene dato con tono particolarmente aspro e pungente, talvolta d i minaccia, la frase introdotta da ού μή può assumere forma interrogativa cf. Ar., N u h . 505 ού μή λαλήσεις: «Non farai chiacchiere inutili, vero?», che equivale a «smettila d i fare chiacchiere». Sezione 10 (nrr. 158-171) «Sotto l'influenza babilonese, i G reci calcolarono la giornata in 12 fra ­ zioni di due ore l'una, ma questa misurazione oraria non fu praticata n o r­ malmente sino a quando, con l'età ellenistica, si raggiunsero mezzi più esatti

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per ii calcolo dei tempo. Nella pratica corrente dell'età classica le (razioni del giorno avevano una lunghezza variabile e denominazioni approssimative come « il canto del gallo», «l'ora del mercato», «mezzo giorno», «l’ora da ac­ cendete le luci» c «prim o sonno». I l calcolo della giornata greca era fatto da tramonto a tramonto. I Greci non usavano raggnippare i giorni in setti­ mana. almeno fino al I I I secolo, quando si diffusero le conoscenze astrologi che per le quali ebbe origine l'aggruppamento dei giorni a sette per sette»: M .A. L e v i , L a Grecia antica, Torino 1976, p. 4 2 5 .1 termini greci corrispon­ denti sono όρΛρος «il fare del giamo», πρωί «il mattino presto», κρός άλπαρορωνίαν «al canto del gallo», πληύούσης άγυρας. «l’ora del mercato pieno» μεσημβρία « il mezzogiorno», δειλή « il pomeriggio» (rispettivamente δειλή xpwiu «primo pomeriggio» e δειλή ò y ia «tardo pomeriggio»). Seguiva εσπέρα, «la sera», mentre la νύξ cominciava con l'accensione delle luci (περί λύχνων άφάς. περί πρώτην νύκτα, νυκτος άρχομένης). La notte avanzata è detta περί πρώτον ύπνον «nel prim o sonno» (cf. Thuc. I I 2, I; Ar., Vesp. 31). quella fonda μεσαι νύκτες ο μεσούσης νυκτός 182. Ar., Eed 314.375. 186. Cf. Plat., C ra ty i. 433 A. 188. Ar., Nub. 75. Ecci t099. IW. Ar., Ecci 796 (= ϊνης). 204. Cf. 6Γ ένατου έτους «ogni nove anni* d i Plat.. Leg. 624 B. 20J. Plat., R a p 359 E. 216. Plat., Conv. 203 C; Xcn., Cyr. I 3. 10. In Consti!. Apostol. V 13, 1 » γενέθλια sono la Natività d i Cristo. 221. kv.,A v. 1501. 224. Per εξέχει εΐλη cf. Ar.. Vesp. 771 s. 229. Ar.. Av. 1502 Ζεύς συννέρει (uso personale). Per l ’uso impersonale cf. Aristot., Rbet 1393 a 6: Ar. fr. 46. 2H>. Cf. Ar., Nt/b. 580 ρακάζομεν (uso personale) «spruzzoliamo» riferito alle Νεφέλαι («Nubi»). 24J. Ar.. Av. 1550. 244. Cf. Ar., Α ν . 1508 town λαβών μου τό σκιάδειον ύκερεχε. 245. Cf. Ar., Vesp 248 τόν πηλόν, ώπάτερ πάτερ. τουτον'ι ψύλαξαι. Per il iota di τούτο vi si ossem che esso si trova legato inseparabilmente ai pronomi dimostrativi e ad alcuni avverbi, sempre con forte valore dimostrativo: è t i­ pico della lingua parlata e perciò non si trova nei tragici né negli storici (ad eccezione di Senofonte), mentre è m olto diffuso nella commedia. 247. Gastetn negli A lti Tauri; Kissingen in Baviera. 248. In attico 12 Novembre si direbbe: τ ή δωδέκατη εν μ η νί Μ α ιμ α κτη piciKn oppure τη δευτέρςι (ήμερα) επί δ έκα τοϋ Μ α ιμ α κτη ρ ιώ νο ; oppure τή δεντερα Μ α ιμ α κ τη ρ ιώ ν ο ; μεσουντος. Per qualche esempio circa l ’espressione

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in greco della data secondo il calendario romano cf. Plut., Rom. 23, 7 είδοίς Ά χρ ιλίαις («alle Idi di Aprile»), Dionigi d i Alicamasso VrI 8 9,2 ήμέρμ τετάρτη ttpóTEpov ειδών Δεκέμβριο»144. a . Ar.. V e sp 1252. *n . Cf. Ar., P lu t. 821 èpe 6 ' έξέχεμφεν ό καχνός: qui è il fum o di un sacri­ fìcio (di un maiale, un capro e un montone) fatto in casa da Cremilo che co­ stringe a uscire il servo Cartone, perche gli morde le palpebre (έδακνε γάρ τά βλέφαρα: v. 822). >W. Cf. Ar., V esp , 656. Si veda pure nel testo il nr. 1348. *4». Ar., P lu t. 873. M4. Cf, Ar., E ccl. 717. 401. L'espressione completa in Ar., A c h . 1007: φέρε τούς οβελίσκους, w ’ άν meri ρω τάς κίχλας. 402. Ar., Aram . 188.191. 40*. A r., V esp . 611. 40*. Ar., V esp . 612. 412. Per χορδή «salsiccia» cf. Ar., A c h . 1119. N u b . 455. R a n . 339 (qui si ha anche gioco di parola, grazie al significato fondamentale del termine che vale innanzitutto «budello». Έτνος è il «passato di legumi» o «purè»: Ar., A c b . 246. Plat.. H ip M a 290 D. 42). A r ., E c d . 1159. 4 * > . Per questo g iro d i frase cf. Ar., P lu t. 255 ό καιρός ούχί μέλλειν. e cf. pure A r., T b e s m . 661. 441. I l termine ßotftpov indica lo scanno, lo sgabello su cui siedono, ad cs., gli ascoltatori d i Ippia di Elide (Plat., P rot. 315 0 .

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+47. Ar., V esp . 161, Α ν . 61, P la t. 359, 854: l ’espressione 'Λπολλον duroτρόχαιε vale propriamente: «O ApoUo protettore»». 4M. Cf.. su p ra , nota a nr. 286455. «Le ore (ώρα». b o r a t, nel senso moderno solo a partire da Aristotele [...]) si contavano nell'antichità: 1) con la meridiana, ώρολόγιον o -eiov. sola riu m , consistente in un indice ο γνώμων che proiettava la sua ombra (e perciò lo strumento è talora chiamato σκιοάήρας ( “ osservatore d ell’ombra” ]) su una superficie convessa ο σκάφη (anche χόλος ( “ polo” ) in quanto in ceno senso modello del cielo), ovvero, meno comunemente piana. 11 suo in ­ ventore era Anassimandro (...]. 2) Mediante l'orologio ad acqua, κλεψύδρα, clepsydra, ύδροσκοχείον [...): D izio n a rio d i A n tic h ità classiche d i O x fo r d a c. di N .G .L. H a m n k x n d · lì.H . S c u i l a k d , ed. it. a c. di M. C a r p i t t j x a 1 1 , Koma 1981. s.v. «Orologi», p. 1528. 461. G li scolari «per g li esercizi di scrittura si servivano di tavolette spal­ mate di cera (δέλτοι. πίνακες), su cui incidevano con uno stilo (γραφίς. γραφουν), d'avorio o di metallo, appuntito da una parte c piatto dall’altra, per potere anche cancellare (Plat.. P rotag. 326 d; C h a rm . 159 c); natural­ mente cerano pure tavolette a più piani o fogli (πολύπτυχοι δέλτοι. Luc.. A m o r . 44), indispensabili quando i brani da copiare o da scrìvere erano più lunghi. Soltanto nel secolo IV a.C. si cominciarono ad usare nelle scuole fogli di papiro (βύβλος), su cui gli scolari scrivevano servendosi del κάλαμος, una canna appuntita che intingevano nell'inchiostro (το μέλαν), ottenuto con materia colorante c conservato nell'apposito calamaio (μελανδόχον; Plat. Phacdr. 276 c , Demosth., P ro c o ro n . 258»; A. Rovr.Ri, in lin à c lo p e d ia Classica HI. T orino 1959. p. 425. 475. Nel caso d i ώς adoperato con l'avverbio όαυμασίως (ο όαυμαστώς) si realizza una sona d i attrazione inversa per cui εύάύς ήμαρτηκας Οαυμασίως ώ; - όαυμαστόν έστιν. ώς εύόύς ήμαρτηκας. Numerosi esempi in Platone: ex. g r . C o n v . 2 0 0 B . R e s p 331 A. 4SI. 4S5. 48S.

Sai. χ τ ω σ ι ς « c a s o » . Sai. ε γ κ λ ι σ ι ς « m o d o Sai. ε γ κ λ ι σ ι ς .

(v e rb a le )» .

4S9. S à i . χρόνος «tem po». 495. I I te rm in e κ ερ α ία vale «segno», «apice», m entre τόνος c p ro p ria ­ mente «accento». 507. A r . V esp . 1370 e cf. Plat·. P haedr. 260 D: ri not’

ληρείτε; . Ac.. A r. 66. M». Cf. Ar.. V esp . 79-80 xpìv òv ήμίν / εκ τής Νιόβης ειχη ρησιν τήν καλλιστην άχολέ^ας. sw. Ar., R a n . 47. 540. Cf. Ar.« B q. 1364 tom i μεν όρόώς και φρονίμως ήδη λέγεις. im

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547. Cf. A r., R a n . 661 ίαμβον Ίππώνακτος άντμιμνήσκομεν. 349. Cf, per un giro simile. A r., At». 471. 553. Ar., N u b . 1366 εγώ γάρ Αισχύλον νομίζω πρώτον έν ποιηταϊς. 574. Cf. Ar., Pax 930. 377. Cf. A r., V esp . 30 λίγε νυν άνύσας τ ι τήν ipojnv τού πράγματος «Fa' presto, dunque, e racconta l ’ossatura del fatto».

603. A r ., P a x 4 2 6 . 614. Ar., Piu/. 862. 616.

Per έπιλήσμων cf. Plat., Cow. 194 A ; A r., N u b . 485.

627. Si noti ehe i voti sui compiti scrìtti vanno letti dal basso verso l’alto e non viceversa, perché in tedesco il numero più alto non corrisponde al giudi­ zio migliore. 636. Ar., T b e s m . 1077. 6)7. Cf. Ar., lìcci. 924. 64). Ar. H eet. 1153 έπάσομαι μέλος τι μελλοδειπνικόν (= «che si intona prima del pranzo»). Sezione 32 (nrr. 644*660) Il termine greco corrispondente è τά παρηγγελμένα, τά παραγγέλματα, con παραγγέλλπν «comandare», che vale propr. «far passare la parola d ’o r­ dine (= τά σύνθημα) di fila in fila» (cf. Xen., A n . I 8,16). 644. Cf. άλλ’ άγετε λαμβάνετε τά όπλα d i Xen., C yr. V II 5,24. 643. Cf. Xen., A n . I 8, 3 παρήγγειλε ... καθίστασθαι εις τήν εαυτού τάξιν έκαστον. 649. Si presuppone qui l’impiego del fucile, cioè di un'arma da fuoco. 650. Anche in Xen., A n . IV 3,26 τίΟεσθαι τά όπλα, propr. «porre dinanzi a se le armi» è rife rito ai soldati che si arrestano durante una marcia, senza uscire dalle file. Si trova pure ασπίδας τίθεσθαι (Xen,, A n . I 5.13). 632. Cf. Xen., L a ccd a e m . resp. 11, 8 εις μετωπον παρ' ασπίδα καΟϊσταo tkn = sin is tr a m versus a d f r o n te m . 636. 'Επέχειν της πορείας «fare una pausa nella marcia», «sostare» è in Xen., C yr. IV 2,12. 658. Προηγείστε τήν {seil, φάλαγγα) κρός τούς εναντίους «conducete avanti le vostre truppe verso i nemici» (Xen., A n . V I 5,10), con προάγειν che vale «proseguire nella marcia» (cf. A n . V I 5 ,6). 639. Per δρόμψ θεΐν «muoversi di tutta corsa» cf. Xen., A n . I 8,18, prima della battaglia di Cunassa.

667. Cf. A v . 811 ταύτα κάμο'ι συνδοκεί. 688. A r. E e d . 1083. 699. Ar., Eccl. 380.

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70>. Ar., P lu i. 440. 701. Ar., P lu i. 90). 712. Ar., i.y s . 594. 71). Ar.. N u b . 207. ?)». Ar., E q , 1158, Sì osservi l ’uso dell’imperativo come modo della rela­ tiva. 7J6. Anche gr. mod. tò βαλάντιο «borsa», «sacchetto» per il denaro: ISSBl.p. 191. 7)7. Per tale giro cf. Ar.. P a x 1214. 7) 9. Cf. A t . , R a n . 174. 74«. Ar., Α ν . 940 άνθρωπος ήμών ούκ άχαλλαχόήστται. 771. La parola è tarda (D ionigi d i Alicamasso: Plutarco) e indica propria­ mente il gambale, la gambiera. «Le calze aventi la forma del piede (cioè peduli) erano conosciute anche in Grecia, come si può vedere da una pittura vascolare. Probabilmente erano di uso esclusivamente femminile e forse nep­ pure frequente, che nei testi letterari non sono mai nominate. A volte tene­ vano il posto di calze le κέζαι wpimpupai *

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J. Pr o v e r b i ............................................................................................ »

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C ontin u ità ed innovazione nel passaggio dal greco am ico al »

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D e tti esemplari e c it a z io n i................................................................ »

n e o g r e c o .................................................

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Note d e ll’edizione i t a lia n a ................................................................ »

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