Dispense Meccanica delle Strutture
November 29, 2016 | Author: Francesca Sartini | Category: N/A
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CAP.1 Concetti fondamentali e principi della meccanica Grandezze fondamentali Le grandezze fondamentali della meccanica sono spazio, tempo, massa e forza. Non possono essere completamente definite, ma accettate sulla base dell’intuito e dell’esperienza. concetto di spazio
necessario per definire la posizione di un generico punto P in un sistema di riferimento attraverso le sue coordinate (lunghezze in 3 direzioni). L’unità di misura è il m. Nella meccanica spesso si usa il mm.
concetto di tempo
necessario per definire una sequenza di eventi. L’unità di misura è il sec.
concetto di massa
caratteristica dei corpi che misura la resistenza da questi offerta a variare il proprio moto. L’unità di misura è il kg.
concetto di forza
azione di un corpo su un altro per contatto diretto o a distanza.
Le prime tre grandezze sono primitive e tra loro indipendenti mentre la forza può essere definita a partire da esse. La forza definizione dinamica: agente fisico capace di alterare lo stato di quiete o di moto di un corpo (es. forza peso). definizione statica: agente fisico capace di produrre una deformazione. Su tale definizione si basano i dinamometri meccanici a molla, piezoelettrici, estensimetrici (celle di “carico”). Il dinamometro ideale è costituito da una molla senza massa, con dimensioni trascurabili e con allungamento proporzionale alla forza applicata. Una forza è caratterizzata da un modulo, da una direzione e da un punto di applicazione. Può essere quindi rappresentata matematicamente da un vettore applicato. L’unità di misura della forza nel sistema S.I. è il Newton. Il Newton è una grandezza derivata esprimibile come la forza necessaria ad imprimere ad una massa unitaria l’accelerazione di 1 m/s2. Nel presente corso verranno trattati principalmente corpi che sono immobili sotto le azioni delle varie forze applicate. In questo ambito la definizione statica di forza è più utile e significativa. I tre principi fondamentali della meccanica newtoniana Il più semplice corpo che può essere concepito è costituito da un punto geometrico dotato di massa (punto materiale). Analizzando il suo comportamento si può evidenziare che: 1) un punto materiale permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se non agisce su di esso una qualche causa esterna. 2) se la forza non è nulla, il punto materiale subirà un’accelerazione proporzionale alla forza stessa e inversamente proporzionale alla massa
F ma 3) principio di azione e reazione: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, cioè se il corpo A esercita una forza F su B allora il corpo B esercita una forza – F su A e F AB e F BA giacciono sulla stessa retta. Esse sono dunque sempre presenti contemporaneamente ma agiscono su corpi diversi e quindi hanno effetti diversi. Si applica sia a forze agenti per contatto che a forze agenti a distanza. Come esempio si consideri il caso dell’attrazione gravitazionale: 1
corpo
FT
C
terra
FC
T
FT
C
mC g
FC T mT
FC
mC g mT
T
0
L’accelerazione prodotta sul corpo è molto maggiore dell’accelerazione della terra (trascurabile). Se il corpo in questione è però la luna, i suoi effetti diventano evidenti (maree). Nel caso di forze di contatto si consideri il seguente esempio:
Scatola S
P
mg
Tavolo T
FT
S
forze agenti sulla scatola
=Forza esercitata da T su S
L’evidenza sperimentale suggerisce, essendo la scatola in equilibrio, il seguente bilancio di forze: (1° principio) P FT S 0 (1)
Per il 3° principio l’azione del tavolo sulla scatola e l’azione della scatola sul tavolo soddisfano alla: FS T FT S 0 (2) FS
T
=Forza esercitata da S su T
Si noti la differenza tra le equazioni (1) e (2); la (2) è sempre valida, mentre la (1) non vale più se il tavolo cede, cioè se la scatola accelera, in quanto bisogna tenere conto, nell’equilibrio, della forza d’inerzia. Si pensi alla misura del peso con una comune bilancia: la lettura si effettua quando lo strumento si è assestato (immobile). I problemi di statica vengono risolti mediante l’applicazione delle equazioni di equilibrio statico e l’utilizzo del 3° principio. Competenze matematiche necessarie Per poter affrontare i problemi di statica e di resistenza dei materiali lo studente dovrà conoscere le basi dell’algebra, della geometria, della trigonometria e del calcolo differenziale e integrale. Dovrà cioè essere in grado di effettuare semplici calcoli algebrici, applicare la legge dei seni e dei coseni, conoscere le tecniche per la discussione e risoluzione dei sistemi di equazioni lineari, calcolare derivate e integrali di funzioni semplici e elementari sviluppi in serie di Taylor.
2
Regole per calcoli numerici a) unità di misura: bisogna esprimere ogni termine nelle equazioni in unità di misura omogenee (disattenzione a questo riguardo può comportare errori nei risultati di diversi ordini di grandezza) b) approssimazione: quando si effettuano calcoli necessariamente si usano numeri approssimati, quindi il risultato non può essere espresso con un numero maggiore di cifre significative o di decimali superiore a quello dei dati di partenza; la maggior parte dei problemi pratici tollera un errore relativo del percento.
3
Richiami di algebra vettoriale La forza è una grandezza vettoriale caratterizzata da intensità, direzione, verso e punto di applicazione e viene indicata con la seguente notazione: F Graficamente la forza si disegna come un segmento orientato, cioè una freccia avente lunghezza, rappresentata con una scala prefissata, proporzionale all’intensità , applicato ad un determinato punto. Utilità del formalismo algebrico dei vettori La rappresentazione cartesiana è comoda per operare con le grandezze fisiche caratterizzate da intensità, direzione e verso come ad esempio spostamento, velocità, accelerazione, forza, ecc. Nel presente corso il sistema di riferimento è sempre assunto come una terna cartesiana in cui: 1) gli assi sono ortogonali 2) le unità di misura sono uguali 3) gli orientamenti sono fissati mediante la regola della mano destra (pollice=asse X, indice=asse Y, medio=asse Z)
Z (X3)
Y (X2) X (X1)
Il verso di rotazione positivo è assunto antiorario. Un vettore si esprime allora con una sequenza ordinata delle sue componenti. Nel piano si avrà una coppia ordinata di componenti u u x u y e nello spazio una terna ordinata u
ux
uy
u z . Nella notazione i pedici possono essere x,y,z oppure 1,2,3.
Il modulo di un vettore si calcola nel seguente modo: u
u x2
u y2
u z2
La direzione e verso di un vettore è espressa dal corrispondente vettore unitario, o versore, definito mediante un procedimento di normalizzazione, u ux u y uz uˆ u u u u u u uˆ Le componenti di un versore sono per definizione i coseni direttori, cioè i coseni degli angoli che il versore forma con gli assi cartesiani. Nel piano ad esempio, un generico versore ha per componenti:
Quindi
vˆ
v2
v1
vˆ cos
cos
v2
vˆ cos
cos
v1
4
I versori degli assi cartesiani sono vettori di modulo unitario diretti come gli assi stessi. Nel caso spaziale essi sono espressi come: 1 0 0 ˆj 1 iˆ 0 kˆ 0 0 0 1 Il vettore generico può quindi essere espresso come somma vettoriale delle sue componenti u u xiˆ u y ˆj u z kˆ Operazioni sui vettori
1) Somma. E’ differente rispetto alla somma degli scalari: infatti la regola del parallelogramma afferma che graficamente la somma di due vettori è pari alla diagonale del parallelogramma con lati ottenuti con i vettori addendi. Nel caso di più vettori la risultante si ottiene con la poligonale, cioè una linea spezzata formata dai vettori disposti in sequenza.
v
s
s
u
v u
-a-
-b-
Il vettore risultante può essere determinato, in modulo e direzione, mediante calcoli trigonometrici (applicazione del teorema di Carnot e dei seni). In componenti cartesiane la somma di due vettori si esprime semplicemente come: sx u x vx sy u y vy La somma vettoriale è commutativa e quindi è indifferente l’ordine con cui vengono sommati due o più vettori. 2) Differenza. Si riconduce al caso di somma con vettore opposto. Il vettore opposto di u è –u: d
v
v
v u
v
u
v
u
u v u
v u
u -b-
-aEspressa in componenti risulta: dx dy
vx vy 5
ux uy
3) Prodotto di uno scalare per un vettore. Il prodotto di un vettore u per uno scalare a dà come risultato un vettore avente la stessa direzione di u , modulo pari al prodotto del modulo di u per a e verso concorde o discorde se a è positivo o negativo.
au a u
au x au y
u
4) Prodotto scalare tra due vettori. Si definisce prodotto scalare di due vettori uno scalare dato dal prodotto dei moduli dei due vettori per il coseno dell’angolo formato dai vettori stessi. Si può interpretare come il prodotto del modulo del primo vettore per la proiezione del secondo sul primo. Esso è positivo, nullo o negativo se l’angolo formato dai due vettori è rispettivamente acuto, retto o ottuso.
u v
v u
u v
u x vx
u yvy
u z vz
ux , u y , uz
u v cos
vx vy vz
v cos Supponiamo di prendere un sistema cartesiano in modo che il piano XY sia quello su cui giacciono i due u v u x vx vettori e che l’asse X sia orientato come u , è facile verificare che il prodotto scalare risulta Il prodotto scalare è commutativo e distributivo: u v v u u v w u v u w
5) Prodotto vettoriale. Si definisce prodotto vettoriale w di due vettori u e v , il vettore che ha come modulo il prodotto dei moduli per il seno dell’angolo compreso, come direzione quella normale al piano individuato dai due vettori e verso dato dalla regola della mano destra.
w u
w v
u
w
v u v sin
Il vettore w può essere ottenuto formalmente mediante il calcolo del seguente determinante:
6
iˆ ux vx
ˆj uy vy
kˆ uz vz
iˆ u y v z
ˆj u z v x
vyuz
vzux
kˆ u x v y
vxu y
Supponiamo di prendere un sistema cartesiano in modo che il piano XY sia quello su cui giacciono i due vettori e che l’asse X sia orientato come u , è facile verificare che ˆj kˆ iˆ
u vx
0 vy
0 0
u vyk
u v sin k
Il prodotto vettoriale è anticommutativo ed è nullo nel caso di vettori paralleli. u v v u E’ distributivo u v w u v u w Forze come vettori
Consideriamo un corpo su cui agisce un insieme o sistema di forze. Si definisce risultante la somma vettoriale o poligonale delle forze: R F1 F2 F3 ... Fn
F1
Z
F2
Fn
P2 P 1 P Pn P3 Q
O
F4
F3
Fn
F2
F1
R
F3
Y
X
Sia OP il vettore posizione del punto P, ad esempio il punto di applicazione della forza generica.
OP
xp yp zp
OQ
xq yq zq
QP OP OQ
xq yq zq
Consideriamo un punto Q qualunque dello spazio. Si definisce momento di una generica forza Fi applicata nel punto Pi rispetto al polo Q, o meglio rispetto all’asse per Q perpendicolare al piano contenente Q e la forza, il vettore
Asse del momento P
F
xp yp zp
Q
M iQ
braccio della forza = QP sin 7
QP i Fi
Il momento misura la tendenza della forza a far ruotare il corpo a cui è applicata intorno ad un punto o ad un asse, con M
F QP sin
F braccio
Il braccio è la distanza tra la retta d’azione della forza e l’asse. Il verso del momento è dato dal pollice della mano destra quando le dita sono piegate nella direzione della rotazione prodotta dalla forza. Nel sistema S.I. [M] = [N] [m] o sottomultiplo [M] = [N] [mm]. L’unità Nm rappresenta il momento prodotto da una forza di 1 N con un braccio di 1 m. In generale M i dipende dalla scelta del polo, infatti rispetto ad un altro polo S è:
M iS
Z
SP i Fi
Ma vale anche Q
SPi
Pi
M i ,S S
O
SQ QPi
SQ QPi SQ Fi
Y
M i,S
X
M i ,Q
QPi
Fi Fi
SQ Fi
Si nota che il vettore momento è invariato se SQ è Q S
parallelo a Fi perché il secondo termine è pari a zero. Quindi il momento di una forza è lo stesso per tutti i punti di una retta parallela al vettore stesso. Lo spostamento quindi di una forza lungo la sua retta d’azione non modifica il suo momento rispetto a qualunque polo. Il principio di trasmissibilità afferma che forze equivalenti hanno stesso modulo, direzione, verso e retta d’azione anche su punti di applicazione diversi.
Fi"
S
Fi
Fi '
braccio
Dicesi momento risultante rispetto al polo Q la somma vettoriale dei momenti rispetto al medesimo polo, n
MQ
M i ,Q i 1
Teorema di Varignon Il momento di una forza rispetto ad un punto è uguale alla somma dei momenti delle componenti della forza rispetto allo stesso punto. La dimostrazione deriva dalla proprietà distributiva del prodotto vettoriale. Infatti data una forza applicata al punto P di componenti: F F1 F2 si ha che M Q QP F QP ( F1 F2 ) QP F1 QP F2 M Q1 M Q 2 Questo concetto ha importanti applicazioni perché è spesso più semplice determinare i momenti delle componenti di una forza piuttosto che il momento della forza stessa. Nel caso piano, cioè sia QP che F appartengano al piano
8
F
Fy
P Q
MQ
F
iˆ x Fx
P Fx
Q
y x
QP F ˆj y Fy
kˆ 0 0
QP F sin
kˆ
xFy
yFx kˆ
Lavoro di una forza
Se il punto P su cui agisce una forza costante F subisce uno spostamento s , si dice che F compie un lavoro definito da: L F s (grandezza scalare). F P
s
Nel caso di forza variabile, si divide s in sottointervalli in modo che su ognuno la F possa ritenersi costante. Si ha in questo caso: n
L
Fi
si
i 1
Al limite la relazione esatta risulta: L
F ds s
A seconda che la forza formi con lo spostamento un angolo acuto, retto, ottuso il lavoro sarà rispettivamente positivo, nullo o negativo. Nel sistema S.I. si ha che [L] = [N] [m] = [J].
9
Es.1
Siano dati 2 versori aˆ e bˆ applicati all’origine degli assi: aˆ è la trisettrice del primo ottante, bˆ giace sul primo quadrante del piano XY e forma un angolo di 30° con l’asse X. Determinare: 1) le componenti cartesiane dei due versori; 2) la somma vettoriale dei due versori; 3) il loro prodotto scalare, il loro prodotto vettoriale e il modulo di quest’ultimo; 4) l’angolo formato dai due versori; 5) i due versori ad essi perpendicolari. 1) Si considera dapprima un vettore ausiliario diretto come aˆ (equidistante dai tre assi)
Z
1 1
a1
aˆ
1
Se ne calcola il modulo: 2
1
a1
2
1
2
1
O
3
Si determina allora il versore corrispondente:
aˆ
a1 a1
1 1 3 1
1
bˆ
X
0.577 0.577 0.577
Y
il cui modulo è appunto aˆ 1 . Per quanto riguarda il secondo versore, il problema è più semplice perché, noto l’angolo che forma con gli assi, si possono calcolare subito i coseni direttori.
bˆ
cos 30 sen 30 0
0.866 0.500 0.000
2) La somma dei due vettori, data dalla somma delle componenti, risulta: 1.443 aˆ bˆ 1.077 0.577 3) Il prodotto scalare risulta: aˆ bˆ a x b x
a y by
a z bz
0.789
Il prodotto vettoriale aˆ
bˆ
ˆj iˆ kˆ 0.577 0.577 0.577 0.866 0.500 0.000
0.289 0.500 0.211
Il suo modulo aˆ
bˆ
0.615
4) Dalla definizione di prodotto vettoriale si può ricavare l’angolo
10
formato dai due versori,
arcsen
aˆ
bˆ
aˆ bˆ
38
Tale angolo può essere anche ricavato dalla definizione di prodotto scalare aˆ bˆ 38 arc cos aˆ bˆ 5) Dalla definizione di prodotto vettoriale, il cui risultato è un vettore perpendicolare ai due vettori di partenza, si ottiene il versore 0.470 aˆ bˆ cˆ 0.813 aˆ bˆ 0.343 L’altro versore perpendicolare ai due versori è naturalmente
cˆ , che ha verso opposto.
Es.2 In un sistema di riferimento cartesiano piano, sono date due forze F1 e F2 agenti rispettivamente nei punti P e Q di coordinate (5 m, 2 m) e (6 m, 1 m). Le forze hanno rispettivamente intensità di 300 N e 400 N e formano con l’asse X angoli di 120° e 45°. Valutare: 1) la risultante R delle forze ed il suo modulo; 2) i momenti M 1 e M 2 delle forze rispetto all’origine e il momento risultante M ; 3) il momento risultante rispetto al polo O’ di coordinate (-1,1);
4) la posizione S in cui dovrebbe essere applicata una forza pari a R perché il prodotto vettoriale OS sia uguale a M .
R
Y
F1
F2 120°
P
O’
45° Q
X
O
1) Noti gli angoli che le rette d’azione delle forze formano con gli assi, si possono calcolare i coseni direttori e quindi, noti i moduli, le componenti delle forze (in N) F1
F1
cos 120
150.0
300 sen 120
259.8
0
0.0
cos 45
282.8
400 sen 45
282.8
0
e quindi la loro risultante e il corrispondente modulo:
11
0.0
132.8
R
F1
F2
542.6 0.0
R
558.6
2) I momenti delle due forze rispetto all’origine (in Nm), e il corrispondente momento risultante, risultano: ˆj iˆ kˆ 0 M O1
M O2
OP
F1
OQ
F2
MO
5 2 0 150.0 259.8 0.0
0 1.6 10 3
ˆj iˆ kˆ 6 1 0 282.8 282.8 0.0
0 0 1.4 10 3
M O1
0 0 3.0 10 3
M O2
3) Il momento risultante rispetto al nuovo polo O’ è M O'
MO
O' O
F1
O' O
F2 iˆ
ˆj
kˆ
0
1
1
0
0
0 MO
O' O
R
0 3.0 10
3
3.7 10 3
132.8 542.6 0.0
4) Imponendo l’uguaglianza al momento risultante rispetto ad O del prodotto vettoriale indicato, si ha:
OS iˆ xS Rx
R
MO
kˆ 0 0 .0
Mz
y S Rx
Mz
ˆj
yS Ry
0 0
da cui si ricavano le coordinate incognite del punto S xS Ry
y 4.1x 27.9 Si ottiene l’equazione della retta di azione della risultante che ha rispetto al polo prescelto momento pari al momento risultante. Tale retta è il cosiddetto asse centrale dei vettori. Es.3 Due rimorchiatori A e B tirano una nave con delle funi che formano ognuna un angolo di 20° rispetto all’asse della nave stessa. 1) Sapendo che la forza esercitata da A è 1.5 volte maggiore di quella di B, valutare la direzione in cui viene spinta la nave. 2) Se la nave subisce uno spostamento di 2 m verso sinistra e 10 m in avanti, quale lavoro compiono le due navi? 3) In quale direzione dovrebbe spingere B se si vuole che la risultante abbia la direzione dell’asse della nave?
12
Y
R FA
s 20° 20°
O
FB
X
1) Considerando i moduli delle due forze, di cui si conosce il rapporto, come funzioni dell’incognita F FA
FA
15 . F
1.0 F
si possono scrivere i due vettori FA
15 . F
cos 110
FB
sen 110
cos 70
1.0 F
sen 70
e quindi la risultante R
FA
FB
0.171
F
2.349
il cui modulo è R
2.355 F
A questo punto è semplice determinare la direzione della risultante, individuata dall’angolo arccos
Rx
arccos
R
0.171
94
2.355
2) Dato lo spostamento 2.0
s
10.0
Il lavoro delle forze è subito calcolato:
Ltot
LA
FA s
LB
FB s
LA
3) Data invece la direzione della risultante come
LB
arccos
151 . F 8.7 F R s
Rx
23.8 F
90
R
ed esprimendo la componente R x come somma delle componenti delle due forze, si ha Rx
15 . F cos 110
F cos
0
B
e quindi l’angolo che la forza FB forma con l’asse X risulta arccos 15 . cos 110
Es.4 Due mezzi di soccorso C e D stanno effettuando la rimozione di una macchina B caduta in una scarpata. Nella figura sono rappresentate le posizioni dei due mezzi. 1) Nell’ipotesi che le forze esercitate dagli argani di sollevamento siano le stesse (6000 N), valutare la risultante applicata alla vettura B, l’angolo che questa forma con la verticale e il momento risultante rispetto al punto A. 2) Se all’inizio del sollevamento la macchina subisce uno spostamento di 5 cm sul piano orizzontale, perpendicolarmente al ciglio della scarpata CD, quale lavoro compiono le due forze? 3) Volendo che la risultante giaccia su un piano perpendicolare al ciglio, quale dovrebbe essere la forza esercitata da ciascuno dei due mezzi?
59
D Z C Y 2m
3m
B
4m O A
3m
B X
1) Si determinano innanzi tutto i vettori posizione, in m, per arrivare a definire le direzioni delle forze applicate, che sono dirette come BC e BD . 13
0
OA
0
OC
0
3
OB
0
0
0
OD
4
3
0
3
3
BC
OB OC
6 3
BD
4
OB OD
3
2 3
Si calcolano i versori corrispondenti:
cˆ
0.514
BC
0.686
BC
Fcˆ
BD
0.514
Noto quindi il modulo delle forze, F risultante, in N,
R
BD
dˆ
0.640 0.426 0.640
6000 N, e le direzioni, definite dai versori, si può calcolare la
Fdˆ
6.924 10 3 1.560 10 3 6.924 10 3
1.154 6000 0.260 1.154
Fr
L’angolo che questa forma con la verticale è ricavabile dal coseno direttore corrispondente, cioè dalla componente verticale del versore rˆ , arccos
rz r
46
Il momento risultante rispetto ad O è, in Nm, MO
OB
2.77 10 4 2.08 10 4 2.30 10 4
R
2) Dato lo spostamento, in m, 0.05
s
0 0
il lavoro complessivo delle due forze è Ltot
R s
Rx sx
346.2 J
3) Se si vuole che la risultante giaccia su un piano parallelo a XZ, la sua componente R y deve essere nulla, quindi Ry
FC c y
e
FD d y
FD
cy
FC
dy
14
1.61
0
CAP.2 Statica del punto materiale Si definisce punto materiale un corpo per il quale le dimensioni possono ritenersi trascurabili rispetto alle altre dimensioni del problema in esame e tutte le forze agenti possono assumersi aventi lo stesso punto di applicazione. E’ un concetto fisico astratto perché si associa ad un punto (privo di estensione) una massa finita che invece presuppone un corpo esteso. E’ importante soffermarsi sul fatto che le dimensioni assolute non sono importanti per cui uno stesso oggetto può essere considerato un punto materiale in certi contesti e un sistema più complesso in altri. Ad esempio la Terra può essere considerata sia come un punto nella sua orbita attorno al sole che come sistema di punti se considerata nella sua rotazione o se ci si riferisce a fenomeni geologici. Vediamo quali effetti producono più forze agenti su un punto materiale. Un esempio di come si potrebbe realizzare un’esperienza di questo tipo è rappresentato schematicamente in figura, con un corpo (puntiforme) collegato a vari cavi sostenuti da carrucole e mantenuti in trazione con dei pesi. Il cavo funge da elemento che permette la trasmissione della forza di trazione mantenendola inalterata mentre la puleggia ideale (senza attrito) è un elemento che consente di modificare esclusivamente la direzione del cavo e quindi del carico. Variando pesi e posizioni delle carrucole è possibile riprodurre l’effetto di svariati sistemi di forze sul corpo.
puleggia peso
cavo corpo
L’evidenza sperimentale suggerisce che se un sistema di forze ha R 0 il corpo si comporta come se su di esso non agisse alcuna forza, cioè è in equilibrio. Si noti che è implicitamente anche M 0 per qualunque polo si scelga, essendo tutte le forze applicate allo stesso punto materiale. Il calcolo dei momenti è pertanto irrilevante nella valutazione dell’equilibrio dei punti materiali. Es.1 Un corpo avente massa di 0.5 kg è sostenuto tramite un sistema di due funi (rappresentato nello schema a fianco), collegate ad un anello, a cui è applicata una forza orizzontale di 150N. Le distanze riportate sono espresse in m. 1)Valutare la trazione delle funi. 2) Cosa si potrebbe dire se la massa da sostenere fosse di 30 kg?
Y
A 5
F
150 N
3 3 B
Q
X
O 0.5 kg
In questo caso è assegnata la configurazione, e bisogna determinare la forza per mantenere l’equilibrio. Partendo dal presupposto che l’anello sia un punto materiale, si ragiona così: 1) Si isola una parte significativa di struttura (nell’esempio l’anello, punto di applicazione del carico esterno) 2) Si definisce un sistema di riferimento 15
3) Si scompongono le forze (determinazione delle componenti) 4) Il corpo è in equilibrio R 0 5) Si risolvono le equazioni di equilibrio Si considera l’equilibrio dell’anello sotto l’azione della forza orizzontale, del peso e delle reazioni incognite delle funi 150.0 Ffˆ Qqˆ 0 .5 9 .8 Si individuano i versori delle forze di trazione delle funi xA xB 0 . 514 0.707 OA OB fˆ qˆ yA yB 0.857 0.707 OA OB Si riscrive l’equazione di equilibrio in termini di componenti delle forze
0.514 F 0.707Q 150.0 0 857 F 0.707Q 4.9 Si risolve il sistema:
F
113.0
Q
130.0
Cambiando il valore del carico esterno verticale, si ottiene 150.0 Ffˆ Qqˆ 30 9.8 Ripetendo il calcolo si ottiene F
324.1
Q
23.4
Si nota che il valore di Q ottenuto è inaccettabile perché negativo e la fune non può esercitare una forza di compressione. Quindi nelle condizioni indicate la struttura di sostegno non è in grado di mantenere l’equilibrio. Es.2 Con lo schema di carrucole riportato in figura si vuole sorreggere un corpo avente massa di 10 kg tramite un contrappeso avente massa di 25 kg. Data la posizione relativa di A e C (noti h e L), determinare la posizione della puleggia all’equilibrio ( e , x e y) e la reazione del supporto sulla puleggia fissa.
In questo caso sono assegnate le forze e bisogna determinare la configurazione di equilibrio. Partendo dal presupposto che si tratta di un punto materiale, si ragiona come sopra. L-x
x h
C
A
y 25 kg
B 10 kg
Si considera l’equilibrio della puleggia mobile, isolandola dal resto, e si esaminano le forze che agiscono su di essa: la forza peso e la trazione nei due rami di fune. Scelto un sistema di riferimento comodo, si scrivono le equazioni di equilibrio alla traslazione:
16
Y
Tsin
Tsin
0
T cos T cos da cui si ricava:
0
Tcos
Tcos T
10 g
T
O
2T cos
X
Tsen
Tsen
10 g 10 g 50 g
cos
10g
= =78.5°
Quindi x L
y tan
x (h
y ) tan
da cui
h tan 2 L h tan y 2 tan Si considera ora l’equilibrio della puleggia fissa, isolandola dal resto e si esaminano le forze che agiscono su di essa: la trazione nei due rami di fune e la reazione del supporto (Rx, Ry). Scelto un sistema di riferimento comodo, si scrivono le equazioni di equilibrio alla traslazione: L
x
Y Ry
Tsen T
Tcos O
Rx
T cos
Ry
Rx
240 N
Tsin T
294 N
X T=25g
Es.3 Si vuole sospendere al soffitto un lampadario utilizzando tre ganci esistenti disposti su una circonferenza di diametro 0.4 m con l’angolazione indicata. Le funi di sospensione sono lunghe 90 cm. Dopo aver determinato la posizione dell’attacco del lampadario, valutare la tensione nelle tre funi sapendo che la massa del lampadario è di 8 kg.
Si tratta di un problema di statica nello spazio per il quale è utile l’algebra vettoriale. Il procedimento è analogo a quello dei problemi precedenti, salvo alcuni accorgimenti. 1) Si calcolano i coseni direttori delle direzioni dei fili secondo un sistema di riferimento comodo; 2) si scompongono le forze di tensione e si risolve il sistema di equazioni di equilibrio avendo come incognite i moduli delle tensioni T1, T2 e T3. Facendo riferimento alla figura riportata, per il calcolo dei coseni direttori, si determinano innanzi tutto le lunghezze dei cavi con il teorema di Pitagora. h
l
2
r
2
I coseni direttori risultano quindi:
17
87.75 cm
X
0 r /l h/l
t1
3 135°
Y
80°
1
r sen(80 ) / l tˆ2
tˆ3
Z
h/l
0.219 0.039 0.975
r sen(135 ) / l
0.157
r cos(135 ) / l
0.157 0.975
r cos(80 ) / l
2
0 0 . 222 0 . 975
h/l
L’equazione di equilibrio del lampadario in forma vettoriale è: T1tˆ1 T2 tˆ2 T3 tˆ3 8 9.8kˆ
h T3
T2
0 T1
0.219
0.222 0.975
Y
0.039 0.975
0.157
T1
0.157 T2 0.975 T3
0 0 8 9 .8
Risolvendo il sistema, si ottiene il vettore delle incognite T1, T2 e T3
8g
20.4 T
25.1 35.0
Es.4 Il sistema di carrucole mostrato in figura serve a sostenere un oggetto di massa pari a 100 kg. Se si vuole che l’inclinazione dei cavi a sinistra rispetto alla verticale sia di 25°, valutare l’angolo e l’intensità della forza che deve essere esercitata sul ramo di destra. Si tratta di un problema misto. Per l’assenza d’attrito nelle carrucole T1=T2=T3=T Per l’equilibrio alla traslazione della carrucola mobile: 25° 2T cos(25 ) T cos 100 g 0 T2 2T sen(25 ) T sen 0 T1 sen 2 sen(25 ) T3 Quindi 58 T 418 N 100g
Da notare che si ha: W
1 W 2 cos cos 2 Come si potrebbe ridurre tale tensione? Aumentando gli avvolgimenti e riducendo . T
18
Statica del corpo rigido Il modello di punto materiale si dimostra talvolta inadeguato a descrivere il comportamento dei corpi ed è necessario introdurre modelli più complessi, come ad esempio il modello di corpo rigido (particolare insieme di punti materiali). Nell’analisi statica dei sistemi di punti materiali si è soliti distinguere le forze in interne ed esterne. Le prime che tengono in conto dell’azione di punti su altri punti del sistema non esistono nel caso di punto materiale; nell’ambito del corpo rigido esse tengono uniti i punti materiali che compongono il corpo. Le seconde sono la causa del comportamento esterno del corpo e sono esercitate dal contatto di altri corpi o da azioni a distanza (forze gravitazionali o elettromagnetiche). Differenza degli effetti statici tra forze interne ed esterne Si consideri un semplice sistema di due punti materiali: per il principio di azione-reazione FAB
A
FAB
FBA
FBA
B
Tale sistema di forze ha risultante nulla e poiché le forze agiscono sulla medesima retta d’azione è anche nullo il momento risultante per qualunque polo Q. Le forze interne non alterano le caratteristiche statiche globali ( R e M ) delle forze agenti su un sistema di punti materiali, ma questo non vuol dire che non compiano lavoro. Si consideri l’esempio di due punti materiali collegati da una molla (sistema non rigido). In questo caso, deformandosi la molla, la distanza relativa dei due punti può variare e quindi le forze interne possono compiere lavoro. In un sistema rigido, per definizione, le mutue distanze tra coppie di punti sono costanti. Anche questo è un modello della realtà; in effetti non esistono corpi rigidi ma soltanto corpi per cui le variazioni di forma e deformazioni dovute dall’applicazione delle forze possono essere trascurate. Un sistema di punti con il vincolo di rigidezza è detto corpo rigido. Nell’ambito dei corpi rigidi le forze interne non compiono lavoro (spostamenti nulli). Equilibrio del corpo rigido L’evidenza sperimentale con i corpi rigidi dimostra che per avere equilibrio devono essere soddisfatte le seguenti equazioni cardinali (condizione necessaria e sufficiente per l’equilibrio): MQ 0 R 0
cioè che sia nulla la risultante ed il momento risultante delle forze. Si potrebbe obiettare che il momento risultante è una grandezza che dipende dal polo la cui scelta è arbitraria. Si può però dimostrare che se: R 0 MS
MQ
SQ R
0
cioè se la risultante è nulla e il momento risultante è nullo rispetto ad un polo arbitrario, esso è nullo rispetto a qualunque polo. Più in generale si può affermare che per un sistema a risultante nulla il momento risultante è indipendente dalla scelta del polo. Se si considerano due forze parallele che abbiano risultante nulla (coppia di forze), si verifica facilmente che il momento risultante ha direzione perpendicolare al piano individuato dalle rette di applicazione delle forze e intensità pari al prodotto del modulo di una di esse per la distanza tra le rette d’azione (braccio). b Q P bP
R
F
0
bQ O
F
19
M
0
Infatti presi due poli arbitrari P e Q
M M
P Q
FbP
F bP
b
F b
FbQ
F bQ
b
F b
MQ = MP e quindi il momento risultante della coppia rispetto a qualsiasi polo coincide con quello calcolato rispetto ad un punto arbitrario O su una delle rette di applicazione:
M
MO
F b
Se anche M 0 , le rette d’azione coincidono, il sistema è equilibrato e viene detto coppia di braccio nullo. Le forze interne sono, se considerate a due a due, coppie a braccio nullo. Le proprietà di equilibrio per un corpo rigido sono quindi riconducibili alle due caratteristiche globali del sistema di forze agenti: risultante e momento risultante. Si verifica infatti che due sistemi le cui forze risultanti e momenti risultanti soddisfino la seguente condizione: R R ' M M ' producono sul corpo rigido i medesimi effetti. Per questo tali sistemi si dicono staticamente equivalenti. La possibilità di sostituire ad un sistema di forze un altro equivalente, senza alterare le condizioni di equilibrio del corpo stesso, è ampiamente impiegato per la soluzione dei problemi di statica. Sulla base di queste considerazioni è possibile risolvere problemi del tipo: assegnato un corpo rigido sollecitato mediante un generico insieme di forze determinare le caratteristiche di un sistema di forze da applicare su un suo punto qualunque P per avere l’equilibrio. Tale sistema di forze dovrà evidentemente avere come risultante l’opposto della risultante di e come valutato rispetto al punto P. momento risultante l’opposto del momento risultante di Es.5 Una lamiera rettangolare di acciaio di spessore 80 mm, avente lati di 500 e 400 mm viene sostenuta da tre funi nel modo rappresentato in figura. Considerando una forza orizzontale pari a 0.3 kN agente sul lato inferiore, valutare la forza che le tre funi devono trasmettere per mantenere la lamiera in equilibrio.
Si calcola il peso della lamiera: 45° T3
W
T2
T1
O W
400 0.3 kN 500
V g
7.8kg / dm
3
(5 4 0.8) dm
3
9.8m / s
2
1224 N
Si impone l’equilibrio alla traslazione ed alla rotazione (rispetto al polo O):
0 0 1 1 500 0 T1 T3
372 N 424 N
T2
552 N
1 / 2 T1 1 / 2 T2 0 T3
300 1224 1224 250 300 400
Nota: Che succede se si cambia verso alla forza esterna? Es.6 L’elemento (rinvio) rappresentato in figura permette, tramite alcune pulegge che possono essere considerate senza attrito, di modificare la retta d’azione delle forze trasmesse dalle funi. 1) Valutare la forza che deve essere esercitata dalla fune A per mantenere l’elemento (considerato libero) in equilibrio nella configurazione adottata.
20
2) Valutare la forza esercitata dalle funi sul perno 1 3) Supponendo di aver fissato tale elemento ad una struttura di supporto (ad esempio tramite una saldatura) ed esercitando sulla fune A una forza doppia di quella che è stata precedentemente valutata, determinare l’azione globale che la saldatura dovrà esercitare sull’elemento. T
A
1) Si vede innanzi tutto che l’equilibrio alla traslazione è assicurato. Per quanto riguarda invece l’equilibrio alla rotazione dovrà essere:
2700 N 1
2m
Mz
2700 N 2m T 3m
0
e quindi 1m
T
2700 N 1m
3m
1800 N
T
2) Sul perno 1 insistono i due rami di entrambe le funi. Si trascurano le dimensioni della puleggia.
T
2700 N 2700 N T
Rx
2700 N
Ry
2700 N
R
2250 N
T cos
2700 N
3
1800 N 3
T (1 sen )
2700 N
2
1800 N 1
2
2
1200 N 2 32
22
1900 N
4) Nel caso di raddoppio della tensione sulla fune A, il momento risultante dall’azione delle due funi non è più nullo Mz
2700 N 2 m 2T 3m
5400 Nm
e deve essere equilibrato dalla reazione della saldatura (circonferenza tratteggiata). Da notare che la reazione della saldatura, essendo una coppia pura, non dipende dalla sua collocazione. Carichi distribuiti Finora sono state considerate forze concentrate agenti su un corpo rigido, cioè forze agenti su aree di dimensioni trascurabili rispetto a quelle del corpo. Talvolta però il corpo può essere soggetto a carichi distribuiti (es. effetto del vento, di fluidi, del peso), definiti come una pressione e misurati in pascal (Pa=1N/m2). Tali carichi possono essere ridotti ad un sistema di forze staticamente equivalente, costituito da una singola forza con retta d’azione opportuna.
y
p(x,y)
R
( x, y) x
O
Si consideri ad esempio una piastra appoggiata, caricata da una pressione p(x,y). Si può ridurre tale carico alla forza risultante data dall'integrale
R
p ( x, y )dA A
21
cioè al volume sottostante la superficie p(x,y). Perché il sistema di forze sia equivalente a quello dato, la retta d'azione della risultante (perpendicolare alla superficie e passante per il punto x , y ), deve essere tale da produrre lo stesso momento risultante del carico distribuito rispetto al polo scelto. Per esempio, rispetto ad O, si ha
xR
xp( x, y )dA
yR
yp( x, y )dA
A
A
xp( x, y )dA x
e quindi
yp( x, y )dA
A
y
p( x, y )dA A
A
p( x, y )dA A
che corrispondono alle coordinate (x,y) del baricentro del volume sottostante la superficie p(x,y). Si considerano i due casi più semplici e più comuni di carico distribuito agente su una superficie rettangolare: a) distribuzione uniforme, b) andamento triangolare secondo un asse. In entrambi i casi, dato che il carico è uniforme secondo un asse, ci si può dapprima ridurre ad un carico equivalente distribuito su una lunghezza e agente sull'asse di simmetria, w(x)=p0a, misurato in N/m. Dopodiché la forza equivalente è data, nel primo caso, dall'area del rettangolo definito da w(x) e cioè R= p0aL e la sua retta d’azione passa dalla mezzeria, nel secondo caso è data dall'area del triangolo definito da w(x) e cioè R= p0aL/2 e la sua retta d’azione passa per il baricentro del triangolo, cioè a (1/3)L dalla base del triangolo. Altre distribuzioni, come quella trapezoidale, possono essere considerate come combinazione delle precedenti. p ( x, y )
p0
w( x) L
p ( x, y )
p 0 aL L/2
=
= a/2
L/2
a/2
a
p0
x p0 L
R
p0 a
w( x)
p0 a
x L
p0 a R
p 0 aL / 2
L/3 L
a
= a/2
= a/2
22
2L/3
CAP.3 Gradi di libertà e vincoli Finora ci siamo occupati di stabilire le condizioni per cui punti materiali e corpi rigidi considerati liberi nello spazio siano in equilibrio. Nella pratica però situazioni di questo genere sono piuttosto rare in quanto molto più spesso si trovano problemi in cui i corpi non sono completamente liberi di muoversi nello spazio ma risultano in qualche modo “vincolati”. Per definire in modo preciso il concetto di vincolo è opportuno definire il concetto di grado di libertà. Se consideriamo un punto materiale P nello spazio, sappiamo che la sua posizione è definita, in modo univoco, da 3 grandezze scalari (le sue coordinate). Si dice per questo che il punto nello spazio ha 3 gradi di libertà in quanto, qualunque sistema di riferimento si consideri, anche non cartesiano, la sua posizione è definita da tre coordinate indipendenti. Z
t
Z
Z
P (x(t),y(t),z(t))
P (x,y,z) P (x,y,z(x,y)) Y
Q
Y
Y
O
O
O
X
X
X
Se il punto materiale è vincolato a stare su di una superficie (ad es. un piano), i gradi di libertà sono 2. In questo caso la condizione di appartenenza alla superficie può essere interpretata come una costrizione dei gradi di libertà del punto ed è esprimibile analiticamente da un’equazione che lega le coordinate del punto, ad es. l’equazione del piano:
ax by cz d
0
Se il punto è vincolato a stare su di curva, ad es. una retta,
x
n1t
q1
y z
n2 t q 2 n3 t q 3
dove n1 , n 2 , n3 sono i coseni direttori della retta e (q1 , q 2 , q3 ) le coordinate di un punto della retta stessa, l’ascissa curvilinea t, che individua la posizione del punto, corrisponde all’unico grado di libertà. I vincoli sono quindi condizioni (spesso esprimibili con equazioni) che limitano i gradi di libertà dei punti. Passando da un punto materiale ad un sistema di n punti materiali, i gradi di libertà risultano in generale pari a 3n. Se però si tratta di un sistema rigido si ha una notevole riduzione degli effettivi gradi di libertà a causa delle relazioni esistenti tra le coordinate dei vari punti, la cui distanza relativa è costante. Più semplicemente per una valutazione dei gradi di libertà è opportuno considerare il sistema nella sua globalità. Si consideri prima il problema nel piano. Per individuare la posizione del corpo rigido nel piano, basta considerare due punti arbitrari distinti A e B. Y
C
Z
C
A(xA,yA)
B B A B (xA,yA,zA)
B Y X
23
X
Conoscendo le loro coordinate è possibile determinare le coordinate di qualsiasi altro punto del corpo. Fissando A, cioè fissando le sue coordinate ( x A , y A ) , il punto B è vincolato a muoversi su una circonferenza attorno ad A. Quindi fissando inoltre la posizione angolare di B, B , si finisce per definire completamente la posizione del corpo. Perciò si dice che il corpo rigido nel piano ha 3 gradi di libertà. Ripetendo lo stesso ragionamento nello spazio bisogna considerare almeno 3 punti (A,B,C), non allineati, per complessivamente 6 gradi di libertà. Fissando il punto A di coordinate ( x A , y A , z A ) , il punto B può muoversi su di una sfera di centro A e raggio AB. Fissando le sue coordinate sferiche ( B , B ) , il punto C risulta potersi muovere su una circonferenza attorno ad una retta passante per A e B. Fissando infine la sua coordinata angolare C , la posizione del corpo risulta completamente determinata. Se il corpo non è completamente vincolato si dice labile ed il suo moto sotto l’azione delle forze agenti è oggetto del corso di Meccanica. Se i vincoli sono necessari e sufficienti a fissare i gradi di libertà si dice che il corpo è isostatico. Se invece sono esuberanti, il corpo si dice iperstatico. Questi due ultimi casi saranno oggetto di particolare trattazione nell’ambito di questo corso. Caratterizzazione statica dei vincoli. Caso piano. I vincoli agiscono però non solo come limitazione cinematica ma anche come agenti statici, cioè capaci di esercitare forze sul corpo. Supponiamo infatti di avere un corpo isostatico ed esercitiamo su di esso delle forze arbitrarie. Dato che il corpo rimane nella sua posizione di quiete, l’insieme delle forze è equilibrato, cioè le azioni esercitate dai vincoli (reazioni vincolari) controbilanciano esattamente le forze applicate. L’insieme dei vincoli esterni viene comunemente indicato con il termine telaio, inteso come quell’elemento esterno rigido e di resistenza infinita, capace di esercitare forze comunque intense, uguali e contrarie a quelle esercitate dal corpo sui vincoli. Da notare infine che il sistema di forze esterne ed il sistema di azioni sul telaio sono staticamente equivalenti. Pertanto i vincoli possono essere interpretati come degli elementi attraverso i quali le forze applicate al corpo si trasmettono al telaio. Si vedano in Tab.1 i più comuni vincoli piani. I problemi di statica consistono essenzialmente nel determinare, date le forze agenti sul corpo, le reazioni vincolari. Il procedimento di soluzione consiste in: 1) sostituzione dei vincoli con le rispettive reazioni vincolari, fissando arbitrariamente il verso (diagramma del corpo libero) 2) imposizione delle condizioni di equilibrio (equazioni cardinali) 3) soluzione del sistema di equazioni Nel caso piano le equazioni di equilibrio, per ogni corpo, si tradurranno in Rx 0 (equilibrio alla traslazione lungo x)
Ry
0
Mz
0
(equilibrio alla traslazione lungo y)
(equilibrio alla rotazione attorno a z) Da notare che essendo la risultante delle forze nulla, il momento risultante risulta indipendente dal polo. Esempio Data la trave incernierata ad un estremo ed appoggiata all’altro e caricata come mostrato in figura, si procede innanzi tutto alla sostituzione dei vincoli con le corrispondenti reazioni incognite, cioè al disegno del cosiddetto diagramma del corpo libero. F 30°
30°
l/3
F
T M
M S
l/2
Si noti che le incognite sono 3. Dopo di che si impongono le 3 equazioni di equilibrio: 24
V
VINCOLO
rulli
REAZIONE
appoggio liscio
NUMERO SIMBOLO INCOGNITE
Forza di direzione nota
1 cavo
bielletta
manicotto guida
Forza di direzione nota
asola Forza di direzione nota
2 cerniera
appoggio ruvido
Forza di direzione incognita
manicotto guida
2 Forza di direzione nota e momento
3
incastro
Forza e momento
Tab.1 Vincoli nel piano 25
T Rx
S
V
Ry
1 2 3 F 2
V sen
T
V cos
S
Vl cos
Mz
0
F
M
F
0
3 l 2 3
0
cioè in forma matriciale: 1 0
sen
F 2
T
0 1
cos
S
0 0
l cos
V
3 2
F
3l 6 Detta A la matrice dei coefficienti e B la matrice composta da coefficienti e termini noti, si verificano diverse situazioni, a seconda della caratteristica o rango delle matrici A e B, cioè dell’ordine massimo delle matrici quadrate estraibili con determinante non nullo. Il teorema di Capelli dice che condizione necessaria e sufficiente per avere una soluzione è che il rango di A sia uguale al rango di B. Se det A l cos cos 0 R A 3 R B 1 soluzione sistema ISOSTATICO 0 /2 Se cos
1 0 0 1 0 0
Quindi R A
2 mentre
M
F
3l 6
0
3
F
F 2
1 T 0 S 0 V
RB
M
F M
3 2 F
3l 6
sistema impossibile
IPOSTATICO, LABILE
3l 1 0 R A R B 2 numero incognite soluzioni sistema IPERSTATICO 6 Quindi in generale, date le equazioni di equilibrio nelle incognite reazioni vincolari, in forma matriciale: Ax b B Ab si hanno sistemi isostatici: RA=RB=numero incognite una soluzione sistemi labili: RA
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