Capitolo 4

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acciaio collegamenti...

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Capitolo Quarto

COSTRUZIONI 1\tETALLICHE 4.1 I MATERIALI

Le Norme Italiane al punto 2. O prevedono l'impiego di dùe tipi di acciaio, denominati tipo 1 e tipo 2, caratterizzati dalle proprietà meccaniche indicate nel seguente prospetto: CARATTERI8TICHE 1) Tensione di rottura a trazione (kg/mm 2)

Acciaio tipo 1

Acciaio tipo 2

37+47

42+52

52+62

~24

~26

~36

~3.5

~3.5

~3.5

- su barre, profilati e larghi piatti %

~28

~26

~22

- su lamiere e nastri larghi

~26

~24

~21

2) Tensione di snervamento (kg/mm2) 3) Res1l1enza UNI 4713 69 (kgm/cm 2) 4) Allungamento a rottura:

5) Prova di piegamento a freddo s e c o n d o UNI 564 (a = 180 0 , a = spessore prove.! ta), diametro rnandrino: - per barre, profilati, larghi piatti - per lamiere e nastri larghi

0.5a

1.5a

2.5a

la

2a

3a

4s

6s

8s

6) Prova di schiacciamento dei tubi: - distanza fra le piastre (s

= spessore del tubo)

352

Allo stesso punto 2. O è esplicitamente detto: "E I consentito l'impiego di tipi di acciaio diversi da quelli previsti purchè ven­ ga garantita alla costruzione, con· adeguata documentazione teori­ 'ca e sperimentale, una sicurezza non mino~ di quella prevista delle presenti norme". Tale disposizione consente l'impiego degli acciai ad alto li­ mite elastico T 1, T lA e T lB, brevemente indicati con la dici­ tura "tipo TI e Tl*" Le caratteristiche di tali acciai sono le seguenti:

r

CARATTERISTICHE

TI

. I) Tensione di rottura a trazione (kg/mm2)

TIA 80+95

3) ResiUenza 10000tudiDale con intagUo a V, a 20 bC (kgcm/cm~)

~6

~6

4) Temperatura convenziODll1e di traD8izio­ ne (0C)

-45

-IO

6) Modulo di elasticità normale (kg/mm2)

~14

T 1* ~73

~70

2) Tensione di snervamento

5) Allungamento a rottura su 5 diametri (%)

TIB

~63

.

~7

~6

-20

-45 ~14

21·000

Una pubblicazione della collana rr ALSIDER, a cura dei Pro­ fessori L. Donato e L. Sanpaolesi e degli Ingengeri M. Bertero ed S. Musmeci fornisce le ''Istruzioni pe'r il calcolo delle strut- . ture di acciaio TI"; Va tenuto presente, infine, la Parte 5 delle Norme Italia­ ne, che riguarda le Costruzioni composte da elementi in metalli diversi dall'acciaio e che precisa: "Le costruzioni composte da elementi strutturali di metalli diversi dall'acciaio - te quali han­ no limitata applicazione nelle opere cui fa riferimento la legge 5 novembre 1971, n.1086 - dovranno essere progettate, eseguite e montate seguendo tutte le indicazioni di ordine generale nelle nor­ . me per le costruzioni in acciaio". Deve essere peraltro provato dal progettista, caso per ca­ A

353

so, che le strutture posseggano un grado di sicuI1!zza adeguato, alla affidabilità dei materiali e delle tecnologie e comunque non inferiore a quello richiesto dalle Norme per le costruzioni in ac­ ciaio" .

-

4.2 LE TENSIONI AMMISSIBILI

Secondo le N. I. punto 3. O, le verifiche di resistenza si eseguono con il metodo delle tensioni ammissibili, quindi n e Il a ipotesi di materiale linearmente elastico (cfr. par. 4.5: I sistemi di collegamento). Facendo esplicito riferimento' alla Norma CNR-UNI 10012­ -67 "Ipotesi di carico sulle costruzioni" (v. Appendice N. 1) ven gono considerate due condizioni di carico: a) la condizione di carico I, che cumula sulla struttura le a­ zioni principali (carichi permanenti, carichi di esercizio, neve, spinta delle terre, effetto dinamico, coazioni impresse) nel modo più sfavorevole; " b) Ja condizione di carico II, che cumula sulla struttura 1 e azioni principali" e complementari (vento, varjazioni termiche, ri- . tiro, fenomeni viscosi,' imperfezioni dei vincoli, difetti di mon­ taggio), nel modo più sfavorevole. Per ciascuna condizione·di carico vengono prescritte dif::' ferenti tensioni ammissibili; sono obbligatorie le verifiche per en­ trambe le condizioni di carico: Tensioni ammissibili a trazione o compressione per la dizione di carico I (azioni principali). A cciai tipo J O'am = 16 kg/mm 2 Acciai tipo 2 O'am = 24 kg/mm 2

CO~

Tensioni ammissibili a trazione o compressione per la co~ dizione di carico n (azjoni principali e complementari): sono quel le delle condizioni di carico I moltiplicate per il c o e f fi c i e n t e 1.125. 2:l. E.F. Radogna: Appunti di ll'cnil'a ddlc cllstruzillni I

354

Nel ca1:lo di stati di tensioni pluriassiali si adotta il cri~ terio di resistenza di Huber-Von Mises-Hencky. Nei problemi piani, la tensione ideale risulta pari a:

Nel caso di tensione tangenziale pura, si ha:

La verifica consiste nell'accertare che:

Dal caso della tensione tangenziale para si ricava la e­ spressione della tensione tangenziale ammissibile:

~am J!'3'" ~am

=

=

O'am

O.5760'am

4.3 LA DUTTILITA' DELL'ACCIAIO ED IL CALCOW ELASTICO

A prima vlsta potrebbe sembrare che. la applicabilità del calcolo elastico alle costruzioni di acciaio dipenda esclusiva.men­ te dalla linearità del diagramma costitutivo O' - E tra lo zero e la tensione di snervamento. In realtà anche il tratto orizzontale del diagramma O' - E oltre lo snervamento, cioè il comporta­ mento duttih dell 'acciaio. da carpenteria, contribuisce in m o d o determinante alla ~licabilità della analisi elastica. Ciò perq~ gli' elementi strutturali di acciaio sono inevi­ tabilmente sede· di sovraten~ioni dovute a molteplici cause: / \

a) tensioni residue dovute alla laminazione e alla saldatura; b) pressioni localizzate dovute ai carichi concentrati; c)conçentrazioni di tens:oni, dovute alla presenza di f o r i per il passaggio di chiodi e di bulloni, di intagli, di brusche va­ riazioni di sezione; d) tensioni supplementari dovute ad eccentricità non inten­

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zionali, derivanti da imperfezioni geometriche distribuite in modo casuale nella intera struttura; e) limitatamente alle strutture ;i.perstatiche, sovratensioni do­ vute a cedimenti non uniformi dei vincoli, a forzamenti durante il montaggio, a variazioni di temperatura. ­ Non tenendo conto di queste sovratensioni, le tensioni cal­ colate in funzione dei carichi applicati hanno il carattere di ten­ sioni medie nominali, mentre i valori delle tensioni risultanti e.! fettive possono superare largamente le tensh>ni amIIÌissibili e raggiungere il campo plastico. Tuttavia, proprio grazie all'adat­ tamento, permesso dalla duttilità dell'acciaio, questi fenomeni locali non danno luogo a rottura e rendono anzi possibile di as­ sumere come base delle verifiche di sicurezza il confronto fra le tensioni medie nominali, dovute ai carichi, e le tensioni am­ missibili.

4.4 CAUSE DI ROTIURE FRAGILI NELL'ACCIAIO DA CARPENTERIA

Esistono dei fenomeni che tendono a produrre rotture fra­ gili in un materiale duttile come l'acciaio da carpenteria. Questi fenomeni sono estremamente pericolosi, perchè le rotture fragili avvengono all'improvviso, senza segni premonito­ ri, e purtroppo in corrispondenza a valori falsamente rassicu­ ranti delle tensioni medie nominali. Le cause principali del comportamento fragile dell 'acciaio sono tre: a) pali b) c)

stato di tensione triassiale, in cui le tre tensioni princi­ sono tutte di trazione e dello stesso ordine di grandezza; bassa temperatura; alta velocità di applicazione del carico. .

Per quanto riguarda la prima causa, se le tre tensioni pri!! cipali hanno circa lo stesso valore, le tensioni tangenziali risul­ tano molto piccole e le deformazioni plastiche non possono svi­ 1upparsi pur trattandosi di un materiale duttile. Il materiale può

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rompersI allora soltanto per decoesione; ciò avviene quando l a massima tensione principale di trazione raggiunge la tensione di rottura, con modalità che sono proprie dei materialinaturalmen­ te fragili. Una barra tesa nella quale sia praticato un intaglio, oppure un nodo saldato fra due lamiere incrociate possono essere sedi di stati di trazione triassiale e di conseguenti rotture fragili. Anche le basse temperature conferiscono carattere fragile alla rottura dell'acciaio. Generalmente il fenomeno viene messo in evidenza nelle prove di resilienza su provini intagliati: dimi­ nuendo la temperatura i valori della resilienza passano da un va­ lore quasi costante alla temperatura ordinaria (per es. 6 kgm/cm 2) ad un valore sensibilmente minore (per es. 1.5) alle basse tem­ perature, in corrispondenza delle quali si mantiene pressocchè costante. In corrispondenza della zona di passaggio dal val o r e maggiore a ouello minore della resilienza. si individua, in base a certi criteri convenzionali, la "temperatura di transizione" (per es. - 5°C). Per quanto riguarda la velocità di applicazione del carico, 11 carattere fragile si rileva in corrispondenza delle velocità più alte, cioè per fenomeni di urto, perchè le deformazioni plasti­ che richiedono un certo tempo per potersi sviluppare. Dall'esame della letteratura specifica si ha notizia di nu­ merosi incidenti dovuti a rotture fragili di strutture in acciaio: 1938 1938

Fessurazione del Zoo-Briicke a Berlino; Fessurazione del ponte autostradale a Riiderschort (Ger­ mania); 14 marzo 1938 Crollo del ponte di Hassel sul Canale Alberto (BelgiO); 1940 .Rotture nel ponte di Hérenthals-oolen sul Canale Alberto; 1940 Rotture nel ponte di Kanille sul Canale Alberto. Tra il 1942 ed 11 1945 circa 701) navi tipo Liberty e Victo­ ry hanno subito gravi danni per rotture fragi!i; in una ventina di casi si è avuta la rottura dello scafo. 1951 Crollo del ponte a Duplessis a Quebec.

357

4.S l SISTEMI DI COLLEGAMENTO

4.5.1

Generalità

L'àcciaio per usi strutturali è fornito diU'industria s ide­ rurgica in elementi aventi forme tipiche, di dimensioni unificate. "

"

A partire da questi elementi resistenti semplici (profilati, lamiere, tubi) è possibile costruire una qualsiasi struttura - sia a parete piena che reticolare - a condizione di saperne realizza- " re le reciproche connessioni, di modo che clascunelemento'sem­ plice contribuisca alla capacità portante dell'insieme. Col nome di "sistemi di collegamento" si intendono JlUei di­ spositivi costruttivi che hanno lo scopo specifico di "connettere in­ sieme due o più elementi strutturali, inizialmente indipendenti. " I sistemi di collegamento, usati nelle costruzioni d'acciaio, SODO, allo stato attuale della tecnica,_ cinqUe: a) b) c) d) e)

chiodi (da ribadire a caldo);

bulloni normali;

bulloni ad attrito (ad alta resistenza);

perni;

saldatura (ad arco).

Tutti è cinque sono presi in considerazione dalle v i g e n t i Norme italiane (D. M. 30. 5.1974); ric~rdiamo anche, per usi spe­ ciali, la saldatura alla termite e"l 'impiego di adesivi, in parti:­ colare resine epossidiche. A seconda del punto di vista considerato, i sisteÌni di col­ legamento possono essere classificati in vari modi. Se si assume come criterio di distinzione la reversibilità del collegamento, cioè la possibilità. di smontarlo, si ha: a) sistemi scioglibili: bulloni (normali e ad attrito), perni;

b) sistemi non scioglibili: chiodi, saldature, adesivi.

Se, invece si mette in evidenza la necessità, o meno, di

358

eseguire preventivamente dei fori nei pezzi da collegare, si ha un diverso raggruppamento: a) sistemi che richiedono l'esecuzione di fori: chiodi, bulloni (normali e ad attrito), perni; b) sistemi che non richiedono la esecuzio~ di fori: saldatura, adesivi. Se, infine, si distinguono i collegamenti resistenti soltanto a sforzi di scorrimento da quelli resistenti anche a trazione, si ha:

·a) sistemi resistenti a. sforzi di scorrimento: tutti quelli elen­ cati in precedenza b) sistemi resistenti anche a sforzi di trazione: tutti· meno i chiodi ribaditi a caldo. Nei paragrafi seguenti esamineremo i cinqUe sistemi di col­ legamento considerati dalle norme,- adottando la seguente meto­ dologia: morfologia del. collegamento e regole.di buona costruzio­ ne, modalità di trasmissione delle forze; modalità di rottura; cri­ teri di calcolo. 4.5.2

Chiodi, bulloni nonnali, penti

4.5.2. j Chiodi (Norme Italiane. 2.7, 5.2)

I chiodi sono classificati in base alla forma della testa:

a) chiodi a testa tonda stretta secondo UNI 136 b) cl':.iodi a testa svagata .piana secondo UNI 139 c) chiodi a testa svasata con calotta secondo UNI 140

c)

b)

Fig. 220

359

L'aociaio per i chiodi da ribadire a caldo deve essere del tipo Fe 40 UNI 5937-67 (N.I .2. 7). I diametri dei chiodi sQno unificati e si riducono a sei va­ lori: lO, 13, 16, 19, 22, 25 mm.. l diametJ;i dei fori corrisponden­ ti sono maggiorati di un millimetro, ad eccetrone del diametro di lO mm per 11 quale basta 11 foro da 10.5 rom (N.I 5.2.2). " Il tipo di ....!!!:- >

-

per le file prossime ai bordi:

"3

-

per quelle di margine:

3~A

-

d

-

ID]'"

Lo scopo delle limitazioni inferiori (del tipo ,di

2

> 1.5

i~d;2:3) è du":

plice: a) evitare la rottura della lamiera in conseguenza dell'ecces­ sivo inde1:>olimento prodotto dai fori troppo vicini o fra loro o ri­ spetto ai bordi, b) garantire lo spazio minimo pèr l'operazione di ribattitura

360

del chiodo; lo scopo delle limitazioni superiori (come t/d > lO) è quello di evitare distacchi locali fra le lamiere a contatto, espo­ nendo le sUperfici interne a fenometIi di corrosione. 'Su} problema della rottura della ~ra per effetto dei fo­ ri torneremo fra breve e, mediante un éalcolo approssimato, che esprime la condizione di' migliore utilizzazione della resistenza del gambo e della lamiera, ritroveremo la condizione limite in­ feriore ild ~ 3 . Esiste. una ulteriore limitazione superiore, fra l'interasse i (ed il margine m) ed il più piccolo spessore sl tra quelli del pac­ chetto di lamiere collegate dai chiOOi (N. 1. 5. 2.4), cioè:

---.!- < i 15 per gli elementi compressi Sl

125 per gli elementi tesi

m

Sl

< 6 « 9 se il margine è irrigidito)

Lo scopo di questa limitazione è duplice: a) evitare distacchi locali delle lamiere a contatto, nello stes­ so spirito della limitazione .i/d ::s;; lO ; . b) nel caso di elementi compressi, evitare il carico di punta nelle singole lamiere, nell 'intervallo compreso' fra due c h i o d i consecutivi. Dobbiamo ora occuparci brevemente delle modalità esecu­ tive delle chiodature, le quali hanno importanti conseguenze sul co,mportamento dei chiodi a sforzi di trazione. I fori necessari 'vengono eseguiti nelle lamiere preferibilmente col trapano od an­ che col punzone, purchè succe9sivamente alesati; scopo dell 'ale­ satura è quello di eliminare la porzione di acciaio incrudito dal­ la lavorazione a freddo,' che circonda il foro. In tal caso è neces­ sario che il punzone abbia diametro inferiore a. quello del foro definitivo, per tenere conto del successivo allargamento con l'a­ lesatore o con il trapano. Il loro diametro è maggiore di un mil­

361

• limetro rispetto a quello del gambo del chiodo (ad eccezione del ~ lO). Per introdurre il chiodo nel foro è necessario che esso ab­ bia la testa prefabbricata da una parte sola, quindi la seconda te­ sta deve essere eseguita in opera. Perchè ciò sia possibile occorre:

­

a) che il gambo del, chiodo abbia una lunghezza sufficiente per permettere la formazione della testa ribadita e del completo riem­ pimento del foro; . b) che il chiodo sia riscaldato con fiamma riduttrice o elettri­ camente, prima di essere introdotto nel foro. La temperatura i­ niziaÌe del chiodo deve essere tale da renderlo malleàbile, cioè di circa 1100 -;- 1200 °C. A tale temperatura l'acciaio assum.e il colore rosso ciliegia chiaro. Al termine della ribaditura la tem­ peratura deve essere di circa 950°C, a cui corrisponde il colo­ re rosso scuro. , La testa in opera si forma applicando sul prolungamento del gamboI uno stampo ed un controstàmpo dalÌa parte della. testa pre' fabbrIcata. , Sullo stampo si batte col martello ordillarloo' col martello pneumatico, ma, preferibilmente, la ribadttura deve farsi a mac­ china. Le teste ottenute con la ribaditura devono risultare bencen­ trate' sul gambo, ben riempite alla base, s e n z a screpolature e ben combacianti con la superficie dei pezzi. l chiodi difettosi devono essere rimossi con scàlpello. Torniamo a considerare iléhiodo. a ribaditura ùltimatà: la temperatura è di circa 950°C e tende gr;umalmentea .portarsi al livello di quella ambiente, per esemploCÌì. 20°C. Se 11 chiodo fos­ se libero e se la diminuzione di temperatura fosse uniforme i n tutto lo spessore, esso si raccorcerebbe sènza entrare in tensio­ ne; ora, però, l'accorciamento del chiodo è impedito dalle lamie­ re, contro, cui premono le due t~ste, quindi 11 gambo risulta te­ so, mentre le lamiere sono compresse. Tutto ciò è avvenuto - ricordiamolo - per il· solo effetto del­ le modalità esecutive, senza l'intervento di for~e esterne.

362

• Come vedremo più in dettaglio fra .poco,se le forze ester­ ne tendono a far scorrere mutuamellte fra loro le lamiere chio­ date, almeno entro certi limiti, sarà l'attrito, indotto dalla COl!! pressione delle lamiere, ad opporsi a tale scorrimento, supera­ to l'attrito, resta sempre da vincere la resistenza del gambo, per arrivare al collasso. Se, invece, le forze esterne tendono ad allontanare le la­ miere l'una ri'spetto all'altra, il gambo del chiodo, già inizial­ mente teso, subisce un ulteriore incremento di trazione. Come sarà esplicitamente messo in evidenza a proposito dei bulloni ad alta resistenza, fino a che le lamiere non si dee o'm p r i ma n o, .questo incremento di tensione resta contenuto in limiti molto mo­ · desti, senonchè le irregolarità del fenomeno di ritiro e la stes­ sa geometria della testa del 'chiodo determinano fluttuazioni così notevoli delle tensioni nel gambo, da esigere particolari cautele. Sin da queste considerazioni preliminari si comprende, qui!!. · di, .che il comportamento di un chiodo ribadito a caldo è più si­ curo in presenza di azioni taglianti di quanto non lo sia in pre­ senza di trazioni. . Torneremo su questo punto a proposito delle verifiche e · dei valori delle tensioni ·animissipili. 4.5.2.2 Bulloni normali (Norme Italiane 2.5,5.3) . .

I bulloni sono costituiti da tre elementi: a) il gambo con la testà esagonale. (Si noti l'analogia con il chiodo e la differenza della forma- della testa; nel bullone è ne­ cessaria la forma esagonale per la applicazione della coppia tor­ ce~te, mediante chiave a mano o pneumaticà). La ·parte termi­ :Dale del gambo, opposta alla testa esagonale, è filettata .. b) Il dado, pure esagonale, che corrisponde alla testa esegui- . ta in Opera del chiodo, e che si avita alla filettatura del gambo. . c) La rosetta~ . ch~ si. interpone' fra lamiera e dado con la fun­ : zione di distanziatore, in modo da garantire che la filetta tu ra della parte terminale del gambo non entri nell 'interno del foro. .

.

~

. . .

.

'

In presenza ,di vibrazioni o di inversioni di sforzo occoro­ no altri elementi: i controdati oppure le rosette elastiche.

363

~TTA

~~~--W---.

­ ...........w..-.....--a-.

DADo

I

FiJ";.221 Per quanto riguarda i materiali, i bulloni normali (confor­ mi per le caratteristiche dimensionali alle UNI 5727-65, UNI 5592 ­ -65) devono appartenere alle sottoindicati classi della UNI 3740­ -65, associate nel modo indicato nel seglÌente prospetto (2-n del­ le N. I par. 2 . 5) VITE

4D

5D

6D

8G

10K

DADO

4D

5D

5D

6S

80

Di regola si devono impiegare bulloni dei seguenti nove dia­ metri (N.I 5.3.2.): d

=

12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 27, 30mm

I fori devono avere diametro uguale a quello del b u 110 n e maggiorato di 1 m.m fino a ~ 20 mm e di L5 mm oltre ~ 20 mm , quando è ammissibile un assestamento· sotto èarico del giunto;.la maggiorazionesarà, invece, rispettivamente di 0.25, e 0.50mm., quando tale assestamento non è ammesso (N. L 5. 3.. 2) . Si noti che il problema dell'assestamento non sussiste nella chiodatura, perchè il foro è completamente rieinpito dal g a m bo durante la ribaditura. Per quanto riguarda le regole relative

all'i~terasse dei

bul­

364

Ioni ed. alla distanza dai margini, valgono quelle stesse relative ai chiodi, Per quanto riguarda le modalità di JIlOlltaggio, i bulloni no~ mali devono essere serrati con coppie di sen-aggio M s tale da provocar.e una forza di trazione Nb nel gambo della vite pari a:

in cui A, è l'area della sezione resistente della vite -e Gs è la tensione di snervamento su provino, valutata secondo UNI· 3740­ -65. (N.I.3,2).

La coppia di serraggio- M s necessaria per indurre la forza normale Nb risulta, per .filettatura a passo grosso:

in cui d è il diametro nominale del bullone. Esempio:

Bullone M 20: diametro nominale 20 mm; area resistente A, Gs

= 245 ~

= Ms = Nb

mm 2;

2'100 kg/cm 2 ~

21 kg/nun 2

0.8·21 kg/mm2·245 mm2 0.2,4'100,2 cm

=

=

4'100 kg

1'640 kgcm

=

16,40 kgm

Le modalità esecutive dei bulloni normali rendono 11 com­ portamento dei bulloni molto simile a quello dei chiodi: anche il gambo dei bulloni è teso, anche le lamiere attraversate dal bul­ lone sono compresse. L'esperienza prova che 11 comportamento di una bullonatura soggetta a sforzi tangenzialì è molto simile a quella di- una chiodatura, sollecitata in modo analogo. Differente è 11 comportamento tra chiodi e bulloni rispetto a sforzi di trazione agenti parallelamente al gambo: risulta. net­ tamente migliore 11 còmportamento dei bulloni,

365

Ciò viene attribuito a due cause: a) la migliore conformazione del bullone rispetto alla solleci­ tazione di traZione; b) la precisione molto maggiore con la-quale si realizzano l€ dimensioni dei bulloni. Da quest'ultima causa deriva, soprattutto, il raccordo rego­ lare del flusso delle dimensioni dalla testa fissa del bullone al gambo, a differenza di ':}Uanto avviene nei chiodi, nei quali tale flusso è 'influenzato dalla forma del bordo del foro e dalla quali­ tà della posa in opera, cosicchè -proprio nella zona di raccordo si instaurano punte di tensione che ·sono il punto di parteuza per il collasso del chiodo teso. Per queste ragioni le norme attribuiscono ai bulloni norma­ li tesi tensioni ammissibili notevolmente superiori a quelle ",ol11­ tive ai chiodi. 4.5.2.3 Perni

Mentre le unioni chiodate e bullonate sono formate, di re­ gola, da una molteplicità di chiodi o di bulloni, spesso disposti in più file, nel caso delle cerniere si impiega un unico elemento passante, il perno. A differenza dei chiodi e dei bulloni normali, nei quali, al montaggio, hanno luogo sforzi longitudinali, di trazione nel gam­ bo, di compressione nelle lamiere, i perni sono esenti da tali -coazioni. Inoltre la mobilità di una cerniera non deve essere ostaco­ lata da deformazioni permanenti nè del perno, nè delle lamiere, cosicchè un perno, a differenza delle chiodature e delle bullona­ ture, deve essere calcolato in modo che tutte le sollecitazioni re-:­ stino al di sotto del limite di proporzionalità. Il calcolo rigoroso di un perno è pe;rò difficile, perchè es­ so non assomiglia alla "trave" della normale Resistenza dei ma­ teriali, ma costituisce, piuttosto, una trave tozza, nella qua 1e non vale più il principio di De Saint Venant. In questa parte preliminare, non ci soffermiamo ulterior­ mente sul problema del calcolo dei perni; ma passiamo all'esa­

366

me delle modalità di trasmissione delle forze ed alle modalità di rottura di un semplicissimo collegamento, costituito da un solo perno e da tre lamiere. Le conclusioni a cui perverremo saranno utilizzabili n o n ' solo per i perni, ma anche per i chiodi e per i bulloni norma­ li. Successivam~ilte esamineremo 11 caso di un collegamento formato da pil1 chiodi (bulloni), e, infine, ai criteri di calcolo delle chiodature e delle bullonature. 4.5.2.4 Trasmissione delle forze e modalità di collasso in un collegamento con un unico perno

Nella fig. 222, la lamiera (a), tesa dalla forza F, è colle­ gata mediante il perno (c) alle due lamiere (b), t e s e ciascuna
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