Danielou, Simboli cristiani primitivi

April 12, 2017 | Author: abd al-shakur | Category: N/A
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P r i m a d i espandersi n e l mondo greco e romano e d i a s s u m e r n e i l linguaggio, i l Cristianesimo h a conosciuto u n periodo i m portante i n u n ambiente ebreo i n c u i s i parlava l'aramaico. L e tracce d i questo giudeocristianesimo erano quasi scomparse. E p p u r e delle opere strane, tramandate i n t r a d u z i o n i i n lingue o r i e n t a l i (armeno, siriaco, copto, etiopico) h a n n o consentito di r e s t i t u i r n e poco a poco l'eredità letter a r i a («Odi d i Salomone», «Ascensione d i Isaia», «Testamento d e i D o d i c i Patriarchi», «Documento d i Damasco», ecc.). I l C a r d i n a l e J e a n Daniélou, attento a i simboli studiati i n questa letteratura, h a analizzato le i m m a g i n i e i segni c h e c i h a trasmesso i l Cristianesimo antico. L a croce, l'aratro, l a corona, i l carro, i l pesce, l a p a l m a : tanti simboli c h e r i a c q u i stano così l a loro pienezza dimenticata, e i l cui significato e uso s i ritrovano confermati dalle scoperte a r c h e o l o g i c h e c h e sono, i n Palestina, le più i m p o r t a n t i dopo i m a n o scritti del M a r Morto. E c c o che questo Cristianesimo d e i p r i m i secoli i n Oriente, c h e c i r i m a n e v a oscuro e sconosciuto, è adesso vicino a noi c o n i l suo pensiero squisitamente biblico.

J e a n Daniélou

I SIMBOLI CRISTIANI PRIMITIVI

ROMA

A A A A A A A A A A A A A A A A A A

J e a n Daniélou

I SIMBOLI CRISTIANI PRIMITIVI

S.PalamÌde8si & C. ROMA

Imprimi potest : Paris, 13 février 1961 Philippe Durand-Viel, s. /., Praepos. provine. Imprimatur : Paris, 18 juillet 1961 | J. le Cordier

Paris

Titolo originale dell'opera:

LES SYMBOLES CHRÉTIENS PRIMITIFS ©

1961 b y Éditions d u S e u i l - 2 7 r u e J a c o b - P a r i s V i e

NOTA

T r a d u z i o n e dal francese a c u r a di ANDREINA PROIETTO c o n la supervisione di M o n s . GIUSEPPE CONTE

Tutti ©

i diritti

riservati

1 9 9 0 b y E d i z i o n i A r c h e o s o f i c a di S . P a l a m i d e s s i &

C . s. n . c .

viale R e g i n a Margherita, 244 - 0019S R O M A - tel. 8541214

Molti dei simboli trattati i n quest'opera provengono dagli ossari del cimitero d i Dominus Flevit, sul Monte degli Ulivi. Questo cimitero è stato esplorato dallo Studium Biblìcum Francisconum d i Gerusalemme, dal 1953 al 1955. Fu utilizzato dal I secolo a. C. al IV secolo d. C. I n particolare, esso contiene delle tombe con forno o Kòkhim, che i l R. P. Milik ha riconosciuto essere di un perìodo che va dal I al I I secolo dopo Cristo. I l carattere cristiano di alcuni di questi ossari è stato subito affermato dal R. P. Bagatti, anche se delle obiezioni furono sollevate dal P. Femia e dal P. De Vaux. Ma negli stessi anni simboli analoghi vennero scoperti a Nazareth su delle pietre ritrovate sotto i l mosaico della chiesa bizantina costruita intorno al 427 e utilizzate per la chiesa-sinagoga preesistente - e a Hébron su una ventina di piccole stele. L'esame degli ossari conservati nei diversi musei archeologici palestinesi ha permesso di ritrovare altri esemplari. I n base all'insieme di questi elementi, i l P. Testa ha potuto riprendere i l tema i n una tesi sostenuta nel dicembre 1960 davanti ai professori dell'Istituto Biblico d i Roma, e r i badire le affermazioni del P. Bagatti, concernenti i l carattere giudeo-cristiano dei simboli i n questione. Così i dati archeologici confermavano i documenti letterari e davano accesso alla simbolica della comunità giudeocristiana della Palestina nel I e I I secolo della nostra èra.

5

INTRODUZIONE

P r i m a d i espandersi nel mondo greco e r o m a n o e d i assumerne i l linguaggio e le i m m a g i n i , i l cristianesimo conobbe u n p r i m o periodo i n u n ambiente ebreo i n c u i si parlava l'aramaico. Questo giudeo-cristianesimo n o n aveva avuto u n f u t u r o e le sue tracce erano quasi scomparse. Eppure delle opere strane, tramandate i n t r a d u z i o n i i n lingue orientali, quali l'armeno, i l siriaco, i l copto, l'etiopico, hanno permesso poco a poco d i restituirne l'eredità letteraria: sono le Odi di Salomone, YAscensione di Isaia, i Testamenti dei Dodici Patriarchi ed a l t r i ancora. Ho provato i n u n altro l i b r o a restituirne la mentalità. Questa deriva dalle categorie dell'apocalittica ebraica: è u n a teologia della s t o r i a che si esprime per mezzo d i simboli. Sono stato così i n d o t t o a chiedermi se u n certo n u mero d i i m m a g i n i , t r a quelle che ci ha lasciato i l cristianesimo antico, n o n risalissero a questo periodo p r i m i t i vo e n o n trovassero i n esso i l loro significato. H o pubblicato i n diverse riviste, dal 1954, i risultati d i tali ricerche, e sono questi studi, r i v e d u t i e completa1

1

Théologìe du judéo-christianisme,

Desclée 1958.

7

ti, che ho raccolto i n questo l i b r o . H o constatato la singolarità dei s i m b o l i della croce, quella dell'aratro i n particolare. M i è sembrato d i riconoscere l'importanza della corona nella s i m b o l i c a sacramentale. Sono r i m a s t o stupito nel vedere i l battesimo paragonato a u n carro con i l quale l'uomo si innalza verso i l cielo. Pertanto sono stato portato a pensare che dei s i m b o l i più conosciuti, specialmente quello del pesce, potessero avere u n significato diverso da quello che viene loro a t t r i b u i t o normalmente. Tuttavia la singolarità d i queste conclusioni m i lasciava perplesso. F u q u i n d i con grande interesse che lessi, i n u n numero dell'Osservatore Romano del 6 agosto I960, u n articolo i n c u i i l R. P. Bagatti, uno dei m i g l i o r i archeologi della Palestina, r i f e r i v a le sbalorditive scoperte fatte a Hébron, a Nazareth e a Gerusalemme, che hanno permesso d i portare alla luce u n certo numero d i ossari e d i steli funerarie i l c u i carattere giudeo-cristiano è certo e che presentano esattamente la maggior parte dei s i m b o l i che io avevo, dal canto m i o , scoperto come giudeo-cristiani nei m o n u m e n t i letterari. Si r i t r o v a i l carro e la palma, la stella e la p i a n t i n a , l a croce ed i l pesce. Questi Ossari appartennero a una comunità giudeocristiana vivente i n Palestina alla fine del I secolo ed al I I secolo. I s i m b o l i che essi presentano sono stati stud i a t i del R. P. Testa i n una tesi discussa all'Istituto B i blico d i Roma, n o n ancora pubblicata e d i c u i so soltanto quanto ne hanno scritto i l P. Bagatti, nell'articolo c i tato, e lo stesso autore nell'Osservatore Romano del 25 settembre 1960. Diventa dunque possibile scrivere u n a nuova pagina della storia del cristianesimo. Nulla, fino ad ora, era per n o i più oscuro d i quel periodo che separa i p r i m i s s i m i i n i z i della Chiesa, che le Lettere di San Paolo e g l i Atti degli Apostoli ci descrivono, dai suoi sviluppi i n ambiente greco e r o m a n o , a d A l e s s a n d r i a , a C a r t a g i n e e a Roma. È questo periodo oscuro che i n c o m i n c i a a schia-

8

r i r s i . E ciò che si rivela a t u t t i è precisamente l'importanza che ebbe i n quel periodo questo cristianesimo d i s t r u t t u r a semitica che n o i n o n sospettavamo e d i c u i lo studio della simbolica giudeo-cristiana ci fa conoscere certi caratteri.

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I LA PALMA E LA CORONA

I l Nuovo Testamento n o n è la distruzione ma i l c o m p i m e n t o del Vecchio. Le feste l i t u r g i c h e sono l'esempio più notevole d i questo p r i n c i p i o . Le grandi solennità del giudaismo, la Pasqua e la Pentecoste, sono rimaste quelle del cristianesimo, caricandosi solamente d i u n senso n u o v o . V i è t u t t a v i a un'eccezione a questa legge, almeno apparentemente, che è quella della Festa dei Tabernacoli, la Scenopegia dei Settanta, che si svolgeva i n settembre. N o n ne sussiste che u n vestigio, la lettura del testo del Levitico che l a r i g u a r d a , i l sabato delle Quattro Tempora d i settembre. Ci siamo chiesti altrove se la festa n o n abbia tuttavia lasciato delle tracce nella l i t u r g i a e nell'esegesi c r i stiana . M a dobbiamo p r i m a chiederci i l significato che essa rivestiva al tempo d i Cristo. 1

La p r i m a origine della festa dei Tabernacoli è da r i cercarsi nel ciclo delle feste stagionali. È la festa della «Les Q u a t r e - T e m p s de s e p t e m b r e et l a féte des Tabernacles», La Maison-Dieu, 46 (1956), pp. 1 1 4 - 1 3 6 ; « L a te te des T a b e r n a c l e s d a n s l'exégèse patrìstique», Stua. Patrist., I, B e r l i n o 1957, pp. 2 6 2 - 2 7 9 . 1

11

vendemmia, come la Pentecoste era l a festa della miet i t u r a . L o indica lo stesso testo del Levitico che ne prescrive l a celebrazione ( X X I I I , 39). Anche Filone sottolinea questo aspetto {Spec. leg., I I , 204). E a questa festa stagionale che si ricollegano i r i t i caratteristici della festa: l'abitazione per sette g i o r n i nelle capanne costruite di ramaglie (aicnvc/i), le libagioni d i acqua destinate a d ottenere l a pioggia, l a processione i n t o r n o all'altare l'ottavo giorno, tenendo i n una m a n o i l mazzo (lulab) fatto con tre specie d i r a m o s c e l l i (salice, m i r t o e p a l m a ) e nell'altra u n frutto d i l i m o n e (etrog) . Ma, come per le altre feste che hanno l a stessa o r i g i ne, i l pensiero ebreo ha iscrìtto i l ricordo d i u n avvenimento della sua storia nel quadro ciclico della festa stagionale. Così la Pasqua, festa delle p r i m e spighe e dei pani azzimi, è divenuta la festa d e i p r i m o g e n i t i risparm i a t i (passah) dall'Angelo sterminatore. L a Pentecoste è stata associata alla comunicazione della Legge sul Sinai. Così è per l a festa dei Tabernacoli. Già i l Levitico spiega che essa è destinata a rammentare agli ebrei i l r i cordo del loro soggiorno nelle tende (derivai) del deserto al tempo dell'Esodo ( X X I I I , 43). Questa interpretazione si ricollega alla tradizione sacerdotale e si ritroverà i n Filone (Spec. leg., I I , 207), nella tradizione r a b b i n i c a , presso i Padri della Chiesa . M a a p a r t i r e d a i Profeti, e s o p r a t u t t o n e l p e r i o d o dopo l'esilio, g l i a v v e n i m e n t i passati della s t o r i a d ' I sraele, e i n particolare l'Esodo, n o n sono r i c o r d a t i che per nutrire l a speranza del popolo negli avvenimenti fut u r i , i n cui la potenza d i Jahweh si manifesterà i n m o 2

3

4

5

2

J . P E D E R S E N , Israel,

I I , Londra

1 9 4 0 , pp. 4 1 8 - 4 2 5 ;

H . i.

KRAUS,

Gottesdiensi in Israel. Studien zur Geschichte des Laubhùttenfestes, M o n a c o 1 9 5 4 ; J . V A N G O U D O E V E R , Biblical Calendars, Leyde 1 9 5 9 ,

do ancora clamoroso i n favore dei suoi. G l i avvenimenti dell'Esodo diventano l a figura delle realtà escatologiche. È i l f o n d a m e n t o della t i p o l o g i a . Questo è vero p e r la Pasqua e l'uscita dall'Egitto, che appaiono come l a figura della liberazione escatologica del popolo d i Dio, ed è ancor più vero per l a festa dei Tabernacoli, che assume più d i qualsiasi altra festa u n significato escatologico. Forse si può trovarne una ragione i n u n t r a t t o che c i i n dica Filone, cioè che essa chiude (TEA^ICOOIC.) i l ciclo a¬ grario dell'anno (Spec. leg., I I , 2 0 4 ) . V i è però u n a ragione più antica e più profonda. L a festa pare avere difatti u n legame m o l t o speciale con le speranze messianiche. Le o r i g i n i d i questo legame sono oscure, m a sembra che l a festa dei Tabernacoli sarebbe i n relazione sia c o n l a festa annuale dell'instaurazione reyle, sia, come pensa Kraus, c o n i l r i n n o v a m e n t o dell'alleanza da parte del re davidico. È questa festa, con i suoi resti disintegrati, che sussisterebbe nelle tre g r a n d i feste ebraiche d i T i s c h r i , Rosh-ha-shana, Kippur e Sukkoth (aicnvaO . Questa festa avrebbe preso n e l g i u d a i smo u n carattere messianico, cioè sarebbe stata messa i n rapporto con l'attesa d i u n re futuro. N o n si tratta q u i della p r i m a origine della festa, che sembra collegarsi a i r i t i stagionali, m a d i u n a trasformazione che avrebbe subito all'epoca regale e che v i avrebbe i n t r o d o t t o elementi nuovi. Ciò che è sicuro, ad ogni modo, è che m o l t i testi c i documentano l ' i m p o r t a n z a assunta dalla festa n e l giudaismo post-esilico i n rapporto con l'attesa messianica. I l p r i m o è i l capitolo finale d i Zaccaria. Si vede p r i m a Jahweh «posare i suoi piedi sul M o n t e degli U l i v i , che sta d i fronte a Gerusalemme sul lato dell'Oriente» ( X I V , 5). Poi si dice che «delle acque vive usciranno da Geru6

7

pp. 3 0 - 3 6 . 3

C f r . S T R A C K - B I L L E R B E C K , Kommentar

4

Ibid.,11,

5

T E O D O R E T O , Quaest.

In Zach., 3 , 1 4 ; P . L . , X X V ,

12

zum

N. T., I I , pp. 7 7 4 - 8 1 2 .

778. Ex.,

5 4 ; P. G.,

1536.

L X X X ,

2 7 6B - C ;

GEROLAMO,

6 T E O D O R E T O l a c h i a m a festa d e l l a c o n s u m a z i o n e ( o r m e t a i a c , ) a l la fine-dell'anno {Quaest. Ex., 5 4 ; P. G., L X X X , 2 7 6 B ) . 7

N . H . S T R A I T H , The Jewish

New Year

Festival,

Londra

1947,

pp. 7 5 - 8 0 .

13

salemme» (XIV, 8). M a sopratutto n o i vediamo «tutte le nazioni salire a Gerusalemme per celebrare la festa dei Tabernacoli» (XIV, 16). Così la festa dei Tabernacoli appare come una figura del regno messianico. G l i a l t r i due t r a t t i sembrano farvi r i f e r i m e n t o : i l dilagare delle acque vive è i n rapporto con i r i t i della festa e i l Monte degli U l i v i è i l luogo Ove si raccoglievano i r a m i per le capanne . Quest'ult i m o p u n t o sarà interessante quando dovremo accostare l'ingresso d i Gesù a G e r u s a l e m m e , p r o v e n i e n t e d a l Monte degli Ulivi, e la festa dei Tabernacoli. D'altra parte possediamo u n salmo che appartiene alla l i t u r g i a post-esilica della festa, i l cui carattere messianico è evidente: è i l Salmo 117. Era cantato durante la processione solenne i n c u i , l'ottavo giorno, g l i E b r e i si muovevano a t t o r n o all'altare p o r t a n d o i l lulab. È a questa processione che allude i l versetto: Constituite diem solemnem in condensis usque ad corna altaris. Ora questo salmo indica i l Messia come c o l u i che deve venire: Benedictus qui venit in nomine Domini. E invoca la sua venuta con i l grido dell'Osanna : O Domine salvum me fac. I l salmo contiene anche u n altro testo messianico, che i l Nuovo Testamento applicherà al Cristo. È i l versetto: «La p i e t r a scartata d a i c o s t r u t t o r i è divenuta testata d'angolo» ( C X V I I , 22). T u t t i questi passi ci m o strano che la l i t u r g i a dei Tabernacoli era u n luogo p r i v i legiato dell'attesa messianica. Questa interpretazione messianica della festa è proseguita nel giudaismo fino ai p r i m i secoli cristiani. San Girolamo, c o m m e n t a n d o Zaccaria, X I V , 6, espone che gli Ebrei vedono nella festa dei Tabernacoli «attraverso una fallace esperienza, l'immagine delle cose che accadranno nel regno millenario» ( I I I , 14; P. L., X X V , 1536 A). Essi interpretano nello stesso modo i l dilagarsi del-A^ le acque vive e la ricostruzione d i Gerusalemme (1529 8

A-C). Così per g l i E b r e i la festività dei Tabernacoli, i n cui ognuno mangiava e beveva con la sua famiglia nella p r o p r i a capanna adornata d i r a m i vari, appariva come una prefigurazione delle gioie m a t e r i a l i nel r e g n o j i i e s sianico. Le speranze messianiche che la festa alimentava possono spiegarci perché questa sia stata l'occasione di una certa agitazione p o l i t i c a e perché i Padri della Chiesa pongono p a r t i c o l a r m e n t e i n g u a r d i a i c r i s t i a n i contro d i essa . M a i l testo d i G i r o l a m o riveste u n altro interesse, ossia quello d i mettere la festa i n r a p p o r t o con i M i l l e anni. Sappiamo i n f a t t i che l'espressione ha u n significato paradisiaco. M i l l a a n n i è l'età che avrebbe vissuto Adamo se fosse rimasto fedele, e che i suoi discendent i n o n hanno m a i più raggiunto a causa del peccato o r i ginale^. ^- -'."Così la festa dei Tabernacoli si £a*=iea d i u n nuovo simbolismo, che ritroveremo più i n là nei Padri e che , d'altronde è attestato nel giudaismo. Il^suo quadro ar- \ 7°. borescente evoca i l g i a r d i n o originale. Le sue festività \ annunciano l'abbondanza materiale del regno messianico . _Gej^isaj£mm^^ L'acqua viva è quella della sorgente paradisiaca, che si espande nelle quattro d i r e z i o n i . L'etrog portato i n mano alla fine della festa è i l s i m b o l o dell'Albero della V i t a (Girolamo, loc. cit., 1357 A). Del resto si sa quanto i tem i messianici ed i temi paradisiaci siano u n i t i nel giudaismo. Che G i r o l a m o t e s t i m o n i d i una tradizione antica, ne abbiamo la prova nel fatto che questa interpretazione m i l l e n a r i s t a della festa dei Tabernacoli si trova già i n ,, Metodio. Questi, interpretando i n u n senso escatologico ' la fuga dall'Egitto, scrive: «Essendomi messo i n c a m m i no anch'io ed essendo uscito dall'Egitto d i questa vita, 9

f

!

Cfr. M . S I M O N , Verus Israel, P a r i g i 1 9 4 8 , p. 3 3 8 .

y

Cfr. Neemia, V i l i , 15: «Andate s u l l a m o n t a g n a e riportate d e i r a m i per fare i tabernacoli».

Cfr.

8

14

1959,

pp.

J E A N D A N I É L O U , Théologie du judéo-chrisiianìsme,

Parigi

353-358.

15

S e i < 5

v

r j

'

giungo d a p p r i m a alla r i s u r r e z i o n e , alla vera festa dei Tabernacoli. Là, avendo costruito i l m i o tabernacolo i l p r i m o g i o r n o della festa, quello del giudizio, io celebro la festa con i l Cristo d u r a n t e i l m i l l e n a r i o del riposo, chiamato i sette g i o r n i , i l vero sabbat. Poi, m i metto i n c a m m i n o verso la terra promessa, i cieli» (Conv., I X , 5; G. C. S-, 120). La festa dei Tabernacoli significa d u n q u e i l regno terrestre del Messia, p r i m a della vita eterna. L'interesse d i questo testo sta nel fatto che c i m o s t r a che questa concezione millenarista della festa esisteva anche presso alcuni cristiani, come d'altronde G i r o l a m o d i c h i a r a (1529 A). Sappiamo del resto che M e t o d i o si ricollega ^'àlla teologia asiatèéa, ed è i n questa, nell'Apocalisse di Giovanni e i n Papia che appare i l m i l l e n a r i o contemporaneamente alla p r i m a simbolica escatologica cristiana dei Tabernacoli. I cristiani la prendevano dagli E b r e i e questo ci permette dunque d i risalire, attraverso questi, ai t e m p i apostolici. D'altra parte i dati archeologici ebraici c i portano u¬ na conferma decisiva d i questo. Basta leggere l'opera d i E r w i n G o o d e n o u g h sul simbolismo giudaico all'epoca li greco-romana, per constatare che i t e m i più frequente§ mente rappresentati sono i n relazione con la festa dei Tabernacoli. Questo è evidente per i l lulab e l'etrog. M a la questione si può p o r r e anche per la menorah. Si sa che la festa dei Tabernacoli era u n a festa delle l u c i . I l sophar si ricollega alla festa d i Rosh-ha-shana, che fa parte dello stesso s i m b o l i s m o ; ugualmente i l sacrificio di Isacco. Almeno per u n a parte, questi s i m b o l i sono i n r a p p o r t o c o n la speranza escatologica. Se questa speranza sia messianica o r i f e r i t a all'aldilà, è u n quesito che affronteremo t r a t t a n d o del senso d i questi differenti simboli. Un caso particolarmente interessante è quello della 11

sinagoga d i Dùra-Europos. M o l t i affreschi che essa contiene sono messi i n rapporto con la festa dei Tabernacoli, come per l'affresco W. B. I , secondo i l parere d i Mesnil d u Buisson. M a questa opinione n o n sembra poter essere c o n d i v i s a . Per c o n t r o K r a e l i n g r i t i e n e che alcuni dei t r a t t i dell'affresco S. B. I , che rappresenta la dedica del Tempio, sono i m p r o n t a t i alla festa dei Tabernacoli. I n f a t t i la dedica del Tempio sotto Salomone ebbe effettivamente luogo durante la festa. U n aspetto i n teressante è la presenza d i fanciulli, che n o i r i t r o v i a m o all'ingresso d i Cristo i n Gerusalemme. Se questo affresco ha u n significato messianico, così c o r n e i pensa K r a e l i n g , la festa dei Tabernacoli, legata all'edificazione del T e m p i o , v i assumerebbe u n ' i n t e r p r e t a z i o n e d i questo tipo. M a l'affresco senza d u b b i o più interessante per i l n o s t r o a r g o m e n t o , è l'insieme che a t t o r n i a l a n i c c h i a della Torah e che ha d u n q u e u n ' i m p o r t a n z a capitale. Nella parte inferiore, n o i abbiamo al centro u n a rappresentazione schematizzata del Tempio, contornata a sinistra dal candelabro a sette braccia {menorah), con i l lulab e l'etrog, e a destra dal sacrificio d i Isacco. T u t t o ciò si riferisce alle feste d i Tischri. L a parte superiore, nella sua f o r m a più antica, presenta, secondo Kraeling, l'Albero della V i t a contornato da u n tavolo e da u n t r o n o , avendo t u t t i questi s i m b o l i u n senso messianico. Ci possiamo q u i n d i giustamente chiedere se n o n sia lo stesso per i l Tempio, per i l lulab e l'etrog, per la menorah. Per l ' a p p u n t o Rachel W i s c h n i t z e r n o n esita ad accostare questa rappresentazione a Zaccaria, X I V , 16, ed a vedere, nel tempio, i l T e m p i o escatologico . E conclude l'insieme del suo studio: «La sola festa indiscuti12

13

14

1

2

Report, 1 3

Jewish 1953-1959. 1 1

16

Sytnbols

in Greco-Roman

Period,

8 voi., N e w

York

C . - H . K R A E L I N G , The Excavations of Dùra-Europos, V i l i , Ì . N e w H a v e n 1956, pp. 118 e seguenti. Op.ciL.p.

Final

117.

H < Thè Messianic C h i c a g o 1948, p. 89.

Theme

in the Paintings

of the Dura

Synagogue,

17

bilmente designata con i s i m b o l i del culto, i l lulab e l'etrog, è la festa dei Tabernacoli. M a è concepita s i m b o l i camente come una festa messianica e associata con la p i t t u r a cenLrale del Tempio messianico e l'idea d i salvezza» . 15

iS

^

Da questa p r i m a indagine risulta che la tradizione e¬ braica, dal tempo dei Profeti fino a l I V secolo dopo Cristo, ha dato alla festa dei Tabernacoli un'interpretazione messianica. Quanto abbiamo mostrato per la festa nel suo insieme, dobbiamo riprenderlo adesso per i diversi elementi che la compongono. Da u n lato v i troveremo u¬ na conferma d i ciò che a b b i a m o a n t i c i p a t o , e d'altra parte saremo c o n d o t t i a chiarire i diversi s i m b o l i s m i e¬ scatologici che questi elementi hanno ricoperto nel giudeo-cristianesimo durante i l periodo che ci interessa. Ci riferiremo, alla fine, a i dati letterari ed archeologici e¬ braici, m a anche ai dati giudeo-cristiani, che appaiono semplicemente l'eco d i u n simbolismo anteriore. Un p r i m o elemento è quello delle capanne d i fogliame, le derivai, i tabernacoli. È senza d u b b i o uno degli e¬ lementi i l c u i significato messianico risale a più lontano. È forse a essi che Isaia ( X X X I I , 18) allude, rappresentandoci la vita dei giusti nel regno messianico come un'abitazione nei tabernacoli, raffigurati dalle tende del soggiorno nel deserto: «Il popolo sarà assiso nel riposo (avananoic,) e nella pace e dimorerà con fiducia nei tabernacoli (ajenvai)» È a p a r t i r e da questo tema che, come lo ha visto H a r a l d Riesenfeld, u n significato messianico sarà dato alla festa dei Tabernacoli: «Le capanne furono concepite n o n soltanto come reminiscenza della protezione d i v i n a nel deserto, m a anche c o m e p r e f i g u r a z i o n e dei sukkoth, nei q u a l i i giusti abiteranno nei secoli a venire. Così appare che u n significato escatologico m o l t o preci-

so era collegato al r i t o più caratteristico della festa dei Tabernacoli, così come era celebrata ai tempi del giudaismo» . È i n questa stessa prospettiva che si deve senza dubbio spiegare, nel Nuovo Testamento, «i Tabernacoli e¬ terni» (aiòvtoi gioiva!) d i c u i si parla i n Luca, X V I . 9. U¬ g u a l m e n t e l'espressione CKnvai è frequente nell'Apocalisse per designare l ' a b i t a z i o n e d e i g i u s t i n e l cielo (VII, 15; X I I , 12; X I I I , 6; X X I , 3). Ora n o i vedremo che l'Apocalisse è piena d i allusioni alla festa dei Tabernacoli. Ma sopratutto sembra p r o p r i o che possiamo, con Riesenfeld, vedere nella simbolica escatologica delle capanne, la chiave d i u n episodio capitale del Nuovo Testamento, quello della Trasfigurazione. U n certo numero d i elementi orientano i n f a t t i verso u n rapporto fra l'episodio e la festa dei Tabernacoli. I l p r i m o è cronologico: Marco e Matteo dicono che la T r a s f i g u r a z i o n e ebbe l u o g o «sei g i o r n i più tardi» (Matteo, X V I I , 1; Marco, I X , 2), m e n t r e Luca la fissa «pressappoco otto g i o r n i più tardi» (IX, 28). La fluttuaz i o n e stessa i n d i c a che si t r a t t a d i u n a c i r c o s t a n z a dell'anno i n c u i l'intervallo da sei a otto ha una portata speciale. Ora questo va bene particolarmente per la festa dei Tabernacoli, che durava otto g i o r n i , e i n cui l'ottavo giorno aveva una speciale i m p o r t a n z a . U n secondo e l e m e n t o , geografico, è q u e l l o d e l l a Montagna. Orbene, n o i abbiamo rilevato i l legame particolare fra la festa e i l M o n t e degli U l i v i . I n Zaccaria, la g l o r i a d i Jahweh appare sul M o n t e degli U l i v i : così i l Cristo si manifesta nella sua gloria sulla Montagna n o n i d e n t i f i c a t a della scena. L a nube è i n r a p p o r t o c o n i l culto del Tempio. Essa è qui l'espressione dell'abitazione d i Jahweh t r a i giusti nel m o n d o a venire. Riesenfeld i n d i c a ugualmente che l'espressione: «È bello per n o i 16

Jesus transfìgufé, C o p e n h a g e n 1 9 4 7 , p. 1 8 9 . Cfr. J . B O N S T R V E N , Le judaisme palestinien au temps de Jésus-Chrìst, 1 1 , P a r i g i 1 9 4 5 , p. 5 2 2 ; H . S A H L I N , Zur Typologie des Johannesevangeìiums, U p s a l a 1 9 5 0 , p. 5 4 . 1 6

*5

18

R A C H E L W I S C H N I T Z E R , op.

cit.,

p.

101.

19

stare qui» (Luca, I X , 37) potrebbe essere l'espressione del riposo deu'àvà7tott>atc, escatologica, d i c u i abbiamo visto p r i m a i n Isaia i l collegamento con l'abitazione nei Tabernacoli . Adesso u n u l t i m o elemento, i l più m i s t e r i o s o , si chiarisce: quello delle capanne (oKEvca) che Pietro propone d i costruire per i l Messia, Mosè ed Elia. Sembra proprio, infatti, che si debba vedere i n queste capanna un'allusione alla festa dei Tabernacoli. La manifestazione della gloria d i Gesù appare a Pietro come i l segno che i tempi messianici sono g i u n t i . Ora uno dei caratteri dei tempi messianici era l'abitazione dei giusti nelle capanne, che p r e f i g u r a v i ^ ^ c a p a n n e della festa dei Tabernacoli. I l gesto d i Pietro si spiega dunque m o l t o chiaramente: esprime la sua fede nel c o m p i m e n t o attuale dei t e m p i messianici sotto la f o r m a dei r i t i della festa dei T a b e r n a c o l i . I l passo si comprende ancora meglio se la scena ha avuto effettivamente luogo all'epoca della festa dei Tabernacoli. È comunque u n p u n t o sul quale torneremo più i n là. Rimane u n ' u l t i m a osservazione da fare sul significato escatologico delle capanne: quella del loro s i m b o l i smo. Metodio v i vede i l simbolo dei c o r p i risuscitati d u rante i l m i l l e n a r i o (Conv., I X , 9; G. C. S., 120). I l confronto del corpo con u n tabernacolo si trova i n Sapienza (IV, 15), i n // Corinzi (IV, 2-8), i n // Pietro ( I , 13). M a i l problema del suo rapporto i n questi testi con la festa dei Tabernacoli, è discusso; anche q u i , v i r i t o r n e r e m o . Uno dei testi b i b l i c i più antichi, ove i cristiani avevano associato l'idea della risurrezione a quella d i u n tabernacolo i n n a l z a t o , è Amos, I X , 1 1 : «Rialzerò (avotcmWouat) la tenda d i Davide». I l testo si trova nelle Testimonia utilizzate da Ireneo (Dem., 38 e 62) come p r o fezia della risurrezione d i Cristo. E si trovava già nelle 17

18

1 7

Op. cit., p. 258.

B . ZiELENSKI, «De s e n s u Transfiguralionìs», Verb. (1948), pag. 342. 1 8

20

Dom.,

Testimonia d i Qumràn, m a senza r i f e r i m e n t o alla risurrezione (C. D. C, V I I , 14-19). N o n appare dunque che i l rapporto delle capanne della festa con i c o r p i risuscitati sia anteriore al cristianesimo. D i c o n t r o n o i i n c o n t r i a m o nel giudaismo u n a l t r o simbolismo che concerne n o n le capanne stesse, m a g l i o r n a m e n t i che le r i c o p r o n o . Riesenfeld nota, infatti, che l'idea che l'addobbo dei p a d i g l i o n i f u t u r i sia i n r a p p o r t o con le azioni dell'uomo durante la sua v i t a terrena, è familiare a i Midrashim^. Questo orienta verso u n simbol i s m o che ritroveremo per i l lulab e l'etrog. È per n o i interessante notare che questo simbolismo dei p a d i g l i o n i si r i t r o v a nella tradizione cristiana, che q u i dipende certamente da u n s i m b o l i s m o r a b b i n i c o . Metodio dice: «Io festeggerò Dio solennemente [durante i l m i l l e n a r i o ] avendo ornato i l tabernacolo del m i o corpo [= i l corpo risuscitato] d i belle azioni. Esaminato i l p r i m o giorno della risurrezione, io porto ciò che è prescritto per me se sono ornato dei f r u t t i della virtù. Se la Scenopegia è la r i s u r r e z i o n e , ciò che è p r e s c r i t t o per l ' o r n a m e n t o delle capanne sono le opere della g i u s t i zia» (Conv., I X , 17; G. C. S., 116, 23-27). D a l canto suo E p h r e m scrive: «Ho visto ( i n Paradiso) le tende (gicnvai) dei giusti i r r o r a t e d i p r o f u m i , coronate d i f r u t t i , i n g h i r landate d i f i o r i . Quale è stato lo sforzo dell'uomo, tale sarà i l suo tabernacolo» (Hymn. Parad., V, 6; Beck, Studia anselmiana, 26, pag. 41). Beck nota espressamente che i tabernacoli sono i n r a p p o r t o con l ' o m o n i m a festa (ibid., pag. 3). Questo ci conduce a u n a seconda serie d i s i m b o l i , i l c u i significato messianico ed escatologico nel g i u d a i smo contemporaneo del Cristo è certo, i l lulab e l'etrog. Qui ci t r o v i a m o i n presenza dei soggetti più frequentemente rappresentati sui m o n u m e n t i ebrei. Goodenough ha consacrato loro u n lungo studio (IV, pp. 145-166). Si rileverà i n n a n z i t u t t o i l l o r o r a p p o r t o con l a speranza

26 1 9

Op. cit., pag. 197.

21

messianica. Riesenfeld ha a t t i r a t o l'attenzione su u n passaggio del Testamento di Nephtali (V, 4). Si tratta d i una visione d i Nephtali, che ha per luogo i l Monte degli U l i v i e dove Levi, avendo trionfato sul sole, diviene egli stesso brillante come i l sole. G l i vengono allora consegnate d o d i c i palme. Se ci r i c o r d i a m o dei collegamenti della festa dei Tabernacoli e del M o n t e degli Ulivi con l'attesa messianica, l'apparizione del Messia alla festa dei Tabernacoli sul M o n t e degli U l i v i n o n può vedersi qui che come u n sole levante, e le palme sono allora i l segno della sua v i t t o r i a . Come n o n accostare l'episodio della Trasfigurazione del Cristo(sul M o n t e degli Ulivi/con i l suo ingresso t r i o n f a r l e ? È sempre i n tal senso che si deve i n t e r p r e t a r e i l lulab e Yetrog n e l p a n n e l l o centrale d i Dura. M a accanto a questo senso messianico ve ne è uno m o l t o più importante, che concerne la speranza escatologica nell'aldilà, e i n effetti è questo che spiega la frequente presenza del lulab e dell'etrog nei m o n u m e n t i funerari. Goodenough ne cita innumerevoli esempi. Q u i i l s i m b o l i s m o n o n è quello della v i t t o r i a , m a della r i s u r r e z i o n e , ed è rimarchevole che la palma si t r o v i su una stele giudeo-cristiana, d i c u i i l P. Testa m i ha inviato una riproduzione. È i n questa prospettiva che assume u n suo senso la presenza delle p a l m e nelle m a n i dei m a r t i r i , v i n c i t o r i della morte, tale quale la t r o v i a m o già nell'Apocalisse ( V I I , 9). Si potrebbe obiettare che sia i n questo passo che sui m o n u m e n t i , si tratta d i palme e n o n del lulab p r o p r i a mente detto. M a Goodenough osserva che l a palma era l'elemento più caratteristico e rappresentativo del lulab, e simbolizza q u i la speranza dell'immortalità . Si deve anche osservare u n altro simbolismo del lulab, che si aggiunge a quanto dicevamo a proposito dei 20

21

22

: U

1

-

22

Cfr.

S T R A C K - B I L L E R B E C K , 11, pp.

R I E S E N F E L D , op. Cfr.

cit.,

pag.

G O O D E N O U G H , op.

cit.,

789-790.

24. pag.

165.

r a m i che ornavano le capanne: è quello che i n d i c a le ; .• ' buone opere che saranno ricompensate a l l ' u l t i m o giorj '/ no. Durante u n rito della festa, i l p r i m o giorno gli Ebrei _/ V-*^ dovevano presentare i l l o r o lulab affinché si potesse \\ 0 ^ controllare se i r a m i che lo componevano erano i n buofì"' no s t a t o . Sembra che u n passo del Pastore d i E r m a , i l cui carattere giudeo-cristiano è noto e nel quale i l rapporto con la festa dei Tabernacoli m i appare evidente, c i fornisca i l simbolismo d i questo r i t o . V i si vede l'Angelo glorioso distribuire dei r a m i d i salice alla folla, e poi richiederli a ognuno; egli consegna delle corone a coloro i cui r a m i sono coperti d i g e r m o g l i e r i m a n d a i n d i e t r o quelli i c u i r a m i sono secchi. L'Angelo c i spiega q u i n d i che i r a m i sono la Legge, e coloro i c u i r a m i sono secchi sono q u e l l i che l'hanno trascurata (Sim., V I I I , 2, 1-4). Abbiamo m o d o d i vedere i l persistere d i questo s i m b o l i smo presso i cristiani. F i n ' o r a a b b i a m o p a r l a t o solo del lulab, m a l'etrog c o n d i v i d e la stessa s i m b o l i c a escatologica, accompagnando frequentemente i l lulab sui m o n u m e n t i funerari c o n l'identico significato d i immortalità. I P a d r i della Chiesa ravviseranno neìl'etrog i l simbolo del f r u t t o dell'Albero della V i t a paradisiaca ed a l o r o volta m o l t i testi ebraici o giudaico-cristiani vedono nel f r u t t o dell'Albero della V i t a l'espressione della vita e t e r n a . M a vi è già nei giudaismo una relazione fra questo j r ^ - . simbolismo e quello dell'etrog ? A questo proposito, è \L \t interessante confrontare Ezechiele, X L V I I , 12, e Zocca~~ ' ria, X I V , 16, i n quanto i due capitoli sono evidentemen¬ te dipendenti l ' u n dall'altro. Si parla dell'acqua viva che scenderà dalla nuova Gerusalemme attraverso i l M o n t e degli U l i v i (Ezechiele, X V I I , 8 e Zaccaria, X I V , 4 e 8): sulla sponda d i questo torrente Ezechiele ci mostra degli alberi della vita. 1

:

(

23

G

24

2

25

STRACK-BTLLERBECK,

2

3

Cfr.

2

4

I Hén., X X V , 4 - 5 ; Test. Lev., X V I I I , 11 ; Apoc.,

2

5

Cfr.

R I E S E N F E L D , op.

cit.,

11, pp.

y

pp.

792-793.

11, 7 ; X X I I , 2.

24-25.

23

4

i

[ Z 0

L o stesso tema sarà ripreso XM^X'Apocalisse, X X I I , 2, ed a ciò corrisponde i n Zaccaria la festa dei Tabernacoli. I n e n t r a m b i i casi si tratta del M o n t e degli Ulivi, la c u i relazione con la festa dei Tabernacoli ci appare orm a i chiara ed evidente. Possiamo q u i n d i concludere che la festa dei Tabernacoli si rivela come u n ' i m m a g i n e del Paradiso, i n c u i l'etrog simbolizza i l f r u t t o dell'Albero della Vita,

U n u l t i m o t e m a m e r i t a d i essere t r a t t a t o a p a r t e , poiché nello studio della festa dei Tabernacoli e del suo s i m b o l i s m o messianico, esso viene generalmente t r a scurato: la corona. L'opinione generale è che l'uso della corona sia e¬ straneo a l g i u d a i s m o e che, l a d d o v e a p p a r e , ciò sia dovuto ad u n ' i n f i l t r a z i o n e pagana. Questa è i n p a r t i c o lare la tesi d i Biichler, d i Baus, d i Goodenough e d i Bar o n . I n f a t t i si r i c o r d a , per quanto riguarda i cristiani, i l De corona militimi d i T e r t u l l i a n o , che condannava l ' u so delle corone. Tuttavia, diversi a u t o r i h a n n o contestato questa opinione, e H a r a l d Riesenfeld , Jacques D u p o n t , Isaac A b r a h a m s hanno difeso l'origine g i u d a i ca della corona. Quest'ultima tesi ci appare fondata, m a sembra che si possa andare ancora oltre e ricollegare alla festa dei T a b e r n a c o l i l'uso ebraico e successivamente c r i s t i a n o della corona. Questo ci consente d i capire meglio i l suo simbolismo escatologico. L'usanza d i p o r t a r e delle corone nella processione che si svolgeva a t t o r n o all'altare nell'ottavo giorno della 2 6

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2 8

29

V e d e r e i riferimenti nel m i o «Bulletin des O r i g i n e s chrétiennes»,i*. S. R.,45 ( 1 9 5 7 ) . pag. 6 1 2 . 2

6

2

7

Jesus

Transfiguré, pp. 4 8 - 5 1 .

^ Xùv KpioTW : L'union 1952, pag. 78. 2

Studies pp.169-170. 2

24

9

in Pharisaìsm

avec le Christ suivant and the Gospels,

saint Paul, L o u v a i n

festa dei Tabernacoli, è attestata sia da f o n t i ebraiche che pagane. I l testo ebraico essenziale è Giubilei, X V I , 30: «Fu stabilito che essi celebrino la festa dei Tabernac o l i d i m o r a n d o nelle capanne, p o r t a n d o delle corone sulle loro teste e tenendo i n m a n o r a m i frondosi e r a m o scelli d i salice». Si tratta evidentemente d i corone d i foglie. Questa informazione è confermata dalla descrizione che Tacito fa della festa (Hist., V, 5), quando d i c h i a r a che i sacerdoti ebrei v i portavano delle corone d i edera. Goodenough scrive a tal proposito: «È ragionevole supporre che queste due fonti, completamente i n d i p e n denti fra l o r o , stabiliscano i l fatto, totalmente ignorato dai r a b b i n i nel T a l m u d , che l'usanza ellenica d i portare le c o r o n e era stata i n t r o d o t t a n e g l i u s i della festa eb r e a » . I l c o n f r o n t o d e i testi stabilisce l'esistenza d i questo costume, m a n u l l a giustifica l'affermazione che sia d i origine ellenica. E l'allusione dei Giubilei stabilisce i l contrario. A questi testi se ne può aggiungere u n o cristiano, i l c u i contenuto è però la festa ebraica dei Tabernacoli, la Ottava Similitudine d i E r m a . A b b i a m o già accennato a questo passo poiché i n esso v i si trova u n r i f e r i m e n t o al lulab come simbolo delle buone opere; si tratta d i u n a visione del G i u d i z i o descritto nel quadro della festa dei Tabernacoli. V i leggiamo: «L'Angelo del Signore ordinò d i andare a prendere delle corone. Esse f u r o n o portate e sembravano fatte d i palma, ed egli incoronò g l i u o m i n i che avevano consegnato i loro r a m i coperti d i gemme e d i frutti» (Sim., V I I I , 2, 1). Si noterà che si tratta di'corone d i palma. Origene, d a l canto suo, fa allusione ad u n l i b r o giudaico-cristiano ove «tutti i credenti ricevono u n a corona d i salice» (Hom., Ezech., I , 5). Si è v o l u t o i d e n t i f i c a r e questo l i b r o con i l Pastore, m a i l r i f e r i m e n t o alle corone d i salice, anziché a quelle d i p a l m a , sembra i n d i c a r e u n ' a l t r a opera che riguarderebbe l a festa dei Taberna30

C a m b r i d g e 1 9 1 7 , 1, 3 0

Jewish

Symbols,

I V , pag. 157.

25

coli, ove i r a m i d i salice erano u t i l i z z a t i per i l lulab, e q u i n d i potevano esserlo anche per le corone. I m o n u m e n t i ebrei affrescati confermano questi doc u m e n t i l e t t e r a r i . U n affresco della sinagoga d i DùraEuropos, i n c u i t u t t i sono c o n c o r d i nel riconoscere la processione della festa dei Tabernacoli, rappresenta i sacerdoti che p o r t a n o delle corone d i f i o r i . U n ' i s c r i zione d i Bérénikè, d i poco anteriore al Cristo, mostra g l i Ebrei d i questa città che offrono una corona d i ulivo a un magistrato, durante la festa dei T a b e r n a c o l i . M a i l fatto fondamentale, rilevato da G o o d e n o u g h , è i l frequente accostamento, sui m o n u m e n t i funerari ebraici, della corona e del lulab. Poiché o r m a i sappiamo chiaramente che i l lulab è associato alla festa dei Tabernacoli, è molto probabile che sia lo stesso per la c o r o n a . U n ' u l t i m a conferma ci è fornita dai testi giudeo-cristiani concernenti i l battesimo. Nelle Odi di Salomone le corone sono spesso menzionate. Così leggiamo a l l ' i n i zio dell'Ode I : «Il Signore è sul m i o capo come una corona e n o n esisterei senza d i l u i . Una vera corona è stata intrecciata sul m i o capo» ( I , 1-2). Si tratta d i una corona d i foglie, come i n d i c a l'Ode I X , 7: «Vieni i n Paradiso, fatti una corona del suo albero e p o n i l a sulla tua testa». B e r n a r d ritiene che questi testi alludano ad u n uso liturgico e rimanda al r i t o del battesimo, i n c u i i l neofita era coronato d i f i o r i . E Lampe accetta tale ipotesi: «Il neofita (per l'autore delle Odi) è apparentemente incoronato da una corona che simbolizza la presenza d i Cristo, che è c o m e u n a c o r o n a s u l capo d e g l i e l e t t i » . Questa usanza proviene q u i sicuramente dal giudaismo. 3 1

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33

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3 5

36

• Cfr. K R A E L I N G , The Excavations V i l i , 1, N e w H a v e n 1956, pp. 1 1 4 - 1 1 5 . ì l

3

2

at Dùra-Europos,

Final

Report,

G O O D E N O U G H , op. cit., I I , pp. 1 4 3 - 1 4 4 .

3 3

ìbid., I l i , p. 471 ; I V , pag. 157.

3

Altre attestazioni sono i n Goodenough, op. cit., V I I , p p . 1 5 1 - 1 5 2 .

4

3 5

The Odes of Salomon,

26

37

C a m b r i d g e 1912, pag. 4 5 .

The Seal ofthe Spirit, L o n d r a 1943, p. 112. Cfr. J E A N D A N I É L O U , La Théologie du judéo-christianisme, P a r i g i 1958, pag. 382. 3 6

Ora, i l contesto ebreo i n c u i t r o v i a m o la corona è quello della festa dei Tabernacoli, e se ci r i c o r d i a m o che i r i t i giudeo-cristiani del battesimo contengono altre allusion i a questa festa , l'origine dell'uso siriaco-cristiano nei r i t i ebrei dei Tabernacoli è m o l t o verosimile. I l Testamento di Levi ci p o r t a una testimonianza ancora più precisa e tanto più preziosa i n quanto g l i elem e n t i e b r a i c i appaiono più e v i d e n t i nella stesura c r i stiana. V i è i n f a t t i u n interessante passo i n c u i T. W. Manson e De Jonge vedono, nel simbolo dell'investitura del s o m m o sacerdote, un'evocazione del battesimo cristiano. Sette u o m i n i procedono a questa iniziazione: il p r i m o fa un'unzione con l'olio e consegna u n bastone, i l secondo lava nell'acqua pura, presenta i l pane e i l vino e riveste d i u n a tunica d i gloria, i l q u i n t o dà u n ram o d'ulivo, i l sesto pone sul capo una corona ( V i l i , 4-9). L'accostamento del r a m o d i ulivo e della corona ci pone nel contesto della festa dei T a b e r n a c o l i e d i m o s t r a i l collegamento della corona con questa festa. D'altro canto l'insieme dei r i t i sembra r i f e r i r s i al battesimo. La corona appare dunque q u i come u n rito battesimale c r i stiano proveniente dalle usanze ebree della festa dei Tabernacoli. Si n o t a infine che i l Libro di leu presenta u n r i t u a l e battesimale gnostico ispirato, come mostra i l contesto, a consuetudini ebraiche, e i n cui i l r i t o dell'incoronazione r i t o r n a a più riprese. I l passo più i m p o r t a n t e è i l seguente: «Gesù compì questo m i s t e r o (pLVjOTTiptov) n e l quale egli rivestì t u t t i i suoi discepoli d i una t u n i c a d i l i no e l i coronò d i u n a corona d i mirto» (47; G. C. $., 312). Emerge subito l'unione dell'abito bianco e dell'incoronazione come nel Testamento di Levi. La corona è di m i r t o , e sappiamo che questa pianta era una delle tre qualità d i c u i era composto i l lulab, unitamente ai r a m i d i p a l m a e d i salice. I n particolare questi due u l t i m i l i J E A N D A N I É L O U , «Les Q u a t r e - T e m p s de s e p t e m b r e et l a fète.des , Tabernacles», La Maison-Dieu, 46 (1956), pp. 1 1 4 - 1 1 6 . 3

7

27

abbiamo già t r o v a t i nelle corone, che sembra potessero essere d i differenti specie. Abbiamo i n c o n t r a t o anche corone d i edera e d i rose, ed i l Libro di leu menziona, nel rituale battesimale, corone d i verbena (jreptoxepedjv òpOóc.) (46. G. C. S., 309) e d i artemisia (òpteLtima) (48; G. C. S . , 3 1 3 ) . Così l'esistenza d i una corona d i foglie nei r i t i della festa dei Tabernacoli appare attestato sia dai d o c u m e n t i ebraici c o n c e r n e n t i la festa stessa, sia d a i d o c u m e n t i giudaico-cristiani che ne mostrano la persistenza nei r i t u a l i b a t t e s i m a l i . Questo c i permette d i scoprire u n u l t i m o aspetto d e l l a s i m b o l i c a e b r a i c a d e l l a festa dei Tabernacoli: è i n f a t t i evidente i l carattere escatologico della corona indicante la beatitudine eterna, e ne daremo qualche esempio. M a spesso questo simbolo si r i c o l lega all'usanza ellenica d i consegnare al v i n c i t o r e una corona quale ricompensa. Questo simbolismo esiste negli a u t o r i cristiani, ed è evidente i n / Corinzi, I X , 25. M a v i è t u t t a una serie d i testi ebraici e cristiani i n c u i la corona è i l simbolo della gloria degli eletti, nel senso b i b l i c o del t e r m i n e , e della vita i n c o r r u t t i b i l e che è loro data. E questo simbolismo è legato all'usanza della corona nella festa dei Tabernacoli ed al suo senso escatologico. Nell'ebraismo i m o n u m e n t i effigiati ne costituiscono una prova decisiva. La corona è i l simbolo della speranza nell'immortalità ed i n questo s i m b o l i s m o è associato i l lulab, i l c u i legame con la festa dei Tabernacoli è o r m a i evidente, c o m e d i m o s t r a anche i l Goodenough che abbiamo più volte citato. Nel cristianesimo abbiam o ugualmente rilevato, con i l Pastore d i E r m a , i l s i m bolismo escatologico della corona contenuto nella festa dei Tabernacoli. 38

39

3° S i noterà c h e il rito d e l l ' i n c o r o n a z i o n e o c c u p a un posto i m p o r tante nel rituale m a n d e o del battesimo. Cfr. E . S E C E L B E R G , Masbùtà, U p s a l a 1958, p. 61. O r a le u s a n z e m a n d e e n o n h a n n o n u l l a d i ellenistico. 3

9

V e d e r e a n c o r a C I R I L L O D I G E R U S A L E M M E , Procatech.,

X X X I I T , 332

28

A.

I ; P.

G.,

M a a l t r i esempi ancora devono essere m e n z i o n a t i . L'Apocalisse d i Giovanni c i mostra «la corona d i vita» data a c o l u i «che è fedele sino alla morte» ( I I , 10). U n po' più avanti «il f r u t t o dell'albero della vita» ha u n s i m bolismo analogo, e n o i abbiamo visto i r a p p o r t i fra questo e Yetrog. Le «palme portate i n mano» sono u n altro simbolo della gloria degli eletti ( V I I , 5) ed indicano evidentemente i l lulab. .L'Apocalisse, come ha dimostrato J. C o m b l i n . è i m pregnata delle i m m a g i n i della festa dei T a b e r n a c o l i . La processione dei sacerdoti i n veste bianca attorno all'altare l'ottavo giorno della festa, diviene per Giovanni il simbolo della processione degli eletti attorno all'altare celeste l'ottavo giorno che segue la settimana cosmica. La corona d i vita proviene da questa trasposizione. Questo si i n c o n t r a altrove nell'apocalittica cristiana. L'Ascensione di Isaia vede nella corona, associata alla veste, i l simbolo della gloria degli eletti. G l i a b i t i e la corona sono deposti al settimo cielo per essere indossati da Isaia, quando egli v i entrerà ( V I I , 22; V i l i , 26; I X , 25). Osserviamo che la corona rappresenta la gloria suprema e viene d i seguito alla veste, i l che può alludere ad una successione rituale. VApocalisse di Pietro menziona ugualmente le corone i n u n contesto escatologico (R. O. C, 5 (1910) pp. 317-319). I l Testamento di Beniamino parla «delle corone d i gloria che porteranno coloro che hanno praticato la misericordia» (IV, 1). Si possono notare le diverse espressioni che indicano i l significato escatologico delle corone. L'espressione «Corone d i vita», che si trovava nelYApocalisse, I I , 10, riappare i n Giacomo, I , 12: «L'uomo che sopporterà la prova riceverà la c o r o n a d i vita». La Prima Lettera di Pietro parla della «corona d i gloria» i n u n testo che evoca YApocalisse, V I I , 17: «Quando i l Principe dei Pastori 40

« L a L i t u r g i e de l a N o u v e l l e Jcrusalem», E. T. L., 29 ( 1 9 5 3 ) , pp. 2 7 ^ t 0 . 4

0

29

apparirà, voi riceverete la corona d i gloria che non appassisce mai» ( I Pietro, V, 4). Un u l t i m o LesLo riunisce la corona e gli a l t r i temi e¬ scatologici d i c u i abbiamo parlato: si tratta del Libro V Esdra. Nella descrizione delle promesse escatologiche, si parìa dei «tabernacoli eterni» e dell' «albero della v i ta» ( I I , 11-12), e si r i t r o v a i l tema dei d o d i c i alberi associato alle fontane e alle montagne ( I I , 18-19). Ciò ci pone nel contesto d i Ezechiele, X L V I I , e dell'Apocalisse, X I X ; gli eletti sono rivestiti d i vesti bianche ( I I , 39-40). M a i l passo essenziale è questo: «In mezzo alla folla v i e¬ ra u n u o m o giovane, d i statura elevata, più alto d i t u t t i gli altri. Egli poneva delle corone sulle teste d i ognuno di questi. E la l o r o s t a t u r a a u m e n t a v a . I o d o m a n d a i all'angelo: - C h i sono costoro?- Egli rispose: - S o n o coloro che hanno deposto la tunica mortale e hanno indossato l ' i m m o r t a l e ed hanno confessato i l nome d i Dio. Da adesso sono i n c o r o n a t i e hanno ricevuto le palme (modo coronantur et accipiunt palmas).- Dissi all'angelo: - E l'uomo giovane che pone le corone e dà loro le palme, chi è?- E g l i rispose: - È i l Figlio d i Dio che essi hanno confessato nel mondo-» ( I I , 4 5 - 4 7 ) . Rileviamo per p r i m a cosa i t r a t t i che accomunano questo testo al Pastore. I l Figlio d i Dio v i è distinto per la sua statura gigantesca (Sim., V i l i , 1, 2). I l N o m e d i Dio è sinonimo d i Figlio d i Dio (Sim., V I I I , 6, 2 ) . R i corderemo anche le d o d i c i montagne delle Similitudini, IX. Ora questo giovane d i statura gigantesca d i s t r i b u i sce corone e palme: ciò è i d e n t i c o a quanto t r o v i a m o nelle Similitudini, V I I I , 2, 1-3. D'altra parte abbiamo v i sto che nel Pastore i l contesto d i questo passo era quello della festa dei Tabernacoli, ed è normale che q u i sia la stessa cosa. Sempre nelle Similitudini, V I I I , 2, 3, riscont r i a m o i l passaggio che riguarda le vesti bianche: queste 41

4 2

analogie p e r m e t t o n o d i chiudere la questione relativa alla data d i questo apocrifo. Si è voluto collocarlo nel V secolo, perché è i n quest'epoca che appare la sua i n fluenza sulla l i t u r g i a e sull'arte c r i s t i a n a , m a le analogie c o n i l Pastore c i consentono, c o n H . W e i n e l e G. Volkmar, d i farlo risalire alle fine del I I secolo e d i collegarlo alla letteratura giudeo-cristiana. E però possibile che sia stato tradotto, come i l Pastore, nel I V secolo . I l Libro VEsdra riveste u n interesse m o l t o particolare i n quanto dobbiamo ad esso se u n certo numero d i t e m i escatologici g i u d e o - c r i s t i a n i , n a t i d a l l a festa dei Tabernacoli, sono passati nella l i t u r g i a e nell'arte r o m a na, come i l versetto «.Requiem aeternam» della messa per i defunti. I l «riposo» era i n f a t t i u n tema della nostra festa, anche se l ' a r g o m e n t o che a n o i ora interessa è quello delle corone. I l versetto «Modo coronantur et accipiunt palmas-» è stato i n t r o d o t t o al secondo n o t t u r n o del Comune degli A p o s t o l i ; vediamo anche che i l mosaico della chiesa d i Santa Prassede ci mostra g l i eletti vestiti d i a b i t i bianchi, che portano le palme e le corone. È m o l t o probabile che questo t i p o d i rappresentazione, che è estraneo all'arte cristiana anteriore, sia stato adottato per la diffusione a Roma, nel I V secolo, del testo apocrifo i n questione, per mezzo del quale le corone della festa dei Tabernacoli sono passate nella simbologia dell'Occidente cristiano. M a se la simbologia escatologica della corona appare tardi i n Occidente, sembra invece che i n Oriente essa sia rimasta nel tempo, come pure i l suo uso l i t u r g i c o . Di ciò abbiamo una testimonianza negli Inni sul Paradiso di E p h r e m . l a c u i rappresentazione del Paradiso, come 43

44

45

4

3

Cfr. L . PiROT, «Le Cinquième L i v r e d'Esdras», S. D. B., I I , col.

1103-1107. 4

* C f r . J . L A B O U R T , « L e C i n q u i è m e L i v r e d ' E s d r a s » , R. B., ( 1 9 0 9 ) , pp. 4 3 3 - 4 3 4 , c h e offre le varianti del testo. 4

4 2

30

Cfr. J . D A N I É L O U , Théologìe du judéo-christianìsme,

6,

pp. 2 0 4 - 2 0 8 .

4

« D a s funfte B u c h E s r a » , i n H E N N E C K E , Neulest.

Apocr.,

pp.

390-391.

Cfr. L . B R O U , «Le Quatrième L i v r e d ' E s d r a s d a n s la liturgie hispanique», Sacr. Erud., 9 ( 1 9 5 7 ) , pp. 7 4 - 7 9 . 4

5

31

abbiamo già avuto occasione d i rilevare, sia nella visione dei tabernacoli stessi e sia nella simbolica della loro decorazione, si ispirava alla festa. I n E p h r e m si riscontra con frequenza i l tema delle corone. Nell'Inno IV, v e d i a m o i g i u s t i presentarsi i n Paradiso con dei r a m i carichi d i f r u t t i e d i f i o r i , che rappresentano i l o r o m e r i t i e con c u i essi si fanno delle corone (12 e 15); Beck, 53-54). È da osservare che l ' i m m a gine dei r a m i carichi d i f r u t t i , presentati dai giusti e significanti i m e r i t i , è totalmente diversa da quella della palma che, nel m o n d o greco, veniva data al v i n c i t o r e delle c o r s e . È la p r i m a immagine che i n c o n t r i a m o i n E r m a , i n Metodio, i n E p h r e m , d i c u i testimonia la tradizione rabbinica. È naturalmente possibile che nel giudaismo la corona abbia avuto a l t r i usi, e n o i la vediamo menzionata i n a l t r i contesti, come ad esempio Giuditta, XV, 13. D'altra parte nella B i b b i a v i sono allusioni ai diademi ed al l o r o simbolismo. M a c i f e r m i a m o q u i all'uso delle corone d i foglie nella festa dei Tabernacoli. E ci sembra, dall'insieme dei testi raffrontati, che è a questa usanza che si ricollega i l simbolismo ebreo e giudeo-cristiano della corona per significare l a gloria escatologica. Sia l'usanza che i l s i m bolismo appaiono relativamente recenti nel giudaismo e si trovano i n r a p p o r t o con lo sviluppo dell'attesa mess i a n i c a e, l e t t e r a r i a m e n t e , d e l l ' a p o c a l i t t i c a . M a n o n sembrano dipendenti dall'ellenismo. Resta i l fatto che più t a r d i questo simbolismo interferirà con quello greco della corona come ricompensa al vincitore dei giochi, che si ritrova già i n San Paolo. Questa evoluzione sarà parallela a quella della gloria escatologica, i n c u i i l kabod biblico si colorirà del contenuto 46

Cfr. G . - H . R E N D A L L , The Epistle of James and Judaic Christianity, C a m b r i d g e 1 9 2 7 , p a g . 4 0 , c h e s o t t o l i n e a l ' o r i g i n e e b r e a d e l l a espressione: « L a c o r o n a è l'equivalente dell'ebraico atarah e n o n h a n i e n te a che vedere c o n quella c h e è data al vincitore dei giochi, fatto c h e è estraneo all'ambiente di Giacomo». 4

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della 5o^à greca e della g l o r i a r o m a n a . M a i l p r i m o fondamento biblico persisterà comunque. 4 7

Possiamo o r m a i tracciare la s t o r i a dell'esegesi della festa dei Tabernacoli e comprendere la sua i m p o r tanza nelle o r i g i n i della l i t u r g i a e dell'escatologia c r i stiana. Come abbiamo visto, già i l giudaismo dava alla festa un'interpretazione escatologica nel suo significato globale. M a i l lato più i m p o r t a n t e è che u n certo n u m e ro d i s i m b o l i escatologici essenziali, q u a l i i l lulab, l'etrog e la corona, si riferiscono ad essa. Questi s i m b o l i resteranno v i v i nella l i t u r g i a cristiana, troveranno u n grande spazio nei m o n u m e n t i effigiat i e ad essi si ispirerà la simbologia escatologica. È questo, dunque, u n aspetto particolare della tipologia delle feste ebraiche nel cristianesimo che si può aggiungere a quella della Pasqua e della Pentecoste.

6

Cfr. J . D A N I É L O U , «Bulletin des O r i g i n e s chrétiennes», R. S. R. 45 (1957), pp. 6 1 1 - 6 1 3 . 4

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II LA V I T E E L ' A L B E R O D E L L A VITA

È una c a r a t t e r i s t i c a saliente della l e t t e r a t u r a g i u deo-cristiana i l posto che la Chiesa occupa i n essa. H o studiato altrove a l c u n i dei t e m i che servono a descriverne la misteriosa grandezza: è l'anziana donna, più a n t i ca del mondo, che appare a E r m a ; è la t o r r e che egli vede costruire dagli angeli; è la sposa del Verbo che c i m o stra Clemente d i Roma. Si i n c o n t r a a più riprese u n a l t r o tema, quello d i Chiesa come «piantagione», TEia) che n o n ha piantato i l m i o Padre Celeste, sarà divelta» . Le Odi di Salomone sviluppano ancor più l'argomento: «Beati, Signore, coloro che sono p i a n t a t i nella tua terra e per i quali v i è u n posto nel t u o Paradiso. Essi hanno gettato l o n t a n o da l o r o l'amarezza degli alberi, quando furono p i a n t a t i nella tua terra» ( X I , 15 e 18). E altrove: «Le mie fondamenta furono poste dalla m a n o del Signore, perché è p r o p r i o L e i che m i ha piantato. È L u i che ha posto la radice, l'ha consolidata... e i suoi f r u t t i esistono per l'eternità... Solo a l Signore compete la gloria della sua piantagione e della sua coltivazione, della bella piantagione della sua destra, della bellezza della sua piantagione» ( X X X V I I I , 17-21). i I I p r i m o dei passi sopra citati è particolarmente i n \ teressante: i l luogo della piantagione è i l Paradiso, ogni p i a n t i n a rappresenta u n battezzato, c o l u i che pianta è i l Signore. Emerge i l contrasto fra gli alberi p i a n t a t i i n Paradiso e gli alberi a m a r i che sono fuori d i esso. Si può accostare alle Odi di Salomone u n passo del Vangelo di Verità r i t r o v a t o a Nag H a m m a d i : «Egli conosce le sue piante, perché è L u i che le ha piantate nel suo 2

3

1

2 Cfr. /. Cor., I l i , 6: «Io h o p i a n t a l o (è.oc.) come a rappresentare Israele: egli è i l vero Israele. M a l'accento è posto sul fatto che i l vero Israele è costituito dall'unione del Cristo, che è i l ceppo, con i tralci, che sono le m e m b r a . A b b i a m o una variante del tema paolino dell'unione della testa e delle membra. È possibile che anche q u i sia i n t e r v e n u t o u n elemento proveniente dalle Hodayoth, i n c u i abbiamo visto che si parlava del rimessiticcio (nezer) al quale si r i f e r i sce Isaia, X I , 1. Questo è n a t o dagli a l b e r i della v i t a ( V I I I , 6) e diventa una foresta immensa ( V I , 15). B e r t i l Gàrtner sarebbe portato ad interpretare la parola i n senso c o l l e t t i v o , a designare la comunità, ed avremmo allora una variante del tema della vite o dell'albero i n d i cante Israele. M a i l t e r m i n e può avere anche u n senso individuale ed indicare i l Messia f u t u r o o i l Maestro d i Giustizia, ed i n questo caso è la pianta dalla quale si sviluppa la comunità. Questo annuncerebbe la visione giovannea. I n o g n i caso, anche questo soggetto si r i t r o v a nel giudeo-cristianesimo, e q u i dobbiamo ritornare ad Ignazio d i Antiochia. Nella Lettera ai Tralliani, X I , 1-2, dopo 25

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aver parlato della «piantagione del Padre», egli c o n t i nua: «Se essi fossero questo, apparirebbero come i r a m i (KÀ,àSoi) della Croce ed i l loro frutto sarebbe i n c o r r u t t i bile. Con la sua Croce, i l Cristo nella sua passione v i chiama, v o i che siete le sue m e m b r a : la testa n o n può essere generata senza le membra». N o t i a m o i l passaggio dal tema della piantagione a quello dell'albero, che si r i t r o v a i n Hodayoth, V I , 15-16. I n questo autore, però, n o n si parla d i vigna e d i tralci (KA-ìiiia), m a d i albero e d i r a m i (iclaSoc,), per c u i la i m magine è indipendente da Giovanni. L'albero è assimilato alla c r o c e , ed abbiamo già i n c o n t r a t o questa s i m i l i tudine i n Giustino a proposito dell' «albero piantato sulla sponda delle acque». I l fatto che i l f r u t t o sia i n c o r r u t tibile (ÒMpuap-coc,) sembra dimostrare che la croce è considerata q u i come «albero della v i t a » . Infine, l'accostamento con i l tema del capo e delle m e m b r a rivela che a b b i a m o u n equivalente del t e m a giovanneo e che i l senso è i l medesimo. Ora, l'immagine dell'unione del ceppo e dei tralci, o del tronco e dei r a m i come simbolo dell'unione del Cristo e della Chiesa, sembra aver fatto parte della catechesi, così come quella della piantagione. N o i la t r o v i a m o i n I p p o l i t o , sotto la f o r m a giovannea della vigna: «La vite (ÒILITEEAOC,) spirituale è i l Salvatore; d'altro canto i tralci (KXx\\\.axa) ed i p a m p i n i sono i suoi santi, coloro che credono i n L u i ; ed i grappoli sono i suoi m a r t i r i ; e gli alberi che si sposano alla vite indicano la passione; ed i v e n d e m m i a t o r i sono gli angeli; e le ceste, i n c u i vengono raccolti i f r u t t i , sono g l i Apostoli; e i l t o r c h i o è la Chiesa; e i l v i n o è la forza dello S p i r i t o Santo» (Ben. d'Is. e diJac; Mariès, pag. 9 9 ) . 27

28

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II carattere giudaico-cristiano del t e m a è o r m a i confermato d a l la s u a p r e s e n z a nelle i s c r i z i o n i palestinesi. Cfr. B . B A G A T T I , « U n a p a g i n a inedita s u l l a C h i e s a p r i m i t i v a di Palestina», Osserv. Romano, 6 agosto 1 9 6 0 , pag. 4 . 2 7

II «rimessiticcio» è u n germoglio c h e n a s c e d a l ceppo. S u l t e m a del nezer, vedere B . G À R T N E R , op. cit., pag. 2 4 , i l q u a l e suggerisce c h e i l termine Na^copaìoc, potrebbe n o n essere s e n z a riferimento a nezer. 2 5

2 6

46

Op. cit. pag. 2 2 .

Cfr. J U S T I N O , Dial, L X X X V I , 1. T r a l a s c i o i l tema della croce c h e h o studiato altrove (Théologie du judéo-christianisme, pp. 2 8 9 - 3 1 6 ) . 2 8

2

9

V e d e r e a n c h e C l e m e n t e A l e s s a n d r i n o , Qui dives, 37, 6.

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Ancora più interessante, poiché si tratta d i una catechesi mistagogica ai neofiti, è un'omelia d i Zeno d i Verona su Isaia, V, 1-7, letto alla vigilia pasquale d i quella epoca: «La parabola della vite, fratelli carissimi, richiederebbe un'ampia trattazione. La vite del Signore f u all'inizio la sinagoga, che produsse dell'agresto invece dell'uva. I n d i g n a t o d i ciò, i l Signore ne piantò u n ' a l t r a , conforme alla sua volontà, la Chiesa nostra madre. La coltivò con le cure dei suoi sacerdoti. E d avendola appesa al legno beato, le insegnò a p r o d u r r e u n a vendemmia abbondante. È per questo che oggi fra v o i dei n u o v i t r a l ci, condotti al legno, riscaldati dal flusso spumeggiante della vita, hanno r i e m p i t o la cantina del Signore con la loro gioia unanime» {Tract., I I , 28; P. L., X I , 471-472). I n questo brano, l'immagine del tralcio innestato sul ceppo sostituisce quella della p i a n t a piantata nel Paradiso per simbolizzare i l battesimo. Catechesi mistagogica è anche quella che t r o v i a m o i n Asterio: «La vite d i v i n a e anteriore ai secoli è cresciuta f u o r i dal sepolcro e i f r u t t i (èKapTCOcpopnaev) che ha p o r t a t o sono i n u o v i b a t t e z z a t i (V£09QTIO"TO-UC.) c o m e grappoli d'uva (pÓTpvac,) sull'altare. La vite è stata vendemmiata e l'altare, come u n torchio, è stato riempito d i grappoli. V i g n a i o l i , v e n d e m m i a t o r i , r a c c o g l i t o r i , cicale che cantano, c i hanno mostrato ancora oggi i l Paradiso della Chiesa i n t u t t a la sua bellezza. E c h i sono i vendemmiatori? I neofiti e g l i apostoli. E c h i sono le cicale? I nuovi battezzati bagnati d i rugiada all'uscita dalla p i scina, che si riposano sulla croce come su u n albero e che si riscaldano a l sole della giustizia e che b r i l l a n o dello S p i r i t o e che cinguettano le cose spirituali» (Hom., XTV; Richard, pag. 105). Q u i , nel m o v i m e n t o l i r i c o dell'autore, si incrociano una m o l t i t u d i n e d i t e m i : quello della Chiesa-Paradiso, quello del legno della croce, quello del t o r c h i o mistico. M a ciò che più c i interessa è i l tema del Cristo e l ' i m magine c o n c u i egli è rappresentato: vite preesistente che porta dei grappoli che sono i neofiti. I neofiti diven-

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gono p o i delle cicale, m a n o i siamo a b i t u a t i a questi c a m b i a m e n t i d i registro. È notevole che questo tema della vite ecclesiale r i t o r n i altrove i n Asterio i l Sofista: «Sarebbe perfettamente i r r a g i o n e v o l e che c o l o r o che e n t r a n o i n u n vignet o (ò^uteXtuv) i n a n i m a t o , r a c c o l g a n o da o g n i c e p p o (aLmeXoc.) ciò che è utile senza stancarsi e che n o i , essendo entrati i n u n tale e così grande Paradiso, i n c u i è la Vite monogena che spiega i suoi tralci apostolici e p o r t a i g r a p p o l i p a t r i a r c a l i , n o n raccogliessimo i n s a z i a b i l mente ciò che c i serve, anche se la vite si m o l t i p l i c a ancor d i più nella vendemmia stessa» (Hom., I , 8; cfr. anche Hom., X V I , 1-6). M a ciò che è più rilevante è che Asterio, a fianco del simbolo giovanneo della vite, conserva anche i l simbolo ignaziano dell'albero della vita: «Il Cristo è l'albero della vita, i l demonio è l'albero della morte. Uno caccia l'uomo dal Paradiso, l'altro vi introduce i l ladrone. I n f a t t i , egli ha g l i apostoli come r a m i (KX,à8ovjc), i salvati come f r u t t i , le parole come chioma, i l battesimo come radice, i l Padre come giardiniere» (Hom., I , 5). R i t r o v i a m o q u i precisamente l'immagine d i Ignazio: i l Cristo è l'albero della vita, i salvati sono i f r u t t i ; d i fronte all'albero della vita si erge l'albero della m o r t e . È l'antico t e m a giudeo-cristiano, parallelo a quello della vite, che è r i m a s t o saldo nella tradizione catechetica e che risorge d i nuovo nel l i r i s m o d i Asterio, I n realtà n o n era forse necessario riferirsi al giudaismo precristiano. I l tema della vite e quello dell'albero della v i t a restavano v i v i nel giudaismo. Considereremo u n solo esempio. Nella sinagoga d i Dùra-Europos, sopra la nicchia della Torah, si trova u n a f o r m a arborescente. I n essa Goodenough vede una vite. Si può ricordare a questo proposito la vite d'oro che si trovava sul grande portale che dava accesso al Tempio d i Erode e le v i t i che si trovano sulle monete ebree. M a K r a e l i n g osserva che l a p i a n t a r a p p r e s e n t a t a n o n porta grappoli, e propende a riconoscervi piuttosto

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l'albero della vita, per c u i la rappresentazione sarebbe i n r a p p o r t o con la speranza escatologica . Nel p r i m o caso si tratterebbe del popolo d i Israele, nel secondo del Messia. L'ambiguità stessa dell'immagine e l a possibilità i ¬ conografica d i questa ambiguità rivelano quanto i due t e m i fossero mescolati. E d è p r o p r i o ciò che ci mostrano le Omelie d i A s t e r i o . 30

31

pagani t r a p i a n t a t i nella buona terra della Chiesa e che producono buon frutto, conserva oggi tutto i l suo valore. Era, credo, interessante dimostrare che questa i m magine nuova si fonda su una tradizione m o l t o antica, e restituire al termine neofita tutta la ricchezza delle sue risonanze. Ciò significa applicare ad u n tema particolare la scoperta dei grandi s i m b o l i ecclesiologici dell'epoca patristica.

La conclusione alla quale g i u n g i a m o è che, t r a le i m m a g i n i catechetiche della Chiesa, quali i l tempio, la nave, i l gregge, una d i quelle più antiche è la piantagione. Si t r o v a allo stato p u r o n e i testi più a r c a i c i , che l'hanno assunta dal giudaismo; si sviluppa a volte sotto la forma d i u n giardino paradisiaco, a volte sotto quella del Vigneto d i Dio. L'immagine deve essere distinta da quella del Cristo come albero della vita o come ceppo d i vite sul quale si sviluppano i r a m i o i tralci. Quest'ultima s i m i l i t u d i n e mostra nella Chiesa l'intimità fra Cristo e le sue membra. M a d i f a t t o , già nelle Hodayoth d i Qumràn e i n Ignazio d i Antiochia rileviamo dei passaggi da una metafora all'altra. Finalmente quella della (pineta tenderà a cedere i l posto a quella della Vigna mistica. R i m a n e t u t t a v i a i l f a t t o che i l t e m a della Chiesa piantata dagli Apostoli, che t r o v i a m o nell'Ascensione di Isaia, segnava u n aspetto c a r a t t e r i s t i c o della Chiesa, quello della sua implantazione. È u n tema missionario, che i l linguaggio missionario moderno ha r i t r o v a t o : oggi parliamo d i nuovo d i «piantare» la Chiesa. L'immagine d i Clemente Alessandrino che mostra i ^ The Excavations of Dura-Europos, Final Repori, V i l i , 1, pp. 6 2 - 6 5 . Cfr. D I D I M O , Com. Psalm., I, 3: « L a v e r a vite è l'albero della v i ta» (P. C, X X X I X , 1157 C ) . S i paragonerà all'affresco di D u r a quello d e l le c a t a c o m b e di D o m i t i l l a , c h e r a p p r e s e n t a u n a grande vite a r b o r e s c e n te. V e d e r e D. A. L. C, art. «Vite». 3

3 1

50

51

Ili L'ACQUA VIVA E I L P E S C E

Oscar C u l l m a n n ha rilevato, i n m e r i t o all'espressione «acqua viva», uScop £6V, che i l termine poteva avere q u a t t r o significati. I n senso profano, esso i n d i c a l'acqua d i sorgente i n opposizione all'acqua stagnante; i n senso rituale indica l'acqua battesimale; i n senso b i b l i c o i n d i ca Dio come sorgente d i vita. Infine nel senso cristiano esso simbolizza lo S p i r i t o Santo . Questi diversi significati n o n sono necessariamente legati fra loro: qualsiasi allusione allo S p i r i t o Santo come acqua viva n o n significa che debba avere u n a risonanza battesimale, così come l'indicazione del battesim o come acqua viva n o n v u o l dire necessariamente che sìa dato i n acqua corrente. Rimane tuttavia i l fatto che tra questi diversi sensi v i sono dei legami n o r m a l i . I l s i m b o l i s m o dell'acqua v i va dipende dal senso profano e p r i m i t i v o del t e r m i n e : questo è u n p u n t o fondamentale d i qualsiasi studio ser i o sul simbolismo. Peraltro i l s i m b o l i s m o dell'acqua v i va è forse stato determinante per u n uso rituale, e reciprocamente l'uso r i t u a l e ha c o n t r i b u i t o a sviluppare i l s i m b o l i s m o t e o l o g i c o . I l n o s t r o s t u d i o terrà d u n q u e 1

1

Les sacrements

dans l'évangile johannique,

P a r i g i 1951, pag. 2 2 .

53

conto d i questi diversi aspetti, senza tuttavia dimenticare che i l nostro obiettivo principale è la simbolica dell'acqua vìva. Q u i n d i gli a l t r i elementi che apporteremo avranno la funzione d i facilitarne la comprensione.

Inizieremo con qualche osservazione sull'uso r i t u a le. È noto i l celebre passo della Didachè: « A proposito del battesimo, battezzate così nel nome del Padre e del F i g l i o e dello S p i r i t o Santo, nell'acqua viva (èv TJSCXTI £ W T I ) » ( V I I , 1). J. -P. Audet collega questo passo alla stesura p r i m i t i v a . Ciò che segue - e che concerne l'uso d i altre forme d i acqua, i n mancanza d i acqua viva - proviene dall'interpolatore, m a senza per questo essere d i u n tempo più t a r d i v o . L'uso i n d i c a t o dalla Didachè è confermato da a l t r i testi arcaici. I l Nuovo Testamento non contiene attestazioni esplicite, m a l a Tradizione A¬ postolica p a r l a d i u n a «acqua corrente e pura» per i l battesimo. I l carattere giudeo-cristiano e arcaico dell'uso è confermato dalle Omelie e dalle Decretali pseudoclementine (Dee. IV, 67; V I , 13) . Si noterà che l'espressione «acqua viva» può essere a p p l i c a t a a realtà diverse. Essa designa i n n a n z i t u t t o l'acqua d i sorgente, m a può indicare anche l'acqua d i ruscello o d i fiume. I n effetti gli scritti pseudo-clementin i c i mostrano dei frequenti battesimi nel mare. I n f i n e Klauser ha mostrato che l'acqua viva poteva anche essere l'acqua condotta da una canalizzazione a scaturire i n un b a c i n o . Questo f u sicuramente u n caso m o l t o c o m u ne, come testimonia i l battistero del Laterano, ove l'acqua sgorgava dalla bocca d i sette cervi d i bronzo. L'uso rituale dell'acqua viva proviene da u n contesto m o l t o esteso. L o t r o v i a m o nelle r e l i g i o n i greco-romane, 2

3

4

2

La Didachè, Instructions

54

5

6

des Apótres, P a r i g i 1 9 5 8 , pp. 3 5 8 - 3 6 7 .

3

C f r . J . D A N I É L O U , Théoìogie du judéo-christianisme,

4

Cfr. T . K L A U S E R , «Taufet in lebendigem Wasser», Pisciculi,

s t c r 1 9 3 9 , pp. 1 5 7 - 1 6 0 .

ma appare particolarmente nel giudaismo. Già l'Antico Testamento, nel Levitico (XIV, 5), ne fa menzione per le p u r i f i c a z i o n i . M a sopratutto i l giudaismo contemporaneo a l Cristo attesta l'importanza a t t r i b u i t a a dei r i t i i n cui l'acqua viva gioca u n r u o l o capitale. I Mandei fanno dell'acqua viva i l r i t o essenziale (Gitila, II, 1, 180). Giovanni Battista battezza nel Giordano. Or. Sib., IV, 165, o r d i n a d i bagnare t u t t o i l p r o p r i o corpo i n «fiumi d i acqua v i v a (ÒEvàoiaiv)», G l i E l c a s a i t i raccomandano contro l a rabbia u n bagno «in u n fiume o i n una sorgente abbondante» (Elench., I X , 15, 4). I l battesimo dei proseliti ebrei ha luogo nell'acqua viva. E l'acqua viva è raccomandata per le p u r i f i c a z i o n i . D u n q u e i l contesto r i t u a l e dell'acqua viva è quello del giudeo-cristianesimo, e appare legato a questo. M a a tale contesto se ne aggiunge uno teologico. L'acqua viva è nel Vecchio Testamento u n simbolo d i Dio come sorgente d i vita. Così i n Geremia, I I , 13: «Hanno abbandon a t o me, l a sorgente d i acqua v i v a (lifiatoc, £u)f|C.)». I l Cantico dei Cantici parla del «pozzo d i acqua viva (i)6wp £oV)» i n u n senso i n d u b b i a m e n t e simbolico (IV, 15). I n Ezechiele e Zaccaria questa acqua viva indica l'effusione escatologica della v i t a d i Dio. C i t i a m o Zaccaria, X I V , 8: «Un'acqua viva (i)8a)p £c*0 uscirà da Gerusalemme». M a più p a r t i c o l a r m e n t e questa effusione d i acqua viva escatologica è posta i n relazione con lo S p i r i t o Santo, e ciò appare già i n Ezechiele, X X X V I , 25-27. La relazione fra i l battesimo d i acqua e i l battesimo di Spirito Santo a proposito d i Giovanni Battista (Matteo, I I I , 11) pare p r o p r i o r i f e r i r s i a Ezechiele, che d i s t i n g u e i due m o m e n t i e considera l'acqua come la purificazione che precede i l dono dello S p i r i t o . Questo legame si ritrova nel Manuale di disciplina d i Qumràn (IV, 21). Tuttavia u n altro testo d i Qumràn sembra piuttosto

pp. 3 7 8 - 3 7 9 .

Miin-

Cfr. J . T H O M A S , Le mouvement Gembloux 1 9 5 5 . 5

6

L A M P E , The Sealofthe

baptiste

en Palestine

et en Svrìe,

Spirti, L o n d r a 1 9 5 1 , pag. 2 8 .

55

assimilare l'acqua viva alla Torah, e ciò s i r i t r o v a nel Talmud . Si tratta dell'Inno O (col. 8), i n cui i l Maestro di Giustizia è presentato nell'atto d i dare l'acqua v i v a ; 7

8

«Ti rendo grazie, o Adonai perché m i h a i posto come u n a sorgente d i f i u m e i n una terra secca e u n o zampillamento d i acqua i n u n a terra arida». Più avanti si parla del «Rimessiticcio» d i c u i : «la sorgente avrà accesso alle acque vive ed essa diventerà una fontana eterna». Poi è detto che: «Non si disseterà alla sorgente d i vita». E: «Si è pensato senza credere alla sorgente d i vita». I n f i n e gli eletti: «Scorreranno come f i u m i dalle acque perenni. È con l a m i a m a n o che t u h a i aperto la loro fontana». I l Vangelo di Giovanni eredita jiitìla s i m b o l i c a dell'acqua viva. Giovanni è i l solo autore del Nuovo Testam e n t o che presenta l'espressione u5ojp £cV. U n p r i m o passo è quello della Samaritana: «Se t u conoscessi i l dono d i Dio... sei t u che gliel'avresti chiesto ed egli t i a¬ vrebbe dato l'acqua viva (\>8cop £óV). E l l a g l i disse: Signore, v o i n o n avete niente per attingere e i l pozzo è

profondo. I n che modo avete dunque l'acqua viva (ftScop £GV)? Gesù le rispose: Chiunque berrà d i quest'acqua a¬ vrà ancora sete; m a colui che berrà l'acqua che io g l i darò n o n avrà m a i più sete; anzi, l'acqua che io g l i darò d i venterà i n l u i una sorgente d i acqua viva (\>8u)p £óV) per la v i t a eterna» (IV, 10-14). Si può osservare, con i l P. B r a u n , che i l confronto fra i l pozzo d i Giacobbe e l'acqua viva data dal Cristo, può sottolineare i l confronto fra l a Legge e i l Vangelo, giacché i l pozzo d i Giacobbe indica la Legge nel Documento di Damasco ( V I , 4) e, d'altra parte, l'acqua viva è u n simbolo della Legge. L'accostamento con l'Inno O è sorprendente. San Giovanni cita la frase del Cristo: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. A c o l u i che crede i n me. co¬ me dice l a S c r i t t u r a , f i u m i d i acqua viva (\>5a)p c,còv) sgorgheranno d a l suo seno. E g l i diceva questo dello Spirito che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto i n lui» ( V I I , 37-39). I n questo passo l'acqua viva è dunque u n simbolo dello S p i r i t o Santo. È da notare che questo è u n c o m m e n t o d i Giovanni e proviene dalla sua t e o l o g i a . Tale s i m b o l i s m o r i a p p a r e n e l f i n a l e d e l l a Apocalisse : «Poi m i mostrò u n f i u m e d i acqua della vita (\>5(op Ctonc) che sgorgava dal t r o n o d i Dio e dell'Agnello» ( X X I I , 1). Abbiamo visto i n precedenza che i l Manuale di Disciplina è i l p r i m o testo i n c u i l'acqua viva appare direttamente associata allo S p i r i t o Santo. I n Ezechiele e i n Giovanni Battista i due m o m e n t i sono invece d i s t i n t i . S i può dedurre, q u i n d i , che la simbolica dell'acqua viva come simbolo dello S p i r i t o Santo è p r o p r i a m e n t e giovannea e deriva, i n Giovanni, dalla teologia d i Qumràn. M a r i m a n e da fare ancora u n ' u l t i m a osservazione. È verosimile, come suggerisce C u l l m a n n , che i due testi 9

1 0

9

7

^

56

S T R A C K - B I L L E R B E C K , I I , pp. 4 3 3 - 4 3 6 .

U t i l i z z o q u i l a traduzione d i D u p o n t - S o m m e r .

«L'arrière-fond j u d a i q u e d u I V

E

évangile et l a communauté de

l'Alliance», R. B., 6 2 ( 1 9 5 5 ) , p p . 2 4 - 2 6 .

*0

Les sacrements

dans Vévangile johannique,

pp. 5 0 - 5 4 e 5 8 - 6 1 .

57

di Giovanni, che abbiamo menzionato, abbiano delle r i sonanze sacramentali, poiché i n essi è indicata l'effusione battesimale dello S p i r i t o Santo. Ora questo è fondamentale, perché Giovanni è così i l p r i m o autore i n c u i i due t e m i che abbiamo studiato - i l r i t o giudeo-cristiano del battesimo nell'acqua viva e i l simbolismo dell'acqua viva che designa lo Spirito Santo - sono esplicitamente legati. È con l u i che l'acqua viva del r i t o battesimale i n dica c h i a r a m e n t e l'effusione dello S p i r i t o Santo. Abb i a m o una teologia del battesimo, distinta dalla teologia paolina che si àncora maggiormente alla configurazione del Cristo m o r t o e r i s u s c i t a t o , s i m b o l i z z a t o c o n l ' i m mersione e l'emersione. Questa unione del r i t o d'acqua viva e della s i m b o l i ca dell'acqua viva si r i t r o v a nelle Odi di Salomone, se si accetta, con Bernard, i l loro carattere battesimale. Così in X I , 6: «Un'acqua parlante si è avvicinata alle mie labbra, venendo dalla sorgente del Signore, e io ho bevuto e sono stato inebriato dall'acqua viva che n o n muore». È da rilevare l'espressione «acqua parlante» che si i n contra nei testi m a n d e i e che ci fa ricordare Ignazio d i A n t i o c h i a : «Vi è i n me u n ' a c q u a viva (\)8top ^òv) che m o r m o r a : V i e n i verso i l Padre» (Rom., V I I , 3). Zeno d i Verona parla dell'acqua viva e del suo dolce m o r m o r i o (Tractatus, I I , 35). Ciò sembra alludere al m o r m o r i o che fa udire l'acqua che scorre. Dal canto suo, YOde XXX è u n r i c h i a m o al battezzato i n questi t e r m i n i : «Riempitevi delle acque della sorgente viva del Signore. Venite, v o i t u t t i g l i assetati, prendete l a b e v a n d a e r i p o s a t e v i presso l a sorgente d e l Signore» ( X X X , 1-2). Emerge i n questo testo la verosim i l e allusione a Isaia, LV, 1: «Voi t u t t i che avete sete, venite alle acque » e al Salmo XXII, 2: «Vicino alle ac11

12

1 1

Baptism,

E R I C S E G E L B E R G , Masbùtà, Studies U p s a l a 1958, pag. 4 5 .

in the Ritual of the

58

13

Abbiamo f i n o r a separato g l i elementi essenziali del segno materiale e della realtà spirituale, che costituiscono i l simbolismo dell'acqua viva. M a è possibile precisare maggiormente i l Sitz im Leben, i l contesto b i b l i c o d i questo simbolismo. Alcune osservazioni sui testi che abbiamo citato c i aiuteranno. VApocalisse, X X I I , 1-2, dopo aver descritto i l f i u m e d i acqua viva che sgorga dal Tempio escatologico, c o n t i nua: «Da tutte le p a r t i del fiume, alberi della v i t a danno dodici volte i l o r o f r u t t i ; e le loro foglie servono alla guarigione delle nazioni». VOde di Salomone VII, dopo aver m e n z i o n a t o l'acqua p a r l a n t e , prosegue: «Beati c o l o r o per i quali v i è u n posto nel t u o Paradiso, che crescono n e l l a g e r m i n a z i o n e dei t u o i alberi» (15-16). Già n e l Vlnno O d i Qumràn i l tema degli alberi della v i t a accompagna quello dell'acqua d i vita (col. 8, 5-6). N e i t e s t i e s a m i n a t i v e d i a m o a c c o s t a t i d i v e r s i tem i : la sorgente d'acqua viva, la piantagione degli alberi d i vita, i l Tempio. Questo ci orienta verso u n p r i m o testo, che è Ezechiele, X L V I I . Nella descrizione del Temp i o escatologico, n o i leggiamo: «Ecco che queste acque uscivano da sotto la soglia della casa... E r a u n torrente che n o n potevo attraversare... V i c i n o al torrente cresceranno tutte le specie d i alberi f r u t t i f e r i i l c u i fogliam e n o n appassirà m a i . O g n i mese essi p r o d u r r a n n o f r u t t i n u o v i , perché le sue acque escono dal santuario» ( X L V I I , 1-12). Così la sorgente d i acqua viva, scaturita dal Tempio,

Mandean

S i ritrova a n c h e nell'Apocalisse, X X I , 6: «A c o l u i c h e h a sete io darò i n d o n o delle a c q u e di vita (zo\> foSaxoc, tf|c. £(ùf|c,)». 1 2

que d i riposo egli m i fa pascolare» . È difficile pensare che le Odi di Salomone dipendano da Giovanni. $ì&, p e r contro, i l loro r a p p o r t o con gli scritti d i Qumràn è certo. Esse rappresentano uno sviluppo parallelo, i l c u i contesto è giudeo-cristiano.

Cfr. Apocalisse, V I I , 17: «L'Agnello sarà il loro Pastore e li c o n durrà v i c i n o alle a c q u e della vita (•USCXTWV t,(£fi\c)». 1 3

59

fa crescere degli alberi della vita, che sono i l Paradiso restaurato. Questo tema ha certamente ispirato l'Apocalisse d i G i o v a n n i ( X X I I , 1-2) e le Odi di Salomone ( V I , 7)14. L'allusione al testo d i Ezechiele e l a t e s t i m o n i a n za della sua applicazione arcaica al battesimo, appaiono i n una citazione dell'Epistola di Barnaba, che c o s t i t u i sce u n o d i quegli agglomerati d i citazioni bibliche caratteristiche del giudeo-cristianesimo . Leggiamo: «Dopo, che cosa dice i l Profeta? V i era u n fiume che scorreva dal lato destro, e degli alberi p i e n i d i bellezza spuntavano (CwépaivE) da esso; e c o l u i che mangerà d i questi alberi vivrà eternamente. Con ciò egli v u o l dire che n o i scendiamo nell'acqua p i e n i d i peccati e d i sozzure, e che ne risaliamo p o r t a n d o nei n o s t r i c u o r i i l f r u t t o del t i m o re e della speranza i n Gesù, essendo nello Spirito» ( X I , 10-11). Si noterà l a r e l a z i o n e c o n Giovanni : «Colui che mangerà d i questo pane vivrà eternamente» ( V I , 63) e con VApocalisse : «Gli darò da mangiare dell'albero della vita» ( I I , 7). I l midrash citato da Barnaba sembra avvicinare i due passaggi, la qual cosa suppone una assimilazione dell'Eucaristia al f r u t t o dell'albero della vita. I m o n u m e n t i effigiati confermano la testimonianza dei testi l e t t e r a r i . Nei m o s a i c i dei b a t t i s t e r i si vedono spesso gli alberi d i vita che contornano l a sorgente battesimale d i acqua viva. A l V secolo, come mostra Underw o o d , i l sepolcro del Cristo appare come l a fontana da cui scaturisce l'acqua viva. M a , d'altronde, i l sepolcro è anche i l nuovo Paradiso e la croce rappresenta l'albero d i vita. Siamo i n presenza d i s v i l u p p i che i n t r o d u c o n o t e m i n u o v i , m a sempre nella scia del testo d i Ezechiele. 15

1 6

Cfr. la nota di B E R N A R D , op. cit., pag. 5 6 : v i è u n ' a l l u s i o n e p r e c i s a al «ruscello d i v e n u t o torrente».

I l p u n t o importante, q u i , è i l legame fra l'acqua viva e g l i alberi della vita. Questo legame sottolinea u n nuovo aspetto dell'acqua viva, i n quanto n o n è soltanto l'acqua corrente i n contrapposizione all'acqua stagnante, m a è l'acqua che c o m u n i c a la v i t a i n opposizione alle acque che danno l a m o r t e . Seguendo questa via, i l testo d i Ezechiele c i aiuterà a capire i l senso d i u n altro simbolo, quello del «pesce». Sappiamo già che nella simbolica cristiana antica, i l pesce rappresenta i l cristiano. Questa interpretazione, secondo i Padri L a t i n i , è dovuta al fatto che tx^hic, è l'anag r a m m a d i Gesù Cristo Figlio d i D i o Salvatore. M a d'alt r a parte i l pesce appare generalmente i n u n contesto battesimale. I n f a t t i T e r t u l l i a n o dice: «Ma n o i , p i c c o l i pesci, nasciamo nell'acqua» (Bapt., I , 3) e Ambrogio: «Ti è stato riservato che le acque t i rigenerino con la grazia, come esse hanno generato g l i a l t r i (esseri viventi) alla vita terrestre. I m i t a questo pesce» {Sacram., I l i , 3 ) . Le p i t t u r e delle catacombe portano numerose testimonianze sul legame fra i l pesce e l'acqua battesimale. Tale legame è a n t e r i o r e al c r i s t i a n e s i m o . Gooden o u g h ha mostrato i l posto che occupava nell'arte ebraica, i n c u i l'acqua è rappresentata come pescosa e i l pesce significa la r i s u r r e z i o n e . Questo ci riconduce alTacqua viva, che è quella nella quale v i sono degli esseri viventi, e l a presenza d i pesci nell'acqua sta a significare che si t r a t t a d i acqua viva. M a più precisamente questo tema compare nel capit o l o X L V I I d i Ezechiele. A proposito del fiume d i acqua che scaturisce dal Tempio, leggiamo: «Queste acque si dirigono verso la regione orientale; esse scendono nella pianura ed entrano nel mare; e le acque del mare saranno risanate. Qualunque essere che si muove, dovunque 17

1 8

19

1 4

1 5

P S'

C f r . Théologie du judéo-christìanisme,

pp. 1 0 2 - 1 1 1 e

• 1 6 ^ppA, U N D E R W O O D , «Th e F o u n t a i n o f ' L i f e » , Paptrs, 51 (1950); pp. 9 6 - 9 9 . a

60

supra,

4 1

Dumbartóri

Oaks

L ' e s p r e s s i o n e foScop £(of|C, s o t t o l i n e a q u e s t o a s p e t t o , Wkop £òv i n d i c a l'acqua corrente. 1 7

^

V e d e r e a n c h e le i s c r i z i o n i d i Abercìo e d i Pectorio.

1 9

Jewish

Symbols,

mentre

V, pp. 3 6 - 6 1 .

61

entrerà la doppia corrente, vivrà; e q u i i l pesce diventerà m o l t o abbondante. Sulle rive d i questo mare si fermeranno i pescatori» ( X L V I I , 8-11). Se ci si r i c o r d a del r u o l o che questo capitolo occupa nella teologia dell'acqua viva, sembra evidente che è u¬ gualmente ad esso che si ricollega i l simbolismo battesimale del pesce, come ha giustamente visto A l l g e i e r . I l pesce indica i l cristiano vivificato dall'effusione dell'acqua escatologica che sgorga da Gerusalemme. Sono da notare g l i a l t r i temi che i l testo suggerisce. I l mare, che l'acqua viva b o n i f i c a all'Oriente d i Gerusalemme, è i l M a r M o r t o . L'acqua viva assume i n questa prospettiva t u t t o i l suo valore, a confronto con un'acqua i n cui n o n esiste a l c u n essere vivente. È comprensibile l'importanza che i l simbolo poteva avere per i m e m b r i d i una comunità abitante nei pressi del M a r M o r t o . U¬ gualmente per G i o v a n n i B a t t i s t a , per i l quale i l Giordano d i v e n t a i l segno dell'acqua viva che si getta nel M a r M o r t o . È interessante i l tema dei pescatori associato a quello dell'acqua viva, cioè pescosa. I l suo significato battesimale nell'arte c r i s t i a n a a n t i c a è certo, e a n ch'esso può essere stato suggerito al cristianesimo p r i m i t i v o dal passo d i Ezechiele. Hoskyns lo propone r i guardo a Giovanni ( X X I , 1-14) e ciò può essere vero anche per Luca (V, 1-11) . Ci appare ora chiaramente t u t t o i l peso che i l testo d i Ezechiele ha per l ' o r i g i n e della s i m b o l i c a c r i s t i a n a dell'acqua viva: esso c i spiega l ' i m p o r t a n z a d i questo simbolismo nei testi d i Qumràn, i n quelli d i Giovanni, nelle Odi di Salomone. È attraverso questo testo che si comprende la presenza dei t e m i annessi: i l paradiso degli alberi della vita, l a presenza dei pesci nell'acqua. Ciò comunque n o n esclude l'influenza d i a l t r i passi dell'An20

21

22

V i d i a q u a m » , Rom. 2 1

The Fourth

Gospel,

Quarl.,

39 (1931), pp. 29 e seguenti.

tico Testamento, e su questo torneremo fra poco. M a i n tanto possiamo affermare che i l testo d i Ezechiele ha a¬ vuto u n r u o l o p r e p o n d e r a n t e . A b b i a m o d i ciò una conferma i n una raccolta d i Testimonia conservate sotto i l nome d i Gregorio d i Nissa. Fra le Testimonia r i g u a r d a n t i i l battesimo, i n c o n t r i a m o una citazione d i Ezechiele, X L V I I . M a questa relazione presenta delle modifiche caratteristiche, che mostrano contemporaneamente l a sua appartenenza al fascicolo arcaico delle Testimonia, che ci documentava già VEpistola di Barnaba, e la sua a p p l i c a z i o n e a l b a t t e s i m o : «Quest'acqua, spargendosi nella Galilea, santificherà (óyiàaei) le acque e ogni a n i m a (\\f\>%i]) verso la quale andrà quest'acqua, vivrà e sarà guarita (iadriaexat)» {P. G., X L V I , 252 A). Questa è u n a citazione abbreviata d i Ezechiele, X L V I I , 8-9, ma, come abbiamo già detto, molte m o d i f i che sono caratteristiche: i l t e r m i n e xryiàoTt «guarire» è sostituito con aytàaei «santificare», l'espressione Trarrà yvjXT] tóv £uxov, che i n d i c a «gli a n i m a l i viventi» è ridotta a Tcocja yv%r\, che significa «qualsiasi anima». I l fatto che i pesci fossero designati con la parola urna yo%r\ facilitava i l passo. Rimane tuttavia da chiarire u n aspetto del testo d i Ezechiele: le acque che sgorgavano dal Tempio. Questo passaggio si r i t r o v a neWApocalisse d i Giovanni, e rappresenta u n elemento costitutivo del tema. A che cosa collegare questo legame fra i l Tempio e l'acqua viva? U n altro passo può q u i corrispondere: Giovanni, V I I , 44. E infatti nel Tempio che Gesù si presenta come la sorgente d i acqua viva. M a questa parola si colloca anche nel quadro della festa dei Tabernacoli. Ora, come abbiamo spesso osservato, u n o dei r i t i della festa dei Tabernacol i era l a libagione d'acqua. Possiamo supporre che questa libagione d'acqua nel Tempio sia stata considerata 23

L o n d r a 1947, pag. 554.

I n questi testi è i l lago di G e n e z a r e t h , e n o n i l M a r Morto, c h e è pescoso. M a nei L X X , il testo d i c e c h e l'acqua c h e sgorga dal T e m p i o «si sparge i n Galilea» (Ezechiele, X L V I I , 8). 2 2

62

^ Cfr. E . P E T E R S O N , Fruhkirche, 1959, pp. 3 2 3 - 3 2 7 . 2

Judentum

und Gnosis,

Friburgo

63

da Ezechiele come figura dell'effusione escatologica dell'acqua v i v a ? Ci ricorderemo che v i è u n testo dell'Antico Testamento, che dipende da Ezechiele, i n cui l'immagine del torrente escatologico che scaturisce da Gerusalemme, è accostata alla festa dei Tabernacoli come figura dell'adunata escatologica: questo testo è Zaccaria, X I V , 8 e seguenti. V i vediamo l'acqua viva (uScop £dv) uscire da Gerusalemme e spargersi contemporaneamente verso l'Oriente e l'Occidente - e i n un'altra parte le nazioni salire a Gerusalemme per la festa dei Tabernacoli. Sappiamo i n f a t t i che l a festa dei T a b e r n a c o l i aveva assunto u n senso escatologico, e d i conseguenza era normale che le libagioni d i acque vive apparissero come la figura dell'effusione della vita d i Dio, concepita come u n f i u m e d i acqua viva. I n questa prospettiva, come mostra J. C o m b l i n , si svela i l vero senso della parola del Cristo: «Come dice la Scrittura: F i u m i d i acqua viva scaturiranno dal suo seno». I l testo della Scrittura, al quale si rimanda q u i , è Zaccaria, i l solo testo d e l l ' A n t i c o T e s t a m e n t o i n c u i t»8cop ^GV abbia u n senso escatologico. I n Zaccaria, è dalla parte del Tempio che sgorga l'acqua, ed è dunque perché i l Cristo si considera i l Tempio della Nuova Allean¬ za, che egli attribuisce a se stesso la profezia. Sappiamo che questo tema era caro a San Giovanni. Ora l'immagine assume t u t t o i l suo significato: l'effusione d i acqua nel Tempio alla festa dei Tabernacoli è la figura dell'effusione escatologica della vita divina. E questa profezia si realizza quando i l Cristo, che è i l t e m p i o escatologico, a n n u n c i a alla festa dei T a b e r n a c o l i che l'acqua sgorga dal suo fianco. 2 4

2 5

Cfr. J E A N D A N I É L O U , «Le s y m b o l i s m e eschatologique de l a féte des Tabernacles», lrenikon, 31 (1958), pp. 1 9 - 4 0 . 2

4

« L a l i t u r g i e de l a N o u v e l l e Jérusalem», E. T. L., 2 9 ( 1 9 5 3 ) , pp. 2 9 - 3 3 . 2

64

5

Partendo da questo nucleo centrale, i l tema dell'acq u a v i v a ha a v u t o r i s o n a n z a su d i v e r s i e p i s o d i d e l l'Antico Testamento, che peraltro sono letterariamente collegati con esso e che n o i possiamo finalmente raggruppare. Seguiamo u n o r d i n e regressivo. Siamo p a r t i t i dal battesimo come effusione d i acqua viva che rappresenta l'effusione dello Spirito. Abbiamo visto che questo era la realizzazione delle profezie a n n u n c i a n t i l'effusione escatologica dell'acqua viva. M a le profezie, a l o r o v o l t a , partono dalle realtà dell'Antico Testamento, che ricordano per m o s t r a r e nel passato l a f i g u r a , i l t i p o delle realtà più a m m i r e v o l i che Dio opererà nel futuro. Abb i a m o già notato d i sfuggita diversi d i questi t e m i . Ma è utile r i p r e n d e r l i per precisare diverse a r m o n i e del s i m bolismo dell'acqua viva. I l p r i m o è quello delle acque p r i m o r d i a l i della Genesi, I , 2 e 20. Le acque c r e a t r i c i soncTin relazione con i l tema dell'acqua viva, i n quanto esse producono g l i esseri viventi. È questo u n aspetto caratteristico della tipologia battesimale. Già T e r t u l l i a n o scriveva: «Le p r i m e acque ricevettero l'ordine d i generare le creature viventi... perché non si abbia modo d i meravigliarsi se nel battesimo le acque ancora producono la vita» ( I I I , 4). È da notare la circostanza, m o l t o interessante per la teologia delle figure, d i una educazione attraverso la quale Dio si rende f a m i l i a re con i suoi m o d i d i agire i n cose i n f e r i o r i , affinché sian o più accettabili le a z i o n i che saranno c o m p i u t e dal Cristo. A m b r o g i o cita la Genesi, I , 20: «Che le acque producano dei viventi» e mostra una figura del battesimo nel testo che abbiamo r i p o r t a t o . I l tema comune è quello del pesce. La seconda figura è quella del Paradiso. Essa è d i rettamente evocata nel passo d i Ezechiele, ripreso da San Giovanni. I l legame q u i è quello degli alberi d i vita. I l f i u m e d i acque vive farà nascere i l nuovo Paradiso, come i quattro f i u m i avevano fatto nascere i l p r i m o .

65

Questo è u n aspetto del tema generale del battesimo come r i t o r n o al Paradiso, così i m p o r t a n t e nella catechesi antica e i n particolare i n quella siriar/a , che abbiamo già incontrato nelle Odi di Salomone. L a decorazione dei battisteri paleocristiani ne costituisce una testimonianza notevole, come hanno riscontrato De B r u y ne e Quasten. Uno dei t r a t t i caratteristici di questa simbolica è l ' i dentificazione dei q u a t t r o f i u m i a i q u a t t r o Vangeli. S i t r o v a i n C i p r i a n o : « L a Chiesa, a l l a m a n i e r a del Paradiso, contiene nelle sue m u r a degli alberi c a r i c h i d i f r u t t i . Essa innaffia g l i alberi con i q u a t t r o f i u m i , che sono i quattro Vangeli, per mezzo dei quali dispensa la grazia del battesimo con un'effusione celeste e salutare» (Epist., 73, 10). L o stesso tema appare i n I p p o l i t o (Com. Dan., 1, 17) ed è ripreso da Girolamo (Com. Mt., Prol. ; P. L., X X V I , 15-22). P. A. U n d e r w o o d h a s t u d i a t o i l suo s v i l u p p o nell'arte cristiana (Art, cit, pp. 71-80; 118-131). Questo ci r i c o r d a che nel simbolismo ebraico l'acqua viva poteva significare l'insegnamento della Legge. Nell'Inno O d i Qumràn è scritto: « E t u , o Dio, h a i messo nella m i a bocca questa sorgente d i acque vive che n o n sarà m a i prosciugata» (col. 8, 16). E ciò appare anche nelle Odi di Salomone (XL, 4). U n terzo tema è l a roccia nel deserto.. L a sua interpretazione battesimale risale sia a 1 Corinzi, X , 3, che mostra nella roccia del deserto i l Cristo dal quale sgorga l'acqua viva, e sia a Giovanni, VLT, 38. I l tema è ripreso dai Padri, i n Giustino: « È una fontana d i acqua viva che i l Cristo ha fatto scaturire nel deserto» {piai., L I X , 6), i n Tertulliano (Bapt., I X , 3), i n Cipriano (Epist., L X I I I , 8), i n Gregorio d i E l v i r a (Traci., X V , 163-166). I Padri stabiliscono u n parallelismo fra la roccia e la parola del Cristo alla festa dei Tabernacoli. E ciò pre26

2

^

J E A N D A N I É L O U , «Catéchèse p a s c a l e et r e t o u r a u Paradis», La

Maìson-Dieu,

4 5 ( 1 9 5 6 ) , pp. 9 9 - 1 1 9 .

suppone che la roccia del deserto e la roccia del Tempio siano assimilati. D'altra parte, l'acqua che sgorga dal costato d i Cristo sulla croce, nel q u a d r o della t i p o l o g i a dell'Esodo che è quello del Vangelo di Giovanni, appare come i l risveglio dell'acqua che scaturisce dalla roccia (Gregorio d i Elvira, op. cit.). Questa ricca d o t t r i n a è stata illustrata da H u g o R a h n e r e da B r a u n . Si noterà che, nella tipologia della roccia dell'Esodo, si tratta di acqua che disseta. I l concetto si r i t r o v a nell'ep i s o d i o della S a m a r i t a n a e i n Giovanni, V I I , 37: «Se qualcuno ha sete, che venga a me, e che beva c o l u i che crede i n me». È l o stesso pensiero che appare nelle Odi di Salomone : «Hanno bevuto, t u t t i gli assetati che sono sulla terra» ( V I , 10). Questo costituisce u n a nuova arm o n i a del tema dell'acqua viva. N o n solo è vivificante per i pesci, feconda per gli alberi; è anche potabile per gli u o m i n i : essa dà la vita anche a l o r o . Come ha r i l e v a t o B e r n a r d , i l s i m b o l i s m o ebraico dell'acqua viva passa c o n t i n u a m e n t e d a u n registro d i i m m a g i n i a u n a l t r o . S i noterà d'altronde i n San Giov a n n i i l p a r a l l e l i s m o fra ftStop £cof|c, (Apoc, V I I , 17) e àpxoc, ^«fic. (Giov., V I , 48), che sostituisce i l parallelismo ft5cop Ccofic, (Apoc, X X I I , 1) e ^\>Xov C,(ùf\q (Apoc, X X I I , 2). J Un quarto tema è quello del Gjrjrdano. Q u i i legami W ^ o r i g i n a l i con i l battesimo sono evidenti sul p i a n o r i t u a le: G i o v a n n i battezzava nel G i o r d a n o . D'altra parte i l Giordano è i l t i p o stesso d e l l ' a c q u a j y j ^ v a ^ q u ^ ^ c M fìuj me che, scorrere i l suo significato si accentua maggior/f mente nel contrasto con i l M a r M o r t o . Si comprende q u i n d i perché g l i episodi dell'Antico ^ 27

2 8

2 9

1

L

f

V 1 1

«Flumina de ventre Christi», Bìblica, 22 ( 1 9 4 1 ) , pp. 2 6 9 - 3 0 2 ,

367-403.

«L'eau et l'Esprit», R. T., 1 9 4 9 , pp. 5 - 3 0 . Questo c o r r i s p o n d e a usi rituali. I n S i r i a , l a liturgia d e l l ' i n i z i a zione c o m p o r t a v a u n a c o p p a d i a c q u a benedetta (cfr. J . - M . H A N S S E N S , La liturgie d'Hippolyte, R o m a 1 9 5 9 , pp. 1 5 9 e 4 8 4 ) . T a l e u s a n z a s i ritrova a n c h e presso i M a n d e i ( S E G E L B E R G , Masbùtà, pag. 5 9 ) , il c h e sottolinea u n a origine orientale. 2

8

2

9

66 VA

Testamento i n cui i l Giordano ha u n r u o l o - i l suo attraversamento da parte d i Giosuè, i l bagno d i Naaman, la scure d i Eliseo, l'ascensione d i E l i a - siano apparsi come figure del battesimo, II Giordano diventa nel m a n deismo i l nome d i qualsiasi acqua battesimale, e i n f a t t i è indicato con i l nome d i «grande Giordano d i acque v i ve» (Eric Segelberg, Masbùtà, pag. 38).

IV Bisognerebbe proseguire questa indagine nei secoli successivi. Testi l i t u r g i c i , c o m m e n t i p a t r i s t i c i , m o n u m e n t i effigiati, mostrerebbero come i l tema dell'acqua viva è i l cuore della teologia del battesimo. M a n o n è questo i l solo significato. A l t r i s i m b o l i s m i suggeriscono altri aspetti: m o r t e e risurrezione, purificazione. M a questo sottolinea qualcosa d i essenziale: se l'acqua viva significa lo S p i r i t o , i l battesimo dà la v i t a dello S p i r i t o . E n o n è necessario u n a l t r o s a c r a m e n t o per completarlo i n questo ordine. È quello che rifiutava ai suoi t e m p i Tertulliano, e quello che ha r i f i u t a t o nei nostri tempi Gregory Dix. La cresima è un'altra effusione dello Spirito, attraverso la quale i l vescovo associa i l c r i stiano alla sua missione apostolica.

LA NAVE D E L L A C H I E S A

I l problema del simbolismo della nave e delle sue o¬ r i g i n i , è già stato oggetto d i numerosi studi. F. -J. Dolger lo ha affrontato i n u n capitolo del suo l i b r o Sol Salutis (pp. 272-287). E. Peterson g l i ha consacrato u n a preziosa nota, p u b b l i c a t a p r i m a i n T. Z., 6 (1950), pp. 77-79, e ripresa con delle note inedite i n Fruhkirche, Judentum und Gnosis, pp. 92-96. Questa nota ha provocato u n a replica d i K. Goldammer, i n T. Z., 6 (1950), pp. 232-237. Peraltro, i n occasione dei suoi studi sul simbol i s m o della croce, H u g o Rahner è r i t o r n a t o più volte sul tema della Chiesa come nave, i n particolare i n Antenna Crucis, I I I , «Das Schiff aus Holz», Z. K. T., 66 (1942), pp. 197-227. Tuttavia alcuni l a v o r i recenti portano n u o v i element i che giustificano una ripresa d i questo studio.

L'elemento da c u i possiamo partire è l'appartenenza del tema della nave, come figura della Chiesa, alla t r a d i i zione catechetica. I l fatto è accertato da G. Strecker nel 1

1 Das Judenchrìstentum in den Pseudo-Klementinen, pp. 1 0 5 - 1 0 6 e 113.

68

B e r l i n o 1958,

69

suo l i b r o sugli s c r i t t i pseudo-clementini. I l c o n f r o n t o , appare nella lettera d i Clemente a Giacomo, a l l ' i n i z i o delle Omelie : «Il corpo intero della Chiesa somiglia ad una grande nave, che trasporta i n una violenta tempesta u o m i n i d i provenienza m o l t o diversa» (14). Segue p o i u " na lunga allegoria, i n cui Dio è i l proprietario della nave, Cristo è i l pilota, i l vescovo è la vedetta (jcpwpeuq), i presbiteri sono i m a r i n a i (vainoti), i diaconi capi remat o r i , i catechisti a i u t a n t i (vauaTOXo-yoi). L'allegoria, ispirata dalle s i m i l i t u d i n i m a r i t t i m e , continua con la comparazione fra i l mare agitato e le tentazioni del m o n d o , i passeggeri e i diversi o r d i n i della Chiesa. Strecker stabilisce che questo c o n f r o n t o spinge a p a r t i r e da u n d o c u m e n t o a n t e r i o r e alla Grundschrift, che egli colloca nella seconda metà del H I secolo, m a che è forse anteriore - e che d'altra parte r i e n t r a nella l i turgia dell'ordinazione. Questo è confermato dal fatto che r i t r o v i a m o i l confronto i n u n testo l i t u r g i c o , le Costituzioni Apostoliche. i n u n discorso che precede l ' o r d i n a z i o n e dei vescovi: «Quando r i u n i s c i la Chiesa d i Dio, sii vigile, come i l p i lota d i una grande nave, affinché le r i u n i o n i si svolgano con ordine. Prescrivi ai diaconi, come a dei m a r i n a i , d i indicare i l loro posto a i fratelli come a dei passeggeri. ! Che la Chiesa sia rivolta verso l'Oriente, come si convie| ne a una nave... Che i p o r t i e r i stiano all'ingresso degli ! u o m i n i per c u s t o d i r l i e le diaconesse all'ingresso delle \ donne, come degli aiutanti» ( I I , 57). I l parallelismo dei due passi fa pensare che le Costituzioni Apostoliche dipendano dall'Epistola di Clemente, t a n t o più che i l passo n o n fa p a r t e della Didascalia. Esso, d'altronde, rappresenta uno stato più evoluto . M a i l carattere antico del simbolo ci è assicurato da u n testo che è quasi contemporaneo al documento u t i l i z z a t o dalle Omelie Clementine, i l Trattato sull'Anta 1

2

cristo d i I p p o l i t o d i Roma. I l sìmbolo è lo stesso, ma i dettagli dell'allegoria sono diversi, per c u i va scartata o¬ gni dipendenza, trattandosi dunque d i u n tema tradizio_nale_^rjLtexioxe che possiamo a t t r i b u i r e al secondo secoJo; «Il mare è i l m o n d o . La Chiesa, come u n a nave, è scossa dai flutti, ma n o n sommersa. H a i n f a t t i con sé u n pilota esperto, i l Cristo. A l suo centro ha i l trofeo v i n c i tore della morte, come se portasse con sé la croce del Cristo. L a sua p r u a è verso l'Oriente, la sua poppa verso l'Occidente, la sua carena verso i l mezzogiorno. H a come t i m o n e i due Testamenti. Le sue f u n i sono tese come la carità del Cristo e stringono la Chiesa . Essa ha con sé delle riserve d i acque vive, come i l bagno della rigenerazione. H a dei m a r i n a i a destra e a sinistra, come d e g l i angeli c u s t o d i , che g o v e r n a n o e p r o t e g g o n o l a Chiesa. I cavi che collegano l'antenna alla cima dell'albero sono come g l i o r d i n i dei profeti, dei m a r t i r i e degli apostoli che si riposano nel regno del Cristo» (59). Si vedono comunque i n questo testo le analogie d i fondo con q u e l l i che abbiamo citato i n precedenza: l a nave è la Chiesa, rivolta verso l'Oriente; i l Cristo è i l p i l o t a . I l d e t t a g l i o d e l l ' a l l e g o r i a è però u n a l t r o . Nelle Omelie e nelle Costituzioni esso è d i spirito catechetico e liturgico; q u i è d i orientamento escatologico. Si noterà i n p a r t i c o l a r e che lo spazio al d i sopra dell'antenna è considerato come avanauoic,, i l luogo del riposo, mentre la scala (icMLtai;) eretta fino all'antenna è una i m m a g i n e ] della croce, che permette ai credenti d i innalzarsi verso . i cieli. Così i diversi p i a n i dell'alberatura costituiscono ' una scala cosmica. Come ha rilevato Dòlger , l'immagine d i I p p o l i t o e¬ voca la scala che conduce al Paradiso della Passione di Perpetua, 4, e anche l a HT|xctvf| d i Ignazio d i A n t i o c h i a (Eph., I X , 1) che solleva verso le altezze e che è la croce. 3

1

4

Cfr. A S T E R I O , Hom. Psalm., X X , 1 9 : «Tutto h a n n o r a c c h i u s o i lunghi s t r u m e n t i (1r> che n o n simbolizza la Chiesa, m a la croce. _ Questo sembra perfettamente conforme alla simbolica cristiana p r i m i t i v a , i n c u i i l simbolismo della croce occupa u n posto considerevole. E i n m o d o particolare

76

per ciò che concerne questo passo d i Giustino, l'archeologia palestinese ci porta una conferma importante. Fra i s i m b o l i scoperti negli ossari giudeo-cristiani arcaici, vi è l'aratro, v i è lo stendardo e vi è anche la nave . Questa nave è p r o p r i o come ce l a possiamo aspettare, con l'antenna che taglia l'albero e g l i dà la f o r m a d i una croce. , La nave con la sua alberatura appare come una figura \ di croce salvatrice. Questa sembra la f o r m a più antica del simbolismo salvifico della nave, che persisterà i n seg u i t o . Anche q u a n d o l a nave sarà i d e n t i f i c a t a con l a Chiesa, l'albero rimarrà i l simbolo della croce. La vela della nave comprende otto d i v i s i o n i . Ne vedremo presto la ragione i n Giustino. Avendo degli antecedenti ebrei, che Goodenough ha m i v w ^ i ' s t u d i a t o , i l simbolismo della nave nell'archeologia giùdeo-cristiana si potè i m p o r r e facilmente. Da u n lato la ^ nave appare come u n simbolo d i immortalità nei m o n u m e n t i funerari pagani, greci e r o m a n i , m a anche egizian i . È r a f f i g u r a t a come emblema d i speranza su m o l t e g e m m e o a n e l l i . I n d i c a i l viaggio felice d e l l ' a n i m a i n questa vita e nella v i t a futura. Da u n altro lato, vediamo che l'Antico Testamento conteneva u n episodio al quale abbiamo già fatto allusione, m a che riprende q u i t u t t o i l suo significato: quello dell'Arca d i Noè, come s t r u m e n t o d i liberazione escatologica. Filone d i Alessandria aveva già accostato i due t e m i e mostrato nell'Arca l'immagine dell'anima che va verso l a v i t a beata. M a più precisamente, questi diversi t e m i si r i t r o v a no presso i cristiani i n t e m p i arcaici. Essi hanno ripreso i l simbolismo della nave, come segno d i speranza d i eternità, così c o m e lo v e d i a m o n e i m o n u m e n t i funer a r i . D'altra parte h a n n o r e i n t e r p r e t a t o con u n sen8

9

s , v y , b a t o

1 0

8 Cfr. P . T E S T A , «Fruttuose r i c e r c h e a r c h e o l o g i c h e palestinesi». Osservatore Romano, 25 settembre 1960, pag. 6. 9 1 0

Jewish

Symbols

in Greco-Roman

Perìod, V i l i , pp. 1 5 7 - 1 6 5 .

L E C L E R C Q , Art. Navire, D. A. C. I . , X I I , col. 1 0 0 8 - 1 0 2 1 .

77

so cristiano i s i m b o l i usuali nelle gemme e negli anelli pagani. Di questo, Clemente d i Alessandria ci dà un e¬ sempio p a r t i c o l a r m e n t e degno d i a t t e n z i o n e , d i s t i n guendo i s i m b o l i che i c r i s t i a n i possono accettare e quelli che devono respingere; egli elenca t r a i p r i m i «la colomba (neXeiàq), i l pesce (tx^c.), l a nave spinta da u n vento favorevole (o ùpio5pouoi>aa), la l i r a musicale che u¬ tilizzava Policrate, l'ancora m a r i n a che Seleuco aveva fatto incidere, e se q u a l c u n o è pescatore si ricorderà dell'Apostolo e dei b a m b i n i salvati dall'acqua (= la rete)» (Pedagogo, I I I , 11, 59, 1). È interessante che Clemente r i c o r d i q u i , fra i simbol i pagani, quelli che esistevano già nell'ambiente giudeocristiano. Dal canto suo, Giustino conosce anche una s i m b o l i ca dell'Arca d i Noè, come emblema d i salvezza. E g l i la sviluppa i n u n notevole passo del Dialogo con Trifone: F«I1 giusto Noè con g l i altri u o m i n i del D i l u v i o , cioè sua moglie, i tre figli e le m o g l i dei suoi figli, formavano i l numero d i otto e mostravano i l simbolo dell'ottavo giorno, i l giorno i n c u i i l Cristo è resuscitato dai m o r t i . Ora i l Cristo, p r i m o g e n i t o d i ogni creatura, è divenuto, con u n senso nuovo, i l capo d i un'altra razza, d i quella che era stata rigenerata da l u i , dall'acqua, dalla fede e dal legno che conteneva i m i s t e r i della croce, così come Noè fu salvato nel legno dell'Arca, portato sulle acque con la s u a famiglia» ( C X X X V I I I , 1-2). |J£ I n questo testo decisivo è l'Arca che è lo strumento d i salvezza. M a ciò che Giustino considera è i l legno dell'Arca, che simbolizza la croce, ed è certamente i l solo s i g n i f i c a t o che offre i l s i m b o l i s m o salvifico dell'Arca p r i m a d i T e r t u l l i a n o . Su questo p u n t o G o l d a m m e r ha ragione contro Peterson. ,

u

D o b b i a m o allora r i t o r n a r e al nostro i n i z i o e chiederci i n quale m o m e n t o si colloca i l passaggio dal sim¬ bolismo cruciforme della nave al simbolismo ecclesiale. 78

Ci è dimostrato, pressappoco i n t o r n o alla stessa epoca, da due interpretazioni che sembrano indipendenti. Tertulliano, nel De Baptismo, è i l p r i m o a fare del tema u n simbolo esplicito della Chiesa: si tratta della tempesta placata. T e r t u l l i a n o ne respinge l'interpretazione battesimale e aggiunge: «Del resto, la barca prefigurava 1 la Chiesa che, sul mare del mondo, è scossa dalle onde ^ delle persecuzioni e delle tentazioni, mentre i l Signore nella sua pazienza sembra dormire, fino al .momento u l t i m o i n c u i , svegliato dalla preghiera dei'santl" egli padroneggia i l m o n d o e ridona la pace a i suoi» ( X I I , 8). Questo testo è interessante perché ci pone p r o p r i o all'origine della simbolica ecclesiale della nave. La sua continuità con i l tema ebraico della liberazione è incontestabile. Peterson ha avuto ragione nel sottolineare i l posto che v i occupa l'intercessione dei santi e i l suo carattere escatologico. Siamo v i c i n i s s i m i al Testamento di Nephtali cristiano. I l contesto è quello della tempesta placata. Infine, i l tema della Chiesa è appena accennato e osserviamo che si tratta della Chiesa universale. I sant i sono i d o d i c i Apostoli, e ciò è ancora nella linea della nave dei Testamenti che trasporta i dodici Patriarchi. E dunque indiscutibile che siamo nella continuazione del tema giudeo-cristiano. T e r t u l l i a n o oppone l a sua esegesi ad u n ' a l t r a esegesi, quella che vede nella tempesta placata una figura del battesimo. N o i possiamo pensare che i n questa esegesi la nave rappresenta la croce, come l'Arca d i Noè nell'esegesi secondo Giustino. V i è dunque u n conflitto fra le due linee giudeo-cristiane che abbiamo incontrato, jxnajejeatologica nei Testamenti e l'altra battesimale i n Giustino. D ' a l t r a parte T e r t u l l i a n o , affermando che la nave simbolizza la Chiesa, rappresenta una fase decisiva. Nel De idolatria egli conferma lo stesso concetto - ed ancora più chiaramente - a proposito dell'Arca d i Noè: «Quod in arca non fuit in Ecclesia non sit» (24). Questo argomento sarà ripreso da Cipriano i n De unitate Ecclesiae e J

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da Origene. Esso è all'origine dell'espressione: «Fuori dalla Chiesa non v i è salvezza», e pone l'accento sull'unità della Chiesa e sulla necessità d i appartenervi per essere salvati. È q u i soltanto che appare per la p r i m a volta l a simbolica della Chiesa come rappresentante i l mezzo necessario per la salvezza. L'espressione ritornerà i n papa Callisto, c i t a t o da I p p o l i t o (Elench., I X , 12, 23). Siamo nella linea d i una teologia romana dell'unità ecclesiale. M a gli sviluppi catechetici che abbiamo citato all'inizio, non sono strettamente r i c o n d u c i b i l i a questa t i p o logia. Essi ci mostrano nella nave l'immagine della chiesa locale e della sua struttura. Questo tema lo t r o v i a m o nei testi d i I p p o l i t o d i R o m a che n o n abbiamo ancora u¬ tilizzati. I n f a t t i nelle Benedizioni di Mosè leggiamo: «Le navata sono le chiese che, provate dalle p e r t u r b a z i o n i e dalla violenza dello s p i r i t o straniero d i questo m o n d o , si rifugiano nel Signore come i n un'oasi d i pace» (Mariès, pag. 176). Ci ricorderemo che I p p o l i t o è i l p r i m o autore che c i presenta l'allegoria catechetica della Chiesa. Con la sua Tradizione Apostolica, egli n o n è senza rapporto con le fonti delle Costituzioni Apostoliche. Siamo dunque cond o t t i ad a t t r i b u i r e a I p p o l i t o l'allegoria della chiesa locale, che n o i abbiamo i n c o n t r a t o all'inizio del nostro studio, partendo da u n simbolismo delle n a v i come i m m a g i n i delle chiese.

lito tale dipendenza è m o l t o verosimile, poiché egli u t i lizza i Testamenti. M a questa evoluzione è stata forse facilitata dall'importanza che, nella l e t t e r a t u r a greca, rivestiva i l tema della nave come simbolo dello Stato. Abbiamo dunque q u i u n ulteriore esempio dell'adattamento d i u n ' i m m a gine giudeo-cristiana ad un'usanza ellenistica.

Così sia Tertulliano che I p p o l i t o , indipendentemente l'uno dall'altro, ci appaiono essere stati all'origine degli sviluppi che hanno portato a vedere nella nave sia i l simbolo della Chiesa Universale, sia quello della chiesa locale. I n ambedue questo simbolismo ha delle r a d i c i giudeo-cristiane, e i n particolare sembra i n r a p p o r t o con i l tema apocalittico della nave come figura d i Israele nei Testamenti dei XII Patriarchi. Osserviamo che per Ippo-

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V I L CARRO DI E L I A

G l i s c r i t t o r i del IV secolo ci hanno lasciato degli e. lenchi d i d e n o m i n a z i o n i simboliche del battesimo che sono preziosi per illustrarcene i diversi aspetti. Così Cirillo d i Gerusalemme lo chiama «redenzione dei prigion i e r i , remissione dei peccati, rigenerazione dell'anima, abito (evSvjp:a) luminoso, sigillo (aypayiq) indelebile, veicolo (òxTma) verso i l cielo, delizie del Paradiso, garanzia del Regno, dono dell'adozione» (Procatech., 16; P. G.,

X X X I I I , 360 A-361 A). L a stessa elencazione, con soltanto qualche variante nei t e r m i n i , si trova nell'Omelia sul Battesimo, presumibilmente d i San Basilio (5; P. G., X X X I , 433 A). Gregorio di Nazianzo presenta due elenchi successivi. Del p r i mo, r i c o r d o i l gruppo «veicolo (òxr|ua) verso Dio, supp o r t o d e l l a fede, perfezione dello s p i r i t o , chiave del Regno dei Cieli» (Or., XL, 3; P. G., XXXVI, 361 B); i l secondo enumera «grazia, battesimo, unzione (xpiajia), i l l u m i n a z i o n e , veste (év8vj|i.oc) d'incorruttibilità, s i g i l l o (oxppcrjac,)» (4; 361 C). Si tratta d i definizioni tradizional i , e ne ho già studiate diverse. Alcune ci sono f a m i l i a r i , ma ve n'è u n a che si r i t r o v a nei tre elenchi e che è p a r t i colarmente singolare: quella d i «veicolo», oxima. È possibile definire a quale i m m a g i n e essa allude e, 83

d i conseguenza, quale aspetto del battesimo mette i n risalto? Si può precisare la sua origine nella tradizione? Dedico i l presente studio alle delucidazioni su questo p u n t o della catechesi battesimale antica. Esso sarà interessante i n q u a n t o c i porrà alla presenza d i un'espressione che appartiene contemporaneamente al l i n guaggio f i l o s o f i c o ed a l l i n g u a g g i o religioso, e c i d i mostrerà che si t r a t t a i n realtà d i due c o r r e n t i m o l t o diverse.

La parola Òrnuct che, nel suo senso p r o p r i o , indica qualsiasi specie d i veicolo, ha u n a utilizzazione m o l t o precisa nel linguaggio filosofico del I V e V secolo. E sar e m m o tentati d i pensare a questo senso i n n a n z i t u t t o . Esso i n d i c a i l corpo i n quanto veicolo dell'anima. Questo significato sembra risalire al Timeo d i Platone, ove leggiamo: «Gli Dei hanno dato i l corpo intero quale veicolo (òxtiua) dell'anima» (69 C). Tale senso è frequente nel medio platonismo, e Waszing ne ha sottolineati a l c u n i esempi . Così A l b i n u s dice che g l i Dei hanno posto i l corpo sotto l ' a n i m a per servirle da veicolo ( X X I I I , 1). Massimo d i T i r o parla dell' «anima beata che si r i c o r d a del D i o che l'ha posta sul veicolo (5%r)uoc) e che le ha o r d i n a t o d i esserne i l cocchiere» (Disc, XLI, 4) . I l medesimo significato lo ritroviamo negli a u t o r i cristiani. I n f a t t i Clemente d'Alessandria (Stromata, V I , 163, 2), Metodio d i O l i m p i a (Res., I I , 22; G. C. S., 376), Gregorio d i Nissa. si chiedono che cosa diventa l'anima dopo la morte, quando i l suo veicolo (òxrifia) si smembra totalmente {De An. et Resurr.; P. G., X L V I , 45 B). Si osserverà che i n Gregorio i l proseguimento dell'esposizione s e m b r a i n d i c a r e che l ' i m m a g i n e presente 1

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nella mente dell'autore è quella d i u n a nave. Si tratta dell'anima p i l o t a e n o n cocchiere. I n f a t t i i l t e r m i n e ò%r\[ia può indicare sia u n a nave che u n a carrozza o u n carro, parole d i c u i Gregorio conosceva naturalmente i l significato ( X L V I , 1001 B, 1013 B). Sembra tuttavia che Platone, paragonando i l corpo a u n veicolo, si sia piuttosto r i f e r i t o a quest'ultima interpretazione. T e r t u l l i a n o , per designare i l corpo, traduce l'espressione ò%r\y.a c o n vectaculum (Anim., 53, 3) e Sant'Agostino con vehiculum (Epist., X I I I , 2). I n questo senso l'immagine d i b%r\\x.a è stata integrata ad una tradizione filosofica comune, d i tipo platonico, m a sotto u n a f o r m a elementare. Nel neo-platonismo i n c o n t r i a m o invece u n a concezione più tecnica, che i n dica con òvnua n o n i l corpo terrestre, m a i c o r p i astrali che l ' a n i m a riveste successivamente nel corso della sua ascensione attraverso le sfere planetarie . Questa d o t t r i na è particolarmente sviluppata i n P r o c l o . Come ha illustrato T r o u i l l a r d , per Proclo esiste u¬ na corporeità fondamentale, m a che è «il p u n t o d i inser i m e n t o d i i n v i l u p p i supplementari». N e l suo Commento su Timeo, Proclo precisa che i l vovc. è portato dalla Y ^ X M la W O h a sua volta, ha u n veicolo d i fuoco (atuépiov òxTllia) e infine che v i è u n corpo terrestre (yrjivov aau.a) ( I , pag. 5; I I e seg. Diehl.). Questa concezione raggruppa, i n u n a visione sintetica, diverse linee d i pensiero, le q u a l i risalgono tutte a Platone. La d o t t r i na dell'anima quale veicolo del voùc viene da Fedra (246 A), ove la parola òxrma n o n compare, m a i n c u i si trova i l carro portato dai cavalli alati, quale veicolo del voftc M e t o d i o d i O l i m p i a adopera i l t e r m i n e òxn^a nel 3

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c n e

Cfr. G . V E R B E C K E , L'évolution de la doctrine du pneuma, du stoicisme à saint Augustin, P a r i g i 1 9 4 5 , pp. 3 6 3 - 3 7 9 ; J . - J . PooRTMAN, Ochèma, A s s e n 1954. 3

Cfr. Elements of theology, pp. 2 0 7 - 2 1 0 . V e d e r e le note di E . - R . D O D D S , pp. 1 0 3 - 1 0 7 . «Réflexions s u l l ' o s t i n a d a n s P r o c l u s » , R. E. G., 70 ( 1 9 5 7 ) , pp. 1 0 3 - 1 0 7 . 4

*

Tertulliani

De Anima,

A m s t e r d a m 1947, pag. 542.

2 V e d e r e a n c h e Hermes Trismégiste, X , 13, c o n l a nota di F E S T U G I É R E , pp. 1 2 8 - 1 2 9 ; P S E U D O - P L U T A R C O , Vii. Homer., 122.

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passo che allude esplicitamente a questo contesto: «Ci vogliono nature forti, le quali lasciandosi andare d i r i t t o sui f l u t t i della sensibilità, dirigano verso le alture i l carro (ò^Tiiia) dell'anima, n o n scostandosi dalla metà, fino a quando, dopo essere balzate con leggerezza (Kotxpcoc.) al d i là del m o n d o per la rapidità acuta dello spirito e stabilitesi sulla v o l t a (ònjric.) celeste, esse c o n t e m p l a n o puramente l'incorruttibilità» (Conv., I , 1; G. C. S., 8). T u t t i i vocaboli si riferiscono q u i al m i t o d i Fedra. All'altra estremità i n c o n t r i a m o i l tema del «corpo terrestre» da c u i siamo p a r t i t i . M a t r a i due interviene la concezione caratteristica del neo-platonismo, quella che Proclo chiama con i l nome d i òyrma. e che è i l corpo a¬ strale i n t e r m e d i a r i o f r a i l c o r p o t e r r e s t r e e l ' a n i m a . Anche questo trova la sua origine i n Platone. Egli infatt i , nel Timeo (41 e), parlando della p r i m a creazione delle anime da parte del Demiurgo, c i mostra questi «che divide le anime i n u n n u m e r o p a r i a quello degli astri, assegnandone p o i una ad ogni astro, facendovela salire come su u n c a r r o {b%r\\ia) per farle vedere l a n a t u r a dell'Universo». Così i l p r i m o corpo dato alle anime è u n veicolo d i fuoco: solo i n seguito riceveranno i l veicolo terrestre (44 e). P r i m a del neo-platonismo, questa concezione è perdurata nel platonismo, ed è i n particolare quella che i n c o n t r i a m o i n Origene e che g l i viene r i m p r o v e r a t a da Metodio d i O l i m p i a : «Egli afferma che l'anima dispone d i u n a l t r o veicolo (OX^OL) d i forma analoga al veicolo sensibile, dopo la sua d i p a r t i t a da quaggiù. E con ciò e¬ gli d i c h i a r a l ' a n i m a i n c o r p o r e a alla m a n i e r a p l a t o n i ca. Dire infatti che dopo aver lasciato questo mondo, l'an i m a ha bisogno d i u n veicolo (òxriua) e d i u n rivestimento (TtepipoXfi), come se n o n potesse sussistere nuda, non è forse definirla incorporea?» (Res., I l i , 18; G. C. S., 414-415) . 6

È da notare che la tesi sostenuta da Origene è quella di una incorporeità totale dell'anima, che riveste corpi diversi. U n po' più tardi, questa tesi è quella d i Plotino, ma e n t r a m b i possono averla presa dalla stessa fonte, forse A m m o n i o Sacca. Tale asserzione sarà m o d i f i c a ta da Proclo, i l quale a m m e t t e che l ' a n i m a conserva sempre una certa corporeità, come ha giustamente visto Jean T r o u i l l a r d (Op. cit., pag. 104). M a per ciò che ci riguarda, è interessante la d o t t r i n a del corpo astrale, comune nella scuola. P r i m a delle d i scussioni i n seno al neo-platonismo, questa d o t t r i n a è stata quella d i u n a certa corrente del medio platonismo. La t r o v i a m o i n f a t t i i n Origene e questi la prende certamente d a l m e d i o p l a t o n i s m o . È da tener presente u n passo degli Scritti Ermetici che, parlando del m o d o i n c u i l ' a n i m a è trasportata (òxevtoa), spiega, i n u n a prospettiva che anticipa Proclo, che l ' a n i m a è i l veicolo del XÓ70C., i l Xóyoc, quello del Tweuuec (che è simile al nostro ò%r\\ia) e i l Tcveùfxa quello del corpo terrestre (X, 13). Rimane da fare u n ' u l t i m a osservazione. Per i l neoplatonismo questo corpo astrale, che viene dall'etere, è ciò che permette all'anima, d i per sé i m m o b i l e , d i circolare. Bidez lo rileva a proposito d i P o r f i r i o . Giamblico fa a più riprese accenno a questa concezione: «Le anime delle diverse specie scelgono i l o r o veicoli (òx^aicc) a seconda del r a n g o che o g n u n a si è v i s t o assegnare» (379, 25; Festugière, pag. 221). Questa affermazione è direttamente un'eco del Timeo, 41 e. D i seguito Giamblico scrive: «Alcuni p l a t o n i c i ritengono che fra l'anima incorporea e i l vaso (òyyeiov) corporeo, v i sono degli abit i eterei, celesti e s p i r i t u a l i che sono al servizio dell'anima i n qualità d i veicoli» (385, 4-8; Festugière, 237) . Per 7

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Vie de Porphyre, 1913, pp. 8 9 - 9 0 B . Cfr. a n c h e J E A N P É P I N , «Le s y m b o l i s m e néo-platonicien de la vèture», Augustinus Magister, 1, p. 298. 7

Cfr. a n c h e G I U L I A N O , Disc, I V , 18, H e r t l e i n , pag. 197 B : il Sole dà q u a l c o s a della l u c e d i v i n a c o m e u n veicolo (òxnuxx) per u n a d i s c e s a s i c u r a nel m o n d o del d i v e n i r e . J E A N P É P I N c i t a q u e s t o testo (Op. cit., pag. 298), m a lo interpreta male. 8

^ Cfr. J E A N D A N I É L O U , « L a résurreclion des corps c h e z Grégoire de Nysse», V. C, 7 (1953), pp. 1 6 6 - 1 7 0 .

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cui le anime circolano su questi veicoli ignei. I l corpo a¬ strale assimilato a questi veicoli, ci potrà indicare l'origine dell'utilizzazione battesimale del termine? Certi elementi ci inclinano i n questo senso, i n p a r t i colare l'accostamento con èvÒULtcx che è r i c o r r e n t e nel neo-platonismo. Si tratterebbe allora n o n d i u n corpo i ¬ gneo che sostituisce i l corpo terrestre, m a del 7rv£\)Lia d i vino che vivifica l'uomo intero nel suo corpo e nella sua anima. V i si aggiungerebbe l'idea che questa vivificazione è nel contempo un'ascensione che conduce i l battezzato nella sfera celeste, n o n q u e l l a d e g l i a s t r i , bensì quella della divinità stessa. Abbiamo rilevato altrove che u n ' i m m a g i n e parallela, presa anche da Platone, è utilizzata i n questo senso dai Padri: le a l i dell'anima, che la sollevano fino alla volta celeste, diventano le ali della colomba, lo Spirito Santo, che innalza l'anima fino alla Trinità . Tuttavia, una ricerca sul simbolismo dell'o^nLia nei Padri della Chiesa ci fa conoscere un'altra via che deriva dalla Bibbia. Essa si ricollega a diversi passi. I l p r i m o è Ezechiele, I , 4 e seguenti, i n c u i si parla della visione d i Dio sorretto dai serafini; questi sono paragonati a delle r u o t e . Si t r a t t a d u n q u e del c a r r o d i D i o , la Merkaha. Questa è d e n o m i n a t a òmua negli a p o c r i f i del Vecchio Testamento (Test. Abr., 10), e l'espressione è ripresa dai Padri del I V secolo. Così leggiamo i n Gregorio d i Nazianzo: «Ezechiele ci descrive i l veicolo (òxnLia) d i Dio, cioè i cherubini e i l trono che è sopra d i l o r o e i l f i r m a m e n t o sotto i l t r o n o e Colui che è rappresentato nel firmamento» (Or. X X V I I I , 19; P. G., X X X V I , 52 A). Nei Settanta (Ez., X I , L L L , 3) l a Merkaha è tradotta con apjia (carro da guerra), m a più esattamente Gregorio la traduce con òx^Lia, i l c u i significato è più generale. P r i m a del I V secolo, la stessa traduzione si trova i n 9

u n passo notevole d i Metodio d i Olimpia. Questi, c r i t i cando l'òxniicc spirituale d i Origene, vuole mostrare che i l corpo è sempre composto d i quattro elementi, e per questo sviluppa l'analogia del microcosmo e del macrocosmo : come i l m o n d o intero è costituito da quattro e¬ l e m e n t i , così è del corpo u m a n o . Prosegue q u i n d i : «È per questo che i l profeta (Ezechiele), volendo evidenziare l a presidenza e l ' a m m i n i s t r a z i o n e dell'universo da parte d i Dio, ci espone la condotta (f\vicaricac,) e la direzione intelligente dei cherubini dai q u a t t r o v o l t i come dirette dal Logos. D i f a t t i all'aria corrisponde esattamente l'uomo, che è u n a p i a n t a celeste, i l leone simbolizza i l fuoco per la sua rapidità, i l bue rappresenta la terra e l'acqua è significata dall'aquila, perché gli uccelli sono nati dall'acqua. Dio dunque, tenendo i n m a n o e governando l'aria e la terra, l'acqua e i l fuoco con la sua volontà, come u n veicolo (òxTlLia) tetramorfo, dirige (f|vto%eì) ineffabilmente l'universo m a n t e n e n d o l o nella sua persistenza» (Res., I I , 10; G. C. S., 351-352). Osserviamo q u i che M e t o d i o assimila la Merkaba alle concezioni ellenistiche. Già la Cohortatio dello pseudo-Giustino l a accostava al carro alato d i Zeus i n Fedra, 246e. M a v i è un'allusione ad una visione più filosofica, quella del carro cosmico. La si t r o v a nel Trattato del Mondo, che è del I secolo della nostra èra e rappresenta una concezione neo-aristotelica (400 b; Festugière, Le Dieu cosmique, pag. 475). Meglio ancora, essa è esplicitamente sviluppata, c o n i l tema dei q u a t t r o elementi, nel testo d i Dione Crisostomo, che sembra riprendere alcuni elementi i r a n i a n i . Peraltro queste interpretazioni sono state presto i n tegrate nell'esegesi biblica. Filone paragona ai quattro e¬ l e m e n t i i q u a t t r o a n i m a l i della Genesi, X V , 8 (Quaest. Gen., I l i , 3). Più v i c i n o a M e t o d i o , Ireneo i n t e r p r e t a i 10

J . B I D E Z , Les mases hellénisés, I I , P a r i g i 1 9 3 8 , pp. 1 4 2 - 1 4 ; F . B U F F I É R E , Les mythes d'Homère et la pensee grecque, P a r i g i 1956, pp. 1 1 3 - 1 1 4 . 1 0

Cfr. J E A N D A N I É L O U , « L a c o l o m b e et l a ténèbre», Eranos buch, 23 (1955), pp. 3 8 9 - 4 1 8 . 9

Jahr-

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quattro a n i m a l i d i Ezechiele con i quattro p u n t i c a r d i nali, dando q u i n d i l o r o u n significato cosmico ( I I I , 11, 8). Ritroveremo queste s i m i l i t u d i n i i n seguito. L'essenziale, per ora, è l'indicazione della Merkaha, da parte d i Metodio, con i l termine hyy\^,a. Possiamo tuttavia pensare che questo tema abbia a¬ vuto u n collegamento con i l battesimo? U n curioso passo del De Baptismo d i Tertulliano, ci i n d i c a nelle acque p r i m o r d i a l i «il veicolo (vectaculum) d i Dio». Come ha r i l e v a t o Waszing, i l t e r m i n e , che è u n n e o l o g i s m o d i Tertulliano, è la traduzione esatta d i òx^lM-ct. Ora è m o l t o verosimile che i l tema della Merkaha sia soggiacente. E R. F. Refoulé ha senza d u b b i o ragione nel t r a d u r r e i l termine con «trono». T e r t u l l i a n o i n f a t t i , elogiando l'acqua, vuole indicare che v i f u u n t e m p o i n c u i essa era i l solo elemento e dunque l a Merkaha. Peraltro C i r i l l o d i Gerusalemme, i n u n contesto battesimale, parla d i Cristo che c a m m i n a sulle acque come «cocchiere (f|vióxoc,) del mare» (Parai, 8; P. G., X X X I I I , 1140 B) e come «cocchiere e creatore (rcounTncì delle acque» (9, 1141 A). La parola «cocchiere» evoca q u i l ' i m magine d i Nettuno che guida i suoi cavalli e i l suo carro che sono i l mare stesso. M a l'espressione «creatore e cocchiere» amplifica l'immagine nel senso d i carro cosmico e si ricollega a Dione Crisostomo e a Metodio. Può essere preso i n considerazione u n secondo tem a biblico, quello del carro d i Elia, i n c u i E l i a stesso è innalzato verso i l cielo. I l testo è citato dai Padri del I V secolo. Gregorio d i Nazianzo ne fa accenno nel passo i n cui parla della Merkaha : «Un carro (apnee) d i fuoco i n nalza E l i a verso i l cielo (rcpòc, ot)pavóv), mostrando che i l g i u s t o è al d i sopra dell'uomo» ( X X V I I I , 19; 49 C). Gregorio d i Nissa allude frequentemente al t e m a che stiamo esaminando: «Come Elia, i l nostro spirito (8tctvota) sollevato sul carro (àpLicx) d i fuoco, viene trasportato nell'aria verso le bellezze celesti - per fuoco possiamo intendere lo S p i r i t o Santo» (In Cam., 10; P. G., X L V I , 380 C; cfr. Beai, 6; 1272 D; Laud. Basii, P. G.,

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X L V I , 804 C). Questi testi si riferiscono all'ascensione spirituale. U n a l t r o passo vede nel carro d i E l i a una figura del- • l ' I n c a r n a z i o n e : esso rappresenta l a n a t u r a d i v i n a che scende sulla terra e che p o i si innalza trasferendo la nat u r a u m a n a nei cieli. Anche C i r i l l o d i Gerusalemme accosta i l carro d i E l i a a quello che eleva i l Cristo i n cielo (Cai., X I C , 25; P. G., X X X I I I , 857 B). Tuttavia si presenta una difficoltà nel ricollegare i l tema del veicolo battesimale al carro d i Elia, ed è costit u i t a dal t e r m i n e òepuce c o m u n e m e n t e usato i n questo caso, mentre a volte si i n c o n t r a òx^tia, come ad esempio nelle Omelie d i Macario (XXV, 9; P. G., X X X X I V , 1167 D). Si può allora cercare se alcuni passaggi presentano i l termine òxT|jxa i n u n contesto che si riferisca al carro d i Elia. I n Gregorio d i Nissa abbiamo u n passo che ha m o l te analogie con quello d i In Cant.: «Come potrebbe qualcuno raggiungere la sommità, se è tutto preso dalle cose d i quaggiù? Come potrebbe involarsi (òwTrtevn.) verso i l cielo senza disporre dell'ala (Ttxepft)) celeste? Chi è a t a l p u n t o estraneo a i m i s t e r i evangelici da ignorare che n o n esiste che u n veicolo (òrnua) per i l viaggio verso i l cielo, simile alla f o r m a della colomba che vola, d i c u l i j Profeta Davide avrebbe desiderato avere le ali? E così che l a S c r i t t u r a è solita i n d i c a r e s i m b o l i c a m e n t e la potenza dello S p i r i t o Santo» (Virg. I I ; P. G., X L V I , 365 B-C). Sembra che Gregorio unisca due t e m i d i s t i n t i : vi è da u n lato quello delle a l i che viene da Fedra d i Platone, m a quello dell'c-xil^a appare diverso. A l i e veicolo sono ambedue i m m a g i n i della virtù dello Spirito Santo. Abb i a m o p r i m a visto Gregorio assimilare i l carro d i E l i a alla virtù dello Spirito Santo: verosimilmente è a questo carro che egli q u i allude con i l termine òxn.|xa, tanto più che i l parallelismo fra l'ala e l'c-xilM-a si r i t r o v a i n a l t r i suoi passi, ad esempio nel Trattato sui Salmi : «La gloria di Dio è come u n veicolo (ostina) e un'ala (ntEpóv) per

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colui che è preso per mano da Dio, quando si allontana dalle opere vergognose» ( X L I V , 456 A). La «mano d i Dio» è una delle d e n o m i n a z i o n i dello Spirito Santo, ed è ancora lo S p i r i t o Santo che q u i solleva l ' a n i m a . Appare q u i n d i possibile che l'ò^nua Ttpòc, o-òpavóv, che i n Cirillo d i Gerusalemme, Gregorio d i Nazianzo e Basilio i n d i c a i l battesimo, si riferisca al carro d i Elia. Dobbiamo però esaminare se possediamo elementi sufficienti che ci consentano d i pensare che i l carro d i E l i a sia stato collegato al battesimo. E questo si verifica p r o p r i o i n due degli a u t o r i citati. Cirillo d i Gerusalemme, i n u n testo i m p o r t a n t e , considera l'ascensione d i E l i a come una figurazione del battesimo: «Elia è rapito, m a nell'acqua: difatti egli p r i m a attraversa i l Giordano, p o i è innalzato dai cavalli (inTcnAmeì) verso i l cielo» (3; P. G., X X X I I I , 433 A). L ' i m magine è chiara: mostra i l battesimo c o m p i u t o sia con la purificazione nell'acqua, rappresentata dall'attraversamento del Giordano, sia con l'elevazione verso i l cielo, che indica i l dono dello S p i r i t o Santo. Si noterà i l legame fra l'ascensione d i E l i a e i l Giordano, e questo giuoca u n r u o l o i m p o r t a n t e nell'accostamento fra i l carro d i E l i a e i l battesimo. Tale legame, che si trova nella Scrittura, è sottolineato i n particolare dalla t r a d i z i o n e escatologica. Pertanto i l tema dell'ascensione d i Elia, p u r n o n i n c o n t r a n d o s i m o l t o d i frequente, risulta attestato. È probabile che l'associazione con i l tema del Giordano sia raffigurata i n u n affresco del c i m i t e r o d i D o m i tilla (D. A. C. L., IV, 2671). La si vede comunque sui sarcofagi, sia sotto f o r m a d i onde che rappresentano l'acqua, sia sotto f o r m a d i u n personaggio coricato sotto i l &arro, alla maniera i n c u i gli A n t i c h i rappresentavano i f i u m i . Questa associazione iconologica del Giordano, sempre collegata al battesimo, e dell'ascensione d i Elia, 11

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Cfr. l'espressione p a m f e t e , o ^ u a (P. G , X L V I , pag. 692 C - D ) .

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L E C L E R C Q , «Helios»,Z>. A. C. L., V I , 2 1 4 8 - 2 1 5 1 .

doveva normalmente condurre a vedere i n essa una figurazione del battesimo. Gregorio d i Nazianzo, nello stesso sermone i n c u i c h i a m a i l battesimo ÒXTIM-O. Ttpòc. ueóv (361 B), precisa l'accostamento tra i l carro d i E l i a e la grazia battesimale. C o m m e n t a n d o l a d e f i n i z i o n e d i b a t t e s i m o c o m e (pconaLia, egli cita u n certo n u m e r o d i episodi i n c u i la luce appare nell'Antico Testamento: «È la luce che h a ^ rapito E l i a nel carro (apLux) d i fuoco, senza consumare colui che è stato rapito... È la luce i n n a n z i t u t t o che è l ' i l l u m i n a z i o n e battesimale, che contiene i l grande e stupendo mistero della nostra salvezza» (365 A-B). -J Anche q u i la luce è presentata come simbolo della potenza dello S p i r i t o Santo. I n questo passo è considerato i l carattere igneo del carro d i Elia, più che i l suo r u o l o d i veicolo verso i l cielo. R i m a n i a m o c o m u n q u e sempre i n u n o stesso contesto nel quale è la grazia battesimale che viene espressa, i n quanto virtù dello Spir i t o Santo che trascina nella vita celeste . Così i l contesto a c u i si riferisce i l simbolismo battesimale d i oxnua ci sembra essere principalmente i l r a p i mento d i Elia. Diciamo principalmente, i n quanto t r a la Merkaha d i Ezechiele, i l carro d i E l i a ed altre rappresent a z i o n i ancora, i P a d r i stabiliscono delle analogie. Ne abbiamo u n esempio i n Gregorio di Nissa, tanto più i n teressante i n quanto l'argomento è battesimale. Si tratta dei carri degli Egiziani e degli E b r e i nella traversata del M a r Rosso: «Vi era una forza (SuvaLtic,) invincibile che"] operava la distruzione degli Egiziani con le meraviglie del mare e che la Scrittura chiama cavalleria. M a anche Davide ha accennato al carro (apM-ct) d i Dio quando scrive: I l carro d i Dio è più che decine d i migliaia, alle quali sono sottomesse le m i g l i a i a d i coloro che guidano. E d anche la potenza (SÙVCXLIIC.) che ha innalzato i l profeta 13

Cfr. a n c h e S A N T ' A M B R O G I O : «Elia aprì il cielo e vi fu trasportato dal c a r r o ; voi a n c h e potete salirvi se ottenete il s a c r a m e n t o della grazia» (De Helia et jejunio, 8 5 ; C. S. E. L., 464). 1 3

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E l i a dalla terra alla regione dell'etere, è i n d i c a t a d a l le Scritture c o n i l nome d i cavalli» (In Cant., 3; P. G., L X V L I V , 812 A-B). I l b a t t e s i m o t r a s m e t t e a d o g n i battezzato questa SvjvaLiic. ché simbolizzà\ii*carro: «Non è possibile essere s i m i l i alla cavalleria che sommerse nell'abisso i carri degli Egiziani, se n o n si è stati liberati t r a m i t e l'acqua sacramentale dalla schiavitù dell'avversario» (813 A). Q u i la Merkaha, i l carro d i Elia, i carri d i Israele, sono simb o l i paralleli della grazia dello S p i r i t o , concessa dopo l'attraversamento del Giordano battesimale. R i m a n e t u t t a v i a da esaminare u n u l t i m o contesto biblico, che c i p o r t a verso una direzione diversa e i n u n altro ambiente. L'Ode di Salomone 38, c o m i n c i a così: «Sono salito sulla luce della verità come su u n veicolo (markabhta) e la Verità m i h a preso e guidato; ed essa m i ha protetto da scogli e onde» (1-2). I l t e r m i n e markabhta indica qualsiasi specie d i veicolo, ed è i l corrispondente siriaco d i Merkaha. Q u i n d i potrebbe indicare u n carro, m a come J. H . B e r n a r d ha giustamente osservato , i l brano orienta verso u n altro senso. Le onde d i c u i si parla a l versetto 2, fanno pensare a una traversata, e perciò i l t e r m i n e siriaco può avere e s a t t a m e n t e q u e s t o senso. E u g u a l m e n t e l a p a r o l a òxnLicx i n greco, che ne è l a traduzione esatta. A b b i a m o pertanto u n ò^njia che è una nave. M a poiché sappiamo che i l contesto delle Odi è battesimale, ne risulta q u i che l'òmM-ot appare come u n t i t o l o del b a t t e s i m o . È questa un'indicazione m o l t o preziosa, i n quanto le Odi risalgono al secondo secolo e ci pongono i n u n ambiente giudeo-cristiano arcaico. Abbiamo visto che l a nave aveva u n r i f e r i m e n t o b i blico, e B e r n a r d sembra avere ancora ragione quando pensa al Diluvio. Raggiungiamo q u i u n o dei p u n t i classici della t i p o l o g i a b a t t e s i m a l e , e i n questa t i p o l o g i a r

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The Odes of Salomon,

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Bible et Liturgie, 2 e d . , P a r i g i 1951, pp. 3 0 4 - 3 1 8 . a

C a m b r i d g e 1 9 1 2 , p a g . 123.

l'Arca svolge u n ruolo capitale: essa indica per Giustino l a Sùvauic, d e l C r i s t o c h e opera nell'acqua (Dial, C X X X V I I I , 2-3). L o stesso pensiero si r i t r o v a i n Cirillo d i Gerusalemme (P. G., X X X I I I , 982 A). T e r t u l l i a n o v i scorgeva l'immagine della Chiesa e tale interpretazione rimarrà i n Occidente. M a nelle Odi, è l'idea della ÒUVOCLLIC, divina che è designata c o n òxriM.a, e ciò è m o l t o v i c i n o alle concezion i che n o i abbiamo i n c o n t r a t o per i l carro d i Elia. L'allusione a l D i l u v i o è confermata da u n testo d i E p h r e m , ove, sempre i n u n contesto battesimale, l'Arca d i Noè è c h i a m a t a «veicolo» (r'khubheh). M a siamo u s c i t i u n po' fuori tema, perché tutto ciò riguarda i l simbolismo della nave. L a ricerca b i b l i c a che abbiamo svolto, c i p o r t a p r a t i camente a riconoscere due o r i g i n i bibliche dell'espressione b%r[[ia applicata al battesimo. D a u n lato troviamo i l t e r m i n e òx^Lta c h e t r a d u c e Merkaba, i l v e i c o l o d i Jahweh i n Ezechiele, m a senza r i f e r i m e n t i precisi a l nostro tema; dall'altro si evidenzia che i l tema battesimale che ci interessa è collegato all'ascensione d i Elia, m a raramente i n c o n t r i a m o òx^mct per indicare i l carro. Sembra q u i n d i che I'ÒXTIUCX battesimale risulti dalla fusione d i questi due t e m i . A questo p u n t o , possiamo trovare qualcosa che c i consenta d i spiegare questa f u sione a l I V secolo? A b b i a m o visto che i n Gregorio d i Nissa questo collegamento era n o r m a l e , m a v o g l i a m o mostrare come si è a r r i v a t i a considerare che i l battesimo rappresentava l'ascensione del cristiano sul veicolo d i Dio. N o t i a m o subito che l'idea non sembra impossibile. La t r o v i a m o i n f a t t i i n San Giovanni Crisostomo, i n u n contesto escatologico. N e l commento su / Tessalonicesi, IV, 16, egli scrive, confrontando l'cmaviriati; d i u n re terrestre a quella c o n la quale i santi andranno sulle n u b i incontro al Cristo: « I b a m b i n i e q u e l l i che sono degni d i essere b a m b i n i escono su u n veicolo (òxtm«) per vederlo e g l o r i a r l o ; n o i s i a m o p o r t a t i sul veicolo (ÒXTIMCO d e l

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Padre. E g l i stesso i n f a t t i l'ha ricevuto sulle n u b i e n o i saremo r a p i t i sulle nubi» (P. G., L X I I , 440). I l testo fa q u i n d i una comparazione fra l'Ascensione del Cristo e 1/ascensione del c r i s t i a n o : la p r i m a ebbe l u o g o s u l l a Merkaba, e così sarà della seconda. Questo legame della Merkaba e dell'Ascensione del Cristo è notevole. Ci r i corda l'antica tradizione d i Antiochia, quella del Vangelo di Pietro, X X X , e dell'Ascensione di Isaia, I I , 17. M a ciò che a n o i q u i interessa è che C r i s o s t o m o considera normale che sia anche la Merkaba, l'ovnitct T t riaTpóc, che rapisce i cristiani nella l o r o ascensione u l t i ma verso i l cielo. Ci sembra che, per spiegare questo p u n t o , d o b b i a m o r i f e r i r c i alle rappresentazioni elleniche. M a n o n si tratta del tema filosofico dell'ò/nua, che ci era d a p p r i m a venuto i n mente, bensì d i un'altra linea, più mitologica, quella dell'apoteosi concepita come u n rapimento sul carro di Helios. C u m o n t ha s t u d i a t o le o r i g i n i d i questa r a p p r e - ' sentazione . Essa è senza d u b b i o d i provenienza orientale, e la si trova associata al culto d i M i t h r a . A l l ' i n i z i o appare a t t r i b u i t a agli i m p e r a t o r i , i n relazione al culto solare. Così, a proposito d i Costanzo, i l panegirista l a t i no scrive: «Tu che i l sole stesso, per p o r t a r t i i n cielo, accolse sul suo carro» (Panegirico, IV, 14). E u n a p i o ci riferisce u n oracolo i l quale a n n u n c i a a G i u l i a n o che, dopo la sua morte, egli sarà r a p i t o dal veicolo (òxr\\ia) del sole: «Allora verso l ' O l i m p o t i condurrà u n veicolo d i fuoco sfolgorante (mp\Xa\inkq paaiXétoc, (pam^cov (ptòc, yvuxjetot;». De Jonge osserva che i l modo i n c u i la citazione è r i p o r t a t a sembra contenere un'allusione a Matteo, I I , 2, la stella dei M a g i . I n f a t t i nel testo d i Numeri la stella indica i l Messia stesso. Q u i essa designa u n astro che appare e che è i l segno della venuta del Messia. Ciò è sottolineato dalle parole èv oùpavcò che si ritroveranno a proposito della «stella dei Magi» i n Ignazio, Efesini, X I X , 2, e i n Giustino, Dialogo con Trifone, CVI, 4. L'allusione al «re» r i m a n d a anche a Matteo, I I , 2. I n f i n e l'espressione cta-cpov àuTOij r i c h i a m a ÒCUTOÙ TÒV òoxépa dello stesso passo. La fine della citazione è attinta da Osea, X, 12. Si noterà che l'applicazione della profezia della stella al Messia sacerdote, è estranea a i d o c u m e n t i d i Qumràn, salvo forse al C. D. C. Sembra 7

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È d a notare c h e all'infuori di Qumràn, Num., X X I V , 17 è citato da F i l o n e n e l l ' u n i c o p a s s o m e s s i a n i c o della s u a o p e r a (Praem., 16, 95). Cfr. M. A. C H E V A L L I E R , L'Esprit et le Messie dans le bas judaisme el le Nouveau Testament, Parigi 1958, pag. 39. ^

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The Testaments

of the XII Patriarchs,

pag. 154.

supporre l'unità cristiana del Messia sacerdote e re ad u n tempo. L a seconda citazione si trova nel Testamento di Giuda, X X I V , 1: «Avatetei òtatpov è£ ìatccóp* KOCÌ òvaarnaeioti avOpawuoc. ùx; f\X\oc, SiKaiocjvjvTic», L a citazione è conforme a i Settanta, che leggono avupttmoc, per schebet. È da osservare l'accostamento con Malachia, I I I , 20, accostamento che si potrebbe supporre anche nella fine del Testamento di Levi, X V I I I , 3, «èv f\Xitì) fiLtépa». A n che Malachia, I I I , 20, si trova nella raccolta delle Testimonia cristiane. La presenza d i Numeri, X X I V , 17, nella raccolta delle Testimonia arcaiche è p e r a l t r o d i m o s t r a t a dall'uso che ne fanno gli a u t o r i più a n t i c h i che le utilizzano. I l p r i m o è Giustino. È i n r i f e r i m e n t o a l nostro testo che «stella» è menzionata nell'elenco dei t i t o l i t r a d i z i o n a l i del Cristo: «Egli è n o m i n a t o stella (ccorpov) dalla bocca stessa d i Mosè, Oriente (òvaToXfi) da quella d i Zaccaria, bastone (papSocJ, fiore (òcvuoc.), p i e t r a angolare (Xi-doq ÒKpOTtovioaoc,)» (Dial., C X X V I , 1). Si noterà che pàpooc, e av^oc, provengono da Isaia, X I , 1, che a b b i a m o già t r o v a t o a c c o s t a t i a Numeri, X X I V , 17, nei testi d i Qumràn . Analogo accostamento r i t r o v i a m o i n u n altro passo d i Giustino: «Un altro profeta, Isaia, annuncia la stessa cosa i n a l t r i t e r m i n i . Una stella si alzerà da Giacobbe e u n fiore spunterà sul t r o n co (pi^cc) d i lesse. Questa stella l u m i n o s a che si alza, questo fiore che cresce sul tronco d i lesse, è i l Cristo» (/ Apol, X X X I I , 12-13). Q u i Numeri, X X I V , 17, e Isaia, I X , 1, sono fusi i n usa sola citazione a t t r i b u i t a a Isaia. Questo t i p o d i c i t a z i o n i composite, frequente nella p r i m i s sima letteratura cristiana, i n particolare nello PseudoBarnaba, è caratteristico dell'appartenenza dei testi alle Testimonia. U n a terza citazione d i G i u s t i n o c i p o r t a a l t r i ele9

S u questo accostamento, cfr. M.A. C H E V A L L I E R , L'Esprit et le Messie dans le bas judaisme et le Nouveau Testament, Parigi 1958, pp. 32-34. 9

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menti: «Mosè stesso ha fatto intendere che doveva alzarsi come u n astro dalla stirpe d i Abramo. Ecco le parole: Un astro si alzerà da Giacobbe e u n capo (fiToÙLievoc) da Israele. E un'altra Scrittura dice: Oriente (cwaToMO è i l suo nome (Zaccaria, V I , 12). Così, quando u n astro si levò dal cielo alla sua nascita, come è scritto nelle Memorie degli Apostoli, i M a g i dell'Arabia, riconoscendo l'avvenimento, vennero e l'adorarono» (Dial., CVI, 4). È da osservare la traduzione f)-yo\)LLevo su «l'anno d i grazia», che v i vede una predizione del fatto che i l m i n i s t e r o del Cristo sia durato solamente u n anno. Questa è u n a interpretazione letterale che si i n c o n t r a anche i n Clemente Ales-

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sandrino (Stromata, I , 2 1 , 145) . Ireneo, al contrario, vede i n questo «anno» i l tempo della Chiesa ( I I , 22, 2) r i e m p i t o dalla predicazione. G l i elementi s i m b o l i c i sono gli stessi, m a le interpretazioni divergono. Del resto, sulla questione che c i interessa, incontreremo negli gnostici dei parallelismi ancora più decisivi con g l i e b i o n i t i e i cattolici. Clemente Alessandrino, riferendoci l'insegnamento d i Teòdoto, scrive: «Gli Apostoli (per lui) sono stati sostituiti a i d o d i c i segni dello Zodiaco: poiché, come la generazione è regolata da questi, così la rigenerazione è diretta dagli Apostoli» (Except., 25, 2). I l P. Sagnard con ragione rimanda i n calce - con u n errore d i r i f e r i m e n t o : 23 invece d i I I , 23 - alle Omelie clementine. Q u i d i f a t t i siamo t o t a l m e n t e n e l l o stesso contesto. La sostituzione degli Apostoli ai Cosmocratori, della libertà evangelica alla cattività del destino, è q u i a m m i r e v o l m e n t e espressa, q u a l u n q u e sia i l substrato dell'autore; e del resto, i d o d i c i segni dello Zodiaco sono esplicitamente m e n z i o n a t i . Queste speculazioni si r i t r o v a n o nei trattati gnostici successivi. La Pistis Sophia ne è piena. I dodici eoni costituiscono i l giorno; l'ora d i mezzogiorno è Adamas, i l dodicesimo eone (67; S c h m i d t , 107). Questa è u n ' a l l u sione al Salmo XC, 6. U n t r a t t o notevole è l'opposizione fra le dodici regioni degli eoni e la tredicesima che è loro superiore (50; Schmidt, 69). F i n o r a n o n avevamo i n c o n t r a t o questo t i p o d i opposizione. Adesso la t r o v i a m o i n S a n t ' E f r e m , i n u n a prospettiva ortodossa: g l i Apostoli sono i d o d i c i g i o r n i , 6

7

i l Cristo è i l tredicesimo (Hymn. Epiphan., I , 11). Tale genere d i opposizione appare come puramente orientale, e ciò ci mostra che la simbolica che studiamo n o n è specificamente greco-romana. U n altro passo, della Pistis Sophia m e r i t a la nostra attenzione. Si tratta d i u n commento d i Luca, X X I I , 28¬ 30: «Voi sarete seduti su dodici t r o n i , giudicando le dod i c i tribù d'Israele». I l nostro autore vede i n questo passo la restaurazione dei d o d i c i salvatori nelle regioni celesti d i ciascuno d i essi, e i l r u o l o dei d o d i c i apostoli i n questa restaurazione (cmoKazàaxaKJic,) (50; Schmidt, 68). T r o v i a m o un'esegesi m o l t o vicina i n Origene {Commento a Matteo, XV, 24) ispirata alla Genesi, X L I X , 27 e a Luca, X X I I , 30: le d o d i c i tribù rappresentano i p o p o l i celesti, i p a d r i delle d o d i c i tribù sono dodici astri; i pop o l i celesti saranno g i u d i c a t i dai dodici Apostoli. Le due esegesi sono esattamente parallele. Origene è ancora più preciso della Pistis Sophia, assimilando i d o d i c i Patriarc h i a d o d i c i astri che presiedono le d o d i c i regioni celesti: ciò è chiaramente un'allusione allo Zodiaco. Un'altra opera gnostica tardiva, pubblicata da Cari Schmidt, ci dà u n r i f e r i m e n t o interessante. I l Monogeno vi è presentato tenendo nella sua m a n o destra le dod i c i paternità, nella f i g u r a dei d o d i c i Apostoli, e nella sua m a n o s i n i s t r a le t r e n t a potenze (Suvàueic,). T u t t e queste potenze circondano i l Monogeno come u n a corona, secondo l a parola d i Davide: «Io loderò l a corona dell'anno nella t u a bontà» (Salmo LXIV, 12). E d i f a t t i la moltiplicazione dei d o d i c i Apostoli per le Trenta Potenze corrisponde a i d o d i c i mesi d i trenta g i o r n i che costituiscono l'anno. p \f j, È chiaro che anche q u i , soggiacente alla speculazione dell'autore, abbiamo u n parallelismo fra i d o d i c i A- f ^ W n ^ postoli e i d o d i c i mesi, corrispondente ad una s i m b o l i - k ^ P ^ l f ca del M o n o g e n o come «anno perfetto». La citazione 1 V del Salmo LXIV, 12, è particolarmente interessante, perché ha certamente fatto parte della documentazione sul Verbo simbolizzato come «anno perfetto». pyx

v

Cfr. a n c h e Stromata, V , 6, 37, 4. I n questo passo s i tratta del senso s i m b o l i c o delle t r e c e n t o s e s s a n t a c a m p a n e l l e attaccate a l l a veste del s o m m o sacerdote. S i potrebbe obiettare, c o m e già I r e n e o a p r o p o s i to degli gnostici, c h e l'anno h a i n realtà t r e c e n t o s e s s a n t a q u a t t r o giorni (Adv. haer., I I , 24, 5). M a n o n si tratta di u n ' i m p r e c i s i o n e , c o m e d i c e R. - M . G R A N T (Gnosticism and Early Chistianìty, pag. 64): i l n u m e r o si r i ferisce, i n effetti, a l l a d i v i s i o n e i n t r e n t a g r a d i d e i d o d i c i segni dello Z o d i a c o : n o i s i a m o ricondotti a questo. 6

7

142

Cfr. a n c h e Adv. haer., I, 17, 1, ove essi r a p p r e s e n t a n o gli eoni.

143

Ne abbiamo la conferma i n u n gruppo d i testi che sono i n relazione con l'epiteto èviaumoc., «dell'età d i u n anno», che i n Esodo, X I I , 3, è applicato all'agnello pasquale. Gregorio d i Nazianzo c o m m e n t a così l'epiteto: «Egli è chiamato d i u n anno come sole di giustizia, come venuto dall'Alto, come circoscritto nel suo essere v i sibile e ritornante a se stesso, come corona benedetta d i bontà {Salmo LXIV, 12) e i n t u t t o uguale e somigliante a se stesso» (Or., 45, 13; P. G., X X X V I , 641 A-B). M a alcuni a u t o r i l a t i n i mettono l'epiteto i n relazione alla durata d i u n anno del ministero d i Cristo. Così, ad esempio, Gregorio d i Elvira: «Egli è chiamato anniculus perché, dopo i l suo battesimo dato da Giovanni nel Giordano, essendo c o m p i u t o i l tempo della sua predicazione, i l Cristo ha sofferto, secondo la profezia d i Davide: "Tu benedirai la corona dell'anno con l a tua bontà" (Salmo LXIV, 12)» (Tract., 9; Batiffol, pag. 100). I l tema è sviluppato più a fondo da Gaudenzio d i Brescia: «Egli è chiamato anniculus perché, dal battesim o che ha ricevuto per n o i nel Giordano fino al giorno della sua Passione, è trascorso u n anno... È questo l'anno d i grazia del Signore (Isaia, L X I , 2) del quale Gesù, leggendo nella sinagoga, attesta che è stato scritto nel L i b r o d i Isaia (Luca, IV, 19-21) i n r i f e r i m e n t o alla sua persona. Questo è i l dato che i l profeta con gioia ha e¬ saltato nel Salmo: " T u benedirai la corona dell'anno con la tua bontà" (Salmo LXIV, 12): essa è i l cerchio v i t t o r i o so benedetto dalle opere d i bontà del Cristo» (Serm., 3; P. L . , X X , 865 B - 866 B). Siamo q u i i n presenza d i una tradizione occidentale sulla durata d i u n anno della v i t a p u b b l i c a del C r i sto, che si i n c o n t r a i n Tertulliano e che persisterà fino a Sant'Agostino. Essa è parallela a quella che t r o v i a m o ad Alessandria i n Clemente e presso g l i gnostici. M a l'interesse del passo consiste nel fatto che è i l p r i m o i n cui vediamo r i u n i t i i l Salmo LXIV, 12, e Isaia, L X I , 2, che sono infatti i due testi maggiori i n c u i si parla del Cristo come anno.

144

R i t o r n i a m o ora al p u n t o d i partenza d i questa breve inchiesta per trarne le conclusioni. I n c o n t r i a m o , sia negli scritti pseudo-clementini, sia nello gnostico Teòdoto, sia i n I p p o l i t o d i Roma, una simbolica dei dodici Apostoli i n relazione alle dodici ore, i d o d i c i mesi, i d o d i c i segni dello Zodiaco. N o n si può pensare che questi d i versi a u t o r i dipendano l'uno dall'altro, però t u t t i sembrano orientarci verso u n ambiente giudeo-cristiano. È possibile spiegare l a genesi d i questa s i m b o l i c a partendo da questo ambiente? Ciò ci permetterebbe d i ritenere che si tratta d i una simbolica m o l t o p r i m i t i v a , che anche i n seguito avrebbe perdurato presso u n certo n u m e r o d i a u t o r i cristiani. Sembra che sia così. I n f a t t i i l simbolismo che stiam o esaminando appare poggiato su dati ebrei, che appartengono all'ambiente i n c u i è nato i l cristianesimo. N o t i a m o i n n a n z i t u t t o che i segni dello Zodiaco erano delle rappresentazioni f a m i l i a r i al giudaismo ellenistico, m a si direbbe p r o p r i o che lo fossero anche al giudaismo palestinese. Goodenough ha constatato che le figure dello Zodiaco erano rappresentate nelle sinagoghe palestinesi sin dal I secolo p r i m a della nostra èra . Più t a r d i , nella sinagoga d i Beth Alpha, esse sono accompagnate dai l o r o n o m i i n ebraico. Del resto, E p i f a n i o ci dice che «i F a r i sei avevano t r a d o t t o i n ebraico i n o m i dei d o d i c i seg n i » ; e Flavio Giuseppe, descrivendo i l velo del Tempio, spiega che t u t t o i l cielo v i era rappresentato, salvo i segni dello Zodiaco, e ciò d i m o s t r a che la cosa avrebbe p o t u t o essere n o r m a l e . Sarebbe q u i n d i allettante stabilire u n a relazione fra questa simbolica dei d o d i c i segni zodiacali e quella dei dodici P a t r i a r c h i ebrei. I n Filone, cioè sempre all'epoca 8

9

10

G O O D E N O U G H , Jewish Symbols, I , pp. 203, 217, 219, 248-251, 255; V i l i , pp. 167-171. Panarion, X V , 1,2; G . C. S., pp. 2 1 1 - 2 1 2 . 8

9

Cfr. A. P E L L E T I E R , « L a tradìtion s y m b o l i q u e du voile déchiré», R. S. R.,46 (1958), pag. 171. 1 0

145

o e

• le

del Cristo, vediamo, per certi usi del n u m e r o dodici, a volte un riferimento d i ordine cosmico a i d o d i c i segni dello Z o d i a c o , a volte u n riferimento storico ai dodici P a t r i a r c h i . I due s i m b o l i s m i dovevano convergere, ed è i n effetti ciò che troviamo. Per Filone, le due gemme d i smeraldo che sono collocate sulle spalle del s o m m o sacerdote, e su ognuna delle q u a l i sono incisi i n o m i d i sei Patriarchi, sono i l simbolo dei segni dello Zodiaco (Quaest. Ex., I I , 109). I ¬ noltre, spiegando i l simbolismo delle dodici pietre che si trovano sulla piastra d i metallo che i l sommo sacerdote porta appesa sul petto, egli stabilisce u n parallelismo fra i Patriarchi e i segni zodiacali. Citiamo i l testo: «Le dodici gemme sono le i m m a g i n i dei dodici a n i m a l i dello Z o d i a c o . Questo è i l simbolo dei dodici Patriarchi, giacché i loro n o m i sono incisi sulle gemme, volendo farne delle stelle e dare, per così dire, a ciascuno la sua costellazione (^cóStov). M o l t o d i più, ogni Patriarca diventa egli stesso una costellazione, come un'immagine celeste, i n modo che i capi dei popol i ed i Patriarchi n o n c a m m i n a n o più sulla terra, come dei m o r t a l i , m a d i v e n u t i delle piante celesti, circolano nel cielo, essendo p i a n t a t i là» (Quaest. Ex., I I , 114). E Filone continua mostrando nei Patriarchi delle idee permanenti, i l cui sigillo può segnare i n n u m e r e v o l i esemp l a r i a loro immagine. Questo testo s t r a o r d i n a r i o presenta u n a d o t t r i n a specificamente f i l o n i a n a sull'immortalità stellare dei P a t r i a r c h i , che ricorda ciò che Taziano rimproverava ai pagani quando essi transponevano nel cielo g l i anim a l i oggetto della loro a d o r a z i o n e . M a al tempo stes11

12

13

so Filone appare q u i come i l testimone d i un s i m b o l i smo che n o n g l i è p r o p r i o . Questa analogia fra i Patriarchi e g l i a n i m a l i dello Zodiaco poteva poggiare sul fatto che nella celebre profezia della Genesi, X L I X , 1-27, G i u da era paragonato al leone, Issacar all'asino, Dan al serpente, Nettali al cervo, B e n i a m i n o al l u p o . E infatti i l Libro dei Giubilei (XXV, 6) assimila i dodici Patriarchi ai d o d i c i mesi. H a r t v i g T h y e n ha rilevato peraltro le r e l a z i o n i fra l'omiletica ebraica contemporanea al Cristo e l'arte delle sinagoghe; ed egli menziona lo Z o d i a c o . D'altra parte, l a t r a d i z i o n e r a b b i n i c a ha conservato questo s i m b o l i s m o , e n o n sembra assolutamente averlo preso i n prestito da Filone. Anzi, si direbbe che esso abbia i n fluito n o n solo sui d o d i c i mesi, m a anche sulle dodici o¬ re: «Dodici p r i n c i p i saranno generati. Le tribù sono determinate dall'ordine del mondo: i l giorno ha d o d i c i ore, l'anno ha dodici mesi, lo Zodiaco ha dodici segni. Così è detto: Tutte queste cose sono le tribù d'Israele» . A questo p u n t o è facile trasferire i l simbolismo zodiacale dai dodici Patriarchi ai d o d i c i Apostoli. Abbiam o l a f o r t u n a d i possedere u n testo ove possiamo cogliere questo passo. Si tratta d i u n brano d i Clemente A¬ lessandrino, che n o n a b b i a m o ancora m e n z i o n a t o , i n cui si parla del s i m b o l i s m o della veste del s o m m o sacerdote. Q u i probabilmente Clemente dipende da Filo1 6

17

18

19

1 6

14

1 7

G O O D E N O U G H , op. cit., V i l i , pp. 1 9 6 - 1 9 7 , c o n i riferimenti. Der SUI der Judish-Hellenistischen

Homilie,

Gòttingen 1 9 5 5 ,

pag. 3 3 .

15

1 8

stlichen

R. E i S L E R , Orphish-Dionysische Mysterien-gedanke in der chriAntike, L i p s i a 1 9 2 5 , pag. 3 9 ; G O O D E N O U G H , op. cit.. V i l i , pp. 1 9 7 ¬

199. 1 1

1

2

Vii. Her.,

Mos.,

II, 123-124.

C i s i ricorderà c h e lo Z o d i a c o può essere rappresentato s i a d a i dodici segni c h e dai d o d i c i a n i m a l i ( B O L L , op. cit., pag. 6 9 ) . 1 3

Cfr. c o m u n q u e Sapienza, Dupont-Sommer. 1 4

1 5

146

Disc.,9.

T A N C H U M A , W a j c h i , 1 6 , citato d a D. F E U C H T W A N G , « D e r T r i e r kreis i n der T r a d i t i o n u n d i m Synagogenritus», A l C . W. /., 5 9 ( 1 9 1 5 ) , pag. 2 4 3 . V e d e r e a n c h e l a frase c h e R o m a n o i l Mèlode mette sulle l a b b r a di G i a c o b b e : «Un giorno s i è levato per me, c h e h a dodici ore, che sono i m i e i figli» («Canto del c a s t o Giuseppe», vv. 8 0 8 - 8 1 0 , citato d a E I S L E R , op. cit., pag. 3 9 ) . Nel Libro di Sem s i r i a c o , questo s i m b o l i s m o è a t t r i b u i to ad Asaf ( M I L L A R B U R R O W S , Nouvelles Lumières sur les manuscrits de la Mer Morte, pag. 2 5 6 ) . 1 9

176-177.

I I I , 7 , s e c o n d o l ' i n t e r p r e t a z i o n e di

147

ne: «Le dodici pietre sistemate sul petto per file d i quattro, ci descrivono i l ciclo dello Zodiaco con i q u a t t r o c a m b i a m e n t i delle stagioni. V i si può vedere anche... i profeti che i n d i c a n o i giusti d i o g n i alleanza. Dicendo infatti che g l i Apostoli sono contemporaneamente p r o feti e giusti, n o n ci si sbaglierebbe» (Stromata, V, 6, 38, 4-5). I l passaggio dai Patriarchi agli Apostoli è q u i colto nel vivo.

IX Così c i appare la storia del nostro simbolismo. All'inizio v i è l'utilizzazione dei segni dello Zodiaco come motivo decorativo nell'arte giudeo-ellenistica. Ciò i n d u ce ì r a b b i n i a c o m m e n t a r l o simbolicamente vedendovi l'immagine dei d o d i c i P a t r i a r c h i . Filone spinge l a sua interpretazione fino ad una certa mistica cosmica. I giudeo-cristiani ripresero questo s i m b o l i s m o applicandolo a i dodici Apostoli, e associandolo p o i a quello del Cristo considerato come giorno e come anno. E lo si può i n c o n t r a r e u g u a l m e n t e presso i m e m b r i della grande Chiesa come presso g l i E b i o n i t i e g l i gnostici, con delle influenze reciproche che a volte si sono fatte sentire. A d esempio, Asterio sembra dipendere da certi dati a t t i n t i agli g n o s t i c i . Parallelamente alla simbolica dei dodici Apostoli, se ne riscontrano delle altre, come la curiosa applicazione dello Zodiaco che Zenone da Verona fa ai n u o v i b a t t e z z a t i . 20

21

I L S E G N O D E L TAV

I l segno della croce tracciato sulla fronte è u n o dei r i t i più a n t i c h i della Chiesa c r i s t i a n a . San B a s i l i o lo menziona, a fianco della preghiera r i v o l t a verso l'Oriente, fra le t r a d i z i o n i n o n scritte che risalgono agli Apostol i . Mostreremo fra breve che la cosa è m o l t o verosimile, e che i l segno della croce si ricollega alla comunità giudeo-cristiana p r i m i t i v a . Si è cercato d i trovare delle analogie nel m o n d o greco-romano, m a sono delle determinazioni secondarie. Faremo d a p p r i m a u n bilancio degli a n t i c h i usi l i t u r gici della croce, p o i ne cercheremo le o r i g i n i , ed infine ne studieremo i significati.

I l segno della croce appare all'inizio nei riti battesim a l i : è i l suo uso più antico ed è quello al quale si riferisce San Basilio. O r i g i n a r i a m e n t e esso è associato al battesimo stesso, sia che lo preceda o che lo segua, e ciò è quanto n o i t r o v i a m o i n epoca remota nella chiesa siriana, che conserva delle usanze m o l t o arcaiche. 1

^ Sugli s v i l u p p i del t e m a nel M e d i o E v o e nel R i n a s c i m e n t o , v e dere F . P I P E R , Mythologie der christlìchen Kunst, I I , pp. 2 7 6 - 3 1 0 . 2

148

1

P. L.,

IX, 494-495.

H o trattato i l soggetto in Bible et Liturgìe, pp. 7 6 - 9 6 , m a lo r i p r e n d o qui c o n degli e s e m p i differenti. 1

149

Per questo m o t i v o spesso indica, negli a u t o r i a n t i chi, i l battesimo stesso. L'iscrizione d i Abercio, alla line del I I secolo, parla del popolo «che p o r t a i l sigillo splendido»: i l termine «sigillo», sphragis, indica i l segno della croce inscritto sulla fronte. Più tardi, quando i r i t i battesimali si svilupparono, la. sphragis fu i l p r i m o r i t o imposto ai catecumeni e l'espressione della p r i m a consacrazione al Cristo. Quodvultdeus, vescovo a f r i c a n o del I V secolo, scrive: «Voi non siete ancora nati d i nuovo attraverso i l battesimo, ma attraverso i l segno della croce v o i siete stati concepiti nel seno della Chiesa» (Sul Simbolo, I , 1). Nelle sue Confessioni, Sant'Agostino racconta che dopo la sua nascita, sua madre g l i tracciò i l segno della croce sulla fronte e g l i diede u n po' d i sale: sarebbe stato battezzato soltanto q u a r a n t a n n i più t a r d i ! M a l'uso del segno della croce non era riservato al battesimo, i n quanto aveva u n r u o l o i n a l t r i s a c r a m e n t i , quali la cresima, l'estrema unzione e l'Eucaristia i n particolare. Inoltre, i cristiani si segnavano la fronte p r i ma d i intraprendere le p r i n c i p a l i occupazioni della loro vita. San Giovanni Crisostomo scrive così: «È attraverso la croce che t u t t o si compie. I l battesimo è dato dalla croce (bisogna infatti ricevere la sphragis); l ' i m p o sizione delle m a n i si fa con la croce; e sia che siamo i n viaggio, a casa, ovunque, la croce è u n gran bene, una difesa salutare, u n o scudo inespugnabile c o n t r o i l demonio» (Hom. Philip., I l i , 13). I n c o n t r i a m o q u i l'importante concezione che la croce difende i l battezzato contro i l demonio: essa lo rende infatti inviolabile e mette i n fuga le forze demoniache. N u m e r o s i aneddoti, r a c c o n t a t i d a i P a d r i , i l l u s t r a n o i l fatto : i n particolare, i l segno della croce riduce a l l ' i m potenza i d e m o n i che operano nei c u l t i pagani. Prudenzio così descrive ciò che accadde u n giorno i n c u i Giuliano l'Apostata offriva u n sacrificio a Ecate. I l 2

2

150

Cfr. Bible et liturgie, 2

A

ed., pp. 87-88.

sacerdote, che interrogava le viscere d i una v i t t i m a , d i colpo impallidì e cadde: «Il principe, spaventalo come se vedesse i l Cristo i n persona minacciarlo mostrando la folgore, depone i l suo diadema, impallidisce e cerca i n t o r n o a sé fra i presenti se n o n v i sia u n b a m b i n o battezzato, che abbia la fronte marcata con i l segno della croce, e abbia per questo turbato g l i incantesimi d i Zoroastro» (Apotheosis, 489-493). Anche L a t t a n z i o spiega che la presenza d i u n c r i stiano segnato dalla sphragis impediva gli oracoli e g l i a¬ r u s p i c i (Div. Inst., V, 27). Gregorio i l Taumaturgo, entrando i n u n tempio pagano «purifica l'aria contaminata dai m i a s m i con i l segno della croce» . La croce assume così i l valore d i esorcismo. Tracciata sulla fronte del catecumeno, essa caccia via da l u i i l demonio che lo dominava. Anche dopo la morte, quando l ' a n i m a cristiana lascia i l corpo e attraversa l'atmosfera, che è l'habitat dei d e m o n i , la sphragis segnata sulla f r o n t e a l l o n t a n a i d e m o n i , m e n t r e l ' a n i m a n o n segnata dal sigillo diventa la l o r o preda: «Come la pecorella senza pastore è alla mercè delle bestie feroci ed è una preda ben predisposta, così l'anima che n o n ha ricevuto la sphragis è alla mercè delle tentazioni del dem o n i o » . «Un tesoro n o n segnato dal sigillo è alla mercè dei l a d r i , una pecorella senza m a r c h i o è alla mercè delle insidie» . N o n solamente i cristiani si tracciano con i l pollice la croce sulla fronte, m a a b b i a m o delle testimonianze attestanti la pratica d i veri tatuaggi. L'uso d i questi tatuaggi è conosciuto nei c u l t i pagani d i Dioniso o d i M i thra, m a sembra che lo si r i t r o v i anche presso i cristiani con i l segno della croce. Sant'Agostino lo suppone per l'Africa, e dice i n f a t t i che quando dei pagani escono dal3

4

5

3

916

G R E G O R I O DI N I S S A , Vita di Gregorio

il Taumaturgo

; P. G., X L V I ,

A. 4

A N F I L O C H I O , Sulla peccatrice,

5

S E V E R I A N O DI G A B A L A , Sul

I ; P. G., X X I X , 6 2 B .

battesimo

;P.G.,

X X X I , 4 3 2 C.

151

l'anfiteatro, essi riconoscono i c r i s t i a n i dai l o r o a b i t i , dalla loro pettinatura, dalla l o r o f r o n t e . Più esplicitamente i n Vita di Porfirio di Gaza (82), Marco i l Diacono, del V secolo, parla d i tre fanciulli c a d u t i i n u n pozzo e miracolosamente salvati, perché avevano una croce d i p i n t a i n rosso sulla fronte. A fianco del segno d i croce sulla fronte, vediamo apparire i l segno d i croce sul viso. Le Odi di Salomone e Giustino ne parlano già dal I I secolo, e u n graffito dell'ipogèo d i Viale M a n z o n i lo mostra nel I I I secolo . È ancora attestato nel X I I I secolo da Lucas de Thuy. M a parallelamente si sviluppa i l grande segno ancora oggi comunemente i n uso, e che va d a l l a fronte a l petto e dalla spalla sinistra alla spalla destra (per lo meno i n Occidente). Esso n o n appare p r i m a del Medio Evo avanzato, anche se è possibile che fosse già apparso come gesto d i benedizione o d i esorcismo. Gesto l i t u r g i c o , i l segno d i croce si presenta anche come simbolo sui m o n u m e n t i , negli affreschi, bassorilievi, mosaici, oggetti d i ogni specie. L o si trova sin dal I I e I I I secolo nelle catacombe, sia sotto l a f o r m a d i croce greca, sia sotto la f o r m a d i croce latina. M a del resto i cristiani ritrovano la croce espressa i n m o l t e raffigurazioni che ne i m i t a n o più o meno la forma. Giustino, nel I I secolo, mostra la croce rappresentata dall'albero della nave con i l suo pennone, dall'aratro, dall'accetta (ascia), dalle insegne m i l i t a r i (ApoL, I , 55). Abbiamo già visto che nell'arte alcuni d i t a l i s i m b o l i avevano questo significato. 6

7

Oggi i l segno della croce n o r m a l m e n t e evoca i n n o i i l ricordo del patibolo sul quale i l Cristo è stato appeso. D o b b i a m o però chiederci se questa è la p r i m a origine

del segno d i croce tracciato sulla fronte nella p r i m a comunità cristiana. Ebbene, sembra che n o n sia così, e che all'origine abbiamo a che fare con u n segno che aveva u n a l t r o significato. Osserveremo i n f a t t i che diversi testi antichi accostano i l segno d i croce alla lettera tau che i n greco aveva la f o r m a d i T. Così è nell'Epistola di Barnaba nel I I secolo (IX, 8) e così è ancora i n Gregorio d i Nissa nel I V secolo. Questi testi sono stati raggruppat i da H u g o Rahner . L'accostamento della croce e del tau può derivare da una s o m i g l i a n z a nella f o r m a , m a questa s o m i g l i a n z a non soddisfa m o l t o : i n f a t t i i l tau greco ha l a f o r m a della T e ciò n o n corrisponde a l segno c r u c i f o r m e tracciato sulla fronte. Bisogna q u i n d i trovare un'altra ragione. Gli stessi P a d r i della Chiesa hanno ricordato che i l l i b r o d i Ezechiele a n n u n c i a che i m e m b r i della c o m u n i tà messianica saranno segnati sulla fronte con i l segno ebraico tav. I l ricordo d i questo testo era presente nell'ambiente ebreo al tempo del Cristo, tant'è vero che gli Esseni, i q u a l i pretendevano d i costituire l a comunità e¬ scatologica, portavano sulla fronte i l segno d i Ezechiele {Documento di Damasco, X I X , 19) . M a v i è d i più: San G i o v a n n i a sua volta d i c h i a r a neW!Apocalisse che g l i eletti saranno segnati sulla fronte. Leggiamo i n f a t t i che l'angelo impedisce a i flagelli d i distruggere i l m o n d o «fino a che avremo segnati con i l sigillo sulla fronte i servitori d i Dio» ( V I I , 3). E più a¬ v a n t i i l veggente vede 144.000 persone «che avevano i l N o m e dell'Agnello e quello del Padre s c r i t t i sulla fronte» (XIV, 1). Ora questo sigillo (sphragis) che è i l nome del Padre, è i l segno d i Ezechiele: d i f a t t i i l tav ebraico, che è l ' u l t i m a lettera dell'alfabeto, i n d i c a Dio, come l'omega i n greco. Peraltro, come ha dimostrato L a m p e , 8

9

10

8

«Das m y s t i s c h e T a u » , Zeitschr.

9

Cfr.

Kath.

Theol,

75 (1953), pp. 386¬

410. Cfr. H . R O N D E T , pag. 392. 6

7

152

« L a c r o i x s u r le front».

R. S. R., 42 (1954),

C A R C O P I N O , De Pythagore aux Apótres, P a r i g i 1956, pag. 94.

J E A N D A N I É L O U , Les

nes du christianisme, 1 0

manuscrits

de la Mer

Morte

et les

origi-

P a r i g i 1957, pp. 101-102.

The Seal of the Spirìt, pp. 16-18.

153

il r i t o descritto da Giovanni è i n riferimento ad u n uso battesimale. Sembra dunque che i p r i m i cristiani fossero segnati da u n tav sulla fronte, che i n d i c a i l N o m e d i Jahweh. M a questo pone due quesiti. I n p r i m o luogo, n o n i n c o n t r i a m o forse la stessa difficoltà, sapendo che i l tav n o n ha la forma d i croce? Questa apparente difficoltà è però una conferma. I n effetti, al tempo del Cristo, nell'alfabeto ebraico i l tav e¬ ra rappresentato con i l segno + o con i l segno X . E d è con questa f o r m a che lo i n c o n t r i a m o negli ossari palestinesi del I secolo della nostra èra, ove è possibile che n o i t r o v i a m o la più antica rappresentazione della croc e : esso indicava i l nome d i j a h w e h . Rimane una seconda difficoltà: perché i cristiani sarebbero stati marcati con u n segno indicante i l N o m e d i Jahweh? La frase «portare i l N o m e (del Signore)» appare frequentemente per indicare i l battesimo i n u n antico testo c r i s t i a n o che risente dell'influenza ebrea, i l Pastore d i E r m a : «Se t u p o r t i i l Nome, senza possedere la sua virtù, invano porterai i l Nome. Le pietre scartate, sono quelle che hanno p o r t a t o i l N o m e senza rivestire l'abito delle vergini» (Sim., I X , 13, 2). I l senso è chiaro: colui che è battezzato, m a n o n si santifica, n o n può essere salvato. L'espressione «portare i l Nome» sembra p r o p r i o , i n questo passo e i n diversi a l t r i , significare i l fatto d i essere m a r c a t i con i l segno tav sulla fronte, cioè con i l segno d i croce. D i n k l e r ne ha dato un'interessante d i m o s t r a z i o n e . Essa i n f a t t i si avvicina a quella che troviam o nel Vangelo. I n effetti Luca, al posto della f o r m u l a d i Matteo : «Colui che n o n prende la sua croce e n o n m i segue n o n è degno d i me» (X, 38), scrive: «Colui che n o n porta la sua croce e n o n m i segue, n o n può essere m i o 11

discepolo» ( X I V , 27). Questa f o r m u l a può comportare un'allusione l i t u r g i c a alla croce segnata sulla fronte. M a rimane i l fatto che questo uso cristiano d i marcare con i l segno che indica i l N o m e d i Jahweh, è strano. Significa dimenticare che, per l a comunità cristiana p r i m i t i v a , i l Nome, che nell'Antico Testamento designa la manifestazione d i D i o nel m o n d o , i n concomitanza con la Parola, era un'indicazione del Cristo i n quanto Parola d i Dio i n c a r n a t a . È ciò che t r o v i a m o precisamente nel Pastore d i Erma, m a anche nella Didachè, ove leggiamo: «Noi t i r i n graziamo, Padre Santo, per i l t u o Santo Nome che h a i collocato nei n o s t r i cuori» (X, 2-3). Q u i i l Nome, come afferma giustamente Peterson , indica i l Verbo. Più esplicito ancora è i l Vangelo della Verità* questa omelia del I I secolo, pervasa d i teologia giudeo-cristiana, che hanno pubblicato H . -Ch. Puech, G. Quispel e M a l i n i n e : «Ora i l Nome del Padre è i l Figlio» (38, 5 ) . Può dunque considerarsi certo che i l segno d i croce con i l quale erano marcati i p r i m i cristiani, indicava per essi i l N o m e del Signore, cioè i l Verbo, e significa che essi erano consacrati a L u i . I n ambiente greco, questa s i m b o l i c a diventava i n c o m p r e n s i b i l e , ed è per questo che la croce f u diversamente i n t e r p r e t a t a . Con la form a + f u considerata come u n a rappresentazione dello strumento d i t o r t u r a d i Gesù; con la forma X , fu assunta c o m e p r i m a l e t t e r a d i Xtptoxóc.]. M a l'idea fondamentale resta l a stessa: si t r a t t a d i una consacrazione del battezzato al Cristo. 13

14

1 5

12

A b b i a m o considerato f i n q u i i l segno d i croce, nella l i t u r g i a e nei m o n u m e n t i con figure, sotto la f o r m a più S v i l u p p o questo argomento più a lungo i n Théologie du judéockristianisme, pp. 199-216. 1 3

1

1

Cfr.

B . B A G A T T I , art.

cit.,

pag.

4.

«Jesu W o r t v o m Kreuztragen», i n Neuteslamentlische fiir R. Bultmann, B e r l i n o 1954, pp. 120-128. 1 2

154

Studien

1 4

1 5

«Didachè, cap. 9 et 10», E. L., 58 (1944), pag. 13. Zurigo, 1956.

155

semplice, quella della croce greca. M a sappiamo che nel corso del tempo questo segno, sopratutto i n archeologia, ha preso delle forme più complesse. Se ne può trovare lo studio nell'articolo «Croce», del Dizionario d'archeologia cristiana e di liturgia», redatto da D o m Leclercq, o nell'articolo d i Sulzberger «Il simbolo della croce», i n Byzantion, 2 (1925, pp. 356-383) Io v o r r e i soltanto a t t i r a r e l'attenzione su u n a rappresentazione poco conosciuta, che è m o l t o arcaica, e che riveste l'interesse d i u n i r e la croce e i l N o m e d i Gesù, diverso tempo p r i m a che si rappresentasse Gesù crocifisso. Possiamo osservare i n n a n z i t u t t o che i l legame della croce e del N o m e d i Gesù appare i n epoca m o l t o antica, i n u n curioso passo dell'Epistola di Barnaba. Si t r a t t a d e l l ' i n t e r p r e t a z i o n e del n u m e r o 318, che è quello dei servitori d i A b r a m o . L'autore spiega che «18 si scrive con u n o iota che vale 10 e con una età che vale 8: avete q u i IH[IOY£]» (IX, 8). Poi egli c o n t i n u a spiegando che 300 si scrive c o n tau, che è la croce. Così 318 i n d i c a contemporaneamente la croce e i l N o m e d i Gesù. Abbiam o q u i , per quanto riguarda i l Nome d i Gesù, u n a p r i m a f o r m a del segno I H S , che sarà tanto spesso ripetuto e che rappresenta le p r i m e tre lettere d i IHX [OYX]. M a i n t e m p i arcaici, i l N o m e d i Gesù aveva u n altro simbolo, la lettera waw. Questa lettera era la sesta dell'alfabeto ebraico antico, e i l nome «Gesù« i n greco è composto d i sei lettere. I l waw è scomparso dall'alfabeto, ma è sussistito nell'elenco dei n u m e r i . G l i gnostici facevano delle speculazioni su questa strana p r o p r i e tà. Sembra q u i n d i che, p r i m a delle interpretazioni greche, abbiamo u n fondo giudeo-cristiano. D u p o n t - S o m mer ha mostrato i n f a t t i che, su u n a l a m i n e t t a aramaica cristiana, i l waw indicava i l N o m e d i Dio, cioè quello del C r i s t o . Ora, fra i m o n o g r a m m i del Cristo, ne conosciamo u 16

no dove i l waw è associato alla croce. Esso si trova i n San G i r o l a m o ; questi, descrivendo u n m o n o g r a m m a che rassomiglia a X m o l t o conosciuto a partire dal I I I secolo, spiega che, i n quello a c u i egli pensa, i l braccio che scende da sinistra a destra ha la forma d i u n waw, mentre le altre due braccia somigliano all'apice e allo iota, figure t r a d i z i o n a l i della croce. Si giunge così più o meno a questo segno ^tC • quello che è più interessante è l'interpretazione che ne dà Girolamo, vedendovi i l waw u n i t o alla croce: è infatti m o l t o verosimile che i l waw i n d i c h i q u i i l Nome d i Gesù. E d è tanto più verosìmile i n quanto la forma così ottenuta evoca subito una delle figure più celebri che u n i scono i l Cristo e la croce, quella del serpente d i bronzo eretto su u n palo nel deserto. Sappiamo che questa i m magine è proposta dal Cristo stesso nel Vangelo di Giovanni : «Come Mosè ha innalzato i l serpente nel deserto, così è necessario che i l Figlio dell'uomo sia innalzato» ( I I I , 14). I l serpente ha la f o r m a del waw, e i n quanto al palo che lo innalza, già Giustino gli dava la f o r m a della croce (I Ap., L X , 3). Questa i m m a g i n e è menzionata frequentemente dai Padri della Chiesa. L a sua origine neo-testamentaria gli conferisce i n effetti una speciale autorità. M a al tempo stesso doveva provocare u n certo scandalo: come poteva i l Cristo essere raffigurato con u n serpente? Troviam o l'eco d i questo stupore nella Vita di Mosè d i Gregorio d i Nissa ( I I , 271-277). È ovvio, q u i n d i , che si siano trovate delle giustificazioni a questa rappresentazione, e una delle più facili era quella d i mostrare nel serpente la f o r m a della lettera waw, che era i l simbolo del N o m e d i Gesù. Dupont-Sommer ha rilevato i n f a t t i che la parentela fra la f o r m a del waw e quella del serpente, era stata u n a delle r a g i o n i che avevano conferito alla lettera u n carat17

M

a

Cfr. G . M O R I N , «Hieronymus de Monogrammate», Rev. Ben,, 2 (1903), pp. 232-233. 1 7

1 6

156

La doctrine gnostìque de la lettre waw,

Parigi 1946, pag. 34.

157

tere s a c r o . Questo, che egli stabilisce per i l waw ebraico, r i m a n e vero per i l digamma, sesta lettera scomparsa dell'antico alfabeto greco. E q u i ancora, al d i là delle i n terpretazioni greche, n o i r i t r o v i a m o i l fondo antico del cristianesimo aramaico: la presenza d i questo segno sugli ossari palestinesi ne è una lampante c o n f e r m a . 18

19

Una conclusione emerge da queste osservazioni: i l segno della croce è apparso all'origine n o n come u n ' a l lusione alla Passione del Cristo, m a come l'indicazione della sua G l o r i a d i v i n a . Anche q u a n d o questo segno sarà riferito alla croce sulla quale i l Cristo è m o r t o , essa verrà considerata come l'espressione della potenza d i v i na che opera attraverso questa m o r t e ; e le q u a t t r o braccia della croce a p p a r i r a n n o come i l s i m b o l o del carattere cosmico d i questa azione salvifica.

158

1 8

Op. cit., pag. 72.

1

B . B A G A T T I , art. cit.,

9

pag.

4.

SIGLE D I RIVISTE, OPERE D I CONSULTAZIONE E COLLEZIONI A. C.

Antike und Christentum (Antiche statue e Cristianesimo). B. K. V. Bibliothek der Kirchenvdiem (Biblioteca d i Patristica). C. B. Q. Church Biblical Quarterly (Trimestrale della Chiesa Biblica). C. D. C. Document de Damas (Documento d i Damasco). C. R. A. I . B. L. Comptes rendus de l'Académie des Inscriptions et Belles Lettres (Resoconti dell'Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere). C. S.'E. L. Corpus scriptorum eccelsiasticorum latinorum (Corpo degli scrittori ecclesiastici latini). D. A. C. L. Dictionnaire d'archeologie chrétienne et de liturgie (Dizionario d'archeologia cristiana e d i liturgia). D. A. G. R. Dictionnaire des antiquités grecques et romaines (Dizionario delle antichità greche e romane). D. S. D. Manuel de discipline (Manuale d i disciplina). D. S. H . Midrash d'Habacuc. D. S. S. Dead Sea Scrolls (Rotoli del M a r Morto). D. S. T. Recueil des Hymnes (Raccolta degli Inni). D. S. W. Combat des fils de ténèbres et des fils de lumière (Lotta fra i figli delle tenebre e i figli della luce). E. L. Ephemerides liturgicae (Effemeridi liturgiche). E. T. Evangelische Theologie (Teologia Evangelica). E. T. L. Ephemerides theologicae lovanienses (Effemeridi teologiche lovanìesi). F. H . G. Fragmenta Historicorum Graecorum (Framment i degli Storici Greci).

159

G. C. S . H. T. R. J. B. L. J. T. S. M . D. M. G. W. J.

N. T. S. P. E. Q. P. G. P. L. P. O. I Q. Ben. I Q. Test. IV Q. Fior. R. B. R. E. G. R. O. C. R. S. R. R. T. S. D. B. S. C. T. W. N. T. T. V. V. Z.

Z. C. D. K. T.

Z. R. G. G.

160

Griechische christliche Schrìftsteller (Scrittori greci cristiani). Harvard Theological Review (Rivista Teologica di Harvard). Journal of Biblical Literature (Giornale d i Letteratura Biblica). Journal of Theological Studies (Giornale d i Studi Teologici). Maison-Dieu. Monatsschrìft fiir Geschichte und Wissenschaft der Judentums (Mensile d i Storia e Scienza dell'Ebraismo). New Testaments Studies (Studi sul Nuovo Testamento). Palestine Exploration Quarterly (Trimestrale delle esplorazioni i n Palestina). Patrologie Grecque (Patrologia Greca). Patrologie Latine (Patrologia Latina). Patrologie Orientale (Patrologia Orientale). Recueìl de Bénédictions de la Grotte I de Qumràn (Raccolta di Benedizioni della grotta I di Qumràn). Testimonia de la grotte I de Qumràn (Testimonia della grotta I d i Qumràn). Florilège de la grotte IV de Qumràn (Florilegio della grotta IV di Qumràn). Revue biblique (Rivista biblica). Revue des Etudes grecques (Rivista di Studi greci). Revue de l'Orient chrétien (Rivista dell'Oriente cristiano). Recherches de Sciences religieuses (Ricerche d i Scienze religiose). Revue thomiste (Rivista tomista). Supplément au Dictionnaire de la Bible (Supplemento al Dizionario della Bibbia). Sources chrétiennes (Fonti cristiane). Theologisches Wòrterbuch zum Neuen Testament (Vocabolario Teologico del Nuovo Testamento). Theologische Zeitschrift (Rivista Teologica). Vigiliae Christianae. Verbum Domini. Zeitschrift fiir Katholische Theologie (Rivista d i Teologia Cattolica). Zeitschrift fiir Religions-und, Geistefgeschichte (Rivista di Religioni e Storia dello Spirito).

TESTI ANTICHI CITATI NEL CORSO DELL'OPERA

AGOSTINO

C L E M E N T E D'ALESSANDRIA

En. Psalm. ; Racconto sui Salmi. Epist. : Lettere. Tract. Joh. : T r a t t a t o su San Giovanni.

Exc. Theod. : E s t r a t t i da Teodoto. Ped. : Pedagogo. Protrept. : Protreptico. Quis dives : Quel ricco sarà salvato. Strom. : Stromata.

AMBROGIO

Sacram. : Sui sacramenti. De Helia et jejunio : Su Elia e i l giovane. Exp. Luca: Esposizione su Luca. Myst. : Sui misteri. ASTERIO IL SOFISTA

Hom. Psalm. : Omelìe sui Salmi. CASSIANO

DIDIMO

Com. Psalm. : Commento sui Salmi. Trin. : Sulla Trinità. EPIFANIO

Pan. : Panarion.

Coli. : Conferenze. EPHREM C I R I L L O DI G E R U S A L E M M E

Cat. : Catechesi. Parai. : Sul paralitico. Procatech. : Procatechesi.

Hymn. Epiphan. : I n n o sulla Epifania. Hymn. Parad. : Inno sul Paradiso (Beck).

161

ERMA

G R E G O R I O DI N A Z I A N Z O

GIULIANO

ORIGENE

Mand. : Precetti. Sim. : Parabole.

Or. : Sermoni.

Disc. : Discorsi.

IPPOLITO DI R O M A

GIUSTINO

Laud. Bas. : Orazione funebre a Basilio. Ben. d'Is. et de Jac. : Benedizione di Isacco e di Giacobbe. Com. Dan. : Commento su Daniele. Com. Cant. : C o m m e n t o sul Cantico dei Cantici. Elench. : Confutazioni.

/ Apol. : Prima Apologia. Dial. : Dialogo con Trifone.

Com. Job. : Commento su Giovanni. Contr. Cels. : Contro Celso. De Or.: Sulla preghiera. Hom. Ezech. : Omelia su Ezechiele. Hom. Num. : Omelia sui N u meri.

EUSEBIO

Com. Psalm. : Commento sui Salmi. Hist. Eccl. : S t o r i a Ecclesiastica. Onom. : Onomasticon. Prep. Ev. : Preparazione evangelica.

Div. Inst. : Le istituzioni divine.

PSEUDO-CLEMENTE

M A S S I M O DI T O R I N O

Hom. : Omelie. Ree. : Decretali.

Hom. : Omelie.

EUTROPIO

De solstic. et aequinoct. solstizio e l'equinozio.

LATTANZIO

: Sul

PSEUDO-PLUTARCO

IGNAZIO DI ANTIOCHIA

Eph. : Lettere agli Efesini. Philad. : Lettere ai Filadelfi. Trall. : Lettere ai Tralliani.

M A S S I M O DI T I R O

Dis. : Discorsi. TACITO

F I L O N E DI A L E S S A N D R I A

Her. : Sull'erede delle cose d i vine. Opif. : Sulla Creazione. Praem. : Sulle ricompense. Quaest. Ex. : Questione sull'Esodo. Quaest. Gerì. : Questioni sulla Genesi. Spec. Leg. : Le leggi particolari. Vit. Mos. : Vita di Mosè. G R E G O R I O DI E L V I R A

De fide orth. : Sulla fede ortodossa. Tract. : Trattati. G R E G O R I O DI N I S S A

In Cani. : Sul Cantico dei Cantici. De on. et resurr. : Sull'anima e la resurrezione. In Bapt. : Sul Battesimo. Virg. : Sulla verginità. Beat. : Sulle beatitudini.

162

IRENEO

Adv. haer. : Contro le eresie. Dem. : Dimostrazione della predicazione evangelica. GIOVANNI CRISOSTOMO

Hom. Elia : Omelia su Elia. Hom. Philip. : Omelia sulla Lettera ai Filippesi.

M E T O D I O DI O L I M P I A

Hist. : Storie.

Conv. : I l banchetto delle dieci vergini.

TAZIANO

Disc. : Discorsi. Res. : Sulla resurrezione. SAN NILO

Monast. exercit. monastico.

: L'esercizio

Com. Is. : Commento su Isaia. Com. Mth. : Commento su Matteo. Com. Zach.: Commento su Zaccaria.

TERTULLIANO

Adv. Jud. : Contro gli Ebrei. Anim. : Sull'anima. Bapt. : Sul Battesimo. De idol. : Sull'idolatria.

OTTATO DI M I L E V I

Schism. Donat. : Sullo scisma donatista.

GIROLAMO

Vit. Homer. : Vita d i Omero.

ORACOLI SIBILLINI

Or. Sib.

T E O D O R E T O DI C I R R O

Quaest. Ex. : Questione sull'Esodo. Z E N O N E DA V E R O N A

Tract. : Trattati.

PSEUDO-GIROLAMO

Com. Marc. Marco.

: C o m m e n t o su

163

INDICE pag

5

»

7

»

11

»

35

I I I . L'acqua v i v a e i l pesce

»

53

I V . L a nave della Chiesa

»

69

»

83

»

101

»

115

»

137

»

149

Sigle delle r i v i s t e , opere d i c o n s u l t a z i o n e e collezioni

»

159

Testi a n t i c h i c i t a t i n e l corso dell'opera

»

161

Nota Introduzione I . La palma e la corona I I . L a v i g n a e l'albero della v i t a

V. H carro d i E l i a V I . L ' a r a t r o e l a scure V I I . L a stella d i Giacobbe V i l i . I dodici Apostoli e lo Zodiaco I X . I l segno d e l Tav

165

F I N I T O DI S T A M P A R E N E L M A R Z O 1990

litoled srl PAVONA - ALBANO LAZIALE

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