Capelli ed Ormoni

August 17, 2017 | Author: nerimarco38 | Category: Hair Loss, Testosterone, Hair, Androgen, Pharmaceutical Drug
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Capelli ed Ormoni Ormoni sessuali e GH influenzano pesantemente la crescita dei nostri capelli. In particolare, la loro evoluzione da pelo folletto a pelo terminale è regolata dall'ormone somatotropo (GH), mentre l'involuzione dipende dall'attività degli ormoni androgeni. Nell'uomo, sono in particolare i capelli del vertice e delle zone frontali ad essere maggiormente sensibili all'azione degli androgeni, mentre nella donna tale sensibilità è più diffusa. Questi ormoni, tipici del mashio ma presenti in concentrazioni minori anche nelle femmine, possono lentamente miniaturizzare il capello, che diventa sempre più sottile fino a dare l'impressione di essere "caduto". Senza androgeni, quindi, non può esservi alopecia; tuttavia, non è detto che a maggiori concentrazioni androgeniche corrisponda una maggiore "perdita di capelli". Affinché ciò avvenga, di fatto, gli androgeni devono agire su un terreno geneticamente predisposto; infatti, sin dalla nascita, una parte dei nostri capelli risulta geneticamente predisposta a subire l'influenza negativa degli androgeni. E' in particolare il metabolismo intracellulare del testosterone ad influenzare pesantemente il ciclo vitale dei capelli. Il testosterone è l'ormone androgeno per eccellenza, secreto dai testicoli e in minor misura dal surrene; quest'ultimo produce anche altri tipi di androgeni, come androstenedione, deidroepiandrosterone (DHEA) ed androstenediolo (nella donna si ha una piccolissima sintesi di androgeni anche a livello ovarico). Giunti agli organi bersaglio, questi ormoni possono essere metabolizzati a testosterone, che a sua volta subisce l'azione dell'enzima 5-α-reduttasi trasformandosi in diidrotestosterone. Per contro, tutti gli androgeni, testosterone incluso, possono anche essere trasformati in estrogeni (ormoni sessuali tipicamente femminili) per intervento dell'enzima aromatasi. Mentre gli estrogeni hanno un effetto positivo sui capelli (segnale proliferativo), il testosterone, ed in particolare il suo metabolita diidrotestosterone, hanno un ruolo cruciale nei processi di diradamento (segnale antiproliferativo). Il vero androgeno attivo a livello della matrice pilifera e capillifera è quindi il diidrotestosterone. A quest'ormone dobbiamo sia la crescita dei peli sessuali sul viso, sul petto, sul dorso e sulle spalle, sia la caduta dei capelli in soggetti ed in aree predisposte. Non sorprende quindi che l'attività 5-α-reduttasica - cui si deve la già citata conversione del testosterone in diidrotestosterone - risulti particolarmente marcata nella regione frontale dei soggetti calvi. Il diidrosterone si lega ad uno specifico recettore citoplasmatico di natura proteica; il complesso così formatosi migra nel nucleo, dove si lega a specifici recettori regolando la sintesi proteica. In particolare, a livello pilifero, il legame ai recettori nucleari attiva i processi di trascrizione con sintesi di RNA messaggero, che a livello ribosomiale reprime (in soggetti predisposti) la sintesi delle proteine strutturali di peli e capelli. Per quanto detto, tanto più alta è la quantità di androgeni circolanti e tanto maggiore è la possibilità che - dinanzi ad una predisposizione genetica - si assista ad una caduta precoce dei capelli. A questo punto è doveroso precisare che gli androgeni circolano nel sangue legati a proteine plasmatiche come l'albumina e le SHBG, e che soltanto la frazione libera, quindi scorporata da tale legame, è biologicamente attiva. Di conseguenza, nel dosaggio ematico del testosterone, dal punto di vista clinico è più importante valutare la frazione libera rispetto alla quantità totale. Le SHBG, a cui si lega tenacemente il testosterone, aumentano la propria concentrazione in rapporto all'incremento (fisiologico, patologico o iatrogeno) degli estrogeni e degli ormoni tiroidei. Per contro, i livelli di SHBG diminuiscono in risposta all'aumento degli androgeni plasmatici; in tal caso, si assiste ad un aumento della frazione libera di testosterone. Di conseguenza, gli enzimi 5-α-reduttasi avranno a disposizione maggior substrato (testosterone libero) per la sintesi di diidrotestorene. IN DEFINITIVA, AFFINCHE' SI MANIFESTI ALOPECIA ANDROGENETICA (responsabile della maggior parte dei casi di calvizie) DEVE ESISTERE UNA PREDISPOSIZIONE SU BASE GENETICA, CHE PER REALIZZARSI HA BISOGNO DI UN LIVELLO DI ANDROGENI PIU' O MENO ALTO. Se è vero che in assenza di androgeni la calvizie non si manifesta, i valori ormonali del calvo sono generalmente paragonabili a quelli della popolazione generale. Solo nelle donne affette da alopecia androgenetica non è raro il riscontro di livelli androgenici superiori alla norma.

Probabilmente, ormoni ipofisari come il già ricordato GH e la prolattina, possono regolare il grado di attività dell'enzima 5-α-reduttasi; basti pensare all'acne puberale che affligge ragazzi di statura particolarmente elevata (segno dell'ipersecrezione di GH) o al defluvio (perdita di capelli) e alla seborrea delle donne amenorroiche o iperprolattinemiche. Attualmente, il farmaco più usato nel trattamento dell'alopecia androgenetica maschile è la finasteride, un inibitore sintetico della 5-α-reduttasi.

Alopecia androgenetica Vedi anche: alopecia androgenetica femminile - Alopecia: rimedi naturali

L'alopecia androgenetica è la principale causa di diradamento progressivo del cuoio capelluto. Nel corso della vita interessa circa l'80% della popolazione maschile ed il 50% di quella femminile. La diffusione dell'alopecia androgenetica è quindi tale da giustificare l'appellativo di "calvizie comune" e dal poterla considerare, entro certi limiti, una condizione assolutamente fisiologica. Pur non essendo una vera e propria malattia, l'alopecia androgenetica viene spesso vissuta come un profondo disagio, con ripercussioni negative sul piano psicologico e sociale. La maggior frequenza dell'alopecia androgenetica nell'uomo rispetto alla donna è dovuta alla sua doppia origine, sottolineata dai termini "andro" e "genetica". Da un lato, infatti, è necessaria la presenza di ormoni androgeni, tipicamente maschili, mentre dall'altro occorre una predisposizione genetica dei follicoli piliferi a subirne gli stimoli involutivi. Non a caso, già nel IV secolo a.C Aristotele notava che né gli eunuchi (maschi castrati), né i bambini, erano interessati da calvizie, intuendo una correlazione tra secrezione di ormoni maschili e perdita dei capelli. Tali ipotesi furono confermate da Hamilton nel 1940. Per questo motivo, la calvizie è stata, e viene tutt'oggi messa erroneamente in relazione ad un maggior grado di virilità e potenza sessuale. Tuttavia, nell'alopecia androgenetica i livelli di testosterone (l'ormone sessuale maschile per eccellenza) non sono necessariamente elevati; spesso si registra una diminuzione della quota totale ed un aumento della frazione libera. Ancor più rilevanti risultano i valori di un suo più potente derivato androgeno, il diidrotestosterone; tale ormone si forma anche a livello dei follicoli piliferi a partire dal precursore testosterone, grazie all'intervento di un enzima chiamato 5-alfa-reduttasi di tipo 2. Per effetto di quest'ormone androgeno i capelli divengono sempre più corti e sottili, fino a non riuscire a coprire adeguatamente il cuoio capelluto; questo perché la fase anagen (di crescita) si riduce progressivamente a favore di quella di involuzione (catagen) e di riposo (telogen). I follicoli, inoltre, assumono cicli di crescita sempre più sincronizzati, come quelli della pelliccia di un animale: per questo si elevano anche le possibilità di telogen effluvium (caduta di capelli numericamente molto elevata e qualitativamente omogenea). In una fase avanzata, per il tipico risparmio della nuca e delle tempie (zone ormono-indipendenti), l'alopecia androgenetica determina la cosiddetta calvizie "a corona". Proprio da queste aree verranno eventualmente prelevati i peli necessari al "famoso" trapianto di capelli. Oltre all'aumento dell'attività follicolare della 5α-reduttasi, l'alopecia androgenetica può essere dovuta ad un incremento del numero o dell'affinità dei recettori per gli androgeni, ad una diminuzione delle SHGB (proteine di trasporto degli androgeni nel sangue) o ad una diminuzione delle aromatasi follicolari (enzimi che convertono il testosterone in estrogeni, con effetto fortificante sul capello). Tanto più elevate sono le concentrazioni dell'enzima 5-alfa-reduttasi di tipo 2 in seno al follicolo pilifero e tanto maggiori sono le possibilità di miniaturizzazione. Durante studi sperimentali si è potuta constatare una maggiore attività di tale enzima nell'uomo rispetto alla donna e, in entrambi i sessi, nella regione frontale rispetto a quella occipitale. Sono invece ancora misconosciuti i geni che predispongono alla calvizie; per questo l'alopecia androgenetica è considerata una malattia poligenica, cioè causata da molti geni diversi. Ad esempio, il gene del recettore degli androgeni è localizzato sul cromosoma X ed è quindi ereditato nel maschio da parte materna; si è visto chiaramente che un particolare polimorfismo di tale gene predispone ad un esordio precoce dell'alopecia androgenetica. Altri geni sono stati scoperti di recente e la ricerca in questo campo continua ad essere particolarmente attiva. Per ora, dobbiamo limitarci a considerare che le probabilità di sviluppare una vera e propria alopecia androgenetica sono legate al numero dei parenti di primo o secondo grado che risultano affetti da questa condizione; stiamo ovviamente parlando di probabilità e non di certezze assolute.

Le manifestazioni cliniche dell'alopecia androgenetica sono diverse nei due sessi. Nell'uomo, la malattia determina un progressivo diradamento dell'area frontotemporale (la cosiddetta stempiatura) e del vertice, mentre nella donna la "caduta dei capelli" risparmia le tempie e colpisce soprattutto il vertice e la regione frontale, appena dietro l'attaccatura. Il termine caduta dei capelli è stato contrassegnato dalle virgolette poiché l'alopecia androgenetica non determina una vera e propria caduta, ma una progressiva miniaturizzazione del capello fino a renderlo invisibile ad occhio nudo. Se esaminiamo con una lente di ingrandimento il cuoio capelluto un soggetto con alopecia androgenetica in stadio avanzato, possiamo notare che le aree apparentemente glabre (le zone calve per intenderci) sono in realtà ricoperte da una sottile peluria. Spesso, l'alopecia androgenetica si accompagna a seborrea ed a desquamazione furfuracea; tuttavia tali condizioni non sono sempre associate. L'alopecia androgenetica, detta anche calvizie androgenetica, può essere contrastata tramite impiego di specifici farmaci. Attualmente, soltanto due medicinali sono stati approvati dalla FDA per il trattamento di questa condizione. Il primo, il minoxidil, viene utilizzato per uso topico, è più efficace nell'area del vertice ed ha un meccanismo d'azione ancora poco chiaro. Il secondo, chiamato finasteride, viene assunto per os e combatte l'alopecia androgenetica impedendo l'azione dell'enzima 5-alfa-reduttasi di tipo 2. In entrambi i casi il trattamento non può dimostrarsi efficace prima di un certo intervallo di tempo (in genere occorrono almeno 3-6 mesi). Tali farmaci possiedono una certa efficacia quando la calvizie androgenetica si trova ancora in uno stadio intermedio; in una fase avanzata è possibile intervenire con successo soltanto mediante la ridistribuzione chirurgica dei bulbi piliferi (autotrapianto di capelli) o tramite tecniche di infoltimento alternative, possibilmente brevettate e certificate da aziende che operano nel settore da numerosi anni.

Alopecia androgenetica femminile Vedi anche: alopecia androgenetica - Alopecia: rimedi naturali

L'alopecia, ovvero la perdita di capelli localizzata o diffusa, è un fenomeno che interessa ampie fasce di popolazione, sia maschile che femminile. Nella forma più comune e diffusa, la caduta dei capelli è legata all'azione degli ormoni androgeni su un terreno geneticamente predisposto; si parla pertanto di alopecia andro-genetica. Secondo recenti stime, tale condizione interessa 18 milioni di italiani e 4 milioni di italiane, tanto che all'età di 50 anni almeno la metà degli uomini ed il 30% delle donne è affetto da problemi più o meno gravi di calvizie correlati all'alopecia androgenetica. Nella donna, la perdita di capelli, seppur in genere più attenuata rispetto all'uomo, comporta spesso ripercussioni psicologiche ben più drammatiche e devastanti, legate alla percezione di un danno considerevole alla propria immagine. Fortunatamente, il trattamento dell'alopecia androgenetica femminile offre maggiori e più efficaci opportunità terapeutiche, con una minore incidenza di effetti collaterali.

Cause dell'alopecia androgenetica femminile Un elemento imprescindibile in tutte le forme di alopecia androgenetica è - come ricorda il nome stesso - la presenza degli androgeni; di fatto, in assenza di questi ormoni - come si apprezza nei maschi precocemente castrati - la calvizie non si manifesta. Nell'articolo dedicato al rapporto tra androgeni e capelli abbiamo tuttavia spiegato come i livelli ormonali siano del tutto simili negli uomini calvi rispetto alla popolazione generale. L'alopecia androgenetica maschile, quindi, non è generalmente correlata all'eccesso di androgeni, quanto piuttosto all'eccessiva sensibilità dei follicoli capilliferi alla loro azione; sin dalla nascita, infatti, alcuni capelli risultano geneticamente predisposti a recepire lo stimolo "miniaturizzante" degli androgeni. Non a caso, l'alopecia androgenetica è un fenomeno lento che - accorciando sempre di più le fasi di crescita ed allungando quelle di riposo antecedenti la caduta - comporta la graduale

trasformazione del capello terminale in pelo folletto (sottile, depigmentato, cortissimo e quasi impercettibile). Per quanto esposto, le donne affette da iperandrogenismo (eccesso di androgeni) risultano nettamente più suscettibili all'alopecia, anche se le due condizioni non sono sempre e necessariamente correlate. Le donne affette da acne, seborrea, ipertricosi ed irsutismo (segni suggestivi ma non patognomici di iperandrogenismo), hanno quindi una maggiore probabilità di soffrire di alopecia femminile. Nella donna, la maggior parte dei casi di iperandrogenismo è imputabile alla sindrome dell'ovaio policistico (PCOS), che a livello clinico si manifesta con cicli anovulatori, alterazioni mestruali, irsutismo e talvolta obesità. Quest'ultima condizione è spesso correlata, vuoi come conseguenza, vuoi come elemento scatenante, a stati di iperandrogenismo, probabilmente favoriti dal grado variabile di insulinoresistenza ad essa correlato. Più rari sono invece i casi di iperandrogenismo legati alla presenza di neoplasie secernenti androgeni. Anche i livelli di estrogeni, ormoni che al contrario degli androgeni sono tipici delle donne, in particolare durante l'età fertile, influenzano - questa volta positivamente - la salute dei capelli. A livello dei bulbi piliferi e capilliferi, inoltre, vi possono essere concentrazioni variabili di enzimi agenti su androgeni ed estrogeni, che li trasformano in derivati capaci di influenzare la vita del capello in misura nettamente maggiore. Il più noto di questi enzimi si chiama 5-alfa-reduttasi ed agisce sul testosterone trasformandolo in diidrotestosterone, il vero responsabile dell'involuzione dei capelli e del conseguente diradamento. L'enzima aromatasi, invece, converte gli androgeni in estrogeni, prolungando la vita del capello e contrastando la calvizie; un'azione simile è svolta anche dagli enzimi 3-alfa-steroido deidrogenasi e 17-beta-idrossisteroide deidrogenasi. Per questo motivo, l'alopecia androgenetica femminile può essere notata per la prima volta, o rendersi più evidente, dopo la menopausa, epoca in cui si apprezza un calo generalizzato degli estrogeni con variazione del rapporto percentuale tra steroidi ovarici e surrenalici. Fatta salva la sempre necessaria predisposizione genetica, la medesima circostanza può quindi manifestarsi in coincidenza di cambiamenti ormonali, dovuti, per esempio, ad un parto o all'inizio o all'interruzione di trattamenti estro-progestinici (inclusi quelli a scopo contraccettivo.

Caratteristiche dell'alopecia androgenetica femminile La componente ereditaria è un'altra caratteristica distintiva dell'alopecia androgenetica; di conseguenza, è molto più probabile accusare il problema quando si è già reso manifesto in maniera evidente in genitori, nonni, zii o fratelli. L'alopecia androgenetica femminile si distingue da quella maschile per una comparsa più tardiva del diradamento, che si nota generalmente per la prima volta tra i 30 ed i 40 anni, e per la sua diversa localizzazione. Infatti, mentre nell'uomo i problemi di calvizie interessano la zona fronto-occipitale, nella donna coinvolgono una regione più diffusa, in modo particolare il vertice o comunque le zone dietro la linea fronto-temporale. Un'altro tratto distintivo è la maggiore gradualità con cui l'alopecia femminile si manifesta rispetto a quanto accade nell'uomo. Clinicamente, l'alopecia androgenetica della donna si manifesta spesso passando progressivamente per tre fasi di gravità crescente, illustrate in figura (Scala di Ludwig, 1977). Il diradamento interessa quindi l'area del vertice ed in minor misura le zone parietali, risparmiando sempre una banda frontale di capelli. Inoltre, a differenza del maschio, le zone più colpite dall'alopecia conservano sempre un numero non trascurabile di capelli terminali (miniaturizzati).

Diagnosi e trattamento dell'alopecia androgenetica femminile

Nella donna, la precocità della diagnosi e dell'intervento terapeutico risulta quanto mai importante per arrestare il processo di involuzione dei follicoli, facendo riacquisire ai capelli l'originale splendore prima che il problema diventi irreversibile. L'esame cardine per la diagnosi di alopecia femminile è il tricogramma, naturalmente affiancato all'immancabile anamnesi e alla valutazione del quadro clinico. Si valuteranno in particolare la familiarità dell'alopecia, l'assunzione di pillole anticoncezionali o cortisonici, l'eventuale utilizzo di steroidi anabolizzanti e la regolarità del ciclo mestruale, ricercando possibili segni di iperandrogenismo (abbassamento della voce, peluria diffusa in zone tipicamente maschili, obesità, acne ecc.). Per confermare od escludere quanto emerge dai dati amnestetici e dall'esame obiettivo, è necessario procedere a screening laboratoristici endocrinologici, durante i quali si valuteranno le concentrazioni ematiche di androgeni, cortisolo, ormoni tiroidei, TSH, SHBG, estrogeni, progesterone e gonadotropine (LH, FSH), anche in rapporto alle varie fasi del ciclo mestruale. Solo in questo modo sarà possibile intervenire farmacologicamente sul delicato equilibrio ormonale della donna, migliorando l'efficacia terapeutica del trattamento e minimizzando gli effetti collaterali. Le opzioni terapeutiche farmacologiche per l'alopecia androgenetica femminile, in gran parte impraticabili nell'uomo, vanno innanzitutto distinte in topiche e sistemiche. Al primo gruppo appartengono farmaci da applicare direttamente sul cuoio capelluto, come il famoso minoxidil o l'estrone solfato. Efficace in tal senso sembra anche la somministrazione topica di soluzioni idroalcoliche di progesterone naturale o dei suoi derivati 17-idrossilati, associati o meno a spironolattone. Vi è anche la possibilità di contrastare l'attività dell'enzima 5-alfa-reduttasi mediante applicazione topica di acido azelaico. La terapia farmacologica sistemica dell'alopecia androgenetica femminile è indicata dinanzi a casi di iperandrogenismo su base disfunzionale, come appunto in caso di PCOS, mentre negli iperandrogenismi sostenuti da cause organiche (ad esempio da neoplasie androgeno-secernenti) è necessario rimuovere la causa stessa mediante intervento chirugico. Tra questi farmaci ricordiamo lo spironolattone, che per limitare gli effetti collaterali associati alla terapia (amenorrea, mastodinia, cloasma), dev'essere assunto per via sistemica dal 16° al 25° giorno del ciclo, meglio se abbinato ad un estroprogestinico per garantire la contraccezione. In caso di carenza progestinica, è indicata la somministrazione di progestinici di sintesi per via sistemica. La soluzione terapeutica più comunemente adottata rimane comunque la somministrazione combinata di estrogeni e progestinici, in particolare di etinilestradiolo e di ciproterone acetato (dotato di importanti attività antiandrogene). Questo intervento terapeutico viene sfruttato non solo nella cura dell'alopecia femminile, ma anche nel trattamento delle manifestazioni dell'iperandrogenismo nella donna.

Alopecia areata L'alopecia areata è una patologia cronica infiammatoria che colpisce i follicoli piliferi del cuoio capelluto e del resto del corpo. Si caratterizza tipicamente per un'improvvisa caduta dei capelli in piccole chiazze di forma rotondeggiante od ovulare; le regioni temporali ed occipitali sono le più comunemente colpite. Nei casi più severi, l'alopecia areata arriva ad interessare tutto il cuoio capelluto (alopecia areata totale) o tutti i peli del corpo (alopecia areata assoluta). L'alopecia areata interessa, nel corso della vita, circa il 2% della popolazione mondiale (il 10% di quella affetta dalla sindrome di Down). Ben più diffusa risulta invece un'altra forma di alopecia, definita androgenetica o "comune", che arriva ad interessare in maniera più o meno severa circa l'80% della popolazione maschile ed il 50% di quella femminile. L'alopecia areata si presenta invece con uguale frequenza nei due sessi, in tutte le etnie e ad ogni età, anche se predilige i giovani adulti ed è rara dopo i 60 anni. Anche quest'ultima caratteristica rappresenta un punto di netta divisione dall'alopecia androgenetica, che risulta invece tipica della seconda età adulta e della senescenza. Diverse sono anche le origini, principalmente ormonali e genetiche nell'alopecia comune, multifattoriali con un'importante componente autoimmune e genetica in quella areata. Non è ancora chiaro perché il sistema immunitario aggredisca i follicoli piliferi, ma generalmente vengono colpite persone con una particolare predisposizione genetica che si combina con altri fattori (stress psicologico severo, carenza di ferro, malnutrizione). Si è visto, ad esempio, che l'alopecia areata è leggermente più comune nei pazienti con altri disordini immunitari, come dermatite atopica, tiroidite, lupus eritematoso sistemico,

artrite reumatoide, gastrite cronica atrofica, celiachia, vitiligine, diabete mellito di tipo I e varie forme di allergia. A causa del grave danno determinato dall'aggressione immunitaria, i follicoli piliferi cessano di replicarsi, causando così la caduta dei peli. Entrambe le forme di alopecia non sono contagiose. Le manifestazioni cliniche dell'alopecia areata sono assai variabili, anche se rimane comunque tipica la comparsa, spesso improvvisa, di una o più chiazze prive di capelli e/o di peli. Alopecia Areata monolocularis: è si manifesta in un unico punto del cuoio capelluto. Alopecia Areata multilocularis: si manifesta in zone multiple del cuoio capelluto. Alopecia Totale: si manifesta su tutta l'area del cuoio capelluto. Alopecia Universale: si manifesta su tutto il corpo, compreso zone pubiche, ascelle, ciglia, sopraciglia e altre, raramente risponde alle terapie. Alopecia Barbae: si manifesta limitatamente alla barba. Alopecia Areata Ophiasis: è limitata a regioni periferiche del cuoio capelluto, cioè la zona posteriore del capo da orecchio a orecchio e/o la regione occipitale e temporale. Il termine Ophiasis indica la forma sinuosa di questa tipologia di AA e deriva dal latino "serpente".

Sebbene la perdita dei capelli sia spesso asintomatica, una lieve sensazione di prurito, formicolio o bruciore può precedere lo sviluppo della chiazza.

Cura e terapia Nella maggior parte dei casi (90% circa) i capelli caduti a causa dell'alopecia areata tendono a ricrescere SPONTANEAMENTE (50% circa entro un anno). Nonostante ciò la malattia può recidivare. Nell'alopecia androgenetica, invece, il bulbo pilifero subisce un lento processo involutivo fino alla completa ed irreversibile atrofizzazione (quando questa è completa non esiste alcun trattamento capace di far "ricrescere" il capello). Quando l'alopecia areata si ripresenta, diventa una malattia particolarmente invalidante dal punto di vista psicologico, specie quando i fenomeni di ricrescita sono particolarmente lenti e/o caratterizzati da temporaneo incanutimento (i capelli possono essere bianchi per poi riprendere gradualmente il colore originario). La prognosi è condizionata da numerosi fattori quali: età d'insorgenza, presenza di familiarità, durata della malattia, estensione delle chiazze, risposta a precedenti trattamenti e associazione conatopia o malattie autoimmuni. Gli adulti che hanno solo una o due chiazze di alopecia hanno la prognosi migliore. Al contrario, l'alopecia areata è più ostica e resistente quando insorge nei bambini, è presente da più di un anno, ha colpito la regione occipitale ed è rapidamente progredita verso una forma totale o universale. La terapia dell'alopecia areata prevede l'impiego di vari presidi farmacologici, come i corticosteroidi che contrastano l'attacco del sistema immunitario sul capello. Considerati gli effetti collaterali derivanti dall'utilizzo prolungato di questi medicinali, si preferisce la somministrazione locale (creme o lozioni) rispetto a quella sistemica (pillole o iniezioni). Tali farmaci, come il Fluocinonide ed il Clobetasolo, non vengono utilizzati nel trattamento dell'alopecia androgenetica, mentre il minoxidil lozione 5% viene efficacemente impiegato in entrambe le forme. Tale strategia terapeutica, basata su una doppia applicazione per almeno quattro mesi può stimolare la ricrescita dei capelli. Nelle forme di alopecia areata più gravi o estese possono essere utilizzati farmaci più potenti e specifici, che però - essendo tali - presentano inevitabilmente anche maggiori effetti collaterali. Si tratta, ad esempio, delle terapie sistemiche a base di immunodepressori come la Ciclopsorina A ed i già citati cortisoniciper via intramuscolare. Anche la fototerapia con raggi UVA associati all'assunzione difotosensibilizzanti (psoraleni) viene comunemente impiegata nel trattamento dell'alopecia areata, così come il laser ad eccimeri. Nessun intervento terapeutico, comunque, garantisce con certezza la rapida risoluzione dei casi più severi di alopecia.

Farmaci per curare l'Alopecia Alopecia: definizione Comunemente nota come calvizie, l'alopecia indica una condizione caratterizzata dalla progressiva perdita di capelli, sia in termini quantitativi (numero di capelli), che qualitativi (riduzione dello spessore e dell'elasticità del capello). La forma più diffusa è l'alopecia androgenetica, condizione ereditaria tipicamente maschile, fortemente influenzata dalla variazione ormonale; tra le altre forme, si ricordano anche l'alopecia areata e l'alopecia da distiroidismi.

Alopecia: cause L'alopecia è pesantemente influenzata dalla componente genetica, ma anche lo stress psico-fisico e gli eventi traumatici influiscono nella comparsa della condizione; inoltre, si è osservato che il calo delle difese immunitarie e le patologie autoimmuni (tiroidite di Hashimoto) favoriscono la patogenesi. Gli uomini sono più colpiti dall'alopecia rispetto alle donne.

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Per manifestarsi, l'alopecia androgenetica necessita di una componente androgenetica → un bambino non può esserne affetto per questo motivo

Alopecia: sintomi Il più delle volte, la perdita quantitativa e qualitativa del capello costituisce l'unico sintomo che caratterizza l'alopecia, nonostante alcuni soggetti affetti lamentino spesso fastidio e/o prurito a livello del cuoio capelluto. L'alopecia può colpire anche la barba, le sopracciglia o la peluria che ricopre gli arti. La perdita dei capelli può essere anche totale: l'alopecia androgenetica è irreversibile, mentre quella telogenica (in risposta a forte stress) è generalmente reversibile.

Alopecia: cure naturali Le informazioni sui Farmaci per la cura dell'Alopecia non intendono sostituire il rapporto diretto tra professionista della salute e paziente. Consultare sempre il proprio medico curante e/o lo specialista prima di assumere Farmaci per la cura dell'Alopecia.

Alopecia: farmaci Manifestandosi nell'80% degli uomini, l'alopecia è un problema estetico particolarmente sentito, al punto da sfociare in ripercussioni psicologiche anche importanti; a tal proposito - sebbene si tratti di una condizione pressoché fisiologica del mondo maschile - i farmaci per arrestare ed invertire il diradamento dei capelli vengono sempre più richiesti. L'alopecia, infatti, è spesso vissuta come un profondo imbarazzo, tanto da ripercuotersi in modo più o meno negativo nella psicologia della persona. Di seguito sono riportate le classi di farmaci maggiormente impiegate nella terapia contro l'alopecia, ed alcuni esempi di specialità farmacologiche; spetta poi al medico scegliere il principio attivo più indicato per il paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del malato ed alla sua risposta alla cura:

Per il trattamento dell'alopecia androgenetica, sono utilizzati essenzialmente due farmaci: 



Finasteride (es. Prostide, Proscar, Propecia, Sitas, Finerid): questo farmaco è autorizzato per la cura dell'alopecia androgenetica nel maschio. Il farmaco agisce inibendo l'enzima 5-alfareduttasi (di tipo 2), implicato nella miniaturizzazione del capello (che diventa sottile e fragile). La dose raccomandata è di 1 mg per via orale, da assumere una volta al dì. È doveroso sottolineare che l'efficacia terapeutica del principio attivo non è immediata: l'effetto è osservabile generalmente dopo 3-6 mesi dalla prima assunzione, e al termine della terapia il problema ricompare dopo 6-12 mesi. Come già analizzato, l'alopecia androgenetica è irreversibile. Minoxidil (es. Loniten, Minoximen, Carexidil, Aloxidil, Regaine, Minovital): questo farmaco va applicato direttamente sulla cute affetta da alopecia (cuoio capelluto), stimolando la crescita del capello. Il farmaco esplica la propria attività esclusivamente durante il periodo di impiego. Osservare la seguente modalità di somministrazione: 1 ml due volte al dì, su cuoio capelluto e capelli asciutti. Non superare i 2 ml al giorno.

In caso di alopecia avanzata, il trattamento farmacologico è sconsigliato perché inefficace nella maggior parte dei casi; in tal caso, sono raccomandate pratiche alternative di infoltimento o l'auto-trapianto di capelli (ridistribuzione chirurgica dei bulbi piliferi).

Tra i farmaci di seconda linea utilizzati in terapia per il trattamento dell'alopecia, si ricordano:





Triamcinolone (es. Kenakort): appartenente alla classe dei glucocorticoidi; si raccomanda di applicare 25-30 mg di attivo per via sub-cutanea, due volte a settimana (concentrazione di 10 mg/ml). La dose massima di farmaco non deve superare i 75 mg a settimana. Indicato per il trattamento dell'alopecia areata. Sulfasalazina (es. Salazopyrin): farmaco antinfiammatorio-immunomodulatore di seconda scelta per trattare la calvizie. La dose raccomandata va da 500 mg a 3 grammi di farmaco per os al dì, per 6 mesi. Indicata per il trattamento dell'alopecia areata, specie su base autoimmune.

Note: anche la fitoterapia interviene nel trattamento dell'alopecia: le piante ad azione astringente, le droghe eudermiche e gli oli essenziali stimolanti il microcircolo possono attenuare – seppur temporaneamente – l'ineluttabile processo di caduta del capello. Le piante più utilizzate sono: Quillaja saponaria, Ortica, Rosmarino, Capsico, Olmo, Timo, Bardana e Noce. Le piante appena descritte rappresentano efficaci rimedi naturali per l'alopecia, da frizionare energicamente sul cuoio capelluto, dopo averli applicati direttamente.

Alopecia: rimedi naturali L'alopecia non ritrae soltanto un problema legato all'età, che affligge una buona parte della popolazione, ma è considerata un effettivo insulto alla propria immagine. Talvolta, le ripercussioni psicologiche legate alla caduta dei capelli sono ben più gravi delle conseguenze fisiche. L'alopecia è un problema multifattoriale, cioè scatenato da più cause, come patologie, stress, malattie autoimmuni, traumi e psoriasi; anche i fattori fisiologici influiscono ed aggravano sicuramente l'alopecia, come l'avanzare dell'età ed il cambiamento ormonale (alopecia androgenetica): in seno ai bulbi capilliferi, il testosterone soggiace all'attività dell'enzima 5-alfa-reduttasi che lo converte velocemente in diidrossi-testosterone: quest'ultimo va a legarsi con i recettori degli androgeni, di conseguenza il bulbo pilifero si infiamma, il capello cade de il risultato finale è la formazione di minuscoli peletti. Prima di adottare qualsiasi tipo di rimedio per contrastare la caduta dei capelli, sarebbe utile sottoporsi ad un controllo specialistico dal tricologo per la valutazione del quadro clinico: lo specialista potrebbe consigliare una cura farmacologica, come il minoxidil, la finasteride e l'estrone solfato, se lo ritiene opportuno, oppure consigliare alcuni rimedi naturali che, seppur meno efficaci nel contrastare la caduta, sono scevri da effetti collaterali significativi. La perdita dei capelli è in genere inevitabile, infatti quando si interrompe il trattamento erboristico, l'alopecia tende a ritornare o comunque ad aggravarsi: i rimedi naturali ad azione topica non agiscono intaccando direttamente l'enzima responsabile della caduta del capello, poiché solamente alcuni farmaci possono bloccare il 5-alfa-reduttasi, impedendo la conversione del testosterone in diidrossitestosterone. Per coadiuvare tale effetto, possono essere utili integratori a base di serenoa repens, pigeo africano e semi di zucca assunti per os. Tra i rimedi naturali rientrano droghe che esplicano principalmente tre funzioni: 1. Azione astringente: i principi attivi che promuovono quest'attività diminuiscono le secrezioni dei bulbi, agendo come sebo-regolatori (ricordiamo che la crescita del capello può essere "soffocata", o comunque appesantita, dall'eccesso di sebo, che favorisce anche i fenomeni infiammatori locali). 2. Attività eudermica: le droghe oleaginose conferiscono elasticità alla cute. 3. Stimolazione del microcircolo: gli oli essenziali potenziano l'irrorazione sanguigna a livelle del bulbo pilifero. Inoltre, i principi attivi volatili esercitano proprietà disinfettanti (antisettiche). Tutti i rimedi naturali ad azione topica dovrebbero essere accompagnati dal massaggio del cuoio capelluto, utile per favorire l'irrorazione ematica; nonostante i trattamenti naturali attenuino soltanto il processo dell'inarrestabile perdita dei capelli, sono in grado comunque di rallentare la velocità di

metabolizzazione dell'enzima 5-alfa reduttasi, e di esplicare un discreto effetto sull'alopecia androgenetica.

Rimedio naturale contro l'alopecia con noce, olmo, timo e bardana: soluzione alcolica da frizionare Come abbiamo accennato, il massaggio risulta fondamentale per la buona riuscita del prodotto erboristico: infatti, la frizione favorisce l'irrorazione del sangue. Si propone una soluzione alcolica, il che significa che i principi attivi sono sciolti in alcol: sono sufficienti poche gocce di prodotto, che dovranno essere distribuite sui capelli e frizionate fino all'assorbimento. 

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Noce (Juglans regia): il fitocomplesso si caratterizza per la presenza di Juglone, tannini, vitamina A e vitamine del gruppo B, di conseguenza ne discendono proprietà antinfiammatorie, antisettiche ed astringenti. La noce trova applicazioni anche in prodotti per il prurito e la desquamazione furfuracea. Olmo (Ulmus campestris): il fitocomplesso è costituito soprattutto da tannini con attività astringente ed antinfiammatoria. L'olmo presenta uno spiccato tropismo cutaneo ed è un ottimo rimedio per le turbe cutanee di natura endogena, come l'alopecia. Timo (Thymus vulgaris): l'olio essenziale, ricavato per distillazione in corrente di vapore, si caratterizza per la presenza di timolo, linalolo, pinene e carvacrolo. Il fitocomplesso promuove attività antibatteriche e balsamiche, determinando una blanda irritazione a livello del bulbo pilifero. Bardana (Arctium lappa): la droga in questione riveste un importante tropismo cutaneo. I tetraterpeni, assieme a poliacetileni e fenoli, concorrono a determinare un'attività antibatterica e seboregloatrice (per questo motivo la bardana s'inserisce anche in prodotti contro la psoriasi). L'olio estratto dalla radice di bardana è molto utilizzato nelle formulazioni anti caduta.

Rimedio naturale contro l'alopecia con Quillaja saponaria, ortica, rosmarino e capsico: soluzione acquosa Il secondo prodotto che analizzeremo è una soluzione acquosa (non alcolica, come il precedente): anche in questo caso è consigliabile frizionare accuratamente il prodotto sul cuoio capelluto. 

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Quillaja saponaria, pianta nota anche come Saponaria, il cui appellativo rimanda alle saponine triterpeniche presenti nel fitocomplesso, in particolare acido quillaico e sapotossine. Contrariamente a ciò che si pensa, applicata sul capello, la Saponaria non produce molta schiuma; è usata come veicolante ed umettante, nonostante il termine “umettante” sia improprio poiché le saponine (tensioattivi) diminuiscono il sebo superficiale. Ortica (Urtica dioica): ricca di componenti azotati, aminoacidi, tannini, sali minerali ed acidi organici; l'ortica è nutriente e promuove l'azione esfoliante. Rosmarino (Rosmarinus officinalis): il suo olio essenziale, costituito soprattutto da monoterpeni a basso peso molecolare, conferisce un'immediata sensazione di freschezza. Inoltre, rallenta la degenerazione del tessuto perché, paradossalmente, esercita un'infiammazione, seppur blanda, del tessuto: in questo modo è favorito il richiamo del sangue, di conseguenza l'irrorazione ai capillari sarà facilitata. Capsico (Capsicum frutescens): il peperoncino è ricco di alcaloidi e vitamine. Come il rosmarino migliora l'irrorazione del cuoio capelluto provocando un'infiammazione potenzialmente utile in presenza di alopecia.

Curare la Calvizie Androgenetica con le erbe

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La Calvizie Androgenetica costituisce la più diffusa forma di alopecia, sia nell'uomo che nella donna. Per manifestarsi, come suggerisce il nome stesso, la calvizie androgenetica ha bisogno di due elementi chiave: gli ormoni androgeni da un lato (è assente negli eunuchi) ed una predisposizione genetica dall'altro. La terapia farmacologica verte principalmente sull'utilizzo di antiandrogeni e/o estrogeni e progestinici nella donna, e di inibitori dell'enzima 5-alfa reduttasi, come la finasteride, nell'uomo (questo enzima potenzia nettamente l'attività alopecizzante del testosterone).

Piante medicinali ed Integratori utili contro la Calvizie Androgenetica Serenoa Repens, Pigeo Africano, Beta-sitosterolo e semi di zucca sono in grado di ridurre l'attività dell'enzima 5-alfa-reduttasi. Integratori a base di amminoacidi solforati e vitamine forniscono al capello gli elementi essenziali per la sua crescita. Analogo discorso per lievito di birra, Equiseto, Erba medica e fieno greco. Bioflavonoidi, estratti di peperoncino (capsaicina), senape, eucalipto (eucaliptolo), acido nicotinico, applicati sul cuoio capelluto, ne stimolano la circolazione.



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Oli essenziali come quello di rosmarino, bergamotto, geranio, limone, salvia, applicati sul cuoio capelluto, hanno azione dermopurificante, antiforfora e seboregolatrice.

Calvizie e bodybuilding CALVIZIE ANDROGENETICA La predisposizione alla calvizie è determinata da fattori genetici. I principali imputati nella perdita dei capelli sono infatti gli ormoni maschili ad effetto mascolinizzante, gli androgeni. Già Aristotele (IV secolo a.C) osservò che gli eunuchi non diventavano mai calvi e i successivi studi di Hamilton (1940) dimostrarono il ruolo fondamentale degli androgeni nella comparsa delle calvizie. Il testosterone è il capostipite di questa famiglia. Esso viene secreto dalle cellule di Leydig dei testicoli, sotto l'influenza dell'ormone luteinizzante (LH) liberato dall'iisi anteriore (vedi: Il testosterone ) Come tutti gli ormoni steroidei, il testosterone circola legato ad una proteina plasmatica, la SHBG (sex hormon binding globulin), mentre solo una minima quota (2%) si trova nella forma libera. Per espletare la loro funzione gli androgeni hanno bisogno di specifici recettori intracellulari. Legandosi a questi recettori sono in grado di regolare il messaggio genetico contenuto nel DNA e di modulare la sintesi proteica. L'azione androgena del testosterone in diversi organi, è dipendente dalla sua conversione in diidrotestosterone (DHT) per opera dell'enzima 5-alpha reduttasi. Il DHT (diidrotestosterone), è l'androgeno più potente e attivo a livello recettoriale. Ciò che in realtà risulta importante non è la quantità di testosterone presente nel sangue ma la quantità di diidrotestosterone e dei rispettivi recettori. La presenza di eccessiva peluria associata alla calvizie, da sempre sinonimo di virilità, non indica necessariamente un aumento dei livelli plasmatici di testosterone. Come abbiamo detto l'enzima chiave che regola la conversione del testosterone in diidrotestosterone (DHT) è il 5-ALFA REDUTTASI. Esistono due isoforme di questo enzima: il tipo 1 ed il tipo 2. Non è ancora stato completamente chiarito il ruolo di queste due forme nella comparsa della calvizie genetica anche se sembra che il tipo 2 abbia un ruolo più importante. La finasteride, il farmaco più efficace per il trattamento della calvizie maschile, blocca proprio l'azione dell'enzima 5alfa-reduttasi di tipo II. Vi sono alcune aree dello scalpo maggiormente sensibili all'effetto degli androgeni. Queste zone prendono il nome di aree androgeno-dipendenti. Il DHT è infatti tossico solo per alcuni follicoli piliferi geneticamente predisposti. La sua presenza porta al rimpicciolimento del capello che appare sempre più piccolo e fragile. Il capello che in questa fase, si presenta anche depigmentato, viene definito capello vellus, molto simile a quello dei nenonati. Se non si interviene con appositi trattamenti la progressiva atrofizzazione procede fino alla morte del capello. Solitamente la calvizie androgenetica colpisce in primo luogo la parte alta delle tempie, manifestandosi nella cosiddetta recessione bitemporale; successivamente il diradamento colpisce anche la porzione superiore della testa ed avanza sino ad interessare tutto il capo. Le zone meno sensibili all'azione degli androgeni sono la nuca e la parte bassa delle tempie; queste aree vengono solitamente risparmiate dall'avanzare della calvizie.

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BODY BUILDING E PERDITA DEI CAPELLI Come abbiamo visto il testosterone ha un ruolo determinante nella comparsa della calvizie in quanto rappresenta il precursore del DHT o diidrotestosterone, un potente androgeno che può provocare l'atrofia follicolare in alcune aree del capo geneticamente predisposte. Come sappiamo i livelli di testosterone aumentano in seguito all'allenamento intenso con i pesi. La dieta iperproteica e l'uso di specifici integratori alimentari e/o di steroidi anabolizzanti aumentano ulteriormente la quantità di testosterone prodotto. Anche le lampade abbronzanti e l'eccessiva esposizione alle radiazione solari possono indebolire progressivamente i capelli e favorirne la caduta.



Tuttavia, non è raro incontrare body builder professionisti dotati di una folta capigliatura, questo dato è un ulteriore conferma di quanto la calvizie non è determinata dalla quantità di testosterone ematico, ma dalla contemporanea presenza di fattori genetici e ormonali.

Finasteride contro la caduta dei capelli La finasteride è un farmaco approvato dalla FDA per il trattamento dell'alopecia androgenetica.

Meccanismo d'azione della finasteride L'aggettivo "androgenetica" suggerisce uno stretto legame tra questa forma di alopecia e due fattori: gli ormoni androgeni (andro) da un lato ed una certa predisposizione genetica dall'altro. Per questo motivo, i soggetti castrati prima della pubertà non avranno mai bisogno di ricorrere alla finasteride o al minoxidil per contrastare la caduta dei capelli. Tale presupposto spiega anche come mai l'incidenza dell'alopecia androgenetica sia nettamente inferiore nella popolazione femminile rispetto a quella maschile. Più complicata risulta l'influenza dei fattori genetici. A tal proposito ci limitiamo a ricordare che il progressivo diradamento dei capelli, causato dalla miniaturizzazione dei follicoli piliferi in risposta agli androgeni, non dipende soltanto dalla concentrazione plasmatica di tali ormoni, ma anche dalla sensibilità dei follicoli alla loro azione. A questo livello, infatti, possiamo ritrovare concentrazioni più o meno marcate di un enzima, chiamato 5α-reduttasi (in particolare l'isoforma II), che converte l'ormone testosterone in diidrotestosterone. L'espressione di questo enzima è molto più elevata nel maschio rispetto alla femmina, ed in entrambi i sessi prevale nella regione frontale rispetto a quella occipitale. Oltre a favorire la caduta dei capelli, l'eccesso di diidrotestosterone stimola la crescita dei peli corporei, l'ingrossamento della prostata e la secrezione sebacea della cute (pelle grassa, acne e seborrea). Ebbene, la finasteride è in grado di inibire selettivamente l'enzima 5-α-reduttasi di tipo II, impedendo la conversione del testosterone in diidrotestosterone a livello tissutale. Per quanto detto, tale azione risulta particolarmente utile in presenza di alopecia androgenetica e, a dosaggi superiori, nel trattamento dell'irsutismo e dell'ipertrofia prostatica benigna (di cui non ci occuperemo in questo articolo). Inoltre, nel mondo dello "sport" la finasteride viene utilizzata per limitare gli effetti collaterali legati alla somministrazione di alcuni steroidi anabolizzanti a scopo dopante.

Efficacia e modalità d'assunzione L'FDA ha approvato l'utilizzo della finasteride per il trattamento dell'alopecia androgenetica nel lontano 1997; i numerosi anni trascorsi da quella data sono un ulteriore garanzia sull'ottima tollerabilità del farmaco, almeno nel breve e medio periodo. A distanza di un anno dall'inizio del trattamento, circa il 50% degli uomini di età compresa tra i 18 ed i 41 anni registra un arresto della caduta, mentre la rimanente percentuale apprezza anche una certa ricrescita. Solo in una piccolissima parte di casi (intorno all'1%) il farmaco si rivela inefficace o dev'essere sospeso per la comparsa di effetti collaterali significativi. Al contrario del minoxidil (lozione o schiuma), la finasteride si è dimostrata più efficace nel promuovere la ricrescita ed arrestare la caduta nella zona frontale rispetto a quella del vertice. Inoltre, la finasteride sortisce migliori effetti terapeutici grazie alla modalità d'azione più mirata e alla migliore bio-disponibilità (per il minoxidil la somministrazione sistemica non è percorribile a causa del marcato effetto ipotensivo). Nelle donne, la finasteride sembra meno efficace rispetto agli uomini, in particolare nel periodo postmenopausale, quando la caduta dei capelli è imputabile soprattutto al calo degli estrogeni. In età fertile, in caso di gravidanza i possibili effetti teratogeni su un feto maschio sono eclatanti, configurando il quadro di uno pesudoermafroditismo. Pertanto, la finasteride non dev'essere assunta da donne in età fertile.

Tra i vari prodotti farmaceutici a base di finasteride ricordiamo i marchi registrati Proscar e Propecia, nei quali il principio attivo si trova, rispettivamente, in concentrazioni di 5 ed 1 mg. Quest'ultimo è il dosaggio indicato nel trattamento della calvizie androgenetica (una compressa al giorno). Diminuendo i livelli di DHT, la finasteride può prevenire il rimpicciolimento dei follicoli ed indurre quelli miniaturizzati a produrre capelli con caratteristiche terminali anziché del vello. In questo modo previene un ulteriore caduta dei capelli e promuove la ricrescita. Un grosso vantaggio della finasteride risiede nella sua capacità di inibire selettivamente la sintesi di diidrotestosterone a partire dal testosterone, senza quindi impedire l'effetto fisiologico di quest'ormone, tipicamente maschile, nei tessuti. Per dirlo in termini medici, la finasteride non ha effetti antiandrogenici o androgenici ed è inoltre priva di attività estrogenica, antiestrogenica o progestinica. L'assunzione di finasteride non ha alcun impatto sui livelli circolanti di cortisolo, ormone stimolante la tiroide e tiroxina; non modifica inoltre il rapporto tra colesterolo HDL ed LDL, e non mostra interazioni significative con l'asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. I livelli circolanti di testosterone potrebbero addirittura aumentare (circa il 15%) per la mancata conversione tissutale in diidrotestosterone. Non a caso, dunque, dopo aver provato senza troppo successo il variegato armamentario di trattamenti cosmetici ed integratori funzionali, moltissimi uomini ricorrono alla finasteride sotto consiglio del proprio dermatologo. La maggior parte dei medici, infatti, ritiene che la finasteride per via sistemica sia oggi l'intervento più efficace nel trattamento dell'alopecia androgenetica. Le dosi consigliate sono di 1 mg/die; il farmaco è ottimamente tollerato e non è necessario sottoporsi ad accertamenti ematici e/o strumentali se l'assunzione avviene prima dei 40 anni. Dopo tale età, il dermatologo prescrive generalmente una serie di esami per indagare la salute della prostata, come il dosaggio dell'antigene prostatico specifico (PSA), l'esplorazione rettale, la misurazione della forza del getto urinario e l'ecografia sovrapubica.

Effetti collaterali della finasteride Nonostante entro 24 ore dall'assunzione di una singola compressa da 1mg si registri una riduzione della concentrazione sierica di DHT in misura superiore al 65%, l'efficacia della finasteride non è immediata e per ottenere effetti clinici significativi deve essere assunta per almeno tre mesi; si consiglia comunque di protrarre l'assunzione per almeno dodici mesi prima di valutare i risultati conseguiti. Altro particolare importante è che i benefici ottenuti si possono mantenere solo continuando la terapia per tempi indefiniti. Da tali considerazioni terapeutiche, frutto dei vari risultati sperimentali a cui è stato sottoposto il farmaco, scaturiscono i timori degli utilizzatori circa i possibili effetti collaterali di un simile approccio terapeutico. Grazie alla particolare azione farmacologica, gli effetti indesiderati della finasteride sono generalmente assenti o comunque limitati. Quello più importante è dato dall'azione teratogena (nel feto di sesso maschile potrebbero sopraggiungere delle anomalie a carico dei genitali esterni, anche a dosaggi estremamente ridotti), che impone l'assoluto divieto di utilizzare finasteride in presenza di gravidanza programmata o in corso. Durante tale periodo bisogna astenersi anche dal manipolare compresse di finasteride rotte o sbriciolate, poiché il principio attivo può essere assorbito anche attraverso la pelle. Nell'uomo, in un'esigua percentuale dei casi (meno dell'1%), la finasteride può sortire un effetto inibitorio sull'area sessuale, come riduzione della libido, disfunzione erettile e ridotto volume dell'eiaculato. In pazienti con fattori predisponenti, come ad esempio l'obesità o il varicocele, la finasteride potrebbe anche alterare la spermiogenesi, mentre in alcuni soggetti sono stati descritti rarissimi casi di ginecomastia unilaterale. Ancora poco chiaro il legame tra assunzione di finasteride e cancro alla prostata, in virtù delle pubblicazioni contrastanti circa un possibile effetto protettivo, neutro o predisponente (oggi ritenuto poco probabile rispetto al passato). Gli effetti collaterali della finasteride sono comunque assai rari e spesso transitori, con regressione spontanea al proseguo della terapia (maggior parte dei casi) o alla sua interruzione (totalità dei soggetti).

Finasteride, ipertrofia prostatica benigna e alopecia androgenetica

La finasteride è un farmaco antiandrogeno a struttura azosteroidea, che agisce come inibitore dell'enzima 5-alfa reduttasi di tipo II. L'uso principale a cui la finasteride era stata inizialmente destinata si limitava al trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna e del cancro della prostata. Soltanto in un secondo momento, considerati i risultati nell'inibizione dell'enzima 5-alfa reduttasi, con blocco della conversine del testosterone in diidrotestosterone (ques'ultimo responsabile della caduta dei capelli nell'alopecia androgenetica), si è pensato di usare la finasteride anche nel trattamento dell'alopecia androgenetica. Tutto iniziò nel 1974, quando la ricercatrice Julianne Imperato-McGinley del Cornell Medical College a New York presentò le sue ricerche in una conferenza sui difetti della nascita, condotte su un gruppo di bambini ermafroditi delle isole Caraibiche. Questi bambini, che alla nascita presentavano una sessualità ambigua, furono cresciuti inizialmente come femmine, considerate anche le ridotte dimensioni degli organi maschili. Tuttavia durante la pubertà questi individui presentavano organi maschili sviluppati e altre caratteristiche androgene tipiche del periodo post-puberale. Dall'approfondimento degli studi si certificò che tutti questi bambini avevano in comune una mutazione genetica che causava una ridotta disponibilità dell'enzima 5-alfa reduttasi e dell'ormone maschile diidrotestosterone, la cui carenza era responsabile dello sviluppo sessuale anomalo. Dopo il periodo della pubertà, con la maturazione sessuale, si notò che tutti gli individui presentavano una prostata di dimensioni ridotte rispetto alla norma. Nel 1975 all'allora capo ricerca della casa farmaceutica Merck, P. Roy Vangelos, vennero presentati i risultati dello studio della ricercatrice Imperato-McGinley; analizzando i dati rimase intrigato dal fatto che la carenza dell'ormone diidrotestosterone portava ad un sottosviluppo della prostata; decise allora di iniziare il lavoro per sintetizzare un inibitore dell'enzima 5-alfa reduttasi capace di ricreare la condizione verificatasi nei bambini ermafroditi studiati, cioè la riduzione delle dimensioni della prostata; tutto questo per rivolgere l'utilizzo del farmaco al trattamento di persone anziane affette da iperplasia prostatica benigna. Così, dopo anni di ricerca, nel 1992 la casa farmaceutica Merck ha ottenuto l'approvazione dalla Food and Drug Administration per l'immissione in commercio della finasteride, indicata nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna in compresse da 5 mg, sotto il nome registrato di Proscar ®. In Italia la vendita del Proscar è stata autorizzata nel 1997. La patente della casa farmaceutica Merck sul Proscar è scaduta nel 2006; da allora la finasteride viene commercializzata anche come farmaco generico sotto i nomi: Finasteride ®, Asterid ®, Finastid ®, Finestar ®, Prostide ®, Genaprost ® ecc. È stato provato che occorrono più di sei mesi di trattamento per apprezzare i benefici del farmaco sull'iperplasia prostatica benigna; nel caso l'assunzione di finasteride venga interrotta o avvenga in modo discontinuo, gli effetti positivi che seguono il trattamento potrebbero regredire. Considerando gli studi sull'effetto inibitorio della finasteride sull'enzima 5-alfa reduttasi, e basandosi anche su altri studi che dimostravano come l'ormone diidrotestosterone sia responsabile della perdita dei capelli nell'alopecia androgenetica, si è cercato di trovare un possibile impiego della finasteride anche nel trattamento contro la perdita dei capelli. Quindi nel 1997 la casa farmaceutica Merck ha ottenuto l'approvazione della Food and Drug Administration per commercializzare negli Stati Uniti la finasteride, in compresse da 1 mg, per il trattamento dell'alopecia androgenetica, sotto il nome registrato di Propecia ®. In Italia la commercializzazione della Propecia è avvenuta nel 1999. Propecia è protetta dal brevetto fino al 2013, dopodiché si potranno produrre e commercializzare anche le specialità generiche della stessa. Per provare l'efficacia della finasteride nel contrastare la caduta dei capelli associata ad alopecia androgenetica, è stato eseguito uno studio di 5 anni con pazienti che lamentavano una perdita di capelli considerevole, ma comunque non eccessiva. Alla fine dello studio è stato confermato che in 2 pazienti su 3 non solo si era contrastata con successo la perdita dei capelli, ma si era verificata addirittura una ricrescita di nuovi capelli. Nello stesso studio è stato confermato da fotografie e da un gruppo di dermatologi indipendenti che durante il trattamento con 1 mg di finasteride al giorno, nel 42% dei pazienti la perdita dei capelli si era arrestata e nel rimanente 48% del campione non solo si era fermata la caduta, ma si era verificata anche una ricrescita considerevole dei capelli. Basandosi su studi clinici è stato confermato che la finasteride, nel trattamento dell'alopecia androgenetica, funziona solo se somministrata per lunghi periodi; in caso di interruzione del trattamento la caduta riprende entro 6 mesi. Il testosterone nei maschi viene prodotto dai testicoli e in piccola parte dalle ghiandole surrenali. La maggior parte del testosterone presente nel corpo si trova legato ad una glicopreteina prodotta dal

fegato, che trasporta l'ormone nel circolo sanguigno e prolunga la sua emivita, impedendone il metabolismo durante il trasporto ematco; tale glicoproteina viene chiamata globulina legante l'ormone sessuale (SHBG). Una volta liberato dalla globulina legante. l'ormone sessuale, il testosterone, è libero di diffondere nell'ambiente circostante. In certi tessuti però, come la pelle, il cuoio capelluto e la prostata, il testosterone viene convertito in diidrotestosterone dall'enzima 5 -alfa reduttasi di tipo II. Quest'ultimo (diidrotestosterone) è però un androgeno più potente del testosterone e ha una maggiore affinità per il recettore androgeno, quindi si può dedurre che l'enzima 5-alfa reduttasi di tipo II è un potenziatore dell'effetto androgeno del testosterone nei tessuti sopracitati. Quindi la finasteride agisce come inibitore competitivo (compete con il testosterone, rimpiazzandolo) dell'enzima 5-alfa reduttasi di tipo II; tutto questo diventa possibile grazie alla sua struttura molto simile a quella del testosterone, che le permette di legarsi allo stesso sito d'azione nell'enzima; non essendo però uguale al testosterone, la finasteride rimane attaccata all'enzima sfruttando le sue proprietà farmacologiche, rendendo cosi possibile il blocco dell'enzima 5-alfa riduttasi di tipo II. La conseguente riduzione del diidrotestosterone nel cuoio capelluto permette di ridurre la perdita dei capelli, mentre la riduzione del diidrotestosterone nella prostata rende possibile una riduzione del volume della prostata stessa, migliorando il quadro clinico che accompagna l'ipertrofia prostatica benigna.

Finasteride: modo d'uso e controindicazioni Posologia e modalità d'uso La dose raccomandata di finasteride da usare nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna è di 5 mg/die, in un'unica somministrazione. L'efficacia del trattamento dev'essere valutata dopo 6 mesi dall'inizio della terapia: se non si riscontra alcun beneficio si consiglia di interrompere il trattamento e valutare altre opzioni terapeutiche; è infatti provato che un ulteriore incremento della dose quotidiana di finasteride non porta ad alcuna riduzione dei livelli di diidrotestosterone, quindi non fornisce alcun beneficio aggiuntivo. Diversi studi a lungo termine, condotti per un periodo superiore ai dieci anni, hanno provato che la finasteride usata nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna porta ad un miglioramento duraturo dei sintomi correlati al flusso urinario e al volume della prostata. La dose raccomandata di finasteride per il trattamento dell'alopecia androgenetica e di 1 mg/die, in un'unica somministrazione giornaliera. La finasteride è indicata solo per il trattamento dell'alopecia androgenetica negli uomini, e la sua efficacia massima è stata confermata nel trattamento di pazienti con ètà compresa tra i 18 e i 41 anni. In generale sono necessari almeno tre mesi di trattamento prima che si verifichi qualsiasi tipo di miglioramento o beneficio sull'arresto della caduta dei capelli; è comunque consigliabile proseguire il trattamento con finasteride per periodi più lunghi, in modo da usufruire degli ulteriori benefici che si verificano nei trattamenti a lungo termine, come la ricrescita dei capelli miniaturizzati. Alcuni studi hanno dimostrato che per sconfiggere l'alopecia androgenetica potrebbe essere sufficiente una dose giornaliera inferiore ad 1 mg di finasteride; i sostenitori di questo approccio hanno inviato delle petizioni che chiedono la riconsiderazione del dosaggio di finasteride, alla Food and Drug Administration (l'organo di massima autorità riguardo la legislazione dei farmaci negli Stati Uniti). Tuttavia la Food and Drug Administration, basandosi su studi specifici farmacologici, non ha ritenuto opportuno abbassare il dosaggio della finasteride attualmente consigliato per il trattamento dell'alopecia androgenetica. Alcuni pazienti per risparmiare sul costo della Propecia (finasteride 1mg) prendono le compresse da 5 mg e le dividono in 4 o 5 parti, assumendone una al giorno, sia perché la finasteride 5 mg è ormai anche un farmaco generico, di conseguenza costa meno in proporzione alla Propecia, sia perché può essere prescritta dal proprio medico su ricetta rossa (anche se questo non si potrebbe fare, visto che il paziente non soffre di pertrofia prostatica benigna ma di alopecia androgenetica). Secondo il mio parere personale e professionale questa abitudine è fortemente sconsigliata, perché si rischia di prendere dosaggi eccessivi di finasteride contribuendo all'aumento degli effetti collaterali e ad alimentare una scorretta terapia; nonostante il possibile risparmio, è assolutamente sconsigliabile dividere le compresse in qualsivoglia terapia, a meno che non sia il medico stesso a consigliarlo per la mancanza del dosaggio adeguato sul mercato, fenomeno che oggigiorno è molto raro.

Controindicazioni e avvertenze per l'uso Quando si usa la finasteride al dosaggio di 5 mg/die nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna, si raccomanda di porre particolare attenzione ai pazienti che presentano un grande volume di urina residua e una diminuzione del flusso urinario; in questi casi c'è la possibilità che si tratti di uropatia ostruttiva, per la quale si raccomanda di consultare un urologo o il proprio medico curante. Prima dell'inizio del trattamento con finasteride bisogna accertarsi che il paziente non soffra di insufficienza epatica grave, essendo la finasteride metabolizzata dal fegato; se il farmaco si deve somministrare a pazienti con una ridotta funzionalità epatica, si raccomanda di monitorare i livelli di finasteride nel sangue durante il trattamento, perché in alcuni di questi pazienti si può verificare un aumento dei livelli serici di finasteride. Prima di iniziare il trattamento con finasteride si raccomanda di escludere la possibilità di un'ostruzione della prostata dovuta a crescita di tipo trilobulare della stessa. Per escludere che si tratti di un cancro alla prostata, prima di iniziare il trattamento con finasteride, e per precauzione anche durante la terapia, si raccomanda di sottoporsi sia all'esame digitale del retto che alla determinazione dell'antigene prostatico specifico (PSA). Infatti la concentrazione sierica dell'antigene specifico prostatico è proporzionalmente correlata al volume della prostata e all'età del paziente. Durante il trattamento dell'iperplasia prostatica benigna con finasteride, i livelli sierici dell'antigene prostatico specifico si riducono approssimativamente del 50% rispetto alla norma, indipendentemente dalla presenza o meno di un cancro alla prostata. Quindi per mantenere la capacità dell'antigene specifico prostatico di individuare il cancro alla prostata, si raccomanda che nei pazienti in trattamento con finasteride per più di 6 mesi i livelli dell'antigene stesso vengano misurati periodicamente. In alcuni studi clinici è stata osservata la possibilità di comparsa di un carcinoma mammario in pazienti che assumevano la finasteride a dosi di 5 mg. Per questo motivo si raccomanda di contattare il proprio medico curante in caso di cambiamenti del tessuto mammario, come noduli, secrezione del capezzolo e ginecomastia. In caso di utilizzo della finasteride a 1 mg/die per la cura dell'alopecia androgenetica, il valore medio dell'antigene prostatico specifico in circolo, in uomini di età compresa tra 18 e 41 anni, dopo un anno di trattamento, è diminuito di circa il 30%. L'uso della finasteride 1 mg (Propecia) non è raccomandabile per ragazzi di età inferiore a 18 anni. Anche se studi effettuati su animali non indicano alcun rischio rilevante sulla fertilità dell'uomo, dopo la commercializzazione del farmaco vi sono state alcune segnalazioni di infertilità o di liquido seminale di scarsa qualità; tuttavia, in alcune di queste segnalazioni i pazienti presentavano anche altri fattori di rischio in grado di influenzare negativamente la fertilità. Nonostante ciò, basandosi su tali episodi e sulla mancanza di studi appropriati sulla fertilità dei maschi umani dopo l'uso di finasteride 1 mg, si sconsiglia l'uso del farmaco a uomini che hanno intenzione di diventare padri durante il trattamento o in un futuro imminente.

Finasteride: effetti collaterali Gravidanza e allattamento L'uso della finasteride sia da 1 mg che da 5 mg non è indicato nelle donne in gravidanza. A causa della grande capacità del farmaco di inibire l'enzima 5-alfa reduttasi, di conseguenza di inibire la conversione del testosterone in diidrotestosterone, la finasteride è controindicata nelle donne gravide perché può causare degli effetti collaterali gravi nei genitali esterni del feto maschio. Per questo motivo alle donne in gravidanza si sconsiglia anche di maneggiare le compresse di finasteride, specialmente se sono danneggiate: tali compresse sono rivestite da un film protettivo che impedisce al personale che le maneggia di entrare in contatto con il principio attivo; tuttavia in caso di danneggiamento della compressa si può avere una possibile perdita del principio attivo, che può in tal modo inquinare la pelle di chi tocca le compresse, portando cosi ad un assorbimento involontario della finasteride col rischio che si sviluppino gli effetti indesiderati sopracitati sul feto maschio. In uomini in trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna con finasteride 5 mg si sono trovate piccole quantità di finasteride nello sperma. Ancora non è noto, anche per mancanza di studi specifici, se queste piccole quantità di finasteride possano causare degli effetti negativi sul feto maschio qualora la

madre venga in contatto con lo sperma contaminato; tuttavia, per evitare qualsiasi tipo di rischio, in questi casi si raccomanda di usare le precauzioni necessarie durante l'atto sessuale, così da poter evitare qualsiasi contatto con lo sperma contaminato. Non è noto se la finasteride venga escreta o meno nel latte materno; tuttavia l'uso della finasteride durante l'allattamento è assolutamente controindicato.

Effetti collaterali e indesiderati La finasteride è in generale un farmaco ben tollerato dal nostro organismo, ma come tutti i farmaci può causare degli effetti indesiderati. In particolare, si parla e si discute molto sugli effetti collaterali della finasteride nella sfera sessuale, visto che si tratta di un farmaco antiandrogeno. Per questo motivo sono stati eseguiti una serie di studi relativamente lunghi su pazienti in trattamento con finasteride. Uno di questi studi, durato 4 anni, ha preso in considerazione più di 3000 pazienti, la metà dei quali veniva trattata con finasteride, mentre l'altra metà veniva trattata con il placebo. Gli effetti indesiderati più frequenti furono appunto quelli correlati all'attività sessuale ed agli organi sessuali. Ma il fatto interessante è che la media dei pazienti trattati con finasteride che hanno lamentato una disfunzione sessuale è stata del 3,5 %, contro il 2,1% dei pazienti trattati con il placebo. Gli effetti indesiderati più frequenti sono stati l'impotenza, la diminuzione della libido e la riduzione del volume eiaculatorio. Durante il primo anno dello studio tra tutti i pazienti trattati con finasteride, l'8% ha lamentato impotenza, circa il 6% ha lamentato una diminuzione della libido e circa il 3,5% ha segnalato una riduzione del volume eiaculatorio; per i pazienti trattati con il placebo, invece, le percentuali sono state circa la metà inferiori. Un altro fatto interessante è che dal secondo al quarto anno di trattamento la percentuale dei pazienti trattati con finasteride che lamentava un effetto indesiderato diveniva uguale alla percentuale dei pazienti trattati con il placebo che lamentava lo stesso effetto indesiderato. Altri effetti indesiderati riportati dopo l'uso della finasteride includono vertigini, nausea, dolori addominali e flatulenze. Effetti indesiderati meno frequenti sono quelli correlati all'ipersensibilità, come prurito, urticaria e gonfiore della faccia o della lingua. C'è stata anche una sola segnalazione di un rash cutaneo con prurito degli arti superiori ed inferiori che un uomo di circa 60 anni ha lamentato due settimane dopo l'inizio della terapia con finasteride; tuttavia il rash è stato risolto pochi giorni dopo la sospensione del trattamento con finasteride.

Aromatasi L'aromatasi è un sistema enzimatico deputato alla conversione degli androgeni, ormoni sessuali tipicamente maschili, in estrogeni, che sono invece caratteristici dell'organismo femminile. Come il nome stesso ci ricorda, l'aromatasi ha la capacità di aromatizzare il primo anello di carbonio dell'androgeno (anello A) attraverso l'ossidazione e la successiva eliminazione di un gruppo metilico. Sia gli estrogeni che gli androgeni si riscontrano - seppur in concentrazioni e proporzioni decisamente differenti - in entrambi i sessi, dove ricoprono ruoli fisiologici di primo piano. Sono quindi tipici ma non esclusivi di un sesso rispetto all'altro. Nei mammiferi tutti gli ormoni steroidei, inclusi gli androgeni e gli estrogeni, sono sintetizzati a partire dal colesterolo. Esaminando le varie tappe della steroidogenesi si può notare come la secrezione degli androgeni e degli estrogeni sia interdipendente; questi ultimi sono infatti sintetizzati a partire dagli androgeni. Gli androgeni possono quindi essere considerati i pro-ormoni degli estrogeni.

I vari step della steroidogenesi sono regolati da una serie di enzimi, la cui concentrazione ed attività costituisce lo step limitante dei vari passaggi biochimici. Abbiamo già visto come l'enzima aromatasi, codificato dal gene CYP19, sia in grado di operare la conversione di androgeni a 19 atomi di carbonio (androstenedione e testosterone) in estrogeni a 18 atomi di carbonio (rispettivamente in estrone ed estradiolo). Localizzato nel reticolo endoplasmatico delle cellule in cui è espresso, l'aromatasi è un complesso enzimatico costituito da due componenti: l'aromatasi citocromo P450 (aromatasi P450) e la flavoproteina (NADPH)citocromo P450 reduttasi. Il citocromo P450 reduttasi contiene il gruppo eme e il sito di legame degli steroidi; in presenza di ossigeno molecolare e NADPH, catalizza la serie di reazioni concentrate che portano alla formazione dell'anello A-fenolico degli estrogeni, mentre il NADPH-citocromo P450 reduttasi è responsabile del trasferimento di equivalenti riducenti dal NADPH al citocromo P450. Per ogni mole di androgeno sintetizzata sono necessarie 3 moli di O2 e 3 moli di NADPH.

La trascrizione del gene per l'aromatasi, così come l'espressione dell'enzima stesso, avviene in un ampio numero di tessuti, come quelli gonadici (testicoli ed ovaio), endometriali, adiposi, muscolari, epatici, cerebrali, piliferi (l'aromatasi si oppone alla caduta dei capelli e alla crescita dei peli), connettivi e placentari.

Inibitori dell'aromatasi Nella donna in età fertile l'ovaio è il maggior produttore di estrogeni. Nell'uomo e nella postmenopausa, invece, questi ormoni sono prodotti in gran parte dalla conversione periferica degli androgeni ad opera dell'aromatasi. Trattandosi di un enzima caratteristico del tessuto adiposo, i livelli più bassi di testosterone nell'uomo obeso rispetto al normopeso vengono messi in relazione proprio alla maggiore attività delle aromatasi. Non a caso, elevate concentrazioni di estrogeni nel maschio si accompagnano tipicamente ad una riduzione della fertilità, a ginecomastia e disfunzione erettile. Livelli

troppo alti di estrogeni sono però pericolosi anche nella donna, essendo questo un noto e documentato fattore di rischio per numerose forme di cancro al seno. Dal momento che le cellule tumorali necessitano di estrogeni per la propria proliferazione, uno degli approcci terapeutici più diffusi è quello di privarle di tale sostegno. Per questo, nelle donne in menopausa, tale risultato può essere raggiunto attraverso farmaci inibitori dell'aromatasi (Anastrozolo - Arimidex ®, Letrozolo - Femara ®, Exemestano - Aromasin ®). Questi medicinali vengono illegalmente impiegati anche in campo sportivo, soprattutto nel body building, per impedire che gli steroidi anabolizzanti assunti a scopo dopante siano rapidamente convertiti in estrogeni per mantenere l'omeostasi; tale conversione è un evento indesiderato, poiché favorisce la ritenzione idrica, tende ad aumentare le riserve adipose e può provocare ginecomastia. Sempre allo scopo di aumentare i livelli plasmatici di testosterone endogeno, o eventualmente esogeno, gli inibitori dell'aromatasi possono essere utilizzati anche nella prevenzione e nel trattamento dell'andropausa.

Acido azelaico L'acido azelaico è un acido dicarbossilico saturo, presente in natura nel frumento, nell'orzo, nella segale e nell'olio d'oliva (specie in quello irrancidito). L'interesse verso questa sostanza - prodotta in quantità importanti dal fungo Malassezia furfur, che alberga normalmente sulla cute umana - deriva da alcune caratteristiche particolarmente utili in dermatologia; l'acido azelaico, infatti, è dotato di attività depigmentante ed inibitoria nei confronti della 5-alfa-riduzione. Come tale, viene impiegato per via topica - alla concentrazione del 20% - in prodotti destinati al trattamento di acne, melasma e caduta dei capelli su base androgenetica.

Acido azelaico contro l'acne L'attività anti-acne dell'acido azelaico deriva probabilmente dalla sua azione batteriostatica e battericida nei confronti di microrganismi che insediano gli strati superficiali dell'epidermide, provocando lesioni cutanee caratteristiche dell'acne vulgaris (Propionibacterium acnes).Quest'azione batteriostatica e battericida si deve all'attività inibitoria dell'acido azelaico nei confronti di sistemi enzimatici fondamentali per l'attivazione della catena respiratoria mitocondriale e per la sintesi di acidi nucleici e proteine. Oltre alle azioni succitate, l'acido azelaico ha dimostrato un'attività radical scavenger (anti radicali liberi), potenzialmente utile in ottica anti-aging, ma preziosa anche per contrastare i fenomeni infiammatori che accompagnano l'acne. L'acido azelaico normalizza i processi di cheratinizzazione e porta ad una riduzione del contenuto di acidi grassi liberi nei lipidi della superficie cutanea; tale caratteristica contribuisce ad esaltarne l'azione antiacneica ed anticomedogenica. Per tutti questi motivi, l'acido azelaico è ancora oggi considerato uno dei farmaci di primo impiego nelle forme modeste di acne.

Acido azelaico come depigmentante L'acido azelaico esercita un'azione inibitoria nei confronti della tirosinasi, enzima chiave per la sintesi di melanina; in tal senso, è attivo soprattutto a livello dei melanociti iperattivi, mentre risparmia quelli normali. Come tale viene ampiamente impiegato nel trattamento del melasma.

Acido azelaico contro la caduta dei capelli E' risaputo che l'alopecia androgenetica, la più comune causa della "perdita" di capelli sia nell'uomo che nella donna, è legata all'azione degli ormoni androgeni in un terreno geneticamente predisposto. In tal senso, gioca un ruolo di primo piano la concentrazione follicolare dell'enzima 5-alfa reduttasi, che converte il testosterone in diidrotestosterone, il principale imputato nella genesi della calvizie. Gli studi

di Stamatiadis et al. (1987) hanno dimostrato come in vitro l'acido azelaico possieda una fortissima attività inibitoria nei confronti dell'enzima 5-alfa-reduttasi; tale effetto non è diretto (come nel caso del progesterone), ma deriva dall'inibizione della NADP reduttasi con blocco della produzione di NADPH (coenzima chiave della 5-alfa-reduttasi). Di conseguenza, a livello del bulbo capiliffero, il destino metabolico del testosterone non si orienta più verso la sintesi di diidrotestosterone, bensì verso l'ossidazione ad androstenedione ed estrone (quest'ultimo con un'attività positiva sulla salute del capello). L'associazione con piridossina e zinco sembra potenziare gli effetti dell'acido azelaico in vitro.

Fitoestrogeni Pubblicità: Integratore alimentare a base di Isoflavoni della Soia e del Trifoglio Rosso: con Vit. C, Vit. E, Selenio Introduzione

Fitoestrogeni e dieta

Effetti e proprietà

Dosaggio d'assunzione

Meccanismo d'azione

Effetti collaterali

Argomenti correlati: estrogeni; soia; isoflavoni di soia

MECCANISMO D'AZIONE Come anticipato, pur non essendo dotati di una struttura steroidea, i fitoestrogeni presentano numerose analogie strutturali con gli estrogeni prodotti dall'ovaio e con i farmaci antiestrogenici (tamoxifene). Queste particolari caratteristiche gli permettono di interagire con i recettori degli estrogeni. Grazie alla loro ambivalenza strutturale, i fitoestrogeni possono esercitare sia effetti estrogenici che anti-estrogenici, in relazione al recettore attivato, al tessuto considerato ed ai livelli degli estrogeni circolanti. Più in particolare, quando gli estrogeni endogeni, quindi prodotti dall'organismo, sono elevati, i fitoestrogeni esercitano azioni antagoniste (ne rallentano l'attività). Al contrario, quando il livello degli estrogeni endogeni è basso, i fitoestrogeni ne esaltano l'azione, occupando e stimolando, anche se debolmente, i loro specifici recettori. L'azione antiestrogenica è favorita, oltre che dal blocco recettoriale, anche dall'inibizione dell'enzima aromatasi (minore conversione degli androgeni in estrogeni) e dall'aumentata sintesi epatica di SHBG (con conseguente riduzione della quota di estradiolo libero). L'azione biologica di questi "ormoni vegetali" è molto importante, dal momento che gli estrogeni prodotti dall'organismo sono implicati nell'insorgenza di vari disturbi e patologie. Più in particolare: se presenti in eccesso, gli ormoni sessuali ed in particolar modo gli estrogeni, possono accrescere l'incidenza e favorire il progresso di alcuni tipi di cancro, come quello al seno, alla prostata, all'utero e alle ovaie. Le vampate e gli altri disturbi associati al climaterio sono una conseguenza degli squilibri ormonali (calo degli estrogeni ed alterazioni del rilascio di gonadotropine ipofisarie). Gli estrogeni proteggono dalle malattie cardiovascolari e dall'osteoporosi. Per quanto riguarda l'azione antiossidante, questa è particolarmente elevata per gli isoflavoni genisteina e dadzeina (contenuti soprattutto in soia e derivati). Tali sostanze sono in grado di neutralizzare i radicali liberi e prevenire il danno ossidativo. FITOESTROGENI E DIETA: assunzione ed assorbimento La quantità di fitoestrogeni assunta con la dieta varia enormemente da soggetto a soggetto, in relazione al consumo di determinati alimenti. E' risaputo, ad esempio, che nelle popolazioni asiatiche il consumo di fitoestrogeni è particolarmente elevato, grazie ad un'alimentazione tradizionalmente ricca di soia e derivati. Proprio questa particolare abitudine alimentare è stata messa in relazione con la minore incidenza di cancro alla mammella e dei sintomi menopausali registrata nelle donne asiatiche. La maggior parte dei fitoestrogeni è assunta con la dieta sottoforma di composti inattivi glicosidici (complessati a molecole zuccherine), che vengono poi idrolizzati dalla flora intestinale. Per azione di questi microrganismi i fitoestrogeni alimentari sono convertiti in sostanze attive, che vengono in parte assorbite ed in parte ulteriormente metabolizzate. L'assorbimento dei fitoestrogeni varia, quindi, da soggetto a soggetto e numerose condizioni possono limitare, in senso negativo, il loro metabolismo. Tra queste, ricordiamo l'assunzione di antibiotici,

squilibri alimentari (alimentazione povera di scorie od eccessivamente ricca di proteine, zuccheri e fibre), interventi chirurgici e patologie del tratto digerente (colelitiasi, colite, stitichezza ecc.). L'equolo, per esempio, è il metabolita isoflavonico dotato della maggiore attività antiossidante. Deriva dall'azione della microflora intestinale sulla daidzeina e nel corso di vari studi si è visto che tale conversione si realizza solo nel 35-70% della popolazione (importante, quindi, l'eventuale integrazione con probiotici e prebiotici). Questa considerazione, inoltre, potrebbe stare alla base delle differenti risposte individuali osservate nel corso degli studi clinici condotti per indagare l'efficacia terapeutica dei fitoestrogeni. Per lo stesso motivo, la valutazione della loro attività biologica e fitoterapica dovrebbe avvenire sulla base della concentrazione ematica od urinaria dei rispettivi metaboliti, piuttosto che sul semplice apporto dietetico. DOSAGGIO D'ASSUNZIONE: nel corso dei vari studi clinici sono stati utilizzati dosaggi di fitoestrogeni variabili tra i 34 ed i 160 mg/die. L'apporto giornaliero ideale è stato stimato in 40-60 mg. Il raggiungimento di tale soglia è assicurato dal semplice consumo di alimenti ricchi in fitoestrogeni, come la soia, i legumi in genere e gli alimenti integrali. Il consumo di questi alimenti, inserito nel contesto di una dieta sobria, che prevenga la resistenza insulinica (consumo di cibi a basso indice e carico glicemico), rappresenta, con tutta probabilità, l'arma migliore per prevenire le forme tumorali estrogeno-dipendenti. Alimento

Isoflavoni (tot.) (mg/100 g)*

mg per porzione media equivalente a (g)

Soia semi

58-380

34,8-228,0 (60)

Tofu

8-67

10,4-87,1 (130)

Farina di soia

83-178

16,6-35,6 (20)

Soia proteine testurizzate

71-118

28,4-47,2 (40)

Soia latte

3-17

3,0-17,0 (100)

Miso

26-89

4,7-16,0 (18)

Soia formaggio

3-5

1,2-20,0 (40)

Tofu yogurt

15

18,0 (120)

Soia salsa

1-7

0,1-0,3 (5)

Reinli K. And Block G. Nutr Cancer 26:123-148 (1996)

(*) Il contenuto di fitoestrogeni e la loro qualità varia molto in rapporto al luogo di coltivazione, al clima, alle caratteristiche del terreno e alle modalità di raccolta, estrazione e conservazione. EFFETTI COLLATERALI: non sono noti gravi effetti collaterali dei fitoestrogeni nell'uomo. A scopo cautelativo se ne sconsiglia l'utilizzo in gravidanza (potrebbero indurre alterazioni nello sviluppo dell'apparato riproduttivo maschile) ed in associazione a terapie ormonali.

Alcol e bodybuilding A cura di Antonio Rubbino

Alcol ed estrogeni

Vi sono forti possibilità che l'etanolo aumenti l'aromatizzazione degli androgeni. Un consumo di circa 0,9-2,1 g/kg di alcol porta un aumento significativo del beta-estradiolo in uomini adulti sani. Uno studio sui ratti riporta un aumento del 60% dell'estradiolo con il contorno di un calo del 55% del livello di testosterone, ma la quantità di alcol che assumevano era pari a farsi circa 12 drinks al giorno per uno o 2 mesi, spero quindi non sia il vostro caso. Comunque, il consumo di etanolo porta un aumento della densità dei recettori degli estrogeni, diminuisce la proteina legante l'estradiolo e diminuisce il numero dei recettori per gli androgeni; tutto questo porta uno squilibrio sul nostro piano ormonale, ma, tenete bene in mente, questi sono studi su alcolisti o cavie a cui vengono date altissime dosi di alcol, noi, bevitori saltuari, non dobbiamo farci troppo intimorire. Altra possibilità del legame etanolo-estrogeni la troviamo nel contenuto in fitoestrogeni di molte bevande alcoliche. Il luppolo, ad esempio, contiene vari e potenti estrogeni vegetali, tra i quali figurano la genisteina e la daidzeina. Liquori e whisky contengono biocianina A e beta-sitosterolo.

Riguardo le donne La produzione ed il rilascio di ormoni androgeni nelle donne avviene al di fuori delle gonadi, quindi l'azione dell'alcol sul livello di LH è del tutto irrilevante, come anche il suo effetto sulle cellule di Leydig. La produzione di testosterone avviene nei surreni come intermedio nella sintesi del cortisolo. Come detto in precedenza, l'etanolo stimola l'attività surrenale , quindi, nel sesso femminile, avremo un aumento degli ormoni androgeni. Consumo di 1,2 g/kg e di 2 g/kg di alcol danno, nelle donne, un aumento del testosterone di circa il 25% ed il 50% rispettivamente.

Sintesi proteica Vi starete già riempiendo di paranoie pensando a quando uscirete e vi ritroverete in qualche pub con davanti una pinta di dolcissima bionda... ed io vi butto adesso anche un bel carico da 90. L'alcol ed il sottoprodotto del suo metabolismo, l'acetaldeide, affliggono direttamente la sintesi proteica nel tessuto muscolare scheletrico. Le fibre muscolari maggiormente colpite sono le "tipo II" (quella a rapida contrazione o bianche) ed in particolar modo le "IIb". Questo è di grande rilevanza sia per i bodybuilders che per gli atleti di potenza; sono proprio questo tipo di fibre infatti che vanno maggiormente incontro ad ipertrofia. Prendiamo un paio di studi con "realmente possibili" quantità di alcol assunte. Tra i 0,8-2,0 g/kg di etanolo la riduzione della sintesi proteica raggiunge circa il 20 o 30% nell'arco di una o 2 ore e questo prima che le alterazioni ormonali abbiano luogo. Nell'arco di 24 ore si riscontra una riduzione dell'anabolismo del 63% ed è proprio adesso che ci si aggiunge l'effetto sugli assi ormonali. Le cause di questa diretta azione dell'alcol sulla sintesi proteica non sono del tutto chiare; si nota una riduzione dell' mRNA e dell'efficienza nella traduzione, ma sembra che il maggiore responsabile sia l'aumento dei radicali liberi indotto dal consumo di etanolo. Negli alcolisti affetti da miopatia (catabolismo muscolare) difatti, si registrano bassi livelli di selenio e alfa-tocoferolo (vitamina E), due markers di "stress ossidativo".

Qualità del sonno Avendo un effetto di depressione sul SNC l'alcol velocizza l'induzione del sonno, ma ne distrugge la "qualità". La fase REM del sonno profondo è il periodo in cui si ha il recupero sia psichico che fisico; l'etanolo rallenta l'entrata nella fase REM prolungando il periodo di sonno "non-REM". Bastano 2 o 3 drinks per aumentarne il tempo di induzione e deperire il periodo di permanenza nella fase REM. L'effetto sulla qualità del sonno è dose-dipendente, quindi più bevete, più la qualità del vostro "dormire" sarà scarsa.

"Hangover" (sintomi da astinenza) Le cause di quella sensazione di "post-sbornia" non sono del tutto comprese ancora. La formazione di prostaglandine e di citochine infiammatorie sembrano giocare un certo ruolo; l'utilizzo di aspirina, acido linoleico e linolenico (olio di lino e noci) ed integrazione con olio di pesce sembrano utili aiuti nel migliorare i sintomi d'astinenza, grazie alla loro capacità di limitare la formazione di prostaglandine

proinfiammatorie. L'inibizione dell'ormone antidiuretico (ADH) può anche figurare tra le possibili cause; idratarsi bene prima e dopo il consumo di bevande alcoliche non è certo una brutta idea. La formazione di aldeide e l'aumento di perossidi danno anch'essi un certo contributo; integrare con un "blend" di erbe come il "LIV52" migliora lo stato di hangover. Per ultimo, l'assunzione di 400mg di vitamina B6 prima, durante e dopo diminuisce del 50% il malessere del post bevuta.

Luppolo in Erboristeria: proprietà del Luppolo Nome scientifico Humulus lupulus

Famiglia Cannabaceae

Origine Centro Europa, paesi nordici

Luppolo: parti utilizzate Droga data dai coni

Costituenti chimici    

Flavonoidi; Olio essenziale (terpeni e sostanze resinose e amare, quali il lumulone e il lupulone); Tannini; Fitoestrogeni.

Luppolo in Erboristeria: proprietà del Luppolo Il luppolo, utilizzato nella produzione della birra, è anche usato nella medicina popolare soprattutto come sedativo. Come tale, il luppolo entra nella composizione di alcune miscele per tisana previste dallo stesso Formulario Galenico Nazionale: la tisana alla melissa e la tisana alla valeriana.

Avvertenze Tra i costituenti sono presenti fitoestrogeni, tra i quali la 8-prenilnaringenina, ma ancora non esistono dati sul suo impiego nei disturbi della menopausa, né esistono estratti di luppolo standardizzati in fitoestrogeni.

Luppolo: controindicazioni

Evitare l'uso di luppolo in caso di ipersensibilità accertata verso uno o più componenti.

Interazioni farmacologiche   

possibile interazione con psicofarmaci e con alcool per l'effetto sedativo; terapie ormonali: possibile interazione per l'effetto estrogenico; nell'animale il luppolo interagisce con i barbiturici aumentando il tempo di sonno.

Proteine della soia: sono proteine vegetali di buon valore biologico, estratte da una pianta appartenente alla famiglia delle leguminose. A differenza degli altri legumi, la soia presenta un profilo aminoacidico che si avvicina sensibilmente a quello delle proteine più nobili, anche se rimane carente degli aminoacidi solforati come la metionina e la cisteina. Nonostante questa carenza, le proteine della soia vengono annoverate - insieme a quelle delle uova - tra le proteine a più alto "valore biologico", almeno secondo la classificazione PDCAAS, che oltre al semplice profilo aminoacidico considera anche la digeribilità, la biodisponibilità e gli effetti generali sulla crescita e sullo sviluppo di infanti con età compresa tra 3 e 5 anni (fascia di età dov'è massimo il fabbisogno proteico per kg). Oltre all'azione plastica e ricostruttiva tipica delle proteine, la presenza di sostanze biologicamente attive (molto evidente nel seme consumato intero), ha permesso alla soia di avvicinarsi all'alimentazione occidentale e mediterranea, garantendo una serie di importanti benefici. L'uso diffuso che attualmente si fa della soia e dei prodotti derivati, è in parte giustificato dalla presenza di studi che mostrano come il regolare consumo di questo legume possa apportare una serie di miglioramenti: 1. A livello cardiovascolare: grazie all'azione ipocolesterolemizzante e cardioprotettiva della lecitina di soia; 2. A livello osseo: grazie alla presenza di fitoestrogeni con azione osteoprotettiva; 3. A livello sistemico: grazie alla presenza di isoflavoni, in grado di contrastare il danno ossidativo e ridurre l'insorgenza di patologie associate. Quindi, l'avvento della soia nella nostra dieta è stato indotto - oltre che da fattori prettamente nutrizionali - anche dalle spiccate doti dietoterapiche, che vanno oltre il suo ottimo contenuto proteico.

Proteine della soia e sport: diversi anni di sperimentazione, e tanti studi a riguardo, sono stati necessari affinché le proteine della soia potessero rientrare a pieno merito tra gli integratori utilizzati dagli sportivi. Il limitato uso che si faceva di queste proteine era essenzialmente determinato da una serie di false credenze, riguardanti le proprietà "ormonali" di questo alimento: infatti, i vari sportivi credevano erroneamente che la presenza di fitoestrogeni, sostanze naturali ad azione simil-ormonale, potesse inibire la secrezione endogena di testosterone e compromettere le capacità di crescita muscolare. Diversi studi hanno poi dimostrato come l'assunzione di proteine della soia non alteri assolutamente questa secrezione, né tanto meno il rapporto testosterone/estrogeni. Al contrario, questi integratori possono garantire gli stessi effetti positivi sulla composizione corporea indotti dalle proteine del siero del latte. Tra gli effetti comuni si è osservato anche un importante adattamento all'allenamento, garantito da un deciso miglioramento delle prestazioni anaerobiche dell'atleta e da un aumento della soglia di fatica. L'integrazione con proteine della soia, inoltre, ha determinato una serie di altri vantaggi, non osservati per le proteine del siero del latte: 1. Azione dimagrante: determinata da una sensibile riduzione del tessuto adiposo sottocutaneo ed addominale; 2. Azione antinfiammatoria: esplicata attraverso una sensibile riduzione dei livelli di citochine infiammatorie, anche in seguito ad esercizio fisico intenso; 3. Azione metabolica: garantita da un'aumentata produzione di ormoni tiroidei, e da una riduzione della secrezione urinaria di metaboliti derivati dalla degenerazione tessutale.

Questi effetti potrebbero essere associati sia ad un profilo aminoacidico particolarmente ricco in arginina e glutammina, sia alla presenza di antiossidanti naturali. Bromelina: enzimi proteolitici noti per i loro effetti antinfiammatori ed antiedematosi. La loro principale applicazione in questo prodotto è legata al dichiarato effetto proteolitico, che garantisce una miglior digestione delle proteine con relativa idrolisi enzimatica in aminoacidi liberi.

Modo d'uso consigliato dalla ditta - 90% Protein Soy - Weider Integratori Disciogliere 32 grammi di proteina in una tazza di acqua, latte scremato o succo di frutta. Agitare bene e servire subito. Per facilitare la miscelazione si può ricorrere all'uso di un frullatore.

Modo d'uso nella pratica sportiva - 90% Protein Soy - Weider Integratori Per definire un dosaggio ottimale, è necessario considerare che la quota utile da integrare dev'essere rapportata all'apporto proteico totale quotidiano, e che questo dev'essere calcolato in base alle caratteristiche costituzionali e fisiologiche, nonché alle esigenze atletiche dello sportivo. In linea di massima sarebbe utile assumere le proteine della soia lontano dai pasti principali, ed abbinarle a carboidrati di varia natura, al fine di ottimizzare i vari risultati. Più precisamente sarebbe utile: 1. Nel pre allenamento: associare le proteine a carboidrati a medio - basso indice glicemico, al fine di sostenere energeticamente la performance atletica; 2. Nel post-allenamento: associare l'integratore a carboidrati a medio-alto indice glicemico, al fine di ottimizzare la risintesi di glicogeno e stimolare l'anabolismo proteico. In ogni caso, sarebbe ottimale alternare alle proteine di origine vegetale - che comunque rappresentano un'importantissima fonte nutrizionale per individui allergici o vegani - anche proteine di diversa origine.

Sinergie - 90% Protein Soy - Weider Integratori Proteine + antiossidanti: l'associazione di antiossidanti sembra potenziare l'effetto protettivo delle proteine durante l'intensa attività fisica. Proteine + CHO: sembra essere l'abbinamento più efficace in assoluto. Nel pre-gara, opportunamente combinati e scegliendo la fonte più adatta, i carboidrati possono sostenere la performance e migliorare le proprietà energetiche del muscolo; nel post-work out, invece, possono ottimizzare il processo di recupero e crescita. Proteine + Creatina: sempre abbinate a carboidrati, assunte nel post work out, sembrano migliorare l'incremento di massa magra, anche se non tutti gli studi sono concordi.

Effetti collaterali 90% Protein Soy - Weider Integratori Noti sono gli effetti collaterali a lungo termine di una dieta troppo ricca in proteine o aminoacidi; danni a livello renale, disidratazione indotta da aumento della secrezione urinaria, sofferenza epatica o renale, alterazioni lipidemiche e relative patologie associate, acidosi tissutale e demineralizzazione ossea, sono solo alcune delle conseguenze di una dieta sbilanciata protratta nel tempo. Tra gli effetti dannosi derivati da una dieta troppo ricca in proteine, vi è sicuramente anche l'aumento di tessuto adiposo indotto dal complesso crocevia metabolico responsabile del coordinamento energetico-funzionale dell'organismo. Oltre agli effetti tipici di un eccessivo apporto proteico, è opportuno ricordare che in letteratura si descrivono altri effetti collaterali, come la riduzione della funzionalità tiroidea, l'azione teratogena sul feto e l'alterazione dell'assorbimento di alcuni farmaci. Tali effetti sembrano comunque associarsi all'eccessivo consumo del legume intero piuttosto che all'integrazione con proteine della soia in polvere.

Precauzioni per l'utilizzo 90% Protein Soy - Weider Integratori Il prodotto è controindicato nei casi di patologia renale o epatica, cardiovasculopatie e/o ipertensione, allergie e patologie autoimmuni, in gravidanza, durante l'allattamento, al di sotto dei 12 anni ed agli adolescenti non ancora formati. In caso di uso prolungato (oltre le 6/8 settimane) è necessario il parere del medico. Il presente articolo, elaborato sulla rilettura critica di articoli scientifici, testi universitari e pratica comune, ha solo scopo informativo e non ha pertanto valore di prescrizione medica. Si è quindi sempre tenuti a consultare il proprio medico, nutrizionista o farmacista prima di intraprendere l'uso di un qualsivoglia integratore. Ulteriori informazioni sull'analisi critica di 90% Protein Soy - Weider Integratori.

Il testosterone Come viene prodotto, come agisce, come controllarne la secrezione Il Testosterone è un ormone appartenente alla categoria degli androgeni (ormoni sessuali tipicamente maschili, ma importanti anche nelle donne). Il testosterone viene prodotto soprattutto nelle cellule di Leydig dei testicoli, sotto l'influenza dell'ormone luteinizzante (LH) liberato dall'ipofisi anteriore. Il testosterone è secreto con ritmo circadiano: nelle primissime ore di mattina si raggiunge il picco ematico, che poi cala durante il resto della giornata. Pregnenolone -> DHEA -> Androstenedione ->Testosterone Di tutto il testosterone prodotto dal corpo umano soltanto una piccola quota circola nel sangue in una forma libera. All'interno del torrente circolatorio, così come succede per molti altri ormoni, il testosterone si trova legato in gran parte (c.a. 98% negli uomini, 99% nelle donne) a specifiche proteine plasmatiche (Sex Hormon Binding Protein 45% e Albumina 53%) che lo inattivano temporaneamente. In base alle richieste metaboliche una piccola quota di questi legami può rompersi, lasciando il testosterone libero di migrare nelle cellule e regolare la trascrizione genica. Nel caso vi sia un eccesso di testosterone libero il corpo ha la capacità di neutralizzarlo trasformandolo in estradiolo (ormone tipicamente femminile) tramite una reazione di aromatizzazione che avviene soprattutto a livello del tessuto adiposo e del sistema nervoso centrale. L'estradiolo funziona a sua volta da inibitore della produzione di testosterone riducendo la secrezione ipotalamica di GnRH (ormone di rilascio delle gonadotropine LH e FSH). Tale ormone riduce la quota di LH prodotto e di conseguenza la sintesi di testosterone nei testicoli. Da questa breve premessa emergono già due concentti chiave: gli esami di laboratorio tradizionali rilevano soltanto la quota di testosterone totale, senza darci informazioni sulla quota di testosterone libero. Per ricavare tale dato occorrono esami specifici e molto più costosi. Ne deriva che le classiche analisi del sangue possono darci soltanto una stima del metabolismo corporeo degli androgeni.

Un abuso di testosterone, dei suoi precursori o derivati, potrebbe in un certo senso avere effetti contrari a quelli sperati. L'eccesso di testosterone verrebbe infatti trasformato in estradiolo, un ormone tipicamente femminile che aumenta il deposito di grasso in specifiche regioni corporee (vedi ginecomastia).

Azioni cliniche del testosterone NELLA VITA PRENATALE: sviluppo dei genitali esterni IN ETÀ PREPUBERALE: influenza sul comportamento IN ETÀ PUBERALE: > sviluppo e maturazione dei genitali esterni > acquisizione dei caratteri sessuali secondari (comparsa di barba, baffi, peli, recessione temporale, abbassamento del tono della voce) > crescita lineare scatto di crescita puberale (interazione con GH e IGF-1) > psiche: attitudini più aggressive e sviluppo della libido > aumento della massa muscolare IN ETÀ ADULTA: il testosterone favorisce la crescita dei peli, il mantenimento delle caratteristiche sessuali secondarie e l'eventuale comparsa di calvizie >psiche: mantenimento delle attitudini comportamentali e della libido >stimolo della spermatogenesi >ematopoiesi: aumentata produzione di eritropoietina (EPO)

Approfondimenti sul testosterone SPORT, ALIMENTAZIONE E TESTOSTERONE: Testosterone e steroidi anabolizzanti Testosterone e doping Testosterone ed allenamento Alcol e testosterone Prevenzione calo LH e testosterone dopo un ciclo di steroidi anabolizzanti FISIOLOGIA e SALUTE Valori di testosterone 5-alfa reduttasi e diidrotestosterone Calcolo e conversione Testosterone totale / libero Andropausa Ormoni steroidei Androstenedione Alopecia androgenetica Irsutismo Virilizzazione FAMRACI A BASE DI TESTOSTERONE Livensa - testosterone Andriol ® Testosterone undecanoato Androgel Metiltestosterone Sustanon ® Testosterone Testosterone cipionato Testosterone enantato Testoviron Testovis: testosterone propionato Intrinsa - testosterone

La scelta dello shampoo: tipologie e caratteristiche

Come scegliere lo shampoo più adatto al proprio tipo di capello? questa rapida guida ha lo scopo di descrivere le principali caratteristiche da ricercare in ogni specifica tipologia di shampoo. 1) Gli shampoo lavanti "classici" Sono gli shampoo familiari, economici, che hanno lo scopo di lavare bene i capelli. Contengono soprattutto tensioattivi anionici e cercano la loro personalità attorno ad un ingrediente naturale, vegetale o biologico. Il limite di questa tipoliga di shampoo è la composizione stessa. infatti normalmente per mantenere un costo contenuto, soprattutto alla produzione, vengono utilizzate basi lavanti ed ingredienti economici, ed il risultato sul capello può essere deludente. 2) Gli shampoo cosmetici Si tratta di shampoo specifici che consentono di correggere gli inconvenienti inerenti a una determinata natura dei capelli. La loro formulazione esige una intelligente modulazione dell'azione detergente e dell'azione "condizionante". Nello specifico, gli shampoo formulati per determite esigenze dovrebbero avere le seguanti virtù: -> gli shampoo per "capelli secchi" donano dolcezza e facilità alle pettinature; -> gli shampoo per "capelli grassi" tendono a ritardare gli effetti di appesantimento legati al grasso dei capelli; -> gli shampoo per "capelli sottili" intendono garantire volume e mantenimento; -> gli shampoo per "capelli fragili" danno brillantezza e morbidezza. 3) Gli shampoo trattanti specifici e gli shampoo "anticaduta" Cercano di adattarsi ad un cuoio capelluto alterato, mediante aggiunta di molecole che hanno un azione "farmacologica" riconosciuta. Gli shampoo antiforfora L'eziopatogenesi della forfora fa intervenire una proliferazione eccessiva di microrganismi residenti, per cui uno shampoo antiforfora dovrà avere due qualità principali: una reale attività battericida ed antimicotica; - una base lavante con potere lavante sufficiente per eliminare la forfora presente ma con dolcezza indispensabile per non aggredire ulteriormente l'epidermide già irritata. Gli additivi hanno reali virtù antiforfora: gli shampoo contenenti catrami (ad esempio l'ottimo Neutrogena T-GEL), come l'olio di cade (catrame di legno di ginepro) o il catrame di carbone fossile vengono utilizzati per la psoriasi e la forfora del cuoio capelluto in quanto hanno una certa efficacia cheratolitica ed antipruriginosa. L'inconveniente del loro odore e del loro colore scompare dopo il risciacquo, Gli shampoo antiforfora classici contengono amidi dell'acido undecilenico, sali di zinco o derivati di piridintione. L'octopyrox ha un attività paragonabile. Sono attualmente in commercio anche shampoo contenenti imidazolici (di cui la più famosa e commercialmente fortunata contiene ketoconazolo: Nizoral 2% e Triatop 1% ) veicolati da eccipienti schiumogeni ma molto aggressivi per la cheratina. Gli shampoo antiseborroici Schematicamente, possono essere classificati in tre categorie Gli shampoo contenenti legno di Panama, detergente non ionico dolce, possono essere utilizzati dai soggetti aventi cuoio capelluto grasso. Hanno la fama di non danneggiare la cheratina pilare né di provocare seborrea reattiva. Tuttavia, il loro carattere poco schiumogeno determina il rifiuto da parte dell'utente, Alcuni shampoo per "capelli grassi", contengono agenti che tendono a rallentare la secrezione sebacea: abitualmente derivati dello zolfo e olio di cade. Gli shampoo "anticaduta" e/o "terapeutici" in tutta onestà va chiarito che non esistono veri e propri shampoo dalle virtù anticaduta, certo è che validi prodotti commerciali per il trattamento della caduta di capelli, quali ad esempio Revivogen, Tricomin ecc., hanno associato al trattamento topico uno shampoo che richiama all'interno della propria formula i principali agenti di trattamento e dovrebbero avere lo scopo di "preparare" il cuoio capelluto al trattamento topico successivo. E' il caso del Revivogen Bio Cleansing Shampoo, che è apprezzato da moltissimi utilizzatori, nella cui formula troviamo interessantissimi ingredienti anticalvizie quali Saw palmetto, acido alfa-linolenico, acido gamma linoleico, acido linoleico,acido azelaico,zinco solfato,vitamina B-5,vitamina B-6, niacina e altro, ma che certo si fa apprezzare principalmente per il pregio e la delicatezza delle proprie basi lavanti. Anche il Tricomin Revitalizing Shampoo possiede nella propria formula lo stesso principio attivo della lozione spray, ossia i validissimi rame-peptidi. Molto interesse e successo nell'ambito delle community internet che parlano di calvizie (italiane e soprattutto americane) ha avuto anche il Nano Shampoo. Questo shampoo, formulato dal ricercatore statunitense Peter H. Proctor, basa le proprie virtù sul N.A.N.O, ossia acido nicotinico N-ossido : questo principio attivo, brevettato dallo stesso Dr. Proctor, stimolerebbe la ricrescita del capello seguendo lo stesso meccanismo proposto da alcuni studiosi per il minoxidil (diaminopirimidilpiperidin-Nossido) cioè mima la molecola segnale EDFR responsabile delle stimolazione dei capelli endogena. Il n.a.n.o. è un metabolita naturale della niacina. E' oggi reperibile la formula "light" che ha la stessa formula ma in misura più leggera. 4) Le basi lavanti dolci Sono derivati non ionici del poliglicerolo con forte potere schiumogeno o non schiumogeno. La loro eccellente tollerabilità e la loro grande frequenza di utilizzo fanno sì che i disturbi dovuti al sebo non hanno il tempo di

verificarsi. Gli shampoo dolci: "per uso frequente" e "per bambini" La moda di questa serie va diffondendosi da parecchi anni in correlazione con il cambiamento dello stile di vita. Attualmente, il consumatore sente il bisogno di lavarsi spesso i capelli, due - tre volte alla settimana; questo può essere dovuto all'inquinamento atmosferico delle grandi città, ad una seborrea importante, alla sudorazione legata alla pratica regolare di sport etc. La formulazione di questi shampoo meno detergenti dei precedenti, si basa sull'utilizzo di tensioattivi selezionati per la loro dolcezza e la loro assenza di aggressività nei confronti del capello, ma anche della cute e degli occhi, in particolare negli "shampoo per bambini". Uno shampoo che merita senz'altro menzione in questo senso è il Kmax clear gel volumizing shampoo. Questo shampoo è stato formulato quasi per "sfida" nel 2004 con la collaborazione degli utenti della comunità anticalvizie di www.ieson.com L'obiettivo era di avere disponibile uno shampoo che contenesse le più pregiate e delicate basi lavanti disponibili sul mercato, e che quindi potesse essere usato quotidianamente, e che avesse nel contempo un ottimo potere condizionante e una azione voluminizzante, caratteristiche importanti per chi soffre di capelli fini e diradati causa calvizie androgenetica. Inoltre, caratteristica non necessariamente indicativa della qualità di uno shampoo, ma decisamente apprezzata, una schiuma densa e abbondante, sempre piacevole durante il lavaggio. Tutte queste caratteristiche unite in un unico prodotto si scontrano con le regole del mercato comune, che tendono ad abbassare al massimo il costo di produzione per aumentare le marginalità di guadagno. Con Kmax shampoo questo problema non si verifica inq uanto la vendita avviene direttamente dalla produzione al consumatore, pertanto a fronte di un costo di produzione decisamente elevato se paragonato con prodotti affini, il prezzo di vendita all'utilizzatore finale è decisamente contenuto. Il prezzo di un prodotto non è sempre indice di qualità del prodotto stesso. 5) Gli shampoo secchi Questi shampoo sono costituiti da una miscela di polveri (amido di riso o di mais, silice...) destinate ad assorbire il sebo e ad essere in seguito eliminate mediante un'energica spazzolatura. Di fatto non vengono più utilizzati in quanto non hanno alcun potere pulente sul cuoio capelluto. Danno soltanto un'apparenza di pulizia. Conclusioni. In definitiva, a meno che ci si trovi a dover affrontare una problematica o una patologia molto specifica, invitiamo a effettuare la scelta dello shampoo con molta cura, provando e alternando differenti shampoo, individuando quello che si adatta nel modo migliore ai nostri capelli, che lascia il nostro cuoio capelluto pulito senza aggredirlo, soprattutto dopo un uso prolungato. Pertanto quello che può essere uno shampoo apprezzatissimo da molti, può rivelarsi inadatto al nostro tipo di capello, oppure lo stesso shampoo che normalmente idrata e rende morbido sufficientemente i nostri capelli, dopo un prolungato uso di lozioni topiche alcoliche che hanno danneggiato e seccato il capello potrebbe rivelarsi insufficiente per reidratarlo in modo adeguato, e diventa quindi necessario uno shampoo con una più profonda azione ristrutturante, oppure l'uso di un balsamo specifico.

Rame Peptidi (Copper Peptides)

Premesse Come è noto durante la gioventù la capigliatura è folta e i follicoli piliferi sono lben irrorati dai vasi sanguinei. Ciononostante, durante l'invecchiamento il processo che rigenera i follicoli piliferi rallenta. Nel maschio, l'azione del DHT (maggiore responsabile della calvizie androgenetica) aggiunge un ulteriore ostacolo alla crescita dei capelli. Come noto l'effetto del processo di miniaturizzazione dei follicoli piliferi induce ad un progressivo diradamento ed a follicoli sempre più superficiali e meno irrorati dal sangue. La conseguenza diretta di questo progressivo "rimpicciolimento" del bulbo pilifero porta alla crescita di capelli sempre più sottili, deboli e depigmentati. Quale è l'utilità dei Rame-peptidi nella calvizie? I rame peptidi, brevettati da Loren Pickart negli anni '80, grazie alle loro molteplici virtù, hanno dimostrato di essere tra le sostanze che maggiormente contribuiscono al rallentamento ed all'inversione del processo di miniaturizzazione dei follicoli. Pickart sostiene che i processi di rinnovamento della pelle e del cuoio capelluto passano attraverso i follicoli piliferi: le nuove cellule della pelle "risalgono" dal follicolo pilifero e migrano nella pelle appena circostante.

Stando a quanto afferma Pickart, l'azione dei ramepeptidi sarebbe in grado di invertire il naturale processo di invecchiamento della pelle e dei follicoli piliferi, caratterizzati da capelli fini e miniaturizzati, cuoio capelluto più sottile e fasi telogen più lunghe.

Tra le cause di accelerazione nei processi di invecchiamento di cute e follicoli, vengonomenzionati anche fattori chimici e/o ambientali quali ad esempio l'azione di colorazioni chimiche e cosmetiche, l'eccessiva esposizione al calore ed ai raggi ultravioletti, danni al cuoio capelluto di altra natura (cicatriziale) e azioni auto-immuni dell'organismo. Di contro, l'azione dei rame-peptidi avrebbe dimostrato di invertire questi processi naturali, portando alla generazione di nuovi capillari intorno al follicolo, all'incremento dei grassi sottocutanei ed alla sintesi della melanina, oltre alla riparazione dei danni al cuoio capelluto ed alla formazione di capelli più spessi. Questi effetti furono osservati per la prima volta negli anni '40 durante la seconda guerra mondiale; Si osservò come in pazienti colpiti da gravi bruciature e cicatrici da ustione, qualora i follicoli piliferi crescessero ai margini della pelle bruciata, ciò era da interpretare nella prognosi della guarigione: se i follicoli si allargavano, la guarigione sarebbe stata scarsa e le cicatrici da ustione rimanevano. Più tardi, nel 1985, Pickart scoprì che i suoi rame-peptidi, gli SRCPs (Skin Remodeling Copper Peptides) non solo stimolavano la guarigione delle ferite ma incrementavano anche la dimensione dei follicoli piliferi nella zona della ferita. I rame-peptidi non sono pertanto degli stimolatori della crescita di capelli di per sè, ma ciò risulta essere una naturale conseguenza delle aumentate vitalità e salute del follicolo pilifero. I Rame-peptidi completano il lavoro del minoxidil laddove questo famaco "risveglia" i follicoli cosìddetti "dormienti" e porta alla generazione di una prima peluria, i capelli "vellus". I Rame-peptidi intervengono poi nella stimolazione della conversione di quest capelli in capelli più grossi e pigmentati, quali conseguenza dell'azione sul follicolo pilifero.

Negli ultimi anni, si è giunto a stabilire che alcune modifiche genetiche su cavie da laboratorio che stimolano la rigenerazione della pelle incrementano anche le dimensioni dei follicoli piliferi (Fuchs 1998). Geni quali il noto "sonic hedgehog" (Sato et al 2001, Nanba et al 2003, Oro et al 2003. Mill eta al 2003), "catinin" (Huelsken 2001, Van Mater et al 2003), "Wnt" (Stenn 2001) e "Noggin" (Botchkarev 2001) sono tutti in grado di ingrossare i follicoli piliferi. Quali prodotti contengono Rame-Peptidi? I Rame-peptidi furono brevettati da Loren Pickart negli anni '80, al tempo a capo della Procyte Corporation. In seguito Pickart lasciò la Procyte (e con essa i suoi brevetti) per fondare una nuova compagnia, la SkinBiology, dove lavora attualmente. In mercato esistono due prodotti commerciali molto simili e con alcune differenze, più che altro di natura prettamente cosmetica: I prodotti della linea Tricomin il cui principio attivo a base di rame-peptidi (tra cui il blue copper peptide) prende il nome di Triamino Nutritional Complex è commercializzato dalla Procyte Corporation, mentre la Skin Biology di Loren Pickart commercializza il Folligen, anch'esso basato sui rame-peptidi, nelle formule in spray, crema fluida o semifluida.

Nano Shampoo

E’ un ottimo detergente sviluppato dal Dottore statunitense Peter H. Proctor, conosciuto in tutto il mondo ed in internet come uno dei maggiori esperti in calvizie e ricrescita di capelli. La sua attività continua senza sosta dal 1984 nello sviluppo di trattamenti per chiunque abbia fallito in altri trattamenti; basta ricordare che in U.S.A. ha ricevuto 7 brevetti per il trattamento di calvizie e ,oltre ad essere un ricercatore, è anche farmacologo con specializzazione e

costante attività nella ricerca di farmaci per la pelle. Da oltre 25 anni.possiede il dottorato di ricerca attiva per lo sviluppo di farmaci per la pelle. Nome commerciale:

Nano Shampoo

Principi attivi:

N.a.n.o e agenti SOD

Categoria:

Shampoo da trattamento

Componenti:

Acqua, Peg-80 sorbitan laurate, Cocamidopropyl beatine, Sodium laureth sulfate, Peg-150, Disodium cocamphodiacetate, Sodium chloride, Peg-150 distereate, Allantoina, Arginina, Pantenolo, Laureth-13 carboxylate, Profumo, Niacin-Oxyde, Superossidodismutasi, CI 42090

Effetti collaterali:

Non sono stati riscontrati effetti collaterali

Costo:

US$ 40 circa per un flacone da 237ml

Disponibilità:

Solo negli USA. La versione commerciale (Hair regrowth formula shampoo) è in vendita on-line a 25 € circa: acquista on-line Hair regrowth formula Shampoo

A detta di molti è uno tra i migliori shampoo indicati per la calvizie in quanto possiede 2 particolari principi attivi molto interessanti: N.A.N.O.: ossia acido nicotinico N-ossido : questo principio attivo, brevettato dallo stesso Dr. Proctor, stimola la ricrescita del capello seguendo lo stesso meccanismo proposto da alcuni studiosi per il minoxidil (diaminopirimidilpiperidin-N-ossido) cioè mima la molecola segnale EDFR responsabile delle stimolazione dei capelli endogena Il n.a.n.o. è un metabolita naturale della niacina. S.O.D. mimetici : sono contenuti diversi tipi di questi agenti di cui il Dr. Proctor possiede molti brevetti.Essi sono dei principi attivi molto importanti in quanto hanno dimostrato di possedere le seguenti proprietà: stimolatano la crescita e ricrescita dei capelli sono dei forti agenti anti-infiammatori e antiossidanti riparatori della pelle - promotori della formazione di nuovi vasi sanguinei(angiogenesi) Inoltre questo shampoo contiene dei componenti atti a rendere il capello maggiormente voluminoso,lucente e morbido. Trattamento e modalità di applicazione Bagnare i capelli ed il cuoio capelluto,applicare una quantità adeguata di Nano Shampoo, massaggiare delicatamente e lasciare agire per 2-4 minuti. Infine risciacquare abbondantemente con acqua tiepida. Il Dr Proctor consiglia di utilizzare il Nano Shampoo 2-4 volte a settimana e quindi può essere alternato con altri shampoo delicati e/o trattanti. Nano Shampoo e Hair regrowth formula shampoo del Dr.Proctor Il Nano shampoo è divenuto ormai da tempo indisponibile in Europa in quanto non viene più spedito al di fuori degli USA. E' invece in commercio con più facile reperibilità una versione "light", destinata alla commercializzazione su più larga scala, denominata Hair Regrowth Formula shampoo . Questo shampoo ha formulazione differenente ma contiene gli stessi principi attivo del Nano shampoo (3-carboxylic acid pyridine N-Oxide e SOD) seppur in percentuali e dosaggi inferiori, come confermato dallo stesso Dr.Proctor. Come acquistare questo Hair regrowth formula shampoo è disponibile on-line su www.hairshopeurope.com

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