Don Juan Núñez del Prado - Camminando nel cosmo vivente

March 28, 2017 | Author: mona_mi8202 | Category: N/A
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Questo lavoro segue l'andamento dei seminari di base tenuti da Don Juàn in Italia nel novembre del 1997 durante il suo primo viaggio nel nostro paese. Ha quindi una struttura discorsiva e sono possibili ripetizioni. Il testo è stato ricavato dalle traduzioni dallo spagnolo fatte durante gli incontri. I curatori Celso Bambi e Nityama Masetti si sono limitati a sistematizzare e rendere più organici i materiali. La prima redazione è stata visionata da Don Juàn stesso. Un particolare ringraziamento va a Rosa e Luca della Macropost per il sostegno e l'aiuto tecnico nella preparazione del libro.

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Foto di copertina; Massimo Mangialavori

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Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, memorizzata in sistemi d'archivio, o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo elettronico, meccanico, fotocopia, registrazione o altri, senza la preventiva autorizzazione scritta dell ' autore.

Questo libro è stampato su carta ecologica prodotta in totale assenza di eloro.

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l'edizione novembre 1998

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© Juàn Victor Nufiez Del Prado © 1998 macro edizioni Via Isei-47814 Cesena (FO) ISBN 88-7507-199-3



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P r e f a z i o n e ••''''':l:''Jiii')' II significato dell'incontro con Don Juàn

Ho incontrato Don Juàn nel 1997 a Cuzco, durante uno dei miei frequenti viaggi nelle Ande. Cercavo un appartenente al sentiero andino, che non fosse soltanto un erudito della disciplina, ma un praticante appassionato in grado di lenire quel "mal di Perù" di cui soffrivo da tempo, "malessere" simile a un morboso innamoramento che nutro per quelle terre sudamericane. Juàn esprime le capacità di incontro tra due mondi: da un lato la razionalità occidentale e la cultura cristiana, dall'altro il misticismo andino che si attua nella sentita celebrazione della natura e permea energeticamente ogni forma vivente dell'universo. L'insegnamento di alcune tecniche, da lui ricevute e apprese, mi ha permesso di agire nuove capacità e approfondire la sensibilità percettiva, allargando la mia possibilità di visione. Entrando nel Karpay Ayni, l'iniziazione andina, si crea l'opportunità, di un vero dialogo con ogni espressione vivente del pianeta e del cosmo, la comunicazione si muove dall'uomo alla natura e dalla natura all'uomo. Praticando le tecniche andine la percezione si espande oltre l'abituale sentire. L'attenzione si apre a porzioni di realtà ignorate, attivando "sensi ulteriori" che ci lasciano accedere ad aspetti multidimensionali del vivente. Ci sono soglie che raramente il condizionamento occidentale ci porta a varcare, Juàn offre gli strumenti per entrare in zone spesso inesplorate dalla nostra coscienza ordinaria e ci fa parte-

cipi di un progetto profetico di cambiamento del pianeta dove ognuno è protagonista iniziando da se stesso. Nei paragrafi successivi cerco di introdurre il lettore, con un linguaggio forse troppo tecnico, e me ne scuso, ad alcune delle categorie del pensiero andino entro le quali si muove la ricerca di Don Juàn. Sono commosso dalla ricchezza e dal senso di libertà che ispirano gli insegnamenti di quest'erede di un antico lignaggio di sacerdoti quechua peruviani, e la mia gratitudine va a lui e al suo maestro Don Benito. Gelso Bambi •;•.



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A tutti i maestri che hanno condiviso e condividono con infinita pazienza e compassione (con-passione) insegnamenti, tecniche di "risveglio" e più ancora la grazia del loro stato d'essere. Al mio maestro va la gratitudine di essere libera dì attingere ed esplorare variegati sentieri... .,,... , ,. Dedica della curatrice .. . : ., '. ! :,,,..-. Nityama E. Masetti '





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Lo spazio archetipico Quechua e Aymara •™^,- •.. -,> v Introduzione a cura di Celso Bambi

La relazione uomo-natura nell'Occidente e nelle A n d e

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L'occidentale si rapporta con il suo ecosistema e le sue risorse in modo quantitativo: tanta terra, tanta capacità produttiva; la filosofia prevalente è quella del dominio dell'uomo sulla natura, vista come mossa da leggi fisiche oggettive. La scienza studia queste leggi e crea l'illusione che tutto è manipolarle; il suo avvento ha provocato quello che la letteratura sociologica weberiana ha chiamato il disincanto del mondo, eliminando la percezione fascinosa del mistero. In queste nostre società desacralizzate, il lavoro agricolo e il lavoro in generale è diventato un atto profano, giustificato unicamente da un vantaggio economico, senza offrire alcuna apertura verso l'universale. All'opposto, nelle società arcaiche, il lavoro agricolo era rivelato dagli Dei o dall'eroe civilizzatore, e costituiva un atto reale e significativo, che legava intimamente il soprannaturale al naturale. Con il monoteismo cristiano era già iniziato un processo che riduceva e combatteva la visione pagana di una natura vivente, dove agli uomini erano offerti vari tipi d'identità e dove gli Dei erano gli elementi della natura imparentati fra loro e con gli uomini. Qui, coscienza, intelligenza e psiche non esistono solo nell'uomo, ma anche nella natura e molte logiche interagiscono fra loro nel mondo. Lo scenario di questo tessuto di relazioni

implica il senso del divino: l'uomo incontra esseri di altre dimensioni e dei nella sua vita quotidiana. Questo processo di natura vivente era una drammatizzazione dinamica, non un universo rigidamente ordinato e finito. Con il tramonto del paganesimo in Occidente, la ragione, che conviveva con altre parti dinamiche come l'istinto, venne resa astratta e staccata da quel tessuto animato sopraddetto (1). Il cristianesimo ricondusse il governo della natura ad un unico dio, la cui esperienza religiosa veniva sempre più istituzionalizzata; altrettanto fece il protestantesimo che contemplando l'esperienza religiosa come fatto privato ne estingueva l'apertura verso il cosmo. In questo quadro l'uomo trova come interlocutori Dio e se stesso. Quando la scienza cercherà di eliminare la divinità, rimarrà l'individuo razionale a dominare su una natura intesa come macchina morta; l'uomo non potrà che autodifendersi e non avrà ! altro tipo di interlocutore se non se stesso. ' ' Per gli indios quechua e aymara delle Ande, l'uomo è immerso in un universo misterioso, dove persino la polvere che corre nel vento ha vita, ossia coscienza, forza intenzionale e volontà. La razionalità occidentale è logico-matematica, l'intelligibilità culmina con connessioni di senso trattabili come asserzioni matematiche, finalizzate ad uno scopo di dominio; l'esperienza viene sempre quantificata. È1 ' opposto di una razionalità che cerca la comprensione dell'oggetto con penetrazione simpatetica, cioè diretta a rivivere o a partecipare dal di dentro gli avvenimenti. Per l'andino la terra non è solo utile, è un modo di vivere, è una totalità alla quale si sente radicato e ne è dipendente come una pianta. Egli guarda ciò che lo circonda non come un oggetto ma come un coesistente, la relazione con la terra e con l'universo gli è familiare (2). La sua vita non è solo umana, ma transumana perché partecipe delle infinite esperienze cosmiche: i suoi principali atti quotidiani diventano sacramenti.

Il panpsichismo dell'universo andino Uno dei risultati della culturizzazione ispanica è che oggi, dopo più di quattro secoli dalla conquista dell'impero incaico (3), circa il 90% della popolazione peruviana e boliviana si dichiara formalmente cattolico. Tutti gli atti fondamentali della vita privata e pubblica sono oggettivati e socialmente sanciti attraverso i riti cattolici. Infatti le cerimonie civili sono quasi complementari con le funzioni sacre cattoliche. Inoltre una parte del sistema educativo, dei paesi considerati, è a carico dei religiosi. Naturalmente, in quasi tutti i villaggi e fattorie esiste una chiesa o una cappella, "ed almeno una volta l'anno i campesinos si riuniscono lì con il pretesto della festa patronale (4). Spesso questi aspetti, però, sono parte di un sistema più ampio che conserva una visione del mondo precolombina che si integra con gli elementi della cultura spagnola-cattolica. Mi riferisco alle comunità andine, I membri delle comunidades, i villaggi andini tradizionali, condividono sentimenti, elaborazioni mentali e maniere di percepire il mondo che sono il risultato di processi intimi di relazione con l'ambiente e la sua ecologia. Nell'antico Perù avevano concezioni generali abbastanza simili. In primo luogo la loro visione dell'universo si riferisce sia alla parte della natura con la quale l'uomo ed il gruppo hanno contatto, sia alla sfera della immaginazione simbolica, senza che si avverta la separazione fra ciò che è naturale e ciò che è soprannaturale. Si può dire che l'universo è animato da una sorta di latenza divina o di un panpsichismo, che si concretizza in una serie di entità spirituali, ognuna con una storia ed un'ubicazione specifica. Nelle relazioni con esse l'uomo cerca di definire le sue condizioni esistenziali. Nell'insieme il mondo appartiene ad un ordine archetipico ed è governato non da leggi fisiche, ma da prin-

tipi di carattere morale e sacro; la conoscenza empirica della lealtà non si separa dal contenuto mitico. La natura è piena di divinità e di spiriti protettori dell'uomo, degli animali, delle piante e dei minerali, nonché delle varie attività sociali. Questi esseri controllano i fenomeni fisici ed agiscono secondo il comportamento degli umani. Attraverso le proprie azioni l'uomo partecipa a questo controllo motivando le risposte degli dei. Le forme di comportamento sono prescritte dalla tradizione che perpetua i riti con i quali s'invoca la protezione e si ringrazia per essa gli Spiriti Superiori. , . :!l . .. ... .i Si crede che gli indios adorino le montagne, i laghi, le rocce, le foglie di coca, i fulmini ed altri fenomeni della natura; in realtà il culto non è diretto né alle cose, né ai luoghi in quanto tali, ma allo spirito che li produce o li abita e alla forza del simbolo che li consacra o che s'incarna come ierofania (5). In tutte le comunità andine ogni luogo ha un nome significativo e una personalità sacra. Gli animali, le piante e le cose come l'uomo hanno un'anima o sono abitati da uno spirito che li vivifica. Nell'antico Perù perfino i prodotti materiali dell'attività umana avevano una loro divinità reggente, una forza spirituale della quale erano espressione. Oggi gli indios che ancora mantengono queste credenze evitano di rivelarle, poiché hanno un rispetto particolare per esse e capiscono l'incredulità e la derisione che causerebbero in coloro che sono estranei all'intimità del loro mondo. ..... ,

Concetti di morte, tempo e spazio

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Gli indios sono convinti che la morte è solo un passaggio verso un'altra vita. Tutti credono che l'anima si separi dal corpo nel momento della morte per iniziare una nuova forma di esistenza. 10

Fra gli indigeni di certe comunità non esistono concetti di sai-, vezza o condanna eterna; incluso le più gravi trasgressioni danno luogo a patimenti temporali provvisori nell'altro mondo. II. mondo dei vivi e il mondo dei morti non sono radicalmente separati, in certe circostanze e occasioni i vivi possono visitare il mondo dei morti e viceversa, conseguentemente appare totalmente naturale avere dialoghi e incontri con i defunti. Nella mentalità andina i concetti di tempo e di spazio non esistono come astrazioni separate, sono nozioni che nascono subordinate all'essere, agli avvenimenti reali e ideali. È per la stessa ragione che la conoscenza empirica della realtà non si separa dal pensiero mitico. Gli indios, come tutti gli uomini profondamente religiosi, vivono due classi di tempo: un tempo reale, della durata del fenomeno, ed un altro tempo ideale e sacro, dentro il quale fluiscono ; le immagini mitiche e hanno spazio gli echi magico-religiosi ; che disarticolano le sequenze logiche dell'accadere. Di conseguenza è un tempo mitico primordiale, sempre senza fine, rinnovabile, nel quale determinate situazioni possono essere rivissute attraverso i riti, ossia attraverso quelle gestualizsazioni rituali che permettono di passare senza pericolo dal tempo comune, quotidiano, al tempo sacro e perpetuo (6). Senza dubbio in questo tempo, paradossalmente senza tempo, i miti equivalgono ad essenze; perciò, nel proiettare gli ideali nel ^ passato, la mentalità religiosa da a quest'ultimo un valore essenziale, necessario, naturale, lo sente come già realizzato; si rinforza quindi la possibilità di reintegrazione e di comunione con le antichità stesse. ,. . : ,., ;.," ,, . ,,. „ •.-. ..„ La storia è concepita come una successione di mondi, ognuno dei quali è sostituito da uno nuovo, ogni qualvolta entrano in crisi le forze rigenerative della natura e dell'ordine morale degli. uomini. Però ogni mondo vecchio non scompare totalmente fino a quando non viene incorporato nella terra ctonica, cioè nelle lì

profondità, ed in questo modo continua ad influenzare il corso degli avvenimenti. • =- > < L'atteggiamento rispetto allo spazio, come quello rispetto al tempo, rivela che l'andino vive nella sua anima uno spazio con doppio significato. Il primo è dato dallo spazio fisico delle dimensioni, dentro al quale ogni cosa ha la sua grandezza reale. Il secondo significato invece è rivelato dallo spazio simbolico, che non è uno spazio di magnitudine, bensì un ambito eterogeneo dove esistono esseri qualitativamente differenti, con gerarchie date dal grado di sacralità.

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Lo spazio e il tempo sacri sono categorìe di uno spazio senza distanze e di un tempo che si sviluppa come una spirale perìodìficata, dentro ai quali trovano la loro possibilità le forze della credenza. Solo per mezzo di queste forme di tempo e di spazio sono possibili e hanno significato i riti e le credenze magico-religiose. D'altronde, si tenga conto anche dell'influenza del paesaggio andino come ruolo decisivo della formazione dei modelli di vita. L'esistenza è subordinata alle esigenze di un habitat forte e difficile; nelleyungas, terre basse (mare, deserto, foci di fiumi), si ha l'umidità più tremenda, e nella sterra verso le cime, si ha un freddo pungente; i fiumi serpeggiano fra gole, guadi e rapide mortali fino alle valli alte, isolate dal resto del mondo e in molti casi anche tra loro. Qui, l'uomo deve lavorare duramente per costruire terrazzamenti sulle falde scoscese, trasportarvi terra fertile, proteggerle dall'erosione, dalle frane e dall'azione dei venti. Dall'infanzia, l'uomo andino, vive in un paesaggio scabro, profondo, spoglio di vegetazione ma coronato da cime maestose ed esaltanti. ,

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La P a c h a m a m a o M a d r e T e r r a

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La Pachamama è la Grande Madre comune a tutti gli uomini e rappresenta la base stessa della vita, poiché è la fonte primaria che da il nutrimento necessario. Il poeta boliviano contemporaneo Juàn Condorcanqui, nativo di Oruro, appartenente all'etnia aymara, illustra molto bene nella poesia che segue il rapporto fra l'uomo andino e laPachamama, ossia la Madre Terra. Infatti, in questo esempio lirico, il culto alla grande dea generatrice si rivela una delle esperienze più profonde della religiosità indigena; verso di lei si proietta l'anima andina piena di rispetto, venerazione e gratitudine. Pachamama, donna eterna, ó fonte, 6 porta del Sole da te «.* v< **"\ " ; nacquero la luce per tutti i ranchos (7) e i monti del mondo , Raccogli nel tuo ventre questo tuo popolo, che è il mio cuore Raccogli i suoi pianti, le sue terre, le sue miserie saccheggiate

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0 Marnala (8), Pacha Marna, che dalle tue viscere ardenti di vita germoglino mille cuori fratelli, mille amori, centomila lama e vigogne (9), centomila ayllu (10) e una stella, centomila figli .:u delle nostre donne

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Ti s u p p l i c o p e r la m i a f e d e e il m i o l a v o r o ,

e per il vigore immenso dei Mallkus (11) che dal tuo seno materno, Pachamama, fiorisca nella pampa il fiore di quenoa (12) e rinasca la fratellanza dell'ayni (13).

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Il termine Pachamama ha nel pensiero andino implicazioni filosofiche profonde. Pacha in quechua significa sia tempo che spazio, quindi il mondo animato nella sua totalità (14). Il concetto è molto differente da un'altra parola nativa: allpa, che si riferisce alla terra come materia e costituisce il suolo naturale. • 1 3

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ÌAÌ Pachamama viene anche chiamata semplicemente Pacha o Pacha Tìerra Santa Maria, e viene spesso assimilata al culto alla Vergine cristiana. • >••. • • . ->,, -! Non è propriamente una dea con caratteristiche personali definite, anche se è suscettibile a personalizzazioni secondo specifiche credenze regionali; non è nemmeno una forza impersonale e indefinibile come mona (15); è invece uno spirito dotato di attributi genetici, rigenerativi di femminilità. È la divinità creatrice per eccellenza, che simbolizza la fecondità delle piante, degli animali e dell'uomo. È prodiga e tollerante, però di fronte all'indifferenza umana può ritirare la sua protezione propiziatoria dando luogo all'indebolimento e alla scarsità. L'andino le offre un grande rispetto e quindi il fatto stesso di aprire un solco con l'aratro, non può avvenire senza prima aver ottenuto il permesso con un'aspersione di chica (16) o di altro liquore alla Madre Terra (17). Non facendolo potrebbe ferirla o graffiarla, mancarle della devozione necessaria. La Terra, quindi, è un'entità con un corpo, con parti corrispondenti a quelle dell'uomo. L'uomo non può intervenire nei ritmi creatori e distruttori della Terra, se li alterasse cambierebbe il flusso delle loro forze; la fecondità del pianeta dipende da queste e dalla sua unione con il Cielo: quando Terra e Cielo si congiungono viene perpetuata la creazione cosmica. N o t e

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1. Con il giudaismo viene persa l'idea dell'eterno ritorno o del tempo ciclico: il tempo assume un principio e una fine. Jahvé non si manifesta nel tempo cosmico come gli Dei del paganesimo, bensì in un tempo storico irreversibile. 2. L'uomo andino pensa ontologicamente, cercando di reintegrare il tempo del* l'orìgine. Il suo mondo è sacro non solo perché deriva dagli Dei, ma perché in esso sono rese palesi le diverse modalità del sacro e dei fenomeni cosmici: l'uomo religioso lo contempla scoprendo le molteplici forme del sacro e quindi dell'essere.

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3. Jinés de Sepulveda, nei primi anni della conquista del Perù e del Messico, sosteneva che gli indios non avevano anima e per questo si potevano ritenere al pari delle bestie e trattati come tali. Lo storico Rotando Mellafa, ha calcolato che nei primi ottanta anni dalla conquista del Perù, furono sterminati circa 7-8 milioni di indios, il 70% della popolazione dell'impero incaico. 4. Il culto cattolico, per come lo vive la popolazione quechua, di solito esprime la capacità del mondo indigeno di assimilare le divinità cristiane all'interno della cosmovisione andina. 5. Ierofania: manifestazione miracolosa della presenza di un elemento sacro o divino. 6.1 riti fermano il tempo periodicamente e inseriscono un tempo astorico, primordiale e improvviso, senza altro tempo precedente perché nessun tempo può esistere prima dell'apparizione del mito. Nel cristianesimo invece si rompe con questo tempo sacro, affermando la storicità della persona di Cristo e sviluppando un tempo storico santificato dall'incarnazione del figlio di Dio. 7. Rancho: fattoria, qui indica le proprietà agricole dei contadini. 8. Marnala: mammina.

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9. Vigogna: camelide che vive a grandi altezze, pregiato per la sua lana.

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10. Ayllu: indica tribù, genealogia, casata, famiglia; è l'insieme delle famiglie che |! formano una comunità. " ' ' 11. Mallku: rappresentante indigeno ma anche mummia sacra. 12. Quenoa (quinua o quinoa): pianta alimentare che cresce a grandi altezze con importanti proprietà nutritive. 13. Ayni: coloro che nel lavoro si prestano un mutuo aiuto. In generale è il comandamento morale della reciprocità. . . 14. Il cosmo è concepito come un'unità vivente che nasce, si sviluppa e termina nell'arco di un anno. Il cosmo rinasce ogni anno perché il tempo ricomincia ad initio ogni anno, ma non come ripetizione bensì con movimento spiraliforme. 15. Matta: termine polinesiano che indica un potere sovrannaturale che impregna oggetti o entità. ••

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16. Chica: bevanda alcolica ottenuta generalmente dalla fermentazione dei chicchi di mais. 17. La Pachamama non può essere aspersa con acqua, occorrono sempre bevande alcoliche, perché nell'alcool c'è il fuoco, elemento purificatore.

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Nota informativa sulla pronuncia «Ielle parole spagnole e quechua

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Tulle le parole spagnole comprese nella relazione seguono queste regole ;

semplificate di pronuncia:

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que, qui

che, chi

ce, ci

se, si

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La g davanti ad e e i ha lo stesso suono che ha la,/ davanti a tutte le vocali, cioè un suono gutturale aspirato (eh tedesco). La,/ in fine di parole è più debole e tende a scomparire, ,.;, .., * • • • '.,'•'.'••'

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in principio di parola e dopo l, n e s ha il suono aspro di quando è raddoppiata (rr).

Se l'accento non è segnato cade sulla penultima sillaba.

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Le parole quechua seguono le regole fonetiche dello spagnolo poiché sono scritte nello stesso alfabeto, eccetto cinque gruppi di consonanti che hanno suoni distinti e sono: eh, p, t,k,tq

si pronunciano come le consonanti spagnole ma a volte con più aspirazione o con più durezza. ,v> ,,- ; ,, •-,..*•

eh', k', p'.t', q' vale quanto detto sopra, ma in certi casi la pronuncia si effettua esercitando una pressione molto forte sul palato o sulla gola, con una emissione "esplosiva". "

. II quechua è una lingua che può costruire con una sola parola concetti molto ,. complicati, attraverso una serie di suffissi che sono circa quaranta, in modo da poter esprimere tutte le variazioni della situazione: temporali, spaziali, affettive.

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Come sono diventato , ,,.. un sacerdote andino -;• L'incontro con il Maestro ,

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un collegamento diretto col mondo spirituale. Tutto il processo di addestramento è teso ad aprire determinati centri energetici affinchè si possa creare un contatto intimo col mondo delle energie sottili. Questa è sicuramente una differenza di base. L'unica cosa che posso fare è condividere ciò che ho ricevuto. Così vi aiuterò ad essere partecipi di un'apertura, di una percezione che permetterà a voi stessi di stabilire una connessione spirituale diretta con quella parte del mondo usualmente non vista, con quella fonte invisibile da cui ci siamo staccati con un enorme sforzo culturale. Possiamo imparare ad utilizzare il nostro cervello, il nostro cuore e anche tutto il nostro corpo in maniera congiunta. Permetterci di entrare in una relazione non immaginaria, bensì concreta, reale, intima con le energie viventi. Puoi parlarci meglio di questi livelli che si attraversano durante il processo iniziatico? Purtroppo adesso te lo posso dire da una prospettiva puramente concettuale. Solo l'esperienza può dare spessore alle mie parole, r ' i:j !VPM1Ì ' ••*::: Credo che i primi tre livelli, e includo anche il quarto, sono processi nei quali noi andiamo ampliando la nostra consapevolezza. In primo luogo, la base della nostra identità è IO SONO. Io sono Juàn, ho 52 anni e tutto quel qualcosa che è il focus della mia identità. Secondo la prospettiva andina c'è una specie di livello, che noi potremmo chiamare livello zero. È uno stadio dove so che IO SONO, però non sono capace di essere coerente con quel livello di IO SONO. Prima di questo livello conseguente c'è un determinato condizionamento, una tendenza, un'ideologia specifica che ci manovra, orientandoci. Il primo stadio è quello in cui posso essere coerente con il mio "me stesso". La scoperta iniziale del primo livello è che io non devo per forza essere contro la comunità di cui faccio parte per essere me stes30

so, insomma, non è necessario. Semplicemente posso vedere tutto quello che ho intorno e prendere ciò che mi sembra giusto, appropriato. Ci sono diverse possibilità in questa scoperta e ciascuno possiede una grande capacità di autonomia. Siamo stati lino a un certo punto allucinati. Se non mi vesto come tutti gli allri posso essere fulminato dall'opinione pubblica. Oppure posso attivare a credere che se non seguo le abitudini, i costumi, lutto l'insieme di "dogmi" proposti dalla televisione, dai mass inedia, vengo escluso dalla società, sono isolato dagli altri. Se ini assumo, responsabilmente, la mia capacità di scelta allora posso prendere ciò che è in accordo con me stesso, lasciando il resto. Nell'esperienza del secondo livello, quell'IO che ho scoperto, che è autonomo, che può scegliere, può diventare un piccolo NOI. Un NOI vero, non un NOI detto solo a parole, ma sentito. Per esempio il noi della famiglia, con la quale posso avvertire di essere legato da un'empatia, da un sentimento di organicità. Dentro questo piccolo NOI può succedere la stessa cosa che è successa nell'IO SONO, in modo tale da esìstere come famiglia che non è contro le usanze della società, ma può scegliere fra diverse alternative senza seguire la corrente. Naturalmente queKto ha un presupposto: che le persone all'interno del nucleo familiare abbiano sufficiente coerenza per sostenere la propria posizione. Chi ha scoperto e realizzato un secondo livello, per esempio, può essere un padre, una madre di famiglia, che ni dedica interamente al dare all'interno di quel nucleo. Questo può comportare delle rinunce, dei conflitti, ma è un darsi interamente. Questa qualità del NOI può anche fiorire all'interno di un piccolo gruppo spirituale. Un gruppo nel quale i membri condividono un'attitudine comune, sono leali e onesti fra di loro. Si tratta sempre di un esempio di secondo livello. Un terzo livello iniziatico include questa stessa coerenza, iden-

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tità, autonomia, però all'interno di un gruppo più grande, dove chi partecipa sia disposto a consacrare tutta la sua vita affinchè migliorino le condizioni del gruppo stesso, magari identificandosi con un grande uomo. In tutti questi casi è coinvolta una grande collettività. Consideriamo quarto livello iniziatico quello dove si ha la concezione di un NOI molto più grande, un NOI che può trascendere i simboli presenti nelle grandi tradizioni religiose. Per esempio, attualmente, abbiamo una serie di movimenti ecumenici e molto facilmente possiamo riconoscere la figura di Dio nell'Isiam, oppure nell'Induismo, o nel Cristianesimo. Diverso è però essere capaci di "vivere", ammettere questa presenza passando da una religione all'altra. Per rendervi più chiaro cosa significhi "vivere questo" vi posso raccontare un aneddoto personale. Avevo ricevuto l'iniziazione del quarto livello ormai da vari anni e il fatto che praticando altri sentieri spirituali si potesse arrivare allo stesso fine, era un concetto che avevo ben chiaro in testa. Però ciò divenne una realtà dentro di me, un giorno che mi trovavo nella capitale della Bolivia, La Paz. Una mattina mi svegliai con la sensazione di aver bisogno di partecipare a qualche pratica spirituale. Attorno a me vibrava il rintocco delle campane della chiesa di San Francesco. Così mi avvicinai ed entrai, c'era la messa, e siccome ero spiritualmente affamato vi partecipai con tutto me stesso. Era una comune messa cattolica, che però gustai pienamente. Dopo uscii sulla via principale della città, tuttavia non mi sentivo "colmo", soddisfatto. All'improvviso giunse ai miei orecchi un canto religioso, seguendo il suono mi trovai in un recinto con una grande quantità di devoti di una chiesa protestante. In pochi minuti ero immerso dentro un altro tipo di funzione religiosa; ero connesso con l'essenziale che c'era lì come lo ero stato mezz'ora prima nella chiesa cattolica. Questo ruppe la barriera, l'ostacolo che avevo dentro; significò per me realmente entrare nel 32

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Don Benito mentre offre un k'intu di foglie di coca

Don Judn insieme a Don Benito nella casa del maestro indio a Wasau

quarto livello, che vuoi dire poter attraversare le barriere rituali, le distinzioni simboliche, comprendendo che essenzialmente sia^ ,, ino tutti la stessa cosa. È il fondamento di ciò che ho saputo accogliere da questo cammino: mi ha dato l'opportunità di spe- ,, . rimentare una condizione di accettazione, a suo modo molto bella, libera. È ovvio che ho un'iniziazione andina, inoltre ne ho una cristiana e per tutta una serie di circostanze, ho ricevuto un'iniziazione al buddismo tibetano. Dopo di ciò, per un susse.... guirsi di eventi, ho accettato da un amico di essere ammesso alla \\ Iradizione sufi. Naturalmente io non sono qui per introdurvi all'iniziazione buddista o per insegnarvi certe pratiche sufi, sono qui per condividere la tradizione andina, la quale meglio mi si addice. In ogni caso posso sentire le quattro iniziazioni dentro di . • me senza nessuna contraddizione. Sinceramente posso rendere omaggio a Maometto, riconoscendo che è un vero profeta e a Buddha, riconoscendo la sua illuminazione. Naturalmente pos, . so rendere omaggio a Gesù, con tutto il mio cuore. Suppongo ,. che, nella dimensione sottile, Gesù, Maometto, Buddha sono grandi amici e camminano tutti i giorni a braccetto. L'antagonismo presente in questo mondo fra religioni e tradizioni è il risultato di tanta confusione introdotta dai seguaci dei maestri. "VI posso dire che vivere realmente questa fragranza di verità, que,, sto modo di essere nella spiritualità, da un grande senso di liber- , , , tu, di godimento: dona la capacità di godere quel che c'è, ciò - . clic viene offerto e chiunque può trovare intorno a sé testimo- . . >% tiianze dell'unione con il tutto. Questo è parte importante di ciò che la mia tradizione possiede ed è quello a cui cercheremo di condurvi. ; , Così nel sistema andino i gradi sono quattro: sacerdote mistico di un piccolo gruppo, di un gruppo medio, di un gruppo più grande e di livello universale. Ci sono però ancora tre livelli. Il livello successivo, il quinto, è quello chiamato inka mallku che .significa "candidato a diventare Inka". Questo stadio ha una ca33

ratteristica molto concreta: si tratta di acquisire il potere, là capacità per curare ogni malattia, in ogni circostanza, solamente con il tocco delle proprie mani. Abbiamo grandi terapeuti spirituali in questo momento nel mondo. Per quello che so, alcune volte hanno grande successo nella cura delle malattie. Però succede anche che a certe persone non danno la guarigione, poiché ci sono situazioni che non lo permettono, oppure semplicemente falliscono. Per la nostra tradizione, chi è arrivato al quinto livello ha la capacità di curare qualsiasi malattia, in ogni occasione. Siamo in attesa anche di un sesto livello. Chi vi giunge è capace di brillare, splendere. Il punto non è che l'iniziato del sesto livello pensa di splendere, abbiamo già molta gente in giro che crede di brillare, la questione è che risplende davvero e gli altri vedono realmente un'emanazione di luce. Esplorando in altre tradizioni ho trovato che a un certo livello di sviluppo della coscienza uno è capace di curare qualsiasi malattia. Per dare semplicemente un esempio familiare, dopo l'esperienza che Gesù ebbe nel Giordano, era in possesso di questo potere. Sempre sull'emanare luce: Mosè, dopo aver ricevuto le tavole della legge, scende dal Sinai e splende. Anche nella tradizione islamica si dice che in un certo momento della vita Maometto iniziò a risplendere in modo tale che i suoi discepoli dovettero coprirlo con un telo nero; ci sono delle immagini in cui il profeta viene raffigurato con questo vestito. La storia degli Inka dice che Pachakuti stava facendo un lavoro spirituale vicino a una laguna, arrivò una luce che lo coprì e tutto il popolo vide questo splendore. Questo sarebbe per noi il segnale di un sesto livello. Noi aspettiamo che ciò succeda in alcune date abbastanza precise. Nel giudaismo contemporaneo c'è l'aspettativa del ritorno del Messia. Spesso nelle differenti Scritture si ritrova una scala di sette gradi e se ci domandiamo che cosa può significare ciascuno dei gradi, associato alla descrizione che vi ho fatto di quello 34

che si ottiene in ciascun livello; essi possono rappresentare sette differenti stadi possibili di consapevolezza. La scala dei sette livelli rappresenta tutto il nostro potenziale interiore, disponibile a chiunque, e le tecniche spirituali che sperimenteremo sono solo strumenti di lavoro per arrivare a questa ascensione progressiva della coscienza spirituale. Scusate se ho dato una risposta tanto lunga a una domanda così semplice e diretta. Però, emersa la domanda, ho voluto contemplare questa tematica che sarebbe stata parte di un momento successivo del seminario. C'è una grande differenza in Perù tra la spiritualità di una piccola comunità e di una grande città? Ci sono delle pratiche diverse che si verificano nelle piccole comunità così come nelle comunità un po' più grandi, in quelle più tradizionali e nelle grandi città. Sono piccole differenze che non riguardano la struttura, ma i dettagli. Per esempio, la capitale del Perù, Lima, ha come Apu (divinità della montagna) San Cristobal, invocato dalla gente che vive in città; aCuzco, invece, l'Apu più importante è l'Ausangate. Il Perù ha una fascia centrale di alte montagne, mentre la costa è una piccola frangia ilesertica. C'è solo una parte del territorio peruviano, la pianura amazzonica, non caratterizzata da rilievi montagnosi. Là ci sono gli spiriti delle foreste, dei boschi, degli animali. La realtà spirituale del Perù è molto variegata, si va da elementi tradizionali a nuove correnti di pensiero. Se si percorre pian piano la geografia sociale si può trovare di tutto: vari aspetti del cattolicesimo, i movimenti protestanti, diversi inserimenti di filosofie orientali, una varietà riscontrabile in qualsiasi parte del mondo occidentale. C'è però un comune denominatore nella popolazione peruviana: è l'importanza data alla leggenda Inka. "Sul ritorno déìYInka" c'è una partecipazione di tutto il Perù, dai più bassi strati della società fino alle alte sfere della comunità. 35

Nell 'evoluzione dell 'umanità qual è il ruolo dell 'uomo e quanto c'è di più grande dell'uomo, che può intervenire in questo processo? .'.. .-!••>• :..-'ì -

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Col passare del tempo mi resi conto che c'erano tanti stranieri, americani ed europei, che venivano a Cuzco proprio alla ricerca di questa spiritualità. Allora mi sono detto: «perché non condividere con gli stranieri quello che ho imparato e che loro a l u n n o c e r c a n d o ? »

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Arrivò un mio amico americano, che non solo era interessato a ricevere la prima parte del rituale, ma voleva l'insegnamento completo. È venuto a Cuzco dieci volte nel giro di un anno, quasi una volta al mese; tornava negli Stati Uniti, lavorava come un pazzo per un certo periodo di tempo, poi visitava di nuovo il ( 'uzeo. Renderlo partecipe mi permise di fare un'esperienza più approfondita nel maneggiare e guidare la mia conoscenza. Una delle persone a cui avevo dato l'iniziazione mi mise in contatto itoti Elizabeth Jenkins, autrice di un libro pubblicato in Italia, "// Ritorno dell'Inkà". Lei, a sua volta, portò un gruppo di americani per condividere l'esperienza, che tra l'altro è stata raccontata nel libro. Poi, Celso, che stava viaggiando nelle Ande alla ricerca di un approfondimento del cammino spirituale, ha letto il libro e si è messo in contatto con me; è la persona che mi ha invitato a tenere questi "gruppi" in Italia. Ecco come ho finito per fare ciò che vedete senza essermelo proposto all'inizio. Puoi dirci qualcosa sulla possibilità, con l'aiuto dei maestri, di agire sul karma, per esempio cancellarlo o altro ? Io non ho mai detto che i maestri parlino di cancellare il karma. I )i fatto, la parola karma non esiste nella tradizione andina e neppure c'è enfasi sulla teoria della reincarnazione. Non vuoi dire che i maestri di questa tradizione la neghino: semplicemen(e non è questo il punto. Il nostro focus è su questa vita. Da quando siamo stati generati, fino a quando ce ne andiamo la nostra attenzione rimane su questa vita. Nella mia tradizione l'enfasi è sull'energia vivente, sul gioco di energia pesante e di ener-

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già sottile. Un maestro del quinto livello è in grado di assorbire prima tutta l'energia pesante che è in lui, poi quella che c'è in me o in te. In questo modo è potenzialmente capace di curare qualsiasi malattia. . .. . Pensi che l'essere umano si trovi di fronte ad un 'emergenza di trasformazione tale da essere in grado di superare i prossimi anni, da molti giudicati difficili? Ci sono elementi che emergono da un mondo sotterraneo e iniziano a stare nel mondo quotidiano, poi, sì, c'è un'emergenza, nel senso di un urgenza a lavorare su noi stessi. I maestri di tutte le grandi tradizioni stanno cercando di rispondere a questa urgenza dandoci gli strumenti spirituali, a noi accessibili, che posseggono. Dal punto di vista e dalla prospettiva della mia tradizione è come se ci fosse la necessità di preparare le condizioni per un nuovo evento. In qualche modo, se non adempiamo alla preparazione del terreno adeguato, c'è la possibilità di perdere un'opportunità. Improvvisamente succede che certe tradizioni atte a conservare esotericamente alcune pratiche specifiche, si aprono a tutti quanti vogliano sperimentare. Così la segretezza viene a mancare, in quanto altre "scuole" hanno messo a disposizione, comunque, la loro conoscenza. Non si possono più custodire certi segreti, siamo in un'epoca di svelamento. Questa è la mia impressione. Ho avuto la fortuna di utilizzare strumenti che mi hanno permesso di trascendere i sistemi simbolici di differenti rituali. Che cosa accadrebbe se tutti noi potessimo essere cristiani, musulmani, taoisti, induisti, buddisti? Questo significherebbe la sparizione delle religioni tradizionali e l'ingresso in un tipo di spiritualità e di pratiche che vanno oltre le attuali religioni. Siamo nella condizione di poter arrivare ad appropriarci di tutti i grandi tesori nascosti in ogni via spirituale, nelle radici originarie di tutte le grandi tradizioni. A quel punto le cosiddette grandi 42

religioni sparirebbero lasciando emergere una modalità di sviluppo spirituale che non so se possiamo continuare a chiamare religione. Alla fine si realizzerebbe la possibilità, per ciascuno di noi, di accedere prima al potenziale e poi alla pienezza di sviluppo del proprio "potere personale". Secondo la memoria storica convenzionale è la prima volta che accade. Quindi, al di là di ogni verifica, l'importante è che si possa accedere ad una possibilità di pienezza e realizzazione. Comunque, come vi potrà sembrare ovvio ho iniziato a interessarmi di strumenti spirituali e non di teologia. Siamo qui soprattutto per addentrarci nella concretezza delle pratiche. .i O

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Profezia

Dopo otto anni Don Benito utilizzò con me, di nuovo, lo stesso modo di comunicare del nostro primo incontro e mi fece partecipe di un rituale, molto complesso, che dura, ora, dieci giorni e che tecnicamente è l'incoronazione di un re sacro. Deriva da una cerimonia che poteva essere usata a tale scopo nel sedicesimo secolo. Finalmente mi permise di accedere a una profezia, che nell'insieme di quelle che circolano al tempo odierno, è tra le più precise, in quanto stabilisce una serie di condizioni esatte per l'inizio di una nuova era. Tali condizioni sono legate all'emergere di individui specifici, in determinati "santuari", e quindi prevede delle tappe, molto chiare, affinchè si delinei una nuova umanità. Per addentrarci meglio in essa seguiremo il calendario di questa manifestazione profetica. Secondo la tradizione il cambiamento inizia con il pachakuti, una trasmutazione cosmica che ha avuto la durata di tre anni. È cominciata il 1° agosto 1990 ed è finita il 1° agosto 1993, aprendo una fase chiamata taripaypacha che significa l'età del reincontro umano totale, nel quale saremo in grado di onorare e rispettare gli altri e di essere onorati e rispettati, assumendo in pieno la capacità di sviluppare tutte le potenzialità in noi latenti. Taripaypacha significa letteralmente "l'epoca in cui incontreremo di nuovo noi stessi", seguita da un riconoscimento reciproco del valore di tutti gli esseri umani, da cui nasceranno tanti indi:;

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vidui ricchi di discernimento. E questo in ogni direzione, coinvolgendo tutti i sentieri spirituali. Tale capacità creerà una nuova visione del mondo. Coloro che hanno sperimentato e superato i primi tre livelli d'iniziazione e conoscenza, nella fase di preparazione che va dal 1° agosto 1993 al 1° agosto del 2000, possono e devono passare dal terzo al quarto livello, lasciando dubbi e paure dietro le spalle, condividendo i doni spirituali che hanno ricevuto, dando vita ad un rapporto diretto e amichevole con le forze della natura e il mondo invisibile. La trasformazione completa dovrà attuarsi dunque entro il 1° agosto dell'anno 2000. Poi si raggiungerà un nuovo grado, un nuovo stato detto Inka Mallku (candidato a diventare Inka). Si manifesterà allora un gruppo del quinto livello, composto da dodici persone: sei uomini e sei donne. Dal gruppo emergerà il Sapa Inka e la Qoya, un uomo e una donna detentori del potere di raccogliere, riunire e ridistribuire, con la capacità di mettere in relazione armoniosa le persone che vivono nelle quattro regioni dell'antico impero Inka, il Tawantinsuyo. Queste figure di sesto livello possono provenire da qualsiasi parte del mondo. Seguirà, quindi, il grado successivo: chi tocca il settimo livello ha realizzato le sue potenzialità divine, pienamente in tutti gli aspetti. Si tratta in pratica della previsione di un'epoca d'oro per l'umanità e noi siamo chiamati a collaborare per creare le condizioni necessarie al suo avvento. Tutti siamo candidati a diventare Inka (colui che è capace di concentrare energia vivente e poi ridistribuirla), non è necessario appartenervi come razza, ma esserlo nell'anima. Secondo la tradizione, l'inizio di questo nuovo periodo darà luogo ad una fase molto più ampia e sfaccettata di quella vissuta dagli antichi peruviani. Questo per gli indios è molto importante poiché sono consapevoli che gli Inka avevano costruito un tipo di società capace di dare al proprio popolo delie condizioni di vita ottime al confronto di altre civiltà e società antiche o contemporanee del XVI secolo: non esisteva povertà 46

nello stato Inka, tutto si basava su una struttura nella quale si accumulava solo per poi ridistribuire, una società nella quale il 11 imine non aveva ragione di essere; gli Inka conquistavano, ma lo laceva soprattutto con la diplomazia. Non dico che la guerra non esistesse, ma affermo che si utilizzava prima la diplomazia e poi la guerra, a cui si arrivava solo in situazioni estreme, muovendosi con una modalità opposta a quella praticata da noi occidentali nello stesso periodo. Gli occidentali erano abituati prima ,i fare la guerra e alla fine, eventualmente, si sedevano al tavolo per trattare. Da qualsiasi parte si voglia affrontare l'argomento, il periodo Inka è stato pienamente soddisfacente e le condizioni di vita erano di buona qualità per il popolo peruviano, a differenza del de;>rado umano e sociale a cui fu poi sottoposto dai conquistatori. Neanche l'indipendenza del Perù dalla Spagna nel 1821, ha poriato cambiamenti positivi per la popolazione indigena. Pensare di proporre un modo di vita superiore a quello sperimentato duiante il periodo Inka è supporre un'utopia. Questa utopia è coininciata, come abbiamo visto, il 1° agosto 1993 e vedrà il suo sviluppo entro il 1° agosto del 2000. Questi sette anni sono un periodo di preparazione, seguito da un altro di manifestazione che avrà inizio il 1° agosto 2000 per finire il 1° agosto 2012. I -'elemento interessante di queste diverse fasi è il fatto che coineidono con altri avvenimenti venuti a galla in questi ultimi anni. l'er esempio è stato festeggiato nel 1992 il quinto centenario della scoperta dell'America. Il quinto centenario dell 'evangelizzazione dell'America si celebrò invece nel 1993, perché si dice che i primi evangelizzatori arrivarono un anno dopo la scoperta dell'America. Risulterebbe che la nostra nuova era comincia 500 anni dopo l'inizio dell'evangelizzazione dell'America. Nella tradizione Inka, secondo i cronisti dell'epoca, ogni grande fase durava cinquecento anni. Tutti abbiamo una grossa aspettativa sull'anno 2000. Secondo la profezia Inka si passerà da un perio47

do di preparazione ad un altro, successivo, di realizzazione. C'è un calcolo, ripreso da alcuni studiosi, secondo il quale Gesù Cristo sarebbe nato nel 7 a. C, poiché è stato commesso un errore nel Medio Evo. Se contiamo dal 7 a. C. il 2000 sarebbe nel 1993, un'altra strana coincidenza. C'è uno studioso, Josè Argilles, che ha fatto una ricerca molto approfondita sul calendario maya e sostiene che quel calendario arriva solo fino al 2012, perciò l'ultima parte della profezia coinciderebbe con il calcolo fatto dalla civiltà maya.

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Nel gestire la capacità di comunicare la conoscenza man mano ricevuta da Don Benito, ho utilizzato come supporto il libro Psicologia e religione di Cari Gustav Jung. Il libro sembrava contenere, al momento, un materiale rispondente a un sistema interpretativo che ben si adattava alla mia esperienza in corso. Questo mi permetteva di spiegare quello che stavo facendo in modo abbastanza chiaro. Era importante per me poter comunicare con un linguaggio comune a noi occidentali, cioè una lingua razionale, una modalità di espressione che meglio di un'altra potesse spiegare, senza troppo alterare la natura della mia nuova esperienza. Da questo esame del testo junghi ano sono nati gli unici due articoli che ho scritto sulla tradizione andina. Insieme non contano più di quaranta pagine. Uno è semplicemente una narrazione della cosmovisione delle Ande con anche una descrizione del rituale di iniziazione dei quattro gradi. C'è già la supposizione che questo rituale di iniziazione conduca ad un nuovo livello di coscienza. Il secondo articolo mostra un panorama molto più generale ed è fecalizzato sulla profezia di questa tradizione. C'è qualcosa che fin dall'inizio mi fa sentire più vicino a questa profezia rispetto alle altre che in questo momento sono in gioco, al di là della mia vicinanza alla popolazione indigena. In genere le profezie danno vita ad un'aspettativa: il nuovo Messia che improvvisamente appare, o il secondo ritorno del Cristo, in ogni caso è qualcosa che si compie di per sé e alla 48

quale dovremmo assistere passivamente. Questa invece, ha il . Minpito di preparare le condizioni affinchè emerga una coppia • li ;ilto livello, delle personalità con le quali si inaugurerà sicuramente una nuova era, però, per la preparazione di questa apparizione, ognuno è importante. Ciascuno di noi può creare un pic( olo o un grande spazio per generare le condizioni affinchè queM.I figura si manifesti. Inoltre, la manifestazione di queste perM >nalità, non è una cosa predeterminata o predestinata, in realtà l'arte sta nel farsi tutti candidati. Preparare le condizioni affinrlié ognuno possa diventare un maestro del settimo livello. QualM;ISÌ sia la persona concreta nella quale si manifesterà questo liniere, sarà un beneficio per tutti, perché quando uno accede ad un livello più alto all'interno della tradizione, non può che ii : • •

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Sto parlando in particolare della visione, in questa epoca, del inondo occidentale. Se riuscissimo a renderci conto che c'è sovrabbondanza di Kausay, l'unica cosa da fare sarebbe aprirsi all'abbondanza presente, lasciando da parte i litigi fra gli umani, per usufruire di ciò che già ci offre l'esistenza. Basta guardare un attimo a come la vita si espande in continuazione sulla terra, tome il mare sia arrivato perfino ai picchi più alti delle montagne. Noi stessi abbiamo iniziato come una piccolissima materia in formazione e siamo arrivati ad avere dei corpi che pesano 50, /(), 80 kg, prendendo energia. Un piccolo seme messo nella terra diventerà un albero, una pianta o un fiore. Tutto questo sarebbe impensabile se non ci fosse tutta l'energia vivente che sta appoggiando la vita. Uri -. '-, '!s' ' con samiy, l'energia fina, ora lavoreremo con jucha, l'aspetto pesante dell'energia. Queste due tecniche sono complementari e ci daranno una chiave per entrare in rapporto con l'energia del : mondo vivente. ' s v^ Quando Don Benito cercava di insegnarmi questa tecnica fondamentale io, professore accademico, mi stavo scontrando con alcune difficoltà concettuali. Ovviamente, un giorno, riuscii a far diventare impaziente Don Benito per la mia incapacità a capire il concreto da farsi. Mi sembrava di non poter captare qualcosa di essenziale, così lui disse: «Vediamo se così capisci! Hai uno stomaco fisico?» «Certo, ne ho uno» risposi. ": «Hai forse insegnato al tuo stomaco fisico a digerire il cibo?» «Naturalmente no» dissi. «Ecco» continuò Don Benito «hai anche uno stomaco spirituale e neppure in questo caso devi insegnargli a digerire l'energia, perché sa già come farlo, così come il tuo stomaco fisico è capace di digerire il cibo. Devi solo ricordare al tuo stomaco ;i ' spirituale di digerire.» Non c'era nulla da capire, si trattava piuttosto di iniziare a ' ' usare consapevolmente una facoltà che abbiamo connaturata in noidasempre.



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Siamo abituati a pensare che le cose di un certo valore debbano essere per forza complicate e quando qualcuno ci propone una tecnica così semplice risulta difficile assimilarne la semplicità. Secondo questa tradizione siamo tutti dotati di uno stomaco spirituale creato apposta per digerire l'energia pesante. Un gior- *' ' ' no chiesi a Don Benito che cosa sarebbe accaduto se il mio stomaco spirituale non avesse funzionato. Mi ha risposto che sarei 89

morto già da un po'. Siccome tutti quelli che sono qui ora, sono vivi, me compreso, vuoi dire che il nostro stomaco spirituale è già in funzione, l'unica differenza è che possiamo prendere atto di questa funzione e usarla in modo cosciente. Comunque un'azione che dobbiamo imparare ad esercitare, ai fini di digerire l'energia pesante, è aprire e chiudere il nostro qosqo. Questo è un esercizio molto semplice che praticheremo adesso. Vi chiedo di mettere la mano destra sul qosqo, nell'area ombelicale, chi è mancino usi la mano sinistra. Abbiamo visto che la concezione delle differenze è un'altra prerogativa della visione andina. Non c'è, quindi, una geografìa energetica millimetrica uguale per tutti. Ognuno deve trovare il suo qosqo, che è all'incirca nella zona vicino all'ombelico, subito sopra, subito sotto, o magari l'ombelico stesso. Infatti, il qosqo non deve essere necessariamente dov'è l'ombelico, l'ombelico anatomico si chiama pupu, qosqo è il nome del centro energetico. Ripeto, ognuno di voi deve trovarlo, perché per alcuni è leggermente sopra l'ombelico, per altri può essere accanto, per altri ancora può stare sotto l'ombelico. Ora mettete la vostra mano sull'area indicata e muovetela delicatamente, fermandovi e lasciandola nel punto dove avvertite qualche sensazione. Una volta trovata questa zona sensibile, soffermatevi, cercando di assorbire quello che c'è. Sentirete un flusso dalla mano verso il qosqo, potete avvertirlo come un flusso di calore, o una corrente fresca, oppure come un formicolio. Non importa il modo in cui lo percepite, è importante che riusciate ad averne percezione. Lasciate la mano qualche minuto a contatto con quel punto sensibile, in modo da sentire il flusso dell'energia verso il qosqo. La prima parte dell'esercizio consiste nel porre attenzione alla percezione e iniziare ad essere sensibili al flusso di energia. Prendetevi il tempo necessario per farlo. , ....,..-.\;, ., ( . Ora, piano piano, iniziate ad allontanare la mano mantenendo però il flusso di energia, non interrompetelo; con delicatezza sten90

dete il braccio in avanti. Iniziate ad allontanare molto, molto lentamente la mano dal qosqo, con attenzione: muovetela in modo , tale da non perdere la connessione. Continuate nel frattempo a percepire il flusso di energia che va dalla mano al qosqo, allon- , ,. lanate la mano fino a che il braccio non sia completamente di- ;t_,...,/ steso, però senza perdere il collegamento con la mano stessa. ,: Restate sensibili al flusso della mano verso il qosqo. ,: Quando il braccio è totalmente disteso continuate a sentire il •., , • flusso di energia verso il qosqo, ora il qosqo è completamente aperto. Adesso se tornate a riavvicinare molto lentamente la mano ,.-,• al qosqo, quando sarà di nuovo appoggiata sull'addome, sentirete che la zona sensibile si saia ridotta fino ad essere quasi un punto. Il primo movimento è connettere la mano, muoverla lenta- , f . mente fino a stendere tutto il braccio, recepire la connessione a jti< j distanza e tornare indietro. Mettete tutta la vostra attenzione su , : r ciò che sentite. Praticando questo esercizio dopo un pò di tempo .-..:; inizierete a percepire che c'è una zona nella vostra pancia che si j :, apre e si chiude, allo stesso modo in cui si apre e si chiude il diaframma di una macchina fotografica. Dopo un buon allenamento non avrete più bisogno di mettere la mano sul qosqo „- , allontanadola e avvicinandola, ma sarete in grado di aprire e chiù- 1;,. . dere solo con la volontà. Comincerete a sentire la periferia del qosqo che si espande e si contrae semplicemente grazie al vostro volere, senza dover agire. Questo è il primo passo dell'esercizio. Entriamo adesso nella seconda parte. Ritorniamo ad appog- , • •. u giare la mano e allontaniamola lentamente fino ad una distanza ; dove percepiamo con grande intensità il flusso d'energia. , • Continuamo l'esercizio in modo da renderci conto come si prò- >t,,,, duce la digestione. Durante la percezione del flusso di energia •-i.--.-1 dalla mano al qosqo, consci del nostro stomaco spirituale, ordiniamogli con autorità di cominciare a digerire. Quando inizierete la digestione, sarà probabilmente presente anche un ' altra sen- . sazione. Sentirete una certa quantità di energia che entra accom- , ., •

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pagnata da una percezione di divisione dell' onda energetica: una parte va verso il basso, e un'altra sale verso il petto e la testa. In pratica il flusso si muove dal qosqo ai piedi, questo nel caso che siamo in piedi, oppure se siamo seduti per terra sentiremo che qualcosa scende dalla colonna vertebrale, "cadendo" dal qosqo. Allo stesso tempo avvertiremo un flusso più sottile che va dal qosqo verso la testa. Nel momento in cui percepiremo la separazione, vuoi dire che il nostro stomaco spirituale si sta attivando: non solo sta ricevendo energia, ma sta anche digerendo. L'energia destinata a scendere verso il basso è pesante, quella che sale in alto è più sottile. In qualche maniera il nostro centro, il qosqo, sta facendo un lavoro di distillazione dell'energia, separando la pesante dalla più fine, una vera operazione alchemica. Continuiamo a praticare per un po' l'esercizio: prima restiamo nella percezione del flusso, poi esprimiamo interiormente, ma chiaramente, l'ordine di digerire. L'energia inizia a separarsi: la parte più pesante va verso la terra e la parte più sottile sale verso la testa. Ora che i due flussi sono presenti stiamo digerendo l'energia pesante. Prendetevi un po' di tempo con la mano sul qosqo per iniziare a percepire la differenziazione dell'energia. Quello che state facendo è dividere l'energia generale Kausay in samiy cjucha, in energia fina e pesante. L'energia fine vi nutrirà e l'altra, semplicemente, tornerà alla terra. Da dove arriva questa energia che abbiamo digerito? All'inizio vi ho detto che il campo di energia che ci circonda, o bolla (poqpo), ha una specie di copertura di energia pesante; quello che abbiamo fatto adesso è stato digerire parte di quello spessore che avvolge la nostra bolla. Ho aggiunto che questa "pelle" più spessa non è necessariamente un problema, ma anche una protezione, un naturale isolamento. Se la copertura è molto spessa si produce però una desensibilizzazione, abbinata comunemente alla perdita della nostra capacità di percezione. Possiamo, cioè, vivere come reclusi nella nostra bolla. Digeren-

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do l'energia pesante del proprio poqpo, stiamo recuperando la nostra sensibilità, stiamo incrementando la nostra capacità di percezione. Questo è un fattore essenziale nella tradizione andina. Adesso faremo un passo ulteriore, cioè digerire l'energia pesante di un'altra persona. Vorrei anticiparvi che non abbiamo bisogno del permesso dell'altro per digerire la sua energia pesante, allo stesso modo in cui non abbiamo bisogno del permesso, per esempio, di un uomo che è caduto per strada portando un carico pesante sulle spalle, per alleggerirlo del suo peso, aiutandolo a rimettersi in piedi. In secondo luogo è consigliabile imparare a praticare gradualmente questa tecnica. Inizialmente possiamo provare con persone affini, che ci sono simpatiche e vicine, nelle quali riponiamo fiducia e confidenza nel quotidiano. Nel caso del nostro gruppo, visto che siamo venuti tutti a fare lo stesso corso e stiamo facendo un percorso spirituale, questa è l'affinità comune che ci unisce. L'esercizio può essere dunque praticato, qui, con chiunque vogliate. In seguito potete approfondire il vostro addestramento scegliendo una persona neutrale. Naturalmente una neutralità assoluta non esiste, però è preferibile chi non vi provochi sentimenti di forte coìnvolgimento o di forte repulsione. Fate la stessa pratica con la persona "neutrale". Il terzo passaggio è quello che evidenzia la maestria nell'utilizzo di questa tecnica. : w; . ( • . : . ; ! ;;i 'Ji';r,5;:,':, . > Scegliete, successivamente, una persona che vi risulti insopportabile, che viva, secondo il vostro punto di vista, per rendervi impossibile l'esistenza. Fate il Juchamijuy con questa persona. Attraverso l'esperienza ho appreso che la concezione di energia pesante è molto relativa, non dimenticatelo. Per esempio qualcuno potrebbe emanare energia molto fine che su di me, però, gioca l'effetto di essere pesante. È solo una questione di affinità e livelli vibratori, si producono naturalmen93

te varie sinergie. Molti amici miei possono avere familiarità con persone che con me non andrebbero d'accordo. Non mi aspetto che voi facciate Juchamijuy, domani, con la persona che vi è più antipatica; come tutte le tecniche questo è un processo che richiede pazienza, tempo, disciplina. Dopo un certo allenamento dovreste essere in grado di digerire l'energia pesante delle persone che vi risultano sgradevoli. Scegliete, ora, un'altra persona del gruppo. Questo esercizio si fa in coppia. Mettetevi in piedi, guardandovi, alla distanza di 50-60 cm, poi entrate nel ruolo di "mangiatori", prima uno e poi l'altro, alternativamente. Gli occhi possono essere chiusi o aperti. Sentitevi a vostro agio. All'inizio della pratica è consigliabile decidere chi sarà il primo a mangiare, mettetevi quindi d'accordo su quale dei due copre prima il ruolo attivo e poi quello passivo. Nomineremo la persona attiva "numero uno", chiameremo invece chi riceve "numero due". La numero uno deve semplicemente aprire il proprio qosqo con l'intenzione di attirare o toccare l'energia pesante dell'altra persona. Quando sentirà l'energia che raggiunge il qosqo, prenda autorità su questo centro e gli ordini di iniziare a digerire. x < Sentirete il tocco dell'altra energia in vari modi: una sensazione di caldo, di freddo, un pizzicorino, una pulsazione, una luce o un colore... Avrete poi, digerendo, la percezione della divisione del flusso ascendente e discendente. Continuate l'esercizio finché lo riterrete opportuno, quindi, in un dato momento, con delicatezza, fate sapere all'altro (il numero due) che bisogna invertire i ruoli. Nel frattempo, chi sta ricevendo (il numero due), è semplicemente calmo e presente, fecalizzando tutta l'attenzione a ciò che sente, a come percepisce l'essere a poco a poco liberato dall'energia pesante. Nel cambiare i ruoli, spontaneamente si inver:>

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tiranno anche le sensazioni, con chiarezza. Abbiate questa visione: tutta l'energia pesante è destinata alla Madre Terra, ma ciò non significa inquinarla o contaminarla, anzi, la stiamo nutrendo. Vorrei portare ancora maggiore chiarezza riguardo al Juchamijuy prima di praticare l'esercizio. Con questa tecnica si realizzano tre condizioni importanti: la prima è liberare l'altra persona dal sovraccarico di energia pesante, la seconda è che attraverso questa trasformazione, l'energia ascendente (verso la testa) incrementa il potere del "mangiatore", la terza, che va compresa, è dare nutrimento alla Terra. Infatti, alcuni, facendo questo esercizio si bloccano perché hanno la sensazione di inquinarla. Nella nostra tradizione la Madre Terra è un'esperta nel digerire l'energia, quindi quando facciamo l'esercizio stiamo semplicemente offrendole da mangiare. Una delle condizioni più belle è dare e prendere energia dalla Madre Terra. Quindi ricordate: stiamo aiutando qualcuno, aumentiamo il nostro potere e portiamo nutrimento rivitalizzante alla Terra. Restituiamo, facendo ciò, un ayni (scambio reciproco) alla Pachamama. Dalla Madre Terra abbiamo ricevuto cibo, potenzialità, forma e in questo modo creiamo l'opportunità per ricompensarla, per restituirle i doni elargiti generosamente.

Dopo la pratica del Juchamijuy Domande e risposte Trasformare o, in questo caso, digerire energia scomoda, non è un processo che avviene naturalmente? La tradizione segue la natura. Tutti noi, è vero, digeriamo spontaneamente energia pesante, solo che lo facciamo in modo del tutto inconsapevole. Secondo il mio maestro, se qualcuno non fosse in grado di digerire energia pesante, morirebbe. Del resto, quando ci rendiamo consapevoli di un processo, lo 95

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t possiamo usare a volontà e in maniera più efficace. Mi sono avvicinato alla tradizione orientale e al buddismo. Potenzialmente ognuno di noi è un Buddha. Tutto il lavoro che stiamo facendo serve ad ampliale la consapevolezza. Dobbiamo essere consci del nostro mondo intcriore. L'essere consapevoli di una tematica, di un meccanismo, ci porta poi ad accettarlo. C'è relazione tra stomaco spirituale e stomaco fisico? In questa tradizione abbiamo la tendenza a non differenziare troppo la parte spirituale e quella fisica. In generale c'è affinità e correlazione tra l'organo e il centro energetico. Secondo la mia esperienza, dopo una pratica di questo genere, i processi materiali di digestione possono migliorare, con l'ulteriore beneficio che, in alcuni casi dove si siano presentati mali o disfunzioni del sistema digestivo, c'è stato anche un miglioramento di condizione. Non vorrei speculare troppo su questo, perché mi è difficile spiegare come succede. Ho avuto l'impressione di non riuscire a digerire. Questa è l'importanza della pratica: imparare a digerire. Ricevi comunque energia pesante, però non sai ancora come smaltirla, come digerirla. Puoi agire su questo processo solo quando veramente impari, consapevolmente. Del resto esistono livelli di energia pesante che, senza una grossa preparazione, difficilmente sono digeribili. Vi abbiamo dato una progressione di esercizi da seguire nel lavoro fin'ora fatto insieme, per imparare piano piano queste pratiche. Quando siete in una situazione in cui non riuscite a digerire l'energia pesante e questa vi opprime, la cosa migliore da fare è richiudere il vostro qosqo. Ricordatevi: prima praticate su voi stessi, digerite la vostra jucha, poi passate a fare l'esercizio con una persona simpatica e affine, successivamente con qualcuno neutro e solo dopo un buon allenamento, provate con coloro che non sopportate. 96



Durante l'esercizio ho quasi perso la percezione fìsica del corpo e mi sembrava di essere solo energia. Cosa succede durante lo scambio? Ciò può accadere quando c'è una buona affinità di scambio o la tecnica è molto perfezionata. In questa maniera si crea un continuum, si perde la sensazione di separazione e sembra di essere parte di un tutto unico. La tua è la percezione derivata da un esercizio ben fatto. Nelle relazioni diffìcili ho sempre creduto che fosse l'altro a togliermi energia, si tratta invece di uno scambio reciproco di energie pesanti? \ Nel caso del professore, di cui vi ho parlato, e in altri, quando ambedue le persone entrano in una dinamica repulsivo-distruttiva, c'è una specie di circuito energetico che si autoalìmenta, dove si produce energia pesante e contemporaneamente una diminuzione dell'energia fine. ( Non è in genere chi predomina che toglie energia sottile all'altro passandogli energia pesante? Siamo preda di un forte condizionamento: pensiamo che Tener- '" ' già sottile sia scarsa e siamo in lotta per sottrarla all'altro. None così. Appena siamo in grado di lasciar andare energia pesante immediatamente possiamo iniziare a ricevere energia fine, per- "-'""'. che è sovrabbondante. Nel momento in cui abbandoni questa concezione che imprigiona il tuo mondo, scarichi energia pe. ' sante, facendo più spazio all'energia sottile, contemporaneamente '\ anche l'altro che è in relazione con te potrà beneficiarne. '' " * " ' Puntualizzo: chi cerca di rubare energia a un altro, sciocca- _/ mente pensa di poterlo fare. Che senso ha sforzarsi così tanto, ' ' ' ' .." quando esiste tanta energia sottile ovunque, di cui possiamo di- ' " ' '. sporre in abbondanza? :• tìTi •

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,.,,, Facciamo un esempio pratico: sono vicina a te e mi rendo conto che sei carico di energia sottile. Supponiamo pure che io cominci ad assorbirla. La tua bolla, contemporaneamente, inizia a ricevere energia fine dall'ambiente circostante. In realtà, invece di sottrarti energia sto permettendo che il tuo campo energetico si arricchisca ulteriormente. Nella vita pratica di tutti i giorni ci sono persone che innegabilmente cercano di dominare gli altri, dì controllarli. Secondo la tua teoria stanno passando energia pesante o non è così? Sì, ci sono persone che stanno riversando energia pesante sugli altri, per questo è importante imparare con consapevolezza a digerirla. Ci sono individui (e qualche volta tutti noi lo facciamo) che utilizzano energia pesante nel tentativo di dominare, agendo sul potere percettivo dell'altro. Nel momento in cui la percezione è alterata si crea una falsa realtà e quindi una mancanza di capacità conoscitiva che spinge ad operare in modo sbagliato. Si produce così una sorta di stato allucinatone; la persona che ti aggredisce con energia pesante, se cadi nella sua trappola, ti fa vedere il mondo a suo modo, in un certo senso perdi il tuo proprio potere di percezione della realtà. Nel caso di Don Melchor, effettivamente, in quel gioco, egli aveva volutamente riversato energia pesante su di me, per mettere alla prova la mia preparazione. In quella condizione il ricordo dello strumento appreso (il Juchamijuy) ha permesso in me la rottura di una reazione di paura e d'identificazione, portandomi ad agire. Una volta padroni della tecnica si possono far provare dei momenti piuttosto duri ai manipolatori. Dopo quell'esperienza, quando incontravo per98

sone che intendevano mettermi in una situazione di dipendenza, ero in grado di mantenere la mia tranquillità e cominciare a fare, in tutta calma, la digestione dell'energia. C'è un punto nel quale il manipolatore si vede del tutto perso, poiché mentre sta utilizzando uno strumento che ha sempre funzionato, all'improvviso quello stesso strumento s'inceppa, si inveite. Un dettaglio ancora: questa è una pratica energetica, quindi dipende molto da quanto uno sia disposto a utilizzarla. Ciascuno potrà incontrare una serie di variazioni, di sottigliezze relative all'esperienza individuale. In che senso l'energia fine e quella pesante sono due processi distinti? Le due energie sono differenti fra loro, ma complementari quando ci riferiamo a noi stessi. L'esercizio che abbiamo fatto ieri, con la mesa, serve ad assorbire energia fine. Adesso stiamo imparando come agire in modo appropriato con l'energia pesante. Tutto questo avrà ancora un valore quando tu, Juàn, sarai tornato in Perù? Potremo continuare ad assorbire energia sottile? Non conta la tua presenza? In questo caso io rappresento una semplice connessione, un canale: sono come un filo elettrico, la spina che viene inserita nella presa. Una specie di khuya vivente! Ieri ho parlato degli oggetti che mi sono stati dati dai miei maestri. Fanno parte della mia mesa e mantengono vivo il contatto con la loro energia, con la tradizione che essi rappresentano, con la bolla energetica. Chiunque di noi stia comunicando quest'arte sta svolgendo una funzione khuya di trasmissione del sentiero. Quando tornerò in Perù e vorrete continuare ad assorbire energia fine attraverso il canale che rappresento, potete farlo. In questo modo aiuterete anche la mia energia, ma potete farlo utilizzando qualsiasi altra fonte a voi vicina.

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L'energia sottile di un individuo può diventare energia pesante per me? È un punto di vista personale. Ciascuno può sentire energia pesante da parte di un altro se essa è incompatibile con [a struttura vibratoria della sua bolla energetica. Siccome questa tradizione apre al diverso e allo sconosciuto, alla fine si può stabilire una comunicazione armoniosa con qualsiasi tipo di energia. In una relazione equilibrata fra due poli c'è da parte di entrambi una liberazione di energia pesante e un prodursi di energia più sottile. Del resto, come abbiamo già visto, il concetto di pesante e leggero è relativo. Le persone che sono ai livelli più alti lasciano cadere le energie più sottili, ridistribuendole come una specie di cascata, per quelli dei livelli inferiori. Posso portarvi un esempio di vita quotidiana: alcune volte avevo la semplice necessità di andare a trovare Don Benito. Solamente toccandolo potevo percepire una serie di processi intensi dentro di me, veramente gratificanti. Questa particolare relazione con il maestro non accade solo ali' interno della tradizione andina. Alcuni anni fa un amico ci chiese di dare ospitalità ad un lama tibetano che voleva fermarsi nella città di Cuzco per un breve periodo. Andai con mio figlio all'aeroporto e nel momento in cui il lama scese dall'aereo percepimmo che si stava producendo un campo di energia capace di avvolgere tutti i presenti e l'ambiente circostante. Quest'uomo, semplicemente con la sua presenza, poteva indurre molte altre persone a entrare in uno stato di coscienza che non era quello sperimentato normalmente. È come un processo di induzione, ossia qualcuno che sta vibrando ad una frequenza più alta può coinvolgere altri nella sua dimensione vibrazionale. Mentre stavo digerendo l'energìa percepivo pesantezza alle gambe e leggerezza in alto. Nel ruolo ricettivo mi sentivo invece sempre più alta e sottile, come se stessi per prendere il volo e poi 100

abbiamo riso... Mi piace soffermarmi, in questo caso, sul fatto che ambedue avete cominciato a ridere. È bello a tecniche così particolari, applicare il gioco degli innamorati, dei bambini. I bambini giocano con passione e con semplicità, senza prendersi troppo sul serio. Un giorno mi trovai a condurre un gruppo, (ancora pensavamo che le "faccende" spirituali fossero molto serie) e qualcuno cominciò a ridere mentre gli altri si adoperavano affinchè questo non disturbasse il lavoro, ma tutti finirono per essere coinvolti nella risata. Alla fine sessanta persone si sbellicavano dal ridere. Se accade non è solo divertente, ma è anche di supporto al lavoro. Mentre rilasciavo l'energia pesante avevo l'impressione di non averne più da cedere, però ho continuato a fare l'esercizio provando a donare qualcosa di più. L'altra persona, dal canto suo, ha visto come un lampo di luce. Questo semplicemente coincide con una regola di San Francesco d'Assisi: è donando che si riceve. Quando tu hai deciso di offrire anche la tua energia sottile, immediatamente l'hai contattata e incrementata. ì

. Ho percepito chiaro un cambiamento del ritmo respiratorio, perché? L'energia che si alza di livello può provocare una respirazione ritmica. In altri approcci si agisce sulla respirazione stessa per muovere e aumentare energia. In questo caso, lavorando direttamente sul campo energetico, la respirazione si autoregola. Vorrei approfittare dell'argomento per chiarire che questa tecnica non è incompatibile con altre. Consideratela complementare a quelle che magari state già usando. È consigliabile, però, usare una tecnica per volta. Questo non vieta, per esempio, di utilizzare nello stesso giorno, una tecnica di meditazione orientale in un momento e in un altro il Juchamijuy. 101

Mangiando l'energia dell'altro ho provato la forte sensazione di non reggermi in piedi. Si può creare una sorta di ubriacatura fino a perdere l'equilibrio e cadere a terra. Non c'è niente da temere. Sono stato testimone di una serie di cadute spettacolari senza nessun danno. Si può considerare un regalo della Madre Terra che donato produce una sorta di cambiamento completo dell'energia della persona. Chi cade vive una sensazione di riposo profondo. Nell'uso quotidiano di questa pratica un effetto del genere può annunciarsi con dei giramenti di testa. In questi casi, il mio maestro diceva di "inviare" l'energia fine sovrabbondante in modo che qualcuno possa riceverla. Se il passaggio avviene in modo generico. Don Benito aggiungeva che l'energia va a finire in una kolca, una riserva di cibi. Se vogliamo raccontarlo in un modo a noi più familiare, è come mettere energia sottile in un deposito, acquisendo il potere di chiederla in un momento di emergenza, come supporto immediato. Ognuno di voi riuscirà ad elaborare uno stile proprio. Può, questo esercìzio, definirsi una tecnica dì meditazione? Non è appropriato definirlo in questi termini. Non è il tipo di meditazione orientale che ho praticato in altri momenti. La differenza sostanziale è racchiusa in un diverso approccio mentale. Nel lavoro diretto con l'energia la mente ha un ruolo di minore centralità.

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Vi ho già parlato dei tre strumenti spirituali caratterizzanti diverse aree geografiche e culturali: la preghiera, la meditazione e il lavoro con l'energia vivente, quest'ultimo proprio delle comunità indigene delle Americhe. • ->!jiv.*i,:t!•-»•? .rote nov Del resto più strumenti abbiamo nella nostra scatola degli attrezzi, più ricco e vario diventa il nostro lavoro. L'esperienza mi insegna che ci sono temperamenti (e situazioni) più adatti alla preghiera, altri alla meditazione ed altri ancora alla pratica di 102

queste tecniche focalizzate sull'energia. Per esempio le dinamiche di relazione, come quella che ho vissuto con il mio collega universitario trovano facilmente sblocco attraverso la tecnica della digestione dell'energia pesante. . a. «,., Si può mangiare l'energia di un altro mentre sta parlando? Ciò che dici è in relazione con quella che chiamiamo l'invisibilità, ossia fare questo esercizio senza dare nessun segno visibile. Raggiungere la maestria significa praticare il Juchamijuy senza palesare niente all'esterno. Si può fare parlando, lavorando, camminando per strada. Si impara a sentire quando è il momento appropriato.

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Non è necessario mangiare energia pesante per tutto il giorno! Non trasformiamola in un'ossessione. Naturalmente la pasta italiana è deliziosa, ma io stesso, se mangio sempre pasta, avrò qualche problema digestivo! Dovrebbe diventare qualcosa di assolutamente naturale, ma consapevole. Come mangiare quando si ha fame.

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Come si può distinguere una visione da una visualizzazione? Ci sono persone che hanno il dono di visualizzare, ciò può aiutarle a sviluppare questa tecnica. Altre sono più portate a "sentire" e in questo caso forzarle a visualizzare può rappresentare un ostacolo. Sentire è un modo di percepire, come visualizzare o avere visioni. Queste ultime due modalità sono processi visivi e si manifestano come immagini. La visualizzazione è caratterizzata da un atto creativo mentale. L'esperienza della visione, invece, è la percezione di un'immagine preesistente che viene a noi. Le figure, nel primo caso, sono di solito più artificiose, con colori forti, enfatizzati. Nella visione, in genere, ci sono colorazioni e tessiture molto delicate e armoniose. C'è anche una terza possibilità, l'allucinazione: qualcosa che non stiamo né percependo, 103

in- visualizzando volutamente, con una natura inconscia spesso nipivnnabile. Come possiamo stabilire la differenza fra le tre? I-, :.olo umi questione di esperienza. "> , ' i j i - iti':- fi.: i.yC!-.;.-:;!', imontichiamoci il positivo e il negativo, siamo qui per impalair nuovi approcci. Oliando qualcuno ci invia energia pesante ci disorienta, la base di nj'tii manipolazione è creare smarrimento o confusione. È una lal.sa percezione della realtà, una realtà che non esiste. Certamente è estranea alla nostra volontà come l'allucinazione. La visione, però, è esattamente l'opposto: ci mostra una parte sottili- (Mia realtà che esiste, aiutandoci nell'orientamento. La visione normalmente produce una sorta di quieta sicurezza, l'allucinazione una sensazione di angoscia. In tutti e due i processi può manifestarsi del timore, combinato nel primo caso, con un senso tli apertura che spinge ad agire, nel secondo caso spesso la paura si somma ad ansia e tensione paralizzanti. Vorrei ribadire che non ci sarebbe problema ad utilizzare i termini positivo e negativo se non dessimo loro quel valore così assoluto. Io sono costretto ad utilizzare un'altra terminologia perché per voi, positivo e negativo, evocano precise associazioni. Se potessimo utilizzarli alla maniera della Fisica, come semplice polarità, non nascerebbero malintesi. Nella nostra cultura, il negativo, cioè il male, è stato usato per troppo tempo in una visione manichea del cosmo. Quindi è difficile staccarsi da questa abitudine di linguaggio. '-- >••' "-''• vi ; ^ : :»; ungoan .w *.:*(.

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Intervento di Lìda, moglie di Juàn. Ora possiamo avere una più chiara lettura di alcune situazioni che si creano normalmente. Una donna, medico di professione, può darsi non sia ben vista da certi uomini che utilizzando lo yanantin proiettano su lei qualità maschili, ma se considerassero il masintin, ovvero ciò che in lei come dottore è simile a loro, la tratterebbero come una collega. Il movimento femminista ha reagito cercando di cambiare uno schema di relazioni cristallizzato, poi, è uscito dai binari, perché le donne hanno assunto il ruolo degli uomini e hanno dimenticato una delle finalità del movimento, cioè lasciar emergere l'alleanza masintin. 128

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L'idea è quella di utilizzare questa mappa per eliminare molta confusione. Può essere di grande supporto per risolvere conflitti che si producono all'interno della coppia. Se ci sono due soggetti masintin in quanto professione, il fatto di voler trasferire la relazione di coppia anche sul piano professionale, rende tutto conflittuale fino a distruggere, in certi casi, il rapporto di base. Quindi potete mettere in pratica un modo per distinguere. L'esercizio che faremo darà corpo ed esperienza alle mie parole. Nella tecnica utilizzata prima andremo a vedere masintin, poi entreremo inyanantìn, in modo da avere la percezione della qualità energetica di entrambe le relazioni. Per far ciò lavoreremo in maniera molto semplice, usando 1 ' energia del gruppo per amplificare la nostra sensibilità e affinchè ciascuno possa avere un assaggio personale di quello che è yanantìn e masintin.

Pratica dello yanantìn e del masintin

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Vi chiedo di formare due cerchi separati, uno di donne e uno di uomini. Unitevi bene con le braccia. Nel cerchio degli uomini concentratevi su quello che è il vostro carattere maschile e cercate di dare alla Pachamama, la terra, tutto quello che è femminile, affinchè possiate avere una percezione nitida del maschile e concedervi l'esperienza, allo stesso tempo, dell'alleanza masintin formatasi fra di voi. Le donne faranno la stessa cosa, si concentreranno sull'energia femminile e donando alla terra la qualità energetica maschile si permetteranno la percezione chiara del femminile e un vissuto concreto di quello che è il masintin creatosi nel loro cerchio. Sia le donne che gli uomini arriveranno a sentire l'energia masintin. Le donne concentrandosi sulla femminilità che hanno 129

dentro, eliminando ogni elemento opposto, mentre gli uomini fecalizzando l'attenzione sulla loro mascolinità. Le donne tratteranno l'energia femminile come samiy, mentre l'energia maschile sarà jucha. Gli uomini faranno il contrario: considereranno l'energia femminile come se fosse jucha e cercheranno di concentrarsi sull'energia maschile, il loro samiy. Cercate di trattarla veramente come jucha. In questo caso le donne lasciano cadere la componente maschile in quanto energia pesante, mentre gli uomini fanno il contrario: l'energia delle donne è pesante e se ne liberano. Una volta raggiunta questa condizione dovreste essere in grado di sentire in modo nitido l'energia presente nel vostro gruppo, sarà la sensazione che corrisponde ad una relazione masintin. Poi, apriremo questi due cerchi, e uno entrerà dentro l'altro. Faremo in modo che i maschi attirino l'energia femminile e le donne quella maschile. Ogni fattore cercherà di assorbire l'energia di quello opposto. Ripeto, nella seconda parte dell'esercizio, gli uomini si aprono a ricevere energia femminile e le donne energia maschile fino a produrre una naturale armonia in grado di darci l'esperienza di un'unità yanantin. Una volta che avremo percepito i due tipi "basici" di relazione, sarà abbastanza facile decodificare questi fattori per poterli utilizzare nei rapporti concreti della nostra vita quotidiana. Questo ci darà una specie di mappa sulla quale individuare la natura delle nostre relazioni. Potremo convertire, in qualsiasi momento, i nostri contatti, in vere alleanze. Naturalmente, quando potremo farlo, non è detto che saremo capaci di avere incontri o alleanze con tutti. È chiaro? Facciamo l'esercizio. ,„;•:,; i(

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Domande e risposte •





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In alcune tradizioni esoteriche il maschile e il femminile, unendosi, creano l'Uno, l'essere, la simbiosi pura; questo succede anche nella tradizione andina o rimangono due elementi r separati? '" L'immagine del dio androgino è legata ad una tradizione di derivazione ellenica, dove facile è leggere la purezza come perdita di quei confini determinanti la differenza tra maschile e femminile. Per noi,yanantin, è già una relazione armonica, in cui un fattore non è necessariamente assorbito dall'altro, è una figura archetipica che, però, non corrisponde a quella dell'androgino. Quale è la differenza fra le due figure archetipiche, quella occidentale e quella andina? Per un andino, il fatto veramente oggettivo, è mettere in evidenza la diversità, enfatizzarla. Senza, per questo, arrivare mai ad una disuguaglianza in termini di superiorità e inferiorità. Anzi, per esempio, io e mia moglie possiamo essere una coppia molto armonica grazie alla nostra profonda differenza. Se noi volessimo cancellare questa diversità, probabilmente cesseremo di essere una coppia. Sono schemi culturali diversi. Effettivamente quest'enfasi posta sulla differenza e sul rispetto di essa, fa sì che riconosciamo dignità a tutto il resto della natura. Per esempio, in Occidente, c'è un Paradiso solo per gli umani. Nelle Ande anche i cani, o gli alpaca hanno il loro Paradiso, persino agli animali non neghiamo un'essenza trascendente, così come alle piante. Certo questo non significa che un alpaca e un essere umano siano uguali, però lo chiamo fratello alpaca, onorando la sua esistenza, riconoscendo il suo ruolo nel proposito e nella volontà dell'energia vivente.

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Grazie Juàn, perla chiarezza ricevuta riguardo al confronto e competizione presente tra uomo e donna, soprattutto nella nostra epoca e cultura new age che punta spesso l'accento sulla non differenza, sul dover essere uguali. Mi sento più rilassata sul mio essere donna, ora mi accetto perché comprendo che gli uomini e le donne sono diversi e a volte è anche impossibile incontrarsi sullo stesso piano. Non è colpa di nessuno. Adesso ho più rispetto per la differenza che per la lotta condotta verso uno sforzo di eguaglianza. Non soltanto nella New Age, ma nella totalità della cultura occidentale stiamo andando verso rindifferenzazione, perché ci sono due piani: o diventiamo tutti uguali come dei robot o, comunque, quando certe identità perdono la loro differenza, diventiamo a nostra volta indifferenti. Potete vedere l'indifferenza che abbiamo sviluppato verso il nostro ambiente? Come se il mondo in cui viviamo non ci concernesse, come se non ne fossimo responsabili. '16' ;rwitì,iu-']ìf- ••••'.* i>-r:»fì" «v>; ," w.'f.r' C'è una forte tendenza a confondere i piani dell'esistente e questo produce jucha, energia pesante. È chiaro che saltino fuori tanti problemi. i

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Ho sentito quattro forme di energia: prima molto calore, nel cerchio con gli uomini, e un'energia più spessa. Poi, nel circolo con le donne è nata una sorta di quiete. La quarta esperienza è stata quando ci siamo staccati, percepivo una qualità energetica ancora diversa, una sorta d'integrità. Il primo passo è stato sperimentare l'alleanza masintin, poi quando abbiamo chiuso il cerchio, facendo entrare quello femminile, si è resa possibile una nuova particolare armonizzazione che nasceva da questo incontro. Alla fine c'è stato un recupero della tua propria energia. Un fattore importante: durante la pratica, l'energia di tutti quanti è salita, ti sei dunque riappropriato della tua ad un livello più alto.

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Anch'io ho sentito un calore fortìssimo, poi un senso di gratitudine nato dall'impressione che l'energia maschile mi stesse proteggendo. Ho avvertito il mio qosqo che si apriva e percependolo in relazione con la mia parte spirituale ho stimolato questo senso di accoglienza... Sono situazioni molto interessanti. Quando il maschile attua una forma di protezione, aiuta ad accentuare il femminile dando la possibilità che esso si accresca. Ciò può mostrarci un altro aspetto dell'esercizio: se riconosciamo che siamo diversi e ci ancoriamo a questa differenza, saremo in grado di relazionarci senza paura perché ognuno di noi è al suo posto. Quando possiamo incontrarci senza timore, l'altra energia aiuta ad affermare e nutrire quella che ci corrisponde e qui subentra un naturale sentimento di gratitudine verso l'altro. Io donna, nel cerchio delle donne, sentivo freschezza e poca stabilità, come un albero mosso dal vento. Gli uomini hanno portato calore, maggiore saldezza e armonia. Dopo ho percepito qualcosa di molto delicato e una quiete totale. La cosa più importante è stata sperimentare il femminile, da me sempre giudicato fragile .come distinto, leggero e fresco. Non fragile, bensì fresco, centrato e forte. Ho sentito la differenza tra maschile e femminile, ma non so come comportarmi con l'altro sesso e neppure con la mia mascolinità. •«;••;>!.o . ' . ' . ' . • ' • f , « f A - " f f ! V ' - - - . : : « i » j j > n ! . t : a ? ! T ! ' " t . : . : •;•;;.. .•

È una considerazione molto semplice, ma molto importante. Nessuno qui deve inventarsi come essere un uomo. In effetti abbiamo una paura terribile quando dobbiamo relazionarci con l'altro sesso, nel tentativo di essere sempre adeguati, riusciamo a sentirci a disagio e fuori luogo. L'unica possibilità è essere se stessi.

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Intervento di Lida, moglie dì Juàn. v .• In uno degli esercizi fatti precedentemente qualcuno ha detto che con il lavoro mentale si possono raggiungere gli stessi risultati. Per esempio quando l'acqua è torbida basta concentrarsi e dire con la mente:«È acqua pulita. È acqua pulita. È acqua pulita,..» Poi la beviamo credendo che sia pulita, mentre in realtà ci stiamo dissetando con la stessa acqua sporca. È un gioco mentale. Invece possiamo osservare, accettare che l'acqua è torbida e trattarla come energia pesante. In che modo? Lasciando con pazienza che la parte densa, torbida si posi sul fondo e bevendo poi quella pulita di superficie. Il resto lo possiamo donare alla terra. Nel cerchio delle donne sono stata concretamente toccata da un senso di alleanza e riconoscimento. Quando sono arrivati gli uomini ho sentito l'eccitazione e l'attrazione verso lo sconosciuto. Finora, in qualche modo, magari attraverso il giudizio o la cultura, abbiamo pensato che il lato opposto ci era familiare, forse anche un po' scontato. Adesso abbiamo un punto di partenza per renderci conto che esso è sconosciuto, un inizio a mio avviso adatto per incontrare l'altra parte. Se facciamo uno sforzo per conoscere veramente l'altro così com'è (e non come ci piacerebbe che fosse), lo spazio del nostro reale può espandersi. Ho una convinzione, certamente molto personale, che donne e uomini siano due mondi diversi. Se voi donne siete disposte a insegnarci la vostra visione, veramente possiamo arricchirci. E viceversa. Questo mi ricorda Dante: una rei azione masintin, quella con Virgilio, lo può guidare attraverso i sette gironi dell'Inferno e oltre, ma per arrivare al Cielo ha bisogno della guida di Beatrice.



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•'-'.•.•.< :..,. sensazioni, la cosa importante è sperimentare due realtà distinte che tendono a creare una terza opportunità. Nel cerchio degli uomini provavo molto calore, mentre in quello che comprendeva le donne ho avuto tanto freddo. Ero ansioso di trovare un equilibrio. -, Secondo l'esperienza del nostro amico il contatto con le donne gli ha fatto prendere il raffreddore! È una percezione in ter-: mini di temperatura, la stessa che precedentemente si è manifestata attraverso il colore. Vorrei puntualizzare che non chiamerei equilibrio la terza opportunità raggiunta, ma armonia. Io vivo l'armonia come una cosa ben distinta dall'equilibrio. Quest'ultimo rappresenta un'esperienza tesa fra due contrari, mentre qui non c'è nessun antagonismo, sono due fattori diversi che spingono verso una situazione nuova, questo processo si avvicina di più a ciò che conosciamo con il nome di armonia. La reciprocità, quindi Vayni, è la base dell'armonia.

Puoi parlarci allora dell'armonia e dell'alleanza? Dal momento in cui è un'alleanza si basa, comunque, su un, tipo di reciprocità. A ragione possiamo dire di aver sperimentato ; tre diversi tipi di armonia. Una, di qualità masìntin fra donne, poi una seconda masintin fra uomini e alla fine un'armonia yanantin fra tutti quanti. In questo caso non c'è nessun giudizio. di valore sulle tre possibilità. Non stiamo assolutamente cercando di dire che una di queste forme sia superiore alle altre, sono. semplicemente tre manifestazioni differenti di armonie possibi-i; li. Se le abbiamo sperimentate, questo ci aiuterà a mettere ordi-i ne e a essere più coscienti, nella pratica, dei tre tipi concreti di. relazioni che fanno parte di un insieme più ampio. Dopo un cer-

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to allenamento potremo percepire una relazione yanantin o masintin subito dopo il primo contatto. Già solo la coscienza della percezione mi renderà più chiara la relazione che sto iniziando. Questo è semplicemente osservare, far luce su ciò che succede in modo naturale, ma inconscio. Il divenire consapevole mi consente di gestire il rapporto in modo più efficiente e più chiaro. Con la pratica scoprirete quanto questo strumento possa essere valido, non solo per gestire le nostre relazioni pubbliche, ma anche quelle più intime che appaiono spesso maggiormente conflittuali, difficili, scomode. Lavorare sul masìntinlyanantin diventa una sorta di meditazione sulla natura delle relazioni, che ci permette di essere più liberi. Attraverso questo tipo di pratica possiamo scoprire che alcuni rapporti apparentemente vicini, non lo sono realmente. In questo caso quale sarebbero le relazioni più significative? Quelle dove posso stabilire una quantità di vincoli, sia di natura yanantin che masintin, alleanze dove ci sia uno scambio il più possibile completo di munay, llankay e yàchay. Questo può servire anche se voglio coltivare una relazione in crisi cercando di scoprire quali sono i livelli dove il rapporto funziona o è carente. Posso arrivare ad avere una percezione molto più chiara dei cosiddetti rapporti sociali, dove la relazione d'amore emerge per importanza, però anche le altre possono o meglio dovrebbero essere amorevoli. In Occidente, invece, non è così. Secondo la concezione andina anche una relazione di lavoro porta con sé una qualità d'amore; munay, llankay e yàchay dovrebbero essere sempre presenti. Rispetto alla nostra mentalità come si inserisce l'omologia? L'omologia non è mai totale e completa, è comunque determinata dalla relazione. Bisogna cercare di stabilire qual è il fattore più importante, cioè se è un rapporto tra diversi o di collaborazione tra omologhi. 136

La relazione che avevo con Don Benito, il mio maestro, di base era masintin, tra uomini, ma a un certo livello, era anche yanantin, perché lui era un iniziato, un sacerdote, mentre io non -, lo ero ancora. Poi il rapporto si sviluppò da una dimensione : yanantin ad una. masintin, quando ricevetti l'iniziazione. La tendenza mia personale è di essere un sacerdote del lato destro e lo era anche Don Benito. Don Melchor apparteneva al lato sinistro, l'equivalente di Don Benito, ma sull'altro ramo. Il caso ha voluto che la mia relazione con Don Melchor fosse yanantin, come quella fra Don Benito e Don Melchor stesso. ,:.. i ' . Il lato destro rappresenta un approccio più mistico, si accentua l'aspetto del contatto, l'entrare in diretta comunicazione con le forze sottili. Esplora di più, da un certo punto di vista, l'aspet-. to estatico. Il lato sinistro, invece, utilizza il potere per risolvere problemi più pratici come curare le malattie o pulire la bolla energetica. Posso chiedere perché gli uomini dovevano stare ali 'estemo e Ì le donne all'interno? È stato fatto semplicemente per un motivo di spazio, niente vieta il contrario, come è già successo precedentemente. Comunque sia, questa condizione da maggiore intensità all'esercizio. È : importante che ognuno abbia vissuto la nitidezza della differenza e un'identificazione con l'identità di base. Questo ci ha permesso di sentire che l'esperienza era il risultato di un processo individuale e un frutto della reciprocità. Il processo di alleanza ha portato ad un miglioramento della qualità maschile che può elevarsi ad un livello di altissima sottigliez- • za senza cessare di essere maschile. Nel caso delle donne, si può conservare la dolcezza, la soavità, accompagnata da uno stato di forza, di potere che non contraddice l'essenza femminile. Credo che questo può essere il senso della prima parte. La seconda parte è un'esperienza particolare. Se è possibile ì 137

allacciare un'alleanza tra queste due manifestazioni dell'energia, possiamo aprirci ad un visione successiva, che comprende i fattori emersi arricchiti da nuove qualità. Il fenomeno bellissimo è stato l'esprimersi di una danza spontanea. Chi ha aperto gli occhi ha potuto vedere che ciascun cerchio stava girando su se stesso, però nell'insieme si era prodotta una strana armonia caratterizzata da onde mosse in direzioni diverse nell'uno e nell'altro circolo. Avete permesso una grande apertura lasciandovi permeare dall'energia, lasciandovi muovere, danzare. Avevamo già parlato di una sovrabbondanza di Kausay, di generosità della natura e abbiamo appena finito di scoprire quanto questa sia armonica e creativa, producendo fenomeni di straordinaria bellezza, di straordinario piacere, godimento. Se noi fossimo veramente sinceri nessuno avrebbe voluto lasciare il cerchio. "- - •" È vero, è vero! Avremmo potuto continuare all'infinito. Abbiamo solo due giorni per lavorare insieme, eppure, questo ci insegna che possiamo permetterci quella qualità della vita, quello stato espresso con la danza, quello stesso lasciarsi andare. È un'esperienza estatica. Se realmente potessimo affinare ancora meglio gli strumenti che abbiamo, in questo gruppo, o in piccole comunità, potremmo vivere la vita quotidiana lasciando spazio alla ricchezza delle percezioni. Questa condizione si può raggiungere non soltanto per un'armonizzazione dell'energia femminile e maschile nata grazie al gruppo, ma anche lavorando dentro ad una coppia è sufficiente. L'esperienza vissuta ci ricorda qualcosa che il mondo contemporaneo, invece, ci spinge a dimenticare: le donne, grazie a Dio, sono radicalmente differenti e questo non significa superiori o inferiori. Se siamo in grado di esporci puntualmente e di condividere l'area del mondo al quale apparteniamo, può sorgere una visione armonica completamente nuova. Non è im138

portante sapere se questo tipo di armonia abbia già caratterizzato la storia umana, Inka o altro, noi siamo qui ora, abbiamo sperimentato in questa situazione concreta, in questa sala, che tale armonia è realizzabile e se è accaduto, può succedere ancora. All'inizio, ognuno nel proprio cerchio, ha sentito l'amplificarsi e il distinguersi dell'energia; quando i cerchi si sono uniti siamo arrivati a comprendere come in una relazione yanantin si possa arrivare alla completezza.



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8 Apertura degli nawi

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Gli occhi della percezione sottile

Parallelo fra le concezioni andine e quelle tibetane buddiste

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Permettiamoci di riconoscere la nostra natura divina, ma riconoscendola, dobbiamo assumercene la responsabilità. Sto parlando di trascendere le tradizioni ed i codici simbolici. Avendo già sperimentato yanantin e masintin, possiamo ora entrare in questo nuovo gioco. Abbiamo anche fatto l'esperienza di quanto sia poderoso aprirsi all'energia, al Kausay e accogliere "la grazia" che può donarci. Quando le tradizioni rivelano la propria essenza si può andare al di là dei rituali e dei sistemi simbolici, che in un certo senso sono secondari. È importante capire che cosa intendo quando parlo di andare oltre senza perdere lo spirito proprio di ogni tradizione, poiché penso che ogni approccio abbia un valore in se stesso. A questo proposito tenterò di fare un confronto fra il nostro sistema e quello tibetano, mantenendo presente che c'è una differenza fondamentale: mentre i sistemi orientali sono più focalizzati sulla mente e la sua trasformazione o superamento, quelli andini si riferiscono sempre all'energia vivente, alla presenza del divino nel quotidiano e nella natura. Sul livello delle pratiche, facendo un parallelo, i primi sono accentrati sulla liberazione del sé dalla mente, mentre quelli 141

andini sono indirizzati al discorso energetico e percettivo. Abbiamo parlato del valore fondamentale deìì'ainy: c'è una correlazione tra questo termine andino e la concezione induista di karma. In Occidente c'è confusione riguardo all'utilizzo della parola karma, spesso viene inteso come il carico delle vite precedenti che ognuno di noi si porta appresso. Tuttavia i maestri orientali che ne parlano, gli danno il seguente significato: una legge di azione e reazione. Quindi, mentre per gli orientali il karma è una legge, per gli andini Vainy è un valore. La prima differenza è: un valore si relaziona con i sentimenti e con le aspettative morali, mentre una legge ha un'azione inevitabile sulla realtà. Tuttavia, anche se Vainy è un valore basato sulla reciprocità e il karma è una legge di azione e reazione, mostrano similitudini importanti, pur tenendo presente che il primo opera attraverso l'energia e il secondo attraverso la mente. Nelle Ande abbiamo un altro concetto che si avvicina ad uno dei significati del karma ed è: kuti, secondo il quale tutto ritorna all'origine, così se proiettiamo energia pesante, quello che riceveremo indietro sarà un sovraccarico di jucha. Nella tradizione orientale questo corrisponde al concetto di vipaca, un'idea che si fonda sul ritorno delle azioni passate. Quando in Occidente si parla di karma di un individuo, stiamo esprimendo in realtà il significato di vipaca, dando, cioè, una spiegazione al perché le azioni delle vite precedenti tornano a manifestarsi. Un altro parallelo interessante è fradharma che è la retta azione o l'insegnamento corretto e samiy, energia fine. Anche in questo caso, seppure il senso sia simile, da una parte parliamo di concetti relativi alla sfera del potere della mente sull'azione e dall'altra ci riferiamo al manifestarsi dell'energia in quanto tale. Infine c'è una corrispondenza fra il concetto di jucha, energia pesante, e adharma, insegnamento o azione errati. Credo che chiarire questo possa essere utile per smentire un 142

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pregiudizio sulla tradizione orientale: la sua tendenza all'inattività, alla stasi. Gli insegnamenti tibetani che agiscono sul karma propongono un cammino d'azione, nel quale non si ricerca la calma, ma l'agire secondo il dharma. Se produciamo un'azione adharma quello che riceveremo, secondo la legge del karma, è adharma vipaca. Invece se mettiamo in atto il dharma, otterremo il dharma vipaca, il riflusso positivo dell'energia espressa. Utilizzo quest'esempio come un aggancio con le persone che hanno familiarità con la tradizione orientale, specialmente tibetana. Sebbene si possa andare al di là dei sistemi simbolici, non si tratta di livellarli, poiché verificando le molte similitudini, ogni tradizione si muove in un suo ambito specifico anche se niente ci impedisce di usare le tecniche di più insegnamenti. Ricordiamoci che gli andini sono fecalizzati totalmente su questa vita, così credono che quello che si da si riceve, e quello che si riceve va restituito; questo è Yaìny, il cui movimento è sempre legato all'energia vivente. Questa concezione non nega quella orientale del karma, ma semplicemente bisogna notare che nella tradizione indigena peruviana si accentuano le potenzialità insite in questa esistenza. Il nostro "sentiero" riconosce che tutte le realizzazioni che desideriamo possono accadere in una sola vita, quella presente. Comunque uno può muoversi più comodamente nella visione orientale, un altro può trovarsi più a suo agio in quella andina o in altre ancora. Nonostante l'appartenenza di base che ognuno può sentire si può presentare il caso che strumenti della tradizione tibetana o del cristianesimo mistico possano risolvere i problemi per i quali le tecniche andine non hanno soluzioni efficaci. Ammettere ciò credo che possa essere utile, per trascendere i sistemi simbolici e acquisire una visione completa e non frammentaria delle vie spirituali. Nel contempo questa attitudine aiuta a trovare le corrispondenze che ci sono fra gli insegna143

menti, cioè a incontrare la relazione masìntin (analogia) rendendoci conto che c'è anche una relazione yanantin (complementarietà). Ci accorgeremo che pur mantenendo ogni via la propria originalità, possono essere simili in certi aspetti, e questo le rende relativamente compatibili, sebbene ognuna operi su basi culturali differenti. Se abbiamo questa abilità possiamo usare tutti i sistemi, in maniera complementare. Se, invece, li mescoliamo, è probabile che nessuno funzioni. Se manteniamo ogni sistema nella propria diversità, nessuno ci impedisce di arricchirci prendendo ciò che può essere integrato. Ci sono altri due termini legati che hanno una certa analogia: nawi e chakra. Il sistema andino dei centri energetici del corpo è parallelo a quello dei chakra orientali; però non si può ridurre la mappa dei chakra a quella andina e viceversa, sebbene coincidano in alcuni punti.

Tecnica del Nawi Kichay: apertura degli occhi -i'.il'.J..J

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Anche la tecnica che usiamo per aprire i centri è diversa da quella utilizzata per i chakra. Qui vedete, al centro della stanza, un "set" di pietre scolpite dette mullu khuya, ognuna di esse è utilizzata dai nostri maestri come un oggetto caricato con la forza della tradizione andina. Esse servono per aprire una serie di centri che captano energia. Noi li chiamiamo nawi, che letteralmente significa "occhio". Certo questa è una similitudine, cercheremo in realtà di attivare dei punti di percezione presenti nel nostro corpo energetico. Tutto l'insegnamento indigeno si basa fin dall'antichità sulla percezione. L'essenza della conoscenza è sempre trattata in maniera percettiva. In questa pratica apriremo gli nawi con un preciso 144

rituale; questo è possibile poiché non stiamo lavorando solo con le energie personali, individuali, ma anche con il supporto di quelle di Don Benito, degli altri maestri, e il campo di forza c o l l e t t i v o d i q u e s t o t r a d i z i o n e , ,-v -,\ hi-. :.?•.-. •,-.••• '•.>

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So che sembra un tantino presuntuoso ed arduo, dal punto di vista orientale, attivare tutti i centri con una sola pratica. Questo perché, secondo tale visione, per raggiungere un risultato simile occorrerebbe un lungo lavoro di meditazione individuale. Noi invece approfitteremo qui dell'energia vivente che è in connessione con la tradizione. Questo è un esercizio collettivo che avviene fra almeno due persone oppure all'interno di un gruppo, e come avete visto ieri, il gruppo amplifica la capacità di percepire. Ricordatevi che stiamo lavorando appoggiandoci al Kausay che ci circonda; già abbiamo imparato che cosa significa. Stiamo utilizzando anche l'energia antica dell'insegnamento, concentrata in ognuno di queste khuya ed inoltre quella del "sacerdote" che opera, il quale fa convergere su di sé il potere della tradizione. Il primo centro che apriremo non è considerato un occhio vero e proprio, ma piuttosto una fonte; infatti è chiamato pujyu, che significa sorgente, e si trova sulla parte alta mediana della fronte. Di solito si localizza nel luogo dov'è la fontanella dei neonati. Infatti a quell'età quest'area è ancora aperta e pulsante di vita. È una vera e propria apertura dalla quale sgorga energia vivente. Secondo la nostra tradizione è il punto dove, quando veniamo al mondo, si riuniscono il nostro corpo, la nostra anima, il nostro spirito. Quando queste tre forze confluiscono inizia a svilupparsi la vita. Possiamo interamente attivare questa fonte in modo tale da tornare ad essere come i bambini: è quasi una rinascita accedere ad una rinnovata e fresca fonte di energia. f La vita in noi entra da qua e quando lasceremo il mondo usciremo dallo stesso punto, ed è quindi da pujyu che iniziamo. Dopo aver aperto questa fonte passeremo al primo occhio si145

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tuato alla base della colonna vertebrale che è collegato con Unu, l'energia dell 'acqua. Poi passeremo al secondo occhio nel qosqo, nella regione ombelicale, collegato alla Pachamama, la Terra. Quindi un terzo occhio sul petto, collegato ad/nri, il sole. Segue il quarto nella zona della gola collegato a Wayra, il vento. Poi abbiamo i due occhi fisici, anch'essi considerati centri, sono il quinto e il sesto, ma che nella pratica di oggi non vengono toccati. Infine un punto nella fronte sopra le sopracciglia che è il settimo occhio, chiamato "qanchis iìawi", che riceve un'energia estremamente sottile. Ogni occhio, ad eccezione del settimo e del pujyu, ha una radice dove è fissato il sistema, mentre l'apertura dell'occhio è l'entrata e l'uscita dal sistema stesso. ,,.-> . «.•: Poiché questo sistema si è sviluppato in una società agricola, impiega termini del mondo contadino. Infatti diciamo che con il Karpay Ayni, l'iniziazione andina, riceviamo il seme dell'Inka, che è potenzialmente del sesto livello. Affinchè un seme germogli e cresca ha bisogno di acqua, terra, sole e aria (vento); ognuno di questi quattro elementi ha una sua qualità di samiy o energia sottile necessaria per il nostro obiettivo. Aprendo gli iìawi ci collegheremo con le qualità delle energie viventi necessarie per il nutrimento del seme ormai presente in noi. Passiamo quindi a spiegare nel dettaglio la tecnica del Nawi Kìchay, ossia l'apertura degli occhi e che comprende per una parte di essi anche il Chumpi Awaiy, letteralmente "tessere fasce". Bisogna formare un cerchio attorno alla mesa, contenente gli oggetti per la pratica, che adesso metto al centro. Inizio portando sul pujyu, la fonte primaria, la ch'ulta khuya di una sola punta, che ha una forma cilindrica come una piccola colonna poggiata su una base quadrangolare. Nel momento che la metterò nella parte alta mediana della fronte, in pratica sull'attaccatura dei capelli, starò aprendo la fontana dove la nostra energia interna ascendente si unisce al samiy del Kausay che ci 146

circonda. Potrete percepire una luce bianca. Prendo adesso la yanantin khuya con due saiwa (colonne) e partendo dal punto del pujyu, scorro lungo la linea mediana della testa e scendo lungo la nuca fino all'inizio del collo. Durante questo movimento lungo la testa l'energia si separa in due aree: nell'emisfero destro appare dorata e nell'emisfero sinistro argentata. Sono due campi, non linee, che prima sul punto della fronte erano uniti. All'altezza delle prime cervicali ruoto la khuya di 180 gradi poiché lì le energie si incrociano. Continuo a scendere lungo la colonna vertebrale come se stessi calando due corde: una dorata a sinistra ed una argentea a destra Arrivo al coccige fino alla punta dell ' osso sacro, dove e ' è siki fiawi. Questo centro energetico ha il suo "occhio" nel sacro, cioè nella parte posteriore del corpo, mentre la radice è davanti sul pube. Siki fiawi è connesso con l'acqua, può ricevere un samiy verde. Lo strofino delicatamente con la yanantin khuya per attivarlo e per fissare il collegamento con le due corde, in quel punto riceviamo dall'esterno energia verde. È possibile che sperimentiate sensazioni di qualcosa che attraversa la colonna vertebrale fino all'osso sacro. Potrà trattarsi di caldo, freddo, solletico, formicolio, qualsiasi cosa. Adesso, oltre alle due corde già presenti ai lati della colonna vertebrale, chiedo alla persona di fare salire o di portare lei stessa lungo la spina una terza corda verde dal coccige fino alla base della nuca, nell'incrocio energetico dove prima avevo ruotato la khuya. Qui la nuova corda confluisce con le altre e l'unione delle tre, argentata, dorata e verde, le trasforma in un unico cordone di luce nera. Usando la stessa yanantin khuya, scendo dal coccige passando fra l'arco delle gambe fino a risalire alla radice del siki fiawi sul pube scorrendo lungo la linea mediana del corpo. Facendo questo movimento estendo dall'occhio posteriore un cinturone nero e arrivato sul punto corrispondente frontale da lì tesso, uti147

lizzando la khuya, una fascia nera come se formassi delle mutande di tale colore. Lo faccio muovendomi dalla radice, prima sulla parte sinistra della persona su cui opero arrivando fino alla colonna e tornando indietro, e poi dall'altra parte allo stesso modo.



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Adesso con la yanantìn khuya proseguo salendo centralmente fino al secondo occhio: il qosqo nawi, situato nella zona ombelicale e lo attivo strofinandolo. Il qosqo è collegato con la Terra e riceve un'energia di colore rosso ha la sua radice nella colonna vertebrale. ^. * .»' : ; Una volta aperto prendo un'altra khuya, la kinsantìn, che ha tre piccole colonne, il suo nome significa: "alleanza fra tre". La faccio scorrere orizzontalmente partendo dal qosqo, prima sulla parte sinistra fino alla radice sulla colonna vertebrale, poi tomo indietro fino al centro e faccio la stessa cosa sulla parte destra. È come se tessessi una fascia di energia all'altezza dell'occhio. Quindi riparto dall'occhio sempre seguendo la linea mediana del corpo fino ad arrivare al petto all'altezza del cuore e attivo il terzo occhio, il sonqo nawi, strofinando la khuya. Qui si riceve una luce dorata e ci si collega con Inti, il sole; la radice di questo occhio è anch'essa sulla spina dorsale. Fatta l'apertura lascio la khuya usata e ne prendo un'altra: l&tawantin, con quattro piccole colonne, che simbolizzano l'alleanza fra due yanantìn. Come ho fatto precedentemente, tesso una fascia orizzontale che va fino alla radice del centro situata alla stessa altezza sulla colonna, lavorando prima sul lato sinistro e poi sul lato destro del corpo della persona. Ritornato sul sonqo, ancora salgo centralmente fino ad arrivare alla gola e con tawantin khuya attivo il centro corrispondente, chiamato kunka nawi. Dall'occhio della gola ricevo un'energia argentea e mi collego con Wayra, il potere del vento. Questo centro ha anch'esso la radice sulla colonna, che coincide con l'incrocio dove si originano le corde argentea e dorata. Cambio khuya passando a

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pìsqantin che presenta cinque punte e vuoi dire "l'alleanza dei cinque". Con essa tesso la fascia di energia orizzontale lungo il collo con la modalità sempre usata. Proseguendo lungo la linea mediana vado con la khuya verso l'alto e dalla gola arrivo al profilo del viso. Il quinto centro, l'occhio destro, collegato al potere della visione mistica, ed il sesto centro, l'occhio sinistro, collegato al potere della visione magica, non vengono toccati. Giungo così al settimo centro detto qanchis nawi, posto sulla fronte leggermente più in alto del punto fra le sopracciglia e lo attivo con una punta della khuya. Da lì si riceve un'energia violetta, posso chiedere alla persona che assorba dalla stessa khuya quell'energia fino a sentirsi totalmente colma. Dopodiché rigiro la khuya appoggiandola sull'occhio energetico dal lato piatto e assorbo con la stessa khuya tutta ìajucha presente. Quindi torno a girare la khuya premendola dolcemente con una delle punte sul qanchis nawi. Chiedo alla persona che si riempia un'altra volta di energia violetta fino a quando si senta totalmente colma. Quest'ultimo centro è solo un occhio, non ha radice, può assorbire il samiy che proviene dalVHanaq Pacha e può donare la possibilità di accedere alla veggenza, ossia vedere senza lo schermo delle proiezioni. Questa tecnica di apertura degli occhi può essere svolta, con una forma abbreviata, utilizzando al posto delle khuya la mesa. Adesso mettetevi nella posizione più comoda e rilassatevi. Io avrò bisogno di un po' di tempo per aprire tutti i cinque centri di f ognuno. Vi alzerete in piedi quando sarà il vostro turno.

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., •'•.•• '.'?•;•.. II set di pietre è solo uno strumento. La cosa più importante è la persona che sta lavorando con te. Può verificarsi una forte affinità tra chi da energia e chi riceve. In ogni caso, qualcuno con la tua sensibilità potrebbe sentire la stessa cosa con ognuna delle altre persone presenti. l

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Che cosa succederà dopo l'attivazione di questi centri? Semplicemente migliora la nostra capacità di contatto e assorbimento dell'energia vivente. Don Benito diceva che abbiamo un seme dentro di noi, con un enorme potere o potenziale. Mettere in contatto il seme con gli spiriti dell'acqua e del vento, con quelli del sole e della terra, provoca la germinazione. Quindi utilizzando i quattro centri in relazione al Kausay presente nella terra, nel sole, nell'aria e nell'acqua, verranno potenziate, accrescendole, le capacità che abbiamo a disposizione per svilupparci e migliorarci. . . . •-.£•' .-il V .» • i J ; , '••' desiderano comprare un camion per lavorare, vanno al santua.'• :> rio, dove all'esterno vendono dei camion-giocattolo. Allo stesso - • > modo se qualcuno vuole costruire una casa, può trovare mattoni « .•••: i • ' in miniatura e tutto il materiale per la costruzione. Così, a secon\I;'-ÀÌ da delle personali necessità, si può andare e comprare questo o t rb quello; anche i soldi utilizzati sono come quelli del Monopoli, '•'•"--•h da gioco. C'è chi vuole ottenere un'automobile, chi vuole aprire v • un negozio, e giocano a guidare, a vendere, lo fanno con una tale JJ dignità: comprano il giocattolo e ci giocano. Vogliono la benedizione del giocattolo e se ne vanno via contenti con il loro balocco. L'anno dopo, tornano nello stesso luogo con un'automobile .••••.
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