Dolci Italiani

July 27, 2017 | Author: machortu | Category: Italian Cuisine, Desserts, Food & Wine, Foods, European Cuisine
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Short Description

Ricette di dolci italiani...

Description

Indice Voci Sfogliatella

1

Pasta sfoglia

2

Pasta frolla

4

Spongata

5

Zuppa inglese

5

Torta della nonna

8

'Mpanatigghi

8

Anello di Monaco

10

Asabesi

12

Baxin d'Albenga

12

Berlingozzo

13

Biscottini di Prosto

14

Brasadelo

15

Bussilan

15

Caccarelle

16

Cannarìculi

16

Cannolo

17

Cannoncino

18

Cassata siciliana

19

Cassatella di Agira

21

Ciambella romagnola

24

Colomba pasquale

24

Crema bruciata

26

Crema carsolina

26

Croccante

27

Crostata

28

Cuccìa

30

Cuneesi (gastronomia)

31

Delizia al limone

32

Elvezia (dolce)

33

Ferratella

34

Frìtole

36

Granita

37

Grattachecca

40

Mandorlato

41

Mastazzoli

42

Migliaccio (gastronomia dell'Emilia-Romagna)

44

Pan dell'orso

44

Pandolce

45

Pandoro

46

Panettone

48

Panficato

52

Panforte

53

Panna cotta

54

Pastiera

55

Pignolata glassata

57

Pinza (gastronomia)

59

Risino

60

Sabadone

60

Sacripantina

61

Savòr

62

Scarsella orbetellana

63

Scumuni

63

Tiramisù

65

Torrone tenero al cioccolato aquilano

68

Torta Barozzi

69

Torta Bertolina

71

Torta di Canegrate

72

Torta di tagliatelline

73

Torta setteveli

73

Tortionata

74

Zabajone

75

Zuccotto

76

Note Fonti e autori delle voci

77

Fonti, licenze e autori delle immagini

79

Licenze della voce Licenza

81

Sfogliatella

1

Sfogliatella Sfogliatella Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Sfogliatelle ricce Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Campania Paste fresche e prodotti di panetteria, pasticceria, biscotteria e confetteria

Zona di produzione Regione Campania (sfogliatella)[1] [2] Costiera Amalfitana (sfogliatella Santa Rosa) Dettagli Accedi al portale Cucina

La sfogliatella (o aragostina) è un dolce tipico della pasticceria campana. La sfogliatella può essere riccia, se preparata con pasta sfoglia, oppure frolla, se preparata con la frolla.

Cenni storici La sfogliatella nasce nel XVII secolo nel conservatorio di Santa Rosa da Lima, che si trova a Conca dei Marini, sulla Costiera Amalfitana, in provincia di Salerno. La sfogliatella nasce quasi per caso: un giorno era avanzata nella cucina del convento un po' di pasta di semola, ma la suora addetta alla cucina, invece di buttarla, aggiunse un po' di frutta secca, zucchero e limoncello, ottenendo così un ripieno. Utilizzò allora un cappuccio di pasta sfoglia per ricoprire il ripieno e ripose tutto nel forno ben caldo. Il dolce riscosse molto successo tra le suore e gli abitanti delle zone vicine al convento e prese il Sfogliatelle Santa Rosa nome di santarosa in onore della santa a cui era dedicato il convento. Nel 1818 un oste napoletano[3] , Pasquale Pintauro, entrò in possesso (in che modo non si sa) della ricetta segreta della santarosa, modificando leggermente la ricetta e introducendo la variante riccia-sfoglia inventò la sfogliatella. La pasticceria di Pasquale Pintauro (nonostante abbia cambiato gestione) si trova oggi come 200 anni fa in via Toledo a Napoli.

Sfogliatella

2

Curiosità I campani amano mangiare la sfogliatella rigorosamente calda, appena sfornata: il sapore, se confrontato con quello di una sfogliatella fredda, è incomparabilmente migliore. Esistono, oltre alla sfogliatella riccia e frolla, due varianti del dolce campano: la santarosa, da cui è nata poi la sfogliatella, e la coda d'aragosta (a Salerno conosciuta come Apollino), una variante della sfogliatella riccia, molto più grande ed allungata e ripiena di panna montata, crema cioccolato, crema chantilly o marmellata. La sfogliatella, nei ricordi di molti italiani non più tanto giovani e soliti a viaggiare in treno, è indissolubilmente legata alla stazione ferroviaria di Nocera Inferiore. Fino ad alcuni anni fa, infatti, tutti i convogli che attraversavano l'Italia da Nord a Sud dovevano fermarsi a Nocera per la cosiddetta "spinta", ovverosia l'aggancio di una seconda motrice che aiutasse il treno a superare le pendenze della linea tra Nocera e Cava. Ne approfittava quindi il gestore del "buffet della stazione" di Nocera che esperto pasticciere preparava delle ottime sfogliatelle che poste su ampi vassoi di legno venivano offerte ai viaggiatori direttamente dai finestrini al grido di" sfogliatelle, sfogliatelle calde....!"

Note [1] Sfogliatella (http:/ / www. sito. regione. campania. it/ agricoltura/ Tipici/ tradizionali/ sfogliatella. htm) [2] Sfogliatella Santa Rosa (http:/ / www. sito. regione. campania. it/ agricoltura/ Tipici/ tradizionali/ sfogliatella-santarosa. htm) [3] Vedo l' articolo (http:/ / www. taccuinistorici. it/ ita/ news/ moderna/ pani-dolci/ SFOGLIATELLE-e-ZEPPOLE-FRITTE. html) dal sito taccuini storici (http:/ / www. taccuinistorici. it/ ita/ ). URL consultato il 19/05/2008. Portale Cucina

Portale Napoli

Pasta sfoglia La pasta sfoglia è una preparazione di cucina e di pasticceria a base di farina, acqua e burro. Di gusto neutro viene usata comunemente per preparazioni salate e dolci. Tra le preparazioni salate più note ricordiamo i vol-au-vent, i canapè, i salatini, svariate quiches salate e numerose preparazioni in crosta. Tra i dolci i diplomatici, i ventagli, le diverse millefoglie, e numerose preparazioni di pasticceria minuta come i cannoli ripieni di crema pasticcera.

Cenni storici La pasta sfoglia affonda le sue radici in epoche antiche, come testimoniano ricette come quella della baklava. Fagottino di pasta sfoglia ripieno di mele Tuttavia la pasta sfoglia classica nella cucina europea, nasce ad opera di Marie-Antoine Carême nella seconda metà del 1700. Fu Carême, detto il cuoco dei re e il re dei cuochi, che stabilì il metodo a 5 giri che è tutt'oggi in uso.

Pasta sfoglia

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Caratteristiche La preparazione della pasta sfoglia prevede una serie precisa di passaggi, detti giri di pasta o di sfoglia. Si impasta 3/4 della farina con l'acqua per ottenere un panetto elastico e senza grumi, detto "pasta matta" o "pastello". La restante farina si amalgama con il burro o margarina (prendendo il nome di panetto) e lo si fa riposare per 30 minuti in frigorifero. Si prende un matterello e si spiana la pasta matta in una sfoglia di qualche centimetro di altezza. Si prende il panetto e lo si pone in centro alla pasta matta. Si chiude la pasta matta portando il lembo sinistro sopra il panetto, poi il lembo destro quindi il lato superiore verso il centro poi il lato inferiore. È consigliato capovolgere il tutto. Si procede quindi alla spianatura con il matterello per ottenere una striscia rettangolare che abbia larghezza maggiore rispetto all'altezza. Si ripiega in tre o in quattro (es. 4 pieghe: lato sinistro verso il centro, lato destro verso il centro, i due strati del lato sinistro sopra il lato destro), fatte le pieghe si ruota di 90 gradi in senso antiorario (giro). Questa operazione viene ripetuta per sei volte: nella pasta sfoglia ordinaria si ritiene sufficiente ripetere l'operazione 3 volte, nella pasta sfoglia classica o fine si arriva ai canonici 6 giri tramandati della ricetta di Carême. Tra un giro e l'altro si ripone il panetto in frigo (30 minuti), per mantenere la preparazione compatta e garantire una buona sfogliatura. Una volta terminata la preparazione si procede a stendere la sfoglia per la preparazione scelta, che verrà cotta in forno a una temperatura dai 180 °C per torte salate con ripieno ai 200 °C per sfogliatine o cottura in bianco. La sfogliatura è determinata dall'azione combinata di calore, vapore e impermeabilizzazione determinata dalla materia grassa usata. Per azione del calore, infatti, l'acqua contenuta nell'impasto evapora e provvede a far staccare l'una dall'altra gli strati che si sono formati per ciascun giro. Questi strati non fanno uscire il vapore perché l'alta concentrazione di materia grassa li rende impermeabili al vapore stesso. Il calore provvede poi a cuocere le sottili lamelle, che anche da fredde resteranno ben staccate e sollevate tra loro. Ad oggi la preparazione della pasta sfoglia è di quasi esclusiva pertinenza dei pasticceri e gastronomi e viene eseguita con l'aiuto di un macchinario apposito, detto sfogliatrice. Spesso, tuttavia, viene comprata già pronta in panetti o sfoglie già stese. Solitamente l'uso del burro è raro a trovarsi e gli viene preferita la margarina, molto più economica.

Voci correlate • Pasticceria • Cucina francese • Cucina italiana

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Pasta frolla

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Pasta frolla La pasta frolla è un impasto di farina (generalmente con un fattore di panificabilità piuttosto basso) e altri ingredienti quali il sale, lo zucchero, il burro, le uova e aromi (come vaniglia, vanillina o la buccia di un agrume) lavorato fino ad assumere una consistenza di norma piuttosto compatta, ma la consistenza finale può variare a seconda della ricetta e della quantità degli ingredienti che andremo ad utilizzare e dell'uso che andremo a farne. La pasta frolla è un impasto dolce utilizzato per produrre torte, dolci, biscotti e molte varietà di pasticcini da cuocere in forno, l'impasto dopo essere stato cotto assume un aspetto piuttosto friabile poiché l'ingrediente più importante è il burro, questo si può tranquillamente sostituire con margarina, che spesso dona un aroma al risultato finale leggermente diverso; quest'ultimo dovrà essere freddo di frigorifero e impastato delicatamente con le dita o più comodamente con un'impastatrice anche domestica (quest'ultimo è il caso più consigliato, infatti si eviterebbe di surriscaldare troppo burro e quindi rendendo l'impasto elastico); essendo il burro l'ingrediente principale per la preparazione della pasta frolla (in generale su 500g di farina si utilizzano 250-300g di burro) essa risulta estremamente calorica (ca 400 kcal per 100 g). Di paste frolle ne esistono di diversi tipi e per diversi utilizzi, troviamo la pasta frolla per biscotti, per crostate, frolla montata (usata per realizzare biscotti e prodotti di piccola pasticceria che risulteranno estremamente friabili, di consistenza tendente al cremoso, vista la quantità di burro impiegata, generalmente si usa il rapporto farina-burro di 1:1, per questa frolla è consigliabile adottare un'impastatrice, anche domestica, visto che la sua consistenza renderebbe molto diffcile o quasi impossibile l'impasto a mano); ultima ma non per importanza è sicuramente la frolla ovis mollis, ovvero frolla nella quale si utilizzano tuorli d'uovo sodi e setacciati, con questa frolla si ottengono dei biscotti e pasticcini friabilissimi, quasi farinosi, un risultato di fine pasticcerie (ottimi per ottenere cuori di bue)

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Spongata

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Spongata La spongata, o spungata, è un dolce tipico natalizio diffuso in alcune zone delle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Massa-Carrara e La Spezia. È un dolce di antiche tradizioni, ebraiche secondo alcuni pareri, tanto che fu inviata in dono al duca Francesco Sforza di Milano nel 1454. I primi luoghi che si contendono la produzione artigianale sono Brescello, Pontremoli e Sarzana. Famosa è quella di Busseto. Il nome deriva probabilmente da spongia, spugna, per l’aspetto spugnoso e irregolare della sua superficie. È una torta con una base di pasta simile alla pasta brisée riempita con marmellata di mele e pere, frutta candita, pinoli e mandorle, e ricoperta da un secondo strato di sfoglia. Questo viene bucherellato fittamente per facilitare la cottura, in forno, ed infine modellato con uno stampo di legno.

Riconoscimenti di tipicità La Regione Emilia-Romagna ha ottenuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali il riconoscimento dei seguenti prodotti tipici: • Spongata di Busseto • Spongata, spunghèda • Spongata di Piacenza, spungada, spungä • Spongata di Reggio Emilia Portale Cucina Portale Liguria

Portale Emilia Portale Toscana

Zuppa inglese La zuppa inglese è un dolce al cucchiaio, simile al tiramisù. È un dolce antico da secoli, che appare nella cucina della zona di Modena, Bologna, Forlì, Ferrara e Reggio Emilia nell'Ottocento, a base di pan di Spagna, imbevuto in liquori quali l'alchermes e il rosolio, crema pasticcera. Sebbene la sua origine non sia certa, la sua denominazione tradisce la derivazione dalla ricca e creativa cucina inglese del periodo elisabettiano. Originalmente composta di una base di pasta morbida lievitata, intrisa di vino dolce (infusi, poi madeira, porto o simile) arricchita di pezzetti di frutta, o frutti Zuppa inglese. di bosco, e coperta da crema pasticciera custard e panna o crema di latte, double cream, il trifle sembra fosse un modo di recuperare gli avanzi dei ricchi pasti dell'epoca. Il termine trifle è sinonimo ancora oggi in Inghilterra di qualcosa di minore. La versione odierna del trifle, tradizionalmente compromessa dal rigore del puritanesimo e gli stenti della rivoluzione industriale, è a volte preparata con una sorta di crema senza

Zuppa inglese uova Bird's Custard al posto della crema pasticciera, e gelatina di frutta, fruit jelly ed il tono alcolico è generalmente basso.

Aspetto e varianti Il dolce si prepara sovrapponendo strati di Pan di Spagna o Savoiardi (a Ferrara è più comune l'utilizzo della brazadela, il tipico e semplice biscotto fatto in casa) inzuppati in diversi liquori ed usando la crema pasticcera. Usualmente si prepara in una teglia trasparente, di modo da far risaltare la colorazione a strati rosati e gialli che assume. Il dolce viene quindi tenuto in frigo, affinché assuma compattezza e per preservare la freschezza degli ingredienti. È un dolce dalle varianti pressoché infinite: chi segue la sua versione più moderna usa non solo la crema pasticcera, ma anche quella al cioccolato, contribuendo così non solo al gusto, ma anche alla presentazione molto colorata di questo dolce casalingo. In diverse ricette compare la marmellata di albicocche, anch'essa molto amata dai pasticceri ottocenteschi, o altre composte di frutta. Altre integrano la preparazione con il caffè, avvicinandola al suo parente prossimo, il Tiramisù. Alcuni, infine, aggiungono una nota di cannella. La ricetta è la seguente: Ingredienti: 4 uova, 4 cucchiai di farina, 4 cucchiai di zucchero, 200g di cacao in polvere, 1/2 lt. di latte, una scorza di 1/2 limone e di arancia,40savoiardi, liquore Alchermes (e/o Rosolio - e/o Anicione). una ciotola di vetro alta Procedimento: • Prendete una scodella e mescolare per dieci minuti i tuorli, lo zucchero, la farina, il latte e la scorza di limone. • Rovesciare il composto in un tegame e riscaldare il tutto a fuoco lento. • Continuare a mescolare (possibilmente sempre in un senso) per evitare che si attacchi tutto al fondo. Rovesciare un cucchiaino di liquore. • Appena diventa densa, togliete la crema dal fuoco e mettetela in due contenitori, in parti uguali. In uno dei due aggiungete il cacao e mescolare fino ad omogeneità. • Prendere i savoiardi e intingerli bene in uno dei due liquori. Disporli sul fondo di una terrina o, in alternativa, a delle coppette da dessert trasparenti per creare pratiche porzioni monodose. • Alternare strati delle due creme a strati di savoiardi fino ad esaurimento. L'ultimo strato di guarnitura è al cioccolato. • Lasciare riposare, quindi mettere in frigo e servire freddo. Mettere una spruzzata di cannella. La variante modenese prevede l'alternanza di savoiardi imbevuti nell'Alchermes e savoiardi imbevuti nel Sassolino (liquore tipico di Sassuolo)

Cenni storici Le origine e l'etimologia del nome sono estremamente dubbie. In mancanza di documenti prevalgono diverse tesi sull'origine della preparazione. Alcune delle leggende sul nome dichiarano che essa in realtà sia stata inventata in terra francese durante la guerra dei cent'anni e proprio per schernire il rivale inglese fu nominata "Zuppa Inglese"; queste fonti non trovano riscontro provato ma alcuni accenni su questa leggenda sono presenti in scritti dell'epoca. Rimane il fatto che questa ricetta non trova riscontri nella culinaria francese dell'epoca ed è quindi da ritenere una leggenda.

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Zuppa inglese

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Il trifle e l'origine rinascimentale Le origini del dolce italiano si collocano più probabilmente nel 1500 presso la corte dei duchi d'Este quale rielaborazione di un dolce rinascimentale anglosassone, il trifle, considerato un po’ la madre di tutti i dolci, fatto con crema e pan di Spagna, il tutto innaffiato da bevande alcoliche (per esempio lo Sherry di Cadice). I contatti commerciali e diplomatici con la casa reale inglese erano frequenti, ed è probabile che sia stato proprio un diplomatico di ritorno da Londra a richiedere ai cuochi di corte di riassaggiare il trifle. Lo stesso sarebbe accaduto anche in Toscana. Nei vari tentativi la ricetta venne rielaborata dapprima sostiutendo la pasta lievitata all'inglese con una ciambella di uso comune nella zone: la bracciatella. La bracciatella veniva cotta in forma di ciambella e consumata con accompagnamento di vino dolce, così come era in uso frequente anche per altri dolci, come i cantucci. Seguendo la tesi rinascimentale, si può supporre che la creazione sia divenuta comune e che, nell'intento di portarla al rango di dolce gentilizio e non popolare come il suo cugino inglese, si sia provveduto ad ingentilirlo ulteriormente sostituendo la bracciatella con il Pan di spagna e la panna con la crema pasticcera.Col tempo questo trifle modificato prese poi il nome di "zuppa inglese". La presenza dei due liquori quali l'Alchermes e il Rosolio supporta la tesi rinascimentale, dato che sono entrambi di origine medioevale. Gli infusi di fiori erano già di gran moda nel basso Medioevo; l'Alchermes, invece, è probabilmente successivo alla riapertura delle vie commerciali con gli arabi, da cui si importava l'ingrediente che lo rende rosso: la cocciniglia. Il nome, infatti, deriva da al quermez che, appunto, significa cocciniglia. Nel Rinascimento entrambi furono noti e molto usati, ma mantennero la loro importanza sino all'800.

L'origine ottocentesca La preparazione, così come la conosciamo oggi, fa la sua comparsa nel modenese verso la prima metà del 1800. Leo Codacci, in "Civiltà della tavola contadina", afferma che la zuppa inglese sarebbe stata "inventata" da una donna di servizio di una famiglia inglese residente sulle colline di Fiesole. Quella contadina toscana, avvezza da generazioni a non gettare niente di quanto restava sulla tavola, non riusciva a buttare via la biscotteria secca servita durante la giornata a corredo del tè o del Porto. Volendo fare economia anche in casa di chi non ne aveva bisogno, la domestica pensò di utilizzare quella grazia di Dio e di mescolare gli "avanzi" dei biscotti, della crema pasticceria (detta anche inglese) e del budino di cioccolato. crema inglese. Poiché i biscotti del giorno prima erano divenuti secchi, per ammorbidirli li inzuppò con il vino dolce. L'unico elemento che risulterebbe a favore di questa tesi è la presenza del cacao, che divenne di uso comune durante il 1600. Il nome compare già alla fine dell'Ottocento nella "bibbia" della cucina italiana scritta dall' Artusi, "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" La Romagna e la Toscana erano le sue patrie predilette. La ricetta è la n. 675 e la si può trovare qui -> [1].

Collegamenti esterni • Ricetta originale dell' Artusi su Alimentipedia [2] Portale Cucina

Portale Emilia

Portale Romagna

Note [1] http:/ / www. casartusi. it/ web/ casa_artusi/ visualizza_ricetta?p_p_id=56_INSTANCE_7bOy& p_p_action=0& p_p_state=normal& p_p_mode=view& _56_INSTANCE_7bOy_struts_action=%2Fjournal_content%2Fview& groupId=1005& articleId=R675& groupId=1065 [2] http:/ / www. alimentipedia. it/ Cucina_storica/ Artusi/ Cucchiaio/ Artusi_cucchiaio_zuppa_inglese. html

Torta della nonna

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Torta della nonna La torta della nonna è un dolce che nel corso degli anni è diventato parte integrante della cucina tipica fiorentina. Venne creato per scommessa da Guido Samorini grande cuoco scomparso qualche anno fa. Alla creazione gestiva un ristorante oggi scomparso che portava l'omonimo nome del luogo e del mercato stabile rionale fiorentino: San Lorenzo. Alcuni clienti stanchi dei pochi dolci che la cucina tipica offriva gli chiesero una sorpresa per la settimana successiva quando si sarebbero presentati per la novità. Il Samorini gli presentò quel piatto che fece tanto piacere nel gusto e nella novità.

Torta della nonna.

La ricetta, pur essendo molto diffusa nelle repliche è stata passata in segreto ad una sua allieva e vanta tantissime imitazioni e personalizzazioni. Portale Cucina

Portale Firenze

'Mpanatigghi 'Mpanatigghi

Origini Luogo d'origine

Italia

Diffusione

Penisola italiana

Creato da

Siciliani

Dettagli Categoria

dessert

Ingredienti principali mandorle noci cioccolato carne di manzo Accedi al portale Cucina

Gli 'Mpanatigghi sono biscotti ripieni impanati, come un piccolo panzerotto a forma di semiluna, e ripieno di un composto di mandorle, noci, cioccolato, zucchero, cannella, chiodi di garofano e carne di manzo. I dolcieri modicani si sono tramandati un'antica ricetta per la preparazione di questo dolce conosciuto con il termine dialettale di 'mpanatigghi, oggi anche chiamato impanatiglie o dolce di carne.

'Mpanatigghi

9

Storia Questi biscotti, tipici di Modica (situata in provincia di Ragusa, nella Sicilia orientale), furono con ogni probabilità introdotti dagli spagnoli durante la loro dominazione in Sicilia avvenuta nel XVI secolo; lo provano sia l'etimologia del nome derivante dallo spagnolo "empanadas o empadillas" (empanada), sia l'accostamento alquanto inusuale di carne e cioccolato che ricorre più volte nell'arte culinaria spagnola. Nei secoli passati per la preparazione delle 'mpanatigghi veniva usata carne di selvaggina, ma oggi viene utilizzata carne di manzo.

Aneddoti Attorno a questo dolce si raccontano alcuni curiosi aneddoti. Le 'mpanatigghi, si narra, nacquero per mano delle suore di un monastero, le quali (forse impietosite per le fatiche dei confratelli predicatori che giravano fra i vari conventi in periodo quaresimale) nascosero carne tritata tra il pesto di mandorle e il dolce di cioccolato, il cui consumo era consentito anche in periodo di digiuno, perché ritenuto alimento di magro. Secondo altri, invece, la preparazione di questo dolce era legata all'utilizzo di carne di selvaggina nei periodi di sovrabbondante caccia.

Varianti Esistono delle varianti che prevedono la preparazione di una unica tortiera, foderata con la pasta, e coperta con la stessa ed anche una variante meno ricca con le melanzane al posto della carne. D'altra parte di elaborati a base di carne la cucina tradizionale della Sicilia è piena: si pensi, ad esempio, alla ricetta del pasticcio di pollo di un emiro di Catania di nome Ibn Timnà. Inoltre tra fine '700 ed i primi dell'800 erano molto noti i dolci di carne delle monache del Monastero dell'Origlione di Palermo e i "pasticciotti di carni ca ciculatti" del convento di Mazzarino dell'ennese.

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Portale Sicilia

Anello di Monaco

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Anello di Monaco Anello di Monaco

Origini Luogo d'origine

Italia

Diffusione

Mantova città e provincia

Creato da

Putscher, pasticceri svizzeri immigati a Mantova Dettagli

Categoria

dessert

Ingredienti principali farina latte burro pesce zucchero mandorle uvetta zucchero a velo nocciola lievito di birra Accedi al portale Cucina

L'anello di Monaco è un tipico dolce natalizio della cucina mantovana.

Descrizione È un dolce dalla complessa preparazione prodotto artigianalmente esclusivamente dai forni e dalle pasticcerie della città di Mantova e nel solo periodo natalizio. Dolce di pasta lievitata, appare simile a un panettone con un foro interno, glassato con zucchero in superficie e farcito di crema a base di nocciole o noci o con marron glacèè tritati e in altre versioni con cioccolato. Nella forma ricorda anche una ciambella di notevole altezza (20-30 cm), nella sommità decorata dalla glassa bianca zuccherata. Internamente la pasta appare di colore giallo contenente mandorle e uvetta, e avvolgente la farcitura prescelta. L'anello di Monaco emana un profumo e un sapore di nocciole e burro.

Anello di Monaco

Ingredienti • • • • • • • • • • • • • • •

Farina (500 g) Latte (300 ml) Burro (120 g) Zucchero (120 g) Uova (4) Mandorle (80 g) Uvetta (150 g) Scorza di un limone Lievito di birra (45 g) Sale (un pizzico) Zucchero a velo (una bustina) Zucchero a velo (200 g) per la glassa Albume (1) per la glassa Crema di nocciole o cioccolato o frutta (quantità a piacere per la farcia) Burro (35 g) per stampo

Origini Dal 1789 in poi, Mantova ha accolto decine di pasticceri e caffettieri svizzeri, prevalentemente immigrati dal Cantone dei Grigioni, che importarono dolci della loro tradizione come facilmente rilevabile anche da un altro tipico dolce mantovano, l'Helvetia. Ne consegue che anche le origini dell' Anello di Monaco sono da ricercarsi in area svizzera-austro-tedesca. Fu infatti nel 1798 che la famiglia di Adolf Putscher di origine svizzera, propose per la prima volta ai mantovani l'Anello di Monaco, produzione che fu poi perfezionata localmente durante la dominazione austriaca. Possiamo considerarlo la versione cisalpina del dolce germanico Gugelhupf.

Etimologia Il nome fu imposto dall'uso dei cittadini mantovani in sostituzione del più ostico nome tedesco Kugelhupf, di cui è una derivazione. Probabilmente a suggerirne il nome fu la la forma e la ricchezza dell'impasto e nell'immaginare la nota città di Monaco di Baviera come collocata in Svizzera. Altre ipotesi fanno risalire l'origine del nome ai monaci benedettini.

Bibliografia • Costantino Cipolla, Annalisa Balestrieri, La cultura del «dolce» a Mantova. Quale marchio di qualità?, Editore Franco Angeli, Milano, 2004

11

Asabesi

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Asabesi Gli asabesi sono caramelle che ricevono il loro aroma dalla liquirizia e la loro consistenza dalla gomma arabica. Agli asabesi vengono date varie forme: animaletti, casette, faccine e altro. Essendo di colore nero, le caramelle a forma di faccia potevano essere associate al volto di un uomo di pelle scura e in particolare agli assabesi, ovvero gli abitanti di Assab, che nel 1881 era diventata una colonia italiana. Nel passaggio alla versione popolare si è persa una esse e da "assabesi" si è giunti ad "asabesi", termine tuttora usato per indicare tali dolciumi[1] .

Note [1] Per l’etimologia di asabesi si può consultare, per esempio, il Vocabolario italiano-lecchese lecchese-italiano di Angelo Biella, Virginia Favero Lanzetti, Luciana Mondini e Gianfranco Scotti (Oggiono e Lecco, Cattaneo, 1992) alla voce asabesi a p.260 Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Baxin d'Albenga Il Baxin d'Albenga è un dolce tipico della zona albenganese, in Liguria. È costituito da semi di anice, zucchero, limone e farina. È un dolce molto antico, già in epoca settecentesca veniva prodotto e venduto dai frati benedettini liguri. L’origine dei Baxin si perde nel passato. Sono nati da un errore di ricetta di un altro dolce simile, attorno appunto alla fine del Settecento. I Baxin sono composti da pochi ingredienti. Non contengono burro, uova, conservanti. La loro semplicità gli ha resi abbastanza famosi. Il loro aroma risulta di zucchero, miele, limone, con un accento marcato di finocchio selvatico. I Baxin possono essere accompagnati con vino bianco, rosso oppure marsalato. Vengono comunemente scambiati coi Baci di Alassio, cui differiscono in tante caratteristiche. I Baci di Alassio sono costituiti infatti da farina di nocciole e cioccolato, e hanno un colore nero, a differenza dei Baxin che sono bianco-giallognoli. Vedi anche cucina ligure. Albenga.

I Baxin

Berlingozzo

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Berlingozzo Berlingozzo Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Toscana paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria, confetteria

Zona di produzione prevalentemente a Pistoia e provincia, ma in tutta la Toscana Dettagli Accedi al portale Cucina

Il berlingozzo è un dolce al forno tipico toscano, dalla classica forma a ciambella. Il suo nome sembra derivare dal berlingaccio, termine che indicava il giovedì grasso e una maschera in uso e costume quattrocenteschi. A sua volta "berlingaccio" deriva dal tedesco bretling (tavola). Il verbo berlingare voleva dire divertirsi e spassarsela a tavola: citato da poeti cinquecenteschi, sembra fosse in uso anche alla corte di Cosimo I a Firenze. Si ottiene con rossi di uova, farina, zucchero, lievito, scorza grattugiata di limone e/o arancio, burro e un po' di latte. Questi sono gli stessi ingredienti dei brigidini, altro dolce tipico toscano. I brigidini contengono solo uova, zucchero, farina ed essenza d'anice

Voci correlate • Brigidino • Berlingaccio

Bibliografia • Licia Lari, Mauro Montanelli, Cucina del cuore della Toscana. Con uno sguardo a quella degli antenati, ed. Polistampa 2005 Portale Cucina

Portale Toscana

Biscottini di Prosto

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Biscottini di Prosto BISCOTTINI DI PROSTO, BISCOTIN DE PROST Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Lombardia Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Valchiavenna (SO) Dettagli Accedi al portale Cucina

I biscottini di Prosto (biscotin de Prost in dialetto) sono dei biscotti tradizionali di Prosto, frazione del comune di Piuro, in Valchiavenna[1] . La ricetta tradizionale è in mano alla famiglia Del Curto, anche se è possibile trovarli preparati da altri pasticceri. I biscottini richiedono, come ingredienti, farina, zucchero e soprattutto una grande quantità di burro.[2] Benché propri del comune di Piuro, sono considerati un dolce caratteristico dell'intera Valchiavenna e solitamente chiudono il pasto nei ristoranti tipici, i cosiddetti crotti. Sono stati dichiarati un prodotto agroalimentare tradizionale della Lombardia.[3]

Note [1] Cfr AAVV (Touring) pag 737 [2] Cfr. V. Lapertosa p. 172, consultabile qui (http:/ / books. google. com/ books?id=J1tCoh7-aJEC& pg=PA172& dq=Biscottini+ di+ Prosto& ei=_60MSIu1Ao2ujAGC37i1AQ& client=firefox-a& sig=zj2-JXThbHa3aYEFWCgHxki7KjI) [3] Schede Regione Lombardia (http:/ / www. agricoltura. regione. lombardia. it/ admin/ rla_Documenti/ 1-2548/ schede_esperto_-_all_ii. doc)

Bibliografia • Viviana Lapertosa, Finger food. 120 ricette da mangiare in un boccone, G.R.H. S.p.A. 2007 ISBN 8889711280 • AAVV, Cofanetto cucina del Bel Paese, Touring, 2003 ISBN 8836529577 Portale Cucina

Portale Lombardia

Brasadelo

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Brasadelo Il Brasadelo è un dolce tradizionale della provincia di Vicenza, in particolar modo della zona occidentale confinante con la provincia di Verona. Al giorno d'oggi è ospite immancabile in tutte quelle manifestazioni legate ai vini di Gambellara. Gli ingredienti della ricetta tradizionale sono: uova, farina, burro, zucchero, lievito, mandorle dolci e Recioto di Gambellara. Sulla superficie è sempre presente la granella di zucchero. Vini consigliati come accompagnamento: Recioto Spumante - Recioto Passito di Gambellara. Il dolce Brasadelo e un bicchiere di Recioto di Gambellara

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Portale Veneto

Bussilan Il bussilan è un dolce tipico della provincia di Parma e dell'Emilia occidentale. È una comune ciambella ormai presente costantemente nelle colazioni dei parmigiani. Il termine bussilan sembra essere la storpiatura della parola bosilan, tipica del dialetto lombardo, da cui si pensa derivi il nome di questo dolce. In verità il termine significa biscione presente nello stemma dei Visconti a Milano. Probabilmente dato che molti parmigiani, durante la dominazione viscontea su Parma, dovevano recarsi a Milano per alcune incombenze spiacevoli, al ritorno, portavano con sè alcune ciambelle aventi la forma di un biscione, poi nel tempo sicuramente modificata per comodità.

« Fa la nana al me putèn, al papà l'è andè a Milàn, par comprar al bosilàn: méz p'rincò e méz par dmàn. » ( Filastrocca popolare parmigiana)

Bibliografia • Guglielmo Capacchi, La cucina popolare di Parma, Parma, 1985 Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Caccarelle

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Caccarelle Le caccarelle sono dolci tipici della cucina pugliese. Sono a base di latte, cioccolato fondente, uova, cannella, zucchero, rum. Si servono con la panna montata.

Collegamenti esterni • Ricetta delle caccarelle [1] Portale Cucina

Portale Puglia

Note [1] http:/ / cosacucino. style. it/ oggi-preparo-ricette-spedite. php?id_piatto=inv417ce7c7ced65& query=22& page=1& ric=ricetta

Cannarìculi I cannarìculi sono dolcetti natalizi calabresi, chiamati cannarìculi nell'Alto Ionio ma tendono a cambiare nome al di fuori di questo, nonostante la loro composizione rimanga pressoché uguale. Si tratta di gnocchi composti di farina, olio d'oliva e vino scaldato, rigati su un cestino di vimini poi fritti e successivamente passati nel mosto d'uva bollente.

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Cannaricoli

Portale Calabria

Portale Cucina

Cannolo

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Cannolo CANNOLI Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Cannoli siciliani, di Dattilo, nel trapanese. Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Sicilia Paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria. Dettagli

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I cannoli sono una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana. La nascita dei cannoli sarebbe avvenuta a Caltanissetta, antica "Kalt El Nissa" che in arabo significa "Castello delle donne", a quei tempi sede di numerosi harem di emiri saraceni. L'odierno cannolo siciliano sarebbe nato da allusioni sessuali: il suo antenato potrebbe essere un dolce a forma di banana, ripieno di ricotta, mandorle e miele. Le favorite dell'emiro, mentre erano rinchiuse nel castello di Caltanissetta, si dedicavano anche alla preparazione di dolci, e avrebbero "inventato" il cannolo, allusione evidente alle "doti" amatorie del sultano. Un'altra fonte, invece, tramanda che i cannoli siano stati preparati per la prima volta in un convento sempre nei pressi di Caltanissetta, dove delle suore rispettose del voto di castità, non lo erano così tanto di fronte al piacere voluttuoso offerto dal magnifico dolce. In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo. Si compone di una cialda di pasta fritta (detta scòrza e lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4-5 cm) ed un ripieno a base di ricotta di pecora. Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta (fatta di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto) che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto, oggi anche in grassi meno costosi. Prima delle moderne leggi in materia d'igiene, la pasta veniva arrotolata su piccoli cilindri ottenuti ritagliando normali canne di fiume, che diedero così il nome al dolce. Il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata, ma recentemente alcune pasticcerie (soprattutto nel ragusano) hanno iniziato a produrne anche con ricotta di mucca, pur meno saporita di quella ovina, ma più delicata e digeribile, come pure con crema pasticcera o crema di cioccolato. Ci sono poi differenze locali, che prevedono l'aggiunta di pezzi di cioccolato, di canditi, di granella di pistacchi o nocciole. Il cannolo farcito viene poi spolverato di zucchero a velo. I cannoli vanno riempiti al momento di mangiarli; questo perché, con il passar del tempo, l'umidità della ricotta viene assorbita dalla cialda facendole perdere la sua croccantezza. Per evitare questo inconveniente, alcuni pasticcieri

Cannolo

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rivestono la superficie interna del cannolo con cioccolato fuso: in questo modo, l'involucro non si impregna rimanendo croccante per più tempo.

Bibliografia • A. Benivegna, Il gusto della tradizione, Trapani, Coppola Editore, 2003

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Portale Sicilia

Cannoncino Il cannoncino è un dolce, specialità culinaria gastronomica tipicamente italiana.

Composizione Questo pasticcino, a differenza della maggior parte degli altri, è composto da pasta sfoglia arrotolata, con al suo interno della crema pasticcera, talvolta sostituita dalla panna, oppure la pasta può anche essere vuota. Usato sempre come dolce, risulta particolarmente friabile, ed è uno dei pasticcini più conosciuti e richiesti dagli italiani. Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Cassata siciliana

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Cassata siciliana Cassata siciliana Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Una cassata palermitana Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Sicilia paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria

Zona di produzione Sicilia Dettagli Accedi al portale Cucina

Una cassata siciliana (dall'arabo qas'at, "bacinella" o dal latino caseum, "formaggio") è una torta tradizionale siciliana a base di ricotta zuccherata (tradizionalmente di pecora), pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero. Nonostante l'apparente semplicità della ricetta, esistono innumerevoli varianti locali. Specialmente l'aspetto esteriore può variare da una scarna decorazione di glassa e un po' di scorza d'arancia candita fino a una opulenta costruzione baroccheggiante con perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi diversi. Sempre secondo le varianti locali, ci possono essere ingredienti aggiuntivi, come pistacchio, pinoli, cioccolato, cannella, maraschino o acqua di zagara.

Storia Le radici della cassata risalgono alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Gli arabi avevano introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, che si produceva in Sicilia dai tempi preistorici, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato. Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo. Gli spagnoli introdussero in Sicilia il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il barocco si aggiungono infine i canditi. Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache siciliane ed era riservata al periodo pasquale. Un documento ufficiale[1] del primo sinodo[2] dei vescovi siciliani a Mazara del Vallo nel 1575 afferma che la cassata è "irrinunciabile durante le festività". Un proverbio siciliano recita "Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di Pasqua"). La decorazione caratteristica

Cassata siciliana

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della cassata siciliana con la zuccata fu introdotta nel 1873 (in occasione di una manifestazione che si tenne a Vienna) dal pasticcere palermitano cav. Salvatore Gulì, il quale aveva un laboratorio nel centralissimo corso Vittorio Emanuele a Palermo.

Note [1] Tutti i testi che parlano della storia della Cassata Siciliana, fanno riferimento ad "un testo ufficiale del sinodo", che però nessuno trascrive. Viene citato da tutti come "documento ufficiale senza fonte". [2] "Nel 1575 si celebrò il primo sinodo diocesano di Mazara del Vallo..."-Maria Concetta Di Natale in http:/ / www. comune. mazara-del-vallo. tp. it/ turismo/ musei/ Museo%20diocesano. htm

Bibliografia • R. Scarpinato Marilyn Monroe e la cassata siciliana, in: Il cibo e l'impegno, I quaderni di MicroMega, Roma 2004, pagg. 66-73 • G. Basile, A. Musco Dominici, Mangiare di festa, ed. Kalos, Palermo 2004

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Collegamenti esterni • Cenni storici (http://www.odealvino.com/cucina-italiana/cassata-siciliana-ricetta.html) • Ricette di Sicilia (http://www.ricettedisicilia.net/dolci/cassata-siciliana-la-regina-della-pasticceria-siciliana/) Portale Cucina

Portale Sicilia

Cassatella di Agira

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Cassatella di Agira CASSATELLA DI AGIRA Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Vista panoramica della cittadina ennese. Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Sicilia paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria

Zona di produzione Agira - EN Dettagli Accedi al portale Cucina

Le cassatelle di Agira (denominazione comunale) sono dolci tipici della gastronomia ennese, originari della cittadina di Agira ma diffusi non solo nella provincia di Enna, ma anche in gran parte della Sicilia orientale. Famose come cavallo di battaglia della pasticceria dell'Ennese, le cassatelle hanno forma di mezzaluna, preparata pasta di frolla, tenera e color giallo oro spolverata di zucchero a velo, con un prelibato e gustoso ripieno di un impasto di cacao, mandorle tritate, farina di ceci, zucchero e scorza di limone essiccata, con eventuale aggiunta di cannella.[1] Alle cassatelle di Agira, è dedicata una sagra che si Il comune di Agira nella provincia di Enna svolge nel paese natio di Diodoro Siculo, Agira appunto, dal 19 al 21 novembre di ogni anno.[2] Le cassatelle sono disponibili per tutto l'anno in tutti i ristoranti, i bar e le pasticcerie della provincia ennese ed in numerosi ristoranti catanesi. Dato che il prodotto è molto laborioso e necessita di parecchi passaggi custoditi gelosamente e tramandati di generazione in generazione, le manifatture di questo dolce variano sensibilmente. Recentemente si assiste ad un notevole proliferare di imitazioni che nulla hanno a che fare con il prodotto originario. L'originalità e tipicità del prodotto va verificata nelle sue dimensioni che sono tipicamente di 10 x 6 cm, inoltre l'impasto deve essere morbido e non asciutto o secco, non deve prevalere sclusivamente il gusto del cioccolato o cacao, infatti, bisogna avvertire al palato anche il gusto della mandorla e infine la pasta frolla non deve essere biscottata o molliccia.

Cassatella di Agira

Storia La cassatella di Agira è un dolce di origini molto antiche, tipico esempio della cucina tradizionale agirina. É difficile documentare la storia della casatella perché non esistono fonti scritte a riguardo. Le fonti orali che si possono ottenere sul territorio di Agira, sono perciò relative ad una conoscenza empirica di una tradizione orale sull’argomento. Almeno nella sua versione più antica oggi scomparsa, chiamata pasticciotto, possedeva forma circolare ed era caratterizzata da un bottone posto al centro del disco superiore, quasi a ricordare un altro dolce siciliano, le minn ‘e vergine, dolce dedicato a Sant’Agata. Nella millenaria storia di Agira, la cultura che senza dubbio ha influito maggiormente sulla nascita della cassatella di Agira è quella spagnola; alla quale verosimilmente si sono aggiunti elementi agropastorali e del ceto nobiliare (baronali). Infatti, le commistioni di ambienti economici ricchi e poveri, avrebbero fatto convergere nella tradizionale cassatella di ricotta preesistente elementi nobili come le mandorle e il cacao. Mentre la farina di ceci, con il ruolo di addensante naturale del ripieno, è molto economico negli ambienti rurali siciliani ed ampiamente disponibile. Questa è un’ipotesi suggestiva sulla quale pur non avendo documenti storici di conforto, essa però è del tutto compatibile con gli elementi della tradizione a disposizione. Rimane difficile individuare il momento di nascita della ricetta definitiva. L’importanza culturale ed economica della cassatella di Agira ha convinto l’Amministrazione comunale a richiedere l'ufficializzazione della De.Co. (Denominazione Comunale).[3]

La sagra Generalmente nei mesi di ottobre o novembre da qualche anno si svolge una sagra delle cassatella agirina. Essa si effettua negli spazi espositivi del quartiere fieristico del Comune di Agira in via Largo Fiera. All'interno di questa manifestazione sono presenti diversi stand per la promozione dei prodotti tipici locali e con degustazioni gratuite della cassatella di agira.[4]

Preparazione Le cassatelle di Agira seguono un particolare ed assai antico procedimento di preparazione,[5] che conferisce loro un sapore, un odore e un aspetto inconfondibili ed originali. Per preparale, si tritano le mandorle con zucchero e cacao aggiungendo dell'acqua, per poi cuocere l'impasto a fuoco lento. In questa fase vanno aggiunti la farina di ceci, la cannella e le scorze di limone, finché l'impasto non si compatta e può essere quindi spalmato sui cerchi di pasta frolla, da richiudere infine a mazzaluna. Esistono piccole varianti della ricetta.[6] [7] [8]

Ricetta Ingredienti pasta: • • • • •

3 Kg di farina tipo “00” 0,7 Kg di zucchero 1,3 Kg di sugna 4 uova (5 se sono piccole) acqua

Ingredienti ripieno: • 1,25 Kg di mandorle sgusciate e tostate • 1,1 Kg di zucchero

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Cassatella di Agira • • • • •

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90 g di cacao amaro 140 g di cacao dolce 1,5 l di acqua buccia di 3 limoni. 300 g di farina di ceci o di grano duro.

É un dolce costoso per la laboriosa manifattura interamente manuale ma l'antica ricetta a dispetto del procedimento è lungo e laborioso merita una prova in cucina. Preparazione della pasta: Mescolare a mano la farina e lo strutto, facendo sciogliere lo stesso e amalgamandolo alla farina di ceci. Aggiungere le uova sbattute con una forchetta con lo zucchero quindi amalgamare gli ingredienti aggiungendo lentamente l'acqua in modo la consistenza giusta per essere poi stirata col matterello. Lasciare riposare la pasta almeno dieci ore prima del suo uso. Quindi lavorare la pasta in modo da formare dei bastoncini da stendere successivamente. Lavorare la pasta in modo da realizzare dei bastoncini di un diametro tale che possano stare in una mano, non usare tanta forza. Preparazione del ripieno dolce: Tritare molto finemente le mandorle insieme alla buccia del limone. Mettere in una pentola l'acqua, lo zucchero e la farina di mandorle e portare ad ebollizione a fuoco basso mescolando sempre. Appena raggiunto il punto di ebollizione aggiungere i due tipi di cacao continuando a mescolare per evitare che l'impasto si attacchi al fondo della pentola. Aggiungere la farina di ceci, fino a raggiungere la consistenza voluta (solitamente non più di 100 g), mescolare bene evitando la formazione di grumi. Continuare a cuocere per altri 5-10 minuti mescolando continuamente. Appena pronto l'impasto cremoso si procede con la lavorazione della pasta, dopo averlo riposto in opportuno recipiente smaltato. Prelevare dai bastoncini dei pezzetti di pasta da stendere col matterello in modo da ricavare tanti dischi non troppo grandi (15 cm di diametro circa), mettere al centro di ognuno di essi un mucchietto di impasto di crema, evitando di sporcare i bordi; quindi ripiegare la pasta su stessa in modo da formare una mezza luna, se avete la possibilità ritagliate i bordi della mezzaluna con una rotellina dentellata per riprodurre la forma originale. Infornare ad alta temperatura per pochi minuti evitando che prendano un colore dorato devono rimanere di colore molto chiaro. Quindi lasciare raffreddare e cospargere con zucchero a velo.

Note [1] (IT) Cassatella di Agira, prodotti tipici siciliani. Dolci di Agira, cuore di Sicilia (http:/ / www. cassatella. com/ ) [2] (IT) Sagra della cassatella di Agira e le vie dei sapori…novembre 2010 (http:/ / eventiesagre. blogspot. com/ 2010/ 11/ sagra-della-cassatella-di-agira-e-le. html) [3] (IT) Cassatella di Agira De.Co. AGIRA (http:/ / www. prodotti-tipici-siciliani. it/ azienda. cfm?ID=934& p=Enna) [4] (IT) Eventi Agira - Sagra della cassatella di Agira e le vie dei sapori (http:/ / www. cassatella. com/ component/ option,com_eventlist/ Itemid,91/ id,24/ view,details/ ) [5] (IT) Ricetta delle cassatelle di Agira (http:/ / www. agira. org/ Pubblicazioni/ ricetta-delle-cassatelle-di-agira. html) [6] (IT) Cassatelle di agira - Ricetta di penelope per kucinare.it (http:/ / www. kucinare. it/ ricetta/ Cassatelle_di_agira-183. aspx) [7] (IT) Le cassatelle di Agira (http:/ / www. gennarino. org/ cassatelle_agira. html) [8] (IT) cassatelle di agira (http:/ / www. cookaround. com/ yabbse1/ showthread. php?t=40348& page=1) Portale Cucina

Portale Sicilia

Ciambella romagnola

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Ciambella romagnola La ciambella romagnola, è un dolce tipico della Romagna. Si distingue dalle altre ciambelle per non avere il buco e per la forma ad ellissi. È ricoperta di granelli di zucchero e viene spesso consumata sia da sola, che intinta nel latte o nel vino. La parola ciambella sembrerebbe derivare dal latino cymbula, cioè barchetta, a cui rassomiglierebbe per la forma. Altri ritengono che derivi da suavillum o savillum, una sorta di focaccia composta, secondo Catone, di farina , cacio , uova e miele , il cui nome è da ricollegarsi a suavis, che significa dolce al gusto. La preparazione della ciambella si differenzia da provincia a provincia. La discordanza più netta è visibile tra la ciambella Parmense e quella Bolognese. I parmensi sono soliti preparare la ciambella con lo zucchero di canna sciolto e lasciato colare lievemente sulla superficie, mentre i bolognesi amano cospargerla di mascarpone fresco e la definiscono infatti "Ciambella di Mascarpone"

Voci correlate • Torta • Pasticceria • Ciambella di Mascarpone Portale Cucina

Portale Romagna

Colomba pasquale Colomba Pasquale Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Colomba pasquale Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Lombardia Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Milanese Dettagli Accedi al portale Cucina

Colomba pasquale

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La colomba pasquale è un tipico dolce pasquale, così come panettone e pandoro sono associati alle tradizioni gastronomiche del Natale anche vero che un detto popolare a denominato questo dolce anche con il nome di uccello della pace. Anche se le leggende vorrebbero far risalire questo dolce pasquale in epoca longobarda, addirittura al re longobardo Alboino che durante l'assedio di Pavia si vide offrire, in segno di pace, un pan dolce a forma di colomba, oppure legata ad una leggenda che coinvolge la regina longobarda Teodolinda ed il santo abate irlandese San Colombano; le origini di questo ormai indispensabile coronamento delle mense pasquali sono assai più recenti. Fu Dino Villani, direttore pubblicità della ditta milanese Motta, già celebre per i suoi panettoni natalizi, che negli anni trenta del 1900 per sfruttare gli stessi macchinari e la stessa pasta, ideò un dolce simile al panettone, ma destinato alle solennità della Pasqua. La ricetta poi venne ripresa da Angelo Vergani che nel 1944 fondò la Vergani srl, azienda di Milano che ancora oggi produce colombe. Da allora la colomba pasquale volò sulle tavole di tutti gli italiani, e anche ben oltre i nostri confini. L'impasto originale, a base di farina, burro, uova, zucchero e buccia d'arancia candita, con una ricca glassatura alle mandorle, ha assunto forme e varianti di ogni tipo, per la delizia di grandi e di piccini.

Leggenda della colomba di San Colombano A Milano, Pavia e dintorni vi è una suggestiva leggenda che viene tramandata insieme ad un'antica usanza di consumare a Pasqua una colomba di pane dolce in onore e ricordo di San Colombano. Si narra che al suo arrivo in città, attorno al 612, l'abate irlandese venne ricevuto dai sovrani longobardi e invitato con i suoi monaci ad un sontuoso pranzo. Gli furono servite numerose vivande con molta selvaggina rosolata, ma Colombano ed i suoi, benché non fosse di venerdì, rifiutarono quelle carni troppo ricche servite in un periodo di penitenza quale quello quaresimale. La regina Teodolinda si offese non capendo, ma l'abate superò con diplomazia l'incresciosa situazione affermando che essi avrebbero consumato le carni solo dopo averle benedette. Colombano alzò la mano destra in segno di croce e le pietanze si trasformarono in candide colombe di pane, bianche come le loro tuniche monastiche. Il prodigio colpì molto la regina che comprese la santità dell'abate e decise di donare il territorio di Bobbio dove nacque l'Abbazia di San Colombano, ma questa è un'altra storia. La colomba bianca divenne anche il simbolo iconografico del santo ed è sempre raffigurata sulla sua spalla.

Bibliografia • R. Zanussi San Colombano d'Irlanda Abate d'Europa - Ed. Pontegobbo • A.Maestri. Il culto di San Colombano in Italia. Archivio storico di Lodi. 1939 e segg.

Voci correlate • Dolci pasquali • Focaccia veneta

Collegamenti esterni • Le ricette italiane della colomba di pasqua [1] Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Colomba pasquale

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Note [1] http:/ / www. restaurantonclick. it/ ricette/ cerca-ricette?title=colomba

Crema bruciata La crema bruciata è una preparazione di pasticceria o di cucina e fa parte dei dolci tipici sardi. È composta da pasta sfoglia e crema e ricoperta di Zucchero di canna che viene fatto fiammeggiare appoggiandovi un ferro rovente. Viene commercializzata nelle zone di Alghero e di Sassari. Pare che sia una variante della crema catalana, visto che Alghero è una città di origini catalane.

Voci correlate • Crème brûlée Portale Cucina

Portale Sardegna

Crema carsolina La crema carsolina è una preparazione di pasticceria o di cucina e fa parte dei dolci tipici della provincia di Trieste. È composta da latte fresco, tuorlo di uova, zucchero, farina di frumento, limone, vaniglia, zucchero velo, grassi vegetali, zabaione (vino bianco, uova, tuorlo d’uovo, zucchero).

Crema carsolina

Crema carsolina

Portale Cucina

Portale Friuli-Venezia Giulia

Portale Venezia Giulia e Dalmazia

Croccante

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Croccante Croccante

Croccante alle nocciole Origini Altri nomi

Torrone di mandorle

Luogo d'origine

Italia

Dettagli Categoria

dessert

Ingredienti principali Zucchero, Mandorle Varianti

Noci, Nocciole, ...

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Il croccante è un dolce, tipico di molte zone d'Italia, composto da zucchero fuso e risolidificato insieme a mandorle, nocciole o noci; da un lato può essere ricoperto da un'ostia.

La storia La ricetta del croccante è riportata da Pellegrino Artusi nella sezione dedicata alla pasticceria del suo famoso libro di ricette "La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene". Il croccante è citato su un testo spagnolo della seconda metà del quattrocento, ciò potrebbe indurre a pensare che la sua nascita sia avvenuta proprio in Spagna. Molti però sostengono che, questo tipico dolce, abbia origini italiane, nato intorno al '200 nel sud d'Italia come derivazione di un tipico dolce arabo, fatto a base di mandorle, miele, zucchero e spezie.

Ricetta La ricetta ed il metodo di preparazione sono molto semplici. Si tratta di fondere a fuoco lento in una casseruola non stagnata o in un paiolo lo zucchero in polvere, continuando a girarlo con un mestolo di legno: una volta liquefatto lo zucchero ovvero quando ha assunto il tipico colore biondiccio, non troppo scuro in modo da non farlo diventare amaro e troppo caramellato, aggiungere le mandorle sbucciate o appena tostate, oppure qualsiasi altro ingrediente a piacimento come quelli sopra elencati. Continuare a girare brevemente per amalgamare bene e versare su di uno stampo o una lastra di marmo fredda. L'amalgama potrà essere versata anche su un'ostia. In genere ci si aiuta con una spatola per stendere bene. Il prodotto presto solidificherà e potrà essere servito affettato o a pezzi. Secondo alcune ricette si aiuta a fondere lo zucchero con del succo di limone il quale dà anche un certo aroma. Per favorire il distaccamento dal marmo o dallo stampo ci si può aiutare bagnando la superficie con una goccia di olio o burro.

Croccante

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Varietà di croccante Oggigiorno esistono molte varietà di croccante nelle quali le mandorle della ricetta originaria sono sostituite da altri tipi di frutta secca o altri ingredienti: tra i più comuni si possono trovare croccanti alle noccioline americane ma anche ai semi di sesamo, al popcorn, alle nocciole, alle noci, ai pinoli... Si possono trovare diverse tipologie di dolci simili al croccante italiano un po' ovunque nel mondo ma la semplicissima ricetta originale è modificata con altri ingredienti come agenti lievitanti di varia natura, burro di arachidi, burro. Naturalmente insieme allo zucchero sono utilizzati molti altri tipi di frutta secca o altri ingredienti non comuni in Italia.

Il croccante oggi Il croccante è un tipico dolce che si trova alle bancarelle dei dolciumi di fiere e sagre paesane.

Riconoscimenti Esiste un "Croccante artigianale del Frignano" tutelato dal Marchio collettivo "Tradizione e sapori di Modena" della Camera di Commercio di questa città.(Croccante artigianale del Frignano [1]). Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Note [1] http:/ / www. croccanteartigianaledelfrignano. it/

Crostata La crostata è un dolce tipico italiano basato su un impasto di pastafrolla ed un ripieno di marmellata. Alcune torte simili sono diffuse in tutta Europa.

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Crostata

Crostata

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Crostata, versione portoghese

Crostata, versione olandese

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Cuccìa

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Cuccìa Cuccìa Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

La cuccìa tipica della zona madonita Origini Luogo d'origine Regione

Italia Sicilia

Zona di produzione

Palermo

Dettagli Accedi al portale Cucina

La cuccìa è un dolce tipico palermitano, a base di grano bollito e ricotta di pecora o crema di latte bianca o al cioccolato. Viene guarnito con zuccata, cannella e pezzetti di cioccolato, ed è tradizionalmente preparato e consumato in occasione della festa di Santa Lucia (13 dicembre). Secondo la tradizione, infatti, il 13 dicembre del 1646 [1] approdò nel porto di Palermo una nave carica di grano, che pose fine ad una grave carestia. Per poterlo consumare immediatamente il grano non venne macinato, ma bollito e mangiato. Per ricordare quel giorno, i palermitani tradizionalmente non consumano cibo a base di farina, ma cuccia ed arancine.

Note [1] Anna Pomar, Palermo in tasca

Bibliografia • Rosario La Duca, Palermo ieri e oggi, Sigma edizioni, 1990 • Anna Pomar, Palermo in tasca, Edizioni Esse, 1970

Collegamenti esterni Il 13 dicembre a Palermo (http://www.palermoweb.com/panormus/usanze/santalucia.htm) Portale Cucina

Portale Palermo

Portale Sicilia

Cuneesi (gastronomia)

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Cuneesi (gastronomia) Cuneesi Nome

Cuneesi

Categoria

Pralina

Tipologia

Cioccolatino

Marca

Varie

Nazione

 Italia

Ingredienti • Cioccolata di copertura: cioccolato, lecitina di soia (eventuale) zucchero. • Ripieno: • • • • • • •

crema, lecitina di soia, zucchero, liquore (eventuale, nelle varietà senza liquore, il liquore non c'è e viene sostituito da vari aromi, per [1] esempio la fragola, il cappuccino ed il pistacchio )

I cuneesi sono una specialità culinaria della provincia di Cuneo.

Storia All'inizio del XX secolo, Pietro Galletti voleva inventare un dolce di cioccolata al sapore di liquore. Dopo vari tentativi inventò un dolce alla crema pasticciera con rum e ricoperto di cioccolato. Una leggenda vuole che con la crema avanzata preparò altri dolci, ma la crema non sembrò finire mai, così Galletti realizzo delle meringhette al cioccolato cui, mediante un foro inserì la crema pasticcera aromatizzata al rum. Il mattino seguente notò che le meringhe si erano imbevute completamente del rum, così, deluso pensò di buttare via tutto. Tuttavia non si scoraggiò: ideò così la struttura del cuneese come lo conosciamo oggi, inventò un pasticcino racchiuso in una copertura di cioccolato. Dapprima fece fare una degustazione agli amici e con un passaparola andò agli amici degli amici. Così la fama del cioccolatino al rum arrivò anche nella vicina Cuneo. La città lo volle come proprio dolce, così il cioccolatino fu chiamato cuneese al rum.[2] Tuttavia, la paternità dei cuneesi pare essere contesa da altri produttori di cioccolatini[3] Attualmente esistono vari cuneesi aromatizzati con vari liquori, tra cui al limoncello.[4] Tuttavia esiste sul mercato una varietà di cuneesi senza liquore.[1]

Cuneesi (gastronomia)

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Note [1] [2] [3] [4]

Cuneesi senza liquore (http:/ / www. aldeacioccolato. it/ dragoneroPHP/ mainfolder/ hom_page. php) Cuneesi al rum, storia e ricetta (http:/ / www. gustibest. com/ ita/ dett_prodotto. asp?id=362) Cuneesi al rhum (http:/ / www. cuneesialrhum. com/ cuneese. htm) cuneesi al liquore (http:/ / www. hellopro. it/ Dulcioliva_SRL-5663-noprofil-2007585-6557-0-1-1-fr-societe. html) Portale Cucina

Portale Piemonte

Portale Alcolici

Delizia al limone Delzia al limone Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Campania Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Costiera Amalfitana e Sorrentina Dettagli Accedi al portale Cucina

La delizia al limone è un dolce originario della pasticceria sorrentina, ormai divenuto un dessert tipico della cucina napoletana. Fu ideata dal pasticciere sorrentino Carmine Marzuillo nel 1978, ed è una torta fatta con una base di pan di Spagna, bagnato con uno sciroppo a base di limoncello, e farcita e ricoperta di crema a base di limone. È diventato oggi uno dei dolci più diffuso in Campania, insieme a babà e torta caprese, per pranzi e cene importanti, in particolare per matrimoni e comunioni, che nella regione hanno un'importanza particolare. Viene venduta oggi in pasticceria sia come torta che in versioni mono-porzione. La mono-porzione ha spesso la forma di un seno (per esempio a Procida), venendo realizzata in coppe semisferiche e, una volta riversata e ricoperta con la crema di limone, decorata con una fragolina di bosco posta in cima.

Delizia al limone

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Collegamenti esterni • Scheda [1] del prodotto tipico dal sito della regione Campania. Portale Cucina

Portale Napoli

Note [1] http:/ / www. sito. regione. campania. it/ agricoltura/ Tipici/ tradizionali/ delizia-limone. htm

Elvezia (dolce) L'elvezia o Helvezia è un tipico dolce della cucina mantovana.

Origini Dal 1789 in poi, Mantova ha accolto decine di pasticceri e caffettieri svizzeri, prevalentemente immigrati dal Cantone dei Grigioni. Tra questi la pasticceria gestita dalla famiglia di Samson Putscher a cui si deve l'invenzione della torta elvezia dedicata evidentemente alla loro nazione d'origine. Alla ricca componente mitteleuropea si innestarono prodotti tipici della pasticceria mantovana come lo zabaione e la pasta di mandorle.

Descrizione È un dolce costituito da tre dischi rotondi di pasta di mandorle, zucchero ed albumi montati fatti cuocere nel forno e farcito con due strati di zabaione e cioccolato ed eventualmente con altri ingredienti come panna montata o gocce di cioccolato fondente.

Ingredienti Per la pasta: • Albumi (250 g) • Farina di mandorle (500 g) • Zucchero al velo (500 g) Per lo Zabaione: • Tuorli (n.2) • Zucchero (2 cucchiai) • Vino bianco aromatico Per la crema al burro: • • • •

Burro (200 g) Zucchero a velo (200 g) Cacao amaro (3 cucchiai) Latte (poco)

Per guarnire: • Mandorle a lamelle

Elvezia (dolce)

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• Cacao

Bibliografia • Costantino Cipolla, Annalisa Balestrieri, La cultura del «dolce» a Mantova. Quale marchio di qualità?, Editore Franco Angeli, Milano, 2004

Ferratella Ferratelle Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Abruzzo Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione tutto il territorio regionale ed in particolare provincia di Chieti Dettagli Accedi al portale Cucina

FERRATELLE (o pizzelle o cancelle) Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Molise paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria

Zona di produzione Intero territorio regionale Dettagli Accedi al portale Cucina

Ferratella

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FERRATELLE Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Lazio Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Antrodoco (RI), Cittaducale (RI) Dettagli Accedi al portale Cucina

Il termine ferratella si riferisce a dolci tipici dell'Abruzzo, del Molise e del Lazio.

Abruzzo La ferratella (o pizzella o cancella o neola) è un dolce tipico abruzzese[1] creato con pasta da biscotto cotto tramite una doppia piastra arroventata sul fuoco, che stringendo la pasta sopra e sotto, dà al dolce la forma caratteristica di cialda percorsa da nervature. Tra le varie varianti di disegno, la trama a rombi, o cancello, dà origine al nome ferratelle. Preferibilmente di forma rettangolare, ma alla festa di San Valentino vengono preparate anche a forma di cuore. In alcune province abruzzesi viene chiamato anche nuvola o neola. In alcuni casi questo dolce viene arrotolato come un cannolo con ripieno di marmellata, tradizionalmente d'uva, ma anche con crema pasticcera o cioccolata. La variante con due cialde sovrapposte farcite prende il nome di coperchiola, dalla copertura della prima cialda con la seconda, il coperchio. Viene preparato perlopiù in inverno, a Pasqua e in occasione delle feste patronali, rivestendo un ruolo centrale nei palmentieri, particolare dono preparato in onore del santo patrono. La piastra usata per cuocere questo dolce, detto "lu ferre", veniva portato in dote dalla donna, infatti, nella parte centrale, recava incise le iniziali della futura sposa.

Molise In Molise le ferratelle sono chiamate anche "cancelle". Sono fatte risalire ad un dolce degli antichi Romani detto Crustulum [2] . Anch'esse, come le ferratelle abruzzesi, sono prodotte mediante uno stampo di acciaio o ghisa che imprime la propria forma ai dolci, spesso con scalanature incrociate che ricordano certi cancelli, da cui il nome. Fino agli anni sessanta erano servite ai matrimoni.

Lazio Con lo stesso nome si indica anche un Prodotto agroalimentare tradizionale laziale: testimonianze orali [3] raccontano che da oltre cinquant'anni è prodotto tale dolce che attualmente risulta a rischio di estinzione.

Ferratella

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Note [1] La scheda della regione Abruzzo (http:/ / www. arssa. abruzzo. it/ images/ stories/ documents/ Tradizionali/ pizzelle. pdf) [2] http:/ / www. prodottitipici. com/ prodotto/ 5073/ Ferratelle. htm [3] Scheda del prodotto regionale laziale (http:/ / www. prodottitipici. com/ prodotto/ 4837/ Ferratelle. htm)

Voci correlate • Waffel

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Collegamenti esterni • La ricetta (http://www.taccuinistorici.it/ricetta.php?ricetta_id=524&ricetta_dove=3) Portale Abruzzo Portale Lazio

Portale Cucina Portale Molise

Frìtole La frìtoła (in italiano Frittella) è il dolce tipico del carnevale di Venezia e, con alcune varianti, di tutto il Veneto; con il nome di fritulis si trovano anche frequentemente in Friuli. Per tradizione le frìtole si preparano dal 7 gennaio, ovvero con il tradizionale inizio del periodo carnescialesco. Le frìtole vengono inoltre preparate anche nei giorni di metà quaresima. Le frìtole veneziane tradizionali, preparate con una pastella di farina, uova, latte e zucchero, uvetta sultanina, pinoli, fritte e servite con una spolverata di zucchero semolato . Le tipiche fritole veneziane hanno una dimensione che non supera i Fritulis friulane 4 cm di diametro e sono vuote, quelle ripiene sono, invece, simili ai Krapfen austriaci, e si trovano in molte differenti varieta, l'interno può essere con diversi tipi di creme o marmellate.

Voci correlate • Dolci carnevaleschi • Cucina veneziana

Bibliografia • Pietro Longhi La venditrice di frìtole Portale Cucina

Portale Veneto

Granita

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Granita La granita è un dolce freddo al cucchiaio, tipico della Sicilia. Si tratta di un composto liquido semi-congelato preparato con acqua, zucchero e un succo di frutta o altro ingrediente (oltre alla frutta sono più diffusi mandorla, pistacchio, caffè o cacao). Viene spesso confusa con il sorbetto, insieme al quale può essere considerata uno dei progenitori del gelato e dal quale si differenzia per la consistenza più granulosa (da cui il nome) e cremosa allo stesso tempo — anche se questa consistenza varia di zona in zona (vedi sotto) ed è quasi indistinguibile da quella del sorbetto classico nella Sicilia orientale [1] .

Tris di granite: fragola, mandarino e mandorla.

Il contenuto in zuccheri è del 25-35%, mentre quello in acidi è dello 0,5-1%[2] . A differenza del gelato e del sorbetto, l'aria nel prodotto finale sarà completamente assente. Nella preparazione è importante che la gelatura avvenga per gradi e mantenendo in movimento il composto, in modo che l'acqua non si separi sotto forma di cristalli di ghiacco insipidi dall'aroma zuccherato[3] . Si serve solitamente in bicchieri di vetro trasparenti. Originariamente era accompagnata dal pane, mentre oggi viene normalmente abbinata con la tipica brioche siciliana preparata con pasta lievitata all'uovo e dalla forma a base semisferica sormontata da una pallina (chiamata coppoletta). A granita câ briosci era ed è la colazione tipica dei siciliani, specialmente in estate e nelle zone costiere [3] . In alternativa, la granita viene anche consumata “da passeggio”, servita in bicchieri di plastica, cartone plastificato o polistirolo, per rinfrescarsi durante lo struscio nelle lunghe serate estive. Inoltre è abitudini diffusa nei bar siciliani quella di aggiungere piccole quantità di granita di limone per creare variazioni del tè freddo, dell'acqua minerale o perfino della birra. La granita di caffè viene invece aggiunta al caffè freddo.

Storia Le origini della granita vengono solitamente fatte risalire alla dominazione araba in Sicilia. Gli arabi portarono con sé la ricetta dello sherbet, bevanda ghiacciata aromatizzata con succhi di frutta o acqua di rose[4] . In Sicilia, usavano la neve che d'inverno veniva raccolta sull'Etna, sui monti Peloritani, Iblei o Nebrodi e stivata durante l'anno nelle nivieri, apposite costruzioni in pietra erette sopra grotte naturali o artificiali. In estate veniva prelevato il ghiaccio formatosi per essere poi grattato e ricoperto di sciroppi di frutta o di fiori. Questa preparazione, che sopravvive anche nella grattachecca romana, era diffusa ancora fino al primo Novecento con il nome di rattata (grattata)[3] . Durante il XVI secolo si apportò un notevole miglioramento alla ricetta dello sherbet, scoprendo di poter usare la neve, mista a sale marino, come eutettico per poter congelare le preparazioni - la neve raccolta passò così da ingrediente a refrigerante. Nacque il pozzetto, un tino di legno con all'interno un secchiello di zinco, che poteva essere girato con una manovella. L'intercapedine veniva riempita con la miscela eutettica e il tutto poi posto in un letto isolante di paglia. La miscela congelava il contenuto del pozzetto per sottrazione di calore, mentre il movimento rotatorio impediva la formazione di cristalli di ghiaccio troppo grossi[3] . La granita così preparata ha soppiantato nei secoli la rattata. Nel corso del XX secolo, il pozzetto manuale raffredato da ghiacco (o neve) e sale è stato dappertutto sostituito dalla gelatiera.

Granita

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Gusti e varianti locali Granita di mandorla Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Granita alla mandorla con brioche Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Sicilia paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria

Zona di produzione Sicilia Dettagli Accedi al portale Cucina

Granita di gelsi neri Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Sicilia paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria

Zona di produzione Sicilia Dettagli Accedi al portale Cucina

Non si può facilmente determinare una “formulazione originale” della granita. Secondo fonti autorevoli, le granite più tradizionali erano quelle ai gusti di limone, cannella, gelsomino e “scursunera” (barba di becco) [5] [6] . Mentre la barba di becco oggi non viene più utilizzata, il termine dialettale scursunera viene ormai impiegato, specie nel palermitano, per designare la granita di gelsomino con cannella[7] . Le varianti classiche più diffuse in tutta l'isola sono la granita al limone, alla mandorla e al caffè[6] .

Granita

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Le mandorle usate per la preparazione della granita contengono sempre una minima percentuale di mandorla amara, decisiva per l'intenso aroma. La granita nella descritta consistenza semi-liquida è diffusa soprattutto nella parte orientale dell'isola. Nella parte occidentale il termine "granita" viene regolarmente applicato alla gramolata (in Sicilia chiamata cremolata), a consistenza più fine ed omogenea, e le due ricette si sovrappongono e confondono spesso. Molto diffusi nel Catanese sono il gusto al pistacchio (originario di Bronte), alla mandorla (la minnulata catanese, cioè mandorlata, su cui si versa un goccio di caffè caldo) ed i gusti alle frutta: gelsi neri, pesca, fragola, mandarino, ananas. Una peculiarità catanese è la cosiddetta “granita di cioccolato”, che in realtà è preparata con il cacao magro [1] . A Catania spesso si gusta tagliando la brioche a metà e riempiendola di granita, e una copertura di panna fresca. A Messina sono più diffuse le granite di caffè, di fragola e di gelso, servite con l'aggiunta di un velo di panna.

Riconoscimenti La Regione Siciliana ha inserito nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani le seguenti varianti: • granita di gelsi neri • granita di mandorla

Note [1] [2] [3] [4] [5] [6]

Jeffrey Steingarten, The Mother of All Ice Cream in The Man Who Ate Everything, Vintage Books, 1997, 361–380. ISBN 0-375-70202-4 Harold McGee, On Food and Cooking, Scribner, 2004. 0-684-80001-2 Angelo Benivegna, Il gusto della tradizione, Trapani, Coppola Editore, 2003. ISBN 88-87432-28-7 Afshin Molavi, Persian Pilgrimages, W. W. Norton & Company, 2002. ISBN 03-93051-19-6 Giuseppe Pitrè, Cartelli, pasquinate, canti, leggende, usi del popolo siciliano, Palermo, Reber, 1913. Giuseppe Coria, Profumi di Sicilia. Il libro della cucina siciliana, Catania, Cavallotto, 1981 (ristampa 2006), pp. 528-530. ISBN 88-86803-00-1 [7] Rosario Perricone, Dietro il nome della Scorzonera (http:/ / ricerca. repubblica. it/ repubblica/ archivio/ repubblica/ 2010/ 08/ 14/ dietro-il-nome-della-scorzonera. html), www.repubblica.it, 14. agosto 2010

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Portale Sicilia

Grattachecca

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Grattachecca La grattachecca è un alimento rinfrescante tipico della città di Roma. È preparato con ghiaccio grattato a neve al quale vengono aggiunti uno o più sciroppi o succhi di frutta. Deriva il suo nome dal verbo grattare e da checca, termine con il quale un tempo si identificava il grosso blocco di ghiaccio utilizzato per refrigerare gli alimenti quando ancora non esistevano i frigoriferi. A differenza della granita che viene prodotta con acqua mescolata a sciroppi o succhi e messa a congelare, la grattachecca è composta da ghiaccio grattato da un singolo blocco di grandi dimensioni, anche fino a un metro di lunghezza, con un apposito raschietto provvisto di una camera vuota posteriore che consente di accumulare il ghiaccio grattato così ottenuto. Il contenuto della camera è generalmente sufficiente per riempire un bicchiere e una volta riempito il bicchiere con il ghiaccio così ottenuto viene aggiunto succo di frutta o sciroppo. Un tempo alimento molto comune nelle giornate estive in Roma, negli anni è stato sostituito da più semplici granite, realizzate con macchinari che prendono acqua mescolata a sciroppi e la congelano mescolando continuativamente e impedendo all'acqua di formare un blocco unico o da una versione moderna della grattachecca consistente in cubetti di ghiaccio tritati con un tritaghiaccio elettrico ai quali viene aggiunto poi succo di frutta o sciroppo. A Roma solo pochi chioschi oramai preparano la grattachecca con ghiaccio grattato da un singolo blocco e non con cubetti di ghiaccio tritati.

Collegamenti esterni • Video sulla preparazione della grattachecca [1] Portale Cucina

Note [1] http:/ / www. youtube. com/ watch?v=SYXw9PWQflE

Portale Lazio

Mandorlato

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Mandorlato MANDORLATO Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Mandorlato di Cologna Veneta Origini Luogo d'origine Regione

Italia Veneto

Categoria

Prodotti da forno

Zona di produzione

Cologna Veneta

Dettagli Accedi al portale Cucina

Il mandorlato è un dolce prodotto nella zona di Cologna Veneta. Nato dalla combinazione di pochi ingredienti, esso è diventato il dolce delle feste natalizie.

Storia Ancora oggi non si riesce a stabilire la data certa dell'invezione di questo dolce. È possibile, come si evince da antichi scritti, che il mandorlato fosse già conosciuto ed apprezzato al tempo della Serenissima Repubblica, che regnava incontrastata su gran parte del territorio veneto. Sempre antiche fonti riportano che nel 1905 il mandorlato arrivò anche dentro le mura leonine di Roma, nelle mani di Papa Pio X. La produzione moderna del mandorlato ha avuto inizio nel 1852 con Italo Marani e Rocco Garzotto, suo aiutante. Oggi si contano ben dodici ditte che attualmente lo producono, sia industrialmente che artigianalmente.

Ingredienti e ricetta Quattro sono gli ingredienti tipici per la sua fabbricazione: mandorle, miele, zucchero e albume d'uovo. Il dosaggio e la precisa osservanza degli intervalli stabiliti per immettere o vari ingredienti, sono indispensabili; nel calderone vanno inseriti con il seguente ordine: miele, zucchero, albume e le mandorle, senza dimenticare, infine, la temperatura che deve essere costante per tutte le otto ore circa occorrenti per una perfetta cottura. Di seguito la ricetta artigianale completa di una delle più antiche famiglie produttrici di mandorlato di Cologna Veneta: riscaldare il miele a fuoco moderatissimo, sempre rimescolando per circa trenta minuti, lasciare intiepidire per altri trenta minuti, aggiungere una parte degli albumi montati a neve. Far riposare e riscaldare. Ripetere l'operazione con l'altra parte degli albumi montati a neve. Aggiungere le mandorle e la cannella. Mescolare molto bene e poi versare in un recipiente basso e largo, foderato di cialde bianche. Chi lo desidera, può aggiungere alle mandorle anche pezzettini di cedro candito. A freddo, si spacca a pezzetti.

Mandorlato

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La festa del Mandorlato Cologna Veneta, ogni anno a dicembre in concomitanza con la festa dell'Immacolata Concezione - da oltre un decennio - festeggia con una fiera la produzione ultracentenaria di questo dolce tipico.

Voci correlate • Torrone • Halva

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Portale Veneto

Mastazzoli Mastazzoli

Mastazzoli dolce tipico della Cucina siciliana. Origini Altri nomi

mastazzola mustazzola

Luogo d'origine Diffusione

Italia Sicilia

Dettagli Categoria

dessert

Ingredienti principali ficodindia zucchero vaniglia noci tritate ciliegie canditi Varianti

Accedi al portale Cucina

Mustaccioli napoletani Mustazzoli .

Mastazzoli

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I mastazzoli[1] detti in dialetto mastazzola, sono dei tipici dolci siciliani, più precisamente della zona etnea e della provincia di Catania

Cenni storici Dolce consumato già all'epoca del Regno delle Due Sicilie[2] Veniva servito in occasione di feste, da quella del Santo Patrono arrivando al matrimonio, ma anche . Veniva consumato anche come rito propiziatorio del raccolto annuale. Si tramandano le sue proprietà salutari.[3] .

Preparazione Viene tritata la polpa dei ficodindia dell'Etna, il tutto amalgamato e poi fatto bollire fino ad ottenere un impasto caramellato, il preparato viene fatto essiccare al sole per alcuni giorni. Si serve con noci tritate e zucchero a velo vanigliato da versare sopra.

Varianti Esistono numerose varianti, alcune di esse sono presenti nella regione salentina e prendono il nome di mustazzoli e nella regione campana con il nome di mustaccioli.

Note [1] Rizzo R., Iozzia M., La cucina dei Benedettini a Catania, Maimone, 2000. ISBN 978-88-7751-144-7 [2] Spagnoletti A., Storia del regno delle due Sicilie, Il Mulino, 2008. ISBN 978815128255 [3] Pitrè G., Medicina popolare siciliana, C. Clausen, 1896.

Bibliografia • Salvatore Farina, Dolcezze di Sicilia. Arte cultura storia tradizioni e ricette dei dolci e della pasticceria di Sicilia, Lussografica, 2009, pag.192. ISBN 88-8243-214-9 • Eleonora Consoli, La cucina del sole. Ricette siciliane di ieri e di oggi, Flaccovio, 2004, pag.383. ISBN 88-7758-607-9 • Salvatore Spoto, Sicilia antica, Urso, 2002, pag.354. Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Migliaccio (gastronomia dell'Emilia-Romagna)

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Migliaccio (gastronomia dell'Emilia-Romagna) Il migliaccio è un dolce tipico dell'Emilia-Romagna e dell'Umbria, oggi poco diffuso, che si realizzava utilizzando come ingrediente principale il sangue suino cotto in padella con poco olio d'oliva. Era arricchito di zucchero, pinoli e uvette ed, infine, guarnito con aroma di vaniglia o zucchero vanigliato. Ne risultava una specie di torta dolce dello spessore di circa 20 mm e dal gusto gradevole, seppure forte. Portale Cucina

Portale Emilia

Portale Umbria

Pan dell'orso Il pan dell'orso è un dolce abruzzese, simile al parrozzo, cui differisce nella preparazione dell'impasto, perché c'è l'aggiunta del miele e del burro per dare più morbidezza all'impasto. A conferma di questo, il nonno dell'attuale proprietario fu dipendente della Luigi D'amico Parrozzo che invento il prodotto all'inizio del 900 La zona di produzione è il Parco nazionale d'Abruzzo, precisamente a Scanno. Il nome è dovuto al simbolo del Parco nazionale d'Abruzzo, l'orso marsicano. Il dolce viene definito il dolce che sa di montagna.

Voci correlate • Parrozzo • Cucina abruzzese

Collegamenti esterni • Info sul sito ufficiale di Scanno [1] Portale Abruzzo

Note [1] http:/ / www. scanno. org/ scanno_dolci. htm

Portale Cucina

Pandolce

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Pandolce PANDOLCE Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Liguria Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Genovesato Dettagli Accedi al portale Cucina

« Cose diesci se ghe föse, pe poeì dì: dulcis in fundo, dö-trae fette de pan döçe?... Sae o menù completo e riondo... »

Il pandolce genovese o semplicente pandolce (in ligure pandöçe o pan döçe, nel sanremese pan du bambin) è un prodotto tipico soparttutto del Genovesato, ma anche del resto della Liguria è comune durante le festività natalizie. Ha forma rotonda ed è basso, fino a qualche anno fa veniva tenuta una fetta per i poveri e una per il giorno di San Biagio il 3 febbraio. Nel Regno Unito è chiamato Genoa Cake (Torta di Genova). Deriva forse dal dolce genovese del Pane con lo Zibibbo, secondo un'altra teoria deriva da un dolce importato dalla Persia. Oggi è preparato anche nella varietà "alta". Secondo alcuni fu il doge della Repubblica di Genova Andrea Doria a bandire un concorso tra i maestri pasticcieri di Genova per un rappresentativo della ricchezza di Genova, nutriente, a lunga conservazione e adatto ai lunghi viaggi per mare.

Ingredienti • • • • • • • • • • •

farina burro anice lievito uva sultanina zibibbo zucca candita cedro candito pinoli acqua di bergamotto semi di finocchio

Pandolce

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Talvolta nella ricetta viene aggiunto latte o vino Marsala o pistacchi.

Collegamenti esterni • Storia del pandolce [1] Portale Cucina

Portale Liguria

Note [1] http:/ / www. placidasignora. com/ 2007/ 12/ 20/ storia-del-pandolce/

Pandoro PANDORO DI VERONA, NADALIN Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Un classico Pandoro Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Veneto Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Provincia di Verona Dettagli Accedi al portale Cucina

Il pandoro è un tipico dolce veronese, che viene consumato soprattutto durante le festività natalizie. Insieme al panettone è uno dei dolci natalizi più tipici in Italia. La pasta è soffice e di colore dorato per la presenza delle uova, e profuma di vaniglia. La forma è a tronco di cono, con rilievi a forma di stella, di solito ad otto punte. Fra gli ingredienti si annoverano: farina, zucchero, uova, burro, burro di cacao e lievito. La tecnica di lavorazione è particolarmente complessa e consta di molte fasi di lavorazione.

Pandoro

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Storia Secondo alcuni le origini della ricetta sono da ricercare in Austria, dove si produceva il cosiddetto "Pane di Vienna", probabilmente derivato, a sua volta, dalla "brioche" francese. Secondo altri, invece, potrebbe derivare dal "pane de oro" che veniva servito sulle tavole dei più ricchi veneziani [1] . La sua nascita risale al 1800, come evoluzione del "Nadalin", dolce veronese. Il 14 ottobre 1894 Domenico Melegatti, fondatore dell'omonima industria dolciaria, depositò all'ufficio brevetti un dolce morbido e dal caratteristico corpo a forma di stella a otto punte, opera dell'artista Angelo Dall'Oca Bianca, pittore impressionista.

Come viene servito Il pandoro tradizionale non viene guarnito internamente con creme o canditi (come il panettone). Con il tempo le case produttrici hanno cercato di differenziare la propria offerta inventando o riutilizzando particolari ricette, ed è oggi possibile quindi gustare il pandoro in diverse versioni, farcito con crema pasticcera o ricoperto da uno strato di cioccolato, ecc. È consigliabile riscaldarlo prima di consumarlo. Sovente il pandoro viene venduto in scatole di cartone con lo zucchero a velo in un sacchettino a parte che gli acquirenti dovranno versare sul dolce personalmente al momento dell'apertura (questo anche per evitare che lo zucchero a velo con un contatto prolungato con il dolce durante il periodo di confezionamento perda le sue caratteristiche). Trattandosi di un dolce già piuttosto zuccherato in molti però non ne fanno uso.

Note [1] Le origini del pandoro secondo la scheda del sito della regione Veneto (http:/ / www. regione. veneto. it/ NR/ rdonlyres/ 17AC450C-CC33-47DA-A0E6-F061E6224FD7/ 0/ panetteria_1. pdf)

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Collegamenti esterni • Fiera Nazionale del Panettone e del Pandoro (http://www.panettonepandoro.com/), fiera nazionale dedicata ai due prodotti da forno natalizi che prevede rassegne e degustazioni gratuite

Voci correlate • Dolci natalizi • Panettone • Focaccia veneta Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Panettone

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Panettone PANETTONE Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Panettone Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Lombardia paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Milano Dettagli Accedi al portale Cucina

Il Panettone, paneton[1] in lombardo (pronuncia fonetica IPA: /paneˈtuŋ/), è un tipico dolce milanese, associato alle tradizioni gastronomiche del Natale ed ampiamente diffuso in tutta Italia. Il panettone tradizionale lombardo è notoriamente quello alto, esiste anche la variante piemontese, bassa e larga.

Generalità Tipicamente ha una base cilindrica di 30 cm di altezza che termina in una forma a cupola. Basi ottagonali o a sezione a forma di stella sono più comuni per il pandoro. È ottenuto da un impasto lievitato a base di acqua, farina, burro, uova o anche tuorli, al quale si aggiungono frutta candita, scorzette di arancio e cedro in parti uguali, e uvetta. Il panettone nasce a Milano ai tempi di Ludovico il Moro, e ancora oggi è prodotto secondo la ricetta di 500 anni fa. A Milano fino al 900 erano in moltissimi tra fornai e pasticceri a produrre il panettone, oggi però le grandi ditte industriali di panettoni sono dislocate in tutta Italia, mentre a Milano rimangono ancora tanti artigiani che producono un panettone secondo la ricetta tradizionale. Oggi il Panettone è un dolce tipico Italiano tutelato dal D.M. 22-07-2005 percentuali minime per poter essere definito tale.

[2]

che ne specifica gli ingredienti e le

Storia e storie del Panettone Chi scoprì il panettone secondo la tradizione? Le origini del panettone sfumano a tratti nella leggenda. Sono due le storie che godono di maggior credito. 1) Messer Ughetto degli Atellani, falconiere, abitava nella contrada delle Grazie a Milano. Innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere da lui come garzone e, per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce: con la migliore farina del mulino impastò uova, burro, zucchero e uva sultanina. Poi infornò. Fu un successo strabiliante, tutti vollero assaggiare il nuovo pane, e qualche tempo dopo i due giovani innamorati si sposarono e vissero felici e contenti. 2) Il cuoco al servizio di Ludovico il Moro fu

Panettone incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale, a cui erano stati invitati molti nobili del circondario, ma il dolce, dimenticato nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose una soluzione: “Con quanto è rimasto in dispensa – un po’ di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta – stamane ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola”. Il cuoco acconsentì e, tremante, si mise dietro una tenda a spiare la reazione degli ospiti. Tutti furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto: “L’è ’l pan de Toni”. Da allora è il “pan di Toni”, ossia il panettone.

il Panettone attraverso i secoli Pietro Verri narra di un’antica consuetudine che nel IX secolo animava le feste cristiane legate al territorio milanese: a Natale la famiglia intera si riuniva intorno al focolare attendendo che il pater familias spezzasse “un pane grande” e ne porgesse un pezzo a tutti i presenti in segno di comunione. Nel XV secolo, come ordinato dagli antichi statuti delle corporazioni, ai fornai che nelle botteghe di Milano impastavano il pane dei poveri (pane di miglio, detto pan de mej) era vietato produrre il pane dei ricchi e dei nobili (pane bianco, detto micca). Con un'unica eccezione: il giorno di Natale, quando aristocratici e plebei potevano consumare lo stesso pane, regalato dai fornai ai loro clienti. Era il pan de’ sciori o pan de ton, ovvero il pane di lusso, di puro frumento, farcito con burro, zucchero e zibibbo. Alla fine del Settecento si verificò una novità inattesa: la Repubblica Cisalpina s’impegnò a sostenere l’attività degli artigiani e dei commercianti milanesi favorendo l’apertura dei forni, mondo di delizie in cui guizzavano indaffarati i prestinée, e delle pasticcerie, regno incantato degli offelée. Nel corso dell’Ottocento, durante l’occupazione austriaca, il panettone diventò l’insostituibile protagonista di una piacevole abitudine: il governatore di Milano, Ficquelmont, era solito offrirlo al principe Metternich come dono personale.

Produzione Quasi 100 milioni di pezzi tra panettone e pandoro sono stati prodotti in Italia nel 2008 per un valore di circa 600 milioni di euro.[3]

Ingredienti Per la produzione del panettone artigianale milanese si utilizzano esclusivamente i seguenti ingredienti: • Acqua • Farina • Zucchero • Uova fresche e/o tuorli pastorizzati • Latte pastorizzato e/o latte UHT e/o latte condensato e/o latti fermentati e/o yogurt • Burro e/o burro anidro • Burro di cacao • Uvetta sultanina • scorze di arancia candite • cedro candito • Lievito naturale • Sale Si possono utilizzare in aggiunta: • Miele • Malto ed estratto di malto

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Panettone • Vaniglia • Aromi naturali. Secondo la tradizione non è consentito l’uso di alcun altro ingrediente, ed in particolare di: lievito di birra, amido, grassi vegetali (ad esclusione del burro di cacao), siero di latte e derivati, lecitina di soia, coloranti, conservanti, ingredienti provenienti da OGM (Organismi Geneticamente Modificati).

Il processo di produzione Il processo di produzione del Panettone Tipico della Tradizione Artigiana Milanese prevede le seguenti fasi di lavorazione: • 1) Preparazione del lievito naturale. Si intende per “lievito naturale” un impasto costituito da acqua e farina di frumento, acidificato dalla attività fermentativa di lieviti e batteri lattici derivanti dalla madre. Si intende per “madre” una porzione d’impasto di lievito naturale prelevata da una lavorazione precedente che funge da innesto microbico. • 2) Preparazione degli impasti lievitati. La quantità degli ingredienti, la successione delle aggiunte dei vari ingredienti, il numero di impasti e le condizioni di lievitazione (tempo, temperatura, umidità) che si adottano per ottenere l’impasto finale dipendono dalla scelta del produttore. Tale discrezionalità, che è basata sulla esperienza e tradizione di ogni produttore, contribuisce a creare quella varietà di gusti, aromi e strutture che costituiscono la peculiarità e la ricchezza della produzione artigianale. 1° impastamento → sosta di lievitazione → impasto lievitato → 2° impastamento → sosta di lievitazione → impasto lievitato. • 3) Formatura. La fase di formatura condiziona l’ottenimento dell’aspetto finale del prodotto; viene tradizionalmente realizzata attraverso le seguenti operazioni: spezzatura, cioè porzionatura dell’impasto finale lievitato; “pirlatura”, cioè arrotondamento delle porzioni d’impasto; posa dei “pirottini”, cioè deposizione dell’impasto negli stampi di cottura. • 4) Lievitazione finale. La lievitazione finale si realizza nello stampo di cottura in condizioni di tempo, temperatura ed umidità dipendenti dall’esperienza personale dell’artigiano; durante la lievitazione si opera la “scarpatura” che consiste nell’incidere la superficie superiore dell’impasto con un taglio a forma di croce. • 5) Cottura. La cottura è di circa 50 minuti a 190° per pezzatura da 1 Kg. • 6) Raffreddamento. In questa fase è previsto il capovolgimento del prodotto. Al termine del raffreddamento viene stampata o punzonata la data sul pirottino in maniera indelebile.

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Panettone

Caratteristiche del prodotto finito Il Panettone Tipico della Tradizione Artigiana Milanese è un prodotto da forno a pasta morbida, a lievitazione naturale, avente una tipica forma cilindrica dovuta allo stampo di cottura che rimane attaccato al prodotto finito. La crosta superiore è screpolata e tagliata in modo caratteristico (scarpatura). La pasta presenta una struttura soffice ed alveolata e un aroma tipico della lievitazione a pasta acida. Il Panettone Tipico della Tradizione Artigiana Milanese deve contenere: • non meno del 20% in peso sul prodotto di uvetta sultanina, scorze di arancia candite e cedro candito sull’impasto; • non meno del 10% in peso di materia grassa butirrica sull’impasto.

Varianti L'industria ed i laboratori artigianali hanno proposto, negli ultimi vent'anni, numerose variazioni sul tema "panettone": glassato, senza canditi o uvetta, ripieno di crema, gelato o cioccolato per citare solo le più apprezzate. Viene anche esportato come dolce simbolo del Natale in moltissimi paesi.

Il marchio "Panettone" LA Camera di Commercio di Milano ha registrato un marchio (domanda n° MI2003C009035, data di deposito: 17 settembre 2003, n° brevetto 0001043875, data di registrazione 10 aprile 2007 con il titolo: panettone tipico della tradizione artigiana milanese - dello Sviluppo Economico, ufficio italiano marchi e brevetti [4]) che certifica che il panettone è prodotto in modo artigianale. L’uso del marchio è regolamentato da un disciplinare di produzione [5] redatto dal “Comitato dei Maestri Pasticceri Milanesi” costituito da rappresentanti di Associazioni di categoria del settore e da un rappresentante dei consumatori. Individuando in modo dettagliato ingredienti, fasi di lavorazione, caratteristiche del prodotto finito e relative modalità di vendita, il disciplinare qualifica questo dolce realizzato nel rispetto dell’antica tradizione della lavorazione artigianale.

Note [1] [2] [3] [4]

Francesco Cherubini, Vocabolario milanese-italiano, Volume 3, 1841, pag 164. http:/ / www. tuttocamere. it/ files/ attivita/ 2005_7_22. pdf http:/ / www. ravenna24ore. it/ news/ ravenna/ 002553-panettone-sfida-crisi http:/ / www. uibm. gov. it/ uibm/ dati/ Testo. aspx?load=info_tmpSingleUserList& loadOld=info_uno;708461;TradeMark& id=708461& table=TradeMark& loadTLS_ALS=''Ministero [5] http:/ / www. mi. camcom. it/ upload/ file/ 1335/ 667500/ FILENAME/ disciplinare_panettone_artigianale_2006. pdf

Bibliografia • • • • • •

“Leggende e storie milanesi" di Laura Maragnani - Franco Fava “Il panettone. Storia, leggende, segreti e fortune di un protagonista del Natale” di Porzio Stanislao “Cresci – l’arte della pasta lievitata” di Iginio Massari e Achille Zoia “Mille e un…panettone!” di Barbara Carbone e Dario Loison “Il Panettone – tante idee per un dolce Natale” ricettario a cura di Motta disciplinare di produzione (http://www.mi.camcom.it/upload/file/1335/667500/FILENAME/ disciplinare_panettone_artigianale_2006.pdf) • video sulla lavorazione del Panettone (http://www.youimpresa.it/video/storie-di-impresa/ un-natale-dal-gusto-brevettato)

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Panettone

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Voci correlate • • • •

Cucina milanese Dolci natalizi Milano Pangiallo

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Wikimedia Commons contiene file multimediali su Panettone

Collegamenti esterni • Fiera Nazionale del Panettone e del Pandoro (http://www.panettonepandoro.com/), fiera nazionale dedicata ai due prodotti da forno natalizi che prevede rassegne e degustazioni gratuite • Osservatorio sul Panettone e sul Pandoro (http://www.panettonepandoro.com/), ente di ricerche di mercato e statistiche per industria, artigiani e consumatori facente capo all'organizzazione della Fiera Nazionale del Panettone e del Pandoro Portale Cucina

Portale Milano

Panficato Il panficato è un dolce tipico dell'isola del Giglio. Nasce a Giglio Castello, il borgo fortificato dell'isola, utilizzando i frutti dell'isola: i fichi e l'uva essiccati al sole su piastre di granito. Assomiglia vagamente al panforte senese e molto probabilmente proprio da lui deriva. Infatti nel 1544, dopo una feroce scorreria saracena la famiglia dei Medici ripopolò l'isola con un trasferimento forzato di popolazioni di origine senese i quali contunuarono la loro tradizione utilizzando però ciò che offriva l'isola. Nella ricetta originaria al posto del vino, troppo prezioso, veniva utilizzata della vinella ottenuta dai raspi bagnati lasciati fermentare. Miele e cioccolato venivano aggiunti solo dalle famiglie abbienti. Per prepare il panficato occorrono ben due giorni di lavorazione.

Collegamenti esterni • Scheda del prodotto [1] Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Note [1] http:/ / www. provincia. grosseto. it/ pages/ mm4868. jsp

Panforte

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Panforte Panforte di Siena (Panforte bianco, nero, margherita), Panforte di Massa Marittima Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Toscana paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria, confetteria

Zona di produzione Provincia di Siena e comune di Massa Marittima, provincia di Grosseto Dettagli Accedi al portale Cucina

Il panforte è un tipico dolce natalizio che ha origini molto antiche: le prime testimonianze scritte risalgono all'anno Mille . A quel tempo veniva chiamato Pane Natalizio o Pane Aromatico o Pan Pepatus. La preparazione era demandata agli speziali, farmacisti dell'epoca, ed era destinato esclusivamente ai nobili, ai ricchi ed al Clero in considerazione al fatto che conteneva, oltre alle conce di arancia, cedro e melone, mandorle, droghe e spezie costosissime per quei tempi. Con il passare del tempo il Panpepato non subì sostanziali modifiche e gli ingredienti rimasero più o meno gli stessi, fino al 1879 anno in cui la regina Margherita andò in visita alla città di Siena. Per l'occasione uno speziale preparò un panforte senza la concia di melone e con una copertura di zucchero vanigliato anziché di pepe nero. I senesi l'offrirono alla regina come "Panforte Margherita", nome col quale questo panforte "bianco", più delicato, è ancor oggi noto e commercializzato.

Voci correlate • Pampepato

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Wikimedia Commons contiene file multimediali su Panforte

Collegamenti esterni • Panforte [1] • Panpepato e panforte: tradizioni senesi [2] • Panforte e Panpepato [3] • Panforte di Siena [4]

Panforte

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Portale Cucina

Portale Toscana

Note [1] [2] [3] [4]

http:/ / www. idea2006. it/ natale/ panforte. htm http:/ / www. adgblog. it/ 2007/ 12/ 09/ panpepato-e-panforte-tradizioni-senesi/ http:/ / www. tuscanjourney. org/ dolci-toscani/ panforte-e-panpepato/ index_ita. html http:/ / www. agriturismiitaliani. info/ toscana/ prodotti_tipici/ panforte_di_siena. html

Panna cotta Panna cotta è un tipo di budino italiano, ottenuto unendo panna, latte e zucchero, miscelandoli con gelatina e lasciando raffreddare il tutto. Si tratta di un dolce di origine piemontese, la cui data di nascita è tuttora sconosciuta. È attualmente diffuso in tutta Italia, dove viene generalmente servita con salsa ai frutti di bosco, caramello o cioccolato. Ricette simili a quella della panna cotta si possono trovare in Grecia, Francia e Inghilterra (Blancmange)

Voci correlate

Panna cotta in salsa di frutti di bosco

• Budino • Caramello

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Wikimedia Commons contiene file multimediali su Panna cotta Il Libro di cucina di Wikibooks contiene ricette relative a questo argomento Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Pastiera

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Pastiera PASTIERA Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Pastiera Napoletana Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Campania Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Tutta la regione Campania, provincia di Reggio Calabria Dettagli Accedi al portale Cucina

La pastiera è un dolce napoletano tipico del periodo pasquale, uno dei capisaldi della cucina napoletana e soprattutto reggina (ovvero diffusa nella zona di Reggio Calabria e provincia). Ha avuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale

Origini La leggenda che vuole la sirena Partenope creatrice di questa delizia deriva probabilmente dalle feste pagane e dalle offerte votive del periodo primaverile. In particolare la leggenda è probabilmente legata al culto di Cerere le cui sacerdotesse portavano in processione l'uovo, simbolo di rinascita che passò nella tradizione cristiana. La ricetta attuale fu perfezionata proprio nei conventi e divennero celebri quelle delle suore del convento di San Gregorio Armeno.

Caratteristiche La pastiera è una torta di pasta frolla farcita con un impasto a base di ricotta, frutta candita, zucchero, uova e grano bollito nel latte. La pasta è croccante mentre il ripieno è morbido. Il colore è giallo oro molto intenso. Il profumo e il sapore cambiano a seconda delle spezie e degli aromi utilizzati durante la preparazione. Nella ricetta classica gli aromi utilizzati sono cannella, canditi, scorze d'arancia, vaniglia e acqua di fiori d'arancio. Oggi ci sono numerose variazioni alla ricetta classica che vanno dall'aggiunta di crema pasticcera nell'impasto interno, al cioccolato bianco nella pasta frolla. Le massaie partenopee la preparano di solito il giovedì santo o il venerdì santo.

Pastiera

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Citazioni letterarie La diffusione di pastiera, così come del casatiello, altro piatto napoletano tipicamente pasquale, risale almeno al '600. Lo testimonia la seguente citazione tratta dalla favola la gatta Cenerentola di Giambattista Basile (1566–1632) che descrive i festeggiamenti dati dal re per trovare la fanciulla che aveva perso lo scarpino:

« E,venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato. » (Giambattista Basile, La gatta Cenerentola.)

Aneddoti e curiosità Narra la leggenda che la sirena Partenope, simbolo della città di Napoli, dimorasse nel Golfo disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, e che da qui ogni primavera emergesse per salutare le genti felici che lo popolavano, allietandole con canti di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti, accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d’amore che la sirena aveva loro dedicato e, per ringraziarla, sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnarle i doni della natura: la farina, la ricotta, le uova, il grano tenero, l'acqua di fiori d'arancio, le spezie e lo zucchero. La sirena depose le offerte preziose ai piedi degli dei, questi riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera, che superava in dolcezza il canto della stessa sirena. Si racconta che Maria Teresa d'Asburgo-Lorena, seconda moglie di re Ferdinando II di Borbone, soprannominata la Regina che non sorride mai, cedendo alle insistenze del marito buontempone, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere. Giambattista Basile, in La gatta Cenerentola, sesto racconto del Pentamerone, menziona la pastiera fra le delizie del banchetto finale. Negli ultimi tempi si è sviluppata anche una scuola piemontese di pastiera che ha il suo cuore a Collegno. Il sapore di queste pastiere settentrionali ha ottenuto un giudizio “spettacolare” ad una recente competizione dolciaria.

Fonti • Sito ufficiale della Pastiera [1]

Altri progetti • •

Wikimedia Commons contiene file multimediali sulla Pastiera Il Libro di cucina di Wikibooks contiene ricette relative a questo argomento

Voci correlate • Dolci pasquali

Collegamenti esterni • Sito ufficiale della Pastiera [1] • Ricetta della pastiera [2] • Ricetta tradizionale della pastiera [3] Portale Cucina

Portale Napoli

Pastiera

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Note [1] http:/ / www. pastiera. it/ [2] http:/ / www. ricette-veloci. com/ dolci/ pastiera-napoletana/ [3] http:/ / www. ricettetradizionali. it/ ricette/ dolci/ pastiera. html

Pignolata glassata Pignolata glassata Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Tipico aspetto della Pignolata Origini Luogo d'origine Regioni

Categoria

Italia Sicilia Calabria Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Messina e Reggio Calabria Dettagli Accedi al portale Cucina

La pignolata glassata è un dolce tipico delle due città dello Stretto di Messina ovvero Messina e Reggio Calabria; il dolce è ampiamente diffuso, comunque, anche nella Sicilia orientale (in cui sono presente diverse varianti come quella ragusana) e nell'area calabrese da Melito a Scilla con glassa al gusto di bergamotto, oltre come tradizione vuole al limone e al cioccolato della ricetta originaria. Tradizionalmente tipico del periodo di carnevale, tuttavia oggi lo si produce tutto l'anno. Si presenta come un mucchietto di pigne di varie dimensioni ricoperte di glassa bianca al limone e scura al cioccolato e dall'odore di essenza di limone (o bergamotto) e cioccolato vanigliato.

Storia La pignolata glassata deriva direttamente dalla pignolata al miele, che prevedeva un mucchietto di "pigne" fritte ricoperte da miele (versione ancora diffusa nei comuni montani delle due province. La pignolata glassata nasce nel periodo della dominazione spagnola, quando su commissione di famiglie nobili si rielaborò la precedente ricetta "povera" sostituendo la copertura con una dolcissima glassa aromatizzata al limone ed al cacao. Oggi la pignolata, che nel corso dei secoli si è diffusa in tutta l'area dello Stretto, è il dolce tipico più apprezzato della zona e vi è prodotto in grandi quantità per l'esportazione in Italia ed all'estero.

Pignolata glassata

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Tradizione Giuseppe Polimeni, nel suo testo "Quando a Reggio non c’erano i cornetti" afferma che "Il Carnevale, si diceva, era la festa della trasgressione, dell’illiceità, del superamento dell’atavica fame. Sulla tavola trasbordavano i maccarruni i zita con ragù di maiale (rassu e mariu), pasta o furnu, polpette che piacevano ai bambini, ma questi aspettavano soprattutto la distribuzione generosa della pignolata. Questo dolce era composto da palline di pasta fritte nello strutto e poi assemblata in mucchietti ricoperti con glassa di cioccolato ed al limone, oppure composto in piccoli coni impastati e ricoperti con il miele e decorati con confettini colorati[1] ".

Ricetta della Pignolata Messinese Ingredienti: Dosi: g 500 farina bianca, g 50 burro, 5 uova, g 150 cioccolato fondente, g 200 miele, limone, olio per friggere, sale. Istruzioni per la preparazione: Dolce caratteristico di Messina, realizzato artigianalmente dai pasticceri, secondo antica tradizione. Riccioli di pasta bignè infornata o fritta, poi glassati al limone e cioccolato. Impastate la farina con le uova intere, il burro ammorbidito e un pizzico di sale. Lavorate gli ingredienti fino ad avere un formato elastico e morbido per poi coprire con una tovaglia e lasciar riposare un'ora. Prendete la pasta, tagliatela in piccole corde spesse un dito e lunghe circa due centimetri. Infornate a 180 Gradi o friggete gli gnocchetti di pasta con molto olio ben caldo (nella variante Ragusana) e poneteli su carta assorbente. In un tegame di buona portata fate sciogliere, a fuoco basso, il miele e ritiratelo quando è trasparente, grattugiate della buccia di limone e mettete i gnocchetti fritti. Ponete il tutto in un piatto da dolci di buona portata formando una montagnuola. Fate sciogliere in una pentola, a bagnomaria, il cioccolato: spalmatelo in maniera uniforme sulla pignolata e servite.

Note [1] Giuseppe Polimeni, Quando a Reggio non c'erano i cornetti, Calabria Sconosciuta anno XVI n. 58.

Bibliografia http://www.siciliainfesta.com/ricette/pignolata_messinese.htm • Luigi Veronelli, L'aristocrazia dei cibi, supplemento al n. 1211 di "Epoca" 1973, Mondadori, Milano.

Voci correlate • • • • •

Struffoli Cicerchiata Cicerata (pasticceria) Purceddhruzzi Sannacchiudere Portale Cucina

Portale Sicilia

Pinza (gastronomia)

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Pinza (gastronomia) La pinza (in lingua veneta pinsa) è un tipico dolce del Veneto, Friuli e di alcune vallate del Trentino. Con questo nome si indicano però anche dolci del tutto differenti, come a Bologna e a Trieste. La ricetta varia da località a località, ma se ne possono delineare le caratteristiche generali. Gli ingredienti sono semplici, tipici della tradizione contadina, comunque oggi molto più ricchi che in passato: vengono impastate insieme farina bianca, farina gialla, lievito, zucchero, uova con l'aggiunta di canditi, uva passa e semi di finocchio. Va consumato insieme a del vino rosso, in particolare Fragolino o vin brulé.

Pinza bolognese

Il dolce era consumato durante le feste natalizie (poteva raggiungere il metro di diametro), specialmente in occasione dei roghi di inizio anno (le pìroe-paroe o panaìni, panevìni, vècie) e magari cotte tramite gli stessi[1] . L'etimo della parola forse è lo stesso dell'italiano "pizza"[2] .

Note [1] Renato Zanco, La cucina della Marca trevigiana: dal raìcio rosso al... tirame sù, Bussolengo, Demetra, 1996, pp. 108-109. [2] Giuseppe Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia, Premiata tipografia di Giovanni Cecchini, 1856, pp. 511. Portale Cucina

Portale Veneto

Risino

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Risino Il risino è un dolce di pasticceria molto diffuso nel territorio veronese. Consiste in un cestinetto (le sue dimensioni sono solitamente equivalenti a quelle di un bignè) con un ripieno di riso lessato mescolato a una crema pasticcera. La sua forma "a cestinetto" è generalmente ovale e alta circa 3 cm. Esistono versioni e forme diverse in altre città e regioni ma nel veronese è un dolcetto molto diffuso che si trova normalmente nei bar assieme alle brioches. Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Sabadone I sabadoni sono un prodotto dolciario tipico della cucina romagnola ed emiliana. Sono una sorta di ravioli dolci di forma rettangolare ripiene di marmellata di pere e mele cotogne o mostarda bolognese, unita ad una poltiglia di castagne secche lessate e con aggiunta di svariati aromi quali scorza di limone o quant'altro a piacimento. I sabadoni possono essere fritti, cotti al forno o pre bollendo la pasta prima della farcitura. Successivamente vengono inzuppati nella saba, uno sciroppo zuccherino ottenuto con mosto concentrato a fuoco. Prima di servirli si possono cospargere di zucchero a velo.

Voci correlate • Saba • Cucina romagnola • Cucina emiliana

Collegamenti esterni • La ricetta della saba e dei sabadoni [1] Portale Cucina

Portale Emilia

Note [1] http:/ / www. mondodelgusto. it/ 2008/ 02/ 01/ ricetta-della-saba-e-dei-sabadoni/

Portale Romagna

Sacripantina

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Sacripantina SACRIPANTINA Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Sacripantina Origini Luogo d'origine Regione

Italia Liguria

Categoria

Dolci e confetture

Zona di produzione

Genova

Dettagli Accedi al portale Cucina

La Sacripantina è una tipica torta a cupola di origine genovese preparata su una base di pan di Spagna e farcita sia con crema pasticcera bianca che al cacao e nocciole (talvolta con zabaione), ricoperta di pezzetti di pan di Spagna e zucchero a velo. Dura circa tre giorni in frigorifero a 4 °C.

Collegamenti esterni Il disciplinare sul sito della Regione Liguria [1] Portale Cucina

Portale Liguria

Note [1] http:/ / www. agriligurianet. it/ cgi-bin/ liguria/ agrinet3/ ep/ vetrina/ dettaglioProdottiTipici. do?oid=247039& id=Torta_Sacripantina& BV_SessionID=@@@@1830547810. 1183884936@@@@& BV_EngineID=cccfaddlgkgjdhicefeceffdgnndffk. 0

Savòr

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Savòr Il savòr è un dolce tipico della tradizione contadina romagnola. È un dolce mieloso scuro e di sapore molto intenso ricco di calorie, adatto ai periodi invernali, quando appunto erano necessarie per lavorare nei campi.

Ricetta Ogni massaia (azdòra) ne aveva una tramadata da madre in figlia o figlio. Si parte con del mosto di uva, rossa o bianca, molto matura quindi ricca di zuccheri naturali,facendolo bollire non troppo forte, perché si concentra troppo veloce e prende un sapore sgradevole di bruciato. Si concentra il mosto fino al 50% si preparano gli ingredienti che si vogliono aggiungere: mele e pere cotogne tagliate a spicchi, pere volpine sempre a spicchi, mele dalla polpa soda gratugiate, buccia di melone secca a cubetti (questa si deve rearare in estate conservandola in un vaso di vetro ben chiuso), noci, mandorle dolci sbucciate, nocciole, pinoli, uva passa, fichi secchi piccoli interi, buccia di arancia e limone canditi a cubetti. Le frutte fresche debbono essere circa la metà del tutto, mentre l'altra metà dei frutti secchi e canditi debbono essere in parti più o meno uguali. Rovesciare il tutto nel pentolone del mosto mescolando ogni tanto; fare bollire, non troppo forte per qualche ora fino a quando, facendo la prova piatto, vedete che il composto ha un bel colore marrone scuro e denso (tipo miele) assaggiate la frutta dai pezzi più grossolani, se è cotta ma non si scioglie e i frutti secchi sono più teneri, a questo punto si dovrebbe essere giunti alla fine, totale di tempo circa 7-8 ore. Si lascia intiepidire e mette invasi che si possono chiudere bene, non è necessario farli bollire di nuovo. Il "savòr" si accompagna molto bene con formaggi teneri (squacquerone, tomini, casatella ecc,) ottimo per colazione, merenda e come dessert. Portale Cucina

Portale Romagna

Scarsella orbetellana

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Scarsella orbetellana la Scarsella è un dolce tipico del periodo pasquale. viene preparata con la pasta della schiaccia di pasqua; ha forma di ciambella ovale,ad uno dei poli, decisamente più grande, viene posto un uovo sodo fermato con una croce fatta con due strisce di impasto. la forma caratteristica di questo dolce vuole riprendere l'omonima borsa di cuoio che veniva portata alla cintura e che conteneva denaro (l'uovo).

Scumuni Scumuni

Scumuni gelato dellaCucina siciliana. Origini Altri nomi

pezzo duro

Luogo d'origine Regione

Italia Sicilia

Diffusione

Penisola italiana Dettagli

Categoria

dessert

Ingredienti principali uova zucchero latte cioccolato essenza vaniglia essenza canditi Varianti

pezzo duro catanese

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Lo scumuni è un gelato artigianale siciliano a due gusti[1] tipico della provincia di Catania.

Scumuni

Cenni storici Dolce risalente ai tempi in cui gli arabi dominivanano l'isola siciliana, veniva utilizzato in occasione della varie feste, come quella del santo patrono o durante i banchetti di fidanzamenti e matrimoni, arrivando ad essere offerto come torta nuziale[2] . Il suo utilizzo divenne celebre e diffuso soprattutto verso la fine del XVII[3] .

Preparazione dello scumuni Si utilizzano uova che dopo averle impastate con l'aggiunta di latte viene diviso in due parti alla prima si aggiunge l'essenza di cioccolato alla seconda quella di vaniglia. Dopo viene lasciato raffreddare il preparato in un congelatore. Ne esistono molteplici varianti.

Voci correlate • Biancavilla • provincia di Catania

Note [1] Salvatore Farina,Dolcezze di Sicilia. Arte cultura storia tradizioni e ricette dei dolci e della pasticceria di Sicilia,2009,ISBN 88-8243-214-9 [2] Coria G, Usi Nuziali e Mangiar di Nozze in Sicilia, Catania, Cavallotto, 2005. ISBN 978-88-86803-06-9 [3] Spagnoletti A., Storia del regno delle due Sicilie, Il Mulino, 2008. ISBN 88-15-12825-5

Bibliografia • Salvatore Farina, Dolcezze di Sicilia. Arte cultura storia tradizioni e ricette dei dolci e della pasticceria di Sicilia, Lussografica, 2009, pag.192. ISBN 88-8243-214-9 • Spagnoletti A., Storia del regno delle due Sicilie, Il Mulino, 2008. ISBN 88-15-12825-5

Collegamenti esterni .

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Tiramisù

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Tiramisù Il tiramisù è un dolce italiano ed è uno dei più diffusi al mondo. È un dessert al cucchiaio a base di savoiardi inzuppati nel caffè, crema di mascarpone e uova.

Storia La prima attestazione scritta del nome risale solamente al 1971, in un articolo di Giuseppe di Clemente [1] . Giuseppe Maffioli (1925-1985) esperto enogastronomo nel 1981 nella Fetta di tiramisù. rivista "Vin Veneto: rivista trimestrale di vino, grappa, gastronomia e varia umanita del Veneto" storicizza la creazione del dolce fra la fine degli anni 60 e gli inizi degli anni 70 localizzandolo presso il ristorante “Alle Beccherie” di Treviso gestito dalla famiglia Campeol ad opera di un cuoco pasticciere che aveva lavorato in Germania, Roberto “Loly” Linguanotto[2] [3] . Il nome del dolce in veneto “tiramesù” poi italianizzato in “tiramisù”, sarebbe stato adottato per le sue capacità nutrizionali e ristoratrici.[4] [5] [6] Lo stesso Linguanotto in una intervista recente[7] afferma che la prima ricetta deriverebbe dallo “sbatudin” un composto di tuorlo d’uovo sbattuto con lo zucchero utilizzato comunemente dalle famiglie contadine come “ricostituente” a cui venne semplicemente aggiunto del mascarpone. Una ricetta del tiramisù si può trovare nel libro "I dolci del Veneto" di Giovanni Capnist del 1983 anche se il dolce non è indicato con il suo famoso nome.[8] Ulteriori conferme alla storicità e localizazzione del dolce possono essere ritrovate anche in testi più recenti come "Cucina e tradizioni del Veneto" (testo per istituti alberghieri), anch’esso localizza la creazione del dolce presso il ristorante "Beccherie" di Treviso da parte di un cuoco con precedenti esperienze mittleuropee, il testo presenta maggiori incertezze per il collocamento temporale "dell'invenzione" individuato “nell’immediato dopoguerra”. [9] La ricetta del tiramisu non è presente in libri di cucina precedenti agli anni sessanta. Ciò consente di supporre che il tiramisù come lo si conosce ora sia una recente invenzione.[10] Elemento ulteriore è la mancanta identificazione del dolce nelle enciclopedie e dizionari degli anni 70 e 80 dello scorso secolo.[11] [12] [13] L'origine genericamente veneta del dolce viene più recentemente affermata anche da enciclopedie e vocabolari.[14]

Leggende Una delle leggende sulla sua nascita pone la sua origine a Siena, come dolce preparato in occasione di una visita del Granduca Cosimo III (1642-1723) e denominato zuppa del duca. Se questa versione è teoricamente compatibile con l'introduzione in Italia di uno degli ingredienti principali del tiramisù, il caffé, non lo è altrettanto per l'utilizzo del mascarpone, che è un formaggio tipico della Lombardia, e per i savoiardi biscotti originari della Savoia entrambi poco verosimilmente usati nella pasticceria senese a cavallo del 1600 e 1700. Il mascarpone in particolare irrancidisce rapidamente e difficilmente poteva essere conservato e trasportato in tempi brevi dalla Lombardia alla Toscana. Anche l'utilizzo di uova crude all'interno di un dolce non soggetto a cottura, in passato, presentava delle difficoltà dato il rischio elevato di sviluppare la salmonella a causa dei precari metodi di conservazione degli alimenti esistenti a quei tempi. A oggi il tiramisù è riconosciuto come dolce principe della provincia di Treviso [15] avviene a Siena, dove non risulta tra i prodotti considerati tipici della zona.[18] [19]

[16] [17]

a differenza di quanto

Tiramisù Tra i ristoranti a cui viene attribuita la parternità del tiramisù si annoverano anche i trevisani "El Toulà" e "Al Fogher".[20] Una ipotesi vede come culla del tiramisù Castelfranco Veneto, della creazione i trevigiani si sarebbero successivamente appropriati. Una leggenda racconta che il conte di Cavour era duramente provato dai suoi tentativi di unificare l'Italia, così un pasticcere di Torino per sostenere il conte nella sua impresa creò il tirami su. Un'altra leggenda narra che nasca in seguito ad una specie di zabaione (rosso d'uovo, zucchero e marsala) sbattuto a freddo detto "Sbatudin" in uso nelle campagne venete e somministrato alle donne in post gravidanza per rinvigorirle. Viene perfezionato, in seguito, con l'aggiunta di biscotti e mascarpone. In particolare l'aggiunta del mascarpone sembra essere il piacevole risultato di una...burla. Nella campagna veneta di racconta che il "Sior Cesco", volendo prendersi gioco della figlia piagnucolona dell'oste che lamentava continua spossatezza le consigliò di aggiungere allo "sbatudin" (vedi sopra) una generosa dose di un medicinale di sua invenzione. Il "medicinale" altro non era che mascarpone, formaggio di cui il Sior Cesco era ghiotto. Tuttavia anziché inacidire il composto o renderlo sgradevole, quell'aggiunta rese ancor più saporito il "tonico" veneto e il Sior Cesco ricevette i complimenti della ragazza. Nella realtà il "Sior Cesco" potrebbe verosimilmente essere riconosciuto come Francesco De Lemene, studioso, poeta e scrittore originario di Lodi (zona in cui sembrerebbe essere nato il mascarpone), famoso per il suo carattere affabile e che più di una volta si trovò a soggiornare nelle campagne venete dovendo presenziare alle Università di Bologna e Padova. Altre recenti fonti sostengono che il dolce sia stato inventato in Carnia negli anni 50[21] . Tra coloro che asseriscono di aver creato il tiramisù risulta esservi anche un certo Carminantonio Iannaccone, attualmente residente negli Stati Uniti, che afferma di averlo inventato negli anni 70 quando si trovava a Treviso. [22]

Caratteristiche Oggi lo caratterizzano il gusto intenso e delicato, per prepararlo secondo la ricetta originale servono i seguenti ingredienti: biscotti savoiardi, uova, zucchero, caffè, mascarpone, cacao in polvere. Nella ricetta originale non è previsto liquore, in quanto il dolce nella sua origine era destinato a tutti, sia ai bambini che agli anziani, la forma originale del dolce è rotonda anche se la forma dei savoiardi favorisce l'uso rettangolare o quadrata della teglia. Nel tempo le persone hanno provato a cambiare la ricetta sostituendo alcuni ingredienti principalmente il caffè e sono nate varie varianti come: il tiramisù al cioccolato, ai frutti di bosco, al limone, alle fragole, all'ananas, allo yogurt, alla banana e al lampone. La sua lenta introduzione nei laboratori di pasticceria e cucine è stata causata principalmente da 3 fattori: 1. Il costo del mascarpone 2. Il dover utilizzare uova a crudo con rischi di contaminazione batterica da salmonellosi 3. La conservazione limitata all'uso di frigoriferi e non con le ghiacciaie molto diffuse sino a fine anni 50.

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Tiramisù

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Note [1] Fernando e Tina Raris "La Marca gastronomica : amore e nostalgia per la cucina e i vini di nostra tradizione”, Treviso, Canova, 1998. ISBN 8887061556. [2] http:/ / www. tiramesu. it/ [3] Vin Veneto: rivista trimestrale di vino, grappa, gastronomia e varia umanita del Veneto", Treviso, 1981, n. 01 anno VIII. [4] "Vin Veneto: rivista trimestrale di vino, grappa, gastronomia e varia umanita del Veneto", Treviso, 1981, n. 01 anno VIII. [5] http:/ / www. ilgiornaledelcibo. it/ tra-frigo-e-dispensa/ prodotto. asp?id=598& scheda=Tiramisu+ Tra+ Storia+ E+ Leggenda [6] http:/ / www. annamariavolpi. com/ page38. html [7] http:/ / www. tiramesu. it/ video. html [8] Giovanni Capnist "I dolci del Veneto”, Padova, Muzzio, 1983. ISBN 8870212394. [9] “Cucina e tradizione nel Veneto”, Treviso, Edizioni Cassamarca, pp 174, 1999. [10] Fernando e Tina Raris "La Marca gastronomica : amore e nostalgia per la cucina e i vini di nostra tradizione”, Treviso, Canova, pp 31, 1998. ISBN 8887061556. [11] Enciclopedia Europea Garzanti ed. 1981 [12] Enciclopedia Universale Rizzoli Larousse ed. 1971 [13] Dizionario della lingua italiana Garzanti ed. 1980 [14] http:/ / www. treccani. it/ vocabolario/ tiramisu/ [15] http:/ / www. marcadoc. it/ gustare/ Tiramisu. htm [16] http:/ / www. belpaese. it/ treviso/ comune. html [17] http:/ / www. anticoristorantebeccherie. it/ la-storia. html [18] http:/ / www. sienaatavola. it/ dolci. htm [19] http:/ / www. dolcitradizionitoscane. it/ dolci%20tradizioni%20toscane/ pasticceria%20tipica%20senese/ pasticceria%20tipica%20senese. htm [20] http:/ / www. ilgiornaledelcibo. it/ tra-frigo-e-dispensa/ prodotto. asp?id=598& scheda=Tiramisu+ Tra+ Storia+ E+ Leggenda [21] http:/ / carnia. la/ 2010/ 04/ 19/ il-tiramisu-fu-inventato-in-carnia/ [22] http:/ / www. washingtonpost. com/ wp-dyn/ content/ article/ 2007/ 07/ 10/ AR2007071000327. html

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Torrone tenero al cioccolato aquilano

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Torrone tenero al cioccolato aquilano Torrone tenero al cioccolato aquilano Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Abruzzo Torrone morbido al cioccolato

Zona di produzione L'Aquila Dettagli Accedi al portale Cucina

Il torrone tenero al cioccolato aquilano è una varietà di torrone nocciolato morbido prodotto nella città dell'Aquila fin dall'inizio del XIX secolo, caratterizzato dalla presenza di cacao nell'impasto. Questa varietà di torrone è prodotto in forma di stecca ed e costituita da un impasto morbido, spugnoso, di colore marrone con nocciole tostate. Ciò che lo differenzia dal torrone classico di Cremona è la presenza nell'impasto, oltre ad albume d'uovo, miele e zucchero, anche del cacao e la consistenza molto morbida della pasta. Il torrone tenero al cioccolato aquilano è stato inserito, su proposta della Regione Abruzzo[1] , nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali (P.A.T.) riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali[2] .

Metodologia di lavorazione Le materie prime utilizzate sono: nocciole, miele, zucchero, cacao, albume, ostia, vanillina. Il processo produttivo prevede che l'impasto sia realizzato inizialmente con il miele ed il bianco d'uovo che vengono fatti cuocere insieme. Si aggiungono di seguito il cacao, lo zucchero e le nocciole tostate. L'impasto, ancora caldo viene posto in teglie di acciaio foderate di ostia e raffreddato per una notte. II giorno seguente viene tagliato in vari formati e quindi confezionato. La lavorazione avviene in una torroniera con vasca in rame. Sono utilizzati anche: bollitori per zucchero, tostatrici per nocciole, battiuovo, teglie in acciaio, spatole per stendere l'impasto nelle teglie, taglerina.

Torrone tenero al cioccolato aquilano

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Note [1] Elenco Schede dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali dell’Abruzzo (http:/ / www. arssa. abruzzo. it/ index. php?option=content& task=view& id=226& Itemid=203) [2] Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Decreto 16 giugno 2010, recante "Decima revisione dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali" (in Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 154 del 5 luglio 2010 - Serie generale)

Voci correlate • Cucina abruzzese • Bibliografia sulla Cucina abruzzese Portale Cucina

Portale Abruzzo

Torta Barozzi Torta Barozzi Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione

Italia Emilia-Romagna

Zona di produzione

Vignola

Dettagli Accedi al portale Cucina

« ...Si presenta come una piccola zolla di terra e come una zolla si sbriciola... È un incantevole mistero fatto di mille aromi che confondono il palato in una sinfonia di dolcezza... » (Michele Serra)

La torta Barozzi è uno storico dolce di Vignola.

Storia Venne creata, col nome di "torta nera", alla fine del XIX secolo da Eugenio Gollini, il quale nel 1887 aveva aperto una pasticceria nel cuore della cittadina emiliana. Si racconta che Gollini amasse sperimentare dolci complessi, perfezionando le sue creazioni di giorno in giorno. Finalmente la Torta nera venne definita nella sua attuale ricetta, divenendo nel giro di poco tempo uno dei simboli di Vignola, come la Rocca o il Palazzo Boncompagni. La Pasticceria iniziò ad essere frequentata non solamente dai vignolesi, ma anche da persone venute da fuori per assaggiare la torta famosa. Nel 1907, durante il quarto centenario della nascita di Jacopo Barozzi, detto "il Vignola", venne ribattezzata in

Torta Barozzi

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"Pasta Barozzi", che divenne in seguito "Torta Barozzi".

Marchio Nel 1948 il nome della "Torta Barozzi" venne tutelato da Eugenio Gollini, omonimo nipote dell’inventore, che ne registrò il nome ed il marchio, regolarmente rinnovato ogni vent’anni. Per la storia del prodotto, e per quest’ultimo motivo, più che di dolce tradizionale, si può parlare di “dolce storico” di Vignola, pur essendo una delle ricette più comunemente imitate nelle case di tutta la zona del modenese.

Fama L’originalità della ricetta consiste in una sapiente proporzione di arachidi (l’ingrediente principale della torta), mandorle, cacao e caffè, anche se gli esatti quantitativi ed il preciso metodo di preparazione rimangono tutt’oggi un segreto custodito gelosamente dagli eredi di Gollini. Il nome della torta è andato rapidamente diffondendosi in tutta la provincia ed anche in buona parte della regione. Numerose sono le famiglie modenesi che vantano di essere in possesso di ricette, anch’esse rigorosamente "segrete", più o meno simili all’originale Torta Barozzi. Anche le pasticcerie di quasi tutta la zona generalmente vendono preparazioni molto simili, ma mai esattamente identiche, vendute solitamente come "torta TIPO Barozzi", per ovvi motivi di marchio, e lo stesso avviene anche nei ristoranti. Negli ultimi anni anche le gelaterie hanno incominciato a produrre il gusto "torta Barozzi". Nel film TV Solo desserts, girato nel 2004 dal regista inglese Kevin Connor, il protagonista è un cuoco del Bronx, di origine italiana, che partecipa ad una gara di cucina per salvare la pasticceria di famiglia. Vincerà grazie alla sua preparazione della torta Barozzi ed alla fiducia in se stesso.

Voci correlate • Cucina emiliana

Collegamenti esterni • Sito ufficiale Torta Barozzi [1] • Articolo su La Stampa [2] Portale Cucina

Portale Emilia

Note [1] http:/ / www. tortabarozzi. com/ index. htm [2] http:/ / www. lastampa. it/ _web/ cmstp/ tmplRubriche/ Cucina/ grubrica. asp?ID_blog=56& ID_articolo=433& ID_sezione=275& sezione=

Torta Bertolina

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Torta Bertolina TORTA BERTOLINA Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Una torta Bertolina Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Lombardia Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Pianura cremasca Dettagli Accedi al portale Cucina

La torta Bertolina (denominata più comunemente solo Bertolina, dialetto cremasco: Bertulina) è un dolce tipico autunnale dell'area cremasca. Ha forma cilindrica, ma in alcuni casi anche pezzata, specie se venduta presso gli esercizi alimentari; ha un colore marroncino e, appena sfornata, produce un intenso profumo di uva fragola. La crosta non è uniforme e bucherellata. Può avere delle varianti, specie a livello di produzione familiare. Le origini sono incerte, ma probabilmente vanno collocate temporalmente a dopo il 1800: le prime notizie sull'uva fragola, importata dall'America, risalgono ai principi del XIX secolo e forse è stata successivamente ibridata con la vite comune[1]

Ingredienti • • • • • • • • • •

Farina 0. Farina di mais. Zucchero. Zucchero a velo. Burro. Olio. Uova. Vaniglia. Uva fragola (detta anche uva americana). Lievito di birra.

Torta Bertolina

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La Sagra della Bertolina Ogni anno, nel mese di settembre, si allestisce a Crema la Sagra della Bertolina; in piazza Duomo è possibile degustare la torta.

Fonti Prodotti Tipici [2]

Note [1] Vedi la voce sull'uva fragola in Wikipedia [2] http:/ / www. prodottitipici. com/ prodotto/ 10775/ Torta-Bertolina. htm Portale Cucina

Portale Lombardia

Torta di Canegrate Torta di Canegrate

Origini Luogo d'origine

Italia

Regione

Lombardia

Diffusione

Canegrate

Dettagli Categoria

dessert

Accedi al portale Cucina

La torta di Canegrate (in insubre "Torta da Canegràa") è un dolce tipico della Lombardia Nord-Occidentale. È una ricetta tipica di Canegrate, comune della Provincia di Milano.

Voci correlate • Canegrate

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Portale Lombardia

Torta di tagliatelline

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Torta di tagliatelline Torta di tagliatelline, di tagliolini o torta ricciola è un dolce emiliano nato agli inizi del 1800, a base di gustosa sfoglia all'uovo farcita alternando tagliatelline fini a mandorle e zucchero. È considerata originaria di Molinella nel bolognese che è l'unico comune ad averla registrata come marchio De.Co. (denominazione comunale di origine)[1] . Questo dolce è diffuso in versioni simili nel ferrarese, bolognese e modenese.

Note [1] http:/ / www. comune. molinella. bo. it/ modelli/ mod030001. aspx?ID=92 Portale Cucina

Portale Emilia

Torta setteveli La torta setteveli è un dolce tipico della città di Palermo. Il suo nome deriva dall'essere costituita da vari strati: pan di spagna al cacao, base pralinata, crema bavarese alle nocciole, mousse al cioccolato, ghiaccia a specchio e decorazioni al cioccolato. Ha vinto il Campionato del Mondo di Pasticceria 1997/8. Portale Cucina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cucina

Tortionata

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Tortionata TORTIONATA Prodotto agroalimentare tradizionale (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173)

Origini Luogo d'origine Regione Categoria

Italia Lombardia Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

Zona di produzione Lodi Dettagli Accedi al portale Cucina

La Tortionata o Tortjonata[1] è un dolce friabile a base di mandorle tipico della città di Lodi, riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali come prodotto agroalimentare tradizionale italiano[2] . Affine alla più nota sbrisolona, ama distinguersene con una certa punta d'orgoglio, soprattutto per l'assenza della farina gialla dalla lista degli ingredienti. Vanta antiche origini: la torta sarebbe nata nella prima metà dell'Ottocento dalle mani del pasticciere Carlo Tacchinardi che tramandò la ricetta ai figli Giovanni e Gaetano. Quest'ultimo la passò al proprio figlio Alessandro a cui, secondo la tradizione popolare, si deve il nome del dolce. Alessandro l'avrebbe chiamata così da un gioco di parole: la "torta di quando io sono nato", ovvero la "torta io nata" (da lì il nome definitivo). Nel 1885 Alessandro Tacchinardi depositò legalmente il nome della torta lodigiana unitamente al marchio d'impresa.

Ricetta Tonda, alta un paio di centimetri, colore dorato, friabile e non lievitata, deve la sua suadenza al profumo del burro che nel Lodigiano ha un'antica tradizione e all'aroma delle mandorle pugliesi che probabilmente erano reperibili in terra lombarda grazie ai mercanti che importavano i vini marsalati. Per la preparazione occorrono: 300 g di farina bianca 00; 150 g di burro; 150 g di zucchero; 150 g di mandorle sgusciate e pelate; un tuorlo d'uovo e scorza di limone q.b.. Si tritano le mandorle e si fanno tostare leggermente in forno. Si impastano tutti gli ingredienti aggiungendo per ultima la scorza di limone si dispone il compostro in una teglia coperta da carta forno, non superare l'altezza di due centimetri. Si lascia riposare un'oretta, poi, sulla superficie, coi rebbi della forcheta, si disegnano delle graffiature in modo da creare delle righe trasversali incrociate. Cuocere in forno per circa un'ora a 120° C. Cospargere di La torta si può servire anche con lo zabaione e si abbina bene con vini marsalati, Moscato, Malvasia dolce o vino passito.

Tortionata

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Note [1] [| dataarchivio = Tortjonata]. Provincia di Lodi. URL consultato il 28-03-2009. (archiviato dall'url originale) [2] [| dataarchivio = Bollettino Ufficiale Regionale - Schede dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Lombardia]. Regione Lombardia. URL consultato il 28-03-2009. (archiviato dall'url originale)

Voci correlate • Cucina lodigiana Portale Cucina

Portale Lombardia

Zabajone Lo Zabaione o Zabajone o Zabaglione è una crema dolce e spumosa a base di uova, zucchero e vino o vino liquoroso. Negli anni cinquanta diede origine, in Italia, a noti liquori come il Vov e lo Zabov.

Cenni storici Lo zabaione è una preparazione che vanta parecchi secoli di storia. Tuttavia vi sono fonti discordanti riguardo alle sue origini ed al suo nome.

Zabaione

Una di queste tradizioni racconta che sia stato "inventato" nel 1500 vicino a Reggio Emilia per una casualità. Si narra che il capitano di ventura Emiliano Giovanni Baglioni arrivò alle porte della città e si accampò. A corto di viveri mandò, com'era uso a quel tempo, alcuni soldati a razziare i campi dei contadini della zona.Il raccolto, però, fruttò ben poco e il Capitano Baglioni si ritrovò con uova, zucchero, qualche fiasca di vino e delle erbe aromatiche. In mancanza d'altro fece mescolare il tutto e lo diede ai soldati al posto della solita zuppa e questi ne furono entusiasti. L'uso popolare chiamava Giovanni Baglione 'Zvàn Bajòun' e la crema ne prese il nome diventando prima 'Zambajoun', poi Zabajone e infine Zabaglione. Un'altra tradizione, almeno altrettanto affermata, sostiene che questo preparato sia stato inventato, sempre nel XVI secolo, a Torino e chiamata crema di San Baylon e quindi semplicemente Sambayon per ricordare il francescano Pasquale Baylón, santo protettore dei cuochi. Ma le più antiche fonti certe sullo zabaione arrivano da Mantova. È mantovana infatti, la più antica ricetta conosciuta, e si deve ad un cuoco di corte della famiglia Gonzaga. Eccola: "Per far un zambalione: Si pigliarà ova fresche sei, zuccaro fino in polvere libra una e meza, vino bianco oncie sei, il tutto si sbatterà insieme, e poi si pigliarà un tegame di pietra vitriato a portione della detta composizione, si mettarà due once di butiro a disfar nel tegame, quando sarà disfato si butterà la composizione dandogli fuoco sotto e sopra. Se si vorrà mettere nella composizione cannella pista se ne mettarà un quarto, se si vorrà ammuschiar conforme il gusto, avertendo però alla cottura che non si intostisca troppo. Puoi fare ancora il zambalione in questa maniera: pigliarai oncie due di pistacchi mondi, pellati e poi pistati nel mortaio e stemprali con il vino, che va fatto il zambalione, e questo zambalione serve assai per i cacciatori, perché alla mattina, avanti vadino alla caccia, pigliano questo; se per sorte perdessero il bagaglio possano star così sino alla sera; se può fare con il latte di pignoli, come di sopra, e per convalescenti, che non possono pigliar forza, si fa col seme di melone." A Venezia si narra che nel XVII secolo si consumasse una crema di queste caratteristiche proveniente dalle coste della Dalmazia, chiamate in dialetto Zabaja e che da queste derivi il nome. È tuttavia probabile che queste tradizioni siano almeno in parte romanzate e che, considerando la diffusione degli ingredienti e la loro semplice reperibilità, una crema simile allo zabaione fosse nota e diffusa in tempi ben più

Zabajone

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remoti: per esempio nel 1533 un dolce simile allo zabaione era servito, in forma ghiacciata, alla corte di Caterina de' Medici ed è probabile un'ascendenza ancora più antica. Qualunque fosse la sua origine, la ricetta si diffuse ovunque, legandosi ai diversi vini liquorosi tradizionali (Porto, Marsala, Xeres, Rivesaltes), grazie alla maliziosa tradizione che lo pubblicizzò come rinvigorente nei giochi d'amore. La ricetta tradizionale piemontese prevederebbe l'utilizzo di moscato dolce, tuttavia è attestato anche l'uso di vini rossi o bianchi non liquorosi come il Barbera, il Nebbiolo o l'Arneis.

Preparazione e accompagnamento Lo zabaione viene preparato a caldo, a bagnomaria, e montato sino ad essere ben soffice con una frusta da cucina. Accompagna tagli di gelato alla crema, alcuni biscotti come le Paste di meliga e alcune torte di noci; è la base principale del ripieno della Torta Ostiglia. È una preparazione diffusa in molti paesi d'Europa, comune tanto nella cucina casalinga quanto nelle cucine dei migliori chef.

Voci correlate • Polsonetto

Collegamenti esterni Portale Alcolici

Portale Cucina

Zuccotto Lo Zuccotto è un tipico dolce della tradizione culinaria fiorentina, le cui origini risalgono ad una invenzione di Caterina de' Medici.

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Wikibooks contiene testi o manuali su Zuccotto Portale Cucina

Portale Firenze

Portale Toscana

Fonti e autori delle voci

Fonti e autori delle voci Sfogliatella  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39338736  Autori:: Absinthe, Ary29, Ask21, Cherubino87, Dani4P, Fabrox, Guarracino, Inviaggio, Jacklab72, Jacopo, Massimiliano Lincetto, Mess, Nipisiquit, Nuceria5, Perique des Palottes, Raffaelediana, SimoneMLK, Xaura, 12 Modifiche anonime Pasta sfoglia  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39315870  Autori:: Buggia, Dani4P, EXEAIR, Ediedi, Fabionoir, Jacopo, Jaqen, L'apprendista stregone, MaEr, Osk, RanZag, Tinette, Yone Fernandes, 6 Modifiche anonime Pasta frolla  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38114648  Autori:: Al Pereira, Balfabio, Basilero, CavalloRazzo, Dani4P, Ggonnell, GordonF, Guarracino, Il vento nel fieno, Kenger, Larry Yuma, Ngebendi, Nnaluci, Rojelio, Strella, The Doc, Tinette, Tonio77, 13 Modifiche anonime Spongata  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=32524745  Autori:: Caulfield, Dani4P, Fil, Illy78, LucaG83, Mizardellorsa, Nrykko, OrsOrazio, Sbisolo, Sentruper, Xaura, 3 Modifiche anonime Zuppa inglese  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39392230  Autori:: Absinthe, Cantalamessa, Dani4P, Diádoco, Enribilli, Exairetos, F l a n k e r, Giancarlodessi, Hal8999, No2, Pracchia-78, Quatar, RanZag, Sentruper, Tinette, Unriccio, 26 Modifiche anonime Torta della nonna  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=35157075  Autori:: Ary29, Dani4P, Diádoco, Lucacasprini, Taueres, 1 Modifiche anonime 'Mpanatigghi  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38129831  Autori:: Airon90, Bartolao, No2, Number55, Valepert, Xaura, 15 Modifiche anonime Anello di Monaco  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38129924  Autori:: Franzk, Gabrasca, Memedesimo Asabesi  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=24346279  Autori:: Dani4P, No2, Popo Lucas, Remulazz, Vituzzu Baxin d'Albenga  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38131280  Autori:: 13morris, Dr Zimbu, Luckyz, No2, 6 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Fonti, licenze e autori delle immagini

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