Complementi Di Scienza Delle Costruzioni

November 18, 2017 | Author: Salvatore Di Pasquale | Category: Beam (Structure), Shear Stress, Chemical Product Engineering, Physics & Mathematics, Physics
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1. L’equazione differenziale del quarto ordine per la trave ad inerzia costante su letto elastico (modello di Winkler): il suo integrale generale. Il caso particolare di lunghezza infinita con un carico concentrato. Il modello di trave su letto elastico (Winkler, 1867) fa riferimento al caso di una trave caricata in un qualunque modo appoggiata su un suolo di modulo elastico k, immaginato come un insieme di molle indipendenti. La reazione del suolo alla sollecitazione interna si assume proporzionale alla freccia v, con risposta perfettamente elastica e bilaterale: è quindi il caso di una trave interrata o di una rotaia vincolata alle traversine, oppure ancora dei serbatoi in pressione. Questo modello ha però il limite di diventare un paradosso quando il carico è ripartito (v. figura), in quanto il modello determina l’uguaglianza della reazione del terreno all’azione sollecitante, quindi la trave risulta scarica: il limite maggiore risiede dunque nel considerare il terreno come composto da molle indipendenti le une dalle altre, violando l’ipotesi della continuità del materiale. Altro limite fondamentale consiste nel considerare la risposta del terreno omogenea senza tener conto di eventuali irregolarità del terreno o cedimenti differenziali. In sintesi, l’equazione della teoria di Winkler ha validità per l’analisi dei carichi concentrati, mentre per quelli ripartiti è opportuno utilizzare altri modelli, tra cui quello di Bousinesq (1885), nel quale viene meno l’ipotesi di indipendenza reciproca delle molle che vengono invece considerate come un continuo elastico. perché se la trave fosse più lunga le estremità Inoltre il modello di Winkler si applica alle travi corte tenderebbero ad alzarsi, rendendo discutibile l’applicazione del modello nei casi in cui il terreno non potesse rispondere a trazione. Dunque, nella verifica della trave è utile sottostimare la costante di sottofondo k, in quanto il coefficiente β compare a denominatore (quindi più piccolo e β, più alto è il momento), mentre nelle verifiche di sottofondo è conveniente sovrastimare k, in quanto β compare a numeratore nell’espressione della x y reazione elastica vk. z Si consideri il caso di una trave monodimensionale su appoggio elastico a sezione simmetrica rispetto all’asse y sollecitata a flessione nel piano yz. Facendo riferimento al fatto che la reazione del suolo è assunta proporzionale alla freccia v, si rappresenta questo suolo usualmente come un letto di molle per cui vale l’equazione differenziale della linea elastica:

Dove: v = spostamento virtuale della linea d’asse in ogni punto della trave (freccia), E = modulo elastico, Ix = momento d’inerzia. Se con k si indica il modulo elastico del suolo, detta costante di sottofondo, l’equazione differenziale del 4° ordine, valida in assenza del suolo:

Si trasforma in:

Dove: q = carico distribuito sull’unità di lunghezza. Se 0 l’equazione diventa: 0 Definendo: 4

Si ha l’equazione omogenea associata: 4

0

Se è presente un carico esterno q(z) costante nell’equazione differenziale compare il termine aggiuntivo e la soluzione dell’equazione è data da: integrale generale + integrale particolare

L’integrale generale semplice, dato dalla soluzione dell’omogenea associata, è pari a:  

Dove

,

,

,

sono le costanti di integrazione da individuarsi tramite le condizioni al contorno.

Una volta nota l’espressione analitica della freccia v, è possibile ottenere per derivazione la rotazione φ, il momento flettente M e il taglio T. In questo modo si conosce la forma della soluzione, ma per conoscere effettivamente la soluzione è necessario trovare i valori delle costanti d’integrazione per vari casi specifici: a. Trave di lunghezza infinita con un carico concentrato; b. Trave di lunghezza semi-infinita con un carico concentrato ed una coppia all’estremità; c. Trave di lunghezza finita con forze e coppie note, applicate all’estremità.

Si analizzi il caso a.

F

A partire dalla soluzione dell’equazione omogenea associata:

Si determinano le 4 costanti, attraverso le equazioni al contorno: a. lim

b.

0

c.

0   



0

0  

  

   

   

0

Infinitamente lontano dal punto di applicazione di F, gli spostamenti sono nulli.

  

   

Essendo la trave simmetrica, la rotazione sotto il punto di applicazione del carico dev’essere nulla.

La costante c si trova in base alle condizioni di equilibrio globale alla traslazione verticale cioè, considerando che nella suddetta equazione la somma algebrica delle reazioni verso l’alto che il terreno esercita sulla trave e della forza concentrata dev’essere uguale a zero:

0  

 2

   2



2

2

2

2

Si ottiene in questo modo la deformata e, per derivazioni successive, la rotazione, il momento e il taglio: 2

2

4

4 2

2

A seconda dei valori di

, i coefficienti

,





sono tabulati.

I massimi valori raggiunti da v, M, T si hanno per 0 e si noti che tutte le funzioni sono sinusoidi smorzate (cioè con ampiezza modulata sinusoidalmente) la cui lunghezza d’onda λ è definita dalla relazione: 2

2. L’equazione differenziale del quarto ordine per la trave ad inerzia costante su letto elastico (modello di Winkler): il suo integrale generale. Il caso particolare di lunghezza semi-infinita con un carico concentrato ed una coppia all’estremità. Il modello di trave su letto elastico (Winkler, 1867) fa riferimento al caso di una trave caricata in un qualunque modo appoggiata su un suolo di modulo elastico k, immaginato come un insieme di molle indipendenti. La reazione del suolo alla solecitazione interna si assume proporzionale alla freccia v, con risposta perfettamente elastica e bilaterale: è quindi il caso di una trave interrata o di una rotaia vincolata alle traversine, oppure ancora dei serbatoi in pressione. Questo modello ha però il limite di diventare un paradosso quando il carico è ripartito (v. figura), in quanto il modello determina l’uguaglianza della reazione del terreno all’azione sollecitante, quindi la trave risulta scarica: il limite maggiore risiede dunque nel considerare il terreno come composto da molle indipendenti le une dalle altre, violando l’ipotesi della continuità del materiale. Altro limite fondamentale consiste nel considerare la risposta del terreno omogenea senza tener conto di eventuali irregolarità del terreno o cedimenti differenziali. In sintesi, l’equazione della teoria di Winkler ha validità per l’analisi dei carichi concentrati, mentre per quelli ripartiti è opportuno utilizzare altri modelli, tra cui quello di Bousinesq (1885), nel quale viene meno l’ipotesi di indipendenza reciproca delle molle che vengono invece considerate come un continuo elastico. 𝜋 Inoltre il modello di Winkler si applica alle travi corte (𝑙 < ) perché se la trave fosse più lunga le estremità 𝛽

tenderebbero ad alzarsi, rendendo discutibile l’applicazione del modello nei casi in cui il terreno non potesse rispondere a trazione. Dunque, nella verifica della trave è utile sottostimare la costante di sottofondo k, in quanto il coefficiente β compare a denominatore (quindi più piccolo e β, più alto è il momento), mentre nelle verifiche di sottofondo è conveniente sovrastimare k, in quanto β compare a numeratore nell’espressione della reazione elastica vk. Si consideri il caso di una trave monodimensionale su appoggio elastico a x y sezione simmetrica rispetto all’asse y z sollecitata a flessione nel piano yz. Facendo riferimento al fatto che la reazione del suolo è assunta proporzionale alla freccia v, si rappresenta questo suolo usualmente come un letto di molle per cui vale l’equazione differenziale della linea elastica: 𝑑2 𝑣 𝑀𝑥 =− 2 𝑑𝑧 𝐸𝐼𝑥 Dove: v = spostamento virtuale della linea d’asse in ogni punto della trave (freccia), E = modulo elastico, Ix = momento d’inerzia. Se con k si indica il modulo elastico del suolo, detta costante di sottofondo, l’equazione differenziale del 4° ordine, valida in assenza del suolo:

𝑑4 𝑣 𝑞 = 𝑑𝑧 4 𝐸𝐼𝑥 Si trasforma in: 𝑑4 𝑣 𝑞 𝑘𝑣 = − 𝑑𝑧 4 𝐸𝐼𝑥 𝐸𝐼𝑥 Dove: q = carico distribuito sull’unità di lunghezza. Se 𝑞 = 0 l’equazione diventa: 𝑑4 𝑣 𝑘𝑣 + =0 𝑑𝑧 4 𝐸𝐼𝑥 Definendo: 𝛽=

4

𝑘 4𝐸𝐼

𝐿−1

Si ha l’equazione omogenea associata: 𝑑4 𝑣 + 4𝛽 4 𝑣 = 0 𝑑𝑧 4 Se è presente un carico esterno q(z) costante nell’equazione differenziale compare il termine aggiuntivo e la soluzione dell’equazione è data da:

𝑞

𝐸𝐼

integrale generale + integrale particolare

L’integrale generale semplice, dato dalla soluzione dell’omogenea associata, è pari a: 𝑣 𝑧 = 𝑒 𝛽𝑧 𝑐1 𝑐𝑜𝑠𝛽𝑧 + 𝑐2 𝑠𝑒𝑛𝛽𝑧 + 𝑒 −𝛽𝑧 𝑐3 𝑐𝑜𝑠𝛽𝑧 + 𝑐4 𝑠𝑒𝑛𝛽𝑧 Dove 𝑐1 , 𝑐2 , 𝑐3 , 𝑐4 sono le costanti di integrazione da individuarsi tramite le condizioni al contorno. Una volta nota l’espressione analitica della freccia v, è possibile ottenere per derivazione la rotazione φ, il momento flettente M e il taglio T.

In questo modo si conosce la forma della soluzione, ma per conoscere effettivamente la soluzione è necessario trovare i valori delle costanti d’integrazione per vari casi specifici: a. Trave di lunghezza infinita con un carico concentrato; b. Trave di lunghezza semi-infinita con un carico concentrato ed una coppia all’estremità; c. Trave di lunghezza finita con forze e coppie note, applicate all’estremità.

F

Si analizzi il caso b.

M

A partire dalla soluzione dell’equazione omogenea associata: 𝑣 𝑧 = 𝑒 𝛽𝑧 𝑐1 𝑐𝑜𝑠𝛽𝑧 + 𝑐2 𝑠𝑒𝑛𝛽𝑧 + 𝑒 −𝛽𝑧 𝑐3 𝑐𝑜𝑠𝛽𝑧 + 𝑐4 𝑠𝑒𝑛𝛽𝑧 Si determinano le 4 costanti, attraverso le equazioni al contorno: a. lim𝑧→∞ 𝑣 𝑧 = 0 => 𝑐1 = 𝑐2 = 0

b.

𝑀

𝑧=𝑜

= 𝑚 => 𝑐4 =

𝑚 2𝐸𝐼𝛽 2

Infinitamente lontano dal punto di applicazione di F, gli spostamenti sono nulli. 𝑚 = 𝑀 0 = −𝐸𝐼𝑣2 0 = −𝐸𝐼2𝛽2 𝑒 −𝛽𝑧 −𝑐4 𝑐𝑜𝑠𝛽𝑧 + 𝑐3 𝑠𝑒𝑛𝛽𝑧 = 𝐸𝐼2𝛽 2 𝑐4

c.

𝑇

𝑧=𝑜

= −𝐹 => 𝑐3 =

𝐹−𝛽𝑚 2𝐸𝐼𝛽 3

𝐹 = −𝑇 0 = 𝐸𝐼𝑣3 0 = 𝐸𝐼2𝛽 3 𝑒 −𝛽𝑧 𝑐3 +𝑐4 𝑐𝑜𝑠𝛽𝑧 + 𝑐4 − 𝑐3 𝑠𝑒𝑛𝛽𝑧 = 𝐸𝐼2𝛽 3 𝑒 −𝛽𝑧 𝑐3 +𝑐4

Si ottiene in questo modo: 𝑣 𝑧 =

𝑒 −𝛽𝑧 2𝐹𝛽 2𝑚𝛽 2 𝐹𝑐𝑜𝑠𝛽𝑧 − 𝛽𝑚(𝑐𝑜𝑠𝛽𝑧 − 𝑠𝑒𝑛𝛽𝑧) = 𝐷 − 𝐶𝛽𝑧 2𝐸𝐼𝛽 3 𝑘 𝛽𝑧 𝑘 𝜑 𝑧 = 𝑣 ′ (𝑧) =

2𝐹𝛽 2 4𝑚𝛽 3 𝐴𝛽𝑧 − 𝐷𝛽𝑧 𝑘 𝑘

A seconda dei valori di 𝛽𝑧, i coefficienti 𝐴𝛽𝑧 , 𝐵𝛽𝑧 , 𝐶𝛽𝑧 , 𝐷𝛽𝑧 sono tabulati. E nel punto A: 𝑣 𝐴 =

2𝛽(𝐹 − 𝛽𝑚)𝑒 −𝛽𝑧 2𝛽 = (𝐹 − 𝑚𝛽) 4𝐸𝐼𝛽 4 𝑘

𝜑 𝐴 = 𝑣′ 𝑧 =

2𝐹𝛽 2 4𝑚𝛽 3 2𝛽 2 − = (𝐹 − 2𝑚𝛽) 4𝐸𝐼𝛽 4 4𝐸𝐼𝛽 4 𝑘

3.

Serbatoi in pressione cilindrici e sferici: effetti di bordo nei sistemi cilindrici.

I contenitori in pressione a parete sottile costituiscono un’importante applicazione dell’analisi delle tensioni piane, in particolare la teoria di Winkler è applicabile a serbatoi cilindrici o sferici, per i quali lo stato tensionale non è uno stato di Saint Venant. a. Si consideri un serbatoio cilindrico di raggio interno r e spessore s contenente un fluido in pressione. Nella parete del serbatoio soggetto a pressione interna p nasce uno stato tensionale che , lontano dagli estremi, è caratterizzato da due sforzi espressi in 𝑁 𝑚: - σ1 = tensione assiale o di fascia, esercitata sullo spessore s; - σ2 = tensione circonferenziale o longitudinale, esercitata sul bordo.

y 𝜎1 𝜎2

𝜎2

r

𝜎1

x

z

s

Per determinare σ1 e σ2 si scriva l’equazione di equilibrio delle forze rispettivamente sull’asse z e sull’asse x: y 𝑧)

dx

𝐹𝑧 = 0

𝜎1 𝑑𝐴

𝜎1 𝑑𝐴 − 𝑝𝑑𝐴 = 0

pdA

𝜎1 2𝑠𝑑𝑥 − 𝑝 2𝑟𝑑𝑥 = 0 𝜎1 = 𝑥)

𝑝𝑟 𝑠

𝜎1 𝑑𝐴

𝐹𝑥 = 0

y 𝜎2 𝑑𝐴

𝜎2 𝑑𝐴 − 𝑝𝑑𝐴 = 0 𝜎2 2𝜋𝑟𝑠 − 𝑝 𝜋𝑟

pdA x

z

pdA 2

=0

𝑝𝑟 𝜎2 = 2𝑠

z

pdA

x 𝜎2 𝑑𝐴

A cui segue il cerchio di Mohr: τ τmax

𝜎2

𝜎1 σ

Si noti che: 𝜎1 = 2𝜎2 𝜏𝑚𝑎𝑥 =

𝜎1

2 = 𝜎2 y 𝜎1

b. Si consideri ora un contenitore sferico di raggio interno r e spessore s contenente un fluido in pressione.

𝜎2

Le tensioni esercitate sulla parete del serbatoio sono uguali in modulo a causa della simmetria del problema e si determinano anche in questo caso scrivendo l’equazione di equilibrio delle forze sugli assi y

z

𝜎2 𝜎1 x

interessati: 𝑥)

𝐹𝑥 = 0

𝜎2 𝑑𝐴 pdA

𝜎2 𝑑𝐴 − 𝑝𝑑𝐴 = 0 𝜎2 2𝜋𝑟𝑠 − 𝑝 𝜋𝑟 2 = 0 𝜎2 =

pdA

z

𝑝𝑟 = 𝜎1 2𝑠

x

𝜎2 𝑑𝐴

A cui segue il cerchio di Mohr: τ

τmax 𝜎2 ≡ 𝜎1 σ

Si noti che: 𝜎1 = 𝜎2 = 𝜏𝑚𝑎𝑥 =

𝜎1

𝑝𝑟 2𝑠

𝑝𝑟 2 = 4𝑠

Allora, a parità di p, r, s il serbatoio sferico in pressione è soggetto ad una tensione membranale che è la metà di quello cilindrico ed è quindi più efficiente per contenere un gas in pressione.

Si può quindi affermare che i serbatoi più efficaci per annullare gli effetti di bordo sono formati da un corpo cilindrico di spessore t1 e da due “coperchi di chiusura” sferici di spessore t2, progettati utilizzando il criterio della equisollecitazione, secondo cui per avere uno stato isotropo in tutti i punti del serbatoio (il cerchio di Mohr degenera in un punto e il principio di Saint Venant non è più applicabile) è necessario che:

t2

t1

𝑡1 = 2𝑡2

In questo modo si ha: 𝜎1𝑐 =

𝑝𝑟 𝑡1

𝑡1 = 2𝑡2

𝑝𝑟 𝜎1𝑠 = 2𝑡2

𝜎1𝑐 = 𝜎1𝑠

Si analizzino ora gli effetti di bordo di una vasca circolare d’acciaio con fondo infinitamente rigido: l’incastro alla base non permette rotazioni e spostamenti, ma genera effetti di bordo maggiori rispetto allo stato tensionale membranale. Si utilizza quindi la teoria di Winkler, perché all’incastro non vale Saint Venant.

In una prima fase svincoliamo l’acciaio dal fondo rigido e consideriamo una striscia di parete verticale di larghezza unitaria. Questa striscia può essere schematizzata come una trave su appoggio elastico ed in particolare come una trave finita di lunghezza h soggetta a carico triangolare: 𝜎𝑎𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 = 𝜀𝑎𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 =

𝑝𝑟 𝑠

𝜎𝑎𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑝𝑟 = 𝐸 𝐸𝑠

Indicando con dr l’incremento di raggio indotto da p: 2𝜋 𝑟0 1 + 𝜀𝑎𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜

= 2𝜋 𝑟0 + 𝑑𝑟0

=> 𝑑𝑟0 =

𝑝𝑟 2 𝐸𝑠

La costante di sottofondo vale quindi: 𝑘=

𝑝 𝐸𝑠 = 2 𝑑𝑟 𝑟

Essendo k indipendente da z, si può applicare la teoria di Winkler, ottenendo una soluzione membranale, dove: -

Δr0 = incremento di raggio dato dalla distorsione di ogni anello del cilindro, che si deforma in base alla pressione al di sopra di lui; Δr = incremento di raggio impedito all’incastro.

Applico ora la soluzione di Winkler alla striscia verticale. Per via della simmetria assiale, essa non può contrarsi trasversalmente: 𝜀𝑥 =

1 𝜎 − 𝜐𝜎𝑧 => poichè εx = 0 (la striscia non può contrarsi trasversalmente) => 𝜎𝑥 = 𝜈𝜎𝑧 𝐸 𝑥 𝜀𝑧 =

1 𝜎𝑧 (1 − 𝜈 2 ) 𝜎𝑧 − 𝜐𝜎𝑥 => 𝜀𝑧 = 𝐸 𝐸

La rigidezza D vale: 𝐷 = 𝐸𝐼 =

𝐸𝑠 3 12(1 − 𝜈 2 )

Dove il termine 12 al denominatore deriva dalla formula del momento d’inerzia del rettangolo con base 1 m. Allora si ottiene la costante β avendo definito la rigidezza D in funzione di εz: 𝛽=

4

𝑘 = 4𝐸𝐼

4

𝑘 = 4𝐷

4

𝐸𝑠 4𝐷𝑟 2

Perché sia applicabile l’ipotesi di trave semi-infinita assumo h grande e la tensione membranale nel cilindro risulta essere: 𝜎=

𝛾ℎ𝑟 𝑠

Siccome il cilindro è incastrato allora per imporre il rispetto del vincolo è necessario imporre, all’estremità inferiore della trave su appoggio elastico, uno spostamento ed una rotazione uguali e contrari a quelli indotti dal contributo membranale. In tale punto la tensione membranale svanisce e restano solo le tensioni infotte dall’effetto di bordo. Risolvendo l’equazione omogenea di Winkler, si trovano le costanti che determinano la deformata; si può quindi valutare: 𝜎𝑓𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒

𝑚𝑎𝑥

= 𝜎𝑧 =

𝜎𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎𝑛𝑎𝑙

𝑒 𝑚𝑎𝑥

𝜏𝑚𝑎𝑥 =

= 𝜎𝑥 =

6𝑀 𝑠2 𝛾ℎ𝑟 𝑠

3𝑝 2𝐴

Per ridurre gli effetti di bordo si potrebbe saldare la parte con un fondo circolare metallico di uguale spessore s, semplicemente appoggiato alla fondazione e quindi libero di muoversi alzandosi rispetto ad essa.

4. L’equazione differenziale del quarto ordine per la trave ad inerzia costante su letto elastico (modello di Winkler): il suo integrale particolare per carichi del tipo 𝒒 𝒛 = 𝒄𝒛𝒏 . Il modello di trave su letto elastico (Winkler, 1867) fa riferimento al caso di una trave caricata in un qualunque modo appoggiata su un suolo di modulo elastico k, immaginato come un insieme di molle indipendenti. La reazione del suolo alla solecitazione interna si assume proporzionale alla freccia v, con risposta perfettamente elastica e bilaterale: è quindi il caso di una trave interrata o di una rotaia vincolata alle traversine, oppure ancora dei serbatoi in pressione. Questo modello ha però il limite di diventare un paradosso quando il carico è ripartito (v. figura), in quanto il modello determina l’uguaglianza della reazione del terreno all’azione sollecitante, quindi la trave risulta scarica: il limite maggiore risiede dunque nel considerare il terreno come composto da molle indipendenti le une dalle altre, violando l’ipotesi della continuità del materiale. Altro limite fondamentale consiste nel considerare la risposta del terreno omogenea senza tener conto di eventuali irregolarità del terreno o cedimenti differenziali. In sintesi, l’equazione della teoria di Winkler ha validità per l’analisi dei carichi concentrati, mentre per quelli ripartiti è opportuno utilizzare altri modelli, tra cui quello di Bousinesq (1885), nel quale viene meno l’ipotesi di indipendenza reciproca delle molle che vengono invece considerate come un continuo elastico. 𝜋 Inoltre il modello di Winkler si applica alle travi corte (𝑙 < 𝛽 ) perché se la trave fosse più lunga le estremità tenderebbero ad alzarsi, rendendo discutibile l’applicazione del modello nei casi in cui il terreno non potesse rispondere a trazione. Dunque, nella verifica della trave è utile sottostimare la costante di sottofondo k, in quanto il coefficiente β compare a denominatore (quindi più piccolo e β, più alto è il momento), mentre nelle verifiche di sottofondo è conveniente sovrastimare k, in quanto β compare a numeratore nell’espressione della reazione elastica vk. Si consideri il caso di una trave monodimensionale su appoggio elastico a x y sezione simmetrica rispetto all’asse y z sollecitata a flessione nel piano yz. Facendo riferimento al fatto che la reazione del suolo è assunta proporzionale alla freccia v, si rappresenta questo suolo usualmente come un letto di molle per cui vale l’equazione differenziale della linea elastica: 𝑑2 𝑣 𝑀𝑥 =− 2 𝑑𝑧 𝐸𝐼𝑥 Dove: v = spostamento virtuale della linea d’asse in ogni punto della trave (freccia), E = modulo elastico, Ix = momento d’inerzia. Se con k si indica il modulo elastico del suolo, detta costante di sottofondo, l’equazione differenziale del 4° ordine, valida in assenza del suolo:

𝑑4 𝑣 𝑞 = 4 𝑑𝑧 𝐸𝐼𝑥 Si trasforma in: 𝑑4 𝑣 𝑞 𝑘𝑣 = − 4 𝑑𝑧 𝐸𝐼𝑥 𝐸𝐼𝑥 Dove: q = carico distribuito sull’unità di lunghezza. Se 𝑞 = 0 l’equazione diventa: 𝑑4 𝑣 𝑘𝑣 + =0 𝑑𝑧 4 𝐸𝐼𝑥 Definendo: 𝛽=

4

𝑘 4𝐸𝐼

𝐿−1

Si ha l’equazione omogenea associata: 𝑑4 𝑣 + 4𝛽 4 𝑣 = 0 𝑑𝑧 4 Se è presente un carico esterno q(z) costante nell’equazione differenziale compare il termine aggiuntivo e la soluzione dell’equazione è data da:

integrale generale + integrale particolare

Considerando carichi del tipo: 𝑞 𝑧 = 𝑐𝑧 𝑛 L’integrale particolare vale: 𝑣=

𝑐𝑧 𝑛 𝑘

Infatti, imponendo 𝑛 ≤ 3 ed inserendo il valore di v nell’equazione differenziale di partenza, si avrà: 𝑑4

𝑐𝑧 𝑛 𝑞 − 𝑘𝑣 𝑘 = 4 𝑑𝑧 𝐸𝐼

Ma essendo 𝑛 ≤ 3, si ha: 𝑑4

𝑐𝑧 𝑛 𝑘 =0 𝑑𝑧 4

E quindi: 𝑞 = 𝑘𝑣

𝑞

𝐸𝐼

E sostituendo: 𝑐𝑧 𝑛 = 𝑘

𝑐𝑧 𝑛 𝑘

Nello specifico, volendo fare considerazioni sul tipo di carico, si avrà: -

𝑛=0 𝑛=1 𝑛=2

𝑞=𝑐 𝑞 = 𝑐𝑧 𝑞 = 𝑐𝑧 2

Carico costante Carico triangolare Carico parabolico

5.

La simmetria e l’antisimmetria strutturale di tipo assiale ed esempi di applicazione. a) Simmetria assiale

n sistema di travi si dice essere simmetrico rispetto ad un asse, quando una delle due metà φ A’ φA in cui la struttura è suddivisa dall’asse vada a sovrapporsi all’altra, se fatta ruotare di 180° attorno all’asse stesso. Un sistema di travi con A A’ simmetria assiale si dice essere simmetricamente caricato, se, nella suddetta rotazione, anche le sollecitazioni che agiscono y,v su di una metà vanno a sovrapporsi a quelle che agiscono sull’altra metà. Oltre alle travi e x,u alle sollecitazioni, anche i vincoli, esterni ed interni, devono naturalmente obbedire alla condizione di simmetria, affinché il comportamento strutturale risulti specularmente simmetrico. In un sistema di travi con simmetria assiale, la risposta strutturale, sia statica che cinematica, deve risultare simmetrica. Ciò significa che le caratteristiche, sia statiche che deformative, devono essere speculari. Mentre lo sforzo normale e il momento flettente sono uguali e di segno concorde nelle coppie di punti simmetrici, lo sforzo di taglio risulta uguale ma di segno opposto, con diagramma antisimmetrico. Analogamente, le rotazioni e gli spostamenti elastici ortogonali all’asse di simmetria sono uguali e opposti, mentre gli spostamenti elastici nella direzione dell’asse sono uguali e concordi.

M

T

T N

M N

ε

Analizzando un concio della trave in mezzeria: lim 𝑇 = 0

(condizione necessaria affinché il concio sia in equilibrio)

lim 𝑀 ≠ 0

(coppie di momento in equilibrio, ∀ valore di M)

𝜀→0

𝜀→0

(coppie di forze in equilibrio, ∀ valore di N)

lim 𝑁 ≠ 0

𝜀→0

Simmetria assiale

u

v

φ

uA= - uA’ uasse = 0

vA= vA’ vasse ≠ 0

φA= - φA’ φasse = 0

T

Su asse di simmetria M

N

=0

≠0

≠0

Si considera che i diagrammi di sforzo normale e momento flettente sono simmetrici, mentre quello dello sforzo di taglio è antisimmetrico. Si ha un problema 3 volte iperstatico. Allora posso definire uno schema equivalente per metà struttura, inserendo un doppio pendolo ortogonale all’asse di simmetria (T=0) che riduce di un grado l’iperstaticità iniziale (da 3 a 2 gradi).

Le reazioni verticali sono ciascuna uguale alla metà del carico verticale, i momenti di incastro e le reazioni orizzontali sono rappresentati da sollecitazioni uguali e simmetriche, che restano però simmetricamente indeterminate.

Nel caso in cui, invece dell’incastro interno, vi sia un vincolo più debole in corrispondenza dell’asse di simmetria, si può ripetere quanto già detto, escludendo d’altra parte a priori dalle condizioni si simmetria le caratteristiche non trasmesse dal vincolo stesso, e allo stesso tempo includendo gli spostamenti relativi da esso permessi. Se, ad esempio, le due parti simmetriche di una struttura sono collegate da una cerniera il momento in mezzeria si annullerà per definizione del vincolo cerniera, mentre il taglio si annullerà per simmetria. L’esistenza della cerniera consente rotazioni relative tra le due parti e la simmetria consente spostamenti della mezzeria nella direzione dell’asse. Non sono invece possibili spostamenti della mezzeria in un senso o nell’altro ortogonalmente all’asse, per ragioni di simmetria, e neppure distacchi o compenetrazioni per ragioni di congruenza. Tali condizioni, statiche e cinematiche, sono realizzate da un carrello a scorrimento verticale, o da una biella orizzontale. La struttura equivalente, risulta essere una volta iperstatica, mentre la struttura originaria è due volte iperstatica.

Nel caso in cui sull’asse di simmetria vi siano pilastri o piedritti, è necessario considerare, oltre alle condizioni di simmetria, le condizioni di equilibrio del nodo-incastro centrale. Il piedritto è sollecitato da uno sforzo normale che è doppio, in valore assoluto, rispetto al taglio trasmesso da ciascuna della due travi orizzontali, mentre le caratteristiche di taglio e di momento flettente sono nulle sul piedritto per ragioni di simmetria. Se il piedritto viene considerato assialmente indeformabile, la struttura equivalente è quella sottostante, ove la mezzeria è vincolata con un incastro perfetto. Tale struttura risulta due volte iperstatica, mentre la struttura originaria è tre volte iperstatica. Se, invece si vuole tenere conto della cedevolezza assiale del piedritto centrale, è necessario considerare un incastro cedevole elasticamente alla traslazione verticale, di rigidezza EA/2h, ove h è l’altezza del piedritto.

Se il piedritto centrale, invece di essere incastrato, è solo incernierato alla trave orizzontale, cioè è costituito da una semplice biella verticale, esso trasmetterà solo una forza verticale alla travata sovrastante. Lo schema equivalente è quello ove la mezzeria è vincolata con un incastro perfetto.

Se una forza concentrata è applicata in mezzeria, per l’equilibro al concio centrale e per la simmetria, è possibile rifarsi allo schema equivalente dove l’estremità vincolata con il doppio pendolo viene anche sollecitata da una forza pari alla metà di quella totale.

b) Antisimmetria assiale φA

φ A’ A

Un sistema di travi simmetrico si dice essere caricato in modo antisimmetrico, quando le sollecitazioni che agiscono su una delle due metà sono le opposte delle simmetriche rispetto alle sollecitazioni che agiscono sulla restante metà.

A’

y,v x,u

In un sistema di travi con antisimmetria assiale, la risposta strutturale, sia statica che cinematica, deve risultare antisimmetrica (simmetria delle travi e dei vincoli, antisimmetria dei carichi). Ciò significa che le caratteristiche, sia statiche che deformative, devono essere le opposte di quelle che si producono nei punti simmetrici. Mentre quindi lo sforzo normale e il momento flettente, uguali e discordi, mostrano un diagramma antisimmetrico, lo sforzo di taglio, uguale e concorde, mostra un diagramma simmetrico. Analogamente, le rotazioni e gli spostamenti elastici ortogonali all’asse di simmetria risultano uguali e concordi, mentre gli spostamenti elastici nella direzione dell’asse risultano uguali e opposti.

T

M N

N T

M ε

Analizzando un concio sull’asse di simmetria: lim 𝑇 ≠ 0

(le coppie di forze sono in equilibrio, ∀ valore di T)

lim 𝑀 = 0

(condizione necessaria affinché il concio si in equilibrio)

𝜀→0

𝜀→0

(condizione necessaria affinché il concio si in equilibrio)

lim 𝑁 = 0

𝜀→0

Antisimmetria assiale

u

v

φ

uA= uA’ uasse ≠ 0

vA= - vA’ vasse = 0

φA= φA’ φ asse ≠ 0

T

Su asse di simmetria M

N

≠0

=0

=0

Si ha un problema 3 volte iperstatico. Allora lo schema equivalente su metà struttura prevede l’inserimento di un carrello in mezzeria a scorrimento ortogonale rispetto all’asse stesso, con la diminuzione di due gradi dell’iperstaticità iniziale (da 3 a 1 grado). Le reazioni orizzontali sono ciascuna uguale alla metà del carico orizzontale, i momenti di incastro e le reazioni verticali sono rappresentate da sollecitazioni uguali e antisimmetriche, che, obbedendo alla condizione di equilibrio alla rotazione, rimangono una sola volta indeterminate.

Nel caso in cui, invece di incastro interno, vi sia un vincolo più debole in corrispondenza dell’asse di simmetria, si possono ripetere le considerazioni suddette, tenendo conto solo delle reazioni trasmesse dal vincolo e aggiungendo gli spostamenti relativi da questo consentiti. Se, ad esempio, le due parti simmetriche di una struttura caricata anti simmetricamente sono collegate da una cerniera, il taglio risulta l’unica caratteristica trasmessa e quindi lo schema ridotto è uguale a quello del caso precedente:

Tale schema equivalente è una volta iperstatico, mentre la struttura originaria è due volte iperstatica. Le reazioni verticali e i momenti di incastro sono legati da una condizione di equilibrio alla rotazione, e risultano una volta indeterminati. Se invece le due parti simmetriche sono collegate da un doppio pendolo, il vincolo non potrà trasmettere nessuna delle due caratteristiche simmetriche e lo schema equivalente sarà rappresentato dalla mensola.

La struttura originaria è perciò sostanzialmente isostatica. Nel caso in cui sull’asse di simmetria vi siano pilastri o piedritti, è necessario considerare, oltre alle condizioni di antisimmetria, le condizioni di equilibrio del nodo-incastro centrale. Il piedritto, contrariamente a quanto si verifica nel caso della simmetria, è soggetto a momento e a taglio, mentre in esso è nullo lo sforzo normale, che agisce sulle travi orizzontali. Si potrà quindi considerare lo schema equivalente, dove il materiale del piedritto è considerato con modulo elastico dimezzato.

Applicando questi concetti, ad esempio: tipo di struttura e struttura equivalente

𝐴𝐵 =

Momento intorno a A:

3 𝑙 4

2

+

3 𝑙 2

3

2

= 3𝑙

1 1 5 + = 3𝑙 16 4 4

7

34

– F 2 l +Vc 4 l = 0

6

Vc = 2 7 F = 7 𝐹

Diagrammi di momento taglio e sforzo normale

N/F M/Fl

T/F

Deformata e curva delle pressioni Tratto

CdP

AB BB’ B’A’

Retta a Retta b Retta a’

6.

Telai a nodi fissi ed esempi di applicazione

Si dice telaio un sistema di travi a molti gradi di iperstaticità. Nei telai a nodi fissi i nodi-incastro ruotano elasticamente ma non traslano, a condizione che sia possibile trascurare la deformabilità assiale delle singole travi. Il metodo risolutivo considera tra le incognite del problema le traslazioni dei nodi-incastro assieme ai momenti iperstatici che si sviluppano in corrispondenza degli stessi nodi-incastro. In sintesi il metodo consiste nello svincolare rispetto alla rotazione tutti i nodi-incastro esterni ed interni, ponendo in essi delle cerniere ed applicando i relativi momenti iperstatici, che devono essere equilibrati al nodo. Una volta inserite le cerniere in tutti i nodi-incastro, interni ed esterni, si ottiene un sistema di travi, detto struttura reticolare associata, che nel caso dei telai a nodi fissi può risultare iperstatico o isostatico, con le incognite che sono costituite dai soli momenti iperstatici (trascurando eventuali iperstaticità assiali) e le equazioni risolventi dalle sole relazioni di congruenza angolare. La soluzione dei telai a nodi fissi prevede la scrittura di un numero di equazioni di congruenza angolare pari al numero di momenti iperstatici incogniti. Una volta noti tali momenti, che risultano essere di estremità per le singole travi, si può poi tracciare il diagramma del momento, sovrapponendo alle funzioni lineari relative ai momenti iperstatici, i diagrammi relativi ai carichi esterni. Si consideri per esempio la struttura seguente costituita da una trave continua:

Sfruttando la simmetria si ottiene:

Inserendo le cerniere e i momenti incogniti si ottiene:

Imponendo le condizioni di congruenza: φAB = 0 φBA = φBC

Per effetto di x1 e x2 si ha: 𝑥1 𝑙 𝑥2 𝑙 + =0 3𝐸𝐼 6𝐸𝐼 −

𝑥1 𝑙 𝑥2 𝑙 𝑥2 2𝑙 𝑥2 2𝑙 𝐹𝑙 2 − = + − 6𝐸𝐼 3𝐸𝐼 3𝐸𝐼 6𝐸𝐼 4𝐸𝐼

Premoltiplicando le due equazioni per 6EI/l e risolvendo si ottiene: 𝑥1 = − 𝑥2 =

𝐹𝑙 10

𝐹𝑙 5

Così si possono individuare gli schemi elementari della struttura: a) Diagramma di taglio

b) Diagramma di momento e curva delle pressioni

TRATTO curva delle pressioni AB

retta a

BC

retta b

CB’

retta b’

B’A’

retta a’

c) Deformata qualitativa

7.

Telai a nodi spostabili ed esempi di applicazione

Si dice telaio un sistema di travi a molti gradi di iperstaticità. Nei telai a nodi spostabili i nodi-incastro ruotano e traslano in misura non trascurabile. Il metodo risolutivo considera tra le incognite del problema le traslazioni dei nodi-incastro assieme ai momenti iperstatici che si sviluppano in corrispondenza degli stessi nodi-incastro. In sintesi il metodo consiste nello svincolare rispetto alla rotazione tutti i nodi-incastro esterni ed interni, ponendo in essi delle cerniere ed applicando i relativi momenti iperstatici, che devono essere equilibrati al nodo. Una volta inserite le cerniere in tutti i nodi-incastro, interni ed esterni, si ottiene un sistema di travi, detto struttura reticolare associata che, nel caso dei telai a nodi spostabili, è labile, con le incognite supplementari costituite dagli spostamenti dei nodi e le equazioni supplementari costituite da altrettante relazioni di equilibrio, in genere esprimibili tramite l’applicazione del Principio dei Lavori Virtuali. La reticolare associata, sottoposta all’azione dei carichi esterni e dei momenti iperstatici, deve risultare in equilibrio per la particolare condizione di carico. Oltre ai momenti iperstatici risultano incognite anche le coordinate generalizzate che definiscono la deformata rigida della reticolare associata. Oltre alle relazioni di congruenza angolare, partecipano a costituire il sistema delle equazioni risolventi anche un numero di equazioni di equilibrio pari al grado di labilità della reticolare associata (ottenute applicando il principio dei lavori virtuali). Si consideri per esempio la struttura seguente :

Dallo schema rigido seguente si traggono le componenti di rotazione rigida dei due piedritti, mentre il traverso trasla orizzontalmente.

Dallo schema elastico ottenuto bloccando gli spostamenti della reticolare associata, si traggono le componenti di rotazione elastica alle estremità delle singole travi.

Le equazioni risolventi sono allora tre (due equazioni di congruenza angolare e una derivante da un’applicazione del PLV): φBA = φBC φCB = φCD PLV

Si ha dunque: −

𝑥1 2𝑙 𝑥1 2𝑙 𝑥2 2𝑙 −𝜑 = + 3𝐸𝐼 3𝐸𝐼 6𝐸𝐼



𝑥2 2𝑙 𝑥1 2𝑙 𝑥2 𝑙 − = − 2𝜑 3𝐸𝐼 6𝐸𝐼 3𝐸𝐼

𝑥1 𝜑 − 𝑥2 2𝜑 + 𝐹2 𝑙𝜑 = 0

Premoltiplicando le due equazioni per 3EI/l e risolvendo si ottiene: 𝑥1 = − 𝑥2 =

10 𝐹𝑙 23

18 𝐹𝑙 23

Così si possono individuare gli schemi elementari della struttura: a) Diagramma di taglio

b) Diagramma di momento

c) Diagramma di sforzo normale

d) Curva delle pressioni

TRATTO curva delle pressioni AB

retta a

BD

retta d

e) Deformata qualitativa

8. Legame costitutivo elasto-plastico monoassiale. Descrivere la risposta di un sistema simmetrico costituito da un blocco rigido collegato al mondo esterno con tre bielle sottoposto ad un carico crescente in modo monotono. Stato limite elastico e stato limite ultimo. Il principio di sovrapposizione di cause ed effetti va bene solo per il campo elastico. Cosa succede quando si entra in campo plastico? Analizzando il legame costitutivo elasto-plastico monoassiale di un sistema simmetrico, rigido e vincolato da tre bielle in parallelo sottoposte ad un aumento di carico monotono crescente: Comportamento duttile dei metalli

x2

x1

𝛿

x2

F

Chiamo Xi la reazione dei tiranti. Dal metodo degli spostamenti in campo elastico ottengo: 𝑋𝑖 𝛿𝑖 = 𝐸𝑖 𝐴𝑖 𝑙𝑖

𝜎𝑖 = 𝐸𝑖 𝜀𝑖 𝑘𝑖 = Per l’equilibrio:

𝐹=

𝐸𝑖 𝐴 𝑖 𝑙𝑖

𝑋𝑖 =

𝐸𝑖 𝐴 𝛿 𝑙𝑖 𝑖

𝑋𝑖 = 𝑘𝑖 𝛿𝑖

𝑋𝑖

𝐹=

𝑘𝑖 𝛿𝑖

Dato che i 𝛿𝑖 sono tutti uguali, per congruenza li possiamo chiamare 𝛿. Quindi: 𝐹=𝑘𝛿

dove 𝑘 =

𝑘𝑖 = 𝑘1 + 𝑘2

𝑋 Avrò che 𝐹 𝑘 = 1 𝑘 perché 𝛿 = 𝛿1 1 Considerando 𝐸1 = 𝐸2 , cioè il problema è omogeneo 𝐸𝐴 1 𝑘1 𝑘1 𝑙2 𝑙1 𝑙1 𝑋1 = 𝐹 = 𝐹= 𝐹= 𝐹= 𝐹 𝐸𝐴 𝐸𝐴 𝑙 + 𝑙 𝑘 𝑘1 + 𝑘2 𝑙1 + 𝑙2 1 2 + 𝑙1 𝑙2 𝑙1 𝑙2 Dove il rapporto 𝑘𝑖 /k si dice coefficiente di ripartizione e indica la frazione di carico totale sopportata dall’elemento i-esimo. Nello stesso modo ottengo: 𝑋2 = 𝐹

𝑙1 𝑙1 + 𝑙2

Da queste due formule noto che 𝑋1 cresce più velocemente rispetto a 𝑋2 perché proporzionale a 𝑙2 > 𝑙1 . All’aumentare della forza esterna F, il primo tirante a raggiungere la plasticità sarà quello centrale, anche perché è il più rigido. Se chiamo 𝐹1 e 𝛿1 rispettivamente la forza che plasticizza la biella 1 e lo spostamento verticale della stessa, ottengo le caratteristiche di prima plasticizzazione:

𝑋1 = 𝐹1

𝑙2 𝑙 1 +𝑙 2

𝐹1 = 𝜎𝑝 𝐴 1 +

𝑙1 𝑙2

e

𝛿1 =

𝜎𝑝 𝑙 1 𝐸

Essendosi plasticizzata la biella 1, e quindi non essendo più incognita la F, pari a 𝐹 = 𝜎𝑝 𝐴, le altre due bielle continuano a collaborare fino al loro snervamento: 𝐹2 = 2 𝜎𝑝 𝐴

e

𝛿2 =

x2

𝜎𝑝 𝐴

x2

𝜎𝑝 𝑙 2 𝐸

F

Per 𝛿 > 𝛿2 , la reazione delle bielle non può aumentare e resta stazionaria al valore di plasticizzazione 𝐹2 . Quindi, avremo un comportamento:   

elastico per 0 < 𝛿 < 𝛿1 ; incrudente per 𝛿1 < 𝛿 < 𝛿2 ; plastico per 𝛿 > 𝛿2 .

Allora se riporto in un diagramma la forza e l’allungamento adimensionalizzati, per diversi valori del rapporto 𝑙1 𝑙2 : Plasticizzazione completa

Prima plasticizzazione

𝑙1 𝐸𝛿 𝜀2 = = 𝑙2 𝜎𝑝 𝑙2 𝜀𝑝 Il tratto elastico è il tratto tra 0 e 1, con lo stato limite elastico prima di 1. Nel tratto 1-2 c’è la transizione elastoplastica fino allo snervamento in 2. Oltre il punto 2 la sezione è completamente snervata e quindi plastica. Per 𝑙1 → 0, la forza è sostenuta in fase elastica interamente dalla biella centrale, che si elasticizza per 𝐹 = 𝜎𝑝 𝐴. Quando 𝑙1 = 𝑙2 , la fase incrudente non è presente poiché le bielle si plasticizzano tutte e tre contemporaneamente. Si può osservare che la retta a cui appartiene il tratto incrudente del diagramma, non dipende dal rapporto 𝑙1 𝑙2 , ciò è dovuto al fatto che, una volta plasticizzatasi la biella centrale, la sua lunghezza 𝑙1 non entra più nell’analisi. In sistemi di travi anche molto complesse, dove la caratteristica principale è il momento flettente, il flusso plastico locale è rappresentato da una rotazione localizzata, ed all’aumentare del numero di tali rotazioni (quindi all’aumentare del numero delle cerniere plastiche) diminuirà contemporaneamente il grado di iperstaticità. L’analisi incrementale plastica si fa determinando passo passo all’aumentare del carico esterno, la posizione della sezione della trave in cui avviene la rotazione plastica localizzata. A tale tipo di analisi segue l’analisi limite plastica che individua un intervallo generalmente ristretto in cui deve cadere il punto in cui si forma la cerniera plastica a seguito del carico ultimo di flusso plastico, ovvero al carico di collasso plastico. Raggiunto tale carico la struttura si riduce ad un meccanismo labile, anche se in equilibrio apparente, non potendo sopportare ulteriori incrementi di carico.

9. Flessione elasto plastica di sezione rettangolare. Relazione momento-curvatura allo stato limite elastico ed allo stato limite ultimo, in assenza di sforzi taglienti. Si consideri la sezione rettangolare, di base b e altezza h, di una trave di materiale elastico-perfettamente plastico, con uguali modulo elastico E e tensione di snervamento 𝜎𝑝 sia in trazione che in compressione. Si assuma che, all’aumentare del momento flettente applicato, la sezione della trave rimanga piana, pur plasticizzandosi parte di essa. Ciò equivale a considerare variazioni lineari della dilatazione assiale 𝜀𝑧 lungo l’altezza della trave. La tensione assiale σz non potrà superare il suo valore limite σp, e mostrerà quindi, una volta superato il momento di prima plasticizzazione Me, una variazione lineare nella parte centrale della sezione e due pianerottoli nelle parti esterne. Nei diagrammi è stata riportata la successione degli andamenti che assumono lungo l’altezza sia 𝜀𝑧 che 𝜎𝑧 , uniformando le scale rispettivamente con i valori allo snervamento, 𝜀𝑝 e 𝜎𝑝 . 𝑀 = 𝑀𝑒

𝑀 > 𝑀𝑒

𝑀 > 𝑀𝑒

Stato elastico ultimo

𝑀 = 𝑀𝑝

Sezione completamente snervata

Da tali diagrammi appare quindi chiaro come la massima dilatazione 𝜀𝑚𝑎𝑥 , che si raggiunge ai lembi esterni della trave, superi la dilatazione 𝜀𝑝 , che è quella che corrisponde allo snervamento. Quando 𝜀𝑚𝑎𝑥 → ∞, e quindi a flusso plastico avvenuto, la variazione delle tensioni è bi-rettangolare, mentre l’estensione 2d del cuore elastico della trave si annulla. Il momento di prima plasticizzazione o momento elastico massimo risulta: 3

𝑏ℎ 2 𝐼 12 = 𝜎 𝑏ℎ 𝑀𝑒 = 𝜎𝑝 = 𝜎𝑝 𝑝 ℎ ℎ 6 2 2 Mentre il momento di ultima plasticizzazione o momento plastico è: 𝑀𝑝 = 𝜎𝑝 𝑏 E quindi risulta:

ℎ ℎ 𝑏ℎ2 = 𝜎𝑝 2 2 4

3

𝑀𝑝 = 2 𝑀𝑒

Questo permette uno sfruttamento ulteriore delle prestazioni dei materiali metallici, con sollecitazioni sostanzialmente superiori a quelle che si otterrebbero progettando in campo elastico. Se si tiene conto che raggiunta 𝜎𝑝 il materiale si deforma ancora senza rompersi, si può sfruttare meglio il materiale nei contesti dove questo è possibile. Si usa la teoria della plasticità quando non influiscono le deformazioni, ad esempio quando non ci sono tamponamenti. La curvatura è 𝜒x =

𝜀 𝑚𝑎𝑥 ℎ 2

se

𝑑=ℎ 2

allora

𝜒x =

𝜀𝑝 𝑑

Si metta in relazione il momento applicato, valutabile in base alla distribuzione nota delle forze, e la curvatura: d

Mx = 2

0

y σp yb dy + 2 d

h d

2

σp yb dy

Il primo termine è il contributo della zona elastica, il secondo della zona plastica. Sostituendo la semi-estensione d della zona elastica con l’espressione

𝑑=

𝜀𝑝

𝜒x

si ha: 2

𝜀𝑝 𝜒x 𝑀x = 2𝜎𝑝 𝑏 𝜀𝑝

Risulta anche

𝑀x 𝑀e

3

𝜀𝑝 0

1 𝜒e 2 𝜒x

=2−2

𝜒x



𝑦 2 𝑑𝑦 +

𝜀𝑝

2 𝜒x

ℎ2 1 𝑦 𝑑𝑦 = ⋯ = 𝜎𝑝 𝑏 1− 4 3



2

𝜒x 2

dove 𝜒e indica la curvatura all’atto della prima plasticizzazione.

Asintoto (pianerottolo plastico) Sezione rettangolare Sezione a doppia T Masse separate

Il diagramma rappresenta una legge lineare per 𝜒x < 𝜒e (cioè per 𝑀x < 𝑀e ) e una legge iperbolica per 𝜒x > 𝜒e (cioè per 𝑀x > 𝑀e ). Tale legge incrudente viene sostituita nella pratica dalla legge elasticaperfettamente plastica tratteggiata in figura. La zona incrudente dopo il tratto lineare è in funzione dell’ampiezza b dell’anima della trave, ed ha come limite l’assenza della stessa e la sezione rettangolare piena.

10. Mensola prismatica a sezione rettangolare con carico concentrato applicato all’estremo libero. Forma della zona plastica e interazione tra momento flettente e taglio. Si consideri una mensola di lunghezza l, sollecitata da una forza ortogonale F all’estremità.

A’ B

A

Il momento massimo si ha in A e corrisponde a 𝑀 = 𝐹𝑙. Fino a quando si è in fase elastica, ossia 𝐹𝑙 < 𝑀𝑒 , nessuna parte si plasticizza. Se 𝐹𝑙 > 𝑀𝑒 , lo snervamento inizierà nei punti AA’ e si diffonderà verso l’estremo libero della mensola.

F A’

A

Le zone dove il materiale si è plasticizzato non collaborano al taglio. In fase plastica non ci sono le 𝜏, mentre le 𝜏 ci sono in fase elastica e sono assorbite dal nocciolo.

Fase plastica 𝜎𝑝

Fase elastica

𝜎𝑝

𝜎𝑧 + 𝑑𝜎𝑧

𝜎𝑧

𝜏 Il momento in una sezione distante x dall’estremo libero, con d che corrisponde all’ampiezza del semi nocciolo che si comporta elasticamente, vale: 𝑀𝑥 = 𝑀𝑝 1 − Ipotizzando che il nocciolo elastico sia piccolo: Allora 𝑀𝑝 1 −

0.01

2𝑑 ℎ

<

1 10

= 𝑀𝑝 0.996 e risulta minore di 𝑀𝑥

3 ℎ

Ipotizzo anche 𝑏 = . 2

1 2𝑑 3 ℎ

2

Essendo il nocciolo in fase elastica, bisogna valutare la 𝜏𝑚𝑎𝑥 che agisce sul nocciolo:

𝜏𝑚𝑎𝑥 =

T 3 2bd 2

= 𝜏𝑝 =

𝜎𝑝 3

𝜏𝑚𝑎𝑥 Per il criterio di Von Mises Quindi ricavo il T

𝑇=

𝜎𝑝 4𝑏𝑑 3 3

Il taglio ultimo che si può verificare nella mensola diventa, sostituendo le due ipotesi: 𝑇𝑢 =

4 ℎ ℎ 𝜎𝑝 ℎ2 𝜎𝑝 = 3 2 20 3 30 3

Il collasso avviene per taglio se 𝑇𝑢 𝑙 < 𝑀𝑥 Quindi sostituendo 𝜎𝑝 ℎℎ2 ℎ2 𝜎𝑝 𝑙< 0.996 30 3 2 4 Semplificando ottengo 𝑙<

15ℎ 0.996 3 ≅ 7ℎ 4

Quindi se la trave è tozza, ovvero la lunghezza è minore di 7ℎ, si verifica collasso al taglio. Se la trave è snella, ovvero la lunghezza è maggiore di 7ℎ, si verifica collasso per momento.

11.

Interazione tra sforzo normale e momento flettente nel caso di sezione costante rettangolare. Limiti del concetto di cerniera plastica.

Nel caso di una sezione rettangolare sollecitata dallo sforzo normale N, applicato sull’asse y con eccentricità e, si susseguono 4 diverse fasi all’aumentare di N. Tali fasi sono relative alle condizioni sequenzialmente rappresentate nella seguente figura:

a) b) c) d)

Elastica; Elasto-plastica, con snervamento solo ad un lembo; Elasto-plastica, con snervamenti ad entrambi i lembi; Di completa plasticizzazione.

L’ultimo diagramma può decomporsi come rappresentato nella figura seguente:

dove il primo schema rappresenta la forza risultante N:

e il secondo rappresenta il momento M=Ne:

In base alle sollecitazioni plastiche:

Si possono definire i seguenti rapporti adimensionali:

Il limite di plasticizzazione nel piano M-N è fornito dalla curva chiusa seguente, la quale è detta anche curva di interazione. Le coppie M-N interne al dominio rappresentano stati elasto-plastici, mentre le coppie che si trovano sulla frontiera rappresentano condizioni ultime di completa plasticizzazione (nel caso delle coppie esterne invece non si avrebbe la formazione di una cerniera plastica).

Il limite principale è che se N è molto grande non si ha cerniera plastica. Per evitare il problema si intende l’area come una lama per trascurare la deformabilità assiale e considerare un solo parametro di collasso che è Mp.

Nel seguente grafico è possibile leggere la legge momento-curvatura Mx – χx, relativa all’evoluzione plastica della sezione.

χx quando si forma la cerniera plastica va ad infinito e nel caso della sezione rettangolare, troviamo un asintoto orizzontale in .

12. Legge di normalità della deformazione incrementale plastica. Il postulato di stabilità interna del materiale secondo Drucker e le sue conseguenze: (a) l'energia dissipata nell'unità di volume è funzione soltanto della deformazione incrementale plastica (b) la superficie di plasticizzazione è convessa. Si discuta il collasso nell’ambito della superficie di plasticizzazione nello spazio delle tensioni principali: 𝐹 𝜎1 , 𝜎2 , 𝜎3 = 0 Come nella condizione uniassiale l’elemento di materiale è nello stato elastico per 𝜎 < 𝜎𝑝 , analogamente nella condizione biassiale (tensionale piana) l’elemento di materiale è nello stato elastico per 𝐹 𝜎1 , 𝜎2 < 0, con F ottenuta con i criteri di Von Mises: 𝐹𝑚 𝜎1 , 𝜎2 = 𝜎12 +𝜎22 − 𝜎1 𝜎2 − 𝜎𝑝2 E di Tresca: 𝐹𝑡 𝜎1 , 𝜎2 = 𝑚𝑎𝑥 𝜎1 , 𝜎2 , 𝜎1 −𝜎2 − 𝜎𝑝 Mentre nella condizione uni assiale le caratteristiche del flusso plastico sono evidenti, cioè si ha una dilatazione collineare alla tensione, nelle condizioni multi assiali è difficile intuire la meccanica della deformazione. Si consideri un elemento di un solido bidimensionale soggetto ad uno stato tensionale: 𝜎0 = 𝜎1 , 𝜎2

𝑇

Si supponga che venga applicato un incremento {σ} - {σ0} allo stesso elemento, e che in seguito questo incremento sia rimosso in maniera quasi-statica. Il Postulato di Drucker asserisce che il materiale può definirsi stabile, allorchè il lavoro compiuto nel ciclo di carico risulti non-negativo. Per uno stato tensionale {σ} giacente sulla superficie di plasticizzazione F({σ}) = 0, e per ciascuno stato tensionale {σ0} ammissibile e quindi contenuto nel dominio elastico o giacente sulla sua frontiera, deve essere quindi: 𝜎 − 𝜎0

𝑇

𝜀𝑝 ≥ 0

essendo {εֹp} la deformazione incrementale plastica che si manifesta quando lo stato tensionale raggiunge {σ}. E possibile dare un’interpretazione geometrica sovrapponendo gli spazi {σ} ed {εֹp}.

Il postulato ha le seguenti conseguenze: a. In ciascun punto regolare della superficie di plasticizzazione (piano tangente unico) la deformazione incrementale plastica {εֹp} risulta normale alla superficie stessa; b. La superficie di plasticizzazione è convessa.

Si possono individuare due casi particolari:

Nei punti angolosi della superficie di plasticizzazione, {εֹp} non può essere esterna al cono definito dalle normali agli infiniti piani tangenti. In questo caso più di un vettore {εֹp} può corrispondere ad un unico vettore {σ}. Nei tratti dove la superficie di plasticizzazione è lineare (cioè non convessa in senso stretto) più di un vettore {σ} corrisponde ad un unico vettore {εֹp}. a) Il dominio elastico include l’origine e quindi la disequazione vista prima, quando {σ0}=0, diventa: σ

T

εp = Φ εp

>0

dove Φֹ rappresenta l’energia dissipata nell’unità di volume e risulta essere solo una funzione della deformazione incrementale plastica. Perciò la seguente asserzione è equivalente al postulato di Drucker: l’energia dissipata nell’unità di volume è solo funzione della deformazione incrementale plastica. b) Da questa asserzione è possibile dedurre la legge di normalità e la convessità della superficie di plasticizzazione. L’ultima equazione vista mostra infatti che ciascuno stato tensionale {σ} capace di produrre la deformazione incrementale plastica {εֹp}, deve trovarsi sul piano normale a {εֹp} e distante Φֹ({εֹp}) dall’origine (legge di normalità). Facendo ruotare {εֹp} attorno all’origine, tutti questi piani inviluppano la superficie di plasticizzazione, che risulta quindi essere convessa. Se {σֹ} è il vettore incrementale di tensione corrispondente alla deformazione incrementale plastica {εֹp}, si ha: σ

T

εp ≥ 0

assumendo {σ} come stato tensionale iniziale. Per un materiale elastico-perfettamente plastico si hain particolare: σ

T

εp = 0

Mentre per un materiale ad incrudimento negativo risulta: σ E il postulato risulta violato.

T

εp < 0

13.

Teorema statico o teorema del limite superiore ed esempi di applicazione

Il teorema statico afferma che: il moltiplicatore dei carichi λ- corrispondente a un qualsivoglia stato tensionale staticamente ammissibile è minore o uguale al moltiplicatore di collasso λp. Sia infatti {σ-} un campo tensionale staticamente ammissibile e λ- il corrispondente moltiplicatore dei carichi esterni. Sia d’altronde {σ} il campo tensionale di collasso e i campi incrementali rispettivamente di spostamento e di deformazione plastica all’atto del collasso. L’applicazione del principio dei lavori virtuali offre le seguenti relazioni:

ove con Pi , i= 1,2,…,n, si sono indicati i carichi esterni applicati al solido. Richiamando il postulato di Druker:

si ottiene:

e quindi:

14. Teorema cinematico o teorema del limite inferiore ed esempi di applicazione Il teorema cinematico afferma che: il moltiplicatore dei carichi λ+ corrispondente a un qualsivoglia meccanismo di collasso cinematicamente ammissibile è maggiore o uguale al moltiplicatore di collasso vero λp. Siano infatti i campi incrementali rispettivamente di spostamento e di deformazione plastica relativi a un meccanismo di collasso cinematicamente ammissibile. Sia inoltre {σ} il campo tensionale di collasso vero. Il moltiplicatore dei carichi esterni λ+ corrispondente al meccanismo di collasso cinematicamente ammissibile è dato dal seguente bilancio energetico:

L’applicazione del principio dei lavori virtuali al campo tensionale di collasso vero {σ} e al meccanismo di collasso cinematicamente ammissibile

, fornisce:

Per il teorema della massima energia dissipata:

otteniamo:

e quindi:

15. Applicazione dei teoremi statico e cinematico nell’ambito del metodo di combinazione dei meccanismi Un metodo alternativo per la soluzione dei sistemi di travi caricate proporzionalmente da forze concentrate è quello proposto da Neal e Symonds, detto anche metodo di combinazione dei meccanismi. Secondo tale metodo, ciascun meccanismo di collasso può considerarsi come la combinazione di un certo numero di meccanismi indipendenti. A ciascuno di questi si può applicare il principio dei lavori virtuali, in modo da determinare il corrispondente moltiplicatore dei carichi λ. Il meccanismo di collasso effettivo si distingue tra tutti i meccanismi virtuali per il fatto che, a causa del teorema cinematico, esso presenta il minimo valore del moltiplicatore λ. Si tratta quindi di esaminare i meccanismi indipendenti con bassi valori di λ e di tentare di combinarli per formare meccanismi con valori di λ ancora inferiori. Per verificare la validità del risultato è poi necessario il controllo di ammissibilità statica. Consideriamo un semplice portale, soggetto a due forze uguali, una orizzontale e l’altra verticale. Siccome si hanno n=3 gradi di iperstaticità, ed il numero delle sezioni critiche è m=5, il numero delle equazioni critiche supplementari e quindi il numero dei meccanismi indipendenti deve essere: m – n = 2. Come meccanismi indipendenti si scelgono quelli che fanno compiere lavoro alternativamente alla forza verticale ed a quella orizzontale. Si può dimostrare che entrambi implicano diagrammi del momento staticamente ammissibili.

Forza verticale

Con il TLV si ottiene:

da cui :

Forza orizzontale Con il TLV si ottiene:

da cui :

Si pensi ora di sommare algebricamente (ovvero combinare) i due meccanismi.

Il meccanismo ottenuto presenta quattro cerniere plastiche, nelle sezioni 1,3,4,5. Il corrispondente digramma di momento risulta staticamente ammissibile, e per tanto si può concludere che tale meccanismo di collasso sia quello effettivo. D’altra parte l’applicazione del teorema dei lavori virtuali fornisce un carico inferiore a quello relativo a ciascuno dei due meccanismi elementari:

da cui si ottiene:

16. Applicazione dei teoremi statico e cinematico ai sistemi di travi caricati proporzionalmente da forze distribuite. Nella soluzione di sistemi iperstatici di travi caricate proporzionalmente anche da forze distribuite, si presentano maggiori difficoltà che non nel caso delle sole forze concentrate. Ciò è dovuto all’ impossibilità di individuare sin dall’inizio un numero finito di sezioni critiche. Non esistendo quindi alcun metodo sistematico, si procede usualmente per tentativi, applicando alternativamente i teoremi cinematico e statico. Consideriamo ad esempio il seguente portale, soggetto ad un carico distribuito uniformemente sul traverso e ad una forza concentrata orizzontale di pari intensità. Si assuma come meccanismo di collasso quello effettivo dello schema a forze concentrate.

Applicando il teorema dei lavori virtuali:

da cui si ottiene il carico:

Le reazioni vincolari relative alla sezione 5 si ottengono imponendo che, anche nelle sezioni 3 e 4, il momento flettente sia pari al suo valore plastico Mp:

da cui si ottiene:

La funzione momento sul traverso è data dalla somma di quattro contributi:

mentre il taglio è dato da due contributi:

e si annulla per z = 3/2 l. di conseguenza il momento massimo vale:

risultando maggiore di Mp, denuncia l’inammissibilità statica del meccanismo in figura b. D’altra parte, dividendo il carico per 5/4, si ottiene uno schema staticamente ammissibile, e quindi una applicazione dei teoremi statico e cinematico porta ad affermare che il carico di collasso effettivo deve rientrare nel seguente intervallo:

Poiché questo intervallo non è ancora sufficientemente ristretto, si assuma come meccanismo di collasso di seconda approssimazione quello che presenta tre cerniere plastiche ancora nelle sezioni 1,4,5 e la quarta cerniera nella sezione che con lo schema precedente era soggetta al momento massimo. Applicando il TLV otteniamo l’equazione:

che ha per soluzione:

Le reazioni vincolari relative alla sezione 5 si ottengono imponendo che, anche nelle sezioni 4 e 6 (vedi figura c), il momento flettente sia pari al suo valore plastico Mp,

da cui si ottiene:

Il momento ed il taglio sul traverso sono per tanto rappresentati dalle seguenti funzioni:

Il taglio si annulla per z = 41/28 l, e il momento massimo vale quindi:

D’altra parte, dividendo il carico per 841/840, si ottiene uno schema staticamente ammissibile, e quindi un’applicazione dei teoremi statico e cinematico fornisce il seguente intervallo di appartenenza per il carico di collasso effettivo:

Tale intervallo è estremamente ristretto e, ai fini ingegneristici, fornisce il carico di collasso effettivo con sufficiente approssimazione (~ 1 ‰). Per migliorare ulteriormente l’approssimazione, basterebbe considerare un terzo meccanismo con la cerniera in z = 41/28 l, ma non è necessario perché si può arrivare all’effettivo meccanismo di collasso, minimizzando il carico q, al variare della cerniera plastica sul traverso (teorema cinematico). Si consideri il seguente meccanismo:(con la cerniera plastica distante x dal nodo-incastro di sinistra) Come dimostra il tratto degli spostamenti verticali, il tratto di sinistra ruota in senso orario dell’angolo φ, mentre il tratto di destra ruota dell’angolo:

Applicando il PLV si ottiene:

da cui:

La derivata di tale carico rispetto alla coordinata x:

si annulla per: La radice maggiore è da scartare, mentre sostituendo il valore

otteniamo:

Razionalizzando il rapporto sino alla settima cifra decimale, si ha:

In questo modo rimangono verificate la disequazioni:

17. Applicazione del teorema cinematico alla determinazione del limite di collasso nello spazio delle forze esterne (carichi concentrati non proporzionali). Nel caso dei sistemi iperstatici di travi, caricate non proporzionalmente da due o più forze concentrate, l’applicazione del teorema cinematico permette di definire il limite di collasso nello spazio di tali forze. Nel caso ad esempio della trave continua, caricata da due forze F1 ed F2 non proporzionali, l’introduzione di cinque cerniere plastiche nelle sezioni critiche, permette la definizione di due diversi meccanismi di collasso.

Si applica il Principio dei lavori virtuali a ciascun meccanismo e al suo opposto. PLV I° meccanismo e opposto:

PLV II° meccanismo e opposto:

Da cui si ottengono:

Il limite di collasso nel piano F1 – F2 è quindi rappresentato dal seguente rettangolo:

Carico con prevalenza di F2

Carico con prevalenza di F1 Si attiva il meccanismo del postulato di Druker

Nel caso in cui:

si ha l’attivazione del primo meccanismo, altrimenti si ha l’attivazione del secondo meccanismo. Le proprietà di convessità della superficie di plasticizzazione e di normalità della deformazione incrementale plastica, valgono infatti anche nel caso dei sistemi di travi caricate da due o più forze concentrate.

18.

Il metodo degli spostamenti per risolvere le strutture iperstatiche. Sistemi di bielle in parallelo.

Il Metodo degli Spostamenti è il duale del Metodo delle Forze, permette di individuare quell’unico insieme di parametri cinematici che, oltre alla congruenza, implichi anche l’equilibrio. Dal punto di vista operativo, il Metodo degli Spostamenti consiste nell’imporre alcuni spostamenti o rotazioni, caratteristici del sistema, in modo tale che le (v-g) reazioni iperstatiche soddisfino (v-g) relazioni di equilibrio. Ad esempio permette di risolvere agevolmente un sistema di bielle in parallelo.

Si consideri un traverso rigido di forma simmetrica vincolato con un sistema simmetrico di bielle parallele, le quali eventualmente possono presentare diverse lunghezze e diverse aree di sezione trasversale, e possono essere costituite da materiali con differente modulo elastico.

Se tale sistema simmetrico viene sollecitato simmetricamente, ad esempio da una forza verticale F agente nella mezzeria del traverso, la deformazione risultante si presenterà simmetrica e potrà essere globalmente descritta da un'unica informazione: lo spostamento δ di traslazione verticale del traverso. Ciascuna biella subirà infatti lo stesso allungamento δ , essendo incernierata al traverso. Per la congruenza del sistema, è perciò possibile porre:

Equazione di congruenza Dove: δi allungamento dell’i-esima biella Xi sforzo normale di trazione della biella considerata li lunghezza biella Ei modulo elastico biella Ai area della sezione biella

La congruenza viene quindi implicitamente assunta, mentre l’incognita cinematica δ viene determinata considerando l’equilibrio del traverso alla traslazione verticale.

Equazione di equilibrio

Dall’equazione di congruenza si ottiene in valore di ciascuna incognita iperstatica X i in funzione dell’incognita primaria δ.

L’equazione risolvente fornisce lo spostamento cercato:

Lo spostamento si può anche esprimere nella forma:

Con K si indica la rigidezza totale del sistema, che risulta essere uguale alla sommatoria delle rigidezze parziali Ki degli elementi in parallelo.

Il rapporto Ki/K, tra rigidezza parziale e rigidezza totale, si dice coefficiente di ripartizione e indica la frazione del carico totale sopportata dall’elemento i-esimo, che risulta proporzionale alla rigidezza parziale dell’elemento stesso. Per elementi in parallelo risulta evidente la convenienza del Metodo degli Spostamenti rispetto al Metodo delle Forze. Applicando il metodo delle forze di sarebbero dovute risolvere (n-1) equazioni di congruenza, essendo n il numero delle reazioni iperstatiche incognite. Attraverso il Metodo degli spostamenti ottengo una sola incognita cinematica δ, al posto di tre incognite di forza. Una volta trovato δ, si ricavano le forze Xi. La forza F si ripartisce nelle bielle a seconda della loro rigidezza. Si riscontra che la biella più caricata è quella in mezzeria, essendo la più corta e rigida si prende più forza. Se il numero delle bielle aumenta (aggiungo gradini) cambia il numero di addendi della sommatoria. Se ragiono con il Metodo delle Forze aumentano anche il numero delle incognite, mentre se si considerano solo le incognite cinematiche ho solo un’incognita.

19.

Calcolo automatico dei sistemi di travi a molti gradi di iperstaticità.

Si consideri un sistema di travi rettilinee contenute nel piano, vincolate alle estremità, reciprocamente ed esternamente, mediante nodi-incastro o nodi-cerniera. Si numerino i nodi-incastro ed i nodi-cerniera, cominciando dai nodi interni e finendo con quelli esterni.

Nel caso dei nodi-incastro, i parametri cinematici che ne caratterizzano la configurazione elastica sono tre: due traslazioni ortogonali e la rotazione.

Nel caso invece dei nodi-cerniera, i parametri cinematici che ne caratterizzano la configurazione elastica sono pari al numero delle travi che confluiscono nel nodo, aumentato di due: si dovrà infatti tenere conto di una rotazione indipendente per ogni sezione terminale, e delle due traslazioni ortogonali.

Nel caso, infine, di connessioni di tipo misto, incastro e cerniera, i parametri cinematici saranno tre più il numero delle travi che confluiscono nella cerniera.

Si numerino inoltre le travi e si disponga ciascuna in un suo riferimento locale Y*Z*, che risulterà in generale rototraslato rispetto al riferimento globale Y Z . Si consideri poi una generica sollecitazione del sistema, costituita da carichi concentrati e distribuiti agenti sulle singole travi e da carichi concentrati (forze e coppie) agenti sui nodi interni.

Si considera separatamente ciascuna trave di estremi ij , e la si consideri incastrata nelle sezioni terminali. Si impongono, a ciascun estremo, i tre spostamenti generalizzati (w,v,φ), e si calcolano le rispettive reazioni iperstatiche agli incastri, M, T, N. CONVENZIONI: M segue la convenzione matematica perché quella ingegneristica non è in questo caso comoda. Mi,Mj positive se uscenti dal piano della sezione; Ti,Tj ,Ni,Nj da confrontare con il sistema di riferimento locale Y*Z*. In questo modo costruisco un sistema matriciale attraverso la matr ice delle rigidezze [K] e la matrice delle soll ecitazioni di incastro perfetto.

Matrice delle incognite delle reazioni vincolari

Matrice rigidezza locale in funzione di Ei, Ii, Ai, li

Matrice degli spostamenti generalizzati

Matrice delle reazioni di incastro perfetto

La matrice simmetrica 6 x 6 che moltiplica il vettore degli spostamenti è detta matrice di rigidezza dell’elemento. Ciascuna colonna della matrice si ottiene imponendo il relativo spostamento o rotazione e calcolando le reazioni iperstatiche agli estremi. Si possono raggruppare i termini relativi ai due estremi i e j:

Dove con * si intendono le grandezze riferite agli assi coordinati locali Y*Z*, relativi alla trave ij. In forma compatta:

Le grandezze riferite al sistema locale sono esprimibili in funzione delle stesse grandezze riferite al sistema globale:

[N] è la matrice di rotazione che trasforma il riferimento globale YZ nel riferimento locale Y*Z*. [N] matrice ortogonale [N] T [N] = [I] matrice identità

Premoltiplicando i membri per [N]T

( ) Matrice di rigidezza dell’elemento, ridotta al sistema di riferimento globale

Vettore delle reazioni vincolari

Vettore delle forze nodali equivalenti

[N]T [Ke] [N] è una matrice piena (contiene degli zeri ma spariscono moltiplicando per seno e coseno) La relazione precedente non consente l’assemblaggio. Si devono espandere tutte le grandezze che intervengono nell’equilibrio. Invece di considerare ogni asta isolata, considero l’asta inserita nel sistema globale della struttura. Questo consente di effettuare l’operazione dell’assemblaggio. L'operazione di assemblaggio, come nel caso del Metodo degli Elementi Finiti, consiste in una espansione dei vettori {δ e },{Q e },{F e }, dalla dimensione locale alla dimensione globale n, essendo n il numero totale dei parametri cinematici che identificano la configurazione deformala del sistema di travi. Si tratterà, cioè, di ordinare tutti i parametri cinematici del sistema in un vettore, in modo tale da poter inserire gli spostamenti

terminali dell'elemento generico e nelle posizioni che ad essi competono. Ciò può realizzarsi premoltiplicando il vettore degli spostamenti locali {δ e } per una opportuna matrice di assemblaggio [Ae]T.

Premoltiplicando per [Ae]T

[Ke] {δe} = {Qe} + {Fe} La relazione resta valida sostituendo il vettore espanso degli spostamenti locali { δ e}, con il vettore globale degli spostamenti nodali { δ}. N.B. posso sostituire { δ e} con { δ} in quanto è moltiplicato per [Ke] che è una matrice per cui, dove { δ e} ha le componenti diverse da zero, la matrice [Ke] ha zero.

[Ke] ruotata ed espansa [Ke] è la matrice di rigidezza locale, ridotta al sistema di riferimento globale ed espansa alla dimensione n. Operazione di assemblaggio: La relazione locale in forma espansa è sommabile a quelle analoghe relative alle altre travi, ottenendo una nuova matrice delle rigidezze che analizza, nodo per nodo, le aste che vado a considerare. Per l’intero sistema:

[Ke] non è invertibile Per l’equilibrio dei nodi deve risultare:

Perciò:

[K] matrice di rigidezza globale {F} vettore delle forze nodali effettive {Feq} vettore delle forze nodali equivalenti I vettori delle forze nodali, effettive ed equivalenti, riassumono le sollecitazioni esterne agenti sul sistema di travi e sono da considerarsi come termini noti o dati del problema. La matrice di rigidezza del sistema è anch'essa nota, una volta che siano note geometria e proprietà clastiche delle travi. L'incognita del problema è costituita dal vettore degli spostamenti nodali {δ}. E’evidente quindi come il calcolo di un sistema di travi a molti gradi di iperstaticità sia riconducibile al Metodo degli Spostamenti ed eseguibile in modo automatico da una macchina elettronica, tramite una successione preordinata di operazioni elementari.

Per non ottenere infinite soluzioni si impongono le condizioni al contorno. Ciò è possibile facendo una partizione dei vettori e della matrice, in modo da isolare gli spostamenti liberi da quelli vincolati:

Mentre gli spostamenti vincolati {δV} sono nulli, (o prefissati nel caso di cedimenti anelastici), gli spostamenti liberi {δL} rappresentano le vere incognite del problema. [KLL] {δL} + [KLV] {δV} = {FL} [KVL] {δL} + [KVV] {δV} = {FV}

{FV} = [KVL] {δL} + [KVV] {δV} = {R} + {FV0} {FV} azioni in assenza di carichi ripartiti {R} reazioni esterne {FV0} reazioni di incastro perfetto

{FV0} vettore delle forze nodali equivalenti, relative ai nodi vincolati {QV} matrice delle reazioni vincolari esterne Una volta noti tutti i parametri cinematici {δL}, è semplice, applicando per ciascuna trave la relazione iniziale, determinare le reazioni interne e quindi i diagrammi delle caratteristiche.

20. Riduzione del numero di gradi di libertà mediante vincoli applicati a spostamenti mutui: il caso dei telai a maglie regolari e dei telai con traversi orizzontali rigidi Si analizzano due casi particolari dei telai piani: a) I telai a nodi fissi; b) I telai a nodi fissi con traversi orizzontali rigidi (telai shear-type). Nei telai a nodi fissi i nodi non si spostano ma ruotano soltanto, a meno dei contributi dovuti alla cedevolezza assiale delle travi. Nell’immagine seguente si può vedere un esempio di telaio a nodi fissi, con quattro nodi effettivamente liberi di ruotare (due interni e due esterni).

Consideriamo inizialmente un telaio in cui ci siano solo bielle. La biella, per definizione, subisce solo sollecitazioni (e deformazioni) nella direzione assiale; pertanto non considero le rotazioni e gli spostamenti trasversali.

0 𝑁𝑖 Si avrà pertanto 0 𝑁𝑗

0 0 1 0 𝑙 = 𝐸𝐴 0 0 1 0 −𝑙

0 0 1 0 −𝑙 0 0 1 0 𝑙

𝑣𝑖 𝑤𝑖 𝑣𝑗 𝑤𝑗

La relazione si può porre in forma compatta: 𝐾𝑒 𝛿𝑒∗ = 𝑄𝑒∗ 4x4 4x1

4x1

Sia lo spostamento assiale che la reazione di sforzo normale possono venire proiettati sugli assi del riferimento globale: 𝛿𝑒∗ = 𝑁 𝛿𝑒

𝑄𝑒∗ = 𝑁 𝑄𝑒 𝐹𝑒∗ = 𝑁 𝐹𝑒 Ove [N] è la matrice ortogonale per passare dal sistema locale a quello globale: 𝑐𝑜𝑠𝜃 𝑠𝑖𝑛𝜃 −𝑠𝑖𝑛𝜃 𝑐𝑜𝑠𝜃 𝑁 = 0 0 0 0 𝑁

𝑇

𝐾𝑒 𝑁 𝛿𝑒 = 𝑁

0 0 0 0 𝑐𝑜𝑠𝜃 𝑠𝑖𝑛𝜃 −𝑠𝑖𝑛𝜃 𝑐𝑜𝑠𝜃 𝑇

𝑁 ( 𝑄𝑒 + 𝐹𝑒 )

Per effettuare l’assemblaggio si dovranno portare i vettori in questione dalla propria dimensione a quella dell’intera struttura mediante la matrice di espansione [Ae]. 𝛿𝑒 4x4

= 𝐴𝑒 𝛿 𝑒 4xn nx1

𝑄𝑒 = 𝐴𝑒 𝑄 𝑒

𝐴𝑒

𝑇

𝑁

𝑇

4x4

4xn

𝐹𝑒 4x4

= 𝐴𝑒 𝐹 𝑒 4xn

nx1

nx1

𝐾𝑒 𝑁 𝐴𝑒 𝛿 𝑒 = 𝑄 𝑒 + 𝐹 𝑒

𝐾 𝑒 = 𝐴𝑒

𝑇

𝑁

𝑇

𝐾𝑒 𝑁 𝐴𝑒

nxn

La relazione resta valida sostituendo il vettore espanso degli spostamenti locali {δe} con il vettore globale degli spostamenti nodali {δ} 𝐾 𝑒 𝛿 = 𝑄𝑒 + 𝐹 𝑒

nxn

nx1

nx1

nx1

La relazione locale in forma espansa è sommabile alle altre analoghe:

𝐾𝑒 𝑒

𝑄𝑒 + 𝐹 𝑒

𝛿 = 𝑒

𝐹𝑒

= 𝐹 + 𝑒

Consideriamo ora un telaio a nodi fissi.Per ridurre i gradi di libertà di telai si ricorre al metodo del multipoint constraint. Prendiamo come esempio lo schema seguente per esemplificarlo:

Ipotesi su cui si cui si basa il metodo: -

Indeformabilità della trave (B) : u3=u6 (elimino una riga e una colonna della matrice di rigidezza [K] che diventa una 5x5);

-

Indeformabilità dei pilastri (A,C): v5=v2=0 (elimino due righe e due colonne di [k] che diventa una 3x3.

allora lo schema degli spostamenti diventerà del tipo:

la cui soluzione sarà 𝐾 𝛿 = 𝑄 => 𝛿 = 𝐶 𝑄 3x3 3x1

3x1

3x1

3x3 3x1

In questo modo si è semplificato il problema, avendo solo più due rotazioni e una traslazione per piano. Se non tengo conto della traslazione del piano, ponendo un vincolo sul nodo di dastra, allora il metodo si semplifica ulteriormente; quindi pongo u2=0 e ottengo [K] 2x2:

4 2 𝑀𝑖 = 𝐸𝐼 𝑙 𝑙 2 4 𝑀𝑗 𝑙 𝑙

𝜑𝑖 𝑀𝑖0 − 𝜑𝑗 𝑀𝑗0

In questo caso è presente anche il vettore dei momenti di incastro perfetto

𝑀𝑖0 . 𝑀𝑗0

La relazione sopra descritta può essere scritta in forma compatta in maniera simile a: 𝐾𝑒 𝛿𝑒∗ = 𝑄𝑒∗ + 𝐹𝑒∗ In questo caso i parametri cinematici locali e globali coincidono, così che le relazioni: 𝛿𝑒∗ = 𝑁 𝛿𝑒 𝑄𝑒∗ = 𝑁 𝑄𝑒 𝐹𝑒∗ = 𝑁 𝐹𝑒 restano valide, sebbene la matrice ortogonale [N] sia quella unitaria di dimensione (2x2). La matrice di assemblaggio [Ae] avrà pertanto dimensione (2xn), dove n è il numero dei nodi del telaio. Nei telai a nodi spostabili con traversi orizzontali rigidi i nodi non ruotano ma si spostano soltanto orizzontalmente, a meno dei contributi dovuti alla cedevolezza assiale dei pilastri (telaio shear-type). Nello schema seguente si può vedere per esempio uno schema con tre traversi effettivamente liberi di traslare (Jtrave=∞).

Viene considerata dunque solo la rigidezza dei pilastri 𝐾 = dimensione (2x2).

𝑇𝑖 = 𝐸𝐼 𝑇𝑗

12 12 − 3 3 𝑙 𝑙 12 12 − 3 𝑙 𝑙3

24𝐸𝐼 . 𝑙3

La matrice di rigidezza locale è di

𝑣𝑖 𝑇𝑖0 − 𝑣𝑗 𝑇𝑗0

Anche in questo caso i parametri cinematici locali coincidono con quelli globali, che sono appunto le traslazioni orizzontali dei traversi. La matrice di assemblaggio [Ae] avrà pertanto dimensione (2xn), dove n è il numero dei nodi del telaio.

21. I grigliati piani Si consideri una struttura piana, ovvero un sistema di travi rettilinee contenute nel piano, vincolate reciprocamente mediante nodi-incastro ed esternamente mediante incastri o appoggi ortogonali al piano.

I parametri cinematici che caratterizzano la configurazione deformata dei nodi sono: due rotazioni con assi ortogonali contenuti nel piano e lo spostamento ortogonale al piano. Si disponga ciascuna trave in un proprio riferimento locale X* Z* (rototraslato rispetto al riferimento locale XZ), e si consideri una generica sollecitazione del sistema, costituita da carichi distribuiti e concentrati ortogonali al piano XZ, agenti sulle singole travi o sui nodi. Si isoli ciascuna trave, considerandola incastrata nelle sezioni terminali i e j.

Si impongano a ciascun estremo, i tre spostamenti generalizzati e si ricavino le reazioni iperstatiche agli incastri. Dette M, T, Mt (le reazioni agli incastri) e φ, v, θ (rispettivamente la rotazione attorno all’asse X*, lo spostamento verticale e la rotazione attorno all’asse Z*),

si ha la seguente relazione matriciale:

Questa relazione matriciale si può porre nella forma compatta: [Ke]{δ*e} = {Q*e}+{F*e} Le grandezze riferite al sistema locale X*Z*, sono esprimibili in funzione delle stesse grandezze riferite al sistema globale XZ. Valgono: { δ*e } = [N] { δe } { Q*e } = [N] { Qe } { F*e } = [N] { Fe } essendo [N] le seguente matrice di rotazione (che serve a passare dal sistema locale al sitema globale):

Possiamo scrivere: [Ke] [N]{δe}= [N]({Qe}+{Fe}). Ricordiamo che [N] gode della proprietà di ortogonalità, per cui [N] [N]T=1, matrice identità. Se, [N]T[Ke] [N]{δe}=[N]T [N]({Qe}+{Fe}), ottengo così la relazione: ([N]T[Ke] [N]){δe}={Qe}+{Fe}.

Per effettuare l’assemblaggio si introduce la matrice di assemblaggio [Ae]. {δe} = [Ae]T {δe} {Qe} = [Ae]T {Qe}, {Fe} = [Ae]T {Fe}. Così: [Ae]T ([N]T[Ke] [N]) [Ae]{δe}=[Ae]T [Ae] ({Qe}+{Fe}) [K]{δe}={Qe}+{Fe} Operazione di assemblaggio per l’intera struttura: (∑[Ke]){δ}=∑({Qe}+{Fe}). [K]{δ}={F}+{Feq.}, con {Feq.}= ∑{Fe}.

22. Le oscillazioni libere dei sistemi di travi mediante la decomposizione del moto nei modi propri di vibrare (analisi modale). Spettro di risposta dell’oscillatore semplice. Ai fini di un’analisi dinamica di un sistema di travi mediante l’analisi modale si considera un telaio con traversi orizzontali infinitamente rigidi e masse dei piani stessi, che per semplicità vengono considerate come concentrate nei nodi stessi. L’equazione [K]{δ} ={F}+{Feq.} si può trasformare nell’equazione d’Alambert delle oscillazioni libere:

La procedura utilizzata è detta Metodo dei Traversi Rigidi. Si consideri, ad esempio, il telaio a due piani e una campata come nella figura:

Dette m1 e m2 le masse dei due traversi e, k1 e k2 le rigidezze al taglio delle due coppie di piedritti:

Le due equazioni del moto dei traversi sono:

con δ1 e δ2 le traslazioni orizzontali dei traversi. Le equazioni scritte precedentemente si possono riscrivere sottoforma matriciale, ovvero:

Per studiare le oscillazioni libere del sistema a due gradi di libertà, si supponga che le coordinate δ1 e δ2 del sistema varino armonicamente nel tempo con ugual pulsazione e senza sfasamento:

dove la pulsazione ω e le ampiezze massime coordinate δ1 e δ2 sono da determinarsi tramite un problema agli auto valori. Si ottiene così la seguente equazione algebrica omogenea:

Tale equazione ammette soluzione diversa dalla ovvia se e solo se il determinante della matrice di coefficienti è nullo:

Nel caso in cui i pilastri abbiano lo stesso momento d’inerzia e la stessa altezza, si ha k1 = k2 = k. Se si suppone, inoltre, che anche le masse dei traversi siano uguali, m1 = m2 = m, l’equazione caratteristica risulta:

e fornisce:

Gli autovettori si ottengono risolvendo il sistema omogeneo

E sostituendo i relativi autovalori, ottenendo: δ11 = 0.618 δ12 e δ22 = -0.618 δ21. Questi autovettori sono determinati a meno di un fattore di proporzionalità e sono rappresentati qui come segue, normalizzando la coordinata di valore assoluto massimo. Il primo modo vibra vibra più lentamente (e non dipende dai carichi esterni), mentre il secondo modo vibra più velocemente.

In generale, nei telai multipiano, i modi di oscillazione superiori al primo (detto modo fondamentale) presentano inversioni di segno nelle traslazioni dei traversi. Anche per questi sistemi, l’equazione del moto si riconduce a:

essendo [M] la matrice diagonale delle masse dei traversi e [K] la matrice globale di rigidezza. Spettro di risposta dell’oscillatore semplice. Lo spettro di risposta riporta in ordinate le risposte massime in accelerazione, velocità o spostamento ottenute risolvendo l’equazione dell’oscillatore semplice, istante per istante, sotto l’azione di un dato sisma. Prefissato un valore di smorzamento relativo ξ e considerando una struttura con pulsazione propria ω, se variamo il periodo proprio T si ottengono ∞1 oscillatori semplici. Risolve l’equazione del moto per un assegnato valore T e si può valutare il massimo valore della risposta (in spostamento, accelerazione o velocità) della struttura . Ripetendo questa operazione per diversi valori di T, si ottengono diversi valori max della risposta che possono essere riportati in un diagramma in funzione del periodo T dove ogni curva corrisponde ad un valore del fattore di smorzamento relativo ξ. Dunque gli spettri di risposta possono riportare in ordinata le massime velocità relative o i massimi spostamenti relativi o le massime accelerazioni relative. Le relazioni tra i diversi spettri di risposta sono: SV=SD ω Sa= ω2 SD= ω SV Dove SV è lo spettro di risposta in velocità, SD lo spettro di risposta in spostamento e Sa lo spettro di risposta in accelerazione. La normativa generalmente fornisce gli spettri di risposta in accelerazione. Gli spettri hanno un andamento simile al seguente:

I parametri TB, TC, TD, S sono definiti in funzione dei tipi di terreno.

23. Le oscillazioni forzate dei sistemi di travi mediante la decomposizione del moto nei modi propri di vibrare (analisi modale). I coefficienti di partecipazione modale- L’inviluppo delle massime sollecitazioni. Il problema delle oscillazioni forzate dei sistemi di travi è dovuto a movimenti di vincoli esterni. Si supponga che la base dei pilastri di un telaio multipiano a traversi rigidi sia sottoposta ad un movimento sismico con spostamento x(t), velocità x.(t) e accelerazione x..(t). VEDI I PALLINI L’equazione risulta essere:

poiché le forze di richiamo elastico rimangono dipendenti dalle traslazioni valutate nel sistema di riferimento solidale con il telaio, mentre le forze di inerzia sono proporzionali alle accelerazioni nel sistema assoluto. Si deduce quindi:

Quest’ultima è un’equazione dinamica non omogenea, la quale presenta una sollecitazioni forzante a secondo membro, che deriva dall’accelerazione del suolo. Introducendo le coordinate normali del sistema f i e gli autovalori{δ i}, e premoltiplicando per {δ i}T si ottiene:

E dividendo entrambi i membri per il coefficiente f i .. VEDI I PALLINI

Da:

e dando al coefficiente f i il nome di rapporto di Rayleigh, si ottiene la seguente equazione disaccoppiata per ciascun modo di oscillare e quindi per ciascuna coordinata normale f i

Poiché per i telai a traversi rigidi la [M] è diagonale, il fattore g i assume il seguente aspetto:

e si dice coefficiente di partecipazione del sistema all’i-esimo modo di vibrare. L’analisi delle oscillazioni forzate è stata così ricondotta all’analisi di n oscillatori elementari, ciascuno soggetto alla frazione g i dell’eccitazione alla base. È possibile così risalire agli spostamenti dei traversi in funzione del tempo:

Tramite gli auto valori {δi} è possibile dedurre le caratteristiche interne agenti sui pilastri del telaio. La massima accelerazione che un sistema ad un grado di libertà subisce per effetto di un evento sismico è stabilita dalla normativa mediante la formula: α = CR(ω)g, dove C è il coefficiente di intensità sismica dipendente dal grado di sismicità della zona ove è situata la struttura, R(ω) è il coefficiente di risposta dipendente dalla pulsazione propria e g è l’accelerazione di gravità. Se si considerano gli effetti del sisma sul modo di oscillazione i-esimo di un telaio a più gradi di libertà, l’accelerazione massima attribuibile a tale oscillatore elementare vale:

e si ricava così, l’accelerazione massima subita da ciascun piano j-esimo per effetto del modo di vibrare i-esimo:

e conseguentemente la forza massima:

che si può porre nella forma:

essendo W i il peso del piano j-esimo e γ ij il coefficiente di distribuzione del modo i-esimo sul piano j-esimo (γ ij = g i δ ij ). Si noto come g i e quindi anche γ ij tendono a diminuire all’aumentare dell’indice i del modo di vibrare, a causa dell’inversione di segno nelle traslazioni δ ij.

Le forze di piano massime agiscono contemporaneamente nell’ambito dello stesso modo i-esimo, ma sono sfalsate quando si considerino modi di vibrare diversi. Calcolato quindi il massimo di una caratteristica, ad es. il Momento flettente M i al variare del modo i-esimo, vi è il problema di combinare tali valori. Si ricordano queste formule per il calcolo di un momento massimo equivalente:

La prima, che corrisponde all’ipotesi che i massimi si verifichino simultaneamente, risulta eccessivamente cautelativa. La seconda, che considera solo il modo fondamentale, risulta non molto attendibile per edifici snelli. La terza è la migliore ed è detta: formula di composizione quadrata.

24. Il principio di minimo della Energia Potenziale Totale nel caso di un sistema ad un grado di libertà. Il metodo di approssimazione numerica di Ritz-Galerkin. Il caso particolare in cui le funzioni di forma sono definite solo all’interno di un sottodominio prefissato chiamato elemento. Il principio di minimo dell’Energia potenziale totale nel caso di un sistema ad un grado di libertà: E pot. di posizione = Ep = mg∆z z W = mg (zb – za) Ep = mg∆z

A

B F ds

y E pot. elastica = Epe = ½ (kx2) E

½ (kx2)

Deriva dal calcolo di una massa appesa ad una molla, che si allunga, soggetta quindi solo alla forza peso: F = mg

x allora: Ep. tot. = Ep.pos. + Ep.e => W(x) = ½ (kx2) – Fx condizioni di equilibrio: W(x) = 0 => dW/dx = -kx+F => minimo Ep. tot.: F = kx. Buca di potenziale: con sistema ad un grado di libertà è una curva W Condizioni di equilibrio

x Attraverso il metodo di approssimazione di Ritz-Galerkin, si rende stazionario il funzionale W(η), esprimendo la funzione incognita {η} come somma di funzioni note e linearmente indipendenti{ηi},i =1,2,…,(g x n):

Si rende stazionario W(η) su un sottospazio di dimensione finita, sotteso da un insieme di funzioni linearmente indipendenti. Il problema si presenta discretizzato, poiché invece della funzione

vettoriale {η}, le nuove incognite sono così i (g x n) coefficienti αi, essendo n il numero dei nodi e g i gradi di libertà di ciascun nodo. Inserendo l’equazione citata precedentemente nell’espressione dell’energia potenziale totale

E applicando la proprietà associativa si ottiene:

In forma più sintetica si ha:

con {α} il vettore dei coefficienti incogniti della combinazione lineare. La matrice quadrata [L] ha dimensione (g x n) e per elementi i seguenti integrali:

e il vettore {F} sempre (g x n) ha per elementi:

La matrice [L] è simmetrica per il teorema di Betti e si dice matrice di Ritz-Galerkin. Il minimo dell’energia potenziale totale si ottiene derivando rispetto a ciascun coefficiente αi la terza espressione scritta antecedentemente (W(η)=…), e uguagliando a zero il risultato:

Si è pervenuti ad un sistema di (g x n) eq. algebriche lineari nelle (g x n) incognite αj, il quale in forma sintetica è: [L]{α} = {F}.

Questa condizione di stazionarietà è anche una condizione di minimo, quindi la forma quadratica presente sempre nella terza espressione scritta antecedentemente (W(η)=…) è definita positiva, rappresentando l’energia di deformazione del solido in forma discretizzata. Nel caso in cui le funzioni {ηi} siano definite su tutto il dominio V, la matrice [L] risulta essere mal condizionata e quindi l’algoritmo alla quale è riferita presenta problemi di instabilità. Con il metodo degli elementi finiti isoparametrici si usano come funzioni {ηi} le splines. Queste sono funzioni definite appunto su sottoinsiemi del dominio V (da cui il termine “elementi finiti”), le quali presentano valore unitario in un nodo e valore nullo in tutti gli altri nodi che competono al proprio dominio di definizione. Esempi di splines (le splines possono essere lineari o di ordine superiore):

Le più semplici sono le splines lineari sono definite anche funzioni lineari a cappello. Ad ogni nodo k si associa una sline ηk e quindi, se i gradi di libertà sono g, si associano g vettori di dimensione g:

Tramite le splines, i coefficienti αi della combinazione lineare

coincidono con i valori nodali degli spostamenti generalizzati. Ordinando questi valori nel vettore {δ}, l’equazione risolvente [L]{α} = {F} diventa più espressiva, presentando come incognite gli spostamenti nodali: [L]{δ} = {F}.

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