Corso Di Economia Aziendale (ABC)
March 25, 2017 | Author: Matteo Brivio | Category: N/A
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CORSO
DI
ECONOMIA
AZIENDALE
di
Airoldi,
Brunetti,
Coda Capitolo
1
–
LE
PERSONE,
L’ATTIVITA’
ECONOMICA,
L’ECONOMA
AZIENDALE
Gli
uomini
si
procurano
i
beni
e
i
servizi
di
cui
necessitano
per
soddisfare
i
propri
bisogni
svolgendo
l’Attività
Economica.
Tuttavia
a
causa
di
problemi
legati
alla
scarsità
delle
risorse,
l’uomo
interagisce
con
soggetti
diversi
detti
Operatori
Economici,
originando
un
sistema
economico.
I
soggetti
che
partecipano
all’attività
economica
sono:
Famiglie,
Imprese,
Stato
ed
Istituti
No
Profit.
Essi
sono
i
protagonisti
ed
il
centro
motore
del
Sistema
Economico,
nell’ambito
dei
quali
vengono
prese
decisioni
relative
alle
scelte
più
adatte
per
adeguare
i
mezzi
limitati
al
soddisfacimento
dei
bisogni
della
collettività.
Le
azioni
dell’uomo
sono
determinate
dalla
necessità
di
soddisfare
i
propri
bisogni,
ossia
stati
d’insoddisfazione
che
provocano
situazioni
di
disagio.
Distinguiamo
i
Bisogni
Naturali,
legati
alla
sfera
biologica
degli
uomini;
Sociali
che
riguardano
la
spiritualità,
l’etica
e
l’estetica;
Essenziali,
necessari
per
la
sopravvivenza;
Voluttuari,
influenzati
dalla
civiltà
ed
avvertiti
solo
dopo
aver
soddisfatto
quelli
primari,
e
variano
secondo
le
abitudini,
della
moda
e
del
livello
sociale
e
culturale.
I
bisogni
degli
uomini
si
sono
modificati
con
il
trascorrere
delle
epoche
e
delle
evoluzioni
sociali.
L’uomo
primitivo,
per
sopravvivere,
doveva
procurarsi
il
cibo,
combattere
contro
gli
animali
e
trovare
un
riparo.
Oggi
l’uomo
moderno
tende
a
migliorare
la
qualità
della
vita
soddisfacendo
nuovi
bisogni.
E’,
infatti,
insito
nella
natura
umana,
non
appena
si
raggiunge
un
certo
livello
di
vita,
desiderare
di
migliorarlo
ulteriormente.
I
bisogni
delle
persone
si
dispongono
in
gerarchia,
cioè
variano
in
base
ai
redditi
disponibili.
Essi
si
soddisfano
attraverso
l’impiego
di
beni
o
di
servizi
disponibili
in
quantità
limitata.
I
beni
si
distinguono
in:
Economici,
ossia
merci
o
servizi
limitati
rispetto
al
fabbisogno
umano
e
l’individuo
sostiene
un
onere
per
procurarlo;
Non
Economici,
sono
beni
liberamente
disponibili
in
quantità
e
qualità
sufficienti
per
tutti;
Primari
e
Voluttuari;
Complementari,
che
soddisfano
un
determinato
bisogno
solo
se
impiegati
congiuntamente;
Fungibili,
che
possono
essere
sostituiti
ad
altri
nel
soddisfacimento
di
un
dato
bisogno;
Differenziabili,
sono
beni
che
hanno
caratteristiche
diverse
rispetto
a
quelli
analoghi
offerte
da
altre
imprese;
Commodities,
sono
beni
offerti
con
caratteristiche
uguali
da
tutte
le
imprese;
Di
Consumo,
acquistati
per
soddisfare
un
determinato
bisogno
senza
subire
altre
trasformazioni,
Strumentali,
utilizzati
per
produrre
altri
beni;
Ad
utilizzo
singolo
o
durevoli
a
seconda
che
esauriscano
la
loro
attività
con
un
solo
utilizzo
o
in
più
utilizzi;
A
consumo
individuale
o
collettivo;
Pubblici
o
Privati.
L’Attività
Economica
consiste
nello
svolgimento
di
operazioni
di
produzione
e
consumo
dei
beni
economici,
mediante
le
operazioni
di
trasformazione
tecnica
che
si
svolgono
in
tutti
gli
istituti
e
che
riguardano
trasformazioni
fisiche,
spaziali
e
logiche
sulle
merci,
dati
e
conoscenze,
ed
operazioni
di
negoziazione
che
caratterizzano
gli
Istituti
ed
i
sistemi
economici
nei
quali
essi
operano.
Le
Negoziazioni
si
classificano
secondo
l’oggetto
scambiato,
che
siano
beni
pubblici,
privati,
mezzi
monetari,
copertura
di
rischi
e
lavoro.
Le
negoziazioni
si
svolgono
secondo
condizioni
di
scambio
e
forme
contrattuali,
dove
spesso
si
aggiungono
cooperazione
e
competizione
fra
gli
Istituti
ed
operazioni
di
configurazione
e
di
governo
degli
Istituti
attraverso
la
determinazione
dell’Assetto
Istituzionale,
organizzazione,
rilevazione
e
informazione.
Le
imprese
operano
all’interno
di
un
mondo
molto
complesso,
con
il
fine
principale
di
produrre
remunerazioni,
ossia
redditi;
ciò
è
perseguito
anche
dai
lavoratori
e
dai
conferenti
di
capitale
proprio.
La
produzione
economica
è
un
insieme
di
operazioni
attraverso
le
quali
i
beni
sono
trasformati
con
l’impiego
di
energie
umane
e
materiali,
in
modo
da
renderli
idonei
a
soddisfare
i
bisogni.
I
fattori
di
produzione
sono:
materie
prime,
infrastrutture,
lavoro,
risorse
naturali,
beni
pubblici
e
liberi.
I
fattori
di
produzione
sono
fondamentali
per
ogni
impresa
e
suscitano,
nelle
persone
che
le
conferiscono,
interessi
economici
nei
riguardi
dell’impresa.
I
fattori
principali
sono:
il
Lavoro,
inteso
come
complesso
di
azioni
svolte
dagli
uomini
che
dedicano
in
modo
continuo
la
propria
attività
lavorativa
presso
l’impresa,
ed
il
Capitale,
destinato
ad
essere
impiegato
per
originare
una
produzione.
I
fattori
principali
di
produzione
fanno
capo
all’impresa,
intesa
come
insieme
di
persone
che
hanno
interessi
economici
primari
e,
di
conseguenza,
il
diritto-dovere
di
governarla.
Per
oltre
due
secoli,
i
giuristi
hanno
rappresentato
l’essenza
economica
della
persona
umana
usando
la
figura
dell’Homo
Oeconomicus,
soggetto
egoista,
orientato
alla
massimizzazione
dei
propri
redditi
in
maniera
coerente
e
previdente
nel
tempo.
Le
moderne
ricerche
economiche
tendono,
invece,
ad
adottare
la
figura
di
persona
umana,
membro
di
una
società,
che
svolge
l’attività
economica
per
soddisfare
i
propri
bisogni,
che
compiono
le
loro
scelte
economiche
con
razionalità
limitata
e
che
condividono
i
valori
della
solidarietà,
della
lealtà
e
del
progresso.
Nella
psicologia
delle
persone
esiste
un
fattore
che
influenza
il
comportamento
di
ciascuno
attraverso
esperienze
di
mercato
e
le
scelte
sono
dettate
da
preferenze
che,
a
loro
volta,
sono
influenzate
da
bisogni
fondamentali,
da
abitudini,
dalle
caratteristiche
dei
beni,
da
esperienze
passate,
dalle
caratteristiche
delle
persone
con
cui
s’interagisce,
con
l’obiettivo
di
massimizzare
il
proprio
benessere
individuale.
L’Attività
Economica
comporta
una
serie
di
continue
scelte
e
decisioni
che
le
persone
seguono
attraverso
la
logica
della
razionalità
assoluta
o
limitata.
Il
soggetto
che
prende
una
decisione,
adottando
la
razionalità
assoluta,
è
in
grado
d’identificare
il
problema
da
affrontare,
gli
obiettivi
da
raggiungere
saranno
perfettamente
chiari,
tutte
le
informazioni
sono
disponibili,
compirà
un
esame
esaustivo
di
tutte
le
conseguenze
legate
alle
diverse
scelte,
le
alternative
saranno
confrontabili
ed
il
decisore
sceglierà
l’alternativa
migliore.
Acquisire
informazioni
perseguendo
razionalità
assoluta,
comporta
costi
e
tempi,
poiché
essendo
disponibili
solo
in
parte,
si
possono
presentare
contrasti
fra
le
alternative
ed
il
decisore,
dovrà
tener
conto
anche
delle
preferenze
della
collettività.
Per
questi
motivi
la
razionalità
assoluta,
in
realtà
è
un
modello
autoptico
poiché
limitato.
Secondo
l’economista
Herbert
Simon,
gli
individui,
più
che
fare
scelte
ottimali
fanno
scelte
soddisfacenti,
per
i
vincoli
svolti
dalle
organizzazioni
e
per
i
limiti
imposti
dal
sistema
cognitivo
umano.
Il
decisore
parte
da
attese
iniziali,
una
prima
ricerca
porta
ad
individuare
qualche
possibile
soluzione,
la
valuta
e
si
potranno
avere
caratteristiche
inferiori,
pari
o
superiori
rispetto
alle
attese.
In
seguito
avviene
la
correzione
delle
attese,
attraverso
cui
il
decisore
esamina
altre
possibili
soluzioni,
valuta
le
alternative
ed
infine
avviene
la
scelta.
Per
perseguire
i
loro
fini,
le
persone
interagiscono
tra
loro
sia
occasionalmente
sia
in
maniera
più
o
meno
stabile.
L’azione
individuale
nell’ambito
di
una
società
produce
benefici
individuali
e
collettivi,
l’ottenimento
di
tali
benefici
richiede
comportamenti
appropriati
che
sono
influenzati
dall’appartenenza
dei
singoli
a
gruppi
sociali
ed
a
collettività.
Il
gruppo
sociale
è
composto
da
un
piccolo
numero
di
componenti
che
condividono
valori
di
fondo,
è
orientato
al
perseguimento
di
obiettivi
comuni,
si
forma
spontaneamente,
ha
una
struttura
sociale
interna,
sviluppa
norme
che
tutti
i
membri
devono
rispettare,
è
coeso
e
permane
nel
tempo
se
si
raggiunge
un
equilibrio
tra
quello
che
ciascun
membro
fornisce
al
gruppo
e
quello
che
si
ottiene,
decade
quando
si
rompe
quest’equilibrio.
Ogni
gruppo
sociale
deve
avere
un
leader
che
lo
guidi,
una
debole
leadership
porta
al
declino
del
gruppo.
Attorno
ad
ogni
persona
che
occupa
una
certa
posizione
in
una
collettività
si
forma
un
sistema
di
attese
di
comportamento,
ossia
un
Ruolo.
Un
gruppo
è
in
equilibrio
quando
i
ruoli
sono
coerenti
e
complementari,
se
le
attese
sono
incoerenti
ed
incompatibili
si
originano
tensioni
di
ruolo
che
compromettono
l’efficacia
e
l’esistenza
del
gruppo.
Ogni
giorno
le
imprese
prendono
svariate
decisioni,
e
per
sostenerle
al
meglio
devono
essere
fra
loro
coordinate,
coerenti
ed
in
concorrenza.
Ogni
processo
decisionale
richiede
l’impiego
di
tempo
ed
energia
da
parte
dei
decisori,
tali
risorse
essendo
scarse,
possono
comportare
che
alcuni
processi
decisionali
inizino
ma
siano
subito
conclusi,
mentre
altri
possono
arenarsi
senza
neanche
iniziare.
Le
scelte
che
scaturiscono
dai
processi
decisionali
implicano
l’utilizzo
di
risorse
limitate
e
di
conseguenza
scelte
e
soluzioni
possono
essere
in
concorrenza
fra
loro,
infatti,
uno
stesso
problema
può
trovare
più
soluzioni
e
spetterà
ai
decisori
scegliere
quella
più
soddisfacente
da
adottare.
Nelle
decisioni
le
persone
apportano
ai
problemi
differenti
priorità
ed
attribuiscono
un’elevata
criticità.
Una
scelta
si
compie
se
viene
presentata
in
modo
compiuto
e
convincente
come
risposta
ad
un
problema
percepito
come
rilevante
ed
urgente.
I
processi
decisionali
delle
imprese
sono
parzialmente
strutturati
con
meccanismi
di
razionalità
e
le
loro
strutture
organizzative
sono
influenzate
da
procedure
e
routine
che,
si
suppone,
coerenti
con
gli
stessi
obiettivi
aziendali.
L’attività
economica
svolte
dalle
persone
è
soggetta
a
spinte
divergenti,
poiché
le
persone
hanno
differenti
valori
e
bisogni
e
le
risorse
disponibili
sono
limitate.
La
ragion
d’essere
della
società
e
la
condizione
essenziale
per
il
loro
efficace
funzionamento
è
la
Cooperazione
tra
le
persone
che
vi
fanno
parte,
che
produce
una
Rendita
Organizzativa
che
spetta
a
tutti
quelli
che
cooperano.
Tuttavia
l’imperfetta
conoscenza
dei
contributi
individuali
e
dei
risultati
realizzabili,
dà
inizio
ad
una
serie
di
comportamenti
opportunistici
che
porteranno
a
loro
volta,
sfiducia
nel
personale.
La
costituzione
di
un
rapporto
di
fiducia
nasce
da
comportamenti
virtuosi,
funzionali
alla
massimizzazione
del
benessere
individuale
e
ciò
porterà
l’individuo
ad
avere
buone
relazioni
sociali,
bassi
costi
di
transazione,
ideali
di
giustizia,
equilibrio
e
progresso.
Tali
concetti
sono
espressi
da
Mc
Gregor
con
l’analisi
delle
profezie
auto
verificanti
ossia
la
Teoria
di
X
e
Y.
L’assetto
organizzativo
coerente
con
l’ipotesi
organizzativa
della
natura
umana,
causa
comportamenti
restrittivi
ed
opportunistici
(Teoria
X).
Poiché
le
persone
sono
soggette
ad
un
assetto
costrittivo
e
l’impossibilità
di
esprimere
giudizi
comporta
l’impossibilità
di
assumere
responsabilità
complesse,
fanno
sì
che
si
creino
delle
situazioni
di
sfiducia
reciproca.
Invece,
quando
le
persone
tendono
ad
assumersi
responsabilità
spontaneamente
ed
abbiano
atteggiamenti
leali,
s’identificano
con
l’azienda,
con
i
suoi
obiettivi
e
con
la
professione
(Teoria
Y),
si
sviluppano
assetti
istituzionali
che
favoriscono
l’efficienza
e
la
soddisfazione,
in
quanto
la
persona
si
realizza,
produce
di
più
ed
il
profitto
aumenta.
Le
scienze
economiche
si
articolano
in:
economia
aziendale
e
politica.
Entrambe
hanno
in
comune
l’attività
di
produzione
e
il
consumo
dei
beni
atti
a
soddisfare
i
bisogni.
L’economia
politica
osserva
aggregati
complessi
per
cui
elabora
teorie
economiche,
mentre
l’economia
aziendale
analizza
aggregati
minori,
studia
i
fenomeni
aziendali
e
le
teorie
economiche
utili
per
tutti
i
tipi
d’istituti.
Le
scienze
economiche
sono
orientate
al
cambiamento,
all’innovazione
e
alla
ricerca
di
migliori
modalità
per
lo
svolgimento
dell’attività
economica.
Il
principale
obiettivo
dell’economia
è
massimizzare
la
disponibilità
delle
risorse
scarse,
ossia
dei
beni
economici
e
l’innovazione
economica,
fonte
di
progresso
economico
come
strumento
di
progresso
civile. Capitolo
2
–
GLI
ISTITUTI,
LE
AZIENDE,
LA
SPECIALIZZAZIONE
ECONOMICA
La
complessa
società
umana
si
articola
in
altre
società
che
si
aggregano
secondo
relazioni
molteplici.
Le
persone
tendono
a
far
parte
di
gruppi
per
produrre
risultati
non
ottenibili
con
le
risorse
individuali
e
per
soddisfare
i
bisogni
di
socialità
mediante
relazioni
interpersonali.
Ogni
società
persegue
il
bene
comune
dei
suoi
membri.
L’azione
coordinata
degli
istituti,
che
operano
in
contesti
dinamici,
dà
origine
alla
rendita
organizzativa
e
al
risultato
residuale.
La
rendita
organizzativa
è
un
vantaggio
economico
originato
dalla
cooperazione
fra
più
persone
volte
allo
stesso
fine,
attraverso
la
stipulazione
di
patti
che
determinino
contributi
e
ricompense.
Il
Risultato
Residuale
è
frutto
della
cooperazione
e
dell’incertezza,
ed
è
quanto
residua
dopo
aver
remunerato
tutti
sulla
base
di
patti.
La
vita
delle
persone
nella
società
è
caratterizzata
dalla
nascita
e
dallo
sviluppo
di
Istituzioni,
ossia
da
regole
e
strutture
di
comportamento
stabili
per
singoli
e
gruppi.
Le
società
che
assumono
caratteri
istituzionali
sono
detti
Istituti,
ossia
elementi
costituiti
per
durare
nel
tempo,
ordinati
ed
autonomi.
Le
scienze
distinguono
gli
istituti
in
famiglie,
ossia
società
umane
naturali
ed
organizzazioni,
orientate
al
raggiungimento
di
scopi
specifici
e
dotati
di
regole
di
comportamento.
L’attività
economica
si
svolge
negli
istituti,
dove
avviene
l’attività
di
produzione
e
di
consumo
dei
beni
economici.
Le
imprese
sono
istituti
tipicamente
economici,
le
famiglie
e
lo
Stato
presentano
caratteri
di
natura
sociale,
etica,
politica
e
religiosa.
Negli
istituti
no
profit
in
alcuni
casi
prevalgono
contenuti
economici,
in
altri
contenuti
sociali
e
politici.
L’economia
aziendale
studia
l’ordine
delle
aziende:
l’azienda
di
consumo,
di
gestione
patrimoniale,
familiare,
di
produzione,
l’azienda
composta
pubblica
e
l’azienda
no
profit.
I
vari
istituti
si
distinguono
per:
le
finalità
dominati,
il
fine
economico
immediato,
i
portatori
degli
interessi
economici
istituzionali,
di
quelli
non
istituzionali
ed
i
processi
economici
caratteristici.
La
famiglia
è
l’istituto
primario
della
società,
le
sue
finalità
dominanti
sono
di
ordine
sociale,
etiche
e
religiose,
ed
il
fine
economico
immediato
consiste
nell’appagamento
dei
bisogni
delle
persone
che
la
compongono.
Tra
i
fini
economici
della
famiglia
rientra
il
soddisfacimento
di
attese
economiche
dei
non
membri
della
famiglia
e
ciò
rappresenta
il
soddisfacimento
degli
interessi
economici
non
istituzionali.
La
famiglia
è
un’azienda
di
consumo
combinata
con
fattori
lavoro
e
studio,
il
suo
patrimonio
è
formato
da
beni
di
conferimento
da
eredità
e
da
risparmio,
i
redditi
derivano
dal
lavoro
e
dalla
gestione
patrimoniale,
e
partecipa
al
finanziamento
delle
produzioni
e
dei
consumi
degli
istituti
mediante
il
pagamento
dei
tributi.
I
redditi
percepiti
non
vengono
interamente
spesi
e
contribuiscono
alla
creazione
del
risparmio
che
può
essere
impiegato
acquistando
beni,
quote
di
società
e
concedendo
prestiti.
L’impresa
è
un
istituto
con
caratteri
dominanti
e
finalità
di
tipo
economico.
Il
fine
economico
immediato
dell’impresa
è
la
produzione
di
remunerazione,
i
portatori
degli
interessi
economici
istituzionali
sono
i
prestatori
di
lavoro
ed
i
conferenti
di
capitale
di
rischio,
cui
sono
destinate
le
remunerazioni
prodotte
dall’impresa,
che
diventano
redditi
e
patrimoni
della
famiglia
di
cui
i
membri
sono
lavoratori
e
conferenti
di
capitale
di
risparmio.
I
portatori
degli
interessi
economici
non
istituzionali
sono
i
fornitori,
i
clienti,
i
conferenti
di
capitale
di
risparmio
e
lo
Stato.
Le
imprese
sono
aziende
di
produzione
di
processi
economici
come
le
trasformazioni
tecniche,
le
negoziazioni
di
beni,
di
credito
e
di
rischi.
Lo
Stato
e
gli
istituti
pubblici
hanno
lo
scopo
di
perseguire
il
progresso
sociale
e
spirituale
dei
suoi
membri
e
si
articolano
in
varie
amministrazioni
territoriali.
Nelle
aziende
composte
pubbliche
si
attuano
processi
economici
di
produzione
di
beni
pubblici
cui
segue
la
raccolta
dei
tributi.
I
fini
economici
immediati
sono
l’appagamento
dei
bisogni
delle
persone
che
rientrano
nella
politica
territoriale
mediante
la
produzione
e
il
consumo
dei
beni
pubblici
e
la
remunerazione
dei
lavoratori.
I
portatori
degli
interessi
economici
istituzionali
sono
tutti
i
componenti
dell’entità
politica
ed
i
lavoratori,
mentre
i
portatori
degli
interessi
economici
non
istituzionali
sono
i
fornitori,
i
conferenti
di
capitale
di
prestito
ed
altri
istituti.
Gli
istituti
no
profit
sono
di
natura
privata
e
prevedono
il
divieto
di
distribuire
il
reddito
ed
il
patrimonio
fra
i
suoi
membri.
Essi
s’ispirano
a
finalità
di
ordine
sociale,
morale
e
culturale
e
nascono
dall’opportunità
di
dare
spazio
ad
attività
di
solidarietà,
nelle
quali
possono
ritrovarsi
sia
gli
interessi
dei
singoli
sia
della
collettività.
I
portatori
degli
interessi
economici
istituzionali
sono
gli
associati,
i
donatori,
lo
Stato
ed
i
lavoratori,
mentre
i
portatori
degli
interessi
economici
non
istituzionali
sono
i
fornitori,
i
conferenti
di
capitale
di
prestito,
i
clienti
e
lo
Stato.
Gran
parte
dell’attività
di
produzione
non
si
svolge
all’interno
delle
famiglie,
poiché
non
sarebbe
conveniente
se
non
impossibile
quando
si
vogliano
adottare
tecnologie
progredite.
Le
persone
specializzate
sono
più
efficienti
rispetto
ad
unità
meno
specializzate
e
la
produzione
ottenibile
da
unità
produttive
specializzate
sono
superiori
a
quelli
ottenibili
da
una
famiglia.
Per
questo
è
conveniente
produrre
grandi
volumi
di
uno
stesso
bene
da
cedere,
piuttosto
che
produrre
piccoli
volumi
di
beni
destinati
all’autoconsumo
familiare.
Esse
possono
operare
come
entità
autonome
scambiandosi
gli
input
e
output
del
mercato,
ma
ciò
comporta
Costi
di
Transazione,
ossia
costi
di
negoziazione
particolarmente
elevati
quando
la
razionalità
limitata
delle
persone
deve
confrontarsi
con
molta
incertezza
e
complessità
e
quando
comportamenti
opportunistici
rendono
difficile
la
ricerca
di
partner
per
realizzare
scambi,
conviene
quindi
aggregarsi
in
un’unica
autorità
in
cui
i
costi
d’integrazione
sono
più
bassi
rispetto
a
quelli
del
mercato.
Oltre
all’istituto
della
famiglia,
il
formarsi
d’imprese,
Stato
ed
istituti
no
profit,
deriva
dall’opportunità
di
sfruttare
l’efficienza
delle
imprese
che
operano
nei
mercati
stimolati
dalla
concorrenza,
dalle
competenze,
dalle
capacità
imprenditoriali
finalizzate
a
massimizzare
il
benessere
individuale,
dalla
necessità
d’interventi
statali
quando
l’azione
privata
provocherebbe
inefficienza
o
iniquità.
All’interno
di
ogni
istituto
possono
venirsi
a
creare
delle
realtà
e
situazioni
molto
diverse
dovute
al
dinamismo
ambientale,
del
mercato
e
all’innovazione.
I
tipi
di
sistema
economico
sono:
Il
Modello
dell’Autoconsumo
formato
da
famiglie
che
svolgono
tutte
le
attività
di
produzione
e
consumo.
In
questo
sistema
non
vi
sono
forme
di
specializzazione
economica
ma
è
presente
una
ripartizione
di
compiti;
Nel
Modello
Atomistico
di
Mercato
esistono
persone
che
svolgono
in
autonomia
la
propria
attività
lavorativa
specializzata
senza
raggrupparsi
in
imprese
e
le
loro
attività
sono
coordinate
da
meccanismi
di
mercato;
Nel
Modello
della
Gerarchia
Totale
l’organizzazione
statale
pianifica
l’intera
attività
economica;
Nel
Modello
della
Pluralità
di
istituti
specializzati
il
sistema
economico
e
sociale
è
costituito
da
numerosi
istituti.
Una
delle
caratteristiche
più
importanti
dei
sistemi
economici
è
la
specializzazione
che
comporta
vantaggi,
poiché
le
attività
si
svolgono
rapidamente,
efficacemente,
con
meno
fatica
e
si
hanno
risultati
di
migliore
qualità.
Tali
vantaggi
sono
detti
Economie
di
Specializzazione,
determinate
da:
l’impiego
ottimale
delle
competenze
individuali
limitate
e
disomogenee,
differenziazione
degli
orientamenti
manageriali
e
tecnici,
riduzione
dei
costi
di
apprestamento
e
di
passaggio
tra
le
fasi,
migliori
performance
degli
impianti
specializzati
ed
identificazione
e
motivazione
al
lavoro.
Una
forte
specializzazione
può
demotivare
una
mansione
e
può
produrre
svantaggi
come:
alti
costi
di
coordinamento
che
aumentano
quanto
sono
maggiori
i
rapporti
fra
i
soggetti
che
svolgono
l’attività
economica,
i
costi
di
rigidità
e
gli
investimenti
specifici,
che
frenano
la
flessibilità
ed
il
cambiamento,
e
la
demotivazione
che
porta
ad
attribuire
alle
persone
compiti
isolati,
semplici
e
ripetitivi
che
frenano
i
bisogni
della
socialità,
stima
e
realizzazione.
La
specializzazione
cresce
all’estendersi
dei
mercati,
in
modo
tale
che
le
imprese
possono
ingrandirsi
e
specializzarsi,
maggiori
sono
le
dimensioni
del
mercato
e
maggiori
sono
gli
incentivi
per
gli
investimenti
di
ricerca
e
sviluppo. Capitolo
4
–
GLI
ASSETTI
ISTITUZIONALI
L’istituto
è
un
insieme
soggetti
che
offrono
contributi,
ricevono
ricompense
o
traggono
benefici.
Per
l’istituto
è
essenziale
un
governo
unitario
poiché
si
muove
in
contesti
dinamici,
i
contributi
di
tutti
i
soggetti
devono
essere
combinati
ed
organizzati
in
modo
che
assicuri
il
perseguimento
del
bene
comune,
ed
un
solo
organo
ha
la
responsabilità
delle
ultime
decisioni,
ossia
l’Unità
del
comando.
Per
realizzare
un
governo
d’istituto
efficace
occorre
delineare
il
Soggetto
d’istituto,
di
soggetti
ossia
il
soggetto
al
quale
assegnare
il
dirittodovere
di
governare,
ed
il
Fine
d’Istituto,
ossia
esplicitare
a
quali
finalità
ed
obiettivi
debba
ispirarsi
l’azione
del
soggetto
d’istituto
ed
infine
configurare
la
Struttura
di
Governo.
L’assetto
istituzionale
consiste
nell’individuazione
dei
portatori
d’interesse
nei
confronti
dell’istituto,
dei
contributi
che
forniscono,
dei
benefici
che
ottengono,
del
soggetto
d’istituto,
dei
fini
istituzionali
e
delle
strutture
di
governo
che
combinano
diversi
fattori
in
un
equilibrio
dinamico
e
duraturo,
in
questo
caso
tendono
a
rimanere
stabili
sia
il
soggetto
d’istituto
sia
la
struttura
di
governo,
invece
si
modificano
quando
lo
sviluppo
dell’istituto
richiede
diversi
portatori
d’interessi,
contributi
e
ricompense.
Attorno
a
ciascun
istituto
si
originano
interessi
e
rapporti
di
forza
contrattuale
di
varia
natura,
che
dipendono
dalla
concentrazione
della
domanda
e
dell’offerta,
dagli
investimenti
specifici
e
dall’asimmetria
informativa
fra
le
parti.
Le
principali
classi
di
soggetti
che
offrono
contributi
alle
imprese
e
ne
ottengono
ricompense
sono:
i
Prestatori
di
Lavoro
che
conferiscono
il
loro
lavoro
in
cambio
di
una
remunerazione,
condizioni
di
lavoro
positive
e
stabilità
del
rapporto
lavorativo,
mentre
l’azienda
attende
da
essi:
lealtà,
obbedienza,
impegno,
disponibilità
al
cambiamento
e
socializzazione
tra
i
prestatori
di
lavoro.
I
conferenti
di
capitale
di
rischio
conferiscono
mezzi
monetari,
sono
soggetti
al
rischio
d’impresa
e
si
aspettano
una
remunerazione
composta
dalla
liquidazione
degli
utili
ed
un
guadagno
in
conto
capitale.
L’attesa
dell’impresa
è
di
poter
far
conto
su
soggetti
disposti
ad
investire
capitale
di
rischio
e
che
gli
eventuali
azionisti
non
compromettano
l’autonomia
e
la
sopravvivenza
dell’impresa.
I
fornitori
apportano
all’impresa
varie
condizioni
di
produzione,
le
loro
attese
sono:
standard
di
qualità
chiari,
rapporto
stabile,
condizioni
economiche
remunerative,
idee
e
proposte
utili
per
lo
sviluppo
delle
competenze
tecniche
e
commerciali;
mentre
le
attese
dell’impresa
sono:
qualità
costante,
prezzi
contenuti,
tempi
di
pagamento
adeguati,
consegne
tempestive
e
garanzie.
I
conferenti
di
capitale
di
prestito
apportano
mezzi
monetari
messi
all’impresa
per
un
dato
periodo
a
fronte
del
rimborso
del
capitale
ed
il
pagamento
degli
interessi.
Sono
interessati
alla
trasparenza
dell’impresa
finanziata,
alla
solidità
e
redditività,
al
rimborso
puntuale
del
capitale
e
degli
interessi.
Le
attese
dell’impresa
sono:
condizioni
generali
favorevoli,
varietà
e
flessibilità
delle
modalità
del
finanziamento,
supporto
tecnico
per
la
scelta
delle
forme
di
finanziamento
ed
una
relazione
duratura.
I
clienti
acquistano
i
prodotti
e
gestiscono
il
loro
rapporto
secondo
varie
condizioni
di
scambio
e
richiedono
all’impresa
standard
di
qualità
chiari,
prezzi
adeguati,
garanzie
ed
innovazione.
Le
imprese
perseguono
una
stabile
relazione
e
cooperazione
nello
sviluppo
del
know-how
tecnico
e
commerciale.
Infine
gli
alleati
istituzionali
sono
le
imprese
partner,
come
i
consorzi,
le
joint
ventures
e
le
reti
di
franchising.
Essi
hanno
il
compito
di
tutelare
il
marchio
e
l’immagine
di
un’impresa
e
si
aspettano
quote
associative,
stabilità
e
cooperazione,
mentre
le
attese
delle
imprese
nei
loro
confronti
sono:
sviluppo
di
una
politica
comune
ed
una
collaborazione
proficua.
I
concorrenti
giocano
un
ruolo
importante
nel
mondo
economico,
poiché
stimolano
la
competizione.
Ciascun’impresa
dovrebbe
gestire
attentamente
le
relazioni
con
le
altre
imprese,
adottando
una
competizione
leale,
che
si
rispetti
la
normativa,
per
creare
anche
a
delle
alleanze.
Lo
Stato
è
legato
alle
imprese
da
rapporti
che
originano
contributi,
ricompense
e
attese.
Esso
è
produttore
ed
erogatore
di
beni
pubblici
e
si
aspetta
che
le
imprese
non
adottino
pratiche
di
evasione
ed
elusione
fiscale,
mentre
le
imprese
si
attendono
beni
pubblici
di
alta
qualità,
apparati
statali
efficienti,
imposizione
non
elevata
ed
equità
del
sistema
fiscale.
Le
collettività
locali
istaurano
particolari
relazioni
con
le
imprese
che
s’impegnano
a
fornire
lavoro
agli
abitanti
di
una
certa
area
geografica.
Si
aspettano
generali
condizioni
di
benessere;
invece
l’impresa
si
aspetta
di
ricevere
impegno
e
fedeltà
da
parte
dei
propri
lavoratori
e
contesti
sociali
e
politici
favorevoli.
L’operatore
famiglia
occupa
un
ruolo
primario
nel
sistema
economico,
in
quanto
la
produzione,
il
consumo,
il
risparmio
e
gli
investimenti
dipendono
dalle
scelte
e
dall’attività
economica
dei
suoi
membri.
I
soggetti
che
offrono
contributi
alle
famiglie
e
che
ne
ottengono
ricompensa
sono:
i
membri,
i
prestatori
di
lavoro
presso
la
famiglia,
i
fornitori,
lo
Stato,
gli
istituti
presso
cui
i
membri
prestano
lavoro,
le
altre
famiglie
legate
da
rapporti
di
parentela
e
gli
istituti
cui
la
famiglia
ha
prestato
capitale
di
rischio.
I
soggetti
che
offrono
contributi
e
ottengono
ricompense
dello
Stato
sono:
le
famiglie,
imprese,
istituti
no
profit,
i
conferenti
di
capitale
di
prestito,
i
fornitori
di
beni
privati,
le
imprese
pubbliche,
i
prestatori
di
lavoro,
le
amministrazioni
pubbliche
locali
e
gli
altri
Stati.
Gli
interessi
convergenti
negli
istituti
no
profit
fanno
capo
ai
soci,
ai
finanziatori,
collettività
locali,
Stato,
conferenti
di
capitale
di
prestito,
fornitori
di
beni
privati,
prestatori
di
lavoro
e
agli
altri
istituti
no
profit.
Per
una
vita
economica
duratura
di
un
istituto
è
necessario
istituire
relazioni
di
cooperazione
affinché
i
contributi
dei
soggetti
si
rendano
disponibili.
In
un’impresa
ideale
dove
fra
tutti
i
soggetti
s’instaurano
relazioni
trasparenti,
di
fiducia
e
cooperazione
si
avrebbero
dei
vantaggi
d’integrazione
comune:
minori
costi
di
transazione
e
di
coordinamento,
maggior
valore
degli
input,
maggiore
soddisfacimento
dei
bisogni
di
socialità,
estesi
ed
efficienti
processi
di
apprendimento
collettivo.
Per
realizzare
un
buon
livello
d’integrazione
occorre
superare
vari
ostacoli
che
derivano
da:
obiettivi
differenti,
competizione
per
la
remunerazione
date
le
risorse
limitate,
informazione
incompleta
e
futuro
incerto.
Nei
risultati
ottenuti
attraverso
un
lavoro
congiunto,
è
difficile
definire
il
contributo
del
singolo
e
decidere
a
chi
attribuire
i
risultati
residuali.
Per
realizzare
l’integrazione
si
agisce
su
leve
come:
la
definizione
degli
organismi
massimi
di
governo
e
dei
soggetti
cui
attribuire
i
risultati
reddituali,
un’attenta
progettazione
dell’assetto
organizzativo
ed
adottare
meccanismi
d’integrazione
con
soggetti
esterni.
La
partecipazione
di
tutti
i
portatori
d’interessi
al
governo
d’istituto,
determinerebbe
delle
situazioni
negative,
come:
elevati
costi
di
governo
e
complessità
organizzativa,
qualità
e
tempi
delle
decisioni
inadeguati
alla
vita
dell’istituto
e
mancato
riconoscimento
della
criticità
di
alcuni
contributi.
La
nomina
del
Soggetto
d’Istituto
è
importante
per
massimizzare
la
possibilità
che
l’istituto
perduri
nel
tempo
ed
in
autonomia.
Ad
esso
è
affidato
il
diritto-dovere
di
governare,
di
godere
dei
risultati
residuali
e
su
di
esso
ricade
il
rischio
d’istituto.
In
tutti
gli
istituti,
gli
interessi
istituzionali
coincidono
con
le
attese
delle
persone
che
compongono
il
soggetto
d’istituto,
mentre
gli
interessi
degli
altri
soggetti
sono
detti
interessi
non
istituzionali,
economici
e
non,
ed
economici
istituzionali.
L’insieme
dei
portatori
degli
interessi
istituzionali
economici
e
non,
costituisce
il
soggetto
d’istituto,
mentre
gli
interessi
economici
istituzionali
costituiscono
il
Soggetto
Economico
che
esercita
le
prerogative
di
un
governo
economico,
fissa
gli
obiettivi,
le
strategie,
le
politiche
dell’istituto,
sceglie
i
soggetti
che
contribuiranno
alla
vita
economica
dell’istituto,
progetta
ed
attua
strutture
di
governo,
di
controllo
e
sorveglia
il
funzionamento
dell’istituto.
Esso
s’ispira
ai
principi
di
economicità,
ossia
la
capacità
dell’istituto
di
svolgersi
in
autonomia
economica
senza
il
ricorso
a
coperture
di
perdite
ed
adottare
strutture,
processi,
atteggiamenti
e
comportamenti
ispirati
alla
logica
della
partecipazione
e
del
confronto.
Il
soggetto
d’istituto
ed
il
soggetto
economico
della
famiglia
sono
composti
da
tutti
i
suoi
membri.
Rilevanti
interessi
possono
essere
portati
da
persone
di
altre
famiglie
legate
da
rapporti
di
parentela
e
si
considerano
rapporti
non
istituzionali,
a
meno
che
non
si
configuri
un
gruppo
economico
di
aziende
familiari.
Il
governo
economico
dell’azienda
familiare
è
unico
ed
unitario
e
comporta
decisioni
complesse
ed
articolate
poiché
implicano
significati
non
solo
economici.
Le
imprese
possono
richiedere
differenti
assetti
di
governo
che,
in
alcuni
casi
sarà
centrato
su
una
sola
categoria
di
portatori
d’interessi,
mentre
in
altri
sarà
affidato
a
più
categorie
di
produttori
d’interessi.
Nel
caso
in
cui
in
un’impresa
il
soggetto
d’istituto
ed
economico
siano
formati
dall’insieme
dei
conferenti
di
capitale
di
rischio
e
dei
prestatori
di
lavoro,
l’assegnazione
dei
diritti
di
proprietà
da
luogo
ad
un
efficace
governo
economico.
La
maggior
parte
delle
imprese
è
configurata
secondo
il
metodo
capitalistico,
cioè
si
assegnano
i
diritti
di
proprietà
soltanto
ai
conferenti
di
capitale
di
rischio,
poiché
si
presume
che
esercitino
maggiore
influenza
sul
governo
delle
imprese.
Quando
si
adotta
uno
schema
a
2
classi
di
portatori
d’interessi,
si
manifesta
il
problema
della
formazione
degli
organi
di
governo,
che
si
supera
con
la
creazione
di
assemblee
che
nominano
i
rappresentanti
ed
i
membri
dell’organo
decisionale
di
governo
ed
il
problema
della
determinazione
e
della
divisione
del
reddito
residuale
complessivo.
Il
fine
immediato
dell’impresa
è
rappresentato
soprattutto
dalla
produzione
di
remunerazione
per
i
membri
del
soggetto
economico.
Le
prerogative
di
un
governo
economico
riguardano
le
scelte
per
l’assetto
istituzionale,
di
configurazione
delle
combinazioni
produttive,
di
assetto
tecnico,
organizzativo
e
per
l’organismo
personale.
Il
contemperamento
degli
interessi
è
un
principio
generale
di
conduzione
degli
Istituti,
poiché
chi
governa,
deve
tener
presente
le
attese
di
tutti
i
portatori
d’interessi
e
deve
ricercare
soluzioni
che
le
soddisfano
in
modo
equilibrato.
Una
strategia
che
agevola
il
soddisfacimento
di
tutte
le
attese
e
quella
di
crescere
l’impresa
in
termini
dimensionali
e
di
qualità
delle
combinazioni
economiche.
Molto
spesso
l’insieme
delle
persone
che
dovrebbe
esercitare
il
governo
economico
non
coincide
con
quello
che,
di
fatto,
lo
esercita,
poiché
viene
esercitato
da
persone
che
lo
rappresentano
solo
in
parte,
oppure
che
sia
esercitato
da
persone
estranee
al
soggetto
economico.
In
questi
casi
si
tratta
di
Soggetto
Economico
Improprio,
una
situazione
molto
pericolosa
per
l’impresa
poiché
è
iniqua.
Lo
Stato
è
costituito
da
istituti
pubblici,
come
Regioni,
Provincie
e
Comuni,
sono
istituti
di
tipo
politico-sociale
caratterizzati
da
fini
e
processi
di
tipo
economico
e
definite
Azioni
Composte
Pubbliche.
I
loro
fini
economici
istituzionali
sono:
il
soddisfacimento
dei
bisogni
pubblici
e
la
remunerazione
dei
prestatori
di
lavoro.
Anche
nello
Stato
possono
crearsi
soggetti
economici
impropri
quando
l’azienda
pubblica
diventa
strumento
delle
organizzazioni
politiche
o
di
particolari
categorie
di
utenti
anziché
strumento
di
realizzazione
del
bene
comune.
Le
prerogative
di
governo
economico
negli
istituti
pubblici
si
esercitano
attraverso
organi
collegiali.
Negli
istituti
no
profit
il
soggetto
d’istituto
può
far
capo
a:
gli
associati
che
si
aggregano
per
soddisfare
bisogni
comuni
coprendo
i
costi
con
quote
e
tariffe,
ai
donatori
pubblici
e
privati
ed
ai
prestatori
di
lavoro.
Sono
interessi
istituzionali
economici:
le
attese
di
soddisfacimento
dei
bisogni
comuni
degli
associati
e
le
attese
di
remunerazione
dei
prestatori
di
lavoro
non
volontario,
mentre
gli
economici
non
istituzionali
sono
quelli
dei
donatori. Capitolo
17
–
LE
SCELTE
DI
ASSETTO
ISTITUZIONALE
Le
scelte
di
assetto
istituzionale
determinano
la
configurazione
di
un
istituto,
poiché
portano
a
decidere:
chi
ha
il
diritto-dovere
di
governarlo,
fissare
gli
obiettivi,
prendere
le
ultime
decisioni,
decidere
dell’eventuale
cessazione,
chi
deve
ricevere
e
disporre
dei
risultati
reddituali
dell’istituto,
configurare
gli
organi
di
governo
economico
e
di
controllo
e
decidere
con
quali
istituti
instaurare
delle
relazioni.
I
sistemi
economici
sono
molto
complessi,
dinamici,
incerti,
ambigui
e
poco
trasparenti
ed
in
tali
contesti
è
impossibile
decidere
e
valutare
con
rigore
i
contributi
e
le
ricompense
di
ciascun
soggetto.
I
vari
soggetti
si
presentano
con
differenti
competenze,
valori,
energie,
propensioni
al
rischio,
patrimoni
economici,
relazionali
e
basi
di
potere,
di
conseguenza
essi
reagiscono
in
modi
differenti
secondo
l’incertezza
e
l’ambiguità.
Gli
assetti
istituzionali
devono
essere
progettati
in
modo
da
favorire
la
libertà
e
varietà
di
espressione,
si
produca
un
senso
di
equità
e
che
i
costi
delle
soluzioni
adottate
siano
il
più
possibile
contenuti.
Nelle
economie
liberiste,
la
maggior
parte
delle
imprese
è
configurata
secondo
il
modello
della
società
per
azioni,
ossia
i
diritti
di
proprietà
fanno
capo
ai
conferenti
di
capitale
di
rischio
(azionisti)
e
viene
configurata
come
Impresa
Capitalistica.
Essa
è
la
forma
dominante,
ma
talvolta,
vi
sono
istituti
con
assetti
proprietari
differenti.
La
ripartizione
dei
diritti
di
proprietà
nei
vari
istituti
determina
la
configurazione
dei
sistemi
economici
e
sociali,
e
i
differenti
sistemi
politici
che
consentono,
incentivano
ed
impongono
soluzioni
scoraggiandone
e
vietandone
altre.
La
teoria
di
tipo
Contingency
di
Hansmann
afferma
che
non
esiste
un
assetto
proprietario
ottimale
per
qualsiasi
tipo
d’impresa,
poiché
deve
essere
scelto
in
funzione
dei
costi
di
market
contracting
e
di
ownership
derivanti
da
alternativi
assetti
proprietari.
I
diritti
di
proprietà
fanno
capo
ad
una
categoria
di
persone
che
interagiscono
con
l’impresa,
fornendole
input
e
acquisendo
gli
output.
Tali
soggetti
sono
definiti
Patron
dell’impresa
e
ciascuno
deve
sostenere
dei
costi
che
compongono
i
Costi
di
Transazione.
I
costi
di
market
contracting
dipendono
da:
la
forza
contrattuale
dell’impresa,
gli
investimenti
specifici
effettuati
dai
patrons
e
dall’asimmetria
informativa.
Mentre,
i
costi
di
ownership
si
distinguono
in:
costi
di
monitoring,
sostenuti
dai
proprietari
per
comunicare
tra
loro
e
per
trasmettere
gli
ordini
ai
manager,
costo
delle
decisioni
collettive
che
sono
alti
quanto
maggiore
è
il
numero
dei
patrons
e
più
disomogenei
sono
i
loro
interessi
ed
i
costi
di
assunzione
del
rischio.
La
soluzione
più
efficiente
è
quella
che
minimizza
i
costi
di
transazione
sostenuti
da
tutti
i
patrons.
Nell’ambito
delle
classi
d’impresa
distinte
per
assetto
proprietario,
troviamo:
imprese
ad
assetto
proprietario
capitalistico,
non
capitalistico,
misto
e
limitati.
Nell’ambito
del
modello
capitalistico
si
distinguono
importanti
fattispecie
riguardo
al
grado
di
concentrazione
del
capitale
di
rischio,
alla
natura
pubblica
o
privata
dei
titolari
di
capitale
di
rischio
e
alla
distribuzione
dei
redditi
di
voto
e
remunerazione.
Nelle
imprese
ad
assetto
proprietario
non
capitalistico
i
diritti
di
proprietà
non
sono
assegnati
ai
conferenti
di
capitale
di
rischio,
ma
a
cooperative
e
consorzi,
nei
quali
si
pongono
dei
limiti
all’acquisizione
dei
risultati
reddituali
e
per
questo
simili
agli
istituti
no-profit.
Fra
le
imprese
ad
assetto
proprietario
misto,
distinguiamo
le
imprese,
dove
i
diritti
di
proprietà
sono
ripartiti
fra
i
conferenti
di
capitale
di
rischio
e
i
prestatori
di
lavoro.
Nelle
imprese
a
diritti
di
proprietà
limitati,
i
diritti
di
governo
sono
esercitati
da
soggetti
esterni
all’impresa.
La
scelta
di
assetto
proprietario
è
molto
complessa
perché
si
deve
tener
conto
di
molte
esigenze
che
possono
dar
luogo
a
situazioni
differenti.
Le
prerogative
degli
organi
di
governo
e
di
controllo
delle
imprese
sono
regolate
da
varie
leggi
e
regolamenti.
Nel
caso
delle
S.p.A.
italiane
quotate
in
borsa,
le
norme
più
rilevanti
definiscono
i
compiti
dei
vari
organi
come:
l’assemblea
ordinaria
degli
azionisti
che
approva
il
bilancio,
nomina
e
revoca
gli
amministratori,
i
sindaci,
il
presidente
del
collegio
sindacale;
il
Consiglio
di
Amministrazione,
costituito
da
persone
cui
è
affidata
l’amministrazione,
che
compiono
le
operazioni
per
l’attuazione
del
soggetto
sociale,
valuta
l’assetto
organizzativo,
amministrativo
e
contabile
della
società,
esamina
i
piani
strategici,
individuali
e
finanziari,
e
valuta
l’andamento
della
gestione;
il
Collegio
Sindacale
vigila
sull’osservanza
della
legge
e
dello
Statuto,
su
una
corretta
amministrazione,
sull’adeguatezza
dell’assetto
organizzativo,
amministrativo
e
contabile
adottato
dalla
società
e
sul
suo
corretto
funzionamento.
Il
Controllo
Contabile
sulla
società
è
esercitato
da
un
revisore
contabile
o
da
una
società
di
revisione
che
verifica
la
regolare
tenuta
della
contabilità,
dei
fatti
di
gestione
nelle
scritture
contabili,
verifica
che
il
bilancio
d’esercizio
e
quello
consolidato
corrispondano
alle
scritture
contabili.
Nelle
società
quotate,
il
consiglio
di
amministrazione
deve
costituire
un
Comitato
per
il
Controllo
Interno,
che
lo
assiste
nella
scelta
della
società
di
revisione
con
cui
verifica
l’adeguatezza
dei
principi
contabili
per
la
stesura
dei
bilanci
e
verifica
il
funzionamento
del
Sistema
di
Controllo
Interno,
e
un
Comitato
per
la
Remunerazione
e
per
gli
eventuali
piani
di
Stock
Options
e
di
assegnazione
delle
azioni.
Ha
il
compito
di
formulare
proposte
per
la
remunerazione
degli
amministratori
delegati
e
dell’alta
direzione
della
società.
Le
imprese
sono
soggette
a
molti
controlli
provenienti
da
vari
soggetti
esterni
i
quali
influenzano
i
comportamenti
aziendali,
come
le
verifiche
di
organi
d’ispettorato
e
di
polizia,
le
associazioni
di
varie
categorie
di
portatori
d’interessi
ed
aggregati
interaziendali,
nel
caso
in
cui
un’azienda
ne
faccia
parte.
Questi
soggetti
possono
attivare
strutture
e
meccanismi
speciali
per
curare
i
propri
interessi.
Nel
caso
in
cui
le
imprese
operano
in
più
Paesi,
devono
rispettare
le
norme
locali
e
integrarle
a
livello
complessivo.
Le
scelte
in
merito
alle
strutture
di
governo
delle
imprese
sono
fortemente
vincolate
dalla
normativa
vigente,
ma
esistono
spazi
decisionali
a
disposizione
di
ciascun’impresa,
come:
la
scelta
di
varie
forme
d’impresa
in
termini
di
assetto
di
base
dei
diritti
proprietari
(società
di
capitali,
Cooperativa
e
Partnership),
all’interno
di
ciascuna
macrocategoria
si
offrono
varie
opzioni
(società
di
capitali,
S.r.l.
e
S.p.A.),
per
ciascuna
forma
giuridica
la
scelta
degli
organi
da
attivare
è
parzialmente
libera,
ciascun
organo
può
essere
progettato
con
una
certa
libertà
in
termini
di
composizione
e
di
funzionamento
e
nella
realizzazione
delle
modalità
d’interazione
con
le
rappresentanze
dei
diversi
portatori
d’interesse.
Il
processo
decisionale
comprende:
la
decisione
della
strategia
da
realizzare,
capire
quali
sono
i
contributi
necessari,
valutare
il
rapporto
con
i
fornitori,
stimare
a
quali
condizioni
i
soggetti
sono
disposti
a
partecipare,
valutare
fra
le
scelte
realizzabili
quelle
più
accettabili
sul
piano
culturale
ed
in
termini
di
legittimazione
e
compiere
le
scelte
di
assetto
proprietario
di
base
alla
forma
giuridica,
alla
composizione
e
al
funzionamento
degli
organi
di
governo
e
controllo.
La
configurazione
dell’assetto
di
governo,
oltre
per
singoli
istituti,
si
pone
anche
per
aggregati
interaziendali,
dove
occorre
decidere
quali
organi
e
meccanismi
attivare
per
governare
l’aggregato,
adattare
le
attese
di
tutti
i
soggetti
secondo
equità
combinando
i
loro
contributi
in
un
disegno
di
sviluppo
condiviso
ed
efficace.
Gli
strumenti
di
governo
utilizzabili
sono
di
varia
natura,
come
impegni
di
cooperazione,
sistemi
di
pianificazione
e
programmazione,
strutture
comuni
all’aggregato,
condivisione
dei
diritti
di
proprietà
e
rapporti
sociali
di
stima
e
fiducia.
Capitolo
3
–
LE
COMBINAZIONI
ECONOMICHE
D’ISTITUTO
L’insieme
delle
operazioni
economiche
svolte
dalle
persone
in
un
istituto
forma
le
combinazioni
economiche
generali.
L’economia
aziendale
si
occupa
delle
azioni
e
dei
fenomeni
che
si
manifestano
nell’azienda
e
nel
suo
ambiente,
che
costituiscono
il
Sistema
degli
Accadimenti,
nell’ambito
del
quale
una
posizione
dominante
è
costituita
dalle
combinazioni
economiche
generali.
Esse
sono
costituite
dall’insieme
delle
operazioni
economiche
svolte
delle
persone
all’interno
di
un
istituto
e
si
articolano
in
coordinazioni
e
combinazioni
economiche
parziali
e
delle
negoziazioni.
Le
coordinazioni
economiche
parziali
sono
insiemi
di
processi
caratterizzati
da
una
funzione,
e
da
un
insieme
di
competenze
specialistiche
applicate
al
loro
svolgimento.
Le
coordinazioni
parziali
delle
imprese
sono
riconducibili
alla
Configurazione
dell’Assetto
Istituzionale,
alla
Gestione
suddivisa
in
caratteristica,
finanziaria,
patrimoniale,
tributaria
ed
assicurativa,
all’Organizzazione
e
Rilevazione.
Le
operazioni
di
configurazioni
dell’assetto
istituzionale
determinano
la
nascita,
la
trasformazione
e
lo
svolgimento
dell’impresa,
dove
si
decidono
i
fini,
i
campi
di
attività,
le
strutture
di
governo
e
le
alleanze
dell’azienda.
Per
le
imprese
sono
di
primaria
importanza
le
scelte
di
configurazione
del
capitale
proprio,
ossia
le
scelte
in
merito
ai
conferenti
di
capitale
di
rischio
e
in
quale
misura
rispetto
al
fabbisogno
monetario
dell’impresa.
La
Gestione
è
un
complesso
di
operazioni
attraverso
le
quali
l’impresa
attua
la
produzione
economica.
La
Gestione
Caratteristica
è
l’insieme
delle
operazioni
di
gestioni
che
identificano
la
“funzione
economico-tecnica”
di
ciascun’impresa
ed
origina
costi
e
ricavi
e,
per
differenza,
un
risultato
operativo
della
gestione
caratteristica.
Nelle
imprese
manifatturiere
la
gestione
caratteristica
si
articola
nelle
operazioni
di:
ricerca
e
sviluppo,
acquisto
di
merci
e
servizi
destinati
alla
produzione,
fabbricazione,
commercializzazione
e
logistica.
La
Gestione
Finanziaria
è
l’insieme
delle
operazioni
volte
a
coprire
il
fabbisogno
finanziario,
ossia
dei
mezzi
monetari
necessari
per
avviare
l’impresa
e
per
sostenerne
lo
sviluppo.
Il
fabbisogno
finanziario
nasce
perché
nelle
imprese
gli
incassi
derivanti
dalle
vendite
si
manifestano
dopo
ai
pagamenti
derivanti
dagli
acquisti.
Esso
può
essere
coperto
ricorrendo
al
capitale
proprio
o
di
rischio
e
a
quello
di
prestito.
La
gestione
finanziaria
è
una
gestione
passiva,
poiché
comporta
interessi
passivi
sul
capitale
di
terzi
e
remunerazione
del
capitale
proprio.
Può
accadere
che,
per
un
certo
periodo,
l’impresa
abbia
mezzi
monetari
eccedenti
rispetto
al
fabbisogno
della
gestione
caratteristica;
in
questi
casi
si
attiva
la
Gestione
Patrimoniale
che
consiste
nell’investimento
di
tali
mezzi
monetari
al
fine
di
trarne
un
reddito.
L’investimento
può
consistere,
nell’acquisto
di
titoli
di
Stato
o
di
azioni
di
altre
imprese.
La
gestione
patrimoniale
è,
in
linea
di
principio,
una
gestione
attiva.
La
Gestione
Assicurativa
consiste
nella
copertura
dei
rischi
d’impresa
mediante
la
sottoscrizione
di
contratti
di
assicurazione.
Questa
è
una
gestione
tipicamente
passiva,
in
quanto
comporta
il
costo
di
premi
assicurativi
e
indennizzi
a
fronte
di
danni
equivalenti.
La
Gestione
Tributaria
consiste
nella
liquidazione
e
nel
pagamento
di
una
vasta
gamma
di
tributi
che
le
imprese
corrispondono
allo
Stato
a
fronte
dei
beni
pubblici
ricevuti;
per
tanto
è
una
gestione
tipicamente
passiva
poiché
comporta
solo
oneri.
Tutte
le
gestioni,
con
i
loro
costi
e
i
ricavi
concorrono
a
determinare
il
risultato
dell’impresa.
Analogamente,
tutte
le
gestioni,
con
i
loro
pagamenti
e
riscossioni,
determinano
i
flussi
monetari
dell’impresa
e
la
sua
solvibilità.
Analizzare
la
gestione
secondo
il
profilo
reddituale
significa
indagare
i
costi
ed
i
ricavi,
mentre
secondo
il
profilo
monetario
significa
studiare
i
flussi
delle
entrate
e
delle
uscite.
Le
operazioni
di
organizzazione
comprendono
attività
riconducibili
alla
progettazione
dell’assetto
organizzativo
dell’impresa
e
alla
gestione
dei
prestatori
di
lavoro.
La
progettazione
dell’assetto
organizzativo
consiste
nella
progettazione
della
struttura
organizzativa
dell’impresa,
mentre
la
gestione
dei
prestatori
di
lavoro
consiste
nell’attuazione
dei
sistemi
operativi
di
gestione
del
personale.
Tra
le
operazioni
di
organizzazione,
di
particolare
rilevanza
sono
le
negoziazioni
di
lavoro,
che
si
sostanziano
in
contratti
che
l’impresa
stipula
con
i
prestatori
di
lavoro.
Queste
hanno
un’evidente
criticità
al
livello
di
assetto
istituzionale
e
dei
sistemi
economici
locali,
nazionali
e
sopranazionali.
Le
operazioni
di
Rilevazione
sono
svolte
dalle
imprese
per
predisporre
dati
e
informazioni.
Molte
imprese
attuano
più
combinazioni
economiche
parziali,
ossia
operano
in
più
aree
d’affari.
Una
combinazione
economica
parziale
è
definita
da
una
combinazione
prodotto-mercato,
ossia
una
gamma
di
prodotti
destinata
ad
un
certo
mercato.
Le
imprese
che
attuano
più
combinazioni
economiche
parziali
si
dicono
Imprese
Diversificate.
Le
combinazioni
economiche
delle
imprese
possono
riguardare:
operazioni
per
acquisire
e
trasformare
gli
input
necessari
per
la
produzione,
per
cedere
i
beni
offerti
dall’impresa,
operazioni
d’impostazione
e
di
governo
dell’attività
aziendale.
Lo
svolgimento
delle
combinazioni
economiche
si
attua
attraverso
insiemi
di
operazioni
interne
ed
esterne.
Tra
le
operazioni
di
gestione
esterna
rivestono
primaria
importanza
le
Negoziazioni,
ossia
le
operazioni
attraverso
le
quali
l’impresa
acquisisce
da
terzi
le
condizioni
di
produzione
e
cede
i
propri
prodotti
o
condizioni
di
produzione.
Le
grandi
classi
di
negoziazione
svolte
dall’impresa
sono:
la
negoziazione
di
beni
privati,
pubblici,
di
lavoro,
di
capitale
di
rischio,
di
prestito
e
di
rischi
particolari.
Quando
si
svolge
una
negoziazione,
i
soggetti
coinvolti
sostengono
dei
costi
di
attivazione
e
di
gestione
della
negoziazione,
denominati
Costi
di
Transazione.
Ciò
significa
che
il
compratore
sostiene
2
costi,
il
costo
d’acquisto
della
merce
al
quale
si
devono
sommare
i
costi
di
transazione,
ma
anche
il
venditore
che
ottiene
un
ricavo,
deve
decurtare
i
costi
sostenuti
per
attivare
e
gestire
la
transazione.
Le
negoziazioni
reali
non
si
svolgono
mai
in
condizioni
di
perfetta
trasparenza,
conoscenza,
lealtà
ed
equilibrio
di
potere
delle
parti,
ossia
non
si
svolgono
in
condizioni
di
razionalità
assoluta
e
di
mercati
perfetti.
Lo
Stato
svolge
un
ruolo
essenziale
nei
sistemi
economici,
intervenendo
attraverso
la
produzione
diretta
o
indiretta
di
alcuni
beni
pubblici
o
privati,
regolamentando
la
produzione
ed
il
consumo
di
altri
beni,
imponendo
tributi
e
ridistribuendo
le
ricchezze.
Alcuni
Stati
intervengono
in
molti
settori,
altri
restringono
le
proprie
aree
d’intervento
lasciando
spazio
alle
famiglie,
alle
imprese,
agli
istituti
no
profit
alimentando
dibattiti
sempre
aperti.
Lo
Stato
interviene
nella
produzione
e
nel
consumo
dei
beni
economici
quando
è
considerato
politicamente
critico
o
quando
giudica
che
lasciando
la
produzione
di
un
bene
ad
imprese
private
si
otterrebbero
esiti
negativi
dal
punto
di
vista
politico.
Le
ragioni
di
possibile
inefficacia
del
mercato
sono:
l’esistenza
di
beni
pubblici
puri,
beni
senza
competitività
e
non
escludibili,
per
questo
le
imprese
private
non
potrebbero
farsi
pagare
ed
interviene
lo
Stato
imponendo
tributi;
il
formarsi
di
mercati
non
concorrenziali
e
di
monopoli
naturali,
senza
controlli
le
imprese
private
ne
trarrebbero
vantaggi
indebiti,
così
interviene
lo
Stato
come
produttore
o
regolatore;
il
fenomeno
dell’esternalità
positive/negative,
l’esistenza
di
mercati
incompleti,
ossia
spazi
di
mercato
lasciati
vuoti
dalle
imprese
giudicati
interessanti,
ma
che
invece,
secondo
lo
Stato
sono
critici;
le
asimmetrie
informative
riguardano
beni
complessi
e
difficili
da
giudicare,
ed
il
consumatore
potrebbe
preferire
un
fornitore
pubblico;
la
redistribuzione
del
reddito,
lo
Stato
rende
accessibili
beni
critici
a
prezzi
non
di
mercato;
imporre
il
consumo
di
beni
di
merito,
lo
Stato
incentiva
il
consumo
di
beni
che
i
cittadini
non
percepiscono
come
tali,
ed
infine
garantire
uno
Stato
di
diritto,
in
modo
tale
che
intervenga
con
leggi
per
far
sì
che
l’attività
economica
si
svolga
correttamente.
Le
aree
tipiche
d’intervento
dello
Stato
sono:
la
difesa
nazionale,
giustizia,
sicurezza
pubblica,
relazioni
internazionali,
istruzione
e
cultura,
assistenza
e
previdenza,
sanità,
trasporti,
comunicazioni
e
sviluppo
economico.
La
Gestione
Caratteristica
dello
Stato
si
svolge
attraverso:
l’emanazione
di
leggi
e
regolamenti,
il
trasferimento
di
mezzi
monetari
e
la
produzione
di
beni
pubblici.
La
Gestione
Tributaria
si
compone
dei
processi
di
definizione
delle
caratteristiche
dei
tributi,
di
accertamento,
prevenzione
e
repressione
dall’evasione
fiscale
e
di
riscossione.
L’imposizione
dei
tributi
può
essere
vista
come
il
corrispettivo
della
produzione
ed
erogazione
dei
servizi
pubblici.
La
Gestione
Patrimoniale
dello
Stato
si
compone
di
operazioni
d’investimento
e
disinvestimento
in
beni
da
reddito
e
rivalutazione
finalizzate
alla
produzione
di
ricavi
addizionali
a
quelli
della
gestione
caratteristica.
La
Gestione
Finanziaria
è
molto
rilevante,
poiché
spesso
lo
Stato
e
gli
istituti
pubblici
non
riescono
a
coprire
i
loro
costi
con
le
entrate
tributarie
e
devono
coprire
i
loro
deficit
ricorrendo
all’indebitamento.
Il
fabbisogno
finanziario
dello
Stato
può
essere
soddisfatto
con
varie
forme
di
debiti
di
finanziamento,
che
si
configura
con
l’emissione
di
titoli.
La
Gestione
Assicurativa
si
svolge
secondo
modalità
analoghe
a
quelle
dell’impresa
dovendo
coprire
numerosi
rischi
particolari.
In
alcuni
casi
lo
Stato
diviene
anche
l’assicuratore
di
famiglie,
imprese,
istituti
no
profit,
quando
sorgono
particolari
eventi
dannosi
come
le
calamità
naturali.
La
progettazione
dell’assetto
istituzionale
dello
Stato
evolve
quando
si
decide:
in
quali
aree
intervenire,
quali
rapporti
configurare
con
i
prestatori
di
lavoro,
con
quali
forme
realizzare
per
la
produzione
e
l’erogazione
di
beni
pubblici,
quanto
e
come
interagire
con
altre
pubbliche
amministrazioni,
come
impostare
il
sistema
fiscale
e
come
strutturare
le
relazioni
con
i
cittadini
attraverso
organi
elettivi
ed
amministrativi.
Le
operazioni
di
organizzazione
e
di
gestione
del
personale
dello
Stato,
riguardano
l’impostazione
della
struttura
organizzativa
e
dei
sistemi
operativi
in
modo
da
assicurare
buoni
livelli
di
efficienza,
motivazione
e
flessibilità
organizzativa.
Le
operazioni
di
rilevazione
e
d’informazione
sono
più
complesse
rispetto
a
quelle
delle
imprese
poiché
devono
rappresentare
anche
le
dimensioni
politiche
e
sociali
degli
obiettivi
e
dei
risultati
dello
Stato.
La
Famiglia
è
l’istituto
nel
quale
si
compie
gran
parte
dell’attività
economica
di
consumo
e
dove
si
predispongono
le
condizioni
necessarie
per
soddisfare
i
bisogni
delle
persone.
Nei
sistemi
economici
evoluti,
le
famiglie
esternalizzano
molte
attività
di
produzione,
al
di
fuori
di
quelle
considerate
critiche,
come
l’educazione,
l’assistenza
e
quelle
che
comportano
diseconomie
di
specializzazione
e
di
dimensione.
La
Gestione
Caratteristica
delle
aziende
familiari
si
compone
dall’attività
di
produzione
di
redditi
mediante
il
lavoro
esterno
ed
interno
alla
famiglia,
e
l’attività
di
consumo.
La
Gestione
Patrimoniale,
consiste
nell’impiego
del
risparmio
d’investimenti
destinati
a
produrre
redditi
addizionali
rispetto
a
quelli
derivanti
dal
lavoro
esterno
ed
influisce
sulle
scelte
di
consumo/risparmio.
La
loro
Gestione
Finanziaria
è
formata
dalle
operazioni
di
negoziazioni,
di
credito
e
di
prestito
che
fanno
sorgere
debiti
di
finanziamento,
pagamenti
di
quote
capitale
ed
interessi.
La
Gestione
Tributaria
delle
famiglie
consiste
nella
liquidazione
e
nel
pagamento
delle
imposte,
tasse
e
contributi
a
fronte
del
diritto
di
accedere
ai
beni
prodotti
dallo
Stato.
La
Gestione
Assicurativa
incide
sulla
vita
dei
membri
e
sulla
copertura
di
danni.
La
progettazione
dell’assetto
istituzionale
della
famiglia
attiene
al
regime
patrimoniale
tra
i
coniugi,
le
relazioni
economiche
con
parenti,
eventuali
affidamenti
ed
adozioni,
suddivisione
del
lavoro
interno
ed
esterno
e
le
relazioni
con
i
prestatori
di
lavoro
domestico.
Gli
Istituti
no
profit
nascono
quando
soggetti
privati
ritengono
che
sia
utile
e
doveroso
che
certe
persone
dispongano
di
beni
che
gli
altri
istituti
non
offrono
nei
modi
opportuni,
inoltre
godono
di
alcuni
vantaggi
normativi
e
fiscali.
La
gestione
caratteristica
degli
istituti
no
profit
è
molto
eterogenea
poiché
essi
sono
molto
vari.
Esistono
Inp
nei
quali
avvengono
processi
di
acquisto,
trasformazione
e
cessione
a
clienti
che
pagano
dei
corrispettivi,
altri
nei
quali
i
destinatari
della
produzione
sono
gli
stessi
membri
dell’istituto
ed
Inp
di
pura
erogazione
come
enti
di
beneficenza.
La
Gestione
Tributaria
degli
Inp
è
fortemente
collegata
con
quella
caratteristica.
La
loro
presenza
riduce
l’intervento
da
parte
dello
Stato
e,
per
questo,
le
agevolazioni
fiscali
vanno
a
compensare
i
costi
che
altrimenti
lo
Stato
dovrebbe
sostenere.
La
Gestione
Patrimoniale
degli
Inp
può
essere
del
tutto
trascurata
in
quanto
difficilmente
generano
risparmio.
L’incertezza
dei
redditi
costanti
limita
molto
la
loro
capacità
di
assumere
debiti
di
finanziamento
che
richiedono
rimborsi,
per
questo
anche
la
Gestione
Finanziaria
risulta
limitata.
La
Gestione
Assicurativa
assume
varia
rilevanza
in
relazione
all’attività
da
essi
svolta.
La
progettazione
del
loro
assetto
istituzionale
è
un’attività
molto
critica,
soprattutto
nei
casi
in
cui
chi
fornisce
contributi
non
usufruisce
dei
servizi
erogati.
La
progettazione
deve
poter
costruire
e
proteggere
l’immagine
dell’istituto
e
garantire
una
buona
autonomia,
prevista
anche
per
la
realizzazione
delle
operazioni
di
organizzazione.
Infine
le
operazioni
di
rilevazione
e
d’informazione
devono
tener
conto
della
dimensione
sociale
degli
obiettivi
e
dei
risultati
raggiunti. Capitolo
11
–
LE
SCELTE
DI
STANDARIDIZZAZIONE
E
DI
DIMESIONE
I
caratteri
dell’impresa
moderna
sono:
la
meccanizzazione
e
standardizzazione
dei
processi,
dei
componenti
e
dei
prodotti,
parcellizzazione
del
lavoro
e
la
produzione
in
grandi
volumi.
La
standardizzazione
è
uno
dei
pilastri
dell’efficienza
delle
economie
moderne,
che
rende
possibili
e
convenienti
le
produzioni
di
massa
ed
è
la
base
per
la
realizzazione
delle
economie
di
scala,
di
saturazione
della
capacità
produttiva
e
di
apprendimento.
La
standardizzazione
riguarda
prodotti,
attraverso
cui
si
producono
molti
beni
con
caratteristiche
identiche
per
lunghi
periodi;
processi,
che
permettono
di
ottenere
riduzioni
dei
costi
unitari
di
produzione;
e
componenti,
che
consentono
la
riduzione
dei
costi
di
fabbricazione
e
di
uniformazione
dei
componenti.
Quando
i
componenti
assumono
un
elevato
livello
di
complessità
si
definiscono
Moduli.
Modularizzare
significa
articolare
un
bene
complesso
in
più
sottosistemi
che
possono
essere
prodotti
e
progettati
indipendentemente,
ma
che
devono
poter
funzionare
insieme,
formando
un
bene
complesso.
Perché
questo
avvenga,
occorre
che
un’entità
stabilisca
le
regole
che
devono
essere
rispettate
da
coloro
che
progettano
e
producono
i
singoli
moduli.
In
molti
casi
i
fenomeni
di
standardizzazione
sono
rilevanti
non
solo
per
la
singola
azienda
che
riduce
i
propri
costi,
ma
anche
per
la
generalità
degli
utenti
che
traggono
vantaggio
dal
fatto
che
sul
mercato
siano
presenti
prodotti
standardizzati
e
tra
loro
compatibili.
Una
manifestazione
di
questi
vantaggi
collettivi
è
rappresentata
dell’esternalità
di
rete
che
derivano
dal
fatto
che
numerosi
utenti
utilizzano
gli
stessi
strumenti
di
comunicazione
e
l’utilità
per
ciascuna
persona
aumenta
con
il
crescere
del
numero
di
utenti
collegati
alla
stessa
rete.
In
presenza
di
forti
esternalità,
le
imprese
competono
fra
loro
per
l’affermazione
per
proprio
standard,
che
quando
diventa
dominante
impone
a
tutti
gli
utenti
di
adeguarsi.
Alcuni
settori
si
caratterizzano
dalla
presenza
d’imprese
di
grandi
dimensioni,
mentre
in
altri
convivono
grandi
e
piccole
imprese.
Diventa
importante
capire
quando
e
perché
le
grandi
dimensioni
sono
necessarie
per
essere
efficienti
e
competitivi.
Quando
si
parla
di
scelte
di
dimensionamento
delle
attività
aziendali,
si
fa
riferimento
alla
Capacità
Produttiva,
che
è
il
numero
massimo
dei
prodotti
producibili
in
un
certo
periodo.
La
Cp
si
applica
a
tutte
le
attività
che
si
svolgono
nelle
aziende.
La
Cp
nominale
è
il
valore
massimo
atteso
dall’output,
senza
interruzioni
o
soste,
mentre
quella
torica
è
il
valore
massimo
dell’output
ottenibile.
La
produzione
effettiva
spesso
risulta
inferiore
alla
Cp
teorica
ed
il
mercato
non
è
in
grado
di
assorbire
tutta
la
produzione
realizzabile
da
un’azienda.
Le
economie
di
scala
sono
le
riduzioni
dei
costi
unitari
che
si
ottengono
installando
ed
utilizzando
capacità
produttive
maggiori.
Spesso
più
le
dimensioni
delle
imprese
sono
maggiori,
più
sono
in
grado
di
realizzare
le
produzioni
con
costi
più
bassi
rispetto
alle
imprese
più
piccole.
Le
Economie
di
Scala
si
misurano
confrontando
i
costi
medi
unitari
di
due
diverse
capacità
produttive
e
si
calcola
dividendo
i
costi
totali
di
produzione
per
la
produzione
effettiva,
ipotizzando
per
entrambe
uno
stesso
grado
di
utilizzo.
Le
condizioni
che
rendono
possibile
le
Eds
sono:
indivisibilità
di
alcuni
componenti,
maggior
produttività
degli
input
per
effetto
della
specializzazione,
proprietà
geometriche
dei
contenitori,
maggiore
efficienza
degli
impianti
di
maggiori
dimensioni,
minori
costi
unitari
all’acquisto
derivanti
da
una
maggiore
forza
contrattuale.
I
costi
delle
aziende
si
suddividono
in
costi
fissi,
che
non
variano
al
variare
dei
volumi
di
produzione
per
un
dato
periodo,
e
variabili,
poiché
variano
al
variare
dei
volumi
della
produzione.
I
costi
variabili
sono
i
costi
sostenuti
per
l’acquisto
di
materie
prime,
delle
provvigioni
e
dei
diritti
d’autore;
mentre
i
costi
fissi
sono
i
costi
di
campagne
pubblicitarie,
di
affitto,
delle
polizze
assicurative,
di
manodopera,
delle
manutenzioni,
delle
consulenze
legali
ed
amministrative
e
le
quote
di
ammortamento.
Tipici
di
questa
categoria
sono
i
costi
di
ricerca
e
sviluppo,
di
formazione
del
personale
e
una
buona
parte
dei
costi
di
marketing.
Le
economie
di
assorbimento
della
Cp
determinano
minori
costi
unitari
all’aumentare
del
grado
di
utilizzo
di
una
Cp
e
sono
maggiori
quanto
maggiori
sono
i
Cf
totali.
Per
realizzare
grandi
economie
di
scala
occorre
istallare
grandi
capacità
produttive,
mentre
le
economie
di
saturazione
comportano
maggiori
volumi
in
un
certo
impianto.
Un
altro
importante
fenomeno
è
quello
delle
economie
di
apprendimento,
che
sono
delle
riduzioni
di
costo
unitario
dovuto
ad
un
accumulo
di
esperienza,
che
si
realizzano
ogni
volta
che
si
producono
quantità
addizionali
di
beni.
Man
mano
che
si
accumula
esperienza
sono
possibili
riduzioni
di
costo,
a
parità
di
qualità
e
miglioramenti
qualitativi
del
prodotto
a
parità
di
costi.
Le
economie
di
esperienza
sono
riduzioni
regolari
e
prevedibili
dei
costi
unitari
del
prodotto,
che
si
realizzano
al
crescere
del
volume
della
produzione.
L’ottenimento
di
riduzione
dei
costi
ed
il
mantenimento
della
velocità
di
apprendimento
richiedono
uno
sforzo
mirato
ed
un
impegno
costante,
altrimenti
i
costi
potrebbero
lievitare
e
la
velocità
di
apprendimento
ridursi.
Pertanto
se
l’azienda
vuole
ottenere
nuove
e
sostanziali
riduzioni
sui
costi,
deve
realizzare
innovazioni
di
prodotto
e
di
processo,
che
consentano
di
velocizzare
la
produzione,
ridurne
la
complessità
e
gli
scarti
ed
aumentarne
la
qualità.
Le
economie
sono
dovute
a:
crescente
abilità
nello
svolgimento
delle
attività,
poiché
la
capacità
delle
persone
d’imparare
ad
adottare
nuovi
e
migliori
modi
di
lavorare
e
che
consentano
di
svolgere
meglio
e
velocemente
le
attività,
si
acquisisce
solo
con
l’esperienza;
migliore
selezione
delle
risorse
produttive,
poiché
l’esperienza
consente
di
comprendere
meglio
quali
siano
le
risorse
produttive
più
opportune
e
convenienti
per
lo
svolgimento
di
un’attività;
coordinamento
più
efficiente,
poiché
le
persone
nello
svolgimento
delle
attività
devono
interagire
ed
utilizzare
impianti
ed
attrezzature
varie;
inoltre
una
più
elevata
programmabilità
dell’attività,
l’esperienza
accresce
la
prevedibilità
degli
accadimenti
e
la
capacità
di
dare
risposte
rapide
ed
efficaci
alle
eccezioni,
cosi
è
possibile
programmare
meglio
l’attività
attribuendo
alle
operazioni
tempi
e
risorse
effettivamente
necessari;
le
semplificazioni
dei
prodotti
e
dei
processi,
poiché,
quando
cresce
l’esperienza
si
riesce
a
comprendere
se
vi
è
la
possibilità
di
semplificare
i
processi
ed
i
prodotti
per
ottenere
costi
più
bassi
e
prodotti
migliori.
Le
economie
di
esperienza
sono
legate
all’apprendimento
delle
persone
che
lavorano
in
azienda,
e
possono
dare
luogo
a:
minori
costi
per
riduzioni
di
sprechi
nell’uso
delle
risorse,
miglioramenti
qualitativi
dei
prodotti
a
parità
di
costi,
e
un
migliore
sfruttamento
delle
risorse
a
disposizione.
La
conoscenza
dei
risparmi
e
dei
costi
ottenibili
per
effetto
dell’esperienza,
serve
a:
comprendere
quale
potrebbe
essere
l’andamento
dei
costi
nell’azienda
per
un
lungo
periodo,
decidere
le
politiche
di
prezzo,
comprendere
i
vantaggi
di
costo
ottenibili
rispetto
ai
concorrenti
ed
assumere
decisioni
sulla
divisione
del
lavoro
aziendale.
Le
strategie
di
replicazione
puntano
a
sfruttare
competenze
presenti
nel
patrimonio
aziendale,
applicandole
a
più
combinazioni
parziali
uniformi.
Il
risultato
economico
è
influenzato
da
molteplici
fattori,
tra
cui
la
struttura
dei
costi,
ossia
il
peso
relativo
dei
costi
fissi
e
dei
variabili.
I
fattori
che
lo
determinano
sono:
gli
elementi
strutturali,
come
la
Cp,
l’esperienza,
la
specializzazione,
la
modularizzazione
e
l’estensione
verticale
ed
orizzontale.
Sono
costi
strutturali
poiché
determinano
la
struttura
e
la
modalità
di
funzionamento
dell’azienda.
L’analisi
costi-volumi–risultati
consente
d’illustrare
e
modellizzare
le
relazioni
che
esistono
fra
i
volumi
di
beni
prodotti
e
venduti
da
un’impresa
ed
i
risultati
conseguiti.
Gli
effetti
che
si
possono
ottenere
per
migliorare
il
risultato
dell’attività
economica,
possono
essere:
variazioni
nei
volumi,
nei
costi
e
nei
prezzi
di
vendita.
Durante
la
costituzione
dell’impresa
è
utile
effettuare
una
serie
di
simulazioni,
valutando
i
risultati
connessi
a
diversi
scenari
ed
ipotesi
e
al
vario
combinarsi
dei
prezzi
di
vendita,
dei
costi
e
dei
volumi.
Analizzare
costi-volumi-risultati,
significa:
analizzare
il
variare
del
risultato
economico
al
variare
dei
volumi
di
vendita,
identificare
il
punto
di
pareggio,
confrontare
diverse
ipotesi
di
configurazione
dei
prezzi
e
dei
costi
per
identificare
le
soluzioni
migliori
in
termini
di
risultato
economico
atteso,
confrontare
diverse
ipotesi
d’internalizzazione
ed
esternalizzazione
al
fine
d’identificare
la
soluzione
migliore.
I
costi
variabili
si
definiscono
così,
poiché
strettamente
e
direttamente
correlati
alla
produzione
e
alla
vendita.
Sommando
i
costi
fissi
ed
i
costi
variabili
si
ottengono
i
costi
totali
di
gestione
caratteristica.
Dividendo
i
costi
totali
per
il
volume
dei
beni
prodotti
e
venduti,
si
ha
il
costo
totale
unitario.
Analizzando
i
costi
totali
complessivi
ed
unitari
si
verifica:
se
all’aumentare
dei
volumi
i
costi
variabili
totali
aumentano,
mentre
i
costi
fissi
rimangono
invariati,
e
se
all’aumentare
dei
volumi
i
costi
variabili
unitari
restano
invariati,
mentre
diminuisce
la
quota
unitaria
di
costi
fissi
e,
di
conseguenza,
diminuisce
il
costo
unitario.
Il
punto
di
pareggio,
può
essere
inteso
come
l’ammontare
delle
vendite
che
consente
di
coprire
tutti
i
costi
aziendali
oppure
come
il
numero
dei
pezzi
da
produrre
e
vendere
par
andare
a
pareggio
o
come
fatturato
da
conseguire
per
andare
a
pareggio.
Il
margine
di
contribuzione
unitario
è
dato
dalla
differenza
fra
i
ricavi
e
i
costi
variabili
unitari.
Esso
può
essere
definito
come
il
contributo
che
la
vendita
di
ogni
bene
porta
alla
copertura
di
costi
fissi
di
gestione
caratteristica
e
alla
formazione
del
reddito
operativo.
Il
MDC
può
essere
calcolato
sottraendo
ai
ricavi
totali
i
costi
variabili
totali,
moltiplicando
il
margine
di
contribuzione
unitario
per
i
volumi
prodotti
e
venduti.
Il
MDC
percentuale
può
essere
ottenuto
rapportando
il
MDC
unitario
ai
ricavi
unitari,
o
rapportando
il
MDC
totale
ai
ricavi
totali.
Il
Rischio
Operativo
è
espresso
dalla
probabilità
di
realizzare
risultati
reddituali
negativi
o
positivi
in
relazione
al
variare
dei
volumi
di
produzione
e
vendita.
L’elasticità
operativa
è
rappresentata
dal
rapporto
fra
costi
variabili
totali
e
costi
fissi
al
punto
di
pareggio.
La
formula
del
punto
di
pareggio
è
adatta
per
ottenere
il
volume
delle
vendite
che
consente
di
coprire
i
costi
di
gestione
caratteristica,
finanziari
e
fiscali,
in
modo
da
ottenere
un
risultato
residuale
netto
pari
a
0.
Capitolo
12
–
LE
SCELTE
DI
ESTENSIONE
VERTICALE
ED
ORIZZONTALE
L’estensione
delle
combinazioni
economiche
di
un’impresa
è
determinata
da
scelte
che
riguardano:
la
dimensione,
l’estensione
interfunzionale,
ossia
decidere
quante
e
quali
funzioni
svolgere,
l’estensione
verticale,
ossia
il
numero
e
la
disomogeneità
delle
fasi
della
produzione
svolte
e
dall’estensione
verticale,
ossia
il
numero
e
la
disomogeneità
delle
aree
strategiche
d’affari
nelle
quali
si
decide
di
operare.
Ogni
impresa
deve
decidere
quante
risorse
investire
in
ciascuna
funzione,
decidere
in
merito
alla
numerosità
e
alla
disomogeneità
delle
aree
strategiche
d’affari
nelle
quali
operare,
cioè
scegliere
il
proprio
grado
di
estensione
orizzontale.
Queste
scelte
dipendono
soprattutto
dalle
economie
di
raggio
d’azione.
Esse
sono
le
economie
ottenibili
grazie
all’ampliamento
della
varietà
dei
beni
prodotti,
ossia
sono
i
vantaggi
economici
che
conseguono
alla
gestione
congiunta
di
due
o
più
aree
strategiche
d’affari.
Le
strategie
di
ampliamento
della
gamma
dei
prodotti
e
servizi
offerti
si
dicono
strategie
di
diversificazione,
che
indicano
le
combinazioni
economiche
che
comprendono
la
realizzazione
di
prodotti
diversi.
Per
ottenere
tali
vantaggi
occorre
che
le
diverse
attività
produttive
utilizzino
risorse
materiali
o
immateriali,
condividendole
ed
utilizzandole
unitariamente.
Le
risorse
materiali
presentano
il
vincolo
della
capacità
produttiva,
affinché
si
realizzino
dei
vantaggi
economici
è
necessario
che
esse
abbiano
sufficiente
capacità
produttiva.
Le
risorse
immateriali,
come
l’immagine
dell’azienda,
la
creatività,
le
competenze
del
personale,
il
know-how
tecnologico
e
la
conoscenza
dei
clienti,
non
presentano
limiti
di
capacità
produttiva,
poiché
possono
essere
utilizzati
all’infinito.
Le
ragioni
per
cui
può
risultare
più
conveniente
realizzare
prodotti
diversi
piuttosto
che
realizzarli
in
due
combinazioni
autonome
risiede
nella
possibilità
di
un
migliore
sfruttamento
delle
risorse.
Le
economie
di
scopo
sono
dovute
a:
condivisione
di
elementi
materiali
della
struttura
produttiva
e
di
vendita
e
alla
condivisione
delle
risorse
immateriali.
Le
economie
di
scopo
possono
essere
raggiunte
anche
attraverso
accordi
ed
alleanze
fra
imprese
differenti,
ossia
nell’ambito
di
aggregati
interaziendali.
Un’importante
decisione
economica
è
la
scelta
dell’integrazione
verticale
dell’azienda,
ovvero
quali
attività
svolgere
e
quali
far
svolgere
alle
altre
aziende.
La
fase
d’internalizzazione
è
caratterizzata
da
vantaggi
come:
la
riduzione
dei
costi
di
transazione
nei
confronti
dei
clienti
e
fornitori,
s’internalizzano
le
competenze
strategiche
e
si
riduce
l’accesso
dei
concorrenti
alle
risorse
strategiche.
Mentre
gli
svantaggi
sono
riconducibili
al
fatto
che
si
devono
investire
ingenti
capitali
per
la
fase
internalizzata,
sono
probabili
diseconomie
di
scala
o
di
saturazione
della
capacità
produttiva
e
la
riduzione
della
flessibilità
strategica
avendo
investito
tutto
in
una
stessa
area
strategica.
Per
tali
scelte
è
cruciale
l’analisi
dei
costi
di
transazione
che
si
sommano
ai
costi
d’acquisto
e
ai
costi
di
produzione
interna
nel
determinare
i
costi
totali.
La
transazione
si
manifesta
quando
un
bene
o
un
servizio
viene
trasferito
attraverso
un’interfaccia
tecnologicamente
separata.
Per
decidere
cosa
internalizzare
ed
esternalizzare
occorre
valutare
i
costi
di
realizzazone,
di
acquisto,
i
prezzi
di
vendita
ed
i
costi
di
coordinamento
interno
o
esterno.
I
costi
di
coordinamento
interno
sono
rappresentati
dal
costo
della
funzione
direttiva
e
ciò
richiede
l’impiego
di
consistenti
risorse
per
tenere
sotto
controllo
costi
ed
efficienza.
Invece
esternalizzando
le
attività,
diminuiscono
i
costi
di
coordinamento,
ma
occorre
sostenere
costi
delle
transazioni
esterne.
Le
esternalizzazioni
comportano
costi,
poiché:
occorre
raccogliere
informazioni
necessarie
sui
fornitori,
sugli
acquirenti,
negoziare
e
predisporre
un
contratto
per
ogni
transazione
e
premunirsi
per
prevenire
comportamenti
indesiderati
da
parte
dei
contraenti.
Gli
elementi
che
incidono
sui
costi
di
transazione
esterna
sono:
la
complessità
informativa,
che
quando
aumenta
fa
sì
che
il
mercato
diventi
meno
trasparente
ed
aumenta
anche
il
grado
d’incertezza
sull’esito
della
transazione;
la
specificità
delle
risorse,
che
si
ha
quando
uno
o
più
contraenti
in
una
transazione
devono
sostenere
dei
costi
rilevanti
per
cambiare
interlocutore;
la
possibilità
di
comportamenti
opportunistici
o
inadeguati,
molti
dei
costi
verrebbero
meno
se
le
persone
non
tendessero
a
comportarsi
in
modo
opportunistico,
ovvero
non
tendessero
a
conseguire
i
propri
interessi
a
scapito
di
altri
con
astuzia
ed
inganno.
Se
non
esistessero
i
comportamenti
opportunistici,
non
sarebbe
necessario
premunirsi
con
clausole
contrattuali
e
non
vi
sarebbero
rischi.
Capitolo
16
–
LE
SCELTE
DI
AGGREGAZIONE
INTERAZIENDALE
Molti
istituti
includono
combinazioni
economiche
che
potrebbero
essere
svolte
in
altri
istituti.
Le
relazioni
tra
gli
istituti
non
sono
solo
relazioni
di
scambio
condotte
secondo
regole
di
mercato,
ma
anche
delle
relazioni
nelle
quali
si
condividono
scelte
di
governo
e
risultati
economici.
Le
scelte
di
aggregazione
interaziendale,
influenzano
la
configurazione
degli
istituti
coinvolti.
Il
fenomeno
degli
aggregati
caratterizza
tutti
i
sistemi
economici
evoluti
e
nei
tempi
recenti
si
è
manifestato
con
particolare
intensità
coinvolgendo
tutti
i
settori.
Lo
sviluppo
dei
grandi
aggregati
d’imprese
private
ha
prodotto
molti
vantaggi
per
il
processo
tecnico,
economico
e
civile,
e
reso
possibile
e
conveniente
le
forme
di
organizzazione
economica
differenti
rispetto
ai
concorrenti.
Il
fenomeno
degli
aggregati
aziendali
è
condizionato
dal
progresso
tecnologico,
dallo
sviluppo
dei
mercati
finanziari,
dai
contesti
culturali,
giuridici
e
dalla
sperimentazione
di
nuovi
modelli
organizzativi
in
grado
di
ridurre
i
costi
di
transazione.
Gli
aggregati
aziendali
sono
condizioni
che
facilitano
od
ostacolano
l’aggregazione
o
che
spingano
gli
aggregati
a
disaggregarsi.
Le
circostanze
che
spingono
l’aggregazione
sono:
le
economie
di
scala,
di
raggio
d’azione,
di
transazione,
l’integrazione
delle
competenze
distintive,
la
condivisione
dei
rischi
e
le
rendite
monopolistiche.
Le
economie
di
scala
contribuiscono
a
determinare
le
aggregazioni
di
combinazioni
economiche
e
di
aziende
simili
alla
ricerca
di
dimensioni
economicamente
convenienti.
Molte
alleanze
tra
imprese
si
realizzano
per
conquistare
nuovi
mercati;
l’impresa
che
dispone
di
validi
prodotti
e
che
vuole
aumentare
i
volumi
di
vendita
si
allea
con
le
imprese
che
hanno
clienti
e
canali
commerciali
ai
quali
i
prodotti
potrebbero
essere
destinati.
Molte
si
aggregano
in
reti
franchising
per
realizzare
grandi
dimensioni
e
sfruttare
le
economie
di
scala
e
di
replicazione.
Le
economie
di
raggio
d’azione
spingono
l’aggregazione
di
attività
disomogenee.
Le
economie
di
transazione,
si
manifestano
quando
si
aggregano
combinazioni
economiche
o
aziende
interdipendenti
ed
i
costi
di
gestione
siano
minori
rispetto
a
quelli
che
si
sosterrebbero
nel
caso
contrario.
Per
realizzare
una
combinazione
economica,
occorre
combinare
le
competenze
distintive
di
diverse
imprese,
ciò
può
avviene
con
forme
di
aggregazione
molto
differenti
che
originano
la
fusione
d’imprese
con
varie
competenze
e
la
formazione
di
joint
ventures
dove
convergono
solo
le
competenze
che
devono
essere
combinate.
La
condivisione
dei
rischi
tra
più
imprese
può
diventare
un
fattore
di
aggregazione
quando
si
avviano
progetti
innovativi,
ed
un
eventuale
esito
negativo
può
avere
gravi
ripercussioni
sull’economia.
Le
rendite
monopolistiche,
ossia
accordi,
contratti
a
lungo
termine,
acquisizioni
e
fusioni.
Altre
forze
aggreganti
sono:
le
reti
di
relazioni
sociali,
l’orientamento
al
dominio
e
le
relazioni
di
solidarietà
e
di
affinità
politica.
Nei
sistemi
economici
agiscono
anche
forze
contrarie
all’aggregazione
come:
l’ultracomplessità
organizzativa,
il
fabbisogno
di
differenziazione
degli
orientamenti
manageriali,
il
rischio
di
erosione
delle
conoscenze
e
delle
competenze
distintive
e
la
separazione
dei
rischi.
Formando
aggregati
aziendali
s’internalizzano
le
transazioni
con
vari
strumenti
di
coordinamento
e
comportano
un
elevato
livello
di
complessità
organizzativa
dell’aggregato.
Il
fabbisogno
di
differenziazione
degli
ordinamenti
manageriali
consiste
nell’esigenza
di
gestire
combinazioni
economiche
il
cui
successo
è
basato
su
leve
competitive
e
differenti.
Inoltre,
gli
aggregati
producono
relazioni
di
congiunzione
tra
i
rischi
relativi
alle
differenti
combinazioni.
Altre
forze
disaggreganti
sono:
l’orientamento
all’indipendenza
e
alla
competizione
e
le
divergenze
di
valori
e
d’interessi.
Esistono
anche
dei
fattori
ambientali
che
possono
giocare
a
favore
o
a
sfavore
degli
aggregati
aziendali,
come:
i
sistemi
di
comunicazione
e
di
trasporto,
il
mercato
dei
capitali,
la
normativa
economica
e
la
cultura
economica
e
politica
prevalente.
Il
formarsi
di
ampi
aggregati
aziendali
è
agevolato
da
estesi
ed
efficienti
sistemi
di
comunicazione
e
di
trasporto,
poiché
spesso
gli
aggregati
operano
su
aree
geografiche
molto
estese
in
termini
di
mercato
di
acquisto
e
di
vendita
e
di
localizzazione
delle
unità
operative
di
trasformazione
tecnica
e
di
commercializzazione.
Il
livello
di
efficienza
del
mercato
dei
capitali
può
essere
il
fattore
dominante
in
senso
positivo
o
negativo,
la
trasparenza
del
mercato
dei
capitali
agevolano
od
ostacolano
alcune
forme
di
operazioni
di
aggregazione
o
disaggregazione.
La
normativa
che
regola
i
sistemi
economici
è
la
variabile
determinante
in
questo
contesto,
poiché
talvolta
certi
aggregati
sono
costruiti
esclusivamente
per
fruire
dei
vantaggi
offerti
e
concessi
dalla
normativa
civile
e
fiscale.
Gli
aggregati
che
si
configurano
possono
essere:
gruppi
economici,
associazioni
formali
ed
informali
di
aziende
ed
aggregati
intraziendali.
I
gruppi
economici
sono:
gruppi
privati
e
pubblici
di
aziende
di
produzione,
joint
ventures
e
gruppi
di
gestioni
patrimoniali
familiari.
Si
ha
un
gruppo
economico
quando
più
combinazioni
di
produzione
sono
istituite
e
rette
da
un
unico
soggetto
economico
che
ha
la
potestà
di
governo
economico.
Possono
venirsi
a
creare
gruppi
con
strutture
molto
varie:
con
o
senza
società
capogruppo
detta
holding,
e
con
funzioni
differenti.
Una
forma
particolare
di
gruppo
economico
si
ha
quando
due
o
più
aziende
danno
vita
ad
una
combinazione
economica
congiunta
mantenendo,
in
maniera
autonoma,
anche
le
altre
combinazioni
economiche,
ossia
la
joint
ventures.
Anche
attorno
al
nucleo
di
una
famiglia
possono
generarsi
gruppi
economici,
e
ciò
accade
soprattutto
nelle
famiglie
con
gestioni
patrimoniali
vaste
ed
articolate.
Le
associazioni
formali
di
aziende
sono
composte
da:
consorzi,
cartelli,
associazioni
franchising,
licenze,
concessioni,
le
associazioni
in
accordi
quadro,
di
categoria
e
di
aziende
di
consumo.
Un
consorzio
è
un
aggregato
costituito
da
più
aziende
che
si
aggregano
per
svolgere
in
comune
una
coordinazione
parziale.
Un
cartello
è
un
insieme
di
aziende
che
si
associano
per
l’elaborazione
e
l’attuazione
di
politiche
e
programmi
comuni
atti
a
ridurre
la
competizione.
Sono
composti
da
aziende
concorrenti
o
potenziali
con
prodotti
scarsamente
differenziati.
Gli
aggregati
di
franchising
composti
da
un’azienda
centrale
detta
franchisor
e
da
aziende
ad
essa
collegate
dette
franchisee.
L’azienda
centrale
trasferisce
alle
associate
il
diritto
d’uso
di
un
marchio
comune
ed
un
insieme
di
conoscenze
tecniche,
organizzative
e
gestionali,
mentre
le
aziende
associate
s’impegnano
a
rispettare
le
modalità
di
svolgimento
delle
combinazioni
economiche
stabilite
dall’azienda
centrale
in
modo
che
i
beni
prodotti
e
venduti
da
ciascun’associata
presentino
caratteri
uniformi
e
costanti
di
elevata
qualità.
Tra
le
aziende
in
rapporti
di
fornitura
si
possono
costruire
aggregati
formali
mediante
la
stipulazione
di
accordi
quadro,
dove
si
definiscono
le
modalità
di
svolgimento
delle
operazioni
interne
delle
aziende
in
relazione
di
scambio.
Le
aziende
di
produzione
si
aggregano
in
associazioni
di
categoria
configurata
per
settore,
dimensioni,
per
natura
del
soggetto
economico
e
per
localizzazione,
che
manifestano
i
propri
interessi
e
linee
comuni
in
vari
contesti.
Le
associazioni
di
famiglie
sono
volte
a
tutelare
gli
interessi
in
merito
alla
qualità
dei
beni
di
consumo
acquistati,
alle
loro
modalità
di
distribuzione
commerciale,
alle
forme
e
ai
contenuti
delle
campagne
promozionali
e
pubblicitarie.
Fra
le
associazioni
informali
di
aziende
distinguiamo:
le
reti
di
subfornitura,
le
costellazioni
di
aziende,
i
distretti
e
le
intense
informali.
Le
reti
di
subfornitura
sono
composte
da
un’azienda
principale
con
combinazioni
economiche
esternalizzalizzate
e
da
aziende
fornitrici
dove
gran
parte
della
loro
attività
economica
trova
sbocco
nel
rapporto
di
fornitura
che
si
svolge
secondo
le
modalità
determinate
dall’azienda
principale.
Le
costellazioni
di
aziende
si
concretizzano
quando
l’aggregato
è
composto
da
un
numero
ridotto
di
aziende
di
dimensioni
omogenee
e
con
combinazioni
economiche
complementari
che
risultano
relativamente
autonome
ed
integrate
fra
di
loro.
Il
distretto
è
costituito
da
imprese
connesse
da
relazioni
di
mercato
e
settore
e
localizzate
in
una
stessa
area
geografica.
Le
intense
informali
si
attuano
in
varie
relazioni
interaziendali.
Gli
aggregati
intraziendali
sono
pluralità
di
combinazioni
economiche
aggregate
in
una
stessa
entità
giuridica.
Le
forme
ricorrenti
sono:
aziende
multiunità,
con
più
stabilimenti,
filiali
ed
uffici;
aziende
integrate
verticalmente
e
diversificate.
Gli
aggregati
aziendali
sono
realtà
dinamiche
che
attraversano
fasi
di
preparazione,
formazione,
evoluzione,
trasformazione
ed
eventuale
cessazione,
ciò
può
accadere
per
ragioni
economiche,
tecniche
e
sociali.
Capitolo
14
–
LE
SCELTE
DI
FORMAZIONE
E
DI
SVILUPPO
DEL
PATRIMONIO
Il
patrimonio
di
un’azienda
è
l’insieme
delle
condizioni
di
produzione
e
di
consumo
in
un
dato
momento.
Possono
essere
positive
come
cassa,
crediti,
immobili
e
rimanenze;
negative
come
debiti
e
obbligazioni;
materiali
come
impianti
e
macchinari;
immateriali
come
le
competenze
tecniche,
l’immagine
commerciale
e
le
relazioni
di
fiducia;
monetarie,
come
disponibilità
di
cassa,
debiti
e
crediti;
esogene,
tratte
dall’ambiente
ed
endogene,
prodotte
internamente.
Il
patrimonio
è
una
componente
fondamentale
della
struttura
di
ogni
azienda,
dove
si
riflette
l’intera
storia
dell’impresa
e
delle
circostanze
ambientali
nelle
quali
opera,
ed
è
la
base
della
sua
vita
futura.
Nel
patrimonio
si
accumulano
i
punti
di
forza
e
debolezza
dell’azienda
ed
è
il
risultato
dei
processi
di
acquisizione,
trasformazione
e
ricombinazione
di
vari
elementi.
Il
capitale
di
funzionamento
è
un
sistema
di
valori
positivi
e
negativi
delle
condizioni
patrimoniali
di
un’azienda.
Esso
è
una
rappresentazione
del
patrimonio
sottoforma
di
valori
economici
come:
valori
di
cassa,
crediti,
debiti,
impianti
e
capitale
netto.
Le
condizioni
patrimoniali
sono
classificabili
in:
condizioni
materiali,
costituite
dagli
elementi
patrimoniali
che
hanno
una
manifestazione
logica,
e
condizioni
immateriali,
come
marchi
e
brevetti,
conoscenze
e
know
how,
reti
di
relazioni
esterne,
reputazione
ed
immagine
e
coesione
interna,
elementi
patrimoniali
che
non
hanno
forma
fisica,
ma
che
hanno
una
certa
rilevanza
strategica.
Le
condizioni
monetarie
sono
elementi
che
si
presentano
sottoforma
di
cassa,
debiti,
crediti
e
capitale
netto,
che
condizionano
le
opportunità
e
i
vincoli
d’azione
delle
imprese
consentendo
di
effettuare
certi
investimenti
ed
affrontare
dei
rischi.
Le
condizioni
d’ambiente
non
sono
di
pertinenza
dell’ambiente,
ma
possono
essere
fonti
di
importanti
economie
di
scala.
Sono:
infrastrutture
di
comunicazione
e
trasporto,
servizi
della
Pa,
distretti
e
cultura
sociale.
Le
condizioni
patrimoniali
distintive
sono:
specifiche
dell’azienda,
hanno
un
alto
impatto
sul
valore
attribuito
dal
cliente
ai
prodotti
dell'azienda,
sono
difficilmente
replicabili
e
imitabili
da
altre
imprese,
in
quanto
sono
frutto
di
apprendimento
collettivo
e
basate
su
conoscenze
tacite
e
codificate
in
particolari
linguaggi.
Le
condizioni
patrimoniali
distintive
possono
essere
caratteristiche
di
un
solo
prodotto,
oppure
comuni
a
tutti,
in
questo
caso
tali
competenze
si
dicono
core
competences.
Queste
sono
alla
base
per
l’attivazione
e
lo
sviluppo
di
nuovi
sistemi
di
prodotto
e
delle
strategie
di
estensione
verticale
e
di
diversificazione.
Una
ricca
dotazione
di
competenze
distintive
e
di
competenze
core
è
un
ottimo
presupposto
per
la
vita
duratura
dell’impresa.
Ciascuna
impresa
è
dotata
di
un
patrimonio
di
risorse
differenti
rispetto
ad
altre,
poiché
caratterizzate
da
differenti
potenziali
di
redditività
e
sviluppo.
Quest’ultimi
dipendono
dall’intensità
delle
competizioni
derivanti
da
stessi
settori
e
dalla
configurazione
delle
condizioni
patrimoniali
disponibili
per
ogni
impresa.
La
configurazione
del
patrimonio
è
frutto
di
molte
scelte
strategiche
quali:
integrazione
verticale
ed
estensione
orizzontale,
dimensionamento
della
capacità
produttiva,
fusioni,
acquisizioni
ed
alleanze,
localizzazione,
struttura
del
capitale
proprio
e
dei
terzi,
gestione
del
personale
e
progettazione
dell’assetto
organizzativo.
Le
scelte
di
configurazione
del
patrimonio
dell’impresa
dovrebbero
ispirarsi
ad
indirizzi
strategici
come:
basare
le
scelte
d’ingresso
in
nuovi
mercati
sulle
proprie
competenze
distintive
e
centrali,
scegliere
le
modalità
di
sfruttamento
delle
competenze
distintive,
sfruttare
le
economie
di
replicazione,
attuare
operazioni
di
fusione
ed
acquisizione
per
unire
competenze
complementari,
internalizzare
i
processi
che
producono
competenze
distintive,
puntare
su
modelli
organizzativi
originali
da
cui
possono
scaturire
processi
di
apprendimento
differenti,
impostare
strategie
orientate
allo
sviluppo
delle
competenze
distintive
ed
evitare
i
processi
di
cambiamento
che
mettano
in
crisi
i
processi
di
apprendimento.
Le
competenze
distintive
possono
diventare
fattore
di
rigidità,
poiché
molte
condizioni
hanno
cicli
economici
e
tecnici
di
lunga
durata
e
le
imprese
potrebbero
cercare
di
sfruttarle
il
più
a
lungo
possibile
anche
quando
le
condizioni
di
mercato
ne
consiglierebbero
l’abbandono,
le
immobilizzazioni
tecniche
possono
avere
una
destinazione
specifica
ed
essere
utilizzati
solo
per
lo
svolgimento
di
determinati
processi,
le
routine
nelle
quali
s’incorpora
il
know-how
aziendale
tendono
a
permanere
nel
tempo
anche
se
obsolete.
L’impresa
deve
dotarsi
anche
di
competenze
dinamiche
che
permettono
di
arricchire,
rinnovare,
ricombinare
e
sostituire
le
competenze
distintive
esistenti.
In
particolare
occorre
sviluppare
assetti
organizzativi
che
massimizzino
la
capacità
di
integrare
gli
elementi
dell’impresa
in
competenze
solide
e
distintive,
stimolare
l’apprendimento
attraverso
la
ripetizione
e
la
sperimentazione
e
riconfigurare
le
strutture
e
le
competenze
aziendali
in
forma
innovativa.
Capitolo
5
–
L’ECONOMICITA’
L’equilibrio
istituzionale
si
ha
quando
tutti
i
membri
del
soggetto
d’istituto
condividono
i
valori,
gli
obiettivi,
le
strutture,
le
modalità
dell’istituto
e
le
logiche
organizzative,
e
quando
ricevono
ricompense
e
benefici
equi
rispetto
ai
contributi
forniti.
L’equilibrio
istituzionale
è
caratterizzato
dalla
durabilità
e
dall’autonomia.
Si
ha
equilibrio
istituzionale,
ossia
Economicità
quando
l’istituto
è
in
grado
di
attrarre
risorse
sufficienti
per
remunerare
tutte
le
condizioni
di
produzione
e
di
consumo
utilizzate
per
svolgere
le
combinazioni
economiche.
Essa
è
la
capacità
dell’istituto
di
operare
senza
accumulare
perdite.
L’economicità
è
una
condizione
necessaria
per
la
vita
duratura
di
un
istituto,
poiché
è
un
principio
ed
un
obiettivo
essenziale
per
un
buon
governo
d’istituto.
L’azienda
deve
svolgersi
secondo
condizioni
di
vita
e
di
funzionamento
tali
da
consentire
di
durare
nel
tempo
in
un
ambiente
mutevole.
La
continuità
e
lo
sviluppo
di
un
istituto
hanno
un
valore
per
i
suoi
membri
attuali
ma
anche
per
quelli
futuri
e
per
tutta
la
collettività.
L’autonomia
si
verifica
quando
non
vi
è
un
ricorso
sistematico
ad
interventi
di
sostegno
o
di
copertura
delle
perdite
da
parte
di
altri
istituti.
Il
principio
di
economicità
si
concretizza
attraverso:
il
perseguimento
di
fini
economici
istituzionali
e
nel
rispetto
delle
condizioni
di
svolgimento
dell’attività
economica.
Quest’ultimo
principio
si
suddivide
in:
equilibrio
reddituale,
monetario,
efficienze,
flessibilità
e
congruità
delle
remunerazioni.
L’equilibrio
reddituale,
ossia
l’equilibrio
tra
componenti
positivi
e
negativi
di
reddito,
esprime
l’attitudine
della
gestione
di
rimunerare
tutti
i
fattori
produttivi
compresi
il
capitale
di
prestito
e
quello
di
rischio.
Esso
deve
essere
valutato
in
funzione
del
tempo
e
all’
oggetto
di
riferimento,
infatti
potrebbe
fare
riferimento
oltre
che
alla
singola
azienda
anche
ad
un
gruppo
aziendale.
Nel
primo
caso
si
tratterà
di
Equilibrio
Aziendale,
nel
secondo
di
Equilibrio
di
Gruppo.
Si
ha
economicità
quando
è
presente
un
buon
livello
di
efficienza,
espressa
in
termini
di
rendimento
fisico-tecnico
dei
processi
produttivi.
Solo
in
particolari
condizioni
le
inefficienze
possono
essere
trasferite
all’esterno,
senza
danneggiare
l’equilibrio
reddituale
dell’azienda,
penalizzando
altre
aziende.
Per
efficienza
s’intende
la
relazione
che
intercorre
tra
i
risultati
conseguiti
e
i
mezzi
impiegati.
Essa
si
persegue
applicando
metodi
di
lavoro
che
consentano
di
svolgere
le
operazioni
senza
sprechi
di
risorse
e
tempi,
ma
ricercando
l’innovazione
dei
processi.
L’economicità
d’azienda
ricerca
la
flessibilità,
ossia
la
predisposizione
di
strutture
e
combinazioni
produttive
efficienti
in
grado
di
adeguarsi
all’ambiente.
Inoltre
è
data
dalla
congruità
dei
prezzi-costi
sostenuti
e
del
capitale-risparmio
e
del
lavoro,
viene
perseguita
anche
da
aziende
familiari
o
di
produzione.
Il
giudizio
di
adeguatezza
o
di
congruità
comporta
l’esame
delle
condizioni
di
ambiente
che
caratterizzano
i
diversi
mercati
in
cui
le
imprese
operano.
Per
affermare
che
un’azienda
è
economica
occorre
che
rimuneri
in
modo
soddisfacente
il
capitale
proprio.
L’economicità
è
strettamente
correlata
al
conseguimento
dell’equilibrio
monetario,
ossia
alla
capacità
di
far
fronte
agli
impegni
di
pagamento.
Le
diverse
manifestazioni
temporali
dei
costi
e
ricavi
e
dei
flussi
di
redditi
monetari
si
traduce
in
fabbisogno
finanziario.
E’
compito
della
gestione
finanziaria
ricercare
la
copertura
di
tale
fabbisogno,
provvedendo
alla
raccolta
dei
mezzi
finanziari
sufficienti
per
consentire
lo
svolgimento
dell’azienda.
Il
fluire
del
tempo
è
l’elemento
cruciale
che
determina
e
giustifica
la
necessità
di
considerare
attentamente
il
rispetto
dell’equilibrio
monetario.
Tale
vincolo
può
spingere
l’azienda
a
ricorrere
eccessivamente
all’indebitamento
pregiudicando
il
suo
equilibrio
reddituale
e
sua
stessa
sopravvivenza.
Il
principio
di
economicità
non
s’identifica
con
il
criterio
della
massimizzazione
del
profitto,
esso
si
traduce
nel
rispetto
delle
condizioni
favorevoli
al
durevole
mantenimento
e
allo
sviluppo
dell’azienda,
intesa
come
mezzo
per
conseguire
i
fini
dell’istituto.
Nell’azienda
familiare
l’economicità
viene
conseguita
se
la
produzione
dei
redditi
da
lavoro
e
da
gestione
patrimoniale
consente
di
coprire
i
consumi
in
misura
adeguata
alla
posizione
sociale
e
al
tenore
di
vita
della
famiglia.
Questa
produzione
di
redditi
può
generare
risparmio
in
grado
di
alimentare
il
patrimonio.
L’equilibrio
monetario
può
giocare
un
ruolo
importante,
che
si
risolve
con
la
creazione
di
un
fondo
di
mezzi
liquidi
sufficienti
a
fronteggiare
le
uscite
monetarie
concentrate
in
dati
periodi
dell’anno.
Si
ha
economicità
dello
Stato
e
degli
istituti
della
P.A.
se
si
realizzano
i
fini
e
se:
la
produzione
e
il
consumo
di
beni
pubblici
siano
soddisfacenti
per
il
funzionamento
e
lo
sviluppo
sociale
ed
economico
di
una
collettività,
la
corresponsione
di
remunerazioni
adeguate
ai
collaboratori
e
ai
finanziatori,
l’elevata
efficienza
delle
combinazioni
economiche
realizzata
mediante
l’adozione
di
buone
tecniche
di
gestione,
di
organizzazione
e
rilevazione,
l’imposizione
di
tributi
ripartiti
secondo
equità,
l’attuazione
di
una
gestione
patrimoniale
che
produca
redditi
convenienti
e
la
realizzazione
di
un
risultato
di
risparmio
o
di
un
disavanzo
contenuto.
In
molti
istituti
no
profit
solo
una
parte
dei
costi
è
coperta
da
ricavi
provenienti
da
cessione
di
beni
a
terzi;
l’equilibrio
reddituale
si
realizza
su
donazioni
volontarie
provenienti
da
soggetti
privati
o
pubblici.
Il
difficile
equilibrio
reddituale
rende
fragile
anche
l’equilibrio
monetario
e
ciò
può
mettere
a
rischio
la
vita
dell’istituto
e
la
sua
autonomia.
Gli
istituti
no
profit,
visto
il
divieto
di
distribuire
il
profitto
ai
suoi
membri,
sostituiscono
alla
massimizzazione
del
profitto,
quella
della
qualità
del
bene
prodotto.
Tutti
gli
istituti
no
profit
economicamente
non
autosufficienti,
sono
tra
loro
in
competizione
per
l’acquisizione
delle
donazioni,
che
rappresentano
il
prezzo
che
i
donatori
sono
disposti
a
pagare
per
i
beni
che
saranno
goduti
da
altri.
Capitolo
6
–
MODELLI
DI
RAPPRESENTAZIONE
DELL’ECONOMICITA’
Per
una
consapevole
partecipazione
alla
vita
dell’impresa,
tutti
i
soggetti
coinvolti
hanno
il
diritto-dovere
di
conoscere
le
condizioni
del
suo
svolgimento,
ed
i
risultati
e
le
prospettive
in
termini
di
economicità.
Questa
esigenza
è
condivisa
da
tutti
i
soggetti
che
forniscono
contributi
e
che
si
attendono
ricompense
come:
i
prestatori
di
lavoro,
i
conferenti
di
capitale
di
rischio,
fornitori,
clienti
e
Stato.
Inoltre
esigenze
di
conoscenza
fanno
capo
a
chi
esercita
il
governo
economico
dell’impresa
e
a
tutte
quelle
persone
che
devono
prendere
decisioni
costantemente
per
assicurare
lo
svolgimento
dell’azienda
secondo
economicità.
Sono:
gli
amministratori,
direttori
generali,
commerciali,
di
produzione
ed
amministrativi.
Per
le
esigenze
di
conoscenze,
le
imprese
costituiscono
dei
sistemi
informativi,
ossia
strutture
e
procedure
che
raccolgono,
elaborano,
conservano
e
distribuiscono
i
dati
e
le
informazioni
aziendali.
Essi
forniscono
dati
ed
informazioni
utili
per
valutare
l’economicità
dell’impresa,
attraverso
i
modelli:
di
equilibrio
reddituale,
monetario,
istituzionale,
della
competitività,
delle
competenze
e
delle
risorse,
del
valore
del
patrimonio,
ma
soprattutto
il
modello
del
bilancio
d’esercizio,
che
coglie
gli
elementi
essenziali
dell’economia
di
un’impresa.
La
sua
utilità
è
massima
se
lo
si
integra
con
altri
modelli
che
evidenziano
gli
aspetti
cruciali
della
vita
d’impresa.
Ogni
modello
di
rappresentazione
dell’economicità
è
utile
per
varie
analisi
e
gli
amministratori
li
usano
per
l’adeguato
svolgimento
del
ruolo
di
governo
economico.
Il
modello
di
bilancio
fornisce
indicazioni
se
l’attività
economica
svolta
sta
producendo
gli
utili
attesi
e
di
quali
beni
l’impresa
dispone
e
quali
diritti
vanta.
Il
corretto
governo
delle
imprese
richiede
continui
supporti
d’informazione
e
la
misurazione
periodica
delle
performance
ad
interventi
temporali
non
troppo
lunghi.
Tutte
le
imprese
stilano
un
bilancio,
per
ragione
di
ordine
pratico
e
giuridico,
almeno
una
volta
l’anno.
In
questo
modo
la
vita
continuativa
dell’impresa
viene
spezzata
in
sezioni
annuali
e
ciò
richiede
particolari
accorgimenti
per
l’efficace
rappresentazione
del
reddito
e
del
capitale.
La
costruzione
del
bilancio
d’esercizio
si
fonda
su:
l’esercizio
generale,
gli
esercizi
particolari
e
annuali,
il
principio
di
competenza,
i
costi,
i
ricavi
ed
i
componenti
positivi
e
negativi
di
reddito,
il
reddito
d’esercizio,
il
capitale
di
funzionamento
e
l’unitarietà
del
sistema
dei
valori
di
bilancio.
La
continuità
dei
processi
economici
d’impresa
fa
sorgere
valori
comuni
a
2
o
più
esercizi
annuali
e
che
devono
essere
spezzati
quando
si
redige
il
bilancio
d’esercizio,
come
le
condizioni
produttive
pluriennali
e
le
rimanenze
d’esercizio.
Le
rimanenze
finali
sono
le
produzioni
in
corso
con
le
quali
si
apre
l’esercizio
del
periodo
amministrativo
successivo
che,
rispetto
all’esercizio
precedente,
entrano
come
input
e
denominate
rimanenze
iniziali.
Nella
costruzione
del
reddito
d’esercizio
il
problema
del
frazionamento
di
valori
comuni
a
più
esercizi,
si
risolve
applicando
il
principio
di
competenza.
In
sua
mancanza
devono
essere
rappresentati
solo
i
valori
prodotti
nell’esercizio
e
i
valori
utilizzati
per
produrre.
La
tavola
del
reddito
è
costituita
da
componenti
positivi
e
negativi
di
reddito.
Ma
solo
alcuni
componenti
positivi
sono
ricavi
e
solo
alcuni
componenti
negativi
sono
costi.
Il
costo
è
il
prezzo
pattuito
per
ottenere
la
disponibilità
di
un
fattore
produttivo,
che
è
quindi
un
componente
negativo
di
reddito.
L’acquisto
di
un
bene
pluriennale
è
un
costo,
ma
si
attua
il
processo
di
ammortamento
e
nel
reddito
d’esercizio
entrerà
la
quota
di
ammortamento
di
competenza
dell’esercizio.
Il
reddito
d’esercizio
è
l’insieme
dei
valori
dei
componenti
positivi
e
negativi
di
reddito
suscitati
dagli
accadimenti
che
si
sono
svolti
in
un
certo
periodo
di
tempo
e
coerenti
secondo
il
principio
di
competenza.
Il
risultato
reddituale
è
quel
valore
che
si
configura
come
utile
o
perdita
ed
è
la
remunerazione
di
una
condizione
di
produzione.
Il
capitale
di
funzionamento
è
l’insieme
dei
valori
delle
attività,
passività
e
del
capitale
netto
determinato
alla
fine
di
ogni
periodo
d’esercizio,
il
bilancio
d’esercizio
è
un
sistema
unitario
di
valori.
Nella
struttura
del
reddito
d’esercizio
occorre
disporre
in
buon
ordine
i
componenti
negativi
di
reddito,
ossia
il
valore
delle
condizioni
di
produzione
secondo
il
principio
di
competenza,
ed
i
componenti
positivi
di
reddito,
ossia
i
valori
ottenuti
dall’attività
economica.
I
tipici
input
ed
i
componenti
negativi
di
reddito
sono:
Materie
prime,
Servizi,
Immobili,
Impianti,
Macchinari,
Attrezzature
dell’impresa
a
cui
corrispondono
le
Quote
di
ammortamento,
le
immobilizzazioni
di
terzi
che
originano
Canoni
di
Locazione
o
Fitti
Passivi,
il
lavoro
fornito
dai
prestatori
di
lavoro
come
Stipendi,
Contributi
e
Quote
Tfr,
i
beni
pubblici
statali
sottoforma
di
Tributi
vari
e
Imposte
sul
Reddito,
i
mezzi
monetari
apportati
a
titolo
di
capitale
di
prestito
da
terzi
che
originano
Interessi
Passivi,
la
copertura
dei
rischi
garantite
a
fronte
di
Premi
Assicurativi,
le
Rimanenze
Iniziali
e
il
capitale
di
rischio
che
è
remunerato
con
l’Utile
o
la
Perdita
d’esercizio.
Tipici
output
sono:
i
prodotti
finiti
e
venduti
che
danno
origine
ai
Ricavi
di
Vendita,
la
produzione
in
corso
ossia
le
Rimanenze
Finali
d’esercizio,
gli
Interessi
Attivi
della
gestione
patrimoniale,
i
dividendi,
le
plusvalenze
e
i
fitti
attivi.
Per
la
costruzione
del
capitale
di
funzionamento,
le
tipiche
attività
sono:
disponibilità
monetarie
sottoforma
di
cassa
o
c/c,
crediti
di
regolamento
verso
clienti,
rimanenze
finali,
immobilizzazioni
materiali
ed
immateriali,
crediti
di
prestito,
quote
di
capitale
di
rischio
di
altre
imprese
e
partecipazioni.
Le
tipiche
passività
sono:
i
Debiti
di
Regolamento
verso
fornitori,
di
Finanziamento,
Obblighi
nei
confronti
dei
prestatori
di
lavoro
e
dello
Stato,
inoltre
i
componenti
al
netto
sono:
il
Capitale
Sociale
e
gli
utili
maturati
ma
non
distribuiti,
ossia
le
Riserve.
Riguardo
ai
processi
di
redazione
del
bilancio
d’esercizio,
devono
svolgersi
secondo
logiche
e
tecniche
che
permettano
di
redigere
il
bilancio
in
modo
efficiente
e
corretto.
E’
un
processo
che
comporta
la
registrazione
dei
valori
che
si
svolgono
lungo
l’intero
periodo
amministrativo.
Tutte
le
imprese
tengono
nota
degli
accadimenti
economici
rilevanti,
e
per
redigere
efficientemente
il
bilancio
d’esercizio
occorre
selezionarli
e
registrare
periodicamente
a
fine
anno
i
relativi
valori.
Il
sistema
degli
accadimenti
è
l’insieme
di
azioni
e
fenomeni
che
si
manifestano
nell’azienda
e
nel
suo
ambiente.
Il
sistema
delle
operazioni,
ossia
le
combinazioni
economiche,
è
formato
dalle
attività
di
produzione
economica
svolta
dalle
persone
che
compongono
l’organismo
personale
dell’azienda.
Il
sistema
delle
quantità
economiche
è
l’espressione
del
sistema
delle
operazioni.
L’utilizzazione
delle
quantità
economiche
ed
i
calcoli
che
comportano
danno
origine
a
stime
e
congetture
di
quantità
economiche.
Le
stime
sono
determinazioni
approssimate
ad
un
fenomeno
che
non
si
conosce
in
modo
definitivo.
Per
la
stima
ci
si
avvale
di
ipotesi
che
attengono
al
grado
di
probabilità
della
differenza
tra
il
dato
stimato
ed
il
dato
effettivo.
Le
congetture
sono
valori
immaginati,
frutto
di
calcoli
fondati
su
ipotesi-finzione,
utili
a
scopi
d’investigazione
economica.
Se
le
ipotesifinzione
sono
molteplici
si
avranno
più
dati
congetturali
ciascuno
con
un
suo
significato
e
una
specifica
utilità.
Sono
esempi
di
dati
congetturali
le
quote
di
ammortamento.
Le
quantità
economiche
e
le
qualità
stimate
e
congetturate
sono
il
fondamento
di
tutte
le
misurazioni,
calcoli
e
previsioni
che
si
compiono
in
azienda.
Nell’ambito
del
sistema
delle
quantità
economiche
d’azienda
e
delle
quantità
stimate
e
congetturate
si
individuano
vari
sottosistemi,
il
più
importante
è
il
sistema
dei
valori
di
azienda,
che
offre
le
basi
per
impostare
modelli
di
valutazione
e
di
rappresentazione
dell’economicità.
Esso
accoglie
la
moneta
come
espressione
del
valore
e
che
trova
la
sua
origine
nelle
operazioni
di
scambio
che
l’impresa
intrattiene
con
i
terzi.
L’impresa
operando
in
un’economia
di
scambio
monetario,
attraverso
la
moneta
assolve
la
funzione
di
facilitare
e
semplificare
i
rapporti
di
scambio.
Il
divenire
economico
dell’impresa
si
manifesta
sia
con
valori
riferiti
ad
un
istante
(quantità-fondo),
sia
con
valori
riferiti
ad
un
lasso
di
tempo
(quantità-flusso).
Il
reddito
d’esercizio
si
compone
di
quantità-flusso,
mentre
il
capitale
di
funzionamento
di
quantità-fondo.
Questi
due
aspetti
sono
tra
loro
strettamente
collegate,
poiché
le
operazioni
svolte
risentono
delle
condizioni
preesistenti
e
condizionano
quelle
successive.
Tutti
i
valori
che
esprimono
strumenti
di
regolamento
degli
scambi
si
denominano
valori
numerari,
si
tratta
di
mezzi
monetari
liquidi
disponibili,
di
crediti
e
debiti
di
regolamento,
sono
non
numerari
tutti
gli
altri
valori.
Le
operazioni
di
gestione
esterna
aziendale
producono:
variazioni
numerarie
e
non
numerarie
positive,
negative
e
variazioni
non
numerarie,
ossia
variazioni
di
condizioni
di
produzione.
I
valori
si
rilevano
nel
momento
in
cui
si
manifesta
la
variazione
numeraria,
che
viene
ad
identificarsi
nel
momento
in
cui
si
emette
o
si
riceve
la
fattura,
in
modo
da
ottenere
valori
caratterizzati
da
un
certo
grado
di
certezza
e
per
poter
effettuare
riscontri
in
tempi
brevi.
I
valori,
poi,
si
rilevano
attraverso
il
metodo
della
partita
doppia,
in
base
al
quale
ogni
valore
sorto
per
effetto
delle
operazioni
d’azienda
si
rileva
2
volte,
con
segno
opposto,
in
appositi
conti.
Sotto
la
voce
Attivo,
si
collocano
tutti
i
valori
numerari
e
non
numerari
attivi
e
che
non
hanno
immediato
significato
di
componenti
di
reddito,
mentre
sotto
la
voce
Passivo
si
collocano
i
valori
numerari
e
non,
che
assumono
significato
di
componenti
di
reddito.
Sotto
la
voce
Costi
si
pongono
i
valori
che
hanno
significato
di
incremento
di
condizioni
di
produzione
e
di
componenti
negativi
di
reddito,
nei
Ricavi
s’inseriscono
le
condizioni
di
produzione
ed
i
componenti
positivi
di
reddito.
Il
capitale
di
funzionamento
è
uno
schema
costituito
per
ordinare
l’insieme
delle
condizioni
di
produzione
di
proprietà
dell’impresa
in
un
certo
momento,
ossia
le
attività,
l’insieme
delle
obbligazioni
e
degli
impianti
nei
confronti
dei
vari
soggetti
che
hanno
fornito
i
contributi,
ossia
le
passività.
Gli
obblighi
nei
confronti
dei
conferimenti
di
capitale
di
rischio
si
denomina
Capitale
Netto.
Infine,
i
valori
totali
delle
attività
è
sempre
pari
al
totale
delle
passività
e
del
capitale
netto.
Capitolo
7
–
ANALISI
DELL’ECONOMICITA’
E
CAPITALE
ECONOMICO
Le
sintesi
di
bilancio
permettono
di
esprimere
giudizi
sulla
capacità
dell’azienda
di
rispettare
il
principio
di
economicità
e
quali
sono
le
condizioni
che
potranno
favorire
l’economicità
futura.
Inoltre,
formano
il
cosiddetto
bilancio
d’esercizio,
che
oltre
ad
essere
uno
strumento
conoscitivo
a
disposizione
degli
organi
direttivi
e
di
governo
economico,
viene
contemplato
dalla
legge
ordinaria
quale
supporto
informativo
periodico
obbligatorio
per
tutelare
gli
interessi
di
quanti
entrano
in
contatto
con
l’azienda.
Per
rendere
più
efficace
la
lettura
e
l’analisi
delle
sintesi
di
bilancio
si
utilizzano:
la
riclassificazione
e
la
costruzione
di
indici.
La
riclassificazione
delle
sintesi
del
bilancio
consiste
nel
riesporre
le
voci
ed
i
valori
in
esse
contenute,
ma
in
un
ordine
diverso,
con
l’obiettivo
di
ottenere
informazioni
ulteriori
rispetto
a
quelle
offerte
dagli
schemi
originari.
Il
Conto
Economico
è
la
sintesi
dalla
quale
si
ottiene
la
misura
del
reddito
prodotto
nel
periodo
e
si
ricavano
le
informazioni
per
l’accertamento
della
capacità
di
reddito
tendenziale,
per
valutare
se
il
risultato
reddituale
consente
un
giudizio
positivo
sull’economicità
dell’azienda.
La
riclassificazione
del
conto
economico
secondo
il
criterio
a
ricavi
e
costo
del
venduto,
mette
in
luce
il
contributo
delle
singole
gestioni
alla
formazione
del
reddito
netto,
derivante
dalla
gestione
caratteristica,
patrimoniale,
finanziaria,
tributaria
e
da
eventi
straordinari.
Dalla
struttura
del
conto
economico
si
evidenziano,
oltre
al
reddito
netto:
il
risultato
operativo
della
gestione
caratteristica,
il
risultato
operativo
che
somma
il
risultato
operativo
della
gestione
caratteristica
ai
proventi
derivanti
dalla
gestione
patrimoniale,
il
reddito
lordo
di
competenza,
che
tiene
conto
del
risultato
operativo
e
degli
oneri
finanziari
ed
il
reddito
prima
delle
imposte
che
considera
oltre
al
risultato
lordo,
le
sopravvivenze
e
le
insussistenze
attive
e
passive.
Lo
Stato
Patrimoniale
è
la
fonte
primaria
d’informazioni
per
l’analisi
finanziaria,
per
accertare
la
solvibilità
dell’impresa,
ma
non
sempre
i
valori
contenuti
in
esso
sono
classificati
per
favorire
quest’analisi.
Per
ciò
si
utilizza
il
criterio
di
riclassificazione
finanziario,
con
il
quale
si
cerca
di
capire
come
gli
investimenti,
dell’attivo,
sono
stati
finanziati
dalle
voci
del
passivo
e
del
netto.
Gli
elementi
dell’attivo
esprimono
investimenti
dai
quali
si
attendono
flussi
di
entrate,
mentre
gli
elementi
del
passivo
e
del
netto
rappresentano
le
forme
o
le
fonti
di
finanziamento
utilizzate
per
coprire
gli
investimenti.
Per
classificare
gli
elementi
dell’attivo
si
adotta
il
criterio
della
liquidità,
cioè
della
loro
attitudine
di
trasformarsi
in
mezzi
monetari
senza
danneggiare
la
gestione
operativa,
mentre
per
gli
elementi
del
passivo
e
del
netto
si
adotta
il
criterio
della
scadenza,
cioè
il
termine
entro
il
quale
occorre
far
fronte
agli
impegni.
L’attivo
corrente
si
classifica
in:
liquidità
immediate,
rappresentate
da
fondi
liquidi
disponibili
e
da
titoli;
liquidità
differite,
ossia
crediti
di
regolamento;
e
disponibilità,
costituito
dalle
rimanenze.
L’attivo
fisso
si
suddivide
in:
immobilizzazioni
finanziarie,
che
comprendono
crediti
esigibili
oltre
l’anno,
partecipazioni
e
crediti
di
finanziamento;
immobilizzazioni
materiali
ed
immateriali
nette,
espresse
al
netto
delle
quote
di
ammortamento.
Il
passivo
e
netto
comprende:
il
passivo
corrente,
rappresentato
dai
debiti
di
regolamento;
il
passivo
consolidato,
che
comprende
debiti
con
scadenza
entro
l’anno
e
fondo
Tfr;
il
capitale
netto,
composto
da
capitale
sociale,
riserve
ed
utili
dell’esercizio.
La
differenza
tra
attivo
e
passivo
corrente
evidenzia
il
capitale
circolante
netto
che
è
un
indicatore
di
equilibrio
monetario
in
quanto
mette
in
relazione
investimenti
e
fonti
che
esercitano
un
influsso
sulla
dinamica
monetaria
dell’anno
successivo.
Da
uno
stato
patrimoniale
riclassificato
è
possibile
trarre
giudizi
su:
la
composizione
e
la
struttura
degli
impieghi,
delle
fonti
di
finanziamento
e
l’equilibrio
strutturale
tra
natura
e
variabilità
delle
fonti
e
degli
investimenti.
Il
bilancio
non
esplicita
i
movimenti
monetari
manifestatisi
nell’esercizio,
ma
vi
è
un
apposito
documento
detto
Rendiconto
delle
variazioni
dei
mezzi
monetari
che
evidenzia
le
dinamiche
monetarie
e
di
esprimere
giudizi
sull’equilibrio
monetario
dell’impresa.
La
costruzione
di
questo
documento
si
effettua
partendo
dal
reddito
netto
e
procedendo
a
ritroso,
cioè
sommando
al
reddito
netto
d’esercizio:
i
valori
che
non
hanno
determinato
movimenti
monetari,
le
variazioni
di
capitale
circolante
netto,
gli
investimenti,
le
variazioni
di
capitale
proprio
e
di
passività
consolidate.
Gli
indici
di
bilancio
permettono
di
formulare
giudizi
sull’economicità
della
gestione
dell’azienda,
poiché
sono
quozienti
che
hanno
la
capacità
di
sintetizzare
e
quantificare
fenomeni
complessi.
Gli
indici
analizzano
la
redditività,
ossia
il
rapporto
tra
una
configurazione
di
reddito
ed
un’altra
grandezza
a
questa
correlata;
la
solidità,
espressione
della
solvibilità,
cioè
della
capacità
di
far
fronte
agli
impegni;
la
liquidità,
come
indicatore
della
solvibilità
a
breve,
cioè
della
capacità
di
far
fronte
ai
pagamenti.
Gli
indici
di
redditività
misurano
la
capacità
dell’azienda
di
produrre
reddito,
e
quindi
di
remunerare
adeguatamente
tutte
le
condizioni
di
produzione.
L’indice
che
esprime
i
risultati
del’impresa
è
la
redditività
del
capitale
proprio
detto
Roe,
per
la
quale
il
reddito
netto
viene
rapportato
al
capitale
netto.
Esso
misura
il
rendimento
del
capitale
netto,
cioè
l’incremento
potenziale
del
capitale
netto
prima
della
distribuzione
del
reddito
sottoforma
di
dividendi.
Questo
indice
va
confrontato
con
il
costo
figurativo
del
capitale
proprio,
ossia
il
sacrificio
sopportato
dai
portatori
di
capitalerisparmio
per
aver
investito
mezzi
finanziari
nell’azienda.
Se
il
Roe
risulta
maggiore
di
questo,
si
può
affermare
che
vi
è
equilibrio
reddituale.
Fattori
determinati
del
Roe
sono:
il
Roa
che
esprime
la
redditività
della
gestione
operativa,
il
Rapporto
d’Indebitamento
serve
ad
apprezzare
la
solidità
patrimoniale
dell’impresa,
cioè
la
capacità
di
far
fronte
agli
impegni
verso
terzi;
tale
quoziente
sarebbe
nullo
se
uguale
ad
1,
ed
ha
un
effetto
moltiplicativo
se
maggiore
di
1
ed
il
Tasso
d’incidenza
esprime
il
peso
dei
componenti
di
reddito
estranei
alla
gestione
operativa,
cioè
gli
oneri
finanziari,
le
imposte,
le
sopravvenienze
e
le
insussistenze
attive
e
passive;
di
solito
quest’indicatore
ha
un
valore
inferiore
ad
1
perché
i
componenti
di
reddito
negativi
estranei
alla
gestione
operativa
risultano
superiori
a
quelli
positivi.
La
redditività
del
capitale
proprio
dipende
da:
la
redditività
operativa,
l’indebitamento
finanziario
e
l’incidenza
del
reddito
netto
sul
reddito
operativo.
La
redditività
operativa
può
essere
suddivisa
in
redditività
delle
vendite
Ros
e
in
Tasso
di
rotazione
dell’attivo
circolante.
Il
Ros
misura
il
grado
di
convenienza
economica
delle
vendite
effettuate
nell’esercizio.
Il
Tasso
di
rotazione
dell’attivo
circolante
esprime
la
relazione
tra
una
dimensione
operativa
dell’azienda
ed
una
strutturale,
ed
indica
il
numero
di
volte
che
l’attivo
netto
gira
in
un
anno
per
effetto
dei
ricavi
di
vendita,
per
questo
è
un
indicatore
di
efficienza
della
gestione.
I
principali
indici
di
solidità
sono
il
Rapporto
d’Indebitamento
che
esprime
la
relazione
che
intercorre
tra
l’attivo
netto
ed
il
capitale
netto,
e
quindi
indica
il
peso
del
capitale
di
terzi.
Il
grado
di
copertura
delle
immobilizzazioni
che
esprime
il
rapporto
tra
il
capitale
netto
e
le
immobilizzazioni
tecniche
nette.
L’indebitamento
è
pericoloso
quanto
maggiori
sono
gli
oneri
finanziari
che
esso
genera,
così
un
basso
grado
di
copertura
delle
immobilizzazioni
determina
una
situazione
grave
quanto
più
le
immobilizzazioni
tecniche
risultano
inutilizzate
e
difficilmente
realizzabili.
Gli
indicatori
utilizzati
per
la
liquidità
sono
il
Quoziente
di
disponibilità,
che
si
ottiene
rapportando
l’attivo
corrente
al
passivo
corrente;
il
Quoziente
di
liquidità
espresso
come
rapporto
tra
le
liquidità,
immediate
e
differite
ed
il
passivo
corrente.
Nel
passaggio
dal
Roa
al
Roe
ha
un
ruolo
fondamentale
l’effetto
leva
finanziaria
che
si
produce
dalla
differenza
tra
il
Roa
ed
il
costo
medio
del
capitale
di
terzi.
Se
il
Roa
rende
più
di
quanto
costa
il
capitale
di
terzi,
l’impresa
aumenta
la
propria
redditività
del
capitale
proprio.
L’effetto
leva
finanziario
è
tanto
più
potente
quanto
maggiore
è
la
differenza
tra
Roa
e
capitale
di
terzi
e
quanto
maggiore
è
la
quota
di
Roa
finanziata
da
mezzi
di
terzi
anziché
dal
capitale
netto.
Esistono
tre
principali
nozioni
di
capitale:
il
Capitale
di
Funzionamento
che
è
l’insieme
dei
valori
delle
attività,
delle
passività
e
del
capitale
netto
determinato
al
termine
di
ciascun
periodo
costruito
in
ipotesi
di
continuità
di
funzionamento
dell’impresa;
il
Capitale
di
Liquidazione,
ossia
il
valore
delle
attività,
delle
passività
e
del
capitale
netto
determinato
in
ipotesi
di
liquidazione;
ed
il
Capitale
Economico,
ossia
il
valore
complessivo
dell’azienda
in
ipotesi
di
cessione.
Determinare
il
capitale
economico
significa
esprimere
un
apprezzamento
sull’attitudine
del
patrimonio
di
un
impresa
a
produrre
redditi
futuri.
La
sua
determinazione
si
realizza
mediante
l’attuazione
dei
flussi
di
redditi
attesi
futuri,
ad
un
adeguato
tasso
per
un
periodo
di
tempo
illimitato,
ed
è
necessario
formulare
alcune
ipotesi
sui
flussi
di
reddito
futuri
e
sul
tasso
di
attualizzazione,
che
tenga
conto
del
tempo
e
del
rischio
connesso
allo
svolgimento
della
gestione
futura.
Capitolo
9
–
LA
STRUTTURA
DELL’AZIENDA,
L’AMBIENTE
ECONOMICO,
IL
SISTEMA
COMPETITIVO
La
vita
delle
aziende
è
originata
ed
alimentata
da
decisioni
che
si
compongono
di
processi.
Nell’azienda
è
importante
individuare
le
decisioni
da
prendere,
da
chi,
in
quali
tempi
e
sequenze
e
secondo
quali
logiche
e
procedure.
L’esigenza
di
decidere
è
dettata
dal
continuo
dinamismo
interno
ed
esterno
dell’impresa.
Le
decisioni
che
riguardano
il
campo
economico
sono
soggette
al
vincolo
di
scarsità
delle
risorse,
s’impongono
attente
e
rigorose
analisi
di
convenienza
economica
che
possono
essere
svolte
ricorrendo
a
modelli
di
analisi
economica
per
decisioni,
sono
adottate
in
condizioni
d’incertezza
e
comportano
un
certo
grado
di
rischio
che
è
massimo
quando
le
scelte
sono
molto
innovative,
sono
razionali,
ma
soggette
a
limiti
di
razionalità
e
a
rischi
di
ritualizzazione,
e
producono
conseguenze
ampie
e
stabili
sulle
condizioni
future.
Le
decisioni
dell’impresa,
vengono
prese
in
modo
che
la
consentano
flessibilità
ed
il
futuro
sviluppo.
Il
sistema
di
governo
strategico
delle
imprese
si
articola
in
scelte
che
riguardano:
la
configurazione
del
sistema
prodotto,
con
il
quale
presentarsi
nei
mercati
per
sollecitare
la
domanda
e
per
fronteggiare
i
concorrenti;
il
dimensionamento
della
capacità
produttiva,
l’estensione
interfunzionale
ed
estensione
verticale,
attraverso
cui
decidere
quali
attività
svolgere
all’interno
dell’azienda
e
quali
far
svolgere
ad
altri;
l’estensione
orizzontale,
per
scegliere
se
attivare
una
o
più
combinazioni
parziali;
la
gestione
patrimoniale,
finanziaria
e
tributaria;
che
riguardano
la
formazione
e
lo
sviluppo
del
patrimonio
materiale
ed
immateriale
dell’azienda,
relative
all’assetto
organizzativo
e
all’organismo
personale,
si
tratta
di
suddividere
i
compiti,
coordinarli
e
sviluppare
le
competenza
delle
persone
e
retribuire
le
loro
prestazioni;
l’assetto
istituzionale,
riguarda
i
rapporti
da
stringere
con
i
portatori
d’interessi,
come
distribuire
i
diritti
di
proprietà,
come
configurare
gli
organi
di
governo
e
di
controllo.
La
struttura
di
ogni
azienda
si
compone:
dell’assetto
istituzionale,
della
configurazione
delle
combinazioni
economiche,
del
patrimonio,
dell’organismo
personale
e
dell’assetto
organizzativo.
L’assetto
istituzionale
è
la
configurazione
dei
portatori
d’interessi
e
dei
contributi
che
forniscono
all’azienda
e
dei
benefici
che
ne
ottengono.
Progettare
l’assetto
istituzionale
significa
scegliere
i
soggetti
che
compongono
l’istituto
e
che
interagiscono
con
esso.
Le
scelte
dell’assetto
istituzionale
consiste
nel
decidere:
l’assetto
proprietario
di
base,
la
forma
giuridica,
l’insieme
degli
organi
di
governo
e
di
controllo,
le
modalità
di
interazione
tra
l’impresa
ed
i
suoi
interlocutori
e
la
partecipazione
ad
aggregati
interaziendali
e
al
relativo
governo.
La
configurazione
delle
combinazioni
economiche
è
l’assetto
delle
attività
svolte
dell’azienda
attraverso
i
suoi
membri.
Significa
decidere
con
quanti
e
quali
sistemi
di
prodotto
proporsi
a
quali
categorie
di
clienti
ed
in
quali
mercati.
Queste
decisioni
ne
comportano
altre
relative
alla
configurazione
dei
sistemi
di
prodotto
e
quale
strategia
competitiva
adottare,
quali
attività
svolgere
all’interno
dell’azienda
e
quali
esternalizzare,
come
dimensionare
le
capacità
produttive,
e
quale
peso
e
ruolo
assegnare
alle
gestioni
della
gestione
caratteristica.
Il
Patrimonio
è
formato
dalle
varie
condizioni
produttive
materiali
ed
immateriali
utilizzate
dall’istituto
per
svolgere
la
propria
attività
economica.
I
principali
fattori
che
lo
determinano
sono:
le
competenze
distintive,
il
patrimonio
commerciale,
l’assetto
tecnico
e
la
localizzazione
territoriale.
L’organismo
personale
è
l’insieme
delle
persone
che
prestano
il
loro
lavoro
nell’istituto.
Si
determina
attraverso:
quali
organismi
professionali
privilegiare,
come
dimensionare
l’organismo
personale
in
relazione
al
carico
di
lavoro,
come
aggiornare
i
profili
professionali
e
quali
condizioni
attivare
per
perseguire
il
rispetto
e
la
cooperazione.
L’assetto
organizzativo
definisce
la
struttura
interna
e
le
modalità
di
svolgimento
dei
processi
aziendali
e
consegue
dalla
struttura
organizzativa,
la
distribuzione
del
potere
e
dei
sistemi
operativi.
Progettare
la
struttura
organizzativa
significa
ripartire
le
attività
aziendali
in
compiti
da
assegnare
alle
persone
e
mettere
in
atto
le
condizioni
necessarie
affinché
le
attività
si
svolgano
in
modo
integrato.
Ogni
configurazione
ha
una
propria
coerenza,
ognuna
produce
effetti
sulle
altre
componenti
ed
ogni
intervento
di
riprogettazione
di
una
macrovariabile
può
richiedere
adattamenti
nelle
altre
per
assicurare
nuova
coerenza.
Esse
sono
influenzate
anche
dall’ambiente
nel
quale
l’azienda
opera.
Ogni
istituto
è
una
realtà
unitaria,
dinamica
e
complessa,
ed
è
sempre
possibile
che
si
verifichino
situazioni
tra
loro
contraddittorie.
L’unitarietà
del
governo
economico
si
realizza
con
la
formulazione
e
la
realizzazione
di
strategie
aziendali.
L’esigenza
di
un
indirizzo
strategico
unitario
si
sottolinea
con
il
concetto
di
orientamento
strategico
di
fondo.
La
strategia,
oltre
ad
essere
un
insieme
di
mosse
per
raggiungere
determinati
fini,
include
anche
il
campo
d’azione
dell’impresa.
La
strategia
d’impresa
si
compone
dell’orientamento
strategico
di
fondo
e
degli
indirizzi
strategici.
L’OSF
è
l’insieme
di
idee
guida,
valori
ed
atteggiamenti
che
definiscono
l’identità
dell’impresa,
ossia
definiscono
che
cosa
l’impresa
fa
o
vuole
fare,
come
e
perché
fare
impresa.
Gli
indirizzi
strategici
sono
rappresentati
da
scelte
strategiche
che
definiscono
in
quali
aree
competitive
l’azienda
intende
operare
ed
in
che
modo
affrontare
la
concorrenza,
quali
decisioni
prendere
a
livello
finanziario,
tecnologico
e
di
marketing.
I
caratteri
di
unitarietà
delle
combinazioni
economiche
sono:
la
complementarietà,
che
si
manifesta
tra
i
fattori
produttivi
ed
insiemi
di
operazioni;
la
fungibilità,
che
si
manifesta
tra
differenti
fattori
produttivi
e
classi
di
operazioni;
la
comunanza,
riguarda
uno
stesso
fattore
di
produzione
o
insiemi
di
operazioni
che
concorrono
ad
ottenere
più
risultati,
esse
sono
un’evidente
fattore
di
unitarietà
delle
combinazioni
economiche;
la
congiunzione,
attraverso
cui
da
uno
stesso
processo
produttivo
escono
più
risultati,
detti
risultati
congiunti;
l’uniformità
dei
fattori
di
produzione,
dei
processi
produttivi
e
dei
prodotti,
si
manifesta
nella
standardizzazione,
nell’uniformazione
attraverso
cui
in
molti
campi
dell’attività
umana
si
manifesta
l’esigenza
di
adottare
standard
comuni
a
tutte
le
aziende,
e
nella
modularità,
che
prevede
la
progettazione
di
componenti
che
possono
concorrere
alla
produzione
di
differenti
prodotti
complessi.
L’interdipendenza
analizza
in
termini
organizzativi
tutti
i
caratteri
dell’unitarietà
delle
combinazioni
economiche.
Tanto
più
forti
sono
questi
caratteri
e
più
elevata
sarà
l’interdipendenza
tra
le
unità
che
compongono
l’azienda.
L’ambiente
di
un
istituto
è
l’insieme
di
condizioni
e
di
fenomeni
esterni
che
ne
influenzano
la
struttura
e
la
dinamica.
L’ambiente
economico
d’azienda
si
compone
di:
mercati,
insiemi
omogenei
di
negoziazioni
di
beni
privati,
di
rischi
e
di
credito
di
prestiti;
strutture
di
domande
e
offerte
di
lavoro,
capitale
proprio
e
di
beni
pubblici;
settori,
insiemi
di
aziende
con
combinazioni
economiche
simili
ed
operanti
in
stessi
mercati
e
strutture
di
domande
ed
offerte;
e
politiche
economiche,
monetarie
e
finanziarie.
L’ambiente
non
economico
è
rilevante
per
la
struttura
e
la
dinamica
delle
aziende,
ed
è
composto
da
fenomeni
e
condizioni
come:
sistemi
di
valori
caratterizzanti
la
collettività
sociale,
la
normativa
giuridica
nazionale
ed
internazionale,
stato
e
dinamica
delle
scienze,
tecnologie
e
tecniche,
infrastrutture
e
configurazione
fisica
e
climatica
del
territorio.
La
natura
varia
delle
aziende
e
del
loro
ambiente,
portano
a
definire
i
confini
dell’azienda
rispetto
all’ambiente
e
all’universo.
Tale
confine
non
è
definibile,
e
per
la
sua
identificazione
si
ricorre
a:
la
struttura
giuridica
formale,
ossia
gli
elementi
dell’azienda
sono
stabiliti
dalla
normativa
vigente
laddove
si
definisce
il
campo
d’azione
degli
organi
di
governo
economico;
e
l’influenza,
mediante
cui
i
confini
si
estendono
fin
dove
gli
organi
di
governo
economico
esercitano
un’influenza
nei
processi
decisionali.
I
confini
dell’azienda
sono
modificabili
e
la
loro
estensione
è
oggetto
delle
scelte
di
governo
economico.
La
definizione
di
ambiente
può
essere
articolata
non
solo
per
l’azienda,
ma
anche
per
gruppi
economici
o
aggregati.
Un
mercato
è
un
complesso
dinamico
di
negoziazioni
che
riguardano
scambi,
capitale
propri
e
lavoro
ed
hanno
per
oggetto
dei
beni
che
si
manifestano
con
continuità,
con
caratteri
omogenei
e
con
elevata
interazione
reciproca.
Si
ha
un
mercato
quando
molte
negoziazioni
con
oggetto
simile
sono
attuate
continuamente
e
con
elevata
frequenza
da
un
certo
insieme
di
aziende.
Non
tutte
le
negoziazioni
sono
qualificabili
come
mercati,
poiché
possono
risultare
casi
unici,
ossia
negoziazioni
fuori
mercato
alle
quali
non
si
possono
applicare
condizioni
omogenee
e
concorrenti
di
mercato.
Uno
stesso
bene
può
essere
negoziato
in
mercati
distinti,
anche
in
funzione
di
distinti
aziende
clienti
o
per
differenti
bisogni
soddisfatti
dallo
stesso
bene.
I
mercati
sono
complessi
dinamici
ed
i
loro
caratteri
e
confini
variano
nel
tempo,
i
caratteri
fondamentali
dei
mercati
sono
la
domanda
e
l’offerta
che
sono
funzioni
di
articolati
insiemi
di
variabili.
Attraverso
l’analisi
della
domanda
e
dell’offerta
si
spiega
l’origine,
la
dinamica
ed
il
grado
di
differenziazione
delle
condizioni
tipiche
delle
negoziazioni
che
compongono
il
mercato.
Un
settore
è
un
insieme
omogeneo
di
aziende
legate
da
relazioni
di
interdipendenza.
Le
ricerche
che
hanno
ad
oggetto
lo
studio
dei
settori
sono
quelle
finalizzate
ad
interventi
di
politica
economica
in
determinati
settori.
L’analisi
del
settore
riguarda
la
sua
struttura,
il
grado
di
concentrazione,
si
valuta
se
produce
distorsioni
della
collettività,
se
si
presentano
strutture
e
comportamenti
di
monopolio
che
frenano
l’efficienza
e
l’innovazione
e
consentono
l’applicazione
di
prezzi-ricavo
a
livelli
più
alti
di
quelli
giudicati
equi
dalla
collettività.
In
alcuni
casi,
l’analisi
può
portare
ad
un
eccessivo
frazionamento
del
settore
o
si
possono
provocare
eccessive
forme
di
concorrenza.
L’analisi
di
economia
industriale
porta
a
formulare
interventi
di
politica
economica
che
tendano
a
ridurre
concentrazioni
monopolistiche
e
proteggere
o
rafforzare
un
settore.
L’analisi
delle
interdipendenze
settoriali
riguarda
i
flussi
di
produzione,
di
consumo
e
dei
mezzi
monetari,
è
una
tipica
analisi
dell’economia
politica
e
della
politica
economica.
Attraverso
lo
studio
del
contesto
competitivo
delle
aziende
di
produzione
si
concentra
l’attenzione
sul
comportamento
competitivo
delle
aziende
che
compongono
il
settore,
concorrenti
in
uno
stesso
mercato.
Nell’ambito
degli
studi
del
contesto
competitivo,
particolare
importanza
ha
il
modello
struttura-comportamento-risultati,
tipico
delle
analisi
economia
industriale.
I
settori
di
aziende
concorrenti
sono
insiemi
di
aziende
di
produzione
che
producono
beni
equivalenti
e
che
indirizzano
la
loro
offerta
ad
insiemi
di
aziende
clienti
e
potenziali.
La
struttura
del
settore
si
analizza
secondo
il
suo
grado
di
concentrazione,
la
struttura
dei
costi
delle
aziende
ed
il
livello
delle
barriere
al’entrata,
ossia
il
livello
degli
ostacoli
che
dovrebbero
essere
superati
da
un’azienda
esterna
al
settore
per
potervi
entrare.
Il
grado
di
concentrazione
si
spiega
dalla
struttura
dei
costi
che
è
rilevante
quando
sono
maggiori
le
economie
di
scala.
Tipici
esempi
di
struttura-comportamento-risultati
sono:
la
struttura
di
concorrenza
perfetta,
dove
si
presentano
bassi
livelli
di
economie
di
scala,
di
concentrazione
e
di
differenziazione
dei
prodotti,
le
imprese
si
concentrano
sull’efficienza
tecnica
ed
i
prezzi-ricavo
sono
dettati
dal
mercato;
nella
struttura
di
oligopolio
non
differenziato,
sono
possibili
forti
economie
di
scala,
le
aziende
concorrenti
sono
poche
ed
offrono
prodotti
molto
simili
e
tendono
a
concordare
politiche
di
prezzi
uniformi
e
quanto
più
possibile
alti
ma
limitati
che
scoraggino
l’ingresso
di
concorrenti
nel
settore;
nella
struttura
di
oligopolio
differenziato,
si
presentano
alti
livelli
di
economia
di
scala,
di
concentrazione
e
di
differenziazione
dei
prodotti,
vi
sono
elevate
barriere
all’entrata
che
mantengono
basse
la
competitività
nel
settore
che
è
alimentata
dalla
pubblicità,
dalla
ricerca
e
dallo
sviluppo
come
strumenti
per
rinnovare
la
differenziazione
dei
beni.
La
redditività
è
maggiore
quanto
alte
sono
le
barriere
all’entrata,
la
concentrazione
del
settore
e
la
differenziazione
dei
prodotti.
I
settori
sono
configurati
da
relazioni
di
concorrenza,
ma
anche
di
cooperazione.
Ciascuna
azienda
partecipa
a
tanti
settori
quanti
sono
i
mercati
in
cui
opera,
quindi
a
ciascun
mercato
corrispondono
uno
o
più
settori
di
aziende
in
posizione
di
offerta
o
domanda.
Le
persone
che
operano
nelle
aziende
mostrano
una
varietà
di
modalità
d’interpretazione
dinamiche
tra
l’aziende
e
l’ambiente.
Le
diverse
visioni
delle
relazioni
dinamiche
sono
modelli
cognitivi
che
spiegano
i
comportamenti
delle
aziende
e
rappresentazioni
schematiche
di
valori,
atteggiamenti
e
comportamenti
che
caratterizzano
i
contesti
economici,
politici
e
sociali
differenti
nel
tempo
e
nello
spazio.
Le
principali
visioni
sono:
dell’efficienza
economica
relativa,
della
pressione
economica
reciproca,
dell’interazione
multicentrica.
Per
l’azienda,
l’ambiente
è
una
variabile
rispetto
cui
adattare
la
propria
configurazione
ed
il
proprio
comportamento,
ed
essa
opera
nei
confronti
dell’ambiente
ricercando
innovazioni
atte
a
realizzare
le
proprie
finalità.
Una
parte
fondamentale
dell’ambiente
economico
delle
imprese
è
rappresentata
dal
sistema
competitivo,
uno
spazio
economico
popolato
di
clienti,
fornitori
e
concorrenti,
dove
l’impresa
presenta
i
suoi
sistemi
di
prodotto.
Il
sistema
competitivo
è
rappresentabile
in
termini
di
aziende
e
relazioni
interaziendali.
La
scelta
del
sistema
competitivo
nel
quale
operare
è
una
scelta
di
governo
economico
e
la
sua
analisi
si
realizza
attraverso
il
modello
della
concorrenza
allargata,
dove
il
termine
settore
indica
le
imprese
in
concorrenza
ma
anche
i
clienti,
i
fornitori,
i
potenziali
entranti
nel
settore
ed
i
produttori
di
beni
sostitutivi.
La
concorrenza
indica
le
forze
esercitate
sulle
imprese
dalle
relazioni
di
competizione,
come:
la
rivalità
tra
i
concorrenti,
il
potere
contrattuale
dei
fornitori,
dei
clienti,
le
minacce
d’ingresso
e
di
sostituzione.
La
rivalità
tra
i
concorrenti
è
tanto
più
accesa
quanto
il
settore
è
frammentato,
il
tasso
di
crescita
della
domanda
dei
prodotti
è
basso,
i
prodotti
sono
indifferenziati,
i
costi
fissi
e
le
barriere
all’uscita
sono
elevati,
cioè
è
molto
difficile
cambiare
settore
a
causa
della
specificità
degli
investimenti
effettuati,
per
i
costi
di
dismissione
delle
strutture
e
per
i
costi
degli
accordi
sindacali.
Un’accesa
rivalità
implica
forti
pressioni
sui
risultati
reddituali
e
sui
prezzi.
I
fornitori
hanno
un
forte
potere
se
il
loro
settore
è
più
concentrato
di
quello
della
concorrenza,
se
rappresenta
dei
potenziali
entranti
e
se
i
beni
offerti
sono
specifici.
Il
potere
dei
clienti
è
maggiore
se
si
tratta
di
clienti
importanti,
se
il
loro
settore
è
particolarmente
concentrato,
se
sono
bassi
costi
di
passaggio
da
un
fornitore
ad
un
altro
e
se
si
dispongono
di
informazioni
approfondite
sui
beni
e
sui
potenziali
entranti;
e
la
sensibilità
al
prezzo
che
dipende
dalla
sostituibilità
dei
beni
acquistati,
dal
rapporto
costo-qualità
e
dall’intensità
della
competizione.
Le
minacce
d’ingresso
di
nuovi
concorrenti
e
di
sostituzione
rappresentano
un
freno
alla
redditività
del
settore.
Esse
dipendono
dalla
solidità
delle
barriere
all’entrata
e
dai
suoi
determinanti
quali:
il
fabbisogno
di
capitale,
le
economie
di
scala,
i
vantaggi
di
costo
assoluti,
le
differenziazioni
dei
prodotti,
l’accesso
ai
canali
distributivi,
le
politiche
pubbliche
di
regolamento
e
controllo
e
i
rischi
di
ritorsione
da
parte
dei
concorrenti
nel
settore.
La
configurazione
delle
forze
determina
la
redditività
media
di
un
settore.
Ogni
settore
può
essere
segmentato
per
raggruppamenti
strategici,
ossia
da
insiemi
d’imprese
concorrenti
caratterizzate
da
strategie
simili.
I
principali
cambiamenti
che
possono
avvenire
in
un
sistema
competitivo
sono:
le
dinamiche
congetturali,
ossia
mutamenti
reversibili
nel
tempo;
le
dinamiche
strutturali
interne
ad
un
sistema
competitivo,
ossia
i
fattori
che
determinano
cambiamenti
permanenti,
come:
il
ciclo
di
vita,
che
rappresenta
l’evoluzione
delle
vendite
di
un
prodotto
o
di
un
settore
nel
tempo.
Fasi
tipiche
di
questo
modello
sono:
introduzione,
sviluppo,
maturità
e
declino.
Inoltre,
il
grado
di
concentrazione
e
di
frammentazione,
che
si
presenta
quando
più
imprese
concorrenti
su
uno
stesso
mercato
si
uniscono.
L’internalizzazione
ed
esternalizzazione,
l’internazionalizzazione,
che
aumenta
con
l’espansione
del
raggio
d’azione
delle
imprese,
ed
il
ciclo
di
sostituzione
di
un
bene,
che
può
ridurre
lo
spazio
operativo
dei
concorrenti
di
un
sistema
competitivo
fino
a
causare
il
declino
del
sistema
con
necessità
di
riconversione.
Le
dinamiche
di
ricomposizione
di
più
sistemi
competitivi,
attraverso
cui
si
assiste
alla
nascita
di
nuovi
sistemi
competitivi.
Il
successo
strategico
delle
imprese
non
è
garantito
dal
solo
fatto
di
operare
di
un
sistema
competitivo
debole,
ma
dipende
anche
dalle
competenze
distintive
possedute
dall’impresa
e
dalla
capacità
di
utilizzarle
e
rinnovarle
per
sollecitare
la
domanda
dei
clienti
e
per
distinguersi
dai
concorrenti. Capitolo
10
–
LE
SCELTE
DI
CONFIGURAZIONE
DEL
SISTEMA
PRODOTTO
E
DELLA
FORMULA
COMPETITIVA
Ciascuna
impresa
si
propone
ai
propri
clienti,
e
sfidando
i
concorrenti,
con
uno
o
più
sistemi
di
prodotto.
Un
sistema
prodotto
è
un
insieme
unitario
di
beni
e
di
condizioni
di
scambio.
In
ogni
relazione
di
scambio
con
i
clienti
l’impresa
offre
degli
elementi
come
le
caratteristiche
fisiche
dei
prodotti,
l’ampiezza
dei
prodotti
fungibili
e
complementari,
l’assistenza
tecnica,
il
marchio,
il
prezzo,
le
condizioni
di
pagamento
e
consegna;
questi
elementi
compongono
il
sistema
di
prodotto.
Esso
è
un
complesso
con
il
quale
l’impresa
ricerca
il
consenso
dei
clienti
e
sfida
la
concorrenza.
La
progettazione
del
sistema
di
prodotto
è
un
passaggio
cruciale
per
l’economicità
dell’impresa,
da
cui
dipendono
i
componenti
positivi
e
negativi
di
reddito.
A
seconda
della
configurazione
del
sistema
prodotto,
i
clienti
percepiscono
l’utilità
del
bene
attribuendogli
un
valore
e
attraverso
la
comparazione
delle
condizioni
proposte
da
altre
imprese,
sono
disposti
ad
acquistarlo
in
certi
prezzi
e
volumi.
Per
massimizzare
i
volumi
di
vendita,
l’impresa
deve
cercare
di
arricchire
il
prodotto,
e
ciò
comporta
costi
e
prezzi
più
elevati
che
possono
ridurre
la
domanda;
perciò
occorre
trovare
un
buon
equilibrio
tra
diverse
variabili.
Il
modello
della
formula
competitiva
pone
in
relazione
il
sistema
prodotto,
la
struttura
e
le
risorse
aziendali.
Il
sistema
competitivo
è
lo
spazio
abitato
dai
clienti
e
concorrenti
con
i
quali
l’impresa
si
rapporta
costantemente.
La
struttura
e
le
risorse
aziendali
sono
l’insieme
delle
condizioni
fisiche,
patrimoniali,
relazionali
ed
organizzative
di
cui
l’impresa
dispone
per
rispondere
alle
esigenze
dei
clienti
e
fronteggiare
la
concorrenza.
Queste
sono
condizioni
che
permettono
di
elaborare
ed
offrire
un
sistema
prodotto
originale
e
competitivo.
Inoltre,
l’impresa
deve
sviluppare
strutture
e
risorse
che
contengano
competenze
distintive
in
modo
tale
da
essere
difficilmente
imitabili
e
che
sia
possibile
offrire
un
buon
sistema
prodotto.
Il
sistema
competitivo
comprende
i
clienti
attuali
e
potenziali
e
le
loro
attese,
e
rappresenta
il
punto
di
partenza
per
la
progettazione
del
sistema
prodotto.
Le
attese
più
critiche
dei
clienti
si
dicono
fattori
critici
di
successo,
che
variano
a
seconda
dei
clienti
ed
evolvono
nel
tempo.
Alcuni
esempi
sono:
la
funzionalità
tecnica
continua
e
duratura
dei
prodotti,
l’economicità
d’acquisto
e
d’uso,
la
flessibilità
d’uso,
l’integrabilità,
compatibilità
e
la
personalizzazione,
il
soddisfacimento
dei
bisogni
di
prestigio,
di
status,
di
ostentazione
e
d’identificazione,
l’appagamento
dei
bisogni
estetici,
di
solidarietà
e
di
salvaguardia
dell’ambiente,
l’affidabilità
del
fornitore
e
l’accessibilità,
comparabilità
e
sperimentabilità
del
prodotto
in
fase
d’acquisto.
Il
sistema
prodotto
si
compone
delle
caratteristiche
materiali
e
la
gamma
dei
beni
offerti,
i
servizi
collegati,
le
caratteristiche
immateriali
e
le
condizioni
di
scambio.
Le
caratteristiche
materiali
si
suddividono
in
attributi
fisici,
ossia
quegli
elementi
immediatamente
percepibili,
gli
attributi
tecnico-funzionali,
sono
le
proprietà
tecnologiche
e
di
lavorazione
che
consentono
di
svolgere
determinate
funzioni
d’uso,
ed
estetici
che
qualificano
gli
attributi
estetici.
Spesso
le
aziende
apportano
una
gamma
di
beni
in
cui
il
cliente
sceglie
a
seconda
delle
sue
esigenze
specifiche.
I
servizi
collegati
ai
beni
offerti
si
distinguono
in
servizi
pre-vendita,
come
le
informazioni
di
supporto
alla
scelta
e
la
consulenza,
e
servizi
post-vendita
come
la
consegna,
l’istallazione,
l’assistenza,
la
manutenzione,
le
riparazioni
e
l’aggiornamento.
Le
caratteristiche
immateriali
comprendono
l’immagine
e
la
reputazione
di
un
sistema
prodotto,
mentre
il
prezzo
e
le
altre
condizioni
contrattuali
definiscono
diverse
condizioni
per
i
clienti.
Il
vantaggio
competitivo
è
l’insieme
degli
elementi
che
distinguono
il
sistema
di
prodotto
di
una
determinata
azienda
da
quello
dei
concorrenti.
Il
vantaggio
di
differenziazione
consiste
nell’offerta
di
un
sistema
di
prodotto
diverso
da
quello
della
concorrenza.
Si
ha
un
vantaggio
di
differenziazione,
anche
quando
il
sistema
prodotto
possiede
caratteristiche
che
i
concorrenti
non
hanno,
o
quando
è
completamente
unico
e
non
esistono
competitori.
Il
vantaggio
di
costo,
che
si
ha
quando
il
sistema
di
prodotto
è
ottenuto
con
costi
unitari
bassi
e
che
consentono
di
offrirlo
ai
clienti
con
un
prezzo
più
basso
di
quello
dei
concorrenti.
Il
vantaggio
si
realizza
quando
si
traduce
in
un
premio
di
prezzo,
e
può
manifestarsi
in:
eccellenza
intrinseca
dei
materiali
e
delle
lavorazioni,
efficienza
nei
consumi
degli
input,
alta
meccanizzazione
ed
automazione,
robustezza,
capacità
di
autodiagnosi,
disponibilità
di
ricambi,
modularità,
versatilità,
adattabilità,
ampia
gamma
di
beni
fungibili
e
complementari
offerti,
ricchezza
di
documentazione
ed
informazioni,
reperibilità
e
facilità
di
prova,
servizi
pre
e
post
vendita,
marche,
marchi,
insegne,
griffe,
contratti
chiavi
in
mano,
alto
livello
stilistico
ed
artistico,
contenuto
etico,
ecologico,
salutistico
ed
esclusività
attuata
mediante
volumi
limitati
e
vendita
attraverso
canali
specializzati
e
selezionati.
Combinando
il
tipo
di
vantaggio
competitivo
e
l’ampiezza
del
mercato
di
sbocco
si
ottengono:
leadership
di
costo,
dove
il
leader
domina
un
mercato
ampio
con
costi
più
bassi
della
concorrenza;
strategie
di
differenziazione,
che
possono
essere
perseguite
anche
da
più
aziende
operanti
in
uno
stesso
mercato,
ciascuno
con
un
sistema
prodotto;
le
strategie
di
focalizzazione
orientate
ai
bassi
costi
e
alla
differenziazione,
attraverso
cui
le
aziende
dominano
i
mercati
ridotti
dove
spesso
non
si
riescono
a
soddisfare
pienamente
i
bisogni.
Per
poter
offrire
un
sistema
di
prodotto
con
un
vantaggio
competitivo
coerente
con
i
fattori
critici
di
successo
nel
mercato
di
sbocco,
occorre
disporre
di
strutture
e
risorse
adeguate.
Le
competenza
distintive
sono
risorse
peculiari
di
un’azienda,
non
facilmente
imitabili
ed
utili
per
configurare
i
sistemi
prodotto
particolarmente
apprezzati
dalla
clientela,
come:
speciali
capacità
di
progettazione
dei
prodotti,
strutture
produttive
efficienti,
elevata
capacità
di
accumulo
e
di
diffusione
delle
conoscenze,
rapporti
di
fiducia
e
cooperazione
con
i
clienti,
con
reti
distributive
ed
esperti,
patrimonio
d’immagine
e
reputazione,
marche
e
marchi,
grandi
strutture
ed
archivi
di
documentazione,
strutture
logistiche
di
distribuzione
e
presentazione
dei
prodotti,
buone
competenze
d’istruzione
dei
clienti,
affidabili
strutture
per
l’assistenza
pre
e
post
vendita
e
relazioni
di
fiducia
e
cooperazione.
Nelle
aziende
o
nelle
combinazioni
parziali
di
successo,
la
formula
competitiva
è
composta
da:
un
sistema
prodotto
dotato
di
un
vantaggio
concorrenziale
di
costo
o
di
differenziazione,
un
mercato
in
cui
sono
compresi
i
fattori
critici
di
successo,
una
struttura
dotata
di
competenze
distintive
ed
una
relazione
di
coerenza
tra
vantaggio
competitivo,
fattori
critici
di
successo
e
competenze
distintive,
che
consente
il
raggiungimento
di
buoni,
duraturi
e
competitivi
risultati
reddituali.
Il
prezzo
è
un
elemento
cruciale
del
sistema
prodotto
ed
in
particolare
delle
condizioni
di
scambio.
Le
scelte
di
politica
del
prezzo
riguardano
la
progettazione
del
sistema
prodotto
ed
il
tipo
di
vantaggio
competitivo
ricercato.
I
volumi
ed
i
ricavi
di
vendita
sono
influenzati
dal
prezzo,
ma
anche
da
fattori
come:
i
redditi
dei
consumatori,
i
prezzi
dei
beni
fungibili
e
complementari
e
dagli
investimenti
in
pubblicità,
che
producono
effetti
di
aumento
della
domanda
di
un
bene,
senza
variazioni
sostanziali.
L’elasticità
della
domanda
al
prezzo
è
la
sensibilità
della
quantità
domandata
alle
variazioni
di
prezzo,
calcolata
relativamente
al
prezzo
di
partenza.
Essa
si
misura
con
ε
e
si
misura
rapportando
la
variazione
%
della
domanda
in
corrispondenza
alla
variazione
%
del
prezzo.
Se
l’elasticità
è
di
1,
è
elastica.
Essa
dipende
da
la
sostituibilità
del
bene,
maggiore
è
il
numero
dei
beni
considerati
sostituiti
e
maggiore
è
la
sensibilità
del
prezzo.
Se
gli
acquirenti
considerano
un
bene
facilmente
sostituibile,
non
accetteranno
aumenti
di
prezzo
e
sposteranno
i
propri
acquisti
verso
altri
prodotti.
L’incidenza
del
bene
sulla
spesa
complessiva,
l’elasticità
dipende
da
quanto
il
bene
è
importante
per
il
consumatore
e
quanto
peso
dà
nella
spesa
complessiva
e
l’utilizzo
del
bene,
poiché
essa
varia
a
seconda
dell’utilizzo
che
il
cliente
fa
del
bene
acquistato.
L’impresa,
durante
la
determinazione
del
prezzo
del
proprio
prodotto,
si
può
trovare
in
condizione
di:
una
concorrenza
perfetta,
l’impresa
non
ha
scelta
in
merito
alla
fissazione
del
prezzo,
che
viene
dettato
dal
mercato;
basata
sulla
differenziazione,
in
questo
caso
l’impresa
agisce
sulla
differenziazione
tecnica
del
prodotto
e
sulla
determinazione
del
prezzo;
monopolio
stabile,
che
si
ha
quando
l’impresa
sola
presente
nel
mercato,
ha
la
massima
discrezionalità
nel
fissare
il
prezzo,
in
modo
da
massimizzare
la
redditività;
ed
un
monopolio
instabile,
che
si
ha
quando
esistono
altre
imprese
in
grado
di
imitare
un
sistema
prodotto,
e
l’impresa
potrà
fissare
un
prezzo
alto
producendo
e
vendendo
piccoli
volumi,
oppure
fissare
un
prezzo
basso
puntando
su
grandi
volumi.
Capitolo
15
–
LE
SCELTE
DI
ORGANIZZAZIONE
L’assetto
organizzativo
dell’impresa
è
l’insieme
delle
variabili
che
configurano
l’organismo
personale
e
definiscono,
indirizzano
e
coordinano
i
comportamenti
delle
persone
che
lo
compongono.
Quando
si
progetta
l’assetto
organizzativo
si
decide
quante
persone
e
con
quali
caratteristiche
sono
necessarie
per
svolgere
le
combinazioni
economiche
dell’impresa,
quali
compiti
deve
svolgere
ogni
persona,
con
quali
obiettivi,
modalità
e
risorse,
come
e
quanto
la
persona
deve
essere
retribuita
e
quali
percorsi
professionali
le
persone
possono
o
devono
compiere
in
relazione
al
variare
delle
combinazioni
economiche
dell’azienda.
Le
variabili
organizzative
sono
le
strutture
ed
i
processi
che
indirizzano
i
comportamenti
delle
persone.
Esse
sono:
le
strutture
organizzative
di
base
e
delle
singole
unità
aziendali,
la
distribuzione
del
potere,
i
sistemi
operativi,
di
pianificazione,
di
informazione
e
di
gestione
del
personale.
L’organismo
personale
è
un
insieme
unitario
di
persone
che,
con
il
proprio
lavoro,
partecipano
allo
svolgimento
dell’attività
aziendale.
Esso
è
un
complesso
dinamico,
poiché
la
sua
dimensione
e
sua
composizione
varia
in
relazione
al
variare
delle
combinazioni
economiche
e
degli
assetti
tecnici
ed
organizzativi.
Una
dinamica
di
particolare
rilievo
è
il
processo
di
apprendimento,
un
fattore
di
crescita
di
livelli
di
efficienza
nello
svolgimento
delle
attività
correnti.
Oggi
è
cruciale
realizzare
una
coerenza
dinamica
tra
l’organismo
personale
e
gli
altri
elementi
della
struttura
aziendale,
ossia
realizzare
la
flessibilità
dell’organismo
personale.
L’organismo
personale
si
analizza
attraverso
le
caratteristiche
delle
singole
persone
e
dei
gruppi
che
lo
compongono,
ossia
le
variabili
individuali
e
sociali.
Le
variabili
individuali
rilevanti
per
l’analisi
economico-aziendale
sono
riconducibili
a
competenze
professionali,
a
conoscenze,
capacità
tecnico-specialistiche
e
relazionali;
i
valori,
ossia
convinzioni
e
credenze
relative
all’attività
economica;
ed
i
bisogni,
percezioni
di
carenza
di
condizioni
che
si
soddisfano
mediante
il
lavoro.
Tra
le
persone
che
compongono
l’organismo
personale
di
un’azienda,
si
formano
varie
relazioni.
L’organismo
personale
è
caratterizzato
anche
da
variabili
sociali,
ossia
dall’intensità
e
dalla
qualità
delle
relazioni
che
connettono
le
persone
in
gruppi
ed
aggregati.
Le
manifestazioni
più
importanti
delle
variabili
sociali
sono:
la
coerenza
tra
gruppi
sociali
e
formali,
la
coesione,
la
cooperazione
o
il
conflitto
tra
i
gruppi,
la
cultura
aziendale
ed
organizzativa.
La
coesione
all’interno
dei
gruppi
formali
non
è
sempre
sinonimo
di
cooperazione
ed
integrazione,
spesso
si
formano
rapporti
di
tensione
o
conflitto
con
impatti
negativi
sull’efficienza
aziendale.
Le
condizioni
necessarie
per
attivare
coesione
e
collaborazione
tra
i
membri
di
un
gruppo
sono:
far
sì
che
le
persone
abbiano
valori
condivisi
o
compatibili,
assicurarsi
che
vi
sia
una
forte
leadership,
e
adottare
incentivi
che
premino
i
risultati
del
gruppo.
La
cultura
aziendale
è
causa
ed
effetto
delle
scelte
aziendali
di
fondo,
ed
è
l’insieme
di
idee
fondamentali
che
un
gruppo
ha
sviluppato
imparando
a
governare
la
dinamica
d’azienda
e
di
ambiente;
si
tratta
di
idee
che
è
bene
trasmettere
a
tutti
i
membri
dell’azienda.
La
cultura
è
sempre
un
prodotto
distintivo
di
un
gruppo
sociale,
quanto
più
esso
è
stabile
e
maggiori
sono
la
durata
e
l’intensità
delle
esperienze
del
gruppo,
tanto
più
la
sua
cultura
è
definita
forte.
Esse
svolgono
una
funzione
di
stabilizzazione
dell’ambiente
aziendale
interno
e
delle
sue
relazioni
con
quello
esterno,
le
persone
che
entrano
a
far
parte
del
gruppo
devono
apprendere
la
relativa
cultura
ed
adattare
le
proprie
idee
a
quelle
che
garantiscono
l’equilibrio
aziendale.
La
cultura
organizzativa
riguarda
gli
aspetti
critici
del
sistema
organizzativo,
come:
il
rapporto
persona-azienda,
la
struttura
organizzativa
e
la
dinamica
aziendale.
Ciascuna
impresa
deve
progettare
il
proprio
assetto
organizzativo
in
funzione
delle
proprie
caratteristiche
specifiche.
Non
esistono
soluzioni
organizzative
ottime
e
valide
in
ogni
circostanza,
ma
ciascuna
impresa
deve
ricercare
i
propri
equilibri.
Questa
visione
è
detta
contingency
dove
le
principali
regole
di
coerenza
riguardano
relazioni
tra:
bisogni
delle
persone
e
la
struttura
delle
singole
unità
organizzative
e
l’articolazione
della
strategia
e
della
struttura
organizzativa
di
base.
Secondo
il
principio
dell’orientamento
alle
persone,
l’assetto
organizzativo
deve
motivare
le
persone
al
lavoro
e
nella
collaborazione.
Le
competenze
delle
persone,
oltre
ad
essere
competenze
individuali
e
collettive,
sono
soprattutto
parti
importanti
del
patrimonio
dell’impresa.
Gli
organi
direttivi
e
di
governo
economico
delle
aziende
hanno
la
responsabilità
di
progettare
l’assetto
organizzativo,
in
modo
tale
da
creare
condizioni
favorevoli
allo
svolgimento
delle
attività
lavorative.
E’
attraverso
l’efficienza
che
si
persegue
l’innovazione
organizzativa
e
tecnica,
non
mediante
la
pressione
sullo
sforzo
dei
prestatori
di
lavoro.
La
struttura
organizzativa
è
la
configurazione
unitaria
ed
ordinata
degli
organi
aziendali
e
dei
compiti
di
responsabilità
assegnati.
Essa
è
costituita
da
organigrammi
e
da
mansioni,
e
definisce
i
ruoli
ufficiali
in
quanto
esplicita
per
ogni
posizione
i
comportamenti
attesi.
Per
le
imprese
la
progettazione
della
struttura
organizzativa
consiste
nella
scelta
di
strutture
elementari,
funzionali,
divisionali
ed
a
matrice.
Sostanzialmente
significa
scegliere
come
dividere
e
coordinare
il
lavoro
tra
le
varie
persone
ed
unità.
Ogni
struttura
organizzativa
ha
i
suoi
vantaggi
e
svantaggi
in
termini
di
specializzazione
e
coordinamento.
Nello
svolgimento
di
un’attività
aziendale,
occorre
decidere
come
organizzare
il
lavoro
di
ogni
unità
e
d’importanza
cruciale
sono
le
teorie
dei
bisogni
e
della
motivazione
del
lavoro,
ossia
la
motivazione
a
prestare
il
proprio
lavoro
con
impegno
e
con
spirito
cooperativo
e
costruttivo.
Una
persona
è
motivata
al
lavoro
solo
se
prevede
che
tale
prestazione
le
consentirà
di
soddisfare
i
propri
bisogni.
In
caso
contrario,
egli
potrà
decidere
di
non
svolgere
l’attività
lavorativa
o
di
svolgerla
con
poco
impegno
necessario
per
non
perdere
il
lavoro.
I
bisogni
che
possono
essere
soddisfatti
con
il
lavoro,
secondo
la
scala
di
Maslow
sono:
i
bisogni
elementari,
di
socialità
e
di
autorealizzazione.
I
sistemi
operativi
sono
complementari
alla
struttura
organizzativa
nella
funzione
d’indirizzo
dei
comportamenti
delle
persone.
Si
distinguono:
sistemi
di
pianificazione,
programmazione
e
d’informazione,
nel
quale
rientrano
i
sistemi
di
pianificazione
strategica
che
esplicitano
i
fine,
le
politiche
e
le
strategie
alle
quali
tutti
devono
ispirarsi;
i
sistemi
di
programmazione
e
controllo,
che
indica
quali
obiettivi
da
realizzare
e
con
quali
risorse;
ed
i
sistemi
informativi,
che
produce
e
distribuisce
informazioni.
Nei
sistemi
di
gestione
del
personale,
fanno
parte:
il
sistema
di
dimensionamento
degli
organi,
che
determina
il
numero
di
ogni
unità
aziendale
ed
i
relativi
carichi
di
lavoro;
il
sistema
di
ricerca
e
selezione
del
personale,
che
individua
e
vaglia
le
persone
da
inserire;
ed
il
sistema
retributivo,
che
definisce
le
politiche
di
retribuzione
di
ogni
persona.
Esse
sono
determinate
da:
il
valore
della
posizione
occupata,
la
prestazione
realizzata
rispetto
agli
obiettivi
ed
i
livelli
retributivi
concorrenti
nel
mercato
del
lavoro.
In
sede
di
analisi
si
deve
tener
conto
che
la
retribuzione
non
è
l’unico
elemento
di
ricompensa
avente
influsso
sui
livelli
di
soddisfazione
e
di
motivazione
dei
prestatori
di
lavoro.
Spesso
la
soddisfazione
e
la
motivazione
dei
prestatori
di
lavoro
sono
legate
al
clima
organizzativo
e
al
contenuto
delle
mansioni.
Il
sistema
di
carriera
definisce
i
percorsi
professionali
e
determina
i
criteri
relativi
in
base
ai
quali
le
persone
possono
compiere
i
passi
previsti.
Ad
esso
è
collegato
il
sistema
di
valutazione
del
potenziale
in
base
al
quale
si
analizzano
le
persone
per
cercare
coloro
che
abbiano
le
giuste
competenze
per
l’avanzamento
di
carriera.
Il
sistema
di
addestramento
e
di
formazione
determinano
conoscenze,
capacità,
atteggiamenti
ed
orientamenti
dei
prestatori
di
lavoro.
Sono
dei
processi
continuativi
che
stimolano
lo
sviluppo
delle
competenze
individuali,
attraverso
corsi
di
tipo
tecnico-specialistico
che
s’ispirano
ad
obiettivi
di
efficienza
e
specializzazione,
e
corsi
di
tipo
culturale-interfunzionale
che
s’ispirano
alla
funzionalità
e
alla
multidimensionalità.
Molte
scelte
di
organizzazione,
sono
volte
a
fronteggiare
la
complessità
dell’impresa.
I
fattori
che
la
determinano
sono:
la
numerosità
degli
elementi
da
governare,
la
loro
disomogeneità,
l’interdipendenza
che
li
lega,
dalla
pressione
esterna
sui
risultati
e
da
quella
interna
derivante
dalle
scelte
del
top
management.
La
complessità
può
essere
gestita
secondo
4
livelli
ed
a
seconda
del
grado
di
complessità
affrontato.
Nel
primo
livello
la
complessità
è
nulla
e
gli
strumenti
utilizzati
per
gestirla
sono
regole,
procedure
e
programmi;
nel
secondo
livello
la
complessità
è
bassa
e
gli
strumenti
utilizzati
sono
la
gerarchia;
nel
terzo
la
complessità
è
medio/alta
e
lo
strumento
per
gestirla
è
la
delega
su
obiettivi;
infine
nel
quarto
livello
la
complessità
è
alta
e
gli
strumenti
per
gestirla
sono:
i
sistemi
informativi
verticali,
le
relazioni
laterali,
la
socializzazione,
le
attività
autonome,
la
gestione
dell’ambiente
e
le
risorse
eccedenti.
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