Cap. 8.3

July 16, 2017 | Author: eye_fab-oftal2432 | Category: Cataract, Eye, Contact Lens, Surgery, Glaucoma
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Gli strabismi e le anomalie della motilità oculare...

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Capitolo 8 • Aspetti medico-legali  | 

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ASPETTI MEDICO-LEGALI

Pasquale Troiano

Oftalmologo Ospedale Policlinico IRCCS - Milano

Alterazioni oculomotorie da chirurgia oculare

Giuseppe Perone

Oftalmologo Libero Professionista

Lorenzo Polo

Medico Legale – Prof. A. C. Università degli Studi dell’Insubria – Varese

Introduzione Strabismo e diplopia possono essere il risultato di varie procedure chirurgiche oculari. Nel caso di riscontro di queste condizioni cliniche a seguito di chirurgia oculare, l’analisi medicolegale del caso impone un preciso riconoscimento del nesso di causalità tra i rilievi clinico-sanitari avversi ed eventuali manchevolezze tecniche correlate all’attività chirurgica. La corretta individuazione del nesso causale permetterà di classificare l’origine non colposa (prevedibile, prevenibile ma non evitabile) da quella colposa nel caso di eventi avversi determinati da un’inadeguato percorso diagnostico terapeutico. Di fronte ad un evento avverso prevedibile e prevenibile è necessario allora determinare se risultano adottate tutte le procedure diagnostiche, di scelta ed esecuzione terapeutica, ritenute adeguate da un condiviso orientamento scientifico e volte ad impedirne la manifestazione vagliando puntualmente il comportamento dei medici

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erogatori della prescrizione e contestualizzando l’evento clinico ai fatti, anche in funzione dello stato delle conoscenze dell’epoca in cui esso si verificò. Lo stato delle conoscenze in tema di alterazioni oculomotorie da chirurgia oculare è particolarmente ampio ed articolato e deve essere ben noto ai chirurghi oftalmici nell’obiettivo di adeguare ogni procedura al più corretto comportamento diagnostico terapeutico finalizzato all’obiettivo di prevenire il rischio clinico ed all’efficacia della prestazione nel precipuo interesse della salute del paziente.

Anestesia Tutte le tecniche anestesiologiche locali utilizzate in oftalmologia sono messe in relazione ad alterazioni oculomotorie.

Non infiltrativa L’introduzione dell’anestesia topica nelle più diffuse procedure chirurgiche oftalmiche come la chirurgia della cataratta e la chirurgia rifrattiva, ha determinato una notevole riduzione della comparsa postoperatoria di anomalie della motilità oculare. La prevalenza di alterazioni della motilità oculare rilevabili all’esame ortottico dopo chirurgia della cataratta in anestesia retrobulbare era approssimativamente del 7%, fortunatamente queste alterazioni davano sintomi rilevanti come la diplopia in una percentuale di soggetti compresa tra lo 0.23% e lo 0.98%. Con l’anestesia topica le alterazioni della motilità oculare rilevabili con l’esame ortottico sono scese al 5% e, in questo gruppo, la diplopia compare in una percentuale compresa tra lo 0.0% e lo 0.21%. Le cause della diplopia postoperatoria in soggetti operati in anestesia topica vanno ricercate in alterazioni della motilità oculare o strabismi pregressi non diagnosticati. Seppure il rischio di comparsa della diplopia dopo anestesia topica è estremamente basso è sempre consigliabile far precedere all’atto chirurgico un esame ortottico completo.

Infiltrativa L’infiltrazione di anestetici (sottotenoniana, peribulbare, retrobulbare) può determinare la comparsa postoperatoria di diplopia persistente. Questa diplopia può essere dovuta o ad un trauma diretto sul muscolo o a infiltrazione di anestetico nel muscolo. L’infiltrazione di anestetici in particolare per via sottotenoniana deve avvenire nei quadranti obliqui per scongiurare l’infiltrazione di anestetico nei muscoli. Il trauma diretto può causare o una emorragia intramuscolare o una lesione dell’innervazione muscolare con conseguente ipofunzione transitoria del muscolo interessato. Gli anestetici locali utilizzati più comunemente sono considerati miotossici e neurotossici. Il meccanismo di azione attualmente più accreditato è rappresentato da una degenerazione delle fibre muscolari accompagnata da una moderata risposta infiammatoria. Successivamente, vengono attivate dai mioblasti cellule satelliti che portano ad un rapido processo rigenerativo della fibra muscolare che si traduce in una ipertrofia muscolare localizzata all’area di iniezione dell’anestetico. Questa area di ipertrofia rimane ben visibile in risonanza magnetica come un ispessimento più o meno localizzato del muscolo per almeno 2 settimane. Un muscolo fibrotico con contratture segmentali risulta iperfunzionante. Pertanto la diplopia risultante sarà prevalentemente da iperfunzione del muscolo. In caso di diplopia postoperatoria può essere utile eseguire precocemente una risonanza magnetica orbitaria per determinare se la diplopia è secondaria all’iniezione accidentale del muscolo. Gli studi condotti sulla diplopia postoperatoria hanno permesso di individuare un possibile trattamento delle deviazioni residue attraverso l’infiltrazione del muscolo opportuno con bupivacaina allo 0.75%. Questa induce una paresi transitoria (circa 7 giorni del muscolo iniettato) che si trasforma, dopo circa 1 mese, in una iperfunzione dello stesso muscolo in grado di contrastare la deviazione presente. Deve essere segnalato che la somministrazione sottocongiuntivale e ancor più sottotenoniana di antibiotici può causare disfunzione del muscolo retto inferiore.

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Chirurgia dell’orbita La chirurgia dell’orbita coinvolge i tessuti delimitati dalle pareti orbitarie posteriormente e dal setto orbitario anteriormente e le stesse pareti orbitarie ossee. L’approccio chirurgico all’orbita può essere anteriore, laterale mediale e superiore in relazione alla localizzazione della lesione ed agli obiettivi terapeutici. Per evitare complicazioni devastanti la chirurgia dell’orbita deve essere eseguita con meticolosa attenzione ai dettagli anatomici, all’emostasi ed alla manipolazione dei tessuti. Per queste sue caratteristiche questa chirurgia richiede una curva di apprendimento lunga durante la quale è indispensabile un adeguato tutoraggio. Tra le varie gravi complicazioni di questa chirurgia (perdita di liquido cerebrospinale, emorragie, perdita della vista) ci sono anche le lesioni dei muscoli extraoculari con conseguente diplopia. La diplopia postchirurgica è un evento avverso che può verificarsi in tutta la chirurgia adiacente ai muscoli extraoculari o ai loro nervi motori e deve essere considerata un rischio intrinseco a questo tipo di chirurgia. Per ridurre al minimo il rischio di diplopia le guaine muscolari devono essere rispettate e devono essere evitate suture che esercitino trazione sui muscoli. Il muscolo piccolo obliquo è particolarmente vulnerabile quando si inserisce subito posteriormente al setto orbitario, appena all’interno della rima orbitaria inferiore. Nella parete supero mediale dell’orbita è localizzata la troclea del grande obliquo che può essere facilmente danneggiata da manovre aggressive di dissezione periorbitaria. Se la lesione muscolare prodotta in corso di chirurgia orbitaria non si risolve in circa 4 mesi, deve essere preso in considerazione un trattamento chirurgico. Oltre alle alterazioni dei muscoli oculari estrinseci nella chirurgia orbitaria si possono verificare alterazioni della motilità palpebrale caratterizzate da ptosi della palpebra superiore. Si possono riscontrare ptosi transitorie della durata di alcuni giorni o settimane e ptosi perma-

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nenti che sono l’esito di un danno dell’aponeurosi del legamento di Whitnall o del ramo superiore del nervo oculomotore. Innanzitutto a scopo clinico ma anche per ragioni medicolegali, la valutazione preoperatoria del paziente deve essere la più completa e documentata possibile: TC ad alta risoluzione senza e con mezzo di contrasto, fotografie del volto, filmato dell’esame della motilità oculare, rilievi funzionali (visus, campo visivo). Il quadro anatomofunzionale preoperatorio deve essere condiviso con il paziente che deve essere partecipe della complessità delle procedure terapeutiche, delle possibili complicanze, della prognosi e della necessità di dover ricorrere ad ulteriori trattamenti chirurgici.

Decompressione orbitaria nell’oftalmopatia di Graves La decompressione orbitaria nella malattia di Graves è indicata in caso di severa compressione del nervo ottico o in caso di grave esoftalmo con cheratopatia. Il rischio di diplopia postoperatoria è storicamente notevole (oltre il 60%) e il tentativo di ridurre questa percentuale ha sviluppato numerosissime variazioni di tecnica chirurgica tanto che è ancora oggi impossibile indicare l’approccio chirurgico raccomandato. Si può affermare che l’incidenza globale di diplopia postoperatoria raggiunge i valori più alti (21%) dopo decompressione a tre pareti e i valori più bassi (9%) dopo decompressione su una parete. Queste diverse tecniche riflettono anche diversi effetti: la proptosi si riduce in media di 3.74 mm con l’approccio su una parete e di 4.78 mm con l’approccio a tre pareti. L’approccio ad una singola parete distrugge l’anatomia orbitaria meno dell’approccio a tre pareti ma può risultare insufficiente nel ridurre il volume intraorbitario in caso di severa neurotticopatia. Un’alternativa può essere rappresentata dall’approccio bilanciato a due pareti (mediale e laterale) che ha una prevalenza di diplopia del 15%. Un’ulteriore alternativa sono le tecniche endoscopiche che però conservano una elevata prevalenza di diplopia (21%). A prescindere dalla tecnica chirurgica utilizzata, i pazienti con alterazioni della motilità

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oculare di tipo restrittivo prima dell’intervento di decompressione hanno un maggior rischio di sviluppare diplopia postoperatoria.

Chirurgia del segmento anteriore Le procedure chirurgiche più frequenti sul segmento anteriore sono l’intervento di cataratta e la chirurgia rifrattiva. Seppure queste procedure chirurgiche non producono alterazioni della motilità oculare in senso stretto, possono determinare sintomi correlabili ad anomalie oculomotorie. In questa sezione inseriremo anche la chirurgia del glaucoma refrattario che, anche se molto meno frequente, può produrre alterazioni rilevanti della motilità oculare. Chirurgia della cataratta Come abbiamo visto, inadeguate procedure di anestesia infiltrativa sono spesso causa di alterazioni della motilità oculare dopo intervento di cataratta. Ma la causa più frequente di sintomi da alterazioni della motilità oculare dopo chirurgia della cataratta è certamente la slatentizzazione di uno strabismo preesistente. Per queste ragioni è sempre utile nei soggetti da sottoporre a chirurgia oftalmica eseguire un esame completo della motilità oculare. La più classica delle manifestazioni da squilibrio oculomotorio dopo chirurgia della cataratta è la “diplopia da cambio di fissazione”. Se operiamo di cataratta l’occhio non dominante di un paziente strabico di vecchia data con uno scotoma di soppressione, quest’occhio dopo l’intervento assumerà la fissazione e siccome l’occhio dominante non ha uno scotoma di soppressione il paziente denuncerà diplopia. Fortunatamente, è sufficiente riportare la fissazione sull’occhio dominante per eliminare questa diplopia ma è preferibile documentare prima della procedura chirurgica il quadro della motilità oculare ed informare il paziente sulla strategia chirurgica che si intende adottare e sulle conseguenze a breve, medio e lungo termine delle scelte terapeutiche. È necessario avere sempre presente che soggetti con significativa e prolungata riduzione della

capacità visiva in un occhio, possono aver sviluppato uno strabismo sensoriale. Questi occhi non hanno uno scotoma di soppressione e alla ripresa funzionale si associa diplopia persistente se la deviazione sensoriale non si risolve spontaneamente. Anche in questi casi il paziente deve essere esaminato attentamente sul piano della motilità oculare prima dell’intervento ed informato della possibilità di questa evenienza. Chirurgia rifrattiva L’esame completo della motilità oculare deve essere parte integrante della valutazione preoperatoria di tutti i soggetti da sottoporre a chirurgia rifrattiva. Le alterazioni della motilità oculare da chirurgia rifrattiva possono essere di varia natura.

Problemi di tecnica chirurgica Cicatrici in campo pupillare o trattamenti troppo piccoli rispetto al diametro pupillare possono determinare diplopia monoculare senza alterazioni della motilità oculare. Anche il decentramento del trattamento può produrre diplopia da effetto prismatico; ricordiamo che la fusione orizzontale è molto più ampia di quella verticale e, di conseguenza, i decentramenti verticali sono molto più insidiosi di quelli orizzontali. Particolare attenzione deve essere posta alla correzione dell’astigmatismo. Un astigmatismo residuo con asse ruotato di 30° rispetto all’astigmatismo preoperatorio produce una ciclotorsione ottica di oltre 7°. Questa ciclotorsione non è oggettivabile (nessun movimento al cover test, nessuna torsione all’esame del fondo) ma è solo misurabile soggettivamente con il doppio cilindro di Maddox. In questi casi diviene necessaria la correzione ottica dell’astigmatismo residuo anche se di piccolissima entità poiché solo così il paziente riesce a fondere le immagini. Un errore di programmazione chirurgica che induca anisometropia elevata con aniseiconia conduce ad una diplopia da incapacità fusionale. La correzione dell’ipermetropia è sempre molto più complessa della correzione della miopia poiché il benessere del paziente dipende dalla sottile interazione del difetto rifrattivo con l’ac-

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comodazione. Un difetto residuo ipermetropico che consente un visus naturale elevato si può tradurre nella slatentizzazione di una esotropia accomodativa ben controllata prima della chirurgica dalla correzione ottica. La stessa cosa si può verificare se si ipercorregge una miopia in presenza di una esotropia accomodativa. Notevole disagio per il paziente miope si può determinare ipercorreggendo la miopia anche in presenza solo di una esoforia

Anomalie della motilità oculare preesistenti La mancata individuazione di anomalie della motilità oculare preesistenti alla procedura chirurgica come, ad esempio, la necessità di una correzione prismatica apre inevitabilmente la strada ad un contenzioso perdente per il chirurgo. I soggetti con riduzione dell’ampiezza fusionale - exotropia intermittente, strabismi paralitici congeniti come la paralisi del IV n. c., microtropie forzate a fissare con l’occhio non dominante - hanno un rischio elevato di diplopia dopo chirurgia rifrattiva. Nella definizione del progetto chirurgico a scopo rifrattivo deve essere ben considerato che la correzione ottica preoperatoria può essere stata utilizzata per controllare uno strabismo come ad esempio l’ipercorrezione della miopia e la sottocorrezione dell’ipermetropia nell’exotropia intermittente. Il target rifrattivo postoperatorio deve essere programmato per essere in perfetta sintonia con lo stato della motilità oculare. Ovviamente, tutte le valutazioni preoperatorie ed il conseguente progetto chirurgico devono essere ben documentate e condivise con il paziente.

Aniseiconia Le procedure di chirurgia rifrattiva su anisometropi sono diffuse e spesso eseguibili a carico del SSN. La chirurgia rifrattiva dell’anisometropia può risultare in una diplopia di difficile risoluzione. Non c’è accordo in letteratura sull’entità della aniseiconia tollerabile da un soggetto sano. Alcuni Autori sostengono che sia sufficiente una aniseiconia del 3% per interrompere la visione binoculare, mentre altri sostengono che possono

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essere ben tollerate anche aniseiconie superiori al 5%. Secondo la regola di Knapp, se c’è una anisometropia assiale pura, non c’è aniseiconia con correzione a frontale, mentre, se la correzione viene spostata sul piano corneale compare aniseiconia. Un’anisometropia di oltre 4D con fusione normale deve essere considerata una anisometropia sostanzialmente assiale e, quindi, senza aniseiconia con lenti a frontale. La correzione chirurgica di una simile anisometropia induce una aniseiconia di oltre il 4% con elevata probabilità di comparsa di diplopia. È sempre consigliabile negli anisometropi corretti con occhiali eseguire un esame completo della motilità oculare da riverificare dopo la correzione del difetto rifrattivo con lenti a contatto. Se l’uso delle lenti a contatto induce anche una lievissima aniseiconia con riduzione della fusione la correzione chirurgica deve essere sconsigliata.

Previsione preoperatoria del rischio di anomalie della motilità oculare In base ad alcune caratteristiche salienti i pazienti da sottoporre a chirurgia rifrattiva possono essere considerati a basso, medio o alto rischio di sviluppare anomalie della motilità oculare. Rischio Basso: possiamo considerare a basso rischio i pazienti miopi, con anisometropia inferiore a 4D, senza forie, differenza tra rifrazione manifesta e cicloplegica inferiore a 0.5D. Possono essere inseriti in questo gruppo anche i pazienti con esotropia accomodativa e riserva fusionale maggiore di 10 diottrie prismatiche (DP) rilevata con la correzione totale dell’ipermetropia. Anche pazienti già operati di strabismo e che presentino una buona ampiezza fusionale con la miglior correzione ottica, possono essere considerati a basso rischio. Rischio Moderato: i pazienti con ampiezza fusionale inferiore a 5 DP hanno un rischio moderato di sviluppare diplopia dopo chirurgia rifrattiva. Una differenza di due o più diottrie tra correzione ottica ideale in normoaccomodazione e rifrazione cicloplegica espone ad un rischio moderato di diplopia postoperatoria tardiva. La presenza di

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anamnesi

prismi, lenti bifocali, occlusione, esercizi ortottici

cover test per lontano e vicino con prismi

con la correzione bersaglio, con occhiale e con lente a contatto se anisometropia

ampiezza fusionale

con la correzione bersaglio, con occhiale e con lente a contatto se anisometropia

Tabella 1. Valutazione ortottica minima prima della chirurgia rifrattiva

forie discordi rispetto al vizio di rifrazione (miopia-esoforia; ipermetropia-exoforia) fa crescere il rischio di disturbi della motilità oculare dopo chirurgia rifrattiva. I soggetti con difetto rifrattivo sostanzialmente astigmatico che presentino una differenza nell’asse dell’astigmatismo tra fissazione monoculare e fissazione binoculare oltre al rischio di una inadeguata correzione dell’astigmatismo hanno anche il rischio di una diplopia postoperatoria per la presenza pregressa di una ciclotropia latente o di una divergenza verticale dissociata. Rischio Elevato: soggetti con esotropia accomodativa che necessitino di una correzione positiva superiore alla rifrazione cicloplegica per controllare la deviazione hanno un rischio elevatissimo di diplopia dopo chirurgia rifrattiva. Ad alto rischio sono anche i soggetti con 4 o più diottrie di anisometropia e buona fusione, in questi soggetti è utile eseguire anche una biometria e verificare lo stato della motilità oculare dopo correzione con lente a contatto. Il rischio moderato ed elevato di sviluppare diplopia non deve essere considerato una controindicazione assoluta alla chirurgia rifrattiva se il paziente viene informato e condivide la necessità di trattare chirurgicamente anche l’eventuale strabismo postoperatorio. In questi casi è sempre opportuno eseguire prima la chirurgia rifrattiva e dopo un adeguato periodo di stabilizzazione del quadro ortottico eseguire la chirurgia dello strabismo. Chirurgia del glaucoma refrattario Alcuni dispositivi per il trattamento del glaucoma refrattario sono stati messi in relazione alla comparsa di diplopia postoperatoria.

Impianto di Molteno Questo impianto viene posizionato nel quadrante superotemporale tra i muscoli retti e durante i movimenti oculari può entrare in contatto con i muscoli e può innescare una sindrome da aderenza del grasso extraconico con ipertropia restrittiva.

Impianto di Baerveldt Questo impianto ha una superficie ampia e può facilmente indurre alterazioni della motilità oculare di tipo restrittivo. Il problema non viene risolto con il mini impianto visto che anche con questo impianto più piccolo oltre il 70% dei soggetti presenta una eterotropia significativa già in posizione primaria di sguardo e restrizione del movimento oculare nel quadrante dell’impianto.

Chirurgia del segmento posteriore La chirurgia del segmento posteriore che più spesso può essere complicata da alterazioni della motilità oculare è la chirurgia vitreoretinica per il distacco di retina. Virtualmente tutte le tecniche di chirurgia vitreoretinica possono essere complicate dalla comparsa di strabismo e diplopia: più frequentemente il cerchiaggio episclerale, ma anche la vitrectomia, la traslocazione maculare, la diatermia e la crioterapia. Anche nella programmazione di questa chirurgia la valutazione preoperatoria del paziente con distacco di retina - spesso associato a miopia elevata - non può prescindere da una accurata analisi ortottica preoperatoria. Oltre alle alterazioni muscolari dovute all’anestesia infiltrativa di cui abbiamo già detto, le cause

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di alterazioni sensorio motorie dopo chirurgia a carico del segmento posteriore possono esse meccaniche o sensoriali.

Cause meccaniche Aderenze: la fibrosi restrittiva è la causa più importante di alterazioni oculomotorie osservabili dopo qualsiasi tipo di chirurgia oculare ed in particolare nei reinterventi per distacco di retina. Il meccanismo è una aderenza miosclerale con sovvertimento cicatriziale della capsula di Tenone e della congiuntiva. La comparsa di ipotropia è più frequente (42%) quando si utilizza un impianto sclerale posizionato inferiormente in corrispondenza del retto inferiore; ma in circa il 32% dei casi di ipotropia l’impianto è localizzato superiormente. Se si sviluppa un processo cicatriziale esteso che arriva a coinvolgere retto ed obliquo superiore il quadro della motilità oculare che si instaura è simile alla sindrome di Brown acquisita. In alcuni casi la reazione tissutale può portare all’adesione dei muscoli con il materiale del cerchiaggio determinando sindromi complesse che coinvolgono più muscoli. La sindrome da aderenza del grasso extraconico è la conseguenza della interruzione della integrità della capsula di Tenone con esposizione della sclera e delle inserzioni dei muscoli extraoculari al grasso extraconico. Il trauma chirurgico induce una reazione fibrotica del grasso extraconico che può coinvolgere anche la periorbita. Col tempo il grasso si organizza e si contrae inducendo uno strabismo progressivo. A volte può essere sufficiente anche una modesta lesione della capsula di Tenone accompagnata da un modesto ematoma nello spazio sottotenoniano per innescare il meccanismo. Cambiamento della forza vettoriale del muscolo da impianto episclerale: la sola presenza di un impianto episclerale può modificare le forze vettoriali dei muscoli extraoculari. In generale più largo e più spesso è il cerchiaggio maggiori saranno i fenomeni di limitazione della motilità oculare: un cerchiaggio posizionato sotto un muscolo retto determina un accorciamento meccanico del muscolo producendo un effetto

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simile alla resezione; un cerchiaggio che passa in prossimità dell’inserzione muscolare la devia e può causare iperfunzione del muscolo. L’azione dell’obliquo superiore può essere modificata da un cerchiaggio che passi sopra il suo tendine con comparsa di torsione. L’obliquo superiore può anche rimanere intrappolato in prossimità della troclea se il cerchiaggio è posizionato troppo posteriormente o obliquamente con comparsa di ipotropia. Gli impianti radiali sono i maggiori responsabili di anomalie oculomotorie: si ritiene che questi impianti producano strabismo quando sono posizionati lontani dalle inserzioni muscolari mentre sono pressoché ininfluenti se posizionati il più vicino possibile all’inserzione muscolare. Nella programmazione della procedura chirurgica in relazione alla sede della rottura retinica deve essere considerato l’aumentato rischio di diplopia da impianto radiale. Il coinvolgimento dell’obliquo inferiore è raro ma possibile e produce ipotropia o exciclotropia da anteriorizzazione dell’inserzione. Danneggiamento diretto del muscolo: le possibilità di danneggiare direttamente il muscolo durante la chirurgia del distacco di retina sono molteplici. Stiramento prolungato: l’eccessivo stiramento del muscolo danneggia le fibre muscolari con conseguente fibrosi, inelasticità e restrizione. Criopessia: una singola criopessia non produce sostanziali perdite di elasticità muscolare; l’avulsione del muscolo dalla sua inserzione si osserva tipicamente nei reinterventi per l’azione combinata di un’eccessiva trazione e di ripetute applicazioni di freddo. Erosione del tendine: un posizionamento troppo anteriore del cerchiaggio può causare il distacco del muscolo dalla sua inserzione probabilmente per un effetto ischemico da compressione. L’effetto massa di una spugna sclerale o di un impianto di silicone sotto il muscolo può determinare una ischemia muscolare con effetto di tipo paretico sulla funzionalità muscolare. Perdita di un muscolo da erosione o da tenotomia: è possibile una disinserzione spontanea postoperatoria di un muscolo per scivolamento anteriore del cerchiaggio facilitata da erosione locale o ischemia. Riposizionamento di un muscolo staccato:

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occasionalmente può essere necessario staccare un muscolo oculare per l’esposizione del campo operatorio, il riposizionamento - in particolare dei retti verticali - produce frequentemente diplopia nonostante una accurata reinserzione del muscolo alla sua sede originaria; non è possibile prevedere prima dell’intervento l’entità dello squilibrio muscolare.

Cause sensoriali La distorsione delle immagini o una loro significativa differenza dimensionale causata da edema maculare, traslocazione maculare, aniseiconia da olio di silicone o afachia monoculare, anisometropia da allungamento del bulbo oculare da cerchiaggio, produce incapacità di fusione delle immagini.

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