Criminalistica Moderna

July 7, 2022 | Author: Anonymous | Category: N/A
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DE L’AQUILA A.A. 2006/2007

Corso di Laurea specialistica in Psicologia Applicata, Clinica e della Salute

LA CRIMINALISTICA MODERNA

Dott. Raffaele Camposano

 

 

“A torto ssii lamentano entano li om omiini della innocent nnocente e esper esperiienza enza,, quella que lla a acc ccus usa ando di ffa alla llaci cie e e di bugi bugia arde d diimos ostrazi trazioni” oni”

Leonardoo D Leonard Daa Vinci (Atl (Atl.. 154 r.c.)

 

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INTRODUZIONE

Tra le definizioni della Criminalistica ce n’è una che meglio di altre può coglierne il significato intrinseco ed è quella di “ scie scienz nza a

contro il crimine crimine”” . 

Basterebbe questo per indurci a pensare che la criminalistica (o la polizia scientifica, che dir si voglia) sia figlia esclusivamente della temperie positivistica, frutto di elaborazioni scientifiche e di una nuova metodologia d’indagine applicata al campo delle investigazioni di polizia. Ma non è proprio così! Per quanto

l’origine

della

nuova

scienza  possa

essere

fatta

risalire

convenzionalmente ad A. Bertillon, verso la seconda metà del secolo XIX, col suo portato maturo di esperienze e di conquiste in funzioni di polizia importantissime quali l’identificazione personale e la ricerca e l’analisi delle tracce di reato, i fermenti che l’hanno prodotta, dopo lunga ed elaborata gestazione, si ritrovano già nell’antichità, e caratterizzano, se vogliamo, l’evoluzione stessa del sapere e l’ansia di conoscenza di cui l’uomo è portatore. Da che mondo è mondo, chiunque, a prescindere dalla sua preparazione e formazione, sia stato chiamato a pronunziarsi per ragioni di giustizia  su un evento delittuoso per conoscerne le cause, le modalità di attuazione e l’autore, ha dovuto confrontarsi, prima che con i mezzi e le risorse a disposizione, con le capacità individuali di logica e di intuizione. Non c’è da stupirsi, quindi, se anche l’approccio empirico alla scena del crimine, condotto nei secoli andati, abbia richiesto, comunque, razionalità e metodo,  anche se non propriamente scientifici, per ridurre la complessità degli eventi osservati e concentrarsi sui fatti più meritevoli di attenzione per poterli correttamente interpretare In altre parole, l’investigatore, sia esso poliziotto o medico legale, pur disponendo di limitate conoscenze tecnico scientifiche, con genialità e intuizioni, talvolta originalissime, ha saputo sfruttare il buon senso, l’esperienza e l’occhio clinico per affinare le strategie e le tecniche da applicare, di volta in volta, contro il

crimine. Nelle pagine che seguono si cercherà di riassumere, si spera in maniera esaustiva, la storia e l’evoluzione della criminalistica in età moderna, partendo dalla sua definizione, per per poi esaminarne gli a ambiti mbiti di maggiore interes interesse. se. •

Definizione Molti insigni studiosi hanno attribuito alla “criminalistica” vari significati.

 

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Per M. Von Liszt, essa comprenderebbe tutte le scienze criminali, tanto le normative quanto quelle causali esplicative, che stanno alla base delle studio del reato; per altri, invece, in maniera più riduttiva, sarebbe “la scienza dei fatti del diritto penale, i cui scopi consistono nello studio delle cose e nella valutazione dei risultati”, caratterizzata da due campi di conoscenza: una criminalistica propriamente detta e una criminalistica soggettiva, o  psicologia criminale”. La Dottrina moderna definisce la criminalistica come la disciplina che ha per oggetto l’accertamento del reato e la scoperta del suo autore, e come scienza che coordina e sistema le cognizioni necessarie all’accertamento del reato e alla scoperta del suo autore (Poggi Cavaliera 2000) . Molti esperti di criminalistica (Lerich, 1950; Buzzanca, 1985; Bruno 1985) sono propensi, invece, a considerarla, invece, come un insieme di scienze applicate all’ambito giudiziario, se non addirittura un “arte”, essendo essa priva di proprie regole generali. Sinonimo di criminalistica è quello di “polizia scientifica”,  molto più ricorrente nei romanzi gialli e nei telefilm polizieschi. La criminalistica, intesa, in senso lato, come ricerca dell’identità giudiziaria non solo dell’autore del reato, ci fornisce risposte, oltre che sul chi, sul come, sul cosa e sul dove  relativi al crimine (Inman e Rudin, 2001), lasciando ai giudici, agli psicologi e ai criminologi la spiegazione del perché (Garrison, 1996). Recentemente, in Italia e in Francia si ricorre al termine Scienze Forensi,  mutuato dall’inglese Forensic Scence (prevalentemente al singolare), per indicare l’insieme dei  principi scientifici e dei modelli tecnici applicati all’investigazione criminale nonché la vastità, oramai, raggiunta dagli innumerevoli ambiti di competenza della criminalistica. •

Medicina legale e Criminalistica

La Medicina legale, come branca autonoma dalle altre discipline scientifiche, nasce in Italia nel XVI, grazie a Paolo Zacchia (1584 – 1659), Archiatra Pontificio, prima di Innocenzo X e poi di Alessandro VII, Protomedico degli Stati Ecclesiastici e Consulente della Sacra Rota, nonché autore delle Questiones medico–legales, vera Summa della Medicina Legale.  Nell’antichità non mancano, tuttavia, esempi di applicazioni di tale disciplina al campo della giustizia(1), soprattutto per la comprensione e la soluzione di questioni che potessero dar luogo a disputazione giuridica.  Dopo piùfurono di cento anni di Medicina Legale riprese nelLegale sec. XVIII, epoca in cui istituite, in decadenza, Francia e inlaItalia, numerose cattedre di vigore Medicina nelle Facoltà di Medicina  perché fossero preparati periti che aiutassero i Magistrati Magistrati nella ricerca della verità nell’interesse della Giustizia  e furono pubblicate opere e trattati originali, soprattutto in Germania, nei quali veniva conferito indirizzo scientifico e organicità a questa  poderosa branca della scienza medica (G. Corea 1998) . Per arrivare, tuttavia, ad un vera e propria istituzionalizzazione della figura del Medico legale all’interno degli ordinamenti di gran parte degli Stati europei si dovrà attendere il definitivo declino di buona parte dei regimi dispotici, durante i quali la giustizia, necessità inderogabile di quel contributo pratico della medicina al suo funzionamento,  aveva lasciato molto a desiderare.

Col passare del tempo, i medici legali offriranno sempre più ai giudici e ai magistrati un valido supporto, in particolar modo, nel campo delle investigazioni criminali, laddove

 

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l’applicazione dei metodi e delle conoscenze scientifiche per la soluzione dei crimini comincerà ad essere una costante e non più un’eccezione.  Non è un caso, infatti, che a gettare le basi della nascente Criminalistica   siano, proprio, alcuni illustri medici di chiara fama come: Cesare Lombroso, Salvatore Ottolenghi, Giuseppe Falco in Italia; Brouardel, Lacassagne in Francia; Fritz Strassmann a Berlino; Hoffmann a Vienna; Maschka a Praga.

L’identificazione giudiziaria La necessità di ricorrere all’ identificazione  personale iniziò a profilarsi non appena le  primitive forme di aggregazione sociale cominciarono ad evolversi. Col passar del tempo, le semplici ma essenziali relazioni, presenti all’interno della ristretta cerchia della società di tipo tribale, non bastarono più a regolare la comune convivenza all’interno del gruppo a causa del moltiplicarsi dei contatti interpersonali e delle interazioni con individui sconosciuti.   Le iniziali difficoltà legate al ri-conoscimento personale divennero, poi, un problema non secondario per coloro i quali avevano la responsabilità della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e dovevano procedere alla cattura dei colpevoli di reità.  Con l’avvento dell’Illuminismo si avvertì prepotentemente il bisogno di riformare il campo delle Scienze Penali e di Polizia.  In Italia, Cesare Beccaria fu uno dei primi a reclamare l’abolizione della tortura e della  pena di morte, perché espressioni dell’arbitrarietà e dell’oscurantismo delle leggi. Non mancarono in Europa riforme umanitarie  per moralizzare le diverse legislazioni penali. Il filosofo inglese Jeremy Bentham nel 1789 promosse una vera e propria “crociata”   contro l’uso indiscriminato della pena di morte anche per i reati più lievi*. I suoi sforzi furono coronati da successo soltanto molti anni dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1818. Una serie di riforme della legge penale, vigente in Inghilterra, conosciuta come “Codice Sanguinario”, avviate dal Parlamento dal 1808, consentirono di limitare la pena dell’impiccagione ad un numero esiguo di reati gravi: omicidio, alto tradimento, pirateria e incendio doloso degli arsenali reali  Stato di , natodell’apparato dalle ceneri dell’assolutismo (2). Nello sovrano, si profilava, tuttavia, come inevitabile ladiritto riforma poliziesco da strumento d’oppressione a difensore dei diritti dei cittadini e della sicurezza di tutti(3)

L’accertamento dell’identità personale ai fini penali, fino a quel periodo, era stato  risolto empiricamente , con modalità e canoni proporzionati all’evoluzione e  al grado di civiltà  degli ordinamenti statuali. Più che all’identità certa dei rei, si mirava generalmente al loro mero riconoscimento  basato prevalentemente sul riscontro risc ontro di connotazioni fisiche (contrassegni in par particolar ticolar modo), sulle testimonianze oculari  o sull’occhio fotografico  dello  sbirro. In siffatte condizioni, non c’era da stupirsi se a pagare per il torto arrecato alla comunità fosse non tanto il “vero colpevole” quanto “l’innocente di turno”.

 Nell’antichità i Greci Grec i e i Romani usavano marchiare col ferro rovente sia gli schiavi sia i soldati mercenari per facilitarne la ricerca in caso di fuga. La pratica del bacio del ferro  

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rovente  fu mantenuta anche dopo il Medioevo come pena, stricto sensu, e per  finalità identificative (4) 

 Nei secoli successivi l’adozione l’ adozione dei bandi ed in seguito delle circolari a stampa (5) da parte delle autorità assolse, tra le altre cose, anche alla funzione di segnalamento delle connotazioni sia fisiche sia funzionali  dei pregiudicati più pericolosi ed in particolare dei recidivi. Il più delle volte, però, a facilitare l’individuazione dei rei o la cattura dei ricercati (6)  bastava la  promessa di una lauta taglia. Il 31 agosto del 1852  il ricorso al marchio a fuoco in Francia fu abolito definitivamente; mentre in Russia ciò avverrà soltanto molti decenni dopo.  dopo.   Nel segnalamento se gnalamento di polizia importantissimi progressi cominciarono a realizzarsi soltanto con la graduale introduzione delle apparecchiature e dei tecnicismi già sperimentati con successo in campo fotografico. Risalgono al  1848  le prime  foto segnaletiche  segnaletiche  di pregiudicati realizzate con il  procedimento fotografico della dagherrotipia. Le riprese furono effettuate su disposizioni della Polizia di Birmingham.  Qualche anno dopo (1854), detta pratica fu ripresa in Svizzera, su iniziativa dell’Autorità giudicante. L’evoluzione dei procedimenti di sviluppo e stampa fotografica facilitarono l’impiego di fotografi nella pratica di polizia. Finalmente l’aspirazione secolare del Potere e dell’Arte di riprodurre in maniera stabile l’impronta del volto umano era stata raggiunta. L’invenzione del Daguerre aveva dissolto come neve al sole i problemi lungamente dibattuti delle scienze rinascimentali quali la fisiognomica e la metoscopia attraverso le quali si era tentato di individuare i caratteri interni (le qualità intellettuali e morali) dell’individuo attraverso l’esame dei caratteri esterni del corpo ed in particolar modo del volto. In Italia, durante la lotta al brigantaggio condotta, manu militari, dall’esercito piemontese dal 1860 al 1870, fu istituzionalizzata la presenza di fotografi privati al seguito delle truppe. Moltissime riprese fotografiche furono effettuate ai fini segnaletici e non solo documentativi(7).  •

Medicina legale e Identificazione giudiziaria

Molti studiosi, soprattutto medici legali, in piena temperie positivistica, dedicarono buona  parte delle loro studi alle problematiche connesse all’identità e all’identificazione personale non solo degli individui in vita ma anche dei cadaveri. Alcuni di essi riservarono nelle loro pubblicazioni capitoli appositi alle “questioni di identità”, sottolineando l’importanza ai fini identificativi dei caratteri modificativi comunemente osservati nel corso della vita di ciascun individuo.  Nel 1840, il medico legale Charles Char les Emmanuel Sedillot nel suo “Medicina “Medici na legale teorica e  pratica” pose l’accento, in particolar modo, su s u alcuni tipi di contrassegni,  quali le “macchie congenite”   e i nei e sui cosiddetti caratteri professionali  della persona, ovverosia le deformazioni e le callosità tipiche di alcuni mestieri e professioni, e infine sulle cicatrici.

 

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Il Prof. Matheo José Bonaventure Orfila (1787-1853), medico spagnolo naturalizzato francese, iniziatore della tossicologia, esaltando l’importanza dell’identità in funzione di stato civile, indicò nelle sue “Lezioni di Medicina legale “ quali fossero i caratteri fisici e soprattutto i contrassegni, che a suo avviso, non potevano non essere rilevati e descritti, arrivando a confutare l’attendibilità dei vecchi sistemi identificativi basati su alcune connotazioni quali: la robustezza, la magrezza, l’adiposità, la bruttezza tutte passibili, nel corso della vita, di variazioni sia fisiologiche che patologiche. I medici legali J. Briand e E. Chaudé, a loro volta, basarono l’identificazione personale sulle cicatrici, sul mutamento del colore delle barba e dei capelli, sui tatuaggi, sui caratteri  professionali, sulle callosità, sulle deformazioni e via dicendo.  Nessuna delle loro formulazioni, tuttavia, tutt avia, risultò del tutto decisiva deci siva e di sicura efficacia sul  piano operativo, soprattutto per quanto riguardava l’identificazione dei cadaveri da parte delle autorità di polizia. Limitatamente a quest’ultima problematica è illuminante quanto era riportato all’art. 127 del Regolamento Speciale di Polizia del 25 luglio 1892 riportato da G. Ziino nel suo “Compendio di medicina legale”: se il cadavere non fosse conosciuto da alcuno, se ne descriveranno tutti i connotati o i segni particolari, si descriveranno pure e si assicureranno le sue vestimenta ed ogni altro oggetto trovato su di lui; e, se lo stato del cadavere lo  permette, si farà farà trasportare in in un luogo pubblico pubblico e frequentato, frequentato, ove starà esposto esposto almeno per ore ventiquattro all'oggetto di ottenere il riconoscimento”. riconoscimento”.

Gli studi fin qui indicati contribuirono, però, evidentemente a gettare le basi di una moderna metodologia applicata scientificamente  all’identificazione personale. Verso la fine dell’Ottocento, comunque, ci fu concordanza piena sul fatto che l’identificazione dovesse basarsi fondamentalmente sulla osservazione e sulla descrizione scrupolosa e analitica di tutti quei caratteri personali che avrebbero potuto essere utilizzabili in un confronto per pervenire ad un giudizio d’identità e non più sul segnalamento empirico. 



Il fondatore delle Criminalistica moderna

 Nel 1879, l’antropologo francese,  Alphonse Bertillon (1853 – 1914), all’età di ventisei anni, fu assunto alla Prefettura di Polizia di Parigi come impiegato avventizio, addetto alla trascrizione delle schede descrittive dei pregiudicati. Consapevole dei molti problemi legati all’identificazione dei recidivi, ivi sperimentò con successo per alcuni mesi un innovativo sistema di segnalamento(8),  di sua ideazione, sviluppando l’idea madre dell’applicazione dei procedimenti dell’anatomia antropologica e della nascente statistica alla questioni dell’identificazione giudiziaria. Era basato sulla misurazione d’undici parti del corpo ben definite e prevedeva un metodo di classificazione analogo a quello usato dalle scienze botaniche e zoologiche incentrato sui connotati e contrassegni della persona e non più sullo stato civile che si prestava spesso a falsificazioni. Per le sue elaborazioni teoriche e applicazioni sul campo,  si rilevarono particolarmente utili gli studi del belga Lambert Quételet (1796 – 1874) (9)

 

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Tre anni dopo,  il segnalamento antropometrico fu adottato stabilmente dalla polizia francese per segnalare i recidivi. Trattavasi, quindi, della prima procedura obbligatoria e formalizzata applicata ad una funzione di polizia, la quale aveva in comune col metodo scientifico d’indagine la  ripetibilità e la verificabilà(10).  Dalle pratiche empiriche di ri-conoscimento  si era passati finalmente al segnalamento di tipo scientifico, il cui modello fu, poi, adottato per le tecniche d’identificazione delle impronte digitali, dei falsi in scrittura, delle orme, dei reperti balistici delle tracce di sangue e dell’arma del delitto. Da quel momento in poi la criminalistica fece passi da gigante. Il segnalamento antropometrico fu, ben presto, completato dal segnalamento di tipo descrittivo, meglio conosciuto come ritratto parlato, consistente nella sistematica, razionale e dettagliata rilevazione dei connotati e contrassegni dell’individuo. A. Bertillon che a soli 35 anni divenne primo direttore del laboratorio della Polizia tecnica  parigina, ideò, altresì, a ltresì, un apparecchio apparec chio fotografico fotografi co per la ripresa del volto dei segnalati (sia di fronte sia di profilo) e istituì l’album fotografico D.K.V. per rendere più rapido ed efficace il riconoscimento dei ricercati alle frontiere. Il prof. A. Lacassagne definì, per la prima volta, i menzionati sistemi di segnalamento col termine bertillonage.   L’illustre ricercatore d’oltralpe rivoluzionò, altresì, le tecniche di ripresa fotografica sulla scena del crimine, ideando un apparecchio per la fotogrammetria. Il problema dell’identificazione personale fu risolto definitivamente grazie alla dattiloscopia. L’uso delle impronte digitali quale mezzo di identificazione personale ha, tuttavia, origini antichissime(11)  In ambito prettamente criminalistico a rendersi conto dell’importanza delle impronte digitali ai fini identificativi fu William James Herschel (1877), (1877), funzionario britannico in servizio nel Bengala. La loro rilevanza come elemento di prova fu, invece, scoperta poco tempo dopo (1880) da Henry Faulds, medico scozzese in servizio all’ospedale Tsukiji di Tokio. Il merito dell’utilizzazione pratica della dattiloscopia ai fini forensi, in concorrenza con l’antropometria, va attribuito a Sir Francis Galton, figura di eccentrico e versatile scienziato dilettante   dell’Ottocento, che riuscì a stabilire i criteri e le modalità di classificazione e registrazione delle impronte (1890). Oltre a differenziarsi per il grado di efficacia e di affidabilità (l’intrinseca superiorità della dattiloscopia era indubbia già agli inizi del XX sec.), i due sistemi identificativi facevano riferimento a due diverse forme di identità. L’approccio rigorosamente quantitativo dell’antropometria (basata com’era sul sistema metrico decimale) rientrava nel tradizionale ri-conoscimento  diretto dell’identi dell’identità tà assoluta  di un soggetto già noto; mentre la dattiloscopia, che si avvaleva dell’aritmetica elementare, faceva riferimento alla nozione d’identità in senso relativo, l’unica in grado di stabilire una  precisa correlazione tra gli elementi e lementi strutturali di un’individualità e un determinato individuo. Gli innovativi principi posti alla base della dattiloscopia, intesa non solo come mezzo di identificazione ma come criterio di prova, furono, poi, applicati all’esame di tutti gli altri tipi d’impronta, a partire da quelle balistiche.

Note  

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  (1)  (1)  Nell’antico Egitto vi è traccia di accertamenti medici e di rilievi circostanziali, eseguiti in seguito al rinvenimento di cadaveri di sconosciuti o periti per cause violente. Trattati di medicina legale e manuali riferiti alla tecnica di rimozione dei cadaveri sono, altresì, documentati in Cina intono al 1248 e in epoca medioevale (in . Il sopralluogo giudiziario medico legale di Ozrem Carella Prada  – Dino Mario Tancredi – Società Editrice Editrice Universo – Roma 2000);  (2)  Nel XVIII sec. in Gran Bretagna la legge penale, meglio conosciuta come “Codice Sanguinario”,  prevedeva la pena capitale per oltre duecento crimini con la stessa facilità con cui oggi si viene condannati a qualche servizio utile per la comunità. Chiedere l’elemosina poteva costare caro ai soldati o ai marinai, si  finiva con una corda al collo. Tra iill 1805 e il 1818, un quinto di quelli che salirono gli scalini del patibolo, erano solo falsari di banconote”. ( in Impronte Digitali di Colin Beavan, edito da Oscar Mondadori 2002  pag.55)

(3)  (3)  Lo storico Jacques Chastenet così scrisse in merito all’organizzazione della polizia in Inghilterra ai tempi della Regina Vittoria: “ Per un delitto punito ce n’erano di più i cui colpevoli restavano ignoti. La polizia era ancora molto male organizzata. A lungo le città avevano avuto solo qualche guardia notturna e pubblici banditori pagati dalle amministrazioni comunali e le campagne disponevano solo dei sorveglianti delle grandi  proprietà. In I n caso di agitazioni serie si ricorreva all’esercito. Nel 1829 sir Robert Peel, ministro degli In Interni, terni, aveva creato a Londra un corpo di policemen. Questi “bobbies” (da Bob, diminutivo di Robert), vestiti con un  frac blu e pantaloni bianche, con il cilindro in testa e armati di un manganello, erano rapidamente diventati  popolari e corpi analoghi erano stati costituiti in tutti i centri importanti. Ma i loro effettivi erano scarsi e la  polizia segreta venne organizzata solo nel 1848. Forse la severità severità delle condanne si spiega anche col numero dei dei criminali colpevoli che sfuggivano alla Giustizia. Coloro che si facevano prendere pagavano per gli altri . da “La vita 235)quotidiana in Inghilterra ai tempi della regina Vittoria” di J. Chastenet, Ed. BUR, Milano 1998, pag. 234(4) Il (4) Il marchio rovente fu usato sino alla metà del secolo scorso. Coloro i quali venivano condannati “al bacio del ferro rovente” erano per lo più i vagabondi, gli zingari, i disturbatori delle celebrazioni religiose, i ladri e i  bestemmiatori. Il marchio “infame”, così come veniva chiamato, lasciava impressa nelle carni una cicatrice a forma di lettera “B” per i bestemmiatori (in fronte o sul petto) e di lettera “M” per i ladri (o malandrini), anche sulla guancia. (Vedi ancora in F. Di Bella, op. cit. pag 22) Riferimenti letterari sul marchio a fuoco si trovano in “I tre moschettieri” di Alexandre Dumas. Ed. Mondadori Milano 1998 pag. 587 e segg e pag, 661; Il “marchio infame”, in taluni casi, fungeva altresì da vero e proprio “stigma” sociale. Tutti ricoderanno infatti la storia della giovane Ester Prynne tratta dal romanzo di Nathaniel Hawthorne “La lettera scarlatta”, che condannata per adulterio nella puritana Boston, fu costretta a portare per sempre sul seno (e anche sull’anima – n.d.a) una fiammante, scarlatta, lettera “A”, da lei stessa ricamata (N. Hawthorne - “La lettera scarlatta” Ed.  Newton– Roma 1993 pag 49 –50. (5) Un (5) Un esempio di antica circolare ci viene proposto da Locard E, nella sua pubblicazione  L’identification des redicivistes (riportata da Salvatore Buzzanca, op. cit. alla pag. 12). Si tratta di un documento vergato in Egitto con caratteri greci databile intorno al 106 a.C.. Vale la pena di riportarlo per intiero :“ un giovane schiavo di  Aristogynes, figlio di Krysippo, a nome Kemon alias Noiles è scomparso. E’ un siriaco di Bambyco di circa diciotto anni di età, di statura media, senza barba, con gambe diritte, mento a fossetta, porro a forma di lenticchia al lato destro del naso. Ha una cicatrice all’angolo destro della bocca ed è tatuato con caratteri barbarici al polso destro. Porta una borsa con tre mine e dieci dracme d’oro, un anello d’argento su cui è effigiato un vaso di profumi. E’ vestito con clamide e con grembiule di cuoio. E’ accompagnato dallo schiavo  Bion, grosso, di spalle larghe, dagli occhi verdastri, vestito con tunica e con piccolo mantello da schiavo”.  (6) “Il (6) “Il sistema delle ricerche di catturandi indette tramite bando non mutò, sostanzialmente, per parecchi secoli, come dimostra la lettera della “Vita” di Benvenuto Cellini ed il riferimento ivi contenuto al bando di condanna a morte comminato a Firenze, nell’anno 1523, contro il sommo orafo, per il ferimento, nel corso di una rissa, di tale Gherado Guasconti”. (in Lezioni di criminalistica di Salvatore Buzzanca - 1985). Interessanti sono in proposito alcune circolari di ricerche siciliane della seconda metà del XVII sec. , riportate da S. Buzzanca in “Lezioni di criminalistica” - pag. 14: “Giuseppe Dafano, naturale di Piazza, figlio di paolo e Rosa Greca, d’età d’anni 27, con tre segnali di cicatrici, uno nel ciglio dritto, altro in mezzo la fronte e l’altro nella mascilla sinistra, condennato per anni dieci e Muzio Gualtieri, naturale di Stigliano di Calabria, condennato in Galea in vita”;

 

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“Giacomo Santoro figlio di Marco, nativo di Casalvecchio, terra di Gavozza, d’anni 27. Capelli neri, barba del medesimo e molto rara, statura bassa. Fu condannato a servire in presidio dalla R.U. di Messina per anni sette, e per causa di furto , fuggito dalla cittadella di Messina” (datata 24 settembre 1777);

(7) Per (7) Per coloro che volessero approfondire l’analisi del fenomeno del brigantaggio nel Sud si consiglia la lettura di “Indietro Savoia ! Briganti nel Sud – di Salvatore Scarpino, Ed. Ed. Leonardo, Milano 1991 e “La lotta contro il  brigantaggio nel Regno di Napoli” di Franco Pasanisi, Ed. Agnesotti, Agnesotti, Viterbo, 1962. (8) Il (8) Il segnalamento antropometrico basava la sua “scientificità” “scientificità” sul  sul principio enunciato dal matematico belga Quételet (1796-1874), secondo oscilla il qualetraogni entità massimo vivente, allo modo di un qualsiasi altrodifenomeno fisico, durante la sua esistenza, un valore e unostesso minimo, raggiungendo la punta maggior intensità nella parte media. L’applicazione pratica del citato postulato, si fondava su tre assunti fondamentali, frutto di un’osservazione attenta e sistematica: l’immutabilità, più o meno assoluta, del sistema osseo a cominciare dal ventesimo anno d’età, eccezion fatta soltanto per l’altezza che poteva essere suscettibile di crescita fino al ventitreesimo anno d’età; l’enorme differenza esistente tra ogni scheletro umano; la facilità di rilevazione delle dimensioni dello scheletro umano e la relativa precisione delle misurazioni anatomiche effettuate mediante compassi appositi. Il segnalamento antropometrico si componeva di undici misurazioni di alcune parti del corpo umano, ben individuate.   individuate. Le rilevazioni antropometriche della testa, dell’orecchio, del braccio e del piede venivano effettuate con vari “compassi” metallici mentre quella relativa all’apertura delle braccia con un’asta graduata. Il tipo di segnalamento ideato dal Bertillon, nel decennio compreso tra il 1890 e 1900, fu adottato da molte Polizie europee come sistema di segnalamento dei pregiudicati. •





Il  portrait diparlè   dellondinesi, Bertillon, però, seppureteorico apprezzato generalmente, venne giudicato, specialmente dai funzionari polizia “più di carattere che pratico”. Particolarmente ostico si presentò il sistema di classificazione antropometrico che, ben presto, si dimostrò inidoneo allo scopo per il quale era stato ideato.  ideato.    Nel secondo dopoguerra, le misure antropometriche, che ancora erano previste per i soli confronti internazionali, furono eliminate del tutto dal cartellino segnaletico in uso in Italia.  Italia.   Il tramonto definitivo dei rilievi antropometrici è coinciso con l’avvento della Costituzione repubblicana, che tra i suoi principi fondamentali e diritti inviolabili ha posto la dignità e la libertà personale. Il “bertillonage” fu presentato dal suo ideatore a Roma all’Esposizione del 1884 1884 e  e al Congresso Penitenziario Internazionale tenutosi il 12 novembre dell’anno successivo. (9)  (9)  Matematico, statistico nonché astronomo. Sostenne che la collettività umana è regolata da leggi (fisica sociale) simili a quelle che governano i fenomeni fisici. E’ considerato il fondatore della statistica moderna. Fu autore della famosa pubblicazione “ Antropometrie eu mesure des differentes facultes de l’homme”. (10) Il (10)  Il metodo scientifico, basato sulla raccolta sistematica e sulla classificazione dei dati, non era altro che il metodo Positivismo, imperante nella seconda metà del XIX sec.. Auguste Comte, Herbert Spencer, Charles Darwin e Stuart Mill l’avevano applicato con successo in tutti i campoi dello scibile umano. (11) L’importanza dell’identificazione dactiloscopica era conosciuta fin dall’antichità in Cina e in Giappone. Si (11) L’importanza ipotizza che anche i popoli preistorici apponessero le impronte delle dita o delle mani non tanto per finalità identificative quanto simbolico-religiose. Nel secolo XII e XIII i cinesi estesero l’uso delle impronte anche ai delitti e i coreani nel 1260 se ne servivano per la vendita degli schiavi, come ricorda il missionario M. Collier. Lo studio veramente scientifico  delle impronte digitali fu avviato nel 1686 da Marcello Malpighi (1628 –1694), medico, botanico, studioso dell’anatomia dei tessuti alla quale applicò l’indagine microscopica, che individuò nell’epidermide la presenza di cinque strati ben distinti: corneo, trasparente, granuloso, strato spinoso o del Malpighi, basilare. Egli evidenziò l’esistenza delle creste papillari, delle spirali e degli anelli. Una delle conclusioni cui giunse l’illustre ricercatore fu quella che ogni strato, fino a quello del Malpighi, aveva il potere di riprodurre quello superiore. Nel 1788, J.C.A. Majers, nel suo trattato  Anatomical Copper – plates with appropriate explanations, con riferimento alle impronte digitali, pose l’accento   sulle differenze di forma e di aspetto delle rughe della pelle da individuo ad individuo. Alla dattiloscopia si applicò qualche tempo dopo John Evangelist Purkinje (1823), naturalista e fisiologo boemo (1787 – 1869) cui si deve il merito di aver suddiviso i dermatoglifi in nove tipi fondamentali . (12) Vidocq (12)  Vidocq nacque il 23 luglio 1775 in Arras in Francia e si spense nel marzo del 1857. Nel 1809, mentre era ancora detenuto, mosso forse da sincera conversione al bene, maturò la decisione di offrire i suoi servigi alla  polizia. Le caratteristiche di Vidocq, come uomo di polizia, la valutazione della sua personalità, le sue idee in

 

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materia di polizia e di redenzione dei delinquenti, i suoi infiniti trucchi, stratagemmi e camuffamenti, anche a distanza di più di un secolo e nonostante le radicali innovazioni in fatto di organizzazione e di metodi di polizia, costituiscono materia di studio e oggetto di curiosità. A lui, a quanto pare, si deve anche l’ideazione nel 1830 del sistema della cosiddetta “parata” per facilitare il riconoscimento dei delinquenti parigini da parte degli ispettori di polizia e il ricorso ai calchi di gesso per rilevare le impronte di calzature sulla scena del crimine. M. Charle Ledru, che fu suo amico e conoscitore profondo, dopo la morte dell’ex galeotto, ne pubblicò la  biografia, esaltandone l’eccezionale vigore fisico, il coraggio, la sottigliezza di spirito, la sagacia, la  perseveranza, e l’intuito, arricchito arricchito continuamente dall’esam dall’esamee critico degli avvenimenti Lo scrittore Edgar Poe,questo parlando dei metodi d’indagine impiegati dalla polizia parigina così contro il crimine, nelle sue “Memorie” giudizio, a dir poco, caustico: “La polizia parigina, vantata per riportò la sua  penetrazione, è molto astuta, niente più... Procede senza metodo, non ha altro metodo che quello del momento. Si  fa gran pompa di misure di polizia, ma accade spesso ch’esse sieno così intempestive e così male appropriate allo scopo, ch’esse fanno pensare a M. Jourdain che chiedeva la sua veste da camera per capire meglio la musica. I risultati ottenuti sono qualche volta sorprendenti, ma in massima parte dovuti semplicemente all’intelligenza ed attività dei singoli. Nei casi in cui queste qualità sono insufficienti i piani falliscono”.  Proseguendo poi nelle sue riflessioni, lo scrittore non lesinò critiche neppure all’operato di Vidocq che, a suo dire, “era buono ad indovinare, era un uomo di pazienza: ma non essendo il suo pensiero sufficientemente educato, egli faceva sovente falsa strada per l’ardore stesso delle sue investigazioni. Diminuiva la forza della sua visione guardando l’obietto troppo da vicino: poteva forse vedere uno o due punti con nettezza singolare, ma  per il fatto medesimo del suo procedimento perdeva l’aspetto della questione presa nel suo insieme”. * (13)  Il paradigma giudiziario per Kuhn (13)  Kuhn và inteso nella duplice accezione di concezione di insiem insiemee di credenze, valori, tecniche condivisa dalla comunità scientifica degli esperti in scienze forensi e di esempi utilizzati dalla stessa comunità nella concreta risoluzione dei problemi investigativi. (14)   Il processo criminale, dal basso Impero in poi, finì con l’avere un’impronta sempre più inquisitoria che (14) accusatoria, essendo i crimini perseguiti d’ufficio dagli organi dello Stato. L’accusa pubblica fu riservata ai crimini più gravi quali la maiestas, l’omicidio, il ratto, la violenza.  Fu generalmente riconosciuto il diritto di ricorrere in appello avverso una sentenza di condanna, ma furono esclusi da questa possibilità coloro che erano riconosciuti colpevoli di reati particolarmente gravi, quali: l’omicidio, l’adulterio, il ratto, il falso, il maleficio, la violenza.  Nel basso Impero, inoltre, gli illeciti penali previsti nel diritto privato in epoca repubblicana: furto, rapina, iniuria, furono considerati crimini verso la collettività e puniti più severamente con pene pubbliche. (n.d.a) (15)  Dopo il XIII secolo (n.d.a) “il giudizio di Dio era in decadenza netta, crepuscolare, irresistibile, in (15)  coincidenza di un ridimensionamento dello Stato. Finiva l’età feudale e si accresceva l’autorità dello Stato. La giustizia non era più amministrata dai signori feudali nei loro isolati manieri di campagna, da ciascuno dei piccoli clan dei feudatari all’insaputa dei confinanti, ma ritornava ad essere qualcosa che si fondava su principi giuridici e sociali in un quadro di interessi sempre più generali. (F. Di Bella op. cit. pag. 92) (16) “ La ragione basilare della tortura o della “quaestio” comunque si voglia chiamarla, è sempre l’urgenza e la necessità di raccogliere una prova ai fini della giustizia: ma non la prova qualsiasi, bensì la prova per eccellenza, quella che in seguito i giuristi definirono ”regina delle prove” ovverosia la confessione. Il soggetto sul quale è caduta l’ombra del sospetto, l’indiziato, il probabile reo deve essere convinto con la forza a confessare, a rendere deposizione contro se stesso. La ricerca della verità è la grande purga morale che sublima anche le nefandezze della camera di tortura”  ………. “ La tortura, in altre parole, era considerata anche dai  Romani una tecnica processuale per provare i reati: l’accusato non era che un colpevole il quale mentiva e doveva essere convinto con la violenza a confessare; il testimone era sicuramente reticente fin dal primo momento e doveva essere convinto a rendere una deposizione veritiera con gli stessi sbrigativi sistemi” . (in Franco di Bella, storia delle tortura Ed. Ed. Sugarco Milano pag. 58 e 61 ). ).   “Paracelso illustrò nella sua opera “De signatura rerum naturalium” numerosi tipi simbolici di pena in auge nel Medio evo. Le spie subivano l’accecamento mediante un ferro rovente e acuminato; perdeva mano chi aiutava un condannato a fuggire o staccava i corpi degli impiccati alla forca; chi dava falsa testimonianza subiva il taglio delle orecchie, delle dita della mano con la quale aveva prestato giuramento e la frantumazione dei denti; gli ebrei che si univano carnalmente con una cristiana subivano l’amputazione dei testicoli; i bari il taglio delle dita; le donne infedeli venivano marchiate a fuoco. Nella giurisdizione del Principe Vescovo di Basilea, Pruntrut, le fedifraghe “avevano l’onore di essere marcate col pastorale arroventato del Vescovo” Queste pene, come testimonia Heinemann in “Der Richter und die Rechtsplege in der Vergangenheit” erano considerate nei territori di popolazione tedesca come normali e assai attenuate , rispetto al passato.(nota riportata a pag. 106 da F. Di Bella op. cit.).

 

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(17) Per quanto riguarda, invece, i difetti dell’organizzazione e dei servizi di polizia francesi è interessante (17) riportare il giudizio espresso dallo scrittore Edgar Poe nelle sue “Memorie” che suona come un vero e proprio  j’accuse contro la Polizia del suo tempo:  “  Di solito il Prefetto di polizia egli stesso, al momento della sua nomina, era profano di polizia: ed è nell’impiego più eminente ch’egli va ad iniziare il suo noviziato. Egli conduce seco una folla di protetti, di cui il minor difetto è quello di non avere alcuna attitudine speciale, ma che in mancanza di meglio sanno blandirlo ed evitare che la verità arrivi fino a lui. “E’ così che, or sotto una direzione, or sotto un’altra, io ho visto organizzare o piuttosto disorganizzare la polizia; ciascun mutamento di Prefetto introduceva e faceva allontanare qualche soggetto sperimentato”. (Il brano è stato tratto dall’articolo del Prof Iosto Satta intitolato “Vidocq: il celebre poliziotto” pubblicato sulla Rivista “Il Magistrato dell’Ordine ” 1930 pag. 24) (18) “La (18)  “La mutilazione era riservata agli indigenti, perché di solito i ricchi se la cavavano con il pagamento di forti multe. Il carnefice a seconda delle sentenze di condanna, cavava gli occhi, tagliava orecchie, nasi, mani. Ai ladri sorpresi una prima volta veniva recisa la mano sinistra, e la destra alla seconda volta. I falsari erano talora castrati . Si cavavano gli occhi ai condannati a morte, graziati. Sotto regimi tirannici o in particolari momenti storici, la mutilazione veniva inflitta anche per mancanze trascurabili o assolutamente prive di rilevanza penale” (In F. Di Bella, op. cit. pag. 22) Luigi XIV re di Francia, detto “il Re Sole”, che si autoidentificò con lo Stato, pronunziando la famosissima espressione “L’Etat c’est moi”, si preoccupò di regolamentare minuziosamente ogni fase ,  strumento ed accorgimento (es. visita del medico-chirurgo all’inquisito) della question o tortura. Con la famigerata “Ordinanza criminale dell’Agosto 1670, il Re Sole prescriveva che in tutti i “Seggi di Tribunali Regi” dovesse essere allestita una “chambre de la question”  arredata con un tavolo con lo zelante scrivano, le “sellette” (sgabelli) per l’inquisito, un Vangelo per il giuramento, la certificazione sanitaria di idoneità a subire le torture, leggi e vario materiale di cancelleria. (19)  Cesare Lombroso (19)  Lombroso fu l’autorevole esponente esponente della scuola positivista italiana insieme a Scipio Sighele e Leonardo Bianchi. Fondatore della Antropologia criminale, sostenne che la pena dovesse essere commisurata non al reato ma alla pericolosità pericolosità del reo. Sugger Suggerìì alcune proposte riformatrici sull’attività di polizia nella  pubblicazione: “La cattiva organizzazione della polizia e dei sistemi carcerari”, da lui edito nel 1900. Luigi Bulferetti nel sua pubblicazione intitolata “Cesare Lombroso”, parlando dei contributi offerti dal Lombroso alla Polizia Scientifica italiana così sintetizza eloquentemente: “Le benemerenze del Lombroso circa la polizia scientifica furono rievocate dal fedele Ottolenghi, che ricordava come il volumetto Sull’incremento del delitto in  Italia e sui mezzi per arrestarlo (1879) fosse divenuto l’ultimo volume della 5^ edizione dell’ Uomo delinquente. L’antropometria psichiatrica e criminale ne era alla base”. “Pochi detectives, meglio delle truppe, secondo il Lombroso, avrebbero giovato nella lotta contro il brigantaggio, ma occorreva una polizia, ben pagata e retta con criteri scientifici simili simili a quelli che dopo Sadowa (ivi, nel 1866, i prussiani sconfissero gli austriaci dopo una cruenta e memorabile battaglia) dovrebbero reggere le forze armate, capace di fotografare, di telegrafare e, soprattutto, di conoscere l’uomo delinquente e di combattere i nuovi mezzi del delitto (nuovi tipi di truffa, nuove chiavi false, apparecchi ad acetilene per fondere le casseforti, maschera di cloroformio, pastiglie narcotiche, ipnotismo, biciclo) con i nuovi mezzi: fotografia, misure antropometriche evidenzianti caratteristiche come il mancinismo anatomico del piede, il tachiantropometro dell’Anfosso, il craniogramma, ecc. ”…. “La conoscenza dei delinquenti, come quella dei malati per i medici, è essenziale per i funzionari di polizia e per i magistrati”. magistrati”. (in L. Bulferetti, op. cit., Ed. UTET, Torino 1975 - pag 560). (20) E. Locard (1924 -1996) riteneva che “le conoscenze necessarie all’attività di Sherlock Holmes erano ancora (20) E. sparse in numerosi testi, fatta eccezione per il manuale di Hans Gross  Handbuch fur Untersuchungsricter als System der Kriminalistik  ,  , (pubblicato verosimilmente verosimilmente intorno al 1883) apparso qualche anno prim prima”. a”. (21)  Il personaggio di S. Holmes non è immune da ambiguità e contraddizioni. Pur avendo fatto (21)  dell’osservazione e della deduzione le virtù elettive del detective ideale, in alcuni casi egli si comporta come un rozzo positivista,, privilegiando il primato dei fatti sulle ipotesi. Per questo alcuni hanno voluto vedere in lui ora il precursore dell’anarchismo metodologico di Paul Feyerabend ora l’anticipatore di Karl R. Popper. Per Th. Sebeok ed Umberto Eco la razionalità holmesiana non sarebbe altro che l’abduzione del filosofo pragmatista americano Charles S.Pierce. Sherlock Holmes con le sue felici intuizioni e le gravi omissioni tecniche segna il  passaggio dalla fase empirica empirica alla fese scientifica della lotta contro contro il crimine.

 

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Bibliografia • • • •



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 Nuovo trattato di fotografia fotografia moderna moderna –  – M. Langford - Ed. Il Castello 1997;  1997;    Delitti per diletto di Ernest Mandel - Marco Tropea Editore Milano 1997; Un medico legale tra salassi e torture  torture   di Gerardo Corea Ed. Aldo Primerano – Roma 1998;   1998;  La vita 1998; quotidiana in Inghilterra ai tempi della regina Vittoria  – J. Chastenet – Bur Milano  Dai Reali Carabinieri alla 121 – Origini delle Forze di Polizia in Italia di Italia di Daniele Tinti – Rodana Editrice – Perugia – 1999;  L’Atlante Criminale  – Vita scriteriata di Cesare Lombroso  Lombroso  di Luigi Guarnieri - Ed. Mondadori Milano – Gennaio 2000  2000   Il Segnalamento di Polizia di Paolo De Porcellinis - Raffaele Camposano – D.C.P.C. – Servizio Polizia Scientifica – Febbraio 2000;  2000;   Argomenti di Polizia Scientifica  di Raffaele Camposano D.C.P.C. – Servizio Polizia Scientifica – Settembre 2000;  2000;   Sulle tracce del delitto a delitto a cura di Geo Ceccaroli - Imprimitur Editrice – Padova 2000;    Il sopralluogo giudiziario medico medico legale di Ozrem Carella Prada – Dino Mario Tancredi – Società Editrice Universo – Roma 2000;  2000;  Gli accertamenti tecnici della P.G. nell’indagine preliminare di Anna Poggi – Cosimo Damiano Cavalera – CEDAM 2000;  2000;  di Colin Beavan Oscar Mondadori 2002  2002   Impronte Digitali di   La cultura dell’investigazione dell’investigazione di  di Francesco Sidoti - Ed KOINE’ Roma 2002;  2002;  2002;    La Polizia Scientifica a cura della M.I. - Dipartimento della P.S. D.C.P.C. – Roma 2002;   Museo Criminologico a cura di Assunta Borzacchiello – Ministero della Giustizia Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – 2003  Medicina Legale Legale di Pierluigi Baima Bollone Seconda edizione – Ed. Giappicchelli Editore Torino 2003;  2003;  Wanted! di Ando Gilardi – Ed. Bruno Mondadori Milano 2003;   La Polizia Scientifica 1903-2003  di Carlo  Bui – Raffaele Camposano  – Ed. Laurus Robuffo 2004;  2004;  2004.   Dieci tutte diverse di diverse di Andrea Giuliano – Ed. Tirrenia Stampatori Torino 2004. 

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  INDICE





Introduzione Definizione

pag. 3 pag. 4



Medicinale legale e Criminalistica

pag. 4



L’identificazione giudiziaria

pag. 5



Medicina legale e identificazione giudiziaria

pag



Il fondatore della Criminalistica moderna

pag. 7



Note

pag. 9



Bibliografia

pag. 13



Indice

pag. 15

 

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