CANTAUTORI - TESTI CANTAUTORI ITALIANI
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CANTAUTORI - TESTI CANTAUTORI ITALIANI...
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LA CITTA' VECCHIA – FABRIZIO DE ANDRE' Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi, una bimba canta la canzone antica della donnaccia quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia. E se alla sua età le difetterà la competenza presto affinerà le capacità con l'esperienza dove sono andati i tempi di una volta per Giunone quando ci voleva per fare il mestiere anche un po' di vocazione. Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno a stratracannare a stramaledire le donne, il tempo ed il governo. Loro cercan là, la felicità dentro a un bicchiere per dimenticare d'esser stati presi per il sedere ci sarà allegria anche in agonia col vino forte porteran sul viso l'ombra di un sorriso tra le braccia della morte. Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone forse quella che sola ti può dare una lezione quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie. Quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie. Tu la cercherai, tu la invocherai più di una notte ti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisette quando incasserai dilapiderai mezza pensione diecimila lire per sentirti dire "micio bello e bamboccione". Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli In quell'aria spessa carica di sale, gonfia di odori lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano. Se tu penserai, se giudicherai da buon borghese li condannerai a cinquemila anni più le spese ma se capirai, se li cercherai fino in fondo se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo.
BARBERA E CHAMPAGNE – GIORGIO GABER Triste col suo bicchiere di barbera senza l'amore a un tavolo di un bar, il suo vicino è in abito da sera triste col suo bicchiere di champagne. Sono passate già quasi tre ore Venga ! Che uniamo i tavoli signor, voglio cantare e dimenticare coi nostri vini il nostro triste amor. Barbera e champagne, stasera beviam per colpa del mio amor, pa ra pa pa per colpa del tuo amor, pa ra pa pa. Ai nostri dolor insieme brindiam col tuo bicchiere di barbera col mio bicchiere di champagne. Com'eran tristi e soli quella sera senza la donna a un tavolo di un bar, Longo, Fanfani, Moro, e giù barbera, Gianni Rivera, Mao, e giù champagne. Guardi stia attento, lei mi sta offendendo ! Huela come ti scaldi, ma va là, vieni balliamo insieme questo tango balliamo insieme per dimenticar. Barbera e champagne, stasera beviam per colpa del mio amor, pa ra pa pa per colpa del tuo amor, pa ra pa pa. Ai nostri dolor insieme brindiam col tuo bicchiere di barbera col mio bicchiere di champagne. Colpa di quel barista che è un cretino ci hanno cacciato fuori anche dal bar, guarda non lo sapevo è già mattino, si è fatto tardi ormai bisogna andar. Giusto però vorrei vederla ancora io sono direttore all'Onestà, molto piacere, vede, io per ora sono disoccupato, ma chissà. Barbera e champagne, stasera beviam per colpa del mio amor, pa ra pa pa per colpa del tuo amor, pa ra pa pa. Ai nostri dolor insieme brindiam col tuo bicchiere di barbera col mio bicchiere di champagne.
PIAZZA GRANDE – LUCIO DALLA Santi che pagano il mio pranzo non ce n'è sulle panchine in Piazza Grande, ma quando ho fame di mercanti come me qui non ce n'è. Dormo sull'erba e ho molti amici intorno a me, gli innamorati in Piazza Grande, dei loro guai dei loro amori tutto so, sbagliati e no. A modo mio avrei bisogno di carezze anch'io. A modo mio avrei bisogno di sognare anch'io. Una famiglia vera e propria non ce l'ho e la mia casa è Piazza Grande, a chi mi crede prendo amore e amore do, quanto ne ho. Con me di donne generose non ce n'è, rubo l'amore in Piazza Grande, e meno male che briganti come me qui non ce n'è. A modo mio avrei bisogno di carezze anch'io. Avrei bisogno di pregare Dio. Ma la mia vita non la cambierò mai mai, a modo mio quel che sono l'ho voluto io Lenzuola bianche per coprirci non ne ho sotto le stelle in Piazza Grande, e se la vita non ha sogni io li ho e te li do. E se non ci sarà più gente come me voglio morire in Piazza Grande, tra i gatti che non han padrone come me attorno a me
4/3/1943 – LUCIO DALLA Dice che era un bell'uomo e veniva, veniva dal mare parlava un'altra lingua, pero' sapeva amare e quel giorno lui prese a mia madre sopra un bel prato l'ora piu' dolce prima di essere ammazzato Cosi' lei resto' sola nella stanza, la stanza sul porto con l'unico vestito ogni giorno piu' corto e benche' non sapesse il nome e neppure il paese mi aspetto' come un dono d'amore fin dal primo mese Compiva 16 anni quel giorno la mia mamma le strofe di taverna, le canto' a ninna nanna e stringendomi al petto che sapeva, sapeva di mare giocava a fare la donna con il bimbo da fasciare. E forse fu per gioco o forse per amore che mi volle chiamare come nostro Signore Della sua breve vita e' il ricordo piu' grosso e' tutto in questo nome che io mi porto addosso E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino per la gente del porto mi chiamo Gesu' bambino e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino per la gente del porto mi chiamo Gesu' bambino e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino per la gente del porto mi chiamo Gesu' Bambino
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