Cap. 5.1

July 16, 2017 | Author: eye_fab-oftal2432 | Category: Lens (Optics), Visual Acuity, Diseases Of The Eye And Adnexa, Ophthalmology, Diseases And Disorders
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Gli strabismi e le anomalie della motilità oculare...

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Capitolo 5 • Principi di terapia  | 

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PRINCIPI DI TERAPIA

Donatella Bruzzichessi

Ricercatore – Università degli Studi “Magna Græcia” – Catanzaro

Domenica Mangialavori

Assegnista – Università degli Studi “Magna Græcia” – Catanzaro

Terapia non chirurgica: lenti e trattamenti ortottici

Franco Delfino Cosimo

Medico in formazione specialistica Università degli Studi “Magna Græcia” Catanzaro

L’obiettivo più ambizioso della terapia dello strabismo è la realizzazione dell’ortoforia, il perfetto equilibrio sensoriale e motorio. Tale obiettivo è ottenibile e va ricercato solo in presenza di potenziali capacità fusive, i cui segni sono rappresentati da: intermittenza della deviazione, insorgenza recente, isoacuità, fusione e buona acutezza stereoscopica ad angolo corretto. In tutti gli altri casi gli obiettivi realizzabili saranno di volta in volta diversi: riduzione della deviazione, eliminazione della diplopia, compenso di una postura anomala, ampliamento del campo visivo, miglioramento della qualità della vita. Porsi degli obiettivi reali, basati su una corretta diagnosi, è di fondamentale importanza per individuare la terapia, chirurgica e non, più adeguata. Nella maggior parte delle forme di strabismo il trattamento chirurgico rappresenta la scelta d’elezione; in altre, invece, non è indicato o non costituisce il primo step del percorso terapeutico. Il trattamento non chirurgico, oltre ad essere in alcuni casi propedeutico alla chirurgia, rappresenta la scelta terapeutica risolutiva più appropriata nelle seguenti condizioni:

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GLI STRABISMI E LE ANOMALIE DELLA MOTILITÀ OCULARE

Difetto refrattivo Ipermetropia in assenza di esotropia Ipermetropia con esotropia Miopia Astigmatismo Anisometropia ipermetropica Anisometropia miopica Anisometropia astigmatica

0-1 anno > +6 D > +3 D > -5 D > +3 D > +2,50 D > -2,50 D > 2,50 D

1-2 anni >+5D > +2 D > -4 D > +2,50 D > +2 D > -2,50 D >2D

2-3 anni > +4,50 D > +1,50 D > -3 D > +2 D > +1,50 D > -2 D >2D

Tabella 1. Linee guida per la prescrizione della correzione ottica in età infantile (American Academy of Ophthalmology Pediatric Eye Evaluations Preferred Practice Pattern)

• esotropia accomodativa refrattiva con normale rapporto AC/A; • esotropia non refrattiva con elevato rapporto AC/A; • alcune forme di exotropia intermittente ad angolo modesto; • forme complesse nelle quali l’insuccesso operatorio è prevedibile; • deviazioni modeste, esteticamente e/o funzionalmente irrilevanti; • in tutti coloro che non lo desiderano. Il trattamento non chirurgico si avvale di varie metodiche, diverse sia per il loro meccanismo d’azione, sia per l’effetto che determinano. Si può differenziare in: • Trattamento Ottico: lenti e prismi; • Trattamento Ortottico: esercizi; • Trattamento Farmacologico.

Trattamento ottico Lenti La correzione ottica, step iniziale della terapia dello strabismo, realizza tre obiettivi fondamentali: • migliora l’immagine retinica e, di conseguenza, l’acutezza visiva; • armonizza l’equilibrio tra l’accomodazione e la convergenza, di fondamentale importanza nel mantenimento del parallelismo; • può migliorare le capacità fusive, con conseguente più efficace controllo della deviazione. Le lenti vanno prescritte dopo un corretto esame della refrazione: la schiascopia in cicloplegia rappresenta ancora il gold standard, nonostante

il sempre più diffuso e discutibile utilizzo degli autorefrattometri. L’evidenza dedotta dalle Linee Guida Cliniche Internazionali formulate e distribuite dall’International Council of Ophthalmology è di livello A: III 1. Poiché il bambino è dotato di un’enorme ampiezza accomodativa, è indispensabile l’utilizzo di un cicloplegico efficace; il ciclopentolato1% rappresenta un ottimo compromesso tra la sua efficacia, quasi simile a quella dell’atropina, e il suo effetto rapido e di breve durata; l’atropina non è più ritenuta indispensabile (Rosenbaum,1981). L’entità della correzione ottica deve rispondere alle esigenze individuali che variano in base al tipo di anomalia presente e all’età; a parità di età, inoltre, ogni individuo risponde in maniera diversa alla stessa richiesta accomodativa. Le Linee Guida fornite dalle Società Scientifiche Internazionali, pur rappresentando solo delle indicazioni generiche basate più sull’esperienza professionale che su dati di rigoroso valore scientifico, costituiscono un valido orientamento (Tabella 1).

Ipermetropia e strabismo La correlazione tra ipermetropia e strabismo è sicuramente più frequente rispetto a quella tra miopia e strabismo. Un recente studio di popolazione dimostra una relazione lineare tra iper1 Forza della raccomandazione e livelli di evidenza delle Linee Guida: A: estremamente importante; B: moderatamente importante; C: rilevante, ma non critico. I: forte, prove ottenute da più studi clinici controllati e/o revisioni sistematiche di studi randomizzati; II: sostanziale, ma prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato; III: prove ottenute da studi descrittivi e/o consenso dell’opinione degli esperti.

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Figura 1. Esotropia accomodativa. L’ipermetropia bilaterale non corretta può permettere un visus discreto, ma lo sforzo accomodativo, non supportato da una buona fusione motoria, determina la deviazione. La correzione totale dell’ipermetropia normalizza la richiesta accomodativa permettendo una normale visione binoculare singola. a: esotropia accomodativa precoce; b: esotropia accomodativa tardiva

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non corretta, devierà gli occhi. Si può verificare, in tempi rapidi, un deterioramento della visione binoculare, con la comparsa di soppressione e ambliopia, spesso associate ad una modificazione morfo-funzionale dei retti mediali (Campos, 2003). La correzione ottica totale tardiva non è più sufficiente a correggere la deviazione ed il caso, da non chirurgico, lo diventa (Figura 2). Se la correzione totale dell’ipermetropia possa ostacolare il normale processo di emmetropizzazione è un argomento di attualità, non ancora chiarito. L’emmetropizzazione è regolata dall’interazione di fattori genetici e ambientali; tra questi ultimi, lo sfocamento dell’immagine retinica

Figura 2. Esotropia parzialmente accomodativa

metropia e prevalenza di esotropia: è stato osservato un incremento del rischio di esotropia 6 volte maggiore nelle ipermetropie lievi (tra 2 e 3D) e di 122 volte maggiore nelle ipermetropie ≥ a 5D, rispetto ad un’ipermetropia ≤1D (MEPEDS Study Group, 2011). L’ipermetropia bilaterale >4,50D costituisce, inoltre, un fattore di rischio per l’ambliopia bilaterale. Nei bambini esotropici la correzione del vizio refrattivo è essenziale (A: I) (nota 1 pagina 256). La correzione totale dell’ipermetropia costituisce la soluzione ottimale delle esotropie accomodative il cui determinismo deriva dalla concomitanza di un’ipermetropia non adeguatamente corretta e di una scarsa divergenza fusionale. In questi casi, la correzione totale del vizio refrattivo corregge totalmente lo strabismo e l’intervento chirurgico è controindicato (Figura 1). In presenza di ipermetropia medio-elevata, la correzione deve tassativamente essere totale. Un ipermetrope non corretto, incapace di sollecitare l’accomodazione per l’entità dello sforzo, con una correzione parziale inizia ad accomodare in quanto l’accomodazione necessaria alla messa a fuoco diventa sostenibile; ma, accomodando per compensare la quota di ipermetropia

sembra rivestire un ruolo importante. Studi sperimentali condotti sui primati hanno dimostrato che lo sfocamento dell’immagine retinica determina uno shift miopico; di conseguenza, la precoce correzione totale del difetto ipermetropico potrebbe rallentare tale processo fisiologico. Gli studi finora condotti su bambini sono però contraddittori. Allo stato attuale l’unica evidenza è che la tempestiva correzione totale del vizio ipermetropico favorisca l’allineamento e lo sviluppo di una normale binocularità nelle esodeviazioni accomodative (Atkinson, 2000). In alcuni casi, in pazienti apparentemente ortotropici, la correzione dell’ipermetropia può determinare l’insorgenza di una exodeviazione; probabilmente, lo strabismo divergente era già presente, ma mascherato da un elevato rapporto AC/A (Figura 3). La misura del rapporto AC/A, esplicativa del-

Figura 3. Exodeviazione successiva alla correzione dell’ipermetropia

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GLI STRABISMI E LE ANOMALIE DELLA MOTILITÀ OCULARE

la reciproca influenza tra l’accomodazione e la convergenza accomodativa, è spesso trascurata nelle exodeviazioni; costituisce, invece, uno strumento diagnostico utile in tutte le deviazioni orizzontali concomitanti che presentino una significativa variazione angolare lontano/vicino. Il metodo del gradiente è sicuramente il più accurato, in quanto controlla la convergenza fusionale e prossimale mantenendo fissa la distanza di misura a 6 metri e variando le lenti per stimolare diversamente l’accomodazione. L’unica variabile che entra in gioco è il potere accomodativo: lenti positive determinano un rilasciamento dell’accomodazione, lenti negative ne sollecitano invece un incremento (Figura 4).

Figura 5. Esotropia da elevato AC/A. Deviazione per lontano senza correzione (a), con correzione (b); deviazione per vicino con correzione (c) e con bifocali (d)

rilasciamento dell’accomodazione (Figura 5). Le lenti bifocali vanno prescritte solo se efficaci alla visione binoculare: una semplice riduzione della deviazione senza il ripristino della stereopsi non costituisce un’indicazione. Particolare attenzione va rivolta alla costruzione delle lenti bifocali: un segmento aggiuntivo troppo basso può invalidare la terapia (Figura 6).

Figura 4. Misura del rapporto AC/A col metodo del gradiente

In età pediatrica le lenti a tempiale rappresentano la miglior correzione dell’esotropia accomodativa; in età adulta possono essere sostituiti dalle lenti a contatto e/o dalla chirurgia refrattiva, previa attenta valutazione della sensorialità. Le lenti a tempiale possono avere un effetto prismatico, a volte vantaggioso per il mantenimento del parallelismo; inoltre, le lenti a contatto potrebbero indurre una maggior accomodazione e, di conseguenza, una maggiore convergenza da stimolo meccanico. Il trattamento ottico costituisce la miglior soluzione terapeutica delle esotropie accomodative non refrattive da elevato rapporto AC/A; le lenti bifocali correggono l’eccessiva convergenza indotta dall’anomala sinergia tra l’accomodazione e la convergenza accomodativa (evidenza A: II; nota 1 pagina 256). La corretta prescrizione delle lenti aggiuntive prevede, previa una valutazione quantitativa del punto prossimo di accomodazione, un incremento di 0,5D partendo da +1D fino a +3,5D, calcolando la deviazione ad ogni step. Il valore della lente aggiuntiva adeguata corrisponde alla lente più bassa in grado di trasformare l’esotropia in esoforia, senza creare un eccessivo

Figura 6. Bifocali adeguati e inadeguati (segmento aggiuntivo a lunetta)

L’obiettivo dei bifocali è il potenziamento della fusione motoria con conseguente riduzione ed annullamento dell’eccessiva deviazione per vicino. Lo svezzamento dalla correzione aggiuntiva deve avvenire gradualmente entro i 10-12 anni di età, per evitare sia la dipendenza, sia una condizione di ipoaccomodazione. In circa il 60% dei casi la loro rimozione è possibile dopo un utilizzo di circa 5 anni (Ludwig, 1989). Va ricordato che esistono forme di esotropia da eccesso di convergenza con un normale o ridotto rapporto AC/A, nelle quali l’elemento etiopatogenetico è rappresentato da una ipoaccomodazione primaria. In queste forme di “presbiopia precoce” la sospensione delle lenti bifocali non è facile. Nelle exodeviazioni l’ammontare della correzione ipermetropica dipende dall’entità, dall’età e dal rapporto AC/A. In genere, non si correggono le ipermetropie bilaterali lievi, per favorire uno stimolo continuo della convergenza accomodativa

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che aiuta a controllare modeste exodeviazioni. L’ipocorrezione è solitamente ben tollerata dai bambini; il livello di tolleranza dipende dalle individuali capacità accomodative. La presenza di sintomatologia da astenopia refrattiva richiede la correzione adeguata, anche a scapito del parallelismo precedentemente mantenuto dalla esagerata sollecitazione della convergenza accomodativa (Chung, 2010). L’ipermetropia medio-elevata costituisce spesso l’elemento eziologico prevalente dell’exotropia intermittente, spesso associata ad un certo grado di ambliopia bilaterale e ad un’incapacità ad accomodare. L’ipoaccomodazione influisce negativamente sulla fusione motoria, con conseguente rilasciamento della convergenza. Non va quindi commesso l’errore di ipocorreggere questi pazienti! L’opinione ancora radicata di ipocorreggere gli ipermetropi exoforici raggiunge il maggior grado di inadeguatezza nella presbiopia incipiente. La riduzione della capacità accomodativa può peggiorare la deviazione e causare una sintomatologia astenopica. In questi casi, non solo va corretta la presbiopia, ma anche l’ipermetropia non più compensata. L’exotropia intermittente è estremamente sensibile alla diversa qualità delle immagini retiniche: impulsi sensoriali dissimili, tipici dell’anisometropia, influiscono in maniera significativa sul controllo della deviazione. Pertanto, tutti i difetti anisometropici vanno corretti totalmente. In ogni caso, il primo obiettivo del trattamento ottico è l’ottimizzazione dell’acuità visiva e della richiesta accomodativa; lo strabismo residuo va trattato chirurgicamente. Non è eticamente accettabile il mantenimento di un apparente parallelismo ottenuto mediante una ipo o una iper correzione refrattiva a svantaggio del confort visivo!

Miopia e strabismo L’associazione tra miopia e strabismo è stata meno indagata rispetto a quella tra ipermetropia e strabismo, anche se è evidente che la costante deaccomodazione tipica della miopia non corretta possa indurre una divergenza. Inoltre, la correlazione tra miopia e ambliopia refrattiva

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bilaterale è rara, ad eccezione delle forme molto precoci e superiori alle 15 D. La correzione del vizio miopico deve sempre garantire un visus ottimale ed una normale sollecitazione dell’accomodazione, indipendentemente dal tipo di strabismo associato: l’effetto della correzione ottica può migliorare o peggiorare l’equilibrio oculomotorio. Le lenti negative possono aggravare una esodeviazione, ma, nei casi in cui il punto remoto sia molto ravvicinato, la lente può ridurre lo strabismo; le exodeviazioni invece ne sono generalmente avvantaggiate. In pazienti apparentemente ortotropici con elevato rapporto AC/A, così come la correzione dell’ipermetropia può determinare l’insorgenza di una exodeviazione (Figura 3), la correzione di una miopia può determinare l’insorgenza di una esodeviazione. Infatti, poiché la lente normalizza la richiesta accomodativa necessaria per la messa a fuoco da vicino, in presenza di elevato rapporto AC/A si può evidenziare una esodeviazione. L’utilizzo di lenti negative che sollecitano la convergenza accomodativa costituisce uno dei trattamenti, più o meno utilizzati, delle exodeviazioni intermittenti ad angolo modesto (livello di evidenza A: III). La lente negativa è generalmente ben tollerata dai bambini, anche se emmetropi o debolmente ipermetropi, purché dotati di una buona capacità accomodativa, e non causa l’insorgenza di miopia, come peraltro ipotizzato (Kushner, 1999). I limiti di questo approccio terapeutico sono rappresentati dalla possibile insorgenza di astenopia accomodativa, dalla scarsa compliance e dalla mancanza di significative prove di efficacia.

Decentramento delle lenti Ogni lente possiede in periferia un effetto prismatico, tanto maggiore quanto maggiore è il potere della lente; tale effetto può essere sfruttato per la correzione di modeste deviazioni. Le lenti positive sono assimilabili a due prismi contrapposti per la base, mentre le lenti negative a due prismi contrapposti per l’apice. L’entità del decentramento delle lenti, calcolato in centimetri mediante la regola di Prentice, è rappresentato dal rapporto tra l’effetto prismatico espresso

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in P.D. (Diottrie Prismatiche) e il potere della lente (D). Il decentramento nasale di una lente positiva ha l’effetto di un prisma a base interna, quello temporale di un prisma a base esterna, il decentramento verso l’alto di un prisma a base alta, mentre il decentramento verso il basso di un prisma a base bassa. Il decentramento nasale di una lente negativa ha l’effetto di un prisma a base esterna, mentre quello temporale ha l’effetto di un prisma a base interna; il decentramento verso l’alto ha l’effetto di un prisma a base bassa, mentre quello verso il basso ha l’effetto di un prisma a base alta.

due differenti modi: • applicando il teorema di Pitagora per determinare il potere, e calcolando l’arcotangente per l’asse (Figura 8); • utilizzando lo schema di Allen (Figura 9).

Prismi La correzione prismatica non è una terapia, bensì uno strumento temporaneo atto a: • Mantenere la visione binoculare singola nello strabismo tardivo normosensoriale, in attesa della tempestiva correzione chirurgica. • Ridurre il disconfort visivo nelle eteroforie sintomatiche. • Eliminare la diplopia, almeno in posizione primaria, nello strabismo incomitante ed evitare la contrattura dell’antagonista omolaterale2. • Le variazioni angolari tipiche degli strabismi paralitici di recente insorgenza non fanno del prisma lo strumento antidiplopico ideale: il rapporto costi/benefici è sicuramente svantaggioso. • Correggere il torcicollo da posizione di blocco di alcuni tipi di nistagmo. Nelle forme di strabismo orizzontale e verticale associate, può essere utile la prescrizione di un unico prisma obliquo (Figura 7).

Figura 7. Prisma obliquo

Il potere e l’asse del prisma che compensino entrambe le deviazioni possono essere calcolati in

Figura 8. Valore e asse del prisma obliquo, applicando il teorema di Pitagora. L’esempio illustra una exotropia >OS di 6 PD associata ad ipertropia di 5 PD. Il valore del prisma obliquo da prescrivere sull’O.S. corrisponde a √36+25=7,81. Per calcolare l’asse si calcola il valore della tangente: 5:6=0,83 e successivamente l’angolo arcotangente: α = 39,80°

Figura 9. Valore e asse del prisma utilizzando lo schema di Allen. Il quarto di cerchio più vicino all’intersezione dei due valori corrisponde al potere (nell’esempio 8 PD); tracciando dall’origine una linea passante per il punto di intersezione si ottiene il valore dell’asse (nell’esempio 40°)

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Si possono prescrivere, preferibilmente sull’occhio non dominante, prismi incorporati agli occhiali e prismi aggiuntivi a pressione, ma l’aderenza alla terapia prismatica non è scontata. I prismi incorporati, essendo molto pesanti, sono antiestetici e consentono solo piccole correzioni; i prismi di Fresnel, pur permettendo correzioni molto più alte (40 Diottrie), non sono ben tollerati, sia per l’aspetto estetico, sia per la sensibile alterazione della qualità dell’immagine retinica. Il deterioramento dell’immagine, direttamente proporzionale al potere del prisma, determina una riduzione dell’acuità visiva e della sensibilità al contrasto. Un prisma di Fresnel di 20 PD permette un visus di circa 3-4/10 (Figura 10) (Paliaga, 1995).

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Trattamento ortottico

raltro effettuati con rigore scientifico discutibile. I rischi di esercizi indiscriminatamente somministrati sono maggiori dei benefici: un trattamento aggressivo della soppressione e della corrispondenza retinica anomala può determinare l’insorgenza di una diplopia incoercibile. Le uniche prove di efficacia riguardano l’insufficienza di convergenza, se reale e sintomatica. (evidenza A: III) (Rawstron, 2005; Group CITT Study, 2005). Gli esercizi di punto prossimo da effettuare con un target accomodativo e di convergenza con i prismi a base temporale stimolano la convergenza fusionale, ma solo se il paziente è provvisto di qualche possibilità di convergenza di base da potenziare ed è in grado di apprezzare la diplopia e il punto di rottura. Troppo spesso si effettuano inutili training di rinforzo della convergenza e della fusione motoria nelle exotropie intermittenti, peraltro asintomatiche; il risultato è uno spasmo della convergenza e il fondato rischio di un’ipercorrezione chirurgica. L’exotropia intermittente è in genere di pertinenza chirurgica. Anche le exotropie da scompenso di exoforia non possono trarre grandi benefici dagli esercizi: in questi casi la fusione motoria è già di per sé eccellente. Negli strabismi paralitici il tentativo di esercitare il muscolo leso nel suo campo d’azione altro non otterrà che l’aumento della deviazione per rinforzo del sinergista controlaterale, in ottemperanza alla legge di Hering. Nei limitati casi in cui gli esercizi possano essere vantaggiosi, la loro utilità è correlata ad almeno due condizioni: • caratteristiche dell’anomalia: presenza di sintomatologia, modeste deviazioni controllabili, buon potenziale binoculare; • caratteristiche del paziente e, in età infantile, della famiglia: capacità cognitive, motivazione, disponibilità.

Esercizi

Occlusione

I più disparati esercizi ortottici proposti nel corso dei secoli per trattare un largo spettro di disturbi della binocularità non sono mai stati sufficientemente validati da evidenze scientifiche: molta letteratura grigia e pochi studi retrospettivi, pe-

L’occlusione, oltre a rappresentare il gold standard della terapia dell’ambliopia, è utilizzata come trattamento dell’exotropia intermittente in età infantile. L’occlusione part time dell’occhio dominante può, in alcuni casi, aiutare a control-

Figura 10. I prismi di Fresnel sono costituiti da una serie di piccoli prismi di identico potere allineati su una membrana di plastica flessibile

I casi che possono beneficiare della correzione prismatica permanente sono le diplopie dei piccoli angoli di deviazione. Le Linee Guida Internazionali valutano l’efficacia dei prismi A: II nelle esodeviazioni e A: III nelle exodeviazioni (nota 1 pagina 256).

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lare la deviazione e a convertire una exotropia in exoforia, impedendo l’instaurarsi dei fenomeni soppressivi tipici della fase di transizione tra una deviazione intermittente ed una costante; nella maggior parte dei casi costituisce solo un momento interlocutorio, in attesa della correzione chirurgica, in genere più tardiva. L’occlusione rappresenta, a volte, l’unico presidio antidiplopico possibile negli strabismi paralitici; per evitare fenomeni di falsa localizzazione spaziale è preferibile occludere l’occhio leso.

Trattamento farmacologico Il trattamento farmacologico dello strabismo, perseguito dagli albori della strabologia, rimane ancora oggi un obiettivo irrealizzato. I farmaci che possono influenzare l’equilibrio oculomotorio sono i miotici e la tossina botulinica.

Miotici I farmaci parasimpaticomimetici sono stati largamente utilizzati in passato per trattare le esotropie accomodative refrattive e non refrattive in quanto, per il loro meccanismo d’azione sul muscolo ciliare, determinano una minor richiesta accomodativa e, di conseguenza, una minor convergenza. Non hanno sicuramente un effetto terapeutico poiché non correggono l’anomalia innervazionale, ma, in alcuni casi in cui sia presente un potenziale di normale binocularità, possono convertire un’esotropia in esoforia, creando i presupposti per l’incremento di capacità fusionali. Una semplice riduzione dell’angolo di strabismo non costituisce un’indicazione al loro utilizzo. Ai pochi vantaggi dei miotici vanno aggiunti gli effetti collaterali, locali e sistemici, caratteristici di qualsiasi trattamento farmacologico. Gli effetti sistemici, peraltro rari, com-

prendono cefalea, nausea, crampi addominali. Il loro uso va sospeso in previsione di un intervento chirurgico in quanto la loro azione può interferire con alcuni anestetici. Gli effetti locali includono cisti iridee lungo il margine pupillare nel 20% - 50% dei casi; sono stati descritti rari casi di cataratta, glaucoma ad angolo chiuso, distacco di retina. Come per gli esercizi ortottici, mancano seri trials clinici che ne giustifichino l’utilizzo.

Tossina botulinica L’utilizzo della chemodenervazione è trattato nel capitolo dedicato.

Conclusioni Il trattamento non chirurgico non va assolutamente considerato una modalità alternativa, meno invasiva, da utilizzare per evitare il momento chirurgico. I potenziali rischi di un atto chirurgico non sono superiori ai potenziali rischi di un trattamento non chirurgico inadeguato! Basti pensare alle diplopie incoercibili conseguenti a trattamenti aggressivi degli adeguamenti sensoriali dello strabismo e ai ritardi ingiustificati e deleteri della correzione chirurgica. Gli esercizi ortottici, che trovano un loro antesignano nelle maschere di Georg Bartisch, sono stati ormai ridimensionati dalla mancanza di solide evidenze. Il loro campo di applicazione è limitato a casi estremamente selezionati: le eteroforie sintomatiche, le piccole deviazioni intermittenti, sostenute da buone potenzialità fusionali, e l’insufficienza di convergenza Il successo del trattamento non chirurgico, inoltre, è condizionato non solo dalle caratteristiche della condizione clinica, ma anche da quelle del paziente e, in età infantile, da quelle della costellazione familiare. L’aderenza a qualsiasi terapia è la prima chiave del successo.

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