Cap. 8.4
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Gli strabismi e le anomalie della motilità oculare...
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Capitolo 8 • Aspetti medico-legali |
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ASPETTI MEDICO-LEGALI
Pasquale Troiano
Oftalmologo Ospedale Policlinico IRCCS - Milano
Filippo Incarbone
Oftalmologo Libero Professionista
Ruolo dei traumi nelle alterazioni della motilità oculare
Lorenzo Polo
Medico Legale – Prof. A. C. Università degli Studi dell’Insubria – Varese
Introduzione I traumi a carico del distretto orbito-facciale e cranico sono spesso causa di alterazioni rilevanti della oculomotricità. Nella valutazione medicolegale di una alterazione della motilità oculare seguita ad un evento traumatico è necessario: individuare il nesso causale tra tipologia traumatica e tipo di alterazione oculomotoria; comprendere se il trauma ha avuto capacità diretta ed esclusiva nella produzione del danno o se sussistevano preesistenti alterazioni della motilità oculare, sintomaticamente latenti ed estrinsecatesi dopo il trauma. In quest’ultima fattispecie, facendo ricorso ad una corretta criteriologia medicolegale, si dovrà procedere: • a discriminare lo stato anteriore dell’apparato visivo dall’attuale; • a determinare se lo stato anteriore ha costituito una concausa nella genesi della lesione attuale; • a determinare se lo stato anteriore rappresen-
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ta, ed in che misura, una concausa della menomazione esitata al trauma. In definitiva, ogni approfondimento clinico-strumentale avrà come obiettivo anche quello di precisare se i sintomi da alterazioni oculomotorie potevano essere già presenti prima dell’evento traumatico, se si sono manifestati o aggravati dopo il trauma o se potevano essere del tutto assenti prima del trauma (perché non vi era alcuna patologia oppure perché vi era un ottimo compenso della alterazione oculomotoria interrotto dall’evento traumatico). Ai fini della valutazione del danno prodotto dall’evento traumatico è indispensabile che il quadro clinico sia definibile come stabilizzato e non suscettibile di ulteriori modificazioni significative sotto il profilo clinico.
Alterazioni della motilità oculare da trauma cranico Il trauma cranico può determinare danni diretti del Sistema Nervoso Centrale (contusione o concussione cerebrale, emorragie intraventricolari o subaracnoidee, ematomi subdurali o epidurali) e danni secondari (edema, ischemia, idrocefalo,
Figura 1. Organizzazione del sistema oculomotore
vasospasmo, infezioni). L’organizzazione del sistema oculomotore (Figura 1) ci spiega le conseguenze a carico della motilità oculare a seconda della sede della lesione traumatica.
Lesioni degli emisferi cerebrali I danni monolaterali a carico dell’emisfero cerebrale, in fase acuta, producono, sul piano della motilità oculare, una deviazione coniugata degli occhi verso il lato della lesione accompagnata da nistagmo a fasi rapide con paralisi di sguardo dal lato opposto. Queste manifestazioni tendono a migliorare spontaneamente. Gli esiti tardivi sono rappresentati dalla persistenza di anomalie nei movimenti saccadici orizzontali sia omolaterali alla lesione che controlaterali, dalla presenza di nistagmo a piccolissime scosse in posizione primaria che assume un andamento più ampio e lento verso l’emisfero sano, dalla osservazione di movimenti coniugati spastici verso il lato opposto alla lesione durante la chiusura delle palpebre. Nelle lesioni monolaterali è frequente il riscontro a lungo termine di asimmetria della risposta optocinetica (lesioni del lobo parietale) o delle saccadi (lesioni del lobo occipitale). I danni bilaterali parieto-occipitali si concretizza-
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no nella aprassia oculomotoria (Sindrome di Balint) caratterizzata da alterazione della fissazione e dei movimenti di inseguimento.
Lesioni delle connessioni vestibolari La manifestazione più tipica di un trauma cranico o anche di un colpo di frusta che ha causato una lesione delle connessioni vestibolari è la vertigine acuta con nistagmo misto (orizzontale e torsionale) a fasi lente verso il lato della lesione. Un’altra manifestazione di queste lesioni è l’oscillopsia.
Lesioni del cervelletto Lesioni cerebellari isolate possono dare sintomi oculomotori ma il vero responsabile delle alterazioni oculomotorie nelle lesioni del cervelletto è il tronco cerebrale. A seconda della sede puntuale della lesione possiamo avere manifestazioni diverse: lesioni del verme dorsale (dismetria saccadica); lesioni del flocculo (anomalie di fissazione e inseguimento, nistagmo, deviazione obliqua); lesioni dell’arteria cerebellare posteroinferiore (vertigine acuta, nistagmo, deficit di mantenimento dello sguardo).
Lesioni ponto-mesencefaliche Anche in questo caso le caratteristiche delle manifestazioni cliniche dipenderanno dalla sede puntuale della lesione. Le lesioni del fascicolo longitudinale mediale determinano una oftalmoplegia internucleare (INO) monolaterale destra - caratterizzata da un deficit di adduzione omolaterale alla lesione che non migliora con la stimolazione vestibolare, nistagmo orizzontale nell’occhio controlaterale nel tentativo di abdurre, possibile deviazione obliqua con occhio più alto omolaterale alla lesione - o bilaterale - caratterizzata da un deficit bilaterale dell’adduzione con nistagmo in abduzione. La INO plus (o sindrome uno e mezzo) si instaura quando la lesione oltre al fascicolo longitudinale mediale coinvolge anche la formazione reticolare pontina paramediana e il nucleo o i fascicoli del VI nervo cranico. Questa sindrome è caratterizzata da paralisi di sguardo totale verso il lato della lesione con mezza paralisi di sguardo verso il controlaterale grazie alla possibilità di abdurre l’occhio controlate-
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rale alla lesione che spesso diviene exotropico. Le lesioni a carico della formazione reticolare pontina paramediana spesso si associano a lesioni a carico dei nuclei dell’abducente e, se monolaterali, sono caratterizzate da manifestazioni paretiche o paralitiche dello sguardo orizzontale omolaterale alla lesione con o senza nistagmo e con o senza deviazione coniugata degli occhi verso il lato sano. Nelle forme bilaterali c’è una paralisi completa dello sguardo orizzontale. Le lesioni della commessura posteriore e della formazione reticolare mesencefalica concretizzano la sindrome di Parinaud o sindrome mesencefalica dorsale. Si tratta di una complessa sindrome oculomotoria caratterizzata dalla paralisi completa dei movimenti verticali degli occhi con occasionale risparmio del fenomeno di Bell e del riflesso vestibolo-oculare in cui il tentativo di movimento degli occhi verso l’alto si associa a retrazione della palpebra superiore. Anche lo sguardo verso il basso (a lente saccadi) ed i movimenti di vergenza appaiono alterati. Si può osservare la presenza di una pseudoparalisi dell’abducente poiché durante la ripresa di fissazione orizzontale l’occhio in abduzione si muove più lentamente. Tipica invece è la dissociazione del riflesso pupillare alla luce (assente) da quello all’accomodazione-convergenza che rimane normale (pseudopupilla di Argyl-Robertson). Le lesioni del mesencefalo rostrale e ventrale danno paralisi dello sguardo verso il basso, deviazione persistente degli occhi verso l’alto, deficit di convergenza e pseudoptosi nello sguardo verso il basso.
Lesioni dei nervi cranici Le lesioni del nervo oculomotore comune (III n. c.) sono frequenti nei traumi con impatto frontale. Possono essere complete (paralisi dell’abduzione, della depressione, dell’inciclotorsione, dell’accomodazione, associate a midriasi, ptosi e retrazione palpebrale nello sguardo in basso (pseudosegno di Graefe) o possono essere parziali. Le manifestazioni cliniche delle lesioni parziali dipendono dalla sede specifica della lesione. Le lesioni nucleari sono rare e possono essere caratterizzate da difetti bilaterali degli elevatori palpebrali (innervati da un unico nucleo cauda-
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le) e dei retti superiori (che hanno fibre crociate all’origine) o da difetti monolaterali del retto mediale, del retto inferiore o dell’obliquo inferiore. Se la prova oculocefalica o il fenomeno di Bell inducono un miglioramento del quadro della motilità oculare si deve pensare ad una lesione sovranucleare. Le lesioni fascicolari si collocano spesso all’emergenza del nucleo e pongono notevoli problemi di diagnosi differenziale. Si instaura un quadro paretico della motilità estrinseca accompagnato da una componente paretica della motilità intrinseca di pertinenza pupillare. Le lesioni a livello dello spazio subaracnoideo possono manifestarsi con una oftalmoplegia con coinvolgimento pupillare - come spesso si osserva nei traumi frontali - o senza coinvolgimento pupillare - come spesso si verifica nelle ischemie post-traumatiche. Se la lesione si localizza in corrispondenza dell’ingresso del III n. c. nella dura madre - che è la sede più tipica in tutti i traumi cranici - si osserva un iniziale coinvolgimento della muscolatura estrinseca seguito in successione dal coinvolgimento degli elevatori palpebrali e di tutti gli altri muscoli innervati dall’oculomotore comune. Se la lesione avviene tra seno cavernoso e fessura orbitaria superiore si instaura la sindrome dell’apice orbitario caratterizzata da paresi o paralisi del III, IV e VI nervo cranico con coinvolgimento del trigemino che porta notevole sensazione dolorosa e possibile coinvolgimento del nervo ottico con compromissione visiva. Quando la lesione si verifica a livello dell’orbita le manifestazioni cliniche possono essere estremamente variabili ed accompagnate dalla comparsa di sincinesie: elevazione della palpebra in adduzione, retrazione della palpebra nello sguardo in basso, retrazione ed adduzione nei tentativi di verticalità, pseudopupilla di Argyl-Robertson. Le lesioni del nervo trocleare (IV n. c.) sono caratterizzate da una posizione anomale del capo (inclinato su spalla opposta con mento abbassato), ipertropia dell’occhio paretico, deficit di abbassamento che aumenta in adduzione. Le lesioni nucleari e fascicolari riconoscono nei traumi la causa più frequente di forme isolate acquisite. È praticamente impossibile distinguere una lesione nucleare da una fascicolare; per la
vicinanza a fibre del simpatico è possibile la presenza contemporanea di una sindrome di Horner controlaterale. Le lesioni a livello dello spazio subaracnoideo sono tipicamente bilaterali e possono essere causate anche da traumi di media entità. Le lesioni tra seno cavernoso e fessura orbitaria superiore sono sempre complicate dal coinvolgimento dell’oculomotore comune. Le lesioni dell’abducente (VI n. c.) sono prodotte tipicamente da traumi torsionali e caratterizzate da esotropia in posizione primaria e torcicollo compensatorio, deficit massimo in abduzione associato ad allargamento della rima palpebrale. Le lesioni nucleari possono dare una paralisi coniugata dello sguardo omolaterale alla lesione o totale nelle forme bilaterali. Siccome il nucleo dell’abducente è circondo dal fascicolo del facciale (VII n. c.) è frequente l’associazione di una paralisi omolaterale periferica del facciale. Le lesioni fascicolari sono solitamente associate alle nucleari. Le lesioni a livello dello spazio subaracnoideo danno paralisi sia mono che bilaterale. Le lesioni tra seno cavernoso e fessura orbitaria superiore vedono frequentemente associate paralisi di più nervi oculomotori: III e IV, III e VI, VI bilaterale. In questo caso per la vicinanza di fibre del simpatico a livello del seno cavernoso si può associare una sindrome di Horner omolaterale.
Alterazioni della motilità oculare da fratture orbitarie Le fratture orbitarie sono spesso una conseguenza di traumi facciali e costituiscono un capitolo importante della traumatologia sia per la loro frequenza sia per la necessità di un trattamento in grado di minimizzare o prevenire la perdita della funzione visiva e le complicanze tardive come la diplopia persistente e la malposizione del bulbo oculare. Sul piano classificativo è utile distinguere: • fratture dello scheletro orbitario interno • fratture del margine orbitario • fratture associate a fratture di altre ossa facciali • fratture dell’apice orbitario
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È utile ricordare alcune caratteristiche salienti dell’anatomia orbitaria. In figura 2 troviamo rappresentata l’osteologia dell’orbita. Le orbite hanno la forma di piramide quadrangolare, appoggiate su di una parete, orientate con le basi anteriormente e gli apici posteriormente; i loro assi sono notevolmente divergenti, pertanto gli apici sono più vicini delle basi. La piramide orbitaria ha un volume di circa 30 mL o cm3. Delle quattro pareti che compongono la piramide orbitaria quella più interessante è il pavimento. Il pavimento orbitario è leggermente più corto delle altre pareti e non raggiunge l’apice ter-
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malposizionamento del globo oculare dopo chirurgia orbitaria. Il pavimento è attraversato dal fascio neurovascolare infraorbitario e numerosi vasi perforanti attraversano il periostio.
Fratture dello scheletro orbitario interno In questo gruppo comprendiamo le fratture a blow-out ed a blow-in che si osservano nelle fratture isolate del pavimento, del tetto o delle pareti dell’orbita. Le pareti orbitarie più vulnerabili sono il pavimento e la parete mediale poiché la struttura ossea di queste pareti è più sottile. Dal tipo di frattura a blow-out è possibile desu-
Figura 2. Osteologia dell’orbita (1): frontale, (2): piccola ala dello sfenoide, (3): etmoide, (4): lacrimale, (5): mascellare, (6): malare, (7): grande ala dello sfenoide
minando immediatamente prima dell’anello di Zinn. È inclinato verso l’alto di circa 30° in senso antero-posteriore e di circa 45° in senso lateromediale. La sua superficie non è piana ma presenta una concavità immediatamente posteriore alla rima orbitaria ed una convessità retroequatoriale. Questa convessità deve essere accuratamente ricostruita se si vuole evitare enoftalmo e
mere la forza del trauma: le blow-out a trapdoor sono fratture incomplete del tipo a legno verde causate da traumi non molto forti, tipiche dei bambini dove la struttura ossea è ancora molto elastica; le fratture a blow-out della parete mediale richiedono traumi di forza intermedia mentre le fratture a blow-out della parete laterale o del tetto richiedono traumi di forza notevole.
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Nelle fratture a blow-out il contenuto orbitario (grasso, setti fibrosi, muscoli extraoculari) può essere coinvolto nella sede della frattura con conseguenti anomalie delle motilità oculare e malposizionamento del bulbo oculare. In particolare nelle trapdoor il grasso ed i muscoli possono rimanere incarcerati nella linea di frattura dando luogo ad una oftalmoplegia restrittiva complicata dal fatto che, soprattutto nei bambini, spesso i segni clinici esterni perioculari del trauma possono essere del tutto assenti (WEBOF: white eye blow-out fracture). Questo tipo di fratture si accompagna spesso a sintomi sistemici da trazione muscolare che, naturalmente, si esacerbano nei movimenti degli occhi (dolore, nausea, vomito, bradicardia) che possono orientare alla ricerca di lesioni intracraniche senza esaminare l’orbita. La ricerca tomografica di fratture orbitarie nei traumi orbito facciali anche minori e senza segni esterni evidenti è sempre opportuna in particolare se si accompagnano sintomi sistemici (nel caso dell’orbita, la Risonanza Magnetica Nucleare non offre una buona definizione delle pareti ossee, ma lo studio con Gadolinio e con soppressione del grasso permette di evidenziare i rapporti anatomici dei muscoli estrinseci). Queste fratture richiedono un trattamento tempestivo per alleviare i sintomi ma, soprattutto, per scongiurare l’ischemia dei tessuti incarcerati nella linea di frattura.
Fratture del margine orbitario Le fratture lungo il bordo orbitario possono essere la conseguenza isolata di un trauma o l’estensione di una frattura dello scheletro orbitario interno. Queste fratture se isolate non danno alterazioni della motilità oculare. Se associate a fratture dello scheletro interno danno le alterazioni già descritte.
Fratture orbitarie associate a fratture di altre ossa facciali Le Fratture del Complesso Zigomatico Mascellare (CZM) sono la conseguenza di traumi diretti sull’eminenza malare. Possono coinvolgere uno o più dei quattro punti di supporto
del CZM: superiormente la regione della sutura fronto-zigomatica, lateralmente l’area della sutura zigomatico-temporale e lungo la sutura zigomatico-sfenoidale della parete laterale dell’orbita, medialmente lungo la sutura del CZM. La frattura del tetto dell’orbita si associa frequentemente a danni intracranici (interruzione della dura con perdita di liquido cefalorachidiano e pneumoencefalo) a ematoma subperiosteo con ipoglobo, a ptosi e diplopia da danneggiamento del complesso muscolare elevatore palpebrale retto superiore o della troclea. La frattura della parete laterale dell’orbita è caratterizzata da appiattimento dello zigomo – il muscolo massetere determina una rotazione inferiore e posteriore dello zigomo -, enoftalmo – di difficile valutazione in presenza di ecchimosi - e diplopia. La frattura della parete mediale dell’orbita è spesso il risultato di un trauma diretto orbito-nasale che determina la rottura del montante maxilloetmoidale; si tratta di una frattura a blow-out con enoftalmo e diplopia da erniazione del retto mediale nel seno etmoidale. Le fratture del pavimento orbitario tendono ad assumere l’aspetto a trapdoor anche se sono la continuazione di una frattura del CZM. Sono caratterizzate da un deficit di elevazione secondario ad incarceramento del retto inferiore e/o del piccolo obliquo o di fibre perimuscolari nella rima di frattura. A seconda del posizionamento del bulbo e del deficit oculomotorio rilevabile è possibile ipotizzare il punto di frattura: se il retto inferiore è incarcerato davanti all’equatore bulbare l’occhio si presenta ipotropico in posizione primaria con deficit di elevazione; se il retto inferiore è incarcerato in corrispondenza dell’equatore bulbare l’occhio si presenta ortoforico in posizione primaria con deficit di elevazione e di abbassamento; se il retto inferiore è incarcerato dietro all’equatore bulbare l’occhio è ipertropico in posizione primaria con deficit di abbassamento. Le Fratture del Complesso Naso Orbito Etmoidale (NOE) sono caratterizzate dalla comparsa di telecanto per la dislocazione laterale del complesso osso nasale - tendine cantale mediale e diplopia da interessamento dell’obliquo inferiore o del retto mediale.
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Fratture dell’apice orbitario Sono estremamente importanti da identificare per il rischio di danno alle strutture neurovascolari che attraversano la fessura orbitaria superiore ed il canale ottico, sono sempre associate ad altre fratture ed il quadro della motilità oculare dipenderà dal tipo di frattura associata. Fisiopatologia della diplopia da frattura orbitaria La più frequente forma di diplopia da frattura orbitaria è quella restrittiva da incarceramento del muscolo retto inferiore. Altre forme di diplopia possono essere dovute a distacco della troclea del grande obliquo, ad erniazione del corpo muscolare attraverso la frattura, ad edema o ematoma del corpo muscolare, a rottura di un muscolo o ad interessamento dei nervi oculomotori. In linea generale si ricorda che l’incarceramento di un muscolo è più frequente in piccole fratture senza enoftalmo mentre è meno probabile in grandi fratture con evidente enoftalmo. Le scelte relative al trattamento della frattura possono condizionare notevolmente l’equilibrio oculomotorio dopo una frattura orbitaria. In particolare le fratture a trapdoor con incarceramento muscolare devono essere trattate in urgenza se si vuole evitare una diplopia residua
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permanente. In queste fratture è necessario liberare il muscolo incarcerato il prima possibile e allontanarlo dalla rima di frattura posizionando un filo di sutura in trazione almeno per le prime 48-72 ore in modo che il tessuto di granulazione che nel frattempo si sarà formato nella sede della frattura impedisca un eventuale reincarceramento del muscolo. Tentativi di liberare il muscolo eseguiti dalla seconda giornata in poi risultano solitamente inefficaci o solo parzialmente efficaci. È possibile, in linea generale, individuare fattori che fanno aumentare il rischio di diplopia dopo frattura orbitaria: attesa preoperatoria superiore ad un mese, estensione della frattura verso l’apice orbitario di 2 o più centimetri, coinvolgimento contemporaneo della parete inferiore e mediale, enoftalmo di 0.8 mm che corrisponde ad un aumento del volume orbitario di 1 cm3. Esistono condizioni che possono suggerire di ritardare il trattamento della frattura orbitaria: condizioni generali del paziente compromesse dal trauma cranico, scoppio del bulbo oculare, monocularità. In quest’ultimo caso il paziente non potrà avere diplopia e, quindi, l’opportunità di ridurre la frattura e ricostruire l’orbita deve essere ben ponderata.
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