D.Carollo - Aspetti Neurofisiologici Dell' Esperienza Musicale (WWW - Davidcarollo.it)

November 25, 2021 | Author: Anonymous | Category: N/A
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA Facoltà di Psicologia Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione

ASPETTI NEUROFISIOLOGICI DELL’ ESPERIENZA MUSICALE

Relatore: Chiar. ma Prof. ssa Luisa Girelli

Tesi Di Laurea di: David Edoardo Carollo Matr. 043723

Anno Accademico 2006/2007 2006/2007 Numero caratteri: 83669

“ La musica è una cosa cosa strana, oserei dire che che è un miracolo, perché sta a metà strada tra pensiero e fenomeno f enomeno,, fra spirito e  materia, una storia di nebuloso mediatore uguale e diverso da  ciascuna delle cose che media, spirito che necessita di una  manifestazione nel tempo e materia che può far a meno dello  spazio. ” 

Heinrich Heine 

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Indice Introduzione _________________________________________ ____________________________________________________________4 ___________________4 1. Interazione uomo-suono: cenni fisici e fisiologici ______________________________6 1.1. Natura degli stimoli acustici ____________________ ____________________________ ____________________ _____________________ _________ 6  1.2. Struttura del sistema uditivo________________ uditivo____________________________ ________________________ _____________________ _________ 7 

2. Origini, natura e sviluppo della competenza competenza musicale _________________________11 2.1. Esperienza Esperienza prenatale ____________________ _____________________________ _____________________ ____________________ ____________ ____ 11 2.2. Il canto materno ___________________ ____________________________ _____________________ ____________________ ________________ _________ _ 12  2.3. Sviluppo Sviluppo e plasticità plasticità cerebrale ___________________ ____________________________ _____________________ __________________ ______ 14  2.4. Valutazione Valutazione dell’ abilità musicale ___________________ ____________________________ ____________________ ________________ _____ 16  2.5. L’ orecchio orecchio assoluto ____________________ ____________________________ ____________________ ____________________ ______________ ______ 19  2.6. I savants musicali____________ musicali____________________ ________________ ____________________ _____________________ ________________ _______ 20 

3. Organizzazione cerebrale e funzione musicale ______________________________22 3.1. Modularità e localizzazione localizzazione funzionale__________ funzionale______________________ ________________________ __________________ ______ 22  3.2. L’ elaborazione elaborazione dell’ informazione informazione musicale________________ musicale________________________ _________________ ____________ ___ 24  3.3. Le amusie ____________________ _____________________________ _____________________ ____________________ ________________ ____________ ____ 25 

4. Musica e linguaggio: correlazione correlazione ed interdipendenza e di due abilità abilità universali _____30 4.1. Afasia senza amusia e amusia senza senza afasia afasia ____________________ ____________________________ _______________ _______ 32  4.2. Specializz Specializzazione azione e dominanza dominanza emisferica ____________________ _____________________________ _________________ ________ 33  4.3. Correlati neurali ___________________ ____________________________ _____________________ ____________________ ________________ _________ _ 36 

Conclusioni _________________________________________ ____________________________________________________________37 ___________________37 Bibliografia _________________________________________ ____________________________________________________________38 ___________________38 Sitografia______________________________________________________________42

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Introduzione Se guardiamo con attenzione al continuo fiorire di interesse che avviene nello studio del rapporto uomo-suono, ci accorgiamo di quanti settori disciplinari si vadano sempre più, e con maggiore impegno, affacciandosi all’analisi dei problemi che solleva la comunicazione sonora, ritmica, musicale (e tutta l’area dei linguaggi e della comunicazione non verbale). E se dovessimo ricordare alcuni di questi settori noteremo come questi interessi abbraccino uno spazio amplissimo della conoscenza umana e della ricerca più moderna: la fetologia, la neonatologia, la neurofisiologia, la neuropsichiatria infantile, la pediatria, la psicologia dell’età evolutiva, quella dinamica e sociale, la musicoterapia, la pedagogia e la didattica, l’etologia e la psicologia comparata, la psicoanalisi, l’antropologia culturale e l’etnologia, l’elettronica e la computeristica applicata al suono, la semiologia, la fonologia e molte altre. E non deve sorprenderci tale fatto, perché perché lo studio del del rapporto uomo-suono uomo-suono racchiude, esprime e dà luogo a un pensiero complesso e a una visione transdisciplinare t ransdisciplinare e multidisciplinare.

Fig.1: Schema dello studio del suono nella sua caratterizzante interdisciplinarietà (fonte dell’ immagine: Hodges, 1996). 4

Musica, materiali musicali, oggetti, eventi sonori… la materia su cui si esercita la nostra percezione uditiva è di varia composizione e quindi anche di difficile delimitazione, sia perché dicendo musica ci si riferisce ad una miriade di prodotti musicali, sia perché la nostra percezione uditiva non si esercita solo su prodotti culturali finiti, ma anche su quel sottofondo sonoro (suoni della natura, del linguaggio verbale, ecc.) che è un vero e proprio “milieu sonore” in cui la nostra vita scorre. La complessa organizzazione dell’esperienza musicale a livello del SNC (percezione, memoria, attenzione, emozione), la sua specifica segregazione, la centralità della musica nel processo di sviluppo dell’individuo e della specie, così come i risultati ottenuti dai più recenti studi sulle capacità di percezione musicale dei primati non umani, possono aiutarci a comprendere la natura delle abilità musicali, il loro carattere innato o acquisito e la loro funzione. Nel presente elaborato verrà effettuata una panoramica di analisi sugli aspetti neurofisiologici e psicologici psicologici della percezione percezione e delle abilità abilità musicali, sulla loro natura e su come si sviluppano, su come possano essere ostacolate o modificate da eventuali disturbi cognitivi e su come esse agiscano nell’ intersezione e nella divergenza risultanti dal confronto con un’ altra grande abilità di carattere universale, quella linguistica.

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1. Interazione uomo-suono: cenni fisici e fisiologici 1.1. Natura degli stimoli acustici  I fenomeni acustici consistono in fenomeni oscillatori della materia e, contrariamente alle onde elettromagnetiche, non si propagano nel vuoto e necessitano per la loro propagazione di un mezzo elastico. L’orecchio umano percepisce questi fenomeni per un intervallo di frequenze che va dai 20 Hz ai 20 kHz. Le oscillazioni non percepibili che si trovano al di sopra dei 20 kHz vengono chiamate ultrasuoni, mentre al di sotto dei 20 Hz infrasuoni; il suono si propaga nel mezzo elastico tramite onde di pressione. La sorgente sonora, cioè un corpo in vibrazione, trasmette sollecitazioni di pressione al mezzo, mediante una legge matematica in funzione del tempo. I fenomeni acustici vengono espressi mediante la scala logaritmica dei decibel (dB), che fa riferimento alla pressione acustica, e sono caratterizzati da due grandezze: pressione acustica e frequenza. La prima dipende dalla pressione esercitata dall’onda sonora sulle particelle del mezzo di propagazione, la seconda dal numero d’oscillazioni che avvengono al passaggio dell’ onda in un secondo.

Fig. 2 : Relazione tra pressione acustica e frequenza, e delimitazione dell’area della sensazione uditiva che racchiude tutti i suoni percepibili dall’udito umano; superiormente essa è limitata da una curva detta soglia del dolore e inferiormente dalla curva chiamata soglia soglia d’ udibilità (fonte dell’ immagine: www.unipr.it ).

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Inoltre, caratteristica saliente delle onde sonore è la forma d'onda stessa, della sua complessità, che rende in gran parte ragione delle differenze cosiddette di timbro che si percepiscono tra diverse tipologie di suono. La differenza tra suoni e rumori risiede nella natura delle loro vibrazioni, rispettivamente regolare nei primi e irregolare nei secondi. Anche se vi sono innumerevoli definizioni relative ad essa, possiamo considerare la musica come un particolare artefatto umano, prodotto direttamente o indirettamente, avente molte finalità, costituito da strutture informative veicolate da energia acustica e caratterizzata da elementi come ritmo1, melodia2, armonia 3e timbro4. Il primo passo verso l’udito è la cattura dell’energia meccanica delle onde di pressione, la sua trasmissione all’orecchio interno e la trasduzione in segnale nervoso, compiuta dalle cellule ciliate dell’ orecchio interno.

1.2. Struttura del sistema uditivo  Gli organi preposti alla ricezione dei segnali acustici ed alla loro successiva trasformazione in impulsi impulsi nervosi, costituisce l’apparato l’apparato dell’ udito, composto composto dall’orecchio esterno, esterno, medio medio ed interno. interno.

Fig. 3: Anatomia interna dell’ orecchio orecchio umano (fonte dell’ immagine: www.rizzolilarousse.it ).

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Movimento ordinato dei suoni, la cui variazione è generata da variazione di durate e accenti musicali. Termine che si riferisce ad una successione di intervalli tra suoni di differente altezza, la cui struttura genera una figura musicale di senso compiuto. 3 Aspetto della musica che riguarda l’ emissione simultanea di più suoni insieme e la loro relazione. 4 Qualità musicale che permette di distinguere quale strumento o corpo ha prodotto il suono. 2

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Il padiglion padiglione e auricolare auricolare ha la funzione funzione di di ricevere ricevere gli stimoli stimoli sonori sonori e di localizzar localizzare e la provenienza degli stimoli stessi, la cui estremità interna confluisce nel condotto uditivo, lungo circa 2.5cm; padiglione auricolare e condotto uditivo uditivo esterno costituiscono l’ orecchio orecchio esterno. esterno. Gli Gli stimoli stimoli acust acustici, ici, poi, poi, raggiungon raggiungono o una membrana membrana elastic elastica a molto molto sensibile, il timpano, il quale, vibrando secondo secondo la qualità ed intensità degli stimoli che incudine e riceve, produce dei movimenti riflessi a carico di tre minuscoli ossicini, martello , incudine e staffa , accolt cavità timpan timpanica  ica dell ’ ore accoltii nella nella cavità dell’  orecch cchio io medio. medio. Eustachio costituisce un canale che si protende dalla cassa del timpano sino La tuba di Eustachio costituisce alla faringe e pone in comunicazione gli organi dell’orecchio medio con con l’ambiente esterno. Il martello , combaciando con la parete interna del timpano , tras trasme mette tte ilil mo movi vime ment nto o staffa a cui è collegato mediante legamenti. vibratorio all’incudine  all’incudine ed ed alla staffa a legamenti. La staffa compie una serie di movimenti “a mo’ di stantuffo” che imprime alla base della coclea , in finest stra ra oval ovale  e , la quale mette in comunicazione l’orecchio medio con prossimità della fine quello interno; essa è costituita costituita da una una formazione ossea ossea avvolta su se stessa in una spirale divisa longitudinalmente da due membrane da cui derivano tre condotti: la rampa  vestibolare , vestibolare  , la rampa rampa timpan timpanica  ica e rampa a me medi dia  a . La base rampa a me medi dia  a è e la ramp base inter interna na della della ramp è membrana basilare  basilare la costituita dalla membrana la quale, ripiegandosi su se stessa, forma una una specie di membrana na tectori tectoria  a al o  del Corti . L’azione meccanica della tettoia, la membra al di sopra dell’ dell’ organo del staffa  che preme ripetutamente contro la finestra ovale, ovale, provoca un’onda di pressione perilinfa  della rampa vestibolare della coclea , la quale si ripercu nella perilinfa della ripercuote ote sulla membrana membrana cellule e ciglia cigliate  te dell’ organo  basilare e tectoria  i cui movimenti provocano oscillazioni delle cellul dell’organo  del Corti. Queste ultime, stimolando le cellule acustiche ad esse collegate, generano scariche scariche di impulsi raccolti raccolti dalle numerosiss numerosissime ime terminazioni terminazioni nervose nervose ed inviate alla corteccia cerebrale tramite i nervi acustici dove, opportunamente decodificati ed elaborati, assumeranno poi poi il significato di suoni suoni come noi lo intendiamo. Nel sistema uditivo non esiste una singola via principale diretta alla corteccia, che sia comparabile alla via reticolo-genicolo-striata  del sistema visivo, piuttosto vi è una complessa rete di vie uditive. Gli assoni a ssoni del nervo uditivo formano sinapsi con i neuroni dei nuclei cocleari ipsilaterali , dai quali molte proiezioni conducono ai nuclei olivari superiori , che si trovano allo stesso livello.

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lemnis isco co late latera rale  le  ai collicoli  Gli assoni dei neuroni olivari proiettano attraverso il lemn inferiori , dove formano sinapsi con i neuroni che proiettano ai nuclei nuclei genico genicolat lati  i del del talamo , che a loro volta proiettano alla corteccia uditiva; i segnali provenienti da ciascun orecchio sono trasmessi sia alla corteccia uditiva ipsilaterale sia a quella controlaterale.

Fig. 4: Trasmissione dell’informazione alla corteccia uditiva ( da http://web.bvu.edu ).

Nell’ uomo la corteccia uditiva primaria (A1, corrispondente all’area 41 di Brodmann) è localizzata all’ interno della scissura laterale di Silvio , ed è in gran parte circondata dalla corteccia uditiva secondaria. secondaria. Due importanti principi principi su cui essa è basata. In primo luogo, luogo, come altre aree della corteccia cerebrale, anche la corteccia uditiva primaria è organizzata in colonne funzionali; tutti i neuroni che si incontrano penetrando verticalmente la corteccia con un microelettrodo rispondono efficacemente ai suoni appartenenti al medesimo intervallo di frequenze. In secondo luogo , come la coclea, anche la corteccia uditiva primaria è organizzata tonotopicamente: le regioni più anteriori della corteccia uditiva rispondono alle alte frequenze , mentre le regioni più posteriori rispondono a quelle basse.

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Fig. 5: Localizzazi Localizzazione one e organizzazio organizzazione ne della corteccia corteccia uditiva uditiva primaria primaria (fonte (fonte dell’ immagine: immagine: www.blackwellpublishing.com ).

Oltre alla A1, altre aree corticali localizzate sulla superficie superiore del lobo temporale rispondono a stimoli uditivi. Alcune di queste aree uditive di ordine superiore tonotopicamente organizzate, mentre altre sembrano non esserlo. sono tonotopicamente organizzate, La musica è un’esperienza estremamente complessa, la cui comprensione non si risolve nel fenomeno percettivo. Il contributo della memoria, ad esempio, è fondamentale sia perché l’esperienza musicale permanga nel tempo, consentendo così il processo dell’apprendimento, sia perché si tratta di un processo altamente strutturato che richiede il contributo di differenti forme di conoscenza. La memoria musicale, musicale, che dal punto punto di vista anatomico anatomico ha sede soprattutto nelle aree uditive secondarie e nelle aree della corteccia frontale (dorsolaterale e inferiore), è un sistema di rappresentazione percettiva che che fornisce informazioni informazioni circa forma e struttura degli eventi, ma non il loro significato che, a differenza del linguaggio che possiede già un sistema semantico prefissato, avviene attraverso altri sistemi integrativi, quali memoria associativa ed analisi emozionale. La risposta affettiva alla musica sembrerebbe legata, inoltre, più ad elementi percettivi emozione-specifici (ad esempio “modo” maggiore o minore, “tempo” veloce o lento) che ad un suo accesso diretto alle regioni sottocorticali ed limbico (Peretz, Zatorre, 2005). al sistema limbico (Peretz, 10

2. Origini, Origini, natura natura e sviluppo sviluppo della competenz competenza a musicale musicale Come per quanto riguarda ogni altra abilità (ad esempio l’ acquisizione delle abilità linguistiche), anche sul modo in cui viene a svilupparsi la competenza musicale possono esservi sono opinioni diverse. Da sempre gli studi della Genetica Comportamentale si sono interessati allo studio dell’ influenza e dell’ interazione tra i fattori ereditari da una parte, e quelli dell’ ambiente dall’ altra, e sulla relativa incidenza degli degli stessi sulla valenza di una determinata capacità o competenza, trovando la probabile risposta proprio a metà del continuum  intercorrente tra ambedue i fattori. Le persone ascoltano, memorizzano, eseguono, creano e reagiscono alla musica e, poiché si tratta di attività che possono essere apprese, esse vengono viste come “abilità”. Anche se la composizione e l’esecuzione vengono universalmente riconosciute come abilità particolarmente complesse, si deve anche ricordare che attività come fischiettare una melodia familiare o rilevare una nota 5stonata in una melodia mai sentita prima sono anch’esse abilità complesse, capaci di gettare luce sulla natura stessa della musica stessa e su come essa agisce con e sull’essere umano.

2.1. Esperienza prenatale  La vita del bambino, fin dai primissimi tempi, ancora nella vita intrauterina, è immersa nei suoni, in un habitat acustico e sonoro incredibilmente intenso. Il bambino è immerso nel liquido amniotico , e questo implica suoni, rumori, fruscii e ritmi, come ad esempio il battito cardiaco materno, i suoi movimenti respiratori, le sue vibrazioni. Lo studio dello sviluppo delle capacità di elaborazione musicale nei bambini richiede paradigmi sperimentali particolari che permettono di rilevare la presenza di percezione e di elaborazione musicale, senza l’utilizzo di una mediazione verbale. Essi consentono non solo la dimostrazione del sistema percettivo e cognitivo ben prima della nascita, ma anche come la stimolazione uditiva prenatale possa avere degli effetti sul comportamento del neonato. Diverse ricerche (Spence, De Casper, 1986) hanno mostrato come il feto comincia a rispondere a suoni e rumori a partire dal terzo mese di gravidanza; al momento della 5

Segno con cui si rappresentano i suoni usati in musica, e fondamento base su cui essa si articola; le note rappresentano le lettere dell’ alfabeto musicale. 11

nascita la percezione visiva è ancora molto confusa e il riconoscimento degli stimoli ambientali si deve immediatamente basare sull’udito sull’udito (e sull’olfatto). La cosa straordinaria straordinaria è che la capacità dei neonati va ben oltre il “semplice” riconoscimento della voce della madre: alcuni studi hanno dimostrato come una storia letta (o una canzone cantata) ripetutamente durante il terzo trimestre di gravidanza venga preferita dal bambino dopo la sua nascita rispetto rispetto ad una mai mai sentita. Per misurare questa preferenza viene misurato il tempo di suzione, dimostratosi infatti superiore nel caso del “conosciuto” rispetto al “nuovo” (Spence, De Casper, 1986). Ancora nell’utero il futuro nato sembra quindi estremamente sensibile alla struttura acustica del suono, ossia a quella che i linguisti chiamerebbero prosodia6. In effetti non è il senso della storia ciò che viene ricordato, ma il tono della voce, il suo contorno, la sua intensità, i respiri e le pause. Per quanto riguarda riguarda la musica, musica, i risultati sembrano mostrare che la musica non solo può essere appresa dal feto, ma può anche essere ricordata dopo la nascita; è stato infatti dimostrato come neonati di una settimana preferiscano la ninnananna che la mamma ha cantato loro (o anche la sigla musicale della serie televisiva seguita da lei) durante la gravidanza; inoltre, con la misura del battito cardiaco, esse sembrano avere un maggiore effetto calmante rispetto ad altre mai sentite prima (Hepper, 1991). Questi risultati mostrano come il feto, perlomeno all’ottavo all’ottavo mese, abbia capacità capacità di analisi acustica e di memoria assai più sviluppate di quanto si sarebbe potuto immaginare.

2.2. Il canto materno  Il canto materno, che è la prima vera e propria esperienza musicale del neonato, consiste principalmente in un repertorio di “ninne-nanne”, “ninne-nanne”, filastrocche e canzoni finalizzate finalizzate al gioco e alla comunicazione delle emozioni. emozioni. La mamma che canta canta al bambino adotta uno uno stile particolare, diverso da quello utilizzato in altri contesti musicali: esso è caratterizzato da un registro (tono della voce) più alto, da un tempo lento e dall’aumento di qualità espressive della voce, e varia anche in relazione all’età del bambino (Bergeson, Trehub, 1999). arousal ) del bambino. Il canto materno riesce ad aumentare il livello di attivazione ((arousal  Anche usando una registrazione, i neonati ascoltano per un tempo significativamente più

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Caratteristica del linguaggio parlato relativa ad intonazione, ritmo e accento dello stesso. 12

lungo la registrazione di un canto femminile in stile materno rispetto ad uno in stile normale ed informale (Trainor,1996). Trehub (2001) ha condotto diversi studi, insieme ai suoi collaboratori, con lo scopo di indagare l'importanza del canto rivolto ai bambini. Questi studi hanno preso in esame le ninnananne, rilevando un grado sorprendente di uniformità transculturale in melodie, ritmi e tempi. Trovarono che i bambini tendevano a seguire registrazioni audiovisive delle loro madri molto più a lungo quando queste cantavano piuttosto che quando parlavano: bambini di sei mesi in condizioni di tranquillità psicologica rivelavano una reazione maggiore (rivelata dalla produzione di cortisolo salivare) al canto della madre piuttosto che alle sue espressioni verbali, segno dell'importanza del canto come strumento di sostegno emozionale. Il fatto che tali reazioni non siano interamente un riflesso della socializzazione è dimostrato dalle risposte fisiologiche dei neonati,come testimonia il lavoro che Standley (1998; 2003) ha condotto all’interno di unità di terapia intensiva neonatale. Uno dei suoi studi dimostrò che il canto di una ninnananna da parte di una voce femminile accelerava notevolmente lo sviluppo delle capacità di suzione nei neonati prematuri, il che a sua volta si traduceva in significativi aumenti di peso. Fu inoltre notato che la musica stabilizzava i livelli di saturazione dell'ossigeno, fatto che accelera lo sviluppo fisico dei bambini prematuri. Alcuni di essi essi furono sottoposti ad una combinazione combinazione di musica e massaggi e vennero dimessi dall'ospedale in media undici giorni prima rispetto ai neonati del gruppo gruppo di controllo. Non solo questi risultati sono di notevole interesse teorico, ma hanno anche una ricaduta pratica, indicando che i professionisti della salute potrebbero aiutare le madri incoraggiandole a cantare ai propri piccoli. Street (2003) suggerisce che, se si aiutassero le madri a sviluppare una maggiore consapevolezza delle attitudini musicali dei loro bambini, esse sarebbero invogliate a cantare ancora più spesso. Questo a sua volta infonderebbe un senso di benessere sia nella madre che nel piccolo, rafforzerebbe la loro complicità ed accrescerebbe il contributo della madre allo sviluppo del figlio. Trehub (2001) è ancora più esplicita in merito all'importanza biologica del canto materno: grazie ai suoi effetti positivi positivi sull'umore del bambino, il canto materno potrebbe contribuire alla sua crescita e sviluppo favorendo l'alimentazione, il sonno e persino l'apprendimento. Il lungo periodo in cui i bambini sono indifesi crea intense pressioni pressioni selettive sui genitori affinchè si impegnino nel curarli e sugli stessi bambini affinchè adottino comportamenti che premino tale impegno. Addormentarsi alla melodia di una 13

ninnananna o cadere in uno stato quasi estatico in risposta ad altre esibizioni canore potrebbe essere un'adeguata ricompensa per gli sforzi materni. In generale, le conseguenze positive del canto, che si tratti di riduzione del pianto, di induzione del sonno o di uno stato d'animo favorevole, contribuiscono al benessere del bambino e allo stesso tempo incoraggiano il comportamento materno. Infine, studi recenti permettono di ipotizzare che il canto possa aiutare il bambino ad imparare la lingua, in quanto sembra facilitare la segmentazione, ossia l’estrapolazione e il riconoscimento delle parole (Schon et al., in i n preparazione).

2.3. Sviluppo e plasticità cerebrale  In neuroscienze si parla di plasticità, di cui il cervello gode, gode, modificandosi e forgiandosi, forgiandosi, soprattutto nelle prime fasi dell’infanzia, ma che continuerà anche nell’età adulta, mediante l’esperienza. Possiamo immaginare immaginare due tipologie di modificazione cerebrale: cerebrale: 1) una determinata determinata popolazi popolazione one di neuroni neuroni particolarmente particolarmente sollecita sollecitata, ta, ad esempio dalla pratica musicale intensiva, recluta i neuroni adiacenti per avere man forte; 2) una determinata determinata popolazi popolazione one di neuroni neuroni particolarmen particolarmente te sollecitata sollecitata si riorganizza riorganizza in modo da essere più efficiente. In questo modo abbiamo due tipologie di modificazioni cerebrali, chiamate strutturale (o morfologica) e funzionale . rispettivamente strutturale (o Come viene viene studiata studiata la plasticit plasticità à cerebrale cerebrale umana? umana? Ci sono almeno almeno tre grandi grandi approcci. Nel primo si studia lo sviluppo del bambino seguendo i cambiamenti cerebrali legati ad età ed esperienza (approccio evolutivo). Nel secondo si mettono a confronto i funzionamenti cerebrali di due popolazioni che siano diverse sotto un aspetto, ad esempio musicisti e non musicisti. Nel terzo si studia come il cervello si riorganizzi in seguito ad un evento patogeno, che può andare dalla cecità fino al danno cerebrale (es. ictus, trauma).Ad esempio un ricercatore interessato alla plasticità della corteccia uditiva potrebbe studiare l’evoluzione della percezione del timbro con l’età, valutare se i musicisti abbiano una percezione più accurata del timbro rispetto ai non n on musicisti e se i pazienti pa zienti con una determinata lesione cerebrale riescano a recuperare (con tempo e riabilitazione) la capacità di discriminare due timbri diversi (ammesso che l’abbiano persa in seguito alla lesione).

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Se negli studi comportamentali si avanza l’ipotesi che le modificazioni del comportamento siano il risultato della plasticità cerebrale, l’avvento delle tecniche di neuroimmagine (EEG7, MEG8, PET9, fMRI10) ha permesso negli ultimi decenni di studiare anche la plasticità cerebrale effettiva. Ad esempio per tanti anni si è saputo che le persone cieche possiedono meccanismi compensatori compensatori che migliorano la loro abilità uditiva, ma solo recentemente è stato possibile dimostrare che ciò è collegato ad una maggiore densità della corteccia uditiva (Weeks et al., 2000) Questo potrebbe forse spiegare la superiorità comportamentale dei non vedenti nei compiti di identificazione spaziale delle fonti sonore (Lessare et al. 1998), superiorità che è stata riscontrat riscontrata a anche nei nei direttori direttori d’orchestra d’orchestra (Munte et al., al., 2001). Tale plasticità plasticità neuronale si riscontra a livello della corteccia uditiva, ma anche di quella somatosensoriale (che, come nel caso di quella uditiva che è tonotopica, ha un’organizzazione topografica dei neuroni). Elbert e colleghi. (1995) hanno messo a confronto la rappresentazione corticale della corteccia somatosensoriale di due gruppi di soggetti: un gruppo di musicisti che suonavano strumenti ad arco con esperienza musicale media di dodici anni e un gruppo di controllo senza senza alcune alcune formazione musicale. musicale. Utilizzando una breve breve stimolazione stimolazione che che consisteva in una lieve pressione delle dita (pollice e mignoli) di entrambe le mani, è stato osservato un aumento della rappresentazione corticale delle dita della mano sinistra nel gruppo dei musicisti. Bisogna ricordare che le dita della mano sinistra, in questi musicisti, sono utilizzate in modo intensivo e preciso per cambiare l’altezza delle note, mentre le dita della mano destra sostengono sostengono l’arco. Non a caso, le rappresentazioni rappresentazioni corticali ottenute dalla stimolazione della mano destra non differivano tra il gruppo di musicisti e quello di controllo. Inoltre, l’aumento della rappresentazione corticale della mano sinistra, nei musicisti, correlava con l’età d’inizio degli studi musicali; era infatti maggiore nei soggetti che avevano cominciato a suonare lo strumento da giovanissimi. Il fatto che il cervello mantenga la capacità di modificare la propria struttura nell’arco di tutta la vita può talvolta avere effetti collaterali poco adattativi. Esistono disturbi dovuti all’eccessiva stimolazione celebrale come ad esempio, nel caso di musicisti, la distonia 7

Elettroencefalogramma, tecnica che consente la registrazione dell’ attività elettrica del cervello. Magnetoencefalografia, tecnica che consente lo studio della funzionalità cerebrale tramite la misura del campo magnetico generato dalla sua attività. 9 Tomografia ad emissione di positroni, tecnica di medicina nucleare che fornisce informazioni sull’ attività metabolica del cervello, evidenziando le aree cerebrali attive in cui si accumula una maggiore quantità di radioattività. 10 Risonanza magnetica funzionale, tecnica di imaging biomedica che consente di evidenziare le aree cerebrali attive in cui vi è un aumento di flusso ematico, e di conseguenza di ossigeno, volta a fornire informazioni sia funzionali che morfologiche. 8

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focale, che comporta una incapacità di coordinare le mani, che spesso viene erroneamente diagnosticata come problemi muscolari o tendinei. In realtà, l’utilizzo intenso e continuativo delle dita e la plasticità celebrale può portare ad una disorganizzazione delle rappresentazioni corticali a livello della corteccia somatosensoriale (Elbert et al., 1998) e al seguito di essa, si perde il controllo fine delle dita, in quanto si assiste ad un accavallamento delle rappresentazioni di queste ultime. Ad esempio, quando il musicista vuole muovere il dito indice, se la rappresentazione di tale dito si accavalla con quella del medio, si metteranno in azione in modo automatico. Questo lo costringerà probabilmente ad interrompere temporaneamente l’attività e a seguire una adeguata riabilitazione comportamentale atta a ricreare la corretta riorganizzazione funzionale della corteccia somatosensoriale. Infatti il cervello rimane plastico e nulla impedisce di “ rimodellarlo” e ricreare un’organizzazione della corteccia senza accavallamenti delle rappresentazioni delle dita (Candia et al., 1999). Nell’insieme gli studi effettuati ci mostrano come il cervello dei musicisti (e non solo ) sia plastico. Se da un lato potrebbe potrebbe esserci esserci con l’aumento dell’età una una diminuzione di plasticità nelle strutture della corteccia uditiva per la percezione e discriminazione uditiva (Kuhl et al., 1997), la plasticità in ogni caso persiste anche in età avanzata poiché è visibile anche in musicisti che hanno cominciato tardi lo studio dello strumento. Infine, per quanti fattori genetici giochino di certo la loro parte, il cervello può essere plasmato dall’esperienza nella sua organizzazione strutturale e funzionale.

2.4. Valutazione dell’ abilità musicale  Uno dei principali contributi degli psicologi in campo musicale ha riguardato la valutazione del talento musicale. L’approccio di questo tema è stato di due tipi: gli studiosi si sono interessati a quantificare i vari elementi che contribuiscono al talento musicale e hanno cercato – mediante l’uso di test non musicali – di delineare le capacità sensoriali, cognitive ed esecutive associate col talento musicale. La misurazione dell’abilità musicale (campo che ha attirato la maggiore attenzione) è stata ostacolata dalla mancanza di accordo sulla natura del talento musicale stesso, problema che comunque non ha impedito agli psicologi di escogitare test per la sua quantificazione. Lehmann (1968) sottolineò sottolineò il fatto che “l’intelligenza “l’intelligenza potrebbe potrebbe essere essere misurata prima che definita e lo stesso vale per l’attitudine alla musica”. Ne è risultata la 16

messa a punto di una varietà di batterie di test che comprendono la quantificazione di quegli elementi che i rispettivi autori reputano costituenti essenziali dell’abilità musicale. Le differenti batterie di uso corrente possono essere divise in tre categorie principali: nella prima sono compresi quei test basati sulle classiche misure psico-fisiche della percezione uditiva con un contenuto musicale poco riconoscibile, nella seconda ci sono quelli che usano come stimolo il materiale musicale e infine viene la categoria di test che valuta gli aspetti complessi della musica come l’apprezzamento di essa e il riconoscimento di brani musicali. Un esempio della prima categoria è la Seashore Measure of Musical Talent  pubblicata nel 1919, 1919, prima prima batteria batteria ad aver incon incontrato trato il conse consenso nso internaz internazional ionale. e. Il test test (successivamente revisionato) comprende 6 misure denominate (con la rispettiva domanda posta al soggetto soggetto dopo la presentazione): presentazione):

Senso del tono : (coppie di note di di frequenza differente, la seconda nota è più alta o più bassa della prima?); Discriminazione dell’intensità sonora : (coppie (coppie di note di di differente differente intensità intensità sonora, sonora, la seconda è più forte o più debole della prima?); Senso del tempo : (coppie (coppie di note di differente differente durata, durata, la seconda seconda è più lunga lunga o più corta della prima?); Timbro : (coppie (coppie di note, note, sono uguali?) uguali?);; Memoria tonale : (coppie di sequenze sequenze di note, quale quale nota è diversa?); diversa?); Senso del ritmo : (coppie (coppie di modelli modelli ritmici, ritmici, sono uguali uguali o diversi? diversi?). ).

Un esempio della seconda categoria (basata sul materiale musicale) è il Test di Wing  sull’intelligenza musicale, dove lo scopo era quello di mettere insieme una serie completa di test, di stabilire la loro relativa validità e di selezionare quelli che sembravano aver un buon buo n valore valore diagno diagnosti stico. co. La batt batteri eria, a, nella nella sua sua forma forma attu attuale ale,, compre comprende nde 7 test test standardizzati:

Anal Analis isii di un acco accord rdo  o : (quante note ci sono in un accordo?); Camb Ca mbia iame ment nto o di ton tono : (i due accordi sono stati ripetuti esattamente oppure è stata alzata, o abbassata, una nota?); Memoria : (si presenta al soggetto una coppia di melodie e si chiede quale nota è stata variata nella seconda); 17

Ritmo : (si presenta al soggetto una coppia di melodie e si chiede se la seconda è uguale alla prima, o in caso contrario qual è la versione migliore); Armonia, Intensità sonora  e Fraseggio : (come per il ritmo tranne che possono venire alterati l’armonizzazione, l’ intensità sonora o il fraseggio);

Nella terza categoria si trovano gli Oregon Musical Discrimination Test , che valutano l’apprezzamento musicale e l’abilità l’abilità a riconoscere le variazioni nei passaggi musicali. Si presentano ai soggetti delle versioni per pianoforte di pezzi classici che sono stati in qualche modo alterate, assieme con le versioni originali. Il soggetto deve quindi dire qual è il brano originale e in quale modo le altre versioni sono state alterate. I test differiscono tra di loro per la scelta delle sotto-prove utilizzate, dei gruppi d’età a cui sono destinati, e per per il valore dei procedimenti di standardizzazione. standardizzazione. I test sia Wing che Seashore sono stati progettati per essere utilizzati su ragazzi dagli otto anni in avanti, e sotto alcuni punti di vista possono sembrare simili (entrambi contengono, per esempio, un test di memoria melodica). Alcune sotto-prove sembrano comunque comunque poco giustificabili in termini di affidabilità. Il test Seashore, per esempio contiene contiene una prova prova di discriminazione discriminazione d’altezze, con differenze che giungevano appena a 2Hz; alcune ricerche dimostrano che molti musicisti esperti sono incapaci di discriminazioni così sottili, altre hanno trovato correlazione zero tra i punteggi al test test Seashore e il successo nel suonare suonare strumenti come clarinetto e trombone (Sloboda, 1985). E’ vero che un fallimento nel tentativo di compiere discriminazioni lungo dimensioni del suono come altezza e intensità renderebbe impossibile ottenere dei risultati in campo musicale, ma è anche lecito il diritto di mettere in dubbio il valore che può avere la capacità di effettuare discriminazioni estremamente sottili, in quanto la maggior parte dei dati spinge a ritenere che diventare degli esperti in campo musicale consiste nell’afferrare i vari livelli delle strutture che sono presenti nelle sequenze musicali. Un test di capacità o attitudini musicali dovrebbe occuparsi dimostrabilmente di queste abilità basilari. Su queste basi il test Wing va preferito al Seashore , sembra che produca delle migliori stime di validità di questo, anche se alcune deficienze tecniche nella sua presentazione rendono difficile raccomandarlo a cuor leggero (Sloboda, 1985) I test di capacità musicale non hanno mai avuto lo stesso impatto sull’insegnamento della musica a livello professionale dei test che si sono rivolti a discipline curricolari centrali come la lettura o la matematica e sembra che un fattore importante alla base dello stato relativamente insoddisfacente del mercato dei test musicali possa essere l’assenza 18

di una forte e continua domanda da parte degli insegnanti. Sarebbe peraltro saggio considerarne con molta cautela i risultati e, di conseguenza, sarebbe poco sensato prendere le più importanti decisioni in campo educativo in base ai soli punteggi ottenuti dai test (Mc Dona Donald, ld, 1987). 1987).

2.5. L’ orecchio orecchio assoluto  assoluto  L’ orecchio assoluto , o Absolut Pitch, è la capacità di identificare in maniera precisa l’altezza (frequenza) di un suono. La maggior parte degli esseri umani elabora i suoni residual absolute pitch ), musicali in maniera relativa ((residual ), analizzando melodia e relazione tra le note, ma non non l’altezza assoluta assoluta delle stesse. L’orecchio assoluto assoluto è senza dubbio una capacità rara e la sua incidenza nella popolazione è stimata attorno allo 0.01% (Profita, Bidder, 1988). I possessori possessori di AP AP possono identificare un singolo suono suono in

modo

immediato e senza aver messo in atto nessuno sforzo particolare per sviluppare questa capacità. Un altro fattore di interesse di AP è la difficoltà del suo apprendimento. Nonostante ciò, possedere l’orecchio assoluto non serve in realtà a nulla, neppure al musicista in quanto non è mai stata dimostrata una correlazione tra orecchio assoluto e capacità musicali. Nelle culture dove vengono incoraggiate la formazione e l’educazione musicale a partire da un’età molto precoce, come ad esempio in Giappone, l’incidenza di questa abilità tra i musicisti è molto più ampia e può arrivare addirittura al 50% ( Miyazaki, 1988). Questo ha portato alcuni ricercatori a suggerire che l’AP potrebbe essere acquisito da tutti gli individui, ma soltanto durante un periodo “critico” che finisce quando il bambino arriva ai cinque o sei anni di età, anche se con un’ampia differenza interindividuale. Nonostante vi siano dati a favore dell’ipotesi genetica (diversa distribuzione di AP fra le diverse popolazioni umane) ce ne sono altri a favore di una teoria dell’apprendimento precoce dell’orecchio assoluto, come ad esempio l’esistenza di una correlazione tra l’età in cui inizia la formazione musicale e la probabilità di AP e che i tentativi di insegnarlo ai bambini più piccoli hanno più successo rispetto a quelli più grandi o agli adulti. La capacità di orecchio assoluto viene attribuita ad un training musicale precoce e prolungato, assieme alla predisposizione genetica. In tutti i casi in cui si cerca di identificare i fattori che hanno favorito lo sviluppo di una determinata abilità, si ritorna al problema generale naturacultura e, come in altri casi, sembra che una posizione intermedia che riconosca da un lato l’influenza di predisposizioni biologicamente determinate e dall’altro il ruolo dell’ambiente e 19

degli stimoli esterni possa essere la posizione più equilibrata per affrontare queste speculazioni teoriche. Anche se le basi neuroanatomiche della capacità di AP non sono ancora ben definite, sembra che la corteccia uditiva dell’emisfero destro sia più abile nella codifica dell’informazione frequenziale. frequenziale. Zatorre (1989) ha ha esaminato la prestazione di di un pianista che all’età di diciassette anni aveva subito una lobectomia 11 sinistra. L’intervento non mostrò alcun effetto sulla sua capacità di AP, anzi, la migliorò: prima di esso il soggetto aveva un errore costante nell’identificazione dei suoni pari ad un semitono12, errore che scomparve dopo l’operazione. Allo stesso tempo questo non ci precisa né il come né il dove sia effettuata la codifica assoluta dell’altezza. Una sede più probabile è il collicolo  inferiore  che, grazie alla sua precisione nella codifica della periodicità, potrebbe fornire informazioni alla corteccia uditiva, basate su alcune precise oscillazioni neuronali. Benché possa sembrare un’abilità “banale” rispetto ad altre capacità cognitive l’AP è un tema che attira molti ricercatori, essendo un interessante modello per lo studio dell’interazione geni-cultura, relazione che interessa ogni capacità umana.

2.6. I savants musicali  Esiste Esiste il talento talento innato? innato? Questo Questo interrogat interrogativo, ivo, oltre oltre ad essere essere particol particolarmen armente te affascinante, riveste anche un ruolo importante da un punto di vista educativo e sociale. In effetti una teoria che si basi solo sul talento innato è un concetto pericoloso, in quanto rischia di diventare una fonte di discriminazione sociale; dal lato opposto una teoria che si basi solo sugli aspetti culturali e ambientali per spiegare l’apprendimento rischia di stigmatizzare coloro che non riescono come “pigri”. Un dato importante nella difesa della teoria innatista ci viene dalla descrizione dei savants musicali, termine che si riferisce generalmente ad individui che, pur avendo livelli intellettivi e socioemotivi abbastanza bassi e spesso non ricevendo una forma di educazione musicale adeguata, mostrano prestazioni musicali chiaramente superiori alla media, fin dalla primissima infanzia. Miller condusse molti studi (1985;1989) sui savants musicali e sulle loro caratteristiche, trovando tra loro molte somiglianze e tratti caratteristici. Tutti e tredici quelli da lui 11 12

Intervento chirurgico che consta nell’ asportazione del lobo deficitario. Il tono è definito generalmente come intervallo musicale, ed è composto da due semitoni. 20

esaminati, gran parte dei quali autistici13, dimostrarono di possedere AP, con tendenza all’ ecolalia14 e quasi tutti erano di sesso maschile, predominanza di genere che si ritrova nei casi di bambini autistici, tra i quali si ritrova anche un’ elevata incidenza di AP. Questa tendenza potrebbe essere il riflesso di una generica differenza cognitiva tra maschi e femmine, in virtù della quale i primi risulterebbero particolarmente suscettibili a deficit relativi al linguaggio e alle capacità di interiorizzare i sentimenti altrui (Baron, Cohen, 2003). Secondo Sloboda (2005) vi sono alcuni fattori che possono essere associati all’acquisizione delle competenze eccezionali eccezionali nei soggetti savants. Il primo fattore comune sembra essere un alto livello di motivazione interna che permette all’individuo di impegnarsi in una singola attività per molti anni. Il secondo fattore è relativo all’ambiente in cui il soggetto si viene a trovare: dal da l momento della scoperta di queste abilità eccezionali, i bambini che hanno gravi deficit negli altri ambiti intellettivi vengono spesso messi nelle condizioni di esercitarsi in modo regolare nell’attività per la quale sono portati. Il terzo fattore è il tempo a disposizione, che spesso permette l’esercizio continuo che li porta a raggiungere risultati eccezionali. Questo sembrerebbe dimostrare che anche nel caso dei savants, il loro talento sembra svilupparsi grazie ad una serie di circostanze che esulano dal loro patrimonio genetico, o che comunque non dipenda in modo intrinseco da esso. I fattori biologici rivestono un ruolo molto importante, ma non hanno la prevedibilità e la specificità associate alla nozione di talento, nozione che, perdendo quindi l’aspetto discriminatorio e selettivo che poteva caratterizzarlo, viene usato in modo decisamente più sereno.

13

Affetti da autismo, condizione psichica caratterizzata da distacco/isolamento dalla realtà e prevalenza del mondo interiore, con probabili ripercussioni sulle capacità di socializzazione ed apprendimento. 14 Disturbo del linguaggio che consiste nel ripetere involontariamente, come un’ eco, parole parole o frasi pronunciate da altre persone, presente fino al 75% nelle diagnosi di autismo. 21

3. Organizzaz Organizzazione ione cerebrale cerebrale e funzione funzione musicale musicale 3.1. Modularità e localizzazione funzionale  Il termine “musica” non rappresenta una semplice struttura acustica, ma si tratta di un’esperienza soggettiva complessa, basata su un insieme di capacità mentali e che necessita necessita di di diverse diverse funzioni funzioni percett percettive ive e cognitive cognitive.. L’ abilità abilità musicale musicale è stata stata tradizionalmente studiata come prodotto di un’ aspecifica architettura cognitiva, ma un crescente numero di ricerche parte attualmente dal presupposto che la musica sia una facoltà cognitivamente unica ed evolutivamente distinta (Peretz, Coltheart, 2003). L’idea dell’esistenza di un “modulo” specifico per l’elaborazione dell’informazione musicale è supportata, infatti, dagli studi di lesione che evidenziano, accanto ad esempi di agnosia verbale15, casi di amusia sia congenita che acquisita (Stewart, 2002), dove alcuni pazienti sarebbero in grado di riconoscere il suono della parola umana o altri suoni ambientali aspecifici ma non le melodie pur familiari. Tempo e melodia, che sono le due principali dimensioni della musica, subiscono anch’esse differenti sistemi di elaborazione; la neocorteccia temporale di destra, con particolare riferimento al giro temporale superiore (regione anterolaterale del giro  di Heschl , piano temporale, aree associative soprattutto posteriori), e probabilmente anche la corteccia frontale di destra, rivestono un ruolo particolarmente importante nella percezione di una melodia (Griffiths, 2000). Il riconoscimento del solo intervallo melodico in assenza di una linea melodica di riferimento richiederebbe invece il contributo di entrambe le strutture temporali di destra e sinistra. Dati EEG e MEG mostrano, inoltre, che la corteccia risponde alle relazioni di frequenza anche in assenza di attenzione, e ciò spiegherebbe perché il riconoscimento di una linea melodica o la discriminazione di un intervallo melodico possano essere mantenuti in presenza di danno cerebrale (Peretz, Zatorre, 2005). Nella musica tonale16 le relazioni di frequenza evocano una scala 17 particolare; evidenze empiriche dimostrano che l’ascoltatore utilizza implicitamente la struttura tonale della scala ai fini della percezione e della memoria e che anche l’elaborazione dell’aspetto tonale della melodia avvenga nel SNC in modo indipendente e coinvolga principalmente le

15

Incapacità di riconoscere suoni verbali in presenza di normale riconoscimento musicale. Tipo di musica organizzata intorno ad un suono centrale, o “tonica”. 17 Successione ascendente o discendente di suoni compresi nell’ ambito di un’ ottava (intervallo tra una nota musicale ed un’ altra). 16

22

giro temp tempor oral ale e supe superio riore  re , aree uditive secondarie, poste nella porzione più anteriore del giro area connessa alle regioni frontali a loro volta implicate nella memoria di lavoro potrebbero essere coinvolte nell’immagazzinamento (Warrier, Zatorre, 2004). Diverse tecniche di neuroimmagine hanno dimostrato che la dissonanza, elemento critico nella percezione musicale, comporta l’attivazione bilaterale del giro temporale superiore e che il giro  di Heschl  è coinvolto nell’elaborazione delle dissonanze ma non delle consonanze. Deviazioni dalle aspettative armoniche comporterebbero invece oper erco colo lo fron fronta tale  le  (area frontale inferiore) che l’attivazione, sempre bilaterale, dell’ op corrispon corrisponde de all’ area di Broca nell’emi nell’emisfero sfero sinistro sinistro (Peretz, (Peretz, Zatorre, Zatorre, 2005). 2005). Il ritmo, seconda caratteristica fondamentale della percezione musicale, oltre al coinvolgimento della corteccia uditiva di destra (metrica) e di sinistra (durata), sembra interessare anche altre aree cerebrali come cervelletto ed area frontale (Janata, Grafton, 2003). Parson e collaboratori (2003) effettuarono una serie di test su musicisti professionisti impegnati a suonare il pianoforte, mentre una scansione PET creava un’ immagine della loro attività cerebrale, e scoprirono che ognuno di essi provocava attività neurali in numerosi parti del cervello, variamente distribuite. Tali risultati si confermarono particolarmente interessanti anche per quanto riguarda l’attivazione del cervelletto, che quindi svolge funzioni non strettamente strettamente circoscritte al al controllo motorio. Conclusero quindi che le reti neurali preposte all’elaborazione della musica sono ampiamente distribuite all’interno del cervello e che, confrontando i dati con quelli di un gruppo di controllo sperimentale, localizzazione ed attività delle reti neurali adibite alla musica sono differenti nei cervelli di musicisti e non musicisti. La stessa Peretz, in un suo articolo (2003) scrisse :

“ La dimostrazione dell’esistenza di una siffatta organizzazione cerebrale per la musica musica in tutti gli  esseri umani rimane elusiva . A mio parere, l’unico punto di accordo che si è raggiunto oggi circa  l’organizzazione cerebrale soggiacente alla musica riguarda l’elaborazione del contorno melodico. La grande maggioranza degli studi indica la circonvoluzione temporale superiore e le regioni  frontali della della parte destra del cervello come le aree preposte all’elaborazione delle informazioni  relative al contorno melodico. Tuttavia, resta ancora da stabilire se tale meccanismo sia specifico  per la musica, dal momento che gli schemi di intonazione della lingua parlata sembrano chiamare  in causa circuiti cerebrali collocati in aree simili, se non identiche. ” 

La

sua affermazione finale circa l’apparente sovrapposizione delle reti neurali

impiegate per talune attività attività linguistiche e musicali è uno dei punti più importanti, sebbene ancora irrisolto. 23

Patel (2003) confrontando dati lesionali e dati di neuroimmagine ha notato che sebbene gli studi sulle lesioni abbiano dimostrato che le capacità musicali e linguistiche possono essere parzialmente o completamente dissociate, quelli di brain imaging suggeriscono che i due due domini in realtà condividano condividano le stesse stesse reti neurali.

Questa

apparente contraddizione rimane da risolvere.

3.2. L’ elaborazione dell’ informazione musicale  Ogni giorno, a casa o per la strada o al al lavoro ci capita di sentire della musica, musica, così per caso. Nel giro di una frazione di secondo siamo in grado di dire se conosciamo quel determinato brano oppure no; inoltre siamo capaci di canticchiare il brano e talvolta recuperare informazioni ad esso legate. Se poi il brano è una canzone, non solo riusciamo a cantare la melodia, ma ma anche a cantarla con le parole del testo stesso. stesso. Nonostante tutto questo avvenga spesso con un’ estrema facilità e in parte automaticità, i meccanismi cerebrali alla base di tutte queste operazioni sono tutt’ altro che evidenti. Un modello per il riconoscimento e l’ elaborazione della musica è descritto da Peretz e Coltheart (2003). In questo modello l’input viene analizzato analizzato da due sistemi paralleli che vengono considerati indipendenti; essi elaborano in maniera separata le informazioni necessarie ad effettuare un’ analisi melodica (variazione dell’altezza dei suoni) ed una temporale (variazione della durata dei suoni). Il sistema di analisi melodica ha tre sottocomponenti: analisi del contorno, degli intervalli e della tonalità. Il sistema di analisi temporale ha due sottocomponenti, sottocomponenti, una per l’analisi degli degli aspetti metrici metrici e una per gli aspetti aspetti ritmici. In modo semplificato, la via della melodia potrebbe rappresentare il “cosa”, mentre la via temporale il “quando” occorrono gli eventi nell’ input musicale. Entrambi i moduli filtrano i propri output attraverso attraverso i moduli del lessico musicale (concepito come un sistema di rappresentazioni di informazioni musicali specifiche ai quali l’individuo è stato esposto nel corso della sua vita) e dall’ analisi dell’espressione emozionale.

24

Fig. 6: Modello modulare dell’ elaborazione musicale (fonte dell’ immagine: www.nature.com ).

Una serie di studi studi su pazienti pazienti cerebrolesi (Peretz, Coltheart, 2003) suggerisce suggerisce che le strutture melodiche e temporali vengano elaborate separatamente ed in maniera indipendente. Se quindi, da un lato, vi è una forte tendenza tendenza a decomporre decomporre la musica musica in diversi moduli più piccoli, perlopiù specifici ed indipendenti tra loro, gli studi comportamentali mostrano spesso come queste stesse funzioni necessarie all’analisi musicale non siano indipendenti e talvolta non siano affatto specifiche alla musica. Al momento sarebbe prematuro formulare conclusioni certe riguardo alla questione della modularità della musica: essa può sussistere ad alcuni livelli di elaborazione ed essere assente ad altri livelli.

3.3. Le amusie  “Amusia” (dal greco a-musia, mancanza di armonia) è un termine generico che indica una perdita o compromissione di origine biologico delle capacità musicali, e può essere congenita o acquisita successivamente come conseguenza di un danno cerebrale.

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La natura di questa compromissione può essere di vario genere, ma principalmente si può manifestare nelle prestazioni motorie o espressive (amusia espressiva), nelle capacità di discriminazione ed identificazione identificazione delle melodie (amusia (amusia recettiva) e nella capacità di suonare uno strumento (amusia strumentale) La perdita delle capacità di cantare o fischiare una melodia è una delle

forme di

amusia più frequenti e prende il nome di amusia espressiva. La perdita può essere totale nel senso che il paziente si trova a non essere più in grado di produrre sia un suono che una melodia, su comando verbale o dietro imitazione, o parziale se è in grado di produrre solo un suono ma non una melodia. Per contro, può essere capace di produrre una melodia familiare ma incapace di produrre suoni isolati. La perdita nelle capacità orali espressive può essere parziale anche nel senso che il paziente può essere in grado di riprodurre un motivo musicale, ma il suo canto dà risultati piuttosto poveri in termini di melodia, intonazione e ritmo. Una difettosa percezione della musica che si riflette nell’ incapacità di discriminare fra loro patterns melodici, timbro, tono e in alterazioni qualitative dell’ esperienza acustica (ad esempio percepire i suoni come dissonanti o spiacevoli) è quel tipo di amusia che viene chiamata “recettiva” (o agnosia musicale). In termini generali il concetto di agnosia si riferisce ad un disturbo nelle capacità di riconoscimento benché il canale sensoriale primario sia intatto. Di conseguenza, il problema non è legato alla percezione in sé, ma al fatto che il paziente non è più in grado di riconoscere gli stimoli come suoni suoni e parti di una melodia. I soggetti con agnosia musicale non sono quindi più in grado di riconoscere melodie precedentemente conosciute, ma è importante sottolineare che ciò non accade per i testi delle melodie stesse. Un musicista con questo deficit potrebbe quindi paradossalmente essere in grado di leggere lo spartito e suonare lo strumento musicale, senza però poter riconoscere la musica prodotta; l’ agnosia musicale è molto “selettiva”, in quanto anche la capacità di riconoscere altri suoni ambientali (es. rumore del del treno) risulta risulta normale. Questi disturbi sono frequentemente associati a lesioni nella corteccia temporale di entrambi gli emisferi (Peretz, 1996). Altre tipologie di amusia, come quella strumentale (perdita della capacità di suonare uno strumento), per definizione, possono colpire solamente coloro che hanno avuto una determinata formazione musicale; si riferiscono quindi a condizioni patologiche che hanno determinato la presenza di uno specifico problema cognitivo come conseguenza di un danno cerebrale, sia esso dovuto a malattia, trauma o altro. 26

In altri casi ci troviamo di fronte ad un livello di incapacità musicale del tutto inatteso per una persona con un normale livello di funzionamento intellettivo e socioemotivo, incapacità decisamente inferiore alla media (se non inesistente) pur avendo avuto una deaf  (sordità tonale, normale esposizione esposizione a stimoli musicali. Questi soggetti, soggetti, chiamati tone deaf (sordità anche se in letteratura si preferisce il termine “amusia congenita”), non sono soggetti a una patologia e vengono normalmente diagnosticati in fasi relativamente precoci, spesso prescolari, dello sviluppo dell’individuo. Uno dei test più sensibili per la diagnosi di questo disturbo richiede l’identificazione di irregolarità nell’ altezza dei suoni in una melodia comune. Il test è costituito da una serie di melodie familiari e non: metà delle melodie vengono modificate attraverso l’introduzione di un suono che devia dalla scala originale e i soggetti devono giudicare se le melodie contengono delle “note sbagliate” o meno. I soggetti affetti da amusia non riescono ad identificare le melodie sbagliate, mentre nel riconoscimento dei suoni ambientali non si manifesta alcuna differenza tra il gruppo di amusici e quello di controllo. Questo tipo di prestazione è coerente con le osservazioni generali secondo le quali l’amusia determina un’ incapacità nella percezione dell’ altezza dei suoni musicali (a questo proposito esiste un test online riguardante lo studio di Peretz sulla discriminazione dell’ altezza delle note all’ indirizzo web http://www.delosis.com/listening/home.html ), con conseguente risultato in termini di abilità di percezione musicale. musicale. Lecito quindi ipotizzare che, nel caso dell’ amusia congenita, il disturbo sia attribuibile ad uno sviluppo anomalo di alcune strutture cerebrali indispensabili all’elaborazione musicale, le stesse che sarebbero danneggiate nel caso di amusia acquisita (Peretz, 2001). Nel 2002 Peretz pubblicò il primo studio esaurientemente documentato sul caso di una persona affetta da sordità sordità tonale, la quale non fece altro che mettere un annuncio in cui si si cercavano volontari volontari che si ritenessero ritenessero affetti da sordità ai toni fina dalla dalla nascita. Per prima cosa i soggetti dovevano aver raggiunto buoni risultati scolastici nel loro percorso di studi, al fine di escludere la possibilità che la loro amusia fosse una conseguenza di generali difficoltà di apprendimento; in secondo luogo dovevano aver ricevuto lezioni di musica durante l’ infanzia, in modo da garantire che l’ amusia non fosse discesa da una ridotta esposizione alla musica; terzo, dovevano poter dire di aver sofferto di quel tipo di disturbo da sempre, accrescendo così la probabilità che la condizione fosse stata presente fin dalla nascita. Il caso più eclatante fu quello quello di Monica, donna francese di poco più più di quarant’ anni, con un buon grado di istruzione, che aveva sempre percepito la musica come un “rumore” 27

e non era mai stata in grado di cantare o ballare. Quando pressioni sociali l’avevano costretta ad unirsi al coro della chiesa e ad un complesso musicale della scuola, l’ esperienza era stata per lei estremamente stressante ed imbarazzante. Peretz e colleghi la sottoposero ad una batteria di test che avevano impiegato per pazienti colpiti da lesioni cerebrali, confrontando i suoi risultati con quelli di donne di età e livello di istruzione istruzione simili ma con abilità musicali nella nella norma. La maggior parte dei test verteva sul riconoscere l’ uguaglianza o la differenza di varie melodie presentate in coppie, alcune delle quali venivano manipolate dai ricercatori al fine di scoprire se Monica fosse in grado di individuare variazioni nel contorno melodico e negli intervalli. Non lo era. E nemmeno era in grado di percepire cambiamenti nel ritmo. Dato che invece era piuttosto abile ad identificare parlati conosciuti, basandosi sulla loro voce, questo deficit non poteva discendere da una debolezza di udito, da una carenza caren za di memoria o da disattenzione. La capacità di Monica di percepire l’ intonazione linguistica abbinata all’ incapacità di seguire il contorno melodico melodico è uno dei dei dati più interessanti emersi emersi dallo studio di Peretz Peretz : le persone affette da amusia congenita possedevano le stesse capacità del gruppo di controllo di riconoscere intonazione e prosodia della lingua orale. Una frazione della popolazione compresa tra il 3% e il 6% soffre di un disturbo di apprendimento del del linguaggio, linguaggio, pur in assenza assenza di qualunque qualunque altro tipo di menomazione menomazione cognitiva, e una percentuale simile può essere suggerita anche anche nel caso dell'amusia dell'amusia congenita (Peretz et al., 2002). Una domanda naturale è se l'amusia congenita sia una condizione biologicamente ereditabile; chi è incapace di tenere una nota può incolpare i propri genitori? Pare che anche la madre e il fratello di Monica avessero capacità musicali subnormali, ma ciò non fu mai formalmente testato. Nessun deficit simile fu rilevato invece nel padre e nella sorella. Dei dieci altri soggetti studiati da Peretz, sei riferirono che uno dei genitori (per lo più la madre), madre), e almeno un fratello o una sorella, soffrivano di analoghi analoghi disturbi,per quanto in tutte le famiglie fossero presenti anche membri dotati di abilità musicali. Drayna (2001) eseguì degli studi sui gemelli, che forniscono strumenti per valutare il contributo relativo dei geni ereditati e dell'ambiente di sviluppo nella caratterizzazione del pensiero  e del comportamento individuale. I gemelli identici omozigoti  possiedono esattamente gli stessi geni, mentre quelli i gemelli dizigoti  non sono più simili tra loro di quanto non lo siano due fratelli qualsiasi qualsiasi

nati dagli stessi genitori. Salvo rarissime rarissime

eccezioni, i gemelli crescono in ambienti che sono ciò che di più identico si possa immaginare per due individui distinti, medesima educazione e simili esperienze di vita. In 28

qualche rara occasione, i gemelli vengono separati alla nascita e cresciuti da famiglie diverse, in ambienti diversi. Esaminando somiglianze e differenze tra gemelli identici e non, una volta raggiunta l'età adulta, e operando un confronto tra quelli rimasti assieme e quelli separati alla nascita, è possibile dedurre l'importanza relativa di geni e ambiente nella caratterizzazione del loro aspetto, pensiero e comportamento. Drayna (2001) condusse lo studio sulle capacità di distinguere le altezze. Testò 284 coppie di gemelli, 136 delle quali composte da gemelli identici. Tutti furono sottoposti al "test delle melodie distorte", impiegato da Peretz e colleghi per esaminare le abilità musicali in individui colpiti da lesioni cerebrali cerebrali e in altri soggetti. soggetti. Drayna rilevò che, rispetto ai gemelli dizigoti, quelli omozigoti apparivano più simili nella loro capacità identificare le melodie distorte. Attraverso una sofisticata analisi statistica, egli calcolò che circa l'80% dell'abilità di riconoscimento delle altezze deriva da geni ereditati e il 20% dall'ambiente specifico in cui l'individuo si sviluppa e dalle esperienze musicali a cui è sottoposto. Peretz e colleghi conclusero che la causa soggiacente dell’ amusia congenita era un deficit nella capacità di riconoscere l’ altezza dei suoni. Ammisero che la maggior parte dei soggetti soffriva di carenze in abilità musicali apparentemente non collegate ad essa, come ad esempio la memoria per le melodie, la facoltà di distinguere le melodie in base al ritmo e la capacità di tenere il tempo. Ma tutti questi aspetti furono giudicati secondari, “a cascata”, di una soggiacente incapacità di percepire l’ altezza dei suoni che avevano compromesso lo sviluppo dell’ intero sistema musicale nel cervello.

29

4. Musica e linguaggio: correlazione ed interdipendenza e di di due due abilità abilità universali universali Come e perché musica e linguaggio linguaggio sono correlati? Nettl (1983) definì la musica musica come “comunicazione sonora sonora umana al di fuori dell’ambito dell’ambito linguistico”, mentre mentre la definizione di linguaggio è probabilmente più immediata : un sistema di comunicazione consistente in un lessico, un insieme di parole dal significato comunemente accettato, e in una grammatica, complesso di regole che determinano il modo in cui le parole vengono combinate per formare enunciati. Sia il linguaggio che la musica hanno una struttura gerarchica, essendo costituiti da elementi acustici ( parole parole o note) combinati in frasi (enunciati o melodie), melodie), che possono a loro volta venire combinate per creare un evento linguistico o musicale. Entrambi possono essere descritti infatti come “sistemi combinatori”; la ricorsione18, è l’unico attributo del linguaggio che non trova alcun parallelismo nei sistemi di comunicazione animale (Hauser et al., 2002). 2002). Per quanto musica e linguaggio siano siano entrambi sistemi gerarchici gerarchici costruiti costruiti a partire da unità discrete, la natura di tali unità è fondamentalmente differente : quelle del linguaggio sono simboli, quelle musicali no . Le regole di uno stile musicale o di una lingua sono profondamente profondamente diverse. Quelle Quelle della musica non veicolano significati come fa la grammatica di una lingua : invertire l’ordine di alcune unità avrà effetto assai meno rimarchevole su un brano musicale, dove l’inversione non ne altera il significato, giacchè non vi era alcun significato originario da cambiare. Sloboda (1985) (1985) ha puntualizzato puntualizzato che che “noi impieghiamo impieghiamo il linguaggio linguaggio per fare asserzioni o domande in merito al mondo e agli oggetti reali; ammesso che la musica si riferisca a qualcosa , non si tratta certamente degli stessi oggetti denotati dal linguaggio”, anche se questo non esclude che la musica possa essere utilizzata per raccontare storie o per far riferimento al mondo reale. Pertanto il linguaggio parlato parlato è sia referenziale che manipolativo, mentre la musica è principalmente manipolativa in quanto induce stati emozionali e movimento fisico. Inoltre musica e linguaggio condividono la dote del fraseggio espressivo, con cui si fa riferimento al modo in cui le proprietà acustiche delle frasi sia linguistiche che musicali possono essere essere modulate per trasmettere enfasi enfasi ed emozione. emozione. Brown (2000) (2000) pone un forte accento sulla presenza di esso in entrambi, ipotizzando che si trattasse di una delle

18

L’incorporazione di una frase linguistica o musicale all’interno di un’altra. 30

caratteristiche fondamentali del loro antenato comune originario, da lui denominato “musilingua”. Spesso e volentieri musica e linguaggio fanno un uso simile di alcuni parametri; ad esempio, quando ci si interessa al contenuto emotivo di una frase, se triste essa probabilmente sarà pronunciata lentamente, lentamente, e lo stesso vale per la musica. Juslin e Laukka (2003) hanno analizzato più di cento studi sulla relazione tra parametri acustici ed emozione trasmessa, nel linguaggio e in musica, rendendosi conto che il tempo, l’intensità, l’altezza, le variazioni di altezza e diversi altri parametri hanno lo stesso effetto sull’ espressività di una frase linguistica o musicale. A livello fonetico due fenomeni interessanti sono stati descritti sia per la musica mu sica che per il linguaggio: linguaggio: la percezion percezione e categorica categorica e la restaurazion restaurazione e fonetica fonetica (Aiello, 1994). 1994). Il fenomeno di restaurazione fonetica avviene qualora si sostituisca una parte del segnale linguistico con un rumore o silenzio; qui le aspettative semantico-lessicali o musicali prendono il sopravvento sopravvento sull’analisi sull’analisi acustica acustica e riempiono riempiono l’informazione l’informazione mancante. mancante. Il fenomeno di percezione categorica è legato al fatto che un continuo sonoro linguistico o musicale sia percepito come segmentato in unità discrete. A dispetto delle notevoli differenze individuali di pronuncia e di esecuzione in musica e linguaggio, la percezione categorica sembra favorire un riconoscimento ed una comprensione migliore e più semplice, anche grazie al processo di chunking , processo di raggruppamento delle unità discrete, discrete, riducend riducendo o così la quantità quantità comples complessiv siva a di materiale materiale (Halpern, (Halpern, Bower, Bower, 1982). 1982). In una recente serie di studi è stato inoltre dimostrato come, entro certi limiti, le modifiche percettive indotte dallo studio della musica determinino analoghe modifiche percettive nella percezione del linguaggio (Magne, Schon, Besson, 2006) Infine musica e linguaggio condividono tre modalità di espressione: possono essere vocali, come nel discorso e nel canto; gestuali, come nel linguaggio dei segni e nella danza; e possono essere scritte. In ognuno di questi casi, ambedue le facoltà hanno base biologica nel cervello; alcune patologie cognitive possono condurre ad afasia, cioè perdita della capacità linguistica e/o amusia. ovvero perdita del senso musicale.

31

4.1. Afasia senza amusia e amusia senza afasia  af asia  I casi clinici documentati di persone che hanno sofferto di afasia19 offrono un’ ottima opportunità per esaminare esaminare le relazioni neurali tra musica musica e linguaggio. linguaggio. Se, ad esempio, la musica fosse un sottoprodotto del linguaggio, o viceversa, allora la perdita dell’ abilità musicale dovrebbe essere una conseguenza automatica della perdita del linguaggio; per contro, se musica e linguaggio poggiassero su reti neurali totalmente indipendenti, allora la perdita di una delle due facoltà non dovrebbe incidere sull’altra. Luria

e

colleghi

(1965)

hanno

mostrato

come

l’amusia

non

accompagna

necessariamente l’afasia. Essi hanno descritto il caso caso del compositore compositore russo Shebalin, che fu vittima di un’ emorragia nell’ emisfero sinistro, portandolo ad una paralisi temporanea del lato destro del corpo e ad un disturbo linguistico grave (afasia) che gli impedì di parlare e di capire fino alla fine dei suoi giorni. Nonostante le gravi gravi condizioni egli continuò a lavorare come insegnante di musica e come compositore, concludendo opere già iniziate e scrivendone scrivendone diverse altre. L’autopsia L’autopsia post mortem di Shebalin Shebalin rilevò un danno rilevante nel lobo temporale e in quello parietale dell’ emisfero sinistro, lesione che genera il più delle volte un disturbo afasico. Il caso di Shebalin è quindi quindi un caso di afasia afasia senza amusia, ossia di disturbo linguistico senza disturbo musicale. mu sicale. Un altro caso famoso è quello della paziente I.R. descritto da Peretz, Belleville e Fontane (1997). All’ età di 28 anni anni I.R. dovette subire subire degli interventi chirurgici chirurgici a causa della rottura di un aneurisma dell’ arteria cerebrale media dell’emisfero destro. In seguito all’intervento, la paziente rimase con due lesioni cerebrali estese, comprendenti la corteccia uditiva bilateralmente e le aree aree frontali dell’ emisfero destro. Nonostante queste queste lesioni, I.R. mostrò un funzionamento intellettivo, linguistico e di memoria indenne, ma emerse la sua incapacità a riconoscere musica che le era stata familiare prima della lesione, con impossibilità di cantare cantare in modo modo intonato intonato e di apprendere nuovi brani. I.R. è un caso esemplare di amusia senza afasia, l’ esatto opposto del caso Shebalin. Ci troviamo di fronte a quella che viene chiamata in gergo “doppia dissociazione”, di cui i casi sopra citati sembrerebbero indicare che esista una specializzazione cerebrale e funzionale per la musica (e per il linguaggio), anche se in realtà le cose non sono così semplici (Schon, Akiva-Kabiri, Vecchi, 2007).

19

Disturbo che porta ad alterazione o perdita della facoltà del linguaggio, generalmente in seguito alla lesione di aree del cervello deputate all’ elaborazione dello stesso (aree di Broca e Wernicke). 32

4.2. Specializzazi Specializzazione one e dominanza emisferica  emisferica  Fin dai primi studi sulla dominanza cerebrale (Morel, 1947) era apparso evidente che ascolto musicale e ascolto verbale fossero da considerare delle funzioni giustapposte ma non coincidenti; afasia ed amusia rivelavano situazioni interessanti in quanto se apparivano in alcuni casi come disturbi indipendenti – ad esempio un paziente sapeva cantare l’aria e le parole di una canzone, ma non sapeva ripetere quelle stesse parole in assenza della melodia – spesso però potevano presentarsi associati, facendo pensare che essi implicassero almeno in parte lo stesso sistema neuroanatomico. Sono stati soprattutto gli studi di Kimura (1973) e di Bever e Chiarello (1974), basati peculiarmente

sulla

tecnica

dicotica ,

mediante

la

quale

si

faceva

ascoltare

simultaneamente linguaggio in un orecchio e melodie in un altro, a mettere in evidenza la dominanza dell’emisfero destro per il riconoscimento delle melodie; il risultato delle osservazioni compiute veniva confortato sia dall’osservazione mediante PET, riportando la cognizione musicale alla dominanza preferenziale dell’emisfero destro, sia da dati neurochirugici in quanto a seguito di una lesione, anche estesa, dell’emisfero sinistro il canto rimaneva ancora possibile per il paziente, mentre i deficit musicali si presentano quando la lesione interessava l’emisfero destro. In particolare pare che l’ascolto di una melodia attivi l’area temporale e l’area frontale destre (Zatorre, Evans, Meyer 1994), ma l’essenziale è dato dal considerare che la percezione di una melodia, almeno da parte di un ascoltatore non musicista esperto, avviene rispetto al profilo generale, e dunque si tratta di una percezione olistica (al contrario di quello che avverrebbe invece nel caso di un professionista, dove il tipo di percezione avrebbe invece carattere prevalentemente analitico) : in altre parole questo sembra voler indicare che l’attenzione riveste un ruolo determinante nei risultati di questi studi. L’uso di una strategia o di un’altra si riduce alla focalizzazione dell’attenzione ad un aspetto piuttosto che che ad un altro dello stimolo musicale, portando all’uso di una rete rete cerebrale piuttosto che di un’altra.

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Fig. 7: Immagine PET PET relativa relativa all’ attivazi attivazione one di aree cerebrali cerebrali differenti, differenti, in musicisti musicisti e non, in risposta risposta a stimoli musicali: nei primi avviene in maniera analitica, e quindi con attivazione maggiore dell’ emisfero cerebrale sinistro; nei non musicisti avviene invece in maniera olistica, interessando quindi prevalentemente quello destro (fonte dell’ immagine: www.psicolab.net ).

Soggetti con lesioni cerebrali sono stati esaminati in rapporto alla presentazione di una frase melodica e di sue versioni modificate, o a livello del profilo generale o riguardo a intervalli tonali successivi, ma nel rispetto del profilo generale. Da questi esperimenti è emerso che nei soggetti portatori di lesioni all’emisfero destro veniva ad essere colpita la percezione del profilo generale della melodia, mentre se la lesione era a sinistra, era colpita l’individuazione della struttura particolareggiata degli intervalli e l’organizzazione temporale della melodia. Anche Falk (2000) sottolinea come melodia e ritmo sembrano essere neurologicamente dissociati in quanto l’emisfero destro elabora gli aspetti melodici della musica, mentre l’emisfero sinistro sembra maggiormente coinvolto nell’elaborazione del ritmo (Peretz, 1993). L’emisfero destro, come sappiamo, interpreta anche gli aspetti melodici del linguaggio, il tono della voce, e dunque le connotazioni emotive ed affettive del parlato. Anche nel test di Wada20 quando l’iniezione inibisce l’emisfero destro, l’abilità del canto risulta assai disturbata, mentre la facoltà del parlato è compromessa solo nel senso che l’articolazione delle parole è più lenta e monocorde, mentre l’intonazione, la pronuncia, e l’abilità a partecipare ad una conversazione non ne risentono: la memoria tonale ed il 20

Iniezione di amobarbitale nella arteria carotidea destra o sinistra, che produce una inibizione temporanea dell’emisfero corrispondente. 34

senso dello spazio melodico pare completamente scomparso, mentre il ritmo sembra meno interessato dall’inibizione. La cosa più interessante riguardo al linguaggio è il dato che l’emisfero dominante è il destro e non il sinistro, quando le parole sono processate solo come stimoli acustici, nel senso che il percetto non è il contenuto semantico del messaggio, che ha l’effetto di trasferire l’elaborazione da un emisfero all’altro: Zaidel (1974) ha mostrato che dopo commissurotomia21 l’emisfero destro ha un vocabolario uditivo considerevole, in quanto è in grado di riconoscere comandi e di mettere in relazione parole presentate per via uditiva e la visione con rappresentazione rappresentazione figurativa. Dai suoi esperimenti esperimenti emerge che l’emisfero destro ha difficoltà ad analizzare le categorie fonetiche, mentre la discriminazione delle vocali sembra non costituire un problema, pertanto l’emisfero destro sembrerebbe essere prevalentemente un analizzatore gestaltico di tratti acustici e non di tratti fonetici. Dagli studi di Studdert-Kennedy (1970) già era emersa la superiorità dell’orecchio destro, e dunque dunque dell’emis dell’emisfero fero sinistr sinistro, o, per sillab sillabe e formate formate CVC, quindi quindi in relazion relazione e alla combinazione consonante/vocale, mentre le vocali sono percettivamente o bilaterali, o addirittura unilaterali sull’emisfero destro: evidentemente esse vengono elaborate più rapidamente sulla base del loro contenuto musicale. In generale dagli studi sull’ascolto dicotico emerge che i toni puri, semplici, sembrano percepiti bilateralmente, mentre l’emisfero destro mostra una chiara preferenza per quelli complessi, producendo un incremento nell’accuratezza. Una serie di studi che si interessavano all’elaborazione dell’altezza ha messo in evidenza come la corteccia uditiva destra sia più specializzata della sinistra nell’analisi precisa dell’informazione frequenziale (altezza), mentre quella sinistra lo sia di più nell’analisi dell’informazione temporale, necessaria, ad esempio, per la distinzione di due fonemi (Zatorre, Belin, Penhune, 2002). In questo caso abbiamo un indice di una possibile specializzazione emisferica a livello della corteccia uditiva, ma attenzione a non interpretare questo come assoluto, in quanto si tratta di una specializzazione relativa. Quando ci si interessa a funzione cognitive più complesse, vi è una tendenza generale ad una diminuzione della preferenza emisferica.

21

Sezione del corpo calloso. 35

4.3. Correlati neurali  I primissimi studi che hanno utilizzato gli ERPs22 avevano come scopo scopo il confronto fra musica e linguaggio. Studi precedenti precedenti sul linguaggio avevano

messo in evidenza

l’esistenza di una componente ERP, la N400 (polarità negativa e massimo picco verso verso i 400msec), la cui ampiezza era maggiore per parole che erano semanticamente incongruenti rispetto a parole congruenti congruenti (beve il caffè con il latte/ lardo). Ciò che non era evidente era se questa componente componente N400 fosse specifica al linguaggio oppure no. Besson e Macar (1987) confrontarono quindi delle frasi nelle quali l’ultima nota era fuori tonalità. tonalità. I risultati per la musica musica non mostrarono mostrarono traccia della N400, ma ma di di un una a componente più tardiva, detta P600 (positiva con picco verso i 600 msec). Alcuni anni più tardi Patel e collaboratori (1998) mostrarono che questa P600 era simile in musica e linguaggio quando gli errori linguistici erano di tipo sintattico e non non semantico. semantico. Schon e collabora collaboratori tori (2004) (2004) dimostraron dimostrarono o però che questa questa componente componente non era specifica specifica ad un’elaborazione sintattica, ma che era presente anche in errori di pronuncia, quindi con incongruità prosodiche. Inoltre l’apparire di tale componente, in seguito alla presentazione di materiale linguistico, dipendeva dall’esperienza musicale che i soggetti avevano avuto: appariva infatti infatti circa 100 100 msec

prima per i musicisti che per i non musicisti, a

dimostrazione che la pratica musicale aveva avuto un effetto sull’abilità del cervello da elaborare l’informazione musicale, ma anche linguistica (prosodica). Se da un lato le regole che definiscono le relazioni sono diverse in musica e nel linguaggio, il processo di integrazione strutturale potrebbe essere lo stesso; il fatto di avere un fenomeno osservabile come la P600 (Koelsch, 2005), sensibile alla struttura musicale e linguistica diventa interessante poiché ci permette di studiare quali siano i fattori che modificano questo fenomeno (ERP). Ad esempio, possiamo studiare fino a che punto esso sia sensibile all’attenzione o allo stato d’umore, o se sia modificabile dall’esperienza e in quanto tempo, se esista già nei bambini e come evolva nell’età. Diversamente dagli indici comportamentali (come il tempo di risposta), gli indici elettrofisiologici ci danno il decorso continuo dell’attività cerebrale, dalla presentazione dello stimolo fino ad oltre la risposta: non solo sono indici più sensibili, ma anche più informativi in quanto ci dicono a che punto un a certa nota comincia ad essere percepita in un certo modo, ed hanno un’informazione un’informazione anche di tipo spaziale, sulle aree cerebrali che sarebbero implicate in un tale tipo di operazione mentale. 22

Potenziali evocati evento-correlati, modificazioni elettriche che avvengono nel SNC, dipendenti dal contenuto informativo di un determinato stimolo. 36

Conclusioni La musica non solo è un’ attività umana estremamente diffusa, ma riveste anche una grande importanza in diversi ambiti disciplinari, rendendola in sé un oggetto di ricerca particolarmente interessante. Il fatto che la musica sia onnipresente nelle culture umane a tutte le età e che richieda diverse capacità cognitive rende il suo studio particolarmente utile, in quanto ci permette di valutare il funzionamento della mente da un punto di vista nuovo e diverso. Lo studio della musica in ambito psicologico e neuroscientifico, di sviluppo relativamente recente, raramente è fine a sé stesso. Infatti è quasi sempre legato al desiderio di comprendere meglio una funzione cognitiva di ordine più generale, e la musica è utilizzata come modello alternativo, ruolo che le si presta assai bene poiché richiede la messa in atto di molte funzioni cognitive, come attenzione, atten zione, memoria, motricità e percezione. Approfondire la conoscenza delle modalità mediante le quali il cervello elabori l’informazione musicale, supportato in gran parte dall’ applicazione ad esso delle più moderne tecniche di neuroimmagine, o di come la pratica musicale influenzi il funzionamento cerebrale, diventa importante anche rispetto a possibili applicazioni in ambito pedagogico e terapeutico. In prospettiva futura, lo studio di neuroscienze e musica, la cui ricerca reperisce continuamente nuovi filoni investigativi, sta diventando sempre più un punto di riferimento per la ricerca neurologica, la cui attenzione è documentata dall’ istituzione di sempre più frequenti convegni internazionali e dalla pubblicazione di numerose riviste specialistiche che descrivono i progressi che discipline come la neuropsicologia, la psicologia sperimentale e la psicofisiologia riescono ad ottenere in un settore in passato ritenuto esclusivamente di pertinenza umanistica. Emerge quindi la necessità di sottolineare l’ utile dialogo che si può instaurare tra arte e scienza, dialogo tra due “mondi” dissimili che perseguono obiettivi dissimili con metodi altrettanto dissimili di conoscenza. Pur tuttavia, esaminati sotto l’aspetto della pluralità dei servizi che possono arrecare all’ uomo e al miglioramento della qualità della vita, due “mondi” che possono trovare una felice quanto proficua convivenza.

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