DivinitaDellAntico Egitto

April 13, 2017 | Author: sixejo | Category: N/A
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nome significa "il nascosto, il misterioso", all'origine era un dio primordiale la cui esistenza era appena conosciuta da una ristretta cerchia di teologi. Durante il Primo Periodo Intermedio fu adottato per ragioni politiche dai principi tebani come divinità principale della città di Tebe, e sotto la XI dinastia, con l'Egitto nuovamente unificato, il santuario di Amon a Karnak divenne il tempio dinastico. I teologi del Medio Regno donarono alla loro espressione del divino un concetto universale: Amon significa "ciò che è nascosto, ciò che è inconoscibile", cioè dio. Il potere regale di Amon sugli dèi definiva la molteplicità infinita delle sue manifestazioni. Amon, la cui funzione per molti secoli fu quasi esclusivamente politica, fu considerato il dio principale dell'intera regione e prese posto come dio del re nel pantheon egizio. Fu in seguito assimilato al dio Ra dal clero tebano, d'accordo con i sacerdoti di Eliopoli, per conferire ad Amon il titolo di divinità cosmica, onde il nuovo nome "Amon-Ra", che non era la sintesi di Amon e di Ra, ma una nuova figura, una nuova unità che si aggiungeva ai due dèi; il sincretismo non significa "identità" o "fusione delle divinità", ma unione tra gli dèi. Amon-Ra era il re di tutti gli dèi, sposo di Mut a Tebe e padre di Khonsu, ma sulla riva occidentale a volte Amon era sposo di Hathor e padre di Harmachis, "Horo nell'orizzonte". Era rappresentato sotto forma umana, suo emblema era un casco cilindrico sormontato da due lunghe piume verticali. L'Egitto, durante la XVIII dinastia, per merito dell'energica politica di conquista di alcuni sovrani come Thutmosi I e soprattutto Thutmosi III, era riuscito a conquistare molti territori nel Levante ed in Nubia, diventando così una delle più grandi potenze dell'antico Oriente. Il grande beneficiario di queste vittorie fu Amon, che ricevette non solo la gloria dei trionfi, ma anche una parte importante del bottino di guerra e dei tributi annuali dei popoli sottomessi, e così il clero di Amon divenne un potentissimo proprietario terriero, elemento di primo piano della politica interna egizia. Il "Primo Sacerdote di Amon" divenne il personaggio più importante del regno, dopo il sovrano, con influenze non solo religiose ma anche politiche. Amon-Ra era ormai una divinità cosmica e gli inni a lui diretti erano esclusivamente solari; il dio era il Demiurgo universale, il creatore di tutto ciò che esisteva, patrono di una vera e propria teocrazia. Il clero tebano lo pose alla testa di una corporazione di 15 dèi: la "Grande Corporazione" (Montu, Atum, Shu, Tefnet, Geb, Nut, Osiri, Iside, Seth, Nephti, Horo, Hathor, Sobek, Tatenen, Iunit); vi era anche una "Piccola Corporazione", anch'essa di 15 membri. Amon era anche il "Signore dell'Occidente", il che esprimeva la sovranità del dio sull'Oltretomba;

ritroveremo, nel tempio di Filae, nella forma di Iside con il figlio Horo, a ricevere in dono due specchi da parte di Augusto. Nel

Nuovo Regno però non sono rimaste molte tracce della natura pacifica delle due dee: esse sono, in battaglia, lo scudo del re, e sono attaccate al suo carro da combattimento. Quando il sovrano Thutmosi IV (XVIII dinastia, Nuovo Regno) si lancia sul nemico sul suo carro, egli "guida i cavalli in modo esperto come Astart". Nella leggenda di Horo e Seth, alla morte di Osiri i due dèi aspirano alla sua successione: uno come figlio e l'altro come fratello. Gli altri dèi sono incerti, perché pur riconoscendo i diritti del piccolo Horo, temono la violenza del terribile Seth. Il mito termina, dopo incidenti di ogni sorta, con il trionfo di Horo grazie all'intervento di Osiri, che gli dèi si decidono a consultare. Le dee Anat e Astart vengono entrambe attribuite a Seth come "compenso", avendo egli perso il giudizio con Horo. Nella leggenda riportata dal papiro Harris esse sono certamente le spose di Seth, poiché il suo avversario Horo impedisce loro di partorire figli; in un altro racconto si legge che gli dèi avevano portato Astart dalla Siria in Egitto, la misero solennemente fra di loro e le donarono una sedia su cui sedersi, "i grandi si levarono dinanzi a lei e i piccoli si distesero a terra". L'adozione di divinità straniere in Egitto fu una conseguenza diretta della politica di conquista che aveva favorito l'immigrazione di asiatici. Questi dèi, esclusivamente onorati in origine dagli stranieri, furono rapidamente adottati dagli egizi che li assimilarono talvolta a certe loro divinità. Queste divinità straniere non erano venerate solo dalla gente comune, ma anche dai sovrani, che per ragioni politiche adottarono gli dèi dei popoli che essi avevano vinto. I sovrani egizi desideravano dimostrare che gli dèi stranieri erano costretti a servire la loro gloria. È interessante osservare che le divinità straniere avevano spesso l'attrattiva della novità, e non erano rivestite, come gli dèi locali, di quel carattere maestoso che poteva tenere distante la povera gente. ATEN o ATON:

Aten vivente. La dottrina dell'Aten è esposta nel grande inno

che lo stesso re Amenhotep IV - Akhenaten aveva composto: quale sia il senso di questo inno è assai chiaro a prima vista: Aten, il disco solare, era il demiurgo universale, il dio primordiale che tutto creava e a tutto provvedeva. Aten era "partorito ogni giorno dal cielo". La sua presenza in cielo era garanzia di vita per tutto il mondo e per tutti gli esseri, che in questa unione con la provvidenza divina ritrovavano una loro intima parentela ed una dignità che non poteva mai essere annullata. L'iconografia dell'Aten lo raffigurava come disco solare dal quale partivano raggi terminanti con piccole mani, alcune delle quali recavano il segno ankh

, simbolo della vita eterna. Aten, il

creatore, era il padre della dea Maat, e questa divinità personificava più che la verità e la

riproduzione e della fertilità, e personificava la forza riproduttrice della natura e il potere procreatore degli uomini, degli animali e delle piante. Il dio Min era sempre raffigurato come uomo itifallico, con due piume sul capo ed il flagello nella mano distesa. Sembra che nei tempi antichi della preistoria Min abbia avuto il ruolo di dio dello stato; in effetti parecchi passi dei Testi delle

si esercitò sull'intero Egitto; infine si deduce che egli morì di morte violenta, essendo tutta la leggenda fondata su questa circostanza. In certi passaggi dei Testi delle Piramidi Osiri è direttamente opposto a Ra: egli è considerato come il Signore dell'Oltretomba ed il suo destino è nettamente legato a quello dei defunti. Gli egizi di quell'epoca consideravano l'aldilà come una specie di contropartita del cielo, e l'avevano identificato, non ammettendo l'esistenza di un universo invisibile, con il cielo notturno. L'aldilà diviene così il regno delle stelle e Osiri, destinato a regnare in queste regioni, poté essere riavvicinato al mondo celeste. Non solo le stelle gli erano sottomesse, ma anche l'universo percorso dal dio-sole; le barche solari diventavano sua proprietà ed il traghettatore del lago celeste era chiamato "il traghettatore di Osiri"; anche l'occhio solare si pose al suo servizio. Tale evoluzione si può spiegare con l'ipotesi che Osiri fosse un antico sovrano defunto e divinizzato, e come tale dovesse salire in cielo per raggiungere il dio sole Ra; infatti per il dogma eliopolitano il destino del re morto era connesso con la sua origine divina, di conseguenza ecco l'ascesa in cielo del re, figlio del sole, accanto al padre suo Ra. Questo privilegio fu accordato anche ad Osiri, affiancato aRa come tutti gli altri re-morti, e quindi Osiri divenne il Signore del Cielo. È chiaro che l'accostamento delle due divinità è puramente artificiale, esclusivamente dettato dall'esigenza di introdurre Osiri in un sistema religioso che si desiderava universale, ma che non costituì mai, in realtà, una credenza viva e popolare. L'accostamento di Osiri con la luna fu accolto dagli egizi con un favore assai più unanime, perché questo nuovo aspetto della divinità poteva essere facilmente accostato alla leggenda. Identificato con la luna, Osiri apparteneva al mondo notturno; ed era in qualche modo giustificato il potere esercitato su Osiri da Seth, che era essenzialmente un dio delle tenebre. D'altra parte vi era un parallelismo sorprendente tra le "sofferenze" della luna e le "sofferenze" di Osiri, entrambe seguite da una rinascita. L'accostamento Osiri-luna risale all'epoca delle Piramidi e probabilmente era dovuto ai sacerdoti eliopolitani che potevano così affiancare Osiri al loro sistema teologico, accordandogli tuttavia un posto secondario; Osiri-luna era designato con il nome di Iun. Da questo accostamento ebbe origine una leggenda: si supponeva che il ba di Osiri, dopo la sua morte, si fosse rifugiato sulla luna e che il dio Seth, il 150 giorno del mese, sotto forma di animale, avesse raggiunto la luna e rapito il ba del dio. Horo e Thot furono incaricati di andare alla ricerca di Seth, e dopo averlo trovato, lo costrinsero alla restituzione. Prototipo dell'individuo che ha vinto la morte ed è rinato a nuova vita, Osiri

divenne il simbolo dell'immortalità umana e divina che ogni defunto anelava conquistare. L'epiteto "giusto di voce" che, secondo la leggenda, fu dato ad Osiri quando il tribunale di Ra riconobbe il suo buon diritto, fu attribuito ai defunti che durante la loro vita terrena avevano sempre vissuto secondo giustizia, ed ogni defunto venne chiamato Osiri. Anche nella concezione delle offerte funerarie si verificò una evoluzione che forse non era dovuta all'influenza di Osiri, ma che tuttavia iniziò nel preciso momento in cui si affermò il trionfo di questo dio: invece di fare un' offerta al defunto unitamente a questa o a quella divinità secondo l'antica usanza, il sovrano faceva le offerte a un dio solo, Osiri, affinché costui potesse distoglierne una parte a favore del defunto. La leggenda di Osiri, così semplice e familiare, riuscì a conqui¬stare il cuore di tutti; ogni egizio, anche il più umile, pensava che gli sarebbe stato possibile, dopo la morte, divenire un Osiri, cioè conoscere la gloria della rinascita. Molti egizi, senza dubbio, speravano nella sopravvivenza nell'oltretomba, ma si trattava di un sentimento vago e inconsistente. Grazie ad Osiri questa percezione aveva preso corpo e ciascun egizio poteva attendere con una certa calma questa morte tanto temuta, e che ora non si presentava più come un termine, ma solo come un passaggio o meglio l'inizio dell' eternità. PATECO: era una divinità nana, raffigurata sotto sembianze umane alquanto sgradevoli, essendo deforme, con ventre rigonfio, gambette storte ed un cranio smisuratamente appiattito, generalmente ornato con uno scarabeo. Secondo gli egizi, il suo aspetto mostruoso allontanava i geni malefici e gli animali nocivi; doveva proteggere l'uomo, ad esempio, contro i serpenti. Era considerato come Ptah o figlio di Ptah, onde il nome Pateco tramandatoci da Erodoto, il quale riferisce che i Patechi erano immagini di idoletti o di pigmei che i Fenici dipingevano sulla prua delle loro navi. Questa forma grottesca di Ptah ebbe una grande importanza nella religione popolare e innume¬revoli furono gli amuleti che riproducevano Ptah-Pateco, con la lunga lingua sporgente su una barba ricciuta. PTAH:

Una delle divinità più popolari dell'Egitto, Ptah era dio di Menfi,

capitale dello distretto del Basso Egitto, nel Delta occidentale. L'iconografia attribuisce al dio un corpo inarticolato, rappresentato antropomorficamente

racchiuso in una guaina, salvo le mani che sono libere e impugnano lo scettro uas ed il pilastro djed; sul capo ha una calotta. Considerato "il grande dio dei tempi primordiali", Ptah divenne il più importante degli dèi di Menfi, quando i sovrani della III dinastia portarono la capitale del regno a Menfi a causa della sua posizione geografica; questa scelta diede a Ptah un'importanza di primo piano. Tuttavia non era il più antico dio della zona, infatti aveva spodestato i suoi predecessori: il dio-falco Sokar e il dio-terra Tatenen, coi quali si era anche identificato. Secondo i teologi di Menfi, Ptah era "il padre di tutti gli dèi", ed era uscito dal caos in virtù della sua forza e dette vita ad una Enneade simile a quella di Eliopoli. Ptah dette vita a tutti gli dèi con il cuore, cioè il pensiero, e con la lingua, cioè la parola. Era sposo della dea Sekhmet e aveva come figlio Nefertem, il dio-loto, dando vita così alla triade menfita. Il dio aveva una seconda sposa, Shesemetet, dea della "cintura reale", di cui porta il nome (cintura in metallo e pietre dure, che doveva proteggere il sovrano); secondo altri studiosi la seconda sposa di Ptah era semplicemente una incarnazione provinciale della dea Sekhmet. QADESH o ASERAT:

In origine era forse la dea-sole o la dea-cielo in Siria, chiamata

anche Aserat. Qadesh era sposa del dio Amurru; per la sua natura era detta regina del cielo, epiteto che passerà poi ad Astart e quindi ad Anat. Da quest'ultima era ben distinta nel periodo più antico; infatti Qadesh non aveva carattere agrario, il suo animale sacro era il leone e non aveva alcun rapporto con le bovine. La sua raffigurazione con due corna come Hathor dipende dal fatto che gli egizi trovarono logico l'accostamento a Qadesh, dea-sole o cielo, con Hathor, dea del cielo. Essa era chiamata "sovrana di tutti gli dèi, occhio di Ra, non ce n'è una seconda (è senza pari)"; a volte è rappresentata sulle stele nuda, vista di fronte, in piedi su un leone e con in mano due serpenti ed un bocciolo di loto. RA:

Ra potrebbe essere stato il nome comune più antico usato per indicare

il sole, come "colui che si solleva, che sale in alto". Adorato ad Eliopoli, creatore del mondo così come era organizzato, nemico del male rappresentato dal serpente Apopi, Ra personificava l'ordine cosmico stabilito alla creazione: egli fece nascere le altre realtà cosmiche ed i princìpi che dovevano essere alla base della vita sulla terra. Maat, cioè la giustizia, la verità, era il fondamento su cui si costruivano tali princìpi, e Ra era, in senso cosmico, padre di Maat, cioè regolava l'equilibrio dell'universo.

Ra il sole era nello stesso tempo un simbolo e un principio: simbolo di luce, di calore, di vita perenne e ciclica, ma anche principio di ordine divino; il sole Ra era il principio che generava Maat e viveva, di conseguenza, della stessa sua sostanza. Ra era il dio con cui il sovrano si identificava nel modo più completo. Scarsamente documentato nelle prime tre dinastie, il dio incominciò ad acquistare importanza nella quarta. Il santuario di Ra ad Eliopoli, come quello di Osiri a Busiri, perdettero la loro posizione preminente all'epoca del re Cheope, durante la IV dinastia. Cheope, infatti, decise di procedere personalmente alla nomina dei membri del clero, designando quali sacerdoti di Ra e di Osiri membri della famiglia reale o governatori civili. Il sovrano era la rappresentazione materiale di Ra sulla terra e il ka del sovrano era Ra stesso, col quale dopo la morte si sarebbe identificato. Ra e il sovrano avevano la stessa manifestazione, il medesimo ka, la medesima essenza divina. Questo ka era la forma prima dello stesso spirito del mondo: era la forza creatrice che si era sprigionata dal caos primordiale, cioè dall'universo considerato come un tutto, che si era realizzata in tutte le creature della natura e in tutti gli uomini. Nella forma più arcaica della teologia solare, Ra era assorbito ogni sera dalla vacca celeste Hathor ed ogni mattina era da essa generato; tale concezione ricordava l'antico culto della DeaMadre. Il sistema solare ha reso più spirituale quella remota dottrina: la dea Hathor diventa il cielo ove il sole viene ricreato continuamente. Egli percorreva da est a ovest sulla barca del giorno il cielo superiore concepito come un'enorme distesa d'acqua, a sera saliva su un' altra barca Mesketet per attraversare nella notte da ovest ad est il cielo inferiore o mondo sotterraneo. Un'altra tradizione, sviluppata soprattutto nei "Testi delle Piramidi", non dà molta importanza al viaggio celeste del dio-sole Ra. Essa rappresenta Ra come il sovrano di un regno assai simile a quelli terreni, anche se occupa un angolo di cielo. Questo luogo, circondato da un grande fiume, sulle cui rive si trova un misterioso traghettatore, è un'immensa distesa di prati, di canneti e boschetti ricchi di vegetazione. Il soggiorno di Ra nei suoi palazzi è solo un duplicato della residenza reale sulla terra; egli è sul trono in mezzo alla sua corte e per quanto assorbito dalle sue occupazioni celesti, ha molta cura degli uomini e dall'alto regola la loro vita. La sollecitudine di Ra non era rivolta solamente ai viventi; "signore dell'Universo", egli era il "Grande Dio anonimo" che presiedeva il primo tribunale dell' aldilà, la cui competenza era estesa

a tutti i defunti. Altri dèi quali Shu, Tefnut e Maat, la giustizia, facevano parte del tribunale assieme a Ra. L'unione di Ra con "Horo dell'Orizzonte" porta alla

RA-HARAKHTI:

creazione di una nuova figura divina: "Ra-Harakhti, manifestazione visibile e cosmica del sole". Esso è rappresentato nelle stele funerarie e nelle pitture parietali delle tombe tebane, seduto sulla barca solare, con testa di falco, corpo umano e disco solare con ureo sul capo, oppure sotto l'aspetto di uomo stante, sempre ieracocefalo, con il disco solare sulla testa e corpetto piumato a ricordare la sua forma di volatile. Il dio-sole è lo "scarabeo divenuto falco", infatti è passato dallo stato in cui nasce come scarabeo emergendo dalle viscere della terra (una forma del dio Ra del mattino), alla potenza piena del suo splendore allo zenit, il falco "Horo dell'Orizzonte" che diviene Ra-Harakhti. RENENE o RENENUTET o RERET:

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varianti

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Renenet, "colei che nutre", era una divinità di benefico influsso, a carattere agreste, "signora delle messi", la bella "signora degli alimenti" che vigilava sul pane, sull'acqua e su tutto ciò che poteva assicurare la vita materiale. Raffigurata come serpente, spesso il suo nome è Renenutet, "il serpente che nutre", o come donna a testa di rettile o a testa di leonessa, oppure come donna con acconciatura hathorica. Compagna di Shaì, dio-destino insieme a Meskhenet, e quindi anch'essa "dea del destino", si identifica anche con Iside, Sesheta, Renpit, Mehetueret e Mertseger. Con Meskhenet essa assiste ai parti e alle "feste dell'ottavo mese", celebrate nel villaggio operaio di Deir el Medina il primo giorno del quarto mese di peret (inverno), per l'appunto l'ottavo mese. Nelle case del medesimo villaggio, di solito nelle cucine, sono stati rinvenuti ostraca figurati e diverse piccole stele in calcare che la raffigurano. RESHEP:

varianti

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Il dio siriano Reshep era un dio

guerriero, armato di lancia e scudo. Era detto "il Signore della forza per mezzo dell'Enneade", "il signore dell'eternità", "dio grande, signore del cielo". Egli portava la corona dell'Alto Egitto, ma il suo costume era una prova della sua origine straniera: alcuni nastri erano appesi al suo vestito e un altro, molto lungo, pendeva dalla sua corona, che nella parte anteriore era ornata da una testa di gazzella, o a volte da due

corna. Sah, che significa "quello che si avvicina", è forse Orione,

SAH (Orione):

considerato il principe delle stelle, quello che regola la loro corsa, e porta la corona bianca, oppure è una stella della sua costellazione, Alfa di Orione, la stella più brillante del cielo del sud. Orione, ba di Osiri, è Osiri stesso che regna sulle stelle e conosce i ba dei defunti. Questo dio è raffigurato nella terza ora della notte, nel rituale del Nuovo Regno detto Libro dell' Amduat. Sah, che impugna con le due mani un lungo scettro

i e indossa una lunga veste, figura

con il capo volto àl'indietro SATET:

varianti

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Dea di Elefantina, raffigurata

come una donna che porta una corona dell'Alto Egitto combinata con due grandi corna liriformi. Ad Elefantina formava una triade con lo sposo Khnum e la figlia Anuqet, mentre a Latopoli (Esna) aveva per sposo Khnum e per figlia Neith. Satet era identificata con Sothis, cioè la stella Sirio, e Iside. Nelle raffigurazioni funerarie Satet, Signora di Elefantina, donava ai defunti la vitalità ribollente del fiume. La dea fu ricordata in numerose tombe del Nuovo Regno nel cimitero operaio di Deir el Medina. SEKHET:

varianti

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Era la dea che personificava i campi, appena

usciti dall' ac¬qua dell'inondazione, ancora colmi di fango, ma già pronti a ricevere le sementi. Essa evocava soprattutto le paludi e gli acquitrini, ed era la patrona dei pescatori e dei cacciatori, ai quali, a suo piacere, poteva accordare un copioso bottino. Gli svaghi (caccia e pesca) nella palude erano per eccellenza le arti di Sekhet. Heb, in quanto considerato a volte figlio di Sekhet, era associato alla dea. SEKHMET:

varianti

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La dea-leonessa, "onnipotente e dominatrice",

era una divinità guerriera, adorata a Letopolis, nel Delta occidentale. In seguito fu introdotta come sposa del demiurgo Ptah nella triade menfita, ed il loro figlio era Nefertem, il dio-loto. Raffigurata come una leonessa o donna a testa di leone, aveva una duplice natura, benigna e malefica; essa rappresentava il calore mortale del sole Ra, e fu inviata dal dio, in uno degli innumerevoli miti, a distruggere il

genere umano (missione che però non portò a termine). Era assimilata alla dea Mut, sposa di Amon a Tebe; inoltre era patrona di medici ed infermieri. Il suo nome sembra derivare dallo scettro sekhem, "forte e potente", e si può dunque tradurre "la possente". Sekhmet è "l'occhio di Ra" di cui il dio si serve spesso, e pertanto la dea assume forma di serpente e si pone sulla fronte di Ra soffiando il fuoco contro i nemici del dio, con il nome Mehenyt

, dal verbo

avvolgere. Essa è la signora della fiamma vendicatrice, colei che abbraccia Ra tra le sue spire durante le ore della notte. SERAPIS:

variante

nome greco Sarapis. Il culto di questo dio fu introdotto in

Egitto da Tolomeo I. Alcune fonti latine e greche recano vari cenni sulla sua creazione; la leggenda racconta che Tolomeo I vide in sogno il dio Serapis, il quale lo invitò a traslare in Egitto la sua immagine. Il dio era adorato in una località sconosciuta: Sinope, sulle rive del Ponto Eusino. Favorevoli alla novità sarebbero stati due consiglieri del re: l'egizio Manetone, sacerdote nato a Sebennytos nel Delta (che scrisse una Storia del proprio paese in greco, giuntaci solo in epitomi e citazioni), ed il greco Timoteo. Questa la leggenda, in realtà Tolomeo I, che si considerava il continuatore della politica espansionistica di Alessandro Magno ed aveva a disposizione le risorse di un ricco territorio, decise di creare una divinità dinastica, della quale servirsi anche come arma di propaganda, cercando di diffondere il culto di Serapis anche fuori del territorio egizio. Roma guardò con diffidenza alla manovra, anche se dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) e la successiva conquista del potere in Egitto, vi furono alcuni imperatori ferventi seguaci del culto. Sappiamo che gli egizi si accostarono con sospetto al dio Serapis, e non parteciparono mai al suo culto, infatti tutti gli inni in suo onore furono scritti in greco. SERQET:

La dea-scorpione, antichissima, riassumeva in sé il concetto della

divinità femminile nel suo più alto grado. In epoca arcaica era già raffigurata nel suo aspetto di scorpione o scorpione d'acqua, e proveniva forse da Kedem, villaggio situato fra le città di Sais e Buto; era quindi originaria del Delta. Conosciuta già all'epoca della I dinastia, essa appare nei Testi delle Piramidi come oppure

, che significa "colei che apre la gola", cioè da respiro

a coloro i quali, essendo stati morsicati da uno scorpione, avevano difficoltà nella respirazione.

La dea viene raffigurata come donna con la figura stilizzata di uno scorpione sul capo. Serqet presenta un importante aspetto funerario: essa era infatti una delle quattro dee protettrici delle viscere del defunto, conservate nei vasi canopi, insieme a Iside, Nephti e Neith; in particolare essa si occupava del vaso in cui era riposto il fegato (e del quale Qebehsenuf sorvegliava il coperchio; in altri casi però Serqet era associata a Duamutef o Hapi). La dea era anche preposta alla custodia di uno degli angoli del sarcofago, quasi sempre quello occidentale (solitamente a Iside spettava il sud, a Nephti il nord, a Neith l'ovest); custodiva inoltre un angolo del cofano che conteneva i vasi canopi. Leggende locali riportano che Serqet era la madre di Harakhti, cioè Horo dell'Orizzonte, oppure la sposa di Horo. Essa era anche presente alla festa-sed, cioè al giubileo del sovrano ed assisteva alla nascita del faraone, figlio del dio Ra, assieme alla dea Neith. dea della scrittura e delle scienze; era la "Signora degli scritti, la

SESHAT:

"Signora della casa dei libri" e "Colei che scrive". Alcuni studiosi ritengono che Seshat derivi dal verbo

scrivere.

Insieme a Thot scriveva sulle foglie dell'albero sacro di Eliopoli i nomi dei re, e registrava le loro imprese illustri. In origine venne identificata con Nephti, ed in seguito con Iside ed Hathor. Il simbolo

che reca sul capo non è ancora stato chiarito. era colei che riuniva e rinchiudeva le membra dei defunti nel suo nome

SESHETA:

di "Signora dei recinti". Essa allattava gli Akhu (

), e come compagna di Thot enumerava

insieme a lui i loro panegirici ed assicurava le provviste ai loro ka nella Duat. La dea era vestita con una pelle di felino, come i sacerdoti sem. Sesheta è anche il nome di un recinto ove i defunti sono rinchiusi nell'aldilà. SETH:

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Una figura molto vicina alle grandi

divinità asiatiche dell'uragano: Teshub, Enlil, Ishkur e Baal, è quella di Seth, che porta il titolo significativo di "Signore della tempesta". Venerato nell'età protostorica in tutto l'Egitto da una parte della popolazione, forse di origine asiatica, Seth divenne più tardi il rivale di Horo, che rappresentava quella parte della popolazione che prese il potere in

età storica. Seth e Horo erano infatti le due divinità che simboleggiavano tutto l'Egitto, non nelle due componenti geografiche, bensì nelle due componenti etniche. Non a caso tutte le popolazioni asiatiche che in seguito si insediarono in Egitto, a cominciare dagli Hyksos, ebbero in Seth la loro principale divinità. Il persistente sentimento di ostilità che gli egizi provavano nei riguardi di questo dio "straniero" fece sì che Seth assumesse il ruolo di dio malvagio nella leggenda di Osiri, Seth, fratello di Osiri, Iside e Nephti secondo il mito, e sposo di Nephti, uccise per gelosia il fratello Osiri e ne fece a pezzi il cadavere. Per la sua malvagità era ritenuto il dio della negatività e del male, la personificazione della violenza e della malafede. Seth era considerato il dio della tempesta, del cielo nuvoloso; il tuono era la sua voce quando egli urlava nel cielo e la terra tremava, egli dava ordini alle nubi scure e scatenava le burrasche del vento del sud. Un suo epiteto era: "signore del cielo". Era un dio teriomorfo, raffigurato con uno strano quadrupede accovacciato sulle zampe, con il muso appuntito e ricurvo, con grandi orecchie dritte al cielo e una coda verticale a guisa di freccia: forse un formichiere, un asino selvatico, un okapi o un levriero del Caucaso; aveva gli occhi neri per il suo rapporto con l'oscurità. Seth, secondo altri studiosi, era raffigurato invece con gli occhi rossi, colore che gli egizi detestavano. Sempre secondo la leggenda di Osiri, che conosciamo tramite Plutarco, Seth fu in lotta con Horo, il figlio postumo di Osiri che riuscì a trionfare e fu riconosciuto legittimo sovrano del mondo. Il dio Seth, grande amatore di donne, aveva nello stesso tempo abitudini inconfessabili, il gusto per l'amore scandaloso e infecondo: tentò infatti di violentare la dea Anat sorpresa nel bagno, ed anche Horo e Iside. In forma di toro inseguì Iside che aveva preso forma di cagna, ma lei riuscì a respingerlo, così Seth sparse il suo seme in terra. La sua sfrenatezza sessuale non aveva limiti, ma è da osservare che i rapporti incestuosi fra figli, genitori e parenti non hanno mai urtato la fantasia e la sensibilità degli egizi. SHED:

Le prime manifestazioni di questo nuovo dio, il cui

nome significa "salvatore" si hanno all'inizio del Nuovo Regno, ed in ambiente principalmente tebano. L'identificazione del piccolo dio Shed come personalità propria restò a lungo incerta.

Nella stele rinvenuta a Deir el Medina nel 1939, dedicata a Shed dallo scriba reale Ramose nella din. XIX, regno di Ramesse II, si scorge il dio Shed in piedi su una linea nera, al di sotto della quale sono due coccodrilli opposti per la coda. Il dio cammina verso destra tenendo nella mano sinistra tre scorpioni, tre serpenti, un arco e delle frecce, e nella mano destra un leone; inoltre conduce sempre con la sinistra due gazzelle tenute al guinzaglio, la prima delle quali sembra cibarsi delle foglie di un giglio dell'Alto Egitto. Shed porta sulla fronte una testa di gazzella e sul capo la treccia dell'infanzia ed un nastro, mentre il suo torace è ricoperto in parte da due nastri incrociati. SHESMU o SHESEMU:

dio del vino e dell'olio, in origine era una divinità stellare,

nativa di Menfi, che poi si mutò nel dio del vino: egli personificava il torchio (la cui immagine serve per scrivere il suo nome); egli sovrintendeva ai prodotti ottenuti con l'aiuto di tale strumento cioè il vino, ma anche l'olio, e quest'ultimo, frequentemente usato come unguento, nel Nuovo Regno fece di Shesmu una divinità addetta ai profumi nei laboratori dove venivano fabbricate le essenze più rare. Poiché il vino, per il suo colore, evocava il sangue, forse da qui nasceva l'origine del carattere sanguinario di Shesmu, considerato anche come divinità preposta ai sacrifici, come beccaio o macellaio; il dio del torchio minacciava infatti i ba dei defunti. SHU:

varianti

compone con Tefnet la prima coppia, i cui discendenti

Geb e Nut (la prima generazione), Osiri, Iside, Seth e Nephti (la seconda generazione) faranno parte, insieme a loro ed al Demiurgo Atum, della Grande Enneade di Eliopoli; le coppie saranno dunque fratelli e sorelle, ma anche mariti e mogli. Shu rappresenta il soffio vitale, uscito dal naso del demiurgo Atum; quel soffio avrebbe fatto battere il cuore del dio risvegliando la sua coscienza. Il vento sarebbe il ba di Shu. SOBEK:

era considerato un dio dell' acqua e raffigurato sotto l'aspetto di

coccodrillo o di uomo con testa di coccodrillo. Sobek, venerato nel l" distretto dell'Alto Egitto, Ombos e nel Fayyum, era ritenuto ad Ombos sposo della dea Hathor e padre di Khonsu. Sobek aveva un santuario anche nel Delta, a Sais, e pertanto veniva appellato "figlio di Neith", che era la dea adorata a Sais.

SOKAR:

dio della necropoli di Menfi.

Raffigurato come falco mummificato ad ali spiegate o come uomo mummificato a testa di falco, fu identificato con Ptah ed anche con Osiri. La necropoli menfita, posta sotto la protezione di Sokar, era chiamata Rastau o Rosetau ( SOPED:

), "l'imboccatura del regno sotterraneo di Osiri" . dio rappresentato come falco con due alte piume sul capo. Aveva l'incarico di

proteggere le vie carovaniere che andavano verso il Levante, ed anche i nomadi orientali. Un suo epiteto era "Signore dell'Oriente". Al dio Soped corrisponde la dea Sopedet, nota anche ai greci e ai romani perché identificata con la stella Sothis (Sirio). SOPEDET o SOTHIS:

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,

dea chiamata anche la "stella di Iside", era

notissima anche ai greci e ai romani, poiché era identificata con la stella Sothis o Sirius, della costellazione del Cane Maggiore. Il sorgere eliaco di Sothis aveva grande importanza nel calendario egizio, infatti nel ciclo di Sothis, della durata di 1460 anni, gli egizi calcolavano le loro datazioni. Sothis era la madre del re defunto, e sua sorella; essa favoriva il viaggio del morto nella duat, poiché lo guidava sulle strade perfette in cielo. Sothis faceva volare in cielo il re, dove sarebbe stato in compagnia dei suoi fratelli, gli dèi. Sothis apriva e chiudeva la serie dei decani che fissavano le ore; era anche l'araldo dell'inondazione del Nilo. Era una manifestazione di Iside e Hathor, il che si può intravedere nella scena di Hathor e Sothis che circondano il re Amenhotep III nel suo giubileo, nel quale esse hanno un ruolo essenziale. Sothis faceva sorgere il sole Ra, in cui si identificava il sovrano il primo giorno dell'anno. Ad Abu Simbel la regina Nefertari, che incarnava il principio della femminilità divina, prendeva il posto di Sothis per rinnovare la natura solare del suo sposo Ramesse II. La dea era raffigurata come donna o come bovina; l'acconciatura di Sothis era la corona solare hemhem. TEFNET:

dea dell'umidità, moglie e sorella di Shu, nell'ambito della teologia

eliopolitana. Nei Testi delle Piramidi appagava la sete dei defunti; aveva corpo di donna con testa di leone, disco solare ed ureo. Tefnet non aveva un ruolo cosmico ben definito; essa personificava

l'umidità che precede il fuoco, ma sembra che sia stata creata unicamente per dare una controparte al dio dell'aria. Shu e Tefnet, dèi felini di Leontopolis nel Delta, anticamente erano forse chiamati Ruti, una perifrasi che indicava la loro natura animale. Dio della Tempesta dal Cielo", suprema divinità maschile ittita, deriva dal

TESHUB:

dio Teshub (Tesûp) degli Hurriti (XIV - XIII sec. a.C); il "signore del cielo", dio guerriero che si identificava con le fortune militari dello stato ittita. Egli solo poteva rappresentare il paese nelle sue relazioni con i paesi stranieri; figurava infatti insieme al dio sole Ra, egizio, nel trattato internazionale di pace tra il re ittita Hattusil III ed il sovrano egizio Ramesse II. Era il dio del fulmine, del cielo e della pioggia benefica; i cananei per questo lo ritenevano rivale di El nelle leggende ugarite; ed era anche compagno di Anat, signora della vegetazione. È lecito vedere Teshub nel Baal amorrita o cananeo, anzi nel toro, animale sacro ad El nelle tradizioni ugarite, essendo un "dio che si manifestava con il tuono". Teshub, adorato dunque a Canaan, nella parte occidentale della Persia e nel paese degli Ittiti, fu introdotto ed onorato anche in Egitto. Raffigurato in piedi, isolato, in atto di brandire un'ascia e un simbolico fascio di fulmini, il dio compare a volte su un carro primitivo di buoi in atto di incedere su cime di montagne personificate. Il toro era il suo animale sacro; il "dio della Tempesta", in piedi sul toro, conosciuto ovunque anche nell'impero romano sotto il nome di "Jupiter Dolichenus", ne fu evidentemente un successivo sviluppo. Nella mitologia ittita il dio della tempesta era l'uccisore del drago Illujankas, nel mito dell'anno nuovo. Forse era anche chiamato Adad, che era il dio accadico della tempesta, denominato Hadad (vocabolo aramaico) in Siria e in Fenicia. THOT:

varianti

Il dio-ibis Thot, del quale si vede

l'immagine già nelle insegne predinastiche, era probabilmente originario del Delta, a Damanhur, cioè l'Ermopoli Parva dei greci, in cui venivano adorati due dèi: Horo e Thot, associati nell'atto della creazione, dove Horo rappresentava il pensiero che concepisce e Thot la parola che esegue; in un primo erano tempo considerati come demiurghi, in seguito come semplici agenti della rinascita.

Ma fu soprattutto ad Ermopoli Magna che Thot venne adorato, onorato ed ebbe i suoi momenti di gloria. Raffigurato con corpo umano e testa di ibis, era una delle più grandi divinità egizie e come tale aveva molteplici aspetti, potendo assumere le sembianze di ibis, di cinocefalo e persino di toro. Ad Ermopoli Magna altre divinità lo avevano preceduto: l'antichissima dea-serpente Unut e quattro cinocefali che insieme formarono una compagnia divina di cinque membri, chiamata "il Grande Cinque". Più tardi, secondo un documento della V dinastia, gli abitanti di Ermopoli venerarono otto divinità elementari, otto strane creature che non facevano parte dell'universo creato, ma del caos stesso: quattro serpenti e quattro rane, che vennero riuniti nell'Ogdoade di Ermopoli. Nel periodo classico gli otto dèi vennero subordinati a Thot, il dio-ibis, il quale sopravanzava non solo le creature primordiali ma anche l'astro solare di cui essi erano gli antenati. Questo sconvolgimento nella compagnia arcaica fu opera del clero di Thot, che sostenne che l'ibis aveva deposto su una collina primordiale vicino ad Ermopoli, detta l'isola delle fiamme, l'involucro misterioso, forse un uovo, da cui sarebbe scaturito il sole. Thot, celebre mago, aveva grandi poteri sugli scorpioni, ed era molto stimato per i suoi libri di magia. Thot aveva inoltre redatto "il trattato segreto dell'arte dell'officiante", essendo esperto nei riti funebri, ed aveva codificato le glorificazioni che permettevano di trasformare i defunti in akhu, "spiriti illuminati" o "lumino¬si". Thot del resto aveva un ruolo molto importante nei sistemi religiosi: a Menfi i sacerdoti lo consideravano come "la lingua di Ptah", ad Ermopoli era il capo dell' Ogdoade che gli attribuiva la creazione del mondo. Archivista degli dèi e loro consigliere, egli scortava il dio Ra nelle sue spedizioni militari, le guerre contro gli animali di Seth; ad ogni successo di Horo, suo generale, il sole Ra pronunciava qualche parola e Thot le ascoltava e le annotava per poi formare il nome di qualche località. A Tunah el Gebel, a 12 km da Ermopoli, è stata ritrovata un' enorme necropoli di ibis sacri. TUERET:

varianti

Tueret o Tauret, "la Grande", era una dea-

ippopotamo raffigurata eretta sulle zampe posteriori e gravida; era molto popolare in Egitto, poiché proteggeva le donne incinte e i bambini. Personificava il Caos liquido dal quale si era formata la terra. Tueret vegliava sul sonno dei vivi e dei morti, assicurando a tutti la sua protezione magica con il segno del geroglifico

, "protezione", un amuleto con il quale è sempre

raffigurata e che serviva per sostenerla, data la sua mole.

Nelle raffigurazioni funerarie, Tueret è a volte chiamata "Me-skhenet", e considerata come madre del sole. È posta anche ac¬canto ad "Horo che è nell'orizzonte" per mettere in risalto il suo compito, che è quello di generare il defunto per la nuova vita e farlo rinascere. È Tueret che dà la sua forma animale ad uno dei tre letti funebri con sagoma di vacca, di leone e di ippopotamo sui quali i defunti erano posti, di volta in volta, per compiere il cammino verso occidente, perché questi letti non servivano per il riposo, ma erano strumenti, veicoli per la rinascita. Su di loro il defunto rifioriva a nuova vita, poiché quando vi era coricato era considerato come posto all'interno del corpo dell'animale, come una "nebride". UAGIT o UADJT o UTO:

varianti

,

Dea

venerata nel Delta orientale e nelle città gemelle di Pe e Dep, capitali del reame federativo di Pe (Buto) nell'epoca predinastica; è dunque una dea antichissima. Raffigurata come un cobra o come donna con testa di serpente, adorna della corona rossa, essa era la dea protettrice del Basso Egitto. Le dee Uagit, la "Signora della corona rossa", e Nekhbet, la "Signora della corona bianca" costituiscono le "Due Signore", che si incarnavano nella persona del re, sovrano del Basso e dell'Alto Egitto. Essa era anche assimilata all'occhio del sole Ra; il suo nome significava "colei che appartiene ai papiri". Uagit è anche appellata "il ka della dea Uret-hekau", e come tale figura madre di Hu, "il verbo". UASET:

La dea Uaset, personificazione della capitale dell'antico Egitto, denominata poi dai

greci Tebe. Il suo culto risale alla XVIII dinastia, al re Thutmosi III che, al ritorno dalla sua ottava spedizione militare nel Levante, ordinò che fosse eretta una statua a “Uaset vittoriosa: ". La dea, in forma di donna, è armata di lancia, di mazza, di arco e di frecce. Le litanie in suo onore elencavano i nomi delle città d'Egitto in cui era signora Hathor o una delle sue forme bellicose; era infatti una forma di Hathor, Sotto il regno di Sethi I (din. XIX) la dea Uaset ebbe due dee concorrenti a Menfi, cioè Mennefer (la dea della città di Menfi) e Ciesemet (la deabastione che personificava la cinta fortificata della città). In epoca tolemaica Uaset venne assimilata a Rat o Rait. UENNEFER o UNNOFRE:

"colui che è sempre perfetto" o "colui che è sempre

buono", "il dio la cui durata è infinita", epiteti del dio Osiri.

UNEG:

variante

un dio poco conosciuto che appare nell'Antico Regno e,

secondo i Testi delle Piramidi, era un dio-fiore come Nefertum e considerato un figlio del dio sole Ra; Uneg sosteneva il cielo come Shu, di cui era forse un doppione e simboleggiava l'ordine e la stabilità, avendo un ruolo simile, parallelo a quello svolto dalla dea Maat. Uneg sarebbe forse il supplente di Shu, in un sistema autonomo, ricalcato sulla più antica combinazione, la triade eliopolitana, Atum - Shu - Tefnut da cui Atum - Uneg - Maat. UNUT: svelta" (da

divinità primitiva venerata ad Ermopoli, dea-serpente, detta "la veloce" o "la "affrettarsi"), venne più tardi identificata con Sekhmet. Il suo culto non

scomparve completamente, ma ebbe un ruolo molto secondario. Il suo posto fu preso da Thot, forse importato dal Delta, all'epoca eliopolitana. Nel distretto infatti fu creata, in reazione alla teologia di Eliopoli, la celebre dottrina di Ermopoli dell'Ogdoade, nella quale ebbe la sua importanza anche la dea Unut. UPUAUT:

variante

il dio-lupo, venerato in particolare durante il Medio Regno a

Licopoli. Il suo nome significa: "colui che apre le strade". La sua immagine marciava alla testa dei soldati, su un'insegna era spesso raffigurato nella sua forma arcaica di lupo stilizzato. In seguito venne identificato con il dio-sciacallo Anubi. Upuaut era personaggio centrale e principale attore nei Misteri di Osiri che si svolgevano ad Abido, ed erano una rappresentazione drammatica del mito del dio. In questa cerimonia Upuaut esplicava molteplici funzioni: egli era Horo figlio di Osiri, ed anche Harendotes (Horo vendicatore di suo padre), e sacerdote sem, dovendo procedere ai riti funerari sul corpo del padre, ed ai riti per la rinascita nella "casa dell'oro", laboratorio sacro annesso ad ogni tempio ove in tempi remoti si praticava il rituale dell'apertura della bocca. In queste cerimonie Upuaut appare come un canide o un lupo. URET-HEKAU:

La dea Uret-hekau, "Grande di Magia", era di origine molto antica,

essendo nominata nei Testi delle Piramidi, ed è chiamata "potere protettore dell'occhio di Horo" sulle pareti della piramide di Unis, V dinastia, nella necropoli di Saqqara. Poteva assumere le forme di Iside, Sekhmet, Uadjt o Hathor, ma era soprattutto Nephti, sposa di Seth. Come il suo nome dimostra, essa aveva il potere di dominare i ka. La dea assumeva figura di leonessa o di

ureo per proteggere Horo eRa. Spesso la dea si presenta come donna con acconciatura hathorica, cioè con corna bovine e disco solare, oppure come Mertseger, con corna, disco e le alte piume di Amon. Il rituale noto come il Libro dell'apertura della bocca cita l'uso dello strumento ur-hekau (una piccola ascia con testa di ariete); con il suo contatto lo strumento conferiva alla statua o al corpo del defunto il potere magico di protezione, vita eterna, utilizzo dei sensi nell'aldilà. La dea Uret-hekau, essendo una cosa sola con lo strumento magico, era pertanto considerata colei che recava il fluido vitale. USERET:

Nome di una dea dalla testa di cobra che compare nel Medio

Regno, durante il quale riveste una certa importanza, comprovata dal fatto che tre sovrani della XII din. la scelsero come protettrice personale; Amon e Useret erano gli dèi tebani che in quel periodo rappresentavano le divinità ufficiali dello Stato, e i sovrani comunemente conosciuti come Sesostri, nella versione greca, inserirono il nome della dea nel loro nome, dandogli il significato di "uomo della dea Useret". Successivamente, il culto di Useret perse ogni favore e quasi scomparve.

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