Cap. 8.2
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Gli strabismi e le anomalie della motilità oculare...
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Capitolo 8 • Aspetti medico-legali |
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ASPETTI MEDICO-LEGALI
Michela Fresina
Unità Operativa di Oftalmologia Universitaria Policlinico S. Orsola-Malpighi - Bologna
Complicanze ed errori nella terapia dell’ambliopia
Il principale errore nella terapia dell’ambliopia consiste nella mancata diagnosi della stessa in età utile per l’impostazione di una terapia antiambliopica. Non è inusuale che ad un bambino, già in età scolare, venga diagnosticata per la prima volta un’ambliopia. Ciò accade, più spesso, quando l’occhio controlaterale sano abbia un visus pieno. Per questo, il bambino non mostra difficoltà nella visione che possano allertare i genitori a richiedere una visita oculistica. Può trattarsi di casi di microstrabismo con o senza fissazione eccentrica, anisometropia soprattutto ipermetropica non corretta o di ambliopia organica sostenuta da patologie del bulbo oculare o del nervo ottico misconosciute. Nei casi appena citati, qualora il bambino sia stato visitato in età “utile” e l’anisometropia o le cause organiche di ambliopia non siano state evidenziate dall’oculista, la responsabilità della mancata diagnosi ricade totalmente sul medico che non ha valutato la refrazione del piccolo paziente e/o evidenziato la presenza di patologie organiche comunemente riscontrabili all’esame del fondo dell’occhio. A volte la diagnosi tardiva di ambliopia può essere
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dovuta al fatto che i genitori del bambino sottovalutano uno strabismo non alternante pensando che si tratti di una situazione transitoria dovuta ad una naturale immaturità dei movimenti oculari che “se ne andrà con la crescita”. Per ovviare a questo genere di errore sarebbe sufficiente prevedere opportuni programmi di screening precoce che coinvolgano anche i pediatri di base. È utile infine ricordare che l’oculista, durante la misurazione della vista di un bambino, deve porre grande attenzione ad occludere bene l’occhio che in quel momento non viene esaminato onde evitare che il paziente guardi con l’occhio mal occluso falsando completamente l’esito dell’esame. Un altro possibile errore nella terapia dell’ambliopia consiste nel prescrivere una correzione ottica inadeguata. A questo proposito, va ricordato che la refrazione del bambino va valutata sempre in cicloplegia e dopo la somministrazione di collirio cicloplegico per 3 volte a distanza di 5 minuti una dall’altra ed attendendo almeno venti minuti dall’ultima somministrazione prima di procedere all’esame schiascopico. Bisogna diffidare dai valori forniti dall’autorefrattometro, strumento assai valido ma fallace nell’esame del piccolo paziente. È necessario fornire al paziente ambliope una correzione ottica totale del vizio di refrazione dell’occhio ambliope, sia sferica che cilindrica. Qualora si riscontrasse la presenza di un’anisometropia ipermetropica tale da non rendere necessaria la correzione dell’occhio meno ametrope, la differenza di refrazione fra i due occhi va prescritta su quello più ametrope onde evitare che diventi ambliope. Anche la prescrizione di un’occlusione ad un bambino anisometrope, quindi con un visus naturale non pieno e differente nei due occhi ma che non abbia mai portato occhiali fino a quel momento costituisce un errore. Solo dopo aver atteso il periodo di “adattamento refrattivo” di circa 15-18 settimane si potrà rivalutare il visus e decidere sulla necessità di prescrivere un’occlusione. Qualsiasi regime occlusivo prescritto prima di questo momento potrà risultare scarso od eccessivo se non inutile. Anche se può sembrare banale, va ricordato che bisogna spiegare ai genitori che l’occlusione va portata sulla pelle e, se il bambino porta gli oc-
chiali, questi vanno indossati sopra la benda. È importante scoraggiare da subito qualsiasi tentativo di oscurare la lente dell’occhiale, utilizzare occlusori di plastica a ventosa o bende “fai da te”. L’errore nella quantificazione delle ore di bendaggio da prescrivere è, forse, quello più temuto dall’oculista che si trovi a dover curare un’ambliopia. È stato dimostrato che più precoce è il trattamento più rapido sarà l’incremento del visus; inoltre, a parità di ore di occlusione, i risultati migliori si ottengono nei bambini più piccoli1,5. Bisogna, però, considerare che, se nei bambini molto piccoli si ottengono rapidamente grandi risultati, è vero anche che si possono commettere grandi errori in breve tempo, quando si ecceda nel trattamento. Allo stesso tempo, non si deve occludere troppo a lungo un bambino che abbia superato i sette-otto anni di età per evitare la comparsa di diplopia. È anche utile ricordare che quando si abbia a che fare con pazienti ambliopi di questa età, che si trovano ormai oltre il termine del periodo plastico del sistema visivo, se con l’occlusione non si ottengono miglioramenti significativi del visus neanche si assiste a significativi peggioramenti sospendendola. Per tutti questi motivi e per la necessità di conoscere di volta in volta lo stato sensoriale del paziente, non è semplice tracciare uno schema generale del trattamento occlusivo. Un tentativo è stato fatto nel capitolo dedicato. Le principali complicanze che possono insorgere a seguito di un’errata terapia dell’ambliopia possono essere riassunte come segue: • Comparsa di ambliopia nell’occhio sano • Diplopia post-trattamento • Scompenso di una eteroforia o di un microstrabismo • Diplopia dopo chirurgia refrattiva in soggetto ambliope senza visione binoculare normale.
Comparsa di ambliopia nell’occhio sano La comparsa di un’ambliopia nell’occhio sano consegue solitamente ad un eccesso di occlusione dell’occhio stesso attuata, ovviamente, allo scopo di stimolare la funzione visiva dell’occhio
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controlaterale ambliope. Accade più spesso a seguito di un’occlusione totale. Si tratta di una complicanza che, se insorta molto precocemente, potrà facilmente essere gestita in tempi rapidi modificando opportunamente il regime di occlusione. Qualora si verifichi in bambini già grandi può essere che non sia risolvibile e porti all’instaurarsi di un’ambliopia bilaterale. Bisogna ricordare che non solo una occlusione eccessiva ma pure la prescrizione di lenti errate, anche lenti cilindriche con asse sbagliato, può generare la stessa complicanza.
Diplopia post-trattamento Dopo un’occlusione prolungata in un bambino di età superiore ai cinque-sei anni può comparire una diplopia. Accade più spesso a seguito di un’occlusione totale prescritta nel tentativo di “sbloccare” un’ambliopia profonda e/o di eradicare una fissazione eccentrica. Solitamente si tratta di una diplopia non molesta perché transitoria o trascurabile. Poiché qualora la diplopia comparisse in età più avanzata essa potrebbe risultare intrattabile, conviene non sottoporre ad un mese di occlusione totale bambini con un ambliopia profonda che abbiano superato i sette anni di età.
Scompenso di una eteroforia o di un microstrabismo In presenza di uno strabismo latente (eteroforia) od intermittente, ossia quando vi sia una visione binoculare normale, il bendaggio può scompensare lo strabismo stesso rendendolo manifesto o fisso, rispettivamente. Quando ciò accade il paziente comincia a vedere doppio. Se si tratta di un bambino in età pre-verbale il segno tipico dell’avvenuto scompenso è rappresentato dalla chiusura di un occhio. Si tratta di uno stratagemma che il bambino mette in atto per non vedere doppio. Di fronte ad una situazione di questo genere occorre agire repentinamente sospendendo immediatamente l’occlusione. Può essere che la situazione regredisca spontaneamente. Se ciò
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non accade, bisognerà agire chirurgicamente con sollecitudine allo scopo di correggere lo strabismo in tempi brevi per consentire il recupero della visione binoculare. Purtroppo accade non di rado che giungano alla nostra osservazione bambini che hanno perduto da tempo la visione binoculare a seguito di un bendaggio eccessivo senza che né i genitori né l’oculista se ne siano accorti. L’occlusione totale per un mese, o, comunque, un regime di occlusione molto “pesante”, possono, poi, scompensare un microstrabismo. Per questo, ogni qual volta si abbia a che fare con un microstrabismo e si abbia necessità di prescriverle allo scopo di tentare di “sbloccare” un’ambliopia profonda e/o eradicare una fissazione eccentrica, è necessario informare i genitori che il trattamento occlusivo potrà rendere il microstrabismo esteticamente evidente. Se questo dovesse accadere, è prevedibile che solamente un intervento chirurgico sui muscoli extraoculari potrà riportare gli occhi nella condizione in cui la deviazione non sia esteticamente evidente. Benché causa della deviazione manifesta, la terapia occlusiva avrà, però, consentito un recupero visivo.
Diplopia dopo chirurgia refrattiva in soggetto ambliope senza visione binoculare normale Il paziente affetto da ambliopia profonda associata o meno a strabismo non ha una visione binoculare normale, perché il visus dell’occhio ambliope è troppo basso o perché l’occhio ambliope è anche deviato. In entrambi i casi, nel paziente con ambliopia profonda si sviluppa uno scotoma di soppressione dell’occhio ambliope che ha lo scopo di evitare la diplopia. Tale scotoma è solitamente molto debole poiché l’immagine da eliminare è molto povera in quanto proveniente dall’occhio con visus molto basso1,5. Le caratteristiche dell’ambliopia e dello scotoma di soppressione che l’accompagna e che si instaura nei primi anni di vita, non si modificano sostanzialmente durante l’arco della vita del paziente. Quando questo paziente, divenuto adulto, si sottoponga ad una chirurgia refrattiva gli aspetti
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appena menzionati vanno tenuti in grande considerazione allo scopo di evitare gravi complicanze postoperatorie. Se si tratta di un paziente giovane-adulto che voglia sottoporsi ad un intervento di chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri o tramite l’impianto di lenti intraoculari (fachiche oppure no) o tramite la sola asportazione del cristallino naturale, dal momento che egli non ha visione binoculare normale e non usa, quindi, l’occhio ambliope per la fissazione, non avrà alcun vantaggio dalla sua correzione. Al contrario esiste un rischio molto elevato che dopo la chirurgia refrattiva, dato il possibile miglioramento per lo meno della qualità della vista nell’occhio profondamente ambliope, egli veda doppio. Questo accade per l’incapacità da parte dello scotoma di soppressione debole di “eliminare” l’immagine dell’occhio ambliope una volta che essa sia stata “migliorata” dalla chirurgia. Questa diplopia è, solitamente, intrattabile. Allo stesso rischio sono esposti i soggetti ambliopi profondi senza visione binoculare normale che, in età più avanzata, vogliano sottoporsi ad intervento di cataratta. In questo caso, però, può essere molto più complicato indagare lo stato visivo e sensoriale del paziente. Non è sempre facile, infatti, capire quale sia il contributo dell’ambliopia rispetto a quello della cataratta nel determinare il visus basso. Spesso i pazienti non ricordano se l’occhio ambliope abbia mai visto meglio durante la giovinezza, probabilmente anche perché non l’anno mai utilizzato per fissare. Il confronto con lo stadio a cui si trova la cata-
ratta nell’altro occhio ed il suo visus è, senz’altro, utile per “pesare” quanto l’opacità del cristallino possa incidere sulla visione. In questi pazienti, come in quelli di cui sopra, l’intervento chirurgico non fornirà alcun vantaggio visivo esponendo invece al rischio elevato della comparsa di una diplopia post-chirurgica. Se si ritiene, però, che l’asportazione del cristallino sia importante per motivi legati alla salute dell’occhio si dovrà informare correttamente il paziente. In presenza di una cataratta anche nell’occhio non ambliope è consigliabile operare prima quell’occhio. In questo modo si evita di perturbare l’equilibrio sensorio-motorio esistente, radicato, fra i due occhi.
Conclusioni L’ambliopia va idealmente prevenuta e, se ciò non è possibile, trattata nella primissima infanzia. Trattamenti tardivi possono dare miglioramenti parziali2 e talora solo temporanei con addirittura il rischio di indurre una diplopia per l’indebolimento dei meccanismi anti-diplopici dato dall’occlusione. Infine, vi è sempre maggiore evidenza in favore del fatto che i soggetti con ambliopia mono-laterale sono assai più predisposti a lesioni che riducano in maniera significativa il visus utile dell’unico occhio in uso3,4. La perdita dell’unico occhio normale in età lavorativa si ripercuote non solo sul singolo individuo che ne ha le conseguenze ma anche, in termini di costi, sulla intera Società.
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