Capriate e Tetti in Legno - Progetto e Recuperoaa

March 15, 2017 | Author: Leutrim Avdiu | Category: N/A
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EDILIZIA

UMBERTO BARBISAN

FRANCO LANER

CAPRIATE E TETTI IN LEGNO

PROGETTO E RECUPERO •

tipologie



particolari costruttivi



manti di copertura





esempi di dimensionamento criteri e tecnologie per il recupero

FRANCOANGELI

In copertina:

(in alto a sinistra):

A . M . Remy,

Trattato dell'arte del carpentiere, prima traduzione italiana dell'Ing. Giò Romano Antonelli, (in basso a sinistra): nodo monaco-catena rotto di una capriata (S. Eufemia, Verona) (a destra): bellissimo esempio di nodo chi uso (foto genti l mente offerta da LegnoDOC®, Firenze)

Venezia, 1856

Copyright © 2000 by FrancoAngeli s.r. l . , M i lano, Italy Ristampa

Anno 2003

È

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Indice

di Franco Laner 1 . Capriate: intuizione, tecnologia e scienza delle costruzioni 2. Storia, come fonte di conoscenza per l ' innovazione Introduzione,

1. Le capriate: sviluppo storico della concezione strut­ turale,

di Umberto Barbisan

2. Terminologia e tipologie, di Franco Laner

l . Terminologia. Tetti e capriate 2. Tipologie

3. Esempi di dimensionamento, di Umberto Barbisan

l. 2.

3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. IO.

11. 1 2. 13. 14. 15.

Cenni preliminari sui criteri di dimensionamento Capriata triangolo semplice con c arico concentrato al colmo Analisi nodo puntone-catena Aste composte Capriata con monaco Capriata triangolo semplice con carico uniforme­ mente distribuito Verifica attrito agli appoggi di una capriata rispetto al vento Capriata con monaco e due saette Confronto capriata soggetta a carichi concentrati e a carichi uniformemente distribuiti Capriate all 'inglese Capriate soggette a carichi non simmetrici Soluzioni a confronto Capriata i nternamente iperstatica con carico unifor­ memente distribuito Copertura a travi inclinate Arcareccio soggetto a flessione deviata

4. Particolari costruttivi, di Franco Laner

l. 2. 3. 4.

Interfaccia capriata-muro Puntone-catena Monaco-colmo e monaco-puntone Il nodo monaco-catena

5. Criteri e tecnologie per il recupero, di Franco Laner

l . L' ipotesi della sostituzione di parti

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94 97 98 99 l01 l01 5

2. Un esempio di recupero per sostituzione mirata (Arse­ nale di Venezia) 3. Attualità del la tradizione del legno 4. Sulla cautela dell ' i mpiego di resine e dell ' acciaio 6. Manti di copertura, di Umberto Barbisan Appendice A. La deformazione differita del legno,

l. 2. 3. 4. 5.

pag. 1 03 » 1 07 » l 08 »

1 12

di

Federico Zago Considerazioni generali sulla deformazione differita del legno Fattori che influenzano la deformazione viscosa per i l legno di conifera Appl icazioni numeriche Osservazioni sulla frecci a Commento

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Appendice B

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Bibliografia

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1 27 1 27 1 28 1 29 131 1 37 1 40 1 45

Introduzione

1 . Capriate: i ntu izione, tecnologia e scienza del le co­

struzioni

Lo studio sulle capriate, sia che venga svolto con intendimenti storici il suo impiego fora la coltre di molti secoli - o con intendimenti tecni­ co-costruttivi - le soluzioni adottate contemplano i più alti saperi sul legno - o infine con obiettivi didattici o di innovazione, rivela la com­ plessità di questo componente strutturale diffusamente adottato per me­ die ed i mportanti luci di copertura. Il forte intreccio di storia, tecnologia, architettura e cultura materiale, fa inoltre comprendere come la capriata non sia faci lmente riducibile a categorie, schematismi o anche complessi modelli strutturali . Anzi, con efficace sintesi , si può affermare che le capriate non appartengono al­ la scienza delle costruzioni, bensì all 'arte del costruire, quasi a sottoli­ neare che, per quanto raffinati siano i modelli di calcolo, niente più della perizia esecutiva, specie nella realizzazione dei nodi di confluen­ za delle membrature resistenti, o giunzioni e unioni, o nella scelta del materiale, garantisca la sicurezza strutturale. A questo proposito è significativa la raccomandazione di Palladio che, nel descri vere le modalità esecutive dei ponti reticolari in legno, invita ali ' attenzione per il dettaglio, specie dei nodi di confluenza delle aste, che descrive minuziosamente, mentre non dedica nemmeno una riga del dimensionamento degli elementi strutturali. Anzi il nodo strutturale che propone (Libro III, cap. VII) è così fatto, che quanto maggiore ca­ rico è sopra il ponte, tanto più le parti si stringono assieme e fanno maggiore la fermezza dell 'opera. D' altra parte anche le statistiche sulle cause di fuori-serv izio' del le strutture l ignee non registrano casi dovuti ad insufficienza di sezione, quanto piuttosto, quando il crollo è ascri vibile a cause strutturali , alle incertezze progettuali e, soprattutto all ' errata esecuzione dei nodi di in­ terfaccia legno-legno o legno-altri materiali. Il disegno e l ' esecuzione del particolare costruttivo è dunque i l massi­ mo indicatore della capacità progettuale e della perizia tecnica. I l det­ taglio è la cartina al tornasole delle strutture l ignee e dal particolare è facile risalire alla concezione strutturale e rendersi conto del valore del l ' opera. L' altro grande argomento del progetto delle capriate e, in generale, di tutte le strutture lignee, riguarda la necessità di concepire la struttura spazialmente. La grande dimestichezza con le strutture in calcestruzzo 7

Cantiere medioevale con carpentieri che appa­ recchiano la copertura; pern i e cavicchi in le­ gno sono impiegati per l'unione degli elementi strutturali. Sotto, analogo tipo strutturale conte­ nuto nell'edizione veneziana del 1 567 del tratta­ to di Vitruvio tradotta da D. Barbaro con dise­ gni di A. Palladio.

,rtico di casa rurale in Romania, regione di Maramures : particolare e suggestivo esempio di nodo ligneo. Le due saette 'Ila mensola sono unite al pilastro con incastro a tenone e mortasa e cavicchi di legno. La necessità strutturale è quindi egata dalla capacità del magistero costruttivo (foto di A. Alpago Novello). A destra dettagli di nodi in edificio rurale alpino . Gebhard, Alte Bauernhauser. Von den Halligen bis zu den Alpen, Callawey, Monaco, 1 977).

terpretazione di un nodo di col legamento delle aste di un mte ligneo proposto da A. Palladio, l quattro libri dell'ar­ Jitettura, Venezia, 1 570, Libro 111.

Crollo di una capriata mal concepita ed indebol ita nel pun­ to di mass i ma sol . lec itazione (G. Della G i ustina, Pari g i , 1 985). pannes 18 x 9

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armato o in muratura e la ancor scarsa pratica con le strutture in ac­ ciaio, sono un forte ostacolo alla concezione tridimensionale, al i ' im­ piego dei controventi, alla limitazione delle luci libere di inflessione e alla convivenza con un materiale che ha un relati vamente basso modu­ lo di elasticità. Concezione strutturale spaziale, attenzione al dettaglio e alla deforma­ bilità del legno sono quindi i grandi temi del progetto con un materiale che, se ben capito, può riservare soddisfazione sia sul piano economico e tecnico, sia e soprattutto su quello espressivo. Un altro fattore contribuisce a rendere poco "calcolabili" le strutture in legno. M i riferisco alla notevole dispersione dei valori di resistenza meccanica tale da non consentire, pur applicando grandi coefficienti di sicurezza, giudizi significativi sul l ' efficienza strutturale (il ragiona­ mento vale soprattutto per il legno massiccio e meno per il legno la­ mellare che ha contenuti coefficienti di dispersione) . Come è noto, la resistenza meccanica del legno, anche della stessa spe­ cie legnosa, è assai variabile, non solo per i luoghi di provenienza, ma addirittura per segati dello stesso albero. Dati sperimentali , osservati su un cospicuo numero di provini sottopo­ sti a flessione, portano a coefficienti di dispersione o variazione (ù = u l Rm, rapporto fra scarto quadratico medio e resistenza media) i l cui valore supera faci lmente lo 0,2 (20% ), ritenuto parametro oltre il quale ha poco significato l' applicazione dei normali criteri di verifica della sicurezza. Come i nfatti si vede, nel successivo grafico, la relazione coeff. di dispersione/coeff. di sicurezza è assai aleatoria quando si ha a che fare con forte disomogeneità. È d ' altra parte assai intuitivo che più cresce l'ignoranza sulle effettive capaci tà di resistenza, più ci si debba cautelare.

Relazione schematica fra coefficiente di sicu rezza e coefficiente di di­ spersione. Materiali omogenei (basse dispersioni) sono gravati da piccoli coefficienti di sicurezza. Aumentando la dispersione, aumentano i coeffi­ cienti di sicurezza. L'andamento asintotico della curva fa vedere come sia improprio e labile assegnare coefficienti di sicurezza per o maggiore del 20%. 10 co N N

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Caratterizzazione storica del controventamento di facciata in edifici dell'alta, media e bassa Germania. Nella prima riga edifici medioevali (fino al 1 470), qu indi dalla transizione (1 4701 550), del ri nasci mento (1 550-1 650) ed infine del periodo barocco (1 650-1 750).

Si puo m parte superare questa difficoltà raggruppando gli elementi strutturali in classi più omogenee che, in sintesi, è l ' indirizzo assunto dali ' Eurocodice 5 Strutture in legno, oppure spostando l ' attenzione nell ' estrema cura ai dettagl i costruttivi e, soprattutto, alle modal ità di messa in opera. -

L' introduzione del legno lamellare, materiale che subisce severi con­ trolli di qualità durante il processo di produzione, con eliminazione di scarti e difetti e selezione sia del materiale di base sia delle condizioni delle fasi di processo, permette di ottenere prodotti finiti con dispersio­ ne dell' ordine dello 0,0470,06. Tale contenuto coefficiente ha riconse­ gnato il legno alla "calcolabilità" offerta dalla scienza delle costruzio­ ni, anche se la tecnologia rimane protagonista per l ' attesa di sicurezza. ottura "per trazione" di un monaco delle ca­ •iate del palcoscenico del Teatro la Fenice a :mezia.

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I fattori che influenzano la dispersione delle caratteristiche meccaniche del legno sono, oltre alla già accennata intrinseca disomogeneità di questo materiale naturale, anche i molti "difetti" (fra virgolette, poiché ciò che per noi sono difetti, come nodi, fessure, deviazioni, per l ' albe­ ro sono fattori congeniti) e, soprattutto, dove questi difetti vengono a trovarsi in opera. Per esempio, le fessure dovute al ritiro per perdita di umidità hanno effetto diverso i n una trave se sono poste vertical mente od orizzontalmente. Infatti il modulo di resistenza di una trave compo­ sta verticalmente è superiore a quello di una trave composta orizzon­ talmente a meno, ovviamente, di perfette unioni. Ancora, un nodo (intendiamo qui i l classico e noto "difetto" del le­ gno), posto in una zona tesa, molto facilmente può scatenare l ' energia di frattura, a causa di possibili, localizzate, deviazioni della fibra, men­ tre lo stesso nodo, posto in zona compressa, non indeboli sce la trave. La posa in opera delle travi presumerebbe quindi una attenta valutazio­ ne della distribuzione e localizzazione dei difetti, cosa oggi quasi im­ possibile, ove si pensi che il cantiere è sempre più organizzato a "pro­ va di errore", nel senso che sempre meno la posa deve essere influen­ zata dai giudizi soggettivi e i materiali e componenti sono sempre più standarizzati, omogenei, ripetitivi, uguali. Nel 1 992 - narro questo episodio per meglio attirare l ' attenzione sul­ l ' aleatorietà delle capacità meccaniche del legno - fui incaricato dal Comune di Venezia, di accertare le cause della rottura di un monaco di una capriata del palcoscenico del Teatro la Fenice a Venezia. Durante una revisione delle strutture, in occasione della realizzazione del sipa­ rio tagliafuoco, venne infatti notata una fessura trasversale estesa a più di metà della sezione del monaco. La sezione di tale monaco, in legno di rovere, era (l ' imperfetto è d ' ob­ bligo, visto che ora non c ' è più a causa del tragico incendio che ha completamente distrutto i l celebre teatro veneziano) di 30 X 30 cm. Come poteva, una tale sezione rompersi, quando molto più deboli era­ no la staffa in ferro, i bulloni di chiodatura o l ' incastro superiore del monaco al puntone e alla controcatena? Per portare a rottura il monaco, sarebbero stati necessari più di 500.000 daN ( cr1 A = 600 X 30 X 30 = 540.000 daN), mentre per la staf­ fa in ferro sarebbero stati necessari 60.000 daN (3 .000 X l X lO x 2 = 60.000 daN) ed ancor meno per i bulloni . 10

Però il monaco era rotto. Certo, la struttura era sottoposta a forti cari­ chi dinamici, come gli improvvisi arresti dei tiri in quota delle scene, cedimenti differenziali potevano aver fatto lavorare in modo improprio il monaco, ma era impossibile trovare una motivazione della rottura valutando gli stati di sollecitazione. E se fosse stato messo in opera già rotto? Chiesi aiuto al prof. Giordano, sottoponendogli il caso e la mia idea. Mi rispose con una lunga memoria che trattava dei frequenti casi di rottura di tronchi durante il taglio per cause di verse. Queste rotture so­ no difficilmente osservabili, perché i l tronco, subita la rottura, richiude la fessura e una percentuale (qualche unità per mille) di tronchi rotti può essere messa in opera. La rottura riscontrata nel monaco alla Fenice era per così dire "fisiolo­ gica", non patologica, ma ciò la dice l unga sull ' aleatorietà delle carat­ teristiche meccaniche del legno massiccio e sulla risibilità dei tradizio­ nali coefficienti di sicurezza. Un altro difetto, che contribuisce ad aumentare l ' aleatorietà delle carat­ teristiche meccaniche del legno, è la deviazione della fibratura che si manifesta con fessure più o meno inclinate. L'angolo di inclinazione, rispetto ali ' asse longitudinale, rappresenta l'indice di difettosità. Per ogni grado di inclinazione - stando alla lette­ ratura è necessario penalizzare di due-tre punti la tensione ammissi­ bile. Da prove sperimentali che ho eseguito su un buon numero di campioni è però risultato che se l a trave è ricavata dall ' intero tronco (trave con cuore) la resistenza non subisce diminuzione, ma se la trave è ricavata da mezzo tronco o da un quarto (trave fuori cuore), la ridu­ zione di resistenza è drammatica, proprio perché le fibre sono interrot­ te e faci lmente si innesca l ' energia di frattura.

Schema delle rotture da abbatti mento o rotture da caduta che si possono verificare: 1-11-111, per ostacoli prossimi alla base; IV-V, per ostacoli nel la parte mediana del tronco da lavoro; VI-VII­ VIli-IX, per ostacoli verso la chioma o il cimale; R, rottura del tronco da lavoro; r, rottura del ci­ male (G. Giordano, l/ legno dalla foresta ai vari impieghi, Hoepli, Mi lano, 1 956).

-

Determinaz!one del l ' angolo a di incl inazione della fibratura, secondo le norme DIN 4074, ta­ bella dei coefficienti riduttivi ed esempio di rot­ ture di trave "fuori cuore" con fibra torta.

Spesso, considerato che le travi sono consegnate "bagnate", ovvero con umidità superiore al 25%-:-30% (personalmente non accetterei travi con più del 1 6- 1 8%, in dipendenza anche dal l ' umidità del l ' ambiente con cui dovranno essere poste in opera), i l difetto suaccennato si mani­ festerà in esercizio e nulla si potrà fare per riportare le travi alla rettili­ nearità. Nemmeno le fessure che si apriranno per perdite d' acqua del legno sa­ ranno mai risarcibili: la cosa migliore sarebbe poter acquistare travi già fessurate, così almeno i "difetti" saranno evidenti e ci si potrà conse­ guentemente regolare. Ma per avere travi "stagionate" - ovvero fessu­ rate - i l legname deve essere esposto all ' aria per diverse stagioni. Nes­ sun commerciante però può facilmente permettersi il lusso di tener a lungo fermo tale capitale: oltretutto la committenza difficilmente ac­ quista l egno fessurato ! Il progetto col legno massiccio è quindi una sfida. Con un materiale anisotropo - le caratteristiche variano secondo le tre direzioni, longitu­ dinale, radiale e tangenziale, per precisione sarebbe ortotropico - pieno di luoghi comuni sulla sua durabilità e resistenza, spesso privo di codi­ ci per la sua assenza della scena costruttiva degli ultimi 60-70 anni e spesso trattato surrettiziamente come altri materiali più conosciuti, è necessario tenera alta l ' attenzione e non è possibile abbassare la guar11

coeff riduttivo

60'

0,07

dia. Ma in questo conti nuo confronto c ' è anche tutta la bellezza del progetto col legno, che non è mai conclusivo, nel senso che ogni suc­ cesso significa conoscenza aggiuntiva e capacità di domarlo. Infine, richiamando ancora lo slogan iniziale, a proposito dell ' apparte­ nenza delle capriate ali ' arte del costruire e alla tecnologia più che ai modelli strutturali del la scienza delle costruzioni, è assai illuminante il giudizio del l ' Albenga ( 1 95 8 ) a proposito dei ponti l ignei settecenteschi dei costruttori svizzeri Grubenmann: Del resto anche noi, dopo tanto progresso della scienza, ci troveremmo a disa­ gio nel calcolo di strutture così complesse, iperstatiche in grado elevato, nelle quali alle deformazi oni elastiche se ne sovrappongono altre, dello stesso ordi­ ne di grandezza ed anche maggiori, irregolari e male anal izzabili, alle qual i non è quindi lecito applicare le ordinarie teorie del la scienza del le costruzioni. La Svizzera è la terra classica di questi sistemi, c he a partire dal la seconda metà del secolo XVIII, si diffondono molto, ricorrendo ai più di versi tipi spi n­ genti: poli gonati di aste, archi con asse curv i l ineo, saettoni, caval letti e portali uniti con travature reticolari i ncompleti e labi li, che di per sé non potrebbero reggere. Ne risultano q ualche volta i ndefi nibili ed irrazionali accozzamenti di aste". Con tutti questi difetti e tutte le i ncertezze, che a noi consiglierebbero somma prudenza, i costruttori svizzeri si abbandonarono ad arditezze sorpren­ denti ; li soccorsero la bontà dei materiali, la esatta lavorazione, il basso valore del sovraccarico. Giuseppe Ritter alla fine del Settecento superò la Kander nell ' Oberland Bernese con u n sol balzo di m 50,7, non esitando ad impiegare lunghissi mi saettoni .

Ma, quand' anche volessimo ricavare una pulita e chiara concezione strutturale nelle grandiose incavallature di C. Whren per lo Sheldonian Theatre di Oxford e per la cattedrale di S. Paolo a Londra sarebbe im:annessione per deviazione fibra di travi appogg iate. Il difetto della torsione delle fibre, considerato che il legno strutturale :me generalmente consegnato con umidità dal 20-30%, si manifesta in opera a causa proprio della perdita di umidità che alta il ritiro e la rotazione. Sotto, sollevamento dell'unione di una trave composta ed i mbullonata per effetto di ritiro e de­ :.zione della fibra. In questi casi è preferibile ricorrere a cerchiature, piuttosto che a bullonature. Le cerchiature "assecon­ lno" meglio tali incontrastabili rotazion i, mentre la presenza dei bulloni spaccherebbe ancor di più l'elemento strutturale o annetterebbe eventuali unioni. Si dispiega cioè in questo caso, tutta la difficoltà dell'operare col legno, superabile solo 'n attenta esperienza, che assai più dei libri o dei calcoli, è condizione di buona riuscita del suo i mpiego. formidabile intreccio di aste e puntoni, travi ed archi di un ponte in legno realizzato nel 700 da Grubenmann, sorretto da ta complessa concezione strutturale.

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Capriata di Whren per lo Sheldonian Theatre di Oxford. Anche in questo caso è i mpossibile estrapolare una concezione strutturale chiara. La ca­ tena è concepita come trave, anche se l'insieme potrebbe essere consi­ derato un "arco", le sottili aste intermedie non si innestano nei nodi, fra monaci e puntoni ci sono dei potenti controventamenti massicci "a gi­ nocchio di nave".

possibile, poiché è ben vero che alcuni elementi strutturali sembrano sovrabbondanti, come hanno messo in l uce Harold Dorn e Robert Mark2, ma non bisogna dimenticare che la capriata deve essere "co­ struita" e molte aste hanno solo funzione realizzativa, anche se poi, in esercizio, non danno apporto. 2. Storia, come fonte di conoscenza per l ' i n novazione

Val la pena di sottolineare come, nel caso delle capriate, niente più del­ la rivisitazione storica può suggerire innovazione. Le grandi costruzio­ ni medioevali, rinascimentali e successive, fino alla fine del l ' ottocento sono state realizzate con coperture lignee. Grandi ingegni e magnifiche soluzioni hanno contrassegnato il costrui­ to civile e rel igioso, sfruttando appieno le risorse del conosciutissimo legno. Guardare indietro è quindi spesso fonte di preziosi suggerimen­ ti, non solo per la soluzione di giunzioni e dettagl i costruttivi, ma an­ che per la scelta della specie legnosa, che oggi sembra appiattita sul l ' a­ bete rosso e in parte sul larice. Solo per l ' arredo o per finiture (serramenti cate le specie, ma nell ' ambito strutturale costosa, per altre specie di v erse dal l ' abete capriate, alcune parti andrebbero realizzate

e pavimenti) sono diversifi­ non c ' è alternativa, se non rosso, eppure, proprio nelle con altre specie legnose.

Così ad esempio prescrive il Meduna, per le capriate della ricostruzio­ ne ottocentesca della Fenice: Il tetto costruito nel l a parte mediana dell ' edificio ha tredici incaval l ature, di cui le maggiori l unghe m 28,80, alte m 6,80. Ognuna di esse è composta di una catena, una controcatena, due pu ntoni con due sottopuntoni, tre monaci e due mensol oni . Questi u l timi cinque membri ed il primo sono di larice, gli al­ tri cinque di abete: la loro riq uadratura è di m 0,38, e m 0,26; la maggiore del le quali dimensioni nei due puntoni mi nora verso l a sommità dove si ridu­ ce a m 0,35, com ' è nel lato omologo del monaco al vertice. La catena è costi­ tuita di tre travi unite in continuazione con doppio dente in terzo nelle giuntu­ re, che sono l unghe m 4,00, e strette agli estremi da fascie e nel mezzo da ca­ vigl ie di ferro. L'u nghia dei puntoni e sottopuntoni s ' i nserisce nella catena con incastro marginale a sempl ice dente cuneiforme, e v i è trattenuta da staffa di ferro che abbraccia anche il sottoposto mensolone: altra staffa è in ciascuno dei tre monac i .

13

Nella concezione ad arco a tre cerniere di molte capriate, il nodo pun­ tone-monaco è sollecitato a compressione trasversale. In quel punto l ' abete non è i l legno ideale, servendo legno resistente a tale azione, mentre va benissimo l ' abete per le strutture presso-inflesse. Così i doppi cunei di contrasto nella g iunzione a dardo di Giove, devo­ no essere di legno durissimo, come il bosso e posto in opera allo stato più anidro possibile. La mensola di appoggio è preferibile sia di mate­ riale resistente all ' umidità, come il larice o il castagno. Ma soprattutto la rivisitazione storica mette in luce l a costante atten­ zione alla concezione spaziale del le strutture.

B. Meduna: studio di capriate per le copertu­ del Teatro la Fen ice dopo l'i ncendio del 1 836 rchivio Carive).

Anche il monaco di una sempl ice capriata di un fienile può aprirsi ra­ dialmente, con saette che contrastano sia la trave di col mo, sia i punto­ ni. Non c ' è illustrazione della trattatistica o manualistica - salvo la re­ cente pubblicistica - che non dimostri la costante attenzione alle tre di­ rezioni dello spazio. Non solo l ' insieme, ma anche un semplice nodo è così ben concepito che, spesso, rotture locali non si ripercuotono sul­ l ' insieme. Come storicamente sia già stato detto tutto - o quasi - sulle strutture l ignee di copertura si può ricavare dalle poche, ma pesantissime, paro­ le che Palladio dedica ai tetti . In poche righe è descritto a cosa servivano (non solo per riparare dalla pioggia, ma anche per l ' isolamento termico e l ' umidità della notte), come sia preferibile costruirli per la sicurezza statica (non ci si affidi ai soli appoggi ai muri esterni che facilmente marciscono). Infatti, Palla­ dio perentoriamente afferma - e come ha ragione ! - che ci siano gli sporti, con i l corredo di gronde e pluviali che allontanino l ' acqua. Nondimeno si deve trascurare la loro bellezza. Dopo quasi 500 anni queste affermazioni conservano una freschezza unica tanto da apparire "scritte appena ieri" !

Note l . Ci riferiamo al prezioso lavoro di Gaetano Della Giustina

pentes en bois,

(La pathologie des char­

Moniteur, Parigi, 1985) che per conto delle società assicurative francesi

ha preso i n esame più di 800 casi di fuori servizio di strutture l i gnee. 2 . H. Dorn, R . Mark, "L'architettura di Christoper Wren", Le

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Scienze,

n. 157, 1981.

Esempio di capriata "spaziale", as­ sai comune nei fienili della Val Pa­ dana.

P R I M O.

DE I COPERTI.

Cap.

XXIX.

S S E, N D O S I tirati i muri aiJa fommità loro, e farti i uolti, meffe le trauamcnti de fohri, accommodate le fcale, e tutte quelle cofc, delle quali h abbiamo parlato di fopra; fà dibifogno fàre il coperto: il quale abbracciando ciafLuna parte dellafabri ca, c premendo col peCo fuo vgualmente fopra i muri i è come vn legame d1 rurra l'opera,&oltrail difenderc gii habitan�i dalle pioggie,dalle neui,da gli ardentiSo­ ..._�"""''!:\'!JJI.Y,.t11 li, e dall'humidità della Notte i fa non picciolo giouamcnto :1.1la 6bric:1., fcaco:u.­ uv•vu ....u,v da i muri l'acque, che piouono: le quali benche paiano poco nuocere; nondimeno in procelfo di tempo fono cagione di grandifsimi danni. I primi h uomini, come fi legge in Virruuio; fecero i coperti delle habitation loro piani: ma accorgendoti che non erano difefidalle piogg1e; co­ firetti dalla necefsirà cominciarono a farli fafiigiati , cioè colmi nel mezo. Qgdli colmi fideono fa­ n: e più,e meno alti fecondo le regioni oue fifabrica : Onde in Germania per b grandifsima quanti­ tà delle neui,che vi vengono; fifanno i coperti molto acuti, e ficuoprono di Scandale, che fono alcu ne rauolettc picciole di legno i ouero di te� ole fottilifsime; che Cc altramente fifacelfero; farehbono dilla grauezZJ delle neui ruinari: ma noi che in Reo-ione temperata viuiamo; douemo eleggeré quel l'altezza, che renda il coperto garbato,e con bella orma,e pioua tàcilmenre. Però fi partirà la la1ghezza del luogo da coprirfiin noue parri,e di due fifarà l'altezza del colmo : perche s'ella fi farà per il guano della brgheZUi la coperta farà troppo ratta: onde le tegole,ouer coppi ui fifermeranno con difficulrà: e fe fifarà per il quinto ; farà troppo piana, onde i coppi, le tauole, e le neui, quando uen­ gono; aggreucranno molto. Vfa li di fare le gorne intorno le cafe, nelle quali da i coppi piouono le acque ,� per c:mnoni {ono gettate fuora lontano da i muri. (@elle dcono hauere fopra di fe vn pie­ dc e mczo di muro: il guale olrra il tener le falde difenderà il legname del coperto dall'acqua, fe effe in qualche parte facetfero danno. Varie fono le maniere di difporre il legname del coperto: ma quando i muri di mezo vanno à ror fuCo le traui; facilmente fiaccommodano , c mi piace molto, per­ che i muri di fuori non Centono molto carico; e perche marcendolì vna te!la di qualche legno; non è però la coperta in pericolo. II'IWii'iOO";;!P';i;a:;;;;;iQ;;t

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FINE DEL PRIMO LIBRO.

le poche, ma esemplari e freschis­ s i me ri ghe che Pa l ladio nei suoi Quattro libri dell'architettura (Vene­ zia, 1 570) dedica alle coperture.

1. Le capriate: sviluppo storico del la concezione struttura le(

La configurazione strutturale della capriata in legno si sostanzia nella tarda tecnica romana fra il IV e il V ..secolo d.C., quando per la coper­ tura delle basiliche cristiane si diffonde l ' uso di coperture a falde con puntoni, monaco e catena (semplice o doppia) saldamente uniti tramite chiodature e/o fasce metalliche. In precedenza la tecnica greca non utilizzava la struttura a capriate benché siano noti esempi di coperture a falde con travi inclinate e pila­ strino centrale sostenuto da trave orizzontale, fra loro non vincolati e quindi sistemi per sovrapposizione d' elementi orizzontali, verticali e inclinati . Per esempio, il Buleuterion di Priene (IV secolo a.C.) aveva una copertura a capriate di oltre 1 5 m di luce libera; possiamo suppor­ re si trattasse di un sistema a travi appoggiate, pilastrini in legno e tra­ vi inclinate, realizzabile con travi di sezione 60 X 60 cm come nella Skeuotheke del Pireo, oppure che dietro il frontone ci fosse una coper­ tura a tenda o che fosse anche senza copertura. Risulta che nel pronao del Pantheon ( I I secolo d.C.) vi fossero delle capriate in legno o addirittura in bronzo, poi demolite e rifatte in legno per recuperare il prezioso materiale metallico. La capriata quindi po­ trebbe essere stata introdotta dalla tecnica romana dato che Plinio (Na ­ turalis Historia, 16, 20 l e 26, l 02) e D ione Cassio ( Historie Romanae, 55,8 e 66,24) descrivono travi di oltre 30 m di lunghezza con sezioni quadrate di 50 X 50 cm e anche 70 X 70 cm che potrebbero essere state catene di capriate per le coperture delle basiliche forensi modello per le successive basiliche cristiane in cui è accertata la presenza delle ca­ priate (IV-V secolo d.C.). Secondo la cronologia la capriata non dovrebbe essere stata cosciente­ mente nota prima del 1-11 secolo d.C. e Vitruvio non avrebbe potuto conoscerla. D ' altra parte le descrizioni inerenti le coperture in legno di Vitruvio non sono molto limpide : "sopra quello frontespicio si deve ponere il colmello, o i canteri, o costali , i tempiali in modo che il gron­ dale risponda alla terzera del tetto perfetto"2. Viceversa disegni di ca­ priate sono presenti nelle edizioni rinascimentali del canone vitruviano. I più antichi esempi esistenti e oroginali di capriate si suppone siano quelle presenti nella chiesa di Santa Caterina sul Monte Sinai le cui strutture dovrebbero risalire al VI secolo d.C. Tal i capriate sono forma­ te da due puntoni, catena e monaco staccato dalla catena, di uguale se­ zione e due saette di sezione minore.

R.AFTER

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