Cap. 2.7 - Miopia Distiroidea
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Gli strabismi e le anomalie della motilità oculare...
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Capitolo 2 • Gli strabismi |
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GLI STRABISMI
Marco Nardi
Dipartimento di Neuroscienze Università degli Studi - Pisa
Miopatia distiroidea
Teresa Mautone
Dipartimento di Neuroscienze Università degli Studi - Pisa
Francesco Nasini
Dipartimento di Neuroscienze Università degli Studi - Pisa
Introduzione L’Oftalmopatia Basedowiana (OB) è la più comune manifestazione extratiroidea del Morbo di Basedow, una malattia autoimmune che colpisce la tiroide ed è caratterizzata dall’associazione di gozzo diffuso-ipertiroidismo-oftalmopatia. Con il termine Oftalmopatia Basedowiana si identifica il complesso di manifestazioni oculari che si osserva in circa il 50% di pazienti con Morbo di Basedow e più raramente in pazienti con tiroidite cronica autoimmune4. L’incidenza annuale della OB è nelle donne 16/100.000 circa e negli uomini 3/100.000. Anche se in alcuni pazienti l’oftalmopatia si manifesta solo con segni di moderato discomfort oculare, circa il 5% presenta un quadro clinico grave, con importante chemosi, proptosi e talora perdita del visus7.
Patogenesi L’orbitopatia Basedowiana sembra essere il ri-
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sultato di una complessa rete di interazioni tra fattori genetici ed ambientali. Molte ipotesi sono state formulate nel corso degli ultimi anni e il progresso della tecnologia biomolecolare ha permesso di arricchire le nostre conoscenze a riguardo.
Fattori genetici La natura autoimmune dell’OB è evidenziata dalla stretta relazione esistente tra la patologia autoimmune della tiroide e l’infiltrazione dei tessuti orbitari da parte delle cellule immunocompetenti16. L’autoimmunità è probabilmente il processo patogenetico di fondo nella OB: tale dato è supportato dalla pressoché costante coesistenza della autoimmunità tiroidea. A favore di questa ipotesi il fatto che esiste un rapporto tra OB e rimozione completa (ablazione) del tessuto tiroideo. Alla rimozione degli autoantigeni segue un’attenuazione della risposta autoimmunitaria contro gli stessi ed è stato osservato come la completa eliminazione del tessuto tiroideo mediante tiroidectomia totale e somministrazione di radioiodio induca una migliore risposta della OB alla terapia corticosteroidea rispetto alla sola tiroidectomia. Studi anatomici risalenti ai primi anni ’80 hanno messo in evidenza come i muscoli extraoculari siano di dimensioni notevolmente aumentate (talvolta quasi più di otto volte le normali dimensioni)9. Dai medesimi studi è stato anche dimostrato che in alcuni pazienti il grasso orbitario e il tessuto connettivo lasso sono espansi, anche se all’esame istologico le fibre muscolari sembrano essere intatte. Lo spazio interstiziale è edematoso e contiene collagene e glicosamminoglicani in eccesso. Vi sono infiltrati di leucociti, in particolare linfociti T, macrofagi talora mastociti e plasmacellule. L’ipotesi patogenetica più accreditata è che ci sia un intimo legame tra l’autoimmunità e la presenza di antigeni a livello orbitario, in grado di dare luogo ad una reattività crociata. La principale teoria riguardante la patogenesi dell’oftalmopatia vede come reazione primaria, quella che coinvolge gli anticorpi anti-recettore del TSH (TRAb).Tale recettore è espresso a livello del tessuto connettivo orbitario e al suo legame con gli autoanticorpi consegue la stimolazione dei fibroblasti orbitari,
dunque la produzione di collagene e glicosamminoglicani (GAG): il risultato finale è una infiammazione orbitaria accompagnata a segni e sintomi di flogosi e congestione peri-orbitaria e congiuntivale2. Ulteriori studi a riguardo hanno dimostrato come le concentrazioni di TRAb siano infatti maggiori nel tessuto adiposo orbitario di pazienti affetti da OB, piuttosto che in pazienti non affetti. Tale dato ha suggerito dunque che, per via dell’aumentata espressione del TRAb a livello orbitario, tale molecola possa essere coinvolta nello sviluppo della malattia7. Studi biomolecolari più recenti hanno identificato nei fibroblasti del tessuto connettivo orbitario, che esprimono sulla loro superficie il TRAb, le cellule bersaglio del processo scatenante l’orbitopatia di Basedow. Tuttavia, piuttosto che essere una popolazione omogenea di cellule, i fibroblasti presentano una notevole eterogeneità fenotipica7. Una sottopopolazione di queste cellule può produrre acido ialuronico e agenti pro-infiammatori; altre cellule (“fibroblasti pre-adipociti” o preadipociti) sono in grado di differenziarsi in adipociti maturi. La prima sottopopolazione menzionata si ritrova nei tessuti connettivi che ricoprono il tessuto muscolare, l’altra, i preadipociti, si trovano principalmente nel tessuto grasso orbitario. Queste differenze fenotipiche tra i fibroblasti dei compartimenti orbitari possono spiegare perché alcuni pazienti con oftalmopatia basedowiana hanno un interessamento prevalentemente muscolare e altri invece prevalentemente connettivale, con espansione del grasso orbitario come principale caratteristica clinica. Studi recenti hanno dimostrato come le citochine siano le principali responsabili delle alterazioni biologiche sui fibroblasti orbitari19.
Fattori ambientali Fumo di sigaretta Il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio per lo sviluppo dell’orbitopatia in pazienti affetti da morbo di Basedow. L’Odds Ratio relativo ai controlli, è risultato maggiore di 20.2 per i fumatori e 8.9 per gli ex-fumatori: questo sta ad indicare un diretto ed immediato effetto del fumo sulla progressione della malattia. Il fumo
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è strettamente associato ad un quadro clinico più severo, ad un fallimento della terapia immunosoppressiva e ad un peggioramento della OB dopo trattamento con I131. I meccanismi che sottendono l’associazione tra fumo di sigaretta e OB non sono tuttora chiari. Il fumo è notoriamente associato ad altre patologie autoimmuni, come l’Artrite Reumatoide e il Morbo di Chron, questo suggerisce che nei fumatori vi possa essere una sorta di attivazione del processo autoimmune. Alcuni effetti irritativi diretti del fumo, quali l’ipossia e l’aumento dei radicali liberi nello spazio retro-oculare, potrebbero causare un aumento della produzione e della secrezione di citochine che (in modo particolare nel caso della IL-1) svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento del processo autoimmune orbitario, provocando anche l’aumento dell’espressione di molecole di adesione4. L’esposizione ad estratto di fumo di sigaretta inoltre sembra stimolare sia l’adipogenesi sia la secrezione di acido ialuronico. Infine l’astinenza dal fumo sembra diminuire il rischio di sviluppare diplopia e proptosi3.
Fattori meccanici e traumi L’aumento della pressione endorbitaria, dovuto all’espansione del grasso orbitario ed all’aumento di volume dei muscoli extraoculari, è in buona parte responsabile dei segni e dei sintomi della oftalmopatia. Questo porta alla proptosi del globo oculare (esoftalmo), che può giungere nei casi più gravi anche alla lussazione del bulbo e costituisce una sorta di “naturale” decompressione orbitaria. Il limitato spazio all’interno dell’orbita ossea e il notevole incremento di volume al suo interno possono portare ad occlusione venosa e linfatica e risultare in chemosi ed edema orbitario marcato. Le variazioni individuali legate all’anatomia orbitaria o alla vascolarizzazione venosa rendono verosimilmente, alcuni pazienti affetti da morbo di Basedow, più predisposti a sviluppare una OB clinicamente più grave rispetto ad altri7. Il trauma meccanico subito dalla cavità orbitaria in seguito all’espanso volume del suo contenuto fibro-muscolare, può aggravare il processo infiammatorio, in quanto rappresenta un ulteriore
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stimolo al rilascio di citochine pro-infiammatorie e chemochine che aumentano la presentazione dell’antigene da parte dei fibroblasti orbitari instaurando un circolo vizioso che culmina con l’aumento della risposta autoimmune.
Classificazione Nel corso degli anni numerose classificazioni sono state formulate per raccogliere e sintetizzare le manifestazioni cliniche dell’Oftalmopatia Basedowiana. Nel 1969 Werner propose una classificazione dei segni oculari legati alla malattia di Graves, approvata poi dalla American Thyroid Association nel 1977. Si trattava della nota e tuttora diffusa classificazione NOSPECS (Tabella 1)8. Successivamente in ogni singola categoria è stata fatta un’ulteriore distinzione, specificando la relativa presenza dei segni clinici con 0= assente, a = minimo; b = moderato; c = marcato. Sulla base delle nuove e più recenti ipotesi patogenetiche sono state stilate nuove classificazioni. Alcuni autori propongono di suddividere l’oftalmopatia di Basedow in tre sottotipi: “oftalmopatia congestizia” caratterizzata da un processo infiammatorio riguardante il tessuto connettivo orbitario che risparmia relativamente la muscolatura extraoculare, e che si manifesta con esoftalmo, iniezione congiuntivale, chemosi. Di contro la “miopatia oculare” si presenta con infiammazione e ingrossamento dei muscoli extraoculari e si manifesta con restrizione dei movimenti oculari, diplopia e talora dolore alle versioni. Tuttavia la manifestazione più comune sembra essere la forma mista, tipica del 40% dei pazienti affetti da tale patologia. Circa il 70% dei pazienti con OB presenta un’infiammazione del tessuto connettivo orbitario, il 50% va incontro ad una miopatia e un 40-50% circa dei pazienti ha una cronica retrazione della palpebra superiore. Tali manifestazioni cliniche si presentano in maniera isolata, rispettivamente nel 25%, 5% e 15% dei casi. Di nostro interesse in questa trattazione, la miopatia distiroidea e il relativo percorso diagnostico e terapeutico.
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CLASSIFICAZIONE N.O.S.P.E.C.S. 0
N
No signs
1
O
Only signs
2
S
Soft tissue involvement
3
P
Proptosis
4
E
Extaocular muscle involvement
5
C
Corneal involvement
6
S
Sight loss
Tabella 1. Classificazione NOSPECS
La miopatia distiroidea: diagnosi clinica e strumentale Il dato clinico principale è sicuramente la presenza di uno strabismo non concomitante restrittivo. Il sintomo principale è di conseguenza la diplopia, che però compare solo quando la deviazione indotta dalla miopatia supera le capacità fusionali del paziente. Il muscolo più frequentemente interessato dalla restrizione è il retto inferiore (60%) seguito dal retto mediale (50%). La fibrosi coinvolge in misura minore il retto superiore (25%) e infine il retto laterale e gli obliqui. La anamnesi non da sempre elementi utili, infatti sia pure raramente, le alterazioni della motilità oculare possono precedere le alterazioni della funzione tiroidea di un periodo pari anche a circa 18 mesi. In tal caso è di fondamentale importanza il supporto dell’imaging e la collaborazione con lo specialista endocrinologo. La identificazione dei muscoli interessati può apparire difficile poiché molti sono i test proposti in letteratura: spesso questi test valutano gli stessi parametri con diverse modalità di esame. Di seguito viene presentata una breve sequenza diagnostica. Esame della regione orbitaria in posizione primaria di sguardo: ciò è importante per una prima impressione sulla presenza di esoftalmo mono o bilaterale, sull’eventuale dislocazione del bulbo oculare e sulla presenza di un evidente strabismo manifesto. Esame delle duzioni: (sono i movimenti monoculari del bulbo) in pratica si occlude l’occhio controlaterale e si fa seguire al paziente la penna
luminosa che viene portata nelle posizioni diagnostiche di sguardo. Se l’occhio non raggiunge la massima escursione vi è un deficit di contrattilità del muscolo agonista (paresi o paralisi) o un interessamento di tipo restrittivo del muscolo antagonista. Nel caso dello strabismo distiroideo, l’occhio non raggiunge la massima escursione in quanto vi è un interessamento di tipo restrittivo del muscolo antagonista. L’esame si può condurre anche in maniera quantitativa secondo le indicazioni di Mouritz12. Esame delle versioni: (le versioni sono i movimenti binoculari degli occhi): si esegue facendo seguire agli occhi del paziente la penna luminosa nelle posizioni diagnostiche di sguardo. Dà informazioni differenti rispetto alle duzioni in quanto valuta la posizione relativa dei bulbi oculari durante i movimenti oculari. Tali informazioni sono fondamentali per pianificare la chirurgia. Per ottenere un risultato soddisfacente, la chirurgia stessa deve essere programmata non tanto per eliminare il deficit di motilità ma per simmetrizzare i movimenti, allo scopo di ottenere un campo di visione binoculare singola più ampio possibile. In un paziente con restrizione bilaterale del muscolo retto inferiore e deficit bilaterale dell’elevazione, ad es. può essere presente un buon campo di visione binoculare singola e in tal caso può non essere necessario un intervento; se invece la restrizione è asimmetrica, operando su un solo occhio (quello più colpito), bisogna cercare di simmetrizzare i movimenti (e non di eliminare completamente la restrizione nell’occhio più affetto) per non incorrere in una ipercorrezione verticale, con inversione della diplopia13.
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I cover test sono essenziali per determinare la presenza di strabismo, per classificarlo e ottenere una misura obiettiva dell’angolo di deviazione. Vi sono sostanzialmente tre tipi di cover test: cover-uncover test che mira ad identificare uno strabismo manifesto. Si esegue coprendo un occhio e guardando il controlaterale per vedere se compie un movimento di rifissazione. In tal caso siamo di fronte ad uno strabismo manifesto. La manovra viene ripetuta anche nell’altro occhio, dopo aver lasciato entrambi gli occhi scoperti. Il cover test alternato ci serve per identificare gli strabismi latenti (deviazioni oculari mascherate dalla fusione). In questo test, gli occhi vengono coperti in maniera alternata senza lasciare loro la possibilità di recupero della visione binoculare (allo scopo di dissociare così la fusione). Il test è positivo per la presenza di strabismi latenti quando si evidenziano movimenti di rifissazione. Infine il prism cover test, che misura la deviazione negli strabismi sia manifesti che latenti. La modalità di esecuzione è uguale al cover test alternato, ma viene posta davanti ad un occhio la stecca dei prismi, ricercando il prisma che neutralizza il movimento di rifissazione. Il test della duzione forzata: fondamentale per determinare o per confermare la presenza di una restrizione, il test consiste nell’afferrare con pinze la congiuntiva bulbare e ruotare passivamente l’occhio nella direzione esaminata, chiedendo al paziente di guardare nella stessa direzione allo scopo di favorire il rilasciamento del muscolo antagonista. Se vi è resistenza alla rotazione passiva è presente una restrizione a carico del muscolo retto antagonista. Il test va eseguito prima della chirurgia per confermare la presenza della restrizione, durante e dopo la chirurgia per verificare che la restrizione sia stata eliminata. La misura della pressione intraoculare nelle varie posizioni di sguardo: in presenza di una restrizione non solo vi è un ostacolo meccanico alla rotazione del bulbo oculare nella direzione di azione opposta a quella del muscolo interessato ma, quando l’antagonista si contrae, il bulbo viene spinto all’interno dell’orbita con un aumento transitorio della pressione intraoculare10. Tale fenomeno è stato studiato soprattutto per quanto riguarda la variazione della pressione in-
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traoculare nello sguardo in alto nell’oftalmopatia basedowiana: un aumento di più di 3 mmHg, rispetto alla posizione primaria, indica la presenza di una restrizione del muscolo retto inferiore, anche quando quest’ultima non è evidenziabile con i normali test di motilità oculare15. L’imaging assume un ruolo fondamentale oltre che per la conferma del sospetto diagnostico anche per la diagnosi differenziale con altre patologie, come ad esempio patologie neurologiche, che potrebbero determinare la presenza dello strabismo e dunque indirizzarci verso il più giusto iter terapeutico. Per una corretta diagnosi e di conseguenza un’adeguata terapia, è fondamentale la valutazione degli aspetti radiologici dei muscoli e dell’intero compartimento orbitario. Sicuramente l’elemento diagnostico, all’esame TC, più suggestivo di miopatia è l’ispessimento isodenso bilaterale e simmetrico dei muscoli extraoculari che predilige in genere i ventri muscolari, risparmiando i tendini, generalmente accompagnato da aumento volumetrico dell’adipe orbitario. Nel 90% dei casi l’interessamento è bilaterale, nel 5% viene coinvolto un solo muscolo6. All’esame RM l’ispessimento isointenso dei muscoli extraoculari correla con l’attività della malattia1.
Terapia L’obiettivo principale della terapia negli strabismi distiroidei è sicuramente il ristoro di una visione binoculare singola, almeno nelle posizioni di sguardo più importanti (posizione primaria e infraversione). Riteniamo sia opportuno esporre tale argomento in maniera più utile alla pratica clinica di ognuno, pertanto organizzeremo l’esposizione secondo il seguente schema: • Perché operare? • Quando operare? • Il colloquio con il paziente e la prognosi • Il piano chirurgico • Le possibili complicanze. Perché operare? Per ridurre o eliminare una diplopia non tollerabile per il paziente e non trattabile con prismi oppure per ridurre od eliminare un torcicollo: più raramente l’intervento è richiesto per un
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Figura 1. Campo di visione binoculare singola in un paziente prima (a sinistra) e dopo (a destra) indebolimento del muscolo retto inferiore di sinistra
problema estetico. La invalidità dovuta alla diplopia è generalmente il fattore più importante. La diplopia viene valutata determinando il campo di visione binoculare singola ovvero rilevando l’estensione e la localizzazione dell’area interessata dalla diplopia all’interno del campo di sguardo (Figura 1). Questo esame è particolarmente importante nella valutazione del paziente perché uno stesso angolo di deviazione può o non può dare diplopia in pazienti diversi, a seconda delle capacità fusionali presenti. In questa ottica è importantissimo sincerarsi, prima dell’intervento nel paziente con diplopia in tutto il campo di sguardo, della presenza di una visione binoculare singola potenziale, correggendo la deviazione con prismi e verificando la presenza delle ampiezze fusionali21. Quando operare? Una corretta scelta del tempo per l’intervento è fondamentale in rapporto alla riuscita dell’intervento chirurgico. La chirurgia muscolare va effettuata quando la deviazione è ormai stabile e ciò deve essere verificato con misurazioni ripetute a distanza di alcuni mesi: si può intervenire su pazienti senza segni di attività infiammatoria della oftalmopatia, dopo almeno 6 mesi di stabilizzazione del quadro motorio oculare e con normalizzazione del quadro tiroideo18. È indispensa-
bile, nel caso di quadri complessi, che richiedano anche chirurgia orbitaria e palpebrale, programmare un processo riabilitativo in cui la chirurgia muscolare debba seguire, se indicata, la chirurgia orbitaria, e precedere la chirurgia palpebrale; questa sequenza è importante in quanto la chirurgia orbitaria può modificare la posizione dei bulbi oculari e delle palpebre mentre la chirurgia dei muscoli extraoculari può alterare la posizione delle palpebre. Il colloquio con il Paziente e la prognosi Molto spesso questi pazienti hanno aspettative non realistiche riguardo alla chirurgia muscolare, pertanto nel colloquio prima dell’intervento il chirurgo deve sottolineare alcuni punti: Un risultato accettabile è un Campo Utile di Visione Binoculare Singola (CUVBS) comprendente la posizione primaria e l’infraversione: è possibile o probabile che la diplopia persista nelle posizioni laterali di sguardo e nello sguardo in alto. A questo proposito è importante ottenere un’area di visione binoculare singola, anche piccola, immediatamente dopo l’intervento: tale area si ingrandirà col tempo in rapporto allo sviluppo delle ampiezze fusionali (le ampiezze fusionali sono plastiche e aumentano con l’esercizio). Negli strabismi restrittivi distiroidei i risultati della chirurgia non sono completamente prevedibili, nelle migliori casistiche si ha successo con
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Figura 2. Una deviazione mista (orizzontale e verticale) prima (a sinistra) e dopo (a destra) l’intervento
un intervento nell’80-85% dei casi, tale percentuale supera il 90% con più di un intervento (Figura 2). Ovviamente la prognosi è diversa in rapporto al tipo di deviazione: è migliore per le deviazioni orizzontali pure, peggiora nelle deviazioni verticali pure e peggiora ulteriormente nelle deviazioni miste. Particolarmente problematici sono poi gli occhi con gravi restrizioni in tutte le direzioni di sguardo (i cosiddetti occhi congelati): in questo caso anche un lieve indebolimento di un muscolo può causare una marcata ipercorrezione per la contrattura dell’antagonista. Può essere necessario operare entrambi gli occhi e più di un muscolo per occhio nella stessa seduta. Se si impiegano suture aggiustabili sarà possibile una regolazione al momento dell’intervento ed il giorno successivo con anestesia topica. Il paziente dovrà essere avvertito che il piano chirurgico potrà essere modificato durante l’intervento se il chirurgo, al test della duzione forzata, rileva alcune restrizioni, non individuate durante l’esame preoperatorio. Il piano chirurgico Il piano chirurgico è il punto fondamentale nella chirurgia di queste forme complesse: infatti le manovre chirurgiche sono di per sé relativamente semplici ed il problema non è tanto come fare ma cosa fare. La chirurgia deve essere programmata tenendo presenti alcuni punti fondamentali. È importante ottenere un’area di visione binoculare singola subito dopo il primo intervento:
questa area anche se limitata tenderà ad ingrandirsi con il tempo. Per ottenere un tale risultato, quando necessario, dovremo anche operare più di un muscolo retto per occhio (massimo due), anche in entrambi gli occhi, nella stessa seduta. Va ricordato come nei pazienti adulti non si possano operare più di 2 muscoli retti per occhio per tema di una ischemia del segmento anteriore20. Di ciò bisogna tenere conto anche programmando eventuali interventi successivi, in quanto non vi è evidenza che operando più di 2 retti nello stesso occhio, in interventi separati, si elimini la possibilità di una ischemia del segmento anteriore. Di norma, negli strabismi restrittivi, si eseguono solo interventi di indebolimento muscolare sul muscolo fibrotico (recessioni, recessioni su suture aggiustabili, allungamenti tendinei) in quanto l’antagonista è funzionante. È opportuno ricordare che eventuali interventi di rinforzo (resezioni, plicature), che devono essere invariabilmente associati a indebolimento dell’antagonista, risultano spesso in marcate ipercorrezioni; inoltre in una tale situazione, avendo operato già due muscoli dello stesso occhio, sarà preclusa ogni altra chirurgia sui muscoli retti. Le procedure di allungamento tendineo trovano applicazione in alcuni casi, particolarmente quando, dopo decompressione la linea di azione del muscolo appare spostata o in presenza di restrizioni molto gravi. In questi casi l’allungamento tendineo consente di eseguire indebolimenti ben al di sopra delle misure normalmente consigliate, ripristinando un buon arco di contatto e
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quindi recuperando o non inficiando la motilità del bulbo oculare nella direzione di azione del muscolo indebolito (Figura 3)16.
Figura 3. Le procedure di allungamento sono utili in alcuni casi, particolarmente quando, dopo decompressione la linea di azione del muscolo appare spostata o in presenza di restrizioni molto gravi
Negli strabismi restrittivi distiroidei bisogna porre attenzione a segni diagnostici fuorvianti (pseudoiperfunzione del muscolo obliquo inferiore, pseudoparesi del muscolo obliquo superiore, exciclotorsione nella elevazione)14: tali aspetti sono sempre dovuti ad una restrizione di un muscolo retto inferiore e non deve mai essere operato un muscolo obliquo20. In caso di deviazioni verticali bisogna sempre mirare all’ipocorrezione. Nelle settimane successive a un intervento sul muscolo retto inferiore si ha molto spesso una tendenza all’aumento dell’effetto correttivo nell’occhio operato, con possibile insorgenza di
un’ipercorrezione tardiva. Una lieve ipocorrezione consentirà la visione binoculare nello sguardo in basso e in posizione primaria (con o senza l’aiuto temporaneo di prismi), nel frattempo l’area di visione binoculare singola si allargherà spontaneamente5. La introduzione della anestesia topica (eventualmente implementata con una iniezione sottotenoniana e/o con una sedazione generale) e delle suture aggiustabili permette una valutazione intraoperatoria dell’effetto della chirurgia e una regolazione intraoperatoria della correzione, eventualmente associata ad una nuova regolazione il giorno successivo. Le possibili complicanze Possiamo considerare 2 tipi di complicanze chirurgiche: quelle comuni ad ogni chirurgia dello strabismo (lacerazione o perforazione della sclera, infezioni postoperatorie, sviluppo di una sindrome aderenziale) e quelle che assumono particolare importanza nella miopatia distiroidea per la loro frequenza e per la loro gravità. Tra queste ultime, ci sembra opportuno menzionare: Perdita del muscolo durante l’intervento: nel caso di uno strabismo distiroideo è veramente una gravissima complicanza. Il muscolo perso si retrarrà rapidamente e profondamente nell’orbita spesso senza possibilità di recuperarlo. Sovente la contrattura dell’antagonista causerà una marcata ipercorrezione, estremamente difficile da trattare chirurgicamente. È necessario pertanto fare ogni sforzo possibile per prevenire questa complicanza5. Nello strabismo distiroideo dopo il trattamento di un’ipotropia mediante recessione di un muscolo
Figura 4. Ipercorrezione verticale tardiva e retrazione palpebrale inferiore sinistra dopo recessione del muscolo retto inferiore sinistro in oftalmopatia basedowiana
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retto inferiore è possibile una ipercorrezione verticale tardiva (Figura 4): questa complicanza può riconoscere 2 cause, ovvero la restrizione contemporanea dell’antagonista omolaterale (il retto superiore omolaterale) o la restrizione contemporanea dell’agonista controlaterale (il retto inferiore controlaterale). Il trattamento contempla la prescrizione di prismi nei casi lievi o, più spesso, il reintervento. Alterazioni della posizione delle palpebre: ogni intervento di strabismo (in particolare se è operato un retto verticale) può alterare la posizione delle palpebre. Nell’indebolimento del retto inferiore si può avere una retrazione della palpe-
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bra inferiore che può essere prevenuta, almeno parzialmente, liberando il muscolo retto inferiore dalle connessioni con gli altri retrattori della palpebra inferiore e dal ligamento di Lockwood. Persistenza della diplopia: quando la diplopia persiste nonostante un allineamento accettabile il paziente deve essere rivalutato per individuarne i motivi. Presenza di una deviazione ciclotorsionale: bisogna sempre tenere presente che una deviazione ciclotorsionale nei pazienti con sindromi restrittive è generalmente dovuta all’interessamento di uno o più muscoli retti verticali e considerare i muscoli obliqui solo come ultima spiaggia20.
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