Cap. 2.6 - Gli Strabismi Meccanici
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Gli strabismi e le anomalie della motilità oculare...
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Capitolo 2 • Gli strabismi |
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GLI STRABISMI
Costantino Schiavi
Unità Operativa di Oftalmologia Universitaria Policlinico S. Orsola-Malpighi – Bologna
Strabismi meccanici
Gli strabismi meccanici fanno parte delle cosiddette sindromi restrittive. Queste rappresentano forme particolari di strabismo paralitico causate prevalentemente da un impedimento meccanico al movimento di uno o di entrambi gli occhi in una o più direzioni di sguardo. Le sindromi restrittive comprendono anche quadri da disinnervazione congenita come la sindrome di Duane in cui l’impossibilità per un occhio di compiere un movimento è causata da una innervazione anomala congenita di 2 muscoli antagonisti ipsilaterali che comporta la loro contrazione simultanea. Questa e alcune altre forme di strabismo meccanico specifiche, come lo strabismo nel distiroideo e lo strabismo restrittivo del miope elevato, vengono trattate in questo volume singolarmente in capitoli specifici. In questo capitolo saranno trattate le forme di strabismo più squisitamente meccaniche e cioè la sindrome di Brown, le fratture orbitarie con incarceramento muscolare e la sindrome aderenziale di Johnson.
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Etiopatogenesi Gli strabismi meccanici possono essere primitivi o secondari. Le forme primitive riconoscono una causa prenatale che agisce disturbando l’embriogenesi dei nervi o dei muscoli oculomotori nelle prime settimane di gestazione. Un alterato sviluppo del complesso troclea-tendine riflesso del muscolo obliquo superiore durante l’embriogenesi è verosimilmente la causa della sindrome di Brown congenita. Un’agenesia dei nuclei oculomotori comporta uno sviluppo alterato dei muscoli da essi dipendenti con quadri che variano dalla fibrosi muscolare fino all’assenza completa di uno o più muscoli oculari. In alcuni casi come nella sindrome di Duane, l’abbozzo di un muscolo denervato può essere raggiunto durante la vita embrionaria da rami di altre terminazioni nervose non pertinenti. Queste forme di innervazione aberrante comportano a loro volta movimenti anomali oculari e fenomeni di co-contrazione di muscoli antagonisti ipsilaterali, come accade nella sindrome di Duane. Le forme secondarie sono caratterizzate da fenomeni acquisiti di alterazione muscolare dovuti a patologia sistemica come accade nel distiroidismo, oppure a traumi accidentali o jatrogeni che comportano la formazione di briglie aderenziali coinvolgenti i muscoli oculari. Questo è il quadro tipico degli strabismi causati da fratture orbitarie o della sindrome aderenziale di Johnson. La motilità oculare risulta ridotta in una o più direzioni di sguardo, a seconda della localizzazione della briglia e della sua consistenza. Si possono distinguere due tipi di briglia: la briglia diretta e la briglia inversa. La briglia diretta è rappresentata da un’aderenza cicatriziale che interessa un muscolo retto e che è posta al davanti dell’equatore. In tale situazione il movimento che risulta più deficitario è quello del muscolo antagonista ipsilaterale del muscolo interessato che non riesce a ruotare l’occhio perché il muscolo sede della briglia non può rilasciarsi. Infatti, nel movimento opposto a quello del muscolo “imbrigliato”, la briglia trattiene l’occhio come il guinzaglio trattiene il cane. Questo fenomeno è chiamato “leash effect” (effetto briglia). Caratteristico dell’effetto briglia è l’arresto improvviso dell’occhio durante la rotazione nel campo d’azione del
muscolo antagonista ipsilaterale del muscolo sede della briglia. La briglia inversa (“reverse leash effect”) invece, è causata da un’aderenza cicatriziale che riguarda un muscolo retto posteriormente all’equatore. Tale tipo di aderenza svolge un ruolo simile a quello della “fadenoperation”: si ha, infatti, un impedimento del movimento del bulbo nel campo d’azione del muscolo sede della briglia.
Diagnosi di strabismo meccanico In uno strabismo incomitante, la differenziazione tra una forma paralitica e una meccanica è di fondamentale importanza soprattutto per una corretta impostazione terapeutica. Infatti, nel trattamento chirurgico degli strabismi meccanici, a differenza di quelli paralitici non restrittivi, gli interventi di rinforzo o di supplenza muscolare sono assolutamente controindicati. La diagnosi di strabismo meccanico si avvale oltre che dell’esame della motilità oculare, anche di altri test specifici. Il test fondamentale è quello della motilità passiva con cui si confronta la capacità dei due occhi di compiere una rotazione passiva in una determinata direzione di sguardo, speculare nei due occhi. Ad esempio, per valutare la capacità dell’occhio destro di elevarsi passivamente in adduzione, il chirurgo, munito di due pinze chirurgiche, una nella mano destra e l’altra nella sinistra, deve afferrare la congiuntiva limbare a ore 8 nell’occhio destro e a ore 4 nel sinistro, facendo poi compiere ai due occhi un movimento passivo speculare verso l’alto e verso l’interno. Se c’è un ostacolo meccanico all’elevazione in adduzione dell’occhio destro, allora tale occhio non potrà elevarsi passivamente in adduzione come l’altro e si arresterà prima. Il chirurgo può percepire direttamente attraverso la pinza impugnata tale ostacolo meccanico. Tra gli altri test utilizzabili per la diagnosi di strabismo meccanico, vanno ricordati la tonometria ad applanazione e il coordimetro di Hess-Lancaster. La tonometria ad applanazione è molto utile in caso di strabismo paralitico per distinguere un deficit meccanico da una paralisi. Infatti, la pressione endoculare non si modifica quando l’occhio tenta di ruotare dalla posizione primaria nel campo d’azione del muscolo deficitario in assen-
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za di ostacoli meccanici. In presenza invece di ostacoli meccanici, essa tende ad aumentare in maniera evidente quando l’occhio tenta di ruotare dalla posizione primaria a quella impedita, a dimostrazione che la paralisi non è dovuta a un deficit di forza di un muscolo agonista, ma dalla presenza di un ostacolo meccanico alla rotazione del bulbo. La concomitanza delle due forze, quella del muscolo che si contrae e quella opposta della briglia, causano l’aumento della pressione endo-oculare. Il coordimetro di Hess-Lancaster ci aiuta a distinguere uno strabismo paralitico da uno strabismo restrittivo di natura meccanica: negli strabismi meccanici, infatti, è patognomonica l’assenza dell’iperfunzione del muscolo antagonista ipsilaterale tipica, invece, delle forme paralitiche.
La sindrome di Brown La sindrome descritta nel 1950 da Brown che le dette il nome è un quadro tipico di strabismo meccanico caratterizzato dalla incapacità di uno dei due occhi di elevarsi in adduzione. Altre caratteristiche costanti della sindrome di Brown
Figura 1. Sindrome di Brown dell’occhio sinistro. Si può notare la posizione anomala del capo che è inclinato sulla spalla ipsilaterale
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sono: elevazione in abduzione normale ed esame della motilità passiva fortemente positivo per ostacolo meccanico all’elevazione in adduzione dell’occhio affetto. Caratteristiche possibili anche se non costanti della sindrome di Brown sono: lo sbandamento verso il basso (“downshoot”) dell’occhio affetto quando addotto; l’ipotropia dell’occhio affetto in posizione primaria; il torcicollo compensatorio con capo inclinato sulla spalla ipsilaterale e mento elevato (Figura 1). La sindrome di Brown può essere congenita o acquisita. Quella congenita rappresenta un quadro raro di strabismo e viene interpretata come causata da un difetto del sistema troclea-tendine riflesso del muscolo obliquo superiore che causerebbe un alterato scorrimento del tendine stesso all’interno dell’anello trocleare. Ciò comporta un’incapacità del muscolo obliquo superiore di rilasciarsi ed allungarsi quando il muscolo obliquo inferiore tenta di elevare l’occhio addotto. Ciò parrebbe causato da un’anomalia di sviluppo del complesso troclea-tendine riflesso durante l’embriogenesi. L’ipotesi di Papst e Stein7 e Feric-Swiwerth3 che si possa trattare di una sindrome da disinnervazione tra piccolo obliquo e grande obliquo, simile quindi a un sindrome di
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Duane, non è stata confermata da ulteriori studi elettromiografici che hanno invece rilevato massima attività elettrica dell’obliquo inferiore e silenzio elettrico dell’obliquo superiore nel tentativo di elevare l’occhio in adduzione2. L’ipotesi dell’innervazione anomala dell’obliquo inferiore e di quello superiore dovrebbe poi comportare una negativizzazione del test della motilità passiva in anestesia generale. Ciò invece, non si verifica mai nella sindrome di Brown vera. La storia naturale della sindrome di Brown congenita è caratterizzata dalla tendenza della malattia ad attenuarsi gradualmente col tempo, tanto che è opinione di molti che il riscontro di una sindrome di Brown in un adulto sia un reperto eccezionale. Questo fatto da una parte, e la possibilità invece che un bambino con sindrome di Brown possa sviluppare uno strabismo costante in tutte le posizioni di sguardo con ambliopia e perdita della visione binoculare, oppure possa andare incontro ad alterazioni della colonna vertebrale dovute a un torcicollo marcato, sottolineano gli stretti ambiti di manovra in cui si deve muovere l’oculista quando si trovi di fronte a un bambino con sospetta sindrome di Brown. Quando è possibile, è meglio essere attendisti. Nei casi in cui c’è forte rischio di perdita della visione binoculare, occorrerà invece ricorrere alla chirurgia. La sindrome di Brown può essere anche acquisita in seguito a traumi della regione della troclea come la sindrome da morso di cane nel bambino (“canine tooth syndrome”), oppure per processi flogistici che colpiscono la troclea in corso di sinusite frontale, o di artrite reumatoide. In questi casi si può manifestare anche una forma intermittente di sindrome di Brown, definita sindrome del click dell’obliquo superiore perché, nei momenti in cui l’elevazione in adduzione dell’occhio affetto è possibile, il movimento dell’occhio si accompagna a un click percepibile o palpabile alla digitopressione della regione trocleare. Un tipo di sindrome di Brown acquisita non infrequente è quello jatrogeno causato da eccessivo rinforzo chirurgico (resezione o duplicatura) del tendine dell’obliquo superiore in casi operati per paralisi dell’obliquo superiore stesso. Ciò è più frequente nei casi in cui la parte tendinea du-
plicata viene suturata alla sclera nel quadrante temporale superiore.
Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi di sindrome di Brown congenita in un bambino si basa sull’anamnesi, sull’esame della motilità oculare e sull’osservazione frequente di una posizione anomala compensatoria del capo che appare inclinato sulla spalla ipsilaterale per l’inciclotorsione dell’occhio affetto, ruotato verso il lato opposto e con il mento generalmente elevato. L’esame diagnostico cruciale che permette di distinguere una sindrome di Brown da una paralisi isolata dell’obliquo inferiore, è comunque il test della motilità passiva che, nel bambino, può essere effettuato solo in narcosi e che quindi viene eseguito solo nei casi che richiedono trattamento chirurgico prima dell’intervento stesso. Nei casi pediatrici che invece non richiedono trattamento chirurgico, il test della motilità passiva non viene di fatto effettuato e la diagnosi di sindrome di Brown resta quindi solo presunta. Nella diagnosi differenziale, oltre alla piuttosto rara paralisi isolata dell’obliquo inferiore, entrano in gioco altre cause di strabismo paralitico o meccanico che comportano una incapacità di elevare un occhio. Tra queste vanno menzionate la fibrosi del retto inferiore, l’orbitopatia disendocrina, la doppia paralisi degli elevatori oggi definita MED (“monocular elevation deficiency”), le fratture del pavimento orbitario. In tutti questi quadri tuttavia, a differenza della sindrome di Brown, l’elevazione dell’occhio affetto è impedita non solo in adduzione, ma anche in posizione primaria e in abduzione.
Terapia Le difficoltà riguardanti la decisione chirurgica interessano soprattutto l’età infantile. In caso di sindrome di Brown in un bambino occorre valutare la presenza o meno di ortoforia in posizione primaria e l’entità del torcicollo. Se il bambino è in asse in posizione primaria con un modesto torcicollo, non si deve intervenire ma occorrono soltanto controlli longitudinali. Spesso infatti, come detto in precedenza, la sindrome di Brown migliora spontaneamente nel corso degli anni. Diverso è invece il caso di un bambino che è in
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ortoposizione solo quando l’occhio affetto è abdotto e manifesta invece ipotropia in posizione primaria oppure ipertropia dell’occhio non paretico se l’occhio con sindrome di Brown è fissante. In quest’ultimo caso vi è anche torcicollo perchè l’occhio fissante è inciclotorto. In questi casi è indicato un intervento chirurgico che deve essere sollecito per salvaguardare la visione binoculare. L’intervento chirurgico di elezione nella sindrome di Brown, previo test della motilità passiva, è rappresentato dalla tenectomia dell’obliquo superiore da effettuarsi nel quadrante superonasale5, 6. Tale tipo di intervento, in una elevata percentuale di casi (50%), comporta l’insorgenza di una paralisi dell’obliquo superiore con il torcicollo che quindi si modifica in quanto il capo si inclina sulla spalla controlaterale. Il deficit del grande obliquo che consegue alla tenectomia può essere gestito successivamente con un intervento di indebolimento dell’obliquo inferiore ipsilaterale. Alcuni autori eseguono contestualmente la tenectomia dell’obliquo superiore e la recessione dell’obliquo inferiore. Personalmente, essendo l’incidenza della paralisi dell’obliquo superiore post-tenectomia intorno al 50% dei casi ed essendo spesso la ripresa funzionale dell’obliquo inferiore post-tenectomia del grande obliquo lenta e graduale, preferisco eseguire la recessione dell’obliquo inferiore, se necessario, in un secondo tempo. Come alternativa alla tenectomia dell’obliquo superiore che è un intervento irreversibile, si può eseguire un’ampia recessione (10-15 mm) del tendine riflesso dell’obliquo superiore che viene disinserito dal quadrante temporale superiore, liberato accuratamente dalle connessioni con il retto superiore e reinserito nel quadrante nasale superiore in maniera da normalizzare il test della motilità passiva. L’utilizzo di dispositivi di silicone per ottenere un allungamento del tendine dell’obliquo superiore (“silicone expanders”) in alternativa alla tenectomia fu introdotto da Wright12 e si è discretamente affermato in America del nord. Con questa tecnica tuttavia, non sono rari i casi di sindrome aderenziale con peggioramento dello strabismo restrittivo dovuto ad aderenze infiammatorie tra la bandelletta in silicone, il bulbo oculare e i tes-
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suti limitrofi. Spesso, in tali casi, si è costretti a rimuovere il “silicone expander”. Nei casi di sindrome di Brown acquisita causata da processi flogistici a carico della regione della troclea, oltre alla terapia specifica della malattia di base (sinusite, artrite reumatoide, granulomatosi di Wegener), spesso è indicata una terapia steroidea locale sotto forma di iniezioni sottocutanee eseguite in corrispondenza dell’angolo supero-mediale della palpebra superiore in corrispondenza della regione trocleare.
Strabismo meccanico nelle fratture orbitarie Un trauma contusivo bulbare può essere responsabile, oltre che di danni bulbari, di uno strabismo restrittivo. Il dislocamento del bulbo al momento del trauma può infatti provocare la frattura delle pareti orbitarie più fragili, il pavimento e la parete mediale. Queste sono definite fratture “blowout”10. In realtà, fratture simili sono state descritte anche in orbite anoftalmiche, per cui si pensa che il meccanismo patogenetico possa essere composito: non solo il brusco dislocamento del bulbo oculare all’interno dell’orbita, ma anche una violenta pressione sulla cornice orbitaria potrebbero essere la causa della frattura delle pareti orbitarie più fragili e cioè il pavimento e la parete mediale4, 9 . La frattura di una parete orbitaria può a sua volta causare l’incarceramento di fasce musco-
Figura 2. Frattura blow-out del pavimento dell’orbita sinistra con incarceramento retro-equatoriale del retto inferiore
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lari o, più raramente, di un ventre muscolare nella rima di frattura, causando uno strabismo di natura meccanica. Le proiezioni coronali della TAC dell’orbita consentono di evidenziare la frattura, la sua sede e l’eventuale incarceramento muscolare (Figura 2). L’incarceramento delle fasce o del ventre di un muscolo limita meccanicamente i movimenti del bulbo oculare nel campo d’azione del muscolo incarcerato, oppure in quello del suo antagonista ipsilaterale o, infine, in entrambi. Nei casi più gravi, è possibile che si instauri anche una lesione diretta del ramo di un nervo oculomotore o del tessuto muscolare. In tali casi, il quadro clinico dello strabismo si complica per la sovrapposizione di una forma meccanica con una paralitica. Una caratteristica delle fratture orbitarie è che l’entità dello strabismo restrittivo è inversamente proporzionale all’ampiezza della frattura. Fratture ampie infatti, non esitano solitamente in incarceramento in quanto il muscolo solitamente “si adagia” sulla breccia ossea senza subire incarceramento. In tali casi non vi è strabismo meccanico ma bensì enoftalmo precoce oppure ipoglobo quando gran parte del contenuto orbi-
tario precipita nel sottostante antrum mascellare. Le fratture orbitarie con più alta probabilità di incarceramento sono quelle cosiddette “a trappola” caratterizzate da linee di frattura sottili con i bordi che istantaneamente si riaccollano subito dopo il trauma incarcerando i tessuti perimuscolari adiacenti. In queste fratture, tipiche dei bambini e dei giovani, la diagnostica per immagini è spesso negativa e ciò comporta problemi diagnostici e terapeutici. Spesso infatti non vi è univocità di pareri tra l’oculista, il radiologo e il maxillo-facciale per ciò che riguarda le indicazioni all’esplorazione chirurgica del pavimento in casi in cui la clinica evidenzi un sospetto incarceramento muscolare in assenza di obiettività radiologica. Nella fratture ampie con enoftalmo precoce, il primo trattamento è quello ricostruttivo maxillo-facciale che deve essere sollecito onde correggere l’enoftalmo. L’enoftalmo tardivo è invece una complicanza difficilmente prevedibile e difficilmente trattabile dovuta ad atrofia secondaria del tessuto adiposo orbitario.
Quadro clinico Nelle fratture recenti dominano l’edema e le ecchimosi palpebrali. L’occhio tumefatto è per lo
Figura 3. Incarceramento pre-equatoriale del retto inferiore di destra da frattura “blowout”. Si può notare l’assenza di deviazione in posizione primaria e di lettura e il deficit meccanico di elevazione dell’occhio destro
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più chiuso. Vi può essere esoftalmo o, in caso di fratture ampie del pavimento, enoftalmo precoce. Le fratture del pavimento possono causare anestesia nella regione del nervo infraorbitario. La presenza di enfisema palpebrale è segno di frattura della parete mediale. Nei traumi recenti del pavimento la motilità del bulbo oculare è solitamente molto limitata sia nello sguardo verso l’alto che in quello verso il basso e questo anche in assenza di evidenti segni di incarceramento alla TAC. Si suppone che l’ematoma orbito-palpebrale sia la causa dello strabismo restrittivo in queste fasi acute. Nel giro di due settimane, se l’ematoma era l’unica causa dello strabismo restrittivo, la motilità oculare migliora spontaneamente. Un deficit meccanico di motilità che non si risolve spontaneamente dopo 2-3 settimane dall’evento traumatico è fortemente suggestivo di incarceramento. Il quadro clinico di uno strabismo restrittivo da frattura blowout del pavimento è caratterizzato da limitazione dell’elevazione con o senza ipotropia in posizione primaria se l’incarceramento del retto inferiore è pre-equatoriale (effetto briglia), oppure da limitazione dell’abbassamento con o senza ipertropia in posizione primaria se l’incarceramento è retro-equatoriale (effetto briglia inversa), oppure infine da limitazione sia dell’elevazione che dell’abbassamento che configura il quadro di “fixed eyeball” tipico dell’incarceramento equatoriale del retto inferiore. Il quadro più frequente è il deficit di elevazione per fratture anteriori del pavimento e il test della motilità passiva è fortemente positivo per ostacolo meccanico all’elevazione del bulbo oculare. Talora si possono presentare sovrapposti quadri di strabismo meccanico e quadri di paralisi da denervazione o da danno diretto del retto inferiore. In caso di frattura della parete mediale dell’orbita con incarceramento del retto mediale o delle sue fasce, il quadro clinico è rappresentato da un deficit di abduzione per incarceramento pre-equatoriale, oppure di adduzione per incarceramento retroequatoriale, o infine di entrambe, adduzione e abduzione, per incarceramento equatoriale, con la motilità oculare che assume un aspetto simil duanico.
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Trattamento. Fratture recenti Come detto, nelle fratture recenti lo strabismo restrittivo è assai frequente anche in assenza di obiettività radiologica positiva per incarceramento. L’edema e l’ematoma orbito-palpebrale sono spesso la causa della limitazione dei movimenti oculari. Generalmente, con il progressivo riassorbimento dell’ematoma, la motilità migliora spontaneamente. Per questa ragione, in assenza di incarceramento evidente alla TAC, si mantiene un comportamento attendista8. Se dopo due settimane, risolto l’ematoma, lo strabismo restrittivo non migliora, occorrerà attentamente valutare l’opportunità di un intervento di esplorazione del pavimento orbitario per liberare il sistema muscolo-fasciale da un eventuale incarceramento. In caso di incarceramento evidente nelle proiezioni coronali della TAC orbitaria, l’intervento di ricostruzione del pavimento è assolutamente indicato. Anche in caso di fratture ampie con erniazione di materiale orbitario nell’antrum mascellare l’intervento di ricostruzione è assolutamente indicato e deve essere eseguito tempestivamente onde prevenire l’enoftalmo poi difficilmente gestibile. In ogni caso, l’intervento sui muscoli deve essere sempre posticipato rispetto all’intervento ricostruttivo maxillofacciale. Non sempre è indicato un intervento di ricostruzione del pavimento o della parete mediale dell’orbita. Nei casi dubbi, non evidenti alla TAC, oppure quando l’incarceramento è molto posteriore e perciò non facilmente gestibile con l’intervento maxillo-facciale, si può decidere di non intervenire sull’orbita. In tali casi si gestirà lo strabismo restrittivo una volta che questo sarà stabilizzato. Il coordimetro di Hess è utile sia per confermare la natura meccanica dello strabismoche per seguire nel tempo l’evoluzione del quadro clinico. In tutti i casi di sospetto incarceramento del retto inferiore da frattura blowout visti in acuto e, comunque, entro le 48 dal trauma, può essere applicato per via transcongiuntivale sotto il retto inferiore un filo in seta 4-0 che viene poi posto in trazione, fissato sulla cute della fronte e mantenuto per alcuni giorni. Ciò può servire a ridurre gli effetti di un incarceramento1.
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Trattamento delle forme stabilizzate Nei casi stabilizzati, in presenza di diplopia in posizione primaria e/o in posizione di lettura, occorre ricorrere alla chirurgia sui muscoli. In pazienti adulti con semplice deficit di elevazione e visione binoculare singola in posizione primaria e in quella di lettura, non vi è generalmente indicazione all’intervento sui muscoli (Figura 3). Nelle fratture anteriori del pavimento con ipotropia in posizione primaria e deficit di elevazione si ricorre alla recessione con tecnica standard oppure semi-aggiustabile del retto inferiore incarcerato. Talora è necessario associare una recessione del retto superiore dell’occhio controlaterale12. La recessione del retto inferiore con tecnica semiaggiustabile è da preferirsi a quella con tecnica aggiustabile. Gli interventi di indebolimento del retto inferiore tendono infatti a esitare col tempo in ipercorrezione e l’ancoraggio sclerale instabile che si ottiene con una recessione aggiustabile può favorire tale ipercorrezione. Con la tecnica semi-aggiustabile invece, il retto inferiore è recesso di un’entità misurata e fissato stabilmente alla sclera con due suture standard poste ciascuna ad una estremità del bordo muscolare mentre una terza sutura doppiamente armata è passata attraverso il bordo muscolare e i due capi armati sono passati attraverso l’inserzione. Tale sutura viene regolata alla fine dell’intervento e consente di ridurre l’effetto della recessione ma non di aumentarlo. Basterà programmare una recessione del retto inferiore di entità leggermente superiore che, se necessario, verrà poi ridotta regolando la sutura aggiustabile. Nei casi di “fixed eyeball” con deficit sia di elevazione che di abbassamento si esegue una recessione sia del retto inferiore incarcerato che del retto superiore ipsilaterale11. Nei deficit di abbassamento da incarceramento retroequatoriale con diplopia in posizione di lettura si ricorre alla fadenoperation sul retto inferiore dell’altro occhio11. Vi sono infine casi ove, allo strabismo meccanico, si associa una paralisi propriamente detta da denervazione o da trauma diretto muscolare del retto inferiore. In tali casi si ha spesso una ipertropia con deficit assoluto di abbassamento. Qui può essere indicato un intervento di supplenza
muscolare secondo Knapp che consiste nella trasposizione a tutto corpo dei due muscoli retti orizzontali sull’inserzione del retto inferiore denervato.
Sindrome aderenziale di Johnson Questa rara sindrome restrittiva fu descritta negli anni cinquanta da Johnson. Johnson distinse fondamentalmente due forme cliniche: una orizzontale caratterizzata da deficit meccanico di abduzione di un occhio e una verticale caratterizzata da un deficit meccanico di elevazione di un occhio in soggetti mai precedentemente sottoposti a chirurgia per strabismo. Johnson interpretò questa sindrome restrittiva come dovuta ad aderenze anomale riscontrate intraoperatoriamente, tra le fasce del retto laterale e dell’obliquo inferiore nella variante orizzontale e tra le fasce del retto superiore e dell’obliquo superiore in quella verticale. Johnson consigliò, come terapia, di eliminare accuratamente con la chirurgia tali aderenze tra muscoli adiacenti fino a normalizzare il test della motilità passiva. In realtà, nel corso degli anni ci sono state poche altre segnalazioni di tale tipo di strabismo restrittivo in pazienti non operati precedentemente per strabismo. Molte segnalazioni hanno invece riguardato casi di sindrome aderenziale in pazienti sottoposti precedentemente a intervento di miectomia o disinserzione dell’obliquo inferiore in cui si sviluppava dopo l’intervento una ipotropia restrittiva dell’occhio operato con deficit meccanico di elevazione. Parks interpretò questa forma di strabismo jatrogeno come causata da proliferazione fibroadiposa dovuta al trauma chirurgico oppure, in alcuni casi, dalla reinserzione casuale del moncone prossimale dell’obliquo inferiore sulla capsula di Tenone in una zona tale da rendere il muscolo un antiversore, cioè un abbassatore. In conclusione la sindrome aderenziale va intesa come quel quadro di strabismo restrittivo che insorge dopo intervento chirurgico sul muscolo obliquo inferiore e che è causata da aderenze cicatriziali tra i monconi dell’obliquo inferiore stesso e i tessuti circostanti. Tali aderenze sono
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più frequenti dopo interventi di miectomia o recessione complicati da emorragie o da traumatismo dei lobi di grasso orbitari. La correzione chirurgica di tali forme di strabismo è spesso non agevole perché richiede l’esplorazione chirurgica del quadrante infero-temporale, la revisione
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della miectomia, l’attenta separazione del moncone prossimale dell’obliquo inferiore dal retto inferiore, dalla fascia intermuscolare e dalla capsula di Tenone e, infine, un’attenta pulizia delle aderenze cicatriziali fino alla normalizzazione del test della motilità passiva.
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