Dispensa Riassunto ECONOMIA AZIENDALE Saita (Completo) Libro Vecchia Edizione
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CAP. 1 - DALLA RAGIONERIA ALL’ECONOMIA AZIENDALE L’economia aziendale è una scienza prevalentemente moderna, sorta dallo studio della ragioneria. Lo sviluppo della ragioneria avviene mediante degli strumenti che, partendo dalle tavole fenice si evolvono in veri e propri libri contabili come l’Adversaria, cioè la prima nota contabile, e la Tabulae, il primo libro delle entrate e delle uscite. Dopo il periodo dell’oscurantismo delle scienze, nel periodo del Medioevo e del Risorgimento anche gli studi della ragioneria risorgono. Nel 1200 Leonardo Fibbonacci con il Liber Abaci pubblicava una descrizione dei calcoli computistici e l’inserimento dell’uso dei numeri arabi. Nel 1494, invece, Fra Luca Pacioli, con la pubblicazione del Tractatus de computis et scripturis aveva diffuso la partita doppia, il “dare, avere”, il bilancio e l’inventario. Fino al 1800, non avvenne più nulla di innovativo nella ragioneria, tranne quando con Francesco Villa si diffuse il concetto di scienza economica dell’amministrazione aziendale, cioè lo sviluppo di uno studio basato sull’organizzazione e la gestione aziendale in una visione unitaria. Ma verso alla fine dell’ottocento, grazie ad un grande studioso della ragioneria, inizia a diffondersi il concetto di logismografia. Infatti il Cerboni diffonde la teoria dei conti aperti alle persone, cioè un’economia basata sui centri di responsabilità e delineava un metodo contabile denominato logismografia. Nel 1900 si assistette ad un profondo cambiamento della concezione della ragioneria con due grandi studiosi Fabio Besta e Gino Zappa, il primo maestro del secondo ma diffusori di idee totalmente diverse. Fabio Besta articolava l’amministrazione economica su tre elementi: controllo, direzione e gestione. Il controllo economico era fondamentale per poter ricercare delle leggi che sarebbero state valide per tutte le aziende e per questo motivo si poteva definire la ragioneria come la scienza del controllo economico. Ma un altro grande merito di Besta fu quello di inventare lo Stato patrimoniale, che poi si sarebbe diffuso in tutto il mondo e avrebbe assunto il nome di stato patrimoniale anglosassone. Gino Zappa nel suo pensiero inserì nuovi concetti come: Azienda: istituto economico destinato a perdurare nel tempo, che per il soddisfacimento dei bisogni svolge operazioni economiche coordinate destinate alla produzione e al consumo di ricchezza. Economia aziendale: scienza che studia le operazioni economiche all’interno dell’azienda con lo scopo di poter trovare delle leggi o dei principi che consentano all’azienda di raggiungere i propri scopi. Secondo lui erano presenti 3 dottrine: Organizzazione Gestione Ragioneria Concetto di reddito: capitale di fine periodo – capitale di inizio periodo, espresso in valori dei beni aziendali. Sistema del reddito: determinazione del reddito prendendo in esame solo gli scambi monetari tra impresa e terzi.
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CAP. 2 – LE AZIENDE Il concetto di azienda è basato sulla consapevolezza che le persone si aggregano con diverse forme e modalità nella società con lo scopo di soddisfare dei bisogni e di conseguire dei fini. Se all’interno di queste aggregazioni si stabiliscono delle norme comportamentali e si raggiunge una certa autonomia, si formano delle aggregazioni istituzionali o istituti. L’azienda, quindi, è un ordine economico con cui si svolgono delle attività economiche degli istituti. Lo scopo primario dell’azienda è quello della creazione del valore per gli stakeholders, che è variabile per tutti i tipi di azienda. Infatti esistono sei tipologie di azienda: 1. Aziende familiari. Questo tipo di azienda ha finalità di produzione, accrescimento e distribuzione di valore che si manifesta: » Valori non economici: come la reciproca assistenza, l’equilibrio affettivo e l’inserimento dei figli nell’impresa. » Valori economici: come i consumi, gli investimenti, il risparmio, che comportano la gestione del patrimonio familiare e i finanziamenti. Quando i redditi di capitale e di lavoro superano i costi e gli investimenti, si forma il risparmio, viceversa, deve ricorrere ai finanziamenti da terzi. 2. Aziende pubbliche. Sono aziende propense a soddisfare i bisogni pubblici, creando, accrescendo e distribuendo valore per la collettività. Importanti aziende pubbliche sono: lo Stato, le Province, i Comuni, l’ASL e l’Aziende Municipalizzate. 3. Aziende di produzione o imprese. Sono aziende il cui fine diretto è la produzione di beni o di servizi da immettere sul mercato, con lo scopo di remunerare il capitale investito e i fattori produttivi: quindi il fine diretto delle imprese è la produzione e distribuzione della ricchezza. Assumono il nome di imprese perché svolgono la loro attività all’interno di un mercato e sono soggette a rischio del capitale investito dagli azionisti. Esistono diversi tipi di aziende che sono classificate in base al settore in cui operano: » Imprese del settore primario: aziende agricole. » Imprese del settore secondario: imprese industriali. » Imprese del settore terziario: imprese assicuratrici, imprese bancarie, imprese di servizi. » Imprese del settore terziario avanzato: imprese informatiche, imprese di brokeraggio. 4. Aziende no profit. Sono comitati, associazioni, federazioni costituite con atto pubblico che svolgono una attività non lucrativa, quindi non commerciale, stabilita dalla legge o dall’atto costitutivo o dallo statuto. Esiste una particolare categoria di questo tipo di aziende, le ONLUS, Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale, che svolgono la loro attività in determinati settori, come: assistenza socio-sanitaria, beneficenza, sport dilettantistico, istruzione e formazione, ecc. Sono soggette a particolari vantaggi fiscali che hanno indotto a chiedere la registrazione di tutte le ONLUS presso la Direzione Regionale delle Entra. È previsto anche che le ONLUS possano svolgere attività commerciale, purchè i proventi da loro ottenuti non superino il 66% del costo della ONLUS. 5. Aziende mutualistiche. Sono le società cooperative e le società di mutua assicurazione. Le prime sono aziende che producono beni o servizi o prestano lavoro direttamente per i propri soci a condizioni più vantaggiose rispetto alle condizioni del mercato. Lo scopo mutualistico influisce molto sulla distribuzione degli utili e sulle riserve ai soci. In caso di scioglimento della società, il capitale sociale deve essere devoluto a scopi di pubblica utilità. 6. Aziende sociali. Sono organizzazioni senza scopo di lucro, che esercitano attività commerciale diretta e realizzare un interesse generale. Si differenziano: » Dalle imprese perché non hanno scopo di lucro. » Dalle ONLUS perché hanno attività commerciale. » Dalle aziende pubbliche, perché le aziende pubbliche non possono detenere la maggioranza. Con la legge delega n. 118 del 13 giugno 2005 il Governo ha approvato sull’impresa sociale: » Il carattere sociale dell’impresa. » Previsto disposizioni omogenee per cariche sociali, responsabilità degli amministratori, ammissione o esclusione dei soci, obbligo di devolvere il capitale sociale a organizzazioni non lucrative » Attivato misure di controllo e ricerca necessari alla verifica della qualità delle imprese. » Definito la disciplina dei gruppi di imprese secondo i principi di trasparenza e tutela delle minoranze. All’interno di queste aziende sono presenti in misura diversa gli stakeholders, i quali sono: » Azionisti o soci di maggioranza; » Azionisti o soci di minoranza; » Manager; » Fornitori; » Finanziatori; » Erario; » Concorrenti; » Clienti; » Lavoratori dipendenti. Il Codice Civile riconosce due tipi di soggetti: » L’imprenditore che è sia soggetto economico che giuridico.
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La società formata da più soggetti che svolgono una attività economica. In questo caso il soggetto economico è differenziato dal soggetto giuridico. Il soggetto giuridico è la persona nel nome del quale si conduce l’azienda, è la persona titolare di tutti i diritti e i doveri. Quindi rappresenta legalmente l’azienda davanti alla legge. Il soggetto economico è la persona nella quale prevale l’interesse delle conduzione dell’azienda. 1. Impresa individuale. Il suo soggetto giuridico è una persona fisica, l’imprenditore, che risponde con il proprio patrimonio alle obbligazioni dell’impresa. Non ha autonomia patrimoniale ed è assoggettabile alle procedure concorsuali. Nel caso di fallimento dell’impresa si dichiara fallito anche l’imprenditore. Dal punto di vista dell’imposizione fiscale, gode di semplificazione riguardanti la tenuta della contabilità, infatti è obbligato solo a tenere i registri IVA. Esistono delle particolari tipologie di impresa: l’impresa familiare, e l’impresa coniugale. 2. Società Quando una attività viene svolta da due o più persone si crea una azienda collettiva alla base della quale c’è un contratto di società dato da un accordo tra più persone e il conferimento dei beni da parte dei soci. » Società di persone Hanno una autonomia patrimoniale imperfetta, cioè il patrimonio della società non è distinto da quello dei soci. Quindi i creditori della società in caso il capitale non basti possono rivalersi sul capitale dei soci, mentre i creditori dei soci non possono rivalersi sul capitale della società. Ci sono diversi tipi si società di persone: o Società semplice, che non può svolgere attività commerciali, ma attività agricole o professionali. o Società in nome collettivo, in cui i soci rispondono illimitatamente alle obbligazioni della società. o Società in accomandita semplice, sono presenti due tipi di soci: soci accomandatari che rispondono illimitatamente alle obbligazioni e i soci accomandanti che rispondono alle obbligazioni in proporzione al capitale conferito. Questo tipo di società non necessita di un capitale minimo. Il reddito viene tassato con l’IRAP, e poi pro quota ai soci tassato con l’IRE. Nelle società di persone ci sono delle semplificazione per la tenuta della contabilità, infatti sono obbligate a tenere solo i registri IVA. » Società di capitali Sono veri e propri soggetti giuridici totalmente autonomi, godono di autonomia patrimoniale perfetta; quindi il loro patrimonio risulta distinto da quello dei soci. Godono di personalità giuridica, infatti la responsabilità delle obbligazioni è riferita solamente alla società. Ci sono diversi tipi società di capitali: o Società per azioni. o Società di responsabilità limitate o Società in accomandita per azioni, sono presenti due tipi di soci: soci accomandatari che rispondono illimitatamente alle obbligazioni, e per questo sono gli amministratori della società, e i soci accomandanti che rispondono alle obbligazioni in proporzione al capitale conferito. Questo tipo di società devono avere un capitale minimo e hanno l’obbligo di approvare un bilancio sociale annuale e di depositarlo presso il Registro delle Imprese, presente nella Camera di Commercio della Provincia. Esistono altri tipi di società: » Associazioni temporanee di impresa (ATI) » Consorzi » Gruppo Europeo Di Interesse Economico (GEIE) Spesso le aziende sono classificate in base alla dimensione: » Grandi aziende » Medie aziende » Piccole aziende Altri parametri usati sono il fatturato, il valore aggiunto (fatturato-acquisti a terzi), numero dei dipendenti, quota di mercato e volumi di attività svolta. »
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CAP. 3 – LE IMPRESE La corporate governance regolamenta i rapporti tra esponenti di maggioranza, di minoranza, gli organi di controllo e gli organi di direzione. Le modalità di governo delle imprese dipendono dalla stabilità e dalla composizione della compagine aziendale. Da questo si possono desumere 3 tipi di corporate governance: 1. Public company Modello molto diffuso nel mondo anglosassone, prevede una compagine azionaria costituita da piccoli azionisti. Le conseguenze sono che: a capo dell’azienda c’è il management, quindi lo scopo primario dell’azienda è la creazione di valore; necessariamente si devono quotare in borsa, per facilitare il trasferimento di azioni, i valori fondamentali riguardano il breve periodo; la società ha una elevata capacità finanziaria perché può contare sugli aumenti di capitale da parte degli azionisti. 2. Impresa Padronale È un modello diffuso in Italia, ed è fortemente caratterizzato dall’imprenditore che è un manager operativo. Le conseguenze sono che: il soggetto economico è l’imprenditore che è azionista di maggioranza; non sono quotate in borsa; il valore fondamentale è dato dalla distribuzione degli utili; e il potenziale finanziario è basso perché si attinge molto all’autofinanziamento o al finanziamento dell’imprenditore. 3. Impresa consociativa Diffuso nell’ideale tedesco, è caratterizzato da un nucleo di azionisti di riferimento. Le conseguenze sono che: il soggetto economico sono le banche, il management, e i rappresentanti dei lavoratori; anche se sono quotate in borsa non è molto rilevante perché la circolazione di azioni è limitato; il valore fondamentale è la crescita, lo sviluppo e la continuità dell’azienda nel tempo; e il potenziale finanziario è molto alto perché gli azionisti possono partecipare all’aumento di capitale. L’impresa è a contatto con un ambiente che comprende dei sottosistemi: → Macroambiente Il macroambiente è suddivisibile in 3 sottogruppi: mondiale, continentale, nazionale. Ognuno dei quali prevede dei settori come quello economico, politico, culturale, sociale, ecc. → Microambiente O ambiente istituzionale è l’ambiente più prossimo all’azienda e comprende tutti i mercati in cui opera, come il mercato delle materie prima, il mercato dei prodotti, il mercato monetario, il mercato del lavoro, ordinamento tributario e sindacale, l’ambiente tecnologico, ecc. → Sistema competitivo È l’ambiente esterno all’impresa in cui vengo immessi i prodotti finiti. Sono presenti degli attori che sono i concorrenti, i clienti, i fornitori, i potenziali entranti, e i produttori di prodotti sostitutivi. Il sistema competitivo si differenzia grazie a 2 caratteristiche fondamentali che sono la sostenibilità dei vantaggi competitivi nel tempo e la differenziazione dei prodotti. L’intreccio di queste due caratteristiche fa si che si formino 4 tipologie di sistema competitivo: » sistema competitivo frammentato: alta differenziazione dei prodotti, bassa sostenibilità dei vantaggi competitivi perché i prodotti innovativi sono facilmente copiabili. Esempio il settore tessile. » sistema competitivo di specializzazione: l’impresa svolge il ruolo di leadership in quel mercato perché riesce ad avere una alta sostenibilità dei costi e un’elevata differenziazione dei prodotti. Esempio il settore della moda. » sistema competitivo di volume: tipico dei mercati in cui le imprese devo produrre elevati volumi, comporta però una bassa differenziazione dei prodotti ma un elevata capacità di sostenere i vantaggi nel tempo perché i risultati non sono copiabili dalle altre imprese. Esempio: mercato dei PC. » sistema competitivo bloccato: assenza di domanda, la società non riesce a sostenere i vantaggi e non differenzia i prezzi. Esempio: l’impresa siderurgica. → Sistema degli interlocutori finanziari Gli stakeholders sono le persone che interagisco nell’attività aziendale e possono essere interne od esterne. Le prime sono composte da azionisti di maggioranza, management, direzione aziendale. Quelli esterni possono essere azionisti di minoranza, lavoratori dipendenti, gli enti finanziari, lo Stato e i rappresentanti sindacali. Il sistema impresa è un sistema INPUT-OUTPUT perché riceve input, li elabora, per poi immettere sul mercato output. Al suo interno sono presenti 3 sottosistemi: 1. variabili strutturali: rappresentano le risorse di cui dispone l’impresa per svolgere la sua attività e ottenere i risultati a. Risorse primarie: uomini in grado di creare e sviluppare un business, e risorse finanziarie per finanziare il business. b. Risorse derivate: nel caso in cui le risorse primarie non bastino si ricorre alle risorse derivate, cioè al patrimonio tecnicoindustriale (la capacità di produrre prodotti innovati) e al patrimonio commerciale (la capacità di commercializzare a ai clienti sul mercato il prodotto finito) 2. attività: gestione e strategia: a. gestione operativa: per calcolarne la qualità ci si basa sull’efficienza, cioè ottenere i risultati al minor costo. b. strategia operativa: per calcolarne la qualità ci si basa sull’efficacia, cioè la capacità di raggiungere i risultati stabiliti. 3. risultati: creazione di valore data da risultati economici, finanziari, sociali e qualitativi, e sviluppo dell’impresa. I gruppi di imprese si basano sulle caratteristiche che legano tra loro le imprese, la loro classificazione avviene in relazione alla forma giuridica della capogruppo, all’oggetto sociale, all’estensione territoriale e al grado di integrazione produttiva. Esistono 3 tipi di gruppo: Gruppi economici, imprese appartenenti ad un gruppo integrate tra loro da prodotti, catena di valore o mercati. Gruppi finanziari, imprese appartenenti ad un gruppo integrate tra loro da partecipazioni finanziarie; la capogruppo a solo ruolo di azionista. Gruppi misti, si differenziano da quelli economici perché operano in settori diversi, da quelli finanziari, invece, perché la capogruppo svolge un ruolo di controllo e di coordinamento.
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I gruppi devono presentare ai fini giuridici in forma di società di capitali e l’esistenza di partecipazioni tra le imprese. La holding è la società capogruppo e svolge un ruolo di maggioranza nelle imprese figlie, nomina gli amministratori ed esercita influenza dominante. L’impresa controllata è una impresa in cui la maggioranza delle azioni è posseduta dalla holding, è un’impresa che sta sotto l’influenza dominante di un’altra società. L’impresa collegata è un’impresa che ha una notevole influenza all’interno di un’altra società, deve possedere il 20% delle azioni, o il 10% se è quotata in borsa. Le partecipazioni possono essere: Dirette: la controllante ha partecipazioni nella controllata. Indirette: la controllante ha partecipazioni nella controllata tramite un’altra impresa controllata. Reciproche: la controllante ha partecipazioni nella controllata, e la controllata ha partecipazioni della controllante.
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CAP. 5 – LA GESTIONE OPERATIVA La gestione operativa è un sottoinsieme che valuta la situazione economica finanziaria e patrimoniale dell’azienda. Può essere esaminata distinguendo aspetti oggettivi, quindi relativi alle operazioni economiche che si sviluppano in azienda, e soggettivi, quindi relativi alle norme comportamentali dell’imprenditore nell’attività relative al processo decisionale, di comando, di gestione. Le operazioni economiche aziendali sono: operazioni fondamentali: » operazioni di gestione ordinaria: finanziamenti: nel capitale proprio creando debiti verso soci, nel capitale di terzi creando debiti verso terzi. Investimenti: consistono nell’acquisizione di fattori produttivi necessari allo svolgimento del processo aziendale come i fattori a veloce ciclo di utilizzo, i fattori a lento ciclo di utilizzo i fattori finanziari. L’acquisizione di questi fattori può avvenire tramite operazioni per contanti o pagamenti successivi con la creazione di debiti verso fornitori. Trasformazione: operazioni economiche che consentono di trasformare gli input in output. Sono operazioni interne all’azienda quindi non danno origine a flussi economici. Disinvestimenti: operazioni finalizzate a cedere le produzioni e i servizi ottenuti, disinvestendo i mezzi finanziari, ottenendo mezzi monetari o crediti commerciali per l’azienda. Rimborso o remunerazione: remunerare i dividendi ai soci o gli interessi passivi maturati su capitale di terzi, o rimborsando debiti di terzi, come i mutui. » operazioni di gestione extraordinaria: costituzione: messa a punto delle operazioni che consentono all’impresa di ottenere i mezzi finanziari per procedere alla gestione ordinaria. Liquidazione e cessazione: procedure per cessare o sciogliere l’attività dell’azienda, quindi vengono effettuate le operazioni di rimborso soci. Altre operazioni: come la trasformazione della società. Oppure la fusione tra società o la scissione in più aziende. raggruppamenti di operazioni più significative: le operazioni vengono raggruppate per interpretare i fenomeni aziendali. » Processi di operazioni: sono gruppi omogenei di operazioni in cui l’omogeneità può essere individuata a livelli. » Processi produttivi: insieme di processi di operazioni concatenati e coordinati per ottenere la produzione o la vendita di beni. » Cicli dei processi produttivi: Ciclo totale: inizia con l’investimento dei fattori produttivi necessari allo svolgimento del processo, e termina con l’incasso della vendita dei prodotti. Ciclo economico tecnico: inizia con l’investimento dei fattori produttivi e termina con il processo di vendita dei prodotti, quindi il disinvestimento. Ciclo tecnico: inizia con il prelievo dal magazzino materie e termina con il deposito del prodotto finito nel magazzino dei prodotti finiti. Indica la durata del tempo di lavorazione. Ciclo monetario: inizia con il pagamento dell’investimento dei fattori produttivi e termina con l’incasso della vendita del prodotto finito. Le operazioni di gestione ordinaria possono essere esaminate sotto 3 aspetti: 1. aspetto monetario: viene modificato in seguito alle entrate monetarie e alle uscite monetarie provocate dalle operazioni di gestione. Consente di cogliere l’intervallo di tempo tra cash inflow e cash outflow, contrapponendoli si può verificare se è presente l’equilibrio monetario. Se il risultato è negativo si ricorre al finanziamento, altrimenti al rimborso. 2. aspetto finanziario: le operazioni economiche possono dare origine a variazioni dei rapporti di debito, credito dell’azienda. Queste variazioni possono comportare finanziamenti che creano debiti verso le banche, oppure investimenti che creano debiti verso i fornitori, disinvestimenti che creano crediti verso clienti. 3. aspetto economico: a. variazioni reddituali: i. valore della produzione: ricavo che misura il disinvestimento ovvero la vendita di prodotti. ii. Costi della produzione: costi dei fattori produttivi che misurano l’investimento ovvero l’acquisizione dei fattori produttivi. iii. Proventi e oneri finanziari: misurano operazioni economiche di gestione esterna. iv. rettifiche del valore di attività finanziarie che misurano le rivalutazioni. v. Proventi e oneri straordinari: che misurano le situazioni atipiche dell’azienda. vi. Imposte dell’esercizio: misurano li prelievo fiscale. b. configurazione di risultato di esercizio: i. reddito d’esercizio: valore della produzione-costi di produzione e tutti gli altri componenti negativi e positivi di reddito. ii. Valore aggiunto: valore della produzione – costi dei fattori produttivi. iii. Reddito operativo: reddito d’esercizio – oneri e proventi finanziari, rettifiche di attività finanziarie oneri e proventi straordinari e imposte sul reddito. iv. Margine lordo operativo: valore della produzione – fattori produttivi a veloce utilizzo. c. equilibrio economico: si raggiunge quando le operazioni economiche consentono di ottenere un valore della produzione che copra i costi della produzione e i risultati delle gestioni finanziaria, patrimoniale e straordinaria e remunerare il capitale investito nell’impresa. Nell’ambito della gestione monetaria finanziaria ed economica bisogna prendere in esame le quantità che esprimono valori che si formano per effetto della gestione: reddito d’esercizio: è al quantità d’azienda che indica un contributo negativo o positivo al mantenimento dell’equilibrio economico. Non è un valore certo chiaro, ma è una quantità astratta. Il principio di base che caratterizza l’individuazione dei componenti del reddito è il principio di competenza.
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Costi per natura: i ricavi e i costi sono analizzati secondo la natura originaria della produzione venduta e del fattore produttivo utilizzato, come per il valore della produzione sono i ricavi delle vendite, le variazioni di rimanenze finali e iniziali dei prodotti, per i costi dei fattori produttivi, invece, sono i costi di produzione e le variazioni tra rimanenze finali e iniziali di materie prieme. » Costi per destinazione: prende in esame le finalità per cui è stato usato il fattore produttivo. » Uguaglianza tra costi per natura e costi per destinazione: RI+ACQ=CDV+RF che equivale a RI+ACQ-RF = CDV Esistono diversi tipi di costi e di ricavi da imputare all’esercizio: → COSTI SOSPESI FINALI: costi manifestati nell’esercizio ma attribuibili a quelli successivi. Sono una rettifica positiva dell’esercizio. Risconti attivi finali: per esempio canoni, premi di assicurazione e fitti passivi. Rimanenze attive finali: materiali non usati, oppure in corso di lavorazione, o prodotti non venduti. → RICAVI SOSPESI FINALI: ricavi manifestati nell’esercizio ma attribuibili a quelli successivi. Sono una rettifica negativa dell’esercizio. Risconti passivi finali. Rimanenze passive finali. → COSTI PRESUNTI FINALI: costi che si manifestano nell’esercizio successivo ma che sono imputabili all’esercizio in corso. Sono una componente negativa di reddito Ratei passivi finali. Fatture da ricevere. Quote fondo TFR. Quote di fondo rischi e oneri. → RICAVI PRESUNTI FINALI: ricavi che si manifestano nell’esercizio successivo ma che sono imputabili all’esercizio in corso. Sono una componente positiva di reddito Ratei attivi finali. Fatture da emettere. → COSTI PRESUNTI INIZIALI: costi che si manifestano nell’esercizio ma che sono imputabili all’esercizio precedente. Sono una rettifica positiva di reddito. Ratei passivi iniziali. Fatture da ricevere iniziali. Quote fondo TFR. Quote di fondo rischi e oneri. → RICAVI PRESUNTI INIZIALI: ricavi che si manifestano nell’esercizio ma che sono imputabili all’esercizio precedente. Sono una rettifica negativa di reddito. Ratei attivi iniziali. Fatture da emettere iniziali. → COSTI SOSPESI INIZIALI: costi manifestati nell’esercizio precedente ma attribuibili a quello in corso. Sono una componente negativa dell’esercizio Risconti attivi iniziali. Rimanenze attive iniziali. → RICAVI SOSPESI INIZIALI: ricavi manifestati nell’esercizio ma attribuibili a quelli successivi. Sono una rettifica negativa dell’esercizio. Risconti passivi finali. → Rimanenze passive finali Il reddito d’esercizio può essere rappresentato tramite un documento che prende il nome di conto economico. Questo nuovo schema è in vigore dal 1992 dopo aver ricevuto le direttive cee. La struttura del C.E. secondo i dettami del C.C prevede le 5 macroclassi che sono: A) Valore della produzione: ricavi al netto di resi, abbuoni, sconti e variazioni delle rimanenze di prodotti finiti, dei prodotti in corso di lavorazione e gli incrementi delle immobilizzazione. B) Costi della produzione: costi per materie prime, costi per servizi, costi per godimento beni di terzi, costi per il personale che comprende salari e stipendi, oneri sociali e TFRL di competenza. Ammortamenti e svalutazioni di competenza, variazioni delle rimanenze di materie prime, accantonamento per fondi, oneri diversi di gestione. C) Proventi e oneri finanziari: proventi da partecipazione e altri proventi, interessi attivi. D) Rettifiche di valore di attività finanziarie: rettifiche di valori finanziari come le svalutazioni su partecipazione. E) Proventi e oneri straordinari: sopravvenienze, plusvalenze, minusvalenze, insussistenze. 22) imposte sul reddito d’esercizio: ires 33%, irap e comprendono sia le imposte da pagare negli esercizi futuri, sia le imposte anticipate. 23) utile / perdita d’esercizio. Le 5 macro classi indicano delle aree di gestione, quindi evidenziano dei risultati intermedi. Il reddito d’esercizio gode di 3 proprietà: 1. comparabilità: è strutturato a stati comparati per facilitare il confronto di redditi tra più esercizi a condizione che si mantengano constante i principi e i criteri di valutazione. Le variazioni indicano le variazioni di efficienza dell’impresa. 2. attendibilità: il reddito è una quantità ipotetica, pertanto può avere un grado di attendibilità che influisce sul grado di rischio dell’impresa in relazione: o Volume delle previsioni: maggiore è il volume delle operazioni a cavallo tra gli esercizi, tanto maggiore è il volume di previsione e minore il grado di attendibilità. o Difficoltà delle previsioni: dipende dalla lunghezze del periodo a cui si riferisce, all’elasticità di seguire le situazioni del mercato, e alle caratteristiche di gestione. 3. distribuibilità: se il reddito è positivo allora si ha un utile, e si può anche distribuire ai soci, infatti, rappresenta il valore massimo da distribuire senza danneggiare l’equilibrio economico. Questo è possibile quando il reddito è uguale al cash flow, quindi quanto la differenza tra ricavi e costi è uguale alla differenza tra entrate e uscite. »
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capitale: il patrimonio aziendale è l’insieme dei fattori produttivi e dei finanziamenti a disposizione di un impresa per raggiungere i fini istituzionali, invece, il capitale d’azienda è il valore attribuito al patrimonio. Il capitale può essere analizzato sotto un profilo giuridico, quindi inteso come il valore della partecipazione dei soci alla società (capitale sociale); sotto un profilo economico aziendale intenso come la differenza tra attività e passività, se è positiva è il patrimonio netto, se negativa è il deficit netto. Nel 1992 l’Italia ha ricevuto le norme CEE che obbligano una classificazione e un ordinamento preciso per gli elementi attivi e passivi del capitale: per l’attivo le voci devono essere ordinate secondo il criterio di liquidità, mentre il passivo secondo il criterio di esigibilità. L’attivo è costi strutturato: A) crediti verso soci B) immobilizzazioni: immateriali, materiali e finanziarie C) attivo circolante: rimanenze, crediti, attività finanziarie e disponibilità liquide. Passivo è cosi strutturato: A) patrimonio netto I. capitale II. riserva sovrapprezzo azioni III. riserva di rivalutazione IV. riserva legale 5% V. riserva per azioni proprie VI. riserva statutaria VII. altre riserve VIII. utili portati a nuovo IX. utili d’esercizio B) fondi rischi e oneri C) trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato D) Debiti E) ratei e risconti Riclassificazione dello stato patrimoniale impieghi liquidità immediate attivo corrente
liquidità differite disponibilità
attivo immobilizzato
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attivo immobilizzato
fonti passività correnti
fonti entro 12 mesi
passività non correnti
patrimonio netto
fonti non correnti
capitale di terzi
capitale proprio
Esistono diversi tipi di configurazione di capitale: → capitale di costituzione: determinato al momento in cui viene costituita l’impresa, pertanto coincide con il capitale sociale. Il valore iscritto può essere denaro contante o conto corrente bancario, oppure crediti verso soci per il capitale sottoscritto ma non ancora versato. Oppure ancora posso essere conferimenti in natura, quindi è necessario valutare tenendo conto del valore degli apporti degli altri soci oppure in relazione al valor economico dei singoli apporti che daranno all’impresa. → Capitale di funzionamento: determinato nell’ipotesi dell’impresa in continuo funzionamento presente e futuro, è anche detto capitale d’esercizio quando si riferisce all’esercizio in corso, è detto anche reddito di bilancio quando viene presentato nell’ambito del bilancio. Vengono usati criteri come il valore nominale per le attività e le passività, per le immobilizzazioni il costo storico al netto del fondo ammortamento. → Capitale di liquidazione: è determinata al momento di scioglimento dell’impresa, quindi viene effettuato il rimborso di capitale ai soci, dopo aver trasformato tutto in liquidità ed estinto i debiti, è detto capitale di stralcio perché stralcia i valori che non sono liquidabili, come i costi di pubblicità e di impianto, i fondi. → Capitale di cessione: determinato al momento di cessione dell’impresa, rappresenta il valore economico dell’impresa e usato come base di una trattativa, infatti non coincide con il prezzo di cessione. cash flow:è il risultato della gestione monetaria che si può pervenire » flussi di entrata e uscita:differenza tra entrate e uscite monetarie cash flow globale: coincide con la fine della vita dell’impresa con il reddito globale. Cash flow d’esercizio: coincide con la differenza tra le entrate e uscire correnti che si sono verificate nell’esercizio: Ec= R +Cri –Crf; Uc= C+Di-Df cash flow = Ec-Uc. » flussi dei fondi: si prendono le operazioni che hanno modificato i fodni ovvero gli impieghi e le fonti di finanziamento nel corso dell’esercizio. A secondo degli impieghi e dei fondi si avranno 3 tipologie di rendiconti finanziari: delle variazioni delle liquidità: riguardano le disponibilità liquide la cui variazione nel tempo da origine ai flussi di cassa. del capitale circolante netto: riguarda le attività e le passività correnti. di risorse finanziarie totali: riguardano il totale delle voci dello stato patrimoniale. L’autofinanziamento si intende la capacità dell’impresa di finanziare nuovi investimenti senza ricorrere a fonti di finanziamenti esterne all’impresa, senza indebitarsi.
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dell’esercizio di breve periodo: reddito d’esercizio+quota di ammortamento+quota di fondo TFR+quota di fondo rischi e oneri = CASH FLOW OPERATIVO LORDO dell’esercizio di medio/lungo periodo: rappresentato dalla quota di reddito di esercizio non distribuito sotto forma di dividendo. La gestione finanziaria è riducibile in 4 punti fondamentali: 1) analisi della struttura finanziaria: 2) gestione della tesoreria: 3) gestione delle fonti di finanziamento 4) gestione degli impieghi. Gli obiettivi riguarda la capacità di reperire fonti di finanziamento per fare fronte agli impieghi aziendali mantenendo un equilibrio finanziario pari al patrimonio netto aziendale, un equilibrio nel finanziamento da terzi e un equilibrio nella gestione della tesoreria per garantire una coerenza temporale tra out flow e in flow. Le fonti di finanziamento possono essere distinte in finanziamenti a titolo di capitale proprio e in finanziamenti a titolo di capitale di debito. La scelta tra una o l’altra tipologia è condizionata da fattori legati alla legislazione, alla capacità di autofinanziarsi e al livello degli investimenti. Fonti a titolo di capitale di rischio sono: capitale sociale: è il capitale nominale versato inizialmente, o successivamente agli aumenti di capitale, e può essere conferito in natura o in denaro. Nelle società di capitale è rappresentato da azioni nominative, mentre nelle società di persone da quote sociali. Aumenti di capitale: possono essere o a pagamento, quindi oltre all’emissione di azioni può essere previsto un sovrapprezzo emissione azioni che rappresenta un maggior valore delle azioni rispetto al valore nominale, oppure gratuito, quindi consistono nel passaggio della parte disponibile nelle riserve a capitale sociale, dando origine all’aumento del valore delle azioni in circolazione, o mediante conferimento di beni, o con una offerta pubblica. Autofinanziamento: riguarda riserve utili, fondi ammortamenti, fondi TFR o fondi rischi e oneri . Fonti a titolo di capitale di terzi sono: finanziamento a medio lungo termine: durata dai 3 ai 5 anni. » prestiti obbligazionari: emissione di titoli con vincolo di credito che prevedono scadenza fissa per il rimborso e il pagamento degli interessi. » Mutui e sovvenzioni: prestiti di durata variabile è previsto un rimborso di pagamento degli interessi nel corso degli anni. finanziamento a breve termine: durata inferiore ai 3 anni » sconto di cambiali, pagherò o tratte » incasso riba salvo buon fine » apertura di credito in conto corrente per il quale è previsto un fido bancario » anticipi su fatture » anticipi in c/c bancario particolari forme di finanziamento: » leasing: pagamento di rate mensili. » Factoring: cessione di crediti ad un una società di factoring ottenendo della liquidità. Clausola pro solvendo la responsabilità resta all’impresa, pro soluto la società assicura il rischio. La gestione finanziaria degli impieghi viene valutata attraverso gli indici di valutazione degli impieghi: senza tenere conto del valore attuale dei flussi: » payback period: tempo espresso in anni di recupero dell’investimento. P=U/E » ROI, retur on investment: rappresenta la redditività dell’impresa. ROI=E/U tenere conto del valore attuale dei flussi: » VAN, valore attuale netto. ∑ (F/i+1)^n -Io rappresenta la sommatoria di tutti i flussi di cassa attualizzati, meno l’investimento iniziale. Se è un valore positivo allora la redditività dell’investimento è superiore alla media degli investimenti aziendali. Si può effettuare anche un confronto tra più investimenti con l’indice di profittabilità che è dato da (flussi di cassa attualizzati/investimento iniziale) » DCF, discontinued cash flow. È un tasso di sconto che consente di eguagliare l’investimento iniziale alle somme di flussi di cassa e consente di determinare il tasso di redditività dell’investimento. ∑ (F/i+1)^n = Io » IRR, tasso interno di rendimento. Rende pari a zero la somma dei flussi di cassa attualizzati e la somma degli investimenti attualizzati ∑ (F/i+1)^n = ∑ (Io /i+1)^n . Un’azienda è in equilibrio qualora ci sia un equilibrio economico finanziario e patrimoniale, e per determinare tali equilibrio di può effettuare un analisi statistica che consente di ottenere indici e margini, e un analisi dinamica che consente di analizzare flussi finanziari. Analisi statistica: a) Elasticità degli investimenti: indica in quale misura gli investimenti in immobilizzazioni e in capitale circolante percentualmente incidono sugli impieghi a. elasticità degli immobilizzazioni: immobilizzazioni/impieghi b. elasticità dell’attivo circolante: attivo circolante/impieghi b) elasticità dei finanziamenti: indica in quale misura le fonti di finanziamento incidono percentualmente sul totale delle fonti di finanziamento. a. Elasticità del capitale permanente: capitale proprio+passivo consolidato/ tot fonti b. Elasticità del capitale di terzi: passivo corrente + passivo consolidato/ tot fonti c) Solidità del patrimonio: indica in quale misura le riserve rendano più solido il patrimonio aziendale rispetto al capitale sociale: capitale sociale /patrimonio netto. Minore è l’incidenza del capitale sociale sul patrimonio netto maggior è la solidità del patrimonio aziendale. d) Indipendenza finanziaria: indica in quale misura il patrimonio netto incida percentualmente sulle fonti di finanziamento. Patrimonio netto/ tot fonti. Maggiore è l’incidenza maggiore è l’indipendenza. Analisi della situazione finanziaria attraverso i margini: a. Margine di tesoreria: evidenzia la capacità dell’impresa di fare fronte con i propri mezzi ai debiti a breve: liquidità > passività correnti. b. Margine di struttura: evidenzia in quale misura il patrimonio netto dell’impresa finanzia le immobilizzazioni al netto dei fonti: patrimonio netto > immobilizzazioni. -
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Capitale circolante netto: indica in quale misura l’impresa è in grado di far fronte nel breve termine a nuovi investimenti dopo aver pagato le passività correnti con lo smobilizzo delle liquidità e del magazzino: liquidità + disponibilità>passività correnti. Il ROE, retun on equità è un indice che calcola la situazione economica, infatti si calcola facendo il rapporto tra reddito d’esercizio e patrimonio netto e può essere scomposto: redditività operativa ROI= reddito operativo/impieghi » il ROI può essere scomposto in redditività sulle vendite ROS reddito operativo/ricavi di vendita e rotazione del capitale investito dato dal ricavi di vendita/impieghi. indebitamento= impieghi/ patrimonio netto incidenza dei fenomeni extra gestione: reddito d’esercizio/ reddito operativo
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CAP. 6 – LA STRATEGIA O GESTIONE STRATEGICA La strategia è un nuovo e più moderno modo di definire le politiche aziendali. Occorre quindi individuare il contenuto che è possibile attribuire alle strategie analizzando le scuole di pensiero: a) Business policy: la strategia è il risultato di un processo di pianificazione conseguente alla valutazione della situazione esterna, per individuare le minacce, e interna, per focalizzare i punti di forza. b) Strategic management: Ansoff diffonde il concetto di strategia che si basava solo sugli strumenti, senza specificare i fini, perché non sempre si raggiungono. Quindi c’è una distinzione tra tattica e strategia, dove la tattica sta per le decisioni del breve periodo e la strategia per le decisioni del lungo periodo. c) Strategie reali: Mintzberg propone un processo di formazione delle strategie basate sul continuo apprendimento, quindi si parte da una strategia intenzionale che viene sostituita da una deliberata dopo aver eliminato le strategie non realizzabili. Quindi si traduce come un concetto dinamico di strategia, prevedendo delle correzioni. d) Fattori di successo: sono elementi che rendono unica l’impresa che sfruttandoli può cerare una leadership. La fortuna e il successo imprenditoriale sono strettamente collegati ad una competenza dell’imprenditore che difficilmente è imitabile. Ma è una teoria limitata in quanto non è spiegabile scientificamente. Comunque esistono 8 fattori chiave: a. Approccio empirico: ogni idea deve essere sperimentata sul campo. b. Struttura semplice: impresa deve avere una divisione chiara dei compiti c. Orientamento del cliente: soddisfazione del cliente. d. Coinvolgimento del personale: tutti i lavoratore devono lavorare per gli stessi scopi. e. Imprenditorialità: caratteristica sostanziale dell’imprenditore. f. Enfasi sui valori aziendali: estendibili a tutta l’impresa. g. Concentrazione sulle attività aziendali. h. Equilibrio tra elasticità e rigidità dei controlli: e) Formula imprenditoriale: Normann focalizzava le strategie il concetto di idea intorno a cui si sviluppava la strategia Esistono fondamentali caratteristiche della strategia aziendale, come la determinazione degli obiettivi, la conoscenza dell’ambiente competitivo , la valutazione delle competenze, strutture organizzative efficaci e implementate nel sistema. L’ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO è inteso come la visione di fondo da parte dell’imprenditore, ed è basato su certe variabili che condizionano lo scopo finale dell’impresa (il profitto), il ruolo verso gli stakeholders e la posizione di confronto con i concorrenti. Le variabili sono: 1) Il campo di attività: l’imprenditore deve scegliere se rimanere leader di un settore, quindi sfruttare la propria conoscenza e la propria esperienza, oppure effettuare una diversificazione ed entrare in nuovi campi di attività. 2) L’orizzonte temporale: riguarda il lungo periodo, quindi a garantire la sopravvivenza dell’impresa nel tempo. a. Obiettivo di profitto aziendale: nel breve periodo l’impresa deve investire con ROI elevati e con payback period veloci, consente di riportare l’impresa su livelli di redditività, ma le fa perdere la posizione competitiva; mentre nel lungo periodo interviene per avere profitti duraturi e accetta sfide difficili ma con probabilità di riuscita, quindi rinuncia alla liquidità del breve periodo per essere più competitiva. b. Rapporti con gli stakeholders: nel breve periodo ci sono conflitti tra lavoratori e sindacato e scarsa trasparenza verso gli azionisti di minoranza. c. Successione aziendale: nel breve periodo si potrebbe avere un inserimento dei figli nell’impresa, ma solo dopo la loro preparazione. d. Processi di ristrutturazione aziendale. 3) Lo sviluppo dimensionale: può essere: a. Del tutto assente. b. Forzata: quindi crescere a prescindere dall’esperienza. c. Fisiologica: non si può fare a meno di crescere. 4) Lo sviluppo qualitativo: è rivolto a raggiungere una riduzione dei sprechi e quindi dei costi per raggiungere una qualità totale o eccellenza imprenditoriale. a. Profondità: si manifesta quando si verificano 3 obiettivi come la produttività, la qualità e la creatività. b. Ampiezza: l’imrpesa deve cercare di dominare l’intero settore con una strategia globale. c. Grado di apertura o chiusura al nuovo: l’impresa deve essere flessibile per poter assimilare nuove culture. La STATEGIA DI GRUPPO è rivolta alle decisioni di fondo dell’azienda relative a 3 aspetti: 1. strategia di portafoglio o di diversificazione: individua le aree strategiche in cui entrate o da abbandonare. La loro selezione avviene guardando: – ciclo di vita della ASA: entrate nelle asa con tasso di sviluppo alto (creare business), e uscire da quelle con bassi tassi di sviluppo (business saturo). – Attrattività dell’ASA: occorre valutare 5 fattori essenziali come i FATTORI DI MERCATO, CONCORRENZIALI ECONOMICI TENCOLOGICI E MACROAMBIENTALI. – Matrice BCG: è suddivisa in 4 quadranti: a. QUESTION MARKS: alto tasso di crescita, bassa quota di mercato, richiedono un elevato fabbisogno finanziario. b. STARS: alto tasso di crescita e alta quota di mercato, rappresentano una posizione di leadership. c. CASH COW: basso tasso di crescita e alta quota di mercato, sono mercati con scarse possibilità di sviluppo ma l’impresa è leader e può sfruttare le bonomia di scala quindi ottenere margini di profitto. d. DOGS: bassa quota di mercato e basso tasso di crescita, producono bassi profitti o perdite. 2. strategia di integrazione: riguarda i processi aziendali in cui si deve decidere se esternalizzare oppure no. L’integrazione verticale è elevata quando l’impresa ha la proprietà delle impresa che operano a valle e a monte del processo produttivo, e può essere perfetta se opera sono con l’impresa madre, o parziale se operano anche per terzi. Se le cose vanno male dopo l’integrazione e l’impresa vuole tornare alla situazione precedente deve sostenere dei costi elevati. 3. strategia globale o internazionalizzazione:
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vantaggi: la globalizzazione delle preferenze del consumatore, le economie di scala. Strategie di sviluppo: a. Localizzazione geografica: riguarda l’intera catena del valore, ed è influenzato da fattori produttivi come il vantaggio competitivo e trasferibilità dei beni. b. Modalità di entrata nei mercati internazionali: tramite rapporti commerciali come la cessione di marchi in licenza d’uso, cessione di tecnologie o franchising, oppure attraverso investimenti diretti come il joint venture o filiali. La STRATEGIA DI BUSINESS o COMPETITIVA valuta: 1. fonti del vantaggio competitivo: possono essere interne, quindi l’impresa si impegna ad essere più innovativa rispetto ai concorrenti in base agli obiettivi e ai valori alle risorse e alle capacità dell’impresa; oppure esterno, quindi riguarda la domanda di mercato del consumatore la variazione dei prezzi e lo sviluppo tecnologico. 2. tipologie di vantaggio competitivo: l’impresa può pervenire ad un vantaggio competitivo o vendendo i prodotti ad un costo più basso , quindi un vantaggio di costo, che gli consenta di avere una leadership di costo; oppure vendendo prodotto con caratteristiche uniche che consenta di creare una differenziazione dei prodotti. I vantaggi di differenziazione sono: – valore per l’impresa: premium price cioè premio di prezzo, inteso come maggiore prezzo che il cliente è disposto a pagare, maggiore quantità di prodotto acquistata e maggiore fedeltà del cliente. – Valore per il cliente: capacità di percepire valore dal cliente, riduzione dei costi per il cliente, e miglioramento delle prestazioni. 3. determinanti del vantaggi competitivo: – economie di scala che consistono nella possibilità di svolgere attività con minori costi (ammortizzare costi di ricerca e sviluppo e pubblicità su maggiori volumi produttivi) e maggiore differenziazione. Comportano dei vantaggi competitivi sostenibili nel tempo, e rappresenta una barriera all’entrata per le aziende. – l’apprendimento, consiste nella possibilità di svolgere attività generatrici di valore con minori costi e maggior differenziazione rispetto ai concorrenti. – modello di utilizzazione della capacità produttiva che consente di produrre e vendere sfruttando al massimo le capacità produttive riducendo i tempi morti, quindi riduce i prezzi in bassa stagione, effettua promozioni con saldi e decentra la lavorazione; ma la sostenibilità è molto bassa. – Collegamenti con la catena del valore. – Interrelazioni cioè svolgere molteplici business che svolgono la stessa attività generatrice. – Integrazione e deintegrazione che danno origine a vantaggi di costo e di differenziazione. – Fattore tempo; che consente di avere dei vantaggi di costo, avere accesso ai fornitori preferenziali, acquistare i brevetti e mantenere il vantaggio oltre ad avere una locazione geografica migliore. – Politiche discrezionali: dipendono dallo staff e riguardano le prestazioni e le caratteristiche dei prodotti, i mix di prodotti l’incidenza delle spese di pubblicità e degli investimenti di ricerca e sviluppo, i tempi di consegna, le tecnologie di processo la qualità delle materie e gli stipendi. – Localizzazione geografica: vantaggi di costo riguardo le materie prime, costi logistici e agevolazioni fiscali e incentivazioni finanziarie. Vantaggi di differenziazione ambiente scientifico culturale, management di elevato livello, assenza di concorrenza. – Fattori istituzionali: come le regolamentazioni, gli incentivi finanziari, esenzioni fiscali e normative locali. – –
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CAP. 8 – IL SISTEMA ORGANIZZATIVO L’evoluzione del pensiero organizzativo è fondamentale per analizzare le strette interrelazioni tra economica aziendale e organizzazione. 1. TEORIA CLASSICA: Accomuna tre studiosi: – Taylor: studio del mondo operaio. Attraverso tre principi: studio scientifico del lavoro, selezione ed addestramento del lavoratore, integrazione del personale. – Fayol: studio della direzione amministrativa. Individua nuove funzioni aziendali: commerciali, amministrative, direzionali, finanziaria e di sicurezza. – Weber: studio delle aziende pubbliche. Distinzione tra potere ( possibilità di imporre il proprio volere in un certo contesto sociale) e autorità (possibilità di farsi obbedire). Individua nuovi tipi di autorità: carismatica, tradizionale e legale. Dall’autorità legale si sviluppa il modello organizzativo burocratico. Un modello volutamente modellato per far emergere l’autorità legale, basati sulla rigidità del lavoro, dalla gerarchia, dalle regole di comportamento previste da regolamenti, dall’impersonalità dei rapporti con il pubblico e sviluppi della carriera derivati dall’anzianità. Il modello organizzativo burocratico ha diversi vantaggi comete regole e competenze oggettive e una gerarchia forte. Ma questo modello viene criticato, perché non democratico nei confronti del pubblico, produce difficoltà e insoddisfazione del cliente. Quindi si ha tendenza al conservatorismo, scarsa coordinazione e riduzione di coordinamento. 2. SCUOLA DELLE RELAZIONI UMANE: la scuola delle relazioni umane sorge negli stati uniti. Lo studioso che ha diffuso questa scuola fu Elton Mayo, che dimostrò che lo stile e i metodi di direzione condizionavano i risultati del gruppo, infatti, stili autoritari creavano frustrazione nei dipendenti e che la produttività aziendale derivava in particolare dalle caratteristiche del gruppo di lavoro e il personale si sentiva parte integrante, inoltre dimostrò che il personale accettava anche gratificazioni o punizioni non economiche. Tra i numerosi di questo filone ci furono: – Maslow con la piramide dei bisogni: secondo Maslow esisteva una piramide dei bisogni caratterizzata da 5 livelli, dal più basso: bisogni fisiologici, bisogni di sicurezza, bisogni di socializzazione, bisogni di stima, bisogni di autorealizzazione. Un bisogno diventa motivante solamente se si soddisfano i bisogni che stanno alla base della piramide. – Mc Gracor, con la teoria XY: secondo Mc Gragor esistono due teorie: teoria X quindi prevale la presenza di lavoratori indolenti, ostili al cambiamento, non responsabili, quindi costringono ad uno stile di direzione duro nei loro confronti, comportando la tendenza a sabotare gli obiettivi direttivi. Oppure la teoria Y: lavoratori favorevoli al cambiamento e agli obiettivi, desiderosi di assumere responsabilità e motivati ad autorealizzarsi; quindi comportando uno stile di direzione che favorisce la loro realizzazione, facendo si che il controllo e le esigenze dei lavoratori siano in armonia, con un necessario coinvolgimento nell’attività aziendale. – Likert, con gli stili di direzione: secondo Likert esistono quattro stili di direzione: due di tipo evoluto, quindi consultivi e partecipativi, e due meno evoluti, quindi paternalistici e autoritari. In base alla presenza di ognuno di questi stili si presenta un diverso comportamento tra il capo e i suoi collaboratori in base alle motivazioni, ai rendimenti, al processo decisionale e di comunicazione, ai rapporti, e al metodo di determinazione degli obiettivi. – Stile di direzione elastico: basato sul cambiamento, quindi è in grado di soddisfare i bisogni dei lavoratori. È basato su un flusso continuo ed è articolato in sei stili di direzione: o Autoritario: il capo comunica ai collaboratori le scelte e gli obiettivi. o Autoritario benevolo: il capo presenta gli obiettivi e sollecita una discussione. o Paraconsultivo: il capo presenta gli obiettivi stabiliti che possono essere cambiati. o Consultivo: il capo presenta il problema e lo discute con i collaboratori e analizza le loro proposte. o Partecipativo: il capo lasci a decidere al gruppo entro determinati limiti ma li influenza con la sua autorevolezza. o Autocontrollo: i collaboratori decidono entro i limiti fissati. 3. TEORIA DELLA CONTINGENZA: non esiste un sistema organizzativo ottimale, ma bisogna che sia visto secondo leggi biologiche, adattate al concetto di sopravvivenza della azienda nel tempo. – Metodo sistematico: logica input/output dato da AMBIENTE/FINALITA’ ISTITUZIONALI. Lo scopo è quello di pervenire alle stesse finalità dell’economia aziendale. Le variabili risultanti sono l’efficacia organizzativa e la soddisfazione individuale. – Teoria ambientalistica: presenza di un modello organico che prevede una specializzazione al servizio dell’azienda, l’intersezione dei compiti individuali con quelli aziendali, la responsabilizzione estesa a tutte le situazioni e le conoscenze collocate a tutti i livelli. 4. TEORIA DELL’AZIONE ORGANIZZATIVA: Simon studiò nel 1947 il comportamento amministrativo, valutandolo in un significato molto ampio. Infatti secondo lui il processo decisionale si basa sulla razionalità intenzionale limitata, in cui razionalità significa la relazione tra mezzi a disposizione e fini da raggiungere, intenzionale significa desiderosi di raggiungere, limitata significa che non sono note tutte le conseguenze. 5. TEORIA NEOISTITUZIONALISTA: l’organizzazione non doveva più essere considerata a livello aziendale, ma bisognava ricercare i problemi organizzativi a livello dei mercati senza sottovalutare l’aspetto economico. Quindi la stessa organizzazione aziendale assume un nuovo nome come organizzazione economica, il cui maggiore esponente era Williamson che aveva integrato la teoria organizzativa con l’analisi economica pervenendo alla teoria dei costi di transazione. I nuovi modelli organizzativi riguardano il franchising, le concessioni e i contratti a lungo termine. L’organizzazione in economia aziendale risente di approcci fondamentali come l’approccio oggettivo, come detto da Fayol Taylor e Weber, dall’approccio soggettivo come detto dalla scuola delle risorse umane e dalle teorie motivazionali d Maslow , e un approccio interattivo quindi cercare di congiungere gli elementi oggettivi con quelli soggettivi. Le strutture organizzative aziendali sono un insieme di unità organizzative o organi aziendali in cui confluiscono un insieme di compiti. La loro organizzazione è basata sulla divisione del lavoro, sulla creazione di gerarchia e di strumenti di coordinamento, sulla presenza delle responsabilità e sul sistema di controllo. Ad ogni organo aziendale vengono assegnati dei compiti su cui si definiscono le funzioni. Ogni compito è diviso in posizioni che vengono ripartite e formano le mansioni di ogni singolo addetto. Esistono 6 strutture organizzative:
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STRUTTURA ELEMENTARE: tipica delle piccole aziende in cui tutti i dipendenti rispondo direttamente al titolare, che assume tutte le funzioni più delicate. a. Vantaggi: struttura snella e costi non elevati; rapporto diretto tra imprenditore e dipendenti; inesistenza di conflitti sindacali. b. Svantaggi: stile direzionale autoritario; totale deresponsabilizzazione del dipendente e impossibilità di carriera. 2. STRUTTURA FUNZIONALE: articolata in unità di direzione generale, svolge attività di line che sono la direzione della produzione e delle vendite. a. Vantaggi: specializzazione sulle funzioni che comporta una crescita professionale; controllo maggiore della direzione, e responsabilizzazione del dipendente. b. Svantaggi: i dirigenti non sono manager; scarso flusso di informazioni; difficoltà di calcolare la redditività delle singole funzioni e di creare gruppi misti. 3. STRUTTURA DIVISIONALE: creazione di mini imprese nell’impresa in cui vengono svolte le funzioni delle attività. È una struttura basata sul prodotto o sul business. Il punto focale della struttura è decidere quante unità debbano essere mantenute nelle strutture centrali, sempre mantenendole snelle. a. Vantaggi: divisioni sono business unit, decentramento sviluppato, la dirigenza ha competenze manageriali, il controllo direzionale e le decisioni sono rapide. b. Svantaggi: aumento di costi, conflitti tra le sedi centrali e le divisioni, minore specializzazione del personale. 4. STRUTTURA MATRICIALE: si cerca di creare una struttura che combini prodotti, aree geografiche e funzioni. a. Vantaggi: coordinamento migliore di prodotti, funzioni e aree, elevata flessibilità, competenze del personale ampliate. b. Svantaggi: non c’è unità di comando, c’è conflittualità tra i responsabili e complesso il coordinamento. 5. STRUTTURA PER PROGETTO: viene adottata quando l’organizzazione del lavoro si articola su più progetti, manca unità di comando. Questo tipo di strutture è tipico delle imprese di costruzione. 6. AD HOCRAZIA: sono strutture costruite ad hoc per organizzazioni in cui l’innovazione è un elemento strategico fondamentale. Sono le strutture migliori per qualsiasi tipo di azienda. I processi organizzativi sono una sequenza di attività finalizzate a raggiungere uno specifico obiettivo attraverso le funzioni aziendali. Attraverso l’intervento sui processi è possibili ottimizzare i costi e migliorare la qualità della prestazione. I processi organizzativi sono articolati in 3 gruppi: processi primari: che influiscono in modo rilevante al business aziendale. processi di supporto: non creano direttamente valore per il cliente, come il controllo di gestione, la contabilità generale, la gestione del personale ecc. processi critici: processi che danno risultati scarsi con costi elevati, dopo averli individuati è necessario ricorrere alla progettazione del nuovo processo individuando dei correttivi.
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CAP. 9 - IL SISTEMA DELLA QUALITA’ Il sistema della qualità è uno dei quattro sistemi fondamentali dell’economia aziendale insieme al sistema dell’organizzazione, della gestione e dell’amministrazione e controllo. Nei primi anni del secolo prendeva forma il controllo di qualità contemporanea alla crisi della domanda di mercato avuta negli anni 20. Solo dopo la seconda guerra mondiale il controllo di qualità trova la piena affermazione anche nell’industria americana. Negli anni 50 il concetto di qualità di estende, da considerazione del prodotto al momento della vendita si passa a considerazione del concetto di affidabilità durante la vita utile del prodotto. Negli anni 60 la qualità inizia ad assumere contenuti manageriali con gli studi di Juran e Feigenbaum. Inizia a diffondersi il controllo totale della qualità basa su principi come la prevenzione dei difetti, l’individuazione di standard di qualità e di adeguamento dei requisiti. Il TOTAL QUALITY CONTROL è un concetto dinamico volto al continuo miglioramento della strategia aziendale. Con il concetto di qualità totale si diffonde in Giappone il CWQC, COMPANY WIDE QUALITY CONTROL, un idea più tradizionale del total qualità control americano. Infatti si predispone un approccio nazionale al concetto di qualità , imposto dallo stato, applicazione dei metodi loss function di Taguchi, necessaria formazione ed addestramento. La reazione all’idea giapponese nel mondo manageriale occidentale è stato il total qualità management, una filosofia di direzione che guidi verso la totale soddisfazione dei clienti e di tutti gli stakeholders. La qualità totale analizza con lo scopo di evidenziare le relazioni esistenti tra qualità e altri sistemi aziendali come la gestione, l’amministrazione e il controllo e l’organizzazione. La qualità deve oltre essere analizzata in relazione alle attività generatrici di valore, infine deve essere anche analizzata nell’ambito delle strategie aziendali al fine di cogliere il ruolo della qualità nelle strategie aziendali. È fondamentale studiare il concetto di qualità in base alle caratteristiche qualitative: … Legate al prodotto o Tecniche: consento al prodotto di svolgere il servizio per cui esso è richiesto. o Costruttive: sono i requisiti che il prodotto deve avere per poter dare le prestazioni richieste. … Legate al servizio: condizioni di pagamento, assistenza sul territorio, puntualità nelle consegne, disponibilità delle parti, ricambio dei pezzi, condizioni di pagamento, ecc. Esistono diversi concetti di qualità: 1. Qualità attesa: l’insieme delle caratteristiche tecniche e costruttive che la clientela vorrebbe fossero presenti nel prodotto nel momento della vendita e durante il periodo utile del prodotto stesso. Quindi l’impresa si impegna ad assecondare i desideri dei clienti, ma non tutti, solo quelli che comportano un miglioramento qualitativo del prodotto. Nel caso in cui si ha una pluralità di clienti è necessario massimizzare i desideri della maggioranza e minimizzare lo scontento della minoranza. Quando si confronta il prezzo con la qualità si crea un grafico che indica che all’aumentare della qualità aumenta anche il prezzo che i clienti sono disposti a pagare per acquistare il prodotto. Questa spezzata consente di pervenire alla mappa del valore che posiziona la qualità relativa e il prezzo relativo: i prodotti al di sotto della curva hanno per il cliente un maggior valore, per cui sono in posizione di forza, quelli sopra hanno un minor valore quindi sono in posizione di debolezza. I prodotti che hanno un valore più elevato aumentano con il tempo la loro quota idi mercato. Questo avviene applicando delle strategie: diminuire i prezzi a parità di qualità, aumentare la qualità a parità di prezzi. 2. Qualità standard: l’insieme delle caratteristiche qualitative del prodotto e del servizio che l’impresa decide debbano essere presenti nel prodotto sia nel momento in cui viene venduto sia durante tutto la vita utile. 3. Qualità effettiva: l’insieme delle caratteristiche qualitative del prodotto che effettivamente sono presenti nel prodotto alla fine del processo produttivo - distributivo, quindi nel momento della vendita (qualità effettiva che indica il difetto ), sia durante tutta la vita utile del prodotto (affidabilità effettiva, che indica il guasto). 4. Qualità percepita: si ricollega alle aspettative del cliente e alla qualità nel conforto competitivo con le altre imprese. Misura il gap esistente tra qualità percepita e qualità attesa. La rilevazione del costumer satisfaction viene effettuata con questionari compilati dai clienti. a. La costumer satisfaction ha finalità di conoscere il punto di vista del cliente. b. La costumer satisfaction deve essere credibile e basata sulla trasparenza dei questionari ed sulla loro chiarezza e comprensibilità e la garanzia di riservatezza delle informazioni. c. la rilevazione della costumer satisfaction deve essere efficace,e lo si misura tramite la rilevazione, l’inserimento dei dati e dal grado di partecipazione del cliente. d. Il processo di rilevazione si basa sulla PDCA (PLAN DO CHECK ACT)
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CAP. 14 – LO SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE La gestione delle risorse umane si articola in attività rilevanti. La prima di queste è il reclutamento e la selezione del personale. Il reclutamento è un processo attraverso il quale l’azienda procede alla ricerca delle risorse umane sia all’interno che all’esterno dell’azienda, sia sul mercato del lavoro; mentre la selezione è il momento in cui si procede alla scelta del personale reclutato. Il reclutamento può essere interno, quindi si ricorre al personale interno all’impresa con vantaggi di tipo economico, soddisfazione del personale, e di miglioramento con il sindacato, e svantaggi dati da mancanza di elasticità aziendale esterna e di privilegio anzianità aziendale a scapito di persone nuove e più adatte. L’altro tipo di reclutamento può essere esterno, con vantaggi e svantaggi opposti al reclutamento interno. L’attività di reclutamento e di selezione è spesso svolta o dall’impresa stessa oppure esternalizzato a imprese terziarie. Quindi la società incaricata dispone di un database che contiene tutti i nominativi dei possibili candidati, possono svolgere una ricerca di una persona che abbia determinate caratteristiche richiese dall’impresa, e svolgono una selezione discreta e neutrale, però hanno una scarsa conoscenza dell’azienda, e rappresentano un costo per l’impresa stessa. Il reclutamento prende in esame: Fonti informative: l’azienda valuta curriculum provenienti all’azienda, controlla le liste di nominativi trasmessi da università, valuta le inserzioni sui quotidiani. Criteri di reclutamento: l’azienda valuta i candidati tramite dei criteri di reclutamento come il curriculum scolastico e le conoscenze linguistiche, le attitudini, le esperienze di lavoro, le capacità, le competenze e il potenziale. Strumenti per il reclutamento: l’azienda esegue test, interviste e colloqui con i candidati per poter scegliere il potenziale lavoratore. Conseguente a questa fase, il gradino successivo è dato dalla fase di inserimento del personale. È un’attività fondamentale per il successo professionale del personale. È articolato in quattro momenti fondamentali come: l’accoglimento, quindi è necessario che il neo assunto conosca i colleghi, l’ambiente, il personale e questo può avvenire tramiti colloqui o riunioni oppure tramite la diffusione di materiale informativo. Il momento successivo è l’affiancamento di un tutor, rappresentato o da un capo gerarchico, o da un responsabile alla formazione. Poi si segue al processo di formazione, cioè cercare di formare il neoassunto tramite un vero e proprio piano formativo tramite lezioni, corsi o seminari. La fase finale è dato dal periodo di prova, cioè si conclude il processo di inserimento facendo provare per un periodo determinato sul campo il neoassunto, al termine del quale si procede ad una valutazione dei risultati con i quali si può ricorrere al rinnovo del contratto. Dopo la fase di inserimento è presente la fase di formazione e addestramento. L’addestramento è tende a trasferire abilità già definite tramite un momento più manuale e applicativo direttamente sul campo, mentre la formazione è una fase di sviluppo delle capacità e per creare nuove abilità. La formazione è un intervento diretto a plasmare le conoscenze, i valori, gli atteggiamenti, e i sentimenti e le emozioni che condizionano le azioni. Il processo di formazione e addestramento si esegue svolgendo: ▪ Individuazione delle esigenze formative: segnalate o dall’interno da dirigenti o dalle unità aziendali oppure derivare da indagini pervenute durante i colloqui o da osservazioni sulle dinamiche aziendali. ▪ Valutazione delle esigenze formative: valutate secondo una scala di importanza stabilendo quali siano gli interventi più idonei con analisi dei costi e dei benefici. ▪ Piano di formazione: l’azienda deve individuare gli obiettivi, i partecipanti, i docenti e l’organizzazione didattica. ▪ Realizzazione dell’attività di formazione: tramite corsi, lezioni, tavole rotonde, seminari, T-Group, e metodo dei casi aziendali. ▪ Controllo dei risultati: con cui si verifica il raggiungimento degli obiettivi. La fase successiva alla formazione è la valutazione del personale e la programmazione delle carriere. Infatti è fondamentale preparare un percorso di avanzamento professionale per il personale che è destinato a coprire cariche di rilevante importanza. Quindi si procede alla seguente valutazione: ▪ Della posizione: attribuzione di un punteggio aziendale in base alla posizione, creando cosi una scala di professionalità per attribuire una differente retribuzione. ▪ Del personale: considerando prestazioni (cioè la verifica periodica del grado di raggiungimento degli obiettivi) e potenziale (cioè le caratteristiche potenziali del lavoratore considerando aspetti psicologici, organizzativi, culturali e manageriali). ▪ Del turnover: cioè un flusso di entrata e uscita del personale dirigenziale, consente di ricavare energie fresche per l’impresa, sia ogni singolo può cercare una posizione migliore per se. ▪ Matrici professionali: sono percorsi di carriera tipici dei settori aziendali. L’ultimo passo per lo sviluppo delle risorse umane è il sistema di incentivazione del personale, che può essere o immateriale, quindi cercando una posizione migliore, una maggiore responsabilizzazione o tramite una crescita professionale; oppure possono essere economici quindi fissi o variabili. Un esempio di incentivazione economica è il premio di produzione, che prima era variabile, quindi concesso in relazione all’andamento aziendale, ora è diventato fisso e parte integrante della retribuzione. I sistemi di incentivazione sono: ▪ Gratifiche una tantum: concesse in occasioni particolari. ▪ Incentivazione retributiva per obiettivi: ottenere un’incentivazione solo se gli obiettivi concordati con l’impresa ▪ Stock option: sistema di acquisto gratuito delle azioni dell’azienda dopo aver raggiunto determinati obiettivi. ▪ Benefits: la possibilità di utilizzare dei benefici non economici tipo la macchina aziendale,le abitazioni, le carte di credito, ecc. Le variabili che condizionano la politica delle risorse umane sono la dimensione dell’impresa, il mercato del lavoro, il livello tecnologico dell’impresa, il decentramento, il sistema scolastico, il mercato dei prodotti e dei servizi, la legislazione e le politiche sindacali. I modelli della politica aziendale sono: 1. Amministrazione del personale: da una parte c’è la funzione del personale con compiti amministrativi e contabile, e dall’altra si pone il management aziendale. 2. Gestione del personale: la direzione del personale riveste un ruolo di autorità rilevante, in altri casi si limita a una consulenza di elevata professionalità al management. 3. Direzione e sviluppo: strategia di impresa e politica del personale sono concepite come dimensioni di maniche e costantemente interagenti tra loro.
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CAP. 7 – IL SISTEMA DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO Il sistema amministrativo è controllo si riferisce particolarmente a tre sistemi: 1) Il sistema informativo, con i flussi di informazione aziendale. 2) Il sistema amministrativo, rilevando le informazioni consuntive. 3) Il sistema di programmazione e controllo attraverso il sistema di previsione aziendale con il budget, e il sistema di reporting che riprende i valori consuntivi e i valori di budget. Il sistema amministrativo è un sistema caratterizzato da input e output, gli input sono numerosi sotto insiemi che alimentano un database amministrativo e producono output specifici; mente gli output sono flussi in uscita dal database amministrativo che alimentano la contabilità generale e quella gestionale. I sottosistemi sono: A) Sottosistema del personale: il sotto sistema paghe e contributi fornisce i costi comuni riguardanti salari e stipendi, contributi debiti verso dipendenti quota TFR e liquidazione, costi gestionali accesi ai costi consuntivi per categoria e ai costi standard per mansione. Il sottosistema personale invece provvede ad elaborare gli output fiscali e specifici del sistema retributivo. B) Sottosistema del debito(ciclopassivo): raccoglie il flusso informativo relativo al processo che va dal momento di richiesta s’acquisto al momento del pagamento ai fornitori. Il processo si svolge: emissione richiesta d’acquisto, emissione ordine dall’ufficio acquisti, inserimento bolla di accompagnamento, inserimento estremi fattura, scadenziamento del pagamento della fattura, emissione documenti di pagamento. C) Sottosistema del credito(cicloattivo): raccoglie il flusso informativo relativo al processo che va dall’ordine alla ricevuto di pagamento da clienti. Il processo di svolge: attraverso il sistema della fatturazione, quindi dal sistema degli ordini si pervengo gli estremi della fattura, al momento della consegna il sottosistema della fatturazione emette le fatture e movimenta il sottosistema del magazzino. Poi c’è il sottosistema clienti che emette i documenti per l’incasso e contabilizza la posizione del cliente. D) Sottosistema del magazzino: magazzino materie prime che interfaccia il sistema del debito e trasmette le bolle ci accompagnamento in entrata, magazzino prodotti finiti che interfaccia il sistema del credito e trasmette le bolle di accompagnamento in uscita. E) Sottosistema dei contratti: che rileva competenza mensile di contratti pluriennali come per le assicurazioni o i leasing o gli affitti. Il processo si svolge: attraverso la contabilizzazione del pagamento per il sistema del debito, e la creazione di ratei o risconti gestionali attraverso il sistema di amministrazione. F) Sottosistema delle immobilizzazioni: riceve le informazioni dal sottosistema del debito relativo ai cespiti acquisitati e dal sottosistema della produzione per la produzione interna di impianti in economia. Per ogni cespite viene rilevato il costo storico, il piano di ammortamento e il fondo ammortamento. G) Sottosistema delle banche: che tramite le informazioni delle banche produce un sistema relativo alla contabilità pervenuta e ai costi e interessi bancari. La contabilità generale è ordinata secondo il criterio del reddito in quanto la struttura di bilancio richiesta dalla legislazione italiana è coerente con il sistema del reddito. È l’insieme delle rilevazioni contabili che utilizzano il metodo della partita doppia e che hanno come scopo la rilevazione del reddito d’esercizio analizzando le variazioni del patrimonio numerario, che è determinato da valori certi, come i contanti, da valori attivi e passivi assimilati come i crediti e i debiti numerari, da valori attivi e passivi presunti come i crediti e i debiti espressi in moneta non di conto. Le cause che fanno variare il patrimonio possono essere relative: gestione ordinaria: si procede alla rilevazione dei costi e dei ricavi attraverso le variazioni d’esercizio, quindi costi e ricavi direttamente correlati alle variazioni attribuibili all’esercizio, variazioni pluriennali, variazioni di crediti o debiti, oppure variazioni di unità economiche particolari. gestione straordinaria: si procede alla rilevazione delle variazioni di capitale o per i conti accesi a parti ideal di patrimonio netto. Le operazioni di contabilità generale che si eseguono alla fine dell’esercizio amministrativo cioè al 31/12 sono: inventario di magazzino scritture di assestamento: scritture di completamento, di rettifica, di integrazione e di ammortamento. Scritture riepilogative. Scritture di risultato economico Scritture di stato patrimoniale di chiusura. Il bilancio d’esercizio può avere diverse definizioni: profilo legislativo: documento che deve essere redatto dagli amministratori alla fine dell’esercizio e deve essere approvato dai soci entro i 4 mesi successivi. Profilo sostanziale: rapprenda la situazione economica e patrimoniale della società. Profilo contabile amministrativo: rappresenta l’output della gestione generale. Profilo fiscale: rappresenta la base di partenza per la dichiarazione dei redditi. Il bilancio gode di particolari principi che sono la chiarezza, la veridicità e la correttezza, ma anche altri previsti dal C.C. all’articolo 2423 bis come la prudenza, la continuazione dell’attività, l’iscrizione degli utili realizzati, il principio di competenza temporale la valutazione separata di elementi eterogenei e la continuità dei criteri di valutazione. È prevista una struttura obbligatori per lo stato patrimoniale e per il conto economico, che riguarda l’ordine delle voci, il contenuto delle singole voci e il confronto dei dati con l’anno precedente. Altri documenti da inserire nel bilancio sono la nota integrativa e la relazione sulla gestione. La prima è un elemento che deriva dalle disposizioni dell’articolo 2427 del C.C. . La seconda ha il ruolo di accompagnare il bilancio deve essere redatta dagli amministratori e deve contenere informazioni generali per l’andamento della gestione, e informazioni specifiche per attività di ricerca e sviluppo e rapporti con altre imprese. La contabilità gestionale è quella parte del sistema informativo che consente di attuare il controllo della gestione nell'aspetto economico, attraverso la misurazione, la rilevazione, la destinazione, l'analisi dei costi e dei ricavi. La contabilità gestionale, detta anche contabilità industriale, ha per oggetto i fatti interni di gestione; in altre parole, si occupa delle varie fasi con cui si attua il processo produttivo all'interno dell'impresa. La contabilità gestionale misura i costi di prodotto, individua la struttura dei costi di prodotto, calcola i risultati economici parziali. A tal fine essa rileva i costi dei fattori
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produttivi nel momento in cui vengono utilizzati per la produzione e in base alla loro destinazione a un oggetto. Il costo dei prodotti fabbricati è una variabile cruciale del vantaggio competitivo (leadership di costo e differenziazione), ma per raggiungere e mantenere una posizione di eccellenza sul mercato occorre considerare anche altre variabili, quali la qualità e la tempestività nel soddisfare le esigenze del cliente. Per gestire i costi bisogna conoscere quali fattori li originano e quali relazioni li legano agli output dell'impresa; pertanto è anzitutto necessario procedere a: definire gli oggetti di cui si vogliono misurare costi, ricavi e risultati; classificare i costi aziendali; scegliere le modalità di calcolo e di ripartizione; individuare il momento di effettuazione del calcolo. I sistemi di controllo si articolano a seconda che si consideri: - l’oggetto: ▪ Controllo strategico: pianificare la strategia dell’azienda e monitorare il piano di creazione del valore delle attività aziendali ▪ Controllo organizzativo. ▪ Controllo di qualità. ▪ Controllo di gestione economico finanziario patrimoniale. - il tempo: ▪ Controllo ex ante o antecedente ▪ Controllo ex post o consuntivo o Controllo all’indietro o feed back o Controllo al futuro o feed forward - i metodi di controllo: ▪ Budget ▪ Sistema di contabilità gestionale ▪ Sistema di reporting ▪ Sistema forecasting Il di controllo di gestione si può distinguere in: ▪ controllo economico della gestione attraverso costi e ricavi. ▪ Controllo monetario della gestione attraverso flussi in entrate e in uscita ▪ Controllo patrimoniale della gestione attraverso il capitale investito Il controllo di gestione si articola per: 1) Centri di responsabilità: a. Centri di spesa: difficile determinare l’output e misurarne l’efficienza. b. Centri di costo: output determinabile e possibilità di determinare l’efficienza. c. Centri di profitto: raccolta costi e ricavi che hanno una struttura simile al conto economico. d. Centri di investimento: raccolta attività e passività per misurare il capitale investito e il profitto. e. Centri finanziari: raccolta di flussi finanziari per misurare il cash flow. f. Centri contabili: centri di comodo per conti non di rilevanza economia o finanziaria, come i conti di storno. 2) Commesse: sono usate per le rilevazioni di prodotti o servizi, per capire per quale motivo sono stati sostenuti i costi, per rilevare la produzione interna e per rilevare i costi di manutenzione. Le rilevazioni sono sostanzialmente di natura consuntiva. 3) Attività: è opportuno rilevare i costi per attività specifiche svolte nei centri di responsabilità e imputarle ai singoli prodotti. 4) Prodotti o raggruppamenti di prodotti o marchi: consentono di rilevare i costi e i ricavi dei singoli prodotto evidenziando i vari livelli di margini. 5) Canali e mercati: sono delle reti di vendita dei prodotti. I mercati possono essere di sbocco internazionale o nazionale distinti per aree geografiche o dai diversi settori in cui operano i clienti. I ricavi e i costi vengono attribuiti ai canali e per aggregazioni di canali o mercati si calcola il margine di contribuzione. Il processo di formazione dei costi ha sempre avuto un grande rilievo negli studi economici aziendali. Storicamente il costi di prodotto veniva rilevato per due finalità: ▪ valorizzare i magazzini ▪ determinare il prezzo di vendita ma ora si sono inserite altre finalità come: ▪ controllo dell’efficienza economica ▪ uso dei costi per le decisioni aziendali. Questo ha portato a creare nuove configurazioni di costi usabili. ▪ Costi dei fattori produttivi: o Componenti originari di costo: componenti negativi di reddito come costi stimati derivanti da apporti di soci e costi nominali di produzione interna, tutti distinguibili in costi d’esercizio o costi pluriennali. o Componenti derivati di costo: Costi per materie prime: deriva dal costo di acquisto delle materie e dalle spese di trasporto. Il costo è quello relativo alla materia consumata, ovvero prelevata e usata nel processo produttivo. Costo del personale: • per natura retributiva, quindi retribuzione, incentivi, contributi, quota TFR, tredicesima, • per fattore produttivo, per manodopera diretta, indiretta o per impiegati e dirigenti. • Per tipologia di orario di lavoro: costo ordinario, costo straordinario • Costo fisso (tredicesima, tfr o premio produzione) o variabile (aumentano al variare delle ore di lavoro) della manodopera. Costi energetici: possono avere una componente fissa e una variabile legata al consumo. Lavorazioni presso terzi: effettuare lavorazioni con materie fornite dall’impresa oppure fornite direttamente. Ammortamenti impianti, tenendo conto della vita utile in base ai criteri fiscali e civilistici, riparto in base alla quota oraria di lavoro prevedibile,e quota di ammortamento in base ai prodotti e alla quota oraria per il prodotto. Costi di trasporto prodotti finiti.
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Costi delle provvisioni Costi di esercizio o operativi. o Costi variabili costi fissi: i costi fissi sono validi solo nel breve periodo,la variabilità dei costi è legata ai volumi sono le non ci sono delle oscillazioni di fattori produttivi, e nel lungo periodo non esistono i costi fissi. o Costi speciali o diretti, costi comuni o indiretti. Costi speciali o diretti: i costi specifici sono le materie prime e la manodopera diretta, molti non sono specifici al prodotto, ma lo sono per il centro e molti specifici di centro possono essere specifici per attività. Costi comuni o indiretti: possono essere ribaltati su centri di responsabilità attraverso criteri di base unica oppure criteri di base multipla. Costi per centri di responsabilità: consentono di pervenire tramite i centri di produzione il costo di prodotto, tramite i centri commerciali i costi commerciali e tramite i centri di ricerca e sviluppo i costi di ricerca. I criteri fondamentali per l’individuazione dei centri a cui imputare i costi dei fattori produttivi sono basati sul principio di responsabilizzazione: o Centro di spesa non produce un output ben definito o Centro di costo produce un output. Hanno struttura di tipo gerarchico piramidale ovvero ogni centro di aggrega al centro superiore formando in tal modo una piramide al cui vertice si trova il totale dei costi aziendali, si articola in 3 tipologie: Centri di struttura della produzione: tipici centri di spesa che svolgono funzioni di direzione, coordinamento e controllo, programmazione ecc. Centri di servizi: centri di costo produttori di servizi che aiutano o permettono lo svolgimento del processo produttivo come le manutenzioni, le attrezzature o le prove sui prototipi Centri di produzione: centri di costo in cui si svolge il processo di trasformazione Si possono individuare 3 fasi ▪ Fase di preparazione in cui si prelevano le materie prime da magazzino materie e si effettua la prima lavorazione ▪ Fase di lavorazione in cui prende forma il prodotto finito ▪ Fase di fine linea in cui termina il processo produttivo con la verniciatura, l’imballo prima di essere versato nel magazzino prodotti. Imputazione dei costi dei fattori produttivi ai centri: o Imputazione a costi industriali primari: sono costi imputati con diversi criteri: Flusso diretto della contabilità generale: acquisti diretti su centro, materiali di consumo. Flusso proveniente da prelievi in magazzino: attraverso le bolle di prelievo. Flusso proveniente dal sottosistema del personale: manodopera dato dalle ore di personale cedute al centro di costo. Flusso proveniente da rilevazioni extracontabili: forza motrice, riscaldamento, luce, affitti e spese telefoniche Flusso quote di ammortamento. o Imputazione a costi industriali secondari: sono ribaltati sui centri in seconda battuta sulla base dei costi standard del centro di servizio e sulla base delle tariffe e dei prezzi di mercato Costi per attività: o Individuazione delle attività: Attività che raccolgono costi indiretti dei centri di produzione, l’attrezzaggio. Attività all’interno dei centri di servizio, controllo di qualità Attività all’interno dei centri di struttura della produzione, programmazione materiali e tempi di lavorazione. Attività dei centri commerciali come il marketing Attività dei centri di struttura come la direzione amministrativa o Destinazione dei costi per attività: Cosa vendo Come, dove e a chi lo vendo o Individuazione del cost driver: è l’elemento di maggiore rilievo per percepire la reale novità del sistema di costi di attività, perché è il parametro che genera un differente fabbisogno di attività relative al canale. Costi per processo: prendono in esame un insieme di attività aventi natura diversa e appartenti a centri diversi che sono collegati tra loro da un obiettivo comune. Procedimenti per la determinazione dei costi di produzione: o Procedimenti indiretti: Semplici: costi di processo/ quantità di prodotto Per processi: costi delle singole fasi/quantità prodotte nelle singole fasi + i costi dei semilavorati. o Procedimenti diretti: Per centri di responsabilità tipi della produzione in serie. Per commessa tipici per i beni strumentali. Costi di prodotto: o Relativi al processo produttivo: il costo del venduto del prodotto riguarda il costo del prodotto uscito dal magazzino non articolato nelle sue componenti. Struttura del costo di produzione: che è caratterizzata dalla natura dei costi dei fattori produttivi: • Costi variabili o direct cost: materie prime e manodopera diretta • Costi diretti: costi variabili + ammortamenti specifici • Costo industriale diretto: costi diretti + costi attività direttamente imputabili ai prodotti • Costo industriale composto: costo industriale diretto + costi indiretti. o Costi commerciali di prodotto: Costi commerciali variabili come le provvisioni e i trasporti Costi commerciali fissi diretti come la pubblicità
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Costi commerciali fissi indiretti rilevati per centro di responsabilità e ribaltati sui prodotti Costi di struttura di prodotto: Direttamente individuando le attività di struttura che raggruppano i costi direttamente imputabili al prodotto come i costi di fatturazione. Indirettamente individuando quote di ribaltamento dei costi fissi di struttura indiretti usando opportuni cost driver. o Costi di prodotto figurativi: costi non sostenuti dall’impresa ma che in teoria si dovrebbero sostenere come gli interessi passivi o gli affitti figurativi per show room o esposizioni. o Configurazioni di costo di prodotto Costi variabili e costi fissi di prodotto. Costo pieno diretto formato dai costi diretti produttivi Costo complessivo formato dai costi diretti e indiretti Costo economico tecnico formato dal costo complessivo e dai costi figurativi. Il break even point è strutturato mediante 1. Costi fissi = CF sono rappresentati attraverso una retta parallela all’asse delle ascisse e incontra l’asse delle ordinate nel punto A. 2. Costi variabili = CVT = cvu*vt incontrano l’asse delle ordinate nell’origine. Sono proporzionali al volume dei prodotti. 3. Costi totali = CT = CF+CVT=CF+ cvu*vt 4. ricavi totali = RT = Ru*vt il break even point si ha quando CT=RT quindi si ha una situazione di pareggio quindi per trovare il volume critico per ottenere il pareggio bisogna fare: CF/(Ru-cvt). Conoscendo il volume critico è possibile trovare ora il ricavo totale critico. Dal break even point si possono ricavare degli indici: ▪ profitto/volume = (CF+UT)/RT consente di individuare l’andamento dell’utile aziendale in relazione alla variazione dei volumi di vendita. ▪ margine di sicurezza = (Ve-Vc)/Ve oppure (Re-Rc)/Re che permette di ottenere in termini percentuali la diminuzione del volume di vendita che l’azienda può subire prima di raggiungere il punto critico. ▪ percentuale di contribuzione marginale = 1-(cvt/rt) che permette di conoscere la misura della contribuzione dei ricavi alla copertura dei costi fissi e alla formazione dell’utile. o
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RISPOSTE ALLE DOMANDE DEL LIBRO CAPITOLO 1 – Il Tractatus de computis et scripturis è opera di PACIOLI – La prima nota contabile della ragioneria romana è ADVERSARIA – La partita doppia è stata inventata da FRA LUCA PACIOLI – Quale fra le seguenti dottrine non rientra in quella di Zappa DIREZIONE – Il Besta ha inventato il SISTEMA PATRIMONIALE CAPITOLO 2 – Si ha autonomia patrimoniale perfette nelle SOCIETA’ DI CAPITALI – Quale dei seguenti parametri è significativo per la classificazione delle società di servizi: FATTURATO – Le imprese assicurative appartengono al settore TERZIARIO – Le SRL sono SOCIETA’ DI CAPITALI – Le imprese sociali sono AZIENDE DI PRODUZIONE SOCIALE CAPITOLO 3 – Non è attore del sistema competitivo FINANZIATORE – L’ambiente istituzionale è il MICROAMBIENTE – Un sistema competitivo con alta possibilità di differenziazione e alta sostenibilità dei vantaggi competitivi è un SISTEMA DI SPECIALIZZAZIONE – Un sistema di volume ha ALTA SOSTENIBILITA’ DEI VANTAGGI E BASSA POSSIBILITA’ DI DIFFERENZIAZIONE – La public company ha il SOGGETTO ECONOMICO RAPPRESENTATO DA MANAGEMENT – Il reddito è un risultato ECONOMICO FINANZIARIO – Il settore dell’abbigliamento è un SISTEMA COMPETITIVO FRAMMENTATO – Un impresa che si trova in un sistema competitivo frammentato e vuole diventare di volume DEVE AUMENTARE LA QUOTA DI MERCATO – Non è una risorsa primaria IL PATRIMONIO TECNICO COMMERCIALE – Non è un tipo di partecipazione la partecipazione MISTA CAPITOLO 5 – Non è una variazione numeraria TEORICA – Il valore aggiunto lo si ottiene quando ricavi – COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI A VELOCE UTILIZZO. – È un operazione di gestione straordinaria la COSTITUZIONE – Il capitale sociale è un DEBITO VERSO SOCI. – I risconti attivi finali sono COSTI NON IMPUTABILI ALL’ESERCIZIO IN CORSO – I costi per canoni di leasing semestrali pagati anticipatamente sono RISCONTI ATTIVI INIZIALI – Il margine di tesoreria è dato da LIQUIDITA’-DEBITI A BREVE – I ratei attivi finali sono RICAVI PRESUNTI FINALI. – L’equilibrio economico lo si ha quando I RICAVI COMPRNO TUTTI I COSTI DELLA PRODUZIONE E REMUNERANO IL CAPITALE INVESTITO. – Non fa parte del patrimonio netto IL TFRL – Il factoring cede CREDITI COMMERCIALI – Non è un componente negativo di reddito RATEI ATTIVI FINALI – Non è un impiego PASSIVITA’ NON CORRENTI – IL ROI è dato da REDDITO OPEATIVO / IMPIEGH – Il principio che caratterizza l’individuazione dei componenti di reddito è il PRINCIPIO DI COMPETENZA. CAPITOLO 6 La distinzione tra tattica e strategia è tipica del MANAGEMENT STRATEGICO Il sostenitore della business idea è NORMANN Una area strategica d’affari che varia da 10% a 60% è DI SVILUPPO Nelle asa è un fattore economico L’ECONOMIA DI SCALA Cash cow ha il tasso e la quota BASSO ALTA Un orientamento nel breve periodo comporta una RICERCA ESASPERATA DEL PROFITTO Stars RICHIEDONO ALTI INVESTIMENTI Vantaggio competitivo altamente sostenibile nel tempo ECONOMIE DI SCALA No è un premium price PREMIO ESTRATTO TRA ACQUIRENTI Produce maggiore liquidità QUESTION MARK. CAPITOLO 8 – Secondo Likert gli stile di direzione evolutivi sono CONSULTIVI E PATERNALISTICI – La teoria XY è di MACGRAGOR – L’organizzazione scientifica del lavoro è di TAYLOR – Non è un vantaggio della struttura funzionale LA MAGGIORE FACILITA’ NELLA VALUTAZIONE REDDITUALE DELLE FUNZIONI – È un vantaggio della struttura divisionale la MISURA DELLA REDDITIVITA’ A LIVELLO DI DIVISIONE. – Nella struttura elementare lo stile di direzione è AUTORITARIO O PATERNALISTICO. – Non è un vantaggio della struttura matriciale la BASSA CONFLITTUALITA’ TRA I RESPONSABILI DELLE UNITA’ – Nella strutta divisionale deve essere accentrata la FINANZA. – Elton Mayo fa parte DELLA SCUOLA DELLE REALZIONI UMANE – L’assenza di spazio per iniziative autonome del personale è un limiti della STRUTTURA ELEMENTARE. CAPITOLO 9 – Nel processo produttivo la difettosità è massima nella fase DI LAVORAIZONE – Nella mappa del valore le posizioni di forza si trovano AL DI SOTTO DELLA CURVA PREZZO-PRESTAZIONE – La via giapponese alla qualità è il CWQC COMPANY WIDE QUALITY CONTROL – Il guasto è l’elemento che caratterizza L’AFFIDABILITA’ EFFETTIVA – Quality loss è stato inventato da TAGUCHI – Il GAP esistente tra qualità percepita e le aspettative del cliente è misurato da COSTUMER SATISFACTION – Il Problem Solving PDCA è misurato dalla COSTUMER STATISFACTION – La qualità si interfaccia con il sistema dell’ORGANIZZAZIONE – Il consumo di carburante di un’autovettura è una CARATTERISTICA TECNICA – L’insieme delle caratteristiche che il cliente vorrebbe fossero presenti nel prodotto nel momento della vendita e per tutta la vita utile del prodotto è la QUALITA’ PER IL CLIENTE – A quale attività si riferisce il termine procurement APPROVVIGIONAMENTO. CAPITOLO 14 – Quale fra le seguenti non è una delle fasi del processo di programmazione delle carriere: ANALISI DELLE ESPERIENZE FORMATIVE – Quale dei seguenti non è uno strumento tipico di inserimento del neo assunto: RETRIBUZIONE VARIABILE – Quale fra i seguenti non è uno dei vantaggi di reclutamento interno: PRIVILEGIO DELL’ESIGENZA DI ASSUMERE LA PERSONA PIU’ ADATTA AL RUOLO – Quale tra queste non è una delle fasi attraverso cui si sviluppa il processo di formazione e addestramento aziendale: VALUTAZIONE DELLA POSIZIONE – Le matrici professionali sono strumenti per: LA PROGRAMMAZIONE DELLA CARRIERA. CAPITOLO 7 – I risconti attivi sono SCRITTURE DI RETTIFICA. – Un bilancio basato su integra e onesta e consapevole amministrazione è CORRETTO – Il controllo rivolto al futuro è un CONTROLLO FEED FORWARD – I centri di spesa sono centri che NON HANNO UN OUTPUT BEN DEFINITO. – I costi energetici sono costi MISTI, UNA PARTE FISSA E UNA VARIABILE – I costi diretti sono anche detti SPECIALI. – I costi delle materie prime sono COSTI SPECIALI
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Il costo della manodopera diretta è ribaltato sui prodotti attraverso il criterio ORE LAVORATE PER IL PRODOTTO X COSTO ORARIO DI MANODOPERA Non è una componente originaria di costo COSTI PER ATTIVITA’ Il controllo feed forward viene eseguito PRIMA CHE SORGA IL PROBLEMA. Il margine di sicurezza è dato da RE-RC/RE Il volume critico è dato da CF/RU-cvt I centri di struttura sono centri di SPESA procedimenti indiretti per la determinazione dei costi di produzione sono SEMPLICI E PER PROCESSI Nel break even point i RICAVI SONO UGUALI AI COSTI.
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